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Tensioni tra Germania e Roma Dopo il sinodo del 1059, papa Nicolò II e Ildebrando, temendo il disappunto da parte tedesca al decreto sulla elezione papale cercavano alleanze con i Normanni fino ad allora nemici della sede apostolica. Decreto e rapporti con i Normanni causò tanta indignazione e sollevazione in Germania che si giunse ad una rottura dei rapporti con Roma. Alla morte del papa Nicolò II (1061) portò addirittura ad uno scisma con una doppia elezione: i cardinali elessero Alessandro II (1061-1073) (Anselmo di Lucca), il giovane re tedesco Enrico IV scelse Onorio II (1061- 1071). Lo scisma rientrò del tutto solo con la morte di quest’ultimo.

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Tensioni tra Germania e Roma

Dopo il sinodo del 1059, papa Nicolò II e Ildebrando, temendo il disappunto da parte tedesca al decreto sulla elezione papale cercavano alleanze con i Normanni fino ad allora nemici della sede apostolica.

Decreto e rapporti con i Normanni causò tanta indignazione e sollevazione in Germania che si giunse ad una rottura dei rapporti con Roma.

Alla morte del papa Nicolò II (1061) portò addirittura ad uno scisma con una doppia elezione: i cardinali elessero Alessandro II (1061-1073) (Anselmo di Lucca), il giovane re tedesco Enrico IV scelse Onorio II (1061-1071). Lo scisma rientrò del tutto solo con la morte di quest’ultimo.

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Alla morte di Alessandro II (1073) fu eletto papa, a furor di popolo, l’arcidiacono Ildebrando (nato a Soana nella Tuscia romana). Aveva circa 50 anni e da lungo tempo era al servizio della Chiesa.

Prese il nome di Gregorio VII (1073-1085).

Tempra di dominatore, eccezionalmente volitivo, perspicace, carattere impetuoso, al tempo stesso era però animato da un autentico spirito religioso.

Lo scopo principale della sua azione fu quello di stabilire il “retto ordine”, cioè condurre alla realizzazione del “Regno di Dio sulla terra” sotto la guida del successore di Pietro e vicario di Cristo, a cui le potenze secolari dovevano subordinarsi in tutto ciò che riguardava la salvezza del mondo cristiano. Il dominio universale del papa si fondava su una chiara base religiosa.

S.Gregorio VII (1073-1085)

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Gregorio VII espose il suo programma politico-ecclesiastico in 27 brevi proposizioni che costituiscono il cosiddetto Dictatus Papae. Uno scritto che risale a poco prima del sinodo quaresimale del 1075.

Le proposizioni principali riguardano il rapporto fra “sacerdotium” e “regnum” ed esprimono la superiorità del potere spirituale su quello temporale. Il Dictatus papae di Gregorio VII (Archivio Segreto vaticano,

Reg.Vat.2, fol.80v.

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Il Dictatus papae di Gregorio VII (Archivio Segreto

vaticano, Reg.Vat.2, fol.81r).

Lo scritto e lo spirito del papa sollevò ovunque una fiera opposizione, soprattutto nel regno germanico-italiano.

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In primo luogo egli continuò l’opera di riforma ecclesiastica dei suoi predecessori.

Sinodi quaresimali lateranensi del 1074 e 1075: si rinnovarono i decreti di Leone IX e Niccolò II contro la simonia e il matrimonio degli ecclesiastici.

Gregorio inviò legati per tutta Europa che curassero l’esecuzione di queste disposizioni.

Nel sinodo quaresimale del 1075 Gregorio compì anche un altro passo di grande importanza: proibì anche ogni conferimento di uffici ecclesiastici fatto per mano dei laici, in modo particolare l’investitura dei vescovi per mano del re di Germania. .

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Questa decisione, nata per difendere l’elezione canonica dei vescovadi e delle abbazie, colpiva al cuore gli interessi dello stato.

Infatti, l’investitura ad opera dei signori laici, in modo particolare del re tedesco, si fondava su una secolare e ormai salda consuetudine, in passato riconosciuta anche da Roma: i prelati, venivano “investiti” oltre che di un incarico spirituale, anche di un ruolo amministrativo civile; essi rivestivano un ruolo nevralgico nell’impero contribuendo al suo mantenimento amministrativamente, ma anche militarmente, e finanziariamente grazie alle rendite prodotte dai possedimenti ecclesiastici.

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Perciò, la decisione del sinodo romano suscitò tra i principi tedeschi una fiera opposizione, in quanto il divieto delle investiture da parte dei laici sembrava minacciare le fondamenta stesse della struttura imperiale.

Le pretese papali parvero sovvertitrici del diritto e avviarono un conflitto di portata storica fra lo stato e la Chiesa.

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I fatti:

Enrico IV provvide ugualmente a nominare i titolari di parecchi vescovadi italiani, tra cui quello importantissimo di Milano (che oltretutto non era nemmeno vacante).

Il papa minacciò il re di scomunica se avesse continuato nella disobbedienza.

Nel sinodo di Worms del 1076, il re agì d’anticipo facendo dichiarare deposto il papa da 26 vescovi compiacenti. In nome del suo essere “patrizio romano” ordinava a Gregorio (“non papa e falso monaco”) di scendere dalla cattedra apostolica “usurpata”. Un sinodo di vescovi lombardi radunati a Piacenza approvò la sentenza.

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• Gregorio reagì immediatamente colpendo Enrico IV con la scomunica (22 febbraio 1076) sciogliendo i sudditi dal giuramento di fedeltà e proibì l’obbedienza verso di lui. I vescovi ostili furono in parte sospesi, in parte scomunicati e costretti così alla sottomissione.

• Una simile punizione di un sovrano da parte della Chiesa, fino ad allora inaudita, suscitò scalpore nel mondo cristiano.

• La scomunica ebbe la sua efficacia perché il partito imperiale si disgregò rapidamente.

• Rimasto da solo, l’imperatore promise al papa obbedienza.

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Per ottenere l’assoluzione della scomunica egli passò le Alpi nel cuore dell’inverno con un piccolo seguito.

Il papa si stava già recando verso settentrione e riparò a Canossa, nel castello della contessa Matilde.

Qui Enrico si sottomise alla penitenza prescritta e venne assolto dalla scomunica (28 gennaio 1077).

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Enrico IV si raccomanda a Ugo, abate di Cluny, e alla contessa Matilde. Miniatura della Vita Mathildis di Donizone,, contenuta nel cod.Vat. lat.4922, fol.49r (1114-1115) Bibl.Apost.Vaticana.

Ruderi del castello di Canossa (Reggio Emilia), sec.X-XIII

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Questo atto reintegrava l’imperatore nella sua autorità, ma rivelava con evidenza chi era oramai la guida dell’Occidente (ben diversa la situazione da soli trent’anni prima nel sinodo di Sutri del 1046): ora era indiscutibilmente il papa.

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Nel frattempo il collegio dei principi di Germania, scontento per la assoluzione dalla scomunica di Enrico IV, rigettava ugualmente il re (a Forchheim, marzo 1077) eleggendo al suo posto il suo ambizioso cognato Rodolfo di Rheinfelden, duca di Svevia. Scoppiò apertamente la guerra civile.

I due contendenti cercavano il riconoscimento da parte del papa.

Il papa cercava di mantenersi il più possibile neutrale e si offrì come arbitro.

La contessa Matilde in trono fra il monaco Donizione, che gli offre il carme de Vita Mathildis e un guerriero. Miniatura, che orna la Vita di Matilde contenuta nel cod.Vat.lat.4922, fol.7v, esemplare preparato da Donizione per la contessa (1114-1115). Bibl.Apost.Vaticana.

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Le sorti della guerra favorivano Enrico IV. Questi, con la minaccia di eleggere un antipapa chiese a Gregorio VII il riconoscimento per sé e la scomunica per Rodolfo (1079).

Nel seguente sinodo quaresimale del 1080 il papa rinnovò la scomunica e la deposizione di Enrico e confermò re Rodolfo.

La risposta di Enrico: in un sinodo svoltosi a Bressanone, assieme ad un gruppo di vescovi compiacenti, deponeva Gregorio ed eleggeva un antipapa (Clemente III).

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In battaglia moriva Rodolfo (ottobre 1080).

Enrico poteva così spostare la guerra in Italia, nel tentativo di conquistare Roma e intronizzare il suo antipapa.

Estate 1083-primavera 1084: conquista la città leonina, e quindi Roma (tranne Castel S.Angelo in cui è asserragliato Gregorio VII), intronizza il suo papa e da questo è incoronato imperatore.

Papa Gregorio riesce a far giungere il proprio grido di aiuto al duca dei Normanni, Roberto il Guiscardo, vassallo della S.Sede, che dal sud Italia risponde con il suo esercito, libera Roma, costringendo i Tedeschi alla ritirata.

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La devastazione e il saccheggio operati dai Normanni nella città di Roma fu tale da inasprire gli animi dei Romani anche contro Gregorio, tanto da costringerlo a fuggire dalla città.

Il papa, protetto dai Normanni, dovette ritirarsi a Salerno, dove il 25 maggio 1085, esaurito dal lavoro e dalle fatiche, si spense.

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Conclusione su Gregorio VII

• Il frutto del suo pontificato: forte consolidamento dell’autorità morale e della posizione politica e giuridica del papato.

• I suoi successori avrebbero raccolto il testimone da lui lasciato e avrebbero portato a compimento l’opera di riforma.

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Dopo Gregorio VII

Serie dei papi: Vittore III (1086-87), Urbano II (1088-1099), Pasquale II (1099-1118), Gelasio II (1118-19), Callisto II (1119-24).

La lotta per le investiture e lo scisma papale (l’antipapa Clemente II era sempre presente a Roma ed aveva un nutrito seguito sia in città, che nell’ambiente imperiale, come pure in Inghilterra, Serbia e Ungheria) proseguiva anche dopo la morte di Gregorio VII.

Dopo undici mesi dalla morte di Gregorio si riuscì ad eleggere Vittore III (1086-87) abate Desiderio di Monte Cassino, amico di Gregorio. Mite e conciliante morì, però, solo pochi mesi dopo.

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Dopo altri sei mesi risultò eletto il vescovo cardinale di Ostia Odo, già priore a Cluny, papa Urbano II (1088-99).

Nella politica ecclesiastica seguì in tutto e per tutto l’indirizzo di Gregorio VII, ma rispetto a questi si mostrò più prudente e adattabile.

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Nei sinodi di Melfi (Puglia) (1089) e di Clermont (Alvernia) (1095) il papa rinnovò i decreti contro la simonia, il concubinato degli ecclesiastici, l’investitura da parte dei laici. A Clermont, inoltre, si decisero altre due cose: divieto del giuramento feudale da parte di ecclesiastici ai laici e fu annunciata la prima crociata.

L’indizione della prima crociata mostra il papato al posto incontrastato di guida del mondo culturale dell’Occidente.

Urbano II consacra l’altare della basilica di Cluny (25 ottobre

1095) iniziata il 30 settembre 1088 dall’abate Ugo presente

con i suoi monaci (Parigi, Biblioteca nazionale, ms.lat.

17716, fol.91, della fine del sec.XII)

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La lotta per le investiture

La lotta tra Enrico IV e i gregoriani continuava in Germania e in Italia.

I toni erano assai aspri con scritti e manifesti politico-religiosi.

L’antipapa Clemente III moriva nel 1100, mentre Enrico IV, ancora scomunicato moriva a Liegi nel 1106.

Nel 1110 il nuovo re, Enrico V, figlio del re precedente, compì il suo primo viaggio a Roma per restaurare in Italia l’autorità germanica e ottenere la corona imperiale. In quell’epoca era papa Pasquale II (1099-1118).

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Trattato di S.Maria in Turri (chiesa presso S.Pietro) e Sutri (febbraio 1111): si trattava di un compromesso (privilegium=pravilegium):

Enrico rinunciava alle investiture (laiche) e permetteva le elezioni canoniche degli ecclesiastici (elezione dei vescovi da parte dei metropoliti).

Chiedeva in cambio che il papa ordinasse ai prelati tedeschi la restituzione di tutti i beni e diritti che avevano ricevuto dall’Impero.

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• La Chiesa di Germania doveva accontentarsi delle decime e delle donazioni private (irrealizzabile per lo stretto intreccio delle due realtà. La attuazione avrebbe scosso alle radici l’intera compagine imperiale).

• Sollevazione e opposizione dei prelati (vescovi e abati) tedeschi.

• Enrico allora cercò di imporre la sua volontà con la violenza: imprigionò per due mesi il papa insieme a tredici cardinali, in S.Pietro.

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Enrico costrinse il papa ad un nuovo trattato (11 aprile 1111) a concedergli il diritto di investitura con l’anello e il pastorale (concessione dei beni spirituali), riconoscendo però la libera elezione dei prelati (pravilegium).

Dopo due giorni si procedette all’incoronazione imperiale (13 aprile 1111).

Le concessioni estorte con la violenza non potevano avere lunga durata.

Nel sinodo lateranense del 1116 il papa lo revocò esplicitamente.

• Era necessario reincontrarsi. Ciò non avvenne nemmeno sotto i papi successivi.

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• Grazie al pensiero teologico del vescovo Ivo di Chartres si imparò a distinguere fra ufficio e possesso, fra l’aspetto spirituale e quello temporale dell’investitura, fra il conferimento di una chiesa con i simboli dell’anello e del pastorale (che spettava all’autorità ecclesiastica) e l’assegnazione dei beni temporali connessi all’ufficio tramite le regalìe (la cosiddetta investitura feudale), che veniva riconosciuta all’imperatore.

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• Dopo lunghe e difficili consultazioni si giungeva al concordato di Worms del 23 settembre 1122.

• Enrico V rinunciava alla investitura dei prelati con l’anello e il pastorale e riconosceva le elezioni canoniche e l’investitura dell’eletto da parte del metropolita.

• Il papa riconosceva all’imperatore e ai suoi successori il diritto di assistere alle elezioni dei prelati in Germania purché fosse esclusa la simonia e l’impiego della forza.

Testo imperiale del Concordato di Worms, 23 settembre 1122 (Archivio Segreto vaticano, AA. Arm.I-XVIII, 62)

L’investitura temporale doveva venir conferita dall’imperatore con lo scettro (simbolo dell’autorità temporale) fatta prima della consacrazione (così da dare la possibilità di escludere, eventualmente, un candidato non gradito).

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• Così la lotta per le investiture durata quasi cinquant’anni giungeva al suo epilogo.

• Per l’approvazione e la proclamazione solenne del concordato di Worms il papa Callisto II nel 1123 celebrava un importante Concilio in Laterano (ecumenico) il primo celebrato in Occidente. La convocazione e la direzione dello stesso, a differenza dei concili dell’antichità cristiana, ora era solo del papa.