Hapax macrocosmINI ca. - fabiotodeschini.files.wordpress.com · Ecco, dunque, il disappunto:...

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1 Hapax macrocosmINIca. Ovvero: come aprii la Configurazione Occulta e imparai ad amare La Molecola” di Fabio Todeschini “Un saggio, un racconto, una poesia, un’indagine, un delirio, un’autobiografia, una perturbazione spazio-temporale: tutto questo, nulla di tutto ciò.” (VOCE FUORI CAMPO) “Nell’anno 3017 dopo l’Illusione di Cristo, G.A.B., un ex-professore del XXI secolo sopravvissuto al disfacimento corporeo grazie al procedimento del Kaula Tantra rielaborato dalla dominante cultura transumanista, inviò una nave psichica ai confini dell’universo conosciuto, con a bordo cinque menti umane caricate in un circuito sinaptico artificiale, guidate da un sistema computazionale centralizzato. La loro missione era scoprire le cellule primordiali dell’Arte: infatti, poiché il finanziatore riteneva l’universo un’ininterrotta creazione artistica, in effetti, il loro scopo era giungere fino ai mattoni fondamentali della vita stessa. La nave non fece più ritorno. Questa trasmissione fu intercettata dai radar secoli dopo la scomparsa, che era avvenuta in un tempo remotissimo, nel quale la Terra così come la conosciamo non si era ancora formata. Il ritrovamento fu probabilmente causato dalla registrazione della trasmissione nell’eco cosmica da parte di una radiazione orgonica, che rivelava alcuni frammenti di un onirico congresso animico.” Luca Renier, ritratto di Fabio Todeschini, tecnica mista su cartone, 2017.

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Hapax macrocosmINIca. Ovvero: come aprii la Configurazione Occulta e imparai ad

amare La Molecola”

di Fabio Todeschini

“Un saggio, un racconto, una poesia, un’indagine, un delirio, un’autobiografia, una

perturbazione spazio-temporale: tutto questo, nulla di tutto ciò.”

(VOCE FUORI CAMPO) “Nell’anno 3017 dopo l’Illusione di Cristo, G.A.B., un ex-professore del XXI secolo sopravvissuto al disfacimento corporeo grazie al procedimento del Kaula Tantra rielaborato dalla dominante cultura transumanista, inviò una nave psichica ai confini dell’universo conosciuto, con a bordo cinque menti umane caricate in un circuito sinaptico artificiale, guidate da un sistema computazionale centralizzato. La loro missione era scoprire le cellule primordiali dell’Arte: infatti, poiché il finanziatore riteneva l’universo un’ininterrotta creazione artistica, in effetti, il loro scopo era giungere fino ai mattoni fondamentali della vita stessa. La nave non fece più ritorno. Questa trasmissione fu intercettata dai radar secoli dopo la scomparsa, che era avvenuta in un tempo remotissimo, nel quale la Terra così come la conosciamo non si era ancora formata. Il ritrovamento fu probabilmente causato dalla registrazione della trasmissione nell’eco cosmica da parte di una radiazione orgonica, che rivelava alcuni frammenti di un onirico congresso animico.”

Luca Renier, ritratto di Fabio Todeschini, tecnica mista su cartone, 2017.

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“SOMETHING STRANGE HAPPENED HERE”, la scritta emerge da una vibrazione pulsante accanto al mio ritratto, che è il volto della primordiale allucinazione, un fabbricato abbandonato e rugginoso, dimora d’ancestrali Dee, le Erbacce, fruscio furtivo notturno di stivali nella notte, tanto tempo fa… Rientra alcaloidizzato il Sintagma Ammonitore nella radiazione, click click mandibole di Formicaleone nell’Imbuto del Verbo. Il Mondo cade. La carta ventunesima s’incendia nella mano del Barbuto Fondatore, che ha riccioli significanti nello scrigno dorato dei capelli antichi. Dal mio battello volgo allora lo sguardo alla laguna d’acciaio, scaglie appuntite d’un mostro ottuso che ha trovato il suo posto eterno – nell’universo. Statico, fermo e noiosamente presuntuoso. Rimembro il Pasto Nudo di Zio Bill e la sua voce nasale mi pulsa nella mente: “L’America non

è una terra giovane: è già vecchia, sporca e malvagia. Prima dei coloni, prima degli indiani. Il Male è lì, che

aspetta.” – Così io penso di quest’arcipelago… Prima degli alberghi, dei turisti e della Biennale, prima di “Something Strange Happened Here”, un male antico e gorgogliante, un male lovecraftiano, aspettava una specie tanto folle da voler imparare come vivere da esso. Sferragliando chiudo le palpebre, le mie uniche tende veneziane. Sono in montagna in pomeriggio brumapiovoso, nuvole aspirano alla bassezza della valle scura, piuttosto d’armeggiare trionfanti con le cime preziose. Ma la musica che esce dall’automobile parcheggiata lì accanto alla segheria ha il potere di far crollare le montagne… Così le montagne, semplicemente, cadono. E con esse le parole. Sono seduto lì con Fratello Silenzio e non penso neppure che, di tutti i Fratelli che avevo, mi è rimasto solo il Silenzio. “Una sola volta” – ripeto contraddicendomi – una sola volta in tutti gli Eoni di tutti gli universi… Una sola volta: nessuna crescita. Nessuna evoluzione, nessuna creazione, nessuna… animazione? Niente sviluppo, nessun tranello, sin posibilidad de intervención.

Una sola volta in tutto l’universo – in tutti gli Eoni di tutti gli universi. Riapro gli occhi, alla Buñuel, soltanto a casa. La casa in cui alletto le mie Ombre è stata pagata dalla Magia Nera Goetica, il Padre-Madre dei Tunnel Segreti. Sul retro, il Giardino delle Delizie, troppo verde, troppo vocalico. Io sono un nomade sporco che ama le cave di pietra, i canaloni ostili, le spiagge invernali e i fabbricati marcescenti divorati da virose ruggini di lattughe bucherellate da piogge acide. (“Volevamo solo aprire un varco” – il mantra mi ronza nella testa – “Tutta questa tenebra... Non ne sono io il responsabile... ”) La mia Casa si trova all’incrocio tra la Nigredo e la Ferrovia che conduce alla galassia delle Terre Occidentali: non proprio un brutto posto, anche se si potrebbe trovare di meglio, a meno che uno non goda della perpetua vibrazione elettromagnetica di pericolosi, non individuabili flussi di destabilizzazione... Se vi ricordate la frase di chiusa del più truculento romanzo di Bret Easton Ellis, sapete cosa NON E’ il mio Giardino. Non mi stupii quindi quando m’incarnai in un morbo; non mi stupii quando mi spedirono in Egitto a bere un karkadè con Hassan Ibn Sabbah, che fino allora era stato un ismailita moderato e musulmano devoto. Né mi meravigliai quando i Sacerdoti dei Principi m’inviarono a risalire il Nilo per trovare quelle pagine, o quando in seguito uno di loro, soprannominato “Vita della Luna”, si tolse quella stessa vita con un misterioso veleno, o nell’occasione in cui lasciai l’università per divenire un accanito bevitore e hashishino, o ancora quando le profondità e le altezze degli studi occulti mi condussero a decodificare un’originaria realtà algoritmica che… Bé un misto di Buddhismo Vajrayana e Ismailismo

Nizarita mi parve sufficientemente sofisticato per nasconderla ai conoscenti, i morti, il screen di menti coccolate da un milione di anni di matricNon sono facile alla meraviglia.Ma sono un fanatico – autentico Paleontologo del Logos, e l’Icnologia del Verbo è la mia specializzazione. Ricerco le impronte lasciate dal Suono Primordiale universo, “caccia alla volpe” la chiamiamo, perché questo luogo astuto di quanto possiate immaginare. Non è un lavoro per scansafatiche, oh no: bisogna sporcarsi, i vestiti, gli stiLa Fogna del Duad è lì che vi Sfera d’Oro nella Stanza Segreta della ZONA, Tarkovskij; possiederete il Vuoto Talismano del Segreto Impronuncinon-Scritta. Così, anche se la vostra casa risuona di passi vuoti, di ricordi di vetro, anche se la primavera è la stagione dei poeti, anche se avevo compreso il significato dell’11, del 218, e soprattutto del 47, poiché quest’ultimo è il numeroVero Desarcheometra o il Chirurgo che vivisezionaaprire i cancelli della Dimensione Nascosta eprimo Esperimento.

Il disappunto che appare quando una droga non fa il suosi affaccia all’anima quando un’operazione magica fallisce. Ma non si tratta di un’autentica sconfitta, no? Nessuna droga fallisce non segna un punto inequivocabile

La Magia di un bambino di sette padre (a sua volta ricevuta dall’“Agenzia”) racconti del terrore su un vzannuto con il cranio aperto e il cervello esposto, che ghigna sulla sua sedia a dondolo (già, “La sedia a dondolo”, così s’intitolavano, molto acuto, davvero mooolto acuto, figliolo), non è diversa dall’adolescente magia – e dai suoi effetti sulla psiche dell’adulto che cospira contro saggi su Tom Bombadil & Al Khidr.Il disappunto di una vita spesa ronzerà nel Vuoto Assoluto? Ovviamente no. Sono le lacrime trattenute quando scopri che

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Nizarita mi parve sufficientemente sofisticato per nasconderla ai conoscenti, i morti, il di menti coccolate da un milione di anni di matrici.

Non sono facile alla meraviglia. autentico – della preesistenza e della dissoluzione

Paleontologo del Logos, e l’Icnologia del Verbo è la mia specializzazione. Ricerco le impronte lasciate dal Suono Primordiale – entiende? – le tracce della creazione di questo universo, “caccia alla volpe” la chiamiamo, perché questo luogo – nel tempo astuto di quanto possiate immaginare. Non è un lavoro per scansafatiche, oh no: bisogna sporcarsi, i vestiti, gli stiLa Fogna del Duad è lì che vi attende: superatela e sarete nelle Terre Occidentali, avrete la Sfera d’Oro nella Stanza Segreta della ZONA, ed io sono un grande ammiratore di Tarkovskij; possiederete il Vuoto Talismano del Segreto Impronunciabile e della Parola

casa risuona di passi vuoti, di ricordi di vetro, anche se la primavera è la stagione dei poeti, anche se avevo compreso il significato dell’11, del 218, e soprattutto

è il numero-a-quattro-dita che apre la Configurazione Occulta, il ra o il Chirurgo che viviseziona gli universi spazio

aprire i cancelli della Dimensione Nascosta e per farlo utilizzai la Grande

Il disappunto che appare quando una droga non fa il suo effetto è paragonabile a quello che si affaccia all’anima quando un’operazione magica fallisce. Ma non si tratta di un’autentica sconfitta, no? Nessuna droga fallisce completamente, così come nessuna operazione magica

un punto inequivocabile nel canestro del Mago. La Magia di un bambino di sette - otto anni che scrive su una vecchia agenda regalatagli dal padre (a sua volta ricevuta dall’“Agenzia”) racconti del terrore su un vzannuto con il cranio aperto e il cervello esposto, che ghigna sulla sua sedia a dondolo (già,

così s’intitolavano, molto acuto, davvero mooolto acuto, figliolo), non è diversa dall’adolescente – whisky – sigaretta – teppismo e magia nera

e dai suoi effetti sulla psiche dell’adulto che cospira contro il Cosmo o scrive dolci Tom Bombadil & Al Khidr.

Il disappunto di una vita spesa a inseguire una Chimera? Perché non sai se una Chimera ronzerà nel Vuoto Assoluto? Ovviamente no. Sono le lacrime trattenute quando scopri che

Nizarita mi parve sufficientemente sofisticato per nasconderla ai conoscenti, i morti, il touch

della preesistenza e della dissoluzione - sono il Paleontologo del Logos, e l’Icnologia del Verbo è la mia specializzazione. Ricerco le

le tracce della creazione di questo nel tempo – è molto più

Non è un lavoro per scansafatiche, oh no: bisogna sporcarsi, i vestiti, gli stivali e l’anima. : superatela e sarete nelle Terre Occidentali, avrete la

io sono un grande ammiratore di abile e della Parola-

casa risuona di passi vuoti, di ricordi di vetro, anche se la primavera è la stagione dei poeti, anche se avevo compreso il significato dell’11, del 218, e soprattutto

dita che apre la Configurazione Occulta, il gli universi spazio-temporali, decisi di

per farlo utilizzai la Grande Molecola con un

effetto è paragonabile a quello che si affaccia all’anima quando un’operazione magica fallisce. Ma non si tratta di un’autentica

sì come nessuna operazione magica

otto anni che scrive su una vecchia agenda regalatagli dal padre (a sua volta ricevuta dall’“Agenzia”) racconti del terrore su un vecchio mostro zannuto con il cranio aperto e il cervello esposto, che ghigna sulla sua sedia a dondolo (già,

così s’intitolavano, molto acuto, davvero mooolto acuto, figliolo), teppismo e magia nera - da quest’altra

il Cosmo o scrive dolci

inseguire una Chimera? Perché non sai se una Chimera ronzerà nel Vuoto Assoluto? Ovviamente no. Sono le lacrime trattenute quando scopri che

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l’Albero del Diavolo è stato abbattuto da rozzi, incivili manovali per ordine di un altrettanto ottuso assessore, laggiù al Lido di Venezia, in una spiaggia che diventa zona militare e che ti fa comprendere, fin da bambino, gli svantaggi poetici insiti nell’utilizzo dell’autorità. Che magico luogo! È ancora la nostra “Zona” tarkovskijana, un posto di stregoneria, di mistero e di giochi proibiti. Tutta la lettura (chiaroveggente, non idrografica o geografica) della Laguna ci conduce a credere che un tempo essa fosse chiusa, con quella sottile striscia di terra a separarla dall’Adriatico e dalla sua accelerata cultura marinaresca. Le guerre hanno disseminato nella Zona costruzioni di cemento, ora reclamate a gran voce dalla vegetazione del litorale, con i suoi rovi e edere, le sue pinete e le intriganti nappole che si aggrovigliano ai lacci delle scarpe. E quelle costruzioni ora sono abitate da Spiriti, esseri che vorrebbero ancora una laguna chiusa, protetta e possibilmente non abitata da specie invasive, con un’incredibile pulsione all’autodistruzione. Chi dunque può biasimare coloro che tentano di richiamare alla vera vita quegli Spiriti? Persone rajasiche, bisognava essere, non sattviche o tamasiche. Nella Bhagavad-Gita è spiegato minuziosamente quali sono le pulsioni, perfino i cibi, che si addicono di più a questi tipi umani. Tuttavia, il sistema Samkhya dei Tre Guna (Tamas, Rajas, Sattva) deve essere a sua volta rivisto e aggiornato, messo al passo con i tempi correnti, per così dire. Scaraventare un bidone dell’immondizia in un canale, fumare marijuana, rubare nei supermercati ed evocare i Globi di Yog Sothoth sono azioni rajasiche, non tamasiche o “discendenti”. Come la confessione del parroco non è un’azione sattvica, poiché non crea un’ascensione verso il Divino (ma chi lo voleva, in fondo?), così un’azione o un cibo considerati nefasti non sono, generalmente, ciò che la cultura predominante ci ha abituati a credere. Costringere un giovane, pieno di poesia e di ardore per l’esplorazione dei Domini Occulti dell’Universo, a una sfiancante routine quotidiana per un salario con cui comprerà i mezzi atti a mutilargli lo spirito, questa sì che è un’azione realmente tamasica! C’è una strada, nella città in cui mi sono rifugiato dopo essere sfuggito allo Spirito del Male, il Demone della Laguna, che conduce a un Forte dove mi reco spesso con il Sublime Veicolo, la Macchina del Tempo a Due Ruote di Jarry. Lungo quella strada c’è un negozio che si chiama “Habitat Ufficio”, mobilio per le imprese ecc. “Habitat” non è forse una parola che utilizziamo quando ci riferiamo all’ambiente specifico in cui vive una specie animale? Ecco, dunque, il disappunto: l’Arconte che ti desidera come animale da salotto. Una sola volta, in tutti gli universi possibili. Una sola volta, “Qualcosa di strano (di mooolto strano) è successo QUI.” Proprio qui, nella Mezzanotte Assoluta delle Anime. Una lancetta d’orologio che si stacca, indisponente e screanzata, dal quadrante e si conficca a terra, spalancando la Gehenna del Buco Nero. Così io vago nella nostalgia di un habitat dissolto, il Carnevale finisce nel Pandaemonium dello Tzim Tzum, il candelabro che mi donò Sonia è spento nel Sogno e i vecchi ricordi vivono languidamente galleggiando nella sfera di Yezod. Korzybski scrisse: “Se indaghiamo sul significato di una parola, scopriamo che dipende dal significato di

altre parole usate per definirla.” Eccola, dunque: la Coproduzione Condizionata del Verbo, il Virus dell’Universo, che è nato da una Parola, da un suono originario, l’A-U-M. Così tutti credono di dover pensare con il cervello, perché inconsciamente sanno che il Logos l’ha designato come sua toilette privata (e mi riferisco a una toilette di candido marmo, abbellita da statue greche di giovinetti nudi, non alla latrina di legno accanto ad una

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baracca del Midwest), mentre ogni parte del corpo pensa, vede, ode o gusta. Siamo modulari, a livello intellettivo, come Piante Spirituali (ho visitato quell’universo, poco dopo essere uscito dalla Nigredo della Caverna Cosmica; brave persone) le cui globose appendici possono essere scorte nell’Aura e ispirare molteplici fantasie aliene. Cercare l’Irripetibile Atto nello spazio-tempo significa leggere in un’eco eterna una radiazione emessa da una singolarità all’inizio del tempo. “C’è un universo ora: le cose cambieranno in questo posto” – sì, perché prima le cose erano eterne, erano “La Cosa”, cioè non esisteva un Luogo dove potessero effettivamente cambiare. E quel Non-Luogo era, a sua volta, con ogni probabilità una Confluenza di altri universi dinamici, che non conobbero il trauma di veder estinguersi le proprie stelle. “ROSSO!” – urla l’Arte dal Buco Nero – ed ecco che gli Dei dell’Uomo – miliardi di anni luce avanti nel tempo – divengono assetati del sangue degli ibridi uomo-pinguino, gli esseri già estinti con ali inutili in una pozza di bitume. Il sangue degli Dei, invece, è come ammoniaca nell’atmosfera di un pianeta ambiguo e inospitale. Rosso! Il Re ritorna! La Grande Opera è compiuta! Eccetera. La testa di Luigi ruzzola davanti alla Macchina della Rieducazione Assoluta, con un lieve cenno di biasimo per la Vendetta Templare. Aprire la Configurazione Occulta, vedi, è come giocare con un Cubo di Rubik trasparente. La Combinazione è UNA – UNA SOLA – UNA SOLA VOLTA dall’inizio di tutte le Parole. Tuttavia, certe volte Frater Parenklesis dice: “Noi ci troveremo. Inevitabilmente, cadendo nel Vuoto Assoluto del Non-Essere noi ci incontreremo. Non sapremo mai dove, né quando, perché il Demone del Caso è all’opera per demolire ogni struttura teleologica, ma ci incontreremo. Appuntamento al Café de Flore, a Tangeri, al Treadwell’s Bookshop di Londra, a Castel Pietra, sulla spiaggia alla Confluenza dei Due Mari, appuntamento al vecchio Cimitero Ebraico del Lido, alla Biennale, sul greto secco del Piave e del Tagliamento, in un’estate/stagione/inferno, a Saha, a Sukhavati, Shangri-Lha e Shambhala, meeting ad Agarttha con i Signori di Google e della Nike, di Amazon e della Coca Cola… E nel frattempo la tua Pineale si calcifica al cospetto dell’ultima grande concrezione del Kali Yuga, perché inconsciamente il Cosmo tende al Big Crunch e noi godiamo di sballi sempre meno spirituali… Il Clinamen esiste e ne avremo la prova, come protoni e gluoni, almeno una volta in tutto il filo delle nostre incarnazioni, che chiamiamo Sutratma, per comodità. Il Demone del Caso è però all’opera, lo sai: dunque, chi può dire come, dove, o quando? Lui è un osservatore distaccato e remoto, astratto e privo di sensazioni, che ogni tanto schiocca le dita in un’eco cosmica eterna di gelo e silenzio.” L’Universo non dirà mai “non è un buon soggetto per sfamare la mia spada” - quindi non rimane che possedere un gladio mooolto più affilato: “Se l’ottone si desta tromba, non è certo per colpa

sua.”

Fabio Todeschini e Gabriele

Stiamo viaggiando verso la dimensione: G.A.B., era scettico sulle finalità di questa missione. In fondo, l’Infinitesimale Novatrice è “Internazionale”, e noi abbiamo da un pezzo cessato di pensare in terminiMiliardi e miliardi di anni luce per tornare all’inizio del tempo… Come, mi chiedi. Siamo in ibernazione. Non i nostri corpi

abbandonati tanto tempo fa. Quelli non esistono più già da mneurologici sono stati copiati, eliminando ogni frivolezza, su sistemi artificiali in grado di essere risvegliati da un computer centrale una volta giunti a destinazione.Il nostro Nocchiero Computazionale (“Jamais”, l’abbiamopredilezione per i Buchi Bianchi) ha in memoria una mappa dei punti irripetibili e i loro Carfax o “incroci senzienti”. Sono gli echi eterni di non-ripetibili congelato di Nerval penzola da una grata, impiccato per le Configurazioni Occulte di tutto il genere umano. Rimbaud giunge a Parigi a piedi, portando nella tasca di un pastrano ormai idealizzato la fine dell’antica prosodia.mappa, le coordinate della Messa in Moto della Ruota del Dharma davanti ai Cinque Asceti nel Parco delle Gazzelle. Entriamo nella favolosa Biblioteca di Alamut, chiedendoci quale dei nostri Agenti ha radicato nella mente del vecchio Hassan il CuoreNizaro-Ismailita. Tristan Tzara estrae parole a caso da un cappello; Brion Gysin ricompone i testi di strani tomi sforbiciando frasi, parole e lettere via dalle linee temporali; Crowley dialoga con Aiwass al Cairo; un treno fischia per Dimensionale alla fine del mondo… La mappatura di questo Campo Buddhicocontinua, e le nostre intelligenze attendono. Nel sonno dello stand-by, la mia Assistente Astrale un corpo, la tenevo incastonata in un onice nero; ora è libera e “elementificata” in tutta Mulaprakriti, il substrato pulsante di energia primordiale di tutto l’UomoPurusha. Quando possedevo un corpo, uno Sthulha Sharira, Lei Azzurra e la sua Droga Bianca direttamente con un fascio di elettroni nel Brahamarandhra; ora altera con queste capacità i visioni, che certe volte chiamiamo “Scrittura dell’di sedici globi pulsanti, ognuno dei quali reca un simbolo archetipico. Anche ora, tuttavia,

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Fabio Todeschini e Gabriele-Aldo Bertozzi, fotografia di Micol Montemezzo, 2016.

Stiamo viaggiando verso la dimensione: INIA. Il nostro finanziatore, il potente magnate G.A.B., era scettico sulle finalità di questa missione. In fondo, l’Infinitesimale Novatrice è “Internazionale”, e noi abbiamo da un pezzo cessato di pensare in terminiMiliardi e miliardi di anni luce per tornare all’inizio del tempo… Come, mi chiedi. Siamo in

corpi, capisci? Non i nostri corpi. Quelli li abbiamo amati e abbandonati tanto tempo fa. Quelli non esistono più già da molto tempo. I nostri supporti

, eliminando ogni frivolezza, su sistemi artificiali in grado di essere risvegliati da un computer centrale una volta giunti a destinazione.Il nostro Nocchiero Computazionale (“Jamais”, l’abbiamo soprannominato, per via della sua predilezione per i Buchi Bianchi) ha in memoria una mappa dei punti irripetibili e i loro

ripetibili in-stanti: Rue de la Vieille Lanterne, il cadavere i Nerval penzola da una grata, impiccato per le Configurazioni Occulte di tutto il

Rimbaud giunge a Parigi a piedi, portando nella tasca di un pastrano ormai idealizzato la fine dell’antica prosodia. Ecco Apollinaria Signa e, in un altro puntmappa, le coordinate della Messa in Moto della Ruota del Dharma davanti ai Cinque Asceti nel Parco delle Gazzelle. Entriamo nella favolosa Biblioteca di Alamut, chiedendoci quale dei nostri Agenti ha radicato nella mente del vecchio Hassan il Cuore

Ismailita. Tristan Tzara estrae parole a caso da un cappello; Brion Gysin ricompone i testi di strani tomi sforbiciando frasi, parole e lettere via dalle linee temporali; Crowley dialoga con Aiwass al Cairo; un treno fischia per l’ultima volta sferragliando verso il Portale Dimensionale alla fine del mondo… La mappatura di questo Campo Buddhicocontinua, e le nostre intelligenze attendono.

, la mia Assistente Astrale Sphere ci ha seguiti: quanla tenevo incastonata in un onice nero; ora è libera e “elementificata” in tutta

Mulaprakriti, il substrato pulsante di energia primordiale di tutto l’UomoPurusha. Quando possedevo un corpo, uno Sthulha Sharira, Lei m’iniettava la sua Droga

e la sua Droga Bianca direttamente con un fascio di elettroni nel Brahamarandhra; ora altera con queste capacità i PING della mia astratta coscienza, donandomi le beatifiche visioni, che certe volte chiamiamo “Scrittura dell’Eternità Dorata”… Lei è un agglomerato di sedici globi pulsanti, ognuno dei quali reca un simbolo archetipico. Anche ora, tuttavia,

Aldo Bertozzi, fotografia di Micol Montemezzo, 2016.

. Il nostro finanziatore, il potente magnate G.A.B., era scettico sulle finalità di questa missione. In fondo, l’Infinitesimale Novatrice è “Internazionale”, e noi abbiamo da un pezzo cessato di pensare in termini di territori. Miliardi e miliardi di anni luce per tornare all’inizio del tempo… Come, mi chiedi. Siamo in

, capisci? Non i nostri corpi. Quelli li abbiamo amati e olto tempo. I nostri supporti

, eliminando ogni frivolezza, su sistemi artificiali in grado di essere risvegliati da un computer centrale una volta giunti a destinazione.

soprannominato, per via della sua predilezione per i Buchi Bianchi) ha in memoria una mappa dei punti irripetibili e i loro

: Rue de la Vieille Lanterne, il cadavere i Nerval penzola da una grata, impiccato per le Configurazioni Occulte di tutto il

Rimbaud giunge a Parigi a piedi, portando nella tasca di un pastrano ormai Ecco Apollinaria Signa e, in un altro punto della

mappa, le coordinate della Messa in Moto della Ruota del Dharma davanti ai Cinque Asceti nel Parco delle Gazzelle. Entriamo nella favolosa Biblioteca di Alamut, chiedendoci quale dei nostri Agenti ha radicato nella mente del vecchio Hassan il Cuore della sua Dottrina

Ismailita. Tristan Tzara estrae parole a caso da un cappello; Brion Gysin ricompone i testi di strani tomi sforbiciando frasi, parole e lettere via dalle linee temporali; Crowley

l’ultima volta sferragliando verso il Portale Dimensionale alla fine del mondo… La mappatura di questo Campo Buddhico-Quantistico

ci ha seguiti: quando possedevo la tenevo incastonata in un onice nero; ora è libera e “elementificata” in tutta

Mulaprakriti, il substrato pulsante di energia primordiale di tutto l’Uomo-Universo, il iniettava la sua Droga

e la sua Droga Bianca direttamente con un fascio di elettroni nel Brahamarandhra; della mia astratta coscienza, donandomi le beatifiche

Eternità Dorata”… Lei è un agglomerato di sedici globi pulsanti, ognuno dei quali reca un simbolo archetipico. Anche ora, tuttavia,

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che sono lontano “dalle greggi e dalle gallinelle”, e molto distante e remoto e impazzito nello spazio e nel tempo, non posso rivelare la sequenza cromosomica del suo DNA astrale. Ricreative allucinazioni gratis: ecco i porti abbandonati, odoranti di desolazione, e le cave di pietra assolate, i tuguri e le fabbriche abbandonate, i forti sepolti nel roveto ardente del nostro carbonizzato pensiero, e tutti i luoghi che amai nella fanciullezza scellerata di cuori puri e malfamati. Visione nella Visione: sono sul pelo della battigia, solo – solo – solo – oltre la solitudine, e le onde cessano con un sospiro di non-intenzionalità; il mare è uno specchio piatto dal cui orizzonte d’eventi (quello sul quale attendono i Rivoluzionari) sorgono, fitte e lattiginose, le Nebbie. Ogni particella subatomica di quelle Brume è un universo, un in-stante, una visione e un’eternità in Bellezza. Oh! La Calma Assoluta dell’Essere Adamantino! Il suo metodo è proprio pura osservazione scientifica, leggendo da libri con le pagine trasparenti. Davanti all’Altare Cavo, Zosimo getta nella pura acqua dell’incavo i simboli senzienti, ognuno dei quali reca in sé un “completo frammento”, una ronzante chimera della Conoscenza Umana. Lo sguardo del Sacrificante è la Goccia che scava la pietra (ma contemporaneamente fa traboccare il vaso), il Bodhicitta di G.A.B. che solletica il Paradigma della Configurazione V.I.T.R.I.O.L. Ione e il tuo Intimo Santuario! Nessuna foglia caduta o granello di sabbia del Gange sarà ignaro del sangue che scorre nella tua Dimora Ctonia. Lo stagno sepolto nelle profondità del bosco, dove lievi lucibellule vibrano a tensione talmente bassa da poter essere registrate solo dallo S.Q.U.I.D. amatoriale di un lentigginoso ragazzino in un pomeriggio d’estate. Radure arse da soli spietati, coronate da circoli di pietre eretti dalla giovane allucinazione di mani callose tanto tempo fa… Il Canto della Roccia desunto dalla spigolosa venatura di segreti interrati, Padmasambhava cela i suoi Ter-ma, i Grandi Tesori Tantrici, nelle grotte inaccessibili del Paese delle Nevi. La pratica, filtrata in un occidente incerto tra il rombo dell’acciaio e la fragranza del pane angelico, finisce per creare le religioni di Mormon, di Eris, di Azerate e dei “Lunghi Colli”, i Giganti Anakim, così facili da portare verso il Lato Oscuro della Forza. Ora, viaggiando disincarnati e passando accanto a Domini Silenziosi come sale d’aspetto di stazioni ferroviarie di campagne, mi rendo conto che il Totale Essere di Calma, comparso all’inizio del Libro delle Nebbie, era il Grande Essere Adamantino, del cui Prisma dobbiamo essere la Luce. Mentre procediamo nella nostra missione, che è talmente alta e profonda negli intenti (comprendere se le INIE siano i primordiali protoni, elettroni, gluoni e bosoni del Cosmo, dopo l’originaria vibrazione dell’A-U-M), da apparire ridicola, sono consapevole di ciò che le Nebbie primeve sono e sono sempre state: polvere di diamante, del Primo Diamante, il Padre-Madre Diamante, la Gemma Archetipo di tutte le gemme. Qui ne abbiamo di tempo, per pensare. Lo stand-by delle nostre menti pregiudica soltanto il pensiero-tecnico, non quello astratto. Una polvere iridescente, le cui infinite sfaccettature contengono, in potenza e talvolta in azione, tutti gli universi puri, misti o impuri immaginabili, se ci fosse un organo atto a immaginarli. Quanto sono attive nella loro passività! Si fanno trasportare dalla materia oscura di questo buio universo, eppure, eppure… sono nello stesso tempo la causa del loro veicolo cosmico. Di che cosa mi stupisco? Gli uomini si fanno guidare da mezzi di cui loro stessi sono la causa e… stand-by. Questa è vera censura: poter pensare solo per astrazioni.

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In una vecchia vita non mi avrebbe procurato dispiacere. Quando si abbandona per sempre il proprio corpo, tuttavia, si può provare un desiderio molto intenso di concretezza, anche se soltanto virtuale. Non si poteva sfuggire a questo, nel mondo da cui proveniamo. Anche il più folle e maledetto visionario doveva alla fine piegarsi e guardare il fango sotto le proprie suole: la punizione per ogni trasgressione di questa ferrea (kaliyughica, in realtà: l’Età del Ferro è l’età della legge e dell’autorità) regola consisteva spesso nella fatale e irreversibile amputazione delle facoltà oniriche. Sì, non proveniamo da un mondo propriamente “idilliaco”… The Wild Blue Yonder: “Ci avevano comunicato buone informazioni su “Terra-Resort” (Lonely Universe Guide Books), ma una volta giunti dall’Ignoto Spazio Profondo e data un’occhiata al Grand Hotel dell’Homo Sapiens, la prima cosa che ci venne in mente di dire fu: vogliamo vedere subito il Direttore.” Alcuni residenti fissi sembravano quasi passabili: Charles Manson, Ted Kaczynski, Bill Burroughs, Paul Watson, Gabriele A. Bertozzi, il Barone Von Ungern-Sternberg… Tutti intrappolati però in un albergo con servizi igienici scadenti e, si sa, quando questo accade, la mer… cioè volevo dire il Guna Tamas tende a tracimare, e da sette miliardi di menti si riversa nelle strade, nei boschi e nei fiumi, sotto le montagne e nei mari, prendendo coscienza come in un film di Carpenter o di Irvin Yeaworth, coscienza della propria proteiforme volontà dominatrice, senza nemmeno la possibilità di sembrare originale o almeno il meno banale possibile. Se è possibile “tagliare le linee delle parole che compongono la fittizia identità di un individuo”, per scoprire che cosa si nasconda effettivamente dentro di lui, allora dovrebbe essere anche attuabile, una volta estrapolato “Il Vero Sé” di una persona, riassumerlo in un

unico, rapido e incisivo segno, il quale può essere conservato e utilizzato quando se ne presenta l’occasione. È un procedimento verbale e psicologico, nonché un atto di magia e, come tale, può essere facilmente pervertito al male, non diversamente, in fondo, dall’azione del Bokor Voodoo che imprigiona in un vaso l’anima della persona catturata, che è ora sotto il suo controllo psichico e può essere inviata a tormentare i sogni dei propri nemici. Ora, nel corso del nostro viaggio verso i PRIMORDIA, la cui lunghezza si è estesa nel tempo fino a eliminare il concetto stesso di durata, abbiamo incontrato spesso le cosiddette “creature composte di solo linguaggio”, squali memetici non molto dissimili dal Ludoviciano di Steven Hall, o semplici “Lupi Ipertestuali”; ma la coscienza dell’Agente M47 ci ha edotti, durante uno degli innumerevoli stand-by, sulle metodologie per affrontarli ed evitare che le informazioni raccolte dalla spedizione cadessero nelle loro fauci. Operavamo nel modo seguente: prima di tutto li catturavamo in una “gabbia grammaticale del tutto casuale” che li stordiva fino al punto da disorientarli completamente. Poi, tagliavamo le linee delle parole che li componevano (Burroughs), riposizionavamo i blocchi sintattici fino a scoprire un sintagma rivelatore della loro essenza, riassumevamo tale nucleo in un unico segno (Bertozzi), lo ri-coloravamo a nostro gusto (Rimbaud), e lo spedivamo in un Dominio (Barker) “purificato” in cui sarebbe stato finalmente innocuo e in cui, speravamo, la sua condotta si sarebbe mutata e volta a un rinnovato rispetto per l’universalità della vita, sradicandone l’egoità. Sono passati mille anni (sulla Terra) da quando nel nostro pianeta d’origine esistevano esclusivamente entità incarnate, ma ci siamo resi subito conto che tale metodo era facilmente applicabile agli uomini. Dicono che sia un’ottima tecnica pittorica, per eseguire

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ritratti animici, purché i colori rispecchino l’auspicata mutazione verso uno stato il più possibile sattvico: metodo terapeutico, magico, artistico, psicologico e alchemico. La settaria, arcontica suddivisione tra le branche della Conoscenza non ci riguarda: il nostro Transumanismo l’ha superata da secoli. È ovvio che, dentro un’entità senziente, possa rivelarsi una creatura vampirica e parassitaria, disgustosa a vedersi; questi sono però i rischi del mestiere, e se la prima volta che vedrete il vero Io del vostro più caro amico vomiterete, non date troppo peso all’intera faccenda. Proseguite con piglio scientifico: forse potrete fare ancora qualcosa per mutarne l’essenza e trasmutarla in qualcosa che abbia a che fare con la Bellezza. Ora, l’universo è la prima pagina stampata, la Prima Bibbia Gutenberg, e gli astri sono i volti che emergono da essa, le sue parole segrete e luminose, i silenti sintagmi che ne rivelano la sostanziale qualità. Oh, Signori! Se non avete scorto questo, non conoscete il sorprendente Kalachakra, la Ruota del Tempo. Noi ne abbiamo fatto conoscenza a miliardi di anni luce nei nostri cuori di Byte, dov’è collocata. La corretta traduzione del termine sanscrito è “Metodo della Secrezione (“Secret-Ion”, “Eone Segreto”) Floreale del Tempo” (Kalachakratantra), il cui riassunto iniziatico è: “Vieni con noi a Shambalha, abbiamo delle toilettes cosiiì pulite… Venite da noi e sarete ricombinati in plastificate coppiette Barbie-Big-Jim da mozzare il fiato (se ne avrete ancora). Il nostro indirizzo è facile da ricordare: Via Agarttha 666, New World Order Inc., Deserto del Gobi, sesto fossile di dinosauro a destra.” Il vero problema con le stelle è che non sai mai se ti stanno prendendo in giro o no: soltanto quando finiscono elio e idrogeno, e finalmente collassano, puoi essere assolutamente certo della loro identità. Ergo, un Buco Nero è l’INIA fondamentale di una Stella, e questo è mero sillogismo

aristotelico.

Castel Pietra

Passo Cereda è avvolto nel silenzio, perché la notte ha cessato le sue cantilene, i suoi interminabili mantra di deboli, fatue luminescenze… Qualche centinaio di metri più in basso, la Rocca di Castel Pietra sogna, come il defunto Cthulhu, un lungo, secolare delirio di morte. Nell’aria, un naso particolarmente dotato, un organo olfattivo alla Jean Baptiste Grenouille, un “naso animico”, potrebbe riuscire a cogliere un lontanissimo odore di sangue rappreso ed erbe bruciacchiate… Questo miscuglio è il profumo della Musica del Diavolo, di Euterpe divenuta infine Ecate al crocicchio di esistenze narrate in un Libro dalle lettere dorate secoli e secoli fa. Chiazze di antico vino su pietre immote, occhi arrossati dal fumo

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d’un fuoco di bivacco ormai quasi estinto fuori da quei cuori nel tempo, spietata dimensione che una complessa ragnatela di riti mirava a distogliere dal suo intento. Passo qui di notte, pellegrino d’anime, spiato da sussurri di Colchico destinati a tingere un malvo autunno; vengo qua da Venezia, da Delfi, da uno sparuto boschetto alle pendici del Parnaso, da Londra, da Parigi, da Budapest; convergo qui per un singolo istante dai templi pagani alla Prima Cataratta, dai sotterranei della Grande Piramide, dove piango gli schiavi e l’orrida pratica sacerdotale di imprigionare a vita coloro che non hanno superato l’Ultima Prova, la Lussuria della Bestia; canto qui le notti di Farsaglia e della Tessaglia, ricordando il suono occulto di un ruscello sprofondato nei boschi della mia infanzia, da Amburgo dopo aver sferragliato lungo la Foresta Nera, dalle luci dei canali di Amsterdam che l’LSD rendeva senzienti, laggiù in un’epoca di ragazzi e ragazze, giungo; e solo per partire perché in viaggio siamo, sempre e soltanto in viaggio. Una ragazza passeggia lungo la spiaggia, in una notte di luna piena… Per uno strano fenomeno la sabbia, quando è toccata o sottoposta a pressione, diventa fosforescente, e così alla fine lei viene inghiottita dal buio nella sua forma, ma i suoi passi continuano a emettere una debole e pallida luminescenza nelle tenebre… In un altro punto le coordinate x-y-z improvvisamente partoriscono la 4^ - T – Dimensione, e un lungo sommesso gemito si leva da una figura dormiente, fino a quando torna al primigenio punto d’incontro. Questi sono dunque i Geroglifici di Silenzio, caro professore, luoghi e tempi che escono dai sogni attraverso i Cancelli di Cristallo perché qualcuno, dotato di rabdomantica abilità, possa scorgere la sorgente di queste opere, una fermata notturna lungo la Mulholland Drive, bussare a una porta antica in un deserto campiello veneziano, un edificio diroccato dove le schede di defunti malati di mente giacciono sparpagliate e dimenticate, il segno nascosto sotto il quadro abbandonato in una soffitta, finestra scardinata e vento di foglie secche e sabbia di mare e polvere e pollini dentro da un litorale lontano, dove nessuno più si avventura, dove gli Hotel e i ristoranti sanno che il loro ultimo cliente è il silenzio.

Max Ernst, The Dark Gods, 1957

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Un giorno impareremo a ricordare i loro nomi, è fors’anche ciò che fummo per quelle immagini ormai divenute ricordi, per quelle memorie lasciate da un remoto osservatore, notti d’incontri e idee di notti, una figura insondabile come la civetta di Herri met de Bles, un demonio senz’intenzioni, onnipresente nel sorriso di ragazza senza pensieri sotto rossa chioma in pomeriggi affaccendati. Quella civetta scriverà per sempre i nostri ricordi (l’abbiamo sempre vista scrivere), e non ci accorgeremo della sua presenza né quando, con un silente battito d’ali, si poserà sui rami di un altro quadro, e soltanto l’attento osservatore vedrà nei suoi occhi spalancati gli occhi degli Dei Oscuri di Max Ernst, e soltanto un fine musicante coglierà lo stridente ossimoro che bercia continuamente nel suo spettrale silenzio, raccapricciante come la voce di Britney Spears alle orecchie di un Fedele aduso al canto sacro del muezzin. Ve ne accorgerete: l’Arte deve essere spietata. Un colpo di coltello su tela immacolata o un solo, semplice segno che contiene in sé tutto l’universo. Questo è uno dei motivi per cui siamo qui: parafrasando il Grande Maledetto, “Altri cominceranno dagli orizzonti che noi abbiamo violato…” Se fossimo un teratoma nei confronti dell’universo, allora le parole del Bardo sarebbero veramente spietate (e davvero immortali): “Anche la più crudele delle bestie

possiede una briciola di pietà. Io non ne ho alcuna, e dunque non sono una bestia.” E il Conte di Lautreamont: “E’ giunto finalmente il tempo in cui io fui un maiale.” Cioè: in una passata incarnazione fui la Grande Madre, e gli Ebrei non mi mangiarono mai perché io ero

la Terra.

La musica che si suona per Azathoth (una ninna-nanna di morte, in verità; come nel romanzo di Palahniuk) sono i Flauti di Pan di Joujouka, il suono irripetibile e casuale di montagne spoglie percorse da beduini senza nome e senza età, è il vento tra i granelli di sabbia, il fruscio sinistro della vipera, un incantesimo di dissoluzione dimenticato in una giara a Nag-Hammadi, carta velina che copre pagine in foglia d’oro, odore di cuoio di vecchia logora copertina, castelli nelle nuvole sopra il deserto spazzato da grigia barba di nomade. Non ci stancheremo mai di ripetere: chiunque sogni o abbia mai sognato, si trova QUI, appeso in Via della Vecchia Lanterna. Poiché, infatti, il sogno è la morte della vita logica e consequenziale, la musica d’infiniti Elohim ci ha condotto in questa intersezione, a sciamare come locuste sull’intero campo dello scibile, musica come morte del silenzio, ordine divino come musica della vita di veglia, e veglia nel sogno come irripetibile attimo nello schiudersi della Configurazione Occulta. Il significato della “Stagione” è: la Bellezza ritorna sempre e mai eguale; dopo ogni diluvio, dopo ogni ecpirosi arriva un’apocatastasi nella Novità Assoluta & Relativa. Oh! Il piccolo caporale spocchioso, il cui unico scopo nell’esistenza universale è divorare e uccidere i sogni! Potete scorgerlo, chiuso nella sua latrina fredda e maleodorante a rimuginare, mugugnare e digrignare i denti e sputare bile sull’intelligenza e sulla bellezza… Noi sciameremo dai nostri punti di connessione, volo di streghe stridule dal Blocksberg, divoreremo la sua carcassa per far polvere delle sue ossa, incisivi e netti come lametta da barba sotto la lingua di un assassino recidivo! Anime della Grande Diarrea, l’unica cosa che temono è una proteiforme Signora in cui, talvolta, possano vedersi riflessi in tutta la loro banalità. Estrarremo l’Arte dalla Natura, per portare a compimento il sogno di Dürer, ed estrarremo la Natura dall’Arte per analizzare finalmente il Nucleo, la Molecola-Finale (bomba-primavera) – il medesimo tuono rossastro,

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rimbombo rugginoso oltre le nuvole gravide – che segue la nostra locomotiva d’eroi – la profetizzata Fine del Carnevale – intaccata da uno sguardo avido. Avidya, sanscrito per “ignoranza”… E tu, Vecchia Lanterna, noti l’assonanza? L’unica avidità che accettiamo è quella di Faust, l’eternamente affamato.

Ricordo quando fummo convocati d’urgenza dal Grande Faraone. Cinque Scribi, i migliori, i più dotati, quelli che conoscevano i geroglifici segreti, mai tramandati perché cancellati una volta conclusi, come mandala di sabbia. Mi rendo conto, con un brivido nell’intera estensione del mio Sutratma, che Colui che scelse me per cercare la Pagina Bianca (il nome in codice dell’Occulta Dottrina) è la stessa persona che migliaia di anni dopo ci avrebbe spedito in questa silente e solitaria navigazione, che a ogni piè sospinto è sempre in bilico sull’orizzonte degli eventi di un naufragio… Il Sutratma, il “Filo del Sé”, è il collegamento super-cosciente e trans-fisico tra le diverse incarnazioni di una Monade Animica. E sappiamo bene che ogni singola esistenza dovrebbe essere dedicata, almeno in parte, allo studio di questo spettacolo itinerante, Teatro del Panico, Artaud, Jodorowsky e Bertozzi che tessono incessantemente, come le Parche, le autostrade e i binari delle vite… Eccoci dunque nella Sala Segreta (“Si accendano le Città nella Sera…”): questa è una stanza tecnica, un luogo d’interazione con il Controllo. Qui scopriamo il Vero Significato dei Tarocchi… Entriamo in cinque a cavallo di un gigantesco Ippopotamo addomesticato e sbuffante; il Sacerdote scompare nel Faraone (che lo assorbe con un sinistro suono di suzione) e restiamo solo noi Scribi, al cospetto dei Sacri Glifi. Sono assalito dalle allucinazioni, perché il mio intero codice genetico è stato elaborato e generato qui, in una filiforme successione di cromosomi spirituali. “Oh, non è la Dimensione schiusa dall’apertura della Configurazione Occulta, ma potrebbe diventarlo se…” – mi dico – mentre in un altro tempo, in un’altra vita, Fratello Enrico il Sacrificatore alza una mano aperta insanguinata dicendo con un mezzo sorriso: “Solo cinque sono le punte del Pentacolo…” Vedo l’esilio, la migrazione e la distanza di molti Fratelli, artisti, musici girovaghi e dervisci, tremendi Sadhu dediti a pratiche innominabili, comunità patafisiche ancora da creare, nascite e miscugli di nuove razze… Giungerà forse una mia incarnazione

riassuntiva, in cui stenderò il Rapporto Centrale, diverrò (mi sembra di scorgere) la mia stessa INIA, un risolutivo segno nella contrazione spazio-temporale di un preciso punto non predeterminato dalla Costante dell’Universo. L’Ippopotamo si trasforma in una Donna che incarna tutta la Sacra Lascivia del Cosmo (credete che un Quasar non sia lascivo?): sono due e sono una, bionda e mora, la stessa, la

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duplicazione e l’Unità. Tuttavia, siamo pronti a non cedere: non ci hanno scelto del tutto casualmente. “Dacci la Molecola” – le ordiniamo, e quando Lei elargisce i Cristalli noi li polverizziamo e li inaliamo subito, con lugubre voracità. Taurt, la Madre del Tarocco, scompare come Woland sui merli del Cremlino: i Glifi cominciano ad attivarsi, pistoni d’immagine, ogni scena si mette in moto per dirigere un preciso aspetto della Realtà Manifestata. Il significato del Tarocco è: tutto, fuorché la sempiterna, archetipica immobilità. Questa è mutazione, questa è decisione e, soprattutto, la “Grande Intesa”, il Patto Occulto e i mezzi per attuarlo su scala universale. Il Tarocco è Foto-INI-Grafia ricombinata di filmato registrato e ricombinato… Ad

libitum… Fino a quando compare sulla scena un pigro e sciatto individuo che fissa per sempre su una superficie bidimensionale ciò che non si sarebbe mai dovuto fermare… E si giustifica così: “Ah! Ma io volevo soltanto testare l’immaginazione del mio pubblico… E’ovvio che l’immagine è un condizionamento limitante. La vostra parola non lo è altrettanto?” Se ne ho conosciuti di automi simili… Il mormorio di un lontano “me-nel-tempo” e un’allucinazione uditiva della Molecola: la “Visione Blake” di Ginsberg non era altro che questo. L’udire la Voce attraverso il tempo, un monito retroattivo. Lo Scriba SETNI capisce subito cosa si deve fare: viene chiamato Agente M47 proprio per questo. Si mette in Padmasana e, l’indice e il pollice tesi, tocca il pavimento della Sala Segreta con il primo, assumendo la Testimonianza della Terra. Il “rapporto” della Terra. Con lo stesso gesto (“Mudra”) della mano sinistra indica la volta della stanza, archiviando il Rapporto del Cielo. Noi quattro seguiamo i suoi Mudra come in trance, osservando le linee delle sue dita che si avvicinano a formare un quadrato, il Numero Quattro e il Numero Sette, i cui tratti aggiuntivi verticali e orizzontali si uniscono a creare l’inizio di un altro quadrato che dona tridimensionalità alla Configurazione. Vediamo ora l’Invisibile Cubo disegnato nel Nulla… La trasparenza delle sue facce e dei suoi lati ci permette di scorgere finalmente il Lato

Inesistente, la Porta Nascosta, una mera illusione di sovrapposizione, un cancello che diviene gorgo, risucchiando noi e tutto ciò che ci circonda, scompariamo nella Dimensione

Occulta grazie all’illusione delle altre dimensioni… “Nulla è Vero. Tutto è Permesso” – gracchia il Vecchio. Chi è? Hassan Ibn Sabbah, Brion Gysin, Gabriele Bertozzi? I volti si sovrappongono, confondendosi nello sfondo dell’affresco dipinto da con-dividui dalle mille identità… Ci chiamano i Senza Speranza, gli SS, nel nostro viaggio (senza ritorno?). La perdita di ogni speranza è la Libertà Assoluta. E che cos’è la speranza? La speranza è il corpo. La speranza è il nome. La speranza è l’idea. La speranza è il tempo apologeta di se stesso. Tutti questi Eroi hanno sfidato l’essenza stessa dell’Illusione arrivando a compiere il Sacrificio Finale: la Perdita. Non la perdita “di qualche cosa”, capisci? La Perdita Assoluta, il remoto distacco dal Vuoto stesso: il Processo Terminale. Che cosa ottennero gli uomini e i loro gemelli venusiani con le loro caroselliformi entità di giudizio? Merce, immagine, parola, piramidi di menzogne rese allettanti dal patetico ottimismo che la biologia stessa dell’uomo inserisce come tratto caratteristico. Passiamo accanto a un pianeta gelato, sferzato da venti tossici, perso, solo e senza nome. Zarathustra siede lì, sulla più alta montagna innevata, respirando ammoniaca ed espellendo

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cianuro di potassio a monito per chiunque tenterà ancora di accostarsi alla sua Saggezza. Il suo Santo Angelo Guardiano è ZOS, il cinico distruttore di sigilli e speranze. Mai e poi mai (se “mai” potesse accadere) un’entità senziente, incatenata in un supporto carneo, oserebbe avvicinarsi a questo pianeta. Tradendo la tradizione della nostra Arca (oh, non vorreste mai sapere quali semi portiamo nel vento!) doniamo, di sfuggita, per gioco, un nome a questa terra. La chiamiamo “Bellezza”, e proseguiamo questa navigazione, inviando a intervalli più o meno regolari messaggi cifrati per il Grande Faraone.

René Descartes, Funzionamento della Ghiandola Pineale.

Abbiamo oltrepassato la Linea Gialla. Les jeux sont faits. Non si può più tornare indietro. È l’ora del Tchöd, l’ora della tromba d’osso, della campana e del fulmine; dell’Alchimia-Zero e della Mezzanotte Assoluta. Mandiamo un ultimo messaggio radio a galleggiare nel vuoto cosmico per l’eternità: “Oltrepassate la Linea

Gialla.” Dovete farlo, perché non esiste alternativa: troppo lungo, troppo costoso il viaggio di ritorno verso un’inferiore incarnazione della nostra specie. Vedete? Alle nostre spalle, a qualche milione di anni luce da noi (la nostra casa è un caos di lava e fumi tossici, qualcuno non ha staccato tutte le prese), gli Uomini-INIA, questi puri concentrati di percezione globale, hanno già cominciato a gettare le basi del Sogno e dell’Arte. Altri cominceranno da dove loro si dissolveranno, edificando più o meno intelligentemente. Oltrepassate la Linea Gialla. Aldilà c’è un Nome che dovete beffare: la Paura. L’orizzonte degli eventi è un binario di una ferrovia deserta di frontiera. Un binario che non è rettilineo, ma ricorsivamente pentadimensionale. Come noi cinque. Gli Asceti, gli Scribi, i Viandanti. Un’immagine abbastanza veridica della Linea Gialla è una palla di scolopendre, formicolante e cingolata di dure cornee zampette e antenne e fauci, perennemente segmentate, che si rincorrono, entrano ed escono e si divorano oscenamente, senza mai perdere la sferica forma originaria. E’ dunque questa la Dimora del Limite Estremo, la Resurrezione dei Morti tangente al cannibalesco banchetto finale: “Oh Castello, Morta Stagione: è giunta infine l’ora del

Formicaleone.” Voci di antenati ancora da nascere e concepire ci risuonano nelle virtuali orecchie; le fotiche scene dei nostri corpi sono caos, deformate dall’aberrazione dell’ultima

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corrispondenza, l’esistenza assoluta e globale, non concepibile in alcun luogo a parte questo. Un libro di spietata poesia, come il Corano, o l’immediata appercezione dell’ineluttabilità della gravità e del tempo. Non penso che abbiamo fallito: in fondo, non soltanto abbiamo (in qualche rocambolesco modo) portato a termine la missione che il Faraone, ops!, il professore, ci aveva affidato; abbiamo anche compreso il significato delle parole con cui il Corvo ossessionò il Grande Ossesso. “MAI PIU’!” – cioè, una sola volta in tutta l’eternità. “In tutta l’eternità?” – vi chiedete… “Oddio, se è eterno, allora è anche eternamente riproducibile, no? Perché lo stampo può essere riutilizzato…” In condizioni normali, avreste ragione. Ma non qui. Qui la ragione perisce e non ritorna, questo è il limite estremo di quanto l’universo può essere. Il Corvo da nero diventa verde, poi giallo, poi rosso e… l’Operazione del Sole, della Molecola del Sole, si compie. Il “destino”, che qualcuno chiamò “Equinozio degli Dei”, è qui, e come astronauti, abbiamo il dovere di vedere e di registrare: il nastro che invieremo sarà vuoto, e noi stessi non torneremo, ma che cosa implica tutto ciò? Che in quel vuoto-la-cosa-non-ripetibile esistono tutte le risposte che ci avete chiesto. Oltrepassa-Ora-La-Linea-Gialla. È il confine delle vostre menti, dei primevi serial killers, il cui compito è attuare la separazione. Queste sono le parole di Al Khidr: “Questa è la

separazione.” Scavalca il cerchio di fuoco e la poesia sarà pittura, la scultura sarà musica, e il perpetuo flusso delle immagini condurrà il vostro ardito legno alla Fine del Fiume: Diecimila Dei Oscuri s’inchinano alla presenza degli Arditi del Fiume. La nostra ingegnosa applicazione si chiude con un’enorme medusa piaggiata, che si liquefa lentamente al sole primaverile di un litorale deserto in un tempo di squillo di campanella, bicicletta lontana, pallida giovane sola nerovestita, profumi di Ganja e Kif, odore di semplice allucinazione, blando ozioso stupore che langue di desiderio non corrisposto perché irreale… La Linea Gialla ci salverà dall’eterno ripetersi: la Stanza si riempie di oggetti meravigliosi e privi di utilizzo pratico, congegni alla Munari, giocattoli adattati alla coscienza ricreativa di esseri ignoti, allegorie patafisiche di epoche anarcopaleotaoisticamente fatte di ozio, gioco e sussistenza di sole, clorofilla, acque di sorgente e nuvole… Quegli esseri, ah! Quegli esseri… Ora che le INIE compiano il loro dovere. Tutto il rimanente è libero arbitrio del Principio Antropico in tutto il Cosmo. L’Operazione di Vanificazione dell’Ordine Nuovo si auto-esaudisce nel pianto alieno di aborto in stile Eraserhead ed è proprio lì, nella “mente che cancella”, ad attuarsi, nel complesso meccanismo della Macchina Macrocosmica. Uno zoccolo tra gli ingranaggi, e la produzione s’interrompe. Sciopero. Per cancellare la parola, dobbiamo spezzare lo stilo: questa è l’applicazione del “paradosso del nonno” a tutti noi. Thoth è il nonno di tutti gli scrittori e i poeti (per chi si chiedesse chi è il padre, ovviamente è Osiride, un dio morto e smembrato, così come la Parola è deformata e frammentata, senza un pulsante gelatinoso grumo di DMT ad animarne la Grande Fotografia), quindi, ad insaputa del Faraone, ne trovammo la mummia e… forse non vorreste sapere cosa facemmo con essa. Il risultato: gli Uomini-Resi-Perfetti sono parte della Natura, ogni barriera simbolica e fonetica è abbattuta. Solo un uomo sa, ma è solo, sgrana un rosario di teschi in un’infinita cava di pietra, sole spietato, avvoltoi in lento circolo alti nel cielo, ogni grano (lui sa) è

un’opera mai scritta, un’idea mai imprigionata nella carta. Sei in minoranza, amico mio, e ti devi adattare: se può alleviare ilMale, dell’ombra e della luce, ti era dovuta. È sempre stata tua, ora rechi il fardello di tutte le parole del mondo affinché gli altri uomini possano esseri liberi. La Via del Bodhisattva del Silenzio è irta di ostacoli e di velenosi grafemi. Noi veniamo da un’epoca di antropocrazia

conquista dello spazio sembrava ben poca cosa rispetto alla soppressione dell’antagonismo nel pianeta di partenza. Noi giungiamo dall’era dei mostri, i tiranni, i demoni dello swastika polare, gli albini, i mutanti del Diluvio e della caduta di Babilonia; non era previsto alcun dissenso, alcuna dissidenza all’ordine costituito. E l’ordine è: la ragione risiede nella forza enell’intelligenza, schiacceremo il mite Moriori con il feroce Maori e poi ci disferemo di quest’ultimo con fucile e baionetta.Dubito che saremo biasimati per aver tentato l’atto palafitte, tutto il villaggio piomsei sul punto di chiederti: “Che cosa effettivamente è l’domandati “Chi sono io?” - Noi veniamo da quepossiamo porre un’infinita domanda, il cui nucleo essenziale è sempre il medesimo: “potuto succedere?” – “In che modo siamo giunti soprattutto: “Chi ci ha guadagnato?”

Gabriele

Vi hanno ingannato: non esiste alcuna “Soglia” qui.Siamo giunti all’incertezza deificata, brancolante acerbo germoglio mutante sulle ali d’un’elicoidale, disgiunta catena. Il famoso gioco di parole politicoil Signore della Soglia, e Baal all’inconscia pulsione verso l’entropia di ogni sistema, esseri biologici inclusi.Qui, “nell’infinito spazio e nelle infinite stelle aldilà di esso

giunge a una “possibile soglia”, ci si ritrova davanti all’ennesimo gioco di prestigio: la porta, i cardini, la maniglia… sono solo sciami d’insetti che, una volta sfiorati,disperdono, lasciandoci nuovamente davanti a noi stessi… con un pugno di mosche.Proprio come nel racconto del Sufi ‘Attar, che lessi da qualche parte, chissà, in qualche tempo, in una qualsiasi sfaccettatura di questo prisma. E in fondo è sempre lo stesso,

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un’opera mai scritta, un’idea mai imprigionata nella carta. Sei in minoranza, amico mio, e ti devi adattare: se può alleviare il tuo dolore, sappi che questa conoscenza del Bene e del Male, dell’ombra e della luce, ti era dovuta. È sempre stata tua, ora rechi il fardello di tutte le parole del mondo affinché gli altri uomini possano esseri liberi. La Via del Bodhisattva

o è irta di ostacoli e di velenosi grafemi.

antropocrazia, un’età di malsano specismo egoistico, in cui la dello spazio sembrava ben poca cosa rispetto alla soppressione dell’antagonismo

iungiamo dall’era dei mostri, i tiranni, i demoni dello swastika polare, gli albini, i mutanti del Diluvio e della caduta di Babilonia; non era previsto alcun dissenso, alcuna dissidenza all’ordine costituito. E l’ordine è: la ragione risiede nella forza enell’intelligenza, schiacceremo il mite Moriori con il feroce Maori e poi ci disferemo di quest’ultimo con fucile e baionetta. Dubito che saremo biasimati per aver tentato l’atto DADA. Come ratti rosicchianti le

mba nella laguna infestata di denti aguzzi sei sul punto di chiederti: “Che cosa effettivamente è l’inferno?” – fermati per un istante e

Noi veniamo da quel punto e, poiché non ci siamo dati risposta, domanda, il cui nucleo essenziale è sempre il medesimo: “

“In che modo siamo giunti a un tale abisso di degenerazione?” soprattutto: “Chi ci ha guadagnato?”

Gabriele - Aldo Bertozzi, La Porta Magica.

non esiste alcuna “Soglia” qui. Siamo giunti all’incertezza deificata, brancolante acerbo germoglio mutante sulle ali d’un’elicoidale, disgiunta catena. Il famoso gioco di parole politico-religioso Baal il Signore della Soglia, e Baal – Zaebub, il Signore “delle Mosche” è in realtà dovuto all’inconscia pulsione verso l’entropia di ogni sistema, esseri biologici inclusi.

nell’infinito spazio e nelle infinite stelle aldilà di esso”, ci accorgiamo che, ogni qual volta si soglia”, ci si ritrova davanti all’ennesimo gioco di prestigio: la

porta, i cardini, la maniglia… sono solo sciami d’insetti che, una volta sfiorati,disperdono, lasciandoci nuovamente davanti a noi stessi… con un pugno di mosche.

onto del Sufi ‘Attar, che lessi da qualche parte, chissà, in qualche tempo, in una qualsiasi sfaccettatura di questo prisma. E in fondo è sempre lo stesso,

un’opera mai scritta, un’idea mai imprigionata nella carta. Sei in minoranza, amico mio, e ti tuo dolore, sappi che questa conoscenza del Bene e del

Male, dell’ombra e della luce, ti era dovuta. È sempre stata tua, ora rechi il fardello di tutte le parole del mondo affinché gli altri uomini possano esseri liberi. La Via del Bodhisattva

, un’età di malsano specismo egoistico, in cui la dello spazio sembrava ben poca cosa rispetto alla soppressione dell’antagonismo

iungiamo dall’era dei mostri, i tiranni, i demoni dello swastika polare, gli albini, i mutanti del Diluvio e della caduta di Babilonia; non era previsto alcun dissenso, alcuna dissidenza all’ordine costituito. E l’ordine è: la ragione risiede nella forza e nell’intelligenza, schiacceremo il mite Moriori con il feroce Maori e poi ci disferemo di

. Come ratti rosicchianti le infestata di denti aguzzi e affamati. Quando

fermati per un istante e l punto e, poiché non ci siamo dati risposta,

domanda, il cui nucleo essenziale è sempre il medesimo: “Com’è un tale abisso di degenerazione?” – E,

Siamo giunti all’incertezza deificata, brancolante acerbo germoglio mutante sulle ali religioso Baal – Zaebul,

l Signore “delle Mosche” è in realtà dovuto all’inconscia pulsione verso l’entropia di ogni sistema, esseri biologici inclusi.

”, ci accorgiamo che, ogni qual volta si soglia”, ci si ritrova davanti all’ennesimo gioco di prestigio: la

porta, i cardini, la maniglia… sono solo sciami d’insetti che, una volta sfiorati, si disperdono, lasciandoci nuovamente davanti a noi stessi… con un pugno di mosche.

onto del Sufi ‘Attar, che lessi da qualche parte, chissà, in qualche tempo, in una qualsiasi sfaccettatura di questo prisma. E in fondo è sempre lo stesso,

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ridicolo e geniale gioco di parole: trenta uccelli (persiano: Si – Morgh) dopo un viaggio infarcito di dottissime novelle (come questo), giungono davanti al loro signore, il Simorgh, la Fenice. E, com’era presumibile, vengono annientati: quando guardi in uno specchio e vedi il tuo volto (per la prima volta), muori nell’apoteosi di Te. Tuttavia, il volto nello specchio si girerà, alzerà i tacchi e ricomincerà lo stesso viaggio! Proprio come in un quadro di Magritte. E questa, professore, cioè no, “Faraone”, è proprio l’INInterrotta Creazione.

“Ogni stagione, ogni stagione Sono legione, sono legione

In ogni stagione, in ogni stagione Ciascun pellegrino della sfera Netzach

Sarà sul punto di fare l’ultimo “Crack”.” Non si spezza solo un sigillo su morta pergamena donata a onde del Mar Morto secoli fa guardando l’orizzonte… Il contesto di quella pergamena è “Homo Alalus”. Il segreto della Telepatia e della fuga dal Controllo, la migrazione dal Tempo allo Spazio, dalla parola all’immagine all’INIA alla tela bianca alla sala vuota. Il Signore delle Vuote Sale esige il suo obolo, io non proverei a contrariarlo. Alcuni si fanno domande sui nostri corpi: bé, sono santi, o almeno lo erano; tuttavia, poiché eravamo grandi iconoclasti, non facemmo che insozzare quei templi per renderli ancor più miracolosi. Ora, quando incontriamo una forma di vita anche solo vagamente senziente, possediamo un apparecchio in grado di donarci un supporto corporeo fotico. È una semplice variazione della famosa Dreamachine di Gysin/Sommerville: un cilindro rotante perforato che emette fasci luminosi intermittenti in grado di attivare le frequenze alpha del cervello, riprodotte ora naturalmente in un circuito sinaptico artificiale. Grazie alla Molecola e a una melodia di flauto misteriosa (solo G.A.B. conosce la vera partitura), i nostri modelli sinaptici possono elaborare di riflesso una debole luminescenza che ripropone molte scene delle nostre vite precedenti, senza continuità o alta definizione, ma decisamente toccanti, a meno che non s’incontri una delegazione d’insetti mutaforma alieni senza sentimenti, pietà o rimorsi. Insomma: “La Poesia? Bah! Roba da mammiferi…” Una scena: gli Urbex (Urban Explorers), entrano in una stanza vuota, intonaco a pezzi, vetri rotti, nessun odore umano o animale lì; cominciano a fare le loro foto-ricordo e poi improvvisamente fanno un salto di terrore vedendo la figura uscire dall’unico angolo in ombra. “Vi ho convocati qui senza che voi ne foste a conoscenza, ” - uomo – ombra – uomo – ombra – falena – ombra – uomo – ombra – uomo… Flash di luce, polvere che cade in una soffitta lontana… “Attraverso una neuro-interferenza, ” – continua, perché il sogno non finisce con il sonno profondo… “Tutte le vite e tutte le morti, i sorrisi e i pianti dell’universo sono concentrati qui. Ed ora voi viaggerete con me…” “Il Signore della Soglia non lascia spazio a discussioni, a quanto pare.” Certe volte è meglio così: questi piccoli idilli, queste scene sforbiciate via dalle nostre vite, acquerelli sfumati e pensosi di pomeriggi in penombra, vaghi ed enigmatici giochi nei prati, al riparo delle fronde, o presso i giunchi di un pacifico stagno, non potrebbero non esistere.

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Significherebbe creare un’occlusione nel manto splendente dell’Akasha, dell’Etere onnipervadente. Chiediamo perdono: ma come Puk non lo desideriamo veramente, è soltanto l’ultima beffa che giunge dall’Ignoto Spazio Profondo. Forse alla fine di questa cavalcata sabbatica riprenderemo le nostre lugubri forme, incontreremo Ponzio Pilato e la sua emicrania in cima alla Montagna Qaf, avveleneremo il Maestro e la sua paredra Margherita con le lettere dei nostri nomi dimenticati, disciolte in una coppa di vino Falerno. Siamo un documento non firmato, non siglato, senza alcun timbro o intestazione: il nostro valore risiede soltanto nel contenuto e, in minor misura, nella forma. Non sembra importante donare un’identità all’autore o agli autori di questa prosopopea: chiamateci Luther Blissett, Christian Rosenkreutz… o non chiamateci per nulla. Ricordo che, quando fu pubblicato “Imajica”, vagavo d’estate per boschi e spiagge, mantenendo una riservata attitudine al silenzio e all’esicasmo, mentre dentro vivevo già come se le dogane con le Dimensioni Parallele fossero già abbattute e il Multiverso fosse lì, proprio in ogni bruma mattutina e in ogni canto notturno (Al Azif), immaginando me e altri intenti a fornire all’umanità una “girandola magica” senza precedenti. In un futuro non ancora intuito dal creatore dei Cenobiti, io proponevo il testo alle accademie di tutti i Domini che visitavo, notte e giorno, senza sapere che vent’anni più tardi avrei compiuto realmente quei viaggi. E, prima di sperimentare le droghe fisiche, ero già un navigato consumatore di quelle astrali. Tutto questo lo so perché lo sa la Molecola: la Molecola, dal canto suo, ne è a conoscenza perché io ho aperto lo Scrigno che la contiene. Credo che i “Mai-Vissuti”, i demoni del mio primo racconto, fossero le proiezioni di quel Tamas che non avevo ancora accumulato: come un onesto commerciante indiano che sappia già, almeno inconsciamente, che diverrà un Aghori divoratore di cervelli di cadaveri malamente cremati in uno smashan di Varanasi. Il senso di un “Futuro-Passato” è la Cosa, la Zona, la Molecola, la Confluenza tra i Due Mari. La stanza atemporale dove il tempo non scorre; tuttavia, dato che tutto il Tempo è concentrato in quel punto, compresso spazialmente dalle forze gravitazionali provenienti dalla singolarità, ogni in-stante mai esistito può essere influenzato da un ipotetico Operatore che maneggi gli ingranaggi nel Cuore della Macchina. In un periodo parallelamente fervido, scoprii che qualcuno aveva sezionato l’Arte (e quindi l’universo) analizzandone i mattoni fondamentali come occulte cellule di un super-organismo preternaturale. Con il loro potere drasticamente riassuntivo, intuivo che le INIE potessero essere gli atomi stessi della Creazione Artistica, dotate nonché del potere di assorbimento tipico delle singolarità primordiali; considerando che la prima, originaria opera d’arte fu la Grande Poiesi del Logos, che espresse con un “suono luminoso” il suo atto cosmico, comprendevo che la realtà era stata psichedelica fin dall’inizio del tempo, e che queste cellule ne rappresentassero le porte d’accesso. Soltanto ora, che tutti gli amori e i versi e le notti, che ogni plenilunio e ogni incenso, tutte le visioni e tutti i vagabondaggi sono cessati, riesco a scorgere un barlume di verità cosciente in tutto questo. Arupici e anamici, senza forma né nome, siamo semplicemente stati caricati su un sistema elementare che governa un veicolo spaziale reso oggettivo soltanto da una mera apparenza di realtà, un’elementare proiezione del nostro desiderio di

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arrivare “laddove nessuno è mai giunto”. E di non ritornare talmente annoiati al punto di non voler più stilare il nostro rapporto. Tutto il potere di questo universo risiede nella parola. Colui che la possiede, la maneggia, ne conosce i segreti, possiede tutto il potere dell’universo. Dunque chi può biasimare un cacciatore quando tara la mira del suo fucile, aggiusta la tensione del suo arco, affila la lama del suo coltello? Come le armi, le parole si rinnovano, devono tenersi al passo con i tempi, che cambiano assai velocemente. Esiste un “fotogramma” nascosto anche nella congiunzione più banale, nell’avverbio più comune: non siamo certo noi esploratori a sindacare le intenzioni del nostro mandante, G.A.B., per aver colto l’immagine dietro la parola, il suono dietro l’immagine, e il profumo e il sapore dietro il suono. La domanda che, sognando in ibernazione, ci poniamo spesso è la seguente: sapendo che è un Poeta, e quindi naturalmente intuizionale e non computazionale, non potrebbe semplicemente aver aperto gli Annali Akashici, data una rapida occhiata alle origini, e notato che le INIE erano già lì, come elementi fondanti del Grande e Segreto Spettacolo dell’Arte e dell’Universo? È questo il motivo per cui siamo in viaggio, continuo a ripetermi. Nell’“Effimero Panico” di Jodorowsky ritroviamo tutto il potenziale per rispondere a un quesito che nessuno ci ha sottoposto. Dobbiamo trasformare la Paura in Panico, l’effetto della Presenza di παν, per ritrovare la strada: l’improvvisa consapevolezza che, nel Tutto, ogni ente è vivo e pregno di significato. Se entrassimo nella Zona Occulta attraverso questa Forma-Dio ogni prodigio sarebbe concesso. Poiché in quel punto nullo, in cui tutte le vite, tutte le morti, tutto il tempo, tutto lo spazio sono contenuti, introdurremmo un Gravido Tutto attraverso il cui Panico potremmo muovere ogni filo, ogni anima, ogni universo e ogni dimensione ordinaria. C’è una “dorata sfera” in quella Stanza, che esaudisce ogni desiderio e ogni spirituale voluttà. PANPARADOX! Nel Nulla, il Tutto; nel Tutto, Noi. Il corollario apparirebbe sacrilego: panico tra le INIE. “Nous avons la foi au poison.” L’universo è una creazione artistica e questi ne sono i mattoni fondanti. Tuttavia, nulla è individuabile, escluso il Nulla, e in tutto si può penetrare, incluso il Nulla. Trasformeremo l’odioso veleno della radiazione logoica in squisite ambrosie pandimensionali, le INIE saranno rese massimamente entropiche, e vi sarà l’Innominabile Pace, piume bruciacchiate come mondi primordiali e rovine di regni distrutti. Il fonema e il “cinèma” sono degenerazioni delle entità bosoniche che nel Futuro-Ombra si chiameranno “INIE”; ciò non ci impedirà di penetrare in esse, introducendovi l’Hapax

Panicus che scuoterà la Primeva Psichedelia del Verbo. Something Strange Happened Here. Dove? Nel Cuore della Zona, alla Confluenza tra i Due Mari, nel Metamondo e all’interno della Configurazione Occulta 47. Che cosa è accaduto? La Desarcheometrizzazione. L’Assoluta Mezzanotte.

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Il Grande e Segreto Spettacolo. Soltanto Fluxus concepì l’Arte in modo altrettanto geniale, ma io dico: l’Arte precede l’Artista. E non perché è insita nella Natura. Perché è la causa della Natura. Rivelazione auto-determinante: dunque, Mefistofele era la Zona e Faust un semplice “Stalker”. “Nel mio Nulla, speri di trovare il Tutto.” Stand-by… ON! Forse non indagheremo sulle reali identità di Tarkovskij e Strugatsky: pensare a un pensoso Wolfgang che già scorre, nel flusso della sua veggenza in un “Passato-Futuro (altamente umbratile) ” la sua posteriore incarnazione come Rudolf Steiner ci appare come una mera banalità. I temi portanti (in nuce d’Abraxas): Cimatica & INInterrotta Creazione. Emetti il mantra OM sopra una superficie metallica e la polvere inevitabilmente andrà a disegnare il simbolo del Grande Demiurgo, il Logos che chiede allo specchio “Chi è il più sonoro del Reame?” Quello è anche il segno della terra, il suo legame con il fuoco e i Djiin. G.A.B. apprese chiaroveggentemente da alcuni gruppi sufici il concetto di INInterrotta Creazione, ed è sufficiente un crash da batteria per dimostrare una continuata strutturazione della materia. Un bel piatto sonoro (fredda è da servire la vendetta) e un po’ di polvere. Ovviamente, solo qualche ottuso decerebrato ha sostenuto in passato la “creazione fatta e

finita”, che è solo un vecchio dipinto ammuffito nella soffitta d’un rigattiere. No… E’ una “dinamica staticità” quella che si volle estrinsecare nelle cellule universali, dal punto di vista di un’opera d’arte in-finita nell’in-stante dell’azione. Tra i due mondi, quei Geni malevoli e sarcastici che (spesso) lavorano per noi: sono “parzialmente inumani” e quindi sovente invisibili alla Vibrazione, che si ritrae tzimtzumicamente verso le periferie del Cosmo, quindi ai Djiin piace vagabondare nei luoghi più pericolosi, come le rovine dei mondi primordiali (distrutti per un capriccio, senza subodorare che miliardi di anni dopo una specie particolare avrebbe considerato omicidio l’aborto), Edom, la Discarica di Gehinnom e Carcosa, in cerca di tesori e avventure. Anche se siamo “ON” adesso, non riusciamo a udire il loro ronzio, mentre sciamano a frotte intorno allo scafo, possiamo soltanto percepirne la presenza. Rabbi Luzzatto e Isaac Luria direbbero semplicemente che stiamo risalendo la “corrente di riflusso” degli tzimtzumim, l’effetto post-poietico della Divinità nel suo ritrarsi per lasciare spazio alla Sua Creazione. Per un attimo penso a un universo completamente invaso dalla Luce di Dio… Sarebbe il luogo più oscuro di tutto il Multiverso… Mentre ci avviciniamo silenti alle rovine dei mondi primevi abbiamo l’impressione di trovarci in un film di Harmony Korine: le costruzioni semidistrutte divengono gusci, larve di uomini primigeni ora svuotate di ogni umanità; tutto è corrotto, degenerato, decadente. Non ci sorprende che i Qliphoth abbiano scelto questo spazio come loro tempio d’elezione. Sintonizzarsi, sintetizzare: il Metodo. La Molecola si trova qui, possiamo sentirne l’aroma… porte aperte su giardini mediorientali, la folle, frenetica sinestesia della Kasbah, ghiacciai primordiali della Terra del Fuoco, i nostri Padri, quei pii e ottusi cannibali da cui discendiamo, mutazioni nel Deserto del Gobi, migrazioni ininterrotte e fughe da scenari apocalittici e da regni tirannici, mentre il cratere fumante lasciato dall’impatto meteorico diviene quello stesso lago da cui emergeranno i figli dei figli dei Profondi…

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“Riempimi con la tua Luce…” – sussurra la Stella Nera – “Sono così oscuuura…” E, nel “mentre”, perdiamo ogni grafema astrale, il computer di bordo ci libera nella Terra Desolata degli inizi. Sono passate centinaia d’anni da quando abbiamo scoperto che ogni galassia dell’universo ha un massiccio Buco Nero al suo centro, così come ogni uomo cela un vuoto segreto nel suo cuore; ora, mentre scendiamo lungo i pendii delle periferie estreme, vediamo ciò che il Corano chiama “Sidrah”, il Loto dell’Estremo Limite, una riflettente, cangiante dimensione, uno specchio ondulato e senziente quanto il pianeta Solaris, che potrebbe sembrarci il Confine Ultimo, se non fossimo stati edotti dal nostro stesso viaggio di miliardi di anni-luce su ciò che immergerci in quest’ultima laguna rappresenterebbe: un ingresso. È la singolarità primordiale che emette la Radiazione Prima, e debbono confrontarsi due oceani per ricreare il miracolo delle cellule primeve del Verbo, il suo vibrante Atto di Volontà: “Nel mio sogno, io mi sveglierò nella saggia lucidità riempiendo il Nuovo Mondo di Magia & Stupore.” Oh, quant’era vecchio, questo barbuto Antico dei Giorni! Saremo i tuoi alchimisti, ti doneremo nuovamente l’oro. Eccoci dunque ad emettere il nostro Bodhicitta, il nostro seme di luce, per autofecondarci: la superfetazione si espande, si liquefa in ellittico latte, nutrimento di noi, nostre Madri. Le nostre onde sono quiete, palpitanti di contenuta eccitazione, i due Titani sono faccia a faccia, ognuno potrebbe scatenare la sua procella, ecpirosi d’acqua e diluvio di fuoco, ma non accade. Consapevoli della rispettiva potenza, della rispettiva eleganza, ci sfioriamo. Dapprima con una leggera, fresca brezza; poi le Due Acque affondano l’una nell’altra, fondendosi nel Rinnovato Amore: l’Arte è tornata alla Vita, e reclama a gran voce i suoi primi Bardi, i Rishi, i primi Poeti.

Fotografia di Micol Montemezzo

Bulbi venati di disciolte particelle galleggiano nel mondo, il nostro ventre: al loro interno vediamo rosee uova scrotali sferiche, che contengono gli Uomini-INIA. Chi scriverà di noi dirà: “L’Operazione del Sole è compiuta.” Ognuno di questi esseri primordiali contiene in sé tutte le informazioni necessarie alla produzione di una dimensione: suoni, colori, sapori, il palpito di ogni cuore e di ogni intuizione, tutte le opere che saranno scritte o pensate sono in ognuno di questi Uomini-INIA, in questo tempo passato tornato a essere il presente di luce del Grande Domani. Tutti i mondi prodotti,

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immaginati o sognati da coloro che vedranno il nostro ritorno sono qui, in potenza, in essenza e sostanza, racchiusi in questi esseri ancestrali che sono, pur non essendo, che vivono, pur essendo la linfa della vita, che non possono non essere, perché sono la base dell’Arte dell’Esistenza. E, in quest’alba del Tutto, noi non possiamo tornare alle nostre misere, meschine individualità: siamo divenuti l’habitat universale degli Uomini-INIA; essi ci plasmeranno, ci scolpiranno in nuove stelle, nuove galassie, possiamo già vedere i primi pianeti negli occhi limpidi di ognuno di loro, le prime evoluzioni, i cicli cosmici. Se la nostra nave tornerà (non possiamo dire dove si trovi, né più né meno d’un mazzo di chiavi divenuto improvvisamente invisibile, e pur tuttavia all’interno della tasca del suo proprietario), forse il nostro computer di bordo potrebbe corroborare alcuni elementi del nostro rapporto: mentre le fasi evolutive dei primi uomini si sovrapponevano, e ai cicli Lemurici ed Atlantici erano contemporanei gli antichi pitecantropi, al centro di questa

spirale, ecco le prime comunità che avevano preso a modello gli Uomini-INIA del Neonato Universo. “Artisti”, li chiamiamo: cioè, uomini completi, uomini colore, uomini luce, suono, bellezza, forma senza nome. La loro realtà era semplicemente lo Specchio del loro

Cuore, e a loro s’ispirò Chuang-Tzu descrivendo il modo di vivere degli Antichi: nessuna barriera tra luce e ombra, nessun conflitto, nessun pensiero o congettura, nessuna interpretazione del mondo. Il “simbolo” non poteva esistere, poiché semplicemente non era necessario. Gli Uomini-INIA, le primordiali particelle subatomiche, o piuttosto pre-atomiche, vivranno per sempre nell’Ispirazione, nel Soffio Misericordioso della Realtà Magica: “La nostra

Pharsalia vivrà, e da nessuna epoca saremo condannati all’oblio.” Il segreto del nostro Ritorno risiede nel Tempo, nella sua natura: colui che penetrerà in questo Mistero di Morte & Vita stabilirà la nostra apocatastasi, la nostra Riconciliazione con l’Arte, il glorioso ritorno delle “Future Origini”, l’oscuro segreto della supersimmetria, l’ultima stringa quantificata dal Vuoto Cuore dell’Atomo. La sua Mente di Luce, il suo Bodhicitta, è la Molecola: l’Intimo Santuario del Loto dai Mille Petali. Nel galleggiamento semicosciente degli Uomini-INIA, in “noi”, riusciamo a percepirla, nella sua natura di cristallina, pura invisibilità: la Molecola che rende visibile la Novella, Occulta Dimensione degli Artisti, il “Noi reso Perfetto”, “IL-NON-LI’”, il fecondo palindromo che apre la Porta del Dissolto Ossimoro. I Logogrammi “di-là-da-venire” si tengono alla larga da quel centrale Bindu, una goccia di rovente, nutriente inimitabilità, un nucleo la cui circonferenza coincide con il punto d’incontro di tutti i sogni e i loro reificabili segreti. È la più fugace delle visioni: uno sprazzo di consapevolezza da ritrovare nel suo perpetuo smarrimento… Nel cielo notturno, le Faville hanno seguito pazientemente il nostro esempio. La Casa dimora quieta nel tenue bagliore del Sé, un focolare al quale qualcuno si sta scaldando, dopo una notte di folli peregrinazioni. Poi, con incalcolabile lentezza, l’ultimo lucore tiepido si spegne con un sospiro. Mi risveglio in un pomeriggio di primavera: il mio Giardino delle Delizie splende nel multiplo, infinitesimale e infinitamente ripetibile Sole delle Esperidi. Solo una cosa conosco: sono mio figlio, ho appena partorito le mie innumerevoli Madri. Sono il mio

ritratto, la mia fotografia, eseguiti da una mano amica, una benevola connessione il cui

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Bindu spunta dalla mia fronte come una lingua di fuoco, mentre il fornello della pipa esala la sublimazione del Nuovo Io nell’Athanor ormai spento. La tazza che reggo in mano contiene uno strano liquido violaceo… Avvicinandola alle labbra, noto che ogni segnale della primavera è connesso con un particolare avvenimento di un sogno passato o futuro, tutti gli in-stanti della mia esistenza e di tutte le vite nel Cosmo sono infinitesimali chiavi destinate ad aprire altrettante porte le quali, a loro volta sono impegnate nel perpetuo modellamento delle chiavi e delle serrature. La Droga Bianca e la Droga Azzurra si dissolvono, lasciando la trasparente verità nel sole e nelle violette, nella mente carezzata dagli zefiri e dai fruscii del pino sotto al quale sono seduto. Ingollo in un sol sorso il contenuto della tazza sbeccata. Chiudendo gli occhi al sapore acidulo penetro nel suo malvo suono, nella palpitazione del suo profumo antico, appena nato. Mentre attendo, un impulso giunge da distanze abissali, da tempi atavici e irraggiungibili, emesso nel vuoto, oscuro spazio privo d’identità da una nave deserta alla deriva oltre i Pilastri di Plutone… “OFF.”