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279 TERRAMARA DI MONTALE: PARCO ARCHEOLOGICO E MUSEO ALLAPERTO Il paese di Montale è situato nove chilometri a Sud di Modena e ammi- nistrativamente fa parte del Comune di Castelnuovo Rangone. La terramara, una delle più note negli studi di preistoria e protostoria, è situata nel centro del paese, presso la chiesa parrocchiale. Fino dal 1868 il villaggio terramaricolo di Montale era intatto e non passava inosservata la collinetta artificiale, estesa per circa un ettaro ed alta circa quattro o cinque metri, originata dall’insediamento dell’età del bronzo. Il sito fu in seguito occupato da altri insediamenti: nel medioevo fu sede di un castrum (BONACINI 1995; SOGLIANI 1995). Attualmente della collinetta resta una parte molto limitata, meno del 20%, sulla quale insistono la chiesa di San Michele, la canonica, e la cosid- detta casa del Bottinello, edifici databili nella loro forma attuale al XVIII e XIX secolo. La presenza di collinette artificiali, veri e propri piccoli tell, conosciuti con il nome di terramare, era abbastanza frequente nella bassa ed alta pianu- ra emiliana tanto che queste modeste elevazioni rappresentavano un tratto caratteristico del paesaggio della pianura fino al XIX secolo, come dimostra- no talune cartografie storiche e i toponomi residui di alcune di esse: Monta- le, Montata, Montirone, Monticelli, Castellazzo, Castione… (BERNABÒ BREA et al. 1997; CREMASCHI 1997). A partire dalla seconda metà del XVIII secolo e più intensamente nel secolo successivo, iniziò il loro sfruttamento economico. Il terreno che costi- tuiva le collinette, formatosi con gli scarichi organici degli insediamenti pro- tostorici e con il disfacimento delle loro strutture lignee, era infatti partico- larmente apprezzato per concimare i terreni agricoli (BERNABÒ BREA, MUTTI 1994; SALTINI 1994; 1997). A tale scopo era cavato e venduto ad un prezzo che oscillava, poco dopo la metà del secolo scorso, fra le cinque e le sette lire al carro (LABATE 1997). A seguito di questa attività la maggior parte delle terramare andò distrutta e conseguentemente, oltre ad essere gravemente e spesso irrimedia- bilmente compromessi i contesti archeologici, si perse pressochè totalmente un prezioso elemento del paesaggio storico ed antropico della pianura emiliana. Nel caso di Montale la presenza degli edifici ecclesiastici con le loro pertinenze, date anche le precarie condizioni di stabilità in cui versavano alla © 1999 Edizioni all’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

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TERRAMARA DI MONTALE: PARCO ARCHEOLOGICO E MUSEO ALL’APERTO

Il paese di Montale è situato nove chilometri a Sud di Modena e ammi-nistrativamente fa parte del Comune di Castelnuovo Rangone.

La terramara, una delle più note negli studi di preistoria e protostoria,è situata nel centro del paese, presso la chiesa parrocchiale.

Fino dal 1868 il villaggio terramaricolo di Montale era intatto e nonpassava inosservata la collinetta artificiale, estesa per circa un ettaro ed altacirca quattro o cinque metri, originata dall’insediamento dell’età del bronzo.Il sito fu in seguito occupato da altri insediamenti: nel medioevo fu sede diun castrum (BONACINI 1995; SOGLIANI 1995).

Attualmente della collinetta resta una parte molto limitata, meno del20%, sulla quale insistono la chiesa di San Michele, la canonica, e la cosid-detta casa del Bottinello, edifici databili nella loro forma attuale al XVIII eXIX secolo.

La presenza di collinette artificiali, veri e propri piccoli tell, conosciuticon il nome di terramare, era abbastanza frequente nella bassa ed alta pianu-ra emiliana tanto che queste modeste elevazioni rappresentavano un trattocaratteristico del paesaggio della pianura fino al XIX secolo, come dimostra-no talune cartografie storiche e i toponomi residui di alcune di esse: Monta-le, Montata, Montirone, Monticelli, Castellazzo, Castione… (BERNABÒ BREA

et al. 1997; CREMASCHI 1997).A partire dalla seconda metà del XVIII secolo e più intensamente nel

secolo successivo, iniziò il loro sfruttamento economico. Il terreno che costi-tuiva le collinette, formatosi con gli scarichi organici degli insediamenti pro-tostorici e con il disfacimento delle loro strutture lignee, era infatti partico-larmente apprezzato per concimare i terreni agricoli (BERNABÒ BREA, MUTTI

1994; SALTINI 1994; 1997).A tale scopo era cavato e venduto ad un prezzo che oscillava, poco

dopo la metà del secolo scorso, fra le cinque e le sette lire al carro (LABATE

1997). A seguito di questa attività la maggior parte delle terramare andòdistrutta e conseguentemente, oltre ad essere gravemente e spesso irrimedia-bilmente compromessi i contesti archeologici, si perse pressochè totalmente unprezioso elemento del paesaggio storico ed antropico della pianura emiliana.

Nel caso di Montale la presenza degli edifici ecclesiastici con le loropertinenze, date anche le precarie condizioni di stabilità in cui versavano alla

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fine del secolo scorso (MESSORI RONCAGLIA 1892), determinò la parziale con-servazione della collinetta. Inoltre la presenza del cimitero di Montale situa-to ai piedi della collinetta ha fatto sì che l’espansione urbanistica del paese,esplosa a partire dagli anni sessanta, risparmiasse una fascia di verde attorno allaparte residua della elevazione. Tale area verde non coincide con la reale estensio-ne della terramara che era più grande, ma rende ancora possibile un interven-to di valorizzazione che permetta di leggere le persistenze archeologiche.

Oggi è difficile comprendere quanto era ancora visibile fino al secoloscorso quando la collinetta di Montale, circondata da campi a perdita d’oc-chio, era ben individuabile nella campagna. La presenza ancora visibile diuna porzione dell’elevazione e l’ampia area verde, in parte coincidente conl’antico perimetro della terramara, permettono di progettare ed attuare unintervento archeologico e architettonico che possano opportunamente valo-rizzare una delle ultime testimonianze di quelle collinette artificiali, denomi-nate terramare, che furono un tratto caratteristico del paesaggio padano.

A questa valorizzazione contribuiscono in modo determinante il com-plesso degli edifici monumentali che, collocati sul culmine della collinetta eaffiancati scenograficamente da una fitta cortina di alberi lungo i viali diaccesso, costituiscono un forte riferimento paesistico.

Montale dunque rappresenta per la conservazione della collinetta e perle possibilità di lettura che offre un caso praticamente unico e per questaragione fin dal 1994 il Comune di Castelnuovo Rangone, il Museo CivicoArcheologico Etnologico di Modena e la Soprintendenza per i Beni Archeo-logici dell’Emilia Romagna, hanno iniziato un lavoro comune, che muoven-do dalla ripresa della ricerca scientifica conduca entro il 2001 al completa-mento del parco archeologico.

1. 130 anni di ricerche archeologiche nella terramara di Montale

Nel 1868 Carlo Boni, fondatore del Museo Civico di Modena e grandescavatore del Montale, si rese conto che la collinetta artificiale da lui moltevolte osservata percorrendo la strada che la affiancava, altro non era chequanto rimaneva di un villaggio dell’età del bronzo. Tre anni dopo assieme aPaolo Bonizzi realizzava i primi saggi di scavo. A seguito di questi primi scavila stratigrafia risultò di oltre quattro metri di spessore di cui oltre tre eranoda attribuire alla terramara. Anche le tracce di abitazioni (pali e buche dipalo) e di difesa dell’abitato (terrapieno) risultarono evidenti.

Data l’importanza delle scoperte fu organizzata una visita ufficiale agliscavi in corso da parte di studiosi di preistoria di tutta Europa convenutiproprio in quell’anno nella vicina Bologna per il V Congresso Internazionaledi Archeologia e Antropologia preistorica. Gli scavi poi proseguirono nel1872, nel 1876-77, ed ancora fra il 1881 e il 1884 (CATTANI, LABATE 1997).

Nonostante l’impegno del Museo e di Boni e l’importanza degli scavi l’at-

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Fig. 1 – Rilievo della terramara di Montale nella situazione attuale con l’indicazionedelle aree di scavo, dell’argine, del fossato (curve di livello con equidistanza di cm 25).

tività di cava per l’estrazione di terra da concimazione non si arrestò, e nel corsodel decennio compreso fra il 1884 e il 1894 venne distrutta gran parte dellacollinetta. Nel 1894 un intervento di Arsenio Crespellani, succeduto a CarloBoni nella direzione del Museo dopo la morte di quest’ultimo, riuscì finalmentea far intervenire le autorità competenti le quali ordinarono la fine delle escava-zioni. Oramai però solo una minima parte dell’insediamento, sostanzialmentequella ancora oggi visibile, si era conservata mentre la presenza degli edificimonumentali rendeva pressocchè impossibile procedere ad ulteriori scavi.

Nel 1994, dopo oltre un secolo dagli ultimi scavi di Boni, il MuseoCivico Archeologico Etnologico di Modena ha ripreso le ricerche scientifi-che nella terramara di Montale. Alcuni carotaggi condotti con una sonda dageologo hanno permesso l’individuazione del fossato che circondava la ter-ramara e che non era stato riconosciuto negli scavi ottocenteschi. Due trin-cee effettuate successivamente a Nord e ad Ovest della chiesa hanno confer-mato ulteriormente la presenza delle strutture difensive della terramara co-

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stituite da un fossato largo fino a 35 metri e profondo oltre quattro metri eda un terrapieno largo fino a 13 metri ed originariamente alto, da quanto sipuò supporre dalle sezioni del Boni, almeno tre metri.

A seguito di queste prime ricerche il Ministero per i Beni Culturali edAmbientali emetteva decreto di vincolo sulla base della legge 1089/1939.

Nell’estate del 1996 il Museo Archeologico Etnologico di Modena e laSoprintendenza per i Beni Archeologici dell’ Emilia Romagna hanno intrapresouna prima campagna di scavo nella terramara riportando in luce la sezione del-l’antico fronte di cava per una lunghezza di 22,5m ed individuando una comples-sa seriazione stratigrafica dello spessore di oltre tre metri attribuibile al villaggioterramaricolo la cui datazione, confermata anche da analisi radiometriche, è dacollocare tra il 1650-1600 a.C. e il 1200 a.C. (CARDARELLI et al. 1997).

Il contemporaneo svolgimento a Forlì del XIII Congresso Internazio-nale di Preistoria e Protostoria ha consentito la visita ufficiale di un nutritogruppo di studiosi di vari paesi, riproponendo a 125 anni di distanza, l’ ana-logo episodio del 1871.

Della complessa stratigrafia è stato anche realizzato un calco estrema-mente fedele esposto nella mostra “Le Terramare. La più antica civiltà pada-na” svoltasi a Modena nel 1997. Lo stesso calco verrà successivamente tra-sportato e ricomposto sull’area di scavo come elemento permanente del par-co archeologico.

Gli sviluppi della ricerca nella terramara di Montale saranno finalizza-ti, oltre che alla acquisizione di dati scientifici ad ampio spettro (analisi deisedimenti, dei macroresti vegetali, dei pollini, delle faune, dei coproliti ecc.)alla creazione del parco e dell’attiguo Museo all’aperto, soprattutto in rela-zione alla ricostruzione delle abitazioni che si intendono realizzare in modoil più possibile filologico.

Nel 1998 e nel 1999 dovrebbero essere completate le ricerche archeo-logiche volte allo scavo di un piccola porzione della stratigrafia individuatanel 1996 (35 mq) e alla individuazione su una vasta area del vecchio suolodella cava ottocentesca delle buche di palo o di eventuali altre strutture resi-due. La complessità dello scavo e dell’analisi della stratigrafia residua chepresenta una complessa successione con evidenti tracce di strutture e di restilignei, costituisce un’occasione unica per indagare, pur nella costrizione diuno spazio limitatissimo, un deposito terramaricolo ancora sostanzialmenteintegro nella sua potenza originale.

L’individuazione dei resti strutturali sul fondo della cava presenta non po-che difficoltà interpretative, in primo luogo quella di tentare di stabilire, in man-canza di relazioni stratigrafiche, la sincronia delle abbondantissime buche di palo(nel 1996 in 74 mq ne sono state evidenziate 263!), per tentare una ricostruzioneplanimetrica delle strutture abitative che si cercheranno di riconoscere conuna analisi dettagliata delle planimetrie e dei riempimenti delle stesse buche.

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5 Fig. 2 – 1. Insediamento dell’età del Bronzo (dalXVI sec. a.C. alla prima metà del XII sec. a.C.).L’insediamento terramaricolo è fondato allacongiunzione di due torrenti e perdura per oltre300 anni. È caratterizzato da un argine fortificato,da un fossato assai ampio e da una fitta trma dipali infissi a sostegno di piataforme su cui eranocostruite le abitazioni – presumibilmente in legno,paglia e intonacatura di argilla –. L’abitato eraattraversato da un canale di drenaggio. Lamontagnola di detriti, per uno spessore di oltre3ml, caratterizzerà il luogo nei secoli successivi. Ilvillaggio viene abbandonato alla fine dell’età delBronzo. 2. Tarda età del Ferro. Vi sono scarse tracceche documentano il coinvolgimento del luogoall’interno della struttura agraria etrusco-romana.Nell’ambito della centuriazione la collinettaterramaricola – o le immediate vicinanze – possonoaver ospitato strutture di tipo agricolo fino allatarda antichità. 3. Periodo medievale. Sono

documentate nella zona presenze longobarde. Il “castrum” è citato in documenti a partire dal 1027.Si tratta probabilmente di una fortificazione con palizzata. Più tardi è presente una torre e – comemostrano i saggi archeologici – una cinta muraria in ciottoli e mattoni. 4. Dal rinascimento all’800.Spianati fossi e mura, l’insediamento è dominato dalla chiesa di S. Michele Arcangelo, dalla canonicae da una casa colonica. A nord è presente un piccolo cimitero. La collinetta è inserita nel contestoagricolo della zona caratterizzata da insediamenti sparsi. Nella seconda metà dell’800 i sedimentidell’età del Bronzo vengono scavati e venduti come fertilizzante risparmiando solo la basedell’insediamento colonico e religioso. 5. Stato attuale. Lo sviluppo urbanistico iniziato ai primi del’900 ha reso illeggibile la percezione dell’evoluzione storica del luogo.

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2. Il progetto

Il progetto coinvolge l’intera area vincolata e il settore a Nord del cimi-tero corrispondenti ad una superficie complessiva di 23.449 mq.

Il parco supera i limiti dei confini soggetti a vincolo per estendersi in unatrama di relazioni complesse verso il territorio, non chiudendosi in se stesso,ma valorizzando un sistema aperto di interazioni con l’abitato moderno.

Gli obiettivi tendono a soddisfare tanto le esigenze della ricerca stori-co/archeologica e della conservazione, quanto i bisogni della fruizione pub-blica, intendendo con ciò non solo l’uso di spazi per attività ricreative e deltempo libero, ma anche esigenze educative e di conoscenza del territorio dalpunto di vista storico e ambientale.

Fig. 3 – Planimetria del parco archeologico di Montale.

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Si prevede un’erogazione dei fondi necessari dilazionata nel tempo conl’intervento in primo luogo del Comune di Castelnuovo Rangone e del Mu-seo Civico Archeologico Etnologico di Modena ma anche di altri Enti e sog-getti pubblici e privati. Fino ad oggi, oltre alle ricerche archeologiche cheproseguiranno anche nei prossimi anni, sono stati attuati i movimenti di ter-ra e la sistemazione idrologica dell’area.

Sul piano più specificamente archeologico è, come si è detto, previstoun intervento di vasto respiro, articolato su tempi medi e lunghi e scandito inpiù fasi. Ne consegue che l’assetto del parco non si possa basare su dati ac-quisiti definitivamente e cristallizzati ma debba tener conto di un processo inatto, da trasferire in un progetto aperto, suscettibile di trasformazioni e per-fezionamenti nel quadro degli obiettivi generali.

Gli scavi in corso stanno portando alla luce una documentazione ar-cheologica di grande interesse e pressocchè unica. È pertanto opportuna laprogettazione di protezioni adeguate creando un vano entro cui esporre ilcalco dell’imponente stratigrafia e musealizzare le buche di fondazione deipali individuate con gli scavi.

La realizzazione del parco deve essere dunque compatibile con la pos-sibilità di effettuare in futuro indagini archeologiche nella parte sottoposta avincolo archeologico. Questo significa agire con materiali leggeri che con-sentano una facile rimozione e il successivo ripristino. Si sono perciò evitatiinserimenti di piante d’alto fusto e manufatti pesanti con fondazioni profonde.

2.1 SISTEMAZIONE DEL TERRENO

La sistemazione dei rilevati di terra costituisce l’aspetto più significati-vo del progetto in quanto ad essa è affidato il compito di “portare in superfi-cie” quello che gli scavi archeologici hanno rilevato e di renderlo percepibileai visitatori nella forma e nelle dimensioni reali.

Per attuare questo obiettivo si è sovrapposto all’area dell’abitato unostrato di salvaguardia di 30 cm di sabbia e terriccio, con la funzione di pro-teggere il sottostante livello archeologico, e su cui è possibile tracciare consicurezza percorsi pedonali e reti tecnologiche, nonché svolgere senza pro-blemi lavori di manutenzione del verde.

Su questo piano è stato evidenziato il perimetro del terrapieno dell’etàdel bronzo con un leggero rilevato di terra (altezza di circa ml + 1,00 rispet-to al livello circostante) mentre il perimetro delle fortificazioni perimetralimedievali è stato tracciato allineando grossi ciottoli di fiume in corrispon-denza dei manufatti sottostanti.

Inoltre è stato denunciato con un ampio avvallamento la cavità dell’an-tico fossato nei tratti in cui non sia stato occultato da edifici, strade o manu-fatti moderni.

Infine, quando in futuro saranno localizzate dall’indagine archeologica

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nuove buche di fondazione, sarà possibile collocare nella stessa posizionepali infissi che diano l’indicazione dei manufatti antichi.

Tutti questi materiali potranno essere facilmente rimossi se occorreràeseguire nuovi scavi.

2.2 IMPIANTO A VERDE

Si prevede di sostituire gradualmente le specie esotiche dissonanti (ci-pressi argentati, conifere ecc.) e di restaurare le siepi con l’eliminazione dellespecie infestanti (sambuco, robinia ecc.). L’area archeologica è stata già liberatadalle specie arboree presenti, salvo alcune eccezioni; in particolare da quelle ilcui apparato radicale possa danneggiare le stratificazioni archeologiche (pioppi).

Il verde d’alto fusto è stato usato come cortina avvolgente per ridurrela dissonanza del cimitero.

Gli alberi e gli arbusti impiegati fanno parte della flora spontanea dellapianura, caratteristica dell’ambiente in cui sorsero tanto l’insediamento del-l’età del bronzo che quello medievale. Una scelta oculata delle specie puòassumere un’importante funzione didattica per la conoscenza dell’evoluzio-ne dell’ambiente e al tempo stesso rende meno problematico l’attecchimentoe lo sviluppo delle piante. Uno dei problemi di cui si è tenuto conto, infatti,è anche la facile manutenzione dell’impianto a verde.

Il parcheggio lungo la via provinciale e il leggero pendio del “fossato”adiacente viene sistemato con una profonda fascia boscosa che fa da sfondoall’area archeologica e riduce il disturbo delle auto. È costituito da specied’alto fusto tipiche della foresta protostorica: oltre alla rovere e al frassino,che predominano, l’olmo (ulmus minor), il bagolaro, il noce, il ciliegio selva-tico (prunus avium), il tiglio.

È prevista inoltre una fascia di arbusti che fanno parte del medesimohabitat e che saranno assortiti in gruppi misti o composti da una sola specieper creare macchie di colore omogeneo: biancospino, sanguinello (cornussanguinea), carpino (carpinus betulus); inoltre acero campestre, acero mino-re, biancospino, ligustro, nocciolo, olmo, prugnolo, corniolo.

L’area archeologica in senso stretto è stata sistemata a prato per facili-tare la lettura dell’insediamento protostorico.

2.3. VIABILITÀ E PERCORSI PEDONALI

La viabilità e i parcheggi nei pressi dell’area possono rimanere sostan-zialmente invariati, ma il problema di reperire ulteriori posti auto è opportu-no che venga risolto nel quadro di una visione più ampia, estesa all’interocontesto urbanistico. Un efficace contributo per risolvere questo problema,insieme ad una migliore vivibilità delle aree abitate, può essere individuatonell’organizzare strade residenziali a traffico moderato in cui siano regola-mentati i parcheggi, le velocità di percorrenza ecc.

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Nel parco sono previsti percorsi pedonali che connettano l’area verdeal tessuto urbano circostante e al tempo stesso consentano la fruizione e la“lettura” del parco archeologico.

In particolare si prevede di sfruttare il sistema viario che circonda lachiesa e i due viali di accesso.

In corrispondenza degli snodi dei percorsi pedonali e nelle zone signi-ficative sono localizzati piazzole di sosta attrezzate con pannelli didattici,panchine, impianto d’illuminazione ed eventualmente fontanelle.

Per tutti i percorsi all’interno del parco si propone l’eliminazione delle pavi-mentazioni dissonanti e il ripristino di pavimentazioni in Macadam (sottofondoin stabilizzato e superficie di finitura in misto di frantoio a natura calcarea).

In superficie avranno pendenze tali da essere fruibili dai disabili in carrozzina.

2.4 APPARATO DIDATTICO E DIVULGATIVO: IL MUSEO ALL’APERTO

L’apparato didattico si basa su diverse tipologie di intervento.Si prevede la costituzione di una sede museale a carattere divulgativo e

Fig. 4 – Prospettiva del parco archeologico da nord. In primo piano la ricostruzione delleabitazioni dell’età del Bronzo e del fossato col terrapieno, ambientati tra orti e vegetazionetipica della preistoria padana. In secondo piano il perimetro della terramara e sullo sfondola collinetta su cui è collocata la chiesa di S. Michele.

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didattico (pannelli didattici, ricostruzioni, oggetti tipici dell’età del bronzo,plastici ecc.) da ricavare all’interno dei locali annessi alla chiesa.

Per facilitare “l’esplorazione” dei vari settori dell’area archeologica cisi avvale di segnaletica, di apparati descrittivi, di itinerari di visita, panchine,spiazzi per la sosta, illuminazione a terra.

Il settore destinato al museo all’aperto e all’archeologia sperimentale sicolloca prevalentemente nell’area a nord del cimitero ed è caratterizzato dal-l’impianto di alberi tipici della pianura padana dopo le glaciazioni, in mododa simulare la copertura forestale precedente alla colonizzazione agricolaportata a termine dalle genti delle terramare.

Saranno ricostruite come modelli al vero alcune abitazioni terramari-cole utilizzando anche le tecniche dell’archeologia sperimentale. L’analisi dellebuche di palo rilevate nello scavo del 1996 ha fornito alcuni spunti per laricostruzione delle abitazioni che saranno sperabilmente confermati dai pros-simi scavi e che potranno essere confrontati con quanto già evidenziato nelloscavo della terramara di S. Rosa di Poviglio. L’arredo delle case sarà partico-larmente curato e sarà frutto di uno studio appropriato.

Fig. 5 – Progetto del villaggio da ricostruire per lo svolgimento delle attività didatticheispirate all’archeologia sperimentale.

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Fig. 6 – Ricostruzione dell’argine fortificato e del fossato.

Fig. 7 – Attività didattiche all’interno di una capanna ricostruita.

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Fig. 8 – Struttura delle buche di palo della terramara di Poviglio. Lo scavo di Montale hadocumentato abitazioni, per la fase iniziale del villaggio, analoghe a quelle presenti nella terramaradi S. Rosa di Poviglio. La maggiore estensione dello scavo ha qui consentito un’interpretazioneesauriente delle strutture abitative sulla base della posizione dei pali e dei cumuli di cenere.

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Fig. 9 – Ricostruzione di un settore del villaggio di S. Rosa di Poviglio.

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Sarà ricostruito anche un tratto delle fortificazioni del villaggio dell’etàdel bronzo, riproponendo parti del terrapieno e del fossato che circondava-no la terramara.

In quest’area sarà possibile realizzare laboratori all’aperto in cui sianoriproducibili concretamente attività tipiche dell’età del bronzo: forni di cot-tura per la ceramica, fusione dei metalli, coltivazione di orti con specie anti-che (per es. piante tintorie, frutti selvatici, cereali e legumi antichi ecc.).

Soprattutto le scuole e le famiglie potranno avvalersi di questi stru-menti che tuttavia saranno proposti anche ad altre fasce di pubblico.

Questa zona del parco sarà protetta per difendere dai vandalismi leattrezzature e i materiali di pregio.

3. I modi della gestione

Il Comune di Castelnuovo Rangone sta provvedendo all’acquisizionedi gran parte dell’area, mentre alla Curia Modenese, già proprietaria del ter-reno, resteranno le strutture religiose.

La particolare collocazione del parco archeologico, che di fatto è inseritonel contesto urbano del paese di Montale, presenta un interessante problematicadi integrazione e di gestione di cui potranno positivamente avvantaggiarsi il par-

Fig. 10 – Pannello predisposto per il laboratorio didattico nella mostra “Le Terramare”Modena 1997. Esemplifica il tipo di strutture che possono essere realizzate nel settoredidattico del parco archeologico.

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Fig. 11 – L’area della terramara in condizioni di abbandono prima dell’inizio dellacostruzione del parco archeologico.

Fig. 12 – Il settecentesco complesso monumentale di S. Michele poggia su 4 m di rilevatocorrispondenti ai sedimenti della terramara. Il campanile è stato realizzato inglobando ilmastio del castello che nel medioevo ha preceduto la costruzione della chiesa.

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Fig. 13 – La sistemazione dell’area del villaggio dell’età del bronzo inquadrata dalterrapieno ricostituito.

Fig. 14 – Il fossato in primo piano e il terrapieno di recinzione del villaggio sono segnalatida leggeri movimenti di terra.

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co e il paese per un prevedibile afflusso abbastanza consistente di visitatori.Le fasi di realizzazione e la gestione del parco saranno regolate da un’ap-

posita convenzione fra il Comune di Castelnuovo Rangone, il Museo CivicoArcheologico Etnologico di Modena ed eventuali altri soggetti, nella quale siidentificheranno ruoli, competenze ed oneri spettanti a ciascuno nell’ambitodi un sistema gestionale che assicuri il massimo di efficacia, efficienza edeconomicità.

In particolare il Museo Archeologico di Modena curerà in accordo conla Soprintendenza Archeologica l’aspetto scientifico, il progetto didattico edivulgativo, nonché il progetto di ricostruzione del villaggio nell’area delMuseo all’aperto. Verranno a tale scopo attivate collaborazioni ad ampioraggio con il coinvolgimento di partners stranieri che hanno già realizzato ostanno realizzando esperienze analoghe anche per la presentazione di pro-getti che possano accedere al finanziamento della Unione Europea.

Al Comune di Castelnuovo Rangone spetteranno aspetti organizzativie logistici nonché l’assetto del verde e la sua manutenzione.

Un aspetto rilevante della vita futura del parco saranno le attività di-vulgative realizzate con il concorso anche di volontariato, secondo modelligià in uso in vari paesi europei, e naturalmente grande importanza rivestiran-no i programmi didattici rivolti alle scuole e alle famiglie.

In questa prospettiva sarà necessario immaginare un efficace sistemapromozionale che diffonda la conoscenza e stimoli la visita del parco.

ANDREA CARDARELLI *, RICCARDO MERLO **

Bibliografia

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M. BERNABÒ BREA, A. MUTTI (a cura di), 1994, “… Le terramare si scavano per conci-mare i prati…”. La nascita dell’archeologia preistorica in Parma nella secondametà dell’Ottocento, catalogo della mostra, Parma.

P. BONACINI, 1995, I siti di Montale e Gorzano: un profilo medievale, in SOGLIANI,1995, pp. 9-24.

CARDARELLI et al., 1997 – A. CARDARELLI, M. CATTANI, M. CREMASCHI, D. LABATE, G.STEFFÈ, Nuove ricerche nella terramara di Montale (MO). Primi risultati, in LeTerramare. La più antica civiltà padana, cit., pp. 224-228.

M. CATTANI, D. LABATE, 1997, La terramara del Montale, in Le Terramare. La piùantica civiltà padana, cit., pp. 97-99.

* Museo Civico di Modena, Largo S. Agostino 337, 41100 Modena.** Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione.

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D. LABATE, 1997, La terramara di Casinalbo (Mo), in Le Terramare. La più anticaciviltà padana, cit., p. 103.

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A. SALTINI, 1994, Concimare i prati, un errore biologico connette agronomia ed ar-cheologia, in BERNABÒ BREA, MUTTI 1994, pp. 46-52.

A. SALTINI, 1997, L’estrazione della “terra mara”: un’industria rurale nell’Emilia del-l’Ottocento, in Le Terramare. La più antica civiltà padana, cit., pp. 82- 86.

F. SOGLIANI (a cura di), 1995, Utensili, armi, ornamenti di età medievale a Montale ea Gorzano, Modena.

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