Taxi Driver - Analisi del film

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TAXI DRIVER

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TAXI DRIVER

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IL CINEMA AMERICANO DEGLI ANNI SETTANTA Gli anni ’70 sono stati fondamentali soprattutto per il cinema americano, che in quel periodo visse un rinnovamento inatteso e senza precedenti. Lo stesso pubblico auspicava un cambiamento, soprattutto rispetto al decennio precedente che aveva portato al declino delle grandi compagnie produttive, alla messa in discussione dello star system e alla produzione eterogenea che aveva stemperato i generi cinematografici. Gli argomenti di cui si vuole discutere sono precisi: i giovani ed i loro problemi. Infatti sta emergendo la disperazione di una generazione che vuole rompere con gli schemi tradizionali (american way of live, guerra del Vietnam, razzismo inestirpabile), che cerca una via di fuga nell’utopia con il rischio di cadere nell’impotenza alienata. Insomma il cinema, dopo aver mostrato negli anni ’60 la superiorità estetica e visiva del grande schermo rispetto alla televisione, poteva rivendicare un’altra superiorità, quella dei contenuti. Occorre ricordare che gli USA, negli anni ’70, erano un paese profondamente traumatizzato e diviso. La guerra in Vietnam si trascinava con grandissimi costi sociali. L’America sentiva compromessi i suoi valori morali ed il cinema si mise a seguire da vicino questo sconvolgimento. Dalla seconda metà del decennio precedente fino a tutto il 1972 (il ritiro americano avverrà l’anno successivo) il Paese è attraversato da manifestazioni di piazza, la crisi politico-militare è testimoniata quotidianamente dalla stampa e dalla televisione. Il cinema si appropria allora di questa tragedia collettiva, sviluppando all’inizio una filmografia di protesta che in seguito diventa più attenta alle sfumature psicologiche, nel tentativo di storicizzare il presente. La radicale spinta creatrice che ne derivò risulta, retrospettivamente, più affascinante che mai, pensando soprattutto all’odierna e convenzionale produzione

hollywoodiana. L’inizio di ciò che fu chiamato “New Hollywood” fu dato già alla fine degli anni ’60 da pochi ma fondamentali film. Ricordiamo il titolo leggendario che chiuse il decennio, Easy Rider (1969). Gli Studios cominciarono allora a dare credito a giovani registi che tracciarono i confini della svolta: Francis Ford Coppola, Brian De Palma, George Lucas, Steven Spielberg, Martin Scorsese. Questi (e altri) furono i “ragazzi prodigio” che ridefinirono lo stile del cinema americano, tra l’altro senza trascurare l’aspetto dei trionfi commerciali di molti di loro: Il Padrino, Lo squalo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Guerre stellari, solo per citarne alcuni. In ogni caso, vale la pena di ricordare anche l’influsso che ebbe su questi giovani registi il cinema europeo, in particolare la Nouvelle Vague e i Maestri del Neorealismo italiano. Martin Scorsese, dopo Coppola, fu il secondo dei grandi registi italo-americani ad imporsi ad Hollywood. A differenza di Coppola, di famiglia borghese e benestante, Scorsese era un newyorkese di origini siciliane. Aveva trascorso l’infanzia a Little Italy e conosceva le difficoltà del vivere quotidiano: gli spazi angusti, la coesistenza di mafia e fede cattolica, la violenza aperta e quella mascherata. Di questo parlano i suoi primi film (America 1929 – Sterminateli senza pietà del 1972 e Mean streets del 1973, che riprendeva alcune atmosfere del suo primissimo lavoro, Chi sta bussando alla mia porta?, che, nel 1969, segnò l’inizio della sua carriera di regista). Scorsese mette in scena le frustrazioni sessuali e lo scoppio della violenza con una chiarezza fino ad allora sconosciuta. Trova in Robert De Niro l’attore a lui congegnale, anche perché si dedica al mondo del cinema con un “fanatismo” pari a quello del regista ed è spinto dalla stessa curiosità per l’analisi della psiche umana. Il più straordinario tra i film che Scorsese ha girato negli anni ’70 è Taxi Driver del 1975.

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SCHEDA FILMOGRAFICA

Copertina Originale:

Titolo: Taxi Driver. Origine: USA. Anno: 1976. Regia: Martin Scorsese. Soggetto e sceneggiatura: Paul Schrader. Fotografia: Michael Chapman (MGM Color). Operatore: Fred Schuler. Operatore della seconda unità: Michael Zingale. Consulente visivo: David Nichols. Consulente creativo: Sandra Weintraub. Scenografia: Charles Rosen. Costumi: Ruth Morley. Arredamento: Herbert Mulligan. Effetti speciali di trucco: Dick Smith. Musica: Bernard Herrmann (sax alto: Tom Scott). Canzoni: Late for the Sky di Jackson Brown, Hold Me Close di Keith Addis e Bernard Herrmann (cantata da George McKern). Suono: Les Lazarowitz (mixaggio), Roger Pietschmann. Supervisione al montaggio del suono: Frank E. Warner. Postsincronizzazione: Tex Rudloff, Vern Alexander, Vern Moore. Effetti speciali sonori: Sam Gemette, Jim Fritch, David Hourton, Gordon Davidson. Montaggio: Tom Rolf, Melvin Shapiro. Assistenti al montaggio: Marcia Lucas. Effetti speciali: Tony Parmalee. Casting: Juliet Taylor. Assistenti alla regia: Peter R. Scoppa, Ralph Singleton, William Eustace. Titoli: Dan Perri. Interpreti: Robert De Niro (Travis Bickle), Cybill Shepherd (Betsy), Jodie Foster (Iris Steensman alias «Easy», nell’edizione italiana «Facile»), Harvey Keitel (Matthew alias «Sport»), Peter Boyle («Wizard», nell’edizione italiana «Mago»), Albert Brooks

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(Tom), Leonard Harris (Charles Palantine), Steven Prince (Andy, il venditore d’armi), Martin Scorsese (passeggero matto), Joe Spinell (addetto alle assunzioni dei tassisti), Richard Higgs (responsabile della sicurezza di Palantine), Harry Northup («Doughboy», nell’edizione italiana «Dollaro»), Norman Matlock (Charlie T.), Diahnne Abbot (cassiera del cinema porno), Vic Magnotta (fotografo), Victor Argo (proprietaro del super market), Murray Mosten (affittacamere), Robert Maroff (mafioso), Harry Fischler (addetto all’assegnazione dei taxi), Peter Savage (cliente), Copper Cunningham (prostituta sul taxi), Harry Cohn (tassista al Bellmore), Fank Adu (nero arrabbiato), Garth Avery (amica di Iris), Gino Ardito (poliziotto), Bill Minkin (assistente di Tom), Robert Shields (aiutante di Palantine), Carey Poe e Robin Utt (sostenitori di Palantine), Ralph Singleton (intervistatore), Gena Palma (batterista), Brenda Dickson e Beau Kayser (interpreti della soap-opera). Produzione: Michael e Julia Phillips per Bill-Phillips. Produttore associato: Phillip M. Goldfarb. Riprese: New York, giugno-luglio 1975. Durata: 113”. Formato: 35 mm, Panavision. Distribuzione: Columbia (febbraio 1976). Distribuzione italiana: Ceiad (settembre 1976). Premi: National Society of Film Critics Award a Martin Scorsese, Robert De Niro e Jodie Foster. New York Society of Film Critics Award a Robert De Niro. Los Angeles Society of Film Critics Award a Robert De Niro e Bernard Herrmann. Academy Award Nomination a Robert De Niro, Jodie Foster e Bernard Herrmann. Palma d’Oro al XXIX Festival di Cannes. British Academy of Film and Television Arts Award a Jodie Foster. Anthony Asquith Memorial Award alla memoria di Bernard Herrmann. David di Donatello per il miglio film straniero (1977).

Dedicato a Bernard Herrmann (Our gratitude and respect – Bernard Herrmann – June 28, 1911-December 24, 1975).

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SINOSSI Travis Bickle (Robert De Niro) ha ventisei anni, è stato congedado dai marines nel 1973, non ha precedenti penali, vive in uno squallido appartamento, scrive un diario e soffre di insonnia. È proprio questa sua incapacità di dormire che lo spinge a cercare lavoro come tassista: sarebbe disposto a fare il turno di notte, in qualsiasi zona di New York e, nonostante l’iniziale titubanza del principale, Travis viene assunto. Il nuovo lavoro lo tiene occupato, ma questo non basta a fargli prendere sonno quando stacca. Di giorno cerca di far passare il tempo, tra squallidi cinema porno e viaggi in taxi senza meta per i quartieri più malfamati di New York. In questo scorrere infinito delle ore diurne, Travis incontra Betsy (Cybill Shepherd), un’addetta alla campagna elettorale del Senatore Charles Palantine, candidato alle presidenziali, che promette grandi cambiamenti sociali. Betsy accetta un appuntamento dopo essere stata corteggiata con insistenza. Travis tenta di avviare una relazione con lei, ma fallisce poiché non riesce ad esprimere né se stesso né i suoi sentimenti: la porta a vedere un film pornografico e lei, sconvolta, fugge via. Parallelamente Travis incontra, sempre casualmente, Iris (Jodie Foster), una prostituta tredicenne (nella versione inglese dodicenne), che una notte entra nel suo taxi per fuggire dal suo protettore Sport (Harvey Keitel). Da quel momento Travis diventa ossessionato dall’idea di salvarla dal suo destino. Lei però non vuole farsi aiutare e i tentativi di lui per convincerla a tornare a casa dai suoi genitori e riprendere gli studi sono vani. Travis, sempre più solo e disperato, decide di comprare delle pistole e uccidere il senatore Palantine durante un comizio all'aperto: egli rappresenta tutta l’ipocrisia della società

americana, i nemici che ha sempre tentato di combattere e che non ha mai avuto il coraggio di affrontare. Viene però intercettato dalle guardie del corpo del senatore, così è costretto ad allontanarsi. Travis, disperato, si reca da Iris: spara al suo pappone, sale verso la stanza della ragazzina e uccide brutalmente l’affittacamere, Sport (che l’aveva seguito sanguinante) ed un cliente di Iris. Alla fine cerca di suicidarsi ma non ha più munizioni: si siede sul divano e aspetta che la polizia arrivi. Nel breve epilogo, Travis è all’ospedale, legge una lettera dei genitori di Iris che lo ringraziano per aver liberato la figlia; si vedono affissi sui muri della sua camera le pagine dei giornali che lo descrivono come un eroe della lotta alla criminalità. Nell’ultima inquadratura compare di nuovo Travis, guarito, alla guida del suo taxi: seduta sui sedili posteriori c’è Betsy.

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LISTA DELLE SEQUENZE

1. Titoli di testa 2. Travis diventa tassista 3. Nell’appartamento 4. Il taxi di Travis di notte 5. Il cinema porno 6. Uno scopo nella vita 7. Betsy 8. Travis osserva Betsy 9. Al bar dei tassisti 10. L’invito 11. Al caffè con Betsy 12. Kris Kristofferson 13. Palantine e Iris 14. L’appuntamento fallito 15. La telefonata 16. La scenata di Travis 17. Il pazzo nel taxi 18. I consigli di Mago 19. Travis guarda l’intervista a Palantine 20. Travis si sente solo 21. Il cambiamento 22. Le pistole

23. Travis si rimette in forma 24. Poligono 25. Travis al cinema pensa alle pistole 26. I marchingegni di Travis 27. Comizio di Palantine 28. La decisione 29. Il rapinatore 30. Davanti alla televisione 31. La lettera ai genitori 32. Travis rompe la televisione 33. Sport 34. Travis e Iris 35. La colazione 36. Iris e Sport 37. I preparativi 38. L’attentato fallito 39. Il cliente mafioso 40. La strage 41. Dopo la strage 42. Travis eroe 43. Betsy nel taxi 44. Titoli di coda

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CONTENUTO DELLE SEQUENZE 1. Titoli di testa 1’55” (Fig. 1, 2, 3): la sequenza contiene un’ellissi narrativa. Del fumo esce da un tombino, entra in campo un taxi, al rallentatore. Gli occhi del tassista sono illuminati dalle luci infernali della città. New York viene vista deformata, in un gioco di luci rosse e blu, dal parabrezza. Di nuovo gli occhi e il fumo visto all’inizio che accompagna la dissolvenza da questa sequenza alla successiva. 2. Travis diventa tassista 2’44” (Fig. 4, 5, 6): Travis Bickle si presenta a una stazione di taxi per farsi assumere. Soffre di insonnia e vuole lavorare di notte; è disposto a lavorare in qualsiasi zona di New York. Ha ventisei anni, studi incerti, è stato congedato dai marines nel 1973, non ha precedenti penali. L’addetto alle assunzioni è diffidente ma decide comunque di assumerlo. Travis esce e camminando sorseggia una bevanda probabilmente alcolica. 3. Nell’appartamento 35” (Fig. 7, 8, 9): Un movimento di macchina semicircolare mostra l’interno dell’appartamento squallido in cui Travis vive. Travis scrive un diario. Voce over: «9 maggio. Grazie al cielo è venuta la pioggia. È servita a ripulire un po’ le strade dall’immondizia che si era ammonticchiata». Adesso lavora dalle 18:00 alle 06:00, spesso anche di domenica. Guadagna bene. 4. Il taxi di Travis di notte 2’22” (Fig. 10, 11, 12): Notte. Travis è nel taxi. Voce over: «Vengono fuori gli animali più strani la notte. Puttane, sfruttatori, drogati, spacciatori di droga, ladri, scippatori. Un giorno o l’altro verrà un altro diluvio universale e pulirà le strade una volta per sempre». Nel taxientrano un cliente bianco e una prostituta nera. La mattina

Travis torna alla rimessa dei taxi e pulisce i sedili (voce over: «sono sempre impiastrati, certe volte c’è perfino del sangue». 5. Il cinema porno 1’54” (Fig. 13, 14, 15): Travis ha appena finito di lavorare ma ancora non ha sonno. Entra in un cinema porno. Tenta inutilmente di attaccare discorso con la cassiera. Entra in sala. Voce over che raccorda alla sequenza successiva: «[…] I giorni sono interminabili, non finiscono mai». 6. Uno scopo nella vita 12” (Fig. 16) Travis è disteso a letto, a casa, ancora sveglio e vestito. Voce over: «Io ho sempre sentito il bisogno di avere uno scopo nella vita, non credo che uno possa dedicarsi solo a se stesso, al proprio benessere. Secondo me uno deve cercare di avvicinarsi alle altre persone». 7. Betsy 31” (Fig. 17, 18, 19, 20): Giorno. Strada di New York. Folla al rallentatore. La voce over di Travis racconta la prima volta in cui vide Betsy, «un angelo in mezzo a tutto il lerciume». Vediamo Betsy entrare in un edificio, ha un vestiro bianco. Un uomo la osserva seduto contro il muro. Compare in dissolvenza una pagina del diario di Travis, dove c’è scritto “touch her” (toccarla). Travis scrive sul diario. 8. Travis osserva Betsy 2’34” (Fig. 21, 22, 23): Un palazzo colmo di cartelli elettorali, per la campagna del senatore Charles Palantine, il cui motto è “We are the people” (noi siamo il popolo). Betsy lavora nell’ufficio propaganda di Palantine. Tra Betsy e il suo collega Tom c’è del tenero. Betsy gli fa notare che un tassista la osserva da molto tempo e la cosa la infastidisce. È Travis, che la guarda sorseggiando della Coca-cola. Tom esce per chiedergli di spostarsi ma lui riparte subito.

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9. Al bar dei tassisti 4’41” (Fig. 24, 25): Notte. Travis in taxi. Travis entra in un bar, dove ci sono anche tre sue colleghi. Mago sta raccontando le sue avventure erotiche con le clienti. Travis è silenzioso. Alla radio hanno detto che un tassista è stato massacrato nella ventiduesima strada. Dollaro chiede a Travis se ha una pistola, lui dice di no. Allora gli chiede se la vuole comprare e Travis nega ancora. Travis fissa catatonico le bollicine di un alka-seltzen. Non reagisce quando Dollaro gli mostra un pezzo della vasca da bagno di Errol Flynn con tre livelli dell’acqua («una, due o tre persone»). 10. L’invito 4’45” (Fig. 26, 27): Ufficio di Palantine. Tom e Betsy fanno discorsi assurdi, si stuzzicano, ridono insieme, etc. Travis entra e chiede di collaborare alla propaganda. È solo un pretesto per dire a Betsy che le piace e per invitarla a prendere un caffè. Colpita dalle parole di Travis Betsy accetta. L’appuntamento è alle 16:00. 11. Al caffè con Betsy 3’43” (Fig. 28, 29): Travis aspetta fuori dal palazzo in cui Betsy lavora. Voce over: «26 maggio. Alle quattro del pomeriggio sono andato con Betsy a prendere un caffè». Travis ha preso un caffè nero con una fetta di torta di mele, Betsy un caffè e una macedonia di frutta. Al caffè, Travis lancia un goffo doppio senso che Betsy non capisce, poi inizia a parlare di Tom, che a parer suo non la rispetta. La invita al cinema. Betsy accetta, gli parla di una canzone di Kris Kristofferson: sembra fatta apposta per lui, «è profeta e spacciatore, un po’ falso e un po’ sincero, tutta contraddizione». 12. Kris Kristofferson 24” (Fig. 30): Travis, che non conosce il cantante di cui Betsy parlava al caffè, va a comprare il disco di Kris Kristofferson.

13. Palantine e Iris 5’13” (Fig. 31, 32, 33): Travis, sul taxi, di notte. La voce over dice che Betsy ha accettato l’invito al cinema e che forse si vedranno il giorno dopo. Travis si accorge di aver caricato Palantine. Gli fa i complimenti e, interrogato dal senatore, risponde che la cosa che più lo disgusta è lo schifo e l’immondizia, «bisognerebbe ripulire tutto». Subito dopo sale nel taxi una prostituta giovanissima, che dice a Travis di portarla via da «questo schifo». Poi però arriva il suo protettore che la trascina via, lasciando 5 dollari stropicciati a Travis, disgustato e allibito. Travis torna al garage e mette da parte la banconota. 14. L’appuntamento fallito 3’35” (Fig. 34, 35, 36, 37): Esterno giorno. Travis è in mezzo alla folla (al rallentatore), vestito in maniera elegante. Va a prendere Betsy. Travis la porta in un cinema porno, lei è perplessa ma lui la convince a fidarsi. A Betsy però bastano due scene di Swedish Marriage Manual per uscire disgustata e offesa (siamo troppo diversi). Betsy chiama un taxi, Travis cerca di trattenerla, cn una certa violenza, ma lei se ne va. 15. La telefonata 1’58” (Fig. 38, 39): Travis telefona a Betsy per scusarsi, ma non serve a niente, non ottiene un altro appuntamento. Piano-sequenza: la voce di Travis si sovrappone all’immagine dei fiori che Betsy ha rimandato al mittente e che ora marciscono nell’appartamento di Travis. 16. La scenata di Travis 58” (Fig. 40, 41): Ufficio di Palantine. Travis entra infuriato. Tom cerca di trattenerlo. Travis chiede spiegazioni a Betsy, che non gli risponde più al telefono. La minaccia: «Lei vive in un inferno qui, e morirà in un infermo. Lei è come tutti gli altri». Esce, Tom chiama un agente di polizia. Voce over: «Solo adesso mi accorgo di quanto è fredda e insensibile. Le donne sono tutte uguali».

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17. Il pazzo nel taxi 3’52” (Fig. 42, 43): Travis carica un signore, che lo fa accostare davanti ad un palazzo. Gli chiede insistentemente di lasciare il tassametro acceso. C’è una finestra illuminata, con una sagoma di una donna: questa è la moglie del cliente, che lo sta tradendo con un uomo di colore. Pe rquesto il sgnore è deciso ad ucciderla, con una 44 Magnum («dovrebbe vedere come riduce una donna tra le gambe una 44»). 18. I consigli di Mago 5’27” (Fig. 44, 45): Bar dei tassisti. Notte. Ci sono alcuni colleghi che ascoltano Mago raccontare anedotti su clienti particolari. Travis esce con Mago per chiedergli un consiglio ma non riesce a spiegare il problema, il proprio disagio. Mago allora risponde frettolosamente con una serie di luoghi comuni. 19. Travis guarda l’intervista a Palantine 1’01” (Fig. 46, 47): Casa di Travis. Travis si prepara una colazione con pane, latte e sciroppo di albicocche, mentre guarda Palantine intervistato alla televisione. 20. Travis si sente solo 2’32” (Fig. 48, 49): Travis sul taxi. Travis quasi prende sotto la giovane prostituta, che sta camminando con un’amica. Decide di seguirla per un po’. Le due si accorgono ma fanno finta di niente. Lui allora smette di seguirle. Voce over: «La solitudine mi ha perseguitato per tutta la vita […] non c’è scampo, sono nato per essere solo». La gente per strada cammina al rallentatore. 21. Il cambiamento 18” (Fig. 50): Casa di Travis, giorno. Continua la voce over della scena precedente, mentre Travis scrive il diario: «Oggi, 8 giugno, la mia vita ha preso di colpo un’altra piega».

22. Le pistole 3’53” (Fig. 51, 52): Giorno. Travis sorseggia qualcosa di alcolico per strada. Arriva un taxi e ci sale. Incontra così Andy, un venditore d’armi, che lo porta nel suo appartamento per far vedere a Travis tutta la sua merce. Travis compra una 44 Magnum, una Colt 25 automatica, una 38 due pollici e una 32 walther. Andy vorrebbe vendergli anche della droga e una Cadillac, ma Travis nega ed esce nervoso. 23. Travis si rimette in forma 30” (Fig. 53, 54, 55): Travis, a casa, fa le flessioni (sulla schiena ha delle cicatrici). Voce over: «Adesso devo rimettermi in forza, niente più tranquillanti, cibo cattivo». Prova la sua resistenza tenendo il pugno sul fornello acceso. 24. Poligono 14” (Fig. 56, 57): Travis si esercita al poligono. 25. Travis al cinema pensa alle pistole 23” (Fig. 58): Al cinema porno Travis continua a pensare alle pistole. Voce over che continua nella scena successiva: «Era un’idea che andavo rimuginando da parecchio tempo». 26. I marchingegni di Travis 2’02” (Fig. 59, 60): La voce over continua e porta ai manifesti di Palantine: «Era lui il simbolo di tutto quello che di male era successo a me». Travis si esercita con le pistole davanti allo specchio, si attacca un pugnale allo stivale, costruisce un carrello per estrarre rapidamente la pistola che porta sotto la manica. 27. Comizio di Palantine 4’25” (Fig. 61, 62): Comizio di Palantine. Betsy e Tom sono sul palco. La folla attende l’arrivo del senatore. Travis si avvicina ad un adetto alla

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sicurezza e, con sorriso ironico e strafottente, finge di essere interessato ad entrare nei servizi segreti. Lascia un indirizzo fasullo. 28. La decisione 1’54” (Fig. 63, 64): Travis a casa finge di parlare davanti allo specchio con qualcuno che lo provoca («Ma dici a me? Con chi stai parlando? Non ci sono che io, qui»). Finge di ucciderlo con la pistola nascosta sotto la manica. Travis guarda il manifesto di Palantine che ha appeso in casa. Voce over: «state a sentire stronzi […] ho avuto anche troppa pazienza […] ho deciso di farla finita». 29. Il rapinatore 1’56” (Fig. 65, 66, 67): Notte. Travis entra in un piccolo super market. Entra un rapinatore nero che minaccia il proprietaro con una pistola. Travis gli spara. Il proprietaro dice a Travis di andarsene e infierisce sul ferito agonizzante, con una spranga. Travis scappa. 30. Davanti alla televisione 1’33” (Fig. 68, 69): Travis ha in mano la 44 Magnum, la punta alla televisione dove si vedono delle coppie di colore che ballano. 31. La lettera ai genitori 2’: (Fig. 70, 71): Esterno. Voce di Palantine. Travis guarda il comizio stando dentro il suo taxi. Ora porta occhiali scuri e capelli corti. Voce over: Travis scrive ai genitori, li rassicura, dice di lavorare per il governo, di guadagnare molti soldi e di stare con una ragazza, Betsy, da mesi. La voce over porta dall’esterno del comizio alla casa di Travis. 32. Travis rompe la televisione 1’13” (Fig. 72, 73): Travis, con la pistola in mano, guarda la televisione dove si vede una soap opera. Punta la televisione con la pistola e col piede sinistro la spinge all’indietro, fino a farla cadere con violenza,

rompendola. 33. Sport 3’47” (Fig. 74, 75, 76): Giorno. Travis è sul taxi, beve la solita bevanda alcolica. Vede Iris e la sua amica che passeggiano. Si unisce a loro, ma la giovane prostituta gli dice di prendere accordi con Sport se vuole stare in compagnie. Sport scambia Travis per un poliziotto. Poi, assicuratosi di aver capito male, vanta la sua merce a Travis, e si fa pagare 15 dollari per un quarto d’ora. Travis indugia poi accetta. 34. Travis e Iris 5’45” (Fig. 77, 78): Travis e Iris salgono nella stanza, pagando altri 10 dollari all’affittacamere. Travis cerca di sapere qualcosa su Iris, non sa ancor acome si chiama, quanti anni ha, etc. Lei dice di chiamarsi Iris, ma che preferisce il nomignolo “Facile” («è facile d aricordare»). Iris comincia a spogliarsi ma lui la ferma, ha tutt’altro in testa. Le ricorda l’episodio del taxi e promette di portarla via da lì. Iris però dice che quella sera era drogata, che sta bene, che è libera di decidere. Si invitano il giorno dopo per colazione, all’una. Uscendo Travis paga ancora l’affittacamere, che lo invita a ritornare quando vuole. 35. La colazione 4’44” (Fig. 79): Caffetteria: Iris esagera con gli zuccheri mentre Travis cerca di convincerla che la sua vita è un inferno, che Sport la usa. Lei invece dice che Sport non la tratta male. Travis vuole convincerla a tornare dai genitori, le offre anche dei soldi. 36. Iris e Sport 2’35” (Fig. 80, 81, 82): Iris e Sport, nella loro stanza. La ragazzina si lamenta, non le piace quello che fa, si sente trascurata. Sport cerca di rassicurarla, mette un disco e balla con lei, facendo discorsi romantici. Alla fine si sentono degli spari, cambio luogo:

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provengono dal poligono in cui Travis si sta esercitando. 37. I preparativi 1’16” (Fig. 83, 84): Casa di Travis. Travis ultima i preparativi dei suoi armamenti. Brucia i fiori secchi di Betsy nel lavandino. Lascia un biglietto a Iris con dei soldi. La sua voce over («Adesso vedo con chiarezza che la mia vita ha avuto un solo scopo») porta alla sequenza successiva. 38. L’attentato fallito 3’27” (Fig. 85, 86, 87): Nuovo comizio di Palantine, con Betsy e Tom. Travis scende dal taxi. Ha cambiato ancora look: si è tagliato i capelli alla Mohawk. Quando la folla applaude, lo fa anche lui. Si avvicina poi a Palantine, infila una mano sotto il giubbotto ma l’addetto alla sorveglianza lo vede e comincia ad inseguirlo. Travis scappa. Arriva a casa prende dei tranquillanti e beve una birra. 39. Il cliente mafioso 26” (Fig. 88): Un mafioso paga Sport per salire nella stanza con Iris. 40. La strage 5’15” (Fig. 89, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96): Travis nel taxi. Scende e parla con Sport, lo provoca. Sport non lo riconosce e Travis gli spara in pancia. Entra nel palazzo in cui c’è la stanza di Iris. Nel corridoio spara con la 44 Magnum all’affittacamere. Lo sparo rimbomba per tutto l’edificio, Iris lo sente dalla sua camera e si spaventa. Travis viene colpito al collo da Sport, che lo ha seguito sanguinante. Si gira e lo finisce da vicino. Lascia cadere la 44 Magnum e sale le scale, inseguito dall’affittacamere che urla e impreca. Dalla camera di Iris esce il mafioso che ferisce al braccio Travis. Lui estrae la 38 due pollici nascosta sotto la manica e uccide il mafioso. Entra nella stanza di Iris che urla terrorizzata. L’affittacamere entra e si avventa su Travis, il quale prima gli trafigge una mano col pugnale e poi lo uccide con un colpo alla testa. Il rumore del sangue suona quasi

irreale. Travis si punta la pistola al mento, preme il grilletto ma ha finito le munizioni. Prova con la 38 ma pure quella è scarica. Si lascia cadere sulla poltrona. Silenzio. Entra un poliziotto (inizia la musica, minacciosa), con la pistola alzata. Travis finge di spararsi alla testa con la mano insanguinata. Perde i sensi. 41. Dopo la strage 2’32” (Fig. 97, 98, 99, 100, 101): Si percorre a ritroso la scena della strage, dalla stanza di Iris (inquadratura zenitale), giù per le scale insanguinate (qui ci sono una serie di carrelli in dissolvenza incrociata) fino al cadavere di Sport all’ingresso. Fuori, al rallentatore, si addensa la folla, arrivano poliziotti e infermieri. 42. Travis eroe 1’33” (Fig. 102, 103): Casa di Travis. Appesi al muro ci sono dei ritagli di giornale, che ci informano che Travis non solo è sopravvissuto ma che è stato considerato un eroe. La voce over del padre di Iris legge la lettera con cui ringraziano Travis per aver salvato la loro Iris, che ora è tornata a Pittsburgh e ha ripreso a studiare. 43. Betsy nel taxi 3’09” (Fig. 104, 105, 106, 107, 108): Esterno notte. Travis saluta i colleghi, che lo guardano sospettosi e anche imbarazzati. Sul taxi c’è Betsy. I due si scambiano sguardi attraverso lo specchietto. Parlano, ma solo convenevoli imbarazzati («ho letto di lei sui giornali. È guarito?»). Palantine ha vinto le primarie. Travis lascia Betsy davanti casa e se ne va, offrendole la corsa. Si scambiano sguardi silenziosi. Travis guarda allo specchietto, poi la sua immagine viene assorbita e, infine, sostituita da quella delle luci e della città di notte. 44. Titoli di coda 2’47” (Fig. 109, 110, 111, 112): I titoli compaiono, mentre un gioco di schermo dentro lo schermo viene creato dalla città, vista sia attraverso il parabrezza del taxi, che riflessa nello specchietto retrovisore.

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APPARATO

ICONOGRAFICO

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Fig. 1, 2, 3, 4

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COMMENTO Insonnia, tranquillanti, alcool, ossessione, disgusto, schifo, rabbia. In una New York caotica, dove la folla ingombrante e colorata non può che apparire attraverso un ralenti, in cui le luci notturne si fanno spettri ondeggianti e psichedelici, tutti sono soli. Betsy e Tom cercano di coprire i silenzi imbarazzanti parlando di assurdità, Mago al bar parla di improbabili avventure erotiche e non, e se ne esce con una serie di luoghi comuni, Dollaro è ossessionato dai soldi, Iris ha solo tredici anni e piuttosto che ammettere la propria condizione di ragazzina sola si vende come prostituta. Forse la sola differenza che passa tra l’isolamento di Travis e quello degli altri personaggi, è l’ansia irrefrenabile del protagonista di avere uno scopo: ansia che lo conduce poi a trovare la sua missione in ogni occasione (l’attentato a Palantine, salvare Betsy dalla stupidaggine di Tom, salvare Iris, etc). Salvare, avere uno scopo, una missione: questa è la vera ossessione di Travis. Alienato dall’incapacità di chiarire, prima di tutto a se stesso, questa desolazione e solitudine, Travis “cerca” disperatamente. E quando trova, si aggrappa con tutta la forza, si impegna, cerca di portare a termine, indipendentemente dal verdetto: non passa nessuna differenza tra il dare i soldi a Iris perché ritorni dai genitori e compiere una strage. Ciò che si respira fin dalle prime sequenze è quest’atmosfera afosa, leggermente sbavata, come può esserlo una foto sfocata o troppo satura di colore. È una New York che suda, che fatica a respirare, una New York che tiene per il collo tutti gli abitanti. Le perversioni che sfiatano da ogni angolo sono come il fumo che esce dai tombini e i volti rossi delle persone la notte: è l’inferno che si rivolta e trasborda, avviluppando tutto. Non servono le fontane d’acqua, che sembrano evaporare piuttosto che raffreddare.

Fin dai titoli di coda, che si aprono appunto col fumo che esce dal tombino (fumo che viene ripreso in varie parti del film), si ha il presentimento, il turbamento ansioso di chi avverte il male. Travis, gli occhi rossi del diavolo nella prima sequenza, cerca lavoro come tassista: il suo modo di rispondere, di spiegare all’addetto che soffre d’insonnia, etc. hanno quel sorriso maligno e lievemente satanico. Nonostante siano passati poco più d trent’anni dall’uscita di questo film, che a parer mio non può che essere definito capolavoro, ho ritrovato un’attualità impressionante. In una società come quella di oggi, dove non solo si avverte questa solitudine asfissiante ma la si esalta inconsciamente (o forse no), si smette di parlare preferendo slogan, brevi sketch di conversazione, si cerca di stereotiparsi, si vive in appartamenti affollati dove nessuno conosce nessuno. Come allora, tutti questi “eremiti” cercano una salvezza, un cambiamento, una miglioria: ci si copre di ori finti spacciandoli per veri. Un impellicciarsi che in Taxi Driver si vede solo attraverso gli occhi di Travis: il gentiluomo con la prostituta, l’esaltazione degli ideali banalizzati per vincere, l’abito angelico e i capelli biondi, l’amicizia con secondi fini, la persuasione fasulla, i sorrisi ironici, le lettere, etc. La stessa lettura eroica finale, quando tutti vedono Travis come un eroe o fingono di vederlo tale per non ammettere la crudele violenza commessa, è finzione, travestimento. E Travis stesso si traveste: abito da lavoro, da festa, da “cattivo”. I cinema porno sono abbelliti da insegne luminose che sembrano piuttosto promuovere caramelle per bambini. Dolci (quelli che compra Travis al cinema, che mangiano al bar lui e Betsy, che Iris ingurgita alla caffetteria) per mascherare quell’amaro che si avverte fin nel profondo. Travis osserva e giudica, affascinato dallo schifo che prova, dall’immondizia che, a parer suo, dovrebbe essere ripulita una

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volta per tutte, dal nuovo Presidente o da un Giudizio Universale. O da lui stesso. Tutto il film è una corsa: Travis parte piano, tasta il terreno dal suo taxi, saggia con terrorizzante lentezza le possibilità e gli ostacoli che gli si presentano davanti. Fondamentalmente ricerca, come un predatore cerca la sua vittima, quello scopo, quella missione che tutti hanno. E sono gli ostacoli e le possibilità a diventare i suoi stessi scopi. Il taxista, che è disposto a lavorare di notte, in qualsiasi zona, in qualsiasi giorno. L’innamorato respinto e non capito, che deve quindi vendicare il suo dolore. La persona stufa di sentirsi abbandonata che sfoga la rabbia cercando di attentare un senatore, simbolo, dice Travis, di tutto il male che ha sofferto e che soffre. L’unico uomo che può salvare la giovane prostituta, il salvatore di anime perdute. L’unico che può uccidere e ripulire tutto. Travis può decidere per tutti ma non per sè: le munizioni finiscono e lui è costretto a rimanere. Penso che più che una salvezza finale, Scorsese abbia voluto parlare di condanna, infatti in maniera velata traspare la rassegnazione di un uomo che è consapevole di essere rimasto vittima, martire di se stesso: alla fine gli occhi sono ancora coperti di luce diabolicamente infernale. E proprio come un angelo diabolico (o forse solo come un angelo), prende il volo, sfuma tra la città: si perde di nuovo in quel brulichio di luci e di caldo, si scioglie in quella fiamma puzzolente e sporca, perversa, che non ha più alcun limite. Psiche sdoppiata, schizofrenia, violenza repressa. Forse non sono esattamente proprie di Travis che mi fa pensare a Bess in Le Onde del Destino di Lars Von Trier: profondamente credente, Bess si sdoppia nel parlare a Dio. É sempre lei che, in un cambio di voce e atteggiamento, si fa Dio e credente. É sempre lei che, per la salvezza, si addossa responsabilità strazianti e terrificanti. Travis parla allo specchio con un immaginario uomo che subito uccide. Travis si addossa missioni non sue, si accolla possibilità

improbabili, si getta in situazioni dove annega e basta. Non può che portare gli altri dentro il suo mondo, non può che immergerli in questo fango goffo e rabbioso. Ma Travis è anche Erika Kohut (Isabelle Huppert) in La Pianista di Michael Haneke, che nasconde segreti indicibili e alla fine vorrebbe solo essere punita per questo, cosa che però avviene solo in parte. Travis è anche Christian (Ulrich Thomsen) in Festen di Thomas Vinterberg, che cerca di denunciare ciò che lo disgusta profondamente. Travis è tante altre icone, perchè porta già dentro di sè tutti i disturbi nevrotici profondamente contemporanei, rappresenta la disperata e inutile ribellione della vittima tra le zanne del predatore, conscia di essere lei stessa vittima e carnefice: un autocannibalismo atroce ma reale. Nonostante Scorsese saturi i colori, rallenti l’andatura altrimenti frenetica della folla, insista sulla musica, sulle inquadrature zenitali (quasi fosse Dio a guardare), sull’introspezione del protagonista, e renda tutto in bilico tra realistico e surrealistico o, meglio, simbolico, l’impatto che ho avvertito è stato quello di trovarmi di fronte ad un incubo, dove le autodifese si sono abbassate e, sempre più incapace di mascherare metaforicamente il disagio psicologico personale, si arriva ad una fotografia esasperatamente vera: ci si può salvare dalle violenze proprie e degli altri, si può cercare e credere di aver trovato la propria missione, ma siamo in realtà kamikaze sopravvissuti, guerrieri vigliacchi con un pugnale sulla schiena.

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Per concludere è da notare che nel film vi sono molte inquadrature zenitali, predilette da Scorsere, che hanno la funzione di dare enfasi espressiva alla scena e possono essere considerate eredità della sua educazione cattolica. Poi vi sono inquadrature dall’alto a 180° che saranno la sua “firma” anche in opere successive e che dimostrano l’influenza avuta su di lui dalla Nouvelle Vague. Sono poi da sottolineare le diverse inquadrature utilizzate per riprendere Travis: - raccordi esterno/interno, giorno/notte, che danno allo spazio un tempo soggettivo - il montaggio che crea ellissi narrative - le raffiche di immagini ripetute - l’illuminazione iper-realistica - i dettagli - le inquadrature con Travis “fuori centro” - i ralenti, che creano enfasi drammatica e simboleggiano un tempo statico Insomma, nel film vi è uno stile “misto”: lunghi piani-sequenza a cui seguono scene con un montaggio quasi frenetico. Grande importanza nel film ha la voce over di Travis che può essere considerata la via di accesso alla sua mente. Assume anche un altro e importante significato: Travis non sa trattenere le cose che ha dentro. È questa voce che anticipa la strage finale, anche se questo espediente si dirada nella seconda parte del film. Infatti lì Travis ha chiuso col mondo e non deve più mettere ordine nei suoi pensieri. Dopo aver ucciso i rappresentanti del male, diventa muto. Dopo il massacro la sola voce off che si sente è quella del padre di Iris nella lettera che scrive per ringraziarlo. Nella scena finale con Betsy parlano solo gli sguardi e qualche convenevole forzato. Infine è fondamentale la sequenza muta dopo la strage: vi è un dolly finale esterno, la macchina da presa si allontana mentre noi non conosciamo ancora il destino di Travis.

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FORTUNA CRITICA

Opera singolare e appassionante di un giovane e personalissimo regista italo-americano […] questo film è un saggio di odio per la società e di amore per l’uomo. Il protagonista, uno psicopatico che soffre d’insonnia e di solitudine, è ipersensibile la sua professione lo porta a osservare, a giudicare introversamente e ad agire pressochè irresponsabilmente con stravagante e interessantissima disponibilità tra i due estremi di Angelo tutelare e Angelo sterminatore. Non è, per conseguenza, un modello di comportamento (nel qual caso la strage di «giustiziere privato» renderebbe l’opera inaccettabile): ma è un segno dei tempi, cioè uno specchio […] Incolto, il tassinaro è tuttavia erede di una cultura antica, basata su valori che il materialismo moderno ha irriso o conculcato. Centro Cattolico Cinematografico, Taxi Driver, in Segnalazioni cinematografiche, vol. 81, 1976. È con grande abilità che Scorsese e i suoi collaboratori si predispongono un eventuale ripiegamento tattico che consente di dimostrare gli scogli della dimostrazione univoca. L’opacità del personaggio, la sua lucidità aggressiva mescolata d’incertezza e confusione, le sue esitazioni e ripiegamenti, il puerile donchisiottismo […] servono mirabilmente il progetto degli autori. Questa incoscienza in agguato è una catalizzazione estremamente efficace, la proiezione delle sue ossessioni in un mondo alla deriva. Claude Beylie, Taxi Driver, «Ecran», n. 49, 1976. Mi sembra che Scorsese abbia evidenziato in Mean Street un maggior approfondimento critico […] in definitiva la «missione» di Charlie sfociava nella tragedia; qui, invece, l’epilogo tende a esaltare quella di Travis, un eroe solitario che, dopotutto, «non chiede nulla» […] Il regista non prende criticamente le distanze dal suo protagonista, anzi si identifica e immerge totalmente nell’ossessione e nella sua

patetica «crociata», così che i sospetti di chi ha visto in quest’opera troppe analogie col fascista Giustiziere della notte non sono del tutto infondati. Giuliano Giuricin, Taxi Driver, «Cinema Nuovo», n.244, 1976. Taxi Driver è una prova sfiatata di Martin Scorsese […] Sotto la scorza sanguinosa, banale infatti è la storia, risaputo lo stile, balordo il finale […] Da un lato moraleggia sul male di vivere nelle metropoli […] sicchè è tentato di adeguarsi all’ottica del cinema reazionario. Dall’altro, spinto dall’osservazione della realtà sociale tenta il ritratto di un debole e ironizza sul significato che i benpensanti danno alla sua rivolta. Poiché i due momenti non si fondono… resta un’ennesima testimonianza delle ambiguità con cui certi film americani, professionalmente impeccabili, esprimono gli affanni dell’epoca. Giovanni Grazzini, Taxi Driver, in Cinema ’76, Laterza, Roma-Bari 1987. Il passaggio di Travis all’azione criminale è preceduto da un travestimento ritualistico che ricorda quello degli indiani Mohawk, riporta insomma i segni di una tradizione americana che vagamente si collega al mito pionieristico della legge e dell’ordine. Taxi Driver ci mostra la catastrofe che produce un simile primitivismo ideologico applicato al mondo attuale. Non tutto funziona in questo film: l’ironico finale, per esempio, continuamo a trovarlo incomprensibile. E tuttavia Robert De Niro, che percorre il labirinto della città col suo taxi alla ricerca di un’impossibile via d’uscita, è un’immagine vivida e tragica dell’individuo in crisi. Tullio Kezich, Taxi Driver, in Il Millefilm, Il Formichiere, Milano, 1977.

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Girato da maestro, Taxi Driver magnifica il talento visionario e sensuale di Scorsese, ma, a mio avviso, non vale né Mean Street, né il misconosciuto Boxcar Bertha (america 1929: Sterminateli senza pietà). Il difetto sta nella sceneggiatura di Paul Schrader o, meglio, nella sua struttura un po’ monocorde di monologo o, se si preferisce, di dialogo poco e troppo furiosamente moralistico, dialettico tra Travis e New York che dà al film una patina di manierismo. Lo si avverte soprattutto nella zona centrale del racconto dove il film va un po’ in «surplace» anche se a riempire il vuoto provvede l’intensa, elettrica recitazione di De Niro. Morando Morandini, L’inferno al neon di New York, «Il Giorno», 26/09/1976. Scorsese non si limita più a calare le proprie intuizioni in un contesto realistico, ma confronta il suo tassista con avvenimenti che hanno o vorrebbero avere uno spazio e un tempo loro propri. Questo impegno libera il film dal lirismo e dall’aneddoto, dall’autobiografia e dalle suggestioni, delle metafore e delle folgorazioni variamente presenti in Mean Street… La Little Italy di Johnny Boy è lo spazio mentale dei deliri del protagonista, la New York di Travis vuole essere anche una presenza autonoma. Giorgio Rinaldi, Taxi Driver, «Cineforum», n. 160, 1976. Scorsese, ancora una volta, ha fatto del buon cinema, sensuale, mistico, maniaco e come innamorato di sé e non di altri che lo abbiano fatto… La sequenza dell’eccidio è molto bella, e quelle panoramiche combinate nella casa, lungo la scala insanguinata e viscida e in strada sulla folla, sono di una bellezza che può lasciare ammirato il Polanski di Chinatown… Scorsese è come uno che abbia paura di dire e tuttavia, passando dall’altra parte della timidezza e del pudore, si butta nella mischia. Giuseppe Turroni, Taxi Driver, «Filmcritica», n. 272, 1977.

Taxi Driver è un film profetico. Tragicamente profetico. Racconta della violenza di una società vuota e priva di ragioni per andare avanti. Dello spaventoso, profondo abisso che si può creare nella coscienza della gente quando tutto intorno perde significato. Quando nella società maturano i germi della distruzione. Travis, il personaggio interpretato da Robert De Niro, è un reduce del Vietnam. Lì sembra aver lasciato la sua voglia di vivere. Tornato a New York diventa tassista notturno e passa le sue giornate tra le strade di una città violenta e i cinema pomo. Una anima sbattuta, incapace di coltivare sogni e sentimenti fragili. Una vittima collettiva che diventa cattiva, cieca, violenta. Si taglia i capelli come quelli di una tribù di indiani e poi dei marines in Vietnam Il film è freddo e tremendamente privo di speranza. Comunica quella tentazione alla giustizia sommaria che fa parte della peggiore tradizione americana Taxi Driver ci ha insegnato, con quasi vent’anni di anticipo, Come una società può distruggersi, senza accorgersene. Vedere per essere ammaestrati. Walter Veltroni, Da Certi piccoli amori. Dizionario sentimentale di film, Sperling & Kupfer Editori, Milano, 1994 Questo quadro di rara cupezza della giungla urbana contemporanea trae in parte la propria forza dalle condizioni di lavorazione: tutto in esterni e nei quartieri malfamati di Manhattan, con una tecnica vicina al documentario, Il tono «realistico» della fotografia aumenta l’impressione di autenticità, così come certi dialoghi semimprovvisati. Il pittoresco dei luoghi viene smorzato a vantaggio di una visione senza orpelli della fauna newyorkese, con una predilezione per i falliti e i diseredati. Lo sceneggiatore Paul Schrader, (poi anche regista in proprio: American Gigolò, 1980) ha detto di aver voluto trasporre in ambiente americano Lo straniero di Camus. In questo film egli è stato molto aiutato dall’interprete, Robert De Niro, nel ruolo di un «uomo del sottosuolo», un underground man (per riprendere un’espressione di Pauline Kael) di perfetta neutralità espressiva: l’essere anonimo finito nel nulla della

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città. Ma il talento del regista è determinante. Figlio di immigrati siciliani (è nato nel 1942), Scorsese era il regista perfetto per questa storia di asfalto, perché si è formato anche lui alla duna scuola della strada. La sua capacità di catturare l’insolito fa esplodere la convenzione dei generi. Scorsese ha saputo dipingere all’acquaforte la notte americana (quella vena), di Mean Streets (1973) a Fuori orario (1985), con una deviazione sui retroscena della boxe (Toro scatenato, 1980). Claude Beylie, Da I capolavori del cinema, Vallardi, Milano, 1990 Ci sono film da cui, aldilà della suggestione d’immagini e intreccio, emergono dialoghi e battute di valore epocale, che travalicano così lo schermo, diventando simbolo di un personaggio, o di un modo di pensare. Tutti ricordano l’«Are you talkin’ to me?» (»Dici a me?»), di Robert De Niro-Travis Bickle in Taxi Driver, quando il protagonista, chiuso in casa e armato, prova davanti allo specchio il momento clou di quella che sarà la sua sanguinosa catarsi. Eppure sulla sceneggiatura quella battuta non c’era, sul copione in mano a De Niro, infatti, era scritto semplicemente: «Bickle si guarda allo specchio, preparandosi ad uscire». È stata la genialità dell’attore e la sua confidenza col regista Martin Scorsese, a permettergli di improvvisarla, creando dal nulla quello che è diventato il simbolo stesso di Taxi Driver, un archetipo narrativo talmente forte da essere ripreso poi in un’infinità di film successivi. Nel 1976, quando Taxi Driver apparve sugli schermi, De Niro aveva già ottenuto un Oscar come “miglior attore non protagonista”, grazie all’interpretazione del giovane Vito Corleone nel Padrino parte II (1974), ma è grazie all’ex-marine psicotico diventato tassista notturno, impersonato per Martin Scorsese, che De Niro acquisisce lo status d’attore simbolo di un’era. Tratto dal romanzo omonimo di Richard Elman, Taxi Driver racconta le peregrinazioni di Travis Bickle, reduce dal Vietnam, solitario abitante di New York che, soffrendo d’insonnia, diventa tassista di notte. Girovagando tra le follie della città, Bickle nota l’appariscente bionda Betsy (Cybill

Sheperd), impegnata nella campagna elettorale del senatore Palantine. Quando il tentativo di corteggiamento fallisce miseramente, Bickle acquista diverse pistole: prima matura confusamente l’idea di uccidere Palantine, poi si mette sulle tracce di Iris (Jodie Foster), prostituta l3enne, da lui conosciuta quando la ragazzina aveva cercato di sfuggire nel suo taxi al laido protettore “Sport” (Harvey Keitel). Oscar Cosulich, Da L’Espresso del 25 agosto 2005

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COMMENTO ALLA FORTUNA CRITICA Ho organizzato l’antologia di citazioni della fortuna critica con una netta divisione temporale: all’inizio vi sono le recensioni uscite “ a caldo “, alla fine interventi più recenti. Ho trovato interessante che Il Centro Cattolico Cinematografico, che in quegli anni si dedicava sistematicamente alla demonizzazione dei film d’autore, avesse giudicato con cautela, nel 1976, l’uscita di Taxi Driver, quasi che l’anonimo recensore non osasse manifestare apertamente il suo assenso per un’opera così “brutale”. Lo rileva tra parentesi, quasi un mettere le mani avanti; tuttavia ciò non gli impedisce di chiudere il pezzo con un giudizio sostanzialmente positivo, in cui tra l’altro dimostra di avere colto il significato esistenziale e profondo dell’opera. Ho iniziato con questa osservazione perché sono rimasta colpita nel leggere le recensioni dei critici italiani, quasi tutte negative o “sospettose” del messaggio contenuto nel film. Giuliano Giuriucci, su “Cinema Nuovo”, che rappresentava il critico “militante” si fa fuorviare dalla scena finale al punto di paragonare Taxi Driver al “Giustiziere della notte”, criticatissimo film con Charles Bronson, tacciato di “fascismo” fin dai tempi della sua uscita. Insomma non sembra proprio cogliere l’abisso che separa le due opere e, soprattutto, il loro opposto retroterra culturale: da una parte la reazione frustrata del cittadino americano medio incline alla violenza, dall’altra il dramma esistenziale della gioventù americana, ferita nel Vietnam dalla violenza della guerra che la sua anima pacifista rifiuta fin dagli anni sessanta. Giovanni Grazzini, che era il critico del “Corriere della Sera”, allora l’unico importante quotidiano nazionale, e che rappresentava una delle voci “ufficiali” della critica cinematografica italiana, stronca il film, per una sostanziale incapacità di comprendere, appunto, le dinamiche storiche che lo

avevano prodotto. (E’ infatti molto difficile essere testimoni del proprio tempo. Grazzini, tra l’altro, confermerà a distanza di tempo il suo giudizio negativo.) Un po’ più favorevole fu la recensione di Tullio Kezich, altro nome storico della critica italiana, che tuttavia riesce almeno a cogliere il dramma esistenziale del protagonista. Anche Morando Morandini, che allora scriveva su “Il Giorno” e che rappresenta il terzo esempio “classico” di critico con la C maiuscola, sembra incerto sul giudizio finale, anche se ci tiene a rilevare la differenza, in negativo, con le prime opere di Scorsese. I critici delle riviste specialistiche (Cineforum, Filmcritica) tengono uno stretto “riserbo” su ciò che effettivamente l’opera del regista ha loro trasmesso. Io penso che sia difficile cogliere la grandezza di un’opera che incarna lo spirito del tempo (e non mancano gli esempi in tutti i campi artistici). Infatti, le recensioni più recenti che ho citato, non possono disconoscere a questo film i caratteri del capolavoro. Mi sono ritrovata soprattutto nell’articolo che Oscar Cosulich, a distanza di quasi trent’anni dall’uscita di Taxi Driver, ha scritto sull’Espresso tre anni fa. Lo definisce uno straordinario film profetico che ancora oggi giunge al cuore dello spettatore, senza distinzioni anagrafiche. Ho poi citato due recensioni scritte, in tempi diversi, da Claude Beyle che già nel ’76 aveva colto la grandezza del film, confermata nel suo saggio di 15 anni dopo. Credo che la critica francese, di cui Beyle è un esempio, avesse una maggiore capacità di penetrare la natura innovativa del film di Scorsese anche per il lascito, confermato nelle storie del cinema di quel periodo che ho avuto modo di conoscere, della Nouvelle Vague, che ha certamente influenzato la rinascita del cinema americano degli anni ’70.

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BIBLIOGRAFIA Testi Antonio Costa, Saper veder il cinema, XIX edizione, Bompiani, Milano 2007 Tullio Kezich, Il millefilm. Dieci anni al cinema. 1967 - 1977. Volume secondo M – Z, Mondadori, Milano 1983 Paolo Mereghetti e autori vari, Il Mereghetti. Dizionario dei film, Baldini e Castaldi Dalai, Milano 2005 Massimo Moscati, Breve storia del Cinema, IV edizione, Bompiani, Milano 2006 Jurgen Müller, Cinema degli anni 70, Taschen, Köln 2003 Serafino Murri, Martin Scorsese, Il Castoro, Milano 2000 Alberto Pezzotta, Martin Scorsese. Taxi Driver, II edizione, Lindau, Torino 2007 Francis Vanoye, Anne Goliot-Lété, Introduzione all’analisi del film, III edizione, Lindau, Torino 2006 Siti internet consultati http://www.pagine70.com http://it.wikipedia.org/wiki/Taxi_Driver http://www.ukcritic.com/taxidriveretro.html http://www.cerca-film.it/film/taxi-driver.htm Per le immagini ho utilizzato l’applicazione Quicktime, esportando i frame sul desktop e salvandoli in formato JPG, direttamente dal DVD originale di Taxi Driver.

Film citati Festen - Festa in famiglia Un film di Thomas Vinterberg. Con Ulrich Thomsen, Henning Moritzen, Thomas Bo Larsen, Paprika Steen. Genere Drammatico, colore 106 minuti. - Produzione Danimarca 1998. La pianista Un film di Michael Haneke. Con Isabelle Huppert, Annie Girardot, Susanne Lothar, Benoît Magimel, Anna Sigalevitch, Udo Samel. Genere Drammatico, colore 129 minuti. - Produzione Francia 2001. Le onde del destino Un film di Lars von Trier. Con Katrin Cartlidge, Stellan Skarsgård, Emily Watson, Jean-Marc Barr, Udo Kier. Genere Drammatico, colore 158 minuti. - Produzione Danimarca 1996.