TERRA - quotidiano - 25/02/2011

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Dal 2 febbraio 2011, a distanza di 22 anni e mezzo da quell’orribile crimine mafioso, si sta celebrando di fronte alla Corte d’assise di Tra- pani il processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, che vede impu- tati il mandante Vincenzo Virga ed il killer Vito Mazzara, e come parti civili la figlia Maddalena e la compagna Chicca Roveri, insieme ad altri familiari e ad enti ed asso- ciazioni. Nella primavera 2010 la regista Adriana Castellucci di To- rino (città natale di Mauro) aveva messo in scena una pièce teatrale “Un uomo vestito di bianco” dedi- cata alla figura di Rostagno nelle varie fasi della sua vita, mentre nel settembre 2010 Nico Blunda, Mar- co Rizzo e Giuseppe Lo Bocchiaro hanno pubblicato (editore Becco Giallo) un volume a più voci, in- titolato “Mauro Rostagno. Prove tecniche per un mondo miglio- re”, con una splendida prefazio- ne di Adriano Sofri. Altri libri su di lui erano stati del resto pubblica- ti a partire dagli anni ’90 (qualcu- no di questi però da dimenticare, per aver avallato i più terribili de- pistaggi sul suo omicidio). © BIERI/AP/LAPRESSE 2050, il mondo a secco 9 7 7 2 0 3 6 4 4 3 0 0 7 1 0 2 2 5 Nei prossimi 40 anni altri 2,8 miliardi di persone potrebbero soffrire la sete. L’emergenza coinvolgerà un terzo della popolazione mondiale. L’appello: «Serve una governance globale per scongiurare questi scenari drammatici» All’inferno Infuria la battaglia in Libia. Gheddafi asserragliato a Tripoli resiste e lancia l’ennesimo delirante messaggio. Le sue truppe entrano negli ospedali per uccidere i manifestanti feriti. L’Europa non interviene e ignora l’allarme profughi Acqua Esperti, studiosi e addetti ai lavori si sono riuniti ieri a Roma per fare il punto sulle risorse idriche e i cambiamenti climatici Segue a pagina 11 Rivolta Tosatti a pagina 6 Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma Anno VI - n. 47 - venerdì 25 febbraio 2011 - E 1,00 Rete della Conoscenza Democrack, l’onda lunga delle rivolte nel Mediterraneo. In Italia, intanto... Nello Speciale Marco Boato L’ultima vittoria di Mauro Rostagno Il caso C’è un altro documento secretato che riguarda la vicenda dei traffi- ci dei veleni. Un documento che mette l’Italia al centro di un intri- go internazionale, con protagoni- sti capi di governo, top manager e uomini dei servizi segreti. Il documento contribuirebbe a fare luce su una parte ancora troppo coperta della nostra storia più re- cente, quella che riguarda l’Italia e il rapporto con il nucleare. Un binomio sul quale un uomo ha qualcosa da dire. Da diversi anni cerca di far emergere la sua veri- tà. Si chiama Carlo Giglio. Ex in- gegnere dell’Enea, svolgeva attivi- tà di vigilanza per la radioprote- zione degli impianti dell’Enea a Rotondella, in Basilicata. Bengasi invasa dai manifestan- ti, e Tripoli deserta. È questa la Libia, sempre più a pezzi, nel suo undicesimo giorno di rivol- ta. Se la capitale della Cirenaica è ormai sfuggita di mano al co- lonnello Muammar Gheddafi, al potere da quasi 42 anni, a Tri- poli a svuotare le strade ci han- no pensato le forse della polizia, i mercenari importati anche da Chad e Niger, e tutti quei cittadi- ni che in Gheddafi vedono anco- ra un leader al quale essere fede- li e prestare servizio. Ad armarli avrebbe contribuito anche l’Ita- lia. Oltre ad annoverare Ghedda- fi fra i soci della Finmeccanica, che costruisce artiglieria pesan- te e forniture per l’esercito, ie- ri la Rete per il Disarmo ha dira- mato le cifre delle vendite di ar- mi al colonnello fra 2009 e 2011 – per un totale di 79 milioni di euro. Armi che probabilmente sono servite ieri a Zawiya, do- ve si è sparato per ora ad altez- za d’uomo a chiunque scendes- se in strada, e a Misurata, dove il migliaio di uomini spediti da Gheddafi sarebbe stato respinto dagli abitanti. Ancora sotto con- trollo dei manifestanti sono an- che Al Bayda e Tobrouk, dove pe- rò ci sarebbero ancora mercena- ri in circolazione. Intanto, secon- do le stime fornite alla Reuters da Francois Zimeray, attivista per i diritti umani, la cifra dei mor- ti raggiungerebbe anche le 2mi- la vittime. Vincenzo Mulè Annalena Di Giovanni Segue a pagina 4 Segue a pagina 3 Ancora segreti dai traffici del passato Veleni Green economy Dalle città Ambiente 7 Al via a Roma la Conferenza dell’industria solare. Vincoli burocratici e ritardi normativi rallentano la crescita del settore 8-9 Milano: il rebus di Cascina Campazzo. Napoli: al via alla Mostra d’Oltremare il Salone della Dieta Mediterranea 10 Tre quarti delle barriere coralline sono a rischio a causa di commercio eccessivo, inquinamento e cambiamento climatico Legge Obiettivo, dieci anni dopo: il mega-flop delle mega-opere Trasporti Diego Carmignani datato 2001 uno dei maggiori flop dell’Italia berlusconiana. La legge 443, conosciuta come Legge Obiettivo, è lo strumento che stabilisce procedure e modalità per la realizzazione delle grandi infrastrutture strategiche nel nostro Paese nel decennio 2002- 2013. Dieci anni dopo, Legambiente ha presentato un bilancio dei ri- sultati ottenuti analizzando trasformazioni, modifiche delle priori- tà, aumenti dei costi e dei rischi legati ai cantieri aperti ma senza certezza di realizzazione. In sostanza, il provvedimento che avrebbe dovuto accelerare e modernizzare l’Italia è finito in un pantano. Da 196, le infrastrutture “necessarie” in dieci anni sono diventate 348, in primis quelle trasportistiche: erano 129, sono ora 198; i costi si sono gonfiati del 190 per cento. È Segue a pagina 5

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Dal 2 febbraio 2011, a distanza di 22 anni e mezzo da quell’orribile crimine mafioso, si sta celebrando di fronte alla Corte d’assise di Tra-pani il processo per l’omicidio di Mauro Rostagno, che vede impu-tati il mandante Vincenzo Virga ed il killer Vito Mazzara, e come parti civili la figlia Maddalena e la compagna Chicca Roveri, insieme ad altri familiari e ad enti ed asso-ciazioni. Nella primavera 2010 la regista Adriana Castellucci di To-rino (città natale di Mauro) aveva messo in scena una pièce teatrale “Un uomo vestito di bianco” dedi-cata alla figura di Rostagno nelle varie fasi della sua vita, mentre nel settembre 2010 Nico Blunda, Mar-co Rizzo e Giuseppe Lo Bocchiaro hanno pubblicato (editore Becco Giallo) un volume a più voci, in-titolato “Mauro Rostagno. Prove tecniche per un mondo miglio-re”, con una splendida prefazio-ne di Adriano Sofri. Altri libri su di lui erano stati del resto pubblica-ti a partire dagli anni ’90 (qualcu-no di questi però da dimenticare, per aver avallato i più terribili de-pistaggi sul suo omicidio).

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Nei prossimi 40 anni altri 2,8 miliardi di persone potrebbero soffrire la sete. L’emergenza coinvolgerà un terzo della popolazione mondiale. L’appello: «Serve una governance globale per scongiurare questi scenari drammatici»

All’infernoInfuria la battaglia in Libia. Gheddafi asserragliato a Tripoli resiste e lancia l’ennesimo delirante messaggio.Le sue truppe entrano negli ospedali per uccidere i manifestanti feriti. L’Europa non interviene e ignora l’allarme profughi

Acqua Esperti, studiosi e addetti ai lavori si sono riuniti ieri a Roma per fare il punto sulle risorse idriche e i cambiamenti climatici

Segue a pagina 11

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Rete dellaConoscenzaDemocrack, l’onda lunga delle rivolte nel Mediterraneo. In Italia, intanto...

Nello Speciale

Marco Boato

L’ultima vittoria di Mauro Rostagno

Il caso

C’è un altro documento secretato che riguarda la vicenda dei traffi-ci dei veleni. Un documento che mette l’italia al centro di un intri-go internazionale, con protagoni-sti capi di governo, top manager e uomini dei servizi segreti. il documento contribuirebbe a fare luce su una parte ancora troppo coperta della nostra storia più re-cente, quella che riguarda l’italia e il rapporto con il nucleare. Un binomio sul quale un uomo ha qualcosa da dire. Da diversi anni cerca di far emergere la sua veri-tà. Si chiama Carlo Giglio. ex in-gegnere dell’enea, svolgeva attivi-tà di vigilanza per la radioprote-zione degli impianti dell’enea a Rotondella, in Basilicata.

Bengasi invasa dai manifestan-ti, e Tripoli deserta. È questa la Libia, sempre più a pezzi, nel suo undicesimo giorno di rivol-ta. Se la capitale della Cirenaica è ormai sfuggita di mano al co-lonnello Muammar Gheddafi, al potere da quasi 42 anni, a Tri-poli a svuotare le strade ci han-no pensato le forse della polizia, i mercenari importati anche da Chad e Niger, e tutti quei cittadi-ni che in Gheddafi vedono anco-ra un leader al quale essere fede-li e prestare servizio. Ad armarli avrebbe contribuito anche l’ita-lia. Oltre ad annoverare Ghedda-fi fra i soci della Finmeccanica, che costruisce artiglieria pesan-te e forniture per l’esercito, ie-ri la Rete per il Disarmo ha dira-mato le cifre delle vendite di ar-mi al colonnello fra 2009 e 2011 – per un totale di 79 milioni di euro. Armi che probabilmente sono servite ieri a Zawiya, do-ve si è sparato per ora ad altez-za d’uomo a chiunque scendes-se in strada, e a Misurata, dove il migliaio di uomini spediti da Gheddafi sarebbe stato respinto dagli abitanti. Ancora sotto con-trollo dei manifestanti sono an-che Al Bayda e Tobrouk, dove pe-rò ci sarebbero ancora mercena-ri in circolazione. intanto, secon-do le stime fornite alla Reuters da Francois Zimeray, attivista per i diritti umani, la cifra dei mor-ti raggiungerebbe anche le 2mi-la vittime.

Vincenzo Mulè

Annalena Di Giovanni

Segue a pagina 4 Segue a pagina 3

Ancora segreti dai traffici del passato

VeleniGreen economy Dalle città Ambiente7Al via a Roma la Conferenza dell’industria solare. Vincoli burocratici e ritardi normativi rallentano la crescita del settore

8-9Milano: il rebus di Cascina Campazzo.Napoli: al via alla Mostra d’Oltremare il Salone della Dieta Mediterranea

10Tre quarti delle barriere coralline sono a rischio a causa di commercio eccessivo, inquinamento e cambiamento climatico

Legge Obiettivo, dieci anni dopo: il mega-flop delle mega-opere

TrasportiDiego Carmignani

datato 2001 uno dei maggiori flop dell’italia berlusconiana. La legge 443, conosciuta come Legge Obiettivo, è lo strumento che stabilisce procedure e modalità per la realizzazione delle

grandi infrastrutture strategiche nel nostro Paese nel decennio 2002-2013. Dieci anni dopo, Legambiente ha presentato un bilancio dei ri-sultati ottenuti analizzando trasformazioni, modifiche delle priori-tà, aumenti dei costi e dei rischi legati ai cantieri aperti ma senza certezza di realizzazione. in sostanza, il provvedimento che avrebbe dovuto accelerare e modernizzare l’italia è finito in un pantano. Da 196, le infrastrutture “necessarie” in dieci anni sono diventate 348, in primis quelle trasportistiche: erano 129, sono ora 198; i costi si sono gonfiati del 190 per cento.

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venerdì 25 febbraio 20112

Immigrazione

inquemila persone o po-co più non giustificano l’allarme, sembra ammo-nire l’Europa all’Italia. Im-

mediata ed esplicita, la controf-fensiva dei Paesi membri è arriva-ta nel corso del vertice tra i mini-stri degli Interni dei 27, ieri convo-cato a Bruxelles per far fronte al-le conseguenze dei massicci flussi mi-gratori provenien-ti dal Nord Africa. «Non si può giocare a fare paura lancian-do cifre “demenzia-li”», ha commenta-to il sottosegretario belga per l’Immigra-zione, Melchior Wathelet, in ri-sposta all’ultimo bollettino forni-to dall’agenzia Frontex e rilancia-to dal ministro degli Interni italia-no. Sia per il nostro governo sia per la struttura che controlla le frontiere europee, infatti, la pre-visione dei trasferimenti per mare di persone in fuga raggiungerebbe presto quota 1 milione e mezzo. Il

ministro Roberto Maroni è quin-di tornato a chiedere aiuto dopo aver stretto, proprio alla vigilia del summit al Consiglio europeo, un’importante strategia comune con i Paesi direttamente coinvolti dagli arrivi, tra cui Malta e Cipro. «Non possiamo essere lasciati so-li», ha ribadito. «Siamo di fronte a un’emergenza e chiedo all’Euro-

pa di provvedere alle misure ne-cessarie per affrontare questa cri-si umanitaria catastrofica». Di di-verso avviso, il suo omologo sve-dese Tobias Billstrom ha osserva-to che queste ondate di migran-ti sul Mediterraneo «non si sono ancora viste», e di non aver mai usato aggettivi come «epocale» per descrivere l’arrivo di «32mila

>>Primo piano>>

«Finora nessun esodo»L’Europa minimizzaDina Galano

C

Immigrazione Ieri a Bruxelles l’incontro tra i ministri degli Interni dei 27. Il governo italiano è tornato a chiedere un intervento strutturale comune. Ma per gli altri Stati «non è ancora emergenza»

richiedenti asilo, accolti dalla Sve-zia l’anno scorso, su una popola-zione di 9 milioni di persone». A correggere il lessico del ministro anche Amnesty international che ha sottolineato l’importanza di «vietare un uso allarmistico del-le parole». Il portavoce dell’asso-ciazione, Riccardo Noury, ha spie-gato che «espressioni come “eso-

didascalia didascaliaGait alit nibh etue vulla commy nosto dolobor sim eu fe

Il presidente Napolitano: «L’Ue deve essere unita in ogni questione che imponga di tutelare l’economia e la moneta unica»

andidata al premio Nobel per la Pace nel 2008, etno-psichiatra, scrittrice e psi-coanalista, Rita El Khayat

è una delle più importanti intel-lettuali nordafricane. Da sempre in prima linea per la difesa dei diritti umani nei Paesi del Ma-ghreb, in un colloquio con Ter-ra denuncia il silenzio e il disin-teresse con cui il governo Berlu-sconi guarda alle condizioni po-litiche e sociali in cui si trovano i suoi vicini sull’altra sponda del Mediterraneo.

Quali sono secondo lei, come antropologa e marocchina, le ragioni profonde all’origine dei movimenti del Nord Africa?Questi Paesi hanno sempre avu-to per capi di Stato dei tiranni.

Anna Pellizzone

CCi sono delle differenze enormi tra le classi sociali e i poteri sono pressoché ereditari. È una vergo-gna. La popolazione araba non è più disposta ad accettarlo. Anche noi vogliamo la libertà. I Paesi di cui parliamo sono luoghi magni-fici, abitati da persone magnifi-che: ricchi di artisti, ricercatori e intellettuali. Chiediamo giustizia, scuola e accesso alle cure sanita-rie per tutti. È per questo che la gente combatte. Le persone sono alla ricerca della loro dignità: non solo per loro stessi, all’interno dei loro Paesi, ma anche agli occhi dei Paesi occidentali. Cercano pace e dignità.

Che ruolo hanno avuto le don-ne e il web nei movimenti?Possiamo dire che le donne sono “accanto” agli uomini. Non si può certamente dire che si tratti di ri-

voluzioni femminili. Sono rivolu-zioni delle persone per le strade, ma si tratta prevalentemente di uomini. Con il web, poi, le popo-lazioni arabe hanno la possibilità di avere uno sguardo su Paesi con culture differenti dalla loro. È una forma di libertà che rende più faci-le per chiunque tenersi informato riguardo a quello che succede nel mondo. In Marocco, ad esempio, sappiamo tutti delle vicende del Cavaliere con Ruby. Credo che in-ternet stia davvero trasformando il “sistema mondo”. Ed è anche per questo che è nata la candidatura di Wikileaks al premio Nobel. È un segnale forte, perché Wikilea-ks è sinonimo di libertà d’informa-zione per tutti. Si stanno apren-do nuove relazioni tra Paesi. La ri-voluzione araba è parte di questo cambiamento, che è destinato ad allargarsi a tutto il mondo.

Come giudica le posizioni dei Paesi occidentali nei confronti dei regimi maghrebini?Molto deludenti: hanno appog-giato le dittature in cambio di pe-trolio e di un mercato in cui ven-dere i loro prodotti. Per non parla-re dei grandi scandali in cui sono stati coinvolti alcuni politici eu-ropei. Come Michelle Alliot-Ma-rie, ministro francese, che ha ven-duto a Ben Ali granate lacrimoge-ne per sedare la rivolta tunisina, o come Francois Fillon, primo mi-nistro francese, che si è conces-so una vacanza di lusso in Egitto a spese del popolo egiziano. E na-turalmente non dimentico Berlu-sconi e le lezioni di Bunga Bunga che ha preso da Muammar Ghed-dafi. Purtroppo oggi è questo il ti-po di relazioni che intercorre tra Nord e Sud del Mediterraneo. Per quanto riguarda gli Usa credo sia-

«Per la dignità e la libertà anche dall’Occidente»

Intervista Candidata al Nobel per la Pace nel 2008, etno-psichiatra e scrittrice: Rita El Khayat, da sempre in prima linea per la difesa dei diritti umani nei Paesi del Maghreb, a colloquio con Terra

no fuori dalla realtà delle questio-ni e degli affari arabi. Tutelano le loro necessità legate al petrolio, ma per il resto considerano gli arabi come un branco da tenere a bada e da mantenere in un’epoca medioevale.

Cosa pensa della gestione ita-liana ed europea dell’ondata migratoria di queste ultime set-timane?La maggior parte delle persone che sbarcano in Italia sono giovani che vogliono vivere meglio. Quello che vedo da parte dell’Europa so-no due atteggiamenti in contrad-dizione: da una parte l’odio per i migranti che provengono dai Pae-si arabi e dall’altra una grande di-sponibilità a trattare con le per-sone corrotte dei sistemi a cui gli arabi stessi appartengono.

Cosa si aspetterebbe dall’Italia?L’Italia è una grande nazione, che con la Resistenza è stata di esem-pio per tutto il mondo. Mi chie-do come mai in questo momen-to sia così silenziosa. Gli arabi de-vono essere aiutati nella loro ri-voluzione contro le dittature e la corruzione. Perchè in futuro quel-le stesse persone diventeranno parte dei grandi Paesi della spon-da sud del Mediterraneo. Avran-no la testa alta e saranno rispet-tate. è per questo che stanno lot-tando oggi.

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Ieri, davanti a Montecitorio, la manifestazione a sostegno della rivolta in Libia

do biblico” o “emergenza” non aiu-tano a gestire in maniera corret-ta questo fenomeno perché crea-no un clima di paura e allarme già di per sé non assenti in Italia». La Commissione immigrazione e ri-fugiati del Consiglio d’Europa ha intanto assunto l’impegno di oc-cuparsi direttamente della situa-zione dei Paesi nordafricani, men-tre i governi si sono fermati alla promessa di attivarsi «se davvero vi sarà una grande ondata di pro-fughi», come ha chiarito l’austria-ca Maria Fekter. Ieri non c’è stato nessuno sbarco al porto di Lam-pedusa, anche se la pausa è consi-derata provvisoria e per lo più do-vuta alle avverse condizioni di na-vigazione nel Mediterraneo. Chi ha invocato, invece, le responsa-bilità comuni agli Stati è stato il presidente della Repubblica Gior-gio Napolitano, in visita a Berlino. Nella gestione della crisi africana il tema immigrazione deve avere lo stesso peso dell’interesse eco-nomico o politico, ha intimato il presidente. «L’Ue deve essere più unita e più rapida nelle sue rea-zioni», ha dichiarato, soprattutto relativamente alle questioni «che si impongono per tutelare le no-stre economie e la moneta uni-ca». Per correre ai ripari, intanto, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha anticipato l’entrata in vigore del decreto flussi per gli stagionali: 60mila permessi per il 2011. Un apporto imprescindibile per il nostro settore agricolo.

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venerdì 25 febbraio 2011 3

Libia

ma, e resterà ferma probabilmen-te per mesi, l’economia libica, per non parlare dei contraccolpi in ar-rivo per i paesi che dipendono in qualche modo dalla Libia, Italia in testa. Intnto oggi il resto del mon-do arabo si prepara a una nuova giornata di mobilitazioni, come ogni venerdì. Se Yemen e Bahrain continuano a protestare contro i rispettivi regimi, andando incon-tro alla repressione del governo nel caso del Bahrain, e alle pal-lottole dei gruppi pro-governati-vi nel caso dello Yemen, oggi toc-ca anche all’Iraq, che ha convoca-to una marcia contro povertà, go-verno al Maliki e settarismo. Ma anche l’Egitto, dove la rivolta non è finita, oggi riscenderà in piaz-za; è l’ennesima chiamata verso Tahrir per liberarsi del Governo di Ahmad Shafiq, il primo ministro rimasto al potere nonostante la deposizione del presidente Hosni Mubarak. La richiesta è che ven-ga nominato un governo di tecni-ci liberi da ogni legame col passa-to regime, in modo da garantire la trasparenza nei prossimi mesi di transizione verso le urne.

E dopo il video delle fosse comu-ni scavate per far fronte all’emer-genza sanitaria, ieri è circolato un nuovo filmato che mostrava le for-ze di sicurezza mentre freddava-no decine di feriti negli ospedali. È la chiamata alla violenza senza quartiere diramata da Muammar Gheddafi, che ha giurato di resta-re al suo posto fino all’ultimo chie-dendo ai suoi sostenitori di com-battere per lui. «Le rivolte sono una farsa. La Libia vittima del ma-locchio degli invidiosi. I giovani di Zawia sono stati ingannati da Al Qaeda che ha distribuito pillole al-lucinogene e droga. Vogliono fare un Emirato islamico», sono alcu-ne delle nuove bizzarre uscite del colonnello, che avrebbe (l’autenti-cità della voce è contestata da al-cuni) contattato per telefono la televisione nazionale da un luo-go imprecisato. Gheddafi ha an-che minacciato di bloccare i flus-si petroliferi, ma in realtà gli ole-odotti a est di Tripoli, come quel-li in Cirenaica, sono già nelle mani dei rivoltosi. Ieri poi sarebbe arri-vato al Cairo persino Kaddhaf al Dem, cugino del colonnello stret-to alleato, che atterrando in Egitto ha denunciato la repressione co-me “barbarica”. Gheddafi è sem-pre più isolato, in testa a uno Sta-to ridotto a macerie e fiamme, nel mezzo di una famiglia intenta a li-tigarsi la sua eredità, gli alleati dei tempi del golpe del ’69 che gli dan-

no del pazzo lunatico, i rappresen-tanti diplomatici che dichiarano fedeltà al popolo contro il Colon-nello, incluso l’ambasciatore libico presso la Lega Araba, e le tribù che una ad una – tranne naturalmente la sua, la Qazhafa – gli dichiarano guerra. Lo spirito di appartenen-za tribale, piuttosto che di cittadi-nanza potrebbe far presto degene-

rare la situazione. Se prevedere un epilogo come quello della Somalia nel dopo-Siad Barre appare cata-strofico, è comunque certo che al momento la situazione, nelle zo-ne “liberate”, resta in mano ai con-sigli tribali. A presiedere, quello che potrebbe veramente porre fi-ne ai giorni di Gheddafi non sareb-be tanto la pressione della piazza,

>>Primo piano>>

«La rivoluzione è una farsa voluta da al Qaeda»

Di Giovanni dalla prima

Libia Il Colonnello bombarda Zawia e delira in tv: «Rivolta mossa da Bin Laden». Il regime manda i suoi negli ospedali per eliminare i feriti. Nel Paese ormai è guerra civile

né le minacce di sanzioni che ieri sono rimbalzate fra Washington e Bruxelles, quanto piuttosto l’eso-do di massa che si registra in Libia. Le migliaia di ingegneri e tecnici turchi, egiziani, tunisini e siriani che da giorni si litigano fino all’ul-timo biglietto aereo erano il moto-re dell’esportazione delle risorse li-biche. Con la loro partenza si fer-

Viola Cremaschi mentari. In particolare il costo dell’olio d’oliva verrà dimezzato (-53%). Si tratta di un bene stra-tegico che normalmente il Paese esporta. Fino ad ora, per scorag-giarne l’uso interno, era venduto a prezzi europei, con buona pa-ce delle casalinghe. Se c’è una co-sa che non manca alla Siria so-no i pistacchi e gli oliveti, inac-cettabile quindi pagare e un litro d’olio 5 euro quando lo stipendio mensile è di 200, senza dimenti-care che le famiglie sono compo-ste di almeno 6-7 persone che vi-vono con un’unica fonte di reddi-to. Il governo, poi, darà 180milio-ni di euro supplementari agli in-digenti, il che dovrebbe tradursi in circa 25 euro a nucleo familia-re. Quanto basta per scongiurare una guerra del pane come acca-duto in Algeria e Tunisia all’inizio di gennaio. Per imbonirsi i giova-ni, invece, l’11 febbraio scorso è

stata concessa l’apertura ai so-cial network. Facebook e Youtu-be sono finalmente legali ed ac-cessibili. «Un modo per control-larci meglio», ha detto Tal al-Mal-lohi la giovane blogger condan-nata il 14 febbraio scorso a 5 an-ni di prigione per «spionaggio». Prima di lei un’altra donna, Heba Dabbagh, colpevole di esprime-re pareri politici contro il regime è stata arrestata dopo aver senti-to bussare alla sua porta. Erano i servizi segreti. Le hanno chie-sto: «Possiamo parlare 5 minu-ti?», poi è rimasta in prigione per 9 anni. Da qui il titolo del suo li-bro Just Five Minutes. Nine Years in the prisons of Syria pubblica-to nel 2007. I loro casi rappresen-tano solo gli esempi più recenti di una lunga repressione inizia-ta negli anni Ottanta dal padre di Bashar, Hafez Assad, noto per aver sterminato col gas un’intera

comunità nella città di Hama nel 1982. Eliminò tutta l’opposizione politica, in particolare i Fratelli musulmani, tuttora banditi, ma sempre presenti e ben organiz-zati. Oggi esistono alcuni parti-ti d’opposizione riconosciuti con qualche deputato in Parlamen-to: il Fronte nazionale progressi-sta, il partito democratico pro-gressista curdo, il partito sociali-sta e quello comunista. Ad Alep-po, città a 350 km a Nord da Da-masco, le loro sedi sono accorpa-te in unico palazzo, gentilmen-te concesso dal governo. In Occi-dente, si ha la convinzione che il giovane Assad sia amato dal po-polo, perché meno feroce del pa-dre, così ci si spiega la mancata rivoluzione. In verità i siriani so-no in attesa di una scintilla che faccia esplodere la loro collera. A quel punto non saranno due navi iraniane a fermarli. Rita El Khayat

La strategia di Damascocontro la ribellione

Medio Oriente Riduzione drastica delle tasse e dei prezzi dei beni alimentari. Internet senza censura e aiuti alle famiglie povere. Ecco come la Siria si prepara a prevenire la rivolta

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Ospedale pubblico di Bengasi

«Parliamo di Paesi e persone magnifiche:

luoghi ricchi di artisti, ricercatori

e intellettuali. Chiediamo giustizia, scuola e accesso alle

cure sanitarie per tutti. Per questo

la gente combatte»

anno attraccato al porto siriano di Latakya all’al-ba. Le due navi milita-ri iraniane, il cui passag-

gio attraverso il canale di Suez tre giorni fa ha tanto allarmato Israele, sono arrivate ieri matti-na. I cittadini siriani nutrono po-chi dubbi: in caso di rivolta anti-regime quelle navi si apriranno come cavalli di Troia per manda-re rinforzi e sedare gli opposito-ri. Complottismo arabo a parte, l’amicizia tra il presidente Bashar al Assad e il suo omologo persia-no Ahmadinejad si sta consoli-dando oltre misura. Assad, per evitare il bagno di sangue tem-poreggia con piccole aperture e riforme preventive. Nelle ulti-me due settimane il suo governo ha provveduto a ridurre del 20% le tasse su zucchero e grassi ali-

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Il Centro Enea Trisaia di Rotondella (Matera)

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Traffici

Protesta

va nella misura in cui consentiva l’uscita clandestina di combusti-bile vero e proprio, ossia materia-le radioattivo idoneo per l’impie-go militare». secondo quanto rac-conta Giglio, quindi, l’Enea diven-ne lo strumento operativo dei vari governi italiani dell’epoca per for-nire all’Iraq tutta l’assistenza tec-nologica nonché tutto il materia-le fissile idonei a assicurargli pie-na autonomia nucleare e la pos-sibilità di dotarsi di armi atomi-che. Particolare non trascurabile, a supporto delle sue affermazio-ni e secondo quanto messo a ver-bale dagli uomini della Procura di Reggio Calabria, Giglio «esibisce tutta la documentazione compro-vante tutta la fornitura all’Iraq di tecnologia e di materiale nuclea-re (12mila kg. di uranio)». Già da-vanti alla Commissione Bnl at-lanta, l’allora presidente dell’Enea Umberto Colombo aveva respinto ogni accusa, legando le afferma-zioni di Giglio a dolorose vicende familiari. Più tardi, lo stesso Giglio verrà anche denunciato per ca-lunnia e diffamazione. nel 2004, però, la Cia toglie il velo a una se-rie di documenti fino ad allora top secret. Tra questi, uno studio sul-le armi di distruzioni di massa posseduta da saddam Hussein. Emerse che solo quattro Paesi al mondo avevano venduto uranio all’Iraq: nigeria, Brasile, Portogal-lo e Italia. Fu proprio il nostro Pa-ese, nel 1979, il primo a avviare i commerci radioattivi.

L’8 maggio 1991 negli uffici della commissione d’inchiesta Bnl at-lanta arriva un telegramma. Il te-sto viene letto dal presidente Car-ta: «Ritengo doveroso testimonia-re alla s.V. quanto segue: l’Enea stesso ha dovuto riconoscere che la collaborazione in campo nucle-are anche con l’Iraq non ha segui-to le direttive governative in tema di politica estera. In tale occasione – si legge ancora – è stato accerta-to che i criteri di sicurezza e salva-guardia non erano adeguati, non è stata esercitata una idonea ed efficace azione di vigilanza sugli impianti nucleari, era diffusa una cultura di sottostima degli aspet-ti di salvaguardia, erano “anoma-li” i finanziamenti dell’Enea a fa-vore della snia-Techint». Un testo che, come afferma lo stesso Carta «pone alla Commissione dei pro-blemi immediati». L’autore del te-legramma è, naturalmente, l’inge-gnere Giglio che viene convocato dall’organismo del senato e sen-tito il 16 luglio del 91. Quello che

Dal passato nuove verità Ma lo Stato secreta tuttoMulè dalla prima

Traffici Un nuovo documento secretato emerge sulla vicenda delle navi dei veleni. è il racconto che un ex ingegnere dell’Enea ha fatto alla Commissione d’inchiesta Bnl Atlanta

Giglio raccontò non si può sape-re. Perchè la sua testimonianza è l’unico documento ancora se-gretato tra i 24 volumi che testi-moniano l’attività della Commis-sione. Passano quattro anni. Due procure uniscono i loro sforzi per cercare di fare luce sui traffici di rifiuti e i presunti affondamen-ti di navi nelle acque italiane del

Mediterraneo. sono quelle di Ma-tera e di Reggio Calabria, guidate rispettivamente dai procuratori Pace e neri. Proprio gli uomini di Reggio Calabria raccolgono la de-posizione della fonte «gamma», al secolo Carlo Giglio che, «pre-cisa che nel corso della sua atti-vità istituzionale riuscì a scopri-re che la registrazione degli scarti

nucleari era truccata fraudolente-mente al solo scopo di rendere in-controllabile il movimento in en-trata ed in uscita di tutto il ma-teriale radioattivo che doveva es-sere gestito presso i vari impianti nucleari». In particolare, negli at-ti si legge di un eccessivo registra-zione di “scarto nucleare”, «mate-riale questo il cui controllo sfuggi-

Beni Culturali, la produzione culturale e lo spettacolo del nostro Paese versano in uno stato di forte crisi per i drasti-

ci tagli previsti dalla legge finan-ziaria di quest’anno. Proprio per questo le molte associazioni pro-motrici della coalizione “abbrac-ciamo la cultura”, tra cui acli am-biente, arci, auser, Cgil, Inu, Le-gambiente e Wwf, hanno sotto-scritto un appello, a cui posso-no aderire (direttamente sul sito www. abbracciamolacultura.it)

Alessia Mazzenga

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Un abbraccio lungo tutta la nostra storia

Protesta A Roma la coalizione “Abbracciamo la cultura” presenta il calendario delle iniziative per la promozione e tutela del nostro patrimonio culturale e artistico. Mobilitazione generale per il 5 marzo

tutti i cittadini ma anche le asso-ciazioni e gli operatori del settore e promosso una serie di iniziative per una mobilitazione pubblica che chiede: «che venga definito un quadro trasparente di regole e di risorse certe, di lungo respi-ro che dia priorità alla “cura” del patrimonio culturale italiano» e il cui momento più significativo è rappresentato dagli eventi pre-visti per domenica 5 marzo a Ro-ma intorno al Colosseo, a Padova intorno alla Cappella degli scro-vegni e a Matera ai “sassi”, quan-do questi importanti monumen-

ti riceveranno un abbraccio sim-bolico da parte dei partecipanti. Intanto oggi alla Casa della Parte-cipazione di via dei sabelli a Ro-ma una conferenza stampa pre-senterà il calendario delle inizia-tive e i dati della campagna a so-stegno dei beni culturali e dello spettacolo. «La vera terra dei bar-bari non è quella che non ha mai conosciuto l’arte, ma quella che, disseminata di capolavori, non sa né apprezzarli né conservarli», la frase del celebre scrittore fran-cese Marcel Proust, che campeg-gia sulle pagine dell’appello si ap-

plica particolarmente bene al no-stro Paese, che da anni ormai versa in uno stato d’incuria do-vuto al disinvestimento cultura-le che ha penalizzato anche l’oc-cupazione, le condizioni di lavo-ro e la professionalità degli ope-ratori del settore. Tra le priorità, dato che il patrimonio culturale appartiene all’intera comunità, si chiede: una politica condivisa dei Beni Culturali che ne affermi la priorità nello sviluppo econo-mico e culturale del Paese; la ga-ranzia di una gestione trasparen-te e partecipata dei Beni culturali;

l’affermazione del valore della tu-tela dei Beni Culturali, basata sul-la conservazione preventiva e il contrasto della prassi dell’emer-genza; di dare dignità al lavoro di tutti gli operatori del settore at-traverso il riconoscimento legi-slativo, contrattuale e professio-nale; dare trasparenza alle proce-dure di spesa nei Beni Culturali a partire dagli appalti di lavori ser-vizi e forniture, escludendo le ga-re al massimo ribasso ed eserci-tando un forte controllo sulla si-curezza degli operatori; garanti-re la qualificazione delle imprese che intervengono sul patrimonio culturale, fondata anche su ade-guati requisiti di natura profes-sionale; rilanciare il ruolo del Mi-nistero per i Beni e le attività Cul-turali. Per questo si convocano gli stati generali dei beni culturali e del turismo culturale coinvolgen-do i Ministeri interessati, le Re-gioni, gli enti locali, le parti sociali e le associazioni professionali.

Ogni anno le polveri sottili causano oltre 8mila decessi in 13 città italiane per gli effetti legate all’inquinamento atmosferico. Il dato è stato reso noto dal direttore scientifico dell’Oms Europa, Roberto Bertollini, che ha ribadito come in Italia «ci sia, purtroppo, un’abitu-dine a questo problema». I Verdi, attraverso il presidente angelo Bo-nelli, annunciano la presentazione di «esposti per omicidio colposo in tutte le città italiane». Realacci, Pd, accusa: «Governo assente»

Ogni anno 8mila morti in tredici città italiane

Berruti (Pdl), condanna a 2 anni e 10 mesi

Smog Diritti tv

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>>Primo piano>>

Trasporti

Castelli romani

nata rispetto alle risorse; le pro-cedure accelerate escludenti en-ti locali e cittadini; la Via portata a livello preliminare. Tutte scelte che hanno prodotto l’effetto op-posto. Non esistono scorciatoie: lo mostra l’Alta velocità Torino-Milano-Napoli, unico reale suc-cesso, ottenuto grazie al dialogo serrato con cittadini e ambienta-listi». Altro strale giunge dal Wwf e dal suo dossier “Sindrome Nim-

by no grazie”, in cui si parla di crack per la leg-ge che «manca l’obiet-tivo». A fronte di una spesa lievitata del 280 per cento, l’associazio-ne del panda sostiene che il Governo farebbe bene a concentrare le risorse per accelerare

gli interventi sulle infrastrutture esistenti (ponendo ad esempio fine a scandali come la Salerno-Reggio Calabria) e a realizzare il programma delle piccole e me-die opere per 825 milioni di euro, varato nel giugno 2009 e attual-mente fermo.

Ad oggi, oltre metà delle ope-re sono ancora in fase di studio di fattibilità e mancano all’appel-lo 262 miliardi di euro per le sole infrastrutture di trasporto. Stes-so discorso per i tempi di realiz-zazione che dovevano essere age-volati con la Legge Obiettivo: sol-tanto il 21,1 per cento di opere è realizzato (8,6 per cento dei costi complessivi), l’11,1 è in cantiere o in gara, il 16,9 ha superato la fase di progettazione, mentre oltre la metà è agli step preliminari. Uni-co “successo” è la velocizzazione della procedura di Valutazione di impatto ambientale con 76 opere approvate su 82, quasi a totale be-neficio delle autostrade. Proprio la grande facilità di ottenimento del Via è il simbolo di questo “ca-so italiano”. Come spiega a Terra Edoardo Zanchini, responsabile trasporti Legambiente, «quando la quasi totalità dei progetti au-tostradali è autorizzata, signifi-ca che le opere sono fatte male e vengono approvate in tutta fretta. Solo dopo emergono i problemi, con conseguenti aumenti di prez-zo e tempo. Bisogno fermarsi a ri-flettere se questi mostruosi 260 miliardi abbiano senso o se inve-ce non stiamo andando contro un muro. Noi crediamo in questa seconda ipotesi. Occorre verifica-re l’elenco delle opere e sceglie-re quelle necessarie (la maggior parte nelle aree urbane) su cui in-

Grandi opere, il flop della Legge Obiettivo

Carmginani dalla prima

Trasporti Dieci anni dopo, il provvedimento che doveva accelerare la creazione di infrastrutture strategiche in Italia è in un pantano. La metà dei progetti è in fase di studio e mancano 262 miliardi

vestire i pochi soldi che ci sono. La reale urgenza del Paese non sono le grandi opere, l’obiettivo è sbagliato: la vera emergenza è la mobilità ed è inutile che venga-no accusati gli ambientalisti del-le lungaggini di questi 10 anni fal-limentari, quando il 50 per cento

dei progetti è ancora da approva-re». Quale è, dunque, una via ef-ficace per una maggiore intesa e rapidità. «Quella della Francia, ad esempio, dove esiste il debat pu-blic: due mesi di confronto, anche aspro, tra tutti gli interlocutori. Poi, dopo che tutti i cittadini sono

informati e tutte le istanze sono state esposte, c’è la garanzia che il progetto sarà fatto. E nel miglio-re dei modi». L’esperta di mobili-tà e trasporti Anna Donati indi-vidua tre ragioni per il fallimento della Legge Obiettivo: «Una lista sterminata di opere, sproporzio-

e l’acqua non è po-tabile non possia-mo pagarla come se lo fosse». Oggi da-

vanti alla sede romana di Acea spa, società che controlla gli ac-quedotti della Capitale e di gran parte dei comuni della provin-cia è previsto un presidio di pro-testa. Il sit-in è stato convocato dal coordinamento contro l’in-ceneritore di Albano, dal comi-tato acqua pubblica di Velletri e da quello da Genzano. L’appun-tamento è fissato per le ore 11 a piazzale Ostiense. I manifestanti chiedono l’in-tervento immediato del gesto-re al fine ristabilire la potabilità dell’acqua nel territorio dei Ca-stelli romani e la riduzione delle bollette passate e future. Conte-stano infatti la tariffa applicata da Acea che, alla scadenza del-la deroga concessa dalla Com-

Rossella Anitori

«S «L’acqua è avvelenata,noi non la paghiamo»

Edoardo Zanchini, Legambiente: «Ripartire dalla vera emergenza: la mobilità»

missione europea, avrebbe con-tinuato a distribuire acqua con-tenente concentrazioni di so-stanze pericolose - come l’arse-nico e il vanadio -, superiori ai limiti di legge. In ballo c’è’ la sa-lute di centinaia di migliaia di persone, a lungo trascurata dal-le istituzioni. «Nonostante il ge-store dica che sono stati fatti in-terventi per ristabilire la pota-bilità dell’acqua - ci raccontano dal Coordinamento contro l’in-ceneritore di Albano -, i livelli di arsenico risultano in molti casi superiori ai 10 microgrammi per

litro previsti dalla legge». Un di-scorso che vale per Velletri, Al-bano e tanti altri comuni del-la provincia, dove sono ancora molti i cittadini costretti a rifor-nirsi dalla più vicina autobotte. Già tra il 2003 e il 2005 comin-ciarono a circolare semi clan-destinamente referti di analisi che documentavano quantità preoccupanti di elementi noci-vi nelle acque potabili: arsenico fino a 80 microgrammi e fluo-ro fino a quattro microgrammi per litro. «Oggi - affermano an-cora dal Comitato- sia i nostri

dati che quelli del gestore con-fermano lo sforamento dei livel-li di legge per tutto il 2010 e per il primo mese del 2011, in am-pie fasce di territorio. L’Acea ha distribuito nell’area dei Castelli romani acqua più inquinata del consentito». È quindi doveroso, secondo i cittadini, che il gestore della re-te idrica riveda al ribasso le ta-riffe delle bollette. Dal coordi-namento ricordano inoltre che le deroghe nazionali sugli inqui-nanti nell’acqua, già in vigore da sei anni, sono scadute il 31 di-

cembre del 2009, e che la Com-missione europea ha negato al-la Regione Lazio ulteriori con-cessioni per l’arsenico obbligan-do le istituzioni a rispettare i li-miti imposti dalla legge. «È del tutto priva di fondamen-to e viola apertamente le dispo-sizioni della Commissione eu-ropea - concludono dal Comi-tato - l’ultima circolare firmata dall’assessore regionale all’am-biente Marco Mattei, che ri-guarda una presunta accettabi-lità del limite di 20 microgram-mi per litro per l’arsenico».

Il divieto di comprare un quotidiano per le imprese che posseggono già reti televisive nazionali resta solo fino al 31 marzo 2011 con la possibi-lità di un ulteriore slittamento attraverso un Decreto del Consiglio dei ministri. Salta la nuova regolamentazione che prevedeva per i grup-pi tvche hanno meno dell’8% del Sistema integrato comunicazioni e meno del 40% del settore comunicazioni elettroniche di acquistare un quotidiano. Le opposizioni: «Così Berlusconi può scalare il Corriere»

La corte di appello di Milano ha condannato il deputato del Pdl Mas-simo Maria Berruti a 2 anni e 10 mesi di reclusione per l’accusa di ri-ciclaggio. Non è stata comminata l’interdizione dai pubblici uffici. Il processo a Berruti è uno stralcio del procedimento principale per presunte irregolarità nella compravendita di diritti televisivi Media-set, nel quale è imputato per frode fiscale Silvio Berlusconi e che ri-prenderà lunedì. La difesa ha annunciato ricorso in Cassazione.

Giornali e tv, sì agli incroci da marzo 2011

Editoria

Castelli romani I dati del gestore confermano lo sforamento dei livelli di arsenico per il 2010 e nello scorso gennaio. Oggi un sit-in davanti all’Acea per chiedere la soluzione del caso

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>>Esteri>>

L’allarmeemergenza acqua, nel 2050 saremo tutti all’asciutto

ei prossimi trent’anni le precipitazioni inverna-li nella zona del Mediter-raneo potrebbero subi-

re una riduzione del 20 per cen-to, determinando una diminu-zione sensibile delle risorse idri-che a disposizione dei paesi che affacciano sulle sue coste. al mi-liardo di persone che ancora oggi non ha accesso all’acqua potabile, si potrebbero aggiungere da qui al 2050 altri 2 miliardi e 800 milio-ni di individui. In base ai trend at-tuali, nel lungo periodo una per-centuale compresa tra il 5 e il 25 per cento degli usi globali di ac-qua dolce è destinata a supera-re le forniture disponibili, aumen-tando drasticamente la parte di popolazione mondiale che soffre la sete. sono questi alcuni dei da-ti emersi nel corso della conferen-za “Dammi da bere”, organizzato ieri a roma dall’associazione Gre-enaccord alla presenza di esperti, studiosi e rappresentanti di istitu-zioni internazionali. I numeri e le proiezioni mostra-ti dagli addetti ai lavori nel corso dei loro interventi hanno richia-mato l’attenzione dell’intera co-munità degli stati, dei governi e delle amministrazioni locali sul-la necessità di ripensare la water governance globale, per tentare di porre un freno alle crisi idriche che colpiscono zone del piane-ta sempre più ampie, incremen-tando il già consistente divario tra paesi poveri e assetati e paesi ricchi e abituati al-lo spreco. «Oggi la gestione dell’acqua da parte dei vari at-tori internazionali è spesso inefficien-te», ha spiegato ni-gel Watson, docen-te di Gestione am-bientale presso il Centre for sustaina-ble water manage-ment dell’università di lanca-ster. «I suoi diversi impieghi, agri-colo, industriale, domestico e via dicendo, sono stati gestiti finora in modo non coordinato. Quel-lo che serve invece è ciò che gli esperti chiamano Iwrm, l’acroni-mo inglese di “gestione integrata delle risorse idriche”, che coinvol-ga direttamente tutti i soggetti in-teressati». In quest’ottica partico-lare risalto lo assume la limitazio-ne degli sprechi. «Il nostro istitu-to ha calcolato nel 30 per cento il risparmio potenziale derivan-te da un uso più efficiente dell’ac-qua», ha sottolineato Juliet Chri-stian-smith, ricercatrice del pa-

Paolo Tosatti

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L’allarme Sono scenari catastrofici quelli delineati da esperti, studiosi e addetti ai lavori, riunitisi ieri a Roma per parlare di gestione di risorse idriche e cambiamenti climatici

impensabile che il diritto all’acqua non sia all’ordine del giorno del G8 e del

G20». Durante il suo interven-to Hachmi Kennou, governatore del World water council, ha vo-luto innanzitutto puntare il dito contro i governi dei paesi più svi-luppati, secondo lui tra i princi-pali responsabili della crisi idri-ca che affligge molte zone del pianeta. Il suo discorso però si è concentrato anche sull’impor-tante nesso tra acqua ed ener-gia, troppo spesso sottovalutato dalla comunità internazionale.

Le risorse idriche oggi sono spesso male utilizzate. Qua-li passi sono necessari per ri-mediare a questa situazione? serve innanzitutto un ragio-namento condiviso da tut-ti gli attori interessati al pro-blema, dagli stati alle ammini-strazioni locali, fino ad arriva-re a quelle comunità dei singo-li che quotidianamente si scon-trano con le difficoltà collega-te all’accesso alle risorse idri-che. si tratta di una necessità che non riguarda solo noi ma anche le generazioni future. Cosa dovrebbero fare in con-creto le istituzioni?stabilire in primo luogo dei pia-ni più efficienti per l’impiego dell’acqua. Oggi l’agricoltura ne assorbe l’80 per cento del tota-le: è dunque questo il primo set-tore in cui intervenire. Inoltre

«è devono essere migliorate le re-ti di distribuzione, che oggi cau-sano molti sprechi. Chiaramen-te per questi interventi servono fondi, che devono essere erogati dai governi. Inoltre i paesi devo-no pensare a degli incentivi per favorire gli investimenti nel set-tore e per invogliare le imprese a fare sempre meglio.

Lei attribuisce anche grande importanza al settore energe-tico...sì, perché acqua ed energia so-no strettamente collegate: se non c’è la seconda, salvo ra-re eccezioni, non può esserci la prima, che a sua volta può aiu-tare la produzione dell’elettrici-tà. per questo a Cancun il World water council ha chiesto a tutti i governi di avviare delle azioni per lo sviluppo delle infrastrut-ture idriche: si tratta di un pas-so fondamentale per quei pae-si che desiderano avviare pro-cesso di crescita solidi e stabi-le. per gestire nel modo corretto un problema grande come quel-lo dell’acqua, con molti interessi in gioco, devono essere affron-tate le situazioni di criticità in tutta la loro complessità. ser-ve una governance in grado di coinvolgere tutti i portatori di interessi. e il nesso tra acqua ed energia deve essere valorizza-to e soprattutto sfruttato, visto che da esso possono nascere iniziative virtuose che possono interessare i diversi paesi.

p.t.

cific institute for stu-dies in development, environment and se-curity. «esiste ormai la necessita di una modifica dei consumi che spinga le persone a utilizzare prodotti che siano stati crea-ti con minori quanti-tà di acqua». produr-

re un chilo di carne bovina, per esempio, richiede molta più ac-qua di un chilo di carne di pollo. In questo processo di radicale cambiamento, un ruolo centra-le spetta alle istituzioni interna-zionali. amedeo postiglione, pre-sidente della fondazione Interna-tional court of the environmental foundation ha proposto a riguar-do la creazione di due enti: «un’au-torità amministrativa gestionale delle risorse» e «una Corte inter-nazionale dell’ambiente, che sia accessibile non solo agli stati, co-me avviene con la Corte Interna-zionale dei diritti umani dell’aja, ma anche ai singoli».

«Bisogna sfruttare il nesso tra acqua ed energia»

L’esperto A colloquio con Hachmi Kennou, governatore del World water council

Entro 40 annialtri 2,8 miliardi di persone potrebbe soffrire la sete. Un terzo dell’intera popolazione mondiale

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Solare

Tecnologie

po imprese fotovoltaiche italia-ne (Gifi) ritiene che entro 10 anni il 10 per cento della nostra elet-tricità arriverà dal sole. «Perché - assicura Valerio Natalizia, presi-dente del Gifi - il mercato è sem-pre più competitivo e sostenibile ed entro il 2015 garantirà all’Ita-lia maggiore sicurezza energeti-ca, oltre 40mila posti di lavoro e 15 Gw di potenza installata». A fornire i numeri attuali è invece Gianni Chianetta, presidente di Assosolare: «Nel 2010 contiamo di arrivare a 3Gw installati con 3.800 Mw di potenza cumulativa. Le aziende attive nel settore sono già mille, i posti di lavoro 15mila e il giro d’affari è di ben 8 otto mi-liardi di euro. Quindi nonostante la crisi e i problemi burocratici il settore cresce. Ma la forte accele-

razione di questi ul-timi due anni è arri-vata solo grazie al-la fiducia degli inve-stitori e agli incenti-vi». Assosolare de-nuncia inoltre «iter troppo lunghi» per gli impianti a ter-ra. «Il Conto ener-

gia prevede 6 Gw, quindi i nuovi impianti occuperebbero una su-perficie agricola di sei ettari: ap-pena lo 0,09 per cento dei terreni non utilizzati che ci sono in Ita-lia», conclude Chianetta.

l clima tra gli operatori è te-so. E le sedie vuote dei rap-presentanti istituzionali non confortano. Così, mentre le

sessioni dedicate ai mercati del fotovoltaico termico e solare si susseguono, il pensiero degli im-prenditori italiani presenti alla prima giornata della Conferenza dell’industria solare (Cis-It 2011) che si è aperta ieri a Roma, è tut-to rivolto ai lavori in corso al mi-nistero dello Sviluppo economi-co. Dove si sta mettendo a pun-to il decreto attuativo di conver-sione della direttiva europea 20-20-20, che contiene gli obietti-vi comunitari sulle rinnovabili: il testo definitivo potrebbe arri-vare già oggi e va approvato en-tro il 5 marzo. I politici invitati al dibattito sul Conto energia, che era previsto ieri pomeriggio, pare abbiano disertato la Conferenza proprio per mettere a punto que-sto testo. «Luciano Barra del mi-nistero dello Sviluppo economi-co non è potuto venire - annun-cia ai presenti Riccardo Battisti di Ambiente Italia - perché im-pegnato con il famoso decreto». Tutti temono che il provvedi-mento del governo venga snatu-rato inserendo troppe restrizioni. «Si rischia di fare la fine del de-creto salva Alcoa, con il quale la politica ha perturbato il merca-to», continua Battisti. Un prov-vedimento che per «garantire la sicurezza di approvvigionamen-to di energia elettrica nelle isole maggiori», ha consentito a tutte le aziende che avevano costrui-to impianti fotovoltaici entro il 31 dicembre 2010, anche se non allacciati alla rete, di assicurarsi le tariffe previste allora del con-

to energia. Una decisione che ha fatto esplodere il numero di do-mande inviate al Gestore dei ser-vizi energetici (Gse). «Dal 3 gen-naio arrivano mille richieste al giorno - ha spiegato Francesco Trezza del Gse - e il nostro por-tale è andato in tilt. Al 22 febbra-io scorso 54.180 impianti fotovol-taici per 3.754 kW hanno chiesto il salva Alcoa, sui 163.315 totali

entrati in esercizio nel 2010. Nu-meri che non ci aspettavamo». Fortemente critico anche Oliver Schafer di Sunpower, azienda ca-liforniana che realizza una del-le più potenti tecnologie solari al mondo: «Ammetto di aver vi-sto l’Europa intera puntare sulle rinnovabili e ridurre le emissioni con l’appoggio determinante dei governi locali ma non l’Italia, for-

Rinnovabili in crescitaaspettando il decreto

Alessandro De Pascale

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Solare Al via i lavori della Conferenza di Roma. Clima teso tra gli operatori per il recepimento della direttiva europea. C’è chi teme troppi vincoli per un settore che crea migliaia di posti di lavoro

se perché Berlu-sconi vuole conti-nuare a comprare petrolio da Ghed-dafi. È un vero peccato perché per ogni kilowatt verde si inquina di meno e si cre-ano posti di lavoro», ha concluso il responsabile Sunpower. Ma no-nostante l’altalenante sostegno politico alle rinnovabili, il Grup-

nche nel settore delle rinnovabili, ci siamo posti il pro-blema della soste-

nibilità per chiudere il ciclo», spiega Alessandro Coppola, re-sponsabile marketing e relazio-ni governative della First Solar Italia, multinazionale statuni-tense, principale produttore al mondo di pannelli fotovoltaici a pellicola semiconduttrice sottile costruiti in tellururo di cadmio (CdTe). Un materiale altamen-te riciclabile e con un’elevata re-sa ma dannoso per l’ambiente in caso di uno smaltimento non corretto. Oggi Coppola parlerà alla Conferenza proprio di rici-claggio dei pannelli.Che durata hanno i moduli?I pannelli fotovoltaici durano al-meno 25 anni. Quindi non è un problema imminente, tuttavia bisogna organizzarsi per tempo. Perché lo stesso picco che stia-mo vivendo attualmente nell’in-stallazione dei parchi fotovol-taici, lo avremo tra due decenni

«A Riciclaggio dei pannelliIl nuovo eco-business

Tecnologie Recuperabile oltre il 95 per cento del materiale utilizzato per produrre energia. E il 90 per cento dell’involucro. I risultati della First Solar in un comparto destinato a crescere

Gifi: «Entro il 2015 oltre 40mila occupati».Assosolare denuncia: «Iter troppo lunghi per gli impianti»

>>Green economy>>

nel loro smaltimento. A questo punto, soprattutto per un’ener-gia pulita diventa fondamentale renderla sostenibile.Come?In tre passi. Il primo è rendere i metodi produttivi poco ener-givori. Anche attraverso centri produttivi integrati che realizzi-no tutti i componenti necessa-ri e non semplici assemblatori o peggio ancora importatori di prodotti realizzati dall’altra par-te del mondo. Abbattendo co-sì anche i costi finali. Il secon-do fare in modo che i pannelli abbiano una grande produttivi-tà. L’ultimo è occuparci del fine

vita degli impianti, del loro rici-claggio.Tecnicamente è possibile? Certamente. Il Pv Cycle, l’asso-ciazione europea di imprese na-ta nel 2007 e che oggi conta 60 membri, rappresentando l’85 per cento del mercato fotovoltaico del Vecchio Continente, stabi-lisce come obiettivo minimo di riciclare almeno il 65 per cento della materia attiva dei modu-li e l’85 per cento dell’involucro, costituito soprattutto da vetro. Questo comparto nei prossimi anni sarà in costante crescita of-frendo nuove opportunità e po-sti di lavoro.

Anche la vostra azienda si af-fida al Pv Cycle?Siamo membri dell’organismo europeo ma lo facciamo in pro-prio. Nei nostri centri produttivi integrati c’è anche il centro di ri-ciclaggio. Quello europeo si tro-va a Francoforte, in Germania. Per l’appunto dove produciamo ed esportiamo tutti i pannelli dedicati ai mercati del Vecchio Continente. Riguardo agli obiet-tivi siamo andati oltre quelli mi-nimi del Pv Cycle: ricicliamo più del 95 per cento del materiale at-tivo che poi viene usato per pro-durre nuovi pannelli e il 90 per cento dell’involucro.

Come funziona per i clienti?Il costo di smaltimento è incluso direttamente nel costo dei nostri pannelli. E rifornisce un fondo ac-cantonato da terzi, così se un do-mani dovesse non esistere più la First Solar, il riciclaggio è garan-tito lo stesso. Dietro ogni nostro prodotto c’è un numero di tele-fono, al quale il cliente chiama e sia il ritiro che il trasporto che il riciclaggio del prodotto lo curia-mo noi. Per ora, dato che il parco pannelli è relativamente recente, chiamano principalmente per so-stituzioni o riparazioni. Ma ci sia-mo già attrezzati per il futuro.

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Il rebus di Cascina CampazzoIl caso Ennesimo colpo di scena nella lunga storia della fattoria acquistata nel 1984 dal gruppo Ligresti

utto è bene quel che fini-sce bene. O almeno spe-riamo sia così. Grazie al principio di perequazio-

ne la cascina campazzo non dovrebbe più essere vessata da provvedimenti di sfratto: è pas-sata sotto le “ali” del comune di milano. Per capire dove sta an-dando il futuro delle cascine mi-lanesi - ben 59 solo quelle comu-nali - abbiamo intervitato Pietro lembi del comitato cascine 2015 (www.cascinemilano2015.org ). «il caso della cascina campazzo è emblematico, gli agricoltori fi-no a ora si sono trovati davanti a proprietà che non davano con-tratti a lungo termine, ora le co-se dovrebbero cambiare. il PGT prevede l’acquisizione di terreni e di cascine a fini agricoli. Prima dell’approvazione» spiega lembi «abbiamo fatto 4 osservazioni al PGT, 2 più generali, al Documen-

Donatella Pavan

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fratto sospeso per la casci-na campazzo. Per l’ennesi-ma volta la famiglia Falappi, che gestisce da diversi de-

cenni una delle più antiche casci-ne milanesi, si era trovata di fron-te alla possibilità di dover abban-donare tutto. il casolare infatti è di proprietà della società altair (gruppo ligresti), che la comprò nel 1984 dall’ente comunale as-sistenza milano e che ha chiesto più volte lo sfratto degli affittuari, i quali vivono qui dal 1951 man-tenendo in vita la cascina. la si-tuazione sembrerebbe però in via di risoluzione in quanto, il gior-no prima della data prevista per lo sfratto, l’assessore allo Sviluppo del Territorio carlo masseroli ha annunciato, su mandato dei lega-li della proprietà, la sospensione dello sfratto esecutivo. nel corso del sopralluogo masseroli ha inol-tre comunicato che verrà avviato «un percorso amministrativo che porterà la cascina campazzo sot-to la diretta gestione del comune, come previsto dal Piano di Gover-no del Territorio. alla soluzione si è arrivati spostando le volume-trie di proprietà privata in un’altra area di milano, quella dell’ex ma-cello attualmente in stato di de-grado. la campazzo diventa co-sì il prototipo della perequazione, cioè dello strumento più innova-tivo del Pgt». la cascina passa da grattacapo di lunga durata a espe-rimento di questo strumento che

Camilla Minarelli

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«Nascerà la rete dei casali»Intervista A colloquio con Pietro Lembi del Comitato Cascine Milano 2015. In un libro la storia dei casolari

to di piano, 2 più specifiche al Piano delle regole. Quando sa-rà pubblicato vedremo se saran-no state accolte. nel primo ca-so abbiamo chiesto che per 5 dei 15 progetti previsti fosse espli-citata meglio la valorizzazio-ne dell’attività dei soggetti loca-li e che nell’ambito del cosiddet-to West Park - zona Palasharp - venisse sottolineato l’aspetto na-turalistico dell’area. nel secondo caso, abbiamo chiesto che le ca-scine assieme a altri nuclei stori-ci siano considerate o nuclei di antica formazione (naf) o al pa-ri, ovvero possano essere salva-guardate e che per ciascuna, co-me previsto per i naf, venga fat-ta una scheda con i possibili svi-luppi. il modo in cui sarà gestita la vicenda calappi e gli esiti con-creti che troverà, il modo in cui atterreranno i diritti edificatori a milano e il modo in cui i sog-getti locali, saranno considera-ti nella progettualità della casci-

na, sarà il primo banco di prova, la cartina di tornasole del PGT e del meccanismo, per ora non ben definito, della perequazio-ne. il nostro comitato nasce nel 2009 dall’aggregazione di multi-plicity lab del Politecnico di mi-lano, Fare Spazio, Slowfood, col-diretti, che rappresenta gli agri-coltori, e altri. il nostro intento èquello di considerare le cascine come un unico sistema, da met-tere in rete e sostenere secondo le necessità dei soggetti e dell’at-tività già in atto, mantenendo-ne la vocazione agricola, la cul-tura del territorio e dell’abitare. abbiamo raccolto il nostro lavo-ro di ricerca nel libro Le cascine di Milano verso il 2015, dopodi-chè sono arrivate altre adesioni, dall’arci a comitati più radicati nei territori, come l’associazione amici cascina linterno in zo-na San Siro o l’associazione Sel-lanuova a Bisceglie. Su 3 casci-ne abbiamo fatto dei progetti dai

quali sono nati bandi comunali per l’affido, come per la cascina San Bernardo al Parco della Vet-tabbia. Sono due i settori del co-mune che seguono le cascine: l’assessorato alle attività produt-tive con l’appena nato Distretto agricolo milanese, una delle for-me tramite le quali il comune di milano vuole rilanciare l’agri-coltura, e l’assessorato allo Svi-luppo del territorio, che ha com-missionato un lavoro sulle casci-ne per fare dei bandi per l’affido cascine». apparentemente tutto è sotto controllo, l’importante è rimanere vigili.

scambia proprietà “utili” per i cit-tadini in cambio di volumetrie al-trove. la proprietà ligresti do-vrebbe cedere le aree attorno al-la cascina e a Vaiano Valle Sud (quest’ultima da riconnettere al Parco agricolo Sud), per ottenere in cambio il diritto a edificare nel-le aree dell’ex macello comunale a Porta Vittoria. Parte degli oneri di urbanizzazione dell’operazione immobiliare saranno destinati al-la ristrutturazione della cascina.Secondo indiscrezioni, ligre-sti non sarebbe però più interes-sato allo scambio con metrature dell’area ex macello perché sog-

getto a troppi vincoli. andrea Fa-lappi, agricoltore affittuario della cascina, così commenta: «l’im-portante è chiudere l’accordo e far passare la cascina sotto la proprietà del comune, prima del-le elezioni». e aggiunge: «il futuro che noi vediamo è quello che ab-biamo sempre sognato: prosegui-re l’attività agricola e continua-re a sviluppare iniziative cultu-rali e di aggregazione». la cam-pazzo si trova infatti a soli 4 km dal Duomo di milano, all’interno del Parco agricolo del Ticinello, una distesa di 880mila mq di ver-de utilizzati per attività agrico-

le, ma è anche sede di numerosi eventi che promuovono la storia e la cultura del territorio. Secon-do Falappi, «le aree agricole han-no una possibilità di fruizione so-ciale, ed è anche per questo che vanno valorizzate». l’obiettivo ora è arrivare senza ulteriori di-lazioni all’accordo con la proprie-tà e alla conseguente realizzazio-ne del progetto del Parco agrico-lo Urbano del Ticinello, esempio emblematico di incontro e valo-rizzazione reciproca tra attivi-tà agricola e fruizione pubblica, nonché ottimo biglietto da visita per l’expo 2015.

«Consideriamo i cascinali come un unico sistema, da sosteneremantenendo la vocazione agricola di ciascuno, la cultura del territorio e dell’abitare»

Terra Milano A cura di Emanuele BompanInfo: [email protected]

rivoluzione green al Poli-clinico di milano. al noso-comio di via Sforza, uno dei più antichi di milano, an-drà a regime entro l’estate, una nuova centrale tecno-logica “3 in 1” che produce energia elettrica, termica e refrigerante. Un risparmio che si stima intorno ai 1.100 mWh/anno e una riduzio-ne di quasi il 20 per cento delle emissioni di anidride carbonica oltre alla sensibi-le diminuzione del rischio di black out. il nuovo edifi-cio sostituisce quasi tutte le singole centrali termiche e frigorifere presenti nell’area della Fondazione ca’ Gran-da. «Una perfetta sinergia tra sicurezza, affidabilità, compatibilità ambientale e un grande risparmio sulla spesa energetica e sulla ge-stione impianti, che porta all’ottimizzazione dei costi gestionali ordinari e straor-dinari» spiega la Fondazio-ne in una nota. Un investi-mento di circa 19 milioni di euro, tutti a carico delle im-prese che hanno realizzato la centrale e ne curernno la gestione per 9 anni.

Erica Sirgiovanni

«Sta in capo ai prefetti la responsabilità di predi-sporre un sistema di acco-glienza in grado di fronteg-giare l’emergenza profu-ghi». con queste parole il presidente della Provincia di milano, Guido Podestà, ha liquidato la richiesta con cui Gian Valerio lom-bardi, prefetto di milano, ha chiesto a Palazzo isim-bardi la possibilità di met-tere a disposizione degli edifici per i profughi prove-nienti dalla libia. «la provincia non ha strut-ture libere adeguate a que-sto scopo», ha dichiarato Podestà, «l’esercito ha in-vece una caserma da uti-lizzare per l’emergenza». e ha aggiunto: «l’italia non èoggettivamente in grado di fronteggiare in modo per-manente flussi così mas-sicci». ma non è tutto: «la costituzione europea non prevede un’accoglienza in-discriminata. Se non si di-mostra una coesione euro-pea davanti a questa situa-zione viene spontaneo do-mandarsi di che cosa ab-biamo parlato in questi an-ni».

Aria pulitaal Policlinico

La Provincia chiude le porte

Green energy

Profughi libici

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L’evento Da oggi fino a domenica 27 febbraio, nel centro della città, i tre giorni del Salone della Dieta Mediterranea

na gara per eleggere la bufala più bella d’italia. la distribuzione di as-saggi di pizza per racco-

gliere fondi da destinare al salva-taggio della capra napoletana, una specie in via di estinzione. una gara di abilità tra agricolto-ri alla guida di possenti tratto-ri. Tutto questo e molto altro è agrosud, la più grande fiera del settore agricolo in tutto il cen-tro-Sud italia, che da quest’an-no è ribattezzata “Salone della Dieta Mediterranea”. l’appunta-mento è da oggi a domenica 27 febbraio, dalle 9 alle 19 presso la Mostra d’oltremare di napo-li, ed è rivolto a tutti quelli che vogliono trovare un angolo (a di-re la verità, bello grosso) di cam-pagna nel pieno centro di una grande metropoli. agrosud è la principale fiera delle tecnologie e innovazioni applicate al setto-re agricolo dell’italia centrome-ridionale, una importante vetri-na internazionale per centina-ia di aziende. la fiera è divisa in sei diversi padiglioni temati-ci: agrosapori (dedicato al man-giare bene e sano); ZootechMed (dedicato alla zootecnia); orto-med (all’ortofrutta); Silc (il Sa-lone dell’industria lattiero-case-aria); agroEnergy (dedicato al-le energie pulite); Floramed (de-dicato al settore floricolo). Tan-ti i convegni, i dibattiti, le inizia-tive per promuovere le aziende e tematiche di carattere genera-le tra i visitatori: se ne attendo-no almeno trentamila, che po-tranno girare liberamente ne-gli oltre ventimila metri quadra-ti della fiera. Tra le iniziative più attese, la “gimkana trattoristica”, a cui potranno partecipare tutti gli agricoltori presenti in fiera, i quali proveranno ad aggiudicar-si il “Trofeo Vallepiana 2011”. Sa-ranno premiati anche il concor-rente più giovane, la migliore concorrente donna, l’organizza-zione professionale agricola che ha portato i migliori concorren-ti. Per ogni birillo abbattuto (e non solo spostato) saranno ad-debitati cinque secondi penalità, mentre per ogni singola prova di abilità superata sarà dato un ab-buono di 10 secondi. i visitatori del padiglione agro-sapori, che potranno accede-re alla fiera pagando un bigliet-to simbolico di un euro, potran-no partecipare alle degustazio-ni organizzate da Slow Food, dal consorzio di Tutela Mozza-rella di Bufala, dall’associazione nazionale Pizzaiuoli e dagli altri espositori. «ad agrosud - spiega Salvatore Bonavita di BMc consulting, la società organizzatrice dell’even-to - avremo la presenza di espo-sitori delle maggiori aziende di

Michele Ippolito

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Il parco non si tocca Edenlandia Il comitato Valori collinari contro il trasferimento dell’area giochi

ono decisamente contra-rio alla proposta formula-ta dall’assessore all’urbani-stica della regione cam-

pania di trasferire il parco gio-chi di Edenlandia, a napoli, dal quartiere di Fuorigrotta, ove è ubicato, a quello di Miano, pro-posta che, peraltro, non risulta neppure preventivamente sot-toposta all’attenzione della dire-zione del parco e dei lavoratori. non sono chiare le motivazioni dello spostamento di una strut-tura che opera da oltre 45 an-ni, essendo sorta nel 1965, gra-zie all’impegno profuso dall’in-dimenticabile commendato-re oreste rossotto. il progetto, redatto dall’architetto Mimmo Viggiani, con scenografie realiz-zate da artisti e artigiani come Stefanucci, Farina, Michelini e laino, consentì di recuperare al-la vivibilità un’area abbandona-

Gennaro Capodanno*

Sta, di circa 50mila mq, posta sul retro della Mostra d’oltremare, lungo la strada che, all’epoca, si chiamava ancora via Domizia-na, strada caratterizzata da po-che case e, di sera, luogo di ri-trovo di prostitute. Si trattò del primo esperimento in Europa di un parco tematizzato, in analo-gia a quando era stato fatto una decina di anni prima con la cre-azione della Disneyland califor-niana. Per comprendere l’impor-tanza di questo parco, anche in ambito nazionale, basti pensare che, come raccontano le crona-che, quando livio Furini decise all’inizio degli anni ’70 di realiz-zare Gardaland, la famosa città dei divertimenti, venne a napo-li a visitare Edenlandia, invitan-do il suo ideatore a dargli una mano per la creazione del futu-ro parco, ma ricevendo un gar-bato quanto netto rifiuto. Piut-tosto è auspicabile che, grazie anche al contributo della regio-

ne campania e degli Enti locali, nonché di quanti hanno a cuo-re le sorti del capoluogo parte-nopeo, il parco venga potenzia-to con nuove attrazioni e giochi, rilanciandolo in ambito locale e regionale. un modo anche per incrementare le possibilità oc-cupazionali di una struttura che è molto amata dai napoletani che, da ben tre generazioni, han-no trascorso e trascorrono mol-te ore della loro infanzia gioiosa e della giovinezza in questo par-co giochi al quale sono legati da ricordi indelebili.

*presidente del comitato“Valori collinari”

produzione di tecnologie, beni e servizi applicati al mondo or-tofrutticolo, zootecnico e case-ario, le quali avranno la possibi-lità di incontrarsi e confrontarsi con un pubblico altamente qua-lificato e specializzato. nel corso della tre giorni – prosegue Bo-navita - saranno organizzati nu-merosi convegni durante i qua-li aziende, enti e istituti di ricer-ca si incontreranno e proporran-no alcuni studi e progetti per mi-gliorare i settori agro zootecnico e lattiero- caseario. Punto di for-

za di agrosud è la mul-tisettorialità che espri-me con la partecipazio-ne delle principali filie-re del mondo agricolo. l’abbondante affluen-za di allevatori, agri-coltori ed operatori del settore degli scorsi an-ni dimostra la necessi-tà di un evento di ri-ferimento nel Mezzo-giorno e con agrosud l’obiettivo sembra es-sere raggiunto».

Non sono chiarele motivazionidello spostamentodi una struttura che opera da oltre 45 annia Fuorigrotta

Terra NapoliA cura di Francesco Emilio BorrelliInfo: [email protected]

«all’indomani delle di-missioni del consiglio di amministrazione del-la Fondazione Donnaregi-na - spiegano i promotori del comitato Save Madre, l’ex assessore provincia-le Francesco Emilio Bor-relli ed i consiglieri comu-nali e provinciali Emilio di Marzio e livio Falcone - l’assessore regionale com-petente ha fatto sapere di averne assunto la Presi-denza e di aver già scel-to e contattato i due futu-ri altri membri del consi-glio di amministrazione che dovrà procedere al-lo smantellamento dell’at-tuale organigramma del museo Madre». «non si discute - conti-nuano - ovviamente il no-me di natalino irti, figura di indubbio prestigio nel panorama dei giuristi ita-liani, né si discute l’ottimo profilo di lorand Hegyi, critico internazionale, at-tuale direttore del museo di Saint-Etienne in Fran-cia, peraltro tra i 200 pro-motori proprio dell’appel-lo internazionale “Save Madre”. c’è solo un pro-blema. non risulta che lo studioso ungherese sia mai stato contattato dalla regione campania».Tra l’altro il curatore na-poletano Eugenio Viola, in continuo contatto con Hegyi per motivi di lavoro, lo ha rintracciato telefoni-camente.«lorand – afferma Vio-la – non sapeva nulla del-le intenzioni della regione campania. nessuno l’ha mai contattato da Santa lucia. allora gli ho spie-gato rapidamente la si-tuazione in atto e le ragio-ni delle dimissioni del vec-chio cda. Mi ha detto che mai potrebbe fare qual-cosa contro achille Boni-to oliva, al quale lo lega un’antica amicizia».«è lecito - conclude Euge-nio Viola - chiedere all’as-sessore regionale di dire la verità almeno quando si tratta di nomine pubbli-che e visto che stiamo par-lando del destino del Ma-dre, una delle più impor-tanti istituzioni culturali napoletane?».

Lorand Hegyi?Mai contattato

Museo Madre

ZOOTECNIA

LATTIERO CASEARIO

ORTOFRUTTAAGROALIMENTARE

MACCHINE AGRICOLE

sei un asso

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A Napoli batte un cuore verde

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>>Scienza>>

effetto serra e pescaL’anno zero del corallo

re anni di ricerche e cir-ca un centinaio di scien-ziati. Questi i numeri di uno studio sulla situazio-

ne attuale e il destino del coral-lo, sempre più a rischio per col-pa della pesca e dell’impatto cli-matico. il rapporto è stato com-pilato da un gruppo di oltre ven-ti organizzazioni di ricerca e con-servazione, guidato dal World resources institute (Wri) di Wa-shington e, ha detto Jane Lub-chenco, capo della Us National oceanic and atmospheric agency (Noaa), «dovrebbe servire da sve-glia per i politici e i dirigenti del-le grandi aziende circa l’urgente necessità di una maggiore tutela per le barriere coralline». La rela-zione ha analizzato i territori già esaminati da un precedente pro-getto pubblicato nel 1998, ma è entrato molto più nel dettaglio. in questi ultimi tredici anni l’area a rischio distruzione è aumenta-ta di quasi un terzo, per colpa in-nanzitutto del massiccio aumen-to dei danni da pesca, in partico-lare negli oceani indiano e pacifi-co. Almeno la metà delle barrie-re coralline del mondo sono mi-nacciate dal modo in cui i pesca-tori agiscono sull’ambiente (per esempio nell’utilizzo di dinami-te). Altre minacce sono l’inqui-

Alessio Nannini

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Oceani Tre quarti delle barriere coralline del mondo sono a rischio a causa di commercio eccessivo, inquinamento e cambiamento climatico. Lo dice un rapporto redatto da oltre cento ricercatori

si chiama Brontomerus mcintoshi ed è l’ultimo ar-rivato fra i dinosauri. i ri-cercatori hanno rinvenu-to il fossile nello Utah, e lo hanno collocato a circa 110 milioni di anni fa, pe-riodo coincidente con la prima parte del Cretaceo. secondo quanto descrit-to sull’ultimo numero degli Acta Palaeontologica Polo-nica, preferiva vivere in zo-ne secche, terreni collinosi o aspri. Le ossa venute alla luce appartenevano a due esemplari, un giovane e un adulto, probabilmente ma-dre e figlio. il primo pesa-va intorno alle 6 tonnella-te per una lunghezza com-plessiva di circa 14 metri, mentre il più piccolo dove-va avere un peso di 300 chi-logrammi per una lunghez-za inferiore ai 5 metri. Di particolare interesse sono le zampe, particolarmen-te possenti, e ben più gran-di di tutto il gruppo dei sau-ropodi (ovvero diplodochi e brachiosauri). secondo gli scienziati, il brontomero le usava per spintonare e cal-ciare potentemente i suoi aggressori.

Scoperto il brontomero

Dinosauri

namento nei fiumi, che versano veleni lungo le coste, lo sviluppo costiero, e il cambiamento cli-matico. su quest’ultimo aspetto, le proiezioni indicano che entro il 2030 circa la metà delle barrie-re coralline potrebbe sbiancarsi (dati che salgono al 95 per cen-to per il 2050) perché i nutrien-ti del corallo, che danno il carat-teristico colore rosso, risentono sensibilmente dell’aumento del-la temperature del mare. inoltre, il lento calo del ph dell’acqua ( fe-nomeno noto come acidificazio-ne degli oceani) potrebbe com-promettere la capacità di forma-

re strutture a ramo resistenti. «il riscaldamento e l’acidificazione diventeranno i principali perico-li – spiega Jane Lubchenco – ma ancora più dannosa sarà la loro combinazione». A livello regio-nale, il sud-est asiatico è oggi la zona più colpita, con oltre il 90 per cento delle barriere presen-ti nella lista a rischio. La minac-cia in questo caso avrebbe anche serie ripercussioni economiche, perché andrebbe ad impattare con società che fanno del corallo un elemento imprescindibile per la sopravvivenza, e che sarebbe-ro incapaci di adattarsi a un’altra

forma di commercio. Un proble-ma che vale per le isole Como-re e fiji, haiti, indonesia, Kiriba-ti, filippine, tanzania e Vanuatu. fra tanti grigi presagi, ecco pe-rò qualche elementi di speran-za: «Le scogliere su cui cresce il corallo sono solide, e riducendo le pressioni locali possiamo con-tribuire a guadagnare tempo per trovare soluzioni alle minacce globali che possono preservare le barriere per le generazioni futu-re» ha scritto l’autrice principale del rapporto Lauretta Burke. ma questo sta, come sempre, alla vo-lontà dell’uomo.

L’alba irrompe sopra l’Oceano Atlantico e investe le strut-ture del Kennedy space Center in florida, dove sulla piat-taforma 39A spicca la silhouette dello shuttle Discovery.

SpazioHere comes the sun

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venerdì 25 febbraio 2011 11>>Commenti>>

Boato dalla prima

Mauro Rostagno ha comincia-to a ricevere giustizia soltanto a 21 anni dal suo omicidio per ma-no di mafia, avvenuto alle 20:10 del 26 settembre 1988, mentre ri-entrava nella comunità “Saman” di Lenzi di Valderice dopo aver realizzato il suo ultimo servizio televisivo a Rtc, una emittente locale di Trapani.

Finalmente, soltanto nel maggio 2009 il boss mafioso di Trapa-ni Vincenzo Virga e il killer pro-fessionale (autore di altri quat-tro omicidi di mafia) Vito Maz-zara (entrambi già pluricondan-nati e detenuti per delitti di ma-fia) hanno ricevuto un ordine di custodia cautelare per l’omici-dio di Mauro Rostagno, indivi-duati il primo come mandante e il secondo come esecutore (ma del “gruppo di fuoco” assassino facevano parte almeno altri due mafiosi, ancora non individua-ti). L’ordine di custodia cautelare era stato emesso sabato 23 mag-gio 2009 dal Gip Maria Pino su richiesta dei Pm della Dda di Pa-lermo Antonio Ingroia e Gaeta-no Paci, sulla base delle indagi-ni condotte negli ultimi due an-ni dal capo della squadra mobi-le di Trapani Giuseppe Linares e della perizia balistica realizzata da Manfredi Lo Presti, capo del gabinetto regionale di polizia scientifica di Palermo.

Che si fosse trattato di un omi-cidio di mafia, l’avevano già con-fessato alcuni “pentiti”, tra i quali Vincenzo Sinacori e Antonio Pat-ti. Sinacori aveva assistito a Ca-stelvetrano ad un incontro tra i boss mafiosi Francesco Messina Denaro e Francesco Messina (en-trambi poi deceduti), nel corso del quale veniva dato ordine alla mafia trapanese di Vincenzo Vir-ga di far tacere per sempre la vo-ce libera e coraggiosa di Mauro Rostagno.Dunque, ci sono voluti 21 an-ni per arrivare finalmente a in-dividuare la matrice mafiosa dell’omicidio di Mauro Rosta-gno. E di ciò va comunque dato grande merito ai magistrati e al-la polizia giudiziaria, che hanno indagato negli anni 2007-2009 e che sono arrivati a questa con-clusione, la quale ora, dal 2 feb-braio, viene finalmente sottopo-sta al vaglio processuale di fron-

te alla Corte d’assi-se di Trapani (con un quadro probatorio assai rigoroso e con una perizia balistica inoppugnabile).

Ma nei due decenni precedenti era dav-vero successo di tutto per impedire l’accer-tamento della verità e per depistare le in-dagini (come era già accaduto per l’omi-cidio di Peppino Im-pastato, assassinato il 9 maggio 1978, die-ci anni prima di Mau-ro). Soltanto la tena-cia e la determinazio-ne di Maddalena Ro-stagno e degli antichi e nuovi amici di Mau-ro, che con l’associa-zione “Ciao Mauro” si erano rivolti (con un documento sot-toscritto da diecimi-la cittadini) anche al Presidente della Re-pubblica, chiedendo di non archiviare le indagini con un nul-la di fatto, hanno per-messo di arrivare a questo esito, commentato da lo-ro giustamente con queste ica-stiche parole: «Cancellati decen-ni di depistaggi, inerzie e cialtro-nerie varie».

Che si fosse trattato di un omi-cidio di mafia era stato, infatti, evidente fin dall’inizio. Io stes-so l’avevo proclamato ad alta vo-ce di fronte a migliaia di cittadi-ni nell’orazione funebre che, per incarico dei familiari, avevo te-nuto durante la manifestazione civile di fronte alla bara di Mau-ro, dopo il funerale religioso nel-la cattedrale di Trapani, nel cor-so del quale monsignor Agosti-no Adragna aveva anch’egli con forza denunciato la matrice ma-fiosa, in una appassionata e me-morabile omelia. Identica posi-zione aveva assunto anche Clau-dio Martelli - uno dei pochi poli-tici italiani (insieme a Gianfran-co Spadaccia) presenti al funera-le di Trapani -, il quale per que-sto motivo era addirittura stato indagato per “depistaggio”. E la stessa convinzione sulla matri-ce mafiosa dell’omicidio Rosta-gno aveva avuto fin dall’inizio

anche il vicequestore della Poli-zia di Stato Rino Germanà, che poi nel 1992 scampò a sua volta a un tentato omicidio di mafia e dovette lasciare la Sicilia.

Ma purtroppo in direzione oppo-sta erano andati i carabinieri del maggiore Nazareno Montanti e del capitano Elio Dell’Anna e suc-cessivamente il Pm di Trapani Gianfranco Garofalo, che arrivò nel 1996 persino a far incarcera-re la compagna di Mauro, Chic-ca Roveri, accusandola in modo totalmente pretestuoso di esse-re complice degli assassini. Nel-lo stesso l996, da deputato verde dell’Ulivo, avevo denunciato al-la Camera dei deputati la gravi-tà del comportamento e delle di-chiarazioni del Pm Garofalo, tan-to che l’allora ministro della Giu-stizia del Governo Prodi, Giovan-ni Maria Flick, si era impegnato ad aprire un procedimento disci-

plinare, cosa che poi purtroppo non ebbe il coraggio di fare (di tutto questo aveva scritto allora anche Franco Corleone sul Manifesto, essendo sottosegretario dello stesso Flick). Cercando prima di attribuire l’omicidio di Rostagno ai suoi ex-compagni di Lot-ta Continua (accusa miserabile e immon-da, naufragata ov-viamente nel nulla, ma coltivata in par-ticolare dal capita-no Dell’Anna e anche dall’avvocato Luigi Li Gotti nel “processo Calabresi” a Milano) e poi di infangare, fi-no ad arrestarla, la compagna di Mauro, era come se si ten-tasse di uccidere Ro-stagno per la secon-da volta. Se ne nega-va l’identità umana e politica, cancellando la causa reale ed evi-dente del suo sacri-ficio: il suo impegno militante a Rtc nella

denuncia quotidiana della ma-fia e delle connivenze politico-mafiose (che l’avevano condot-to anche ad un rapporto diret-to col magistrato Giovanni Fal-cone, un’altra vittima della ma-fia nel 1992 con la strage di Ca-paci). In quel terribile 1996 Ros-sana Rossanda scrisse: «Non di-ceva Rostagno di non volere un ghetto d’oro in un mondo di mer-da? D’oro non ha avuto nulla. Del resto, gliene rovesciano addosso, a lui e ai suoi, a palate».

Provate ad immaginare quale “via crucis” abbiano attraversa-to sia Chicca Roveri, sia sua figlia Maddalena Rostagno, che aveva 16 anni quando suo padre è sta-to assassinato e che non ha mai abbandonato la lotta per ottene-re verità e giustizia. Giustamente il Corriere della Sera del 3 febbra-io 2011, ha così intitolato un am-pio articolo di Felice Cavallaro sull’inizio del processo di Trapa-ni: “La vittoria di Maddalena ria-pre il processo Rostagno”.Una ricostruzione puntuale e dettagliata di tutte queste vicen-de era stata pubblicata da Enri-

co Deaglio nella rivista Diario del 15-26 giugno 2008 e da Adria-no Sofri sul Foglio del 19 giugno 2008, oltre che da Sara Menafra e Chiara Pazzaglia su Alias del 13 settembre 2008.Nel dare notizia della prima fon-damentale tappa, con l’emissio-ne dei due ordini di custodia cau-telare per l’omicidio Rostagno, tutti i quotidiani del 24 maggio 2009 avevano ricordato la stra-ordinaria biografia di Mauro Ro-stagno e, in particolare, sia il suo ruolo di leader del ’68 trentino, sia il suo essere stato uno dei principali protagonisti dei movi-menti italiani degli anni ’60 e ’70, fino all’esperienza della comuni-tà “Saman” a Lenzi di Valderice e al ruolo di protagonista dell’in-formazione antimafia nella tele-visione Rtc di Trapani.

Ora si capisce ancor meglio il merito del professor Vincenzo Calì di aver fatto intitolare, subito dopo la sua morte, a Mauro Ro-stagno il “Centro di documenta-zione” presso il Museo Storico di Trento, di cui allora Calì era diret-tore, perché rimanesse per sem-pre intestata a lui la memoria col-lettiva dei movimenti che hanno attraversato e caratterizzato la storia di quei decenni. Nel febbra-io 1988 nella Facoltà di Sociolo-gia di Trento si era svolto l’incon-tro dedicato al ventennale del ’68 (“Bentornata utopia”), nel corso del quale Rostagno era stato per l’ultima volta a Trento, ritrovan-do i suoi antichi compagni, anco-ra carico di carisma, entusiasmo, umanità e impegno civile.

Ora che la verità giudiziaria tor-na finalmente a coincidere con la verità storica e che infamie e deliranti depistaggi sono stati spazzati via, sarebbe un atto, pur tardivo, di giustizia umana, pri-ma che processuale, che quanti hanno detto e scritto queste in-famie riconoscessero pubblica-mente le proprie responsabilità di fronte alla memoria di Mau-ro Rostagno, che è stato uno dei più straordinari protagonisti dei grandi movimenti collettivi degli anni ’60 e ’70, da Torino a Tren-to a Milano, e che da Palermo a Trapani ha lasciato un segno al-trettanto profondo nella Sicilia degli anni ’80, fino alla sua tra-gica morte per mano mafiosa in quel 26 settembre 1988, ad appe-na 46 anni.

L’ultima vittoria di Mauro RostagnoGiustizia e verità ventidue anni dopoSi sta celebrando in Corte d’assise di Trapani il processo per l’omicidio del giornalista ed ex leader del ‘68. Imputati il boss mafioso Vincenzo Virga e il killer Vito Mazzara. La storia di due decenni di depistaggi e infamie

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Chiuso in redazione alle ore 19.00

Che si fosse trattato di un omicidio di mafia era stato evidente fin dall’inizio.In direzione oppostaerano andati i carabinierie il Pm di Trapani

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Lorenzo Zamponi

Il vento del cambiamento sof-fia in tutto il Mediterraneo. Sof-fia spazzando via i regimi post-coloniali che controllano l’area da oltre 30 anni. Soffia spazzan-do via la teoria della «fine del-la storia», dell’immutabilità del quadro geopolitico uscito dall’89. Soffia spazzando via lo «scontro di civiltà» e tutti i luoghi comuni razzisti sull’inettitudine antropo-logica se non genetica di arabi e africani alla democrazia.Ciò che è successo nelle ultime settimane in Tunisia ed Egitto e che sta succedendo in queste ore in Libia, Bahrein, Yemen e Iran ha un potere evocativo dirompente: milioni di uomini e di donne che decidono di prendere in mano il proprio destino e scendono in piazza, mettendo a rischio la pro-pria stessa vita.Si tratta di fenomeni molto di-versi, perché si tratta di territori molto diversi: l’Egitto è un paese con 77 milioni di abitanti, carat-terizzato da una drammatica po-vertà e con una vita civile e cul-turale molto intensa, che ne fa da sempre il punto di riferimen-to per tutto il Medio Oriente e il Nord Africa

Genova2011 IIDieci anni dopo il G8, la crisi ha dato ragione ai movimenti. Che ora tornano in campo: “Loro la crisi, noi la speranza”

Libia IIIPer anni l’Europa ha utilizzato Gheddafi come gendarme anti-immigrazione contro i poveri del mondo. Ora facciamo i conti con loro

L’intervista VA dialogo con Arturo di Corinto sul ruolo del Web nelle rivolte di questi giorni nel Mediterraneo. «Internet fondamentale ma non basta»

Cadono giù come birilli. Prima Ben Alì, poi Mubarak, tra qualche giorno Gheddafi. Focolai di rivol-ta incendiano tutta la fascia eu-romed fino al medioriente: Alge-ria, Yemen, Barhein e non solo. La modernità – parola d’ordine del nuovo millennio - polverizzata dall’immagine dei popoli oppres-si, dal sangue versato, dall’imma-gine evocativa quanto drammati-ca di fosse comuni scavate fin sul-le spiagge che avrebbero dovuto ospitare confortevoli resort per noi occidentali. Il primo decen-nio del nuovo secolo, che secondo qualche ben pensante avrebbe se-dato l’intensità dei conflitti del se-colo breve, ci ha raccontato tutt’al-tro. Mai come in questo momen-to storico il mondo, oltre a subire una devastazione ambientale ir-reversibile, ha ospitato un nume-ro così alto di conflitti, di guerre sanguinolente, di crimini – è pro-prio il caso di dirlo – nei confronti dell’intera umanità. Ritorna all’or-dine del giorno, forse non a caso a dieci anni da Genova ‘01, il tema della governance mondiale, del-la sua irresponsabilità, del suo op-portunismo, delle ingiutizie che provoca. Fa tristezza vedere una diplomazia, a partire da quella eu-ropea, inerte nei confronti dei raid sulle popolazioni che si ribellano. Un’impotenza scontata, frutto di politiche neocoloniali perpetrate negli anni, nella convinzione che gli interessi economici delle lob-by potessero continuare ad esse-re l’unica tara degli equilibri po-litici mondiali. Gas, petrolio e ri-sorse minerarie in cambio di ar-mi, potere e tanti soldi. In gioco, però, c’è una variabile che trop-po spesso i potenti hanno sotto-valutato, il potere dei popoli. Non si possono ancora stabilire i nuovi equilibri frutto di questo scenario, non sappiamo ancora quale ma-trice futura sarà in grado di gover-nare questo caos, ma un punto è ineludibile. Le ribellioni delle ulti-me settimane sono l’ennesima di-mostrazione – semmai ce ne fos-se ancora bisogno – del fallimen-to totale dell’egemonia occiden-tale (e il suo modello fintamente democratico) sul mondo. E’ la glo-balizzazione, l’hanno voluta loro così, ed è giusto che adesso gli si ritorca contro.

Roberto Iovino

Venerdì 25 febbraio 2011

vieni sul sito

DemocrackRivolte in Nordafrica e Medio Oriente:milioni di giovani scendono in piazzaper la globalizzazione dei diritti e contro gli “esportatori” di democrazia.Una rivoluzione ancora piena di incognite

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venerdì 25 febbraio 2011II www.retedellaconoscenza.it

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Nordafrica

Genova2011

ruzione e dell’ingiustizia.il bonus antimperialista è finito, insomma. soprattutto dopo che i suddetti leader l’hanno sperpe-rato facendosi lautamente finan-ziare per decenni dagli ex-nemi-ci occidentali. tutte le contrad-dizioni accumulate per decenni da presidenti democratici che si prorogano a vita, leader islamici che reprimevano l’islam, rivolu-zionari antimperialisti che anda-vano a braccetto con gli Usa, so-no esplose nel giro di poche setti-mane. ora, ci scommettiamo, gli stessi che hanno sorretto Muba-rak e Gheddafi fino a ieri, torne-ranno a parlare di democrazia e di diritti umani, da esportare an-che con le bombe. Ma, al tempo stesso, torneranno a preoccupar-si che le immense ricchezze del sottosuolo mediorientale e il gi-gantesco nodo del controllo del-le migrazioni non cadano in ma-no sbagliate. Noi non abbiamo dubbi: le mani giuste sono quel-le dei ragazzi e delle ragazze che sono scesi in piazza questi giorni. Noi siamo con loro perché le ipo-crisie sono cadute: non c’è demo-crazia se un prete barbuto può dirmi cosa leggere o se un uomo d’affari straniero controlla la mia terra. siamo con loro, perché ten-gano duro, perché la loro rivolta non sia strozzata da nessun pa-pa e da nessun re, perché nessun fondamentalismo e nessun neo-colonialismo possa privarli del lo-ro futuro.

mentre la libia è un paese se-mi-desertico, le cui risorse natu-rali garantiscono il Pil pro-capi-te più alto dell’intero continen-te e una società ancora profon-damente tribale, in gran parte estranea ai sommovimenti cultu-rali globali. Gli stessi esperti che parlavano di una «generazione post-islamista» a proposito del-le rivolte in tunisia, egitto e iran, sono molto cauti nell’estendere questa definizione alla libia, do-ve l’onda lunga dell’islam politi-co sta arrivando ora. Un fatto evi-dente però c’è, ed è il carattere ge-nerazionale delle mobilitazioni diffuse intorno al Mediterraneo. le immagini provenienti dalla tunisia, dall’egitto e dall’iran ci mostrano milioni di giovani co-me noi, con strumenti culturali e di comunicazione simili ai no-stri, che, semplicemente, si sono stufati di una realtà che non è al-la loro altezza. ragazzi e ragaz-ze che sentono l’anomalia dei re-gimi che li governa come intolle-

La generazione che ha il coraggio di dire basta

Nordafrica Le ipocrisie e le anomalie dei “presidenti democratici” esplose in poche settimane. Ma dietro le proteste in Libia c’è anche il rischio dell’Islam politico

rabile, che non si considerano di-versi da qualsiasi altro loro coeta-neo su questa terra, e che hanno deciso di dire basta. hanno deci-so di dire basta non solo a una ge-nerazione di dittatori ottuagena-ri, ma anche e soprattutto al fat-to che quella generazione si au-

toriproducesse per via ereditaria. leader come Mubarak, Ben Alì o Gheddafi, infatti, per quanto dit-tatoriale fosse il loro dominio, po-tevano comunque contare, alme-no in una certa fascia della popo-lazione, sulla legittimazione sto-rica, sul fatto di essere ormai gli

ultimi eredi delle guerre d’indi-pendenza, del nasserismo e del socialismo panarabo. Non è un caso che la rivolta sia divampata proprio quando erano sul punto di lasciare il timone ai figli, figure che di fronte alla popolazione in-carnavano il massimo della cor-

enova, luglio 2001. Gli otto paesi più sviluppa-ti e ricchi al mondo si ri-unirono per decidere le

sorti del mondo. Migliaia di per-sone contestarono quel G8, in continuazione si ripeterono cor-tei e iniziative del Genova social Forum per chiedere un modello più giusto di globalizzazione, più democratico e inclusivo. lo sta-to italiano in quei giorni espres-se un altissimo livello di repres-sione. tanta acqua è passata sot-

Un’occasione di dialogo per i movimenti sociali

Genova2011 A dieci anni dal G8 una nuova manifestazione per rilanciare l’iniziativa in Italia ed Europa. Privatizzazione dei saperi, battaglia per la ripubblicizzazione dell’acqua e diritti dei lavoratori

to i ponti. Questi dieci anni han-no visto il fallimento totale della strategia di lisbona, l’esplosione della crisi economica delle eco-nomie finanziarie avanzate men-tre la maggior parte dei paesi del terzo mondo ha vissuto uno svi-luppo economico imponendo l’allargamento del G8 dando vi-ta al G20. le differenze econo-miche tra strati sociali sono au-mentati con un attacco fronta-le sul fronte dei diritti. le batta-glie democratiche stanno assu-mendo un valore centrale, con le battaglie per la ripubblicizza-

zione dei beni comuni, contro il riscaldamento globale e per un nuovo modello di società. il sud del Mondo ha dimostrato una vi-talità dei e nei movimenti sociali come hanno dimostrato il social Forum di dakar, le rivolte nei pa-esi Afro Asiatici e i percorsi di ri-forme avviati in America latina. e il Nord del Mondo? Un appel-lo partito l’anno scorso si è posto l’obiettivo di ridare vita a un me-eting, nel decennale del G8, che potrà svolgersi a Genova tra giu-gno e luglio del 2011. Forse que-sta sarà l’occasione per far ripar-

tire, in italia e in europa, un ra-gionamento sulla Globalizzazio-ne per riattualizzare le richieste dei movimenti sociali che si in-contrarono nella città ligure nel 2001. tutto è cambiato nella no-stra politica. Quei partiti che era-no in piazza non sono più in par-lamento, le leggi per la precariz-zazione del lavoro sono passate e anche la privatizzazione delle conoscenze come l’attacco al ter-ritorio e ai beni comuni. Contro queste politiche sono nati movi-menti sociali di massa che però non sono ancora stati in grado di

dialogare tra di loro sulla globa-lizzazione e con i movimenti so-ciali transnazionali.oggi abbiamo questa opportuni-tà. Genova 2011 potrà diventare il luogo di dialogo dei movimen-ti contro la privatizzazione dei saperi, per la ripubblicizzazione dell’acqua e per i diritti dei lavo-ratori. Forse in questo modo l’ita-lia potrà tornare in europa e nel mondo, quelle vere delle persone in carne ed ossa, delle lotte e dei movimenti per costruire una so-cietà più giusto ed eguale. le or-ganizzazioni sociali e politiche di questo paese saranno all’altezza? il Forum dei movimenti per l’ac-qua dimostra che le realtà e le or-ganizzazioni territoriali e nazio-nali possono tornare a promuo-vere analisi e azioni comuni per provare a vincere vaste battaglie culturali. la costruzione di una pagina bianca dove ognuno può scrivere è la sfida del presente, se non ora quando?

Aderisci sul nostro sito all’appello: “dieci anni fa centinaia di migliaia di persone, giovani e adulti, donne ed uomini, di tutto il mondo si diedero appuntamento a Genova per denunciare i pericoli della globalizzazione neoliberista […]. oggi, le ragioni di allora sono ancora più evidenti. Una minoranza di avidi privilegiati pa-re aver dichiarato una guerra totale al resto dell’umanità e all’intera madre terra. […] Proponiamo […] a tutte/i coloro che […] ogni giorno costruiscono elementi di un mondo diverso […] di incontrarsi a Genova nel luglio del 2011”.

Loro la crisiNoi la speranza

Libia, massacro da fermare

L’appuntamento L’appello

Diritti& Dignità

GFederico Del Giudice

Lorenzo Zamponi dalla prima

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IIIwww.retedellaconoscenza.it venerdì 25 febbraio 2011

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Immigrazione

World Social Forum

regime libico, il che spiega l’imba-razzo del Governo nel manifesta-re una netta condanna per il mas-sacro compiuto da Gheddafi con-tro i suoi oppositori.Le cronache di questi giorni di-mostrano inoltre il fallimento delle politiche di militarizzazio-ne delle frontiere. L’idea di tappa-re il buco libico ha lasciato aperti altri spazi sulla direttrice Turchia-Grecia e su quella tunisina ed ha, inoltre, incentivato la clandestini-tá. Come ha infatti spiegato anni fa Fulvio Paleologo i flussi irrego-lari sono un fenomeno struttura-le in un economia liberista di di-mensione globale caratterizza-ta dalla delocalizzazione su scala internazionale delle attività pro-duttive e da un consistente mer-cato parallelo del lavoro irregola-re. In questo contesto si rimarca l’ipocrisi italiana e europea, capa-ce di concepire l’immigrato solo come merce e spingendo di fatto migliaia di disperati a quella tra-versata nel mare che ha trasfor-mato il Mediterraneo in un enor-me cimitero.

a tortura è un mezzo ido-neo per bloccare l’immi-grazione clandestina? Se la cronaca politica non fos-

se coperta da uno spesso man-to di ipocrisia sarebbe questo la domanda alla quale istituzioni e mass media dovrebbero rispon-dere. Di fatto i Ministri dell’Inter-no e degli Esteri con le dichiara-zioni rilasciate a proposito della cosidetta “invasione” di clande-stini provenienti dalle coste libi-che hanno giá dato una risposta al quesito, una risposta purtrop-po positiva. La crisi del regime li-bico e lo stato d’allerta del Gover-no per le sorti del suo stretto part-ner aiutano a smascherare la dop-piezza della retorica sulla demo-crazia e sui diritti umani da parte del Governo italiano. Il Trattato di cooperazione tra Italia e Libia firmato dall’attuale Governo nel 2008 rappresenta l’ultimo atto di una serie di accordi tra i due Pae-si con la finalitá di bloccare il flus-so di immigrati per parte italiana e di avere una ricca controparti-ta economica da parte dello scal-tro Gheddafi. Secondo il Tratta-to di Bengasi l’Italia pagherá ben 5 miliardi di dollari nei prossimi 25 anni mentre la Libia si occu-perá di impedire a migliaia di per-sone provenienti da tutta l’Afri-ca di giungere alle coste italiane. Sfortunatamente nel Trattato Ita-lia-Libia non si fa menzione per il

Mediterraneo di sangue L’ipocrisia europea

Nicola Tanno

L

Immigrazione L’accordo Italia-Libia del 2008 permette a Gheddafi di fermare le partenze con ogni mezzo, calpestando qualsiasi diritto. Cronaca di un fallimento

governo di Gheddafi alcun obbli-go concreto e verificabile di acco-glienza, di tutela del diritto d’asilo, di rispetto della dignità umana: la Libia semplicemente li deve “fer-mare”, non importa come. È pro-prio questa impostazione dell’ac-cordo che permette oggi al ditta-

tore libico di gestire gli immigra-ti come strumento politico di ri-catto verso l’Italia. Nel silenzio dei mass media principali si è ratifi-cato un trattato con un Paese che non ha firmato la Convenzione di Ginevra e nel quale, come te-stimoniato dai rapporti di Am-

nesty International e di Human Rights Watch, la polizia quotidia-namente compie retate contro gli immigrati i quali vengono poi in-carcerati in prigioni speciali. Di fatto, dunque, in nome della cac-cia al clandestino il nostro Paese ha utilizzato i peggiori metodi del

a capitale del Senegal, Da-kar, quest’anno non saràri-cordata solo per la famosa gara automobilistica, ben-

sì dal 6 all’11 febbraio ha ospita-to l’XI Social Forum Mondiale. Nato nel 2001 a Porto Alegre in Brasile, l’evento ha visto la parte-cipazione di circa 70 mila perso-ne in rappresentanza di associa-zioni del terzo settore, ONG, sin-dacati e movimenti da tutto il mondo. Sebbene il Forum di Da-kar sia partito in sordina i parte-cipanti sono stati quasi il quadru-plo dei 20 mila originariamente previsti, e l’impressione genera-le è che il Forum abbia recupera-to lo smalto di un tempo, anche se non ancora sulle pagine dei giornali italiani. Le parole d’ordi-ne sono state: lavoro, diritti e so-lidarietà. Quest’ultima rivolta in primis ai popoli di Tunisia, Egit-to e del mondo arabo che oggi si

Monica Usai

L L’agenda di Dakar per uscire dalla crisi

World Social Forum L’evento che si è tenuto in Senegal ha visto contro ogni previsione la partecipazione di più di settantamila persone. Un successo che fa riflettere sulla vitalità dei movimenti

sollevano per rivendicare una de-mocrazia reale tramite le loro lot-te per essere liberi da ogni sfrutta-mento e oppressore. L’assemblea ha discusso della crisi di sistema che ci coinvolge a livello globa-le, esprimendosi su tutti gli am-biti di vita: dalla crisi alimentare a quella più influente finanziaria ed economica. Un meccanismo capitalista che ha comportato un incremento delle migrazioni, di spostamenti forzati e delle di-suguaglianze sociali. La dichiara-zione finale esprime la denuncia agli attori del sistema che perpe-

tuano la ricerca del massimo pro-fitto, una critica al sistema lob-bistico fondato sugli interessi di questi attori, a partire da transna-zionali e multinazionali. Una con-danna infine ai trattati neoliberi-sti, all’ utilizzo del debito pubbli-co nei paesi del Nord come stru-mento di imposizione di politiche ingiuste. Pertanto l’assemblea ha lanciato tre azioni di mobilitazio-ne, coordinate a livello mondiale, per contribuire all’emancipazio-ne e all’autodeterminazione dei popoli. La prima il 20 marzo, co-me giornata mondiale di solida-

rietà per la rivolta dei popoli arabi e africani. La seconda il 12 otto-bre, come giornata di azione glo-bale contro il capitalismo, basata sul rifiuto a questo sistema. L’ulti-ma, il 18 dicembre, come giorna-ta di lotta per i diritti dei migran-ti, soggetti maggiormente colpiti da dallo sfruttamento. Il forum ha toccato anche i temi di ambien-te, questioni di genere e conflit-ti nel mondo, tasselli altrettanto importanti per costruire quell’Al-tro Mondo possibile tanto ago-niato negli anni. Infine oltre a definire un’agenda collettiva ri-

spettivamente a come far prose-guire la nostra azione dal locale al globale, in vista del Social Fo-rum Mondiale del 2013, si è riflet-tuto sul fatto che si possa svolge-re in Europa, in deroga alla regola che impediva al Forum di svolger-si nel nord del mondo, perché fos-se il sud a guidare il percorso. Do-podiché considerata la situazio-ne dell’Unione Europea in questo momento, e la crisi che la attra-versa, consideriamo che sareb-be anche un grande passo avan-ti verso la coesione delle lotte so-ciali nel vecchio continente.

“[...] Noi, i movimenti sociali, ribadiamo la necessità di costruire una strategia co-mune di lotta contro il capitalismo. Lottiamo contro le transnazionali perché so-stengono il sistema, privatizzano la vita, i servizi pubblici e i beni comuni come l’acqua, l’aria, la terra, le sementi e le risorse minerarie. […] Ispirandoci alle lotte dei popoli di Tunisia ed Egitto, chiediamo che il 20 marzo sia un giorno mondiale di solidarietà per la rivolta delle genti arabe e africane [...]. Inoltre indiciamo per il 12 ottobre una giornata di azione globale contro il capitalismo [...]”.

Andrea Camilleri, Luigi Ciotti, Cristina Comencini, Margherita Hack, Da-cia Maraini, Moni Ovadia e Igiaba Scego hanno lanciato l’appello “Il Me-diterraneo dei gelsomini”: “C’è una Italia che si riconosce nella lezione di coraggio e dignità che arriva dal mondo arabo. […] Siamo tutti coinvolti da ciò che accade aldilà del mare. […] Non possiamo tollerare che la rea-zione italiana ed europea alle rivoluzioni democratiche del mondo arabo sia la costruzione di un muro di navi militari in mezzo al mare.[...]”

Dichiarazione finale del WSF

Documenti

Diritti& Dignità

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IV www.retedellaconoscenza.itvenerdì 25 febbraio 2011

le parti peggiori della rappresentanza stu-dentesca, pronte a violare ogni logica de-mocratica per evitare di perdere la pol-trona. Nel frattempo, continua la corsa al-la federazione tra gli atenei: dopo l’unione tra Bari, Foggia, Lecce, Molise e Basilicata, ora tocca agli atenei campani. Il protocol-lo firmato dalla ministra Gelmini e il pre-sidente Caldoro parla già, esplicitamen-te, di taglio dei corsi di laurea. Ma la par-te sana dell’università non sta a guardare: LINK-Coordinamento Universitario, l’As-sociazione Dottorandi Italiani, il Coor-dinamento Precari dell’Università, la Re-te 29 Aprile e il Coordinamento Naziona-

le dei Professori Associa-ti hanno elaborato insie-me 10 punti, 10 proposte condivise da studenti, dot-torandi, precari, ricerca-tori e professori associati, da portare in tutte le com-missioni. La mobilitazione continua.

Protesta dei ricercatori all’università di Torino per chiedere il suffragio universale nell’elezione della commisione per lo statuto

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Revisione degli statuti,caos negli atenei

obbligo di rivedere gli statuti degli atenei per adeguarli alla legge Gel-mini ha scatenato il caos nelle uni-versità italiane. Il testo approvato

dal parlamento, infatti, è allo stesso tempo molto rigido nello scandire i tempi e mol-to generico nello stabilire le modalità di at-tuazione. In pratica, nessuno sa bene cosa dev’essere fatto, ma l’importante è farlo in fretta e cercare di compiacere la ministra.Perfino le modalità di elezione della com-missione che deve rivedere lo statuto cam-biano tra ateneo e ateneo: elezioni a suffra-gio universale per tutti (Trieste) o almeno per la rappresentanza studentesca (Mes-sina), consultazioni con il Consiglio de-gli Studenti (Padova), nomina dall’alto da parte del rettore (Napoli). Un caso a parte

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StopGelminiL’applicazione della riforma fa acqua da tutte le partie i rettori non sanno che pesci prendere

è Torino, dove il Senato degli studenti ave-va designato democraticamente due rap-presentanti ma il rettore si è rifiutato di no-minarne uno, dato che sono entrambi op-positori della riforma. A Catania la presen-tazione da parte del rettore di liste bloc-cate a Senato e Cda ha generato la rivol-ta dei presidi, che minacciano un ricorso al Tar, mentre studenti, precari e ricercatori continuano la mobilitazione chiedendo un processo di partecipazione democratica. Il tema della democrazia, del resto, è all’or-dine del giorno ovunque: a Bologna gli stu-

denti hanno bloccato più volte le riunio-ni degli organi collegiali per chiedere che il testo finale dello statuto emendato sia sot-toposto a referendum, mentre a Macera-ta hanno fatto irruzione all’inaugurazione dell’anno accademico per sostenere la pro-pria petizione. Ma l’aria che tira è di tutt’al-tro genere: altro che referendum, rischia-no addirittura di saltare le normali elezio-ni dei rappresentanti degli studenti. Alcu-ni rettori, infatti, stanno interpretando in senso ultrarestrittivo il comma 9 dell’arti-colo 2 della legge Gelmini, che proroga il

mandato degli organi collegiali in vista del-la revisione degli statuti. È evidente che ciò non impedisce affatto di rinnovare le rap-presentanze studentesche, tanto che al-cuni rettori, come quel-li di Firenze e Pisa, han-no già convocato le ele-zioni rispettando la sca-denza naturale del man-dato. A Torino e Padova, invece, si è formata una strana (ma non inedita) alleanza tra il baronato e

Studenti, precari e ricercatori condividono le 10 proposte di modifica

l Milleproroghe” ovvero “come mettere la polvere sotto il tap-peto”. Ad esempio se la Cor-te Costituzionale abroga (sen-tenza n.40/2011) un artico-

lo di una legge cara alla Gelmini (art.1 co.4-ter L. 134/2009) è possibile piaz-zare nei meandri del maxiemenda-mento del Governo al Milleproroghe (D.lgs. 225/2010) un articolo proposto da un senatore leghistiche ripristini lo stesso contenuto della norma appena dichiarata incostituzionale per viola-zione del principio di uguaglianza (art. 3). Stiamo parlando della norma sulle assunzioni dei precari della scuola che stabilisce che le domande inoltrate in

provincie diverse dalla propria (dove conta il punteggio e quindi l’esperien-za accumulata) entrino in una gradua-toria “a coda”. Questo sembrerà però nulla se con-frontato con la l’incostituzionalità in cui incorrerebbero (il TAR del Lazio sta ancora valutando se rivolgersi alla Consulta) le circolari ministeriali che attuarono dopo la Finanziaria 2008 i tagli di 8 miliardi alla scuola. La cro-naca politica di questi giorni costella-ta com’è da comunicati, dichiarazioni e norme spesso contraddittorie l’una con l’altra dimostra semplicemente lo stato di panico confusionale perma-nente del Governo.

Repressione, Burocrazia, Abuso di potere, Fascismi, Indifferenza, Ritorsioni, Provvedimenti “disciplinari”. Contro tutto ciò, il Labo-ratorio di Partecipazione Studentesca (LaPS) di Milano lancia LapSOS Diritti. Ogni mercoledì dalle 15.00 alle 17.30 gli studenti di Milano e provincia potran-no chiamare il numero 02 55199973 o venire direttamente in Corso di Porta Vittoria 43.

Nasce LapSOS a Milano

Concorsi e ricorsiScuole nel marasma

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Istruzione di Jacopo Lanza

L’Unione degli Studenti lancia una campagna nazionale per co-struire nelle scuole aule autogestite e collettivi studenteschi nelle scuole di tutta Italia. Bisogna ripartire dalle singole scuole per es-sere vera alternativa al leaderismo e autoritarismo. Vogliamo vivere le no-stre scuole non come carceri, ma co-me luoghi da riempire di idee, inno-vazioni, creatività.

Aule autogestite in ogni scuola

In movimento

La cronaca politica di

questi giorni dimostra

lo stato confusionale

del governo

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venerdì 25 febbraio 2011 V

Internet

uanto è possibile utilizza-re lo strumento della rete come strumento di pro-testa? Lo abbiamo chie-

sto ad Arturo Di Corinto, presi-dente di Culture digitali, docen-te di sociologia ed esperto di so-cial media.«Internet è uno strumento mol-tiplicatore delle proteste, piat-taforma di creazione di mobili-tazione contro chi crea regimi - risponde Di Corinto - ma Inter-net da sola non fa la rivoluzione. Il Popolo Viola, tramite facebo-ok ha mobilitato più di un milio-ne di persone contro Berlusco-ni. Ci sono state 3 mobilitazioni contro il premier, di cui una il 5 Dicembre 2009 aveva come slo-gan esplicito “Berlusconi dimis-sioni”, tuttavia è ancora al suo posto. Nel nostro contesto mo-vimenti di piazza, pacifici e de-mocratici non possono, di fat-to, scalzare un governo. Inoltre è necessario non creare equivo-ci sul ruolo della rete. Nel nord Africa, la gente ha fame, ha vis-suto su di sè decenni di angherie, dittatori e poteri su cui si è arti-colata la gestione dello stato. Si è determinata quindi una situa-zione socialmente esplosiva. In-ternet, oltre a diffondere la pro-testa, ha permesso ad una classe borghese medio alta, che ha po-tuto studiare ed accedere a que-sto strumento di acquisire opi-nioni dell’occidente, diventando più laica e desiderando altro».

Quindi Internet ha svolto un ruolo importante sia nel dif-fondere la protesta, ma anche nel creare meccanismi cultu-rali di desiderio di maggiore libertà.Si. Per questo parlo del fatto che le rivolte di oggi erano sotto la cenere e che già da anni c’era una difficoltà a contenere il dis-senso che si andava allargando. Ciò è stato possibile, grazie al si-lenzio dell’occidente e agli aiu-ti che l’Occidente stesso ha da-to a questi dittatori. Del resto non possiamo dimenticare, che mediattivisti, blogger sono stati sbattuti in galere senza ragioni.

In Italia che ruolo ha avuto se-condo te la rete nella mobili-tazione autunnale?Ha avuto un ruolo importante nel coordinamento e nella diffu-sione delle mobilitazioni, ma al di là di una presa di coscienza, il punto di domanda è capire che risultati ha prodotto. La Riforma Gelmini è passata, il capo del Go-

«Per cambiare davveronon può bastare un clic»Mariano Di Palma

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Internet Confronto con Arturo Di Corinto sul ruolo della Rete nelle mobilitazioni nell’area euromediterranea, sul modello culturale imposto da Berlusconi e sull’alternativa possibile

quasi impossibile separare que-sto tipo di software dall’infor-mazione e dalla comunicazione in genere. Si parla sempre meno di open source, ma si utilizza nei fatti sempre di più, anche se non se ne ha percezione. Il punto quindi non è il softwa-re libero in sé, ma di quello che si crea con esso e soprattutto è il modello che dell’open source che bisogna trasmettere, un mo-dello che ci racconta di un mon-do non orientato al profitto, ma fatto di solidarietà, scambio, condivisione. Questo mi sembra un bel punto di partenza, no?

L’intervista completa è su www.retedellaconoscenza.it

verno non si dimette di fronte a scandali personali, ad una gran-de contrarietà all’interno del Pa-ese, non solo della popolazione, ma anche dei poteri forti dentro il paese, come la Chiesa e parte delle imprese, nonchè un’opinio-ne politica internazionale che ri-tiene scandaloso e inaccettabi-le il comportamento privato del presidente del consiglio.

Lo scenario quindi è quello di una crisi democratica enor-me?E’ evidente che la democrazia ormai non esiste. Berlusconi non si è dimesso di fronte all’enormi-tà di tali scandali, mobilitazio-ni e crisi, e nel frattempo l’op-posizione parla-mentare ha svol-to un ruolo fin troppo consocia-tivo, non raccon-tandolo all’eletto-rato. Il contesto è quello di un par-lamento in cui gli onorevoli non so-no altro che il ter-minale dei grandi poteri economici. Il Paese è retto da un’economia sommersa, ma che nonostante ciò conta ancora nell’ambito del g8. Inoltre l’Italia ha un’invasio-ne palese della Chiesa nella vi-ta politica, un sistema bancario che riesce a gestire il risparmio degli italiani, nonostante l’im-poverimento che si sta attraver-sando e un Mezzogiorno in ma-no alle Mafie che di fatto rappre-sentano la vera unità del Paese.

La rete che funzione quindi può avere nel creare meccani-smi di solidarietà?Internet aiuta a far circolare in-formazione, a diffondere nuo-va cultura, ma ha il limite che in questa fase riesce a raggiunge-re quasi esclusivamente persone giovani che vivono in ambienti sociali, come scuole e università, dove c’è ancora tanto di buono e dove le informazioni quindi rie-scono ad avere. Tuttavia il carat-tere generazionale non riesce ad avere un ruolo popolare, nel rag-giungere le persone che in que-sti quindici anni hanno creduto al ragionamento culturale che Berlusconi ha proposto. Non è solo l’informazione un problema quindi di informazione, ma di mancanza di strumenti per rea-gire a partire da un cambio del modello culturale.

Che tipo di modello culturale bisogna, quindi, costruire?

Costruire un nuo-vo modello cultu-rale significa co-minciare ad ac-

cettare uno stile di vita dove si impara ad avere e desiderare di meno. Bisogna quindi lavorare di meno per recuperare il tem-po per recuperare il rapporto con noi stessi, con la nostra inte-riorità e chiudere questa “rat ra-ce” che impone un modello dove bisogna lavorare sempre di più, per avere sempre di più. Le orga-nizzazioni sociali possono avere questo ruolo di costruire un mo-dello culturale che abbia come basi il rifiuto del consumismo, il rifiuto degli stili di vita che non ci devono più appartenere. In questo senso i centri di ascolto, di sostegno, di aiuto, i luoghi col-lettivi di aggregazione hanno un ruolo fondamentale nel riscopri-re la bellezza dell’umanità delle persone. Inoltre le Organizzazio-ni devono denunciare i compor-tamenti che culturalmente dan-neggiano il pianeta.

Internet che ruolo può avere in questo senso?Fare informazione via internet è fondamentale. Ma l’informazio-ne in rete non basta. Per costru-ire cambiamenti bisogna rico-minciare a fare sensibilizzazio-ne ed informazione tra le perso-ne e con le persone, porta a por-ta, tramite il contatto umano. Si può utilizzare internet, youtube ecc, ma non è sufficiente. Biso-gna recuperare il rapporto con la gente.

E quindi un problema più va-sto, che riguarda la società oc-cidentale?Non è un problema solo italiano. E’ il modello occidentale in de-clino. I fratelli musulmani, infat-ti hanno guidato le proteste di piazza in Egitto, perchè offrono un modello alternativo alle pa-yette e ai lustrini. Ci si pone il tema di riempire la pancia alla gente, come fecero le black pan-ther in America nella loro fase di forza, quando hanno cominciato a preparare la colazione ai bimbi nei ghetti, a soddisfare cioè bi-sogni primari.Oggi quindi si è di fronte ad una scelta radicale. O si aderisce al capitalismo o si rifiuti questo modello. Per questo bisogno co-struire anche esempi come sin-goli, dimostrare di essere capaci di determinare nuovi stili di vita, con umiltà e comprensione del-la non necessità di avere suppel-lettili inutili. Bisogna creare un consumo critico e consapevole, come ad esempio ha dimostrato il lavoro fatto in rete con l’open source che ha impegnato miglia-ia di persone in un’opera colletti-va di messa in discussione del si-stema attuale

Spiegaci meglio…Senza l’open source il 70% del-le connessioni ad oggi non esi-sterebbe. La diffusione di Mozil-la, dei software liberi nelle pub-bliche amministrazioni è un’at-testazione sempre più chiare del reale funzionamento di questo modello. Oggi è difficile, se non

«Fare informazione via

internet èfondamentale. Ma non basta.

Bisogna recuperare il rapporto con

le persone»

Arturo Di Corinto

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