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TEORIA DEL DIRITTO E DELLO STATO RIVISTA EUROPEA DI CULTURA E SCIENZA GIURIDICA 2011 N. 1-2

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TEORIA DEL DIRITTO E DELLO STATORIVISTA EUROPEA DI CULTURA E SCIENZA GIURIDICA

2011N. 1-2

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Theory of LAW AND STATe

TEORIA DEL DIRITTO E DELLO STATORIVISTA EUROPEA DI CULTURA E SCIENZA GIURIDICA

rechTS- uND STAATSLehre

Théorie Du DroiT eT De L’éTAT

TeorÍA DeL Derecho y DeL eSTADo

2011N. 1-2

Il Nomos della Terra 60 anni dopoL’europa di carl Schmitt

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Copyright © MMXIARACNE editrice S.r.l.

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via Raffaele Garofalo, 133/A-B00173 Roma(06) 93781065

isbn 978-88-548-4487-2issn 1721-8098-11001

Finito di stampare nel mese di dicembre del 2011 dalla « ERMES. Servizi Editoriali Integrati S.r.l. », 00040 Ariccia (RM), via Quarto Negroni 15, per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma.

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indice

Cantaro a., il nomos “preso sul serio”

La globalizzazione europea

amato mangiameli a.C., L’europa e l’appello alla scienza giu-ridica. Sulle tracce di carl Schmitt

mari l., ordinamento, localizzazione, uniformità: quale no-mos, dopo Schmitt, per l’europa?

Foglio g., Globalizzazione e spazi politici nel pensiero inter-nazionalistico di carl Schmitt

Di Caro a., Nomos e kat-echon

balDini V., La sovranità dello Stato: quando l’ideologia si traveste da diritto…

La globalizzazione americana

De Fiores C., Schmitt, il nomos e la globalizzazione ameri-cana

maestro buelga g., La globalización americana

serra P., Schmitt oltre Schmitt

VesPaziani a., Anarchia e nichilismo nel Nomos della Terra

Visentin s., Schmitt e la globalizzazione: appunti per una di-scussione

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inDiCe

Tavola rotonda Il nomos e il nuovo ordine europeo

antonio balDassarre, DomeniCo losurDo, guiDo maggioni, stelio mangiameli, mario tronti

Letteratura e diritto

alFieri l., Guerra, politica e democrazia in carl Schmitt ed elias canetti

Di salVatore e., ernst Jünger e la questione dello Stato mon-diale

Abstracts

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Il Nomos della Terra è stato pubblicato nel 1950, “quando – come opportunamente sottolinea Giuseppe foglio nel suo contributo – il mondo era molto diverso da quello attuale, ed è stato meditato già negli anni Quaranta, quando il mondo era ancora un altro”. un’ot-tima ragione per parlarne. Per una celebrazione non rituale e non accademica della più importante ed imponente opera schmittiana del secondo dopoguerra. in verità, l’idea di ricordare i sessant’anni de Il Nomos della Terra di carl Schmitt era nata, un po’ casualmen-te, in occasione della riuscita presentazione, tenutasi ad urbino l’11 maggio 2010, di un volume del costituzionalista robert cover (No-mos e Narrazione. Una concezione ebraica del diritto, Torino 2008). All’iniziativa meritevolmente promossa da Maria Paola Mittica, sot-to l’egida del DiSSPI, avevano partecipato Luigi Alfieri, Riccardo cappelletti, Marco Goldoni, Guido Maggioni, Stefano Visentin, Al-berto Vespaziani. A questi amici e colleghi di diverso orientamento di sci plinare ho subito avanzato la proposta di continuare ad appro-fondire le suggestioni emerse nel corso del seminario dedicato al giu-rista americano, celebrando la (indubbiamente) più celebre opera del giurista. Da qui, la giornata di studio tenutasi in urbino il 21 ottobre 2010, promossa dai Dipartimenti DiSSPi e DipSum, nell’ambito de “i Seminari di critica europea”.

ringrazio tutti gli amici e colleghi che hanno contribuito al successo dell’iniziativa e, in particolare, Stelio Mangiameli, Diret-tore della rivista Teoria del diritto e dello Stato, che ospita gli atti, rielaborati e integrati, della giornata urbinate.

Antonio Cantaro

Teoria del diritto e dello Stato, 2011/1-2ISBN 978-88-548-4487-2

ISSN 1721-8098-11001DOI 10.4399/97888548448721

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introduzione

antonio Cantaro

Il nomos “preso sul serio”

sommario: 1. Il nomos “preso sul serio”. – 2. Genealogia giuridica? – 3. Il nomos come principio fondamentale di distribuzione dello spazio. – 4. Il nomos della terra nello jus publicum europaeum. – 5. Il “lato marittimo” dello jus publicum europaeum: la libertà dei mari. – 6. Il “lato terraneo” dello jus publicum euro-paeum: la guerre en forme. – 7. Il declino del nomos duale dell’età moderna. – 8. Il nomos dei “nuovi spazi” dell’età globale. – 9. Appropriazione “immediata” dello spazio e “dispotismo proprietario”. – 10. “Grandi spazi”, spazio europeo.

A gun is a bit of code.

L. lessig, code Version 2.0

1. il nomos “preso sul serio”

1.1. Non “prenderò sul serio” Carl Schmitt. Non parlerò del-la sua complessa personalità, né della sua opera complessiva. Non sentirete appassionarmi alla domanda – chi è carl Schmitt – che affascina tanti suoi lettori, estimatori, critici. Un conservatore, un reazionario, o un rivoluzionario? Il massimo teorico e funzionario del reich? Un nazista senza coraggio? Un pensatore antimoderno o un pensatore radicalmente moderno? Non mi occuperò della sterminata letteratura su Carl Schmitt. Ma proverò, questo sì, a “prendere sul serio” il Nomos della Terra, l’opera maggiore della maturità di cui oggi osiamo celebrare i sessanta anni dalla pubblicazione.

Perché proprio il Nomos della Terra? Perché, qualunque sia l’opinione che ciascuno di noi ha di Schmitt, la lettura di questo classico ci dice tre cose molto importanti. La prima è che Schmitt ap-partiene a pieno titolo al genere dello scienziato sociale realista (1).

(1) P.P. Portinaro, La crisi dello jus publicum europaeum: saggio su carl Schmitt, Milano 1982.

Teoria del diritto e dello Stato, 2011/1-2ISBN 978-88-548-4487-2

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antonio Cantaro – il nomos “preso sul serio”

La seconda che Schmitt è giurista “al cento per cento” (2), giurista consapevole. La terza è la profonda identificazione di Schmitt con il destino dell’europa.

1.2. Come tutti i grandi scienziati sociali Schmitt ha provato a svelare l’arcano della modernità utilizzando la categoria elemen-tare e, al tempo stesso, potente dell’appropriazione.

Per Marx la chiave cruciale di interpretazione della transi-zione dal mondo feudale al moderno mondo capitalistico è il processo di appropriazione dei mezzi di produzione da parte di una classe so-ciale. Per Weber è il processo di appropriazione dei mezzi di ammi-nistrazione e di giurisdizione a vantaggio del principe assolutistico e dei suoi funzionari e a danno dei ceti feudali.

L’appropriazione al centro de il Nomos della Terra è quella, ancora più elementare e originaria, dello spazio. E, segnatamente, quella “grande appropriazione” – l’appropriazione per eccellenza – che è stata la conquista di un “nuovo mondo” da parte degli europei a partire dal ‘500.

1.3. Carl Schmitt, giurista consapevole. Quel genere di giuri-sta, ormai in via di estinzione, per il quale gli atti creativi del diritto e del potere (l’ordo ordinans, il potere costituente) appartengono pie-namente alla scienza giuridica. Quel genere di giurista per il quale il diritto può essere realmente compreso nei suoi aspetti tecnico-dog-matici solo a condizione che se ne sveli l’origine, il fondamento. In questo senso, il nome del giurista renano va senz’altro associato ai giuristi delle grandi narrazioni del ventesimo secolo. Al suo grande avversario e teorico del normativismo, Hans Kelsen. Al teorico dell’i-stituzionalismo italiano, Santi Romano.

1.4. Carl Schmitt, l’europa e la globalizzazione. L’Europa ha globalizzato il mondo. Ma ha anche inventato gli ordinamenti che ne hanno limitato la vocazione assolutistica: lo Stato nazionale, lo jus publicum europaeum, lo Stato sociale.

L’Europa è stata a lungo un protagonista storico ed un agen-te politico della globalizzazione. Ma anche il motore e l’agente di rappresentazioni e ordinamenti che intendevano “frenare” la ten-denza dell’ideologia globalista a fare del mondo l’unico ed esclusivo spazio nel quale si svolge la vita degli uomini. La prima globalizza-

(2) un giurista davanti a se stesso. intervista a carl Schmitt, a cura di F. Lanchester, in Quad. cost., 1/1983, 5 ss.

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La globalizzazione europea

agata C. amato mangiameli

L’Europa e l’appello alla scienza giuridica. Sulle tracce di Carl Schmitt

sommario: 1. Le vaincu écrit l’histoire. – 1.1. Momenti biografici. – 1.2. L’accadere tragico e la sapienza della cella. – 2. Il nomos tra ordnung e ortung. – 2.1. L’uomo è un essere di terra, un essere che calca il suolo… – 2.2. Spazi liberi e ordinamento interstatale europeo. – 2.3. …e alle soglie del XX secolo l’e-quilibrio tra Behemoth e Leviatano… – 3. Lo spazio della globalizzazione. – 3.1. Tra entortung e dominio tecnico-economico. – 3.2. Corpi trasfigurati e perfezionati dalla tecnica. – 3.3. Il grande spazio giuridico europeo.

L’angoscia umana di fronte al nuovo è altrettanto grande quanto quella davanti al vuoto, anche se il nuovo è superamento del vuoto. Per questo mol-ti vedono solo insensato disordine dove in realtà un nuovo senso è in lotta per il suo ordinamento. L’antico Nomos viene certamente meno e con esso un sistema complessivo di misure, norme e rap-porti che ci sono stati trasmessi. Ma ciò che avan-za non è per questo, però, solamente mancanza di misura o un niente nemico del Nomos. Anche nel-la lotta accanita fra forze antiche e nuove sorgono giuste misure e si plasmano proporzioni sensate. Anche qui ci sono dèi e governano, grande è la loro misura.

Terra e mare. una considerazione sulla storia del mondo, trad. it., Milano 1986

1. Le vaincu écrit l’histoire

1.1. Momenti biografici

Nell’estate 1950 Schmitt conclude il Nomos della Terra con un’avvertenza:

Teoria del diritto e dello Stato, 2011/1-2ISBN 978-88-548-4487-2

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agata C. amato mangiameli – L’europa e l’appello alla scienza giuridica

“depongo questo libro, frutto inerme di dure esperienze, sull’altare della scienza giuridica, una scienza che ho servito per oltre quarant’anni. Non posso prevedere chi si impadronirà della mia offerta, se un uomo di pensiero che vorrà utilizzarla praticamente, o un distruttore o un annienta-tore che non rispetterà il diritto d’asilo”

e con una frase-chiave, quella di Goethe: “das Kleinliche ist alles weggeronnen, nur Meer und erde haben hier Gewicht” (1).

Perché l’avvertenza? Le pagine del Nomos emanano una inesorabile aura di tragedia, sia per le drammatiche vicende che se-guirono al primo ed al secondo conflitto mondiale e che imposero al giurista di riflettere sulle forme ormai sconvolte dello jus publicum europaeum (2), sia per quel qualcosa di personale che emerge nelle diverse ricostruzioni e che anche in Schmitt lascia il segno.

Scienza e vita si intrecciano. Lo studioso preferisce parlare oggettivamente, di terra e mare, di rivoluzioni e restaurazioni, di diritto costituzionale e diritto internazionale, nel frattempo però è proprio nella delucidazione scientifica che si rifugia l’uomo tormen-tato dalle sconfitte ed è lì che si compie il suo personale destino. È significativo il colloquio con eduard Spranger.

Domanda il filosofo: chi sei tu, tu che pensi e scrivi in modo così intelligente e chiaro, ma la cui identità ed essenza restano impe-netrabili, oscure, non perspicue? chi sei tu, tu che vivi di perspicuità del pensiero e non-perspicuità dell’essenza?

E al filosofo, con l’ammirazione di sempre, Schmitt – inerme, ma in nulla annientato – risponde che la sua natura può ben essere non del tutto perspicua, ma il suo caso può essere denominato con l’ausilio di un nome che un grande poeta ha trovato: “è il caso brutto, indegno, e tuttavia autentico, di un epimeteo cristiano” (3).

(1) Prefazione di il Nomos della Terra. Nel diritto internazionale dello “jus publicum europaeum”, trad. it., Milano 1991, 13.

(2) La prima guerra mondiale iniziò con una guerra statale europea vecchio stile, ma finì con la sconfitta delle salde certezze dello jus publicum europaeum. Al termine di un ancien régime i cui ultimi splendori mitteleuropei avevano illuminato la soglia della Grande Guerra, gli Stati sovrani sostituirono, quasi senza accorger-sene, le settecentesche regole della guerre en forme – ovvero quel tipo di conflitto armato molto simile al duello, e comunque a un ordinato misurarsi delle forze che si svolgeva di fronte a testimoni in uno spazio delimitato – con una nozione di conflitto totale, finalizzato all’annientamento del nemico e alla sua criminalizzazione. Venne così travolta l’essenza stessa del diritto internazionale che per sChmitt era tutt’uno con la limitazione della guerra (ivi, passim).

(3) ex captivitate salus. esperienze degli anni 1945-1947, trad. it., Milano 1987, 11-14.

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La globalizzazione americana

ClauDio De Fiores

Schmitt, il nomos e la globalizzazione americana

sommario: 1. Una premessa di merito… – 2. …e di metodo. – 3. La tre fasi del diritto globale. – 4. Schmitt e la crisi dello Stato. – 5. La “nuova linea globale”. Dalla dottrina Monroe alla “svolta” di Wilson. – 6. Schmitt e l’ordine di Yal-ta. – 7. La nuova globalizzazione americana. – 8. America e globalizzazione: un nomos in crisi. – 9. La controversa dimensione globale dell’Europa. – 10. Europa e America. Tra Schmitt e Gramsci. – 11. Il declino della globalizza-zione americana, la crisi economica e l’Europa.

1. una premessa di merito…

Nel corso degli ultimi anni il rinnovato interesse manifestato dalla cultura italiana attorno all’opera di Carl Schmitt appare con-trassegnato da un destino alquanto singolare. Da una parte è venuta emergendo in modo sempre più accentuato il bisogno di una lettura critica, aperta, non pregiudiziale dell’opera schmittiana. Dall’altra si è però continuato a utilizzare superati e asfittici schemi interpretati-vi. E ciò ha determinato non soltanto una sostanziale compressione dell’essenza ermeneutica dell’opera schmittiana, ma anche una occul-ta rimozione di concetti, interpretazioni, categorie e – in alcuni casi anche di intere opere – del giurista tedesco. Ci si riferisce, in parti-colare, al Nomos der erde e all’imbarazzante silenzio che sta oggi ac-compagnando il sessantesimo anniversario della sua pubblicazione.

Evito, tuttavia, di soffermarmi ulteriormente su questi aspetti della critica schmittiana: non è questo il compito che mi è stato assegnato. E inizio quindi subito a trattare – così come sono stato sollecitato a fare – di uno dei temi più controversi e (a mio giudizio) anche irrisolti della riflessione schmittiana: il tema della globalizzazione. E precisamente della “globalizzazione americana”, della sua morfologia, del suo impianto ideologico, della sua sfuggen-te dimensione politica e giuridica.

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ClauDio De Fiores – Schmitt, nomos e globalizzazione americana

Un nodo ineludibile, la cui complessità investe non solo il me-rito delle questioni da affrontare, ma anche – e forse soprattutto – lo stesso metodo (di indagine): misurarsi con l’intricato tema della “glo-balizzazione americana”, delinearne i tratti, verificarne la capacità di tenuta significa infatti – a mio modo di vedere – porre risolutamente, sul piano del metodo, la questione del rapporto tra Europa e America. E quindi – per usare alcune categorie tipicamente schmittiane – tra nomos e caos, tra terra e mare, tra politica e tecnica. D’altronde solo assecondando questo singolare angolo visuale è possibile oggi provare a comprendere se il supposto declino della globalizzazione americana implichi fatalmente – come si legge nella nota introduttiva a questo Convegno – “un nuovo nomos, vale a dire una nuova Europa”.

La domanda è quanto mai suggestiva e attuale. Ma la rispo-sta non è affatto scontata. Sia perché non è scontato che un nuovo nomos debba automaticamente emergere dalla dissoluzione del pre-cedente (le fasi di interregno possono anche essere particolarmente lunghe e tormentate). Sia perché non è detto che la fonte di origine di questa nuova dimensione globale, nel prossimo futuro, debba es-sere necessariamente l’Europa.

Molto dipende – direbbe Schmitt – dalle “nuove suddivisioni, nuove delimitazioni e nuovi ordinamenti spaziali della terra” (1). E cioè a dire dalle concrete dinamiche di sviluppo della globalizzazione e dal modo in cui nel prossimo futuro si evolverà – sono ancora sue parole – il “processo fondamentale della suddivisione dello spazio, che è essenziale a ogni epoca storica; si tratta della combinazione strut-turante di ordinamento e localizzazione, nel quadro della convivenza fra i popoli sul pianeta nel frattempo scientificamente misurato” (2).

Sarebbe, di conseguenza, fuorviante – ammonisce ancora Schmitt – continuare a illudersi che tutto ciò appartenga a “faccen-de dei tempi passati, aventi ormai per noi un interesse solo arche-ologico o antiquario. Finché la storia universale non sarà conclusa, bensì ancora aperta al mutamento, finché le situazioni non saranno fissate o cristallizzate per sempre, finché – in altre parole – uomini e popoli avranno ancora un futuro, e non solo un passato, allora nelle forme sempre nuove dell’apparire degli eventi della storia del mondo sorgerà un nuovo nomos” (3).

(1) C. sChmitt, il Nomos della Terra nel diritto internazionale dello “jus publicum europaeum” (1950), Milano 1991, 71.

(2) ibidem.

(3) ibidem.

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Tavola rotonda il nomos e il nuovo ordine europeo

guiDo maggioni

Sono Guido Maggioni, direttore del Dipartimento su Società, Poli-tica ed Istituzioni (DiSSPI), dipartimento che nel corso dei suoi due anni di vita ha sostenuto numerose occasioni di incontro e di riflessione, parecchie delle quali promosse proprio dal Prof. Cantaro. Sono qui, essenzialmente, nella mia figura e ruolo istituzionale. Sono un sociologo, tuttavia molto inte-ressato ai temi e agli argomenti che sono stati trattati nella giornata di oggi e che saranno sviluppati ulteriormente nella Tavola rotonda che avrà inizio tra breve e che vede la partecipazione di Antonio Baldassarre, Domenico Losurdo, Stelio Mangiameli e di Mario Tronti. A questo stadio del nostro incontro non sembrandomi opportuno riprendere da capo considerazioni di ordine generale sul pensiero di Schmitt e nemmeno su il Nomos della Terra, farei piuttosto una considerazione invitando gli interventori a questa Tavo-la rotonda a prendere sul serio, a focalizzare il tema che è stato indicato per questa ultima fase del nostro convegno, il nomos e il nuovo ordine europeo. Nuovamente, quindi, una sottolineatura europea che del resto corrisponde al sottotitolo del convegno, L’europa di carl Schmitt. Direi l’Europa a par-tire da Carl Schmitt, l’Europa oggi, con l’aiuto di Carl Schmitt: come può essere interpretata la sua situazione attuale, quali suggestioni, stimoli e indicazioni possono provenire dal suo contributo. il nomos e il nuovo ordine europeo: riguardo a questa tematica naturalmente si può fare riferimento a tutti i lavori della giornata ma, in particolare, all’intervento introduttivo di Antonio Cantaro e soprattutto all’ultima parte in cui ci ha proposto delle specifiche riflessioni sul tema. Evoco solo un paio delle sue frasi e delle sue affermazioni come quando ci dice che “la crisi politico-costituzionale nella quale, dopo l’invenzione dell’euro e l’allargamento ad Est, è caduta l’Unione europea, ci restituisce una immagine del vecchio Continente assai lontana da quella di una grande potenza regionale destinata a giocare un ruolo da protagonista del nuovo ordinamento spaziale”. Ancora, con l’applicazione del paradigma funzionalistico, la considerazione che l’emersione di uno spa-zio europeo ha rappresentato un ulteriore e naturale stadio dello spill over indotto dalle politiche economiche comunitarie, esteso alle politiche della giustizia e degli affari interni. E la sottolineatura del fatto che, “dal punto

Teoria del diritto e dello Stato, 2011/1-2ISBN 978-88-548-4487-2

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il nomos e il nuovo ordine europeo

di vista simbolico e costituzionale la cesura con il passato è netta in quanto nell’immaginario collettivo, ancor prima che nell’ordinamento, il territorio statale dai confini fissi perde la sua funzione ordinante esclusiva e l’appar-tenenza si definisce in un orizzonte anche transfrontaliero”. Però, di fronte al modo in cui l’Europa si situa e si colloca nel mondo, è indubbio che l’Eu-ropa stessa abbia un problema di individuazione politica, come è stato più volte sottolineato. La questione sempre viva e mai risolta che si possa dar vita a una costituzione politica sovranazionale attraverso accordi legali tra governi che – ci dice Cantaro – è una pretesa illusoria, “un potere costituito senza un potere costituente può essere legale ma non legittimo”.

antonio balDassarre

Credo che, data la complessità del pensiero di Carl Schmitt, il modo migliore di affrontarlo sia quello di trattare singoli, ma importanti, punti della sua analisi teorica, piuttosto che cercare di riassumerne l’intero con-tributo da lui apportato allo studio del diritto costituzionale. Questo approc-cio – è bene precisarlo subito – non comporta l’accettazione di un punto di vista, diffuso tra gli studiosi tedeschi, secondo il quale il pensiero di Schmitt sarebbe irriducibile a una specifica teoria, poiché mostrerebbe una molte-plicità di lati difficilmente riconducibili a unità. Quest’ultimo punto di vista, benché autorevolmente espresso, non mi convince per nulla. Anzi, credo che sia fuorviante, pur se ne comprendo le ragioni che l’hanno suggerito.

Si tratta infatti di una tesi, che a me è stata enunciata nel corso di un colloquio privato, che ho avuto con lui una ventina di anni fa, da Wolf-gang Böckenförde, che pure si definisce allievo di Carl Schmitt. Böckenförde sosteneva allora che esistono tanti Schmitt e che prima di discutere le sue teorie occorre sempre precisare di quale Schmitt stiamo parlando.

La mia opinione, se non opposta, è molto diversa da quella ora ri-portata. Pur se, al pari di ogni altro pensiero che si è svolto in un arco di tempo lungo quasi sessant’anni e in presenza di avvenimenti storici di rilievo epocale (Seconda Guerra Mondiale, globalizzazione, etc.), quello di Schmitt non può non presentare evoluzioni e cambiamenti significativi, cre-do invece che sussista in tutte le sue opere, dalla più lontana alla più vicina a noi, un nucleo solido e invariante, che rappresenta la più importante no-vità registratasi nella storia del pensiero giuridico del Novecento. Questo nucleo è dato dalla sua teoria del “decisionismo” o, se si vuole, della “teologia politica” (che è un altro modo di esprimere la stessa sostanza), un nucleo che, a mio avviso, non può essere smarrito o sminuzzato in una poliedricità di aspetti se non si vuole correre il rischio di fraintendere del tutto e/o di svalutare la novità del suo pensiero.

Capisco, tuttavia, le motivazioni che stanno alla base delle posizio-ni simili a quelle di Böckenförde, che sono le motivazioni di chi cerca di spin-gere la moderna teoria costituzionalistica tedesca – ancor oggi diffusamente “dottrinale” nei suoi approcci prevalenti – a “fare maggiormente i conti” con

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Letteratura e diritto

luigi alFieri

Guerra, politica e democrazia in Carl Schmitt ed Elias Canetti

1. In un passo famoso del saggio il concetto di ‘politico’, Carl Schmitt propone la sua definizione dicotomica e polemologica del “politico” nel quadro di una complessiva dicotomicità della realtà umana, assunta come un dato autoevidente, tale da fornire un modello universale.

“Assumiamo che sul piano morale le distinzioni di fondo siano buono e cat-tivo; su quello estetico, bello e brutto; su quello economico, utile e dannoso oppure redditizio e non redditizio. Il problema è allora se esiste come semplice criterio del ‘politico’, e dove risiede, una distinzione specifica, anche se non dello stesso tipo delle precedenti distinzioni, anzi indipendente da esse, autonoma e valida di per sé.

La specifica distinzione politica alla quale è possibile ricondurre le azioni e i motivi politici, è la distinzione di amico (freund) e nemico (feind) (…) Nella misura in cui non è derivabile da altri criteri, essa corrisponde, per la politica, ai criteri rela-tivamente autonomi delle altre contrapposizioni: buono e cattivo per la morale, bello e brutto per l’estetica e così via” (1).

L’argomentazione non appare irresistibile, anzi a ben guardare è singolarmente fragile. Riguardo alla morale, l’impostazione dicotomica è lungi dall’essere ovvia. A un pensatore esperto di teologia (2) e certo non ignaro del dibattito sulla teodicea non dovrebbe sfuggire che è di vitale im-portanza per tutta l’etica cristiana che bene e male non stiano sullo stesso piano, che il male non abbia la stessa consistenza ontologica del bene e che anzi possa essere riassorbito concettualmente in esso (privatio boni), per

(1) C. sChmitt, il concetto di ‘politico’ (testo del 1932), in Id., Le categorie del ‘politico’, a cura di G. Miglio e P. Schiera, trad. di P. Schiera, Bologna 1972 (rist. 1988), 108. È noto che quest’edizione italiana, strettamente seguita dall’autore per quanto riguarda la scelta e l’adatta-mento dei testi che vi sono compresi, potrebbe essere considerata quasi un’opera autonoma nella bibliografia schmittiana. Andrebbero anche considerati due profili, che meriterebbero entrambi un approfondimento scientifico che neppure si tenterà in questa sede: quanto questo adattamen-to abbia avuto una portata attualizzante, ma appunto per questo “denazificante” e assolutoria riguardo alla figura di Schmitt, e il ruolo non solo scientifico ma “militante” che quest’opera ha ricoperto nel fornire legittimazione ideologica alla svolta “decisionista” della politica italiana ne-gli anni successivi. Non stiamo parlando, in nessun senso, di un libro innocuo.

(2) Il miglior testo a me noto sulla dimensione teologica di Schmitt (e non soltanto), è m. niColetti, Trascendenza e potere. La teologia politica di carl Schmitt, Brescia 1990.

Teoria del diritto e dello Stato, 2011/1-2ISBN 978-88-548-4487-2

ISSN 1721-8098-11001DOI 10.4399/978885484487214

pag. 269-297

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luigi alFieri – Guerra, politica e democrazia in Schmitt e canetti

non parlare dell’assenza di una simile contrapposizione nell’etica kantiana, dove il bene in quanto dovere è definito del tutto indipendentemente dal male, che non ha come tale alcuna autonomia concettuale, o dello sforzo di superarla da parte di un pensatore ben noto a Schmitt come Nietzsche. Si potrebbe dire che quella di cui parla Schmitt è una sorta di etica popolare, di non grande spessore filosofico. Peggio ancora stanno le cose riguardo alle altre dicotomie: sarebbe davvero difficile identificare un teorico di estetica che fondi l’arte sul contrasto tra bello e brutto e forse addirittura impossibi-le trovare un economista che fondi la sua scienza sull’opposizione tra utile e dannoso o su concetti chiaramente relativi e privi di senso al di fuori di una misurazione numerica come redditizio e non redditizio. Anche in questi casi sembra di trovarsi in una dimensione banalizzante e non molto articolata, quella del “mi piace/non mi piace” o del “mi conviene/non mi conviene”. Si può pensare che un’impostazione così semplicistica possa fornire una valida analisi del concetto di “politico”?

Sembra piuttosto che l’argomentazione debba essere rovesciata. Non dall’universale dicotomicità delle sfere in cui si divide l’esistenza uma-na si deve dedurre l’esigenza di un’analoga struttura definitoria del concetto di “politico”, ma dall’esigenza, non scientificamente asettica, di una ricon-duzione del politico alle categorie della guerra deriva l’assunzione, indimo-strata e indimostrabile pur se viene data per assodata, che in tutti i piani dell’agire umano si proceda per contrapposizioni di stampo polemologico. La guerra è il punto di partenza, è la guerra che deve essere fondata come atto politico per eccellenza e posta come essenziale e imprescindibile. E a questo punto si direbbe che Schmitt si lasci travolgere senza soverchia resistenza da una suggestione eraclitea e trovi molto agevole il passaggio vertiginoso a una visione dell’intero campo dell’attività umana sub specie belli (3).

Ma c’è di peggio. La petizione di principio polemologica carica di una tensione insostenibile lo stesso concetto di “politico” e determina un suo avvitamento aporetico. Schmitt, infatti, assume correttamente il princi-pio, storicamente e sociologicamente inevitabile, della non riducibilità della nozione di politico a quella di Stato, e si trova però a doverlo mantenere in costante rapporto con una dimensione nell’era moderna insuperabilmente statuale, come appunto quella della guerra.

La distinzione concettuale fra Stato e “politico” è proprio lo spunto originario da cui muove il saggio: lo Stato è definito dal “politico” e non lo definisce, dunque il concetto di politico va costruito separatamente da quello di Stato, che ne deriva.

(3) Mi riferisco naturalmente al celebre frammento 53 Diels-Kranz: “Il conflitto (pole-mos) è padre di tutte le cose e di tutte è re: e gli uni fece dei, gli altri uomini: gli uni servi, gli altri liberi”. Cito da eraClito, i frammenti e le testimonianze, a cura di C. Diano e G. Serra, Fondazione Lorenzo Valla – Arnoldo Mondadori Editore, s. l. (ma Milano) 1980, 13 (per il testo greco, 12). Nell’ed. Diano il frammento reca il numero 14.

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Abstracts

Cantaro a., The Nomos “taken seriously” 3

This essay portrays Carl Schmitt as a conscious jurist; that kind of jurist, for whom the creative acts of law and power (the constituent power) fully belong to the legal science. The Nomos is the fundamen-tal principle of subdivision of space. Each age has its nomos, an orig-inal act, containing an internal measure from which all subsequent rules, written and unwritten, draw their strength. The ius publicum Europaeum has contributed at the limitation and rationalization of wars inside the European soil, allowing, on the contrary, full free-dom on the seas. The ius publicum Europaeum declines with the contemporary spatial revolution determined by the technological progress and by the economic globalization. The author of the essay underlines that the category of appropriation of space is still impor-tant for the comprehension of the current global age.

amato mangiameli a.C., europe and the appeal for legal science. on the traces of carl Schmitt 51

From a new reading of the Nomos of the earth, the Author empha-sizes that the insights of Carl Schmitt are not exceeded. On the con-trary, the German theorist seems to be ahead of times, and not only when he conceives the sense of space revolution, but when asked about the existence and future of human. Schmitt’s appeal to the European legal science, in fact, even today, is essential, and when you think the reorganization of space and the new global dimen-sion of problems, both when there are questions about Europe and its former size and constitutive, and when there are questions both about the existence and future of man. And at a time like ours – the unification and creation – the warning turns out to be extraordinari-ly relevant Schmitt: “We are looking for the meaning of the kingdom of earth. (...) it is the peaceful spirits is promised the kingdom of the earth. even the idea of a new nomos of the earth will unfold only to them”.

Teoria del diritto e dello Stato, 2011/1-2ISBN 978-88-548-4487-2

ISSN 1721-8098-11001DOI 10.4399/978885484487216

pag. 305-309

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abstraCts

mari l., Legal order, spatial localization, uniformity: what nomos, after Schmitt, for europe? 67

Carl Schmitt’s The Nomos of the earth is not a common reference in writings of international law scholars, although it constitutes the most significant interpretation, political as well as juridical, of in-ternational legality in the period from the establishment of modern state to the beginning of the XX century. Focusing on Schmitt’s con-ception of nomos and of the territorial characterization of the inter-national legal order, the essay investigates the relationship existing between law and territory from the point of view of the process of unification of private international law at the european level. In the final reflections the essay underlines the inconsistency of the arti-ficial character of private international law transformed into Com-munity Law.

Foglio g., Globalization and political spaces in the international law of carl Schmitt 93

The Nomos of the earth was published sixty years ago (1950). At that time the world was very different. Yet the book contains a lot of prophetic intuitions. Unfortunately, The Nomos of the earth is not having the same revival the theory of the “state of exception” and the “asymmetric war” had in the years that followed 9/11. Nowa-days, a lot of people admit that the triumph of the West is finished, that Europe, and also America, is experiencing an unprecedented crisis at the end of which they will have to face new global actors. But, how many people could imagine this political scene in 1950? Here lies the importance of The Nomos of the earth. Not only does it propose the prophecy of the American victory in the cold War, but also and in particular the crisis of the unipolarism, and the neces-sity of the multipolarism.

Di Caro a., Nomos and kat-echon 109

The Schmitt’s book, with the categories of ancient philosophy, wa-ter, earth, fire and air (Empedocles), shows the tools to think about politics today. The balance of power (kat-echon) that prevents the expectations of unlimited progress of human values, it also prevents the domination and exploitation. The outdatedness instead amaz-

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abstraCts

ing tool allows very contemporary considerations. Old-fashioned but effective and admirable is literary style of the narration. But not untimely are the reflections on the space (which is the criterion for thinking about the modern world against the time). the technique (philosophical theme), and the limits of the human being. The limits are the same in ancient and modern politics. The policy should nev-er be thought of as a whole and all points of view, but as the source of a territory which is only one point of view. But only by knowing the limits you can think of overcoming them.

balDini V., The sovereignty of the State: when ideology disguises her-self as law 121

This essay considers the developments that the concept of state sovereignty has taken during times, from the classical concept that dates back to Jean Boden until the more recent developments (rang-ing from globalization to the expanded competencies and political economic implemented by the European Union) that challenged the concept of state sovereignty. The question is whether it can be read as a protection of a constitutional identity.

De Fiores C., Schmitt, the nomos and the American globalization 139

The author analyzes the concept of “nomos” in Schmitt. His study is divided into two parts. In the first part, Claudio De Fiores analyzes: the three phases of imperial law, the transformation of the State, the crisis of “jus publicum europaeum” in Schmitt. In the second section, the author examines the transition from the Monroe Doc-trine to Wilson Doctrine in the USA, the construction of the order of Yalta, the new American globalization, the differences between the theoretical interpretation of Schmitt and Gramsci, the decline of American globalization and the economic crisis in Europe.

maestro buelga g., The American globalization 165

The American globalization in the schmittian thought incorporates as central reference the dialectica friend-enemy that is transferred to the fight for the control in the global space. This fight acquires primarily a territorial dimension, inasmuch as it is the most evident

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expresión of the control. Nevertheless, he contributes two relevant elements, which evoke the changes that are taking place in the cur-rent moment of the globalization: the end of the european primacy and the importance of the economy in the definition of the relation of control. Certainly this Schmitt’s intuition allow to bring us over the real globalization: the globalization as new order of the market and the tranformations that this provokes in the global hegemony, reordered by the effects of the crisis.

serra P., Schmitt beyond Schmitt 189

The paper confirms Schmitt’ s actuality with regard to the issue of nomos in the new European order and at the same time the need of a critical approach to it. The reason is that, being easily absorbed by the system they want to check and call in question, neither the political theology (as in Schmitt’ s case) nor the philosophy of tran-scendence (as in the case of getting rid of political theology) can face the challenge of modernity and establish a history beyond globaliza-tion by themselves. On the contrary, an idea of nomos as order and freedom cannot be absorbed, because exactly thanks to this dialectic (without synthesis) you can put in order the world and at the same time be free from it, that means not to stand entirely inside it. We need such a nomos, because, in spite of holding the order form, it is imperfect and structurally related to the instability of its founda-tion. From Santi Romano to Vico and finally to Weiler, we outline a course that regards Europe as an invisible community of many and different powers, a plural space of irreducible political units. In such a form of European legal order trace we Europa’s nomos, the gnosio-logical basis of its autonomy.

VesPaziani a., Anarchy and nihilism in the Nomos of the earth 201

This paper analyzes the reasons for the current academic and po-litical interest in The Nomos of the earth, discussing Schmitt’s in-terpretation of the rise and fall of European public law and its sig-nificance for an accelerating globalization. The argument proceeds in four steps: first, it considers problems in translating the term nomos; then it discusses the gaps in the cosmic historical vision un-derlying The Nomos of the earth; the third part analyzes Schmitt’s conceptions of anarchy and violence; the concluding section argues

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that The Nomos of the earth’s outstanding contribution lies in its critique of legal positivism and legalistic formalism.

Visentin s., Schmitt and globalization: notes for a discussion 213

This essay, which has been thought and written as a contribute to the discussion of Antonio Cantaro’s and Gonzalo Maestro Buelga’s papers, aims to make use of the reference to Carl Schmitt’s Nomos der erde as a tool, in order to decipher some relevant sides of con-temporary global system. Two basic aspects are taken into account: the role played by the war of destruction as an instrument to over-come the jus publicum europaeum, and the shift from modern no-mos to post-modern organization of political and economic space. As far as this last issue is concerned, the essay questions whether it is possible to single a new global nomos out, both by considering the processes of capitalistic localization and delocalization, and by emphasizing how the so-called accumulation by dispossession (in David Harvey’s terms) destroys and reconstructs borders which are less and less coincident with the traditional national frontiers.

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