TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina...

8
RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal D a Kathmandu a Phakding Oggi si vola 28 marzo 2016 (-310 / + 104 ; 8 km) - I piloti hanno fretta, ieri i voli sono stati cancellati per scarsa visibilità e stamattina ci sono il doppio di passeggeri da trasportare. Il volo è stato breve, solo 35’. Il nostro Let L-410 9N-AKY nuovo fiammante si è infilato in un corridoio fra le nubi del Khumbu e già rulliamo sulla pista. Mr. Rambir Rai, il sardar, capo carovana e interprete assegnato dalla agenzia, ha già ingaggiato i portatori e ci incamminiamo sulla strada, praticamente l’unica, che attraversa Lukla, con negozi, caffè, internet point, barbieri. Nel secolo scorso, il sentiero iniziava al di là del fosso di scolo che delimita la pista e prima di intraprendere il trekking si riconfermava il volo di ritorno presso l’ufficio del manager in una casupola a monte della pista. Indico ai compagni la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele, pinoli, uvetta e cannella, ma Rambir ci porta al “The New at Lukla”, il rifugetto dove alloggeremo al ritorno. Il gruppo C.B. Everest che ha volato con noi dall’Italia e poi da Kathmandu si è già dileguato: Monjo, il loro punto tappa, è ben lontano. Non ho neppure il tempo di allungare i bastoncini che ho già perso di vista anche i primi del mio gruppo. Per trent’anni sono stato lontano dal Kumbu, ora in breve tempo torno per la quarta volta: ad ogni viaggio sono più lento e stanco, ma sempre desideroso di non voler vivere la vita per procura, guardando fotografie o video su uno schermo. Testo di Marco Vasta Immagini di Maricla de Bortoli TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa Appunti di un Everest Trek View 2016 sulle orme di un ECB 1982 Viveri e gadget per i turisti - la fatica dei portatori

Transcript of TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina...

Page 1: TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele,

126 - Avventure nel mondo 2 | 2016

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal

Da Kathmandu a Phakding Oggi si vola28 marzo 2016 (-310 / + 104 ; 8 km) -

I piloti hanno fretta, ieri i voli sono stati cancellati per scarsa visibilità e stamattina ci sono il doppio di passeggeri da trasportare. Il volo è stato breve, solo 35’. Il nostro Let L-410 9N-AKY nuovo fiammante si è infilato in un corridoio fra le nubi del Khumbu e già rulliamo sulla pista.Mr. Rambir Rai, il sardar, capo carovana e interprete assegnato dalla agenzia, ha già ingaggiato i portatori e ci incamminiamo sulla strada, praticamente l’unica, che attraversa Lukla, con negozi, caffè, internet point, barbieri. Nel secolo scorso, il sentiero iniziava al di là del fosso di scolo che delimita la pista e prima di intraprendere il trekking si riconfermava il volo di ritorno presso l’ufficio del manager in una casupola a monte della pista. Indico ai compagni la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele, pinoli, uvetta e cannella, ma Rambir ci porta al “The New at Lukla”, il rifugetto dove alloggeremo al ritorno. Il gruppo C.B. Everest che ha volato con noi dall’Italia e poi da Kathmandu si è già dileguato: Monjo, il loro punto tappa, è ben lontano. Non ho neppure il tempo di allungare i bastoncini che ho già perso di vista anche i primi del mio gruppo. Per trent’anni sono stato lontano dal Kumbu, ora in breve tempo torno per la quarta volta: ad ogni viaggio sono più lento e stanco, ma sempre desideroso di non voler vivere la vita per procura, guardando fotografie o video su uno schermo.

Testo di Marco VastaImmagini di Maricla de Bortoli

TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpaAppunti di un Everest Trek View 2016 sulle orme di un ECB 1982

Viveri e gadget per i turisti - la fatica dei portatori

Page 2: TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele,

Avventure nel mondo 2 | 2016 - 127

Testo di Marco VastaImmagini di Maricla de Bortoli

TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa

Ci presentiamo al chek-in con largo anticipo, pronti a saltare sul nostro aereo. Tutti i voli interni sono della Royal Nepal Airlines Corporation che opera con i Twin Otter a 16 posti o con i Pilatus Porter a 6 passeggeri usati anche come cargo. Si possono raggiungere le piste di atterraggio più alte del mondo e vivere gli atterraggi più spettacolari. Prendiamo posto su questo STOL (Short Take Off and Landing), lo stacco à rapido, l’apparecchio può alzarsi ed atterrare nello spazio di cinquanta metri, Presto emergiamo dalla foschia mattutina e voliamo verso est. Le colline verdi, terrazzate e sinuose ricordano le sezioni della carta topografica con le curve di livello. Presto ci inoltriamo fra pendi più erti, mentre a sinistra si ampia lo sguardo sulla catena dell’Himàlaya.La pista di atterraggio è d’improvviso innanzi al muso, V. assicura che l’apparecchio è dotato di ottimi strumenti di navigazione, ma io provo un sottile malessere e trattengo il fiato; poi un rullio, un cambio di assetto: la pista di Lukla segue il pendio, ecco perché vedevo tutte le case inclinate! Questo facilita la frenata d’atterraggio e lancia l’apparecchio in decollo!Jik Lama, il nostro sirdar-sherpa, contratta le bestie da soma mentre il gruppo si distende nella gioia di essere finalmente qui. D’ora in poi non dipenderemo più dai piani di volo e dalle bizze del tempo sugli aeroporti, ora siamo noi che le nostre gambe a dare il ritmo a questo viaggio. Il trekking può cominciare.Lukla è piccola, una ventina di case, per lo più lodge e negozi, alcuni prati dove i trekker alzano le tende e stranieri che attendono di essere imbarcati. Mi accorgo che ho ancora i tappi nelle orecchie, sono stati offerti dallo stewart poiché il Trwin Ottery non era pressurizzato.

Caricato il materiale su due dzo, incrocio fra yak e mucca, ci avviamo... in discesa. Su una delle bestie spicca il sacco postale con il tricolore, pieno di scarponi che spero non dovremo mai usare. tutti abbiamo addosso la frenesia di andare avanti, ogni curva del sentiero una esclamazione di meraviglia, ogni sosta vede aprire le carte topografiche nel tentativo di dare un nome alle punte ed ai crinali che già sono sopra di noi.La giornata passa tranquilla, ora sostando nei tea-shop, ora risalendo lentamente verso Jorsale. Le bestie sono guidate da una sherpani, La lunga gonna fa quasi sparire le scarpe di tela blu, caratteristiche di tutti gli abitanti, ne devono avere trasportato a migliaia da Katmandù! Non comprende quello che sorridendo le diciamo e risponde con un sorriso, schernendosi e girando il capo e mostrando la lingua (1). Ai-Chopkin ha il viso pieno con gli zigomi lievemente arrossati, quando sorride gli occhi divengono due sottili fessure. Per tutto il viaggio rimarrà sempre in disparte, timida e riservata; poche volte l’ho vista sciogliere la crocchia dei capelli, per ravviarli, lunghi e neri, in due trecce che riarrotola e fissa con uno spillane. Eppure è rimasta entusiasta quando le ho fatto indossare la giacca a vento rossa con il distintivo della scuola di roccia del CAI BS e volentieri si è fatta fotografare, contenta e sorridente.16 ottobre 1982

Lukla deve il suo sviluppo a sir Edmund Hillary che fece spianare la pista e ne terminò la costruzione nel 1965 come parte del progetto di sviluppo dell’ospedale di Kunde. La RNAC (pr. arneisì) Royal

Nepal Airlines Corporation, oggi solo Nepal Airlines) aveva ingrandito la pista nel 1977 e nell’83 ultimato i lavori per la palazzina degli uffici. C’erano pochi

lodge ed alcuni negozi si affacciavano sulla pista. La RNAC e il management della pista stavano in una baracca in legno, esisteva anche una cassetta delle lettere ed i francobolli sono reperibili dal sarto del vicino negozietto. Il villaggio si è espanso ed è il classico esempio di come sia difficile determinare la quota degli insediamenti, vi sono infatti 60 metri di dislivello fra l’inizio della pista di

atterraggio ed il piazzale dove sostano gli aerei ed ora vi sono case sia a monte che a valle.La strada lastricata finisce contro al piccolo arco del National Luminary Pasang Lhamo Memorial un tempo il busto, posto sotto l’arco, era colorato. Pasang è una eroina della epopea dell’Everest, prima sherpa a giungere in vetta al Chomolungma, non riuscì a godere della fama conquistata perché si attardò nel cercare di salvare un compagno, impresa che purtroppo non è consentita a queste quote, e morì con un gesto di altruismo.Il sentiero è largo anche tre metri, scende a mezzacosta contornando i rilievi ed abbassandosi fra campi e villaggi. Alle nostre spalle ogni venti minuti risuona il rombo delle eliche: altri aerei continuano ad arrivare, giungono a gruppi di tre, perché questo è il numero di velivoli che possono parcheggiare in quello che è definito l’aeroporto più pericoloso del mondo: una esagerazione! Terminato il monopolio della RN, i voli interni del Nepal sono assicurati da una miriade di compagnie, più o meno affidabili, qualcuna sulla lista nera della International Civil Aviation Organization. Ogni tanto qualcuna fallisce

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal

Everest sul naso del leone delle nevi

Page 3: TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele,

128 - Avventure nel mondo 2 | 2016

o chiude perché ha perso i velivoli precipitati in qualche giungla… Ogni stormo trasporta e vomita alla pista quarantacinque turisti e ben presto i plotoni si mettono in marcia, ci raggiungono e mi superano. Si muovono tutti assieme, con frequenti soste, gregari forse con la paura di perdersi, con una modalità a me estranea ed insopportabile, forse perché italiano, forse per ché allergico alla gerarchia, ma non riuscirei a camminare così anche se comprendo le preoccupazioni dei loro tour leader. Anch’io un tempo ero tour leader, come figurava sul biglietto da visita stampato da Avventure, ora sono “coordinator” con una strana assonanza con sterminator.Rimaniamo stupiti dalla miriade di persone che si incontrano, decine di gruppi e di escursionisti solitari, che scendono assieme a noi e ben presto incrociamo chi sale a Lukla. Passano i portatori sia del bagaglio dei turisti che dei viveri per i lodge del Khumbu. Ragazzi carichi di birra (San Miguel, Everest, Sherpa) e di bevande, (succhi di frutta, Coca Cola e Coca Light) ed altro. C’è chi trasporta carico di assi o lamiera ondulata. ed in senso opposto giungono ragazzi, uomini, ma anche donne ed anziani che leggeri tornano all’aeroporto dopo consegnato il carico.Passano molte carovane di cavalli o di dzo (dsolphyo), gli ibridi fra yak e mucca, animali dal pelo corto e dalle corna dipinte. Non mi ricordavo che ve ne fossero così tanti un tempo. Si passa Kyangma con il suo gompa ed una scuola finanziata dalla Sir Hillary Foundation (2). Cartelli indicano la deviazione verso i sottostanti abitati di Muse e Chaumrikharka, l’area che attraverseremo oggi e domani fino alla confluenza fra i fiumi Dhud e Bhote Kosi è detta Pharak (pr. Faràk), qualcuno la chiama basso Khumbu. Qui gli sherpa differiscono per modalità di coltivazioni, raccolti ed allevamento da quelli delle valli superiori (3) Raggiungiamo il villaggio di Chablung (2.500 m, 40’) (la EST-LP riporta 2.700 m) punto di incontro con la pista proveniente da Jiri. Anche qui numerosi lodge per tutte le tasche. Il villaggio è dominato dalla cavità che ospita il minuscolo Tagtak Gompa.Da Chablung il sentiero continua verso nord, tenendosi sulla sinistra del Dudh Kosi che si scorge spumeggiare sul fondovalle. In ponte metallico valica l’affluente Thado Kosi Khola. Una imponente montagna appare ad est ed è il Kusum Kangru (6.397 m), considerato il più impegnativo dei trekking peak. Un tempo si oltrepassava il sentiero che scendeva da Ghat (2.550 m. 20’-60’). La zona subì forti danni durante una piena disastrosa nel lontano 1977, ma ormai i contadini hanno recuperato il terreno all’agricoltura. ed ora si attraversa il villaggio. Inizia a piovere, addirittura grandina, ci rifugiamo a pranzare in una veranda. Il pensiero va al gruppo di Arturo Caccico che sicuramente è ancora lungo il percorso. Dopo il villaggio la pista attraversa un’area con molti muri mani, chorten e massi incisi

con mantra ed altre scritte in caratteri tibetani. Una breve risalita conduce a Chhuthawa (2.591 m) e in saliscendi attraverso una foresta (jungle) arriviamo al ponte di Phakding (2.650 m, 45’-1h45’) un piccolo insediamento che si è ingrandito grazie al turismo. Nel nostro lodge non c’è anima viva, è il primo pomeriggio e c’è ancora tempo per una breve escursione.Attraversato il ponte metallico dove fino al 2006 si pagava la “tassa” di transito all’esercito maoista, con regolare ricevuta e timbro dell’economato, una deviazione sale sul pianoro ad ovest di Phakding e raggiungere le case di Rimijung (45’) ed il Pema Chöeling Gompa (su GMaps Thaktul Monastery). È un buona occasione per acclimatarsi. Nel tempio principale vi sono una statua di Chenrezi (il protettore del Tibet, incarnato oggi nel Dalai Lama), cioè del Buddha Avalokiteshevara nella sua manifestazione di mille braccia), ed inoltre Mahakala, la dea protettrice Sengee Dolma (dalla testa leonina) e Padma Shambava, secondo una iscrizione su una pietra sette fratelli fuorilegge cercarono di trafugare questa thub-ku, preziosissima statua, portandola in Tibet, ma nel tentativo la statua divenne sempre più pesante e non riuscirono a spostarla. Il monastero è stato fortemente danneggiato dal terremoto. Monaci, laici e volontari lo stanno restaurando. Sarebbe stato interessante affrontare ancora un’oretta di salita e raggiungere il monastero femminile di Thulu Gumela (Gomla) (25’ - 1h30’). Khenpa Dorji avrebbe fondato il monastero di Rimijung (dove risiedette nel 1667-1677) nelle mie ricerche non ho compreso quale dei due monasteri sia stato da lui fondato).

Da Phakding a Namche - Un fastidioso contrattempoDalle fessure nelle pareti di legno inizia a filtrare un poco di luce, qualcuno si alza, poi fuori tutti dai sacchi. Tutti in piedi. Non abbiamo dormito molto, interrotti da un andirivieni dalla camera della puerpera. Il bimbo.non ha pianto spesso, ma diverse volte una sherpani è passata avanti ed indietro recando ora in mano un piatto fumante, ora uno con aromatiche e fragranti braci di abete. Cosa strana la camera era chiusa dall’interno , ma non credo per diffidenza , solo perché il sistema di chiusura è da un solo lato della porta. Un tè bollente e poi una ennesima sosta alla sbarra di ingresso.È una novità di questa stagione. È stata istituita una tassa d’ingresso al Parco nazionale del Sagarmatha. Ma ben più importante è l’emanazione di un regolamento che prescrive la autosufficienza per il combustibile, vietando sia la raccolta di legna che l’acquisto presso i locali.La strada continua ora in un canyon arrampicandosi in piccoli saliscendi nei punti dove il fiume occupa tutto il fondovalle. Siamo incassati fra pareti ripide ricoperte

da foreste di abeti.Una larga spianata sabbiosa incassata fra rocce alla confluenza con il Bhote Kosi e il Dudh kosi si scorge l’ultimo rimasto dei sei ponti in legno costruiti da Hillary, comincia la salita verso Namche. Incontro finalmente Alberto Damioli (forte rocciatore bresciano), dopo aver chiesto a tutti se sono di nazionalità italiana. Chiacchierata, consegne telefoniche. Peccato di non aver preparato alcuna lettera.Saliamo a zig zag mentre i due fiumi scrosciano molto più in basso di noi. A metà salita c’è una piazzola quando il sentiero si trova proprio sul crinale. ed un cartello “Prima vista sull’Everest” Ma lui è fra le nubi e non ci degna di uno sguardo.

Riprendo l’inseguimento del gruppo sperando che mi aspettino alle prime case del villaggio. Ed ecco Namche Bazar! Un attimo di emozione. Quante diapositive ho visto di questo villaggio! Ora sono qui a fotografarlo. Siamo saliti in due ore ed adesso possiamo cercare un alloggio e poi girovagare per il paese. Ma non c’è scelta perché la yak girl ha già scelto per noi, portandosi nel lodge del padre ed i cinque

compagni scalpitano per partire subito verso l’alto in un nuovo sprint. Qualcuno tira molto, io vado piano con conseguenti squilibri e scazzi.(MV diario 17 ottobre 1982)

29 marzo 2016 - (+ 1228 / - 428 ; 11,560 km)La pioggia ci ha cullati fin quasi all’alba. Il ticchettio sulle lamiere dei tetti si è trasformato in un ritmico gocciolio dai cornicioni, Partiamo presto, il sole non ha ancora passato il crinale e Phakding è ancora in ombra, ma presto siamo sul versante destro del Dudh Kosi. Il serpente di camminatori si è rimesso in marcia verso settentrione, sale verso i minuscoli insediamenti di Zamfute e Tok Tok, fermandosi presto alla prima vista sul Thamserku (6.608 m), un picco ad est di Namche. Abbiamo occasione di vedere la prima condotta di una mini-centralina idroelettrica. L’approvvigionamento energetico, più che altro per illuminazione, ha visto il diffondersi di piccole turbine alimentato brevi condotte. Ang Khami, fondatore della Sherpa Alpine Trekking Service, si era interessato al problema per il suo villaggio nel Solu ed ora il figlio Tshiring si fa carico del funzionamento e delle riparazioni. Ho partecipato ad alcuni incontri di formazione organizzati in Italia per funzionari del Governo Tibetano in esilio. Ci appoggiavamo al Consorzio del Garda ed avevamo visitato i laboratori della A2A. la maggior causa delle della corrosione delle turbine non è dovuto ai sassi portati dai torrenti, né alla mica in sospensione, ma fenomeni elettrochimici. Per anni, nella scuola che seguo nell’Himalaya dello Zanskar, avevamo studiato la possibilità di avere una pompa che prelevasse l’acqua dal fiume ed A2A aveva studiato

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal

Page 4: TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele,

Avventure nel mondo 2 | 2016 - 129

anche come far depositare la mica che rende biondi i fiumi. Il problema è poi stato risolto in altro modo, ma l’esperienza era stata appassionante.Il sole è alto, il cielo riempie gli occhi ed il cuore. Sembra di passeggiare sul corso tanto il sentiero è affollato di uomini e bestie. Rambir suggerisce di riposare qui a Benkar (m.2.700, 45’-2h30’), l’abitato è sotto il ripido pendio, piccoli appezzamenti coltivati stanno fra il fiume e la terrazza del lodge dove mi fermo. Seggiole e tavolini di plastica su cui si schierano file di bottiglie di birra e coca cola. I nevai sommitali del Kusum Kangru splendono. “Please, Mr. Rambir, go haed with Emma & Ale. Don’t warry for me, and stay with them” Rambir scatta avanti per raggiungere i primi due nostri partecipanti, si preoccupa del benessere di ogni partecipante, ma credo sia preoccupato per la mia salute. Probabilmente gli è giunta voce che ho avuto un infarto, chissà, forse qualcuno da Roma ha avvisato il solerte Tshiring, proprietario dell’agenzia, ed ha raccomandato di tenermi d’occhio. Questo è il sesto viaggio con Rambir. Negli anni “90 abbiamo percorso assieme la valle di Humla arrivando dal Manasorowar, poi il Mustang, due volte l’alto e basso Dolpo con la grande traversata da Jomosom a Dunai. Sei anni fa ci siamo incamminati sulla cresta dei monti che circondano la conca di Kathmandu, da Sundarijal a Namo Buddha, panoramica passeggiata fra i resti dei campi militari allestiti ai tempi dell’assedio di Kathmandu nel 2006, quando l’esercito ebbe l’ordine di ritirarsi e lasciar passare le milizie maoiste ponendo fine al bagno di sangue della guerra civile (4).Rambir è velocissimo, lo definirei magro ma per gli standard nepalesi il suo è un peso normale, ma va

veloce, si sposta in avanti con i primi, aspetta o torna indietro a cercarmi, cammina un po’ con me, poi riparte di corsa. Ieri ha raccontato a Alessandro di quando era campione di corsa in montagna. Vinceva gare e premi, ma poi la moglie, preoccupata che nelle gare si facesse male e non potesse più camminare veloce, lo ha pregato di ritirarsi per mantenere in buone condizioni le gambe e poter lavorare come guida di trekking. “I remember your little doughter, she was the youngest kid to trek in Mustang”. Ho un momento di amnesia “…ah, l’età… - ma c’era anche lui?” , non vorrei amareggiarlo con queste dimenticanze, sorrido e glisso: “Si, si, what a wondefull trek!”.Rambir è un Raj, una etnia nepalese e lavora nel mercato del trekking come tanti altri ragazzi di etnia non Sherpa, gli Sherpa in genere sono impiegati ai campi alti come accompagnatori, porter e guide d’alta quota specializzate. Curiosamente Rambir è nato in Bhutan ed è venuto in Nepal da piccolo al seguito del padre prima che negli anni “90 si scatenasse la pulizia etnica dei Bhutanesi contro i Nepalesi. Una storia triste, di cui si parla poco, e che il Bhutan è riuscito a nascondere dietro la facciata di paese felice.La sosta si è prolungata, lasciamo il bar. Il largo sentiero giunge ad un ponte e siamo sulla sponda orientale del fiume. Dopo Chumoa continuiamo per dolci saliscendi incontrando un’altra condotta per una mini-centrale. Anche la nostra partecipante fotografa ha rallentato il passo, siamo estasiati della fioritura di petali bianchi su un albero di cui non comprendiamo il nome. In primavera avanzata questo percorso è incantevole per la fioritura del bosco e del sottobosco: magnolie e rododendri, alti pini slanciati e fiori. Scendiamo al ponte sul Monjo Khola, che raccoglie le acque del versante ovest del Kusum Kangru, Siamo finalmente in vista delle case di Monjo. (2.840 m), Stanca del mio passo, l’amica fotografa accelera, affronta baldanzosa una scalinata resa scivolosa dal fango ed eccola per terra a stringere i denti per trattenere un urlo. Con lentezza appoggiandosi ai bastoncini risale il

pendio raggiungendo penosamente gli amici che attendono in un bar. Siamo rapidi nel prendere le decisioni: e National Geograpic, così ormai l’abbiamo denominata, noleggia un cavallo ed è già partita.All’uscita da Monjo è posta la sbarra di accesso al Sagarmatha National Park, Rambir ha già provveduto ad esibire permessi e espletare le formalità poi corre in avanti per stare un po’ con i primi partecipanti, ma a me conviene fermarmi e visitare la sala dell’Ufficio Informazioni con mappe e immagini.L’enorme macigno che incontro dopo alcune decine di metri riserva una sorpresa: è tutto scolpito con “mantra”, cioè frasi rituali, e mostra la religiosità dei buddhisti che con infinita pazienza hanno inciso la roccia. Presto sono a Jorsale (2.850 m, 45’-3h15’, in sherpa Thumbug.Dopo Jorsale la valle si restringe ulteriormente ed il fiume ed il sentiero corrono in un piccolo canyon. Un ponte metallico vi porta sulla destra orografica e successivamente un altro ponte sospeso ci riporta sulla sinistra: percorriamo una spianata di sassi, sabbia grigia e macigni. Da Jorsale vi sono vari sentieri. Rambir mi guida sul percorso più veloce che scende sulla riva sinistra orografica ed è accidentato con massi scivolosi per portarci sotto una delle viste più spettacolari del trek, uno spettacolo atteso che rende lieve l’aspra salita che devo affrontare. Davanti a noi stanno sospesi due ponti metallici, uno a cinquanta metri di altezza ed uno ancor più a ben cento metri sopra il greto del Dudh Kosi. In novembre, sul volo Air India, ho visto il film Everest (5). Una spettacolare ripresa dall’elicottero mostra i due ponti ed ora sono qui ed anch’io vedo una carovana di yak attraversare la gola sospesa nel cielo. Rambir mi ha aspettato, il vento è forte, fa vela sullo zaino e mi sposta! La vista dal ponte è superba e può dare vertigini (Larche Dibgan Bridge). Mi chiedo come abbia fatto Maricla a percorrere la passerella così lunga ed oscillante. Stasera scoprirò che l’ha percorsa senza scendere da cavallo. Il cavallo ha seguito la pista degli yak, per portarsi dolcemente in quota ed evitare il nostro percorso sul greto. È un

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal

La mia preferita

La fatica delle sherpani

Page 5: TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele,

130 - Avventure nel mondo 2 | 2016

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal

sentiero più lungo sui pendii della destra orografica, parte poco dopo Jorsale e conduce al secondo ponte sospeso. L’ultimo dei ponti in legno costruiti da Hillary (m. 2.850) era posto poco a monte della confluenza del Dudh Kosi con il Bhote Kosi (bhot, lett. tibetano), un torrente che nasce nei pressi del Nangpa La, una piena l’ha distrutto. Nel 1982 l’avevo visto la semplice struttura ancora in piedi.Il Nagpa-la è uno dei valichi da cui gli Sherpa sono entrati in Khumbu in una lenta migrazione dal Khan nel Tibet orientale. Attorno al 1530, tale Dujom Dorje, insieme ad un amico, lo valicò per visitare i ritiri di meditazione di Pangboche e Dingboche e tre anni dopo un piccolo gruppo di persone sotto la sua guida attraversò il Nangpa- La insediandosi in Khumbu; seguito dopo pochi anni da membri del clan sherpa dei Minyak che si stabilirono a Phortse. Il Nagpa-la divenne una via commerciale valicato da carovane di yak che lo percorrevano cariche di merci scambiate fra Nepal e Tibet. e venne chiuso nel 1959 dopo la fallita insurrezione tibetana contro l’occupante cinese. Terminò definitivamente un commercio estremamente redditizio per gli Sherpa cui un regio decreto assicurava l’esclusività del valico: molti chili di salgemma estratta dai laghi salati del Tibet valevano un sacco di riso, ma un chilo di salgemma valeva in Nepal molti sacchi di riso. Nel 1986 il Nagpa-la venne riaperto ai traffici fra nepalesi e tibetani assieme ad altri 15 valichi. Per me il Nagpa-la è legato al ricordo della uccisione di Kelsang Namtso, giovane monaca tibetana di 17 anni, in fuga dal paese delle nevi (6). Fu una assassinio deliberato, compiuto davanti settanta alpinisti testimoni, oculari presenti al ABC del Cho Oyu. Un messaggio inviato al mondo occidentale ed ai Tibetani.Lungo la pista che sale a Namche capitava di osservare macellai che lavoravano nelle radure. L’arrivo dei turisti ha introdotto il consumo della carne nel Khumbu. La popolazione buddhista negli anni “90 si è ribellata a questa violazione di abitudini millenarie. Ammazzare animali è un’offesa alla religione ed alle divinità del luogo. I macellai vennero espulsi da Namche. Oggi in Khumbu c’è carne, il dio denaro è più forte di qualsiasi altra divinità, ma quest’episodio dovrebbe far riflettere coloro che non sanno rinunciare alle proprie abitudini alimentari. “Se uccidiamo uno yak, leviamo la vita ad un essere senziente e la famiglia ha viveri per un mese; se facciamo macellare una capra, la famiglia si nutre per una settimana; se ammazziamo un pollo, che pure è un essere senziente, la famiglia mangia un giorno. - puntualizza Rambir che è vegetariano - Noi Buddhisti non mangiano pesce perché ci nutriamo solo con gli esseri che possono essere allevati. I pesci non dipendono da noi”, penso agli allevamenti di salmoni e branzini e non commento.La pista continua in salita a mezza costa, tenendo la cresta sulla destra giungiamo finalmente a Namche (3.330 m - 3.440 m, 2h30’/2h40’). Namche Bazar (Nauche) è il capoluogo amministrativo della

regione del Khumbu, vi hanno sede un posto di polizia, il quartier generale del Parco Nazionale, una banca autorizzata al cambio (che d’altronde è ottenibile presso i commercianti), un piccolo ufficio postale, negozi dove trovate articoli diversissimi quali souvenir, oggetti tibetani, provviste in scatola, attrezzature da montagna.In cinquant’anni ogni casa di Namche si è trasformata in lodge, poi i lodge in alberghi, e alcuni alberghi in hotel con camere doppie, servizi e doccia calda in camera. Ma anche i semplici lodge sono superiori ai nostri rifugi. In alcuni c’è l’acqua calda, ma acqua calda per decenni ha significato il taglio selvaggio di alberi nel Khumbu (ma anche in altre zone del Nepal). Oggi, con la diffusione del GPL, acqua calda significa che qualcuno si carica in spalla una o due bombole di gas e le porta fino in albergo...Il percorso non è ovviamente cambiato, in cinquant’anni ma ci sono molti più lodge ed alberghi, tant’è che la Lonely Planet ha più pagine sui lodge che sul percorso.

30 marzo 2016 - Nei villaggi sherpa - Quanto vale una vita umana?Il pendio sopra il paese è ripido e brullo e verso l’alto un enorme rettangolo è stato tracciato costruendo muretti di pietre. ed è ben ripido, non sono state costruite terrazze. Ma la salita non è lunga, arriviamo alle case che si ergono vicino all’aeroporto. Una gentile signora sta preparando le sue focacce di sterco. Vicino alla pista, sopra un macigno, una decina di bimbi cantano filastrocche armoniose ed incomprensibili interrotte da festose grida, forse insulti, rivolte al nostro passaggio. La pista ha richiesto uno sbancamento del pendio ed un intero muro mani è stato distrutto lasciando le pietre istoriate ammonticchiate su un lato della inclinata airstrip.Siamo già sopra la treeline, eppure sul pianoro e sul versante che scende verso i villaggi retrostanti una piccola macchia di arbusti e conifere stupisce con la sua presenza. Arriviamo così all’Everest View. Costruzione in pietra con rifiniture in legno, ma l’edificio, per quanto da lontano sembri nuovo ed armonizzato con il paesaggio, è all’interno spoglio, un’idea di abbandono. Sono le dodici e V. si incazza e se ne va a mangiare mentre il gruppo, visitato il generatore, per altro non in funzione in questo momento, scende verso i campi ed il villaggio.L’abitato di Piangboche é simpatico, meno turistico. Solo poche tende su uno spiazzo. Le case sono talvolta circondate dai campi e fra i muretti divisori fa capolino qualche testa di donna. Alcune stanno scavando delle buche. Vi vengono poi rovesciate patate (7) e carote: è un sistema per conservare questi vegetali per alcuni mesi ma l’operazione non è fotografabile perché le donne si voltano o si nascondono nelle fosse circolari. La ricerca di un tea shop è lunga, pare che non ce ne siano. Poi da una buca salta fuori una contadina che contratta subito la vendita di tea. La seguiamo in casa, edificio in pietra, all’interno buio pesto. Al piano terra

una stalla, per una scala in legno entriamo al primo ed unico piano.È una unica stanza con parecchie finestre su un lato e le altre pareti ricche di scaffalature su cui vasi e suppellettili, principalmente brocche, pentole e piatti luccicano lindi riflettendo i bagliori del fuoco che arde al centro dello stanzone.Ancora una volta sono incerto se devo accomodarmi sulla panca o per terra. Poi mi rendo conto che la panca è un tavolo perché una ragazzina vi sta facendo i compiti! Lascia quaderni e libri aperti per prepararci il tea. Su un lato i fornelli rialzati indicano l’angolo cottura di questo grande monolocale . La nostra ospite lascia alla figlia l’incombenza del tea e rientra subito con uno zaino dal quale, disposta per terra una stoffa rossa, estrae monili ed oggetti che dispone con cura attirando subito la nostra attenzione ed avviando il guro delle contrattazioni. Cerco di resistere ma, complice Ado, finiamo per prendere due collane di pietre dure. Mi rifugio con la guida a mangiare tzampa e tea tibetano, volgendo le spalle ad altri due venditori che tranquilli sono entrati ed han cominciato a sciorinare le loro mercanzie.Andiamo a visitare il gompa, con relativo scalpo. Ma la secolarizzazione é arrivata anche qui ed è una vecchia che ci apre il polveroso portoncino rivelando un interno ricco di libri. Da una casa bianca, nel cui cortile sventola una lunga bandiera verticale giungono canti e suoni di cimbali e tamburi. Vorremmo avvicinarci ed entrare, le finestrelle sono tinte in azzurro e danno un penso di allegria e pulito; ma Jck Lama ci trascina lontano. Nella casa si sta celebrando un rito propiziatorio per uno sherpa morto con i canadesi. Apprendiamo che il suo corpo è stato portato a valle altrimenti l’anima avrebbe vagato ancora per molto nel Sagarmata. Il vibrare degli enormi cimbali continua e si perde, rafforzati da altri man mano che saliamo al vicino villaggio di Kunde. Anche qui uno sherpa é morto ed a noi vien voglia di tornare a Namche. Uno sguardo dall’esterno al basso e lungo edificio del Kunde Hospital che noi conosciamo come l’Hillary Hospital e che è aperto ai visitatori solo alle 2 p.m. e, riattraversato il boschetto scendiamo.A sera abbuffata di riso e vegetali allungati con tonno all’olio nella fumosa cucina situata all’ultimo piano del lodge. La nostra stanza dormitorio è sotto, al primo piano, la dividiamo con due tedeschi e dopo lunghe chiacchiere ed un caldo caffè ce ne andiamo in branda.(MV diario 17 ottobre 1982)

A me Namche non garba. Pochi anni fa sono

La guida Rambir con i portatori

Page 6: TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele,

Avventure nel mondo 2 | 2016 - 131

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal

tornato per la seconda volta, giungendo dalla valle del Rolwaling (8). Il sentiero che scende da Thame si affaccia sulla conca passando dalla piazzola degli elicotteri. Il primo edificio che si incontra è il monastero Nyigma, poi la scalinata scende fra le case passando all’Ufficio Postale. Rispetto a trent’anni fa le case in legno sono quasi tutte scomparse sostituite da edifici in pietra e Namche più che un villaggio sembra un borgo montano con le viuzze strette come alcuni paesini del Trentino. C’è una farmacia, la Lord Buddha, dove ieri sera abbiamo trovato una fascia elastica, per fortuna che sembra essere una semplice storta abituale, altrimenti l’unica soluzione è sempre e solo la evacuazione in elicottero, sia per turisti che per i locali. L’assistenza sanitaria è inesistente e in caso di urgenza occorrerebbe salire od essere trasportati al Kunde Hospital. Ma di sicuro non ci sarebbe una macchina a raggiX, così mentre i nostri due atleti salgono ad acclima arsi fra i villaggi, rimango a Namche con l’ottima scusa di sorvegliare la partecipante infortunata prima che si affatichi gironzolando con la macchina al collo a cercare soggetti, scorci, inquadrature.La seconda scossa dell’aprile 2015 aveva afflitto il Khumbu, non distante dall’epicentro a Jumbesi. Gli sherpa hanno lavorato duramente e in un anno qui a Namche non si nota traccia dell’evento. Lungo il percorso da Lukla abbiamo notato solo due case danneggiate ed una miriade di cantieri. Eppure le immagini pubblicate su internet (9) mostravano danni fortissimi: case accartocciate, tetti afflosciati.Nell’ottobre del 1987 venne installata una centralina idroelettrica a Namche, le case sono provviste di luce ed alcuni alberghi sfruttano la corrente elettrica anche per riscaldamento dell’acqua delle docce o per cucinare. L’introduzione dell’energia elettrica ha permesso di abbattere meno alberi ed è un aiuto al problema della salvaguardia dell’ambiente. Lentamente si sta anche diffondendo l’uso ei pannelli solari.Namche è il più importante degli insediamenti sherpa ed a ciò ha contribuito l’afflusso di turisti, di trekker e del numeroso personale ingaggiato dalle spedizioni. Questo 2016 ha visto la ripresa delle spedizioni all’Everest, il mercato ha ripreso a funzionare. Gli Sherpa ormai non sono solo ingaggiati come dipendenti, ma organizzano essi stessi la corsa alla vetta con le loro agenzie. Il rapporto con gli alpinisti, o forse ormai è meglio scrivere clienti non è mai stato buono, fin dalla spedizione di Hunt nel 1953, quando

gli sherpa, escluso Tenzin a cui venne offerto un letto all’interno della Ambasciata britannica, vennero fatti dormire per terra nel garage della sede diplomatica. La mattina seguente, gli sherpa si schierarono ed all’unisono urinarono sull’Ambasciata (10).Ogni sabato mattina si tiene un importante mercato (hat) dove vengono venduti i prodotti non coltivabili nella zona del Khumbu. Questi generi, quali riso, grano, uova e vegetali, giungono a spalla con i portatori rai dai villaggi del Solu, distanti qualche giorno di cammino. Anche se ormai si svolge da cento anni, il mercato è una tradizione iniziata nel 1905 da un ufficiale della guarnigione nepalese per approvvigionare i nepalesi in comandati a Namche,. È un momento importante nella vita della regione perché arrivano sherpa dai villaggi dei dintorni per rifornirsi di generi alimentari. Sono lontani i tempi in cui Hunt aveva dovuto ingaggiare ben nove portatori al fine di avere sempre una liquidità in monetine, in quanto quassù non si conosceva la carta moneta già circolante a Kathmandu. D’altro canto i portatori rai, cui gli sherpa pagavano i prodotti con monetine ricevute come retribuzione dalle spedizioni, credevano che queste si trovassero affioranti dal terreno nella zona dei ghiacciai.Terminiamo la giornata con un regalo a Rambir: davanti a tutta una platea di guide telefoniamo ad uno dei suoi, e miei amici coordinatori in Italia. Sorpresa ed emozione.

Da Namche a Tyangboche - Vent fin, vent du matinAlzataccia alle sei e un quarto; qualcuno chiacchiera già, poi gira e rigira e colaziona, fai i sacchi ed aspetta gli yak.Inizia una serrata discussione in inglese e nepalese con il padrone degli yak che sostiene l’impossibilità di proseguire con solo due bestie. Il carico é voluminoso e può urtare contro le pareti nei punti dove il sentiero è stretto. Non mi rendo ben conto se ha ragione, ma calcolo che due bestie sono state sufficienti ad Aprile per sette persone e quindi possono esserlo anche adesso per sei. Saliamo al chek-point, il poliziotto mostra un librone e lascia a me la lungaggine di copiare tutti i dati.Saliscendi in costa su un sentiero polveroso incrociando carovane di yak e di portatori. Sono gli stessi oggetti che vanno e vengono con i trek. Pentoloni e teiere, enormi catini e tavole, sgabelli pieghevoli e seggiolini di bambù impilati a decine, bidoni e contenitori delle spedizioni, cavi e corde, fornelli e taniche di cherosene, portatori ansimanti sotto sacche colorate e zaini da roccia. Ormai dai colori si comprende chi arriva: verde chiaro ADV, verde scuro Pilgrim, viola chiaro Hauser, giallo e arancione Himalayan, colori vari e sparsi liberi trekkisti o gruppi a basso budget. D’altro canto non

è possibile lasciare il materiale per le spedizioni successive. I campi alti vengono abbandonati nell’inverno e centinaia di persone non avrebbero lavoro.Oltrepassate case sparse ed un villaggio, arriviamo in fondo alla discesa. Alcuni tea shop, un posto di blocco e quattro mulini da preghiera. Qui abbiamo attraversato il fiume sull’ultimo ponte moderno, ora ci attende la salita continua e senza soste verso il monastero. Riposiamo ancora un poco, sorpresi dalla presenza di un’europea che sta. filando accoccolata sul pancale ricoperto di pelli. Per non mostrarci troppo provinciali non chiediamo niente ma ci guardiamo intorno per capire da qualche fotografia se è la donna del proprietario. Il mistero permane, solleticato ancor di più dall’enorme talamo con piumone posto in fondo alla stanza.Un kani sormontato da un fregio dorato segna l’ingresso nell’area del monastero di Tyangboche, il gompa rossastro è circondato da numerosi edifici ed all’esterno delle mura, i due lodge, una scuola ed un’altra costruzione di cui non conosco la destinazione. Al centro del pendio una serie di fontane cui l’acqua giunge da un tubo di gomma nero sospeso ad alcuni pali. Due monachelli giovanissimi, forse ancora adolescenti,

avvolti nella tunica rossa e gialla, si divertono a far oscillare il cavo nero incuranti della decina di turisti che riprendono divertiti la scena. Depositiamo i bagagli nel dormitorio scegliendo i panconi sotto la finestra che occupa l’angolo verso oriente.Allineato con il kani di ingresso si erge un chorten e, proseguendo, il sentiero sale lievemente, lasciando il prato alla destra . Alcuni scalini

e si passa il portale di ingresso nella cinta del lamasterio. Il gompa è il primo edificio cui ci avviciniamo. Nello angusto cortile una scena colpisce subito l’attenzione, ancor più dei suoni provenienti dal tempio. Alcune persone stanno preparando la zampa; su un fuoco due padelloni vengono arroventati per scaldare della sabbia. Successivamente sulla sabbia viene buttato l’orzo in chicchi e quando la sherpani che segue questa operazione ritiene che siano tostati a sufficienza li passa al setaccio vagliando la sabbia che ricade per terra e fissando l’orzo ad alcuni uomini. Accoccolati sotto il portico essi prendono manciate di chicchi dal . cumulo e metodicamente lo pestano in due mortai , macinandolo lentamente.La farina tostata, secondo l’uso tibetano che abbiamo già incontrato anche in Zanskar ed in Ladakh; viene buttata direttamente in bocca, o mischiata a tea tibetano fino a formare gnocchi. Il tea tibetano mi ricorda il brodino di dadi, viene preparato nel “donma”, la zangola usata per vengono mischiati burro, tea ed acqua bollente. Alcuni donma sono intarsiati ed arricchiti da

Page 7: TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele,

132 - Avventure nel mondo 2 | 2016

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal

lamine che le fasciano e li rinforzano, anch’esse lucide e lavorata a sbalzo, in rame od ottone.Sotto il portico sopraelevato che dà accesso al tempio, un monaco si offre gentilmente come guida. Parla correttamente inglese, ha studiato per anno a Kathmandu ed è stato anche in India ad onorare il Dalai Lama. Saliamo nello stanzone superiore, dove insieme ai libri sono conservate le reliquie dei santi e dal soffitto pendono allineate foto di Gandhi, del Dalai Lama, di Re e Regina, del Rimpoche cioè del superiore del monastero.Ho letto qualche intervista da. lui rilasciata, ma ora non saprei di come parlare con un reincarnata e , giudicando la mia curiosità un atteggiamento futile, declino l’invito a chiedere udienza (11)... Inoltre non ho né una sciarpa, né un dono da offrire.Il giovanotto, felice di parlare con un europeo di lamaismo, mi conduce al secondo dove, gioia di un antiquario, mi mostra le matrici dei libri. Sono assicelle di legno sulle quali, con infinita pazienza, i monaci incidono i testi, trascrivendoli in rilievo e specularmente simmetrici. Ogni asse corrisponde ad un foglio, il volume non è rilegato come noi usiamo normalmente, ma posto fra due copertina rigide e, talvolta, perforato e legato all’estremità.Al piano rialzato, nella cappella del gompa, si sta svolgendo una cerimonia. Abituati gli occhi all’oscurità nella poca luce che filtra dalle finestre istoriate veniamo subito bloccati e gentilmente invitati a non fotografare. In verità il divieto riguarda solo la navata di sinistra dove quattro monaci sono intenti a preparare un mandala rituale. Sotto le finestre hanno posto un asse quadrata, circa un metro di lato, sulla quale sono già disegnate le linee e gli spazi da colorare.Il mandala è temporaneo viene preparato solo per questa cerimonia, se ho ben capito, disegno e preghiere fanno parte di un unico rito. I monaci prendono la polvere colorata da contenitori, ciotole o sacchetti, e la pongono in lunghi ed appuntiti coni di rame. L’estremità è mozza e lascia uscire il colore in quantità minima. Si impugna con la sinistra il cono, tenendolo leggermente inclinato in avanti e con la mano destra si danno leggerissimi colpi in modo da far defluire la polvere lentamente. Dove lo spazio non è stato colorato ma esiste momentaneamente solo una linea colorata, il disegno ricorda quello rituale degli indiani Hopi nel Nord America, tracciato sulla sabbia con polveri colorate.Il nostro ventiduenne monaco continua a parlare del suo viaggio a Lubini, lo interrompo chiedendogli quanti monaci vivano ora qui; mi parla di 30 monaci e 20 studenti ma non comprendo se la prima cifra è comprensiva del totale e per gentilezza non appuro altro. Questi bambini che in fondo alla navata paiono annoiarsi parecchio e guardano, forse invidiosi, ad un altro ragazzino che partecipa alla cerimonia come suonatore di tamburo. Nella navata centrale, su due pancali rialzati posti uno

in fronte all’altro due file di monaci di varia età su scranni più o meno decorati celebrano la funzione. A destra i suonatori di corni ed in fondo, al lato del trono del Rinpoche, presente, il posto del suo vice. Sull’altra fila i cimbali grandi e le trombe corte, ed ultimo il fanciullo addetto al timpano se ne sta accoccolato su uno sgabello posto sul pavimento.Salutiamo la nostra gentile guida, rituale offerta e ritorniamo nel prato ad ammirare il tramonto; il sole è alle nostre spalle, e davanti a noi le nubi si stanno aprendo, sospeso nella nebbia il massiccio di rocce(12) comincia ad apparire ed a tingersi di colori sempre più carichi, Gli ultimi raggi di sole illuminano, in tutta la gloria. il tetto del mondo.17 ottobre 1982

31 marzo 2016 (+797 / -365, 10,300 km)) Partire in salita non è mai stata la mia massima aspirazione e per giunta piove! I ragazzi indossano le mantelle, io compro un ombrello pieghevole appena ne vedo uno in vendita. Ci preoccupiamo per i portatori: “No problem, sir - risponde Rambir ad Alessandro - quando giungiamo in cima al paese acquistiamo dei teli di plastica”. Li seguo per una delle tante scalinate che si inerpicano verso il margine superiore della conca, raggiungendo portatori e gruppo al Quartier generale del SNP. Ci siamo saliti anche ieri mattina, ma uno scroscio di pioggia ci aveva frettolosamente fatto rientrare.Al di là della sommità del contrafforte ci è un poggio erboso, con una grande campo di calcio ed caserma. Ale e Emma, i nostri due atleti, tolte le mantelle, partono, li rivedremo a sera. Sono fortunato ad avere due compagni così allenati ma ai quali non pesa la mia lentezza. Ieri sera hanno rivelato il motivo della loro perfetta forma fisica: si stanno allenando per la staffetta di nuoto Napoli - Capri! La caviglia di National Geographic sembra essere sgonfia e duole, per alcuni chilometri avremo ancora lo stesso passo. Almeno oggi avrò compagnia...L’orizzonte è limitato dal pendio alla nostra sinistra ma lo sguardo corre sulle creste e sulle vette come il Tawoche. Ci nutriamo di montagne assaporando il ritmo dei passi e scordando il frastuono periodico degli elicotteri che salgono e scendono dai villaggi e dai campi base. Sono tutti elicotteri da cinque-sei posti oltre al pilota. Un tempo era possibile noleggiare i grandi M17 di fabbricazione sovietica da ventidue posti con i quali sono tornato da Humla e da Dunai, imbarcando gruppo e portatori, talvolta in charter con altre agenzie. Oggi ne è consentito l’uso solo per il trasporto di merci.Sulla nostra destra corre su una profonda valle (quota 3.550 m. ) e centinaia di metri sotto di noi intravediamo il Dudh Kosi, kosi significa fiume, dudh

vuol dire latte: questo nome indica chiaramente lo spumeggiare delle acque. La pista non è più quel sentiero stretto che ricordavo ma è ben tenuta e larga. È stata ampliata dalla volontà di uno sherpa, ora ottantenne, che ha raccolto fondi fra turisti e abitanti per ingaggiare gli sterratori e gli stradini che la mantengono. In alcuni punti il cammino è facilitati da gradini e vi sono anche alcuni tratti lastricati. Il sentiero serpeggia a mezza costa con piccoli saliscendi seguendo i contorni del precipizio. Dopo circa un’ora, in cui non avete guadagnato ma neppure perso quota, arrivate quindi dalle case di Khyangjuma (non rilevabile su alcune carte e su GMaps) e poi a Sanasa. Qui vi sono due diramazioni:

un sentiero segnalato da un cartello sale lungo il fianco della collina fino a Kumjung. (circa 30’) ed un altro verso Gokyo, mentre quello per Tyangboche prosegue in dolce discesa.Inizio a pensare al ritorno, sarà la fame se penso alla German Bakery? Potremmo posticipare il volo di un giorno e effettuare il ritorno a Lukla in due giorni, pernottando al ritorno a Sanasa e all’’indomani a Monjo. L’altro anno, pur allenato dopo il trekking in Rolwaling, la tappa Namche - Lukla mi era sembrata infinita e non me l’ero goduta.Qualcosa non funziona nei ripetitori: i cellulari sono muti e Rambir mi avvisa

che salirà di corsa a Tyangboche per riservare i posti letto. Ora la pista non è più esposta al sole come prima ma passiamo attraverso il bosco: “Vent fin, vent du matin / Vent qui souffle au bout des sapins, / Vent qui chante, vent qui danse, / Vent, vent fin” il canone valdostano o francese mi risuona nelle orecchie, quasi vorrei fischiettare ma ho le labbra aride.Da un punto panoramico da dove è visibile il villaggio di Phortse con le case adagiate a semicerchio su un dolce declivio (m. 3600 1h) poco sopra la pista raggiungiamo Lawi Shasa.(Lawichasa - Labisyasa) e poi da un vivaio (nursery) del parco. La giornata è migliorata. Le vette sul versante a noi opposto sembrano così vicine che potremmo toccarle con mano.Un sentiero laterale conduce a Teshinga (30’-1h 30’) mentre noi proseguiamo attraverso il bosco. Dapprima scendiamo dolcemente fra gli abeti, poi su gradoni perdiamo quota velocemente arrivando sul fondovalle dove un ponte dai supporti metallici permette di attraversare il Dudh Kosi. Prima del ponte due posti ristoro e guardando a monte della frazione scorgo i resti del ponte in pietra distrutto dalla piena del 2007. Al di là il sentiero piega a destra, aggira in salita il pendio ed arrivo a Pungh Thenga (Phungitenga, Phunki Drangha) piccolissima frazione con alcuni tea-shop, alcune case fra gli orti e numerose ruote dei preghiera (3.250 m,

Page 8: TAKIN’ OFF Ritorno al paese degli sherpa la “German Bakery” che sta in fronte alla palazzina dell’aeroporto, pregusto lo strudel con la pasta arrotolata e ripiena di mele,

Avventure nel mondo 2 | 2016 - 133

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal

30’-2h’). Ricompare Rambir, è salito a Tyangboche ed ha prenotato le stanze. In discesa ha incontro i due runner, ha indicato loro il lodge ed è sceso a controllare che stessi bene.Resta da affrontare la ripida salita che, ora in cresta, ora a mezza costa, porta rapidamente in quota. Il bosco è composto anche da rododendri e, se non fossero impauriti dal corteo di turisti, forse fra gli alberi scorgeresti qualche esemplare di moschide o di thar. La salita è aspra, per fortuna sono stati elevati alcuni chautara dove riposarsi ed ammirare il Kantega (montagna a “sella di cavallo”), nelle cui viscere gli ufologi hanno posto una base segreta degli extraterrestri, scoperta dagli appassionati nel gennaio 2016. La prova sarebbe una macchia nera trovata su GMaps: una bufala incredibile! Ad un cautara sosto con alcuni colombiani. Mi hanno sorpassato due giorni fa presso la cascata di Benkar. Ripreso fiato, ora scambiamo due chiacchiere. Sono stupiti che National Geographic conosca il loro paese e che io abbia raggiunto la vetta del Cristobal Colon, la vetta più alta di quella parte di Cordillera andina che si affaccia anche sui Caraibi.“Vent fin, vent du matin” sarà perché è meriggio inoltrato ma l’aria frizzante è mutata in un vento gelido che porta nubi e nebbia. Alcuni tornanti più dolci, costeggiati da muri mani, ed arriviamo al khañi (14) che segna l’ingresso nella zona del monastero di Tyangboche (3.870 m, 2h-4h). Purtroppo le nuvole avvolgono. Sotto la grandine e nella nebbia, prendiamo rifugio nella sala comune dove ci rinvigorisce una provvidenziale stufa.

Tyangboche - Fra la via lattea e l’Everest25 Ottobre 82Caro Giorgio,come parlarti di questa aria cristallina che rende vicine cime inaccessibili dagli alti e paurosi pinnacoli di ghiaccio? Il cielo è terso oggi, senza una nuvola. Camminiamo fuori dal villaggio su una distesi di neve intatta, quasi dispiace uscire dalla traccia e camminiamo in fila indiana per non spaccare di più la crosta gelata. Viviamo immersi in un cristallo, nessuno parla quasi il suono incrinasse questo spazio trasparente dove le parole risuonano come campanelle argentine.Vibro dalla commozione, ancora un giorno di discesa e tutto finirà. Ma ora fisso sulla carta questa sensazione sperando di comunicarti tutta la mia felicità.MarcoBrescia, 25 Ottobre 82Caro papà,come stai? Certo non sai che sono passata nella squadra agonistica, anche se sono la più piccola. Spero che tu ti diverta. Ora ti saluto perché non so più cosa scriverti. Torna prestoPaolaKatmandù 29 Ottobre 82Cara Paola,

con un aereo piccolissimo siamo tornati oggi nella capitale del Nepal entusiasti del trekking appena concluso. Gli ultimi giorni sono stati un po’ faticosi, abbiamo pestato tanta neve e nel campo più alto, a 5000 e passa metri la mia piccala tendina e quelle dei miei compagni sono state quasi coperte da un bianco manto. Figurati che una capanna in cui alcuni dormivano é crollata sotto il peso di tanta neve.Nonostante il freddo, alcuni di noi sono arrivati al campo base pur facendomi prendere tanta paura perché era arrivata una bufera e temevo si perdessero. Io, con altri, sono salito sul Kala Patar a 5700 metri ed abbiamo visto tutto il ghiacciaio ai pendii dell’Everest ed il Pumori quando il vento è riuscito, per un breve momento, a soffiar via le nubi.Per tre giorni abbiamo camminato nella neve alta seguendo la pista dei nostri grandi yak, bestioni dal pelo lungo e folto. Povere bestie, avevano tanta fame e volevano ritornare alla loro casa laggiù nella valle. Ora siamo di nuovo al caldo, felici di questa avventura meravigliosa. Ti mando un bacione ed una collana che ho comprato da alcuni contrabbandieri tibetani. Sono pietre dure incastonate nell’argento. Quando torno racconterò tutto. CiaoPapà

1° aprile 2016 - È l’ora del lupo, quella in cui nascono i bambini (13), ed è anche giunto il momento di sfilarsi dal sacco a pelo ed ammirare il cielo sopra Tyangboche. La luna non è ancora sorta e l’ombra copre i pendi. Qualche torcia vaga nel prato, sono i fotografi che prendono posizione con i loro cavalletti. “Milk way” sussurra qualcuno passandomi accanto. La Via Lattea sembra occupare tutto il cielo: guardo verso il cuore della doppia spirale, la ragione mi dice che vivo ai bordi della galassia ma stanotte sono al centro dell’universo.

Note:(1) Dopo il regicidio di Langdarma (circa 842), con il ritorno del Vajarayana a religione del Tibet, i Buddhisti si vendicarono perseguitando i Bön, spesso legandoli come aspargi e dando loro fuoco. La diceria popolare sosteneva che i malefici bön avessero la lingua nera, ecco perché, incontrando un persona, era meglio mostrar subito la lingua e questo divenne consuetudine.(2) Hillary Foundation http://thesiredmundhillaryfoundation.ca/ (3) Stevens Stanley F., Claiming the hig ground, Claiming the High Ground: Sherpas, Subsistence, and Environmental Change in the High Himalaya, California Uni Press 1993(4) Ed Douglas, “Inside Nepal’s Revolution..... (just to check..!!!)”. National Geographic Magazine, p. 54, Novembre 2005. Douglas riporta: “Nepalesi uccisi dai maoisti fra il 1996 ed il 2005: 4.500. Nepalesi

uccisi da forze governative nello steso periodo: 8.200.”(5) Everest è un film del 2015 diretto, co-prodotto e montato da Baltasar Kormákur. La pellicola, che ha aperto la 72ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il 2 settembre 2015, narra la catastrofica spedizione sull’Everest del 1996, raccontata da Jon Krakauer in Aria sottile (Into Thin Air, 1997).(6) Quel giorno organizzai un incontro fra il Dalai Lama ed una coordinatrice, giornalista in una televisione nazionale. Leggi la voce di Wikipedia “Nagpa la shooting incident” ed assisti in diretta a questo omicidio con il filmato::https://en.wikipedia.org/wiki/Nangpa_La_shooting_incident https://www.youtube.com/watch?v=veQIdaR0J70(7) von Fürer-Haimendorf Christoph, The Sherpas of Nepal: Buddhist Highlanders, California UP 1964, The introduction of the potatoes. p.8 (8) Vedi AnM 2013 2, pag 114(9) Immagini di case distrutte a Kumjung, Periche, Pangboche, Kunde, Phortse:http://www.mountainguides.com/pdf/everest2015-eq-sherpa-village-damage.pdf (10) Douglas, Ed (5 May 2013). “Forget the Everest brawl: the real story is how Sherpas are taking control”. The Guardian. Retrieved 10 May 2013.(11) L’etichetta tibetana è complicata e rigida, ma lama, ghesce e lo stesso Dalai Lama sono persone alla mano (vedi Tibetan cerimonial Etiquette, http://all-otr.org/public-talks/19-tibetan-ceremonial-etiquette )(12) Davanti a noi l’Everest, in tibetano/sherpa il Jomolangma [ ( [tChomolungmà], lett. “Madre santa”) (Sagarmatha in nepalese: sagar “cielo” e matha “testad” = “alto nel cielo, lett. testa nel cielo)], fa capolino dietro la bastionata di Nuptse, Lhotse [Tib. lho = sud, tse = cima, let cima a sud dell’Everest)], Lhotse Shar (Lhotse est) e Nuptse (tib. lett. Vetta ovest).(13) L’aspettativa di vita è passata dai 50 anni del 1982 ai 69 odierni - Human develolopment Report 2015 - Nepal http://hdr.undp.org/sites/all/themes/

ཇོ་མོ་གླང་མ