Tecnocreativi: articolo ADV di giugno

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085 AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it tecnocreatività PARADIGMI PER UNA VISION DELLA COMUNICAZIONE QUATTORDICI RELATORI PROVENIENTI DAI SETTORI DELLA COMUNICAZIONE, DEL DIGITALE, DELLA TELEVISIONE E DELL’UNIVERSITÀ, CONDIVIDENDO E RIDEFINENDO IL CONCETTO DI TECNOCREATIVITÀ, HANNO DISCUSSO SULLA FIGURA DEL TECNOCREATIVO: COLUI CHE, UNENDO LA COMPONENTE UMANISTICA A QUELLA TECNICA, RAPPRESENTERÀ LA NUOVA PROFESSIONALITÀ DEL FUTURO. a cura di Laura Podda L ’unione tra la componente tecnico-tecnologica e quella creativo-umanistica: questa è la tecnocreatività e su questo si sono confrontati e hanno discusso, anche da posizioni contrapposte, 14 relato- ri tra esperti di comunicazione, rap- presentanti del mondo digitale, pub- blicitari, artisti, docenti universitari, registi e comici. La tavola rotonda “Tecnocreativi”, nata per iniziativa di questa rivista e promossa da Giu- seppe Mascitelli, founder di Filmare e co-founder di Mobango Ltd in col- laborazione con Diego Biasi, founder di Business Press, esperto di informa- tica e docente all’Università IULM di Milano, e Fabrizio Bellavista, new media consultant e partner di Psy- cho Research, si è svolta il 13 maggio presso la sede dell’agenzia milanese Business Press. Il termine “tecnocreativo” è stato co- niato da Giuseppe Mascitelli nel 1996, precorrendo l’epoca in cui Internet e il mercato avrebbero mostrato come fosse ormai impossibile separare la componente tecnica da quella uma- nistica: “Il tecnocreativo unisce in- ventiva, base teorica, conoscenza delle scienze umanistiche e prepara- zione tecnica e tecnologica. La tec- nocreatività è il “lavoro del futuro”’ in un mondo dominato dalla rete, in cui non si può più essere specialisti”. L’importanza del tecnocreativo nel mondo contemporaneo è dimostrata dal fatto che nella nuova redazione del New York Times oggi lavorano “journalist/developer”, programma- tori che scrivono e giornalisti che usano il web 2.0.

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L’articolo del numero di giugno della rivista ‘ADV – Strategie di comunicazione’ che illustra la tavola rotonda ‘Tecnocreativi’. Si è svolta il 13 maggio 2011 a Milano presso le sede di Business Press e Giuseppe Mascitelli, in collaborazione con Diego Biasi e Fabrizio Bellavista, è stato il promotore dell’incontro che ha visto esperti di comunicazione, rappresentanti del mondo digitale, pubblicitari, artisti, docenti, accademici, registi e comici confrontarsi sull’unione tra cultura creativo-umanistica e tecnico-tecnologica.

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tecnocreatività

Paradigmi Peruna vision dellacomunicazioneQuattordici relatori provenienti dai settori della comunicazione, del digitale, della televisione e dell’università, condividendo e ridefinendo il concetto di tecnocreatività, hanno discusso

sulla figura del tecnocreativo: colui che, unendo la componente umanistica a Quella tecnica, rappresenterà la nuova professionalità del futuro.

a cura di Laura Podda

L’unione tra la componente tecnico-tecnologica e quella creativo-umanistica: questa è

la tecnocreatività e su questo si sono confrontati e hanno discusso, anche da posizioni contrapposte, 14 relato-ri tra esperti di comunicazione, rap-presentanti del mondo digitale, pub-blicitari, artisti, docenti universitari, registi e comici. La tavola rotonda “Tecnocreativi”, nata per iniziativa di questa rivista e promossa da Giu-seppe Mascitelli, founder di Filmare e co-founder di Mobango Ltd in col-laborazione con Diego Biasi, founder di Business Press, esperto di informa-tica e docente all’Università IULM di Milano, e Fabrizio Bellavista, new media consultant e partner di Psy-cho Research, si è svolta il 13 maggio presso la sede dell’agenzia milanese Business Press. Il termine “tecnocreativo” è stato co-niato da Giuseppe Mascitelli nel 1996, precorrendo l’epoca in cui Internet e il mercato avrebbero mostrato come fosse ormai impossibile separare la componente tecnica da quella uma-nistica: “Il tecnocreativo unisce in-ventiva, base teorica, conoscenza delle scienze umanistiche e prepara-zione tecnica e tecnologica. La tec-nocreatività è il “lavoro del futuro”’ in un mondo dominato dalla rete, in cui non si può più essere specialisti”.

L’importanza del tecnocreativo nel mondo contemporaneo è dimostrata dal fatto che nella nuova redazione del New York Times oggi lavorano

“journalist/developer”, programma-tori che scrivono e giornalisti che usano il web 2.0.

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Fabrizio Bellavista, premettendo che nell’era moderna non è più ipotizzabi-le una distanza semantica e temporale tra le figure del creativo e del tecnologo, ha sostenuto che queste due compo-nenti costituiscono un elemento uni-co e ha sottolineato la vicinanza della tecnocreatività al pensiero orientale: “la capacità di non avere contrasti, la mancanza di barriere nette e la facili-tà di passare da un momento a un al-tro, come nel passaggio dall’emisfero destro a quello sinistro del cervello, è tipico del pensiero cinese. Il loro “mo-dus cogitandi” è un fluire continuo e questo è capace di dare, come dimostra l’attuale contesto economico, ottimi ri-sultati. La tecnocreatività si riassume in questo modo: gli steccati non esisto-no, la tecnica e il lato creativo-umani-stico sono momenti diversi in continuo divenire”.Alcuni degli intervenuti hanno riflet-tuto sul termine tecnocreatività, dan-done un’interpretazione personale e sottolineando la reciprocità delle due componenti, come Lorenzo Guer-ra, AD di Amigdalab: “il legame tra la

creatività e la tecnologia è ambivalente. Creatività significa usare le tecnologie, anche stravolgendole e giocandoci, per arrivare a qualcosa di nuovo”, mentre Carlo Meo, docente ai corsi di Design Experience del Polidesign Politecnico di Milano, ha approvato il doppio si-gnificato del termine, che secondo lui consiste in “una nuova generazione di persone che gestiscono la tecnologia in modo creativo”, portando l’esempio della cucina e dell’estro di Ferran Adrià.Gianni Fantoni, autore e comico, ha rapportato la tecnocreatività alla propria esperienza personale. “Sono sempre stato tecnocreativo senza sa-perlo” ha dichiarato. “Il computer, di cui ho buona conoscenza essendo stato un programmatore, è diventato un amplificatore della mie possibilità di sviluppare la comicità, perché mi fa interagire con il pubblico, avere un dialogo diretto con lui e un responso immediato”.

il Pensiero cinese e la tecnocreatività

Il libro di Teresa Numerico, Domenico Fiormonte e Francesca Tomasi (Il Mulino, Bologna, 2010) mostra che la trasformazione digitale della cultura ha bisogno dell’apporto innovativo degli umanisti, della loro riflessione storico-critica, della loro capacità di andare oltre le soluzioni contingenti. La tecnologia non si muove come “l’astuzia della ragione” di cui scriveva Hegel ma è sempre frutto di scelte: politiche, economiche, sociali, culturali. Di tali scelte gli umanisti non solo devono essere consapevoli, ma devono proporsi di comprenderle, orientarle e rielaborarle. Per valorizzare le sue competenze l’umanista ha però bisogno di compiere un doppio passo: riscoprire le proprie radici e aprirsi al rinnovamento. Snodo fondamentale di questo passaggio è la consapevolezza che la ricerca umanistica non è affatto estranea alla storia dell’informatica. Il volume, strutturato come un trivium digitale (Scrivere e produrre, Rappresentare e conservare, Cercare e organizzare), offre a studenti, ricercatori e operatori della cultura una mappa per orientarsi nel mondo delle Digital Humanities.

Il libroL’umanista digitale

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tecnocreatività

Molti relatori presenti alla tavola ro-tonda hanno, suddividendo la parola, ritenuto dominante una delle due com-ponenti (tecnica o creativa). Michele Ficara Manganelli, Direttore Relazioni Esterne di TVNmediaGroup e Presi-dente di Assodigitale, ha infatti sotto-lineato l’importanza della tecnologia, evidenziando alcuni aspetti impreve-dibili dell’evoluzione tecnocreativa:

“la parola tecnocreatività oggi non ha più senso; il concetto di tecno è ormai assimilato alla parola creativo, non si può più essere creativi se si è incapaci di dominare la tecnologia, che permet-te di realizzare cose che prima non esistevano. Assodato che tecnologia e creatività sono collegate e che il creati-vo dovrà essere tecno-embedded, sarà interessante capire come queste due componenti andranno a connettersi sempre di più, anche attraverso i nuovi device. Bisogna inoltre avere il corag-gio di andare controcorrente, quando è il caso: io per esempio mi interrogo su come possiamo eventualmente difen-

derci dall’evoluzione tecnologica, per-ché non è scontato che abbia sempre e soltanto uno sviluppo positivo”.Massimo Giordani, Presidente di Di-gital Popai, nel Cda di Torino Wireless e AD di Time&Mind, ha anch’egli sot-tolineato alcune incongruenze dello sviluppo della tecnologia, puntando l’attenzione sul digital divide e su una ancora incompleta comprensione del mondo digitale dal punto di vista cul-turale e ha concluso che “la tecnocre-atività, attraverso la tecnologia che richiede una visione diversa rispetto a ciò che è stato fino a ieri, è qualcosa che deve essere ancora assimilato appie-no, soprattutto a livello sociale”. Una nota positiva è stata invece espressa da Diego Biasi, che ha spiegato come “co-municare oggi significa “mettere tutto a fattore comune”; è necessario ripla-smarci e cercare di coniugare un nuovo modello che crei più “felicità”, intesa ovviamente nel suo significato più am-pio e indivisualmente declinato”.Su un modo antropologicamente nuo-

vo di relazionarsi, conseguenza dell’e-voluzione tecnologica, ha insisto Maria Grazia Mattei, founder di MGM Digi-tal Communication e organizzatrice di “Meet The Media Guru”, che vede la tecnocreatività come un attributo del-le nuove generazioni: “i tecnocreativi, che hanno metabolizzato gli strumenti tecnologici insieme a un modo diverso di stare ed essere con gli altri, aprono prospettive nuove nelle tante direzioni della creatività. Tra le nuove genera-zioni si trovano molti tecnocreativi; sono coloro che - emergendo – daran-no vita a nuove forme di espressione, di narrazione e di coinvolgimento”.Saul Zanolari, cross artist, ha invece messo in luce quanto è importante con-siderare le tecnologie un mezzo e non un fine: “la creatività è un atto spon-taneo dell’essere umano; la tecnocre-atività si manifesta, rispetto allo stru-mento tecnologico, nel momento in cui questo viene visto e utilizzato come un mezzo e non come un fine”.

la comPonente tecnologica della creatività

Gli strumenti digitali stanno cambiando non solo il mondo della comunicazione, ma anche i modelli culturali e sociali dominanti. Alla tavola rotonda si è parlato discusso di instabilità (per la velocità di sviluppo), di alfabetizzazione, di dimensione ludica ma soprattutto di elaborazione dei contenuti, di democraticità e di egocentrismo. La cultura digitale, come ha sottolineato

Diego Biasi, “ha cambiato in questi anni il modo in cui affrontiamo un importante valore aggiunto: la capacità di creare contenuti”. Ognuno di noi ha oggi il potere di formulare, sviluppare, trasformare, diffondere e condividere contenuti, molti dei quali non sono originali ma frutto di mash up; “la qualità media dei content nei social media è certamente bassa ma, proprio perché si tratta di media che non

esclude picchi di qualità, va comunque considerato come un grande passo avanti” ha proseguito Biasi. L’utente è diventato interattivo ed è cominciata la democratizzazione dell’informazione, come ha dichiarato Michele Ficara Manganelli: “si sta affermando la democrazia digitale rispetto al potere del mainstream”, mentre Aldo Cernuto ha affermato che “non siamo più i depositari delle marche, lo sono divenute le persone e noi creativi ci troviamo con 6 miliardi di competitor”. Un’altra caratteristica fondamentale degli strumenti digitali è la gratuità e la facilità di accesso: “Internet è

decollata e c’è stato il salto dall’1.0 al 2.0 quando gli utenti e non solo i tecnici sono stati in grado di utilizzare la tecnologia”, ha ribadito Ficara, sottolineando però uno dei lati più significativi dell’utilizzo di questi strumenti, l’egocentrismo esasperato. “Oggi non si esibisce soltanto la tecnologia come status symbol ma anche se stessi; la vera killer application dei social network è la voglia di visibilità personale” ha sottolineato Michele Ficara, seguito da Fabrizio Bellavista: “l’uso dei social network in sé è egocentrico e ancora 1.0, cioè la vetrina di se stessi. In attesa di maturazione”.

Voglia di visibilitàCultura digitale e adolescenti

la creativi-tà è un atto sPontaneo dell’essere umano; la tecnocre-atività si manifesta, risPet-to allo strumento tecnologi-co, nel mo-mento in cui questo viene visto e utilizza-to come un mezzo e non come un fine

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Durante la tavola rotonda c’è stato an-che chi ha rimarcato l’importanza del-la creatività rispetto alla componente tecnica; Domenico Fiormonte, autore de “L'umanista digitale” e ricercatore in Sociologia dei processi culturali e co-municativi presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma Tre, ha infatti dichiarato che “la creatività è predominante (la tecnologia consi-ste in un mero strumento) e si incarna di volta in volta nei pieni e nei vuoti; i creativi gestiscono sia gli uni che gli altri”. Tecnocreatività per lui significa “non rivoluzionare i contenuti ma per-metterne la divulgazione perché non ci

può essere cultura senza trasmissione e comunicazione” e ha citato l’esem-pio di Aldo Manuzio, divulgatore della stampa. Sulla scia di Fiormonte, anche Duccio Forzano, autore e regista te-levisivo, tra l’altro della trasmissione “Vieni via con me” con Fabio Fazio e Roberto Saviano, ha puntualizzato: “ri-tengo che la tecnologia oggi permetta a chiunque possegga un minimo di cre-atività di poterla esprimere. La tecno-logia stimola la creatività e la creatività sfrutta la tecnologia ma le due compo-nenti non possono avere uguale valore; la creatività deve avere un peso mag-giore rispetto alla capacità di utilizzo

dei mezzi tecnologici, che è al servizio della creatività”. Anche Aldo Cernuto, Co-founder & Chief Creative Officer di Cernuto Piz-zigoni &Partners, si è espresso in modo deciso nei confronti della superiorità della creatività: “lo strumento principe è il cervello; la creatività, in un tecno-creativo, non può che essere un pre-requisito, il saper usare le tecnologie è invece una condizione ineluttabile. Il creativo, per definizione, dovrebbe fare cose che nessuno ha fatto prima e, in questo senso, la tecnologia può dare un grosso aiuto a non ripetere ciò che è stato già fatto”. Della tecnocreatività è stata data anche un esempio pratica: realizzando la metafora dell’utente proattivo, Davide Agostoni, Designer e Creatore della community Ciuccia Fuf-fa, si è servito di un iPhone che, mentre sullo schermo mostrava una bocca par-lante, riproduce una voce proveniente dal pubblico per esprimere la propria opinione sulla necessità di abbando-nare la comunicazione tradizionale a favore di una nuova, in cui l’utente è al centro della comunicazione e ha concluso: “la vecchia comunicazione vorrebbe poter morire senza rimpianti ma, grazie a un pauroso accanimento terapeutico, sopravvive; della bella si-gnora che fu, però, non resta che l’om-bra, anzi, la fuffa”.

creatività all’80%

Gli strumenti digitali hanno apportato numerosi cambiamenti e questo diventa evidente quando si esamina l’approccio relazionale delle nuove generazioni; la cultura digitale richiede la diffusione dei propri paradigmi, al momento ancora mancanti o non giunti a piena maturazione. Massimo Giordani ha messo in rilievo, contrariamente alla vulgata corrente, la non democraticità di questi strumenti, a causa del digital divide che sta “ampliando enormemente il gap tra chi ha accesso a determinati strumenti e dunque al potere e chi non ce l’ha. Questo creerà un problema

sociale che andrà ad acuirsi”. Un altro aspetto esaminato è stato quello della verosimiglianza delle informazioni, come ha puntualizzato Giuseppe Mascitelli, e la relativa messa in discussione della firma e dell’autorevolezza nel mondo dell’editoria. “Il contenuto è parte delle interazioni tra persone, ha trasformato il mondo delle relazioni” ha dichiarato Diego Biasi, “dobbiamo capire come confrontarci con questo nuovo scenario dei contenuti, della condivisione, dell’utile-inutile da coniugare in un modello nuovo”. Maria Grazia Mattei ha evidenziato che ci troviamo in “una fase di disorientamento,

di vertigini del virtuale, con mutazioni dal punto di vista cognitivo e antropologico e nella quale è necessario elaborare le radici del nuovo e mettersi in gioco”, mentre per Carlo Meo “è indispensabile una gestione del nuovo modello culturale”. A queste richieste si è risposto indicando la necessità di un’adeguata formazione, come ha indicato Domenico Fiormonte:

“sono in crisi i modelli di sapere trasmessi all’interno dell’Università e in parte ciò è causato dall’esplosione dei nuovi strumenti digitali. È assolutamente necessaria una formazione non più canonica e stabile, ma che adotti modelli fluidi e dinamici”. La discussione sulla formazione ha portato con sé la disamina sulle nuove generazioni: “i nuovi mezzi stanno causando una mutazione quasi neurofisiologica: i cervelli dei nativi digitali

sono diversi, quantistici e non analogici” ha sostenuto Aldo Cernuto, mentre Maria Grazia Mattei ha spiegato la necessità di un nuovo metodo di apprendimento (citando studi dell’antropologa Mimi Ito e della game designer Jane McGonigal), basato sull’informalità e sul gioco che “può rendere le nuove generazioni cittadini collaborativi”. Biasi, partendo dal presupposto che i nativi digitali si emozionano poco e assimilano velocemente, ha concluso che “in futuro dobbiamo abituarci ad assegnare valore anche alle cose semplici; i giovani stanno spostando in avanti la frontiera, si annoiano e rendono imperativo trovare sempre nuovi stimoli per intere generazioni che altrimenti imploderanno”.

Relazioni e socialità Cervelli quantistici e cervelli analogici