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Tecnica Bancaria (Cagliari - 2017) prof. Mauro Aliano [email protected] 1

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Tecnica Bancaria

(Cagliari - 2017)

prof. Mauro [email protected]

1

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La misurazione del rischio di

credito secondo il Basilea 2

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Rischio di credito: prime definizioni

Si riferisce alla possibilità che una

variazione inattesa del merito creditizio

di una controparte nei confronti della quale

esiste un’esposizione generi una

corrispondente variazione inattesa del

valore di mercato della posizione creditoria

In generale il

rischio di credito

….

Quindi il rischio di credito non è limitato (come spesso si crede) alla sola

possibilità di insolvenza della controparte: anche il più banale

deterioramento del merito creditizio della controparte stessa può essere

considerata una manifestazione del rischio di credito

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La banca si espone al rischio di credito:

I. nell’attività di erogazione del credito;

II. nella sottoscrizione di attività finanziarie (acquisto e

detenzione di titoli obbligazionari);

III. nell’assunzione di impegni futuri, come ad esempio il

rilascio di garanzie alla clientela e più in generale la

concessione di crediti di firma (anche l’attività di

negoziazione in valori mobiliari, in particolar modo quella

in strumenti derivati, origina esposizioni al rischio di

credito nella forma di rischio di controparte)

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Una corretta determinazione del prezzo deve tener conto del grado di rischio

incorporato in ciascuna operazione. Quando questo non accade, la banca si pone

nella condizione di non massimizzare il proprio profitto e, dal punto di vista

patrimoniale, di ridurre il proprio valore netto. Nel momento in cui la probabilità di

insolvenza si alza, il premio per il rischio aumenta e il valore di mercato dell’attività si

riduce (il valore di mercato di un prestito subisce una riduzione nel momento che il valore

attuale dei flussi futuri di quell’attività finanziaria va determinato utilizzando un tasso di

sconto che incorpora un premio al rischio che a sua volta riflette la probabilità di

insolvenza)

Il rischio di credito può essere scomposto in due componenti

Rischio di insolvenza Rischio di spread

Rischio di perdita

conseguente all’insolvenza

del debitore

Rischio di perdita conseguente al deterioramento

del merito creditizio del debitore al quale farebbe

seguito un aumento dello spread richiesto dal

mercato

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Volendo approfondire le componenti del rischio di credito, è possibile distinguere i

seguenti elementi principali:

1) Il tasso di perdita atteso

si tratta del valore medio della distribuzione dei tassi di perdita. Proprio perché

attesa, è evidente che tale perdita non rappresenta il vero rischio di un’esposizione

creditizia; in quanto stimata ex ante, infatti, essa viene direttamente caricata in

termini di spread sulle condizioni di prezzo applicate dal mercato al creditore (per il

suo merito di credito).

La perdita attesa, a sua volta, dipende dalla probabilità di inadempienza e dal

recupero possibile dovuto a garanzie esistenti (tasso di perdita in caso di

insolvenza)

Se le perdite eguagliassero sempre l’ammontare atteso, e la banca accantonasse

fondi per pari ammontare, non vi sarebbe alcuna incertezza sulle condizioni di

profittabilità e quindi alcuna conseguenza negativa sul reddito futuro

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2) la variabilità della perdita attorno al suo valore medio: questa

seconda componente rappresenta il vero fattore di rischio, ossia il

rischio che la perdita risulti, a posteriori, di ammontare superiore a

quella stimata ex ante.

Mentre la prima componente – la perdita attesa – non può essere

ridotta mediante un opportuno processo di diversificazione del

portafoglio in termini di mercati geografici, settori merceologici, o

classi dimensionali dei soggetti affidati, la seconda componente – la

variabilità di tale perdita (perdita inattesa) – può essere ridotta

mediante un ’ adeguata politica di diversificazione del

portafoglio impieghi della banca

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3) Il terzo elemento consiste, pertanto, nell'effetto

diversificazione, ossia nella diminuzione che il tasso di perdita

inattesa subisce nel momento in cui, in uno stesso portafoglio,

vengono inseriti impieghi i cui tassi di perdita attesa risultano

caratterizzati da una correlazione non perfettamente positiva

(inferiore all’unità).

Si tratta, in altri termini, di un fattore correttivo (al ribasso) della

seconda componente che si registra ogni qualvolta un singolo

prestito si inserisce in un portafoglio di prestiti preesistente nei

confronti del quale la nuova operazione non si muove all’unisono (si

verifica cioè un effetto di riduzione della rischiosità media analogo a

quello osservato per un portafoglio di attività finanziarie)

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La perdita attesa di un prestito, poi, può essere a sua volta suddivisa in due

elementi:

La probabilità di insolvenza della controparte (probability of default = PD)

Il tasso di perdita in caso di insolvenza (loss given default = LGD)

Analiticamente pertanto si ha che:

Pa = (PD x EAD) x LGD

Pa = E(Ti) x [1-E(Tr)]

Dove

Pa = tasso di perdita atteso

E(Ti) = tasso di insolvenza atteso (E=PD; Ti = esposizione in caso di

inadempienza = EAD)

E(Tr) = tasso di recupero atteso in caso di insolvenza

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Mentre la probabilità di insolvenza dipende dal merito creditizio del

debitore, il tasso atteso di recupero dipende principalmente dalla

natura del finanziamento e dalle eventuali garanzie che lo

assistono.

La distinzione tra perdita attesa e perdita inattesa è particolarmente

rilevante poiché è un elemento essenziale per le scelte gestionali che

riguardano:

L’ammontare delle svalutazioni dirette e degli accantonamenti

necessari per fronteggiare la componente delle perdite attese

Il mantenimento di una adeguata dotazione di capitale proprio

per fronteggiare la componente inattesa di tali perdite

La richiesta, al prenditore, di una maggiorazione nel tasso di

rendimento che tenga conto delle svalutazioni e degli

accantonamenti per le perdite attese e del costo del capitale che

fronteggia le perdite inattese

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Per la stima del tasso atteso di insolvenza, si seguono, nella prassi,

tre possibili approcci

Il primo è costituito dai cosiddetti modelli analitico soggettivi, che

consentono di tenere adeguatamente in considerazione sia le

variabili di natura quantitativa, sia le variabili di natura qualitativa

che, al contrario, un modello statistico non è in grado di cogliere. I

modelli analitici presentano, tuttavia, lo svantaggio di essere modelli

estremamente sensibili agli elementi soggettivi

Un secondo possibile approccio consiste nei modelli di natura

statistica che vanno generalmente sotto il nome di modello di rating

o modelli di scoring. Un forte impulso allo sviluppo dei sistemi di

rating interno è giunto alle banche europee, soprattutto quelle di

minori dimensioni, dalla revisione dell ’ Accordo di Basilea sui

requisiti patrimoniale del 1988, nota come Basilea 2.

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1212

In merito all’aspetto più critico delle metodologie di assegnazione dei rating,

Basilea 2 si è limitata ad elencare alcuni requisiti di massima, lasciando alle

banche l’onere della scelta dell’approccio di valutazione

Tra queste, particolare attenzione è stata riversata dalle banche sulle tecniche

automatiche, tra cui lo scoring, ossia una specifica tecnica di

determinazione di una misura di affidabilità del prenditore sulla base di

variabili di input e relazioni individuate e stimate su predefiniti campioni di

debitori/creditori utilizzando apposite metodologie statistiche nella fase di

costruzione del modello predittivo

Tornando alla natura dei modelli, preme sottolineare che si tratta

prevalentemente di modelli multivariati che, analizzando diversi indici contabili

e attribuendo ad ognuno di essi, mediante opportune tecniche statistiche, una

ponderazione, giungono ad una valutazione del merito creditizio che viene

sintetizzata in un unico valore.

Un terzo ed ultimo approccio per la stima dei tassi di insolvenza si fonda sui dati

storici prodotti dalle agenzie di rating

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1313

Calcolo dei requisiti patrimoniali minimi per il rischio di credito secondo

Basilea 2

Com

ple

ssità c

rescente

Requis

ito p

atr

imonia

le

decre

scente

Le banche possono scegliere tra i seguenti metodi per il calcolo dei

requisiti patrimoniali minimi

1. il metodo standard

2. il metodo rating interni

di base

3. il metodo rating interni

avanzato

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14a.a.2010/11 14

Crediti verso imprese: metodo standard

Portafogli

o Imprese

Da AAA a

AA

Da A+ a A- Da BBB a

BB-

Inferiore a

BB-

Senza

rating

Ponderazio

ni impieghi

Nuovo

Accordo

20% 50% 100% 150% 100%

Capitale

necessario

(per 100

euro di

prestito)

1,6 ………. ……….. ………… 8

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Il sistema basato sui rating interni (IRB)

Il sistema IRB (Internal rating based approach – IRB) prevede che le

banche suddividano le esposizioni in portafoglio in diverse classi di

attività con diverse caratteristiche di rischio di credito.

Le classi di attività sono relative a imprese, banche, soggetti sovrani,

clientela al dettaglio (retail), partecipazioni azionarie, crediti

commerciali acquistati

Per ognuna delle classi è previsto un insieme specifico di elementi di

rischio, ponderazioni e requisiti minimi per l’ammissibilità.

Vi è la necessità di disporre di serie storiche di dati

Rating deve essere dato da chi nella organizzazione non ha vantaggio

a darlo!!!!

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1616

IRB: aspetti fondamentali

Il Comitato ha sviluppato una metodologia di base

(foundation approach) e una avanzata (advanced

approach) per la stima delle componenti di rischio

Nel metodo base relativo alle esposizioni verso imprese,

banche e soggetti sovrani, una banca deve stimare

internamente la probabilità di insolvenza (PD – probability

of default) connessa ai mutuatari inclusi in ciascuna classe

di rating, facendo affidamento nel contempo alle regole

prudenziali per la stima delle altre componenti di rischio.

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1717

IRB: aspetti fondamentali

Nel metodo avanzato le banche possono utilizzare

stime interne per tre ulteriori componenti di rischio:

perdita in caso di insolvenza del mutuatario (LGD –

loss given default), entità dell ’ esposizione al

momento dell ’ insolvenza (EAD – Exposure at

default) e il trattamento dei derivati di credito e delle

garanzie.

Devono però rispettare requisiti minimi.

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18a.a.2010/11 18

Calcolo dei requisiti patrimoniali secondo il metodo dei rating interniP

iù c

resce il re

qu

isit

o p

atr

imo

nia

le

Più aumenta il rischio

0

50

100

150

200

250

300

350

0,1

0%

0,1

5%

0,1

8%

0,3

0%

0,4

0%

0,5

0%

0,8

0%

1,0

0%

1,3

0%

1,5

0%

2,0

0%

2,5

0%

3,0

0%

4,0

0%

5,0

0%

6,0

0%

10,0

0%

15,0

0%

20,0

0%

Re

qu

isit

o p

atr

imo

nia

le

Probabilità di default

Impiego 1.000 euro

ad una impresa

Regole

Basilea 2

Requisito patrimoniale funzione di

(PD; LGD; EAD; M)

(da 1,18% a 28,20%)

Assorbimento Patrimonio di vigilanza = % Requisito

patrimoniale (PD;LGD;EAD:M) x Impiego

+

copertura rischio operativo

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1919

Metodo standard e metodi IRB

Esposizione

Coefficiente di

ponderazione fornito dalle

agenzie di rating

x 8%x =Requisito

patrimoniale

Metodo Standard

EAD x PD LGDx x M +/- Granularity x 8% =Requisito

patrimoniale

Valori calcolati dalle banche

Metodo IRB avanzato

Metodo IRB di base

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2020

Per la stima del tasso di recupero, invece, va sottolineato come i fattori che

determinano tale variabile siano essenzialmente quattro.

La gravità dello stato di insolvenza, ossia l’entità del divario tra il valore delle

attività e il valore delle passività del soggetto affidato

Il grado di liquidità delle attività dell’impresa e, quindi, la relativa facilità con

cui le attività a disposizione possono essere convertite in liquidità al fine di

rimborsare i creditori

La presenza di eventuali garanzie, sia reali sia personali, con il connesso grado di

liquidità. Il Comitato di Basilea ha previsto, nel nuovo schema di regolamentazione del

capitale, il riconoscimento di “sconti” sui requisiti patrimoniali da applicare alle esposizioni

caratterizzate dalla presenza di strumenti di mitigazione del rischio di credito, quali le

garanzie di natura personale o reale. La disciplina proposta ha una struttura flessibile che

consente di variare lo sconto in funzione del tipo di garanzia presentata e della sua

capacità di copertura del debito. Le tecniche di mitigazione del rischio, a seconda della loro

tipologia, riducono il requisito di capitale agendo su variabili diverse, le garanzie personali

sono modificative della probabilità di insolvenza (PD), mentre le garanzie reali (finanziarie o

immobiliari) impattano sulla perdita al momento dell’insolvenza (LGD)

Il grado di esposizione, ossia l’eventuale presenza di forme di seniority o di

subordinazione nei confronti di altri creditori.

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Da ultimo, per la stima della perdita inattesa, è opportuno riflettere sul

fatto che la perdita effettivamente registrata ex post da un portafoglio di

impieghi può risultare diversa da quella stimata ex ante

fondamentalmente per due ordini di motivi: per il fatto che il tasso di

insolvenza risulti a posteriori superiore a quello stimato in origine

e/o per il fatto che il tasso di recupero in caso di insolvenza risulti

ex post inferiore a quello stimato ex ante.

Seguendo una logica di tipo probabilistico, quale quella tipica dei

modelli del valore a rischio (VAR), si deve valutare fino a quale punto il

deterioramento di queste due variabili può manifestarsi con un certo

livello di confidenza.

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2222

Rating del debitore

Rating del garante

Forma tecnica

Garanzie reali

Forma tecnica

Margine disponibile

In che percentuale di

casi si rischia una

perdita?

Quale percentuale si

perderà in caso di

default?

Su quale

esposizione

effettiva?

Patrimonio (capitale, fondi generali)

Copertura della perdita inattesa

Accantonamenti/svalutazioni

Copertura della perdita attesa

Prezzo

Costi operativi

Politica commercialeRedditività cliente

Livello dei tassi

PD

LGD

EAD

Costo del capitale

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2323

Basilea 3

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2424

Il dibattito in corso

La gravità della crisi che ha colpito l’economia mondiale,

propagandosi da focolai inizialmente circoscritti ad alcuni segmenti

del settore finanziario d’oltreoceano, ha inevitabilmente portato a

chiedersi se vi fossero gravi difetti nella regolamentazione e, in

particolare, nell’accordo internazionale noto come Basilea 2.

In realtà, all’origine della crisi vi è stata un’interazione fra crescenti

squilibri macroeconomici, politiche monetarie accomodanti,

un’innovazione finanziaria che sembra aver superato la capacità

degli operatori di gestirne le implicazioni, la naturale tendenza dei

mercati a passare bruscamente da fasi di euforia e sottostima

dei rischi a fasi di crollo della fiducia, il moltiplicarsi delle

occasioni di contagio generata dall’integrazione economica

internazionale.

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2525

Il dibattito in corso

Certamente l’apparato regolamentare e di

supervisione del settore finanziario non è stato

in grado di prevenire l’eccessiva dilatazione dei

rischi o di imbrigliare lo sviluppo della crisi.

In risposta alla crisi è stata avviata un ’ azione

concertata dei governi, all’interno della quale si

svolge, con riferimento al settore finanziario, l’azione

di riforma regolamentare del Financial Stability

Board e, per il settore bancario, quella del Comitato

di Basilea.

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2626

Gli interventi per ridurre il rischio di liquidità

Sin dal primo Accordo di Basilea, la regolamentazione finanziaria

per le banche è stata fortemente incentrata sulla presenza di presidi

patrimoniali commisurati ai rischi assunti, nella convinzione che

alle esigenze di liquidità degli intermediari potesse farsi sempre

fronte grazie a mercati interbancari ben sviluppati e integrati.

Il rischio che banche solvibili potessero trovarsi nella condizione di

non essere in grado di onorare i propri impegni di cassa nei tempi

richiesti e a costi sostenibili era sottostimato.

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2727

Gli interventi per ridurre il rischio di liquidità

La crisi finanziaria ha mostrato invece con quanta rapidità,

intensità e durata possa manifestarsi il rischio di liquidità e

quali effetti esso possa determinare sulla stabilità degli

intermediari e dell’intero sistema.

È risultata evidente l’esigenza di definire a livello

internazionale un sistema di regole in materia di gestione

della liquidità.

Attraverso l’introduzione di regole quantitative, il Comitato di

Basilea mira dunque a evitare che squilibri nella gestione

delle liquidità possano mettere a repentaglio la stabilità

del singolo intermediario e a ridurre le possibilità di

contagio ad altri operatori.

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2828

Gli interventi per ridurre il rischio di liquidità

Un primo indicatore (liquidity coverage ratio - LCR), finalizzata a

garantire l’equilibrio finanziario di breve periodo, richiede che le

banche si dotino di cuscinetti di attività liquide in grado di coprire –

anche in condizioni di stress molto severe – deflussi di cassa attesi

in un orizzonte di 30 giorni, senza ricorrere al mercato (in vigore dal

2015).

Un secondo indicatore (net stable funding ratio – NSFR) risponde

invece all’esigenza di evitare squilibri strutturali nella composizione

per scadenze delle passività e attività di bilancio, su un orizzonte

temporale di un anno (in vigore dal 2018)

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2929

Le proposte per rafforzare l’adeguatezza del capitale

Le regole sull’adeguatezza del capitale rimangono

lo strumento principale per influenzare gli incentivi

all’assunzione di rischi da parte delle banche e per

determinare la loro capacità di assorbire perdite

rimanendo vitali.

Obiettivo è il miglioramento della qualità degli

strumenti finanziari che possono essere inclusi

nel patrimonio di vigilanza e un più adeguato

trattamento di alcuni rischi.

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3030

La definizione di capitale

Le nuove regole si prefiggono dunque l’obiettivo di innalzare la

qualità del capitale, rendendo le banche più pronte ad affrontare

future crisi e ad assorbire le perdite in un’ottica sia – e soprattutto –

di continuità aziendale sia di liquidazione.

Nel confermare la ripartizione del patrimonio di vigilanza in

patrimonio di base (Tier 1) – a copertura delle perdite in un’ottica di

continuità aziendale – e patrimonio supplementare (Tier 2) – a

copertura delle perdite in caso di liquidazione – l’orientamento è per

una definizione restrittiva della componente predominante del

patrimonio di base (il core Tier 1), che per le banche costituite

in forma di società per azioni viene essenzialmente limitata alle

azioni ordinarie e alle riserve di utili.

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3131

La definizione di capitale

Gli attuali coefficienti patrimoniali minimi relativi al

patrimonio totale e a quello di base vengono affiancati

da un requisito relativo al core Tier 1. A regime:

core Tier 1: 4,5%

Tier 1: 6%

Patrimonio complessivo: 8%

Nello stesso spirito, vengono introdotte regole più

stringenti per l’ammissibilità nel patrimonio

supplementare degli strumenti di debito subordinato;

scompaiono, gradualmente, gli elementi di qualità più

bassa (cfr. tabella successiva)

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32

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3333

Il leverage ratio Un’altra problematica emersa attiene all’elevato

indebitamento (leverage) delle banche che maggiormente

hanno subito la crisi.

Si stanno quindi compiendo diversi sforzi per introdurre

strumenti che limitino l’eccessiva crescita dell’indebitamento

nelle fasi di euforia.

La proposta di imporre un leverage ratio (rapporto di

indebitamento) alle banche è una delle risposte all’esigenza di

evitare livelli di debito non compatibili con un equilibrato

funzionamento del sistema economico.

Il leverage ratio, definito come il rapporto massimo tra il

volume delle attività e delle esposizioni fuori bilancio e il

capitale, ha peraltro una duplice finalità.

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3434

Il leverage ratio

Oltre a contribuire a contenere il livello di indebitamento nelle

fasi di elevata crescita economica, esso può supplire ad

eventuali carenze o imperfezioni nei modelli interni per la

valutazione del rischio, soprattutto di quelli sviluppati per

prodotti finanziari particolarmente complessi o innovativi.

Il rapporto tra il Tier 1 e le attività complessive (on balance e off

balance) deve essere almeno pari al 3%

Periodo transitorio

da gennaio 2011. monitoraggio

da gennaio 2015: informativa sul livello del ratio e sulle componenti

entrata in vigore: 2018

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L’effetto dei rischi sui bilanci degli intermediari

Una volta definite le principali categorie di rischio, possiamo esaminare come questi

rischi si riflettono sul bilancio degli intermediari. La tabella indica il criterio generale

che deve essere seguito quando l’evento si manifesta e le voci di bilancio interessate

Perdita in conto capitale per vendite in condizioni di emergenza

Mancata possibilità di finanziare posizioni in scadenza

Minusvalenze

Maggiori costi di finanziamento

Mark-to-market

(esposizione del valore di bilancio al valore economico)

Valore delle attività

Minus-plusvalenze

Conto economico

Rettifiche di valore

Perdite su crediti (write-offs)

Deduzioni dirette

Accantonamenti a fondo rischi

Criterio generale da seguire Voci di bilancio interessate

RISCHIO DI LIQUIDITA’

RISCHIO DI MERCATO

RISCHIO DI CREDITO

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I vari rischi si riflettono sul patrimonio o direttamente

o passando attraverso la riduzione dell’utile di

bilancio.

E’ allora chiaro perché il patrimonio rappresenti

un autentico «paraurti» rispetto al verificarsi dei

rischi.

La regola economica fondamentale è naturalmente

che un’impresa per poter continuare ad esistere

deve avere patrimonio netto maggiore di zero, cioè

deve essere in condizione di solvibilità.

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L’adeguatezza del capitale rispetto ai rischi sopportati è dunque

la difesa fondamentale rispetto al rischio di solvibilità.

Il capitale proprio risulta «adeguato» quando riduce la probabilità

di insolvenza futura di un’istituzione ad un livello minimo

predeterminato.

Naturalmente, come per la liquidità non esiste nessuna formula

magica né alcuna regola fissa: valutare ex ante l’adeguatezza è

dunque il momento cruciale delle buone regole di gestione

bancaria e di efficacia degli interventi di controllo.

Proprio perché è sul patrimonio che alla fine si scaricano tutti i

rischi della banca si sono diffuse tecniche di misurazione della

relazione esistente fra singoli rischi (e rischi nel loro complesso)

e il patrimonio stesso.

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Riassunto: i limiti di Basilea I

Cosa mancava?

Differenziazione delle misure di rischio per la

stessa tipologia di clientela;

Scadenza dei prestiti

La diversificazione dei portafogli di prestiti

Rischio operativo e di mercato

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Da Basilea II a Basilea III

Periodo di transizione (molte norme entrano

in vigore nel 2019)

Le aziende bancarie ancora più

“attenzionate”

Stabilità finanziaria in un contesto economico

incerto

Cosa succederà nel 2019?

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Da Basilea II a Basilea III

Definizione di Common equity (Core Tier 1)

Riserve e utili non distribuiti (eccetto

l’avviamento)

Azioni Ordinarie

Azioni Privilegiate

countercyclical capital buffer: capitale

aggiuntivo che può essere richiesto in periodi

di ciclo economico positivo, come buffer nei

periodi di ciclo economico relativo

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Le fasi di applicazione di Basilea III

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Le recenti riforme del settore bancario

italiano La riforma delle banche popolari

La riforma delle BCC

Le garanzie sulle cartolarizzazioni delle

sofferenze

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Riforme delle banche popolari

Decreto legge 5 del 2015

Trasformazioni in SPA delle banche con un attivo

superiore agli 8 mld di euro (entro 18 mesi, Luglio 2016)

La Banca d’Italia limita il diritto al recesso

Viene meno il voto “capitario”, quindi in teoria possono

essere “scalabili” (si vedano gli andamenti di borsa)

Ci può essere il limite del 5% (per 24 mesi) per quanto

riguarda al detenzione del capitale

Quale altra alternativa? Liquidazione o

commissariamento

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La riforma delle BCC

Conversione di un decreto legge (decreto-legge n. 18

del 2016)

Segue la riforma delle banche popolari (sempre

attraverso decreto legge)

Composto da 4 capi:

La riforma del settore bancario cooperativo (capo I);

la garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze

(capo II);

disposizioni fiscali relative alle procedure di crisi (capo III);

disposizioni in materia di gestione collettiva del risparmio (capo

IV).

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Qualche dato di partenza

Debolezza strutturale delle BCC rispetto alle norme di Basilea III

Dimensione ridotta ed eccessiva dipendenza dal ciclo economico (si

vedano le sofferenze)

Struttura organizzativa che non consente innovazioni

Grazie alla Direttiva 2014/59/UE ( Banking Recovery and

Resolution Directive, BRRD) e con l’avvio del Meccanismo unico di

risoluzione delle crisi nell’eurozona ( Single Resolution Mechanism,

SRM), le situazioni di difficoltà che emergeranno non sarebbero

gestibili per le BCC. Perché?

Per l’impossibilità di accedere velocemente al mercato dei

capitali

Infine, da parte dell’ECB c’è un «ok»

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Proposta

Gruppo delle Banche di Credito Cooperative (Gruppo Bancario

cooperativo) con patrimonio netto di almeno 1 mld di euro

La Capogruppo è una Società per Azioni, ma non altera la

“mutualità delle singole BCC” attraverso un contratto di coesione

L’adesione alla capogruppo rappresenta la condizione per il rilascio

dell’autorizzazione all’attività bancaria. Se la BCC non aderisce? Va

in liquidazione!

Nella S.p.A. la partecipazione delle BCC deve essere maggioritaria

ma non esclusiva

La S.p.A. controlla le BCC attraverso un contratto di coesione o

attraverso la partecipazione

Sono innalzati il valore nominale della partecipazione detenibile

da ciascun socio, portato dagli attuali cinquantamila euro a

centomila mila (rafforzamento dei soci nelle BCC)

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Come si costituisce il Gruppo

C’è un’autorizzazione da parte della B.I. sullo schema di

contratto (controllo preventivo, sulla sana e prudente

gestione)

A seguito dell’autorizzazione c’è l’iscrizione all’albo del

Gruppo

Se la BCC versa in una situazione di inadeguatezza

patrimoniale o è in amministrazione straordinaria, c’è

la possibilità di emettere azioni di finanziamento, che

verranno sottoscritte dal Gruppo (art. 150 bis del TUB)

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Fasi di costituzione del gruppo

La Capogruppo (che intende essere

Capogruppo) presenta la documentazione

alla B.I. entro 18 mesi dall’entrata in vigore

della legge

Le singole BCC deliberano di aderire al

gruppo (i soci possono recedere)

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“No easy way out”

Istituti con un patrimonio netto superiore a

200 milioni, riconoscendo all’erario

un’imposta straordinaria pari al 20 per

cento dello stesso, possono scorporare

l’attività bancaria conferendola a un istituto di

credito costituito in società per azioni.

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Punti di debolezza

La dimensione del Gruppo può essere notevolmente

inferiore rispetto a quella dei gruppi di “BCC” in altri

paesi

Siamo sicuri che con una maggiore dimensione si riesca

a vigilare meglio??

Non sembra una contraddizione rispetto al principio del

TBTF?

Le singole BCC saranno meno libere, perché la

capogruppo svolgerà una funzione di controllo

Nomina degli organi della BCC da parte della

Capogruppo, sarà un’attività solo straordinaria?

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Il sistema di garanzia degli NPL

(GACS) Favorire un mercato del credito deteriorato

attraverso la garanzia dello stato su senior

tranche di cartolarizzazioni di sofferenze cedute

ad uno SPV

Il rating non può essere inferiore all’investment

grade

Allo stato verranno riconosciute delle

commissioni prendendo in considerazione i CDS

Accordo tra MEF e Commissione Europea

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Fattori dei GACS

Tempo medio di recupero dei crediti in

sofferenze più lungo rispetto a quello degli

altri paesi

Fiscalità delle perdite

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