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TEATE IL TEMPO DELLE COSE

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TEATEIL TEMPO DELLE COSE

Il Museo rientra nella categoria molto diffusa degli edifici storici trasformati in spazio espo-sitivo. Negli anni ‘50, quando almeno in Italia ai “nuovi” musei non erano destinati edificiprogettati appositamente, la residenza neoclassica dei baroni Frigerj, oggi proprietà delloStato, è diventata museo archeologico distinguendosi con la raccolta archeologica piùimportante della regione.L’interno, articolato su due piani, si apre con una galleria centrale, utilizzata in origine per lecarrozze, dalla quali si eleva una monumentale scalinata che conduce al piano superiore.É in atto una complessa opera di ristrutturazione dell’edificio basata sulla progettazione diun nuovo allestimento, condiviso con Rosanna Tuteri e con gli architetti Ada Cardellicchio eStefano Trocchi.

Le nuove raccolte, i numerosi reperti affluiti dalle ricerche sul territorio e le donazioni dei pri-vati dal 1959 a oggi hanno imposto una rivisitazione dei percorsi espositivi in grado di esporreun quadro aggiornato delle nuove conoscenze e acquisizioni sulla storia antica della Regione.L’intenzione è quella di presentare, in modo chiaro e accessibile al pubblico più vasto, purnel rispetto della scientificità dei dati, una rassegna organica dei dati archeologici disponibi-li, da quelli ormai “storicizzati” a quelli risultanti dalle indagini più recenti, che documenta-no il lungo arco di tempo, tra la fase iniziale dell’età del ferro e l’alto medioevo, in cui siannunciano e poi si consolidano i caratteri etnico-culturali che contraddistinguono l’Abruzzonel quadro dell’archeologia italiana.Le caratteristiche strutturali dell’impianto museale impongono la scelta dei contesti e mate-riali che per la loro notorietà e/o unicità denotano la centralità di questo museo nel panora-ma regionale.Si propone dunque un itinerario dal territorio vestino all’area sangritana, dalle popolazioniconfinanti con il Lazio a quelle confinanti con il mondo piceno, e via dicendo attraverso queisiti e quei contesti che per ciascun territorio sono in grado di raccontarne la storia e le suetrasformazioni nel tempo. La novità consiste nella suddivisione secondo sistemi etnico-ter-ritoriali che cominciano a essere percepibili già all’inizio dell’età del ferro e che manterran-no una loro identità anche nel momento cruciale dello scontro con Roma. La collezione disculture funerarie, unica in ambito europeo in quanto costituisce il documento più cospicuoe suggestivo delle popolazioni sabelliche in età protostorica nell’Italia centrale adriatica, nelnuovo allestimento sarà esposta inquadrando ciascun manufatto nel territorio di prove-nienza. Dalla stele di Guardiagrele al torso di Atessa, dalle gambe di Collelongo al Guerrierodi Capestrano, tutte le statue saranno presentate “dentro” il loro territorio e i contesti da cuiprovengono, contribuendo dunque a raccontare la storia dell’Abruzzo dei popoli nelle fasicruciali della loro affermazione e definizione fino allo scontro con Roma.Il museo, questo museo diventa dunque lo spazio dove si stimola e si guida ad utilizzare lediverse chiavi di lettura del proprio territorio, di cui le testimonianze presenti sono espres-sione diretta.Buon viaggio dunque attraverso l’Abruzzo dei popoli, senza schemi fissi di percorso, dalmomento che ogni popolazione sarà raccontata in modo autonomo ed esaustivo, attraver-so l’esposizione dei materiali che meglio la identificano.

Maria Ruggeri

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Il Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo

VILLA FRIGERJ

IL GUERRIERODI CAPESTRANO

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TEATE IL TEMPO DELLE COSE

Protagonista assoluto del Museo è il Guerriero di Capestrano, la più alta testimonianza dellaproduzione scultorea delle popolazioni indigene che abitavano l’Abruzzo.La statua, risalente alla prima metà del VI sec. a.C., rappresenta una figura virile in abbiglia-mento bellico, con armi da offesa e da difesa di straordinaria bellezza, che oltre l’uso fun-zionale sottolineano l’alto rango del defunto effigiato, una sorta di armatura di gala com-pletata da un vistoso copricapo, anch’esso simbolo di potere e di rango. Le proporzioni cor-poree alludono alla forza del giovane guerriero in grado di fronteggiare il nemico in campoaperto e hanno un riscontro nelle rappresentazioni dei kouroi greci d’età arcaica: il Guerrieropotrebbe dunque riassumere e reinterpretare con linguaggio autonomo suggestioni stilisti-che della tradizione italica, in particolare dell’Italia meridionale adriatica, saldandole conquelle di provenienza greca, che in area tirrenica aveva già un ruolo egemone.L’iscrizione, presente su uno dei pilastrini, ricorda il nome del personaggio NevioPompuledio, secondo la lettura più diffusa, e il nome dello scultore Aninis. Quest’ultimosembra a oggi essere l’unico scultore di cui sarebbe nota l’identità in tutta l’area medio-adriatica. Alla sua mano potrebbe essere riferito il torsetto femminile della Dama diCapestrano, rinvenuto a pochi metri dalla statua del Guerriero, e il Torso di Rapino, che purin modo molto frammentario sembra una replica della scultura più famosa. Altri frammenti di statue, ora perduti, provenivano dalla stessa necropoli; un ultimo fram-

mento, raffigurante il torso di un guerriero in tutto e per tutto copia del primo, fu vendutoall’asta da Sotheby’s nei primi anni ‘90 del secolo scorso. Sembra dunque delinearsi un’areadove si possono seguire le tracce dello scultore Aninis e dei suoi lavoranti, che scolpivanofigure di armati dai caratteri molto omogenei e ben distinguibili da altre sculture provenien-ti sempre dal territorio abruzzese.Le statue in pietra di capi defunti avevano tutte un forte valore simbolico per la comunità diappartenenza in quanto concretizzavano e comunicavano l’idea del potere “regale”; sottoli-neavano inoltre il saldo possesso del territorio rispetto alle tribù confinanti, con le quali i rap-porti erano spesso improntati a una diffusa ostilità salvo alleanze temporanee e strumenta-li. Non è un caso che la presenza di queste sculture appaia legata alla sepolture monumen-tali sotto tumulo, riservate a un segmento privilegiato della comunità rappresentato daigruppi familiari legati ai capi guerrieri, le cui tombe costituivano il centro fisico e simbolicodelle necropoli. Così come non è un caso che le grandi necropoli di età protostorica, da cuiproviene la maggior parte di questi sémata funerari, siano collocate lungo le ampie pianuredi fondovalle, dove si intersecano i percorsi più agevoli e quindi più frequentati, a segnarecome marker territoriali i confini di ciascuna tribù.

Maria Ruggeri

È indubbio che l’istituzione museo mai come in quest’ultimo decennio abbia riscontratointeresse e riconoscimento sociale, che sottolinea il ruolo centrale assunto nella valorizza-zione del patrimonio culturale. Spesso è proprio la presenza di un museo a suggerire l’ideadi un viaggio, di una deviazione durante una vacanza. Ma è per i “suoi cittadini” che unMuseo deve diventare un punto di riferimento. L’educazione dei cittadini ha un posto cen-trale e significativamente precede l’interesse per i “forestieri”. Partendo da questo punto,bisogna essere in grado di valorizzare la cultura come ingrediente prezioso per il futuro diuna comunità, come antidoto alla perdita di identità. E il museo in questa prospettiva deveporsi come luogo indispensabile alla sua comunità, scambiando con essa cultura e idee. Da

IIVV

Nel 1959 un telegramma inviato dall’assistente di scavo Nello Berardinelli al SoprintendenteValerio Cianfarani comunicava con tono esultante il rinvenimento della statuetta bronzea diEracle in riposo all’interno del tempietto posto sul terrazzo superiore del santuario di ErcoleCurino a Sulmona.Da allora il prezioso reperto è conservato presso il Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzodi Villa Frigerj ed esposto al pubblico dal 1998 insieme ai reperti provenienti dall’imponenteluogo di culto peligno.Dono di Caio Attio Peticio Marso, importante mercator e navicularis di età augustea nelMediterraneo e nel mondo allora conosciuto, la statuetta è testimone della devozione tri-butata ad Ercole dai mercanti e attesta la circolazione dei preziosi “multipli” lisippei in etàellenistica. Le ridotte dimensioni (altezza totale cm 39), non sminuiscono l’impianto monumentale del-l’opera: l’eroe nudo è rappresentato stante, appoggiato a sinistra sulla clava da cui pende laleontea; sulla superficie mossa della pelle ferina si staccano i volumi levigati del braccio sini-stro abbandonato, mentre il destro è piegato dietro la schiena a tenere i pomi delle Esperidi(ora perduti) nella mano semichiusa appoggiata sul gluteo. Le gambe sono individuatecome elementi portanti non solo della figura, ma soprattutto del movimento e dell’energiache essa sprigiona: la gamba destra è tesa, mentre la sinistra flessa asseconda l’abbandonodi questa metà del corpo sottolineato anche dalla leggera torsione e flessione in avanti dellatesta. Il diverso colorismo della scultura concorre ad evidenziare la contrapposizione tra laparte destra in azione, levigata e animata dalle potenti masse muscolari, e la parte sinistra,rilassata e ferma, in contrasto con il veristico pelame leonino. Il vertice della composizioneè rappresentato dalla testa dell’eroe, con il volto pensieroso contornato dalla capigliaturamossa da folte ciocche e dalla barba divisa in riccioli appena disordinati. Nella testa si con-

densa la contrapposi-zione tra levigatezza eforte colorismo pre-sente sull’opera intera:tra capigliatura e barba,il volto esprime unaforza potenziale: occhigrandi quasi sbarrati,naso appena arcuato e pic-cola bocca carnosa e semia-perta, fronte e guance reseda piani morbidi ma segnatiprofondamente. Lo sguardo èrivolto in basso, fuori dal limitedella base che concorre con la suaforma rotonda a sottolinearel’inserimento della figura in tuttolo spazio disponibile a chi guarda:gambe, muscoli del torso, del baci-no e delle spalle, torsione del braccioe flessione della testa suggerisconoun movimento circolare che scivolasenza ostacoli sui volumi lisci del corpo esi ferma sulla superficie arruffata della leon-tea, dopo aver percorso le potenti massemuscolari della visione posterioredell’eroe.A riposo dalle sue fatiche, l’eroeassume una dimensioneumana che il volto serenoesprime appieno, mentre levibrazioni emanate dallamuscolatura narrano la forza e lavitale inquietudine di un uomo tragli uomini, destinato all’immortalità.

Rosanna Tuteri

ERCOLECURINO

Museo e identitàparte delle comunità locali si vede come sia in crescita la domande di riscoprire la propriacultura e identità: rivolgere attenzione al patrimonio e al territorio diventa un percorsonecessario se si vuole realmente avviare un’esperienza di innovazione e se si vuole lavorarepositivamente sulla qualità della vita nel territorio di appartenenza. Da ciò è scaturitol’impegno del nostro museo nei confronti del mondo della scuola, lavorando per consoli-dare la vocazione didattica del Museo stesso: in tal modo l’istituzione Museo viene ricono-sciuta come risorsa del territorio, luogo di apprendimento, di formazione, di svago.

Maria Ruggeri

INCONTRIAMOCI AL MUSEOIl progetto, giunto alla quarta annualità, è strutturato su un modello organizzativo fon-dato sulla condivisione di risorse e servizi, che ha visto l’attivazione di una serie di azio-ni e procedure volte a favorire l’interazione tra le diverse professionalità. La creazionedi un sito web favorisce la formazione di una comunità di ricerca tra le scuole del terri-torio del comune di Chieti aderenti al progetto. Concepito in modo funzionale il sitopermette l’accesso anche ad altre scuole e musei, fornendo uno strumento telematicoper la consultazione, lo scambio delle informazione e la condivisione dei lavori prodot-ti, favorendo altresì i processi di cooperazione fra i soggetti coinvolti nella costituzionedi una rete stabile.A partire dall’anno 2009 è stato avviato un progetto di ricerca denominatoDIDarcheoMUS diretto a validare una metodologia didattica spendibile in contestimuseali di tipo archeologico e volto a migliorare le azioni di parternariato attivo. I risultati di questo lavoro sono sul sito: www.incontriamocialmuseo.it.

Loredana D’Emilio

Il museo sorge nel Parco archeologico dell’anfiteatro romano, realizzato nell’area che sinoa venti anni fa ospitava lo stadio comunale.L’esposizione, inaugurata nel novembre del 2000, documenta lo sviluppo della città diChieti dalla prime tracce dell’uomo, risalenti al paleolitico, sino alla fine dell’ottocento. L’accesso avviene attraverso un luogo dall’impatto non monumentale, in cui lo spazio èdefinito dalla cerniera che congiunge le architetture dell’edificio museale, della sala mostre,sovrastata dalla struttura lignea che suggerisce la volumetria della summa cavea dell’anfi-teatro, e della piazzetta del Museo. Un ingresso verso il basso, illuminato da un pozzo diluce in cui è sospesa la scultura mobile del logo.

VV

Il percorso riguarda il sito dove sorge il Museo emostra i materiali relativi alla fase repubblica-na (III- II sec.a.C.) di Chieti legati ai due polireligiosi della città, l’acropoli con i suoi splen-didi frontoni policromi e il santuario delpozzo sacro.Il complesso decorativo della Civitella diChieti si distingue per numero, tre frontonie un frontoncino, qualità, varietà e com-plessità degli elementi costitutivi ed è oggiuna testimonianza di assoluto rilievo nel-l’ambito degli studi sulle terrecotte architetto-niche del mondo antico ed in particolare sul-l’arte coroplastica di età medio repubblicana.Di particolare pregio artistico è il frammentodi testa colossale, della statua di culto di unadelle divinità venerate nel santuario del pozzo.Il passaggio della via Valeria giuntaall’Adriatico dopo le guerre sannitiche, condi-zionò l’organizzazione urbana di Teate lungol’asse principale, ricalcato oggi dal corso Marrucino.In questa fase è chiara la preesistenza di un luogosacro centrale raccolto intorno ad un pozzo cherimarrà, attraverso le fasi romane e medioevali, ilcuore religioso della città. La raffinatezza e la qualità della coroplastica templa-re di Chieti trovano modelli nella produzione dellebotteghe artistiche romane. É questo il risultato del

radicamento, durante gli ultimi secoli della repubblica, di famiglieitaliche di aristocratici con ideologie religiose ed interessi cul-

turali e artistici tipici della cultura romana. Le fonti antichedocumentano che i Marrucini erano alleati di Roma dal

304 a.C.: parteciparono da protagonisti alla battagliadi Ascoli Satriano (279 a.C.) contro Pirro(D.H.20,1,5); in seguito presero parte con glialtri italici alla battaglia di Canne nel 216 a.C.(Sil.8,519). Si ricorda un invio di volontaria Scipione in partenza per l’Africa nel205 a.C. e finalmente, con un riferi-mento più diretto a Teate, l’episodiodi eroismo dei due fratelli Herius ePleminius uccisi da Annibale nelcorso della battaglia di Zama nel202 a.C. (Sil.17,451-471). Nelperiodo in cui vennero decoratii santuari di Teate, una coortemarrucina (Plut. Aem.20,1-2)contribuì in modo determi-nante alla vittoria di Pidna(168 a.C.) contro il re Perseodi Macedonia (Liv.44.40,5).

L’INIZIO DELLASTORIA URBANA

Frammento di statua in terracotta dai Tempietti

MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE

LA CIVITELLA

Ai lati di uno spazio che suggerisce unastrada, allestito con i materiali architetto-nici, epigrafici e scultorei che si riferisconoalla vita pubblica di Teate Marrucinorum siaprono gli ambienti espositivi dedicati allearee monumentali ancora visibili in città: ilForo, il Teatro, L’Anfiteatro, le Terme. I due pregevoli ritratti imperiali in marmo,trovati entrambi nell’edificio ipogeo sotto laProvincia, erano destinati alla pubblica fruizio-ne; quello di Augusto, certamente parte di una sta-tua, mostra tutti i caratteri classicistici del tipo noto come“Prima Porta” (ultimo quarto del I secolo a.C.), mentre il ritratto di Tito, di grande qualitàartistica e di “maestosa bellezza”, come dice Tacito, appartiene al filone che sembra resti-tuire un’immagine più giovanile del secondo imperatore flavio. Nello spazio riservato alForo il ritratto tardo repubblicano di un anziano sacerdote appartenente al collegio del cultodi Magna Mater, Cerere e Apollo con corona di foglie di alloro e spighe introduce alla saladei culti orientali.Nella sezione dedicata alla “casa romana” l’ambiente richiama lo spazio dell’atrio e un vir-tuale tablino sul quale si aprono, stipi e porte di ambienti di servizio, intorno ad un calei-doscopio di tappeti a mosaico proiettato sul pavimento. All’ingresso in una nicchia è unritratto di uomo con il volto magro segnato dalle rughe dell’età.Nel comparto occupato dal teatro romano la struttura espositiva si fa luogo di spettacolosottolineando la funzione aggregante che esso ha svolto e svolge nella società. Un fram-mento di letteratura propone al visitatore l’emozione dello spettatore di ieri durante unarecita: un brano dell’Asino d’oro di Apuleio messo in scena attraverso immagini desunte

dagli apparati decorativi,statuari, musivi o pittorici dietà romana racconta il com-portamento della folladurante una rappresentazio-ne de “Il Giudizio diParide”. Intorno la storiaarcheologica del sito.Al centro dell’allestimen-to relativo all’anfiteatro èun modello in scala ridottadell’edificio nel quale la sabbiaprende le forme di gladiatori e com-battimenti, evidenziando la curiosainconsapevole continuità tra il luogo antico eil campo sportivo della Civitella che fino a venti annifa riecheggiava delle grida di folle di tifosi. Dalle capanne protostoriche alle trasformazionipost-antiche i materiali archeologici raccontano la storia di questa area.Il settore dedicato all’edificio termale è un esplicito richiamo alla visita dal vero del monu-mento che qui come negli altri complessi esistenti deve completare ed integrare il percorsodel museo che si fa promotore di “uscite a tema” ai monumenti cittadini. Il dialogo con ilpubblico è sollecitato dall’invito a toccare i diversi marmi, contenuti nei cassettini, prove-nienti dai più lontani luoghi del Mediterraneo utilizzati nella foderatura degli ambienti delleterme romane di Chieti.

VVII

Le pareti dell’edificio termale erano decorate da preziosi rivesti-menti marmorei che alternavano motivi geometrici a fregi digusto classico. Lo splendore dell’ornato e la straordinariavarietà di marmi, provenienti per lo più dalla Grecia e dall’Asiaminore, rivelano una grande disponibilità economica da riferireprobabilmente ad azioni di evergetismo promosse da perso-naggi di spicco della nobiltà locale. Dalle terme proviene la testafemminile incorniciata da una morbida capigliatura ondulata.

Ritratto di sacerdote coronato con foglie dialloro e spighe di grano

A destra: Ritratto dell’imperatore Augusto

DA ROMA A IERI

Il terzo livello del rac-conto espositivo è lanarrazione relativa all’a-

rea di influenza di Chieti,passando con la rappresentazio-ne alla scala territoriale e alla fasepreromana. Qui il percorso si arti-cola in una serie di siti esemplifica-tivi di altrettante fasi cronologiche,piuttosto puntiformi ed in qualchemodo a sé stanti.I blocchi di vetrine, alludono al profiloorografico che dai picchi montani degra-da verso le colline e il mare e mostrano imateriali archeologici organizzati su fondalie supporti naturali costituiti da lastre di roc-cia, brecce, terra cruda, per documentare ilpopolamento antico dell’area occupata, inepoca storica, dai Marrucini.In questa sezione sono raccolti i dati sullo svi-luppo del territorio di Teate, centro egemonedella vallata dell’Aterno-Pescara compresatra le gole di Popoli e il mare Adriatico.

Una cartografia lunga quanto il percorso, ne riproduce le caratteristiche geografiche in unaveduta prospettica. Il ricchissimo corredo della tomba maschile di Villamagna (Ch), datata al V sec. a.C., docu-menta l’apertura delle aristocrazie locali ai contatti con l’esterno. Di eccezionale importanza per continuità di vita e documentazione, è la Grotta del Colle diRapino. La cavità naturale, che si apre sul versante nord-orientale della Majella, fu occupatasin dal paleolitico superiore da cacciatori che vi cercarono riparo, e di cui restano tracce neglistrumenti litici, fu in seguito utilizzata nel corso del neolitico e dell’eneolitico (V-III millennioa.C.). Durante le varie fasi dell’età del bronzo la grotta continuò ad essere frequentata, cometestimoniano i numerosi frammenti di scodelle, grossi vasi e contenitori in terracotta. Il colla-re, il calderone in bronzo e alcuni frammenti ceramici sono invece riferibili all’età arcaica (VIsecolo a.C.), quando la grotta diventa luogo di culto; a questo periodo alcuni studiosi fannorisalire la statuetta di divinità femminile in bronzo, la cosiddetta “dea di Rapino”, che indossauna lunga veste coperta da un mantello con i capelli raccolti in una lunga treccia. Nel III-I a.C.,è il centro di culto principale dell’intero popolo marrucino. Questa fase è testimoniata, oltreche dagli ex-voto fittili, dalla trascrizione di una legge sacra in dialetto marrucino. Il vaso in pie-tra ollare attesta la frequentazione più tarda del luogo che mantenne la propria vocazione reli-giosa fino alla piena età medievale.Sin dal momento in cui i dati archeologici documentano il lento spostamento dalle sedi mon-tane verso la collina che poi ospiterà Teate, una fessura risparmiata in tutti i blocchi espositiviconsente di guardare verso il mare rappresentato da una ambientazione visiva che illustra lacosta croata, ponte ideale verso il passato e progetto culturale per il futuro dell’area adriatica.Adele Campanelli

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L’idea di ospitare nel percorso musea-le episodi di arte contemporanea, ispi-rati ai contenuti scientifici dell’allesti-mento, ha avuto l’esito non seconda-rio di favorire la percezione del museocome luogo della creatività: durante ilpercorso il visitatore si imbatte in alcu-ne opere che sono la metafora di unpassaggio importante, ol’approfondimento di argomenti com-plessi in cui l’oggetto esposto è porta-voce di miti, rituali misterici, informa-zioni impalpabili che sono statedemandate ad una illustrazione elabo-rata da un artista contemporaneo.

Il monumento funerario più impor-tante è il mausoleo di C. LusiusStorax, ricco liberto teatino che ricevela carica onorifica di seviroAugustale, sacerdote addetto al cultodell’imperatore. Il rilievo del I secolod.C. è venuto alla luce in sei lastrenegli anni 1886-1888 presso la picco-la chiesa rurale di S. Maria Calvona,sede di un’antica necropoli situatasul tratto della via Claudia Valeria cheentrava in città risalendo le pendicidella collina da sud.Il fregio ritrae i momenti culminantidel giorno in cui, dopo la cerimoniache gli conferisce gli onori del sevira-to, offre alla città uno spettacolo gla-diatorio preceduto da una solenneprocessione.

Statuetta in bronzo della Dea di Rapino

LA TERRADEI MARRUCINI

Gino MarottaApparati per il culto di Attis e Cibele

TEATE IL TEMPO DELLE COSEa cura di Jessika Romano

Testi diAdele Campanelli, Loredana D’Emilio, Maria Ruggeri, Rosanna Tuteri

Foto diMauro Vitale

Inserto N. 2