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n. 12 Dicembre 2016 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% ROMA-C/RM/23/2014 PIANETA T ABACCO Buon Natale! Buon Natale!

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n. 12

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Buon Natale!Buon Natale!

senza filtroilanci e buoni propositi riempono le pagine dei giornali ed i discorsi dei politici in questigiorni di fine anno.Noi però siamo delle aziende e quindi la nostra sostenibilità e la nostra prospettiva è basata sulpresupposto che i bilanci siano positivi ed i buoni propositi si trasformino in azioni concrete.

Il nuovo anno vedrà una accelerazione di quel processo di metamorfosi che, partito lentamente nel2013, prende corpo ogni giorno che passa in maniera più definita.Abbiamo deciso ormai da tempo la strada da percorrere, i volumi di vendita del tabacco dell’ultimotrimestre impongono una accelerazione del processo in corso.

Una cosa deve però essere chiara, non siamo più disposti ad assecondareprocessi imposti da chi non ha nulla da insegnare ad una rete come la nostra,e che al momento è l’unico canale a portare fatturato all’Azienda.Quindi un felice Natale ed un buon anno nuovo a tutti, con l’augurio ditrovare sotto l’albero un sacco pieno di umiltà e due scarponi pesanti checi tengano sempre con i piedi ben ancorati per terra, vicino ai luoghi dovesi produce quotidianamente la realtà commerciale con cui confrontarsi.

Auguri di cuore a tutti.

Carmine Mazza

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Il Presidente Carmine Mazza e la Dirigenzainsieme alla redazione e ai grafici di Pianeta Tabacco

augurano a tutti gli operatori del settore e all’intera filiera un sereno Natale

e un proficuo 2017

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TABACCOPianeta Tabacco Mensile dei distributori di tabacco lavoratoAnno III - numero XII - Dicembre 2016

Direttore editoriale: Carmine Mazza

Direttore responsabile: Gianluca Bertoldo

Comitato di redazione:Ciro CannavacciuoloGianluca BertoldoCarmine Mazza

Amministratore Unico: Riccardo Gazzina

Direzione e redazione:Agemos Editrice e Servizi S.r.l. a socio unicoViale Mazzini, 25 - 00195 RomaTel. 06.699.24.348 - Fax 06.697.88.817E-mail: [email protected]

Stampa:Tipolitografia New Graphic - RomaVia Antonio Tempesta, 40 - 00176 Roma

Autorizzazione del Tribunale di Roman. 103/2014 del 16/05/2014

Pianeta Tabacco - organo di informazionesindacale dell’Associazione Nazionale Venditorie Distributori di Tabacco è destinato esclusiva-mente agli operatori del settore.

Questo periodico è associato all’Unione StampaPeriodica Italiana

sommario“Ho smesso di fumare. Vivrò unasettimana in più e in quella settimanapioverà a dirotto”. (W. Allen)

Speciale6

“Smoke, lies and Nanny State”:il saggio di Joe Jackson sullo“Stato balia” (seconda parte)

Tabacco e Storia10

La “tangentopoli” dei tabacchi.Il famoso scandalo di 150 anni fa, chesconvolse Firenze capitale

Depositi & Gestori16

DFL di Rieti. La concretezza delGestore Carmine Mazza.Il terremoto e il sostegno ai tabaccaivittime del sisma

Dall’Europa24

Dopo le sigarette, il whisky: l’Irlandatorna alla carica con le foto shock

Agemos19

Confronto e dialogo tra Agemos eGestori sullo sviluppo di Terzia

Agemos sulla neve22

Dal 26 al 29 Gennaio a RivisondoliRoccaraso i “giorni bianchi” dei Gestori

High Lights31

E-cigarette summit: quarta edizione a Londra

Eventi26

Nuvola sulla Capitale. Inaugurato aRoma il nuovo Centro Congressi Eurprogettato da Massimiliano Fuksas

News32

Una carrellata di notizie

Ecomap35

Anno record per le borse di studio ECOMAP:oltre 900 i riconoscimenti assegnati

Tabacco e Motori36

Bruno Giacomelli, il “riscatto” dell’Alfa Romeo

Ciro...del Mondo38

Speciale

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Fumo, bugie e lo Stato-balia (parte seconda)

li attivisti antifumo sostengono che le per-sone fumano solo perché sono ‘dipendentidalla nicotina’, e che la maggior parte deifumatori in realtà desidera smettere di fu-

mare. Ma in verità per la maggior parte dei fumatoriil fumo è un piacere, e poche persone desideranosmettere qualcosa che apprezzano. Disprezzateli espaventateli a sufficienza, però, e con certezza si ot-terrà di convincerli a dover smettere. “Dipendenza”non è un termine scientifico ben definito, ed è moltodifficile separare la dipendenza da quel che chia-miamo normalmente abitudini, rituali, o piaceri chesi ripetono costantemente, proprio perché sono,beh… piacevoli. Probabilmente ognuno di noi è ‘di-pendente’ da qualcosa: alcool, zucchero, caffeina,droghe sia legali che illegali, il sesso, la televisione, ladieta, il gioco d’azzardo, shopping, giochi per com-puter, calcio, auto, o la palestra. Alcune persone tro-vano difficile essere moderate nel gestire le propriepassioni. Ma penso che questo sia una questione ri-guardante la personalità, o la predisposizione gene-tica, forse, piuttosto che una questione di ”colpa”.Gli elisabettiani, che sono stati i primi i fumatori eu-ropei, hanno osservato che il tabacco può diventareun’abitudine per alcuni molto difficile da cui liberarsi.Ma, come sottolinea Iain Gately nella sua eccellentestoria del tabacco, La Diva Nicotina, sarebbero statisconcertati dal nostro concetto di ‘dipendenza’, inquanto credevano che tutti gli esseri umani sono statigratificati da Dio del dono del libero arbitrio. L’ideache un uomo possa essere asservito ad una pianta,perché il tabacco questo è, sarebbe sembrato a loroassurda. Devo confessare che questo punto di vistaha più senso per me rispetto alla visione corrente oradi moda, che vede vittime indifese in tutto il mondo,per la quale tutti hanno bisogno di essere protetti siada loro stessi che dalle forze del male, come leaziende di tabacco - che, convenientemente, possonoquindi essere citate in sede civile per risarcimenti mi-lionari. La nicotina non è nociva. Si tratta di una so-stanza naturale presente non solo nel tabacco, ma,per esempio, nei pomodori. Gli ingredienti poten-zialmente dannosi in una sigaretta sono catrame emonossido di carbonio creato dalla combustione, in-

sieme a vari altri agenti cancerogeni e veleni comunia livelli infinitesimali. In ogni caso, se la nicotina èdavvero pericolosa, perché mai ci sono medici chela prescrivono sotto forma di cerotti, gomme e ina-latori? La questione in realtà apre una sorta di vasodi Pandora, come vedremo più avanti. I crociati an-tifumo devono continuare a sostenere il concetto di“dipendenza” dal momento che non possono cre-dere, o non possono ammettere, che molti scelgonodi fumare non solo liberamente, ma pure ricavan-done piacere. Parlare di dipendenza funziona anchea stigmatizzare ulteriormente i fumatori, i raffiguran-doli come drogati spregevoli. Naturalmente, se si stafumando per pura costrizione senza nemmeno go-derne, direi che si può smettere piuttosto facilmente.Io penso che se una persona fa qualcosa che nonsolo ha potenziali rischi per la salute, ma che ancheviene svillaneggiata pubblicamente, allora il minimoche si può pensare è che da questa attività si possaricavare almeno un po’ di piacere. D’altra parte mi-lioni di persone hanno smesso di propria iniziativa,e molti altri sono abituati a fumare moderatamente,o solo in determinati momenti, o sono passati al si-garo o alla pipa. A me capita di incontrare queste per-sone molto spesso, ma secondo gli anti-fumatoriqueste persone non esistono. Io personalmentefumo solo quando sorseggio un drink o mi gusto unabirra al pub. Forse non esisto nemmeno io.

COME MANTENERSI SANIPenso che ci siano due diversi approcci per vivereuna vita sana. Uno è quello di provare in modomolto fermo ad evitare tutto ciò che l’opinione cor-rente ritiene essere un male, essere guidati da ‘esperti’e dalle statistiche, sentirsi molto in colpa per qualsiasiimperfezione umana, e in generale credere che, lavo-rando abbastanza duro, sia possibile ottenere l’invul-nerabilità. Questo approccio è molto americano.L’altro modo è quello di divertirsi, essere ragionevol-mente moderati, mantenersi scettici nei confrontidegli ‘esperti’, e applicare un po’ di sano fatalismo.Questo approccio è più europeo, o almeno finora loè stato. Questi sono senz’altro stereotipi, ma in fondosono entrambi ragionevoli e la maggior parte delle

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persone risulta essere attratta dall’uno o dall’altro. Ilproblema nasce quando il primo gruppo inizia a det-tare legge al secondo. Soprattutto a fronte del fattoche non risulta esserci alcuna prova reale che sia ilprimo approccio a funzionare meglio. Credo che laguerra contro il tabacco faccia parte di un più ampiosforzo per allontanarci dai piaceri tradizionali e dalnormale comfort, e volto a trasformarci in consu-matori di terapie e tecniche farmaceutiche alternative.Abbiamo, per esempio, iniziato ad essere sopraffattida astrusi slogan e contro-affermazioni sul tema dellanutrizione. Trenta anni fa, non si sentiva nemmenoparlare di “nutrizione”; avevamo invece qualcosachiamato cibo, che aveva funzionato abbastanzabene per migliaia di anni. Ora noi tutti vaghiamo al-l’interno di un campo minato di grassi polinsaturi,antiossidanti, aminoacidi, omega 3, e via dicendo,così confuso circa l’attività di base - parlo di nutrirenoi stessi - che siamo costretti sempre più spesso afare affidamento ad “esperti” chiamati a indicarci laretta via. Questo è un ottimo affare per questi“esperti”, ma per tutti gli altri ciò si è tradotto nonsolo in maggiori stress e ansia, ma anche in aumentodei tassi di obesità e di diabete. Quello che sto sug-gerendo è che i talebani antifumo, tra le altre cose,stanno utilizzando il tabacco come capro espiatorioper problemi di salute che hanno molto più a chefare con la dieta e con altri fattori. Io accetto che cisia un elemento di rischio nel fumo. Ma la afferma-zione “il fumo uccide” è una dichiarazione priva disenso, dal momento che non si può dimostrare cheil fumo è la causa specifica e unica della morte di nes-suno, e la stragrande maggioranza dei fumatori“forti” vive una normale vecchiaia, come possiamovedere dalla nostra esperienza se solo per un attimosmettiamo di farci incantare dalle statistiche. Io noncredo che dovrei essere costretto a smettere di fu-mare, non più di quanto dovrei essere costretto a di-ventare un vegetariano o un astemio, anche se mipiacerebbe avere una diminuzione del “tasso di ri-schio” di cancro al colon nel primo caso e di dannial fegato nel secondo. Stiamo diventando una stranasocietà caratterizzata da una marcata avversione al ri-schio, e in modi stranamente selettivi ogni farmacoprescritto ha potenzialmente sgradevoli effetti colla-terali, che uccidono migliaia di persone ogni anno;ma se abbiamo un dolore, o anche se solo ci sen-tiamo tristi, noi alziamo le spalle e assumiamo queglistessi farmaci. Migliaia di persone muoiono ognianno in incidenti stradali, eppure noi alziamo le spalle

e ci mettiamo al volante delle nostre vetture. Quandoil rischio è associato a un piacere, però, facciamo fa-tica a rinunciare a quel piacere e contemporanea-mente trasformiamo la nostra vita in un percorso adostacoli. Tutto questo è perverso. Gli esseri umanisono creature naturalmente rivolte alla ricerca del pia-cere. Che cosa è più favorevole per la salute: il piacereo la paura? Il piacere e la libertà di scegliere sonoaspetti cruciali. I nostri medici e i politici sembranoaver dimenticato questo, e stanno diventando di con-seguenza meschini e dittatoriali.

IL SANTO GRAALAncora: i nemici del tabacco ci dicono che nessunoha il diritto di “infliggere” il fumo agli altri. In un lo-cale chiuso, come un ristorante, è semplice buonaeducazione. Ma attenzione alle derive cui assistiamo:tutti noi subiamo quotidianamente diverse “aggres-sioni” - inquinamento, sostanze cancerogene, odori,rumore - che, a differenza del fumo di tabacco, sonomolto difficili da controllare attraverso una buonaventilazione o la segregazione in aree riservate. Pernon parlare delle particelle radioattive diffuse nel-l’ambiente per chissà quanto tempo dalle migliaia diesplosioni nucleari che i nostri governi ci infliggonodal 1945. Il concetto di “fumo passivo” è semprestato il Santo Graal dei crociati salutisti. Se solo fossepossibile riuscire veramente a dimostrare la reale no-cività dello stesso, tutti gli argomenti usati dai fuma-tori in tema di diritti, di libertà di scelta, di reciprocatolleranza e così via sarebbero spazzati via. Nel corsodegli anni ‘70 i membri politicamente più di buonsenso del movimento anti-fumo hanno iniziato aparlare della necessità di dimostrare che il fumo ditabacco assunto di riflesso faccia davvero male. No-nostante le ben pubblicizzate rivelazioni scientifiche(e pseudo tali) sui mali legati al tabacco, e nonostantele varie campagne anti-fumo, l’aumento della tassa-zione, e le sempre maggiori restrizioni alla industriadel tabacco, la gente ha mantenuto (sia pur in dimi-nuzione) l’abitudine di fumare. Ciò ha innervositoparecchio i crociati: in una conferenza dell’Organiz-zazione Mondiale della Sanità nel 1975, l’ex Chief Me-dical Officer britannico, Sir George Godber, haannunciato che “sarebbe essenziale promuovere unambiente in cui è avvertito il fatto che i fumatori attivisono un pericolo per coloro che li circondano, in par-ticolare per la loro famiglia e per gli eventuali neonatio bambini piccoli esposti involontariamente al fumopassivo”. Fissato l’obiettivo, gli anti-fumatori hanno

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iniziato attivamente a cercare la prova di tale assunto,la “pistola fumante”. Uno dei primi studi che si è im-posto, nel 1981, è stato quello del prof. Hirayama inGiappone, che ha rilevato un possibile rischio dafumo passivo. Anche se la metodologia era dubbia,e il direttore dell’Istituto di Hirayama mise in guardiacontro la presa troppo sul serio dello studio, è statoconsiderato come ‘incoraggiante’ e gli studi sul fumopassivo hanno iniziato a proliferare rapidamente. Ilnoto attivista anti-fumo americano Stanton Glantzha potuto dichiarare: “La cosa principale che la scienza hafatto sul fumo passivo, oltre ad aiutare le persone come me a pa-gare il mutuo, è che ha legittimato il concetto che alla gente nonpiace il fumo di sigaretta. E questa è una grande forza emotivache deve essere sfruttata e utilizzata. Siamo partiti, e quei ba-stardi ora devono inseguire”. Personalmente non nutroalcun dubbio sul fatto che il ‘fumo passivo’, comeognuno di noi può sperimentare nella vita reale, nonfaccia male a nessuno, tranne forse in casi eccezionali.Il problema che ha la mia tesi è che ci vuole un po’ disforzo per capire l’assunto e per spiegare le premesse,mentre gli anti-fumatori dispongono di slogan scat-tanti (“Il fumo passivo uccide!”). Però in realtà nonc’è bisogno di essere uno scienziato nucleare, e tuttele prove sono disponibili on-line. Forces Internatio-nal, per esempio, ha sul proprio sito web (www.for-ces.org e www.forcesitaly.org) i dettagli completiscaricabili di ogni studio realizzato sul fumo passivo.Lascio a loro l’onere di spiegare in modo più detta-gliato, ma i punti principali in sintesi sono: (1) Meto-dologia inaffidabile. La gente suppone che gli studisul fumo passivo siano prodotti da uomini brillantiin camice bianco che hanno modi infallibili di cono-scere le cose - modi che non siamo in grado di com-prendere. Ma, semplicemente, la verità è che non èpossibile isolare e misurare l’effetto a lungo terminedel fumo di tabacco nell’aria sugli individui. Così lamaggior parte studi sul fumo passivo risulta esserescienza statistica spazzatura, basata su questionari in-farciti di domande stupide che chiedono agli intervi-stati di ricordare chi e quanto fumava vicino a lorodurante l’infanzia, se le finestre erano aperte e via di-cendo. Tra l’altro questi studi non tengono conto dei“fattori confondenti”, o in conflitto (per esempio ilfatto che i coniugi non fumatori condividono sempregli stessi fattori dietetici e altri “stile di vita” a rischiodel coniuge fumatore). (2) Incoerenza. Ad oggi, risul-tano essere stati pubblicati oltre settanta studi sulfumo passivo. Di questi, solo 24 hanno mostrato unaumento del rischio. (3) Insignificanza statistica. Quei

24 studi non hanno trovato nulla di simile al tipo diprova per il quale dovremmo essere preoccupati. Inumeri sono così bassi e così inaffidabili che potreb-bero facilmente essere condizionati da tutta una seriedi fattori contrastanti. Gli epidemiologi hanno unaregola stabilita, per la quale qualsiasi cosa configurimeno di un raddoppio costante del rischio conside-rato è priva di significato. Ciò significa che lo spessocitato “25 per cento di aumento del rischio” di ma-lattia per non fumatori esposti al fumo è in realtà unaumento non significativo sul loro rischio già insigni-ficante. (4) I migliori studi dimostrano assai poco. Glistudi che mostrano il rischio da fumo passivo nonsono nemmeno i migliori. Gli studi più grandi e piùscientificamente credibili fino ad oggi sono quello de-cennale europeo dall’Organizzazione Mondiale dellaSanità (pubblicato nel 1998) e quello quarantennalecaliforniano dei professori Enstrom e Kabat (pubbli-cato dal British Medical Journal nel 2003). Entrambinon sono stati in grado di trovare alcun pericolo realenel fumo passivo (per essere più precisi: l’OMS haammesso che i loro risultati non erano statistica-mente significativi, e poi ha smesso di parlarne; En-strom e Kabat hanno concluso che qualche rischioda fumo passivo non poteva essere escluso, ma cheera essenzialmente troppo piccolo per poter esseremisurato). (5) Studi di alto profilo sono stati screditati.Il divieto di fumo in California si è basato su uno stu-dio della Environmental Protection Agency, che si èrivelato essere una tale parodia della scienza da esseredichiarato nullo e cassato da un tribunale federale.Anche se l’EPA è stata poi in grado di rovesciare ladecisione del giudice Osteen sostenendo che la man-canza di giurisdizione, le conclusioni del giudice circala scientificità dello studio in questione non sono maistate messe in discussione. Altri studi tanto strom-bazzati si son rivelati falsi allarmi completi: per esem-pio, quello che affermava la drastica diminuzionedegli attacchi di cuore nella piccola città di Helena inMontana, dopo la introduzione del divieto di fumo.(6) L’uso selettivo dei dati. I gruppi antifumo perpe-tuare il mito del fumo passivo estrapolando accura-tamente dai pochi studi a loro favore le statisticheche risultano utili. Molti studi sono in realtà “meta-analisi”, in cui studi pre-esistenti accuratamente se-lezionati sono combinati e i cui risultati sono quindipresentati come “un nuovo studio”. (7) Bias. Prati-camente tutti gli studi antifumo sono prodotti dagruppi dichiaratamente schierati e sono in gran partefinanziati da aziende farmaceutiche che hanno un in-

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teresse diretto nel commercio di prodotti per smet-tere di fumare, cerotti alla nicotina e antidepressivi.(8) Dove sono le evidenze? Le agghiaccianti stimerelative alle morti da fumo passivo si basano su pro-iezioni di calcolo statistico. Non c’è nemmeno uncaso documentato di decesso per il quale si sia di-mostrato che la causa risalga al fumo passivo. Igruppi anti-fumo sono stati richiesti più volte di pro-durre una prova certificata: la risposta è che la loroposizione è “provata”, col conseguente rifiuto di di-scutere ulteriormente.

INTUIZIONE E SUPERSTIZIONEMolte persone credono che sia intuitivamente evi-dente che il fumo ‘passivo’ debba essere dannoso,mentre io – come ho già detto – sempre intuitiva-mente ho trovato subito del tutto dubbie le fonda-menta delle tesi alla base della nocività del fumopassivo. La semplice intuizione, però, rischia sempredi far cadere nella trappola di credere ciò che si vuolecredere. Ho cercato allora di basare le mie conclu-sioni su diversi anni di ricerca rigorosa, e ho trovatogli argomenti dei ricercatori che considerano quelladel “fumo passivo” una frode molto più approfon-diti e convincenti rispetto a quelli degli anti-fumatori,che in genere non riescono a salire molto al di soprail livello di “il fumo passivo uccide perché diciamocosì”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, peresempio, insiste sul fatto che “il fumo passivo uc-cide”, anche se il suo stesso importante studio ha di-mostrato che non è esattamente così. Il movimentoanti-fumo - tanto più dopo la “scoperta” del fumopassivo - è venuto ad assomigliare ad un credo reli-gioso molto più di quanto non faccia affidamento suqualcosa di veramente scientifico. Si è tenuti a cre-dere, e non a fare tutte le domande scomode delcaso. Chiunque osi farlo deve essere in combutta conil diavolo (cioè Big Tobacco). Ogni professionista sa-nitario che esprime un dubbio è vittima di vero eproprio bullismo (questo è successo al ProfessorDoll, quando ha ammesso in un’intervista radiofo-nica che l’effetto del fumo passivo era così ridotto, eal Dr Richard Smith, ex direttore del British MedicalJournal , quando ha difeso Enstrom e Kabat). Unaltro esempio, fra i tanti: nel 2004 la Tobacco Manufac-turers Association ha sponsorizzato una conferenza sulfumo passivo alla Royal Institution di Londra, in oc-casione della quale diversi scienziati hanno espressodubbi sul dogma, e alla quale i rappresentanti dellalobby anti-fumatori sono stati invitati a partecipare.

Non solo si rifiutarono di farlo, ma attaccarono pub-blicamente attaccato la Royal Institution per averosato ospitare l’evento. Se la salute è la nuova reli-gione, gli anti-fumatori sono la sua Inquisizione spa-gnola. Ampliando la metafora, la US Surgeon Generalpotrebbe essere allora il Sommo Pontefice, che so-stiene il dogma e la dottrina ad oltranza. Il SurgeonGeneral Richard Carmona, prima di ritirarsi nel 2006,ha affermato che sul fumo passivi “il dibattito è fi-nito”. Ma il suo rapporto nulla di nuovo ha aggiunto:solo lo stesso vecchio “20-30% aumento del rischio”,“mancanza di un livello di sicurezza”, “ventilazioneinefficace” e così via, così slogan volti a terrorizzare(“l’evidenza suggerisce possibili legami tra il fumopassivo e cancro al seno”, ecc) e statistiche da fanta-scienza. Nonostante il fatto che il Surgeon General vo-glia farci ritenere che “il dibattito è finito”, un vero eproprio dibattito non ha mai avuto luogo.Tornando alla questione del fumo “attivo” controquello “passivo”: il più grande studio sulla espo-sizione al fumo passivo è stato pubblicato dall’USNational Center for Enviromental Health, che ha stu-diato 10.000 non fumatori esposti a robusti livellidi cotinina “passiva” (un derivato della nicotinapensato per dimostrare il livello di esposizione alfumo di tabacco). Il livello di cotinina medio deifumatori è risultato essere 1/500esimo di quelladel fumatore attivo. E tra l’altro, diversamentedalla nicotina, non ci sono altre fonti di cotinina,nemmeno tra le verdure.Intendiamoci: non è impossibile che alcune per-sone molto sfortunate, esposte a un sacco difumo, possano ammalarsi o addirittura morire. Matale possibilità esiste in ogni interazione tra umanie qualsiasi tipo di sostanza. Quello che la gentedeve capire è che se si vuole provare che qualcosafaccia abbastanza male, destreggiandosi coi nu-meri si può “provare” qualsiasi cosa. Ma sostenereche il fumo passivo è una grave minaccia per la sa-lute pubblica è intellettualmente disonesto. La do-manda allora è: perché sta accadendo? Chiunquestudi veramente la prove esaminate arriva a unaconclusione inevitabile: l’intenzione non è quelladi proteggere il pubblico da una minaccia, mastigmatizzare i fumatori e rendere il fumo ‘social-mente inaccettabile’. Si potrebbe pensare che glianti-fumatori sarebbero felici di sapere che il fumopassivo non è nocivo. Al contrario: ammettere ciòequivarrebbe a cedere la loro arma più efficace.

(2.continua)

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no scandalo che scuote le fondamentadel Palazzo, una vicenda che si tinge digiallo e che vira dalla cronaca politica aquella giudiziaria e criminale, una cam-

pagna di stampa che per interi mesi conquista leprime pagine di tutti i maggiori quotidiani, arric-chimenti repentini e sospetti e carriere politichedrasticamente bruciate: Tangentopoli 1993?Niente affatto. Stiamo parlando del famoso “scan-dalo dei tabacchi” del 1869.Per un Paese come il nostro, sfortunatamente piut-tosto avvezzo ad imbattersi periodicamente nello“scandalo” del secolo (quasi che in Italia i secoli du-rassero al massimo una decina d’anni), è davverodifficile fare memoria di tutti gli avvenimenti chehanno segnato con lo stigma del “caso politico” lavicenda repubblicana. Mani pulite, la P2, il casoLockeed, il Sifar, Sindona e Calvi, il caso Montesi evia via risalendo all’indietro fino al secondo dopo-guerra, settant’anni fa. Figuriamoci allora quantisono in grado di ricordare eventi che hanno carat-terizzato la cronaca politica nella fase post-unitariadel Bel Paese, dalla fatidica data del 1861 fino al ca-polinea della forma monarchica ed al passaggio allaRepubblica del giugno 1946. I più ferrati nella storiapatria probabilmente riescono a ricordare il famo-sissimo scandalo della Banca Romana del 1893 (ri-portato in ogni manuale di storia che si rispetti eparticolarmente eclatante in virtù della stupendaimmagine di migliaia di banconote di grosso tagliostampate con lo stesso numero di serie) che rischiòdi tarpare le ali a Giovanni Giolitti, ma di sicuronon riescono ad andare ulteriormente indietro,quasi agli albori della nuova Italia, appena uscitadalla terza guerra di indipendenza e ancora priva (ibersaglieri a Porta Pia sarebbero arrivati l’anno suc-cessivo, nel settembre 1870) di Roma capitale.Probabilmente un balzo temporale all’indietro finoal lontano 1969 può apparire un tantino avventu-roso, ma ci sono almeno due ottime ragioni che giu-stificano invece il fatto che le pagine della nostra

rivista ospitino questo “flashback” degno della mac-china del tempo: l’oggetto del contendere, vale a direl’allora neonato Monopolio statale dei tabacchi, e laconsiderazione che (la mente non può non andareal “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa: “Se vogliamoche tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”) nel no-stro Paese le modifiche esteriori, anche istituzionali,non riescono a modificare il ripetersi ciclico di de-terminati accadimenti, non ultimi purtroppo gliscandali politici a sfondo economico. Sembra dav-vero esistere nei profondi recessi del nostro mera-viglioso Paese una sorta di tremenda coazione aripetere certi errori e situazioni, che consente di ri-trovare in un lontanissimo fatto di cronaca politicagli stessi, avvilenti meccanismi che popolano le cro-nache giudiziarie dei quotidiani in edicola.

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La “tangentopoli” dei tabacchiUn famoso scandalo di 150 anni fa, che sconvolse Firenze capitale

Il frontespizio della legge istitutiva della Regìa

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DAL XVI SECOLO, LA TASSAZIONESUL TABACCO

Ma andiamo con ordine: per poter contestualizzareil caso della “Regìa cointeressata dei tabacchi” – eccoil nome “in codice” del fattaccio – occorre necessa-riamente operare un breve excursus storico sulla sto-ria del tabacco in Italia. L’introduzione in Italia dellefoglie di Nicotiana tabacum nella seconda metà del se-dicesimo secolo, dopo l’approdo in Portogallo diret-tamente dal Nuovo Mondo, inevitabilmente attiròl’attenzione dei diversi governanti e prìncipi: in Italiaa “tassare la foglia” per prima fu la Repubblica di Ve-nezia, che intorno alla fine del sedicesimo secolo neassoggettò la coltivazione al pagamento di un canoneannuo fisso, la cosiddetta “garanzia di privilegio”.Seguì a ruota il “censo camerale” dello Stato Ponti-ficio, e via via tutti gli altri si adeguarono assai volen-tieri. Dall’imposizione sulla coltivazione, nel corsodei secoli si virò decisamente sul versante della im-posta sui consumi, che decollarono proprio nella se-conda metà dell’Ottocento, quasi esclusivamentesotto forma di sigari, trinciati e fiuti. A fronte di talecrescita, gli Erari realizzarono la possibilità di cospi-cui introiti per le casse statali, attraverso la imposi-zione fiscale applicata con il sistema delle “privative”.La “privativa” rappresentava un utile strumento eco-nomico per sviluppare la produzione ed il commer-cio di alcuni prodotti (nel caso specifico, il tabacco)ed ottenere anticipi sulla riscossione dei relativi dirittifiscali. Con tale sistema, il governante di turno affi-dava in esclusiva un privilegio o undiritto di riscossione fiscale o di inter-mediazione commerciale ad uno opiù imprenditori privati, in cambiodel versamento di un canone annuo,riservandosi il diritto di stabilire il li-vello dei prezzi e dei prelievi fiscali suibeni oggetto della privativa mede-sima. Il tabacco, essendo un bene vo-luttuario di largo e crescenteconsumo, possedeva tutti i requisitiper essere assoggettato a regime dimonopolio e sottoposto ad una pe-sante tassazione senza provocare ec-cessive rimostranze da parte degliutenti: per tale ragione (suona forsefamiliare?) le imposizioni fiscali sul ta-bacco aiutarono i governi ad evitareaumenti della pressione fiscale sui

beni di prima necessità. Il 17 marzo 1861 fu procla-mata l’unificazione del Regno d’Italia. Come è notosi trattò di un processo di continuità istituzionale conil preesistente Regno di Sardegna (il primo Re d’Italia,non dimentichiamolo, è Vittorio Emanuele “se-condo”), che quindi inglobò tutte le strutture degliStati italiani preesistenti, comprese quelle relative altabacco ed alla sua fiscalità. Tra gli enormi problemiorganizzativi ed economici da risolvere, quindi, l’in-dustria della produzione, lavorazione e vendita delsale e dei tabacchi non faceva eccezione, rispec-chiando fedelmente le differenze e le contraddizionipresenti in ogni settore del nuovo Stato. Nei territoridel Regno esistevano allora quattordici fabbriche ditabacchi e dieci stabilimenti di saline, non di rado incondizioni pessime, e la critica situazione finanziariadel nuovo Stato richiese una rapida deliberazione sucome uniformare e riorganizzare tutta la filiera deltabacco. Ne seguì un dibattito parlamentare moltoacceso, tra i sostenitori della liberalizzazione, che pri-vilegiavano l’aspetto delle entrate immediate che po-tevano realizzarsi con le citate “privative”, e i fautoridi un sistema monopolistico statale. Il Parlamento diTorino alla fine optò per quest’ultimo regime, nontanto per ragioni ideali (ché, anzi, all’epoca prevalevanettamente l’approccio liberalistico), quanto perché“sarebbe stato azzardato – scrisse il relatore dell’epoca– non tenere conto delle consistenti entrate che il Monopoliosarà in grado di garantire all’Erario nel lungo periodo”. In-somma, una scelta dettata più dalla necessità che dalla

convinzione. Nel luglio 1862 loStato italiano assunse dunque la pro-duzione e la distribuzione di sali e ta-bacchi in regime di monopoliomediante la Direzione generale delle ga-belle, che derivava dall’omologa strut-tura pre-unitaria sabauda: da essadipendevano i servizi delle dogane,delle manifatture di tabacchi, delle sa-line, dei dazi di consumo e il corpodella guardia doganale che assumerànel 1881 l’attuale denominazione diGuardia di Finanza. L’esperienzaperò non si rivelò felice. La burocra-tizzazione dell’organizzazione azien-dale, le colture del tabacco nonsufficientemente fruttuose (l’agricol-tura, specie al sud, versava in condi-zioni pietose), il rapido mutamento

Cristiano Lobbia

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Tabacco e Storia

di costume nelle preferenze dei consu-matori, con un incremento del ta-bacco da fumo rispetto a quello dafiuto: furono queste le ragioni che nel1868 fecero tornare in auge nel di-battito politico la parolina magica:privativa. Il Ministro delle Finanze,muovendo proprio dalla premessache il settore non produceva i van-taggi che si erano sperati di otte-nere con la gestione diretta delMonopolio, propose la costitu-zione di un’impresa a capitalemisto, pubblico e privato, deno-minata “Regìa cointeressata”.Occhio alle date, però. Il 1868è l’anno (e questo lo ricor-dano tutti gli ex studenti, anchei più pigri!) in cui la Destra storica, alla spasmodicaricerca del pareggio di bilancio che rappresentava lasua missione dichiarata, arrivò ad introdurre la fami-gerata “tassa sul macinato”, a costo di fronteggiareproteste e sommosse popolari. Dato però che perpoter arrivare al sospirato pareggio mancavano pocomeno di duecento milioni di lire dell’epoca, l’improv-viso scarto del titolare delle Finanze verso la solu-zione del girare alla mano privata il settore deitabacchi può essere compresa più chiaramente. E’anche vero, però, che al netto delle molte deficienzedel sistema, la maggior parte degli economisti affer-mava che con qualche serio intervento sulla filieradel tabacco lo Stato avrebbe avuto tutto l’interesse agestire in proprio il potenzialmente assai lucroso set-tore, e che tra i tanti modi con i quali si poteva pun-tare a colmare il disavanzo di bilancio, l’affidamentodiretto ai privati era il modo peggiore che si sarebbepotuto scegliere, non fosse altro che per la sempliceconsiderazione che la cifra necessaria si sarebbe po-tuta reperire agevolmente attraverso un’emissione di-retta di obbligazioni garantite dalla stessa azienda deitabacchi. Ma il Ministro delle Finanze CambrayDigny sosteneva invece con forza la tesi della neces-sità di liberare lo Stato dall’impegno di condurre unmonopolio industriale gestito con difficoltà e pochiutili, assicurando comunque all’Erario – oltre ad unaforte anticipazione con la quale ottenere il pareggio– un reddito annuo in ragione della residuale parte-cipazione agli utili. Quel che è certo è che la stessaCorona spinse in modo molto netto verso la solu-

zione di un accordo con un noto(e discusso, in quanto a spregiudicatezza) affaristadell’epoca, il signor Domenico Balduino, rappresen-tante della Società generale di credito mobiliare ita-liano, che interveniva per sé e in nome di un gruppodi finanzieri internazionali che preferiva operare die-tro le quinte (anche qua: non sembra un deja-vu?). In-somma, gli interessi economici in gioco erano moltoforti, ed assai forti erano anche le pressioni dei gruppibancari ed imprenditoriali coinvolti. Il dibattito chene scaturì fu accesissimo e travalicò l’ambito politico,coinvolgendo la stampa e l’opinione pubblica.

1868: NASCE LA SOCIETA’ ANONIMA PER LA REGIA COINTERESSATA

DEI TABACCHIL’estate 1868 – in una Firenze, da poco capitale,resa torrida dal solleone – registrò infatti primauna violenta polemica sui maggiori organi distampa, che sentivano odore di bruciato, e poi unaferoce battaglia parlamentare, al termine della quale venne però approvata la costituzione della “Societàanonima per la Regìa cointeressata dei tabacchi” afavore di Balduino e soci. Costituita con un capitaledi 50 milioni, la “Regìa” anticipò al Tesoro lasomma di 180 milioni con l’emissione di obbliga-zioni di pari cifra collocate sul mercato internazio-nale. Ad essa fu affidata la gestione del Monopolioper quindici anni, mentre le strutture produttive ri-

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CULTURA

Sabato 20 giugno 1998 2 l’Unità2

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Una storia di privatizzazioni, sangue e fondi neri: come la neonata Italia fu scossa da un sigaro avvelenato

Lo scandalo dei tabacchiUna tangente del 1869

INEDITIDe Gaulleper gli ebrei

«Ilgiornodellavittoria, incuicredo fermamente, la Franciafarà giustizia dei torti patitidalle collettività vittimedelladominazione nazista, tra cuile comunità ebraiche infeli-cemente fatte segno all’intol-leranza e alle persecuzioni».Questo solenne impegno èstralciatodaunaletterainedi-ta inviata dal generale Char-lesDeGaullealrappresentan-te del Congresso mondialeebraico a Londra. Datato 22agosto 1940, questo docu-mento, rimasto sepolto perpiù di mezzo secolo negli ar-chivi di «Francia libera» epubblicato dal settimanale«Le Point», prova l’infonda-tezza del ricorrente sospettodi un presunto antisemiti-smodellostatista francese.Loscorso invernodurante ilpro-cesso aMauricePapon, il fun-zionario di Vichy condanna-to per complicità in criminicontrol’umanità,gliavvocatidella difesa avevano ricorda-tocheil loro imputatoerasta-tonominatoprefettodiParigiproprio da De Gaulle, sottoli-neando il fattoche il generalenonavevamaipubblicaman-te condannato il genocidio echeavevaanzicostruitoilmi-to di una Francia senza colpenelladeportazionedegliebreiversoicampidisterminio.

MUSEI &CNRSottoutilizzatiquelli scientificiCosa offrono i musei scienti-

fici italiani alla formazioneculturale dei cittadini?Aque-sta domanda risponde un’in-dagine svolta dal Consiglionazionale delle Ricerche.L’indagine conferma lo statodi sottoutilizzazione dei mu-sei scientifici del Paese: il 39per cento dei 469 musei ana-lizzati non ha impianti tecni-ci, il 78 per cento non ha ser-vizi,mentre il40percentoac-coglie nonpiùdi2.000visita-toril’anno.

Cristiano Lobbia camminavaquatto quatto sfiorando i muri me-dioevali di Firenze e tenendo benstrettaunaborsanellamanodestra.In Via del Proconsolo c’era odore ditrippa e poco più un là un carrettoscaricava botti di ottimo Chianti.Ma Lobbia, da buon garibaldino(avevaavutoigradidimaggioredal-l’EroedeiDuemondi) edaordinatoe laborioso veneto (era un deputatooriginario di Asiago) sapeva chenon doveva badare a odori e profu-mi fiorentini. Aveva una missioneda compiere: consegnare ad Anto-nio Martinati, l’appassionato diret-tore del giornale «Il Progresso», ildossier sullo scandalo della Regiadei Tabacchi. Quando la polizia lotrovò, privo di vita, in una pozza disangue, davanti all’abitazione delgiornalista, tutti capirono che erascoppiatoilprimoscandalodell’Ita-lia unita, lo scandalo della privatiz-zazione del monopolio dei tabac-chi.

Lo sporco affare non si conclusequel tragico 15 giugno 1869 chemacchiò di rosso la nascente nazio-ne. Di lì apoco, infatti, l’unico testi-mone dell’omicidio Lobbia, il cre-monese Scotti, morì improvvisa-mente. Secondo certe voci la signo-ra Fabbruzzi, presso la quale tenevapensione e consumava i pasti, gliavrebbe fatto ingurgitare una so-stanzabiancavelenosa.LoscandalomontòdellaFirenzedapococapita-le d’Italia. Ma neppure questo se-condo delitto spense il clamorosocasodeimonopoli.Pochigiornido-po la morte di Scotti, il fratellodellaFabbruzzi fu rinvenuto cadaverenelleacquedell’Arno.Lapoliziariu-scì a ricostruire il puzzle del delittoScotti,manonfuingradoditrovareimandanti.L’unicochepotevapar-lare - il probabile complice del Fab-bruzzi - infatti era riuscito a dile-guarsi con un piroscafo diretto alle«Meriche».

A cosa si doveva quell’intrigocheportò a tre assassinii?Alladecisionedel Presidente del Consiglio Mena-

brea di privatizzare imonopoli dei tabac-chi. Oggi quel profes-sore universitario sa-voiardo che resse lesorti del Paese dal1867 al ‘69 è ricordatopiùper la leggesulma-cinato che non per loscandalo dei tabacchi,ma all’epoca i giornalinon parlarono d’altroche di quei delitti. Ilprotocollo firmato daMenabrea fu definitoun accordo capestroper lo Stato. QuintinoSellasiopposecontut-te le sue forze allasvenditaperché,comericordaAntonioGramsci, «c’era odordi corruzione e di lo-schi maneggi». Mena-breaandòavantiperlasua strada e concesseper quindici anni laproduzionee lavendi-ta di sigari e tabacchialla Società del Credi-to Mobiliare del ban-chiere Domenico Bal-duino. In cambio ot-tenne 180 milioni dilire in oro che i privatipotevano recuperareconobbligazionidelloStato collocate sulmercato al prezzodell’82% del valorenominale di 500 lireda un pool di banchetedesche e britanni-che. Menabrea garan-tiva il sostegno alle obbligazioni in

casodicadutadelleloroquotazioni.I primi intoppi si ebbero al mo-

mento del passaggio di consegne:secondo i privati il tabacco non an-cora lavorato e depositato nei ma-gazzinieradeteriorato.Poi lanuovasocietà riuscì a addebitare allo Statole spese per la ristrutturazione deglistabilimenti di Firenze. Sotto i pri-

vati allo storico opifi-cio del tabacco di viaGuelfa, inaugurato nel1818, si era aggiuntauna sezione a San Fre-diano. Nel Salone deiCinquecento di Palaz-zo Vecchio, dove si riu-niva il Parlamento, ilpresidente dell’assem-blea Giovanni Lanzadovette faticare parec-chio per tenere a badal’opposizione. «Il Pro-gresso», intanto,sferra-va colpi di fioretto alGoverno esaltando la propria ani-maanticlericaleemazziniana.

Il giornale pubblicò l’elenco deifinanzieri internazionali che lucra-vano alle spalle dei poveri fumatoriitaliani. Per i corsi e ricorsidella sto-ria fu un’estate torrida quella del-l’anno ‘68 del secolo diciannovesi-mo sui lungarni: il fiume languivaodoroso, le zanzare imperversava-

no, la chiacchiere cor-revanodaunaparteal-l’altra dell’Arno, oratoccavano la San Fre-diano che sarà di Me-tello,ora lamanifattu-ra di Via Guelfa. Il Go-verno non trovava pa-ce, tutto fumavaattor-no a Menabrea, è il ca-so di dire, intenziona-to a vendere per risa-nare il paurosodisavanzo dello Stato.Si vociferava che Vit-torio Emanuele II fos-se entrato nello sporco giro di tan-genti epoi si scoprìcheunadozzinadiparlamentarididestrasieranoas-sicurati un pacchetto di obbligazio-ni a condizioni davvero privilegia-te.

Arrivò l’inverno, il pungente in-verno di Firenze, e lo scandalodellamanifattura restava l’argomentocentraledellediscussioni inPalazzo

Vecchio. Untira e mol-lachesisbloccòsoloil5giugno 1869 in una in-dimenticabile sedutaquando appunto il ga-ribaldinoLobbia sialzòdal suo scranno, presedue fascicoli e bran-dendoli gridò: «Li ve-detequesti?Contengo-no le prove schiaccian-ti acaricodiundeputa-to. Si riferiscono al lu-cro che ha percepitonella contrattazionedella Regia dei Tabac-chi».

L’11 giugno, finalmente, vennenominata una commissione d’in-chiesta di nove membri tra i qualidue futuri presidenti del Consiglio,Depretis eZanardelli,unCalvinosi-ciliano e non ligure e il padre delloscrittore Fogazzaro. Quattro giornidopo ecco il delitto Lobbia, ecco ilprimoomicidioper ragionediStato

della nascente Italia scaturita dallaConvenzione del settembre 1864.Anticipando i risultati dimolte suc-cessive inutili commissioni, quelladel1869,finì i suoi lavoriconl’asso-luzione di tutti gli indiziati. L’unicomerito che ebbe fu la rapidità delledecisioni: il verdetto infatti fu stila-to il 12 luglio, in tempo per correre(si faperdire)alle rispettive residen-zeestive.

Nelnovembre successivo il conteMenabrea, generale d’arma e do-cente di scienze delle costruzioni,firmatario della pace con l’Austria,lasciò il posto proprio a GiovanniLanza, il quale aveva perso la vocenel Salonedei Cinquecento per stardietro alle bagarre tra deputati. IlneopresidentelasciòlaRegiadeiTa-bacchi a Balduino, anzi ampliò laconvenzione a tutto il territorio na-zionale.Firenzenonerapiùcapitaled’Italia, Collodi non poteva piùprenderselaconlaburocraziaeallo-ra si lamentava della cattiva qualitàdeisigaritoscanimeditandosullafi-gura di Pinocchio. Alla manifatturadi via Guelfa si fabbricavano le spa-gnolette, gliAvanae isigari fermen-tati; a San Frediano solo i sigari fer-mentati; al Barco delle Cascine lepolveri da fiuto e i trinciati. Colloditrovò dei capelli e delle foglie di ca-stagno dentro i suoi amati toscani,inorridendo, bestemmiando e spu-tando.Loscandalodellamanifattu-ra era solo il ricordo di una torbidaestate, la pessima qualità del servi-zio privatouna realtà che inquietò isuoisognielesuetiratesinoal1883.Quanto al garibaldino CristianoLobbia non meritò una targa o unaviadi Firenze.Sudi luiè raro trovaredue righe nelle enciclopedie. Qual-cuno lo rievoca come colui che die-deilnomealcappellodi feltrosemi-rigidoafaldelargherialzate,appun-to «il cappello a lobbia». Dei suoidue fascicoli si sono perse le tracce,bruciati da un sigaro davvero vele-noso,quellodelcomplottodiStato.

Marco Ferrari

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La piazza del Mercato a Firenze alla fine dell’Ottocento. In alto a sinistra, Quintino Sella

UNUOMO,CristianoLobbiainunapozzadi sangueeduedossierscottanti:cosìpreseavvioilprimogialloall’italiana

LAGUERRAera scoppiataper ladiscussavenditadellaproduzionedi sigari

alla societàdiunbanchiere

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masero di proprietà statale. La società subentrò intutti i rapporti e mantenne tutti i privilegi e le faci-litazioni a tutela del Monopolio, assicurando alloStato un canone annuale, una piccola partecipa-zione agli utili e l’acquisto del tabacco giacente neimagazzini pubblici. Le reazioni di protesta di chi siopponeva al progetto furono tali che, durante ilvoto finale, prima dell’appello nominale si dimisedalla carica nientemeno che Giovanni Lanza, alloraPresidente della Camera. E sulla stampa iniziaronoa circolare diverse voci relative a presunte dazionidi denaro a favore di parlamentari i cui voti avevanodeterminato l’assegnazione al Balduino della suc-culenta “privativa” per ben 15 anni. Addirittura, sigiunse a ventilare l’ipotesi in alcuni articoli che seimilioni avessero preso la strada di Casa Savoia,tanto per far capire quale fosse il clima del mo-mento. Quel che è certo è che non solo le polemi-che non si placarono dopo la costituzione della“Regìa”, specie dopo che emerse la circostanza chevi erano state esplicite manifestazioni di interesseda parte di prestigiosi banchieri esteri alla conces-sione di prestiti al Governo italiano previa semplicegaranzia dell’azienda tabacchi. Soprattutto risultòsospetta la rapidissima ascesa del valore delle azionidella società anonima, arrivate in pochi mesi a piùche quadruplicare la quotazione iniziale. Il clima po-litico si surriscaldò al punto che Felice Cavallotti in-trodusse, per descrivere quello che si profilavaall’orizzonte, un termine destinato ad entrare nellessico politico nostrano: il “Patatràc”. Proprio inconsiderazione del fatto che i guadagni dei finan-zieri partecipanti all’affare si rivelarono altissimi, laopposizione parlamentare invocò la costituzione diuna Commissione di inchiesta. E fu esattamente inquesta circostanza che dalla cronaca politico-giudi-ziaria si virò decisamente sulla “nera”. Con uncolpo di scena che monopolizzò le prime paginedell’epoca, il deputato vicentino Cristiano Lobbia– ex garibaldino e valoroso ufficiale dell’esercito,specchiatissimo uomo noto per essere fuori dai gio-chi politici nonché strenuo promotore della costi-tuzione della Commissione d’inchiesta – pronunciòalla Camera il 15 giugno 1869, brandendo duegrossi plichi sigillati, le seguenti parole: “Annunziosolennemente a questa assemblea che posseggo dichiarazionidi testimoni, superiori a qualsiasi eccezione, che si riferisconoa lucri che un deputato nostro collega avrebbe percepito nellecontrattazioni della Regìa dei tabacchi”.

IL “CASO” LOBBIACome può facilmente immaginarsi, il botto fu enorme:la Commissione venne immediatamente costituita e ilLobbia fu convocato per il giorno successivo, alloscopo di verificare la portata delle incendiarie dichia-razioni. Ed ecco cosa accadde la notte stessa, dalla cro-naca della Nazione: “Alla mezzanotte del 15 giugno ilLobbia transitava per via Sant’Antonio e stava per voltare invia dell’Amorino, dove abitava un suo amico, quando un uomouscì dall’ombra, gli si avventò di fronte e gli vibrò un colpo di sti-letto diretto al petto”. Il deputato veneto, soldato navigato,riuscì a parare col braccio il fendente, anche se l’assa-litore riuscì comunque a colpirlo altre due volte allaspalla ed alla testa. Cristiano Lobbia, pur ferito, riuscìa reagire sparando due colpi di pistola contro l’assali-tore che, probabilmente ferito, riuscì a fuggire. Da quelmomento, paradossalmente, iniziò contro il deputatoun’incredibile campagna della stampa governativa (og-gigiorno parleremmo di delegittimazione) volta in tuttii modi a demolire l’attentato di via dell’Amorino, met-tendo invece sotto accusa come millantatore Lobbiaed i suoi amici, che avevano costretto il Parlamento avotare la scottante inchiesta. Lobbia venne seguito,spiato, perseguitato dai vertici dell’esercito. Si arrivò,nel settembre del 1869, ad istituire addirittura un pro-cesso a suo carico con la imputazione di simulazionedi delitto. Anche qui, come non andare ad analoghi etristemente più recenti episodi, quali l’incredibile per-secuzione giudiziaria del 1979 contro il governatoredella Banca d’Italia Baffi, quando osò mettersi di tra-verso al nefando Sindona? Il farsesco processo si se-gnalò per diverse chicche (basti dire che un paio digiudici di grido si dimisero dalla carica per la vergognaarrecata alla toga dalla situazione): il tribunale non con-cesse ai difensori di Lobbia il tempo necessario perleggere gli atti di causa e rifiutò la necessaria autoriz-zazione della Camera prevista dallo Statuto Albertino.Il generale Garibaldi, in una accorata lettera di soste-gno all’amico commilitone, arrivò a parlare di “tempiborgiani”. Tra i testimoni tre generali si schierarono afavore di Lobbia e molti cittadini rivelarono pressionie minacce da parte della polizia perché cambiassero laversione espressa a favore del deputato. I testimonidell’accusa erano un sarto sepolto di debiti e ricattabile,la padrona e le ospiti di una casa di tolleranza e poli-ziotti e mogli di guardie daziarie e di funzionari mini-steriali, tutti sottoposti alle pressioni dei superiori.Addirittura si registrò la morte molto sospetta del ra-gazzo che aveva soccorso Lobbia subito dopo l’ag-gressione. Immersa in un’atmosfera di veleni, sospetti

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ed insinuazioni la corte fiorentina lesse il suo verdettoil 15 novembre 1969: Lobbia venne condannato adun anno di penitenziario militare, accusato di essersiinventato tutto “perché venne a trovarsi nella assoluta necessitàdi scuotere fortemente con qualche fatto l’opinione pubblica”. Isuoi amici furono condannati chi a sei chi a tre mesi dicarcere. Molte città d’Italia furono invase da manife-stanti, che sventolavano la bandiera italiana gridando“viva Lobbia!”. In occasione della nascita del futuroVittorio Emanuele III il Re decise di concedere un’am-nistia, ma Lobbia ed i suoi amici la rifiutarono: volevanoa tutti i costi un nuovo processo per dimostrare la pro-pria innocenza e la reale portata dei fatti. Tralasciamoper brevità il lungo iter processuale che ne derivò. Im-porti solo sapere che il 14 gennaio 1875 a Lucca unnuovo processo stabilì che non esisteva alcuna provaper dimostrare che l’attentato fosse stato architettatoda Lobbia, che venne pienamente assolto. Ma eranopassati anni, erano accadute molte cose, la capitale erafinalmente stata trasferita a Roma e il panorama politicoera occupato dal passaggio epocale dalla Destra storica(che sempre avrebbe fatto vanto del famoso raggiun-gimento del pareggio di bilancio) alla sinistra di Ago-stino Depretis. Cristiano Lobbia non si riprese più dalladelusione e dall’avvilimento. Riuscì ancora ad affiancarel’amato generale Garibaldi sui campi di battaglia francesidel 1870 in difesa della Repubblica, ma – orgogliosocom’era – si sentiva marchiato per sempre dalla con-danna che lo aveva infamato. Morì a cinquant’anni, nel1876, e venne sepolto nella sua Asiago.

IL RITORNO ALLO STATO DELL’INDUSTRIA DEI TABACCHI

E il tabacco, di fronte a tutto questo clamore, comesi comportò? Al netto di una malversazione che ita-licamente rimarrà sempre presunta, e ad oggettiviastronomici arricchimenti privati, la gestione della“Regìa” innescò il primo, parziale sviluppo evolutivodi un settore fermo all’età della pietra. Avviò cioè ilprocesso di trasformazione di un gruppo di mani-fatture e agenzie di coltivazione in un’azienda concaratteristiche tecnico-produttive che la avvicinavanoad una vera impresa industriale. Fu però evidente chel’intera operazione, mentre fruttò lauti guadagni peri finanziatori dell’impresa (che, lo si è visto, inauguròil ricco filone degli scandali politico-affaristici all’ita-liana), dal punto di vista dello Stato produsse dei ri-sultati per molti ritenuti al di sotto delle inizialiaspettative. Infatti, se pur gli incassi per l’Erario au-mentarono, ciò dipese in larga parte dagli aumenti

tariffari gradualmente attuati, e non ad un migliorataredditività aziendale. I miglioramenti e le innova-zioni apportati nel processo produttivo da Balduinoe soci furono minimali, e non determinarono allafine del quindicennio quel salto di qualità inizial-mente auspicato. Era aumentato il consumo di ta-bacchi, ma la “Regìa” non si era prodigata in unapolitica commerciale adeguata per seguire le ten-denze del mercato e non aveva introdotto nuoviprodotti lavorati, limitandosi al tabacco da fiuto edai sigari, senza intuire che il mercato, lentamente, sistava orientando verso le sigarette (anzi, come si di-ceva allora, le “spagnolette”). Nel gennaio 1884ebbe quindi luogo il ritorno dell’industria dei tabac-chi sotto l’egida statale, e per qualche anno furonolacrime e sangue: avverse contingenze economichedovute al generale rallentamento dell’economia na-zionale e l’avvio del fenomeno di una massicciaemigrazione, che lentamente privava la filiera pro-prio dei consumatori abituali dei prodotti del Mo-nopolio, misero in ginocchio il settore. Una societàolandese avanzò l’offerta, annusando l’affare, di of-frire un canone periodico in cambio della gestionedell’industria italiana del tabacco, e nuovamente l’ar-gomento fece capolino nel dibattito politico. Mal’esperienza della “Regìa” e la consapevolezza dellapropria inadeguatezza (e del potenziale guadagnoche si stava dilapidando) costrinse lo Stato italianoad affrontare col giusto piglio la rivoluzione indu-striale che si rendeva necessaria. In pochi anni, sottola nuova guida della Direzione generale delle Privative sioperò una progressiva tecnicizzazione dell’azienda,con importanti investimenti e con la formazione dimaestranze qualificate sotto la guida di Direttori distabilimento formati nelle facoltà di Ingegneria, e sipermise ai funzionari amministrativi di muoversicon maggiore dinamismo ed agilità sul mercato, co-gliendo ad esempio la opportunità di sviluppare leesportazioni dei prodotti amati dagli italiani costrettiad emigrare, recuperando così le quote di mercatosmarrite per inerzia decennale. Nell’arco di pochianni il Monopolio italiano riuscì finalmente a decol-lare, fino ad arrivare (ma questa è davvero un’altrastoria) alla istituzione dell’Azienda autonoma dei Mo-nopoli nel 1927, quella stessa AAMS che segnerà lastoria del tabacco italiano nel XX secolo e che, pas-sando attraverso la breve fase dell’ETI (Ente tabac-chi italiani), chiuderà la propria parabola con laprivatizzazione del 2003. E questa è una vicenda chei gestori conoscono davvero molto da vicino.

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D&G Depositi e Gestori

una testimonianza importante, quelladel gestore del DFL di Rieti, Car-mine Mazza, sui tragici giorni che havissuto e vive dalla famosa notte di

fine agosto, quando la terra ha tremato nell’altoLazio portando morte e distruzione. La testimo-nianza di un uomo che ha cercato di “fare”, e con-tinua a “fare”, per tutte le persone colpite dalsisma e soprattutto per i “cugini tabaccai”. Oltrea lui, abbiamo raccolto altre storie, quelle di duetabaccai, uno di Poggio Mirteto, che non ha subìtoconseguenze dal sisma, ed uno di Amatrice, chesi trova invece in situazione di emergenza, con larivendita attualmente ospitata in un container.Carmine Mazza è un uomo concreto, di poche pa-role ma di grandi gesti, come ha appunto dimo-strato nelle ultime tragiche vicende che hannocolpito il nostro Paese. Il suo DFL rifornisce tuttele zone toccate dal terremoto che a fine agostoprima, e a fine ottobre poi, ha messo in ginocchioil centro Italia. “La notte del 24 agosto siamo stati sve-gliati dalla scossa, naturalmente abbiamo passato il restodella notte svegli”, racconta Mazza. “La mattina suc-cessiva già era chiaro il disastro… mentre ero in giro perle consegne ho iniziato a contattare i tabaccai di Amatriceed Accumoli, Comuni che riforniamo. Con alcuni ho par-lato personalmente, di altri nel giro di poche ore ho avutonotizie. Erano tutti salvi, ma come si può immaginare leloro vite erano completamente distrutte… Tutte le tabac-cherie crollate o inagibili, senza contare i lutti di parenti eamici. Tornato a Rieti sono stato contattato da amici, inquanto era stato già allestito un sito per la raccolta dei benidi prima necessità da mandare nei posti colpiti, c’era giàuna montagna di roba, ma mancavano i mezzi, così ap-pena chiuso il deposito ho preso il furgone e sono andato acaricare. Insieme a me tanta gente di Rieti e provincia avevafatto lo stesso, e al centro di raccolta c’erano centinaia distudenti che dividevano e impacchettavano”. L’arrivo ad Amatrice poi, continua Mazza, è statouno shock. “Arrivati ad Amatrice lo scenario era quellodi un bombardamento. Tutto in macerie, persone in pigiamadavanti alle case che chiedevano acqua, altri non riuscivanoa credere di stare vivendo quell’incubo. In paese e nelle sue

innumerevoli frazioni regnava il caos… mezzi di soccorso eprivati imbottigliati su strade quasi impercorribili. Solo atarda sera siamo riusciti a scaricare all’interno del Palazzettodello sport, dove già ci si preparava per passare la notte. E’stata, come si può immaginare, una cosa impossibile da di-menticare. Nei giorni e nelle settimane seguenti qualche ri-vendita ha riaperto in condizioni d emergenza, e noi abbiamosempre cercato di sostenerli ed aiutarli. ”.Ormai sono mesi che la terra trema, e le scossedel 26 e 30 ottobre hanno finito di distruggerequel poco che era rimasto. “Il terremoto ti scuote anchedentro, impari a conviverci, per esempio pensando in ognimomento ‘se succede adesso cosa faccio?’. Qui a Rieti ab-biamo la ‘fortuna’ di sentire solo alcune scosse (una mediadi una al giorno finora) ma in quelle zone la gente vivedavvero nel terrore”, dice ancora Mazza.

ESPERIENZA E DISPONIBILITA’ PERUN SERVIZIO COMPLETO AL 100%

Ma veniamo adesso al suo lavoro, professione che,per Carmine Mazza, potremmo definire di fami-glia: non solo è “figlio d’arte”, ma anche nipote ecugino. Insomma più di un membro della famigliaMazza esercita da molto tempo l’attività di gestoredi magazzino, fin dai tempi del Monopolio.

DFL di Rieti: la concretezza del Gestore Carmine MazzaIl terremoto e il sostegno ai tabaccai vittime del sisma

E’

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D&G Depositi e Gestori

Ma quali le sue origini, o meglio come e per-ché è diventato gestore?Si è vero, siamo una famiglia numerosa e una parte dinoi gestisce o ha gestito i “magazzini”, il primo fu quellodi Venosa in provincia di Potenza, intorno agli anni ‘50,gestito da mia nonna, la signora Raffaella, con l’aiutodei figli. Tra questi mio padre, Peppino, che amava rac-contare come spesso gli capitasse di dormire in magazzinocon i fratelli. Poi i nipoti di nonna Raffaella iniziaronoa gestire altri depositi fino ad arrivare ai giorni nostri,in cui ancora alcuni continuano le attività dei genitori.Fra questi io, che nel 1991 intraprendo la mia attivitàcon il Deposito di Rieti. Si può dire che siamo nati inmezzo ai tabacchi e abbiamo visto cambiare il nostro la-voro nel corso dei decenni.

Ci parli del suo DFL, oggi e della sua opera-tività…Il “magazzino dei Monopoli” di Rieti esisteva già primache arrivassi io nel ‘91, non è frutto di unioni volontarie, maviene direttamente gestito da me insieme a cinque valenti col-laboratori. Il deposito ha una superfice di circa 300 mq e ri-fornisce praticamente tutta la provincia di Rieti più alcuniComuni della provincia di Roma (Montelibretti, Nerola eMontorio Romano) e, da qualche settimana, anche due co-muni in provincia di Perugia, Cascia e Monteleone di Spo-leto, che ci sono stati assegnati dopo il sisma del 30 ottobre.Il territorio è molto esteso e la maggior parte dei Comuni cheserviamo sono in montagna, purtroppo le strade non sonodelle migliori e le condizioni meteo come si può immaginarein inverno non aiutano ma riusciamo sempre e comunquea ultimare le nostre consegne.

Parliamo di sicurezza: avete mai subito furtio rapine nel vostro magazzino?Per fortuna dal 1991 non abbiamo subito furti o rapine.E naturalmente siamo dotati di impianto di allarme colle-gato con più centrali operative e di vigilanza.

E veniamo al commerciale e alla vendita diprodotti extratabacco per conto di Terzia.Quale è ad oggi il vostro bilancio?La vendita di prodotti extratabacco è un’opportunità e unasfida che stiamo cercando di cogliere ed affrontare dando ilmassimo, oltre a rappresentare una comodità per i tabaccai.Essendo Terzia una società “nuova” ci troviamo ad af-frontare problemi che società già avviate da decenni nonhanno, ma siamo fiduciosi e contiamo su questo allarga-mento degli orizzonti.

Attualmente i depositi fiscali sono tutti dotatidel sistema WMS, fornito da Logista. Qualisono i vantaggi, quali le criticità?Nel corso dei decenni ho assistito personalmente all’evolu-zione dei sistemi di lavorazione all’interno dei depositi,conservo ancora i registri scritti a mano del secolo scorso, eposso dire che ogni nuovo sistema ha i suoi pro e i suoi con-tro. Il WMS presenta sicuramente il vantaggio di abbas-sare notevolmente la possibilità di errore tra tipi di prodotti,ma d’altro canto come tutti i sistemi informatici collegatiin rete è dipendente da una serie di fattori quali la connes-sione e la stabilità dei server a cui si collega.

MOGLIE E MARITO PER LA RIVENDITANR. 2 DI POGGIO MIRTETO

Poggio Mirteto è un piccolo centro della Bassa Sa-bina, sede vescovile, sede dell’ASL di zona. In pienocentro storico, nella piazza principale Martiri dellaLibertà, si trova la rivendita nr. 2 dei coniugi Adolfoe Donatella. Marito e moglie hanno rilevato la tabac-cheria nel 2009, dopo varie esperienze nel campo delterziario. Adolfo già gestiva una tabaccheria a Mon-topoli di Sabina, poi il matrimonio con Donatella el’idea di riunire le forze per la nuova avventura dopoaver messo da parte un po’ di soldi. Oggi sono sod-disfatti della loro attività e del loro locale ampio espazioso, che oltre e a vendere tabacchi, è anche edi-cola e ricevitoria di Lotto ed Enalotto. Da ciò si ca-pisce subito che di lavoro ce n’è tanto soprattutto perla vendita dei giornali che implica la sveglia ognigiorno alle 5.30 per far trovare ai clienti il loro quo-tidiano fin dalle 7.00 della mattina. Un investimentoeconomico ma anche tanta dedizione al lavoro, per-ché per fare andare bene “gli affari” ci vuole impegnoe presenza costante ma anche un solido aiuto. E cosìcollaborano con Adolfo e Donatella due ragazze, Se-rena e Ilaria, ora dietro al bancone dei tabacchi, oraalla ricevitoria o all’edicola, perché il lavoro c’è e larivendita è aperta anche la domenica mattina, così fa-cendo i turni si soddisfano tutti i clienti.

GRANDI RISULTATI PER LA VENDITADI SIGARETTE E TRINCIATI

Per quanto riguarda la vendita di tabacchi, vannobene le sigarette e vanno bene anche i trinciati: iltabacco sciolto è la scelta primaria dei giovani chesono più inclini a prepararsi le “bionde” da soli esoprattutto a ricercare gusto e aroma speciali comela menta, la vaniglia ecc.. Il tabacco sciolto è prefe-

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rito anche dalle persone over 50 che hanno più pia-cere e più tempo per dedicarsi al “lento fumo” pre-parandosi la loro pipa. Per quanto riguarda i sigariinvece, non c’è un “gran movimento”, ma Adolfovorrebbe aumentare la vendita organizzando seratedi degustazione magari abbinando sigaro e liquoriper far conoscere ai suoi clienti i nuovi prodotti. Latabaccheria è proprio “Sali e Tabacchi” a tutti glieffetti: infatti oltre a tutte le marche di sigarette etrinciati qui si trova anche il sale, grosso, fino e io-dato, e si vende molto bene.Ma la vera protagonista del negozio è Donatella,un vero e proprio jolly, che spazia dal bancone deitabacchi, all’edicola, alla ricevitoria, sempre gentilee cordiale con tutti gli avventori, che sono sia cit-tadini che gente di passaggio che proviene dall’-hinterland sabino per i servizi che la città offre.Per quanto riguarda la sicurezza possiamo dire chei nostri coniugi dormono sonni tranquilli infattinon sono mai state vittime di furti o rapine: Pog-gio Mirteto è un paese tranquillo e Donatella edAdolfo qui vivono e lavorano bene.

ECHI DA AMATRICE. LA STORIA DI ELVISLA TABACCAIA “TERRIBILE” CHE NON

VUOLE ARRENDERSI E VENDE LE SIGARETTE NEL CONTAINER

“Tu sei la nuvoletta ed io sono il vento. Ti porto ove a mepiace; qua e là ti porto per il firmamento e non ti do maipace. Vanno a sera a dormire dietro ai monti le nuvolettestanche; tu nel tuo letticciolo, i sonni hai pronti sotto le coltribianche…”. Quando Domenico Terribile diede ilnome di Nuvoletta ad una delle sue figlie forse pen-sava proprio a questa piccola poesia di UmbertoSaba, e forse al cantante Elvis Presley, quandochiamò l’ultima figlia Elvis, dopo aver scelto per ilprimo figlio il nome “comune” di Loris.Questa è la storia della famiglia Terribile, tabaccaida tre generazioni. Il tutto ha inizio dal signorAscenzo, con la sua piccola bottega di generi ali-mentari e vendita di tabacchi a Cossara, frazionedi Amatrice, da cui dista circa 5 chilometri. Dopofu la volta del figlio Domenico, che negli anni ’50cercò di rendere il negozio un piccolo “merca-tino” dove trovare di tutto, dal pane, al latte, ai de-tersivi, allo scatolame e allo zucchero. E infineoltre al sale che si smerciava a peso con bilancespeciali, c’erano i sigari e le “bionde” che all’epocasi vendevano anche sciolte.

Alla morte del padre nel 1998, dopo aver collabo-rato tanto tempo dietro al bancone, diventa tito-lare la figlia Elvis, la quale con impegno e sacrificimanda avanti l’attività. C’è da dire che in questopaese di poche anime, il negozio è un piccolomondo a sè, dove compri sì, ma anche ti ritrovicon le persone, fai una chiacchiera, dai un saluto.La posizione poi è strategica perché su strada, einoltre è casa e bottega, perché sopra la rivenditac’è l’abitazione della famiglia.E dopo arriva la notte del 24 agosto: tutto crolla,chiese, case, la scuola, il cimitero. E’ uno scenariodi devastazione, e quelli che riescono a raccon-tarlo sono felici di essere sopravvissuti. Anche lacasa-bottega di Elvis Terribile viene colpita dalsisma; all’inizio è dichiarata inagibile, poi l’8 set-tembre, poiché a rischio crollo imminente, vienedemolita. La voce della signora è rassegnata, hapianto tutte le sue lacrime, ha perso tutto edadesso vive con il marito Giovanni, la sorella Nu-voletta e la figlia Laura in un stanza attigua allaparrocchia, 20 metri quadrati. Il tavolo non c’en-tra, e allora si mangia nel container. Marco, il fi-glio più grande, per fortuna ha trovato lavoro aRoma e vive in città, ma appena ha un momentotorna in famiglia.“Qui ad Amatrice e dintorni sono state tolte tutte le tendopolie le roulotte, ora fa freddo, piove e d’inverno arriva la neve.In attesa delle casette del Trentino, noi ci arrangiamo così,grazie a Don Luigi che ci ha dato questa possibilità… Moltisfollati sono andati negli alberghi della costa, o a L’Aquilada parenti, o ad Ascoli Piceno”, racconta Elvis. “All’ini-zio volevo mollare tutto e andare via anche io, poi mia figliaLaura mi ha chiesto di resistere, sarà lei la quarta genera-zione di tabaccaie, della nostra famiglia… Grazie alla Fitho avuto, oltre al contributo, un vecchio container dove vendoi tabacchi, e mi hanno promesso che presto arriverà quellonuovo più grande e riscaldato. Oltre alla Federazione Ta-baccai, al Vescovo, alle Istituzioni, un grande sostegno ce loha dato il nostro gestore, Carmine Mazza, disponibile e ge-neroso. Ci consegna i tabacchi direttamente, oppure quandoandiamo a Rieti a prenderli da soli è sempre una festa…Non è un rapporto professionale, oggi posso dirlo, ne ho lacertezza, è un rapporto di amicizia”.Cosa si aspetta da questo Natale? La signora Elviscon voce commossa risponde che di fronte a que-sta tragedia non ha desideri, sicuramente lei nonvedrà la ricostruzione ma, ecco, un futuro perLaura, quello sì, lo vorrebbe.

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Agemos

i sono svolte nel mese di novembre in variecittà d’Italia, partendo da Potenza poi aTorino, Milano, Vicenza, Reggio Emilia,Catanzaro, Arezzo, Roma, Catania, riu-

nioni di zona per approfondire, discutere e con-dividere le principali problematiche e tematicherelative ai vari ambiti operativi dei DFL/TP conparticolare riferimento ai rapporti con Terzia.Nel ruolo di relatori, il Presidente Carmine Mazzaed il Vice Presidente Nello Ienco e, soprattutto, lafattiva partecipazione di molti Gestori che hannomostrato un grande interesse interagendo con laDirigenza e rispon-dendo prontamenteal dialogo con sugge-rimenti e proposte.“La filosofia di questimeeting, riservati a unnumero limitato di colle-ghi appartenenti a unamedesima Zona, è unaformula molto proficuache permette una comuni-cazione diretta tra la di-rigenza e i gestori” hasottolineato CarmineMazza. Focus princi-pale di questi incontriè stato lo sviluppodel progetto Terzia a tre anni dalla partenza del-l’attività di diversificazione commerciale. Il Presi-dente ha ricordato come nel 2012, rinegoziandoil nuovo contratto, sia stata operata una scelta benprecisa e cioè intraprendere la strada dell’attivitàcommerciale “extratabacco” per creare alternativee un futuro più promettente per tutti gli associati.All’epoca, alcuni Gestori già avevano un’esperienzadi commerciale alle spalle, altri hanno invece ini-ziato ex novo ed hanno raggiunto risultati soddisfa-centi nonostante alcune problematiche che hannodovuto affrontare. Tutto ciò dimostra che l’attività“extratabacco” è stata una scelta vincente perché

offre una prospettiva a lungo raggio e di più ampiospettro. Terzia ambisce a diventare il network lea-der in grado di offrire, attraverso la rete deiDFL/TP, un numero elevato di prodotti ai tabaccairelazionandosi direttamente con i produttori. A spiegare la distribuzione del contributo straordi-nario di 600 mila euro concesso da Terzia ai Gestori,il Vicepresidente Nello Ienco, che ha chiarito comela somma aiuterà sia i Gestori già strutturati (quelliche hanno un parco clienti fidelizzato, eventualiagenti e/o collaboratori che svolgono attività di te-leselling, ecc.) sia quelli che devono ancora strutturarsi

per conquistarel’obiettivo del fattu-rato target indivi-duato; il contributosarà erogato in duefasi. Nelle prossimesettimane, gli area ma-nager di Terzia, predi-sporranno insieme alDFL/TP un pianocommerciale adattoad ogni struttura (ma-gazzino grande,medio, piccolo) perconsentire di attivarsisubito. “A questo propo-sito - ha affermato

Nello Ienco - sarà necessario che ogni DFL/TP effettuiun’analisi del proprio mercato locale e della propria strutturacommerciale allo scopo di comprendere il potenziale di mercatoe commerciale esistente: un tale approfondimento, infatti, per-metterà di raggiungere i risultati attesi”.Ciò che ha caratterizzato queste riunioni di zona,è stata la grande partecipazione dei Gestori e laloro possibilità di dialogare sulla base della loro si-tuazione strutturale ed imprenditoriale, eviden-ziando in particolare problematiche attinenti alterritorio, alla logistica del tabacco in tema di orari,trasporto garantito e altro, cercando insieme alladirigenza di individuare possibili soluzioni.

Confronto e dialogo tra Agemos e Gestori sullo sviluppo di Terzia

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Anno nuovovita nuova. E quest’anno

per gli amici dell’Associazione c’èdavvero una grande novità: l’atteso appuntamento

della manifestazione sciistica cambia sede e si sposta dal nordItalia all’Appennino centrale, esattamente a Rivisondoli Roccaraso. AGE-

MOS, venendo incontro alle esigenze di tanti associati, ha deciso di scegliere una nuovalocalità “equidistante” dalle varie parti del Paese e pertanto di più “agevole” raggiungi-mento, in modo da facilitare la partecipazione e la presenza anche dei Colleghi del centroe sud Italia.

I giorni dal 26 al 29 gennaio saranno come sempre all’insegna dell’amicizia e della con-vivialità, per incentivare l’incontro e il dialogo dei gestori tra loro e con la Dirigenza.Infatti anche quest’anno saranno presenti il Presidente Carmine Mazza, il Vicepresi-dente Nello Ienco e i Consiglieri nazionali.

“Quest’anno il tradizionale appuntamento di svago e di divertimento, sarà anche un’oc-casione unica per incontrarci e fare il punto sulle principali tematiche che stanno acuore alla Categoria”, ha ricordato Mazza invitando i Colleghi all’evento. Insomma, di-vertimento ma anche possibilità di passare dei giorni insieme e di “conoscersi”, scam-biandosi suggerimenti e consigli sulla propria attività di gestore.

La location scelta, Rivisondoli Roccaraso, è un luogo adatto a sciatori e non sciatori.Infatti, oltre ad offrire un bel comprensorio di piste, offre anche tante possibilità alter-native, belle passeggiate a piedi o con le ciaspole nei boschi o, perché no, a cavallo.Inoltre, adiacente all’albergo scelto per l’ospitalità della manifestazione, si trova il mo-dernissimo centro termale “TERME ALTE DI RIVISONDOLI”, che assicura relax ecoccole ai frequentatori.

Agemos sulla neve

L’hotel è l’AQUA MONTIS RESORT , ideale sia per grandi che per piccini: bellestanze, deposito sci e soprattutto una grande piscina riscaldata e una sauna che sarannoa disposizione degli ospiti per la durata di tutto il soggiorno. Ai partecipanti sarà offertogratuitamente lo sky-pass per gli impianti di risalita valevole due giorni (venerdì po-meriggio gara di slitta, sabato mattina gara di sci) da ritirarsi presso la reception dell’-Hotel. Inoltre sulle piste ci saranno due maestri di sci che daranno lezione aiprincipianti del nostro gruppo gratuitamente. Per raggiungere gli impianti di risalita sipotrà usufruire dello sky-bus, che parte dall’albergo.

Nella sera del sabato, come di consueto, verranno poi organizzati la tradizionale cenadi gala e l’intrattenimento con cabaret.

A Roccaraso “Agemos sulla neve”2017A Roccaraso “Agemos sulla neve”2017

Agemos sulla neve

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Dall’Europa

errebbe da dire: tanto tuonò, che piovve:dopo i pacchetti di sigarette, sembra pro-prio che le immagini shock siano desti-nata a comparire anche sulle bottiglie dei

superalcolici. L’Irlanda ha messo nel mirino unodei suoi prodotti di punta, vale a dire i distillati, connorme che prevedono l’obbligo di stampare sul-l’etichetta avvisi sui rischi per la salute. La Com-missione europea, non avevamo dubbi, sembraaver accettato di buon grado l’iniziativa: prendendospunto dal testo irlandese per le politiche comuni-tarie che verranno, il governo europeo ha antici-pato che “altri mezzi saranno necessari» contro chi alzatroppo il gomito”. Scritte come “nuoce gravemente allasalute” o “bere uccide” a breve potranno dunque leg-gersi sulle targhette di rum, gin, vodka e affini. E’quindi ragionevole ritenere che da qui alle fototraumatizzanti il passo potrebbe essere breve, sullascia di quanto accaduto per i prodotti di tabacco,sempre (guarda un po’) su impulso irlandese. Il go-verno di Dublino ha adottato a dicembre 2015 laproposta di legge sulla salute pubblica, notificatain Commissione a gennaio. Per le sostanze alcoli-che inebrianti il provvedimento introduce divietipromozionali (no a pubblicità sui mezzi pubblici eloro fermate in prossimità di scuole), divieti disponsorizzazione (per eventi per minori e adole-scenti), prezzo minimo imposto (10 centesimi perogni grammo di alcol in bottiglia), possibilità di di-vieti di vendita sottocosto “durante un periodo limi-tato” (happy hour). E soprattutto introducel’obbligo di “avvertenze sulla salute”.

IL FAVORE DI BRUXELLESIl provvedimento è ancora in discussione a Dublino,ma ha già ricevuto il benestare di Bruxelles.  “È unbuon esempio”, secondo il Commissario per la Salutee la Sicurezza alimentare, Vytenis Andriukaitis, con-vinto che “migliorare l’etichettatura può aiutare a essereconsapevoli dei rischi” per l’organismo. Il Commissarioha anche annunciato per l’inizio dell’anno prossimouna proposta Ue per l’indicazione di ingredienti e

calorie sulle bottiglie di superalcolici, e ha aperto adulteriori misure. Perché, ha spiegato, “chi tende a ubria-carsi non cambierà abitudini per l’indicazione di calorie inetichetta”. Per loro “serviranno altri mezzi”. Propriocome per le sigarette, dove agli avvisi sempre piùespliciti si sono aggiunte immagini di forte impattovisivo ed emotivo. La stretta sulle sigarette è partitadall’Irlanda, proprio come quella attuale sui distillati.Nel 2008 l’allora deputato James Reilly intrapreseuna battaglia politica contro il fumo, soprattutto trai giovani. Nel 2013, in veste di ministro della Salute,riuscì - grazie alla presidenza irlandese del ConsiglioUe - a far approvare le nuove norme che hanno in-trodotto le immagini choc sui pacchetti. Quali pos-sono essere infatti gli «altri mezzi» di dissuasioneipotizzati da Andriukaitis se non le raffigurazioni aeffetto? I principali produttori di vino e birra dell’Ue– in primis i francesi - hanno manifestato robustepreoccupazioni, temendo inevitabili ripercussionisul mercato. Il progetto di legge irlandese prevedetuttavia modifiche alle leggi nazionali del 2003 e del2008 note come “liquor acts”, laddove “liquor” desi-gna gli alcolici distillati. Di conseguenza vino, birrae sidro non dovrebbero essere toccati, anche se, adonor del vero, il regolamento 1308 del 2013 sull’or-ganizzazione comune dei mercati dei prodotti agri-coli non escluda la eventuale imposizione di unprezzo minimo unitario per la vendita al dettaglio divini.  L’iter legislativo è però in corso, ed emenda-menti alla proposta sono sempre possibili, e i recentiorientamenti comunitari fanno temere che in corsod’opera possano trovare ascolto le tesi dei salutistioltranzisti, sostenitori dell’applicazione draconianadelle misure le più stringenti possibile. Nel frat-tempo quel che è certo è che, se il parlamento diDublino approverà la legge, nel giardino d’Europasarà a rischio l’happy hour, con contraccolpi ancoranon misurabili sullo stile di vita “alcolicamenteorientato” degli abitanti dell’Isola di smeraldo.Si ripeterà dunque per l’alcool quanto accaduto altabacco? I presupposti perché questo avvenga cisono, eccome. “Viviamo davvero tempi strani e contrad-

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Dopo le sigarette, il whisky:l’Irlanda torna alla carica con le foto shock

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Dall’Europa

dittori” - ha osservatoAndrea Coccia su“Linkiesta”. “Mentremetà del mondo legiferacontro i proibizionismi -ad esempio, alcuni Statiamericani che legalizzanola marijuana – un’altraparte, la nostra, li alimentapuntando su tecniche terro-ristiche per ‘educare orwel-lianamente’, e le virgolettesono d’obbligo, i propri cit-tadini. A partire dal2017, quindi, su bottigliedi vodka, rum, whisky, sambuca, pastis, ma magari anchesu bottiglie di vino e di birra, potrebbero comparire scrittecome ‘Bere uccide’, ‘Bere provoca disfunzioni erettili’, abbi-nate a foto di visi deturpati, corpi compromessi, malati, infin di vita, con l’obiettivo di instillare in noi cittadini-bam-bini incapaci di pensare alla nostra salute il terrore del bereo, per usare le parole dei burocrati, per ‘aiutare a essere con-sapevoli dei rischi’ connessi all’uso e all’abuso di alcol. Ilparadosso è evidente. Dopo un Novecento passato a demolirelo Stato Etico e le sue ingerenze morali sui cittadini, questiprimi anni Duemila li stiamo passando a diventare tale-bani. E, percorrendo autonomamente la strada verso nuoviproibizionismi, stiamo permettendo ai nostri Stati, quelliche quando si parla di geopolitica internazionale si auto-proclamano Grandi Democrazie Liberali, di trasformarsiin Grandi Oligarchie Morali. Certo, qualcuno - anzi, piùdi qualcuno - obietterà che l’abuso o l’uso sconsiderato diuno strumento o di una sostanza che comporti un danno alcittadino, comporta anche un danno allo Stato, essendo loStato un corpo sociale composto dall’insieme dei suoi citta-dini. E qualcun altro aggiungerà che gli abusi di alcol e dro-ghe comportano un costo sociale collettivo e che quindi loStato ha tutto il diritto di usare qualsiasi mezzo per farcismettere, o per imporci la continenza. Entrambe le posizionisono errate, tuttavia, e chi le sostiene, seppur in buona fede,sbaglia. Lo Stato è un patto tra cittadini che riguarda lavita pubblica e il rapporto tra essi, non, come queste infra-zioni rivelano, un patto che riguarda i cittadini nel rapportocon sé stessi. È per questo che accettiamo di delegare l’ap-plicazione della violenza allo Stato, ma non possiamo ac-cettare con la stessa leggerezza il delegare l’applicazione dellamorale. Hegel, quando diceva che ‘lo Stato è la realtà del-l’idea morale’ si sbagliava e di grosso. La legge morale, comescriveva Kant, è dentro di noi. Ed è proprio la possibilità

di scegliere di sbronzarci,di drogarci, di farci delmale che ci rende uomini li-beri. È quella cosa che icristiani chiamano  liberoarbitrio,  il diritto di sce-gliere se sbagliare o no. Ese lo ha recepito persinouna religione edofobicacome il cristianesimo - lo è,anche se meno dell’Islam -allora non c’è motivo chenon lo recepiscano struttureche si dicono laiche e libe-rali come i nostri vecchi

Stati Nazione. Nel 1946, in uno dei saggi contenutiin ‘Altre inquisizioni’ e intitolato ‘Il nostro povero indivi-dualismo’, Jorge Luis Borges individuò il problema e scrisse:‘Il più urgente dei problemi della nostra epoca è la gradualeintromissione dello Stato negli atti dell’Individuo’. Oggi,passati settant’anni, quel pericolo non è affatto scomparso ei nostri Stati stanno continuando a intromettersi, e in ma-niere che Borges non poteva nemmeno immaginare, nelle no-stre vite. Se non dovesse essere sufficiente la filosofia, lo saràl’applicazione di un paradosso. Ovvero che l’unica causa dimorte è la nascita. È nascere che nuove gravemente alla sa-lute e qualsiasi attività che facciamo, da grembo a tomba,può potenzialmente danneggiarci o anche ucciderci. Guidarepuò uccidere, eppure - fortunatamente - non ci sono sui cru-scotti dei miliardi di autovetture che impuzzolentiscono ilmondo le foto di incidenti e copri squartati. L’abuso di qual-siasi cibo può uccidere, ma nessuno si sogna di scriverlo sulleetichette. Pensate, persino bere acqua può uccidere. Si calcolache ne bastino otto litri in una seduta per stroncare la vitadi un maschio adulto. Eppure non ci sono etichette terroristesulle bottiglie di acqua nei nostri supermercati. Se ci fosseroci farebbero ridere. E ne avremmo tutte le ragioni”. Uno sfogo, quello di Coccia, da sottoscrivere inpieno, ma che temiamo rimarrà ancora una voltainascoltato e destinato ad essere sovrastato dallamontante marea proibizionista che sembra carat-terizzare questo scorcio di inizio millennio. Nelfrattempo iniziamo a guardare con un occhio diriguardo quelle bottiglie di Chivas e di Johnny Walkerdall’etichetta ancora intonsa che ci sono state re-galate lo scorso Natale e che abbiamo distratta-mente e con sufficienza parcheggiato nel mobilebar. Tra un paio d’anni, rischiano davvero di di-ventare oggetto da collezione!

Eventi

partire dalla metà degli anni Settanta (perl’esattezza dal 1975, quando la maestria diLuciano Salce si unì al genio di Paolo Vil-

laggio per dare vita al primo, “epocale” film), e per unpaio di decenni a seguire, l’unica “nuvola” cui ricono-scevamo un significato diverso dalla sua entità mete-reologica era quella di Fantozzi, familiare ai più, prontia scherzare sulle proprie piccole sfortune quotidiane,“personalizzando” nube e “Bianchina” annessa. Poi,nel 2000, in seguito al bando di concorso indetto dueanni prima dal Comune di Roma per la progettazione

del nuovo Centro Congressi da realizzarsi nello sto-rico quartiere dell’Eur della Capitale, la giuria interna-zionale presieduta da Lord Norman Foster proclamòvincitore il lavoro presentato dall’“Archistar” Massi-miliano Fuksas. E la “Nuvola” (questa volta con la Nmaiuscola), da allora fino ad oggi, avrebbe identificatouna delle opere di architettura contemporanea tra lepiù discusse e controverse tra quelle realizzate nel no-stro Paese, al punto da renderne dibattito e scontro diopinioni anche la sua fastosa inaugurazione, avvenutail 29 ottobre scorso con tanto di diretta televisiva. A

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Nuvola sulla CapitaleInaugurato a Roma il nuovo Centro Congressi Eur

progettato da Massimiliano Fuksas

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Eventi

Fuksas non piace il nome “spontaneo e invincibile” che iromani hanno dato alla sua creatura. “Per me era TheFloating Space”, ha detto in occasione dell’inaugura-zione, ma “hanno indetto un concorso internazionale per tro-vargli un altro nome. E ha vinto Nuvola”. Altre suggestioni,quindi, per il progettista, quasi un “indefinito” prove-niente da chissà quale mondo rinchiuso in una im-mensa prigione terrestre, trasparente anch’essa, perchétutti la vedano da fuori. Un significato che trascendela materialità della struttura e che marca la differenzadelle grandi opere di un’architettura che diventa ancheforma d’arte. D’altra parte, per citare Le Corbusier,“l’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emo-zione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. LaCostruzione è per tener su: l’Architettura è per commuovere”.

TUTTI I NUMERI DELLA NUVOLAUna “forma” esclusiva ed unica, fortemente carat-terizzata e caratterizzante, che “commuove” dav-vero, al pensiero dei grandi numeri che larappresentano. 18 gli anni trascorsi dall’affida-mento dell’incarico, 8 dal suo avvio non privi di al-terne vicende, giudiziarie ed amministrative, che nehanno frenato la continuità (12 varianti interve-nute, 4 anni necessari per ottenere dal Comune diRoma il permesso a costruire e 10 mesi persi dallasocietà a causa di un pesante stop dovuto al crackfinanziario dell’azienda appaltatrice), punte di 270

uomini al giorno per la sua costruzione, quasi 250milioni di euro spesi per la sua realizzazione. Al-trettanto significativi, i numeri della struttura com-piuta, 55.000 mq di superficie costruita, unacapienza complessiva di quasi 9.000 posti (suddi-visi tra l’auditorium in ciliegio americano, all’in-terno della Nuvola, in grado di accogliere 1.760persone, e le grandi sale congressuali per comples-sive 6.500 sedute), un albergo da 441 stanze e unparcheggio da 600 posti.“Teca”, “Nuvola” e “Lama” le tre “immagini” cuiè riconducibile il complesso del nuovo Centro Con-gressi dell’Eur. La Teca, orientata longitudinal-mente, è il contenitore con struttura in acciaio edoppia facciata in vetro che racchiude al suo in-terno la Nuvola, fulcro ed elemento architettonicocaratteristico del progetto: la struttura in nervatured’acciaio, dallo straordinario effetto visivo, è rive-stita da un telo trasparente di 15.000 mq. La sua co-strizione nello spazio “scatolare” della Teca mettein risalto il confronto tra un’articolazione spazialelibera, senza regole, e una forma geometricamentedefinita. Indipendente ed autonoma è la Lama, l’al-bergo di 441 stanze, prossimo alla Teca. L’opera nelsuo complesso si contraddistingue per un approc-cio eco-compatibile, e si caratterizza per le soluzionilogistiche innovative e per la scelta di materiali tec-nologicamente avanzati.Fin qui, le “oggettività” della Nuvola. Ma torniamoalla sua inaugurazione, alle dichiarazioni, alle critichee polemiche su un’opera definita “divisiva”, cosìcome il suo progettista. Prima di tutto, il suo futuro.Sulla base delle stime annunciate da Enrico Pazzali,amministratore delegato EUR S.p.a, società proprie-taria del Centro, quando la struttura entrerà piena-mente in funzione il proprio giro di affari potrebbeaggirarsi intorno a 350 milioni di euro l’anno. Apieno regime inoltre, a detta della società ammini-stratrice – la stessa che gestisce la Fiera di Milano,altra opera virtuosa di Fuksas – il Centro sarà capacedi apportare alla Capitale, ma in generale al sistemapaese, “un incredibile indotto”. E fin qui, ottime pro-spettive. Poi, però, i troppi soldi e i troppi sperperidenunciati in occasione della cerimonia del 29 otto-bre dalla Sindaca di Roma Virginia Raggi, la qualeha comunque apprezzato “un’opera architettonica stra-ordinaria. Ciò che è bello va riconosciuto, – ha detto laRaggi, - lo dico perché si tratta di una riposta a chi immaginae dice che Roma e gli italiani non sono più capaci di meraviglie;

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Eventi

è una riposta a chi vuole descriversi sempre male; è una rispo-sta a chi fa il tifo contro, sempre e comunque. Roma può edeve ambire a tornare ad essere la capitale mondiale della cul-tura”. Secca la risposta di Fuksas, “in Italia non si parlad’altro che di costi. Non di cultura. Non di arte”.

NUVOLA SI, NUVOLA NOMa anche tra coloro che dissertano di cultura e diarte, la Nuvola ha sollecitato suggestioni diverse.“Una freddezza ospedaliera e un monumentalismo funera-rio” è il giudizio di Vittorio Sgarbi, che si è comun-que detto convinto (bontà di Pezzali) dell’utilità edei profitti che potrebbe portare allo Stato e al Co-mune di Roma: “Massimiliano Fuksas mi è antipatico elo trovo straordinariamente sopravvalutato, oltre che incredi-bilmente sovra-pagato, e invece Enrico Pazzali, amministra-tore delegato dell’Eur Spa, a cui si deve il completamento e(spero) il funzionamento della cosiddetta Nuvola mi è par-ticolarmente simpatico e ne apprezzo le capacità”, ha scrittoSgarbi ne Il Giornale. Ma è soprattutto nella conti-nuità con il paesaggio architettonico circostante cheSgarbi individua il limite dell’opera dell’architetto.“I vasti spazi rettilinei hanno una freddezza ospedaliera eun monumentalismo funerario da sacrario più che da fiera,una estensione commemorativa di epoche e stili del passatoche li assimilano a Redipuglia e rendono le presenze umanefantasmi come gli uomini magrittiani, allineati in militarescheprocessioni sulle pareti della Nuvola dal regista Giampiero

Solari, per la giornata di inaugurazione. Speriamo che aquesto spazio, pensato per i morti da Fuksas, ridia vita En-rico Pazzali”, scrive ancora Sgarbi.Diversa l’opinione di Luigi Prestinenza Puglisi, sag-gista, critico e storico dell’architettura. Nel luglioscorso, all’indomani della presentazione alla stampainternazionale della Nuvola (poi chiusa in attesa delcollaudo), su Artribune ha scritto: “È lui il più bravo:Massimiliano Fuksas. (…) Certo in Italia c’è il giganteRenzo Piano, perfetto e ineccepibile; ma mancante della catti-veria indispensabile per fare vibrare lo spazio oltre certi limiti.Mentre Fuksas è duro e teatrale, e soprattutto ha un dono: sagestire la grande dimensione. Quella dismisura dove il dettaglioraffinato diventa insignificante e conta la forza del gesto unitaall’arroganza di un’idea”. E ancora: “Sulla Nuvola è statodetto di tutto: che è pesante, che è uno spreco di ferro, che nonsi rapporta con il contesto, che non ha una forma, che è cafona,che è costata uno sproposito. Sì, tutto (in parte) vero. Ma, dettoquesto, attraversate questa scatola gigantesca di vetro e provatea stare sotto la pancia di uno smisurato blob che si appoggiasolo su tre punti. E poi nel blob entrateci e provate questomondo di trasparenze. E ne parliamo. Tutto qui? Certo, perchéla grande architettura è fatta di spazi e gli spazi non bisognadescriverli ma sperimentarli (…)”.In tanti siamo curiosi di “attraversare quella scatolagigantesca”, che ha richiuso le porte subito dopol’inaugurazione. Piena operatività nel 2017: l’attesaè breve.

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High Lights

i è svolta all’inizio di novembre la quarta edizione dell’ “E-Cigarette Summit ” intito-lato “Science, regulation & public health ”: il convegno scientifico ha riunito, alla RoyalSociety di Londra, esponenti della comunità medica scientifica ed esperti normativied amministrativi a livello internazionale per fare il punto sui sistemi alternativi alla

sigaretta tradizionale. La comunità scientifica, insieme anche alla ricerca di alcuni produttoridi tabacco, ha da qualche tempo individuato dei prodotti che possono dare al fumatore lostesso piacere riducendo i rischi: le sigarette elettroniche e l’I-qos sviluppato e commer-cializzato dalla Philip Morris. “Nel loro evolversi e diversificarsi questi nuovi modi di fumare diven-teranno sempre più sicuri e maneggevoli e accettati dal pubblico e dal mercato. Soprattutto vedrannoun’evoluzione non solo in termini di ‘smoking sensation’, ma anche di applicativo nell’industria farmaceu-tica”, ha detto il dottor Riccardo Polosa, direttore dell’istituto di medicina interna e di im-munologia clinica dell’università di Catania, uno dei massimi esperti italiani del settore.

L’ATTENZIONE PER I-QOSUna attenzione particolare, dato il lusinghiero successo ottenuto in Giappone a seguito dellarecente introduzione, è stata riservata ad I-qos, prodotto che non brucia tabacco, ma lo ri-scalda a basse temperature. “Potenzialmente questo prodotto – afferma il professor Neal Beno-witz, ordinario di medicina e bioingegneria all’università di San Francisco - può liberare nicotinasenza avere i problemi derivanti dal riscaldamento dei liquidi della sigarette elettronica, quindi in teoria po-trebbe essere più salutare. Non sappiamo ancora molto sul profilo tossico, ma è importante continuare conla ricerca per capire quali siano i livelli vari di tossicità. In questo senso è molto importante il lavoro diricerca e controllo che è in corso di realizzazione sotto l’egida della Food and Drug Administration. Va sot-tolineato che questo strumento, rilasciando nicotina, può essere utile ai tabagisti che intendono smettere pergradi”. Nel corso dell’incontro londinese si è sottolineato il fatto che la rivoluzione introdottadai prodotti alternativi alle tradizionali sigarette ha dato vita ad un a duplice controversia.Innanzitutto alla questione legata alla sperimentazione scientifica citata dal professor Be-nowitz, ma anche al tema della regolamentazione normativa e fiscale di queste novità, sianei singoli paesi che a livello internazionale. Tim Phillips, avvocato e direttore di Ec intelligence,con una specifica esperienza in questo settore in qualità di ex funzionario della Commissioneeuropea, alla specifica domanda su cosa dovrebbero fare le autorità in materia ha detto:“Credo debbano essere di ampie vedute e cercare il massimo di informazioni sulla materia: sulle abitudinidei consumatori, su come reagiscono. Necessita, ed è fondamentale, un elemento di comprensione perché l’evo-luzione del settore non è necessariamente legata a quanto accaduto finora per il tabacco. Si tratta di prodottiche col tabacco tradizionale strettamente inteso hanno poco a che vedere. E’ una categoria di prodotto nuova,innovativa e che a mio avviso deve essere trattata con una sua propria specificità ”.

E-cigarette summit: quarta edizione a Londra

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News

LA FOTO DELLA DISCORDIAUn uomo sofferente, intubato su un letto d’ospedale,con una scritta ad accompagnare l’immagine shock:“Fumare provoca ictus e disabilità”. E’ una delle tante im-magini che, a seguito della recente Direttiva CE sultabacco, scelte per comparire sui pacchetti di sigaretteallo scopo di convincere i fumatori a farla finita conil fumo. Ma la novità è che l’uomo immortalato inuna di quelle foto, un 54enne di Boiro, in Galizia, èuscito allo scoperto. A suo dire l’immagine in que-stione lo rappresenta ed è stata usata senza il suoconsenso. “Mi sento usato”, ha raccontato al quoti-diano La Voz de Galicia. E non è tutto: lui, in quelletto d’ospedale di Santiago, non ci era finito a causadel fumo (pur essendo un fumatore): si trattava in-vece di un delicato intervento alla schiena. Il 54enneha denunciato tutto alla Guardia Civil ed ha già ini-ziato una causa per chiedere un risarcimento al-l’Unione Europea. La storia di F.J.T.A., queste leiniziali del protagonista inconsapevole di questa vi-cenda, inizia nel 2013. L’uomo fu costretto in quel-l’anno a sottoporsi ad un intervento chirurgico perl’impianto di placche di titanio nella schiena al finedi risolvere dei dolori muscolari insopportabili. L’in-tervento è delicato, tanto da costringere l’uomo adessere intubato. L’immagine che a suo dire lo ri-prende sul letto d’ospedale nel decorso post-opera-torio è diventata – e non si sa come sia potutoaccadere - una delle foto selezionate dalla CE per es-sere riprodotte sui pacchetti di sigarette. Ma comedetto il fumo non c’entra nulla. Anzi. L’uomo è unfumatore, ma non è questo il punto. L’idea che il suovolto possa essere usato per spaventare i cittadini eu-ropei, per di più senza il suo consenso, lo disturba.Gli amici, i conoscenti o anche i vicini di casa a Boirolo hanno riconosciuto, e presto si è trasformatonell’“uomo della foto shock sul pacchetto di sigarette”. Oltreall’interessato, ha manifestato il proprio disappuntoanche la autorità sanitaria locale, il Servicio Galegode Saúde (Sergas), arrivando a proclamare pubblica-

mente la propria estraneità ai fatti. Un secondo colpodi scena è però intervenuto pochi giorni dopo l’ou-ting del galiziano. E’ arrivata infatti un’altra rivendi-cazione, questa volta dal nostro Paese. “La personasulle foto shock delle sigarette è mio padre, ho tutte le prove, equella foto non è mai stata autorizzata”. Raffaele Leone,48 anni, residente ad Orbassano ha affidato a Face-book la sua denuncia. Affianca l’immagine di unuomo intubato in un letto di ospedale a quella delpadre, Agostino Leone, morto a 73 anni in seguitoad un ictus. Afferma di essersene accorto dopo avercomprato un pacchetto di Lucky Strike e aver osser-vato la scatola. Quella stessa immagine, però, è quellarivendicata dallo spagnolo. “Invece è mio padre, ne sonosicuro e non so perché quell’uomo spagnolo abbia detto di essersiriconosciuto”, replica Leone che racconta di aver giàscritto all’Unione Europea e di essersi rivolto ad unlegale per chiedere conto di quanto successo. La so-miglianza dell’immagine con quella del padre addor-mentato in pigiama a righe in effetti èimpressionante. Ma la denuncia dell’orbassanese in-grossa le fila dei “pretendenti” al presunto abusod’immagine (e al correlato probabile risarcimento ci-vile): la stessa foto contesa tra la Galizia e il Torineseè stata infatti successivamente citata da una donna diBarcellona che avrebbe riconosciuto il marito sotto-posto ad un intervento per un tumore e poi mortoin seguito alla malattia. Il portavoce della Commis-sione Ue per Salute, Ambiente, Pesca e Sicurezza ali-mentare, Enrico Brivio ha lapidariamente affermatoche non esiste invece alcuna corrispondenza tra lepersone che hanno contattato l’ufficio e quelle chefigurano sui pacchetti, che a suo dire hanno tutti fir-mato le rispettive liberatorie..

NON HO L’ETÀ… PER FUMARE Ignoriamo se esista negli Usa l’equivalente attuale diuna sedicenne Gigliola Cinquetti, che nel ’64 esordìcol botto a Sanremo, vincendo il festival della can-zone italiana con il celeberrimo “Non ho l’età”. Solo

Una carrellata

di notizie

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News

che in terra americana il refrain della canzone an-drebbe parzialmente modificato, visto che l’età dicui si parla non è “per amarti” ma… per fumare! IlSenato del Massachussetts ha approvato una leggeche aumenta l’età minima legale di vendita dei pro-dotti del tabacco da 18 a 21 anni.  In entrambe lecoste degli Usa si è acceso il dibattito su quanto ilgoverno possa spingersi nel prevenire l’acquisto el’uso da parte di “giovani adulti” - che possono cioèservire nelle forze armate, sposarsi, guidare unamacchina e votare - di alcuni prodotti dannosi perla loro salute. Il Governatore Charlie Baker si èespresso a favore della legge approvata. Finora lalegge statale limitava la vendita di prodotti del ta-bacco alle persone 18 anni. Ma più di 100 paesi ecittà del Massachusetts, tra cui Boston, hanno au-mentato l’età di vendita legale: il provvedimento indiscussione alzerebbe la soglia in tutto lo Stato. Il di-segno di legge del Massachusetts vieta anche l’usodi sigarette elettroniche laddove è già vietato fumare,come ad esempio i luoghi di lavoro, bar e risto-ranti.  L’Associazione Dettaglianti del Massachu-setts, uno dei numerosi gruppi locali che si opponeal disegno di legge, ha definito la legge approvata aBeacon Hill “anti-consumatore”, dato che in sostanzavieta ai negozi con regolare licenza di vendere unprodotto legale per consumatori adulti. In un’inter-vista, il presidente dell’associazione Jon B. Hurst èparso assai preoccupato nel commentare la appro-vazione. Hurst, che ha un figlio in Marina, ha dettoche fatica a contemplare l’idea di membri dei corpimilitari che rischiano la vita all’estero e poi non ven-gono messi nella condizione di poter acquistare unprodotto a base di tabacco quando tornano a casain Massachusetts. Harvey A. Silverglate, avvocatospecializzato nella tutela dei diritti civili a Cambridgee noto attivista libertario, mette in dubbio la sag-gezza di una legge che potrebbe spingere i maggio-renni under 21 a procurarsi il tabacco “sotto il tavolo”.“Gli adulti hanno un sacco di illusioni su quanto l’autoritàfine a se stessa possa servire con i giovani. Credo che questosia uno di quei casi”, ha detto. “Il fumo, proprio come ilbere, è un comportamento che evita la deriva della dipendenzase viene vissuto alla luce del sole piuttosto che in clandestinità”.E che l’indirizzo preso dai “puritani” di Boston nonsia il segnale di una particolare eccentricità, ma tra-duca invece un comune sentire diffuso in tutto il ter-ritorio statunitense – anche se fino allo scorso aprilele Hawaii erano l’unico Stato del Paese ad aver fis-

sato l’età minima di vendita legale a 21 anni - lo te-stimonia il fatto che un provvedimento analogo èappena diventato legge statale tanto nella solare e li-bertaria California, dove il governatore Jerry Brownha sancito con la propria firma la stessa soglia d’etàintrodotta a Boston, quanto nella stessa New York.

MST E ACCADEMIA GEORGOFILI: ECCELLENZE ITALIANE

Le Manifatture Sigaro Toscano (MST) e l’Accademiadei Georgofili, la più antica Istituzione al mondo aoccuparsi di agricoltura ed ambiente, insieme per latutela e la promozione di una delle tante eccellenzeitaliane: il tabacco. A sottoscrivere lo scorso mese ilprotocollo – finalizzato a valorizzare la coltivazionedel tabacco Kentucky – sono stati Gaetano Macca-ferri, vicepresidente di MST e Giampiero Maracchi,presidente dell’Accademia. L’accordo triennale puntaalla valorizzazione del patrimonio culturale dell’Ac-cademia attraverso ricerche storiche sulla coltivazionedel tabacco Kentucky in Italia e sul ruolo avuto dal-l’Amministrazione dei Monopoli di Stato, successi-vamente dall’ETI fino ad arrivare a MST; ladiffusione dell’innovazione nelle coltivazioni delKentucky per quanto concerne le tecniche colturalicompatibili con l’ambiente, i cambiamenti climatici,la difesa fitosanitaria; le iniziative nel campo della co-municazione ed informazione con particolare riferi-mento alla valorizzazione delle produzioni di altaqualità che caratterizzano il comparto. MST ha dasempre un forte legame con tutti gli attori della filierae dell’indotto, in particolare con i circa 250 tabacchi-coltori concentrati in Valdichiana, Valtiberina, Lazio,Campania e Veneto, che rappresentano una nicchiadi altissima qualità. La supervisione del compartoagricolo è al primo posto negli impegni di MST, coninvestimenti significativi sul fronte dell’assistenza tec-nico-agronomica, per il miglioramento tanto quan-titativo che quantitativo delle produzioni agricole eper l’adozione di buone pratiche di coltivazione nelrispetto dell’ambiente e quindi ecosostenibili. A ga-ranzia di questo impegno MST ha firmato con il MI-PAAF - il Ministero delle Politiche Agricole eForestali - un protocollo di intesa programmatica perl’acquisto di tabacco Kentucky e di rispetto del di-sciplinare tecnico per la coltivazione. E’ un accordoche copre gli acquisti fino al 2020, garantendo l’ac-quisto di oltre 2.000 tonnellate di tabacco, per un va-lore nel 2015 di circa 10 milioni di euro.

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Ecomap

a prestazione relativa alle borse di studioè da sempre considerata uno dei fiori al-l’occhiello dell’Ecomap, è un’attività incontinua crescita che conta su un riscon-

tro molto positivo da parte sei soci.Il 2016 è stato un anno record per questo servizioche ha visto assegnare ben 981 borse di studio. Unacifra senza precedenti per l’Ente. Il numero di ade-sioni per partecipare al concorso è stato il più alto ri-spetto a quello degli anni precedenti, sintomo questodi un’ottima risposta delle categorie; per questo Eco-map non ha voluto deludere ed ha scelto, nonostanteil numero altissimo, di premiare tutti i ragazzi meri-tevoli che si sono distinti per impegno e costanza.A partire da giugno per concludersi a dicembre intutta la nostra penisola si sono svolte le cerimonie dipremiazione che hanno rappresentato delle splendideoccasioni per incontrare i ragazzi vincitori e congra-tularsi personalmente con loro. Da Venezia che haaperto le danze fino a Messina per risalire la penisolafino a Milano e Trieste si è ripetuto sempre un ele-mento comune: a prescindere dalla cornice che ospi-tava la cerimonia, che sia stato il semplice ufficio oun’importante sala comunale, tutte le manifestazionisono state vissute con grande emozione, sentimentoche traspariva in maniera limpida dai volti dei giovaniragazzi vincitori e da quelli dei genitori che li accom-pagnavano. Si leggeva nelle loro espressioni timidezzaaccompagnata dalla soddisfazione e dall’orgoglio peril riconoscimento loro dovuto. La borsa di studio èun bel traguardo. Anzi più che “bello” potremmo de-finirlo “sano”, perché è sicuramente sano il percorsodi crescita di un ragazzo che ha scelto di investire sustesso, attraverso lo studio, per affrontare nella giustamaniera il proprio percorso di vita. Per questo l’Ecomap, da sempre, crede nell’impor-tanza di premiare il merito e nell’agevolare i giovaninelle possibilità di creare basi solide su cui costruireil proprio futuro. Quello dell’Ente è un supporto dinon poco valore, se si guarda alla situazione scolasticain Italia, non proprio rosea. Siamo infatti agli ultimiposti tra i Paesi che investono nell’istruzione scola-stica e inoltre il numero di giovani non iscritti al si-stema di istruzione è in aumento. La percentuale dilaureati nel nostro Paese è in netto dislivello rispettoalla media europea: mentre da noi solo il 13% haconseguito la laurea, la media europea arriva al 25%!Salendo per livello di istruzione diminuiscono ifondi investiti, l’istruzione terziaria infatti (universi-taria e post) è quella dove si investe meno.Investire nella formazione e nello studio aiuta lo svi-

luppo del capitale umano e a combattere e prevenirela disoccupazione, e per Ecomap la prima forma diinvestimento è offrire la possibilità ai giovani di sce-gliere il meglio per il loro avvenire. “Dai un pesce a unuomo e lo nutrirai per un giorno; insegnagli a pescare e lo nu-trirai per tutta la vita”. Questo precetto di Confuciodescrive chiaramente il ruolo che ha il sapere nellavita di un individuo. La conoscenza è la risorsa mi-gliore dell’uomo. La conoscenza il fine, l’istruzioneil mezzo. Questo concetto è accolto in pieno dal-l’ECOMAP che tra tutte le sue prestazioni riserva aquella legata all’istruzione un’attenzione tutta parti-colare. Sono più di trent’anni infatti che vengono ri-lasciate annualmente centinaia di borse di studio.L’attività svolta dalla Cooperativa in quest’ambito èstata sempre molto apprezzata, non solo dalla cate-goria, ma anche dalle Istituzioni che hanno sempremanifestato il loro gradimento attraverso un coin-volgimento diretto nelle cerimonie di premiazione. Anche per il 2017 l’Ente proseguirà in modo con-vinto in questa sua iniziativa. Dal 1 ottobre 2016 èpubblico il nuovo bando di concorso per borse distudio che interesserà una vasta area di ragazzi, dallescuole medie all’università. L’Ente ha introdottodelle novità: è stata alzata la media dei risultati sco-lastici richiesta agli studenti e allo stesso tempo è au-mentato il numero di borse di studio assegnate, chepassa da 750 a 800, offrendo così maggiori possibi-lità ai ragazzi meritevoli di ottenere l’attestato.Inoltre il 1 gennaio 2017 verrà pubblicato anche ilbando per l’assegnazione delle borse di studio ai stu-denti che frequentano master post lauream. Questainiziativa, che si ripete oramai da qualche anno, hasempre lo stesso fine: la solidarietà. I master postlauream oggigiorno sono spesso necessari per arric-chirsi di una formazione specifica richiesta in moltiambiti lavorativi. La globalizzazione impone un con-fronto con vari e diversi livelli di preparazione, e bi-sogna essere preparati. Purtroppo questi masterpossono avere dei costi non indifferenti, e rendersiquindi accessibili a pochi. Si spera quindi che questeborse di studio siano utili alla situazione. Entrambi i bandi sono pubblicati sull’Agenda deltabaccaio e facilmente consultabili online sul sito in-ternet dell’Ente www.ecomap.it. Secondo Euripide chi trascura di imparare nellagiovinezza perde il passato ma anche il futuro, sa-pere che c’è qualcuno che incoraggia i ragazzi nelcostruire le basi del loro futuro è ammirevole, unsostegno per i giovani e speriamo una via da se-guire per tanti altri.

Borse di studio EcomapAnno record: oltre 900 le borse di studio assegnate da Giugno a Dicembre

cerimonie di consegna in tutta Italia

L

“Non mi sono mai reputato una persona coraggiosa.

Non ci vuole coraggio per correre in macchina, ci vuole predisposizione”

(Bruno Giacomelli)

Nel suo curriculum ci sono esperienze diverse: è stato tipografo, operaio addetto alle macchine utensili e addetto alle riproduzioni d’arte. Ma la passione per le ruote l’ha accompagnato fin da giovanissimo: due prima, con la guida delle moto-cross, quattro più tardi, quando l’automobilismo ne avrebbe definito la carriera. Sono gli anni ’70, e Bruno Giacomelli comincia dalla base a scalare la vetta della Formula 1 con l’esordio in Formula Ford e una prima vittoria nel campionato Formula Italia: ma sa che c’è un altro Paese,dove abbondano i campionati auto-mobilistici e dove è possibile farsi notare da qualche team importante, ed è per questo che decide di trasferirsi in Inghilterra. E’ qui che Giacomelli ottiene i suoi primi successi, prende parte al campionato britannico di Formula 3 con la March, vincendo il trofeo ShellSport e giungendo secondo nel trofeo BP. E’ ancora con la March che, in Formula 2, vince il titolo italiano ed europeo, ed è quindi con l’altrettanto inglesissima McLaren che “Jack O’Malley” (la curiosa storpiatura del suo cognome “battezzata” dai meccanici d’oltremanica e sovrascritta sulla fian-cata della monoposto) fa il suo debutto nella massima serie.Ma la generosità e la forza di Bruno Giacomelli sarebbero state valorizzate da un team tutto italiano: l’Alfa Romeo, scuderia la cui affermazione, negli anni compresi tra il ’79 e l’82, si lega indissolubilmente al pilota di Poncarale. Pur se oscurati dalla morte in pista del compagno di squadra Patrick Depailler, avvenuta nel 1980, nel 1981 fu Giaco-melli a riportare sul podio la casa milanese, conquistando il terzo posto nel Gran Premio di Las Vegas, rimontando posizioni dopo un testacoda a metà gara.La casa del biscione non saliva i gradini dal Gran Premio di Spagna del 1951. “Jack O’Malley” abbandona definitivamente la Formula 1 nel 1991, dopo un altro pre-cedente lungo intervallo ed un altro ritorno: a lui i tifosi e gli appassio-nati riconoscono grande intelligenza, onestà ed abi-lità, che forse non si espressero mai appie-no, ragione in parte dovuta al non aver mai gareggiato con mo-noposto realmente competitive nella massima serie.

“Non mi sono mai reputato una persona coraggiosa.

Non ci vuole coraggio per correre in macchina, ci vuole predisposizione”

(Bruno Giacomelli)

Tabacco e Motori

“Non mi sono mai reputato una persona coraggiosa.

Non ci vuole coraggio per correre in macchina, ci vuole predisposizione”

(Bruno Giacomelli)

Nel suo curriculum ci sono esperienze diverse: è stato tipografo, operaio addetto alle macchine utensili e addetto alle riproduzioni d’arte. Ma la passione per le ruote l’ha accompagnato fin da giovanissimo: due prima, con la guida delle moto-cross, quattro più tardi, quando l’automobilismo ne avrebbe definito la carriera. Sono gli anni ’70, e Bruno Giacomelli comincia dalla base a scalare la vetta della Formula 1 con l’esordio in Formula Ford e una prima vittoria nel campionato Formula Italia: ma sa che c’è un altro Paese,dove abbondano i campionati auto-mobilistici e dove è possibile farsi notare da qualche team importante, ed è per questo che decide di trasferirsi in Inghilterra. E’ qui che Giacomelli ottiene i suoi primi successi, prende parte al campionato britannico di Formula 3 con la March, vincendo il trofeo ShellSport e giungendo secondo nel trofeo BP. E’ ancora con la March che, in Formula 2, vince il titolo italiano ed europeo, ed è quindi con l’altrettanto inglesissima McLaren che “Jack O’Malley” (la curiosa storpiatura del suo cognome “battezzata” dai meccanici d’oltremanica e sovrascritta sulla fian-cata della monoposto) fa il suo debutto nella massima serie.Ma la generosità e la forza di Bruno Giacomelli sarebbero state valorizzate da un team tutto italiano: l’Alfa Romeo, scuderia la cui affermazione, negli anni compresi tra il ’79 e l’82, si lega indissolubilmente al pilota di Poncarale. Pur se oscurati dalla morte in pista del compagno di squadra Patrick Depailler, avvenuta nel 1980, nel 1981 fu Giaco-melli a riportare sul podio la casa milanese, conquistando il terzo posto nel Gran Premio di Las Vegas, rimontando posizioni dopo un testacoda a metà gara.La casa del biscione non saliva i gradini dal Gran Premio di Spagna del 1951. “Jack O’Malley” abbandona definitivamente la Formula 1 nel 1991, dopo un altro pre-cedente lungo intervallo ed un altro ritorno: a lui i tifosi e gli appassio-nati riconoscono grande intelligenza, onestà ed abi-lità, che forse non si espressero mai appie-no, ragione in parte dovuta al non aver mai gareggiato con mo-noposto realmente competitive nella massima serie.

“Non mi sono mai reputato una persona coraggiosa.

Non ci vuole coraggio per correre in macchina, ci vuole predisposizione”

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Non ci vuole coragNon ci vuole coragNon ci vuole coraggio per cor

Non ci vuole coraggio per correre in macchina, ci vuole predisposizione”

“Non mi sono mai re

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“Non mi sono mai re

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“Non mi sono mai re

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“Non mi sono mai re

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Tabacco e Motori

Guido piano“Lasciatemi così, come una cosa messa in un angoloe dimenticata...” (da Natale di Giuseppe Ungaretti)Penso che sempre più spesso avvertiamo la voglia di fermare

il tempo, il mondo si dice, e scendere, magari solo per un po’,per respirare una boccata d’aria sana ed interrompere il ritmovertiginoso e folle che caratterizza la nostra vita. Ma non è soloquesto, non è solo una questione di ritmo, la verità che è sempre

più difficile accettare di vivere in questa maniera robotizzata, alli-neati e coperti, omologati al pensiero unico e tragicamente convinti di essere liberi.

La conferma di quello che dico è proprio dentro di noi. Ma cosa altro è, secondo voi, quell’incomprensibile insoddi-sfazione che proviamo dentro, specie quando siamo soli, e che disperatamente tentiamo di soffocare correndo al-l’impazzata? La TV poi è sempre più la nostra droga e non solo attraverso i penosi talk show di intrattenimento, conquei volti perennemente sorridenti ed inebetiti, simbolo di una quotidianità inesistente e lontana dalla realtà. Da unpo’ di tempo alla fine di un programma settimanale di approfondimento e confronto politico, sono ospiti alcuni spe-cialisti di settore che, sollecitati dal conduttore sciorinano ad un ritmo folle, una sequenza di informazioni terrorizzanti,non solo su tutto quello mangiamo e che respiriamo ma su tutto, proprio tutto quello che ci circonda. Esempio:Presentatore: “Dottoressa, ma oltre a stare attenti a non fumare, a non bere, a non mangiare, come troppo e male facciamo, qualialtri pericoli si nascondono nelle nostre case ?!?!?” Ed ecco che allora l’ospite di turno, indossato il volto serio e concen-trato, sistemati gli occhialini in punta di naso, inizia ad elencare una infinità di nomi irripetibili di batteri, acari,polveri e composti chimici che si annidano nei i nostri divani, nei nostri letti, nelle tende, nei tappeti, sotto il pa-vimento, nel bagnoschiuma, sulle lampadine, nel frigo, dentro, fuori e sotto il comò della bisnonna, nelle scarpe,nella TV, negli elettrodomestici, piccoli o grandi che siano, sotto i tavoli, sopra le sedie, in tutti gli indumenti, in-somma in tutto ma proprio tutto quello che ci circonda. E non pensate di cavarvela perché nella vostra casa ci sono solo prodotti e cibi biologici, o magari perché siete vegetarianio vegani o perché avete la sana abitudine di correre tutte le mattine nel parco o andando in palestra o peggio ancora inpiscina, volete scherzare?... (con tutti quei batteri!!!). Non vi illudete, per questi scienziati, non c’è scampo per nessuno! Così, quando alla fine, paralizzati sui nostri divani, cerchiamo di riprendere fiato, inevitabilmente cominciano a guardarciintorno con sospetto, e mentre un prurito fastidioso si diffonde progressivamente su tutto il corpo, cominciamo a sentirestrani odori nell’aria, poi sugli indumenti, nostri e di chi ci sta vicino, aguzziamo la vista per scoprire se quelle palline sparsesul tappeto sono residui del panino mangiato da nostro figlio o piuttosto il batterio mortale appena descritto in TV.A parte gli scherzi, la cosa tragica è che, invece di suscitare indignazione e proteste, sempre più persone alimentanole schiere degli igienisti e dei salutisti. Non lo negate, anche nelle vostre famiglie c’è almeno un componente di quelcrescente esercito di soldatini del benessere, che stanno condizionando la vita di tutti noi. Voglio ricordare a questepersone che se stanno puntando all’immortalità, non è certo questa la strada! Ma le tragedie e le disperazioni delmondo, neanche tanto lontane da noi, non ci insegnano niente? La verità è che ci comportiamo così perché ne ab-biamo talmente paura che abbiamo solo voglia di nasconderle. Ma come abbiamo fatto a diventare così?! Ma è possibile che non ci rendiamo più conto che ci hanno inebetitifino a questo punto? Ma avete letto che in Irlanda vogliono estendere le immagini shock anche sulle bottiglie divino e di alcolici? Le vedremo dappertutto, ci obbligheranno a stamparle anche sui piatti del ragù della domenica,sui bicchieri di vino e sui boccali di birra.Tante volte ho ironizzato su questi temi descrivendo tristi scenari per il nostro futuro. Un futuro che è tragicamentesotto i nostri occhi e purtroppo dentro le nostre teste. Come reagire a tutto questo? Due sono le soluzioni: la prima ècontinuare così, riducendo sempre più lo spazio al libero arbitrio, barricandosi dentro le nostre case, attenti che nessunbacillo si insinui in qualche piccola fessura lasciata aperta, guardando gli altri con sospetto in quanto portatori di chissàquali epidemie. Oppure con equilibrio e serenità, uscendo dalle tane, andando incontro alla vita, godendo del tempofino a quando ne avremo, senza ansie, senza l’ossessione di avere di più e senza la presunzione di condizionare il destino. Sapete che vi dico? Altro che scendere, risaliamo sul quel mondo, rimettiamolo in moto ma, per carità, cambiamogli autisti ed innanzitutto rispettiamo i limiti di velocità.

Pianeta Tabacco

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Ciro... del Mondo

di Ciro CannavacciuoloCiro... del Mondo

A dicembre è prematuramente mancata all’affetto dei suoi cari la signora PatriziaMigliardi, Gestore del DFL di Ravenna. Alla famiglia, le più sentite condoglianze diAGEMOS e della redazione di “Pianeta Tabacco”.

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