Telelavoro o smartworking : a sostegno delle mamme...
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Settembre 2015
Coordinamento P.O.
Luana BELLACOSA
Redazione
Caterina CONTRAFFATTO
Mirella GORI
Maria PASINI
Antonella ROSICARELLI
Stefania SALVI
Rete
Fulvia ALLEGRI
Sandra APUZZO
Paola BOTTA
Bianca CUCINIELLO
Laura FORIN
Raffaella INFELISI
Stefania LEONE
Daniela PETRI
Nadia PETRINI
Carla PROIETTI
Stefania SABA
FilomenaTEDESCHI
UILCA Segreteria Regionale Roma e
Lazio
Via Ferruccio, 4b
00185 Roma
Tel. 06 42012215
Fax 06 42012375
UILCA di ROMA e del LAZIO
Telelavoro o smartworking : a sostegno delle mamme lavoratrici e non solo .. I recenti dati diffusi dall'Istat confermano che nel nostro paese una donna su quattro perde o rinuncia al lavoro entro due anni dalla maternità, a causa della difficoltà di conciliare i tempi tra lavoro ed esigenze della famiglia. Molte sono le soluzioni odiverse necessità per non disperdere un importante patrimonio di competenze e professionalità offerto dal personale femminile, per esempio orari flessibili, possibilità di lavorare più vicino a casa o alla famiglia,videoconferenze rispetto ai viaggi di lavoro. Questi incentivi sono fondamentali per aiutare le donne a reinserirsi nel mondo del lavoro. Se in passato a lavorare da casa erano soprattutto professionistdella comunicazione e free lance, ora il telelavoro sta conquistando anche manager, quadri e consulenti che vengono così messi nelle condizioni di poter concludere progetti, approvare transazioni e siglare intese in qualsiasi momento e indipendentemente in cui si trovano. Grazie anche alla tecnologia e alla diffusione di devices sempre a portata di mano,chiunque in qualunque parte del mondo, il lavoro esce sempre di più dalle quattro pareti di un ufficio. Se si accetbene sapere alcune cose e conoscere gli errori da non commettere: �
lascia ai singoli contratti collettivi di settore il compito di introdurre
norme più dettagliate, comunque, se si è lavoratori dipendenti, il
telelavoro può essere applicato solo previo accordo tra le parti e s
base volontaria.
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spettano i
riparazione degli strumenti informativi (o telematici) che servono
per svolgere le proprie mansioni.
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PARI OPPORTUNITA’
UILCA di ROMA e del LAZIO
Telelavoro o smartworking : a sostegno delle mamme lavoratrici e non solo ..
recenti dati diffusi dall'Istat confermano che nel nostro paese una donna su quattro perde o rinuncia al lavoro entro due anni dalla maternità, a causa della difficoltà di conciliare i tempi tra lavoro ed esigenze della famiglia.
Molte sono le soluzioni organizzative in grado di rispondere alle diverse necessità per non disperdere un importante patrimonio di competenze e professionalità offerto dal personale femminile, per esempio orari flessibili, possibilità di lavorare più vicino a casa o alla famiglia, almeno per una parte del tempo, poter scegliere le videoconferenze rispetto ai viaggi di lavoro. Questi incentivi sono fondamentali per aiutare le donne a reinserirsi nel mondo del lavoro.
Se in passato a lavorare da casa erano soprattutto professionistdella comunicazione e free lance, ora il telelavoro sta conquistando anche manager, quadri e consulenti che vengono così messi nelle condizioni di poter concludere progetti, approvare transazioni e siglare intese in qualsiasi momento e indipendentemente in cui si trovano. Grazie anche alla tecnologia e alla diffusione di
evices sempre a portata di mano, per rimanere collegati con chiunque in qualunque parte del mondo, il lavoro esce sempre di più dalle quattro pareti di un ufficio.
Se si accetta di lasciare la propria scrivania o il proprio ufficio, è bene sapere alcune cose e conoscere gli errori da non commettere:
la normativa in materia prevede una disciplina generale e
lascia ai singoli contratti collettivi di settore il compito di introdurre
norme più dettagliate, comunque, se si è lavoratori dipendenti, il
telelavoro può essere applicato solo previo accordo tra le parti e s
base volontaria.
per un dipendente che lavora da remoto al datore di lavoro
spettano i costi di manutenzione, fornitura, installazione e
riparazione degli strumenti informativi (o telematici) che servono
per svolgere le proprie mansioni.
per un libero professionista l'autonomia e la libertà di
Telelavoro o smartworking : a sostegno delle mamme lavoratrici
recenti dati diffusi dall'Istat confermano che nel nostro paese una donna su quattro perde o rinuncia al lavoro entro due anni dalla maternità, a causa della difficoltà di conciliare i tempi tra lavoro ed
rganizzative in grado di rispondere alle diverse necessità per non disperdere un importante patrimonio di competenze e professionalità offerto dal personale femminile, per esempio orari flessibili, possibilità di lavorare più vicino a casa o
almeno per una parte del tempo, poter scegliere le videoconferenze rispetto ai viaggi di lavoro. Questi incentivi sono fondamentali per aiutare le donne a reinserirsi nel mondo del
Se in passato a lavorare da casa erano soprattutto professionisti della comunicazione e free lance, ora il telelavoro sta conquistando anche manager, quadri e consulenti che vengono così messi nelle condizioni di poter concludere progetti, approvare transazioni e siglare intese in qualsiasi momento e indipendentemente dal luogo in cui si trovano. Grazie anche alla tecnologia e alla diffusione di
per rimanere collegati con chiunque in qualunque parte del mondo, il lavoro esce sempre di
ta di lasciare la propria scrivania o il proprio ufficio, è bene sapere alcune cose e conoscere gli errori da non commettere:
in materia prevede una disciplina generale e
lascia ai singoli contratti collettivi di settore il compito di introdurre
norme più dettagliate, comunque, se si è lavoratori dipendenti, il
telelavoro può essere applicato solo previo accordo tra le parti e su
per un dipendente che lavora da remoto al datore di lavoro
di manutenzione, fornitura, installazione e
riparazione degli strumenti informativi (o telematici) che servono
l'autonomia e la libertà di
organizzazione sono un must, ma per chi
è abituato a seguire orari, ritmi e scadenze
precostituiti, il fatto di doversi gestire può
diventare rischioso.
� pianificare le proprie giornate
Quando l'ufficio e la propria abitazione
corrispondono, è difficile trovare un
distacco tra il lavoro e la vita privata. E'
dunque necessario stabilire un piano
preciso per la giornata di lavoro, altrimenti
il tempo scorrerà senza che ve ne
accorgiate. All'inizio della giornata, o la
sera prima, stabilite le vostre priorità per la
mattinata e per il pomeriggio. Cercate di
rispettare quanto prefissato, concedendovi
le giuste e meritate pause, evitare
eccessive distrazioni e continui momenti di
interruzione durante il lavoro. Decidete, ad
esempio, di rispondere soltanto alle
chiamate extra-lavorative davvero urgenti
e di delegare ad altri la cura della casa e
dei bambini, almeno nei momenti di
maggior impegno.
� create uno spazio di lavoro.
se vivete e lavorate in una casa di
dimensioni modeste, creare un'area
esclusivamente dedicata al lavoro. Una
stanza poco utilizzata o un angolo del
soggiorno saranno perfetti.
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sono un must, ma per chi
è abituato a seguire orari, ritmi e scadenze
precostituiti, il fatto di doversi gestire può
ianificare le proprie giornate.
Quando l'ufficio e la propria abitazione
corrispondono, è difficile trovare un
distacco tra il lavoro e la vita privata. E'
dunque necessario stabilire un piano
preciso per la giornata di lavoro, altrimenti
il tempo scorrerà senza che ve ne
l'inizio della giornata, o la
sera prima, stabilite le vostre priorità per la
mattinata e per il pomeriggio. Cercate di
rispettare quanto prefissato, concedendovi
le giuste e meritate pause, evitare
eccessive distrazioni e continui momenti di
durante il lavoro. Decidete, ad
esempio, di rispondere soltanto alle
lavorative davvero urgenti
e di delegare ad altri la cura della casa e
dei bambini, almeno nei momenti di
reate uno spazio di lavoro. Anche
e lavorate in una casa di
dimensioni modeste, creare un'area
esclusivamente dedicata al lavoro. Una
stanza poco utilizzata o un angolo del
� uno dei vantaggi
è quello di non dover affrontare tempi e
costi di spostamento per raggiungere il
luogo di lavoro. Il pericolo maggiore è
tuttavia quello dell'isolamento. La
possibilità di poter meglio conciliare gli
impegni di lavoro con quelli domesti
familiari può diventare infatti un
boomerang perché non prevede il confronto
quotidiano e concreto con altri colleghi.
� la solitudine
uno di chi lavora da casa. Molte persone
potrebbero non essere pronte a ritrovarsi
completamente sole sul luogo di lavoro. Il
consiglio è dunque di creare una rete di
relazioni, lavorative e non, che permettano
di trascorrere del tempo
durante la pausa pranzo.
I dati evidenziano che in alcuni paesi la mancata partecipazione delle donne nell'economia costa ben il 27% pro capite del PIL e che le aziende con un numero maggiore di donne siano più produttive e profittevoli; possiamo quindi ritenere che per le aziende sia giunta l'ora di affrontare la questione e definire come adattare le loro prassi per rispondere meglio alle esigenze delle madri
Stefania Salvi
vantaggi del lavoro da casa
è quello di non dover affrontare tempi e
costi di spostamento per raggiungere il
luogo di lavoro. Il pericolo maggiore è
tuttavia quello dell'isolamento. La
possibilità di poter meglio conciliare gli
impegni di lavoro con quelli domestici o
familiari può diventare infatti un
boomerang perché non prevede il confronto
quotidiano e concreto con altri colleghi.
è il nemico numero
uno di chi lavora da casa. Molte persone
potrebbero non essere pronte a ritrovarsi
completamente sole sul luogo di lavoro. Il
consiglio è dunque di creare una rete di
relazioni, lavorative e non, che permettano
del tempo fuori casa, magari
durante la pausa pranzo.
I dati evidenziano che in alcuni paesi la mancata partecipazione delle donne nell'economia costa ben il 27% pro capite
le aziende con un numero maggiore di donne siano più produttive e profittevoli; possiamo quindi ritenere che per le aziende sia giunta l'ora di affrontare la questione e definire come adattare le loro prassi per rispondere meglio alle
lavoratrici e non solo..
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Riflessioni sulle contraddizioni
linguistiche e sull’uso inaccurato della lingua in un articolo di giornale
Per sfidare gli stereotipi di genere bisogna usare una lingua non sessista.
Nel 1984 la scrittrice americana Audre Lorde scrisse che non si può smantellare la casa del padrone usando i suoi (di lui) attrezzi . La metafora di Lorde si riferisce alla forte componente andro-centrica del linguaggio in cui ci esprimiamo, in una società che definisce la donna come “altro”. Lorde denuncia l’impossibilità per le donne di usare quel linguaggio per definire se stesse, invitandole a riformare il linguaggio o a re-inventarlo. Il pensiero della poetessa e scrittrice americana, mutatismutandis, si applica perfettamente anche al contesto dell’Italia contemporanea.
Un articolo apparso qualche giorno fa su La Repubbblica fornisce – suo malgrado – un esempio efficace dell’impatto negativo del sessismo linguistico sulla vita delle donne. Cominciamo dal titolo: “L’ingegnere scambiata per modella. Lei si sfoga: basta stereotipi.” Non serve neanche leggere l’articolo per capire che c’è più di un problema generato dagli stereotipi di genere, il primo dei quali è nel titolo dell’articolo stesso. Cosa avrà voluto dire l’ignoto autore/autrice: che un’ingegnera è stata scambiata per modella o un ingegnere è stato scambiato per modello? Sta parlando di una donna o di un uomo? o di un uomo (l’ingegnere) scambiato per una donna (la modella)? Dal verbo (“scambiata”, femminile) si deduce che anche “l’ingegnere”, pur essendo un
termine maschile, ha un referente femminile, cioè, si riferisce in realtà a una donna. Ma che senso ha denunciare gli stereotipi di genere se poi lo si fa usando espressioni impregnate di sessismo linguistico? Se l’obiettivo è denunciare uno squilibrio nella percezione dei due generi relativamente alla professione ingegneristica, nascondere le donne dietro termini maschili e chiamare la donna in questione “ingegnere” non è una scelta efficace, né credibile. Più che la notizia in sé, mi sembra allarmante il modo in cui essa è stata divulgata. Mi riferisco solo al titolo, ma ricordiamoci che molti lettori di giornali on-line leggono solo i titoli e in base a quelli decidono se leggere anche il resto. Mi pare che chi per mestiere usa le parole dovrebbe mostrare più consapevolezza e almeno un pizzico di coerenza in più. Il fatto che una donna giovane e di aspetto gradevole venga associata con più facilità al mestiere di modella che a quello di ingegnera, è sicuramente frutto degli stereotipi di genere. Per esempio, della assurda (ma diffusa) convinzione che ci siano professioni femminili e professioni maschili, le prime poco remunerate e legate alla cura degli altri o all’aspetto esteriore (modella, ma anche maestra, infermiera, ecc), le seconde in genere più prestigiose e meglio retribuite (avvocato), spesso ma non sempre legate all’ambito della tecnologia e dell’applicazione scientifica (ingegnere, medico, chimico, fisico). Il perdurare di questi stereotipi, va da sé, è alimentato anche da errori come quelli commessi dall’autrice/o autore del titolo dell’articolo.
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Infatti, usare la parola “ingegnere” per indicare una donna (in luogo del più corretto “ingegnera”), ribadisce l’idea che gli ingegneri siano maschi e che solo occasionalmente una fanciulla possa fare strada in un campo in cui rimarrà pur sempre un’eccezione, come segnala la ridicola combinazione di un nome maschile e un verbo al femminile (“l’ingegnere è stata scambiata”). Qualcuno direbbe o scriverebbe mai: “Il bidello è stata scambiata per una modella”? O anche “L’infermiere è stata scambiata per una modella?”, volendo dire che una signora di professione bidella o infermiera è così graziosa da poter passare facilmente per un’indossatrice? Credo di no. Anzi, la frase piuttosto invita a chiedersi: che aspetto avrà questo signore? Cosa c’è di insolito? Perché lo si scambia per una donna? Insomma, invita involontariamente a mettere in questione il referente maschile. Invece nella frase incriminata, quella che si sente messa in questione è la donna, e la sua scelta professionale che, a dispetto della diretta interessata, viene segnalata come professione “da maschi” proprio grazie all’uso di quel maschile così poco appropriato. Ricordate Nanni Moretti che profetizza: “Chi parla male, pensa male, e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: Le parole sono importanti”. Ricontestualizzando le sue parole, si può affermare che chi parla da sessista, pensa da sessista e vive da sessista rinforzando gli stereotipi di genere.
(fonte: dols.it - Aureliana Di Rollo)
Gli uomini sono confusi
..e parte un master in mascolinità
Prima di andare avanti a leggere, pensate a cosa vuole dire, per voi, esser un «uomo buono». Fatto? Ora pensate a cosa vuole dire essere un «vero uomo».
Bene, avete appena partecipato alla prima lezione del master in «Studi sulle mascoli-nità» del professore di sociologia Michael Kimmel, che dirige il Center for the Study of Men and Masculinities alla StonyBrookU-niversity, Stato di New York.
Come racconta sul New York Times Jessica Bennett, allo stupore degli studenti il professor Kimmel ha reagito invitandoli a immaginare che la frase “era un brav’uomo” venga detta al loro funerale; espediente narrativo efficace, oltre che macabro e formidabile lapsus (vuole celebrare il funerale del vecchio maschio monolitico). Il professor Kimmel ha poi tracciato sulla lavagna due colonne, da una parte «l’uomo buono»: cioè premuroso, altruista, onesto; dall’altra il «vero uomo» (qui le risposte sono arrivate velocissime): ovvero autoritario, che sa rischiare, che vince la debolezza, che cammina come un vero uomo e non piange mai… Sorpresi dalla diversità delle risposte? Ci sono molti modi di essere uomini, ha chiosato Kimmel, che spiega come la teoria di genere, vessillo del femminismo e delle comunità omo e bisex, vada applicata anche ai maschi.
Così le neo-femministe esulteranno e le sentinelle cattoliche scatteranno in piedi allarmate; i post-comunisti italiani, invece, penseranno di aver anticipato i tempi quando nel 1977 nelle sale usciva Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci, con Roberto Benigni: siamo in un circolo rosso, dove si discute di tematiche femminili e, dal pubblico, un uomo lamenta, bofonchiando in toscano, che si sta trascurando il punto di vista maschile: «La donna, la donna, la donna… ma l’uomo?». Non resta che un dubbio, di genere acca-demico: un master sulla mascolinità è un «buon master»? Ed è anche un «master vero»?
(fonte: corriere.it –Luca Mastrantonio)
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La sfida di Kiran: correre nonostante il ciclo. "Lo faccio per le donne"
Kiran ha gareggiato contro i taboo legati alle mestruazioni. Kiran scrive sul suo sito : "Ho pensato che se c'è un gruppo di persone a cui la società non darà mai fastidio, questi sono i maratoneti. Se c'è un modo di superare le oppressioni, è di correre una maratona nella maniera che si preferisce. Nella maratona il sessismo può essere vinto. Lì il fatto che una donna abbia le mestruazioni non è rilevante e le donne possono riscrivere le regole come preferiscono. Lì il comfort di una donna si impone su quello dell'osservatore. Ho corso con il sangue che scendeva lungo le cosce per tutte le sorelle che non hanno accesso agli assorbenti e per quelle che, nonostante crampi e dolori, nascondono il loro disagio come se non esistesse. Ho corso per dire: esiste, e lo superiamo ogni giorno".
Il sito di Kiran è www.kirangandhi.com
L’aggressione al collega comporta il licenziamento
L’aggressione ad un collega, prima perpetuata in forma verbale e poi seguita dalla violenza fisica, legittima il licenziamento per giusta causa da parte dell’azienda, in quanto il comportamento costituisce una ‘grave violazione degli obblighi del rapporto di lavoro tale da lederne irrimediabilmente l’elemento fiduciario’, come precisa la Corte di Cassazione nella Sentenza n. 16078 del 29 luglio 2015. I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto proporzionata la sanzione espulsiva rispetto alla condotta tenuta dal lavoratore, che per di più era il coordinatore di un servizio, ruolo di vertice per il quale è necessario possedere anche un equilibrio e una capacità di mediazione che evidentemente il soggetto non possedeva.