TEMPORE AMIS All’Unione Europea servono …...occidentale, combinando le pratiche di routine e le...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 106 (48.430) Città del Vaticano lunedì-martedì 11-12 maggio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +z!z!,!#!$! Al Regina caeli il Pontefice ricorda il settantesimo anniversario della Dichiarazione Schuman All’Unione Europea servono concordia e collaborazione per sconfiggere il covid-19 TEMPORE F AMIS Una storia di gratuità in un carcere di periferia Siamo tutti sulla stessa barca di ALESSANDRO VERGNI I talia, ai tempi della grande pandemia. La gente torna timi- damente ad affacciarsi sulle strade. La situazione economica, per il Paese e per tante famiglie, si annuncia simile a quella della rico- struzione postbellica. In una Casa circondariale di provincia i detenuti decidono di compiere un gesto di solidarietà: donare una parte della propria spesa settimanale a chi, fuori, si trova in condizioni preca- rie. Lo fanno aderendo all’iniziati- va La Colletta Alimentare promos- sa dalla Direzione generale e tratta- mento dell’amministrazione peni- tenziaria in collaborazione con la Fondazione Banco Alimentare onlus, l’organizzazione che da oltre trent’anni si occupa di recuperare e distribuire agli enti di assistenza presenti sul territorio nazionale le eccedenze della produzione alimen- tare e le donazioni di milioni di persone che l’ultimo sabato di no- vembre di ogni anno regalano una parte della spesa fatta nei super- mercati. Questa colletta, invece, è straordinaria perché richiesta dalla situazione drammatica in cui ci sia- mo venuti a trovare recentemente. I volontari del Banco Alimentare passano dal carcere a ritirare la do- nazione e insieme ai pacchi trovano un biglietto con il quale, chi ha partecipato alla colletta, vuole spie- gare le ragioni che l’hanno spinto a compiere questo atto. Il messaggio è indirizzato direttamente a chi ri- ceverà i generi alimentari. Parla di sentimento comune, della consape- volezza che, pur in contesti diffe- renti, ci troviamo tutti in un mo- mento di enorme difficoltà e ri- strettezza. Proprio per questo, scri- vono dal carcere, non possiamo che restare uniti e aiutarci a credere che un miglioramento sia possibile. Il desiderio espresso è quello di portare un sorriso, fosse anche solo per un momento. A chiudere, una richiesta bellissima: l’invito rivolto a chi leggerà, a credere che anche chi si trova all’interno di quelle mura ha un cuore. Parole semplici. Scritte in stam- patello. Firmate di pugno. Parole, però, che segnano. C’è dentro la consapevolezza che nessuno basta a sé, il rendersi conto che siamo fatti di bisogno: di condividere ciò che si ha e ciò che si è. Poi quell’appello radicale: essere rico- nosciuti per quello che siamo, uo- mini fragili che commettono errori e al tempo stesso hanno necessità di essere amati, nonostante gli sba- gli che costellano la vita. Lo scrive- va Victor Hugo più di un secolo fa ne I Miserabili: «La suprema felici- tà della vita è la convinzione di es- sere amati; amati per se stessi, anzi, diciamo meglio, amati malgrado se stessi». Amati malgrado se stessi, ma amati, perché da questo dipen- de la letizia. La letteratura, anche in questo caso aiuta a comprendere certi tornanti della vita, ed essere attenti alla propria vita permette di cogliere la straordinaria contempo- raneità di certi passaggi della lette- ratura. È contemporaneo ciò che ha a che fare con me nel presente. Così, se dovessimo individuare dei punti di ripartenza per il nostro Paese, dopo mesi di clausura forza- ta, in cui anche i rapporti interper- sonali sono stati duramente prova- ti, prima dei tanti finanziamenti che inevitabilmente serviranno, pri- ma delle dovute precauzioni sanita- rie necessarie da adottare, dovrem- mo indicare l’educazione alla gra- tuità e al dono. Scorgere, custodire e incentivare innanzitutto questo. Sostenere e promuovere contesti e relazioni capaci di valorizzare un bene che alcuni chiamano Carità, la quale, prima ancora che essere una forma di assistenza è uno sguardo buono su sé e sugli altri. In questo scenario inedito, in cui più che tornare al mondo di prima siamo costretti a reinventare tutto, piccoli grandi gesti — già presenti — come questo in un carcere di pe- riferia, rappresentano una risorsa e un metodo rivoluzionario per una rifondazione sociale. La chiave di volta di tutto resta, come sempre, un ingrediente indi- sponibile, un ingrediente frutto an- ch’esso di un originario gesto di gratuità, un elemento che si gioca istante per istante e perciò in grado di tenere continuamente tutti in gioco: la libertà del cuore. È nell’incontro con essa che sta il ri- schio più alto e il rischio più bello. Quello per cui si comprende che è ancora ragionevole sperare. Altri casi segnalati in Cina mentre l’Oms studia nuove misure Paura per una seconda ondata di contagi Dalle crisi globali si esce solo tutti insieme Un nuovo appello a quanti hanno responsabilità nell’Unione europea, — affinché affrontino «in spirito di concordia e di collaborazione le con- seguenze sociali ed economiche pro- vocate dalla pandemia» nel vecchio continente e nel resto del mondo — è stato lanciato da Francesco al ter- mine del Regina caeli, che il Papa ha recitato domenica 10 maggio, nel- la Biblioteca privata del Palazzo apostolico vaticano, per poi benedire ancora una volta la sottostante piaz- za San Pietro vuota, a motivo delle misure di distanziamento sociale vol- te a contrastare la diffusione del contagio da coronavirus. Il Pontefice ha preso spunto dalla ricorrenza dei settant’anni dalla storica Dichiara- zione dell’allora ministro degli esteri francese, Robert Schuman, che ispi- rò il processo di integrazione dei po- poli europei, mentre in precedenza aveva introdotto l’antifona mariana con una riflessione sul brano liturgi- co del Vangelo di Giovanni (14, 1-2) che racconta il “discorso di addio” di Gesù nell’ultima Cena. Anche nella messa delle 7 del mat- tino nella cappella di Casa Santa Marta il Papa aveva rievocato la commemorazione della Dichiarazio- ne Schuman, «che ha dato inizio all’Unione europea», e quella della fine della seconda guerra mondiale a essa strettamente collegata. «Chie- diamo al Signore per l’Europa, oggi, che cresca unita, in questa unità di fratellanza che fa crescere tutti i po- poli nell’unità nella diversità», ha detto introducendo il rito. Lunedì 11, invece, Francesco ha offerto la celebrazione a Santa Mar- ta per quanti hanno «perso il lavoro; non sono stati riassunti, lavoravano in nero»; esortando a pregare «per questi nostri fratelli e sorelle che sof- frono questa mancanza» di occupa- zione. Infine, con un tweet postato nel primo pomeriggio di lunedì sull’ac- count @Pontifex, il vescovo di Ro- ma ha ricordato «che il 14 maggio i credenti di tutte le religioni sono in- vitati ad unirsi spiritualmente in una giornata di preghiera, digiuno e ope- re di carità, per implorare Dio di aiutare l’umanità a superare la #pandemia». PAGINE 7 E 8 NOSTRE INFORMAZIONI Nomina di Vescovo Coadiutore Il Santo Padre ha nominato Ve- scovo Coadiutore di Peoria (Stati Uniti d’America) il Reve- rendo Louis Tylka, del clero dell’Arcidiocesi di Chicago, fi- nora Parroco della Saint Julie Billiart Parish a Tinley Park e Presidente del Consiglio Presbi- terale della medesima Sede (Il- linois). PECHINO, 11. Torna la paura di una seconda, più potente ondata di co- vid-19. La Cina ha riportato ieri 17 nuovi casi di coronavirus, toccando i massimi delle ultime due settimane. Di questi casi, sette sono risultati importati dalla Mongolia, mentre al- tri dieci interni, suddivisi tra le pro- vince di Hubei (5), Jilin (3), Liao- ning (1) e Heilongjiang (1). I casi dell’Hubei fanno capo al capoluogo Wuhan, il focolaio della pandemia: sono asintomatici, ha detto la Com- missione sanitaria provinciale, che si aggiungono all’infezione registrata sabato scorso nel distretto di Don- gxihu, la prima dal 4 aprile, dove il livello sanitario d’allerta è stato rial- zato da basso a medio. Intanto, Li Bin, viceresponsabile della Commissione Sanitaria Nazio- nale, ha dichiarato in conferenza stampa che «saranno compiuti mag- giori sforzi per rafforzare la preven- zione, sostenendo sia la medicina tradizionale cinese che la medicina occidentale, combinando le pratiche di routine e le risposte concrete alle emergenze». Secondo il funzionario, la consapevolezza della popolazione sulla prevenzione delle emergenze di salute pubblica «dovrebbe essere au- mentata, si dovrebbe stabilire un si- stema di leadership e di comando unificato ed efficiente in materia di risposta alle emergenze di salute pubblica». A conferma del fatto che la pan- demia continua a far paura in Asia c’è anche la rafforzata collaborazio- ne tra Cina e Corea del Nord. Il presidente cinese Xi Jinping ha in- viato ieri un “messaggio verbale” al leader nordcoreano Kim Jong-un auspicando una collaborazione più stretta contro il covid-19, rafforzan- do scambi e cooperazione scientifi- ca. Xi, offrendo l’assistenza di Pe- chino, ha affermato di riservare «grande attenzione alla situazione su prevenzione e controllo della pandemia» in Corea del Nord, no- tando che le misure prese da Pyon- gyang «stanno producendo progres- si positivi» ha riferito l’agenzia Xi- nhua. La Cina «è pronta a rafforza- re la cooperazione antiepidemica e a provvedere tutto il supporto che le sue capacità le consentono in linea con le necessità del Nord». Il mondo attende, nel frattempo, il punto sulla pandemia da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che si terrà oggi a Gi- nevra. Sono attese nuove misure. Di recente, l’Oms ha aggiornato il suo “Strategic Preparedness and Response Plan”, ovvero il piano strategico di preparazione e risposta che delinea le misure di sanità pub- blica a supporto di tutti i Paesi che stanno fronteggiando la pandemia. Il documento, pubblicato online sul sito dell’Oms, è stato stilato (e ag- giornato) sulla base di tutto ciò che la comunità scientifica è riuscita ad apprendere finora sulla diffusione del virus, dati e conoscenze che uni- ti insieme si traducono in vere e proprie azioni strategiche funzionali allo sviluppo di piani operativi di carattere sia nazionale che regionale. L’Oms sottolinea, nel documento, che la condizione cruciale per la ria- pertura delle attività è che le struttu- re sanitarie locali siano in grado non solo di individuare con prontezza i casi di contagio, ma anche attuare i protocolli di cura previsti. Inoltre, ogni sistema sanitario deve essere in grado di gestire i contagi di ritorno. Con molta probabilità la riapertura dei confini potrebbe portare all’in- sorgere di nuovi casi. Vanno intensi- ficati i controlli nelle zone di pas- saggio, come gli aeroporti. Tornata in Italia la cooperante Silvia Romano Il sequestro, il dolore e un’umanità dimenticata GIULIO ALBANESE A PAGINA 3 Daniele Sorur Da schiavo africano a missionario GIANPAOLO ROMANATO A PAGINA 6 Il gesuita Engelbert Mveng assassinato 25 anni fa in Camerun Povertà che tocca l’essere GABRIEL BASUZWA A PAGINA 6 ALLINTERNO LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Il senso dell’odierna sfida La profilassi più efficace: solidarietà e aiuto reciproco RENZO PEGORARO A PAGINA 3 di GIUSEPPE FIORENTINO T ra le tante immagini che in futuro accompagneranno il ricordo di que- sta pandemia figureranno certamente quelle delle persone in fila. In fila per fare la spesa, per entrare in farmacia, per acce- dere ai servizi postali o bancari. Ma un’altra immagine, di cui molti ave- vano perso la memoria, segna in modo doloroso questi difficili giorni: le persone, dotate di mascherina, in paziente attesa davanti ai Monti di pietà, dove sperano di racimolare il necessario per tirare avanti qualche giorno. È un’“istantanea” che fa comprendere come, contrariamente a quanto previsto da alcuni frettolosi socio- logi, il coronavirus non sia stato un gran- de livellatore. Ovunque, il contagio ha in- vece ampliato il divario socio-economico, facendo sentire i suoi devastanti effetti so- prattutto sulle fasce più povere della po- polazione e in particolare su quei gruppi privi di ogni tutela, come gli immigrati ir- regolari o i lavoratori “in nero”. Una si- tuazione, questa, ancora più grave in quei paesi dove non vige lo stato sociale e le persone non godono di alcuna garanzia, nemmeno dal punto di vista sanitario. NELLE PAGINE 4 E 5 ALTRI ARTICOLI DI GABRIELE NICOLÒ E NICOLA BULTRINI DUE MESI FA L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ DICHIARAVA LO STATO DI PANDEMIA DA CORONAVIRUS

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 106 (48.430) Città del Vaticano lunedì-martedì 11-12 maggio 2020

.

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Al Regina caeli il Pontefice ricorda il settantesimo anniversario della Dichiarazione Schuman

All’Unione Europea servono concordiae collaborazione per sconfiggere il covid-19

TEMPORE FAMIS

Una storia di gratuità in un carcere di periferia

Siamo tuttisulla stessa barca

di ALESSANDRO VERGNI

I talia, ai tempi della grandepandemia. La gente torna timi-damente ad affacciarsi sulle

strade. La situazione economica,per il Paese e per tante famiglie, siannuncia simile a quella della rico-struzione postbellica. In una Casacircondariale di provincia i detenutidecidono di compiere un gesto disolidarietà: donare una parte dellapropria spesa settimanale a chi,fuori, si trova in condizioni preca-rie. Lo fanno aderendo all’iniziati-va La Colletta Alimentare promos-sa dalla Direzione generale e tratta-mento dell’amministrazione peni-tenziaria in collaborazione con laFondazione Banco Alimentareonlus, l’organizzazione che da oltret re n t ’anni si occupa di recuperare edistribuire agli enti di assistenzapresenti sul territorio nazionale leeccedenze della produzione alimen-tare e le donazioni di milioni dipersone che l’ultimo sabato di no-vembre di ogni anno regalano unaparte della spesa fatta nei super-mercati. Questa colletta, invece, èstraordinaria perché richiesta dallasituazione drammatica in cui ci sia-mo venuti a trovare recentemente.I volontari del Banco Alimentarepassano dal carcere a ritirare la do-nazione e insieme ai pacchi trovanoun biglietto con il quale, chi ha

partecipato alla colletta, vuole spie-gare le ragioni che l’hanno spinto acompiere questo atto. Il messaggioè indirizzato direttamente a chi ri-ceverà i generi alimentari. Parla disentimento comune, della consape-volezza che, pur in contesti diffe-renti, ci troviamo tutti in un mo-mento di enorme difficoltà e ri-strettezza. Proprio per questo, scri-vono dal carcere, non possiamoche restare uniti e aiutarci a credereche un miglioramento sia possibile.Il desiderio espresso è quello diportare un sorriso, fosse anche soloper un momento. A chiudere, unarichiesta bellissima: l’invito rivoltoa chi leggerà, a credere che anchechi si trova all’interno di quellemura ha un cuore.

Parole semplici. Scritte in stam-patello. Firmate di pugno. Parole,però, che segnano. C’è dentro laconsapevolezza che nessuno bastaa sé, il rendersi conto che siamofatti di bisogno: di condividere ciòche si ha e ciò che si è. Poiquell’appello radicale: essere rico-nosciuti per quello che siamo, uo-mini fragili che commettono errorie al tempo stesso hanno necessitàdi essere amati, nonostante gli sba-gli che costellano la vita. Lo scrive-va Victor Hugo più di un secolo fane I Miserabili: «La suprema felici-tà della vita è la convinzione di es-sere amati; amati per se stessi, anzi,diciamo meglio, amati malgrado sestessi». Amati malgrado se stessi,ma amati, perché da questo dipen-de la letizia. La letteratura, anchein questo caso aiuta a comprenderecerti tornanti della vita, ed essereattenti alla propria vita permette dicogliere la straordinaria contempo-raneità di certi passaggi della lette-ratura. È contemporaneo ciò cheha a che fare con me nel presente.

Così, se dovessimo individuaredei punti di ripartenza per il nostroPaese, dopo mesi di clausura forza-ta, in cui anche i rapporti interper-sonali sono stati duramente prova-ti, prima dei tanti finanziamentiche inevitabilmente serviranno, pri-ma delle dovute precauzioni sanita-rie necessarie da adottare, dovrem-mo indicare l’educazione alla gra-tuità e al dono. Scorgere, custodiree incentivare innanzitutto questo.Sostenere e promuovere contesti erelazioni capaci di valorizzare unbene che alcuni chiamano Carità,la quale, prima ancora che essereuna forma di assistenza è unosguardo buono su sé e sugli altri.In questo scenario inedito, in cuipiù che tornare al mondo di primasiamo costretti a reinventare tutto,piccoli grandi gesti — già presenti— come questo in un carcere di pe-riferia, rappresentano una risorsa eun metodo rivoluzionario per unarifondazione sociale.

La chiave di volta di tutto resta,come sempre, un ingrediente indi-sponibile, un ingrediente frutto an-ch’esso di un originario gesto digratuità, un elemento che si giocaistante per istante e perciò in gradodi tenere continuamente tutti ingioco: la libertà del cuore. Ènell’incontro con essa che sta il ri-schio più alto e il rischio più bello.Quello per cui si comprende che èancora ragionevole sperare.

Altri casi segnalati in Cina mentre l’Oms studia nuove misure

Paura per una seconda ondata di contagi

Dalle crisi globalisi esce

solo tutti insieme

Un nuovo appello a quanti hannoresponsabilità nell’Unione europea,— affinché affrontino «in spirito diconcordia e di collaborazione le con-seguenze sociali ed economiche pro-vocate dalla pandemia» nel vecchiocontinente e nel resto del mondo —è stato lanciato da Francesco al ter-

mine del Regina caeli, che il Papaha recitato domenica 10 maggio, nel-la Biblioteca privata del Palazzoapostolico vaticano, per poi benedireancora una volta la sottostante piaz-za San Pietro vuota, a motivo dellemisure di distanziamento sociale vol-te a contrastare la diffusione del

contagio da coronavirus. Il Ponteficeha preso spunto dalla ricorrenza deisettant’anni dalla storica Dichiara-zione dell’allora ministro degli esterifrancese, Robert Schuman, che ispi-rò il processo di integrazione dei po-poli europei, mentre in precedenzaaveva introdotto l’antifona mariana

con una riflessione sul brano liturgi-co del Vangelo di Giovanni (14, 1-2)che racconta il “discorso di addio”di Gesù nell’ultima Cena.

Anche nella messa delle 7 del mat-tino nella cappella di Casa SantaMarta il Papa aveva rievocato lacommemorazione della Dichiarazio-ne Schuman, «che ha dato inizioall’Unione europea», e quella dellafine della seconda guerra mondiale aessa strettamente collegata. «Chie-diamo al Signore per l’Europa, oggi,che cresca unita, in questa unità difratellanza che fa crescere tutti i po-poli nell’unità nella diversità», hadetto introducendo il rito.

Lunedì 11, invece, Francesco haofferto la celebrazione a Santa Mar-ta per quanti hanno «perso il lavoro;non sono stati riassunti, lavoravanoin nero»; esortando a pregare «perquesti nostri fratelli e sorelle che sof-frono questa mancanza» di occupa-zione.

Infine, con un tweet postato nelprimo pomeriggio di lunedì sull’ac-count @Pontifex, il vescovo di Ro-ma ha ricordato «che il 14 maggio icredenti di tutte le religioni sono in-vitati ad unirsi spiritualmente in unagiornata di preghiera, digiuno e ope-re di carità, per implorare Dio diaiutare l’umanità a superare la#pandemia».

PAGINE 7 E 8

NOSTREINFORMAZIONI

Nominadi Vescovo Coadiutore

Il Santo Padre ha nominato Ve-scovo Coadiutore di Peoria(Stati Uniti d’America) il Reve-rendo Louis Tylka, del clerodell’Arcidiocesi di Chicago, fi-nora Parroco della Saint JulieBilliart Parish a Tinley Park ePresidente del Consiglio Presbi-terale della medesima Sede (Il-linois).

PE C H I N O, 11. Torna la paura di unaseconda, più potente ondata di co-vid-19. La Cina ha riportato ieri 17nuovi casi di coronavirus, toccando imassimi delle ultime due settimane.Di questi casi, sette sono risultatiimportati dalla Mongolia, mentre al-tri dieci interni, suddivisi tra le pro-vince di Hubei (5), Jilin (3), Liao-ning (1) e Heilongjiang (1). I casi

dell’Hubei fanno capo al capoluogoWuhan, il focolaio della pandemia:sono asintomatici, ha detto la Com-missione sanitaria provinciale, che siaggiungono all’infezione registratasabato scorso nel distretto di Don-gxihu, la prima dal 4 aprile, dove illivello sanitario d’allerta è stato rial-zato da basso a medio.

Intanto, Li Bin, viceresponsabiledella Commissione Sanitaria Nazio-nale, ha dichiarato in conferenzastampa che «saranno compiuti mag-giori sforzi per rafforzare la preven-zione, sostenendo sia la medicinatradizionale cinese che la medicinaoccidentale, combinando le pratichedi routine e le risposte concrete alleemergenze». Secondo il funzionario,la consapevolezza della popolazionesulla prevenzione delle emergenze disalute pubblica «dovrebbe essere au-mentata, si dovrebbe stabilire un si-stema di leadership e di comandounificato ed efficiente in materia dirisposta alle emergenze di salutepubblica».

A conferma del fatto che la pan-demia continua a far paura in Asiac’è anche la rafforzata collaborazio-ne tra Cina e Corea del Nord. Ilpresidente cinese Xi Jinping ha in-viato ieri un “messaggio verbale” alleader nordcoreano Kim Jong-unauspicando una collaborazione piùstretta contro il covid-19, rafforzan-do scambi e cooperazione scientifi-ca. Xi, offrendo l’assistenza di Pe-chino, ha affermato di riservare«grande attenzione alla situazionesu prevenzione e controllo dellapandemia» in Corea del Nord, no-tando che le misure prese da Pyon-gyang «stanno producendo progres-si positivi» ha riferito l’agenzia Xi-nhua. La Cina «è pronta a rafforza-re la cooperazione antiepidemica e aprovvedere tutto il supporto che lesue capacità le consentono in lineacon le necessità del Nord».

Il mondo attende, nel frattempo,il punto sulla pandemia da partedell’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms), che si terrà oggi a Gi-nevra. Sono attese nuove misure.

Di recente, l’Oms ha aggiornatoil suo “Strategic Preparedness andResponse Plan”, ovvero il pianostrategico di preparazione e rispostache delinea le misure di sanità pub-

blica a supporto di tutti i Paesi chestanno fronteggiando la pandemia.Il documento, pubblicato online sulsito dell’Oms, è stato stilato (e ag-giornato) sulla base di tutto ciò chela comunità scientifica è riuscita adapprendere finora sulla diffusionedel virus, dati e conoscenze che uni-ti insieme si traducono in vere e

proprie azioni strategiche funzionaliallo sviluppo di piani operativi dicarattere sia nazionale che regionale.L’Oms sottolinea, nel documento,che la condizione cruciale per la ria-pertura delle attività è che le struttu-re sanitarie locali siano in grado nonsolo di individuare con prontezza icasi di contagio, ma anche attuare i

protocolli di cura previsti. Inoltre,ogni sistema sanitario deve essere ingrado di gestire i contagi di ritorno.Con molta probabilità la riaperturadei confini potrebbe portare all’in-sorgere di nuovi casi. Vanno intensi-ficati i controlli nelle zone di pas-saggio, come gli aeroporti.

Tornata in Italiala cooperante Silvia Romano

Il sequestro, il doloree un’umanità dimenticata

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 3

Daniele Sorur

Da schiavo africanoa missionario

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Il gesuita Engelbert Mvengassassinato 25 anni fa in Camerun

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ALL’INTERNO

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Il senso dell’odierna sfida

La profilassi più efficace:solidarietàe aiuto reciproco

RENZO PEGORARO A PA G I N A 3

di GIUSEPPE FIORENTINO

Tra le tante immagini che in futuroaccompagneranno il ricordo di que-sta pandemia figureranno certamente

quelle delle persone in fila. In fila per farela spesa, per entrare in farmacia, per acce-dere ai servizi postali o bancari.

Ma un’altra immagine, di cui molti ave-vano perso la memoria, segna in mododoloroso questi difficili giorni: le persone,dotate di mascherina, in paziente attesadavanti ai Monti di pietà, dove sperano diracimolare il necessario per tirare avantiqualche giorno. È un’“istantanea” che facomprendere come, contrariamente aquanto previsto da alcuni frettolosi socio-logi, il coronavirus non sia stato un gran-de livellatore. Ovunque, il contagio ha in-vece ampliato il divario socio-economico,facendo sentire i suoi devastanti effetti so-prattutto sulle fasce più povere della po-polazione e in particolare su quei gruppiprivi di ogni tutela, come gli immigrati ir-regolari o i lavoratori “in nero”. Una si-tuazione, questa, ancora più grave in queipaesi dove non vige lo stato sociale e lepersone non godono di alcuna garanzia,nemmeno dal punto di vista sanitario.

NELLE PA G I N E 4 E 5 A LT R I ARTICOLI DI GABRIELE NICOLÒ E NICOLA BU LT R I N I

DUE MESI FA L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀD I C H I A R AVA LO S TAT O DI PA N D E M I A DA C O R O N AV I R U S

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PARIGI, 11. Inizia oggi in Francia un«processo davvero molto graduale»di allentamento delle misure di lock-down, imposte otto settimane fa percontenere la diffusione del coronavi-rus, che nel Paese ha causato oltre26.000 vittime. Lo ha sottolineato ilGoverno di Parigi.

Ai cittadini viene concessa unamaggiore libertà di movimento, ria-prono alcune attività commerciali ele scuole dell’infanzia e primarie, masu base volontaria e a discrezionedelle autorità locali. Per il 18 maggioè prevista anche la riapertura dellescuole medie, ma solo nelle zone do-ve il tasso di contagio è più basso.Domani è invece previsto il ritorno ascuola per l’85 per cento degli alun-ni della scuola primaria, circa un mi-lione di bambini.

Per quanto riguarda gli sposta-menti, saranno concessi fino a centochilometri dalla propria abitazionesenza necessità di fornire una giusti-ficazione. I viaggi più lunghi saran-no invece possibili solo per lavoro ocon «validi motivi familiari», comeha precisato il ministro degli Interni,Christophe Castaner. Ammesse leriunioni di gruppo fino a dieci per-sone, mentre le attività all’ap erto,compresa la corsa, non saranno piùlimitate al massimo di un’ora.

La Francia resta comunque divisain due zone, in base agli indicatorisanitari, come ha spiegato il primoministro, Edouard Philippe. La piùcolpita dal covid-19 è infatti il nord-est del Paese, compresa Parigi e lasua periferia, dove alcune restrizioniresteranno in atto.

In Gran Bretagna, il Paese euro-peo con più vittime, il lockdown perora resta, ma scatta l’allentamento. IlGoverno ha aperto uno spiraglio atappe differite verso la fase 2dell’emergenza, con poche modifi-che immediate sulle restrizioni, macon un nuovo slogan annunciato ierisera dal premier, Boris Johnson,nell’atteso discorso alla nazione. Viail messaggio «stay at home», la rac-comandazione generalizzata di starein casa, a favore d’un più ambiguo«stay alert» (state in allerta). Unanuova parola d’ordine — che al mo-mento Scozia, Galles e Irlanda delNord si rifiutano di adottare — chesi affianca all’annuncio dell’intro du-zione imminente di un sistema ditracciamento e segnalazione dei ri-schi sul modello dell’allarme terrori-smo: meccanismo che prevede di farscattare l’avvertimento a seconda di

5 livelli, dal più basso (verde, livello1) al più grave (rosso, livello 5) e chein qualche modo dovrebbe fare dabussola sul futuro.

In Germania, l’istituto tedescoRobert Koch ha invece registratouna ripresa del tasso dei contagi: 1,1contro lo 0,65 di mercoledì scorso.Una situazione che — afferma — an-drà monitorata con grande attenzio-ne nei prossimi tre giorni. Stando al-le ultime cifre divulgate, i contagiatisono 169.500, e le vittime almeno7440. Con la decisione di mercoledìscorso di affidare alle regioni la ta-bella di marcia del rientro alla nor-malità, si è deciso però anche unmeccanismo di difesa: se si superanoi cinquanta nuovi contagi su 100.000abitanti in una settimana, si devetornare indietro, e imporre di nuovole limitazioni.

In Italia, dal 18 maggio ci saràuna nuova fase, che porterà a una«differenziazione territoriale». Lo hadetto stamane il ministro per gli Af-fari regionali, Francesco Boccia alTg2. Intanto, i contagiati totali dalvirus in Italia sono 219.070, con unincremento minimo di 802 rispetto aieri. Sabato l’aumento era stato di1083. Le vittime hanno avuto un in-cremento di 165 in un giorno. Sitratta del dato più basso dei decedu-ti dal 14 marzo. Sempre meno i rico-verati in terapia intensiva.Place de la Concorde a Parigi, nel primo giorno di allentamento delle restrizioni (Afp)

Escalation di casi e decessiin America Latina

Anche Anthony Fauci tra i membri della task force in isolamento

Il coronavirus si insinua nella Casa Bianca

Anthony Fauci, da ieri in isolamento, durante un briefing alla Casa Bianca (Afp)

Nuovo focolaio in Corea del SudAllerta crescente anche in India e Pakistan

WASHINGTON, 11. Preoccupazionemista a timore alla Casa Bianca. Ilcoronavirus si sarebbe infiltratonell’edificio simbolo, nel mondo,del potere politico degli Stati Uni-ti. Alla fine della scorsa settimanaerano risultate positive due personedell’entourage presidenziale: unvalletto personale del presidenteTrump e la portavoce del vicepresi-dente Pence, Katie Waldman, non-ché moglie di Stephen Miller, stret-to collaboratore di Trump e autoredi gran parte dei suoi discorsi. Unaltro caso si era inoltre verificatonello staff della figlia-consiglieraIvanka Trump.

Da ieri, poi, tre membri di primopiano della task force contro il co-vid-19 sono entrati in isolamentoper 2 settimane a causa dei contatticon Katie Waldman. Tra questi ilvolto più noto dell’unità di crisiUsa nella lotta al coronavirus, il vi-rologo Anthony Fauci, che d’ora inpoi lavorerà prevalentemente da re-moto o indosserà la mascherina ne-

gli incontri personali. Gli altri duesono Robert Redfield, capo delCentro per il controllo e la preven-zione delle malattie (Cdc), e Ste-phen Hahn, direttore della Foodand Drug administration (Fda).

Judd Deere, uno dei portavocedella presidenza, ha assicurato chetutti i collaboratori del presidente odel suo vice vengono sottoposti

quotidianamente al test, così come ivisitatori, facendo notare come tut-te le misure di prevenzione necessa-rie siano state adottate. Un memodella Casa Bianca invita i dipen-denti al telelavoro dove possibile,anche se non prescrive di indossarela mascherina, come suggerito dalCdc, per gli spazi pubblici.

Intanto nelle ultime 24 ore laJohns Hopkins University ha regi-strato 776 decessi legati al covid-19,il dato più basso da marzo, portan-do il dato complessivo delle morti a79.528. Il governatore dello Stato diNew York Andrew Cuomo, sabatosu Twitter ha riferito della morte dialtri «tre giovani newyorkesi» acausa di una malattia infiammatoriacon sintomi simili alla sindrome diKawasaki, probabilmente legata alcovid-19. Ne aveva annunciato unoil giorno prima. «Anche se questo èraro, esortiamo i genitori a esserevigili», ha scritto Cuomo che du-rante il suo briefing quotidiano hareso noto che il dipartimento dellaSanità di New York sta indagandosu 85 casi di bambini, 35 solo nellaGrande Mela, con questa rara pato-logia infiammatoria legata al coro-navirus. Cuomo, definendo la situa-zione «veramente inquietante», hadetto che molti di questi bambini,alcuni anche piccoli, non hannomostrato sintomi respiratori comu-nemente associati al coronavirusquando sono stati portati negliospedali della zona, ma poi tuttisono risultati positivi al covid-19.

SEUL, 11. A una settimana dall’allen-tamento delle restrizioni legate alcovid-19 la Corea del Sud ha regi-strato 35 nuovi casi nelle ultime ven-tiquattro ore. Si tratta del livellogiornaliero più alto in quattro setti-mane, rendono noto le autorità lo-cali. Sale così a 10.909 il totale deicontagiati su scala nazionale.

Decine di questi nuovi casi sonocollegati a un solo uomo che ha fre-quentato la scorsa settimana i localinotturni del quartiere di Itaewon aSeul. Il nuovo focolaio ha portatoalla chiusura, fino a nuovo ordine,

di locali e bar della capitale. Il pre-sidente, Moon Jae-in, ha intantoesortato la popolazione a non ab-bassare la guardia in tema di pre-venzione. «Non è ancora finita», hadetto durante un discorso in occa-sione del terzo anniversario dal suoinsediamento.

Dopo essere calati al minimo didue casi il 6 maggio, il tasso deicontagi ha ripreso quindi a salirenel Paese. Per il quarto giorno con-secutivo non si sono invece registra-ti morti, confermando a 256 il totaledei decessi. Dall’inizio della pande-

CITTÀ DEL ME S S I C O, 11. L’AmericaLatina, al momento, sembrerebbeessere diventata l’area nel mondo incui la diffusione del covid-19 sta fa-cendo registrare la crescita maggio-re. Nell’ultima settimana, infatti, icontagi hanno subito una nuova ac-celerazione. E il picco, secondo gliesperti, non è stato ancora raggiun-to. Nelle ultime 24 ore sono stati re-gistrati oltre 18.000 nuovi casi, por-tando il dato complessivo a quota361.593. I decessi riconducibili al co-vid-19 tra la sera di sabato e quelladi ieri sono stati 1300, più di un ter-zo dei quali solo in Brasile, conquasi 500 morti. Il numero totaledelle vittime ha superato così il tet-to delle ventimila unità. È quantoemerge da uno studio elaboratodall’«Ansa» e relativo alle 34 nazio-ni presenti nei territori latinoameri-cani.

Un forte aumento dei casi è statoregistrato in Messico nei giorniscorsi, quando, come previsto dalleautorità sanitarie c’è stato il picco.Ieri hanno cominciato a scenderenuovamente sia la curva dei contagiche quella delle morti. Sono statioltre 1500 i nuovi casi e 112 le vitti-me nelle ultime 24 ore. Nel Paese icontagi hanno superato le 35.000unità e il numero complessivo deidecessi è arrivato a 3465. In settima-na è prevista la presentazione, da

parte del presidente messicano, An-drés Manuel López Obrador, delpiano di riapertura economica e so-ciale per far ripartire il Paese bloc-catosi a causa della pandemia di co-vid-19.

In Cile, ieri, è stato il giorno conil maggior aumento delle infezionida coronavirus. Con 1647 nuovi casiil Paese si sta velocemente avvici-nando alla soglia dei trentamilacontagi. Di questi almeno tredicimi-la sono già guariti. Una percentualequella dei guariti tra le migliori almondo. Così come quella dei deces-si in relazione agli infetti. Sono “so-lo” 312 i morti fino a oggi su 28.866malati. La zona più colpita è quelladi Santiago del Cile e della sua areametropolitana, dove si concentra il70 per cento dei casi.

In Perú, dove dal 24 marzo sonoin atto misure restrittive di lockdo-wn, il ministero della Sanità ha con-fermato 67.307 casi e 1889 morti. So-lo nella capitale Lima si sono regi-strati 43.284 casi.

L’Ecuador continua a vivere in si-tuazione sanitaria di criticità perl’alto numero quotidiano sia di mor-ti che di nuovi contagi. In tutto so-no 2127 i morti per covid-19, 410 so-lo nelle ultime 24 ore e 29.559 i casi.Il ministero della Sanità ha spiegatoche l’aumento è legato alla riclassifi-cazione dei decessi.

di ANNA LISA ANTONUCCI

Per informare sui rischi dellapandemia da covid-19 anchele popolazioni sperdute nelle

aree rurali del Ciad, sono tornati i“t ro v a t o r i ” che vanno di villaggioin villaggio spiegando, nell’idiomalocale, le regole per prevenire latrasmissione del virus. A differenzadegli antichi menestrelli, questi so-no armati di megafono, e si sposta-no nella aree più remote del Paese,viaggiando da una comunità all’al-tra su asini, cavalli o dromedari.

Il Ciad, situato nel cuoredell’Africa, è infatti un paese moltovasto ma poco popolato, oltre il 77per cento della popolazione vive inzone rurali senza elettricità, tecno-logia, cellulari e tanto meno inter-net. La radio è l’unico mezzo didiffusione ma le onde radio noncoprono tutto il territorio e sonomoltissime le famiglie che non pos-seggono un apparecchio. Per que-sto ci si affida ai trovatori, «essen-ziali — spiega la rappresentantedelle Nazioni Unite per il Ciad,Violette Kakyomya — per evitareincomprensioni che possano tra-sformarsi in voci incontrollate, di-sinformazione e sospetti sugli inter-venti sanitari. Dunque i trovatorilavorano con il passaparola ed è il

metodo più affidabile per questecomunità». Al fine di migliorare lacomunicazione tra pari, sia urbanache rurale, le Nazioni Unite hannoanche assoldato 1040 lavoratori chesi spostano in otto province perpromuovere abitudini sane e dissi-pare ogni dubbio sul covid-19.Questi ufficiali sono scelti dalle co-munità stesse e operano sotto lasupervisione del ministero della Sa-nità pubblica. Inoltre l’Onu inCiad ha finanziato la stampa di ol-tre 200.000 manifesti di sensibiliz-zazione che sono stati collocati inedifici pubblici, mercati, scuole,centri sanitari e altri luoghi fre-quentati in 16 province. Questi ma-nifesti incoraggiano le persone a la-varsi le mani regolarmente, a salu-tarsi da lontano, a evitare di toc-carsi il volto. «Molte persone dico-no che il coronavirus non può so-pravvivere al caldo del Ciad, maciò non è vero — dice Amina Gom-nalta, assistente sociale nel distrettocentrale della capitale N’D jamena—. Ci sono già casi nel nostro pae-se. Dunque è importante spiegarealla popolazione che il coronavirusè una pandemia globale e che qui,in questa fase, la cosa più impor-tante è proteggere se stessi e gli al-tri». «Per questo ho affisso grandimanifesti alla porta del centro sani-tario — aggiunge — nel posto dedi-cato al lavaggio delle mani e nellasala d’attesa. Ogni mattina chiedoalle persone di rispettare le misuredi sicurezza, sia nei locali del servi-zio sanitario che a casa». Ma non ètutto.

A N’Djamena, più di 60 giorna-listi di media pubblici e privati so-no stati formati fin dall’iniziodell’emergenza sanitaria sull’infor-mazione responsabile, l’uso di fontiaffidabili e l’identificazione di noti-zie false. Nelle aree urbane delPaese, la maggior parte delle perso-ne guarda la televisione e ascolta laradio, motivo per cui i giornalistisono informatori e opinion makerchiave.

Le Nazioni Unite stanno anchelavorando per prevenire covid-19tra le popolazioni sfollate e colpitedalla crisi. Il Ciad ospita la piùgrande popolazione di rifugiati delSahel: quasi mezzo milione di per-sone sono fuggite dalla violenzanei vicini Sudan, Nigeria e Repub-blica Centrafricana. Inoltre, ci sonopiù di 200.000 sfollati interni nellezone vicine al lago Ciad. Dunquele Nazioni Unite sono impegnate asostenere gli sforzi di sensibilizza-zione del governo e il piano di ri-sposta nazionale per affrontarel’impatto socioeconomico dellapandemia su queste popolazionigià gravemente provate dai cambia-menti climatici. La profonda crisiche vive da tempo il Paese è infattilegata alla tragica riduzione delleacque del lago Ciad, fonte di vitaper milioni di persone. Le sue ac-que, che hanno assicurato risorseidriche a più di 20 milioni di abi-tanti che vivono nei paesi che cir-condano il bacino, si sono ridottein pochi anni del 90 per cento coneffetti devastanti sull’economia esulla sicurezza del Paese, esposto arischi di estremismo violento.

mia la Corea del Sud — nonostantea fine febbraio fosse insieme alla Ci-na il Paese più colpito — è stataconsiderata un modello nel conteni-mento del virus, grazie a un traccia-mento capillare ed efficace. La stra-tegia messa in atto aveva consentitofinora al Paese di tornare a una par-ziale normalità.

L’India, alle prese con una diffu-sione accelerata del virus, segna unrecord. Nella sola giornata di ierisono stati rilevati oltre 4213 contagi.È il livello più alto in 24 oredall’inizio della pandemia. Il bilan-

cio dei contagi sale così a 67.152,mentre il numero dei morti ha rag-giunto quota 2206. Ora si attende,secondo gli esperti, un picco dellapandemia tra giugno e luglio.

Impennata di contagi anche inPakistan, dove sono stati superati i30 mila casi accertati, con 869 nuovipositivi registrati ieri. Secondo i datidel ministero della Salute, il totaledei decessi ha raggiunto quota 659.Sindh meridionale e Punjab orienta-le sono le province più colpite con11.480 e 11.093 casi rispettivamente.

Page 3: TEMPORE AMIS All’Unione Europea servono …...occidentale, combinando le pratiche di routine e le risposte concrete alle emergenze». Secondo il funzionario, la consapevolezza della

L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 11-12 maggio 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è:

come me la cavo eroicamente in quest’affare, ma: quale potrà essere la vita

della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

La profilassi più efficace:solidarietà e aiuto reciproco

Più che contare i giorni serve far contare ogni giorno

di RENZO PEGORARO*

Negli ultimi decenni, specie neipaesi occidentali, più ricchi, l’uma-nità si è sentita sempre più “p oten-te”, cioè dotata di conoscenze scien-tifiche, mezzi tecnologici e risorseeconomiche, che permettono di in-tervenire con incisività sulla natura,sugli uomini, sui sistemi sociali. Etutti i processi produttivi, le relazio-ni sociali, i ritmi di vita, hanno su-bito una forte accelerazione: le co-municazioni sono sempre più veloci,gli spostamenti delle persone sonorapidi e di massa, la “globalizzazio-ne” ha interconnesso tutto e tutti.

Ma in questi ultimi mesi, potenzae rapidità si sono arrestate: un pic-colissimo virus, venuto da lontano,ci ha fermati. Il virus SarsCoV2, re-sponsabile dell’epidemia covid-19, ciha ricordato, in maniera improvvisae drammatica, che l’essere umano èfragile, vulnerabile, mortale. Con fa-tica e sofferenza, abbiamo ripresoconsapevolezza di queste caratteri-stiche della condizione umana. Unvirus che non si sente e non si vede,ma si trasmette per via respiratoria,con contatti ravvicinati e che si èdiffuso ormai in tutto il mondo, mi-naccia la nostra salute, provocamorti, costringe al confinamento incasa, ci fa distanziare nei nostri rap-porti con gli altri, mette in crisil’economia e l’intera società moder-na.

Non la definirei una guerra, an-che se spesso si usano metafore ditipo militare; ma ci troviamo inqualcosa di simile a quanto accaddenel 1986 con il grave incidente nu-cleare di Chernobyl. Ma ora siamoancora più “sosp esi”, nel tempo enello spazio: ci affidiamo ai “contat-ti” online, viviamo alla giornata condifficoltà di pensare e progettare ilfuturo, invochiamo dalla scienza edalla medicina risposte che non san-no dare o appaiono incerte e confu-se. Ci sarebbero molte riflessioniche sorgono da questa situazione,personale e collettiva, che ciascunovive, con diversi modi di reagire,pensare, guardare agli altri e alf u t u ro .

Recup erareumiltà e solidarietà

Sarà importante, quanto prima,riflettere a tutti i livelli culturali, so-ciali e politici, su cosa è accaduto,sull’esperienza vissuta, su come af-frontare le sfide sociali ed economi-che che si stanno affacciando alla ri-presa di tempo e spazio secondo laloro “normalità”. Cosa stiamo impa-rando da questa epidemia? Sonoemerse visioni della vita e modalitàdi organizzare la società che necessi-tano di una profonda revisione, ridi-mensionando una pretesa generaledi “dominio” che ha segnato tutti.Anche la scienza, la medicina, latecnologia hanno dovuto ammettere(con un po’ di fatica) di non esserein grado di spiegare tutto, di dareindicazioni utili e coerenti, di risol-vere ogni problema. La logica, affer-matasi in questi anni, di sosteneresempre la competizione, di favorirela concorrenza in ogni ambito dellavita sociale, per cercare risultati se-condo il “tutto e subito”, ha rivelatola sua fragilità e pericolosità quandovi è una minaccia pubblica gravecome una pandemia. Maggior umil-tà di tutti, più collaborazione tramondo scientifico, professionisti del-la salute, politici, economisti, espertidella comunicazione, istituzioni reli-giose, potrebbe aiutarci a gestiremeglio future emergenze simili, masoprattutto favorire vere misure diprevenzione di ciò.

Solidarietà e aiuto reciproco do-vrebbero diventare la reale “p ro f i l a s -si” per evitare e/o ridurre l’impattodi simili pandemie. E questo assie-me a un profondo ripensamento,con relativi cambiamenti dei modellidi sviluppo, del nostro rapporto conla natura, per una “cura ecologica”dell’ambiente, più sfruttato e mal-trattato che rispettato e coltivato.

Appare sempre più urgente lo svi-luppo di una “bioetica globale”, chesuperi una concezione individuali-stica e solo tecnologico-specialistica,per cercare una visione globale dei

fattori determinanti della salute eper una cura globale.

Siamo tutti nella stessa barca, co-me ha ricordato Papa Francesco,travolti dalla tempesta, e potremosolo salvarci insieme. E potremmoriscoprire anche una dimensione piùspirituale e religiosa della vita, ap-pellandoci a Dio, unico Signore chedona salvezza e speranza, e ci aiutanegli sforzi comuni di curarci e so-stenerci nella “navigazione” dellavita.

Sistemi sanitarisalute pubblica

e responsabilità eticheLa salute è un bene personale e

comune, che chiede un forte impe-gno pubblico per sviluppare struttu-re e servizi adeguati ai bisogni, uti-lizzando le risorse economiche eumane a disposizione secondo crite-ri di efficacia e giustizia, con atten-zione prioritaria al territorio e allaprevenzione. Si tratta, allora, di ri-comprendere quei valori morali chedevono guidare le politiche sanitarieper utilizzare bene le risorse limita-te, secondo principi etici di benefi-cio, giustizia, solidarietà; evitandodiscriminazioni e la caduta su logi-che solo efficientiste o utilitaristiche.Andranno, quindi, meglio definitele priorità e le urgenze in termini disalute, l’organizzazione dei servizi,la preparazione e il sostegno aglioperatori sanitari, spesso messi adura prova, come in questi giornima anche in condizioni più normali.Va meglio sviluppata la modalità digovernance, nelle situazioni consue-te e in quelle di emergenza.

Una pandemia chiede una rispo-sta di public health e di integrazionedi sistema tra ospedali, territorio,autorità sanitarie e politiche, popo-lazione e mass media. Ci sono giàdelle competenze e dei protocolli ditriage elaborati da tempo per epide-mie locali o mondiali e per situazio-ni di grave impatto emergenziale co-me le grandi catastrofi (terremoti,alluvioni...). L’attuale emergenza stamettendo in luce, per il nostro Pae-se, i problemi e le questioni trascu-rate, i punti deboli di un Sistemasanitario che ha principi ispiratori digrande eticità e civiltà (universalità,solidarietà, uniformità), ma ha risen-tito di scelte politiche e organizzati-ve che hanno compromesso certi ri-sultati. In certi contesti, visto ancheil rischio di una “frammentazione”del sistema per una non ben gestitaregionalizzazione, si è poco investi-to sulla comunità, sulla salute pub-blica, cioè in prevenzione, stili di vi-ta sani, riduzione dell’inquinamen-to: curare di più l’ambiente e la co-munità per curare meglio le perso-ne. E viceversa, ossia promuoverestili di vita personali e curare prestoe bene le persone per avere una co-munità più sana. La medicina e lasanità si sono sempre più concentra-ti su risultati a breve-medio termine,sull’investimento tecnologico avan-zato, su prestazioni specialistiche esettoriali, trascurando gli interventisul territorio e una migliore organiz-zazione della medicina di base edell’epidemiologia. È materia com-plessa, con diversi livelli di respon-sabilità, ma che andrà ripresa per ilf u t u ro .

In condizioni di emergenza grave,con risorse limitate a fronte di biso-gni crescenti, come per la pandemiadi covid-19 in riferimento ai letti dirianimazione disponibili, ci si puòtrovare di fronte a decisioni medichee sanitarie drammatiche e laceranti,che coinvolgono criteri etici e re-sponsabilità organizzative particola-ri. La nota della Pontificia Accade-

mia per la Vita del 30 marzo 2020,“Pandemia e Fraternità Universale”,così si esprime a tal proposito: «Aquel punto, dopo aver fatto il possi-bile sul piano organizzativo per evi-tare il razionamento, andrà sempretenuto presente che la decisione nonpuò basarsi su una differenza di va-lore della vita umana e della dignitàdi ogni persona, che sono sempreuguali e inestimabili. La decisioneriguarda piuttosto l’impiego di trat-tamenti nel modo migliore possibilesulla base delle necessità del pazien-te, cioè la gravità della sua malattiae il suo bisogno di cure, e la valuta-zione dei benefici clinici che il trat-tamento può ottenere in termini diprognosi. L’età non può essere as-sunta come criterio unico e automa-tico di scelta, altrimenti si potrebbecadere in un atteggiamento discrimi-natorio nei confronti degli anziani edei più fragili. È del resto necessarioformulare criteri per quanto possibi-le condivisi e argomentativamentefondati, per evitare l’arbitrio o l’im-provvisazione nelle situazioni diemergenza, come la medicina dellecatastrofi ci ha insegnato... La ricer-ca di trattamenti per quanto possi-bile equivalenti, la condivisione del-le risorse, il trasferimento dei pa-zienti sono alternative che vanno at-tentamente considerate, nella logicadella giustizia. In ogni caso, nondobbiamo mai abbandonare la per-sona malata, anche quando non cisono più trattamenti disponibili: cu-re palliative, trattamento del doloree accompagnamento sono esigenzeda non trascurare» (vedi: www.aca-d e m y f o r l i f e .v a ) .

Conclusione

Penso che dovremmo tutti svilup-pare un “supplemento di saggezza”che ci permetta di impararedall’esperienza vissuta e di riorga-nizzare la sanità secondo principi disolidarietà e collaborazione. Forsesarà il nostro più efficace “a n t i v i ru s ”capace di attivare le risorse dellascienza ma anche quelle della perso-ne, dei nostri sentimenti, del nostrocomune impegno per aiutarci, curar-ci, correggere certe derive della so-cietà. Nel suo istantaneo volume“Nel contagio” (Einaudi, Torino2020), Paolo Giordano conclude co-sì: «Nel Salmo 90 c’è un’invo cazio-ne che mi torna spesso in mente inqueste ore: “Insegnaci a contare inostri giorni e acquisteremo un cuo-re saggio”. Forse mi viene in menteperché non facciamo altro che con-tare. Contiamo gli infetti e i guariti,contiamo i morti, contiamo i ricove-ri e le mattine di scuola saltate, con-tiamo i miliardi bruciati dalle borse,le mascherine vendute. E contiamoe ricontiamo i giorni, soprattuttoquelli, i giorni che ci separano daquando l’emergenza sarà passata.Ho però l’impressione che il Salmovoglia suggerirci un computo diver-so: insegnarci a contare i nostrigiorni per dare un valore ai nostrigiorni. A tutti, anche questi che cisembrano solo un intervallo penoso.Possiamo dirci che la covid-19 è unincidente isolato, una disgrazia o unflagello, gridare che la colpa è tuttaloro. Oppure, possiamo sforzarci diattribuire un senso al contagio. Fareun uso migliore di questo tempo,impiegarlo per pensare ciò che lanormalità c’impedisce di pensare:come siamo arrivati qui, come vorre-mo riprendere. Contare i giorni. Ac-quistare un cuore saggio. Non per-mettere che tutta questa sofferenzatrascorra invano».

*Cancelliere della Pontificia accademiaper la Vita

La fine di un incubo lungo 18 mesi

Tornata in Italiala cooperante Silvia Romano

ROMA, 11. Un lungo abbraccio con ifamiliari, la prima esplosione digioia per scacciare un incubo durato18 mesi: così Silvia Romano ha ri-conquistato una piccola parte dinormalità, appena rientrata in Italiadopo la fine della sua prigionia inSomalia.

«Sto bene mentalmente e fisica-mente e sono felicissima» sono statele prime parole della cooperante mi-lanese all’aeroporto di Ciampino,dove ad accoglierla c’erano il presi-dente del Consiglio, Giuseppe Con-te, e il ministro degli Esteri LuigiDi Maio. Prima di tornare a casa, in

Lombardia, il colloquio con i pmromani, a cui ha raccontato — se-condo la stampa — di essersi conver-tita all’islam spontaneamente e dinon essersi sposata.

Romano è stata liberata sabatoscorso grazie a un’operazione deiservizi italiani in collaborazione coni servizi turchi e somali. È stata re-cuperata a 30 chilometri dalla capi-tale Mogadiscio.

La cooperante ha passato 4 ore difronte ai pm spiegando le varie fasidel rapimento avvenuto il 20 no-vembre 2018 in un villaggio in Ke-nya, dove la 25enne milanese si oc-cupava di bambini per conto di unaonlus. Finora — secondo la stampa— sembra certo che sia stata cattura-ta su commissione, da un gruppo dicriminali comuni locali assoldati daijihadisti somali di al Shabaab o co-munque da un gruppo a loro affilia-to. Anche perché il suo passaggiooltre confine, dal Kenya alla Soma-lia, sarebbe stato quasi immediato.«In questi mesi sono stata trasferitafrequentemente, sempre in luoghiabitati, in almeno 4 covi, sempre al-la presenza degli stessi carcerieri»ha spiegato la cooperante, che poiha detto di non aver avuto contatticon altri rapiti. «Mi hanno assicura-to che non sarei stata uccisa e così èstato» ha spiegato Romano.

Le modalità del rilascio hannosuscitato alcune polemiche, soprat-tutto per il presunto pagamento diun riscatto.

Il sequestro, il doloree un’umanità dimenticatadi GIULIO ALBANESE

Silvia Romano è felicementerientrata in Italia. Difficilesolo immaginare quello che

ha sofferto. Non è certamente statain vacanza alle Maldive.

Eppure l’opinione pubblica ita-liana è divisa. Da una parte c’è chine apprezza il coraggio e la gene-rosità che hanno animato la suascelta di partire come volontaria.D all’altra vi sono coloro che si sca-gliano pesantemente contro di leicon invettive d’ogni genere. Pole-mizzare sulla sua conversioneall’Islam o sul pagamento di un ri-scatto per il rilascio sono conside-razioni fuori luogo, a dir pocoinopp ortune.

Anzitutto dobbiamo prendereatto che la sua vita è salva dopoun anno e mezzo di dura prigio-nia. Ed è corretto manifestare ilnostro ringraziamento alle autoritàgovernative italiane che si sonoprodigate affinché questo risultatofosse conseguito. Nessuno può di-re, a parte il suo sorriso mentreabbracciava i genitori e la sorella,quali siano le reali condizioni diSilvia, oltre che fisicamente, da unpunto di vista psicologico e spiri-tuale. È troppo presto per sapereciò che è realmente accaduto dal20 novembre 2018, giorno del suorapimento in Kenya, a sabato scor-so, quando è stato dato l’annunciodella sua liberazione in Somalia. Epoi, lungi dal voler essere retorici,in una circostanza come questa,non dimentichiamo mai che esiste,per ogni persona creata ad imma-gine e somiglianza di Dio, il forointerno, quello dell’anima, che nes-suno può violare.

Chi scrive conosce bene la fero-cia di Al Shabaab, una delle piùcriminali formazioni jihadiste afri-cane assieme a Boko Haram in Ni-geria. E cosa dire della Somaliadove dalla caduta del regime diSiad Barre, nel lontano gennaiodel 1991, la popolazione civile èpreda di violenze inaudite? Bastipensare che il governo di Mogadi-scio, internazionalmente ricono-sciuto, riesce a controllare a faticapochi scampoli di territorio. Stia-mo parlando di realtà anni luce di-stanti dal nostro immaginario. Og-gi per noi, qui in Italia, la preoc-cupazione è il coronavirus e so-prattutto la ripresa del “SistemaPa e s e ”, principalmente dal puntodi vista delle attività produttive.

Molti di noi non considerano ilfatto che se da una parte è logicopensare come il lockdown in Italiaabbia innescato un acceso dibattitotra i fautori della salute e quellidella produzione, nel Sud delmondo questa stessa dialettica haassunto altri significati.

Per i poveri, quelli ad esempioche sopravvivono con meno di duedollari al giorno in Somalia, la pa-rola “economia” significa “mezzi disussistenza”, mentre per i paesi delcosiddetto Primo mondo rimandaai “mercati azionari” e in terminigenerali al business. Queste dueprospettive asimmetriche vengonoconfermate anche dalla diversapercezione della sofferenza, a se-condo della latitudine in cui unosservatore si trova. Come scrivel’attivista srilankese Mohan Muna-singhe, presidente e fondatore delMunasinghe Institute for Develop-ment (Mind), il numero delle vitti-me causate dal covid-19 non è mi-nimamente paragonabile «agli al-meno 7 milioni di persone chemuoiono di fame ogni anno in tut-to il mondo (oltre la metà dei qua-li sono bambini nei paesi più po-veri) e agli altri 8-9 milioni che pa-tiscono la stessa sorte a causadell’inquinamento dell’aria edell’acqua».

Cosa c’entra tutto questo ragio-namento con la nostra Silvia Ro-mano? La risposta è semplice. An-ni fa, nell’agosto del 2002, il sotto-scritto, assieme a due suoi confra-telli, visse l’esperienza del seque-stro in Africa, precisamente nelNord Uganda. Un’esperienza indi-menticabile e traumatica, anche sein un lasso di tempo limitatissimoin confronto al sequestro di Silvia.Devo confessare che, dopo la libe-razione, provai un grande disagioquando venni investito dalle do-mande dei giornalisti. La curiositàera tutta incentrata su noi tre e so-prattutto sul racconto di quantoavvenuto. A pochi cronisti interes-sò sapere quale fosse la reale con-dizione di tanta umanità dolenteche allora, nel Nord Uganda, eraostaggio della ferocia dei ribellidell’Lra.

Silvia non dimenticherà facil-mente questa brutta esperienza,non foss’altro perché è stata a di-retto contatto con una società rele-gata nei bassifondi della Storia, unpopolo, quello somalo, da decennisul Calvario.

Scossa di terremotoavvertita

nella provinciadi Roma

ROMA, 11. Una scossa di terremo-to di magnitudo 3.3 sulla scalaRichter ha colpito alle 5.03 di og-gi il nordest della provincia diRoma. Il sisma ha avuto ipocen-tro a dieci chilometri di profondi-tà. L’epicentro è stato registrato a5 chilometri da Fonte Nuova e a11 dalla Capitale. Tanta la pauratra la popolazione, che ha avverti-to chiaramente la scossa.

Molte le chiamate ai vigili delfuoco e alle forze dell’ordine, contante gente scesa in strada. Nonrisultano danni a persone o cose.

Sono 15 i comuni compresi nelraggio di venti chilometri dall’epi-centro interessati dal sisma. Lo harilevato l’Istituto nazionale digeofisica e vulcanologia (Ingv): sitratta di Fonte Nuova, Mentana,Monterotondo, Roma, GuidoniaMontecelio, Sant’Angelo Roma-no, Riano, Ciampino, Tivoli, Ca-stelnuovo di Porto, Sacrofano,Palombara Sabina, Frascati, For-mello e Capena. I sismologidell’Ingv hanno dichiarato che ilterremoto è stato avvertito daqualche milione di persone. Nellazona l’ultimo sisma risale al 1901.

Pioggia di razzisulla capitale libica

TRIPOLI, 11. Nuova offensiva diHaftar su Tripoli. È salito a 12 ilnumero di feriti, tra cui tre bambi-ni, causati dal lancio di razzi su di-versi quartieri della capitale da par-te delle forze del generale Haftar.Lo riporta la pagina Facebookdell’Operazione “Vulcano di Rab-bia” delle milizie filogovernative adifesa della capitale confermandoche i morti sono tre.

Una fonte anonima dell’emittenteLibya al-Ahrar ha riferito che l’ae-roporto di Mitiga è stato colpito.Un aereo di linea è stato danneg-giato dal bombardamento al mo-mento di decollare alla volta dellaSpagna. A bordo «c’erano famigliebloccate dall’emergenza coronaviruse provenienti da paesi europei comeGermania, Spagna e Olanda» ri-porta l’emittente. Gravi danni sonostati subiti dal terminal 1 dell’a e ro -porto come segnalato da un tweet

del sito «Libya Observer» che pub-blica anche alcune foto.

Immediata la reazione della Tur-chia, che sostiene le forze governa-tive. Le milizie di Haftar «divente-ranno obiettivi legittimi se gli attac-chi alle missioni e agli interessi diAnkara in Libia continueranno» silegge in una nota. La Turchia haintensificato il suo sostegno negliultimi mesi al governo di accordonazionale (Gna) riconosciuto dalleNazioni Unite a Tripoli, dopo cheHaftar ha lanciato un’offensiva l’an-no scorso per impadronirsi della ca-pitale. «Gli attacchi a missioni di-plomatiche, tra cui la nostra amba-sciata a Tripoli, l’aeroporto di Miti-ga, gli aerei civili che si preparano adecollare e altre infrastrutture civilie quelli che uccidono civili o li feri-scono, costituiscono un crimine diguerra» continua la nota.

Un nuovo testper i bambiniaffetti da Hiv

ROMA, 11. Un nuovo test per valu-tare la carica virale residua neibambini affetti da Hiv: aiuterà so-prattutto i paesi più poveri, doveil virus è molto più diffuso. Il testè stato messo a punto dagli esper-ti dell’Ospedale Pediatrico Bambi-no Gesù e i risultati della ricercasono stati pubblicati dalla presti-giosa rivista scientifica “Lancet”.L’esame si rivela molto più sem-plice, rapido ed economico rispet-to a quelli già esistenti. In effetti— come spiega una nota — esami-nare la carica virale residua è fon-damentale per curare con efficaciala malattia nei bambini. Finoradiffondere questo tipo di test so-prattutto nei Paesi in via di svi-luppo è risultato troppo costoso edalla difficile applicabilità in zonepoco attrezzate.

Page 4: TEMPORE AMIS All’Unione Europea servono …...occidentale, combinando le pratiche di routine e le risposte concrete alle emergenze». Secondo il funzionario, la consapevolezza della

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Il covid-19 ha provocato un impoverimento generalizzato rendendo evidente la necessità di politiche internazionali inclusive

Dalle crisi globalisi esce solo tutti insieme

La piaga e il balsamoCome nei secoli la cultura ha «gestito» in senso catartico le pestilenze in perfetto equilibrio tra realtà e finzione

gio ha invece ampliato il divario socio-econo-mico, facendo sentire i suoi devastanti effettisoprattutto sulle fasce più povere della popo-lazione e in particolare su quei gruppi prividi ogni tutela, come gli immigrati irregolari oi lavoratori “in nero”. Una situazione, questa,ancora più grave in quei paesi dove non vigelo stato sociale e le persone non godono dialcuna garanzia, nemmeno dal punto di vistasanitario.

Sono passati ormai due mesi da quando,lo scorso 11 marzo, l’Organizzazione mondia-le della sanità (Oms) ha dichiarato la pande-mia da coronavirus. In quel momento si con-tavano 118.000 casi e 4.291 vittime. I dati diieri, 10 maggio, parlano invece di 3.884.434casi ufficiali e di 272.859 morti. Due mesi ter-ribili, in cui il covid-19, seppur arginato in al-cune zone grazie alle politiche di distanzia-

mento sociale, si è abbattuto sul mondo condevastante, e forse inattesa, virulenza. Unavirulenza che se ha aggravato il divario eco-nomico e sociale nei paesi occidentali, rischiadi allargare a dismisura il solco tra paesi ric-chi e paesi poveri.

L’occidente, anche se colpito duramente, èriuscito in qualche modo a combattere l’epi-demia, perché complessivamente più prepara-to rispetto ai paesi con sistemi sanitari e so-ciali molto più deboli. L’Oms e le altre agen-zie dell’Onu temono l’espansione della malat-tia in Africa e nelle altre regioni del sud delmondo, perché sono consapevoli che la diffu-sione del virus, per quanto lenta, non potràessere contrastata in modo adeguato. Soprat-tutto per mancanza di risorse economiche.

In una drammatica conferma dell’i n t e rc o n -nessione che lega il mondo, la crisi che ha

tro quella che ha definito «la peggiore cata-strofe umanitaria dalla seconda guerra mon-diale». Secondo Beasley la pandemia è desti-nata a raddoppiare il numero delle personeche soffrono la fame, incidendo tragicamentein situazioni locali già compromesse da guer-re, eventi climatici estremi e carestie. Alle 135milioni di persone che nel 2019 hanno soffer-to di insicurezza alimentare acuta se ne ag-giungeranno quindi, nel 2020, altre 130 mi-lioni a causa dell’impatto economico del co-

bito, per garantire maggiore solidità ai paesiin via di sviluppo, per fornire loro un’ade-guata capacità di risposta in situazioni diemergenza e quindi per mettere al riparo ilmondo intero dall’insorgenza di nuove crisi.

Sostenere le economie mondiali più fragiliin definitiva conviene a tutti, ma anche in unmomento come questo la solidarietà interna-zionale non sembra, per alcuni, essere unapriorità. Inevitabilmente nel fare certe scelte,come quella di attaccare apertamente l’O ms

di GIUSEPPE FIORENTINO

Tra le tante immagini che in futuroaccompagneranno il ricordo diquesta pandemia figureranno cer-tamente quelle delle persone in fi-la. In fila per fare la spesa, per

entrare in farmacia, per accedere ai servizipostali o bancari.

Ma un’altra immagine, di cui molti aveva-no perso la memoria, segna in modo doloro-so questi difficili giorni: le persone, dotate dimascherina, in paziente attesa davanti aiMonti di pietà, dove sperano di racimolare ilnecessario per tirare avanti qualche giorno. Èun’“istantanea” che fa comprendere come,contrariamente a quanto previsto da alcunifrettolosi sociologi, il coronavirus non sia sta-to un grande livellatore. Ovunque, il conta-

A fare da contraltare nel corso della storiaalle brutture delle pestilenzesi sono imposte le bellezze della culturaattraverso la sublimazione operatadalla letteratura e dall’arte

Due mesi fa l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarava lo stato di pandemia da coro n a v i ru s

La voce e i gestidi Papa Francesco

Un’immagine di cui molti avevano perso la memoriasegna in modo doloroso questi difficili giorniLe persone, dotate di mascherina, in paziente attesadavanti ai Monti di pietàdove sperano di racimolare il necessarioper tirare avanti qualche giorno

colpito il ricco nord si è riverberatacon violenza al sud. Il flusso dellerimesse di centinaia di milioni dimigranti si è interrotto, sottraendolinfa vitale ai paesi in via di svilup-po, già costretti a devolvere buonaparte dei loro bilanci al pagamentodel debito estero. Una recente in-dagine del «Washington Post» hadimostrato che la povertà globaleaumenterà quest’anno per la primavolta in oltre due decenni. La Ban-ca mondiale ha dal canto suo pre-visto che il coronavirus porterà mi-lioni di persone alla miserianell’Africa sub-sahariana e nell’Asiameridionale. Secondo alcuni eco-nomisti, un improvviso impoveri-mento potrebbe riguardare l’8 percento dell’umanità (circa mezzomiliardo di persone). Un impoveri-mento che significherà fame.

Non si tratta solo di fosche pre-visioni. Il mese scorso, per la preci-sione il 21 aprile, il direttore esecu-tivo del Programma alimentaremondiale (Pam), David Beasley,durante un briefing video con ilConsiglio di sicurezza delle Nazio-ni Unite, ha messo in guardia con-

vid-19. Nel 2020 saranno così circa 265 milio-ni le persone nei paesi a basso e medio red-dito che soffriranno di grave insicurezza ali-mentare. A meno che non vengano intrapreseazioni rapide per contrastare questa verapandemia della fame.

Una crisi globale avrebbe bisogno di unarisposta globale per evitare che in futuro crisilocali e regionali possano avere effetti moltodannosi a livello planetario. Ma per il mo-mento, mentre le grandi economie varano,giustamente, programmi di stimolo a novezeri, solo qualche briciola viene devoluta aipaesi più poveri, che, vale la pena ribadirlo,spendono più per mantenere fede agli impe-gni con i creditori stranieri che per sviluppa-re i loro sistemi sanitari o le loro reti di pro-duzione alimentare. Sempre nello scorsoaprile, i paesi del G-20 hanno deciso di con-gelare, temporaneamente, il pagamento deldebito estero di molte nazioni povere. Maforse, come auspicato da molti, è giunto ilmomento di decidere la cancellazione del de-

e altre organizzazioni multilaterali, giocanovalutazioni politiche legate a un orizzonteche potrebbe essere definito “domestico”. Unorizzonte troppo limitato per rispondere auna tragedia globale. E non è nemmenoescluso il rischio che la ricerca del vaccinopossa generare una competizione nel tentati-vo di guadagnare una posizione dominante.Il ruolo delle organizzazioni internazionalidovrebbe essere proprio quello di impedireche certe tentazioni abbiano seguito e forsequesto spiega i continui tentativi di delegitti-marle.

Siamo tutti nella stessa barca, ha ricordatoPapa Francesco nello straordinario momentodi preghiera svoltosi il 27 marzo in una piaz-za San Pietro completamente deserta e sfer-zata dalla pioggia. Siamo «tutti chiamati aremare insieme». Una chiamata forte allacorresponsabilità e un monito sempre attuale.Perché dalla crisi del coronavirus, come daogni altra crisi che coinvolge l’umanità inte-ra, si esce in un solo modo. Insieme.

Il Papa in piazza San Pietro il 27 marzo 2020

La poesia, risorsa contro l’isolamento

Custodi del fuoco

«U na preghiera per inostri fratelli cinesiche soffrono questamalattia così crudele.Che trovino la strada

della guarigione il più presto possibile»: è il12 febbraio — in pratica un mese prima chel’Oms proclami lo stato di pandemia dacovid-19 — quando Papa Francesco, altermine dell’udienza generale, fa suel’angoscia e la sofferenza delle popolazionicoinvolte dai primi focolai del contagio,allora apparentemente confinato nellalontana regione asiatica. Due settimanedopo, il 26, sempre al termine dell’i n c o n t rosettimanale del mercoledì con i fedeli ditutto il mondo, il Pontefice esprime«nuovamente vicinanza ai malati delcoronavirus e agli operatori sanitari che licurano, come pure alle autorità civili e atutti coloro che si stanno impegnando perassistere i pazienti».Nei giorni successivi, con il precipitare dellasituazione soprattutto in Italia, anchel’agenda papale viene inevitabilmentemodificata dalle misure anti-contagio.L’Angelus di domenica 8 si tiene dallaBiblioteca del Palazzo apostolico, non dallafinestra, e viene trasmesso in direttastreaming sugli schermi in piazza SanPietro. «È un po’ strana questa preghieradell’Angelus di oggi, con il Papa“ingabbiato” nella biblioteca, ma io vi vedo,vi sono vicino» esordisce Francescoall’appuntamento di mezzogiorno nellaseconda domenica di Quaresima; per poitornare sul tema al termine della preghiera,dicendosi «vicino alle persone che soffronoper l’attuale epidemia». E la modalità ditrasmissione in streaming viene scelta ancheper la messa del mattino a Casa SantaMarta, senza più fedeli. Da alloraquotidianamente, domeniche comprese, ilvescovo di Roma offre la celebrazione peruna particolare categoria di persone vittimedella malattia o impegnate a contrastarla.Ammalati, medici, infermieri, farmacisti,volontari, vigili del fuoco, forze dell’o rd i n e ,giornalisti: ogni giorno un’intenzione —ormai una sessantina — fino a quellaodierna, per chi ha perso l’occupazione olavora in nero. E così avviene negli unicidue appuntamenti “o rd i n a r i ” rimastisettimanalmente: le recite domenicalidell’Angelus (e poi del Regina Caeli) e leudienze generali del mercoledì. Sempre unpensiero, un’orazione.Martedì 10, il vescovo di Roma si rivolgecon un videomessaggio alla sua diocesi, inoccasione della messa, in assenza di fedeli,celebrata dal cardinale vicario Angelo DeDonatis presso il santuario romano dellaMadonna del Divino Amore per laGiornata di preghiera e di digiuno.Significativo è l’Angelus del 15 marzo, incui Francesco esprime la propriapreoccupazione per la regione italiana piùcolpita, la Lombardia, dove però vescovi epreti non si arrendono: «Vorrei ringraziareanche — dice — la creatività dei sacerdoti.Tante notizie mi arrivano dalla Lombardiasu questa creatività... Sacerdoti che pensanomille modi di essere vicino al popolo,perché il popolo non si sentaabbandonato...; che hanno capito bene chein tempi di pandemia non si deve fare il

“don Abbondio”». E dopo aver recitato lapreghiera mariana torna sull’a rg o m e n t o ,raccomandando la comunione spirituale:«Siamo invitati a riscoprire e approfondireil valore della comunione che unisce tutti imembri della Chiesa. Uniti a Cristo nonsiamo mai soli, ma formiamo un unicoCorpo, di cui Lui è il Capo. È un’unioneche si alimenta con la preghiera, e anchecon la comunione spirituale all’Eucaristia,una pratica molto raccomandata quandonon è possibile ricevere il Sacramento». Poinel pomeriggio si reca a sorpresa in dueluoghi simbolici di Roma: la basilica diSanta Maria Maggiore e la chiesa di SanMarcello al Corso — dov’è custodito ilmiracoloso crocifisso che salvò la città dallapeste — per invocare la fine della pandemia.Giovedì 19 marzo, il Papa si unisce alrosario serale dei vescovi italiani per ilPaese. E in un videomessaggio spiega: «Inquesta situazione inedita, in cui tuttosembra vacillare, aiutiamoci a restare saldiin ciò che conta davvero. È un’indicazionedi cammino che ritrovo in tante lettere deivostri Pastori che, nel condividere un

momento così drammatico, cercano disostenere con la loro parola la vostrasperanza e la vostra fede». Nello stessogiorno la Penitenzieria apostolica, exauctoritate Summi Pontificis, concede unaserie di indulgenze legate al particolareperiodo dell’e m e rg e n z a .E se domenica 22 il Papa rilancia quello chesembra un vero e proprio sloganprogrammatico — «Alla pandemia del virusvogliamo rispondere con l’universalità dellapreghiera, della compassione, dellatenerezza» — mercoledì 25, a mezzogiorno,festa dell’Annunciazione, Francesco invita icapi delle Chiese e di altre confessionicristiane a unirsi a lui nella recita di unPadre Nostro ecumenico.La sera di venerdì 27, in una piazza SanPietro vuota e bagnata dalla pioggia, PapaBergoglio scrive una delle pagine più belledel suo pontificato. Il momento dipreghiera sul sagrato della basilica siarticola tra ascolto della Parola di Dio,preghiera e adorazione del SantissimoSacramento, con il quale al termine impartela benedizione Urbi et orbi, a cui viene

annessa la possibilità di riceverel’indulgenza plenaria. Anche le paroledell’omelia sono di quelle destinate arimanere nella storia: «Da settimane —scandisce tra l’altro Francesco in uno deipassaggi più toccanti — sembra che sia scesala sera. Fitte tenebre si sono addensate sullenostre piazze, strade e città; si sonoimpadronite delle nostre vite riempiendotutto di un silenzio assordante e di unvuoto desolante, che paralizza ogni cosa alsuo passaggio: si sente nell’aria, si avvertenei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamotrovati impauriti e smarriti. Come idiscepoli del Vangelo siamo stati presi allasprovvista da una tempesta inaspettata efuriosa».Il 29 marzo, il Pontefice aderisce all’app ellodel Segretario Generale delle Nazioni Unite«per un “cessate il fuoco globale eimmediato in tutti gli angoli del mondo”,richiamando l’attuale emergenza per ilcovid-19, che non conosce frontiere». Poiaccenna a «tutte le persone che patiscono lavulnerabilità di essere costretti a vivere ingruppo: case di riposo, caserme». E in

particolare fa riferimento ai detenuti,menzionando «un appunto ufficiale dellaCommissione dei Diritti Umani che parladel problema delle carceri sovraffollate».Il 3 aprile, all’approssimarsi della SettimanaSanta, il Papa invia un videomessaggio insegno di vicinanza alle famiglie italiane edel mondo: «Celebriamo in modo davveroinsolito la Settimana Santa, che manifesta eriassume il messaggio del Vangelo, quellodell’amore di Dio senza limiti. E nelsilenzio delle nostre città, risuonerà ilVangelo di Pasqua... È la speranza di untempo migliore, in cui essere migliori noi,finalmente liberati dal male e da questapandemia». Tutti i riti, aggiornati eadeguati al nuovo contesto, si tengono inVaticano: nel Giovedì santo la messa delcrisma non viene celebrata, a differenza diquella “nella Cena del Signore”, che però sisvolge senza la tradizionale lavanda deipiedi; la Via crucis del venerdì — con lemeditazioni scritte da detenuti padovani —non si tiene al Colosseo; nella veglia delSabato santo non ci sono battesimi e l’Urbiet orbi del mattino di Pasqua vieneimpartita a una piazza vuota di gente.Ma il Papa continua a levare alta la propriainvocazione ogni volta che ne hal’occasione. E la domenica seguente, 19aprile, esce dal Vaticano per celebrare lamessa della Divina misericordia — nellafesta istituita vent’anni prima da GiovanniPaolo II — nella vicina chiesa di SantoSpirito in Sassia. «La misericordia — diceall’omelia — non abbandona chi rimaneindietro. Ora, mentre pensiamo a una lentae faticosa ripresa dalla pandemia, si insinuaproprio questo pericolo: dimenticare chi èrimasto indietro. Il rischio è che ci colpiscaun virus ancora peggiore, quellodell’egoismo indifferente... Questapandemia ci ricorda però che non ci sonodifferenze e confini tra chi soffre. Siamotutti fragili, tutti uguali».Verso la fine di aprile una nuova iniziativa:una lettera per invitare a dedicare «il mesedi maggio, nel quale il popolo di Dioesprime con particolare intensità il suoamore e la sua devozione alla VergineMaria», alla preghiera del «Rosario a casa,in famiglia. Una dimensione, quelladomestica, che le restrizioni della pandemiaci hanno “c o s t re t t o ” a valorizzare, anche dalpunto di vista spirituale» spiega.Infine, e siamo ai giorni più recenti,domenica 3 maggio Francesco esorta lacomunità internazionale a «mettere insiemele capacità scientifiche, in modo trasparentee disinteressato, per trovare vaccini etrattamenti e garantire l’accesso universalealle tecnologie essenziali che permettano adogni persona contagiata, in ogni parte delmondo, di ricevere le necessarie curesanitarie». E «poiché la preghiera è unvalore universale», accoglie e rilancia «laproposta dell’Alto Comitato per laFratellanza Umana affinché il prossimo 14maggio i credenti di tutte le religioni siuniscano spiritualmente in una giornata dipreghiera e digiuno e opere di carità, perimplorare Dio di aiutare l’umanità asuperare la pandemia».

di NICOLA BU LT R I N I

Pochi giorni dopo l’inizio dellockdown, una mattina presto, fa-ceva ancora freddo, mi sono recatoin chiesa. L’ho trovata vuota, av-volta nella penombra e nel silen-

zio e sono stato sopraffatto da una opprimen-te malinconia. Mancava qualcosa; eppureogni cosa era al suo posto, anche io mi senti-vo al cospetto del Signore, né più né meno.Poi ho capito: mancavano gli altri.

Negli anni a venire si diranno molte cosesu questa pandemia. Esperti di ogni settoreci spiegheranno, nella loro competenza, tuttoquello che non abbiamo capito, perché «Co-me una lente rovesciata, il passato ci mette afuoco» (Corrado Benigni). Ma una cosa ècerta e chiara fin da ora. Credevamo di esse-re una società ipertecnologica e che la tecno-logia avrebbe soddisfatto ogni nostra pur in-tima esigenza, credevamo di essere autosuffi-cienti, autonomi, indipendenti, di poter ba-dare a noi stessi. In sostanza credevamo dipoter fare a meno dell’altro, che infatti eraspesso un incomodo da disconoscere e co-munque da tenere a debita distanza.

E invece ci siamo accorti nell’arco di ungiorno che la cosa che ci mancava di piùera proprio l’altro, il suo contatto, quantomeno la sua vicinanza, la sua presenza. Eper cosa? Per la cosa più semplice delle re-lazioni umane, la condivisione, quel parteci-pare insieme, l’offrire del proprio, il coinvol-gere e coinvolgersi nelle vite altrui che cirende sempre in qualche modo responsabili.E abbiamo così preso atto della «zigzagantelinea di / frattura / fra tecnica e natura»(Valerio Magrelli). Nel mio piccolo “esilio”ho subito pensato a come poter continuarea “c o n d i v i d e re ” le cose care in generale e traqueste, per me, naturalmente la poesia.

Ho pensato a vari progetti, ma tutti misembravano piuttosto laboriosi; invece lacondivisione è tanto più importante quantoè spontanea. Avevo lì una poesia, che nonavevo scritto pensando direttamente allasurreale situazione che ci apprestavamo a vi-vere, ma che certamente era “adeguata” almomento. Il testo si chiude con i versi «perquanto possiate dubitare / voglio pregarvisalvi / questo non lo potete impedire», unaspecie di abbraccio insomma, da rivolgereidealmente agli amici.

Così ho fatto una lista dei miei contattiWhatsApp (il telefono è la cosa che abbia-mo utilizzato di più in questo periodo) e hoinviato un breve video in cui leggo la poe-sia. Dopo pochi minuti, un poeta amico daBologna (Alberto Bertoni) mi ha rispostocon una sua videolettura. Dopo poco daRoma, un’altra amica poetessa mi ha rispo-sto con una sua videolettura. «Adesso che ilfantastico ha intaccato il reale — ecco losguardo del poeta — in assenza di corpi, ilcorpo urbano è astratto, scarnificato / pae-saggio con sirene, uno sconcerto» (MariaGrazia Calandrone). Ovviamente (con il lo-ro permesso) ho girato i video alla mia listadi contatti.

Da allora, ogni giorno per più di un meseho ricevuto brevi videoletture che ho “fattog i r a re ” alla mia lista di contatti; lista che siè andata ampliando perché (evidentemente,sparsa la voce) altre persone, spesso a mesconosciute, chiedevano di esservi inserite ericevere quindi le videoletture. Ho così con-diviso circa sessanta contributi; qualche no-me? Ricordo a caso: Claudio Damiani, Ros-

sella Tempesta, Daniele Mencarelli, TizianoBroggiato, Valerio Magrelli, Elena Buia,Massimo Morasso, Salvatore Ritrovato,Franco Buffoni, Gian Mario Villalta, Gian-franco Lauretano, Filippo Davoli, SimoneDi Biasio, Umberto Piersanti, Davide Ron-doni, Corrado Benigni e molti altri poeti.Ma anche gli attori Davide Riondino, Si-mona Marchini, Greg, Maria Letizia Gorgae anche un inedito Nichi Vendola o il sax

di Beppe D’Argenzio. Spesso si è trattato dipoesie inedite, a volte di editi che però inqualche modo potevano riferirsi al momen-to che stiamo vivendo. Voci diverse, diffe-renti scritture, quasi sempre immerse nelpresente, perché «forse sei solo come gli al-tri, nell’opera del mondo» (Emanuele Fran-ceschetti). Ma «per andare avanti / devi fer-marti a mezza strada / far entrare la luce al-le radici» (Valentina Colonna) e pensare aldomani, quando «torneremo in superficie»,a dispetto della paura «costringe a stare nel-la durata di un altro» (Carmen Gallo).

Tutto qui, niente di più e niente di meno;si è trattato solo di brevi video ripresi con ilcellulare e girati via WhatsApp. Ogni voltaho girato i video che ricevevo a una lista dicirca 250 contatti. So che molti a loro voltahanno girato i video su vari gruppi o altrisocial, la rivista online «Ciminiera» ne pub-blica un paio ogni settimana e ancora oggivedo i video che rimbalzano in rete. Misembra un buon pubblico, non solo attento,ma che, ci tengo a dirlo, non è fatto solo dapoeti o da amanti della poesia. E infatti horicevuto moltissimi messaggi di risposta ecommenti, anche e soprattutto da personeche so che non hanno mai frequentato lapoesia. Ho smesso la mia iniziativa salutan-do tutti affettuosamente, alla vigilia dellaFase 2 con una poesia “p ro f e t i c a ” che Va-lentino Zeichen ha scritto nel 1987 e che èstata letta dalla figlia Marta. Lascio ad altrile interpretazioni su questo piccolo fenome-no, ma forse anche questa è una prova chela poesia è una voce nel vento che resiste,sempre (Omero lo sapeva bene).

Per quanto mi riguarda, ho sentito inten-samente una pur minima condivisione, co-me una fiamma pilota pronta a rinvigorirsipresto. E mi piace l’idea di avere spruzzatol’aria con un po’ di poesia, sanificandol’ambiente per quando sarà tutto finito.

Alba a Roma

di VALENTINO ZEICHEN

(…)È l’alba di un nuovo giorno;lungo Via dei Fori Imperialiun cinese fa dello jogging;con la coda dell’o cchiosbircia le tavole geograficheche documentano le progressiveconquiste dell’Impero Romano.È probabile che sogniper conto del suo governo,il dominio del mondo;confidando nella certezzache il pericolo giallo, in Occidenteviene associato solo alle ciclicheepidemie influenzali.

(da Museo interiore, Mondadori, 1987)

di GABRIELE NICOLÒ

Opposti e complementari. Lebrutture della peste, con lesue letali conseguenze, e lebellezze della cultura, con lesue sublimi creazioni. Nel

momento in cui infuriano le prime, le se-conde, come per reazione, sorgono e si svi-luppano. Facendo da contraltare. E cosìmentre nel corso della storia si registra ilmale legato da perniciose manifestazionidella natura, si afferma anche il bene di unpatrimonio fatto di ingegni e di intuizioni,che non intende demonizzare il nemico, masublimarlo, servendosi dei talenti della lette-ratura e dell’arte. È in quest’ottica che si in-quadra la rubrica del nostro giornale intito-lata Il racconto dell’epidemia nei secoli, checon diversi contributi (altri ancora sono inprocinto di essere pubblicati) ha voluto ri-percorrere la cronaca di drammatici avveni-menti e richiamare, a beneficio dei lettori, laveste letteraria con cui tale cronaca è stataconfezionata. Un connubio di realtà e fin-zione che rappresenta un significativo spac-cato nella storia della cultura.

La peste di Atene, nel 430 a.C. venne rac-contata da Tucidide, considerato “il primostorico scientifico”, nella Guerra del Pelopon-neso. Colpisce, nel suo serrato racconto, lameraviglia di fronte a un fatto di cui non siaveva memoria nel mondo antico. La meravi-glia dello storico era la stessa meraviglia cheinvase i medici i quali si sentirono impotentinon sapendo quali argini porre al dilagaredel morbo. Gran parte di loro soccombetteroall’epidemia, essendo ovviamente entrati incontatto con i malati nel disperato tentativodi dare loro adeguata assistenza. Si stima chela peste uccise due terzi della popolazione.La peste dà agio allo storico di elaborareuna riflessione di carattere etico. Nella patriadi Fidia e di Platone, nella città faro dellademocrazia e che aspirava ad assurgere a

simbolo della democrazia, il terribile eventoaveva fatto sì che, come reazione, numerosicittadini rompessero ogni argine e violasseroil rispetto di ogni buona creanza. Ma al con-tempo Tucidide non manca di celebrare legesta di coloro, anzitutto i medici, che siprodigarono — pur con i modestissimi mezzia loro disposizione — nel tentativo di guarirei malati, o almeno di lenire le loro sofferen-ze. Fino al sacrificio di sé stessi. A distanzadi tanti secoli, alla luce delle drammaticheconseguenze inferte dal coronavirus, l’esem -pio dei medici, e infermieri, dall’antichità aigiorni nostri, rimane immutato. Degno dellamassima lode.

Anche il mondo dell’arte è stato segnatonei secoli dall’infuriare delle epidemie, co-stringendo gli artisti a rinchiudersi nellapropria dimora per evitare il peggio. Ma ilgenio di alcuni artisti ha saputo tradurre insomma bellezza una realtà lesiva e detur-pante. Da Rembrandt a Tiziano, da Cara-vaggio a Durer, si è sviluppata una narrati-va che rappresenta la testimonianza dellastrenua volontà dello spirito umano a nonsoccombere al male e, nello stesso tempo,dell’intima forza che innerva e anima la cul-tura se minacciata dalla natura e dalle suedevastanti manifestazioni. A questi maestrisi aggiunge Nicolas Poussin che predendospunto dalla peste di Milano del 1630 (e daun episodio del Vecchio Testamento) dipin-se La peste di Azoth.

E alla peste a Milano dà significativo ri-lievo Alessandro Manzoni nei Promessi sposi.Di fronte all’epidemia lo scrittore evidenzial’impotenza dell’uomo, che si crede, a torto,sovrano delle cose terrene. Nonostante fossestato avvertito per tempo circa i prodromidel morbo, il tribunale della sanità rimaneinerte. Ma il male avanza e opporvi l’i n c re -dulità, sembra suggerire Manzoni, non èuna tattica saggia. Come se non bastasse, ilgovernatore, lungi dal raccomandare la so-cial distancing, come diremmo oggi, incuran-

te del pericolo ordina pubbliche feste per lanascita del primogenito di Filippo I V. Al ri-schio letale del contagio non ci pensa pro-prio. Non gli è da meno la popolazione mi-lanese: anch’essa non crede all’esistenza del-la peste nel contado. «Chi buttasse là unaparola del pericolo, chi motivasse peste, ve-niva accolto con beffe incredule, con di-sprezzo iracondo», scrive Manzoni. E cosìla peste entra a Milano. Lo scrittore non fasconti nel biasimare la cecità dell’uomo difronte al male venuto, a suo modo, per fargiustizia di torti e soprusi: ecco dunque im-porsi le figure di due medici che cercano distornare il flagello. Verranno tacciati come«nemici della patria». L’etica manzoniana —fondata sul senso dell’armonia tra gli uomi-ni — è scossa dal fenomeno della peste. Essainfatti mette a nudo le bassezze che corrom-pono la natura umana. E come a voler rigi-rare il coltello nella piaga, Manzoni eviden-zia come in uno scenario così torbido riusci-va comunque a lingueggiare qua e là lafiamma del «buon senso» di chi aveva capi-to come stavano le cose e come bisognavaagire per risolvere la situazione.

Nel primo decennio del regno di Giaco-mo I i teatri di Londra rimasero chiusi acausa della peste. Confinato entro quattromura, il genio di William Shakespeare nonsi sentì penalizzato, visto che produsse alcu-ni dei suoi capolavori, tra cui il Re Lear(1606). Nella tragedia la parola plague (“p e-ste”) ricorre più volte. In uno dei passidell’opera si legge: «Cordelia mia. T’ho ri-trovata. Chi vorrà dividerci dovrà carpire alcielo un tizzone ardente e, come volpi, scac-ciarci col fuoco. Tergiti gli occhi, li divoreràla peste, carne e pelli, prima di farci piange-re » .

L’epidemia che afflisse Londra nel 1665viene descritta con vivezza di dettagli daDaniel Defoe nel Diario dell’anno della peste(1722). Le prime vittime del morbo sono ipoveri. In seguito in tanti moriranno suicidi

nell’isolamento imposto dallo Stato. In unaInghilterra puritana la peste è concepita co-me la conseguenza dell’ira di Dio per i pec-cati umani.

Una Venezia colpita dal colera — nel ro-manzo La morte a Venezia di Thomas Mann— fa da cornice all’amore, vano e tragico,dello scrittore Gustav Aschenbach (minatodalla malattia) per il giovane Tadzio, di ete-rea bellezza. L’epidemia verrà a deturpare lapurezza e l’armonia, ovvero quei canoniclassici preso a modello dallo scrittore econcepiti come baluardo da opporre ai ma-rosi scatenati dal destino. Una terribile epi-demia che decima la popolazione di un fan-tomatico principato è il tema de La masche-ra della Morte Rossa di Edgar Allan Poe.Folgorante è l’incipit: «La Morte Rossa ave-va da tempo devastato il paese. Nessuna pe-stilenza era mai stata così fatale o così terri-bile. Il sangue era il suo avatar e il suo mar-chio: il colore rosso e l’orrore del sangue».

La rubrica ha dedicato attenzione, dove-rosamente, non solo a La peste di AlbertCamus, ma anche a testi inediti, sempre sul-la peste, dello scrittore francese. Inedito inItalia è il documento tratto dai «Cahiers dela Pléiade» del 1947 intitolato Le archives dela peste. In questo numero della storica rivi-sta Camus pubblica due testi, l’Esortazioneai medici della peste e il Discorso della peste aisuoi amministrati: si tratta di materiali, conuna loro propria specificità, che precedonodi qualche mese (giugno 1947) l’uscita delsuo capolavoro. Sarà pure un “m i n o re ” del-la letteratura italiana, ma Raoul Maria DeAngelis fu protagonista di una q u e re l l e let-teraria proprio con Camus. La sua opera,La peste a Urana, precede di tre anni La pe-ste dello scrittore francese. Le affinità tra idue romanzi insinuano il sospetto di plagio.Camus declinò ogni responsabilità ma ciòche è importante rilevare è che il premioNobel per la letteratura dedicò una privile-giata attenzione al romanzo di De Angelis.

Ciò a conferma di un’arguta sentenza diJorge Louis Borges: «Ogni scrittore crea isuoi precursori».

Nel 252, per i fedeli colpiti da una tre-menda pestilenza, il più insigne dei Padripreniceni, san Cipriano, scrive De mortalita-te. L’epidemia era esplosa in Egito, causan-do migliaia di morti: il morbo arriverà an-

che a Roma. Non c’è solo crudo realismonell’opera, ma anche e soprattutto la visionecristiana del dolore e della morte, nonchél’invito alla speranza.

Il tempio della Sagrada Família nasceproprio durante un’epidemia, che colpiscein particolare Barcellona: si tratta della feb-bre gialla, il tifo, totalmente sconosciuto inEuropa. È il 1870. Barcellona vive la suamassima espansione grazie alla seconda ri-voluzione industriale. Ma arriva il tifo, chesi insedia nei quartieri più poveri. E la cittàdiventerà ben presto un deserto. A frontedel vuoto creato dall’epidemia, un editorebarcellonese ha l’intuizione di istituireun’associazione spirituale. I membri andran-no poi da Pio IX con un obolo e quindi ini-zieranno una peregrinazione che tocca pri-ma il Santuario di Loreto e successivamentequello di Montserrat, dove maturano il pro-posito di una nuova iniziativa: costruire unachiesa espiatoria, ossia che si finanzi unica-mente con l’elemosina.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 lunedì-martedì 11-12 maggio 2020

Da schiavo africanoa missionario

Riscoperta in un libro la figura di Daniele Sorur

Un prete, il primo di origine sud su-danese, ma soprattutto la voce di unafricano del XIX secolo, simbolo di ri-scatto per il proprio continente. Lo ri-scopre il libro «Da schiavo a missio-nario. Tra Africa ed Europa, vita escritti di Daniele Sorur Pharim Den»(Roma, Edizioni Studium, 2019, pa-gine 352, euro 26), scritto da Giaco-mo Ghedini, esperto in storia dellaschiavitù e della Chiesa, con focus sul-le missioni in Africa. Ne pubblichiamola presentazione.

di GI A N PA O L O RO M A N AT O

Q uesto studio di GiacomoGhedini recupera una figuradi africano e di sacerdote —

Daniele Sorur — che merita la no-stra attenzione. Era un dinkadell’attuale Sudan del Sud cheignorava come si chiamasse esatta-mente, dove fosse nato e quando,anche se probabilmente attorno al1860. Sapeva solo di essere statostrappato alla famiglia con la vio-lenza, cosa allora molto frequentefra le popolazioni che vivevano lun-go il Nilo, e reso schiavo di un ara-bo musulmano che gli aveva dato ilnome di Sorur e l’aveva portatoverso nord, a El Obeid, nel Kordo-fan sudanese. Era un adolescentequando riuscì a fuggire e si rifugiònella missione cattolica fondata daDaniele Comboni. I nomi con cuivolle essere identificato dopo il bat-tesimo e la cristianizzazione ricor-davano le esperienze fondamentalidella sua vita: Daniele era stata lasua salvezza, Sorur la sua condan-na.

Comboni lo accolse, lo rieducò,ne intuì l’intelligenza e se lo portòin Italia, facendolo studiare a Ro-ma, nelle migliori strutture cattoli-che, e in Libano, dove perfezionòl’arabo. L’ex schiavo divenuto sa-cerdote imparò a parlare e a scrive-re in molte lingue, si impadronìdella classica cultura cristiana, giròtutta l’Europa e morì nel 1900, pro-babilmente di tubercolosi. Avevacirca quarant’anni. I suoi scritti, se-polti negli archivi, furono presto di-menticati. Questo libro di Ghedini,largamente fondato su documentiinediti, è dunque il primo lavorocompleto su quest’uomo, fatta ecce-zione per un precedente interventodi Fulvio De Giorgi. Scopriamo co-sì uno dei primissimi preti africaniapparsi in Europa, che strabiliava ilpubblico del tempo per la periziacon cui passava da una linguaall’altra, ma spaventava le pie don-ne, stupefatte e incredule davanti aun nero che celebrava la messa edistribuiva la comunione.

Daniele Sorur visse negli anni incui esplodeva il colonialismo euro-peo e l’Africa cadeva preda dellegrandi potenze. Dietro lo s c ra m b l efor Africa, come si disse allora, c’erail profondo senso di superioritàdell’Europa. Un senso di superiori-tà che sconfinò spesso nel razzismoe che contagiò anche molti ambien-ti missionari. Quando studiai la fi-gura di Daniele Comboni, ricordoche rimasi impressionato dai giudizisprezzanti, oggi inimmaginabili,formulati sugli africani da moltisuoi missionari. Comboni inveceguardò all’Africa con il massimo ri-spetto, intuendo che in quel conti-nente vergine e ancora semiselvag-gio poteva esserci il futuro del cri-stianesimo. Ebbene, Daniele Sorur,lo schiavo divenuto sacerdote, pre-dicatore e scrittore, fu il prodottoforse più compiuto e anticipatoredel suo lavoro. Le riflessioni di que-sto prete dinka sulla condizionedell’uomo africano, del negro, comesi diceva allora con disprezzo, le

sue meditate demolizioni delle ideerazziste in quegli anni tanto in vo-ga, sostenute da una lucida intui-zione della relatività delle culture,la sua capacità di ragionare da paria pari con l’intellettualità europea,la sua appassionata difesadell’uguaglianza degli esseri umani,dovunque si trovino, ne fanno ununicum che era tempo di riscoprire.Ugualmente, ci stupiscono per laloro valenza anticipatrice le sue ri-flessioni, caute ma inequivocabili,sulla questione del celibato del cle-ro, che in Africa si scontra con abi-tudini di vita e valori completamen-te diversi. La capacità di ragionaredi questo “figlio del deserto”, perusare la sua autodefinizione, po-nendosi a cavallo di due culture, didue mondi, rispettoso di entrambema non appiattito su nessuna delledue, è tanto più notevole se pensia-mo che si muoveva — e con devotavenerazione — all’interno di un cat-tolicesimo attardato in una sterilebattaglia contro la modernità libe-rale, che si accodò con molto ritar-do alle campagne antischiaviste ot-tocentesche, come si spiega nellaprima parte del libro. Una figuraoriginale e interessante, insomma,Daniele Sorur. Un precursore chemeritava di essere dissepolto dagliarchivi e tratto dall’oblio.

Appello dei vescovi dell’Africa orientale sulla tutela dei minori in tempo di pandemia

Ancora più attenti ai loro bisogni

Ricordo del gesuita Engelbert Mveng assassinato 25 anni fa in Camerun

Povertà che tocca l’e s s e redi GABRIEL BA S U Z WA *

Engelbert Mveng, gesuita, as-sassinato venticinque anni fain Camerun, suo paese natale,

era uno studioso di teologia, filoso-fia, storia e arte, profondamente in-triso di filosofia cattolica, pur re-stando in dialogo con le culture delmondo. Un concetto mi sembra da-re senso all’insieme delle sue attivitàe alla sua esistenza: quello di paupe-rizzazione antropologica, soprattuttotra il popolo africano. È il risultatodi una lunga storia di rifiuto diamare e di rispettare l’altro, e anchedella rassegnazione dei popoli chehanno finito col sottovalutarsi a for-za di essere umiliati nella schiavitù enella colonizzazione. Mveng pensache un’evangelizzazione autenticapossa attenuare questi danni. Allasua morte, mi sono detto: è venutotra i suoi ma i suoi non hanno ac-colto il suo messaggio (cfr. Giovanni,1, 11), mentre lui voleva dare un sen-so all’esistenza dell’Africa. Purtrop-po ci sono ancora dei dirigenti afri-cani che porgono il fianco agli inge-gneri della pauperizzazione antropo-logica non solo in Africa ma nelmondo intero.

L’identità africana di Mveng locollegava agli altri popoli del mon-do, proprio come la saggezza e l’in-telligenza africana, a partire dal-l’Egitto, sono passate da un conti-nente all’altro. E lui si vedeva comefiglio della Chiesa universale e citta-dino del mondo. Allontanandosiconsapevolmente dai sentieri battuti,è riuscito a restituire all’Africa la suadignità e la sua capacità di autode-terminazione. Perché non figuravaallora nei nostri corsi di iniziazionealla teologia e alla filosofia africana?Perché non è stato invitato a Romaper i lavori finali del Sinodo dei ve-scovi per l’Africa del 1994, visto che,con le sue riflessioni avanguardiste,aveva contribuito a prepararlo?

Nel 1994 il Camerun ha attraver-sato una grave crisi economica. Unasera stavo seguendo in televisioneun dibattito nazionale alquantonoioso. All’improvviso, sono statorisvegliato da un intervento originaleche chiedeva di non contare sulFondo monetario internazionale perfar uscire il paese dalla profonda cri-si in cui versava. Diceva che non eracontraendo debiti a lungo termineche si poteva far uscire il paese dalla

crisi, ma piuttosto trovando in noistessi le vie e gli strumenti. Quell’in-tervento era di Mveng.

Dopo il suo assassinio avvenutonella notte tra il 22 e il 23 aprile1995, ho partecipato con dolore, in-sieme a tanti altri, alla veglia fune-bre nella chiesa di Mvolye, a Yaoun-dé. Mveng amava veramente l’Afri-ca. Per lui, la vocazione religiosa eraessenzialmente profetica. Nel suostile provocatorio, chiamava Mosè“l’Africano”, per dire agli africani ealle africane del suo tempo che nonesiste una fatalità che impedisce alcontinente africano di liberarsi ed’intraprendere il cammino dell’Eso-do. Voleva indicare loro che la veraliberazione proviene dal Dio diAbramo, dal Dio di Giacobbe, dalDio di Gesù Cristo, che è anche ilDio dell’Africa.

Mveng non aveva descritto lapauperizzazione del continente afri-cano soltanto sul piano materiale, acausa della spoliazione delle sue ri-sorse naturali. Parlava anche di unapovertà che tocca l’essere umanonella sua identità specifica, in quan-to essere umano (ubuntu): la mag-gior parte degli africani si ritrovanoprivati di ciò che c’è di più specifi-catamente umano, ossia la dignità,la bontà, la libertà, la creatività,l’autodeterminazione, la religiosità,la solidarietà, la compassione, l’usosaggio della ragione e altro ancora.

La schiavitù e la colonizzazionehanno posto l’Africa sulla viadell’auto-annientamento.

Mveng sottolinea che la vera di-gnità umana risiede essenzialmentenel riconoscimento del posto di Diodi fronte all’intero creato. Risiedenel rispetto e nell’amore per l’a l t ro ,senza mai dimenticare il TotalmenteAltro, l’Unificatore, il Dio trinitario.Il suo approccio non era solo pan-africanista ma anche universalista.Povero è chi si rinchiude antropolo-gicamente in un rigido nazionali-smo.

Nell’incontro con i miei fratelli ele mie sorelle dell’Africa ho trovato

persone che, di fronte ai problemi,dicono facilmente «non posso». Ri-flettendo sul concetto di povertà an-tropologica sono giunto a chiamarla“complesso d’incapacità”. La pover-tà materiale in Africa non costitui-rebbe il suo handicap più grave senon fosse rafforzata dal complessod’incapacità, uno degli elementi co-stituenti della povertà antropologica.I mandanti dell’assassinio di Mvengprobabilmente non riuscivano più asopportare il suo costante appello avivere come esseri umani autentici ea rispettare la vita dei cittadini co-muni. Lui era indubbiamente riusci-to a toccare la coscienza di quanti sipermettevano di arrogarsi il dirittodi vita e di morte sugli umili cittadi-ni. Nella sua umiltà che esalta la suadignità personale, Mveng mostravaalla coscienza dei cosiddetti potentidi questo mondo che non sono lascienza, né l’oro e l’argento, e nep-pure la popolarità e la potenza mili-tare, a fare la vera grandezza umana,ma piuttosto l’amore, il rispetto del-la vita altrui, la ricerca della giusti-zia e della pace.

Mveng vedeva con amarezza ildeperimento del suo popolo permancanza di conoscenza. Oggi, lapovertà antropologica in Africa è re-sa ancora più grave da dirigenti che,invece di ascoltare il grido dei loropopoli, sostengono una dipendenzamultidimensionale dalle ex potenzecoloniali, che indebolisce notevol-mente la creatività del popolo africa-no e la sua legittima autostima.

*Superiore regionaledei missionari saveriani in Burundi

Engelbert Mveng, «Via crucis» (1960)

La Chiesa in Kenya

In aiuto degli anzianiNAIROBI, 11. La comunità cattolicain Kenya si mobilita anche i favoredegli anziani, tra i più vulnerabilidi fronte alla pandemia. Nella ca-pitale Nairobi la Commissione epi-scopale giustizia e pace ha decisodi donare alla casa di riposo Ka-riobangi Cheshire alimenti e benidi prima necessità: farina di mais e

di grano, riso, fagioli, ceci, olio,latte, detersivi, pannoloni e ma-scherine. La struttura — si leggesul sito web dell’Associazione deimembri delle Conferenze episcopa-li dell'Africa orientale (Amecea) —ospita una quarantina di persone,tra uomini e donne, in età avanza-ta, ma porta avanti anche un pro-gramma di assistenza diurna in fa-vore di altre trecento persone, tracui anche alcuni malati di lebbra,che vivono nei quartieri periferici.

La donazione è stata resa possi-bile grazie all’organismo per lo svi-luppo internazionale della Chiesacattolica di Inghilterra e Galles(Catholic international develop-ment charity in England and Wa-les, Cafod). «La pandemia da co-ronavirus — spiega suor LydiaD’sa, delle suore francescane mis-sionarie per l’Africa, direttrice dellaCasa di riposo — ci ha posto da-vanti a nuove sfide, perché i volon-tari e i membri delle piccole comu-nità cristiane che erano soliti por-tare del cibo e passare del tempocon i nostri anziani non hanno piùpotuto farlo». E tante altre perso-ne in età avanzata stanno ora chie-dendo aiuto: «Si fermano al can-cello della nostra struttura — rac-conta la direttrice — e noi diamoloro un pasto caldo, delle provvistee delle medicine da portare a ca-sa». Nei giorni scorsi, sempre laCommissione giustizia e pace in-sieme alla Caritas hanno consegna-to alle famiglia più bisognose deglislum di Kibera farina, zucchero,olio, saponette, disinfettanti e ma-scherine protettive. I nuclei fami-liari indigenti nel territorio dellaparrocchia di Saint Michael Otien-de hanno ricevuto gli articoli diprima necessità in questo momentodi pandemia che comporta ulterio-re emarginazione per le popolazio-ni che vivono sempre in condizionidi vita precarie.

Da ricordare, inoltre, che alla fi-ne di aprile la Conferenza episco-pale del Kenya aveva lanciato unappello a tutti i cristiani e a tuttele persone di buona volontà affin-ché sostenessero le vittime del co-vid-19. In una lettera, il presidentedell’episcopato, Philip Anyolo, ar-civescovo di Kisumu, insieme alpresidente della Caritas nazionale earcivescovo di Mombasa, monsi-gnor Martin Kivuva Musonde,chiedevano di devolvere «denaro,generi alimentari e non alimentariper sostenere e salvare la vita dellapopolazione colpita». Ad oggi, inKenya, secondo i dati della JohnHopkins University, si contano 621casi confermati di coronavirus, po-co più di duecento guariti e unatrentina di decessi.

NAIROBI, 11. Appartengono alle ca-tegorie più deboli ma rappresenta-no il futuro dell’umanità: per que-sto i bambini devono essere ancorpiù tutelati in tempi drammatici co-me quello contrassegnato dalla pan-demia di coronavirus. È l’app ellolanciato da George Thuku, respon-sabile dell’Ufficio per la tutela deiminori dell'Associazione dei membridelle Conferenze episcopali del-l’Africa orientale (Amecea) per sen-sibilizzare le famiglie e la societàsull’argomento. «Di fronte alla pan-demia in corso e alle conseguentimisure preventive che i governi e leautorità ecclesiastiche stanno adot-tando — ha sottolineato Thuku inuna nota sul portale dell’o rg a n i s m o— i bambini sono vulnerabili a varieforme di abuso. Per questo, essi de-vono rimanere al centro dell’atten-zione di tutti i settori della vitaquotidiana, affinché sia garantito illoro benessere emotivo, fisico, so-ciale, economico e spirituale».

Nonostante il tasso di mortalità acausa del covid-19 permanga a livel-li relativamente bassi tra i minori,essi subiscono comunque l’impattodella pandemia, ha aggiunto il re-sponsabile. Questo perché, essendochiusi per ragioni sanitarie la mag-gior parte degli istituti scolastici ededucativi che hanno un ruolo cru-ciale nella vita dei bambini, la nor-malità psico-sociale, nonché spiri-tuale, è sconvolta. Non solo. «Ibambini vengono colpiti economi-camente quando i loro genitori o imembri delle loro famiglie si amma-lano. Per questo, è importante tene-re presente la vulnerabilità dei piùpiccoli ed essere estremamente vigiliper proteggerli da ogni possibiledanno».

Per impedire a questa calamità diprodurre ulteriori effetti negativi èfondamentale che i genitori adotti-no adeguati comportamenti, ha evi-denziato Thuku. In primo luogo,

affrontare insieme ai figli «il signifi-cato psico-sociale della pandemia»,ad esempio «ponendo loro doman-de aperte, sfatando miti e paure erassicurandoli sulla loro salute»,senza però «fare false promesse».In secondo luogo, le famiglie sonoesortate ad «aiutare i bambini acomprendere e a osservare le misurepreventive del coronavirus, comeconsigliato dalle autorità e daglioperatori sanitari». In particolare, iminori «devono capire che non solosono vulnerabili al contagio mapossono anche trasmettere il virusagli altri» prosegue la nota.

Un’attenzione specifica è stata ri-volta ai maggiori rischi di abuso cuii bambini sono soggetti in tempo dipandemia, a causa dell’i n t e r ru z i o n edelle normali attività delle famigliee delle comunità. I più piccoli, in-fatti, possono diventare più vulnera-bili non solo al contagio, «ma an-che ad altre forme di danno fisico,emotivo, sessuale, incluso l’abban-dono». Pertanto, sostiene l’Amecea,«i genitori, i tutori e chi si prendecura di loro devono essere estrema-mente prudenti per garantire sem-

pre che i loro figli siano sorvegliatie ben protetti, sia in casa che fuo-ri». Fondamentale diventa quindiascoltare attentamente i minoriquando esprimono i loro bisogni.Inoltre, essi devono essere aiutati amantenersi attivi, aggiunge Thuku,«ad esempio giocando fuori casa intutta sicurezza o facendo eserciziofisico, sempre senza comprometterela loro salute e quella dei loro coe-tanei», sottraendoli all’uso scorrettodelle risorse on line. Queste ultimenon devono essere considerate inun’accezione negativa, viene preci-sato, anzi compito essenziale dei ge-nitori è quello di incoraggiare i figliad accedere in modo sicuro ad in-ternet non solo per comprenderecosa sia realmente il coronavirus maanche per scopi didattici. «Moltescuole, infatti — osserva il responsa-bile dell’Ufficio per la tutela deiminori — si sono attrezzate concreatività per permettere agli stu-denti di esercitarsi tramite i sussidiweb e questo li terrà al sicuro ementalmente impegnati. È impor-tante non solo passare del tempocon loro, ma anche passare del tem-

po di qualità, perché questo è ilmomento di “v i z i a re ” i nostri figlicon attenzione, cura e amore».

L’intervento dell’Amecea è solol’ultima espressione del costante im-pegno a favore dei minori, tradotto-si in numerosi incontri e conferenzeorganizzate nel corso degli anni invari stati del continente. «La tuteladei minori — ha dichiarato in unodi questi meeting l’arcivescovo diBlantyre, Thomas Luke Msusa, vi-cepresidente dell'Amecea — è parteintegrante del messaggio evangeli-co. È necessario creare un ambientesicuro per loro, dando priorità ai lo-ro interessi. I bambini sono il no-stro prossimo e abbiamo l’obbligo eil dovere di amarli e difenderli daogni possibile sfruttamento». Così,lo scorso anno, l’organismo africanoha pubblicato un manuale di lineeguida e di standard da seguire perla protezione dei minori, «guidatidal Codice di diritto canonico, da-gli insegnamenti sociali cattolici edagli orientamenti della Chiesa uni-versale in relazione alla tutela deiminori e degli adulti vulnerabili», èscritto nel libretto.

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L’OSSERVATORE ROMANOlunedì-martedì 11-12 maggio 2020 pagina 7

A Santa Marta il Pontefice si unisce ai fedeli di Termoli che celebrano san Timoteo e prega di nuovo per il mondo del lavoro

Per le persone che soffronola mancanza di occupazione

«In questi giorni tanta gente ha per-so il lavoro; non sono stati riassunti,lavoravano in nero... Preghiamo perquesti nostri fratelli e sorelle che sof-frono questa mancanza di lavoro». Ècon questa accorata preghiera chePapa Francesco ha iniziato lunedìmattina, 11 maggio, la celebrazionedella messa nella cappella di CasaSanta Marta. Aggiungendo poiun’ulteriore intenzione spirituale:«Ci uniamo oggi — ha detto — ai fe-deli di Termoli, nella festa dell’In-venzione del corpo di san Timoteo».

Il passo del Vangelo indicato dal-la liturgia del giorno «è tratto dalcongedo di Gesù alla Cena», ha fat-

to notare il Pontefice facendo riferi-mento al brano di Giovanni (cfr. 14,21-26). «Il Signore — ha osservato —finisce con questi versetti: “Vi hodetto queste cose mentre sono anco-ra presso di voi. Ma il Paràclito, loSpirito Santo che il Padre manderànel mio nome, lui vi insegnerà ognicosa e vi ricorderà tutto ciò che io viho detto”» (cfr. versetti 25-26).

Questa, ha proseguito il Papa, è«la promessa dello Spirito Santo; loSpirito Santo che abita con noi eche il Padre e il Figlio inviano. “IlPadre invierà nel mio nome”, disseGesù, per accompagnarci nella vita.E lo chiamano Paràclito. Questo è il

compito dello Spirito Santo. In gre-co — ha spiegato Francesco — il Pa-ràclito è colui che sostiene, che ac-compagna per non cadere, che timantiene fermo, che è vicino a teper sostenerti».

E «il Signore — ha affermato — ciha promesso questo sostegno, che èDio come Lui: è lo Spirito Santo.Cosa fa lo Spirito Santo in noi? IlSignore lo dice: “Vi insegnerà ognicosa e vi ricorderà tutto ciò che io viho detto” (cfr. versetto 26). I n s e g n a ree r i c o rd a re . Questo è il compito delloSpirito Santo».

Quindi soffermandosi sul primotermine «ci insegna» il Papa ha chia-

rito che « ci insegna il mistero dellafede, ci insegna a entrare nel miste-ro, a capire un po’ più il mistero. Ciinsegna la dottrina di Gesù e ci inse-gna come sviluppare la nostra fedesenza sbagliare, perché la dottrinacresce, ma sempre nella stessa dire-zione: cresce nella comprensione».

E «lo Spirito — ha fatto presenteil Pontefice — ci aiuta a crescere nel-la comprensione della fede, a com-prenderla di più, a comprenderequello che dice la fede. La fede nonè una cosa statica; la dottrina non èuna cosa statica, cresce. Cresce comecrescono gli alberi, sempre gli stessi,ma più grandi, con frutto, ma sem-pre lo stesso, nella stessa direzione.E lo Spirito Santo evita che la dot-trina sbagli, evita che rimanga fermalì, senza crescere in noi. Ci insegneràle cose che Gesù ci ha insegnato,svilupperà in noi la comprensione diquello che Gesù ci ha insegnato, fa-rà crescere in noi, fino alla maturità,la dottrina del Signore».

E «un’altra cosa che dice Gesùche fa lo Spirito Santo — ha affer-mato il vescovo di Roma — è ricor-d a re : “Ricorderà tutto ciò che vi hodetto”» (cfr. versetto 26). Lo SpiritoSanto è come la memoria, ci sveglia:“Ricordati di quello, ricordati dell’al-t ro ”... Ci mantiene svegli, sempresvegli nelle cose del Signore e ci faricordare anche la nostra vita: “Pe n -sa a quel momento, pensa a quandohai incontrato il Signore, pensa aquando hai lasciato il Signore”».

«Una volta — ha confidato il Pon-tefice — ho sentito dire che una per-sona pregava davanti al Signore co-sì: “Signore, io sono lo stesso che dabambino, da ragazzo, avevo questisogni. Poi, sono andato per camminisbagliati. Adesso tu mi hai chiama-to”. Io sono lo stesso: questa è lamemoria dello Spirito Santo nellapropria vita. Ti porta alla memoriadella salvezza, alla memoria di quel-lo che ha insegnato Gesù, ma anche

alla memoria della propria vita». E,ha aggiunto Francesco, «questo miha fatto pensare — questo che dicevaquel signore — a un bel modo dipregare, guardare il Signore: “Sonolo stesso. Ho camminato tanto, hosbagliato tanto, ma sono lo stesso etu mi ami”. La memoria del cammi-no della vita».

«In questa memoria, lo SpiritoSanto ci guida; ci guida — ha insisti-to il Papa — per d i s c e r n e re , per di-scernere cosa devo fare adesso, qualè la strada giusta e qual è quellasbagliata, anche nelle piccole deci-sioni. Se noi chiediamo la luce alloSpirito Santo, Lui ci aiuterà a di-scernere per prendere le vere decisio-ni, le piccole di ogni giorno e le piùgrandi. È quello che ci accompagna,ci sostiene nel discernimento». Dun-que, ha continuato Francesco, «loSpirito che insegna: ci insegneràogni cosa, cioè fa crescere la fede, ciintroduce nel mistero; lo Spirito checi ricorda: ci ricorda la fede, ci ricor-da la nostra vita; e lo Spirito che inquesto insegnamento e in questo ri-cordo ci insegna a discernere le deci-sioni che dobbiamo prendere».

E a questo — ha fatto presente — iVangeli danno un nome, allo SpiritoSanto, sì, Paràclito, perché ti sostie-ne, ma un altro nome più bello: è il

Dono di Dio. Lo Spirito è il Dono diDio. Lo Spirito è proprio il Dono.Non vi lascerò soli, vi invierò un Pa-ràclito che vi sosterrà e vi aiuterà adandare avanti, a ricordare, a discer-nere e a crescere. Il Dono di Dio èlo Spirito Santo».

Concludendo la sua meditazione,il Papa ha invitato a pregare perché«il Signore ci aiuti a custodire que-sto Dono che Lui ci ha dato nelBattesimo e che tutti noi abbiamod e n t ro » .

È poi con la preghiera di sant’Al-fonso Maria de’ Liguori che France-sco ha invitato «le persone che nonpossono comunicarsi» a fare «ades-so» la comunione spirituale. Conclu-dendo la celebrazione con l’adora-zione e la benedizione eucaristica.Per affidare infine — accompagnatodal canto dell’antifona Regina Caeli— la sua preghiera alla Madre diDio, sostando davanti all’immaginemariana della cappella di Casa SantaMarta.

A mezzogiorno le intenzioni delvescovo di Roma sono state rilancia-te davanti all’altare della Cattedradella basilica Vaticana dal cardinalearciprete Angelo Comastri che haguidato la recita del Regina Caeli edel rosario.

Fedele compagno e discepolo di san Paolo

A gennaio, nei giorni della settimana di preghieraper l’unità dei cristiani, Papa Francesco avevapotuto personalmente pregare davanti al corpodel santo vescovo di Efeso, fedele compagno diviaggio e discepolo di Paolo: prima, sabato 25,nella basilica di San Paolo per i “vespriecumenici” e poi, l’indomani, in piazza SanPietro per la celebrazione della prima Domenicadella Parola di Dio. E di Timoteo il Pontefice haparlato anche oggi, lunedì 11 maggio, nellaricorrenza del settantacinquesimo anniversario delritrovamento del corpo del santo, avvenuto nellacripta della cattedrale di Termoli — in unacassetta lignea nell’abside di destra — durante ilavori di restauro effettuati nel 1945 perringraziare il Signore di aver risparmiato lachiesa e la città dalla distruzione durante laguerra da poco conclusa. Il vescovo della diocesimolisana Gianfranco De Luca alle 18 presiede lamessa — celebrata senza la partecipazione deifedeli e trasmessa in streaming — nella chiesa diSan Timoteo, con una simbolica processione, conle reliquie, lungo le mura perimetrali della chiesa.E al termine del rito il presule imparte,dall’esterno della chiesa, la benedizione alla città,alla presenza del sindaco.

Le iniziative della Christian Conference of Asia in tempo di pandemia

Testimoniare la misericordiadi RICCARD O BURIGANA

«D io, guariscici, perchésiamo vulnerabili»: conquesto slogan la Chri-

stian Conference of Asia (Cca) hainvitato tutti i cristiani a prepararsialla Asia Sunday, prevista per il 25maggio prossimo, nella quale testi-moniare la comune volontà di viverel’unità della Chiesa nella diversitàdelle tradizioni cristiane nella lucedi Cristo, morto e risorto per la sal-vezza delle genti. L’Asia Sunday èun momento, tra i più significativiper il suo contenuto e per il livellodi partecipazione, del cammino ecu-menico in Asia, che ha assunto unvalore del tutto particolare quest’an-no per la pandemia del covid-19.

La Cca ha rivolto un invito allecomunità locali a pregare per laguarigione di tutti coloro che sonostati colpiti dal coronavirus e a ope-rare, in ogni direzione, per sostenerepovertà e solitudine. Al tempo stes-so, proprio in vista della celebrazio-ne della Asia Sunday, la Cca hachiesto di riflettere, insieme, su co-me la pandemia abbia mostrato lavulnerabilità di uomini e di donnein un tempo in cui si stava semprepiù affermando una lettura tecnolo-gica del mondo con la quale si pen-sava di poter risolvere ogni proble-ma, anche se, come era stato denun-ciato dalla stessa Christian Confe-rence of Asia, l’accesso alla tecnolo-gia non era per tutti e non tenevaconto della cura del creato.

Fin dalle prime settimane dellapandemia la Cca ha raccolto leesperienze di tante comunità che sisono impegnate nell’acquisto di at-trezzature mediche, nella prepara-zione di strutture di accoglienza perla quarantena e nella raccolta di ci-bo. Non sono mancate le richiesteper un radicale ripensamentodell’assistenza sanitaria che, in mol-te casi, ha dimostrato la sua debo-lezza soprattutto nei confronti degli

ultimi della società. La ChristianConference of Asia ha anche esorta-to i cristiani a trovare nuove forme,alla luce dei limiti imposti dai go-verni nazionali, per l’assistenza spi-rituale, cercando anche di moltipli-care le occasioni di collaborazioneinterreligiosa proprio su questoaspetto. Per favorire la condivisionedi queste esperienze, nei giorni scor-si, la Cca ha organizzato una secon-do incontro, in modalità webinar,con la partecipazione di autorevoliesponenti del mondo cristiano, co-me l’arcivescovo Sebouh Sarkissiandella Chiesa armena in Iran, il ve-scovo della Chiesa Unita, ReuelNorman Marigza, segretario genera-le del Consiglio delle Chiese delleFilippine e il reverendo Jacky Ma-nuputty, segretario generale dellaComunione delle Chiese in Indone-

sia. Al webinar è intervenuto anchepadre William LaRousse, in rappre-sentanza della Federazione delleConferenze episcopali dell’Asia(Fabc) in modo da testimoniare laricerca di un’azione ecumenica an-che nei tempi di pandemia. Nellariunione è emersa la necessità di raf-forzare l’azione per sostenere per-corsi spirituali con i quali aiutare icristiani a leggere le difficoltà pre-senti senza abbandonare la speranzaper il domani. Nella definizione diquesti percorsi è stata richiamatal’importanza di radicarli su una let-tura comune delle Sacre Scrittureanche perché, in questo modo, èstato osservato, si possono combat-tere le interpretazioni fuorvianti sulsignificato della pandemia che circo-lano creando sconcerto all’internodelle stesse comunità cristiane.

Olav Fykse Tveit diventa presidentedel Consiglio della Chiesa di Norvegia

OS L O, 11. «Questo è il compito della Chiesa nelnostro mondo: predicare e far conoscere l’amore diDio, così da trovare la forza, il coraggio e la capa-cità di amare gli altri. Questo può e dovrebbe ri-chiedere tanto da parte nostra, dato che riguarda lacosa più importante di tutte. Lo possiamo fare per-ché siamo stati immessi in relazione con Cristo»:questo il richiamo al centro del sermone pronuncia-to da Olav Fykse Tveit, fino al marzo scorso segre-tario generale del World Council of Churches(Wcc), che ieri è stato consacrato vescovo luteranonel corso di un rito svoltosi nella cattedrale di Ni-daros. Tveit diventa così presidente del Consigliodella Chiesa di Norvegia, l’organo esecutivo dellaprincipale Chiesa del paese. A causa dell’e m e rg e n -za coronavirus al rito erano presenti poche personema la celebrazione è stata ritrasmessa in direttastreaming. Tveit sostituisce alla guida della Chiesaluterana norvegese Helga Haugland Byfuglien.

A Gerusalemme la solidarietà dei cattolici

Vicini alle famiglie vulnerabiliGERUSALEMME, 11. Fondi di benefi-cenza per le famiglie più povere in-sieme a varie opere di sostegno peralleviare gli effetti della crisi econo-mica causata dalla pandemia di co-ronavirus. In questo modo varierealtà della Chiesa in Terra Santacercano di fare fronte a una situa-zione di instabilità, isolamento evulnerabilità senza precedenti tra lapopolazione. Ai problemi di emer-genza sanitaria si sono aggiunti in-fatti anche quelli connessi a una cri-si economica sempre più evidente eche va a colpire soprattutto le fran-ge più fragili della società. Non soloquelle nella comunità cristiana,composta da molte famiglie il cuireddito proviene essenzialmente daesercizi commerciali ora chiusi, spe-cialmente quelli connessi al pellegri-naggio e al turismo, ma anche le co-

munità di profughi e migranti. InIsraele, infatti, sono presenti attual-mente oltre trentamila richiedentiasilo, principalmente eritrei e suda-nesi. Con le ripercussioni della crisinel settore della ristorazione, alme-no quindicimila di essi hanno persoil lavoro che rappresentava l’unicafonte di sostentamento. Situazioneanaloga a quella dei circa centomilamigranti provenienti da Filippine,Thailandia e India, impiegati neisettori agricolo e della cura alla per-sona, considerate tra le categorie piùa rischio vista la fragilità della loroposizione socio-economica e le con-dizioni abitative, spesso in ambientisovraffollati.

Per alleviare tali emergenze laparrocchia latina di San Salvatore,retta dai francescani, ha istituito unfondo di beneficenza a favore dellefamiglie cristiane maggiormente col-pite dalla crisi. In un appello rivoltoalle congregazioni religiose cattoli-che che si trovano nella Città santa,il parroco, fra Amjad Sabara, alloscopo di incrementare la raccolta,ha invitato ciascuna a dare il pro-prio contributo versando una som-ma mensile di 300 shekel, circa 80euro. Un’iniziativa che mira a creareun vero e proprio percorso di soli-darietà a livello locale per così me-glio coprire le diverse e aumentateesigenze.

Sullo stesso binario della solida-rietà si è mosso il vicariato di SanGiacomo, il servizio pastorale delpatriarcato latino di Gerusalemmeper i cattolici di lingua ebraica, chenelle scorse settimane, sotto il coor-dinamento del responsabile per imigranti, padre Rafic Nahra, si èmobilitato lanciando una raccoltafondi destinata a profughi e richie-denti asilo in condizione di estremaindigenza. Le cifre raggiunte, hasottolineato il religioso, serviranno aintegrare tutte quelle necessità noncoperte dai pur esistenti aiuti statali.

L’iniziativa non trascura altrecondizioni di particolari ristrettezzecome quella rappresentata dai geni-tori single, alle prese con diversedifficoltà legate al problema dellagestione dei figli in un periodo disospensione delle lezioni scolastiche.A tal proposito il fondo d’e m e rg e n -za punta a rispondere ai bisogni piùurgenti: generi alimentari essenziali,prodotti per neonati, articoli perl’infanzia, affitti e varie tipologie diutenze. L’obiettivo prefissato è quel-lo di supportare per almeno un me-se un centinaio di famiglie di mi-granti che frequentano i centri delvicariato: secondo alcuni dati, unafamiglia media di quattro persone inquesto periodo necessita dell’equiva-lente di circa 1.400 dollari al mese.La corsa alla solidarietà ha ricevutoanche l’apporto della parrocchia diSan Giuseppe lavoratore a Reneh,in Galilea, con 13 mila dollari e al-trettante tonnellate di alimenti rac-colti per la città di Betlemme.

Il Papa con il metropolita ortodosso Gennadios dinanzi alle reliquiedi san Timoteo nella basilica di San Paolo fuori le Mura (25 gennaio)

Page 7: TEMPORE AMIS All’Unione Europea servono …...occidentale, combinando le pratiche di routine e le risposte concrete alle emergenze». Secondo il funzionario, la consapevolezza della

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 lunedì-martedì 11-12 maggio 2020

Al Regina Caeli il Pontefice ricorda il settantesimo anniversario della Dichiarazione Schuman

L’Unione europea affronti la pandemiain spirito di concordia e collaborazione

Nuovo appello per il Sahel a quarant’anni dalla prima visita di Giovanni Paolo II in Africa

A settant’anni dalla storicaDichiarazione dell’allora ministro degliesteri francese, Robert Schuman, cheispirò il processo di integrazione deipopoli del vecchio continente, il Papaha lanciato un nuovo appello a quantihanno responsabilità nell’Unioneeuropa, esortandoli «ad affrontare inspirito di concordia e di collaborazionele conseguenze sociali ed economicheprovocate dalla pandemia». Le sueparole sono risuonate al termine delRegina Caeli di domenica 10 maggio,recitato a mezzogiorno dalla Bibliotecaprivata del Palazzo apostolico vaticano,a motivo delle misure anti-assembramento in vigore per contrastarela diffusione del contagio. Inprecedenza il Pontefice aveva introdottol’antifona mariana con una riflessionesul brano liturgico del Vangelo diGiovanni (14, 1-2) che racconta il“discorso di addio” rivolto da Gesù aidiscepoli al termine dell’ultima Cena.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Nel Vangelo di oggi (cfr Gv 14,1-12)ascoltiamo l’inizio del cosiddetto“Discorso di addio” di Gesù. Sonole parole che rivolse ai discepoli altermine dell’ultima Cena, appenaprima di affrontare la Passione. Inun momento così drammatico Gesùcominciò dicendo: «Non sia turbatoil vostro cuore» (v. 1). Lo dice anchea noi, nei drammi della vita. Ma co-me fare perché il cuore non si turbi?Perché il cuore si turba.

Il Signore indica due rimedi alturbamento. Il primo è: «Abbiate fe-de in me» (v. 1). Sembrerebbe unconsiglio un po’ teorico, astratto. In-vece Gesù vuole dirci una cosa pre-cisa. Egli sa che, nella vita, l’ansiapeggiore, il turbamento, nasce dallasensazione di non farcela, dal sentir-

si soli e senza punti di riferimentodavanti a quel che accade. Quest’an-goscia, nella quale a difficoltà si ag-giunge difficoltà, non si può supera-re da soli. Abbiamo bisognodell’aiuto di Gesù, e per questo Ge-sù chiede di avere fede in Lui, cioè dinon appoggiarci a noi stessi, ma aLui. Perché la liberazione dal turba-mento passa attraverso l’affidamen-to. Affidarci a Gesù, fare il “salto”.E questa è la liberazione dal turba-mento. E Gesù è risorto e vivo pro-prio per essere sempre al nostro fian-co. Allora possiamo dirgli: “Gesù,credo che sei risorto e che mi stai

accanto. Credo che mi ascolti. Tiporto quello che mi turba, i mieiaffanni: ho fede in Te e mi affido aTe ”.

C’è poi un secondo rimedio alturbamento, che Gesù esprime conqueste parole: «Nella casa del Padremio vi sono molte dimore. [...] Vadoa prepararvi un posto» (v. 2). Eccoche cosa ha fatto Gesù per noi: ci haprenotato un posto in Cielo. Hapreso su di sé la nostra umanità perportarla oltre la morte, in un postonuovo, in Cielo, perché lì dove è Luifossimo anche noi. È la certezza che

ci consola: c’è un posto riservato perciascuno. C’è un posto anche perme. Ognuno di noi può dire: c’è unposto per me. Non viviamo senzameta e senza destinazione. Siamo at-tesi, siamo preziosi. Dio è innamora-to di noi, siamo i suoi figli. E pernoi ha preparato il posto più degnoe bello: il Paradiso. Non dimenti-chiamolo: la dimora che ci attende èil Paradiso. Qui siamo di passaggio.Siamo fatti per il Cielo, per la vitaeterna, per vivere per sempre. Persempre: è qualcosa che ora nonriusciamo neppure a immaginare.Ma è ancora più bello pensare che

questo per sempre sarà tutto nellagioia, nella comunione piena conDio e con gli altri, senza più lacri-me, senza rancori, senza divisioni eturbamento.

Ma come raggiungere il Paradiso?Qual è la via? Ecco la frase decisivadi Gesù. Oggi di dice: «Io sono lavia» (v. 6). Per salire in Cielo la viaè Gesù: è avere un rapporto vivocon Lui, è imitarlo nell’amore, è se-guire i suoi passi. E io, cristiano, tu,cristiano, ognuno di noi cristiani,possiamo domandarci: “Quale viaseguo?”. Ci sono vie che non porta-

no in Cielo: le vie della mondanità,le vie per autoaffermarsi, le vie delpotere egoista. E c’è la via di Gesù,la via dell’amore umile, della pre-ghiera, della mitezza, della fiducia,del servizio agli altri. Non è la viadel mio protagonismo, è la via di Gesùprotagonista della mia vita. È andareavanti ogni giorno domandandogli:“Gesù, che cosa pensi di questa miascelta? Che cosa faresti in questa si-tuazione, con queste persone?”. Cifarà bene chiedere a Gesù, che è lavia, le indicazioni per il Cielo. LaMadonna, Regina del Cielo, ci aiutia seguire Gesù, che per noi ha aper-to il Paradiso.

Al termine del Regina Caeli, prima diaffacciarsi dalla finestra per impartirela benedizione su piazza San Pietrovuota, il Papa ha rivolto l’appello airesponsabili dell’Unione Europea.Quindi, nel quarantesimo anniversariodella prima visita in Africa diGiovanni Paolo II , ne ha ricordato ilgrido di dolore per le popolazioni delSahel, rilanciando l’iniziativa ecologicache mira a piantare un milione dialberi nella regione. Infine ha avutoparole di «gratitudine e affetto pertutte le mamme» nel giorno in cui inmolti Paesi si è celebrata la loro festa.

Cari fratelli e sorelle!Il mio pensiero va oggi all’Europa eall’Africa. All’Europa, in occasionedel 70° anniversario della Dichiara-zione Schuman, del 9 maggio 1950.Essa ha ispirato il processo di inte-grazione europea, consentendo la ri-conciliazione dei popoli del conti-nente, dopo la Seconda GuerraMondiale, e il lungo periodo di sta-bilità e di pace di cui beneficiamooggi. Lo spirito della DichiarazioneSchuman non manchi di ispirarequanti hanno responsabilitànell’Unione Europea, chiamati adaffrontare in spirito di concordia edi collaborazione le conseguenze so-ciali ed economiche provocate dallapandemia.

E lo sguardo va anche all’Africa,perché il 10 maggio 1980, qua-rant’anni fa, San Giovanni Paolo II,durante la sua prima visita pastoralein quel continente, diede voce al gri-do delle popolazioni del Sahel, du-ramente provate dalla siccità. Oggimi congratulo con i giovani che sistanno impegnando per l’iniziativa“Laudato si’ Alb eri”. L’obiettivo èpiantare nella regione del Sahel al-meno un milione di alberi che an-dranno a far parte della “GrandeMuraglia verde d’Africa”. Auspicoche in tanti possano seguire l’esem-pio di solidarietà di questi giovani.

E oggi, in tanti Paesi, si celebra laFesta della mamma. Voglio ricordarecon gratitudine e affetto tutte lemamme, affidandole alla protezionedi Maria, la nostra Mamma celeste.Il pensiero va anche alle mammeche sono passate all’altra vita e ci ac-compagnano dal Cielo. Facciamo unp o’ di silenzio per ricordare ognunola sua mamma. [pausa di silenzio]

Auguro a tutti una buona dome-nica. Per favore, non dimenticatevidi pregare per me. Buon pranzo ea r r i v e d e rc i .

Nella messa domenicale Francesco sottolinea che il primo compito del vescovo è pregare

Unità e fratellanza tra i popoli del vecchio continente

morazioni: il settantesimo della Di-chiarazione di Robert Schumann,che ha dato inizio all’Unione Euro-pea, e anche la commemorazionedella fine della guerra. Chiediamoal Signore per l’Europa, oggi, checresca unita, in questa unità di fra-tellanza che fa crescere tutti i popolinell’unità nella diversità».

Per la sua meditazione il vescovodi Roma ha preso spunto dal passodel Vangelo (cfr. Giovanni 14,1-14)proposto dalla liturgia. «Nel discor-so di congedo — ha affermato Fran-cesco — Gesù dice che va dal Padree che sarà con il Padre e che anchechi crede in Lui “compirà le opereche io compio e ne compirà di piùgrandi di queste, perché io vado alPadre. E qualunque cosa chiederetenel mio nome, la farò, perché il Pa-dre sia glorificato nel Figlio. Se michiederete qualche cosa nel mio no-me, io la farò”» (cfr. versetti 12-14).

«Possiamo dire — ha spiegato ilPontefice — che questo passo delVangelo di Giovanni è la dichiara-zione dell’ascesa al Padre. Il Padresempre è stato presente nella vita diGesù, e Gesù ne parlava. Gesù pre-

Padre: “Padre nostro”» (cfr. Ma t t e o6,9). Dunque, Gesù sempre si rivol-ge al Padre.

Ma nel passo evangelico in que-stione, ha aggiunto il Papa, Gesù «èmolto forte; e anche è come seaprisse le porte della “onnip otenzadella preghiera”. “Perché io sonocon il Padre: voi chiedete e io faròtutto. Ma perché il Padre lo faràcon me”» (cfr. Giovanni 14,11).

Dunque, ha insistito Francesco,c’è «questa fiducia nel Padre, fidu-cia nel Padre che è capace di faretutto. Questo coraggio di pregare,perché per pregare ci vuole corag-gio! Ci vuole lo stesso coraggio, lastessa franchezza che per predicare:la stessa». E ha invitato a pensare«al nostro padre Abramo, quandolui — credo che si dica — “m e rc a n -teggiava” con Dio per salvare Sodo-ma (cfr. Genesi 18, 20-33): “E se fos-sero di meno? E di meno? E di me-no...?”. Davvero, sapeva “negozia-re ”. Ma sempre con questo corag-gio: “Scusami, Signore, ma fammiuno sconto: un po’ di meno, un po’di meno...”».

lo (cfr. Esodo 32,1-35 e cfr. Numeri11,1-3) e fare lui capo di un altro po-polo, Mosè ha detto “No!”. E hadetto “no” al Padre! Con corag-gio!». A questo punto Francesco haappena accennato a bisbigliare unapreghiera timida per far capire che«se tu vai a pregare così», in modotimoroso e incerto, «questa è unamancanza di rispetto!». Invece«pregare è andare con Gesù al Pa-dre che ti darà tutto». Occorrono«coraggio nella preghiera, franchez-za nella preghiera. La stessa che civuole per la predica».

Il Pontefice ha poi fatto riferi-mento alla prima lettura, tratta da-gli Atti degli apostoli (6, 1-7), nellaquale «abbiamo sentito quel conflit-to nei primi tempi della Chiesa,perché i cristiani di origine grecamormoravano — mormoravano, giàa quel tempo si faceva questo: si ve-de che è un’abitudine della Chiesa...— perché le loro vedove, i loro orfa-ni non erano ben curati; gli apostolinon avevano tempo di fare tante co-se». E Pietro, con gli apostoli, «illu-minato dallo Spirito Santo, “inven-tò”, diciamo così, i diaconi: “Fa c c i a -

mo una cosa: cerchiamo sette perso-ne che siano brave e che questi uo-mini si prendano cura del servizio”»(cfr. Atti degli apostoli 6, 2-4): ildiacono è il custode del servizio,nella Chiesa. “E così questa gente,che ha ragione di lamentarsi, sia cu-rata bene nei suoi bisogni e noi —dice Pietro, l’abbiamo sentito — enoi ci dedicheremo alla preghiera eall’annuncio della Parola”» (cfr. ver-setto 5). Proprio «questo — ha ricor-dato il Papa — è il compito del ve-scovo: pregare e predicare. Conquesta forza che abbiamo sentitonel Vangelo: il vescovo è il primoche va dal Padre, con la fiducia cheha dato Gesù, con il coraggio, conla parresìa, a lottare per il suo po-polo. Il primo compito di un vesco-vo è pregare. Lo disse Pietro: “E anoi, la preghiera e l’annuncio dellaPa ro l a ”».

A questo proposito Francesco haconfidato di aver «conosciuto un sa-cerdote, un santo parroco, buono,che quando trovava un vescovo losalutava, bene, molto amabile, esempre faceva la domanda: “Eccel-lenza, quante ore al giorno Lei pre-ga?”, e sempre diceva: “Perché ilprimo compito è pregare”. Perché èla preghiera del capo della comuni-tà per la comunità, l’intercessione alPadre perché custodisca il popolo».

«La preghiera del vescovo, il pri-mo compito: pregare» ha rilanciatoil Pontefice. E «il popolo, vedendoil vescovo pregare, impara a prega-re. Perché lo Spirito Santo ci inse-gna che è Dio che “fa la cosa”. Noifacciamo un pochettino, ma è Luiche “fa le cose” della Chiesa, e lapreghiera è quella che porta avanti

la Chiesa». E «per questo i capidella Chiesa, per dire così, i vescovi,devono andare avanti con la pre-ghiera». Quella «parola di Pietro —ha aggiunto ancora il Papa — è pro-fetica: “Che i diaconi facciano tuttoquesto, così la gente è ben curata eha risolto i problemi e anche i suoibisogni. Ma a noi, vescovi, la pre-ghiera e l’annuncio della Parola”».

«È triste vedere — ha affermatoFrancesco — bravi vescovi, bravi,gente buona, ma indaffarati in tantecose, l’economia, e questo e quell’al-tro e quell’altro... La preghiera alprimo posto. Poi, le altre cose. Maquando le altre cose tolgono spazioalla preghiera, qualcosa non funzio-na». E «la preghiera è forte perquesto che abbiamo sentito nel Van-gelo di Gesù: “Io vado al Padre. Equalunque cosa chiederete nel mionome al Padre, la farò, perché il Pa-dre sia glorificato”» (cfr. Giovanni14,12-13). Al termin della meditazio-ne il Pontefice ha ribadito che «cosìva avanti la Chiesa, con la preghie-ra, il coraggio della preghiera, per-ché la Chiesa sa che senza questaascesa al Padre non può sopravvive-re». È poi con le parole del cardina-le Rafael Merry del Val che France-sco ha invitato «le persone che nonsi comunicano» a fare «adesso» lacomunione spirituale. Concludendola celebrazione con l’adorazione e labenedizione eucaristica. Per poi affi-dare — accompagnato dal cantodell’antifona Regina Caeli — le sueintenzioni alla Madre di Dio, so-stando davanti all’immagine maria-na della cappella di Casa SantaMarta.

Nomina episcopalenegli Stati Uniti

d’America

Louis Tylkacoadiutore di Peoria

Nato il 26 maggio 1970 a Harvey,nell’arcidiocesi di Chicago, Illinois,ha frequentato la Saint Joseph’s Ele-mentary School a Homewood (1976-1984) e la Marian Catholic HighSchool a Chicago Heights (1984-1988). Entrato in seminario, ha stu-diato al Niles College Seminary, ot-tenendo il baccalaureato alla LoyolaUniversity di Chicago (1989-1992).Ha svolto gli studi ecclesiastici allaUniversity of Saint Mary of the La-ke Seminary a Mundelein nell’Illi-nois (1992-1996). Ordinato sacerdoteper l’arcidiocesi di Chicago il 18maggio 1996, è stato vicario parroc-chiale di Saint Michael a OrlandPark (1996-2003) e di Saints Faith,Hope and Charity a Winnetka(2003-2004); parroco di Mater Chri-sti a North Riverside (2004-2014) edi Saint Julie Billiart a Tinley Park epresidente del consiglio presbiterale(dal 2014).

Una telefonata al cardinale arcivescovo di São Paulo

Il Papa vicino ai poveri del Brasile

Preoccupato per l’incremento dei casi di covid-19 in Brasile, Papa Fran-cesco ha telefonato sabato scorso, 9 maggio, al cardinale Odilo PedroScherer, arcivescovo di São Paulo, lo stato più colpito per numero di in-fetti e di decessi, al punto che l’isolamento sociale in tutti i comuni èstato prorogato fino al 31 maggio.

In una nota sul sito dell’arcidiocesi il porporato racconta di aver rice-vuto una chiamata sul suo cellulare in cui il Santo Padre «ha chiesto in-formazioni sulla situazione che stanno vivendo soprattutto i più poveri,sapendo che non tutti hanno una casa» e tantomeno la «possibilità diseguire misure di prevenzione per contrastare la trasmissione dell’infe-zione». Inoltre, aggiunge l’arcivescovo, il Pontefice «ha assicurato vici-nanza e preghiera e mi ha chiesto di impartire la sua benedizione apo-stolica. Infine mi ha infine chiesto di pregare per lui».

È per l’Europa che Papa Francescoha celebrato domenica mattina, 10maggio, la messa nella cappella diCasa Santa Marta. «In questi duegiorni passati — ha detto all’iniziodel rito — ci sono state due comme-

gava il Padre. E tante volte, parlavadel Padre che ha cura di noi, comeha cura degli uccelli, dei gigli delcampo... Il Padre». E così «quandoi discepoli gli chiesero di imparare apregare, Gesù insegnò a pregare il

«Sempre il coraggio della lottanella preghiera — ha proseguito ilvescovo di Roma — perché pregareè lottare: lottare con Dio». E «poi,Mosè: le due volte che il Signoreavrebbe voluto distruggere il popo-