TACITO - Germania 4, 11, 37 4, 11, 37 Nel capitolo 4 Tacito descrive l'aspetto fisico dei Germani...

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Page 1: TACITO - Germania 4, 11, 37 4, 11, 37 Nel capitolo 4 Tacito descrive l'aspetto fisico dei Germani che, non essendosi uniti con altre razze, hanno mantenuto inalterati i loro tratti

Germania 4, 11, 37

Nel capitolo 4 Tacito descrive l'aspetto fisico dei Germani che, non essendosi uniti con altre razze, hanno mantenuto inalterati i loro tratti originari e la loro fierezza. Si tratta di un popolo, però, che mal sopporta il caldo e la sete ed è poco abituato al lavoro e alla fatica. I Germani sono estremamente diversi dai Romani: occhi minacciosi e truci, molto alti e robusti, proprio a causa del clima assai rigido e della scarsa fertilità del terreno. Ma ciò che traspare dal testo, è comunque la volontà di Tacito di elogiare la vita semplice, dedita all'ozio e soprattutto incorrotta dei Germani, una vita assai lontana da quella società romana, in cui dominano ormai vizio e corruzione. Nel capitolo 11 lo storico descrive la società germanica: le decisioni di minore importanza vengono prese dai soli capi, mentre per le decisioni più serie ci sono riunioni generali in cui partecipa anche il popolo. In queste occasioni i sacerdoti mantengono l'ordine e i capi o i re prendono la parola: se il popolo approva le loro proposte battono insieme le lance. Il capitolo 37 è dedicato ai Cimbri, popolo antico e forte che abita la Germania e che da secoli non si sottomette ai Romani. Tacito afferma che rispetto ai Sanniti, ai Galli e ai Cartaginesi i Cimbri hanno dato più problemi a Roma. Quest'ultima ha subito molte sconfitte contro i Cimbri, ma è sempre riuscita, in un modo o nell'altro, a contenerne la forza.

Germania 4

Testo

Ipse eorum opinionibus accedo, qui Germaniae populos nullis aliis aliarum nationum conubiis infectos propriam et sinceram et tantum sui similem gentem exstitisse arbitrantur. Unde habitus quoque corporum, tamquam in tanto hominum numero, idem omnibus: truces et caerulei oculi, rutilae comae, magna corpora et tantum ad impetum valida: laboris atque operum non eadem patientia, minimeque sitim aestumque tolerare, frigora atque inediam caelo solove adsueverunt.

Traduzione

Personalmente inclino verso l'opinione di quanti ritengono che i popoli della Germania non siano contaminati da incroci con gente di altra stirpe e che si siano mantenuti una razza a sé, indipendente, con caratteri propri. Per questo anche il tipo fisico, benché così numerosa sia la popolazione, è eguale in tutti: occhi azzurri d'intensa fierezza, chiome rossicce, corporature gigantesche, adatte solo all'assalto. Non altrettanta è la resistenza alla fatica e al lavoro; incapaci di sopportare la sete e il caldo, ma abituati al freddo e alla fame dal clima e dalla povertà del suolo.

Germania 11

Testo

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De minoribus rebus principes consultant; de maioribus omnes, ita tamen, ut ea quoque, quorum penes plebem arbitrium est, apud principes pertractentur. Coeunt, nisi quid fortuitum et subitum incidit, certis diebus, cum aut incohatur luna aut impletur; nam agendis rebus hoc auspicatissimum initium credunt. Nec dierum numerum, ut nos, sed noctium computant. Sic constituunt, sic condicunt: nox ducere diem videtur. Illud ex libertate vitium, quod non simul nec ut iussi conveniunt, sed et alter et tertius dies cunctatione coeuntium absumitur. Ut turbae placuit, considunt armati. Silentium per sacerdotes, quibus tum et coercendi ius est, imperatur. Mox rex vel princeps, prout aetas cuique, prout nobilitas, prout decus bellorum, prout facundia est, audiuntur, auctoritate suadendi magis quam iubendi potestate. Si displicuit sententia, fremitu aspernantur; sin placuit, frameas concutiunt. Honoratissimum adsensus genus est armis laudare.

Traduzione

I capi decidono a proposito delle questioni di minor importanza, tutti invece a proposito di quelle più serie, in modo tuttavia che anche quei problemi, la cui decisione è nelle mani della plebe, siano prima discussi dai capi. Se non capita qualche evento fortuito e repentino, si riuniscono in determinati giorni, o durante il novilunio o durante il plenilunio; infatti ritengono questo periodo molto propizio per fare affari. Non contano il numero dei giorni, come noi, ma il numero delle notti. Così stabiliscono le date, così si accordano sulle scadenze: sembra loro che la notte conduca il giorno. Questo inconveniente, che non si radunano tutti assieme né come per obbedire ad un ordine, deriva dalla libertà, ma si sciupano anche due o tre giorni a causa del ritardo dei convocati. Quando sembra opportuno alla folla, si siedono armati. Attraverso i sacerdoti, che allora hanno il diritto di costringere all'obbedienza, è ordinato il silenzio. Subito prendono la parola un re o un capo, a seconda dell'età, della nobiltà, dei meriti di guerra e dell'eloquenza, e riescono a essere seguiti più per il peso dei consigli che per il potere di comandare. Se un parere non é piaciuto, lo rifiutano con mormorii; se al contrario è piaciuto, battono insieme le lance: lodare con le armi è un modo di assenso assai onorevole.

Germania 37

Testo

Eundem Germaniae sinum proximi Oceano Cimbri tenent, parva nunc civitas, sed gloria ingens. Veterisque famae lata vestigia manent, utraque ripa castra ac spatia, quorum ambitu nunc quoque metiaris molem manusque gentis et tam magni exitus fidem. Sescentesimum et quadragesimum annum urbs nostra agebat, cum primum Cimbrorum audita sunt arma, Caecilio Metello et Papirio Carbone consulibus. Ex quo si ad alterum imperatoris Traiani consulatum computemus, ducenti ferme et decem anni colliguntur: tam diu Germania vincitur. Medio tam longi aevi spatio multa in vicem damna. Non Samnis, non Poeni, non Hispaniae Galliaeve, ne Parthi quidem saepius

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admonuere: quippe regno Arsacis acrior est Germanorum libertas. Quid enim aliud nobis quam caedem Crassi, amisso et ipse Pacoro, infra Ventidium deiectus Oriens obiecerit? At Germani Carbone et Cassio et Scauro Aurelio et Servilio Caepione Gnaeoque Mallio fusis vel captis quinque simul consularis exercitus populo Romano, Varum trisque cum eo legiones etiam Caesari abstulerunt; nec impune C. Marius in Italia, divus Iulius in Gallia, Drusus ac Nero et Germanicus in suis eos sedibus perculerunt. Mox ingentes Gai Caesaris minae in ludibrium versae. Inde otium, donec occasione discordiae nostrae et civilium armorum expugnatis legionum hibernis etiam Gallias adfectavere; ac rursus inde pulsi proximis temporibus triumphati magis quam victi sunt.

Traduzione

La medesima penisola della Germania, in vicinanza dell'Oceano, l'occupano i Cimbri, piccola tribù oggi, ma grande per gloria. Dell'antica fama restano ampie tracce, vasti accampamenti sulle due rive del Reno, dalla cui ampiezza è dato misurare ancora oggi la massa e la forza di quel popolo e derivare l'attendibilità di una migrazione così vasta. La nostra città aveva seicentoquarant'anni di vita, quando per la prima volta, sotto i consoli Cecilio Metello e Papirio Carbone, si sentì parlare delle armi dei Cimbri. Se calcoliamo da allora fino al secondo consolato dell'imperatore Traiano, si sommano quasi duecentodieci anni: da tanto tempo fatichiamo a vincere la Germania. Molte, in così lungo corso di tempo, le perdite reciproche. Non i Sanniti, non i Cartaginesi, non le Spagne e le Gallie e neppure gli stessi Parti hanno tanto spesso avanzato la loro minaccia: più tenace del regno di Arsace è la libertà dei Germani. Infatti all'infuori della morte di Crasso, bilanciata dalla morte di Pacoro, cosa ci potrebbe rinfacciare l'Oriente, piegato sotto i piedi di un Ventidio? I Germani invece, sgominati o catturati Carbone e Cassio e Scauro Aurelio e Servilio Cepione e Massimo Mallio, hanno tolto in rapida successione cinque eserciti consolari al popolo romano, e Varo con tre legioni anche ad Augusto; e non senza perdite li batterono Gaio Mario in Italia, il divo Cesare in Gallia, Druso e Nerone e Germanico nelle loro stesse sedi; più tardi anche le terribili minacce di G. Cesare finirono in una farsa. Da allora ci fu pace, fino a che, approfittando delle nostre discordie e delle guerre civili, espugnate le sedi invernali delle nostre legioni, aspirarono anche a conquistare le Gallie. Di là furono ancora una volta respinti e in tempi recenti abbiamo celebrato su di loro dei trionfi più che delle vittorie.