Tecniche di spettrometria di massa -...

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Tecniche MS utilizzate in Proteomica – F.Susta, D.Chiasserini, P.L.Orvietani, L. Binaglia 1 Tecniche di spettrometria di massa applicabili all’analisi del proteoma In proteomica, la spettrometria di massa non rappresenta soltanto la procedura di elezione per ottenere misure precise della massa dei polipeptidi o dei loro prodotti di frammentazione proteolitica. Le informazioni più rilevanti che si possono avere dalle analisi effettuate con le configurazioni più evolute dello spettrometro di massa (tandem MS) consentono infatti di descrivere degli stessi polipeptidi anche la struttura primaria e, quindi, di ottenerne la completa identificazione. Peraltro, l’elevata affidabilità delle identificazioni ottenibili utilizzando i dati forniti dall’analisi spettrometrica si basa proprio sulla altissima precisione con la quale si possono misurare le masse molecolari. La misura sperimentale della massa di un polipeptide comporta infatti un errore non superiore allo 0,001%. Per fare un esempio la massa relativa di un polipeptide di PM 35.000 si determina con un errore inferiore a 4 unità di massa atomica. Con questa precisione delle misure è quindi possibile rilevare con accuratezza anche modificazioni post-traduzionali delle proteine allo studio. Diminuendo la Mr delle molecole, la precisione delle misure è ancora più elevata. Per esempio, la misura della massa di un oligopeptide di Mr = 1000 dà un errore minore di 10 ppm. Come è fatto uno spettrometro di massa Sono applicabili all’analisi proteomica molteplici configurazioni strumentali dello spettrometro di massa. Tali configurazioni si differenziano per il sistema di ionizzazione, per il sistema di rivelazione e, soprattutto, per l’analizzatore, cioè per il componente che definisce l’intervallo delle masse rilevabili e conferisce allo strumento le sue caratteristiche di sensibilità e risoluzione. Ogni spettrometro di massa è costituito di tre componenti fondamentali: 1. la sorgente di ioni, dove le molecole (che nell’analisi proteomica sono peptidi) vengono ionizzate. 2. l’analizzatore; applicando un campo elettrico, i peptidi carichi vengono trasferiti dalla sorgente all’analizzatore dove sono separati in funzione del valore del loro rapporto massa/carica (m/z).

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Tecniche di spettrometria di massa applicabili all’analisi del proteoma

In proteomica, la spettrometria di massa non rappresenta soltanto la procedura di

elezione per ottenere misure precise della massa dei polipeptidi o dei loro prodotti

di frammentazione proteolitica. Le informazioni più rilevanti che si possono avere

dalle analisi effettuate con le configurazioni più evolute dello spettrometro di

massa (tandem MS) consentono infatti di descrivere degli stessi polipeptidi anche

la struttura primaria e, quindi, di ottenerne la completa identificazione.

Peraltro, l’elevata affidabilità delle identificazioni ottenibili utilizzando i dati forniti

dall’analisi spettrometrica si basa proprio sulla altissima precisione con la quale si

possono misurare le masse molecolari. La misura sperimentale della massa di un

polipeptide comporta infatti un errore non superiore allo 0,001%. Per fare un

esempio la massa relativa di un polipeptide di PM 35.000 si determina con un

errore inferiore a 4 unità di massa atomica. Con questa precisione delle misure è

quindi possibile rilevare con accuratezza anche modificazioni post-traduzionali

delle proteine allo studio. Diminuendo la Mr delle molecole, la precisione delle

misure è ancora più elevata. Per esempio, la misura della massa di un

oligopeptide di Mr = 1000 dà un errore minore di 10 ppm.

Come è fatto uno spettrometro di massa

Sono applicabili all’analisi proteomica molteplici configurazioni strumentali dello

spettrometro di massa. Tali configurazioni si differenziano per il sistema di

ionizzazione, per il sistema di rivelazione e, soprattutto, per l’analizzatore, cioè per il

componente che definisce l’intervallo delle masse rilevabili e conferisce allo

strumento le sue caratteristiche di sensibilità e risoluzione.

Ogni spettrometro di massa è costituito di tre componenti fondamentali:

1. la sorgente di ioni, dove le molecole (che nell’analisi proteomica sono

peptidi) vengono ionizzate.

2. l’analizzatore; applicando un campo elettrico, i peptidi carichi vengono

trasferiti dalla sorgente all’analizzatore dove sono separati in funzione del

valore del loro rapporto massa/carica (m/z).

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3. il detector; una volta separati nell’analizzatore, gli ioni vengono rilevati dal

detector e i dati (intensità del segnale per ciascun valore di m/z) sono

raccolti in un foglio elettronico dal quale viene esportato in forma grafica lo

spettro di massa (valore m/z in ascisse e intensità del segnale in ordinate).

datadatasystemsystem

detectordetector

IntroduzioneIntroduzionedeldel

campionecampione

sorgentesorgentedidi

ioniionianalizzatoreanalizzatore

Fig. 1. Le parti componenti uno spettrometro di massa. Le molecole dell’analita vengono ionizzate nella sorgente e gli ioni sono accelerati da un

campo elettrico. L’analizzatore separa gli ioni provenienti dalla sorgente in base al loro rapporto massa/carica (m/z). Per ogni valore del rapporto m/z il detector rileva la quantità degli ioni che provengono dall’analizzatore. I dati rilevati vanno a popolare una tabella alla quale fanno riferimento i successivi processi di elaborazione informatica. Nell’analizzatore e nel detector si mantiene un alto vuoto per limitare la probabilità che collisioni con molecole gassose disturbino la migrazione degli ioni provenienti dalla sorgente.

La sorgente di ioni

Le modalità di introduzione del campione nella sorgente di ioni dipende dal tipo

di sorgente presente nello strumento. In alcune sorgenti il materiale da analizzare

deve venire introdotto “manualmente” mentre in altre viene trasferito da un

sistema cromatografico o elettroforetico opportunamente interfacciato.

La ionizzazione che si produce nella sorgente può essere elettronica o chimica, le

due tecniche storiche di ionizzazione per piccole molecole volatili e termolabili. Si

può produrre la ionizzazione anche mediante protonazione o per

bombardamento con atomi veloci (Fast atom bombardment, Fab, la tecnica

antesignana nella spettrometria di massa applicata alle proteine) oppure

applicando metodi di desorbimento che consentono di ottenere in un unico step

l’evaporazione e la ionizzazione dei peptidi.

Nella sorgente, oltre alla ionizzazione, si ha il passaggio dell’analita dallo stato

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solido o di soluzione allo stato aeriforme.

Sorgente MALDI (Matrix assisted laser desorption ionisation)

La tecnologia MALDI (Matrix-Assisted Laser Desorption Ionization) e la sua

evoluzione denominata con l’acronimo SELDI (Surface-Enhanced Laser Desorption

Ionization) sono basate su un metodo di desorbimento/ionizzazione che permette

di studiare in maniera semplice ed altamente produttiva molecole non volatili

quali proteine e acidi nucleici tramite spettrometria di massa.

La tecnologia di ionizzazione MALDI si basa sull’eccitazione delle molecole del

campione con un raggio laser per produrne la vaporizzazione e la ionizzazione.

Nella sorgente MALDI il campione contenente un peptide o una miscela di peptidi

viene dissolto in un eccesso di matrice (acido sinapinico o alfa-ciano-4-

idrossicinnamico), sostanze che assorbono le frequenze emesse dalla sorgente

laser che viene utilizzata per l’eccitazione.

Fig. 2. Struttura chimica di due acidi frequentemente utilizzati come matrice nelle sorgenti MALDI

Un piccolo volume della miscela (1-2 µl) viene deposto in uno dei pozzetti scavati

sulla superficie del target. In un’analisi-tipo si fa in modo che la quantità di

campione contenuto in ciascun pozzetto sia dell’ordine delle picomoli.

L’operazione viene ripetuta per tutti i campioni da analizzare. Dopo avere

allontanato il solvente, quando la miscela campione/matrice contenuta in

ciascun pozzetto si trova allo stato di solido amorfo, il target viene collocato nella

ac sinapinico ac α-ciano-4-idrossicinnamicoac sinapinico ac α-ciano-4-idrossicinnamico

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sorgente MALDI. La sorgente viene messa sotto vuoto e quindi, in sequenza, i

pozzetti vengono investiti da un raggio laser pulsato (337 nm).

Quando uno dei pozzetti viene investito dal raggio laser, le molecole della matrice

assorbono l’energia della radiazione incidente (le molecole dei peptidi disciolti

nella matrice non vengono direttamente eccitati dai fotoni della luce incidente e

quindi non subiscono modificazioni chimiche di alcun genere, ad eccezione di un

processo di protonazione).

Fig. 3. I pozzetti del target contengono gli analiti disciolti in un eccesso della matrice. Dopo avere posizionato il target, nel comparto sorgente si fa il vuoto. I pozzetti vengono colpiti in sequenza dal raggio laser pulsato.

L’energia assorbita dalle molecole della matrice è sufficiente a portarle dalla fase

di solido amorfo alla fase di vapore. In questo processo di vaporizzazione della

matrice anche le molecole di soluto (peptide) vengono trascinate in fase vapore.

Gli ioni peptidici in fase vapore sono sottoposti ad un forte campo elettrico che li

accelera verso la griglia, superata la quale entrano nell’analizzatore.

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Fig. 4. Rappresentazione schematica dei processi che si verificano in una sorgente MALDI

Electrospray ionisation

L’ESI (electrospray ionization) è una delle più semplici e flessibili tecniche di

ionizzazione che si possono adottare per l’analisi di massa dei peptidi, opera a

pressione ambiente e a temperature moderate ed è probabilmente il metodo di

ionizzazione più blando. Questo metodo di ionizzazione può venire applicato

all’analisi spettrometrica di molecule polari, quali sono i polipeptidi, in un range di

massa compreso fra 102 e 106 Da.

Nella ionizzazione ESI il campione, trasportato da un flusso di 1-2 µl/min di solvente

contenente tracce di un acido volatile (acido metanoico o trifluoroacetico),

emerge da un capillare di acciaio di diametro interno 75-100 µm (in rosso nella

figura). Un flusso coassiale di gas inerte (azoto) produce la formazione di un

aerosol all’uscita del capillare metallico. Fra il capillare metallico e il

controelettrodo è applicata una differenza di potenziale di circa 5000 V. In queste

condizioni, le molecole di soluto dissolte nelle particelle liquide che formano

l’aerosol assumono carica positiva. Nel breve spazio che separa il capillare e il

controelettrodo, per evaporazione del solvente, si ha un aumento della carica

All’analizzatoreAll’analizzatoredi massadi massa

ioni dellaioni dellamatricematrice

MiscelaMiscelapeptidipeptidi --matricematrice

ioni del peptideLaser pulsatoLaser pulsato

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specifica delle particelle di liquido che, per repulsione coulombiana fra cariche

omologhe, si frammentano in particelle di minori dimensioni. Il processo di

frammentazione si ripete più volte fino alla completa evaporazione del solvente

ed alla formazione di una popolazione di ioni positivi singoli non solvatati.

Nel campo elettrico applicato gli ioni positivi vengono accelerati verso il polo

negativo e, passando attraverso il cono campionatore, entrano in una zona a

bassa pressione dalla quale, attraversando lo skimmer, entrano nell’analizzatore

dove è praticato un vuoto molto più spinto.

Nell’esempio sopra descritto la carica positiva dei peptidi è dovuta alla

protonazione di uno o più gruppi funzionali basici. È possibile operare anche

mediante ionizzazione negativa, aggiungendo alla soluzione carrier tracce di

ammoniaca invece che di acidi (nella ionizzazione negativa viene ovviamente

invertito il campo elettrico fra capillare metallico e controelettrodo). Per l’analisi di

peptidi si usa sempre la ionizzazione positiva.

Fig. 5. Rappresentazione schematica di una sorgente ESI

Il fatto che alcuni peptidi possono portare cariche multiple risulta essere un

vantaggio perché consente di analizzare anche molecole con elevato PM.

Eluato HPLCEluato HPLC

Flusso coassialeFlusso coassialedi gas inertedi gas inerte

+ - skimmerskimmer

cono cono campionatorecampionatore

pressionepressione(10-7 . 10-8 bar)

basso vuotoatmosferica alto vuoto

ANALIZZATOREANALIZZATORE

Eluato HPLCEluato HPLC

Flusso coassialeFlusso coassialedi gas inertedi gas inerte

+ - skimmerskimmer

cono cono campionatorecampionatore

pressionepressione(10-7 . 10-8 bar)

basso vuotoatmosferica alto vuoto

ANALIZZATOREANALIZZATORE

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È d’altra parte possibile conoscere lo stato di carica di un peptide: se il peptide

porta una sola carica elettrica lo ione monocarica (M+H)+ ha un rapporto m/z pari

a (M+H)/1 mentre se lo ione ha due cariche (M+2H)2+, il rapporto m/z sarà

(M+2H)/2 e così via. Lo spettro di massa è ovviamente più complesso di quello che

si avrebbe se tutti i peptidi avessero carica unitaria ma questa maggiore

popolazione dello spettro di massa può essere semplificata valutando la

corrispondenza fra i valori di M che derivano, applicando un semplice calcolo, da

diversi valori m/z.

Un’altra apparente complicazione deriva dalla presenza in natura di quantità non

trascurabili di isotopi del carbonio con massa 13. Per ogni peptide, oltre alle righe

spettrali con il valore di m/z atteso si possano quindi osservare righe di minore

intensità con rapporto m/z maggiore di una unità. Anche questa “complicazione”,

dovuta al fatto che nel peptide un atomo di carbonio di massa 12 è sostituito

dall’isotopo naturale di massa 13, fornisce un’ informazione importante: ci dice

che lo ione analizzato è monocarica. Se lo ione fosse stato bi-carica (due volte

protonato), la differenza del rapporto massa carica fra la riga principale e quella

a m/z maggiore non sarebbe stata di una unità ma di 0,5 unità di massa.

Un vantaggio importante della tecnica ESI sulla tecnica MALDI è che la sorgente

può essere facilmente interfacciata con un sistema cromatografico, ciò

consentendo di analizzare miscele complesse di proteine o peptidi, la cui

separazione può venire effettuata a monte dello spettrometro, senza bisogno di

ricorrere alla loro separazione con metodi cromatografici o elettroforetica off-line.

In uno strumento MALDI-TOF, la massa degli ioni generati nella sorgente viene

misurata per mezzo di un analizzatore a tempo di volo (time of flight, TOF). In

questo dispositivo, il rapporto m/z (massa su carica) dello ione peptidico viene

derivato dal tempo impiegato dallo ione, che nella sorgente è stato accelerato

dal campo elettrico, per percorrere il tubo di volo (uno spazio confinato, libero da

campi elettrici), e giungere al rivelatore. Considerando il tipo di misura che viene

usato per ottenere i valori di massa, è evidente la necessità di usare impulsi della

sorgente laser di durata molto breve (quanto più breve è la durata di ogni singolo

impulso tanto maggiore è la precisione delle misure che si ottengono).

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Analizzatore di massa

a) TOF (analizzatore a tempo di volo)

La spettrometria di massa MALDI-TOF è molto usata in proteomica, essendo

sensibile, veloce e affidabile. Un ulteriore vantaggio deriva dal fatto che piccole

quantità di sali non volatili presenti nel campione o residui dei tamponi

comunemente utilizzati per il trattamento delle proteine prima dell'analisi

spettrometrica sono ben tollerate dallo spettrometro di massa MALDI-TOF. Lo

svantaggio che presenta questa tecnica è che, per poterla identificare con un

sistema MALDI-TOF, la proteina da studiare deve essere quasi pura. Se in uno spot

ottenuto da 2DE sono presenti più proteine e se queste non sono presenti nello

stesso rapporto molare, la strumentazione MALDI-TOF non consente talora una

sufficientemente buona identificazione delle proteine componenti la miscela.

Fig. 6. Il tempo di volo di uno ione è una funzione del suo rapporto m/z. Gli ioni con valore più alto del rapporto m/z raggiungono il detector più lentamente (hanno un tempo di volo maggiore) degli ioni con valori di m/z più basso.

La relazione fra tempo di volo e rapporto m/z si può derivare come segue:

a) l’energia cinetica Ec di uno ione di carica z accelerato nel campo elettrico generato dalla differenza di potenziale applicata V è:

+ +

++

++ + +

ddpddp

vaporizzazionevaporizzazioneIonizzazioneIonizzazione

accelerazioneaccelerazione ““volo”volo”

detectorLaser pulsato

+ +

++

++ + +

ddpddp

vaporizzazionevaporizzazioneIonizzazioneIonizzazione

accelerazioneaccelerazione ““volo”volo”

detectorLaser pulsato

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b) la velocità v con cui lo ione si muove dopo l’iniziale accelerazione è data dal rapporto fra la lunghezza del volo L e il tempo t impiegato a percorrerlo

L’equazione precedente si può quindi scrivere nella maniera seguente:

Da ciò deriva che, per un dato valore del rapporto m/z il tempo di volo t è:

Fig. 7. MALDI-TOF corredato con dispositivo reflectron

La risoluzione di uno spettrometro MALDI-TOF è stata ulteriormente migliorata

disponendo di fronte alla sorgente di ioni, invece del rivelatore, un reflectron. Il

Ec = z • V = m • v2

2

V = L

t

m z =

2V • t2

L2

t = L • m z

1 2V •

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reflectron è costituito da una serie di anelli che, essendo loro applicato un

potenziale crescente, agiscono da specchi elettrostatici. Gli ioni con uguale

massa ma con una leggera differenza di energia vengono rallentati, riflessi e

accelerati nuovamente dal reflectron.

L'aumento del tempo di volo che ne consegue consente il raggiungimento di una

maggior precisione della misura del valore del rapporto m/z.

b) Analizzatore a quadrupolo

Gli ioni accelerati dal campo elettrico nella sorgente vengono “sparati” all’interno

del quadrupolo analizzatore. Nel loro percorso all’interno del quadrupolo gli ioni

vengono separati in base al loro rapporto m/z sfruttando la deflessione della

traiettoria indotta da un campo elettrico sul moto di una particella carica che lo

attraversi.

Il quadrupolo è costituito da quattro barre cilindriche di acciaio disposte come

mostrato in fig. 8.

Figura 8. Alcuni quadrupoli montati negli spettrometri di massa. Il quadrupolo analizzatore è costituito di quattro barre metalliche. Ogni coppia di barre opposte è connessa elettricamente. Fra le due coppie di barre è applicata una differenza di potenziale che oscilla con una radiofrequenza variabile nel tempo.

A due barre diametralmente opposte viene applicato un potenziale

+(U+Vcos(ωωωωt)) (+ nella fig. 9) mentre alle altre due barre (- nella fig. 9) viene

applicato un potenziale -(U+Vcos(ωωωωt)), dove U è un potenziale costante e

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Vcos(ωωωωt) è il prodotto della ampiezza V della radiofrequenza per il coseno del

prodotto della frequenza ωωωω per il tempo t..

I potenziali applicati alle coppie di barre opposte variano sinusoidalmente nel

tempo così che la traiettoria degli ioni che attraversano il quadrupolo, sottoposti a

forze che variano con legge sinusoidale, percorrono traiettorie complesse

dipendenti dal loro rapporto m/z. Per una determinata combinazione di U, V, w,

soltanto gli ioni che hanno un determinato valore m/z entrano in risonanza con il

campo elettrico variabile e riescono quindi ad attraversare tutto il quadrupolo e a

raggiungere il detector. Tutti gli altri ioni con rapporto m/z diverso non

raggiungono il detector.

Variando la radiofrequenza da un valore ad un altro cambia il valore del rapporto

m/z per il quale si ha la risonanza. Applicando al quadrupolo radiofrequenze

variabili nel tempo si ottiene quindi lo spettro di massa del campione sotto analisi,

si rileva cioè ciascuno degli ioni di differente rapporto m/z contenuti nel

campione.

Figura 9. Fra gli ioni “sparati”dalla sorgente all’interno del quadrupolo soltanto quelli che hanno un determinato valore del rapporto massa/carica (m/z) possono compiere l’intera traiettoria che consente di uscire dal quadrupolo e raggiungere il detector. Gli ioni che, per il loro valore m/z, non risuonano con la radiofrequenza imposta cambiano traiettoria, collidono con le barre e non vengono rilevati. Cambiando radiofrequenza, altri ioni raggiungono il detector. Lo spettro di massa si ottiene facendo variare la radiofrequenza e rilevando gli ioni che raggiungono il detector per ogni radiofrequenza applicata.

sorgentesorgente

ione risonanteione risonante

ione non risonanteione non risonante

sorgentesorgente

ione risonanteione risonante

ione non risonanteione non risonante

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Detector

I sistemi di rilevazione utilizzati negli spettrometri di massa possono essere di natura

diversa. I principali sono il “channeltron” e il “tubo elettromoltiplicatone”.

Il Channeltron è un dinodo, la cui struttura ricorda quello di un corno, rivestito

(all’interno) di materiale semiconduttore. I capi del channeltron sono mantenuti

ad un elevata differenza di potenziale (l’ingresso è a terra per permettere la

raccolta di ioni di entrambe le polarità); gli ioni incidenti sulle pareti interne del

channeltron provocano l’emissione di elettroni. Il segnale viene amplificato per

effetto cascata. L’amplificazione del channeltron è elevata (108): per ogni ione

incidente si genera alla fine del cono un segnale che viene registrato dal sistema

di conteggio. Il segnale di base dei channeltron è molto basso (circa un

conteggio al secondo) e il tempo di desaturazione è di circa 10-6 s.

I tubi a moltiplicazione di elettroni (EMT), sono molto simili nel funzionamento ai tubi

fotomoltiplicatori. Consistono di una serie di dinodi che producono elettroni

secondari quando vengono investiti da ioni. La serie di dinodi, amplificano il

segnale moltiplicando la corrente ionica fino a renderla quantificabile.

Figura 10. Channeltron e EMT sono i detector più frequentemente impiegati negli spettrometri di massa

channeltronchanneltron EMTEMT

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Applicazione della spettrometria di massa all’identificazione di un polipeptide

Uno degli obiettivi principali della proteomica è l’identificazione non ambigua

delle proteine, sia quando vengono analizzati campioni sottoposti a precedenti

processi di purificazione (quali elettroforesi bidimensionale, elettroforesi capillare,

cromatografia liquida) sia quando si analizzano miscele complesse come lisati

cellulari totali o fluidi biologici, quali ad esempio plasma, urina, o liquido

cerebrospinale.

Per identificare una proteina è necessario ottenere informazioni strumentali che

siano unicamente riferibili a quella determinata molecola. Ad esempio,

l’elettroforesi bidimensionale ci fornisce informazioni riguardanti il punto

isoelettrico (pI) e il peso molecolare (PM) di una proteina, ma questi valori non

indicano univocamente una proteina in quanto possono esistere tantissime

proteine che presentano lo stesso pI o lo stesso PM.

L’informazione che ci consentirebbe di identificare senza alcun dubbio un

polipeptide può derivare soltanto dall’analisi della sua sequenza amminoacidica.

Se questo è vero, è altrettanto vero che il sequenziamento di un polipeptide

ottenuto adottando la classica procedura di Edman [Edman, P. Acta Chem.

Scand. 1950, 4, 283.] è un procedimento molto laborioso e “time consuming”. In

questa procedura occorre l’identificazione della sequenza comporta la necessità

di percorrere tanti cicli di analisi quanti sono gli amminoacidi costituenti la

sequenza stessa. Un non trascurabile problema è che ognuno di questi step,

benché gestito senza intervento dell’operatore, se si usa un sequenziatore

automatico, ha la durata di circa un’ora.

Oggi il sequenziamento di Edman dei polipeptidi non è più conveniente perché

sono disponibili numerose tecnologie che, utilizzando la spettrometria di massa

come tecnica di base per lo studio delle proteine, possono dare informazioni del

tutto affidabili sulla sequenza amminoacidica di un polipeptide e anche fornire

dati quantitativi sui livelli della sua espressione in campioni biologici diversi.

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Peptide Mass Fingerprinting

La prima informazione utile per giungere all’identificazione di un polipeptide si

può ottenere mediante peptide mass fingerprinting.

Il nome attribuito a questo metodo si riferisce alla modalità di analisi seguita per

identificare il polipeptide. In particolare, l’impronta altro non è che lo spettro di

massa degli oligopeptidi generabili da quel polipeptide adottando una

determinata procedura chimica o enzimatica di frammentazione. Il metodo si

basa sul confronto per omologia tra i dati sperimentali (lo spettro di massa) e i

dati ottenuti dalla digestione “in silico” (o virtuale) delle proteine presenti nelle

banche dati disponibili in rete.

La digestione con un enzima proteolitico, nella maggior parte dei casi tripsina, va

a frammentare il polipeptide o la miscela di proteine in oligopeptidi. L’analisi

spettrometrica dei frammenti ottenuti fornisce una misura accurata dei loro valori

di massa nella forma di uno spettro di massa (Fig. 9).

Figura 9 Spettro di massa MALDI-TOF di un digerito triptico di β-caseina. Una ricerca in database tramite PMF è solitamente utilizzata in esperimenti che utilizzano spettrometria di massa MALDI-TOF, in cui i peptidi vengono rilevate come specie cariche singolarmente ([M+H]+). In ascisse si trovano i valori di m/z corrispondenti ai peptidi rilevati.

Se si sottopone a proteolisi con tripsina un determinato polipeptide, la miscela di

oligopeptidi che si ottiene come prodotto è del tutto riproducibile in quanto la

tripsina frammenta la catena polipeptidica agendo quasi esclusivamente sui

legami peptidici in cui lisina e arginina impegnano la loro funzione carbossilica.

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Le masse degli oligopeptidi ottenuti dalla digestione triptica vengono messi a

confronto con database proteomici disponibili in rete (vengono anche utilizzate le

banche-dati genomiche, adottando software che provvedono a convertire le

informazioni riguardanti le sequenze nucleotidiche in sequenze amminoacidiche).

Il confronto viene quindi effettuato, adottando software dedicati, fra le masse dei

frammenti ottenuti in vitro dalla proteina incognita e le masse dei frammenti

ottenuti dalla digestione in silico (o virtuale) di tutte le proteine presenti in banca-

dati.

I risultati che si ottengono vengono successivamente valutati per identificare la

sequenza per cui la corrispondenza dei valori è massima. Dal grado di

sovrapposizione tra il set di dati sperimentali e il set di dati ottenuti in silico viene

ricavato, mediante semplici procedimenti matematici e statistici, un punteggio

(score) che definisce la probabilità che l’identificazione sia corretta.

In figura 10 è illustrato un tipico esempio di workflow sperimentale di PMF,

utilizzando dati spettrometrici MALDI-TOF.

Figura 10 Workflow di un esperimento di Peptide Mass Fingerprinting. La proteina viene digerita con un enzima proteolitico, generalmente tripsina, dando luogo a specifici frammenti peptidici tipici di quella particolare specie proteica. I peptidi derivanti dalla digestione vengono analizzati tramite spettrometria di massa MALDI-TOF, che ne misura il rapporto massa/carica. Il set di masse sperimentali viene confrontato mediante specifici tool, con il set di masse virtuali derivanti dalla digestione “in silico” delle proteine presenti nelle banche dati

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Il principio del PMF si basa essenzialmente sull’accuratezza della misurazione

della massa e sulla specificità di taglio dell’enzima. Senza queste due premesse, il

riconoscimento di proteine in banche dati non sarebbe ovviamente possibile.

Il vantaggio del metodo sta nel fatto che si può identificare una proteina senza

determinarne la sequenza amminoacidica ma semplicemente conoscendo le

masse dei peptidi ottenuti per proteolisi.

A questa semplicità si contrappongono molteplici limitazioni della procedura:

1. la proteina incognita non può essere identificata se la sua sequenza non è

contenuta nella banca-dati a cui si fa riferimento

2. Gli algoritmi utilizzati per effettuare il confronto fra il set di dati sperimentali e il set

di dati ottenuti in silico assumono che tutti i dati sperimentali derivino da una

singola proteina; questo comporta che se il campione analizzato contiene più di

una proteina il confronto può dare identificazioni di basso livello qualitativo.

3. Un’ulteriore limitazione del PMF è la possibile presenza di modificazioni post-

traduzionali nella sequenza analizzata. In tal caso, aggiungendosi una valore di

massa non identificato alla sequenza presente in banca-dati, il matching dei dati

teorici con quelli sperimentali diventa evidentemente impossibile.

E’ evidente che, sebbene semplice, sensibile e rapida, questa procedura

analitica presenta evidenti punti deboli. Infatti, per avere un’identificazione

corretta, almeno l’80% della sequenza del polipeptide da individuare deve essere

presente nelle banche-dati e correlare significativamente con il set dei valori m/z

sperimentali.

Inoltre, benché sia possibile identificare più proteine presenti nella stessa

miscela (se il loro numero non è superiore a 3-5 nella spettrometria con sorgente

MALDI) e se il loro rapporto molare è prossimo all’unità, qualora si voglia dare un

nome alla proteina contenuta in uno spot 2DE che risulti differenzialmente

espresso in due gel messi a confronto, l’identificazione tramite PMF non risponde

alle esigenze. In questi casi, prima del PMF occorre separare le proteine contenute

in quello spot utilizzando i classici metodi elettroforetici o cromatografici.

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Sequenziamento degli oligopeptidi mediante spettrometria di massa-massa

I problemi che presenta il metodo PMF di base possono essere superati adottando

metodiche di analisi che fanno uso della spettrometria di massa tandem. La

spettrometria di massa-massa, anche detta spettrometria di massa “tandem”,

richiede una strumentazione diversa da quella della quale è stata fatta menzione

fino ad ora.

In uno spettrometro di massa tandem sono messi in sequenza più di un

quadrupolo. Nella sua forma più semplice, uno spettrometro di massa “tandem”

risulta praticamente costituito dalla combinazione di due spettrometri di massa. Il

primo spettrometro seleziona una singola massa (ione precursore). Lo ione

selezionato passa attraverso una camera di collisione (un altro quadrupolo). In

questa camera, per frammentazione causata da collisioni con molecole di un gas

inerte, dallo ione precursore si originano ioni figli. Gli ioni figli vengono separati nel

secondo quadrupolo.

Fig. 11. Rappresentazione schematica di uno spettrometro di massa tandem. Con questa configurazione strumentale, da ogni oligopeptide genitore possono ottenersi più ioni figli. Elaborando i dati analitici con software dedicati, il processo di frammentazione dello ione genitore consente di effettuarne in maniera del tutto strumentale il sequenziamento.

Nella camera di collisione possono essere frammentati tre diversi tipi di legame

della sequenza amminoacidica: I legami NH-CH, CH-CO e CO-NH. Per rottura di

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ciascun legame si ottengono due frammenti: il primo è neutro mentre l’altro

(l’unico da considerare perché rilevabile dallo spettrometro) è carico. La carica

può trovarsi in uno qualsiasi dei due frammenti; quale dei due dipende dalla loro

affinità relativa per il protone.

I frammenti che si possono ottenere sono convenzionalmente indicati con le

lettere a, b, o c se la carica è trattenuta nel frammento N-terminale e con le

lettere x, y o z se la carica è mantenuta nel frammento C-terminale. Il pedice

indica il numero di residui amminoacidici contenuti nel frammento mentre l’apice

è talora utilizzato per indicare perdite neutre (* per la perdita di ammoniaca, ° per

la perdita di acqua).

Di conseguenza, per ogni amminoacido della catena ci sono sei possibili ioni

prodotti dalla frammentazione: gli ioni a, b e c, con la carica elettrica nel

frammento N-terminale, e gli ioni x, y e z che hanno la carica nel frammento C-

terminale. Il sito di frammentazione più probabile è il legame peptidico, cioè

legame CO-NH, e quindi i frammenti carichi più probabili sono b e/o y. La

differenza di massa fra due ioni b o y adiacenti, dà la misura della massa di quel

particolare residuo amminoacidico.

Fig. 12. Il sito di frammentazione più probabile è il legame CO-NH e quindi i frammenti carichi più probabili sono b e/o y. La differenza di massa fra due ioni b o y adiacenti consente di identificare l’amminoacido prima (bn) e dopo(bn+1) il quale si è prodotta la frammentazione.

Il terzo quadrupolo dello spettrometro di massa tandem, usando la stessa

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logica descritta in precedenza, rileva i valori m/z di tutti i frammenti figlio, così

fornendo del peptide analizzato un’impronta digitale molto più affidabile di quella

ottenibile con uno spettrometro di massa ad un solo quadrupolo.

Un altro modello di spettrometria tandem è quello che fa uso della trappola

ionica, un dispositivo che consente di effettuare sia la frammentazione del

peptide genitore che l’analisi dei peptidi figli.

Una trappola ionica è costituita da due elettrodi semisferici, detti elettrodi end-

caps. Tra le due emisfere è posizionato un elettrodo di forma anulare. Fra gli

elettrodi emisferici e l’elettrodo anulare è applicata una differenza di potenziale

modulata in radio-frequenza. Gli ioni genitori entrano nella trappola attraverso

l’orifizio di entrata posto su un end-cap. Agendo sui valori della radiofrequenza, si

può far sì che gli ioni che entrano nella trappola vengano accumulati al centro

della trappola stessa e rilasciati successivamente all’end-cap opposto dal quale

sono quindi convogliati verso il rivelatore. La trappola serve sia come luogo

d'isolamento degli ioni precursori, come luogo di frammentazione e come luogo

dove viene effettuata la separazione e l’analisi delle masse degli ioni figli. Il

vantaggio più grande della trappola è che gli ioni possono venire intrappolati al

suo interno per un tempo finito, contrariamente alla spettrometria in tandem nella

quale gli ioni che escono dal primo quadrupolo vengono immediatamente

accelerati e mandati al detector. L’operatore può adattare la trappola ionica in

modo adeguato alla soluzione del suo problema, decidendo quali ioni analizzare,

per quanto tempo accumularli, per quanto tempo frammentarli.

Figura 13. Rappresentazione schematica di una trappola ionica

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Oltre ad ottenere spettri di massa-massa, con la trappola si possono ottenere

anche spettri di massa multipli perché lo stesso analizzatore può essere predisposto

per effettuare nello stesso spazio processi successivi di frammentazione.

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Dai risultati dell’analisi spettrometrica all’identificazione del polipeptide

Negli ultimi venti anni sono stati messi a punto numerosi metodi di elaborazione dei

dati spettrometrica ai fini della identificazione delle proteine. È infatti agli inizi degli

anni ’80 che sono state sviluppate le prime strategie per il sequenziamento dei

polipeptidi adottando tecniche spettrometriche MS/MS.

Dopo soli dieci anni, con la crescita esponenziale dei database di sequenze

genomiche e proteiche, si è assistito ad un radicale cambiamento della strategia.

Il motivo del cambiamento è stato essenzialmente determinato dalla possibilità di

sfruttare i database di sequenze genomiche (e, successivamente, anche

database proteici) per effettuare il lavoro di identificazione delle proteine. La

semplificazione computazionale è stata notevole, come si può arguire da un

semplice esempio.

Si consideri l’endecapeptide ELVISLIVESK. Se non si conoscessero gli amminoacidi

costituenti l’endecapeptide, occorrerebbe effettuare l’elaborazione dei dati

sperimentali considerando un numero di combinazioni e disposizioni pari a 2 x 1014.

Se invece il calcolo viene ristretto alle proteine codificate nel database di tutte le

sequenze genomiche NCBI, le possibili combinazioni si riducono a 2 x 1010. Se si

restringe ulteriormente il calcolo ai peptidi derivanti dalla digestione triptica delle

sole sequenze codificate nel genoma umano si ottiene un numero di possibili

combinazioni pari a 4 x 106. La diminuzione delle sequenze di otto ordini di

grandezza comporta vantaggi enormi in termini di tempo necessario per

effettuare il lavoro computazionale e in termini di costi dell’hardware informatico

da utilizzare. Come è evidente, infatti, il lavoro che segue la rilevazione degli

spettri di massa tandem viene effettuato facendo uso della velocità di calcolo

che soltanto un elaboratore elettronico può garantire. A partire

dall’immagazzinamento dei dati spettrali in formato digitale, in tutte le fasi del

lavoro si fa uso di programmi dedicati per arrivare all’identificazione della proteina

ed al calcolo della affidabilità di tale identificazione.

Esiste un’ampia varietà di sistemi dedicati alla valutazione del grado di affidabilità

con cui una proteina viene identificata. In ognuno di questi sistemi vengono

definiti parametri sui quali si basa l’assegnazione di un punteggio (score) ai risultati

di una identificazione. Due esempi di tali sistemi sono rappresentati dal software

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PeptideSearch [Mann, M., Wilm, M., Anal. Chem. 1994,66, 4390–4399] e dal

software PepFrag [Fenyo,D.,Qin,J.,Chait, B.T.,Electrophoresis1998,19,998–1005], che

usano un semplice schema di scoring basato sul numero di masse coincidenti

quando lo spettro sperimentale viene messo a confronto con lo spettro teorico.

Uno dei primi programmi a sfruttare gli spettri di massa per effettuare il PMF è stato

il software MOWSE, acronimo di Molecular Weight Search [Pappin DJ, Hojrup P,

Bleasby AJ.Rapid identification of proteins by peptide-mass fingerprinting.Curr Biol.

1993 Jun 1;3(6):327-32.],, da cui in seguito è stato sviluppato MASCOT, tuttora uno

dei software più utilizzati per il riconoscimento di sequenze proteiche in banche

dati, (http://www.matrixscience.com/). Altri tool disponibili online sono MS Fit

[Clauser,K.R.,Baker,P.,Burlingame, A.L.,Anal.Chem.1999 71, 2871–2882.] Aldente

[Tuloup M, Hernandez C, Coro I, Hoogland C, Binz PA, Appel RD. 2003. Aldente

and BioGraph: An improved peptide mass fingerprinting protein identification

environment. Swiss Proteomics Society 2003 Congress [Fontis Media], 174–176, 12th

Feb, 2003.

PMF tramite MASCOT

Mascot è uno dei tool più utilizzati per il PMF di proteine, esso è disponibile come

web server liberamente utilizzabile, ma con alcune limitazioni per la quantità di

dati analizzabili contemporaneamente. Alternativamente, è possibile acquistare

una licenza che permette di utilizzare il software in house senza alcuna

limitazione.

In figura 14 è rappresentata la finestra di immissione dati del web server Mascot,

dalla quale si può impostare il tipo di database su cui effettuare la ricerca, il tipo

di enzima proteolitico utilizzato, la tipologia di modificazioni post-traduzionali che

il programma deve considerare per effettuare la ricerca.

Questa ultima opzione è particolarmente importante. Infatti nel caso di analisi di

spot proteici provenienti da elettroforesi bidimensionale o di bande provenienti

da SDS-PAGE bisogna considerare che le proteine sono state sottoposte a

passaggi di derivatizzazione dei residui di cisteina con iodoacetammide. Deve

quindi essere selezionata sempre come modificazione fissa la

carbammidometilazione (+57 kDa). Ulteriori tipi di modificazioni fisse e variabili

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sono disponibili: ad esempio l’ossidazione delle metionine e la fosforilazione delle

funzioni alcoiliche o fenoliche di serina, treonina e tirosina.

Figura 14. Finestra di avvio del web server Mascot per il PMF di proteine.

Il metodo di calcolo del punteggio per l’identificazione delle proteine deriva

dall’algoritmo MOWSE, come sopra accennato. Il primo passo della ricerca

consiste nel confronto tra il set di masse derivanti dal database delle sequenze

presenti in banca dati con il set di masse sperimentali. Ogni valore calcolato che

cade in un range di massa vicino ad un valore sperimentale viene considerato

come un match. Il range di massa viene pre-definito dallo sperimentatore come

tolleranza consentita.

Nella processazione dei dati sperimentali tramite MASCOT, piuttosto che valutare

semplicemente il numero delle coincidenze del set teorico di peptidi con il set

sperimentale, MOWSE assegna ad ogni match un peso statistico, usando

parametri specifici prefissati. I fattori che determinano il peso statistico sono

calcolati in una matrice che viene costruita durante la processazione del

database di sequenze proteiche. La matrice dei fattori di frequenza, denominata

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F, viene costruita mettendo in ogni riga un intervallo di 100 Da nella massa del

peptide, in ogni colonna un intervallo di 10 kDa nella massa intatta della proteina.

Quando le sequenze presenti nel database vengono processate, i generici

elementi fij della matrice sono incrementati, in modo tale da accumulare dati

sulla forma della distribuzione delle masse dei peptidi come funzione della massa

della proteina. Gli elementi di F sono in seguito normalizzati dividendo i singoli

elementi della colonna da 10 kDa per il valore più grande in quella stessa

colonna per dare il fattore della matrice MOWSE denominato M.

Dopo il confronto tra masse sperimentali e masse teoriche il punteggio per ogni

proteina è calcolato secondo:

in cui il denominatore è costituito dal prodotto tra MProt, il peso molecolare della

sequenza, e il prodotto tra i fattori MOWSE per ogni match tra i dati sperimentali e

le masse dei peptidi calcolati in base alla sequenza della proteina presente nel

database.

In Mascot il sistema di scoring MOWSE è stato implementato secondo un

approccio probabilistico. Questa implementazione comporta alcuni vantaggi.

Infatti, l’operatore può:

a) definire la soglia di significatività;

b) combinare in una singola ricerca tipologie differenti di matching (masse

intatte dei peptidi o ioni frammentati in seguito a MS/MS)

c) mettere a confronto i punteggi ottenuti effettuando la ricerca in database

differenti.

A tutti i match positivi ottenuti utilizzando i dati spettrali, siano essi riferiti alle masse

dei peptidi o a quelle dei frammenti sono assegnati punteggi calcolati come -

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10*LOG10(P), dove P è la probabilità assoluta che l’identificazione sia corretta. Per

fare un esempio, ad una probabilità di 10-20 corrisponde uno score di 200.

Figura 15 Grafico di distribuzione dei punteggi di identificazione utilizzando Mascot

Un tipico valore di soglia normalmente utilizzato è quello per cui un evento risulta

significativo se la frequenza di eventi casuali è minore del 5%.

In figura 15 è riportato un tipico esempio di grafico proveniente dalla pagina dei

risultati di PMF tramite Mascot, cioè l’istogramma relativo alla distribuzione dei

punteggi di identificazione.

La zona evidenziata con tratteggio verde corrisponde alla zona di non

significatività, cioè tutti i risultati che cadono all’interno della zona non risultano

significativi nel modello probabilistico utilizzato. La proteina con score 108 risulta

invece chiaramente distinguibile dalla zona di non significatività (il cui limite

corrisponde ad uno score di 67) e rappresenta quindi un match significativo o, nel

Figura 16. Grafico di distribuzione dei punteggi di identificazione utilizzando Mascot, aumentando la tolleranza di massa.

Limite di significatività Score =67

Match corretto Score =108

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caso di altre identificazioni rappresentate fuori dall’area verde, quello con il più

alto grado di significatività o omologia.

Occorre aggiungere che è importante distinguere tra un match significativo e un

match corretto. Infatti, se si ripete la ricerca precedente aumentando il valore di

tolleranza di massa da ± 0,1 Da a ± 1.0 Da si ottiene quanto rappresentato nella

figura 16. Il potere discriminante della ricerca viene largamente ridotto in questo

caso e il miglior match, pur essendo ancora corretto, risulta ora poco significativo.

Un esempio dei risultati ottenibili con Mascot è riportato in figura 17.

Figura 17. Esempio dei risultati di una ricerca di PMF con Mascot. Il grafico della distribuzione dei punteggi sperimentali indica come match valido solamente una proteina, con il punteggio (194) evidenziato in rosso nella lista

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SELDI -TOF-MS

Il SELDI-TOF-MS (Surface-Enhanced Laser Desorption/Ionization Time-Of-Flight

Mass Spectrometer) è uno strumento estremamente versatile e particolarmente

utile per l’analisi di proteine su grande scala e per operazioni di screening

preliminare di campioni complessi finalizzate alla ricerca di biomarcatori. Il SELDI è

stato studiato per compiere analisi in massa di pool di proteine trattenuti all’interno

di un array o ProteinChip. Nella configurazione standard il ProteinChip è una sottile

striscia di alluminio che presenta 8 piccoli pozzetti per l’inserimento dei campioni.

Campioni come siero, plasma, saliva o urine possono essere direttamente

applicati sulla superficie del ProteinChip perché la tecnica SELDI tollera bene sali e

ad altre impurità presenti nei campioni proteici. La quantità di proteine totali

necessaria per un’analisi è bassa (1-10 µg di proteine totali per spot) e il volume

può essere liberamente scelto tra 0,5 e 400 µl (ovviamente in dipendenza delle

dimensioni dei pozzetti). I limiti di massa relativa dei polipeptidi da rilevare sono

compresi fra 1.500 e 20.000.

Per costruire il ProteinChip, in base al campione da analizzare e da ciò che si

vuole analizzare, possono essere utilizzate diverse tipologie di superfici, con diverse

caratteristiche fisico-chimiche (Idrofobiche, cationiche, anioniche, con presenza

di ioni metallici o idrofiliche) o diversamente preattivate per legare diversi tipi di

molecole (proteine DNA o RNA).

Una volta applicato il campione alla superficie dell’array, vengono effettuati

una serie di lavaggi per allontanare tutti i contaminanti e le proteine che non si

sono legate alla superficie scelta dall’operatore. Ciò riduce la complessità del

campione e fa aumentare la probabilità di rilevare marcatori presenti in basse

concentrazioni.

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Figura 18. Nei pozzetti dei cinque ProteinChip sono immobilizzate molecole che conferiscono alla superficie caratteristiche diverse: cationiche, anioniche, idrofiliche, idrofobiche. Possono essere anche immobilizzati composti contenenti atomi metallici o, se la ricerca riguarda una specifica proteina nota, un suo specifico anticorpo monoclonale. Arrays con diversa chimica di superficie adsorbono selettivamente molecole con caratteristiche superficiali diverse. In questa maniera il campione biologico è frazionato e l’analisi è semplificata.

Dal siero, tramite prefrazionamento, possono essere allontanate o separate le

proteine altamente abbondanti in modo da diminuire la complessità del siero e

aumentare la capacità di trovare proteine meno abbondanti. Occorre però tener

conto del fatto che allontanando proteine molto abbondanti come l’albumina

possono venire escluse proteine di interesse legate all’albumina stessa. Inoltre il

prefrazionamento può contribuire ad abbassare la riproducibilità dell’analisi.

Una volta caricati i pozzetti con il campione ed effettuati i lavaggi, a ciascun

pozzetto viene applicata una matrice di quelle descritte presentando la tecnica

di ionizzazione MALDI.

Per l’analisi delle proteine adsorbite nei singoli pozzetti si adottano le stesse

procedure descritte per le sorgenti MALDI. Un raggio laser pulsato colpisce

sequenzialmente i pozzetti così portando in fase aeriforme e ionizzando le proteine

legate alla matrice e consentendone l’analisi TOF-MS.

Da un singolo esperimento, caratterizzato da un ridotto numero di operazioni

che richiedono l’intervento dell’operatore, si ottengono, almeno teoricamente, gli

spettri di tutte le proteine espresse nel campione analizzato.

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Poiché utilizzando questo approccio è possibile analizzare giornalmente

centinaia di campioni biologici, la tecnologia SELDI è considerata la più

promettente per la ricerca di biomarker di interesse clinico [3].

Fig. 19. Fasi della analisi del proteoma con la tecnica SELDI-TOF

1. Applicazione della mix1. Applicazione della mix

2. Lavaggio delle proteine2. Lavaggio delle proteineaspecificamenteaspecificamente adsorbiteadsorbite

3. aggiunta di matrice3. aggiunta di matrice(es.: (es.: acac. . sinapinicosinapinico ))

4. Ionizzazione con4. Ionizzazione conraggio laser pulsatoraggio laser pulsato

5. Rilevazione degli 5. Rilevazione degli Spettri di massaSpettri di massa

1. Applicazione della mix1. Applicazione della mix

2. Lavaggio delle proteine2. Lavaggio delle proteineaspecificamenteaspecificamente adsorbiteadsorbite

3. aggiunta di matrice3. aggiunta di matrice(es.: (es.: acac. . sinapinicosinapinico ))

4. Ionizzazione con4. Ionizzazione conraggio laser pulsatoraggio laser pulsato

5. Rilevazione degli 5. Rilevazione degli Spettri di massaSpettri di massa

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Multi-Dimensional Protein Identification Technology (MuDPIT)

Caratteristiche simili alla tecnologia SELDI ha la Multi-Dimensional Protein

Identification Technology (MuDPIT), almeno per quanto riguarda la possibilità di

analizzare un campione con un numero molto limitato di fasi che richiedono

l’intervento dell’operatore e con alto rendimento in termini di numero di proteine

identificabili. Questo è il motivo per cui l’uso di queste due tecnologie è riferito

come “shotgun proteomics” o “high throughput proteomics”.

La tecnica MuDPIT conserva molte delle caratteristiche descritte in

precedenza, rispetto alle quali sfrutta maggiormente le potenzialità di calcolo

degli strumenti informatici.

In breve, la tecnica MuDPIT si basa sull’uso di uno spettrometro di massa con

ionizzazione ESI e trappola ionica, interfacciato con uno strumento HPLC dotato di

due pompe con possibilità di gradiente ternario o quaternario.

L’insieme delle proteine contenute nel campione biologico da analizzare viene

sottoposto alla frammentazione triptica sopra descritta, senza ricorrere ad alcuna

precedente separazione cromatografica o elettroforetica. Ogni polipeptide

genitore viene quindi frammentato in una serie di peptidi figli. L’insieme dei peptidi

figli ora contenuto nella miscela viene iniettato nella prima colonna capillare dello

strumento HPLC. La colonna è impaccata con uno scambiatore cationico forte

(SCX). I peptidi figli vengono eluiti dalla colonna SCX con un gradiente discontinuo

formato di 15-20 step. Gli eluati di ciascuno step vengono ulteriormente risolti in un

secondo processo cromatografico in fase inversa su ottadecil-silica.

Al termine del lungo processo cromatografico, l’insieme delle masse dei peptidi

genitori e dei peptidi figli (ulteriormente frammentati nella trappola ionica per

determinarne la sequenza) viene elaborato da algoritmi che prendono in

considerazione tutta la tabella popolata dai dati analitici come se questa tabella

riportasse il risultato di un’unica analisi cromatografica. In altre parole, se un

polipeptide ha generato per frammentazione 20 frammenti oligopeptidici,

ciascuno dei quali viene eluito in frazioni diverse della colonna SCX, durante la

deconvoluzione dei dati finali i 20 frammenti genitore ed i relativi ioni figlio

vengono riconosciuti ed utilizzati per l’identificazione del polipeptide contenuto

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Tecniche MS utilizzate in Proteomica – F.Susta, D.Chiasserini, P.L.Orvietani, L. Binaglia

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nel campione. La stessa operazione viene effettuata su ciascun set di peptidi

riconducibili ad un polipeptide presente nelle banche-dati.

Questa tecnica è ovviamente caratterizzata da una enorme capacità di

identificazione di sequenze, potenza analitica che può essere ulteriormente

aumentata sottoponendo a prefrazionamento cromatografico il campione

biologico da analizzare.

Figura 20. 2DHPLC-MS/MS Il sistema è composto di due pompe HPLC che garantiscono un flusso di circa 2 µl/min, un iniettore HPLC con loop di 20 µl, una valvola a 10 vie, una colonna capillare a scambio cationico forte (SCX) e due colonne capillari impaccate con ottadecil-silica (ODS1 e ODS2). La colonna SCX viene sviluppata con gradiente discontinuo di cloruro di ammonio (5-500 mM). I peptidi eluiti dalla colona SCX nel primo step (5 mM cloruro di ammonio) vengono adsorbiti nella colonna capillare ODS1 (traccia blu). In questo settaggio della valvola a 10 vie, la seconda pompa mantiene un flusso del solvente di condizionamento nella colonna ODS2. Terminato il primo step, la valvola a 10 vie viene posizionata in modo tale che l’eluato della colonna SCX sia raccolto dalla colonna ODS2. Mentre la colonna SCX viene eluita con il nuovo tampone (10 mM cloruro di ammonio), la colonna ODS1 viene sviluppata con gradiente lineare 0,01% HCOOH in acqua – 0,01% HCOOH in acetonitrile. I peptidi eluiti dalla colonna ODS1 vengono analizzati dallo spettrometro di massa. Terminato il secondo step della colonna SCX e lo sviluppo della colonna ODS1, la valvola a 10 vie viene riposizionata a collegare le colonne SCX e ODS1. La colonna SCX viene ora eluita con 15 mM acetato di ammonio mentre la colonna ODS2 viene sviluppata con gradiente di acetonitrile. Il procedimento viene ripetuto più volte fino alla fine del gradiente discontinuo.

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