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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “ROMA TREFACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA IN LETTERE TESI DI LAUREA IN STORIA DELLARTE MEDIEVALE IL ‘SEGNO’ DELLA VISIONE-VISIONI DI COSTANTINO NELLA TESTIMONIANZA DI EUSEBIO RELATIVAMENTE ALLA VITA CONSTANTINI. LIVIA TIRITICCO Matricola 41056/20 Relatore SILVANA CASARTELLI NOVELLI e Correlatore FABRIZIO BISCONTI ANNO ACCADEMICO 2001 - 2002

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI “ROMA TRE”

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN LETTERE

TESI DI LAUREA IN STORIA DELL’ARTE MEDIEVALE

IL ‘SEGNO’ DELLA VISIONE-VISIONI DI COSTANTINO NELLA TESTIMONIANZA

DI EUSEBIO RELATIVAMENTE ALLA VITA CONSTANTINI.

LIVIA TIRITICCO Matricola 41056/20

Relatore SILVANA CASARTELLI NOVELLI e Correlatore FABRIZIO BISCONTI

ANNO ACCADEMICO 2001 - 2002

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INDICE

I

- INDICE p.I-III - INTRODUZIONE: A) La questione nella letteratura storico artistica e iconografica. p.IV-X B) Il ‘segno’ della visione di Costantino: Lattanzio ed Eusebio.

B1 -Lattanzio e il De mortibus persecutorum. p.IX-XII B2 -Eusebio e la duplice testimonianza della visione. p.XI-XIII

1) ANALISI DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI CHE RINVIANO AL ‘SEGNO’ DELLA VISIONE, CON RIFERIMENTO AI RISPETTIVI CONTESTI DI OCCORRENZA.

1.1 Edizioni e traduzioni p.1 1.2 Parallelo dei sintagmi nel testo, confronto tra latino, greco

e italiano. p.2-24 1.3 Anagrafe dei lessemi e sintagmi in riferimento alla loro

collocazione testuale. 1.3.1 qeoshmei¿a tij e)pifai¿netai ‘ADMIRABILE SIGNUM’

Liber I, 28.1 p.25 1.3.2 to/n tou/ staurou= tro/paion ‘CRUCIS TROPAEUM ’

Liber I , 28.2 p.26 1.3.3 to\ su/mbolon ‘SIGNUM’

Liber I, 29-30 p.27 1.3.4 kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon

‘SALUTARIS APPELLATIONIS SIGNUM’ Liber I, 31.1 p.28

1.3.4 a to/n staurou= tro/paion ‘CRUCIS TROPAEUM’ Liber I , 31.2 p.31

1.3.4 b to\ swth/rion shmeiÍon ‘SALUTARE SIGNUM’ Liber I , 31.3 p.32

1.3.5 to shmeiÍon ‘SIGNUM’ Liber I, 32.1-2 p.33

1.3.5 a to\ su/mbolon ‘SYMBOLUM’ Liber I, 32.2 p.34

1.3.5 b tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj ‘TROPAEUM VICTORIAE’ Liber I, 32.2 p.35

1.3.6 te to\ nikhtiko\n tro/paion ‘TROPAEUM VICTORIAE’ Liber I, 37 p.36

1.3.6 a to\ swth/rion shmeiÍon ‘SALUTARE SIGNUM’ Liber I, 37 p.37

1.3.7 to\ swth/rion shmeiÍon ‘SALUTARE SIGNUM’ Liber I, 39-41 p.38

1.3.7 a me/ga tro/paion ‘TROPAEUM’ Liber I, 40.1 p.41

1.3.8 to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon ‘SALUTARIS PASSIONIS SIGNUM’ Liber II, 4.2 p.41

1.3.9 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM’ Liber II, 6.2 p.43

1.3.10 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM’ Liber II, 7 p.45

1.3.11 to shmeiÍon ‘SIGNUM’ Liber II, 9.1 p.46

1.3.12 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM’ Liber II, 9.2 p.46

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INDICE

II

1.3.12 a to/n tro/paion ‘SALUTARE TROPAEUM’ Liber II, 9.2 p.47

1.3.13 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM’ Liber II, 16.1 p.48

1-3-14 to\ swth/rion kaiì zwopoio\n shmeiÍon ‘SALUTARE SIGNUM’ Liber II, 16.2 p.49

1.3.15 to\ tou= pa/qouj tro/paion‘DOMINICAE PASSIONIS TROPEUM’ Liber III, 1.2 p.50

1.3.16 th/n swth/rion e)phgori¿aj ‘SALUTARE VOCABULUM’ Liber III, 2.2 p.51

1.3.16 a to\ swth/rion shmeiÍon ‘SALUTARE SIGNUM’ Liber III, 2.2 p.52

1.3.16 b te to\ nikhtiko\n tro/paion ‘TRIUMPHALE TROPAEUM’ Liber III, 2.2-3.1 p.53

1.3.17 to\ swth/rion shmeiÍon ‘SALUTARE SIGNUM' Liber III, 3.1 p.54

1.3.18 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM’ Liber III, 3.2 p.55

1.3.19 to\ gnw¯risma tou= a(giwta/tou e)kei¿nou pa/qouj ‘SACRATISSIMAE ILLIUS PASSIONIS MONUMENTUM’

Liber III, 30.1 p.56 1.3.20 th\n tou= swthri¿ou pa/qouj pi¿stin ‘DOMINICAE PASSIONIS FIDEM’

(riferito alla grotta) Liber III. 30.4 p.57

1.3.21 h( ne/a kateskeua/zeto ¹Ierousalh/m ‘NOVA JERUSALEM ’ Liber III, 33.1 p.58

1.3.21a th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn ‘TROPAEUM VICTORIAE’ Liber III, 33.1 p.59

1.3.21b mnh=ma qespe/sion ‘DIVINUM MONUMENTUM’ Liber III, 33.3 p.62

1.3.22 SACRO SPECO Liber III, 35-38 p.63 1.3.23 to\n newÜn swthri¿ou a)nasta/sewj e)narge\j a)ni¿sth martu/rion basileu/j

SALUTIFERAE RESURECTIONIS TESTIMONIUM Liber III, 40 p.63

1.3.24 to/ ge tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon ‘SIGNUM DOMINICAE PASSIONIS’

Liber III, 49 p.64 1.3.25 te to\ nikhtiko\n tro/paion ‘TRIUMPHALE SIGNUM AC TROPAEUM’

Liber IV, 5.2 p.65 1.3.26 e)kklhsi¿aj qeou= ‘IN PALATIO ECCLESIAM DEI CONSTITUIT’

Liber IV, 17.1 p.66 1.3.27 to\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon ‘SALUTARIS TROPAEI SIGNUM’

Liber IV. 21 p.67 1.3.27 a to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM’

Liber IV. 21 p.68 2) IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE ROMANO, to\ nikhtiko\n tro/paion.

2.1 Il Labaron costantiniano originario. p.70 2.2 L’ o)qo/nh. p.71 2.3 Le immagines. p.73 2.4.Il ‘trofeo innanzi’. p.75

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INDICE

III

2.5 Historia Ecclesiastica e Vita Costantini. La statua con l’asta. Differenza tra la statua con l’asta e il labaron. p.76

3) shmeiÍon– tro/paion– su/mbolon = I LUOGHI DELLA ISOMORFIA SEMANTICA. 3.1 Determinazione di tro/paion rispetto a do/ru nel Labaron. p.78 3.2 Le varie combinazioni semantiche dei sintagmi complessi

con tro/paion. p.79 3.3 Un esempio di isomorfia della forma dell’ espressione e del contenuto con diversa funzione e diverso contesto. p.81 3.4 Isomorfia semantica delle forme e materie del contenuto delle diverse espressioni verbali. p.82

- CONCLUSIONE. p.87 - GLOSSARIO. p.88 - INDICE NUMERICO DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI RELATIVI ALLA VISIONE OCCORRENTI NEL TESTO. p.89 - INDICE ANALITICO DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI. p.91 - INDICE ANALITICO DEI TEMI EVIDENZIATI. p.94 - INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI. p.96 - FONTI DI RIFERIMENTO p.99 - BIBLIOGRAFIA p.100 - TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI p.107-127

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INTRODUZIONE

IV

INTRODUZIONE

L’interesse di questo argomento di analisi per una tesi di storia dell’arte medievale consiste nella ricchezza, ed anche complessità, della testimonianza di Eusebio Cesareae Palaestinae Episcopus, l’autorevolissimo apologeta e biografo e amico personale dell’imperatore Costantino, relativamente al ‘segno’ della visione/visioni costantiniane, nel merito sia della sua forma sia del suo significato; e quindi della sua “rappresentazione” in immagine nell’arte cristiana del secolo IV e seguenti.

A) LA QUESTIONE NELLA LETTERATURA STORICO ARTISTICA E ICONOGRAFICA. Nella letteratura storico artistica e iconografica, il ‘segno’ della visione

costantiniana viene tradizionalmente confuso con la rappresentazione della croce del Golgotha, facendolo coincidere, nel suo statuto di simbolo cruciforme, con l’immagine della croce=strumento del supplizio.

Per chiarire questo sbandamento iconografico, prendiamo in esame alcuni passi della letteratura storica-artistica, aprendo l’analisi da Grabar, “Martyrium. Recherches sur le culte des Reliques et de l’art chretien antique”, edito nel 1946, in cui l’autore dichiara di interrogarsi sull’invasione dell’immagine cruciforme nell’iconografia cristiana, relativamente al “culto della Passione”, spiegando che: La ‘croce gemmata’ e tutte le croci di tutte le forme e di tutte le dimensioni che l’arte cristiana riprodurrà instancabilmente a partire dal V secolo... è imputabile al culto della reliquia della vera croce fondata all’epoca costantiniana a Gerusalemme 1

e ancora che la rappresentazione della ‘croce gemmata’ nasce quale ‘copia’ de: “la croce di metallo prezioso e magnificamente decorata che dopo Teodosio II (408-450) (rimpiazzando forse un’altra croce, meno preziosa e più antica), si innalzava davanti all’atrium interno del Golgotha ” 2

Per concludere: “la croce trionfale appartiene ad una delle principali creazioni dell’iconografia palestinese della Passione.” 3

Qui viene individuato quello che, da ultimo, Silvana Casartelli Novelli4 indica come:

Uno slittamento di codice, dal ‘segno’ cruciforme (di valenza iconica e identità semantica ben precisa) all’oggetto croce=strumento della crocifissione di Gesù Nazareno assunta ,da Grabar, a referente paradigmatico <<de l’envaissemente par les images de la croix de l’art chrètien, qui pendant plusieurs siècles l’ignora completement>>5

In ultimo constatiamo, attraverso la leggendaria ‘invenzione’ del

ritrovamento della ‘vera croce’ da parte di Elena, come la lezione di Grabar unifica sia le immagini della ‘croce gemmata’ formata d’oro e di pietre preziose

1 Traduzione da GRABAR 1946 (1972 Variorum reprint), p.188 e 275. 2 Traduzione da GRABAR 1946 (1972 Variorum reprint), Vol. II, p. 188 e cfr. anche CASARTELLI

NOVELLI 1996 A, in part. cap.3.1 p.62 ss. 3Traduzione da GRABAR 1946 (1972 Variorum reprint), p.275 4 CASARTELLI NOVELLI 2000 B, in c.d.s. 5 CASARTELLI NOVELLI 2000 B, in c.d.s., Traduzione da GRABAR 1946 (1972 Variorum reprint, p. 276,

per quanto riguarda la citazione in francese. “[...] le invasioni delle immagini della croce nell’arte cristiana, che durante molti secoli l’ignorò completamente […]”

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INTRODUZIONE

V

e sia le immagini della croce fiorita, a immagini del “culto della croce della Passione”. 6

Relativamente al ‘segno’ della visione Grabar opera una netta cesura, stimando che: “l’unico contributo di Costantino alla iconografia cristiana è il monogramma di Cristo”;7 operando quindi una vera distinzione fra il ‘segno’ della visione come ‘monogramma/cristogramma’ e le polimorfiche immagini cruciformi, gemmate e fiorite, il cui referente è nella croce patibolo. Nel volume de “L’arte paleocristiana. Visione e spazio dalle origini a Bisanzio.”, M. Zibawi non ignora la simbologia del segno cruciforme quale segno cosmico, presente nella figurazione cristiana, per cui leggiamo:

La croce vittoriosa accompagna colui che conduce <<alle fonti delle acque della vita>> (Ap.7,17). Dalle pareti dei cimiteri alle cupole delle chiese si erge per unire le profondità della terra alle altezze dei cieli. La forme primitive del nuovo albero della vita si evolvono e si moltiplicano, i padri della chiesa nascente vedevano nello strumento della redenzione un segno cosmogonico divino. La X impressa dal Demiurgo sull’universo è soltanto una nuova versione della croce di bronzo issata da Mosè sul tabernacolo; Giustino afferma: <<Platone lesse la narrazione ma senza comprenderla bene. Non vide che quel segno era una croce, credette che fosse una X e disse che dopo Dio, il primo principio, la seconda virtù era impressa come una X nell’universo>>. Nel III secolo, sui graffiti delle catacombe, la <<seconda virtù>> presenta rami di uguale lunghezza e appare unita all’ancora e alla palma. Incisa <<a forma di T>> è accostata ai nomi impressi sui marmi sepolcrali per fortificare i defunti e <<portare loro la grazia>> 8

Si osservi che, mentre, J.Ries, nell’introduzione della stessa opera, pone

in risalto l’immaginario dell’homo religiosus e le immagini ‘ierofaniche’ che nascono dalla simbolica del sacro, come l’albero e l’acqua della vita, le immagini antropomorfe, fitomorfe e zoomorfe, nonché quelle geometriche appartenenti alla lingua sacro, M. Zibawi, sottolinea il recupero dei segni archetipi del sacro, mettendo in luce la continua isomorfia semantica che da questo immaginario, passando per il segno cosmogonico divino della X del Demiurgo platonico e dall’Antico Testamento al testo dell’Apocalisse, arriva a ricongiungersi alla X, quale iniziale del ‘Nome’ di Cristo.(Tav. I, IV a e b, V a e b)

In Zibawi, dunque, il monogramma costantiniano vale l’identità di segno cruciforme ‘teologico’, recuperando il valore simbolico del segno divino delle Sacre Scritture. Ma continuando la lettura del saggio di Zibawi, leggiamo:

Sul finire del IV secolo, all’epoca di Teodosio [quindi Tedosio I (379-395)], lo strumento del supplizio viene ricoperto di gemme e di perle e posto nell’abside della chiesa. Sui mosaici che decorano le dimore di Dio, la croce di gloria riluce nei cieli delle cupole; issata sul trono vuoto dell’etimasia, annuncia il ritorno di colui che <<si estende nell’immenso spazio da Nord a Sud, e invita alla conoscenza del Padre gli uomini ovunque dispersi>> ” 9

6 CASARTELLI NOVELLI 2000 B, in c.d.s.: “[…] In qualsiasi forma e materia dell’espressione, tutte le

polimorfiche invenzioni/creazioni delle ‘croci’ dominanti la scaena christiana a partire dalla “visione” di Costantino e dalla sua Pace della Chiesa, dice Grabar, avrebbero il loro referente nella croce patibolo, del Golgotha.”

7 GRABAR 1983, p.60 8 CRIPPA - ZIBAWI 1998, p.308 9 CRIPPA - ZIBAWI 1998, p.308

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INTRODUZIONE

VI

In merito all’albero della vita, menzionato da Zibawi quale immagine ‘ierofanica’ archetipa e archetipica della simbolica del sacro, vorremmo considerare che essa non può trovare la sua identità ‘nello strumento’ del supplizio, non rappresenta l’albero della morte ma della rigenerazione e non diventa mai croce della Passione, tanto meno nell’immaginario messianico cristiano. Riportiamo alcuni passi esaustivi delle Sacre Scritture:

Lungo il fiume, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui fronde non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina. (Ez. 47,12) Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva limpida come di cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni.(Ap.22,1-2) 10

Dunque l’albero della vita e il segno cruciforme sono immagini

cosmogoniche, nello statuto di simbolo dell’Immortalità e della Rigenerazione cosmica. (Tav. II, III)

Rileviamo che Zibawi riprende la tesi di Grabar, ma ponendo, relativamente alla figura della croce, lo strumento del supplizio come referente della ‘croce gemmata’ e della croce fiorita nelle absidi delle Chiese.

Inoltre notiamo che l’invenzione della ‘croce gemmata’ viene anticipata dalle date di Teodosio II, citato da Grabar, alle date di Teodosio I, quindi di fine IV secolo, nel tentativo di creare nella ‘croce gemmata’ del Golgotha l’archetipo/prototipo delle croci gemmate figurate nelle absidi delle Chiese, presenti in particolare nelle Chiese romane, a cominciare da S. Pudenziana.

Nella letteratura relativa all’immaginario paleocristiano, segnaliamo inoltre che, la croce ‘gemmata’ viene letta come collocata sul trono ‘vuoto’ dell’etimasia (preparato per…) diventando un simbolo deuteroparusiaco, ossia della “seconda venuta” del Messia per il Giudizio Universale alla Fine dei Tempi.

Entrambe le lezioni di Grabar e di Zibawi hanno fissato, pur a diverso titolo, una distinzione fra il ‘segno’ della visione di Costantino e la ‘croce gemmata’, fissandone due opposte identità iconiche, l’una di segno–simbolo che discende e appartiene all’immaginario archetipo e archetipico del sacro, l’altra di copia ovvero di immagine rappresentativa di un oggetto-stato del mondo fisico naturale, costituito dalla croce del supplizio patita dal Cristo sul Golgotha.

Come ultima conclusione di questa linea interpretativa delle ‘croci’, in particolare dei mosaici romani ‘apocalittici’ E. Parlato, relativamente al mosaico absidale di San Clemente, e nello specifico della rappresentazione della Crocefissione che si innalza al suo centro nel tipo del Christus Patiens, leggiamo: “[…] la croce che ne segna l’asse di simmetria è erede delle croci gemmate di età costantiniana.”

10 CORSINI 1980, Ap.22,1-12: “E mi mostrò un fiume d’acqua di vita, limpido come di cristallo, che

sgorga dal trono di Dio e dell’Agnello. In mezzo alla piazza e sulle due rive del fiume, l’albero della vita, che fruttifica dodici volte, in quanto produce ogni mese il suo frutto; e le foglie dell’albero [servono] per curare le genti”

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INTRODUZIONE

VII

dove abbiamo l’ultima ‘confusione’ interpretativa per cui la Crocifissione di San Clemente in Roma sarebbe iconograficamente e semanticamente isomorfa alle croci ‘gemmate’ delle decorazioni musive absidali romane del V e IV secolo. (Tav. VI)

In merito alle absidi delle Dimore di Dio, è pertanto lecito interrogarci su

come vengano letti gli iconema-fulcro delle decorazioni absidali delle basiliche romane, in particolare nel mosaico della basilica di S. Maria Maggiore in Roma, che Sisto III (432-440) dedicava plebi Dei. Nella zona absidale di questa basilica al centro dell’arco abbiamo, all’interno dell’iride smeraldina ‘apocalittica’, la ‘croce gemmata’ posta sul trono ‘gemmato’ ricco di tutti i simboli cristologici-apocalittici (sul cuscino poggiano la clamide purpurea e il diadema, sotto al trono il suppedaneo col rotolo dei sette sigilli).

(Tav. VII, VIII) Leggiamo dall’Apocalisse:

Ed ecco, c’era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto. Colui che stava seduto era simile nell’aspetto a diaspro e cornalina. Un arcobaleno simile a smeraldo avvolgeva il trono. (Ap.4, 2b-3)11

E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. (Ap.5,1)12

Dunque il trono non è ‘vuoto’, ma vi è la presenza di Colui, il Cristo

(Lo/goj di Dio incarnatosi per il compimento dell’opera di salvezza dell’umanità nel tempo della Chiesa, ‘sposa di Cristo’ sulla terra), che è rappresentato , non in forma umana ma in figura di croce ‘gemmata’.

Mentre abbiamo visto che, da Grabar in poi, l’immagine della ‘croce gemmata’ posta sul trono ‘gemmato’ dell’iconema-fulcro di S. Maria Maggiore viene letta come rappresentazione dello ‘strumento del supplizio’ ricoperto di pietre preziose e perle.

Relativamente all’iconografia romana, a Grabar 13 spetta di avere distinto che i grandi manifesti absidali del V-IX secolo sono ‘unicamente ispirati all’Apocalisse giovannea’, ma Egli pensa ancora all’Apocalisse come ad un testo deuteroparusiaco, secondo la lectio tardo medievale, e non all’Apocalisse come testo della ‘cristologia rivelata’ quale è stata recentemente riproposta nel suo messaggio originario da Corsini e da Ravasi, recuperando il significato stesso della parola ‘Apocalisse’ =Rivelazione del Cristo=Emmanuel, Lo/goj incarnato a compiere l’opera di salvezza di Dio per l’umanità tutta.

Completamente diverso il risultato della nuova lettura del messaggio simbolico apocalittico restituitoci da Corsini e da Ravasi.14

Nella basilica di S. Maria Maggiore al centro dell’arco absidale, al di sotto dell’iride smeraldina e dell’iconema del trono - ‘croce gemmata’, campeggia il titulus “XISTUS EPISCOPUS PLEBI DEI” della dedica di Sisto III (432-440), insieme

11 CORSINI 1980, Ap.4, 2b-3: “Ed ecco, un trono stava collocato nel cielo e sul trono uno seduto.

Questo Seduto appariva alla vista come pietra di diaspro e di sardonice. Intorno al trono, un arcobaleno che appariva simile a smeraldo.”

12 CORSINI 1980, Ap.5,1: “E vidi nella destra del Seduto sul trono un libro scritto dentro e fuori, sigillato con sette sigilli.”

13 Sull’argomento più ampiamente e in modo più esaustivo Vd. CASARTELLI NOVELLI 1996 A, in part. cap.2.5 pp.60-62 e cap. da 3.2 a 4.3 pp.69-79.

14 CORSINI 1980 e RAVASI 1999.

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INTRODUZIONE

VIII

con l’ampio programma decorativo musivo, al “popolo di Dio”, in quanto non solo il popolo eletto è ora il destinatario dell’opera di salvazione ma, attraverso l’Incarnazione del Cristo l’universo “popolo di Dio”. Questo è il messaggio della Chiesa di Roma, l’annuncio del IV e V secolo impostato sulla simbologia apocalittica della <<cristologia rivelata>>, come osserva S.Casartelli Novelli:15

la croce ‘gemmata’ […] viene ‘figurata’ usando quale sostanza semica del suo piano d’espressione la sostanza semica del piano espressivo .. dell’oreficeria preziosa nell’Apocalisse;” distinguendo pertanto che “questa ‘croce gemmata’ costituisce il modello semiotico specificatamente romano della croce-salutis di Costantino-Eusebio, codificato a Roma circa dalla metà del IV secolo nel testo-salutis <<apocalittico>> romano contestualmente alla invenzione o messa in codice nell’arte cristiana delle teofanie-visioni absidali tratte dall’Apocalisse di Giovanni.

E ancora: “Testo-salutis che ritengo modellizzato con un peculiare processo semiosico di transcodificazione ‘iconica’ dal racconto scritturistico delle visioni dei capp. IV e V dell’Apocalisse… il macrotesto di preziosa oreficeria ‘achiropita’ che <<compie>> la rivelazione giovannea.” La Gerusalemme “nuova” scende dal cielo tra gli uomini, trovando la sua realizzazione nella Chiesa e in particolare nella Chiesa di Roma Mater Ecclesia Catholica, così come era stata proclamata nel Concilio cristiano di Arles nel 314 (convocato da Costantino). L’immaginario ‘apocalittico’ viene mantenuto dalla Chiesa di Roma nelle sue straordinarie decorazioni musive: da S. Pudenziana, del tempo di papa Siricio (384-399), la data più alta, e la più bassa del tempo di papa Innocenzo I (402-417), fino ai mosaici absidali del pontificato di Pasquale I (817-824) – S. Prassede, S. Maria in Domenica e S. Cecilia –eseguite in piena età carolingia e del pontificato di Gregorio IV (827-844). (Tav. IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XV)

Nelle citazioni da S. Casartelli Novelli,sopra riportate, possiamo verificare la proposta di una continuità iconica-semantica fra il ‘segno’ della visione costantiniana e la ‘croce gemmata’.

Abbiamo anche rilevato come il ‘segno’ della visione costantiniana sia un ‘segno’ che nella tradizione giudeo-cristiana e gentilo-cristiana discende dalla tipologia dell’immagine cruciforme nella figura del Tau, presente nell’Antico Testamento come nell’Apocalisse giovannea: (Tav. XVI, XVII)

Il Signore gli disse: <<Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono>> […] << […] Il vostro occhio non perdoni, non abbiate misericordia. Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: solo non toccate chi abbia il tau in fronte; cominciate dal mio santuario!>>.(EZ.9,4.6) 16

Vidi poi un altro angelo che saliva dall’oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare:<<Non devastate né la terra, né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei Suoi servi>>. (Ap.7,2-3) 17

15 CASARTELLI NOVELLI 1996 A, nell’ordine citato pp.78,48, e cfr. anche p. 81. 16 Cfr. Anche Es.12, 7.13 per il tema delle porte degli israeliti segnate con il sangue dell’agnello in

Egitto; Is.44,5 per il tema dell’appartenenza al Signore. 17 Cfr. TESTA 1981, P.15

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INTRODUZIONE

IX

Come osservano Bagatti e Testa 18 i monogrammi cristologici esistono dai primissimi anni della Chiesa, documentati in particolare dagli ossuari giudeo-cristiani ritrovati al ‘Dominus Flevit’ di Gerusalemme.

La lezione della Casartelli Novelli si distingue, nel merito, perché afferma non solo la continuità morfologica ma anche l’isomorfia semantica tra il ‘segno’ della visione costantiniana – croce, croce monogrammatica e chrismon – e l’immagine della ‘croce gemmata’ ritenendo che il segno-salutis costantiniano trova la sua espressione nella croce in oreficeria gemmata e preziosa, come risulta dalla lezione della “visione” di Eusebio. (Tav. XVIII, XIX) Per cui leggiamo:

Alla luce dell’avanzamento generale degli studi sull’ontologia funzionale del linguaggio delle immagini nella simbolica della cultura, risulta […] che le polimorfiche ‘croci’=immagini cruciformi dominano la totalità della figurazione paleocristiana e altomedievale in assoluta autonomia di codice e/o antinomia semantica rispetto al “racconto” della crocifissione: a cominciare dalle massime invenzioni/creazioni musive dei massimi “programmi” absidali “romani” di IV-IX secolo, la cui iconografia lo stesso Grabar ha peraltro riconosciuto distinguersi in quanto i soli ispirati “unicamente” all’Apocalisse.

Inoltre l’Autrice, sempre in riferimento ad Eusebio, sottolinea che:

la ‘mancata comprensione’ dell’immaginario giovanneo, a partire dal Bassomedioevo ha fissato in chiave millenaristica e deuteroparusiaca l’immaginario visionario cui nel tempo del giudeo-cristianesimo e dei martiri l’esule Giovanni affidava al contrario l’annuncio della <<escatologia già realizzata>> e/o <<cristologia rivelata>> dell’Apocalisse/Rivelazione […] il ‘piccolo libro’ che l’antimillenarista Eusebio ha assunto autorevolmente a ‘testo sacro’ 19

A questo punto risulta nodale rispetto alla spiegazione dell’iconografia romana dei secoli IV-IX ed in generale paleocristiana e altomedievale, una analisi del testo di Eusebio relativamente alla figura e materia dell’espressione/figura e materia del contenuto del ‘segno’ della visione/visioni di Costantino.

B) IL ‘SEGNO DELLA VISIONE DI COSTANTINO: LATTANZIO ED EUSEBIO.

B1) LATTANZIO E IL DE MORTIBUS PERSECUTORUM. Il breve scritto viene riguardato come una fonte preziosa per i primi anni

del regno di Costantino. Il Franchi 20 osserva che Lattanzio non è sempre imparziale nei suoi giudizi, ma si dimostra accuratissimo nel riferire gli avvenimenti del suo tempo dei quali ha una conoscenza sicura e spesso circostanziata, e tende a riportare la guerra tra Costantino e Massenzio in una forma espositiva breve e chiara. 21 Al proposito leggiamo:

Se la istituzione del labaro precedette di molto la discesa di Costantino, Lattanzio forse lo lasciò in disparte nel racconto poiché il suo intento era quello di accennare, ancor più che riassumere per sommi capi, la rapida marcia attraverso l’Italia e la battaglia di ponte Milvio. Lattanzio non si occupa dei precedenti della spedizione ma ci trasporta subito sulle rive del fiume Tevere, tralasciando le vittorie anteriori quali Susa, Torino, Milano, Verona, Aquileia, Modena.

18 BAGATTI 1981, TESTA 1981. 19 CASARTELLI NOVELLI 2000 B in c.d.s., nel cui interno vi è il riferimento a GRABAR 1946 (1972

Variorum reprint), p.231, CORSINI 1980 e ROSSANO1980. 20 FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953, p.5 21 FRANCHI DÈ CAVALIERI 1913, p.178 s.; TARTAGLIA 1984, V.C. I, 28.1, p.50 n.80.

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INTRODUZIONE

X

Per quanto riguarda l’inquadramento storico della testimonianza di Lattanzio, sappiamo che egli fu nominato, da Costantino, precettore di Crispo, figlio primogenito dell’imperatore, verso il 316 o il 317 e da allora dimorò a Treviri nelle Gallie. Il De mortibus risale o al 313-315, la data più probabile, e riporterebbe il racconto della voce corrente in Nicomedia poco dopo la vittoria, o al 317-320, la data più bassa, periodo in cui Lattanzio era precettore di Crispo e attingeva alle informazioni direttamente dall’ambiente della famiglia dell’imperatore. Sicuro è soltanto che essa non si può abbassare oltre il 320. Eusebio invece scrive dopo la battaglia di Crisopoli del 324, quando con la sconfitta di Licinio, Costantino diventa ‘Constantinus Maximus Augustus’ e conquista anche l’Oriente. Riportiamo il passo dell’opera di Lattanzio22:

3.Dimicatum, et Mazentiani milites praevalebant, donec postea confirmato animo Constantinus et ad utrumque paratus [cfr. Verg. Aen.II,61] copias omnes ad urbem proprius admovit et e regione pontis Muluii consedit. 4.Imminebat dies quo Maxentius imperium ceperat, qui est a.d. sextum Kalendas Novembres, et quinquennalia terminabantur. 5.Commonitus est in quiete Constantinus ut ‘caeleste signum’ Dei notaret in scutis atque ita proelium committeret. Facit ut iussus est et transversa X littera <I> summo capite circumflexo, Christum in scutis notat. 6.Quo signo armatus exercitus capit ferrum. Procedit hostes obviam sire imperatore pontemque transgreditur. Acies pari fronte concurrunt, summa vi utrimque pugnatur: neque his fuga nota neque illis [cfr. Verg. Aen. X,757].

L’autore riprende proprio il ‘segno’ della X, che era già quello del Demiurgo di Platone, in assoluta autonomia dalla croce della passione, dunque la ambigua con la P quale monogramma cristologico; il quale – come hanno chiarito Bagatti e Testa – esiste nel simbolismo giudeo-cristiano e negli ossuari gerosolimitani come segno ‘teologico’, segno del ‘Nome’, secondo la tradizione delle Sacre Scritture, dai Profeti fino all’Apocalisse.23 (Tav. XXI, XXII, XXIII) Lattanzio scrive che prima di iniziare la battaglia Costantino Christum in scutis notat, l’imperatore imprime ovvero sugli scudi dei soldati il caeleste signum Dei. Il termine usato da Lattanzio è il verbo ‘notare’. Franchi Dè Cavalieri analizza in modo puntuale il passo di Lattanzio: “Littera X transversa summo capite circumflexo” 24 ed osserva anche: “Costantino fece ‘notare’ sugli scudi dei combattenti la croce ‘caeleste signum Dei”. In una nota 25 l’autore riporta: “Lattanzio usa il verbo notare, ma sappiamo d’altronde che le impresse sugli scudi solevano dipingersi a colori (Veget. II, 28).”

22 SOURCES CHRETIENNES n.39 LACTANTIUS, De mort. 44,1-6 23 TESTA 1981, p.25.389.403; BAGATTI 1981, (Vol.I) pp.153-208. FRANCHI DÈ CAVALIERI 1913, p.181

nota 3, osserva che con la definizione ‘signum Dei’ è chiamata la croce con espressione biblica , riporta il cfr. con CYPRIAN, Ep. 58, 8 dove signum Dei e signum Christi era nell’uso comune, e Ap, 9,4

24 FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953, p.9 e nota 32 e 33 p. 75: “Il monogramma (croce monogrammatica) infatti è pure, anzi diremmo, è in primo luogo una croce. Nota 33: Come il latino littera X transversa summo capite circumflexo, così l’italiano ‘una traversa con l’estremità superiore arricciata designa inequivocabilmente il monogramma (croce monogrammatica). Solo infatti una X traversa (e cioè posta di traverso, obliqua dunque così +) ha un summo caput, nella posizione ordinaria ha due capita. E il summo caput della I nel monogramma non è il caput della lettera X. A differenza degli altri monogrammi… nei quali la croce è molto più dissimulata.”; FRANCHI DÈ CAVALIERI 1913, p.181 e nota 1- 182; LACTANTIUS, De mort..persec., 44.

25 n.1 p.181 del suo testo citato

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INTRODUZIONE

XI

Per Lattanzio il ‘segno’ che Costantino vede in sogno è quindi, senza ambiguità, il monogramma del Cristo; e poiché la testimonianza di Lattanzio è precedente a quella di Eusebio 26, consideriamo che la prima testimonianza della visione costantiniana è senza ambiguità del ‘segno’, la cui la forma dell’espressione è la X che ambiguati alla P in figura di cristogramma e la materia e forma del contenuto è il ‘Nome’ di Cristo. C’è una chiarezza in Lattanzio che non corrisponde all’impianto del testo di Eusebio, perché Lattanzio riporta una sola visione del ‘segno’ che è il monogramma cristologico formato dalla vecchia X, dalla tau di Ez.9,4 e del ‘segno’ sigillo del Dio vivente di Ap. 7, 2-3, quindi comprensiva della tradizione biblica e scritturistica, rappresentato negli ossuari giudeo-cristiani di Gerusalemme del I-III secolo, contestualmente alle lettere apocalittiche a w. In merito Testa osserva: “ per i giudeo-cristiani la croce non fu lo strumento del supplizio di Cristo, né il segno cultuale, ma una categoria teologica. Cioè fu il grande simbolo della forza (th)/ isxujV) e della potenza (kai arxh/j) di Cristo.” 27

Tutti questi segni cruciformi sono segni polimorfici e complessi, definiti segni ‘teologici’, sigillo del Dio vivente.

B2) EUSEBIO E LA DUPLICE TESTIMONIANZA DELLA VISIONE. Eusebio dà una “testimonianza” certa della “testimonianza” della visione

in quanto Egli afferma di riportare la confessione fattagli in ultimo dallo stesso Costantino; ma il suo racconto inizia da lontano: V.C. I, 25 “Non appena si fu saldamente assiso sul trono, subito cominciò a prendersi cura della parte dell’impero che era stata del padre, […] Assoggettò tutte le genti barbare che, stanziate intorno al fiume Reno e all’Oceano occidentale, osavano ribellarsi, e le rese docili da indomite che erano ” V.C. I, 26 “Considerava l’intiero globo terrestre alla stessa stregua di un grande corpo, e vedeva che proprio il capo del mondo, cioè la città regina dell’Impero romano, era oppresso da un tirannico servaggio. Si preparò intanto ad abbattere la tirannide.”

Le parti dell’impero di cui Costanzo, padre di Costantino, si era occupato

erano la Britannia e la Gallia, come spiega Tartaglia, il quale ci rende noto anche che Costantino appena asceso al trono, fu impegnato in molte operazioni militari sul confine del Reno, contro Alamanni e Franchi, popolazioni che furono dal neo imperatore sconfitte, insieme ai loro rispettivi re, Ascario e Ragasio. Inoltre fu costruito un ponte sul Reno, vicino a Colonia . Il tiranno di cui parla Eusebio in questo contesto è Massenzio, Figlio di Massimiano, che i pretoriani, sulla falsa riga di quanto accaduto in Eboracum a Costantino, acclamarono augusto in Roma il 306.X.28 28 Se è vero quello che scrive lo stesso Eusebio, ossia “ lo scopo sotteso alla presente opera consiste nel narrare e nello scrivere soltanto degli eventi della vita di Costantino che hanno attinenza con la fede e la religione.” (V.C. I, 11.1),

26 CASARTELLI NOVELLI 1987pp.55-56. 27 BAGATTI 1981, Vol. I pp.153-208; TESTA 1981, pp.241.297.389.400, vi sono riportate le tavole

anche dell’evoluzione grafica dei vari monogrammi di Cristo e l’abbinamento con altre lettere messianiche. Cfr. Dt,23,13-17; Is.9,5; Sal.95,10; Ef.9,1; 1 Cor.1,24; Giustino Apol. I,55,2 in PG.6,411 e Dialogo 91, PG.6,691.

28 TARTAGLIA 1984, pag. 56, in particolare le note 69, 70 per quanto concerne la Gallia e 73 per il

riferimento a Massenzio.

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INTRODUZIONE

XII

potremmo convenire con Franchi Dè Cavalieri, quando afferma che probabilmente all’illustre biografo poco interessava il luogo in cui avvenne il prodigio, o forse l’imperatore aveva taciuto il nome di una località delle Gallie oscura e ignota ad Eusebio, forse, ancora questi ne aveva dimenticato il nome. Comunque Eusebio voleva porre sicuramente l’accento (V.C. I, 29) sulla visione avuta in pieno giorno alla presenza dell’esercito, partecipe dell’apparizione.

Eusebio quando scrive il De vita Constantini specifica di aver ricevuto le notizie direttamente dalla fonte veritiera dell’imperatore. Su quando questo possa essere accaduto, troviamo risposta nelle stesse parole di Eusebio. Egli afferma che avvenne quando ebbe modo di conoscere familiarmente l’imperatore, sicuramente dopo la battaglia di Crisopoli del 324. V.C. I, 28, 1: “il vittorioso imperatore in persona, molto tempo dopo, quando cioè fummo onorati della sua amicizia e della sua familiarità, rivelò l’accaduto direttamente a noi, che siamo gli autori della presente opera, […] egli stesso confermò con solenni giuramenti le sue parole” Analizzando il racconto rileviamo che: Eusebio non specifica nè quando né dove avvenne la visione, ma in V.C. I, 25-26 è abbastanza chiaro che Costantino si trovasse ancora nei territori renani e che avute le notizie su quanto si verificava a Roma, incominciasse a prendere forma in lui l’idea di un’impresa su Roma, la città regina soggiogata dalla tirannide di Massenzio. Costantino aveva qualche perplessità sulla riuscita dell’impresa, preoccupato soprattutto degli insuccessi dei suoi predecessori. Eusebio specifica solo la circostanza che Costantino si preparava ad abbattere la tirannide, sia la visione sia il seguente sogno avrebbero avuto luogo quando l’imperatore non è ancora in Italia ma si trovava ancora nelle Gallia 29.

V.C. I, 28.2-29 A causa di tale visione un grande sbigottimento si impadronì di lui e di tutto l’esercito, che lo seguiva nel corso di un suo viaggio e che fu spettatore del miracolo. Raccontava che molta era la sua incertezza sulla natura di quella apparizione. Mentre rifletteva e pensava a lungo all’accaduto, sopraggiunse veloce la notte.

Eusebio lascia intuire che vi sia un certo lasso di tempo che intercorre tra il momento della visione, durante una spedizione di perlustrazione, e la battaglia alle porte di Roma. Il viaggio in cui si ebbe la manifestazione divina era indefinito, riporto un frammento del testo in greco: “to\ stratiwtiko\n aÀpan, oÁ dh\ stellome/n% poi porei¿an sunei¿peto/ ” 30

stellesJa/i porei¿an = ( in lat.) iter facere = andare in viaggio o in marcia militare 31.

A differenza di Lattanzio, Eusebio colloca la visione in un periodo lontano rispetto alla discesa in Italia e alla battaglia di ponte Milvio. Inoltre nel merito della descrizione dei fatti inerenti la visione, Egli instaura un percorso di espressioni ad alto valore semico utilizzando qeoshmei¿a tij e)pifai¿netai e staurou= tro/paion che non adopererà più nei passi e nei libri successivi.

L’intento è quello di stabilire una ben strutturata teologia politica che abbia dei cardini saldi su cui appoggiarsi e svilupparsi, per cui i passi I, 28,

29 TARTAGLIA 1984, V. C. I, 28. 1, nota 80 pag. 59. 30 GCS. V.C., I, 28.2, p. 30

31 FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953, pag.21, e nota 97 pag.92; FRANCHI DÈ CAVALIERI 1913, p.171-172

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INTRODUZIONE

XIII

29.2 e 30, per la loro ricchezza e complessità, sono molto importanti e chiariscono la natura dello staurou= tro/paion/ swth/rion shmeiÍon manifestatosi, ossia quella di ‘segno’ cruciforme.

Inoltre Eusebio avvalora l’apparizione in pieno cielo, davanti agli occhi dei soldati, con un sogno durante la notte seguente alla visione, dove viene rafforzato il valore del ‘segno’ grazie alla presenza di Cristo stesso che si mostra a Costantino per ordinargli di costruire un’immagine simile al ‘segno’ della visione. Così il mattino seguente Costantino, radunati gli artigiani e gli orefici, decide di realizzare il ‘segno’ cruciforme/ staurou= tro/paion in materia di alta oreficeria preziosa di gemme e perle. Oltre a ciò Eusebio fornisce nel testo una serie di informazioni sulle varie realizzazioni in immagine di questo ‘segno’ cruciforme/ ‘croce gemmata’ che rimarrà volutamente un segno polimorfico, pur mantenendo il suo significato di sigillo della elezione di Dio. Pertanto Eusebio, ponendo nelle Gallie il seme della cristianità di Costantino nel suo progetto di teologia politica, tesse una tela al fine di strutturare l’opera dell’imperatore intorno al cardine del ‘segno’ della visione che diviene il “segno di Costantino”. (Tav. XXIV, XX)

Da questo momento Costantino dedicherà tutta la sua opera alla cristianizzazione dell’impero ottenendo la ricostituzione di una unità nella sua sola figura di imperatore prima, acquistando la sovranità totale sull’Occidente, con la sconfitta di Massenzio, poi facendo capitolare nelle sue sole mani anche l’Oriente, con la sconfitta di Licinio. (V.C. II, 16.1)

A questo proposito, Eusebio sottolinea, nel II libro in merito agli episodi di tensioni e di scontri tra Costantino e Licinio, (V.C. II, 1-19) che l’imperatore giudicava imminente un intervento da parte sua per porre rimedio alla tirannide di Licinio in Oriente. Per questo motivo Costantino ritenne necessario prepararsi allestendo l’esercito e le insegne del Dio cristiano, giacché ogni altro tipo di intervento con azioni di clemenza , tolleranza e pietà, avevano avuto come risultato un indurimento da parte di Licinio.

Dunque Costantino chiamato dalla divinità ad essere il protettore dei cristiani, per prepararsi all’incontro con Licinio - racconta Eusebio - si raccoglieva in preghiera, invocando quel Dio cristiano che lo aveva già assistito precedentemente, ottenendo in tal modo nuovamente l’ispirazione divina grazie al “dono di un’apparizione celeste”. (V.C. II, 12.2).

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CONFRONTO TRA ITALIANO, GRECO, LATINO.

1

CAPITOLO 1 ANALISI DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI CHE SIGNIFICANO ‘CROCE’ E ‘NOME’ DI CRISTO CON RIFERIMENTO AI RISPETTIVI CONTESTI DI

OCCORRENZA.

1.1. EDIZIONI E TRADUZIONI. La nostra analisi è stata condotta sulla base della traduzione in italiano della Vita Constantini curata da Luigi Tartaglia 1, del quale abbiamo voluto riportare insieme ai passi anche alcune note. La traduzione del Tartaglia, voluta da Antonio Garza, fu realizzata sull’edizione critica allestita da Fr. Winkelmann2 per la serie dei «Griechische Christliche Schriftsteller ». Inoltre per l’analisi del testo greco abbiamo fatto riferimento al GCS «Griechische Christliche Schriftsteller » di F. Winkelmann e si è dato uno sguardo alla Patrologia Greca di J. Migne, anche se non è un testo di tipo critico, in quanto riproduce oltre al testo greco,anche la traduzione latina e le note del Valesius. 3 In nota ad alcuni passi si è ritenuto importante aggiungere una traduzione letterale direttamente eseguita sul testo greco del GCS. Qui di seguito viene presentata la sequenza dei passi del testo di Eusebio, selezionati per la nostra analisi, riuniti insieme per una più facile consultazione.

1 TARTAGLIA, 1984. 2 L’edizione del Winkelmann si basa sui seguenti manoscritti:

Vat. gr. 149, s. X (=V); Mosq. Gr. 50, s. XII (=J); Marc. Gr. 340, s. XII (=N); Paris. Gr. 1437, s. XIII (=A); Paris. Gr. 1432, s. XIV (=B); Marc. Gr. 339,s. XIII (=M).

3 PG XX 905-1230: Eusebii Pamphili de Vita beatissimi imperatoris Constantini Magni libri IV, Parisiis 1857. La PG del Migne riproduce il testo, la traduzione e le note del Valesius. Come apprendiamo dal Tartaglia, Henri de Valois (Valesius) curò nel 1659 la sua edizione nella quale apportò numerosi miglioramenti al testo greco, corredandolo di una traduzione latina e di numerose note di carattere filologico e storico . I manoscritti utilizzati dal Valesius sono, oltre al codice A del Winkelmann, il Paris.gr.414 ( s. XIV ), il Paris. Gr. 1438 ( s. XVI ).

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CONFRONTO TRA ITALIANO, GRECO, LATINO.

2

1.2 SINTAGMI NEL TESTO IN UN CONFRONTO TRA ITALIANO, GRECO, LATINO. DE VITA CONSTANTINI.. LIBER I

L. TARTAGLIA (a cura di) In Eusebio di Cesarea, Sulla vita

di Costantino Napoli 1984. (D’ora in poi TARTAGLIA)

F. WINKELMANN (a cura di) Die griechischen christlichen schriftsteller. Eusebius Werke. Vol. I, 1° parte “uber das leben des kaiser konstantin“. F. Winkelmann, Berlino 1975. (D’ora in poi GCS)

J.P. Migne (a cura di) Patrologiae cursus completus, patrum Graecorum. Eusebii

Pamphili De Vita Constantini. Opera omnia, tomus 2, vol.

XX. Parigi 1857. (D’ora in poi PG)

TARTAGLIA GCS PG

I, XI “..quippe cum istituti operis argumentum admoneat me, ut ea sola quae ad dei cultum pertinent, dicendo ac scribendo persequar.”

I,12 (13) cfr. MOSE’-COSTANTINO liberatore del popolo dalle tenebre della schiavitù tenebre della persecuzione alla piena luce della libertà del culto.

I,27 I, XXVII “Ben consapevole di come gli fosse necessario ottenere un aiuto più potente di quello che le sole forze militari riescano a garantire, ricercava la protezione di un Dio, perché riteneva di secondaria importanza gli eserciti e il numero dei soldati (credeva che questi nulla potessero senza l’assistenza divina), sostenendo, invece, l’insuperabilità e l’invincibilità dell’aiuto che proviene da Dio. Pensava, dunque, a quale Dio dovesse scegliersi come protettore, … dei molti che nel passato avevano rivestito la suprema carica dello Stato, tutti avevano riposto le loro speranze in una pluralità di divinità, ……avevano poi trovato una fine tutt’altro che felice, senza che nessuna di quelle divinità fosse intervenuta in loro favore per evitare che soccombessero sotto i colpi delle sciagure inviate dal cielo. Soltanto suo padre aveva intrapreso la strada opposta e aveva condannato l’errore che quelli

“ob maleficas artes magicasque praestigias quas tyrannus studiose consectabatur: deum sibi adjutorem quaesivit. Armorum quidem apparatum et militum copias secundo loco ducens; auxilium autem divini numinis invictum et inexpugnabile esse tibi persuadens. Igitur cogitare apud se coepit, quem nam sibi deum adscisceret… ex plurimis qui ante se imperium tenuerant, eos quidem qui in deorum multitudine spem suam collocassent…. nec deorum quemquam praesto illis adfuisse, qui eos invecto divinitus exitio liberaret , solum ipsius patrem qui contrariam prioribus illis viam iniisset, et qui eorum qiudem errorem condemnasset , unum vero supremum omnium deum toto vitae spatio coluisset; eundem servatorem ac imperii custodem, et omnium bonorum auctorem habuisse…… solum vero

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CONFRONTO TRA ITALIANO, GRECO, LATINO.

3

avevano commesso, trovando nel Dio che è signore assoluto dell’universo, e che egli aveva venerato per l’intiera durata della vita, il salvatore e il custode dell’impero, oltre che il dispensatore di ogni bene……e pensava che soltanto il Dio paterno meritasse di essere venerato.

deum genitoris sui sibi esse colendum censuit.”

I, 28.1 I, XXVIII “Cominciò allora ad invocarlo, pregando e supplicando di mostrargli chi mai egli fosse e di porgergli il soccorso delle sua destra nelle circostanze attuali. Mentre l’imperatore era assorto in questa preghiera e rivolgeva in tutta sincerità la sua supplica, gli apparve un SEGNO DIVINO veramente straordinario…”

"...eu)xome/n% de\ tau=ta kaiì liparw½j i¸keteu/onti t%½ basileiÍ qeoshmei¿a tij e)pifai¿netai paradocota/th,.."4

“Huius ergo opem (28,1) implorare coepit, orans atque obsecrans ut se ipsi noscendum praeberet, ac praesentibus negotiis adiutricem manum porrigeret. Haec precanti ac suppliciter postulanti imperatori, ADMIRABILE quoddam SIGNUM a deo missum apparvit.

“Nell’ora in cui il sole è a metà del suo cammino, quando il giorno comincia appena a declinare, disse di aver visto con i propri occhi, in pieno cielo e al di sopra del sole, il SEGNO LUMINOSO di una CROCE, unita alla quale c’era una iscrizione che diceva:“CON QUESTA VINCI!”

"...a)mfiì meshmbrina\j h(li¿ou wÐraj, hÃdh th=j h(me/raj a)poklinou/shj, au)toiÍj o)fqalmoiÍj i¹deiÍn eÃfh e)n au)t%½ ou)ran%½ u(perkei¿menon tou= h(li¿ou staurou= tro/paion e)k fwto\j sunista/menon, grafh/n te au)t%½ sun h=fqai le/gousan: tou/t% ni¿ka...." 5

“Horis diei meridianis, (28,2) sole in occasum vergente, CRUCIS TROPAEUM in coelo ex luce conflatum, soli super positum, ipsis oculis se vidisse affirmavit, cum huiusmodi inscriptione: “HAC VINCE”.

4 Traduzione letterale I, 28.1: “Mentre pregava in queste cose e insistentemente (ardentemente)

supplicava il Signore, apparve la straordinaria (inaspettata) manifestazione divina.” 5 Traduzione letterale I, 28.2: “Intorno all’ora meridiana del sole, quando il giorno appena declina,

disse di aver visto con i propri occhi nella stessa volta celeste al di sopra del sole il trofeo della croce costituito (formato) insieme dalla luce, […] diceva: “Con (in) questo vinci.”

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CONFRONTO TRA ITALIANO, GRECO, LATINO.

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DE VITA CONSTANTINI LIBER I TARTAGLIA GCS PG I, 29-30 I, XXIX- XXX “Allora gli si mostrò in sogno Cristo, figlio di Dio, con il SEGNO che era apparso nel cielo e gli ingiunse di costruire un’immagine simile a quella del SEGNO osservato in cielo e di servirsene come difesa nelle battaglie contro i nemici. Convocò poi presso (30) di sé orefici e artigiani esperti in pietre preziose, si mise a sedere in mezzo ad essi ed illustrò la forma del SEGNO, che ordinò di riprodurre in oro e pietre preziose. Un giorno, per volere dell’imperatore, oltre che per concessione divina, anche noi avemmo l’onore di vedere questo oggetto con i nostri stessi occhi”

e)pv/ei katalabou=sa. eÃnqa dh\ u(pnou=nti au)t%½ to\n Xristo\n tou= qeou= su\n t%½ fane/nti kat' ou)rano\n shmei¿% o)fqh=nai¿ te kaiì parakeleu/sasqai, mi¿mhma poihsa/ menon tou= kat' ou)rano\n o)fqe/ntoj shmei¿ou tou/t% pro\j ta\j tw½n polemi¿wn sumbola\j a)lech/mati xrh=sqai. aÀma d' h(me/r# dianasta\j toiÍj fi¿loij e)c hgo/reue to\ a)po/rrhton. kaÃpeita xrusou= kaiì li¿qwn polutelw½n dhmiourgou\j sugkale/saj me/soj au)to\j kaqiza/nei kaiì tou= shmei¿ou th\n ei¹ko/na fra/zei, a)pomimeiÍsqai¿ te au)th\n xrus%½ kaiì polutele/si li¿qoij diekeleu/eto.

“Nox tandem supervenit. Tum vero Christus dei dormienti apparvit cum SIGNO illo quod in coelo ostensum fuerat, praecepitque, ut militari SIGNO ad similitudinem eius quod in coelo vidisset fabricato, eo tamquam SALUTARI PRAESIDIO in praeliis uteretur. Ille primo statim di (30) luculo surgens, arcanum omne amicis exposuit. Convocatis deinde auri ac gemmarum fabris, medius inter eos sedens, speciem SIGNI eis sermone depinxit, iussitque ut auro ac lapillis similitudinem eius exprimerent.”

I, 32.1-2 6 I, XXXII.1-2 “Ma ciò avvenne un poco più tardi. Nella circostanza sopra detta, colpito dalla straordinarietà della visione, decise di non venerare nessun altro Dio all’infuori di quello che aveva visto con i propri occhi. Convocò i sacerdoti depositari della sua dottrina e chiese loro chi mai fosse (questo) Dio e che cosa volesse significare il SEGNO che gli era apparso in visione. I sacerdoti dissero che si trattava del Dio figlio unigenito dell’unico e solo Dio,

tou\j tw½n au)tou= lo/gwn mu/staj a)nekaleiÍto, kaiì ti¿j eiãh qeo\j ouÂtoj h)rw¯ta 1.32.2 ti¿j te o( th=j o)fqei¿shj oÃyewj tou= shmei¿ou lo/goj. oi de\ to\n me\n eiånai qeo\n eÃfasan qeou= tou= e(no\j kaiì mo/nou monogenh= paiÍda, to\ de\ shmeiÍon to\ fane\n su/mbolon me\n a)qanasi¿aj eiånai, tro/paion d'u(pa/rxein th=j kata\ tou= qana/tou

“Sacerdotes arcanae illius (32,1) doctrinae mysteriis instructos ad se accersivit; et quisnam ille deus esset interrogavit, quidve SIGNI illius visio sibi (32,2) vellet. Illi hunc quidem deum esse dixerunt, unius ac solius dei unicum filium SIGNUM vero illud quod ostensum fuisset, IMMORTALITATIS SYMBOLUM esse, et TROPAEUM VICTORIAE quam ille in terris olim versatus, de morte retulisset. Simul causas illius adventus

6 Invece di seguire l’ordine del libro, si segue l’ordine cronologico, poiché si è pensato che questo

paragrafo potesse essere collocato dopo i capitoli I,32 e I,37 per osservare la continuità della sequenza della visione – sogno: invenzione/creazione/collocazione in battaglia senza interromperla da questa parentesi descrittiva. Si ritiene di più logica consequenzialità la scelta operata, poiché I, 31.1-2 risulta come una sorta di capitolo-parentesi dettagliatamente descrittivo del ‘Labaron’ nella sua forma definitiva ottenuta dopo la battaglia di Crisopoli, 324 d.c.; la narrazione riguarda la doppia testimonianza giurata di Costantino e di Eusebio, avvenuta tardi rispetto alla testimonianza di Lattanzio – 315 la data più alta e 320 la più bassa – quando Costantino diventa Massimo Augusto e conquista anche l’Oriente.

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CONFRONTO TRA ITALIANO, GRECO, LATINO.

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e che il SEGNO che gli si era manifestato rappresentava il SIMBOLO dell’ IMMORTALITA’, raffigurante il TROFEO della VITTORIA sulla morte, VITTORIA che Cristo aveva un tempo ottenuta durante il suo passaggio sulla terra; illustrarono i motivi della sua venuta e gli diedero una chiara spiegazione circa l’INCARNAZIONE.”

ni¿khj, hÁn e)poih/sato/ pote parelqwÜn e)piì gh=j, e)di¿dasko/n te ta\j th=j paro/dou ai¹ti¿aj, to\n a)kribh= lo/gon au)t%½ th=j kat' a)nqrw¯pouj oi¹konomi¿aj u(potiqe/menoi.

eum docuerunt, accuratam INCARNATIONIS rationem ei exponentes.”

I, 32.3 I, XXXII.3 “e quando.. .ebbe chiaro il significato della visione celeste, si rinsaldò nel suo proposito, persuaso che fosse Dio in persona a trasmettergli la conoscenza di quelle verità. Decise così di dedicarsi alla lettura dei libri sacri. Collocò inoltre al suo fianco, in qualità di consiglieri, i sacerdoti di Dio”

“exinde (32,3) ...ipsemet divinorum librorum lectioni vacare instituit; et cum sacerdotes dei sibi assessores adscivisset”

I, 37 I, XXXVII “Scelse, dunque, come suo Dio il Signore dell’universo e invocò Cristo come salvatore e soccorritore; pose alla testa degli opliti e dei dorifori della scorta il TROFEO del suo Dio, che dà la VITTORIA, cioè il SEGNO SALVIFICO, e si mise alla guida di tutto l’esercito con il proposito di riguadagnare ai Romani la libertà che avevano ricevuta dagli antenati.”

prosthsa/menoj dh=ta e(autou= qeo\n to\n e)piì pa/ntwn swth=ra/ te kaiì bohqo\n a)nakalesa/menoj to\n Xristo/n, au)tou= te to\ nikhtiko\n tro/paion to\ dh\ swth/rion shmeiÍon tw½n a)mf' au)to\n o(plitw½n te kaiì dorufo/rwn prota/caj h(geiÍto panstrati#=,

“Cumque summum omnium deum patronum sibi adscivisset, Christumque eius filium servatorem atque auxiliatorem invocasset, et VICTORIAE TROPAEUM, SALUTARE scilicet SIGNUM ante milites ac stipatores suos statuisset, cum omni exercitu progressus est, eo consilio ut romanis libertatem quam a majoribus suis acceperant, interventu suo restitueret”

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DE VITA CONSTANTINI LIBER I TARTAGLIA GCS PG I, 31.1-2 7 I, XXXI.1-2 “In un’alta asta ricoperta d’oro s’innestava un braccio trasversale in modo da formare una croce; in cima a tutto era fissata una CORONA INTESSUTA DI PIETRE PREZIOSE ED ORO; SU QUESTA CORONA DUE SEGNI, INDICANTI IL NOME DI CRISTO, MOSTRAVANO, PER MEZZO DELLE PRIME LETTERE (CON IL RHO CHE SI INCROCIAVA GIUSTO NEL MEZZO), IL SIMBOLO DELLA FORMULA SALVIFICA: l’ imperatore prese poi l’abitudine di portare anche in seguito questo MONOGRAMMA inciso sul suo elmo. AL BRACCIO TRASVERSALE, CHE ERA INFISSO NELL’ASTA, SI TROVAVA SOSPESA UNA TELA DI GRAN PREGIO:SI TRATTAVA DI UN MANTO REGALE RICOPERTO DI UNA GRANDE VARIETA’ DI PIETRE PREZIOSE , INTRECCIATE TRA LORO E SFAVILLANTI COME I RAGGI DELLA LUCE, TUTTO TRAPUNTO D’ORO…… Questo tessuto, legato al braccio trasversale, aveva uguale misura sia in lunghezza che in larghezza; l’asta verticale, che dalla base si allungava di molto verso l’alto, proprio sotto il SEGNO DELLA CROCE , lungo l’orlo superiore del [variopinto] drappo, recava disegnato in oro il busto dell’imperatore caro a Dio, insieme con quello dei suoi figli. Di questo SEGNO SALVIFICO l’imperatore si servì sempre come difesa contro.. le forze nemiche..”

åHn de\ toi%½de sxh/mati kateskeuasme/non. u(yhlo\n do/ru xrus%½ kathmfiesme/non ke/raj eiåxen e)gka/rsion staurou= sxh/mati pepoihme/non, aÃnw de\ pro\j aÃkr% tou= panto\j ste/fanoj e)k li¿qwn polutelw½n kaiì xrusou= sumpeplegme/noj katesth/rikto, kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon du/o stoixeiÍa to\ Xristou= paradhlou=nta oÃnoma dia\ tw½n prwtwn u(pesh/mainon xarakth/ rwn, xiazome/nou tou= r(w½ kata\ to\ mesai¿taton: aÁ dh\ kaiì kata\ tou= kra/nouj 1.31.2 fe/rein eiãwqe ka)n toiÍj meta\ tau=ta xro/noij o( basileu/j. tou= de\ plagi¿ou ke/rwj tou= kata\ to\ do/ru peparme/nou o)qo/nh tij e)kkremh\j a)pvw¯rhto, basiliko\n uÀfasma poikili¿# sunhmme/nwn polutelw½n li¿qwn fwto\j au)gaiÍj e)castra pto/ntwn kalupto/menon su\n poll%½ te kaqufasme/non xrus%½, a)dih/ghto/n ti xrh=ma toiÍj o(rw½si pare/xon tou= ka/llouj. tou=to me\n ouÅn to\ fa=roj tou= ke/rwj e)chmme/non su/mmetron mh/kouj te kaiì pla/touj perigrafh\n a)pela/mbane: to\ d' oÃrqion do/ru, th=j ka/tw a)rxh=j e)piì polu\ mhkuno/menon aÃnw mete/wron, u(po\ t%½ tou= staurou= tropai¿% pro\j au)toiÍj

“hasta longior auro contecta, transversam habet antennam instar crucis. Supra in ipsa hastae summitate CORONA ERAT AFFIXA, GEMMIS ET AURO CONTEXTA. IN HAC SALUTARIS APPELLATIONIS SIGNUM, DUAE VIDELICET LITTERAE, NOMEN CHRISTI PRIMIS APICIBUS DESIGNABANT, LITTERA, P, IN MEDIO SUI DECUSSATA. Quas quidem LITTERAS imperator in galea gestare post haec etiam consuevit. PORRO EX ANTENNA QUAE OBLIQUE PER HASTAM TRAJECTA EST, VELUM QUODDAM DEPENDEBAT; TEXTUM VIDELICET PURPUREUM PRETIOSIS LAPIDIBUS INTER SE JUNCTIS, ET LUMINIS SUI FULGORE OCULOS PRAE STINGUENTIBUS COOPERTUM MOLTOQUE INTERTEXTO AURO Atque hoc velum antennae affixum, latitudinem longitudini aequalem habuit. Ipsa vero recta hasta ab infima sui parte in magnam longitudinem producta, in superiori parte sub ipso CRUCIS SIGNO ad ipsam veli variis coloribus depicti, summitatem, auream deo chari imperatoris et liberorum eius immaginem depictam pectore tenus sublimem gestabat. Hoc igitur SALUTARI SIGNO tanquam munimento adversus oppositas quorumvis hostium copias imperator semper est usus;”

7 Vd. qui nota 6.

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aÃkroij tou = diagrafe/ntoj u(fa/smatoj th\n tou= qeofilou=j basile/wj ei¹ko/na xrush=n me/xri ste/rnwn tw½n t' au)tou= 1.31.3 pai¿dwn o(moi¿wj eÃfere. tou/t% me\n ouÅn t%½ swthri¿% shmei¿% pa/shj a)nti keime/nhj kaiì polemi¿aj duna/mewj a)munthri¿% dia\ panto\j e)xrh=to basileu/j, tw½n te stratope/dwn a(pa/ntwn h(geiÍsqai ta\ tou/tou o(moiw¯mata prose/tatten.

I, 38 Cfr. tra MOSE’ e COSTANTINO

I, 38,1 ES.15,4-5 38,2ss FARAONE=MAR ROSSO MASSENZIO=TEVERE

I, 39.2 Citta’ regina – Roma

I, 40.1-2 e 41.1 I, XL.1-2 e XLI.1

“ben conscio dell’aiuto ricevuto da Dio, subito rese la preghiera di ringraziamento a colui che era stato L’ARTEFICE della VITTORIA. Poi con una grande iscrizione e con colonne votive fece conoscere all’ intiera umanità il SEGNO SALVIFICO, e giusto nel mezzo della città regina, a ricordo della vittoria contro il nemico, innalzò il GRANDE TROFEO di una CROCE e su questo EMBLEMA SALVIFICO, presidio del potere romano e di tutto l’impero, fece

o( d' eÃm futon th\n ei¹j to\n qeo\n eu)se/beian kekthme/noj mh/t' e)piì taiÍj boaiÍj xaunou/ menoj mh/t' e)pairo/menoj toiÍj e)pai¿noij, th=j d' e)k qeou= sunvsqhme/noj bohqei¿aj, 1.40.1 eu)xaristh/rion a)pedi¿dou paraxrh=ma eu)xh\n t%½ th=j ni¿khj ai¹ti¿%. grafv= te mega/lv kaiì sth/laij aÀpasin a)nqrw¯poij to\ swth/rion a)nekh/rutte shmeiÍon, me/sv tv= basileuou/sv po/lei me/ga tro/paion toutiì kata\ tw½n polemi¿wn e)gei¿raj, diarrh/dhn de\ a)necalei¿ptoij e)gxara/caj tu/poij swth/rion toutiì shmeiÍon th=j 1.40.2 ¸Rwmai¿wn a)rxh=j kaiì th=j

“sed cum dei auxilium (39,3) sibi adfuisse probe intelligeret, illico VICTORIAE AUTORI gratiarum actionem supplex rependit. Et clara voce ac (40,1) titulorum inscriptionibus, SALUTARE SIGNUM cunctis hominibus annuntiavit: hoc TROPAEO in medio urbis regiae adversus hostes erecto, atque hoc SALUTARI SIGNO quod imperii romani ac totius orbis praesidium est, litterarum notis nunquam interituris inciso. Statim ergo sublimen(40,2) hastam in modum crucis, sub manum statuae suae in celeberrimo urbis loco poni jussit, et huiusmodi inscriptionem latino sermone subjici: - HOC SALUTARI SIGNO quod verae virtutis argumentum est, vestram urbem tyrannicae dominationis iugo liberatam

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scolpire una chiara ed indelebile epigrafe. Infatti diede subito l’ordine di collocare, in uno dei punti più centrali di Roma, un’ asta a forma di croce accanto ad una statua che effigiava la propria persona, e sopra vi fece incidere la seguente iscrizione con parole in lingua latina:- CON QUESTO SEGNO SALVIFICO, autentico emblema di fortezza, liberai la vostra città dal giogo della tirannide: al Senato e al Popolo Romano restituii, con la libertà, l’antico prestigio e splendore. Questo fu il modo in cui l’imperatore caro a Dio, illuminato dalla FEDE nella CROCE VITTORIOSA faceva conoscere ai Romani, in piena franchezza, il Figlio di Dio."

kaqo/lou basilei¿aj fulakth/rion. au)ti¿ka d' ouÅn u(yhlo\n do/ru staurou= sxh/mati u(po\ xeiÍra i¹di¿aj ei¹ko/noj e)n a)ndria/nti kateirga sme/nhj tw½n e)piì ¸Rw¯mhj dedhmosieume/nwn e)n to/p% sth/santaj au)th\n dh\ tau/thn th\n grafh\n r(h/masin au)toiÍj e)gxara/cai tv= ¸Rwmai¿wn e)gkeleu/etai fwnv=: "Tou/t% t%½ swthriw¯dei shmei¿% t%½ a)lhqeiÍ e)le/gx% th=j a)ndrei¿aj th\n "po/lin u(mw½n zugou= turannikou= diaswqeiÍsan h)leuqe/rwsa: eÃti mh\n kaiì th\n "su/gklhton kaiì to\n dh=mon ¸Rwmai¿wn tv= a)rxai¿# e)pifanei¿# kaiì lampro/thti "e)leuqerw¯saj a)pokate/sthsa."1.41.1 O me\n ouÅn qeofilh\j basileu\j wÒde/ pv tv= tou= nikopoiou= staurou= o(mo logi¿# lampruno/menoj su\n parrhsi¿# pa/sv to\n ui¸o\n tou= qeou

servavi: Senatui Populoque Romano inliibertatem asserto pristinum decus nobilitatis splendoremque restitui. In hunc modum (41,1) dei amatissimus imperator VICTRICIS CRUCIS confessionem prae se ferens, filium dei romanis libere atque ingenue praedicavit.”

I, 43.1 Sovvenzioni per oratori

I, 43.3 Costantino come Sole

I, 44.1 le cure più premurose le dedicava alla per la chiesa di Dio

Egli come se per volere divino fosse stato designato vescovo universale, convoca in concilio i ministri di Dio

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DE VITA CONSTANTINI. LIBER II TARTAGLIA GCS PG II, 1.2 Licinio non osava aggredire apertamente le chiese di Dio sottoposte alla sua giurisdizione perché temeva la reazione di Costantino. Cfr.AT9,1

II, 3.2 Alla testa di tutti furono collocate le insegne che testimoniavano della giusta fiducia che era stata riposta in Dio.

II, 4.2 II, IV.2 “…al suo fianco vi erano costantemente presenti i sacerdoti di cui abbiamo parlato e che la sua guida, come quella di tutto il suo esercito, era affidata al SIMBOLO della PASSIONE SALVIFICA.”

suneiÍnai¿ t' au)t%½ kaiì pareiÍnai dia\ panto\j tou\j ei¹rhme/nouj, kaiì to/ ge tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon au)tou= te kaiì tou= panto\j kaqhgh/sasqai stratou=,

“SALUTARIS (4,2) quoque PASSIONIS SIGNUM, et ipsum et universum eius exercitum antecedere”

II, 6.2 II, VI.2 “Costantino invocò allora il Dio salvatore e signore dell’universo e questo fu il segnale che egli diede ai suoi soldati: subito risultò vincitore del primo scontro; poi, non molto tempo dopo, vinse una seconda battaglia….con l’aiuto del SEGNO SALVIFICO che guidava sempre le sue truppe.”

e)ntau=qa dh\ KwnstantiÍnoj qeo\n swth=ra to\n e)piì pa/ntwn e)pikalesa/menoj, su/nqhma/ te tou=to dou\j toiÍj a)mf' au)to\n o(pli¿ taij, prw¯thj e)kra/tei parata/cewj, eiåt' ou)k ei¹j makro\n deute/raj sumbolh=j krei¿ttwn hÅn kaiì kreitto/nwn hÃdh nikhthri¿wn e)tu/gxane, tou= swthri¿ou tropai¿ou propompeu/ontoj th=j a)mf' au)to\n fa/laggoj

“Tunc vero Constantinus (6,2) servatore ac supremo omnium deo in auxilium vocato, atque signo militibus suis dato, hostes primo praelio fudit…et longe maiorem victoriam retulit cum SALUTARE CRUCIS TROPAEUM exercitum ipsius antecederet”

II, 7 II, VII “Questo EMBLEMA, ovunque apparisse, provocava la fuga dei nemici...ordinava che proprio in quel punto fosse presente il SEGNO SALVIFICO, come se si trattasse di un talismano che avesse virtù di propiziare la vittoria”

ãEnqa d' ouÅn a)nefa/nh tou=to, fugh\ me\n tw½n e)nanti¿wn e)gi¿neto, di¿wcij de\ tw½n kratou/ntwn. oÁ dh\ sunidwÜn basileu/j, tou= oi¹kei¿ou stratou= eiã pou ti ta/gma kekmhko\j e(w¯ra, oiâo/n ti nikhtiko\n a)lecifa/rmakon e)ntauqoiÍ to\ swth/rion tro/paion pareiÍnai diekeleu/eto, %Ò parauti¿ka sune/fainen h( ni¿kh,

“Certe ubicunque hoc SIGNUM conspectum fuerat, continuo fuga hostium………illico SALUTARE TROPAEUM”

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II,9.1-2 II, IX.1-2 “..il soldato che portava sulle spalle l’INSEGNA durante lo scontro fu preso dalla paura….. per sottrarsi al combattimento la affidò ad un compagno….. l’altro che era fuggito abbandonando la difesa dell’ INSEGNA, venne colpito da un dardo…”

eÃfh ga/r pot' e)n me/sv tou= pole/mou sumbolv=, ktu/pou kaiì taraxh=j a)qro/aj dialabou/shj to\ stratiwtiko/n, to\n e)piì tw½n wÓmwn fe/ronta to\ shmeiÍon u(po\ deili¿aj e)n a)gw½ni gene/sqai kaÃpeita metaparadou=nai au)to\ e(te/r%, wj aÄn diafu/goi to\n po/lemon. wj d' o( me\n u(pode/dekto, o( d' u(poba\j e)kto\j e)ge/neto th=j tou= shmei¿ou fulakh=j, be/loj a)kontisqe\n au)tou= kata\ th=j nhdu/oj ph/gnutai kaiì th\n zwh\n

“is qui hoc SIGNUM humeris ferebat ... Vix alter ille SIGNUM gestandum susceperat ”

“Il compagno.. ebbe salva la vita grazie al TROFEO SALVIFICO che teneva sollevato in alto. ….i proiettili andavano a schiantarsi tutti contro l’asta del TROFEO…”

a)faireiÍtai au)tou=. a)ll' au)to\j me\n deili¿aj kaiì a)pisti¿aj di¿khn e)kti¿saj e)ntau qoiÍ nekro\j eÃkeito, tou= de\ to\ swth/rion tro/paion ai¹wrou=ntoj zwh=j e)gi¿neto fulakth/rion, wj polla/kij belw½n kat' au)tou= pempome/nwn to\n me\n fe/ronta dias%¯zesqai, to\ de\ tou= tropai¿ou do/ru de/xesqai ta\ ballo/mena.

“at SALUTARE (9,2) ... CRUCIS TROPAEUM, ei qui ipsum sublime gestabat incolumitatem praestitit ... hasta vero SALUTARIS TROPAEI, missilia excepit.”

II,11 LICINIO=FARAONE Es.9, 12 COSTANTINO=MOSE’ Es.33, 7

II,16.1-2 II, XVI.1-2 “..dal momento che aveva conosciuto per esperienza diretta quanto divina ed arcana fosse la potenza che si celava nel TROFEO SALVIFICO per mezzo del quale l’esercito di Costantino era solito vincere..”

Eiåt' eÃrg% maqwÜn o(po/sh tij hÅn qei+kh\ kaiì a)po/rrhtoj e)n t%½ swthri¿% tropai¿% du/namij, di' hÂj o( Kwnstanti¿nou krateiÍn eÃmaqe strato/j,

“Post haec cum re(16,1) ipsa didicisset arcanam quamdam ac divinam potentiam in SALUTARI TROPAEO inesse, cujus ope constantini exercitus victoriam referre consuevisset…….”

“Costantino, invece, munito della corazza della sua fede -Ef.6,14 – contrapponeva alla moltitudine dei nemici il SEGNO SALVIFICO e DATORE di VITA servendosene come deterrente e come difesa contro il male.”

oiàde me\n ouÅn poluplhqei¿# qew½n qarrou=ntej su\n pollv= duna/mei xeiro\j stratiwtikh=j e)pv/esan, nekrw½n eiãdwla kamo/ntwn e)n a)yu/xoij a)ga/lmasi probeblhme/noi: o( d' eu)sebei¿aj qwraki peri pefragme/noj, to\ swth/rion kaiì zwopoio\n

“ Constantinus vero (16,2) pietatis lorica contectus, SALUTARE ET VIVIFICUM CRUCIS SIGNUM, velut terriculamentum quoddam et potentissimum ad depellenda mala munimentum”

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shmeiÍon wÐsper ti fo/bhtron kaiì kakw½n a)munth/rion t%½ plh/qei tw½n e)nanti¿wn pare/tatte.

II, 18 tutti gli altri che…avevano riposto la fiducia negli indovini, accettarono di fatto il Dio di Costantino senza alcun indugio, e ammisero di riconoscere in lui il vero ed unico Dio. II, 19,1 Unità dell’impero II, 19,2 “… ovunque risuonavano unanimi gli elogi per il vincitore, e tutti ammettevano di riconoscere nel salvatore di Costantino l’unico vero Dio. Insigne per la perfezione della sua fede, l’imperatore vincitore accolse nelle proprie mani l’Oriente e ricostituì sotto il suo potere l’unità monolitica dell’Impero romano, [...]” II, 21 i beni dei santi martiri di Dio ereditati dai parenti o dalle chiese. II, 36 eredità dei beni alla chiesa locale (costituzione costantiniana 321 Roma) II,40 Luoghi dei martiri alle chiese Martyria. II, 44 II, XLIV “[...]Governatori che nella maggioranza dei casi erano devoti alla FEDE SALVIFICA “

tv= swthri¿% pi¿stei

“Qui SALUTARI FIDEI dicati essent”

II, 46 Donativi alle chiese da Costantino cfr. I 42,2 edificazione nuove chiese III 25 ss II, 48 Editto autunno 324. Eusebio lo presenta come διδασκαλια, documento- editto di tolleranza della religione pagana. II, 55.1 II, LV.1 “..ho condotto l’esercito vittorioso ovunque ponendo innanzi la tua INSEGNA.”

th\n sh\n sfragiÍda pantaxou= proballo/menoj kallini¿kou h(ghsa/mhn stratou=:

“Tuum SIGNUM ubique praeferens, victorem exercitum duxi.”

II, 64 epistola sett./ott. 324

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DE VITA CONSTANTINI LIBER I TARTAGLIA GCS PG III, 1.1-4 III, I.1-4 “ egli eleggeva a suo presidio e a garanzia della vittoria proprio l’EMBLEMA contro il quale gli empi lanciavano con maggiore accanimento le loro bestemmie, e andava orgoglioso del TROFEO della PASSIONE.”

o( de\ tou\j mh\ oÃntaj oÀti mh\ ei¹siìn eÃrgoij kaiì lo/goij a)pele/gxwn to\n mo/non oÃnta pareka/lei gnwri¿zein. eiåq' oi¸ me\n blasfh/moij to\n Xristo\n tou= qeou= diexleu/azon fwnaiÍj, o( de\ e)f' %Ò ma/lista oi¸ aÃqeoi ta\j blasfhmi¿aj e)ki¿ noun tou=t' au)to\ nikhtiko\n e)pegra/feto fulakth/rion, t%½ tou= pa/qouj semnuno/menoj tropai¿%.

“hic vero illud ipsum (1,2) quod impii homines male dictis praecipue incessebant, SALUTIS praesidium esse scripsit. DOMINICAE PASSIONIS TROPEO sese efferens.”

“…i testi delle Sacre Scritture; egli ordinava che a spese dell’ erario imperiale si moltiplicasse anche il numero di questi libri e che gli esemplari così riprodotti venissero adornati con preziose e magnifiche decorazioni.”

“..hic sacrorum voluminum (1,4) exemplaria sumptibus imperialis aerarii propagari, et magnifico apparato decorari mandavit.”

III, 2.2-3.1 III, II.2-III.1 “Fu così che Costantino, con piena confidenza si diede infaticabilmente a predicare a tutti il Cristo, figlio di Dio, né provò affatto vergogna del NOME SALVIFICO di Lui, anzi, si fece un vanto della missione affidatagli. Rese ben nota la propria immagine sia con lo imprimere il suo stesso volto sul l’EMBLEMA SALVIFICO, sia con l’esporre, colmo di orgoglio, quel TROFEO che gli garantiva la VITTORIA alla vista di tutti anche in un dipinto.”

kaiì ti¿ new¯teron hÄ to\ qau=ma th=j basile/wj a)reth=j e)k qeou= sofi¿aj t%½ qnht%½ ge/nei dedwrhme/non; toiga/rtoi to\n Xristo\n tou= qeou= su\n parrhsi¿# tv= pa/sv presbeu/wn ei¹j pa/ntaj diete/lei, mhd<e\n> e)gka lupto/menoj th\n swth/rion e)phgori¿an, semnologou/menoj d' e)piì t%½ pra/gmati: fanero\n e(auto\n kaqi¿sth, nu=n me\n to\ pro/swpon t%½ swthri¿% katasfragizo/menoj 3.3.1 shmei¿%, nu=n d' e)nabruno/menoj t%½ nikhtik%½ tropai¿%,

“Quippe ille cum omni (2,2) fiducia ac libertate christum dei cunctis perpetuo praedicavit, nec SALUTARI VOCABULO censeri erubuit. Verum ob eam rem sese magnopere efferens, omnibus se noscendum exhibuit: dum nunc quidem SALUTARI SIGNO vultum consignat, nunc TRIUMPHALI gloriatur TROPAEO.

III, 3.1 III, III.1 “Il quadro collocato ben in alto davanti all’ingresso principale del palazzo imperiale, raffigurava il capo dell’imperatore sormontato dal SEGNO SALVIFICO;la belva nemica ed ostile, che aveva perseguitato la Chiesa di Dio con l’empia tirannide, era riprodotta sul basso, in forma di drago. …”

oÁ me\n dh\ kaiì e)n grafh=j u(yhlota/t% pi¿naki pro\ tw½n basilikw½n proqu/rwn a)nakei me/n% toiÍj pa/ntwn o)fqalmoiÍj o(ra=sqai prou)ti¿qei, to\ me\n swth/rion <shmeiÍon> u(perkei¿menon th=j au(tou= kefalh=j tv= grafv= paradou/j, to\n d' e)xqro\n

“ quin etiam in sublimi (3,1) quadam tabula ante vestibulum palatii posita, cunctis spectandum proposuit, SALUTARE quidem SIGNUM capiti suo super positum..”

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kaiì pole/mion qh=ra to\n th\n e)kklhsi¿an tou= qeou= dia\ th=j tw½n a)qe/wn poliorkh/santa turanni¿doj kata\ buqou= fero/menon poih/saj e)n dra/kontoj morfv=.

III, 3.2 III, III.2 “Perciò anche l’imperatore, per mezzo di questo dipinto ad encausto, additava a tutti il drago mentre, sotto i piedi suoi e dei suoi figli, veniva trafitto da un dardo nel mezzo del ventre e scaraventato nei gorghi profondi del mare….e significare che esso era stato precipitato negli abissi della perdizione dalla POTENZA del TROFEO SALVIFICO che sormontava la sua testa.”

3.3.2 dio\ kaiì basileu\j u(po\ toiÍj au)tou= te kaiì tw½n au)tou= pai¿dwn posiì be/lei peparme/non kata\ me/sou tou= ku/touj buqoiÍj te qala/tthj a)perrimme/non dia\ th=j khroxu/tou grafh=j e)dei¿knu toiÍj pa=si to\n dra/konta, wÒde/ pv to\n a)fanh= tou= tw½n a)nqrw¯pwn ge/nouj pole/mion ai¹nitto/menoj, oÁn kaiì duna/mei tou= u(pe\r kefalh=j a)nakeime/nou swthri¿ou tropai¿ou kata\ buqw½n a)pwlei¿aj kexwrhke/nai .

“quem SALUTARIS (3,2) illius TROPAEI quod capiti ipsius superpositum erat"

III, 5,1 festività del Salvatore controversia su data della Pasqua.

III, 6,18 Costantino convocò un concilio ecumenico

III, 10,1 luogo del concilio: (la sala centrale del palazzo imperiale) III, 10,3 Costantino vestito di porpora e oro e pietre preziose. III, 10,5 piccolo sedile in oro massiccio KATHISMA di Costantino al concilio di Nicea N: Piccolo = Per rispetto ai vescovi Ecclesiastici per riconoscimento della particolare natura della chiesa Oro = Presenza di Costantino come imperatore. III, 11,19

8 Vd Tartaglia 1984, V.C. III, 6.1, N 29 imp. gra/mmasi timhtikoiÍj Costantino

in forza dell’autorità datagli dall’essere egli stesso vescovo universale designato per volere divino.. convoca i vescovi a concilio…Il resoconto eusebiano dell’assise nicena indica chiaramente il modo in cui si configurava il rapporto tra l’imperatore e la gerarchia ecclesiastica: da una parte il sovrano è di fatto al di sopra dei vescovi, in quanto, oltre a convocarli interviene nel dibattito conciliare facendo valere il proprio arbitrato anche in materia di fede, dall’altra però mantiene un atteggiamento di grande rispetto verso l’episcopato.

9 Vd Tartaglia 1984, V.C. III, 11.1, N 46 p.129 discorso di apertura di Costantino al concilio di Nicea Costantino rivendica il ruolo di mediazione in qualità di Conservo (anche in altri documenti di Costantino) (Dorries).

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problema su chi debba occupare il primo seggio e su chi sia il presidente del concilio

DE VITA CONSTANTINI. LIBER III TARTAGLIA GCS PG

III, 14 10 “L’unità della fede prevalse..”

III, 21.3 III, XXI.3 “…la DOTTRINA SALVIFICA…” th\n swth/rion para\ toiÍj

pa=si doca/ zesqai didaskali¿an.

“…ut SALUTARIS DOCTRINA…”

III, 25 “in Gerusalemme il santissimo luogo della resurrezione del Salvatore risultasse agli occhi di tutti illustre e venerando. Pertanto diede subito l’ordine di costruire un oratorio.” III, 26.1 “ …il santissimo sepolcro che è il simbolo stesso della immortalità, voglio dire il sepolcro presso il quale fece risplendere la sua luce l’angelo disceso dal cielo, quando ribalto la pietra..”

III, 26.2 “..grotta SALVIFICA ..”

to\ swth/rion aÃntron

III, XXVI.2 “…SALUTAREM speluncam…”

III, 26,4 11

Cristo – Sole III, 28 la caverna come luogo più sacro.

III,29.1 “caverna SALVIFICA ..edificato un santuario degno del Signore..”

to\ swth/rion aÃntron

III, XXIX.1 “..SALUTAREM speluncam..”

III, 29.2 “..fede nel verbo SALVIFICO..”

th=j ei¹j to\n swth/rion lo/gon pi¿stewj

III, XXIX.2 “..SALUTARIS fidei doctrinam..”

10 TARTAGLIA 1984, V.C. III, 14, N 53 p.130 fu il personale intervento di Costantino che convinse

anche i vescovi più riluttanti ad accettare il concetto della“consustanzialità” (omou/sia) del Figlio al Padre. (Tartaglia)

11 Cristo = vittoria sulla morte / Sole = vittoria sulle tenebre. Entrambi = luce visibile

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DE VITA CONSTANTINI. LIBER III TARTAGLIA GCS PG III, 30.1 III, XXX.1 Infatti, che il MONUMENTO DELLA SANTISSIMA PASSIONE DI CRISTO, da molto tempo celato sotto terra, dopo aver fatto perdere le sue tracce per un lunghissimo periodo di anni, sia tornato a risplendere al cospetto dei suoi servi…

to\ ga\r gnw¯risma tou= a(giwta/tou e)kei¿nou pa/qouj u(po\ tv= gv= pa/lai krupto/menon tosau/taij e)tw½n perio/doij laqeiÍn, aÃxrij ou dia\ th=j tou= koinou= pa/ntwn e)xqrou= a)naire/sewj e)leuqerwqeiÍsi toiÍj e(autou= qera/pousin a)nala/mpein eÃmelle, 3.30.2 pa=san eÃkplhcin wj a)lhqw½j u(perbai¿nei.

Nam SACRATISSIMAE ILLIUS PASSIONIS MONUMENTUM, sub terra jam pridem occultatum tot annorum spatio delituisse, … omnem severa admirationem superat.

III, 30.4 III, XXX.4 “..luogo che fin dal principio fu sacro per volere di Dio, e che è divenuto ancora più sacro da quando ha portato alla luce la TESTIMONIANZA della PASSIONE SALVIFICA.”

oÁn qeou= prosta/gmati ai¹sxi¿sthj ei¹dw¯lou prosqh/khj wÐsper tino\j e)pikeime/nou ba/rouj e)kou/ fisa, aÀgion me\n e)c a)rxh=j qeou= kri¿sei gegenhme/non, a(giw¯teron d' a)po fanqe/nta a)f' ou th\n tou= swthri¿ou pa/qouj pi¿stin ei¹j fw½j proh/gagen, oi¹kodomhma/twn ka/llei kosmh/swmen.

“…ex quo DOMINICAE (30,4) PASSIONIS FIDEM in lucem protulit..”

III, 32 “..il luogo più straordinario e meraviglioso che esista al mondo venga adornato…la volta della basilica debba essere a cassettoni o se debba avere una foggia diversa. Perché se sarà a cassettoni, la si potrà anche rivestire in ORO.”

III, 33.1-3 III, XXXIII.1-3 “..e nel luogo stesso in cui fu sepolto il Salvatore venne costruita la NUOVA GERUSALEMME, in contrapposizione della città antica e famosa, la quale, dopo il cruento assassinio del nostro Signore, fu travolta fino a subire l’estrema devastazione, pagando con ciò il fio per la colpa dei suoi empi abitanti. Di fronte ad essa l’imperatore, con sontuosa e prodiga munificenza edificò un MONUMENTO CHE TESTIMONIAVA LA VITTORIA

kaiì dh\ kat' au)to\ to\ swth/rion martu/rion h( ne/a kateskeua/zeto ¹Ierousalh/m, a)ntipro/swpoj tv= pa/lai bowme/nv, hÁ meta\ th\n kuriokto/non mi aifoni¿an e)rhmi¿aj e)p' eÃsxata peritrapeiÍsa di¿khn eÃtise dussebw½n oi¹khto/rwn.

“..et in ipso servatoris (33,1) nostri martyrio NOVA fabricata est JERUSALEM, ex adverso veteris illius celeberrimae, quae post nefariam domini caedem ultimam vastitatem experta, pro incolarum impietate poenas persolverat. Contra hanc igitur imperator TROPAEUM VICTORIAE, quam servator noster de morte retulerat, ambitioso cultu erexit. Atque haec forsitan (33,2) fuerit recens illa ac NOVA

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che il Salvatore aveva conseguita contro la morte e forse non è errato identificare proprio in questo monumento la NUOVISSIMA GERUSALEMME annunciata dagli oracoli dei profeti, quella Gerusalemme nei cui confronti innumerevoli sono le lodi che a lungo celebrano le profezie ispirate dallo spirito divino.

3.33.2 tau/thj d' ouÅn aÃntikruj basileu\j th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn plousi¿aij kaiì dayile/sin a)nu/you filotimi¿aij, ta/xa pou tau/thn ouÅsan th\n dia\ profhtikw½n qespisma/twn kekhrugme/nhn kainh\n kaiì ne/an ¹Ierousalh/m, hÂj

JERUSALEM, …de qua in sacris voluminibus tot praeconia ab ipso divino spiritu pronuntiata leguntur.”

Prima di ogni altra cosa Costantino volle adornare il sacro speco, perché lo considerava come il CENTRO IDEALE DEL MONDO INTIERO: si, trattava, infatti del sepolcro grondante perenne memoria, del luogo che serbava il TROFEO DELLA VITTORIA che il nostro grande Salvatore aveva conseguita contro la morte, del divino sepolcro, presso il quale un giorno risplendette la luce dell’angelo che annunciò a tutti gli uomini la buona novella della rigenerazione rivelatasi attraverso il Salvatore:”

3.33.3 pe/ri makroiì lo/goi muri¿a di' e)nqe/ou pneu/matoj qespi¿zontej a)numnou=si: kaiì dh\ tou= panto\j wÐsper tina\ kefalh\n prw½ton a(pa/ntwn to\ i¸ero\n aÃntron e)ko/smei: mnh=ma d' hÅn ai¹wni¿ou mnh/mhj ge/mon, tou= mega/lou swth=roj ta\ kata\ tou= qana/tou perie/xon tro/paia, mnh=ma qespe/sion,

“Primum igitur sacram (33,3) illam speluncam, ut.. totius operis caput, exornavit. DIVINUM scilicet MONUMENTUM, iuxta quod olim coelesti luce radians angelus, regerenationem quae perservatorem ostendebatur, omnibus nintiaverat.”

III, 34.1 III, XXXIV.1 “..il sacro speco … CENTRO DEL MONDO”.

Tou=to me\n ouÅn prw½ton w¨saneiì tou= panto\j kefalh\n

“tanquam totius operis caput, imperatoris magnificentia eximiis columnis..”

III, 35 il sacro speco adornò con colonne di gran pregio e sommo sfarzo. La zona all’aperto ricoprì di lucida pietra. III, 36,1 teoria dei porticati su 3 lati. Al lato opposto alla caverna che guardava ad Oriente era congiunta la basilica. L’interno rivestito con piastre di marmo policromo, la superficie esterna con pietra levigata. III, 36,2 interno: soffitto intagliato a cassettoni – ricoperto in oro splendente così che tutto il “tempio scintillasse come pei raggi della luce” III, 37 su entrambi i lati la duplice fila

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di un doppio porticato, disposta su 2 piani per tutta la lunghezza del tempio; anche la volta del colonnato era tutta ricoperta in oro. Il porticato sulla facciata esterna della basilica poggiava su colonne gigantesche… tre porte ottimamente orientate verso Levante.

III, 38 il CENTRO di tutto l’edificio era l’EMISFERO, collocato all’estremità opposta della basilica: lo recingevano le 12 colonne, tante quante sono gli apostoli del Salvatore; la sommità di ognuna delle colonne recava l’ornamento di un grandissimo cratere d’argento. ( vd. N96 pag.143)

III, 40 III, XL “Questo fu il santuario che l’imperatore fece erigere per offrire una testimonianza visibile della risurrezione del Salvatore..” 12

To/nde me\n ouÅn to\n newÜn swthri¿ou a)nasta/sewj e)narge\j a)ni¿sth martu/rion basileu/j,

“Hoc igitur templum tanquam salutiferae resurrectionis testimonium imperator exstruxit..”

III, 40 lo adornò con monumenti votivi eseguiti in oro, argento e pietre preziose. III, 41.1 due sacre spelonche (altri siti) 1) prima apparizione del Salvatore la GROTTA di BETLEMME. 2) ricordo della ascensione al cielo avvenuta sulla cima di un monte MONTE degli ULIVI.

III, 43.1 consacrò lì due templi. III, 43.2 “la piissima imperatrice volle adornare con monumenti meravigliosi il luogo che aveva visto partorire la MADRE di DIO e abbellì.” III, 43.3 “sul Monte degli Ulivi, la madre dell’imperatore eresse maestosi edifici in ricordo della ascesa al cielo del Salvatore

12 TARTAGLIA 1984 N 77 pag.190: consacrazione della chiesa del S.SEPOLCRO-17sett. 335

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dell’universo, fondò lì un tempio di preghiera in onore del Salvatore.”13

III, 43.4 queste …le due magnifiche e splendide chiese. III, 47.4 l’imperatore fondò in Palestina i pregevoli edifici.. III, 48.2 consacrava la sua città (Costantinopoli) al Dio per il quale i martiri avevano sacrificato la loro vita. III, 49 nelle fontane collocate al centro delle piazze ..Buon Pastore.

III, 49 III, XLIX “Tanto grande era l’amore divino che aveva pervaso l’animo dell’imperatore, che nello stesso palazzo imperiale, nella sala che tra tutte è la più splendida, giusto nel mezzo di un grandissimo riquadro che si apre nel centro del soffitto a cassettoni tutto ricoperto di oro, fu inciso il SIMBOLO della PASSIONE SALVIFICA, risultante dall’accostamento di pietre preziose dei più diversi colori incastonate nell’oro massiccio. A quanto sembra, questa immagine della croce fu eseguita per volontà dell’imperatore caro a Dio perché servisse da salvaguardia in difesa dell’impero.”

Eiådej d' aÄn e)piì me/son a)gorw½n keime/naij krh/naij ta\ tou= kalou= poime/noj su/mbola, toiÍj a)po\ tw½n qei¿wn logi¿wn o(rmwme/noij gnw¯rima, to/n te Danih\l su\n au)toiÍj le/ousin e)n xalk%½ peplasme/non xrusou= te peta/loij e)kla/mponta. tosou=toj de\ qeiÍoj eÃrwj th\n basile/wj kateilh/fei yuxh/n, w¨j e)n au)toiÍj toiÍj a)nakto/roij tw½n basilei¿wn, kata\ to\n pa/ntwn e)coxw¯taton oiåkon th=j pro\j t%½ o)ro/f% kexruswme/nhj fatnw¯sewj kata\ to\ mesai¿taton, megi¿stou pi¿nakoj a)nhplwme/nou me/son e)mpeph=xqai to\ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon e)k poi ki¿lwn sugkei¿menon kaiì polutelw½n li¿qwn e)n xrus%½ poll%½ kateirgasme/nwn. fulakth/rion de\ dokeiÍ tou=to au)th=j basilei¿aj t%½ qeofileiÍ pepoih=sqai.

“Tantus porro divini numinis amor imperatoris animum occupaverat, ut in totius palatii eminentissimo cubiculo, in maxima tabula, quae in medio lacunaris in aurati expansa est, SIGNUM DOMINICAE PASSIONIS ex auro pretiosisque lapidibus elaboratum infixerit. Atque hoc tanquam praesidium ac tutelam imperii, piissimus princeps statuisse mihi videtur”

III, 57 III, LVII “..pertanto si convertirono al VERBO SALVIFICO…”

oi me\n t%½ swthri¿% prose/feugon lo/g%,

“..ad SALUTAREM CHRISTI DOCTRINAM…”

13 TARTAGLIA 1984 N 103 pag. 145 pellegrinaggio di Elena in Palestina 326-329/330.

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DE VITA CONSTANTINI LIBER IV TARTAGLIA GCS PG IV, 5.2 IV, V,2 “..pertanto, fiducioso nel suo Salvatore, protese anche contro questi barbari il TROFEO VITTORIOSO DELLA CROCE..”

ou)k hÅn d' aÃra ouÂtoj basileiÍ forhto\j o( lo/goj, ou)de\ t%½ nikhtv= kalo\n e)nomi¿zeto ta\ iãsa toiÍj eÃmprosqen prosfe/rein, t%½ d' au)tou= e)pi qarrw½n swth=ri to\ nikhtiko\n tro/paion kaiì tou/toij e)panatei¿naj,

“itaque, servitori sui (5,2) auxilio fretus, triumphali SIGNO AC TROPAEO in eos etiam illato”

IV, 8 “..assumendosi il compito di comune protettore dei cristiani di ogni parte della terra…” IV, 9 epistola autografa di Costantino: “Io sono il difensore della divina fede, e per ciò stesso partecipo della vera luce. Seguo la strada indicata dalla vera luce, e per ciò stesso ho conoscenza della divina fede….Ammetto pubblicamente di professare il culto che mi insegna la conoscenza del santissimo Iddio. Con al mio fianco la potenza di questo Dio…..Questo è il Dio che io venero: il mio esercito che è a Lui consacrato, reca sulle proprie spalle il suo emblema

IV, 15.1 “Con quanta forza gli fosse radicata nell’anima la fede in Dio, lo si intenderà anche considerando che fece incidere la propria effigie sulle monete auree in modo da apparire con lo sguardo levato al cielo, nell’atteggiamento di chi prega con le palme delle mani rivolte verso il Signore.”

IV, 15.2 “Anche nelle regge di alcune città, sugli stemmi ….in alto sui portoni d’ingresso, l’imperatore era ritratto in piedi, con il viso rivolto al cielo (16) e con le mani protese in guisa di orante .”

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DE VITA CONSTANTINI LIBER IV TARTAGLIA GCS PG IV, 17.1 14 IV, XVII.1 “..l’indizio che lascia intuire la straordinaria religiosità di Costantino…egli nel palazzo imperiale volle riprodurre come l’immagine di una chiesa…”

Ske/yaito d' aÃn tij ta\ tou/twn semno/tera, diagnou\j wj e)n au)toiÍj toiÍj basi lei¿oij e)kklhsi¿aj qeou= tro/pon die/qeto,

“..qualiter ille in palatio quondam velut Ecclesiam Dei constituit.”

IV, 18.2 15 IV, XVIII.2 “ ( i fedeli dorifori.. funzione di guardie del corpo ) ..onoravano ..il GIORNO SALVIFICO dedicato al Signore..”

kaiì au)toiì th\n swth/rion kaiì kuriakh\n h(me/ran

“ et SALUTAREM ac (18,2) dominicum DIEM perinde honorabant

IV, 18.3 IV, XVIII.3 “Costantino impartì.. istruzioni perché l’esercito tutto onorasse.. il GIORNO SALVIFICO del Signore, detto pure della luce e del sole.”

th\n de/ ge swth/rion h(me/ran, hÁn kaiì fwto\j eiånai kaiì h(li¿ou e)pw¯ numon sumbai¿nei,

“porro cum exercitum (18,3) omnem ad SALUTARIS DIEI, qui lucis ac solis appellatur nomine, religiosum cultum institueret..”

IV, 19 “.. non.. far dipendere ogni speranza dalla forza fisica, ma .. è sufficiente la fede nel Dio che è Signore dell’universo, nel Dio che è dispensatore, come di ogni bene, così pure della vittoria… era necessario che i soldati recitassero le preghiere, tenendo sollevate al cielo le mani e rivolgendo gli occhi della mente alle altezze ove ha sede il sovrano celeste.. invocarlo quale dispensatore di vittoria, salvatore, difensore e soccorritore.”

14 PG,17,1 del Migne: nota a piè di pagina Cfr. De Laudibus Constantini oratio in ejus tricennalibus abita, 628.Migne pag 1366.

15 TARTAGLIA 1984,V.C. IV,18.2,Nota 24 pag 175: due leggi che Costantino emanò nel 321: la prima stabiliva il riposo per gli artigiani e i tribunali nel giorno consacrato al sole(venerabili die solis); la seconda confermava. Con l’espressione dies solis le leggi si riferiscono alla festività cristiana della domenica. L’espressione reca in sé una sostanziale ambiguità per il grande interesse che aveva Costantino a mantenere stretti rapporti con i ceti dirigenti dello Stato, ceti presso i quali il culto monoteizzante del sole era particolarmente diffuso. E’ questo lo stesso motivo che potrebbe spiegare la disponibilità dell’imperatore (almeno fino al 321/ 324) ad accettare sulle monete e sui monumenti la presenza del sol invictus, la qual cosa “.non ostacolava ma anzi, agevolava la diffusione di immagini della religione cristiana.. Infatti fin dall’ epoche più antiche, i simboli della luce propri della religione solare come di quella cristiana e giudaica, avevano dato luogo a singolari coincidenze” (De Giovanni).

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DE VITA CONSTANTINI LIBER IV TARTAGLIA GCS PG

IV, 21 IV, XXI “Anche sulle armi fece riprodurre il SIMBOLO DEL TROFEO SALVIFICO, vietando che l’esercito schierato venisse preceduto, secondo l’uso d’un tempo, dalle effigi auree degli dèi: ciò fu consentito unicamente al TROFEO SALVIFICO della CROCE.

ãHdh de\ kaiì e)p' au)tw½n tw½n oÀplwn to\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon katashmai¿nesqai e)poi¿ei, tou= te e)no/plou stratou= propompeu/ein xrusw½n me\n a)galma/twn, o(poiÍa pro/teron au)toiÍj eÃqoj hÅn, to\ mhqe/n, mo/non de\ to\ swth/rion tro/paion.

“Quinetiam in ipsis armis, SALUTARIS TROPAEI SIGNUM jussit effingi utque ante instructum armis exercitum non aurea signa et simulacra, ut antea moris erat, sed solum CRUCIS TROPAEUM praeferretur mandavit.”

IV, 22.1 “Egli stesso come un vero e proprio sacerdote dei sacri misteri della fede…”

IV, 24 16 “…ricevendo a convito dei vescovi, affermò di essere anch’egli un vescovo.. voi sovrintendete a quanti fanno parte della organizzazione della chiesa; io, invece, è come se fossi stato costituito da Dio vescovo di quei di fuori”

ãEnqen ei¹ko/twj au)to\j e)n e(stia/sei pote\ deciou/menoj e)pisko/pouj lo/gon a)fh=ken, w¨j aÃra kaiì au)to\j eiãh e)pi¿skopoj, wÒde/ ph au)toiÍj ei¹pwÜn r(h/masin e)f' h(me te/raij a)koaiÍj: "a)ll' u(meiÍj me\n tw½n eiãsw th=j e)kklhsi¿aj, e)gwÜ de\ tw½n e)kto\j u(po\ qeou= kaqestame/noj e)pi¿skopoj aÄn eiãhn."

IV, 29.3 “ adduceva prove sulla falsità del politeismo, dimostrando che la superstizione pagana non era altro che un ingannevole ricettacolo di empietà; poi faceva conoscere il Dio che è l’unico Signore assoluto del mondo…” IV, 29.3 “..giungeva a parlare della incarnazione del Salvatore, e dimostrava come essa si fosse realizzata secondo il giusto principio della necessità.”

16 TARTAGLIA 1984 V.C. IV, 24, N 32 pag. 177.

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DE VITA CONSTANTINI LIBER IV TARTAGLIA GCS PG IV, 29.4 17

“..Diceva che Dio il quale è Signore dell’universo, aveva concesso a lui il supremo potere su questa terra; egli a sua volta, ad imitazione dell’Onnipotente, aveva affidato ad essi l’amministrazione di singole parti dell’impero.”

IV, 34 “Costantino, la cui premura per le chiese di Dio era.. assidua ed incessante, ci inviò allora una lettera per l’allestimento di alcuni testi sacri.” (35,3) unita alla festività della Pasqua: IV, 36,1 “In Costantinopoli.. farvi costruire anche un cospicuo numero di chiese.. trascrivere.. cinquanta volumi in pergamena pregiata, chiaramente leggibili e facili da spostare per l’uso (cinquanta volumi delle Sacre Scritture)…” IV, 37 “… spedizione di ternioni e quaternioni rilegati in volumi pregevolmente decorati..”

IV, 41 ESTATE 335 Concilio nella città fenicia di Tiro per ristabilire definitivamente la pace religiosa in Oriente.(casi controversi di Ario e Atanasio) IV, 43 Concilio spostato a Gerusalemme SETT. 335 IV, 45 18 Festa della Consacrazione celebrata con esultanza nella stessa ricorrenza del trentennale dell’imperatore. 17.SETT.335

17 TARTAGLIA 1984 V.C. IV, 29.4,N 48 i concetti basilari della concezione costantiniana del potere:

1) derivazione divina dell’autorità imperiale. 2) il sovrano come imitatio dei (mi/mhsij tou= krei/ttonojV) (Mazzarino).

18 TARTAGLIA 1984 V.C. IV, 45, N 77 pag.190.

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CONFRONTO TRA ITALIANO, GRECO, LATINO.

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DE VITA CONSTANTINI LIBER IV TARTAGLIA GCS PG

IV, 46 “…descrizione precisa del tempio del Salvatore, dell’antro SALVIFICO, dei magnifici edifici da lui stesso voluti e dal gran numero dei monumenti in oro, argento e pietre preziose che erano stati colà innalzati.

oi(/oj d’ o/ tou= swth=roj new=j, oi(/on to) swth=rion aÁntron...

“caeterumqualis forma basilicae Servatoris, qualis sacrae speluncae species sit, quanta operis venustas et elegantia”

IV, 47 I sinodo di NICEA 325 II sinodo di GERUSALEMME 335 (entrambi convocati dall’imperatore) “

IV, 53 Costantino regnò 306.VII.25 337.V.22 IV, 58 Chiesa SS. Apostoli in Costantinopoli : “…Fece erigere l’intiera chiesa… immensa varietà di pietre d’ogni genere: la rivestì di marmo.. ricoprendo d’oro tutto il soffitto, che fece dividere in cassettoni finemente lavorati…” IV, 59 “ Intorno all’edificio si apriva una vastissima area a cielo scoperto; su ciascuno dei quattro lati di quest’area correvano dei porticati, i quali racchiudevano lo spiazzo centrale e il tempio stesso; lungo i porticati si trovavano allineati appartamenti reali…” IV, 60.3 “ Sempre lì fece erigere dodici sarcofaghi , alla stregua di sacre steli in onore e memoria della comunione degli apostoli; in mezzo fece collocare la cassa che era destinata a sé stesso, in modo.. che avesse su ciascuno dei due lati sei dei sarcofaghi consacrati agli apostoli.”

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CONFRONTO TRA ITALIANO, GRECO, LATINO.

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DE VITA CONSTANTINI LIBER IV TARTAGLIA GCS PG

IV,60.5 IV, LX.5 “…ed ebbe reso lieto e luminoso il giorno SALVIFICO…”

th/n te swth/rion dih/gagen h(me/ran

Nam cum primas paschalis festi exercitationes obiisset, ipsum servatoris nostri diem..

IV, 61.2 chiesa dei Martiri ad Elenopoli in Bitinia. IV, 61.2 19 “ il santo Battesimo… liberare l’anima umana dagli errori commessi su questa terra.” IV, 62 IV, XLII “..finalmente è giunto il tempo in cui anche noi potremo godere del suggello che dà la vita eterna, il tempo della IMPRONTA SALVIFICA..”

kaiì eu)xome/n% th=j e)n qe%½ tuxeiÍn swthri¿aj kairo\j e)lpizo/menoj: wÐra kaiì h(ma=j a)polau=sai th=j a)qanatopoiou= sfragiÍdoj, 4.62.2 wÐra tou= swthri¿ou sfragi¿smatoj, <ouÂ> metasxeiÍn

.. ut signum illud quod immortalitem confert,.. tempus est, ut salutaris signaculi participes fiamus.

IV, 62.4 IV, LXII.4 “I vescovi.. compirono i sacri riti .. e gli parteciparono i misteri della fede. Così Costantino fu l’unico tra gli imperatori di tutte le epoche ad essere rigenerato dai misteri di Cristo e ad acquistare per mezzo di essi la perfezione. Fu ritenuto DEGNO del SIGILLO DIVINO…”

qei¿aj te sfragiÍdoj

IV, 70.2 .. chiesa SS. Apostoli del Salvatore vi deposero la bara. IV, 71.2 “.. gli procurò l’onore di essere accomunato al ricordo degli apostoli.” IV, 73 monete coniate: Costantino su un cocchio a 4 cavalli in guisa di auriga nell’atto di essere accolto in cielo da una mano.. dall’alto.

19 TARTAGLIA 1984 V.C. IV, 61.2, N116 pag.201.

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CAPITOLO1.3 ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI IN RIFERIMENTO ALLA LORO

COLLOCAZIONE TESTUALE.

1.3.1 qeoshmei¿a tij e)pifai¿netai ‘ADMIRABILE SIGNUM’ Liber I, 28.1

“Cominciò allora ad invocarlo 32, pregando e supplicando di mostrargli chi mai egli fosse e di porgergli il soccorso della sua destra nelle circostanze attuali. Mentre l’imperatore era assorto in questa preghiera e rivolgeva in tutta sincerità la sua supplica, gli apparve un SEGNO DIVINO veramente straordinario…”

"...eu)xome/n% de\ tau=ta kaiì liparw½j i¸keteu/onti t%½ basileiÍ qeoshmei¿a tij e)pifai¿netai paradocota/th,.."33

“Huius ergo opem(28,1) implorare coepit, orans atque obsecrans ut se ipsi noscendum praeberet, ac praesentibus negotiis adiutricem manum porrigeret. Haec precanti ac suppliciter postulanti imperatori, ADMIRABILE quoddam SIGNUM a deo missum apparvit.

- Analisi del sintagma In greco: qeoshmei¿a tij e)pifai¿netai tradotto con ‘admirabile signum ’;

qeoshmei¿a, aj / qeoshmei¿on, ou, to/ = manifestazione divina e)pifai¿nw= mostrare apparire paradocoj, on = straordinario, inaspettato.

In latino: admirabile segno. In italiano: Tartaglia riporta segno divino per un termine che dal greco traduciamo di norma come ‘manifestazione divina ’. -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di questa formula linguistica è determinata semplicemente con paradocoj, ‘straordinario’ e dall’accostamento di qeoshmei¿a ed e)pifai¿nw, una manifestazione divina in visione diurna come risposta alle preghiere dell’imperatore.

Il contesto è quello in cui l’imperatore incominciò ad invocare Dio perché si manifestasse a lui per porgergli quell’aiuto, il soccorso di cui necessitava. Costantino pregava e supplicava per ottenere da Dio un segno visibile della sua presenza ed essenza e un soccorso nelle circostanze in cui egli si trovava. Costantino rifletteva sulla spedizione che stava per intraprendere alla volta di Roma per porre fine alla tirannide 34, “pensava a quale Dio dovesse scegliersi come protettore” e ancora “dei molti che nel passato avevano rivestito la suprema carica dello Stato, tutti avevano riposto le loro speranze in una pluralità di divinità, senza che nessuna di quella divinità fosse intervenuta in loro favore ”. Dopo tali considerazioni Costantino “giudicava una vera follia perder tempo con quelle divinità inesistenti […] e pensava che soltanto il Dio paterno meritasse di essere venerato.” (V.C. I, 27)

In merito alla funzione, viene definita la peculiarità della visione, come chiarisce Casartelli Novelli 35, straordinarietà nel merito e nel metodo, di segno

32 GIOELE 3,5: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” 33 Traduzione letterale I,28.1: “Mentre pregava in queste cose e insistentemente (ardentemente)

supplicava il Signore, apparve la straordinaria (inaspettata) manifestazione divina.” 34 Cfr. qui introduzione B2 p. XI-XIII sull’analisi di quale abbia potuto essere il momento e il luogo

della visione; V. C. I, 28 e 30. 35 CASARTELLI NOVELLI 2000 A.

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ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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‘fausto’ ma inedito nella forma e nella sostanza rispetto alla tradizione dei presagi augurali. Secondo J.Ries 36 il simbolo, come linguaggio simbolico del sacro, serve all’uomo per fare la propria esperienza dell’invisibile. Sicché tale linguaggio diviene linguaggio della ‘rivelazione’ dove l’invisibile si rende visibile tramite un elemento mediatore, strumento della manifestazione divina. La natura stessa del Cristianesimo insieme con la religione ebraica è quella di essere una “Religione Rivelata”.

1.3.2 staurou= tro/paion ‘CRUCIS TROPAEUM ’ Liber I ,28.2

“Nell’ora in cui il sole è a metà del suo cammino, quando il giorno comincia appena a declinare, disse di aver visto con i propri occhi, in pieno cielo e al di sopra del sole, il SEGNO LUMINOSO di una CROCE, unita alla quale c’era una iscrizione che diceva: “CON QUESTA VINCI !”

"...a)mfiì meshmbrina\j h(li¿ou wÐraj, hÃdh th=j h(me/raj a)poklinou/shj, au)toiÍj o)fqalmoiÍj i¹deiÍn eÃfh e)n au)t%½ ou)ran%½ u(perkei¿menon tou= h(li¿ou staurou= tro/paion e)k fwto\j sunista/menon, grafh/n te au)t%½ sun h=fqai le/gousan: tou/t% ni¿ka...."

“Horis diei meridianis, (28,2) sole in occasum vergente, CRUCIS TROPAEUM in coelo ex luce conflatum, soli super positum, ipsis oculis se vidisse affirmavit, cum huiusmodi inscriptione: “HAC VINCE”.

- Analisi del sintagma In greco: tro/paion, ou / tro/paion,to/

tro/paioj, a, on = che mette in fuga il nemico. In latino: viene tradotto in modo letterale con crucis tropaeum in coelo ex luce conflatum‘. il trofeo della croce in cielo fuso insieme dalla luce.’

Conflo, as, avi, atum, are = fondere insieme, combinare, formare, comporre; così come il termine greco e)k fwto\j sunista/menon, In italiano: ‘ il segno luminoso di una croce’. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion è definita nel suo significato da stauroj . E’ trofeo a forma di croce fuso insieme dalla luce e/o con funzione di trofeo. Sempre nel merito della visione Eusebio pone una distinzione utilizzando il termine di shmeiÍon nel paragrafo successivo quando racconta come il ‘trofeo’ apparso in cielo fu mostrato in sogno da Cristo a Costantino ingiungendogli di costruire un’immagine ‘simile’. staurou= tro/paion e shmeiÍon a livello morfologico sono diversi per la forma dell’espressione. Il primo ha un’area semantica definita dal stauroj, mentre shmeiÍon ha un’area semantica meno definita, più estesa e con una densità vastissima; vengono utilizzati rispettivamente per la visione e per il sogno ma, come vedremo in seguito, sono uniti tra loro dalla convergenza di significato 37.

In merito alla funzione, il ‘trofeo’ viene visto unito ad un’iscrizione che promette una vittoria. Per cui nonostante non compaia la parola nikhtiko\n che troveremo più il là, già da qui viene stabilito che la funzione di questo segno è quello della vittoria.

36 CASARTELLI NOVELLI 2000 B; CASARTELLI NOVELLI 1996 C p.15-26. 37 Per i casi isomorfia semantica Cfr. ind. anal.dei temi, p. 94s e § 3.4 p. 82s.

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ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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Su dove sia posizionata l’iscrizione rispetto al trofeo, Eusebio non lo specifica, ma è contestuale e cotestuale al ‘segno’ della visione.(Tav. XXV, XXVI).

In merito alla resa in immagine, qui Eusebio non riferisce molte informazioni mentre nei passi successivi l’autore farà in modo tale da rendere più chiaro non solo la possibile resa in immagine ma comunicherà anche quale sia il significatum di questo ‘segno’ della visione. Pertanto Eusebio utilizza un linguaggio simbolico e le immagini cui rimanda esplicitamente sono immagini-segni e non immagini-narrative, come osservano Grabar e Casartelli Novelli. 38

1.3.3 to\\ shmeiÍon’ ‘SIGNUM’ e Tou= shmei¿ou th\n ei¹ko/na

Liber I ,29 e I,30 “Allora gli si mostrò in sogno Cristo, figlio di Dio, con il SEGNO che era apparso nel cielo e gli ingiunse di costruire un’immagine simile a quella del SEGNO osservato in cielo e di servirsene come difesa nelle battaglie contro i nemici.”

e)pv/ei katalabou=sa. eÃnqa dh\ u(pnou=nti au)t%½ to\n Xristo\n tou= qeou= su\n t%½ fane/nti kat' ou)rano\n shmei¿% o)fqh=nai¿ te kaiì parakeleu/sasqai, mi¿mhma poihsa/ menon tou= kat' ou)rano\n o)fqe/ntoj shmei¿ou tou/t% pro\j ta\j tw½n polemi¿wn sumbola\j a)lech/mati xrh=sqai.

“Nox tandem supervenit. Tum vero Christus dei dormienti apparvit cum SIGNO illo quod in coelo ostensum fuerat, praecepitque, ut militari SIGNO ad similitudinem eius quod in coelo vidisset fabricato, eo tamquam SALUTARI PRAESIDIO in praeliis uteretur.”

Liber I ,30

“…Convocò poi presso di sé orefici e artigiani esperti in pietre preziose, si mise a sedere in mezzo ad essi ed illustrò la forma del SEGNO, che ordinò di riprodurre in oro e pietre preziose. Un giorno, per volere dell’imperatore, oltre che per concessione divina, anche noi avemmo l’onore di vedere questo oggetto con i nostri stessi occhi”

aÀma d' h(me/r# dianasta\j toiÍj fi¿loij e)c hgo/reue to\ a)po/rrhton. kaÃpeita xrusou= kaiì li¿qwn polutelw½n dhmiourgou\j sugkale/saj me/soj au)to\j kaqiza/nei kaiì tou= shmei¿ou th\n ei¹ko/na fra/zei, a)pomimeiÍsqai¿ te au)th\n xrus%½ kaiì polutele/si li¿qoij diekeleu/eto.

“Ille primo statim di luculo surgens, arcanum omne amicis exposuit. Convocatis deinde auri ac gemmarum fabris, medius inter eos sedens, speciem SIGNI eis sermone depinxit, iussitque ut auro ac lapillis similitudinem eius exprimerent…”

-Analisi del lessema In greco to\ shmeiÍon’ segno, impronta, sigillo. In latino la traduzione fedele, signum. In italiano la traduzione fedele, segno. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di shmeiÍon non è qui definita, per cui il suo significatum è vastissimo; ciò che sappiamo è che Eusebio qui, per la prima volta nel testo,

38 CASARTELLI NOVELLI 1996 B p. 643; GRABAR 1983, pp. 23-50, p. 83ss.

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ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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impiega shmeiÍon 39, abbiamo già osservato come egli ponga una distinzione usando staurou= tro/paion per la visione diurna e shmeiÍon per il sogno e si è già individuato tra i due termini l’esistenza di una relazione di isomorfia semantica 40 poiché i essi rinviano ad uno stesso referente= il ‘segno’ della visione.

In merito al contesto, due volte shmeiÍon viene utilizzato per indicare la visione notturna, ossia il sogno, dove il ‘segno’ apparso in cielo fu mostrato da Cristo a Costantino, ordinandogli di tradurlo in immagine. Poi il termine viene utilizzato nel contesto della convocazione degli artigiani ed orefici, per illustrare loro come dovesse essere riprodotto in immagine il ‘segno’, tou= shmei¿ou th\n ei¹ko/na, nella materia dell’oreficeria preziosa,41 codificata, quindi, nel peculiare codice iconico “apocalittico” informato all’oro e pietre preziose di cui è costituita la macro- visione/macro-oreficeria “achiropita” della Gerusalemme celeste scritturistica. 42

Per il rinvio alla realizzazione in immagine staurou= tro/paion / shmeiÍon assumerà una figura “gemmata”.

In merito alla funzione, Cristo stesso ha donato e concesso a Costantino il ‘segno’ con l’ordine di riprodurlo in immagine e rafforza la duplice visione con la spiegazione di servirsene come difesa in battaglia contro i nemici; qui inizia il tema dell’attribuzione di fulakth/rion al ‘segno’ della visione che si riproporrà maggiormente in tutti i contesti di battaglia.

Dalla scelta dei termini si evince come Eusebio volesse dare rilievo a ciò che l’imperatore aveva visto in sogno, poiché proprio il ‘segno’ di Cristo e la sua manifestazione e l’ordine del Cristo stesso di tradurlo in immagine, sigilla un’alleanza stipulata da questo Dio che elegge in Costantino il mediatore e il realizzatore dello sviluppo, dell’impero ma soprattutto della Chiesa nascente, cui Costantino lavorerà con un programma ad ampio raggio, iconografico-architettonico dottrinale-ecclesiastico, dando avvio alla nascita del processo ufficiale di cristianizzazione dell’impero romano. Ecco per cui Eusebio amministra sapientemente le espressioni verbali congiungendo un’espressione di tipo militare come staurou= tro/paion con il segno ‘ierofanico’.

1.3.4 kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon ‘SALUTARIS APPELLATIONIS SIGNUM’

Liber I ,31.1-3 “La sua foggia era la seguente. In un’alta asta ricoperta d’oro s’innestava un braccio trasversale in modo da formare una croce; in cima a tutto era fissata una CORONA INTESSUTA DI PETRE PREZIOSE ED ORO; SU QUESTA CORONA DUE SEGNI, INDICANTI IL NOME DI CRISTO, MOSTRAVANO, PER MEZZO DELLE PRIME

åHn de\ toi%½de sxh/mati kateskeuasme/non. u(yhlo\n do/ru xrus%½ kathmfiesme/non ke/raj eiåxen e)gka/rsion staurou= sxh/mati pepoihme/non, aÃnw de\ pro\j aÃkr% tou= panto\j ste/fanoj e)k li¿qwn polutelw½n kaiì xrusou= sumpeplegme/noj

“.. hasta longior auro contecta, transversam habet antennam instar crucis. Supra in ipsa hastae summitate CORONA ERAT AFFIXA, GEMMIS ET AURO CONTEXTA. IN HAC SALUTARIS APPELLATIONIS SIGNUM, DUAE VIDELICET LITTERAE, NOMEN CHRISTI PRIMIS

39 to\ shmeiÍon è accostato a staurou= tro/paion del § 1.3.2, V.C. I, 28.2. 40 Cfr. per i casi di isomorfia semantica § 3.4 p.82s. 41 Cfr. qui, § 2.2. p.71s per l’argomento dell’ o)qo/nh e il discorso sulla forma e materia

dell’espressione; CASARTELLI NOVELLI 1996 C. e CASARTELLI NOVELLI 1983, in part. su SAUSSURE e LOTMAN pp.63-73 e 133-169.

42 CASARTELLI NOVELLI 1996 B, pag. 642-643 CASARTELLI NOVELLI 1987, pag.105-172.

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ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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LETTERE (CON IL RHO CHE SI INCROCIAVA GIUSTO NEL MEZZO), IL SIMBOLO DELLA FORMULA SALVIFICA: l’ imperatore prese poi l’abitudine di portare anche in seguito questo MONOGRAMMA inciso sul suo elmo. AL BRACCIO TRASVERSALE, CHE ERA INFISSO NELL’ASTA, SI TROVAVA SOSPESA UNA TELA DI GRAN PREGIO:SI TRATTAVA DI UN MANTO REGALE RICOPERTO DI UNA GRANDE VARIETA’ DI PIETRE PREZIOSE , INTRECCIATE TRA LORO E SFAVILLANTI COME I RAGGI DELLA LUCE, TUTTO TRAPUNTO D’ORO…… Questo tessuto, legato al braccio trasversale, aveva uguale misura sia in lunghezza che in larghezza; l’asta verticale, che dalla base si allungava di molto verso l’alto, proprio sotto il SEGNO DELLA CROCE , lungo l’orlo superiore del drappo (variopinto), recava disegnato in oro il busto dell’imperatore caro a Dio, insieme con quello dei suoi figli. Di questo SEGNO SALVIFICO l’imperatore si servì sempre come difesa contro.. le forze nemiche, e ordinò che altri oggetti simili ad esso fossero messi alla testa di tutti i suoi eserciti.”

katesth/rikto, kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon du/o stoixeiÍa to\ Xristou= paradhlou=nta oÃnoma dia\ tw½n prw¯twn u(pesh/mainon xarakth/ rwn, xiazome/nou tou= r(w½ kata\ to\ mesai¿taton: aÁ dh\ kaiì kata\ tou= kra/nouj 1.31.2 fe/rein eiãwqe ka)n toiÍj meta\ tau=ta xro/noij o( basileu/j. tou= de\ plagi¿ou ke/rwj tou= kata\ to\ do/ru peparme/nou o)qo/nh tij e)kkremh\j a)pvw¯rhto, basiliko\n uÀfasma poikili¿# sunhmme/nwn polutelw½n li¿qwn fwto\j au)gaiÍj e)castra pto/ntwn kalupto/menon su\n poll%½ te kaqufasme/non xrus%½, a)dih/ghto/n ti xrh=ma toiÍj o(rw½si pare/xon tou= ka/llouj. tou=to me\n ouÅn to\ fa=roj tou= ke/rwj e)chmme/non su/mmetron mh/kouj te kaiì pla/touj perigrafh\n a)pela/mbane: to\ d' oÃrqion do/ru, th=j ka/tw a)rxh=j e)piì polu\ mhkuno/menon aÃnw mete/wron, u(po\ t%½ tou= staurou= tropai¿% pro\j au)toiÍj aÃkroij tou = diagrafe/ntoj u(fa/smatoj th\n tou= qeofilou=j basile/wj ei¹ko/na xrush=n me/xri ste/rnwn tw½n t' au)tou= 1.31.3 pai¿dwn o(moi¿wj eÃfere. tou/t% me\n ouÅn t%½ swthri¿% shmei¿% pa/shj a)nti keime/nhj kaiì polemi¿aj duna/mewj a)munthri¿% dia\ panto\j e)xrh=to basileu/j, tw½n te stratope/dwn a(pa/ntwn h(geiÍsqai ta\ tou/tou o(moiw¯mata prose/tatten.

APICIBUS DESIGNABANT, LITTERA, P, IN MEDIO SUI DECUSSATA. Quas quidem LITTERAS imperator in galea 31,2 gestare post haec etiam consuevit. PORRO EX ANTENNA QUAE OBLIQUE PER HASTAM TRAJECTA EST, VELUM QUODDAM DEPENDEBAT; TEXTUM VIDELICET PURPUREUM PRETIOSIS LAPIDIBUS INTER SE JUNCTIS, ET LUMINIS SUI FULGORE OCULOS PRAE STINGUENTIBUS COOPERTUM MOLTOQUE INTERTEXTO AURO …… Atque hoc velum antennae affixum, latitudinem longitudini aequalem habuit. Ipsa vero recta hasta ab infima sui parte in magnam longitudinem producta, in superiori parte sub ipso CRUCIS SIGNO ad ipsam veli variis coloribus depicti, summitatem, auream deo chari imperatoris et liberorum eius immaginem depictam pectore tenus sublimem gestabat. Hoc igitur SALUTARI SIGNO tanquam munimento adversus oppositas quorumvis hostium copias imperator semper est usus;”

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ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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-Analisi del sintagma In greco si ha kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon 43

In latino salutaris appellationis signum laddove appellatio = ‘nome’, ‘appellatione’. In italiano il ‘simbolo della formula salvifica.’ -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica è precipuamente definita, il lessema su/mbolon è legato e definito da due aggettivi swthri¿on ed e)phgori¿aj.

In merito al contesto, come indicato (n.6 p.7) tale passo è la descrizione dettagliata del Labaron. Il simbolo del ‘Nome’ salvifico, il monogramma cristologico, troneggiava in alto ad un vexillum che risultava del tutto nuovo rispetto ai vexilla imperiali precedenti.

In merito alla funzione il termine kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon è definito il simbolo del potere salvifico.

In merito alla sua realizzazione in immagine, qui il testo è molto preciso e dettagliato, descrive la foggia di questo ‘segno’, collocato all’interno di un vexillum militare: un’asta a forma di croce u(yhlo\n do/ru xrus%½ ... staurou= sxh/mati = alta asta ricoperta d’oro a cui s’innestava un braccio trasversale; una corona, la cui materia d’espressione sono le pietre preziose ed oro, collocata sulla cima con due segni (stoixeiÍa = lettere, elementi) indicanti il ‘Nome’ di Cristo (“lettera P in medio sui decussata”) che rivelavano (u/po shmai/nw a.eshmh/na = rivelo, mostro, annunzio) il ‘simbolo della formula salvifica’, e il contenuto che traspare è il ‘monogramma cristologico’; Eusebio introduce kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon con chiaro riferimento ai due segni del ‘Nome’ salvifico di Cristo. 44

Altro segno, la cui traduzione in immagine è definita, è anche il monogramma fatto incidere sull’elmo dell’imperatore.45

(Tav. XXVII, XXVIII a e b). Orbene, noi sappiamo che il momento in cui Eusebio vide il Labaron, nella sua forma definitiva ottenuta grazie ad elaborazioni ed aggiunte con gli anni e le numerose vittorie, fu dopo la battaglia di Crisopoli del 324.46

Pertanto all’inizio del passo I, 31 Eusebio decide di collocare due realizzazioni in immagini, quella del Labaron che si accinge a descrivere e quella del monogramma di Cristo sulla galea dell’imperatore. Ma quello che risulta discordante è proprio la collocazione di questo passo I, 31, 1-2 tra I, 30 e I, 32.1.

Osserviamo che I,30 finiva con: “Un giorno, per volere dell’imperatore, oltre che per concessione divina, anche noi avemmo l’onore di vedere questo oggetto con i nostri stessi occhi.” Eusebio si riferisce a I, 29 dove Costantino illustra e ordina di realizzare la forma del segno in oro e pietre preziose, senza

43 Cfr. to\ swth/rion shmeiÍon § 1.3.4 b, V.C. I,31.3; staurou= tro/paion §1.3.4 a, V.C. I 31.2. 44 CASARTELLI NOVELLI 1987, p.115-120; GRABAR 1983, p. 58-61. 45 TARTAGLIA 1984, nota 84 p.61 46 Per il problema della forma originaria e definitiva del labaron rimando alla n.49 p. 32, e Cfr. §

2, p. 70s.

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ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

31

dire quale sia questa forma. Per cui I, 31 non è affatto legato ad esso né tanto meno è consequenziale alla manifestazione divina.

Infatti il passo I, 32 inizia: “Ma ciò avvenne un poco più tardi. Nella circostanza sopra detta, colpito dalla straordinarietà della visione, decise di non venerare nessun altro Dio all’infuori di quello che aveva visto con i propri occhi Convocò i sacerdoti.” Quindi il passo prettamente descrittivo, coronato dalle due frasi che rispetto al momento della visione rimandano ad un periodo più tardo, sembra essere stato collocato come in un secondo momento in questo spazio del testo. Per cui la frase : “ ciò avvenne poco più tardi” può riferirsi bene sia a I, 30 sia a I, 31, collocatovi dopo, ma in entrambi i casi il punto fermo è che Eusebio ci dice che lui stesso vide tardi i molti modi in cui fu realizzato il ‘segno’ della visione. Inoltre, come vedremo nel paragrafo seguente (1.3.4 a) Eusebio, genialmente, per giustificare l’inserimento del passo I, 31 e legarlo volutamente alla visione, utilizza lo stesso termine di staurou= tro/paion.

1.3.4 a to/n staurou= tro/paion ‘CRUCIS TROPAEUM ’ (Liber I ,31.2) -Analisi del sintagma In greco si ha staurou= tro/paion ’ e il termine indica ‘colui che mette in fuga il nemico’ in latino lo stesso termine rimane pressoché invariato nell’espressione e nel contenuto. In latino viene tradotto crucis signum. In italiano fedeli al testo latino si ha ‘segno della croce’. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion è definita da stauro/j; viene ripreso l’accostamento tra i due termini staurou= tro/paion47 e shmeiÍon, proprio come abbiamo già notato nel § 1.3.2 (p 43s.); essi appartengono a due aree semantiche diverse, il contesto e la funzione sono la stessa e risultano isomorfi sul piano semantico in quanto le formule linguistiche staurou= tro/paion, to\ swth/rion shmeiÍon e kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon fanno riferimento ad uno stesso piano di contenuto.

Tutto il passo con kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿ajto\ su/mbolon /staurou= tro/paion/to\ swth/rion shmeiÍon è in disgiunzione rispetto ai passi precedenti. Ma Eusebio opera un forte legame con essi poiché utilizza il termine staurou= tro/paion che viene adoperato solo in I, 28 nella visione in cielo, oltre che qui in questo contesto.

Le realizzazioni del Labaron, del dipinto nella sala grande e quello nell’ingresso del palazzo imperiale, sono tutte realizzazioni tarde con funzioni diverse, ma questa del Labaron viene collocata, da Eusebio, esattamente tra la convocazione degli artigiani e la spiegazione dei sacerdoti sul significato del segno. L’intenzione dell’autore è quella di vedere concretizzata comunque la presenza del simbolo, che è segno-trofeo, sia sul Labaron sia sul soffitto della sala di rappresentanza, laddove tali rappresentazioni vengono assunte come punti-cardine per confermare l’investitura di Costantino ricevuta direttamente dal Cristo nella visione in sogno.

47 Cfr. per il caso di isomorfia semantica § 3.4 p. 82s.

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ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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In merito al rinvio alla realizzazione in immagine da Eusebio è reso chiaramente il riferimento alla corona con il monogramma = staurou= tro/paion/swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon48 collocato su un’asta alta verticale a cui s’innestava un braccio trasversale; -una corona intessuta di pietre preziose ed oro posta sulla cima con -due segni, stoixeiÍa, indicanti il ‘Nome’ di Cristo che rivelavano il ‘simbolo della formula salvifica ’ e rappresentano il ‘monogramma cristologico’. Inoltre sono descritti dall’autore alcuni attributi regali con cui tale segno salvifico viene arricchito: -un manto regale, ossia una tela di gran pregio , ricoperto di una varietà di pietre preziose intrecciate tra loro e tutto trapunto d’oro; -un busto dell’imperatore insieme con i suoi figli disegnato in oro era posto proprio sotto staurou= tro/paion. Sappiamo che Eusebio vide tardi il labaron nella sua forma definitiva, acquisita dopo il 324. 49

1.3.4 b to\\ swth/rion shmeiÍon’ ‘SALUTARI SIGNO ' (Liber I ,31.3)

-Analisi del sintagma In greco to\\ swth/rion shmeiÍon’. In latino tradotto salutare signum . In italiano ‘segno salvifico ’. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di shmeiÍon è ben definita dall’aggettivo swth/rion, e il termine e strettamente connesso a staurou= tro/paion.50

In merito alla funzione: Eusebio ci dice che è un segno di cui l’imperatore poteva servirsi come difesa contro le forze nemiche. Il trofeo della croce diviene nello stesso tempo il segno salvifico che ha in sé come caratteristica predominante quella di funzione profilattica, una potenza 51

e un valore tali da difendere un imperatore e il suo esercito in battaglia contro i nemici.

48 Per la distinzione tra tro/paion e ‘do/ru § 3.1 p.78s. 49 Alcuni autori ritengono che il ‘supparum’ e il busto dell’imperatore con i figli siano posteriori al

312 d.c., forse del 317 d.c.; Vi è stata una lunga discussione sulla possibilità o meno della presenza del labaro costantiniano già nella battaglia di Costantino contro Massenzio. Tra gli studiosi che negarono tale possibilità, vi è Grègoire. Inoltre bisogna evidenziare che il labaro a cui Eusebio fa riferimento in questo contesto non è proprio quello istituito ab origine da Costantino subito dopo la visione e sogno, ma è quello nella forma inaugurata dopo la definitiva vittoria su Licinio nella battaglia di Crisopoli 324-IX-18, visto dal vescovo di Cesarea ‘molto tempo dopo’ (V.C. I, 28,1 e 30). Gli elementi – il supparum o textum purpureum pretiosis lapidibus inter se junctis. intertexto auro e il busto dell’ imperatore insieme con quello dei suoi figli, disegnato in oro - sicuramente furono aggiunti non prima che i fogli di Costantino fossero elevati alla dignità di cesari, quindi dal 317 in poi. Ma per una più profonda analisi del problema rimando ad autori quali TARTAGLIA 1984, nota 82 p.60; FRANCHI DÈ CAVALIERI 1913, p. 165; FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953, pp. 23-26 in part. (n.116 p.99) (n.120 p. 100) (n.123 p.101), p. 27 in part. (n.124 p. 102); Cfr. anche qui Introduzione B2, p. XI-XIII sul problema di quando Eusebio vide il labaro; CONTI 1998 1999. 50 Cfr. staurou= tro/paion § 1.3.4 a, V.C. I, 31.2; kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon § 1.3.4, V. C. I, 31,1; per quanto l’isomorfia semantica delle formule linguistiche cfr. § 3.4 p. 82s. staurou= tro/paion / to\ su/mbolon, trovano il coronamento in V.C. IV, 21 p.109-112. cfr. in merito alle varie combinazioni di tro/paion § 3.2 p. 79s.

51 Sul valore di propiziare la vittoria come un fulakth/rion cfr. ind. anal.dei temi, p. 94s; anche CECCHELLI 1954, p.47.

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ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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In riferimento a V.C. I, 31.3, Eusebio afferma che Costantino ordinò di mettere alla testa di tutti gli eserciti altri oggetti simili a quello che aveva descritto poc’anzi. Non è chiaro se con questa affermazione l’autore abbia voluto dire che Costantino ordinò di disporre alla testa dei suoi eserciti altri vessilli imperiali, insegne fatte ad imitazione del to\ swth/rion shmeiÍon, come evidenziano il Franchi dè Cavalieri e il Crivellucci 52. Vero è che nel IV libro (IV, 21) viene reso chiaramente il riferimento alla realizzazione di armi ed effigi auree che hanno impresse il ‘simbolo del trofeo salvifico’.

1.3.5 to\ shmeiÍon ‘SIGNUM’ Liber I ,32.1-2

“Ma ciò avvenne un poco più tardi. Nella circostanza sopra detta, colpito dalla straordinarietà della visione, decise di non venerare nessun altro Dio all’infuori di quello che aveva visto con i propri occhi. Convocò i sacerdoti depositari della sua dottrina e chiese loro chi mai fosse (questo) Dio e che cosa volesse significare il SEGNO che gli era apparso in visione. I sacerdoti dissero che si trattava del Dio figlio unigenito dell’unico e solo Dio, e che il SEGNO che gli si era manifestato rappresentava il SIMBOLO dell’ IMMORTALITA’, raffigurante il TROFEO della VITTORIA sulla morte, VITTORIA che Cristo aveva un tempo ottenuta durante il suo passaggio sulla terra; illustrarono i motivi della sua venuta e gli diedero una chiara spiegazione circa l’INCARNAZIONE.”

...tou\j tw½n au)tou= lo/gwn mu/staj a)nekaleiÍto, kaiì ti¿j eiãh qeo\j ouÂtoj h)rw¯ta 1.32.2 ti¿j te o( th=j o)fqei¿shj oÃyewj tou= shmei¿ou lo/goj. oi de\ to\n me\n eiånai qeo\n eÃfasan qeou= tou= e(no\j kaiì mo/nou monogenh= paiÍda, to\ de\ shmeiÍon to\ fane\n su/mbolon me\n a)qanasi¿aj eiånai, tro/paion d'u(pa/rxein th=j kata\ tou= qana/tou ni¿khj, hÁn e)poih/sato/ pote parelqwÜn e)piì gh=j, e)di¿dasko/n te ta\j th=j paro/dou ai¹ti¿aj, to\n a)kribh= lo/gon au)t%½ th=j kat' a)nqrw¯pouj oi¹konomi¿aj u(potiqe/menoi.

“Sacerdotes arcanae illius (32,1) doctrinae mysteriis instructos ad se accersivit; et quisnam ille deus esset interrogavit, quidve SIGNI illius visio sibi (32,2) vellet. Illi hunc quidem deum esse dixerunt, unius ac solius dei unicum filium SIGNUM vero illud quod ostensum fuisset, IMMORTALITATIS SYMBOLUM esse, et TROPAEUM VICTORIAE quam ille in terris olim versatus, de morte retulisset. Simul causas illius adventus eum docuerunt, accuratam INCARNATIONIS rationem ei exponentes.”

-Analisi del lessema In greco to\ shmeiÍon usato due volte. In latino traduzione fedele, signum. In italiano traduzione fedele, ‘segno’. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di shmeiÍon non è definita, ha una densità vastissima.

52 FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953, p. 17 e in part. anche nota 81 p.85. CRIVELLUCCI, ‘L’origine’, pp. 88-

104 e 222-260. Il Franchi riporta nella sua nota l’osservazione del Crivellucci, il quale afferma che, secondo Eusebio, Costantino volle che il solo staurou= tro/paion andasse innanzi al suo esercito (V.C. I, 37), per guidare le sue truppe (V.C. II, 6.2), per propiziare la vittoria (V.C. II, 7), per rendere salva la vita a chi lo innalzava in battaglia (V.C. II, 9.2); inoltre Costantino vietò che l’esercito schierato fosse preceduto dalle effigi degli dèi pagani, consentendo solo al tropaeum di occupare il primo posto (V.C. IV, 21). Dunque non più i simulacri aurei degli dèi come in uso fino ad allora. Costantino vietò la presenza in battaglia degli dei militares o bellorum. Il Crivellucci distingue queste dalle semplici insegne militari. Infine Cfr. § 1.3.27 V.C. IV, 21 p 109-110.

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Si verifica, inoltre, una relazione di isomorfia semantica 53 tra le tre formule linguistiche to\ dh\ swth/rion shmeiÍon/ to\ su/mbolon / tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj, che hanno una chiara diversità nella forma dell’espressione a livello morfologico ma uno stesso significato, per cui Eusebio li utilizza come termini isomorfi legandoli tra loro per spiegare la Incarnazione salvifica del Figlio di Dio.

In merito alla funzione viene specificato che si tratta di un ‘simbolo dell’immortalità’, raffigurante il trofeo della vittoria sulla morte nella formula del sigillo del Dio dei Viventi. In questo paragrafo, shmeiÍon e su/mbolon hanno una estensione molto vasta poiché sono da soli, mentre tro/paion ha due aggettivi che lo definiscono maggiormente, come vedremo nel § 1.3.5b. Così già da questi accorgimenti si individua il determinarsi di un’immagine cruciforme, croce/ croce monogrammatica/ monogramma cristologico, che è ‘segno teologico’ nella sua invenzione costantiniana come ‘nuovo modello semiotico di immagine cristica’ nella langue del IV secolo 54 della ‘cristologia rivelata’, di matrice apocalittica romana. Dio si è rivelato così, nella sua azione potente di Colui che è capace di suscitare la vita e la vittoria dal nulla, dal timore, da una situazione di morte. Eusebio punta a mettere in luce sia la rivelazione di Dio a Costantino per la missione riunificatrice dell’impero, in un consolidamento politico e soprattutto religioso, sia l’adozione di Costantino di questo Dio che gli ha dato una grande vittoria. Il frutto di quest’unione sarà evidente nel concilio di Nicea del 325 di cui Eusebio parla nella V.C. III, 6.55

Attraverso le polimorfiche immagini cruciformi cristiche dell’immaginario apocalittico e nella cristologia rivelata, simbolizzanti la rigenerazione e l’immortalità per arrivare a rendere visibile l’invisibile,56 viene comunicato con maggior intensità un nuovo linguaggio verbale e figurativo capace di rendere manifesta l’opera di Dio nella persona del Figlio, Lo/goj incarnato, estesa a tutto il popolo di Dio.

1.3.5 a to/ su/mbolon a)qanasi¿aj ‘SYMBOLUM’ (Liber I C. XXXII, 2) -Analisi del lessema In greco to\ su/mbolon. In latino la traduzione rimane fedele symbolum In italiano la traduzione è fedele, ‘simbolo’. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di su/mbolon non è definita ed è molto vasta, solo l’accostamento con gli altri due termini aiutano a stabilire almeno il piano del contenuto che invece è più chiaro.

Per il contesto, siamo sempre nel merito della convocazione dei sacerdoti per conoscere il significato del ‘segno’ della visione.

53 to\ shmeiÍon è accostato a th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn. Cfr th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn § 1.3.5 b, V.C. I, 32.2 p. 57-58. cfr. quanto detto sull’isomorfia semantica § 3.4 p. 82s.

54 CASARTELLI NOVELLI 1987, p.115-120; CASARTELLI NOVELLI ‘La croce’, pp. 536-545; CAVALCANTI, ‘La croce’, pp. 529-535; GRABAR, ‘1983, pp. 58-61; CASARTELLI NOVELLI 2000 B.

55 TARTAGLIA 1984, p.124s. 56 CASARTELLI NOVELLI 2000 B, in part. pp.18-23; CONTI 1998-1999.

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In merito alla funzione: il termine su/mbolon a)qanasi¿aj, svelano i sacerdoti, è il segno del Dio Figlio Unigenito dell’unico e solo Dio rappresentante il ‘simbolo dell’immortalità’ e raffigurante il ‘trofeo della vittoria sulla morte’. Il trofeo della croce apparso in cielo e/o il ‘segno’ di Cristo apparso in sogno indicavano la manifestazione del Dio nei suoi attributi di potere e vittoria sulla morte; essi sono i simboli di un memoriale di vittoria sulla morte e risurrezione del Cristo, vivo e presente laddove memoriale significa non un ripetersi di un rito in ricordo di un evento, bensì l’eternarsi di quell’evento con il suo potere vittorioso e vivificante57 attraverso un linguaggio ‘iconico’ di un contenuto, attraverso i segni ‘apocalittici’ = della rivelazione. 1.3.5 b tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj ‘TROPAEUM VICTORIAE’ Liber I

C. XXXII, 2 -Analisi del sintagma In greco tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj.58

In latino tropeum victoriae In italiano ‘trofeo della vittoria sulla morte’. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion è definita dall’accostamento di aggettivi quali morte e vittoria. Rinvia sicuramente a staurou= tro/paion di V.C. I, 28.2 apparso in cielo fuso insieme dalla luce, che era unito ad un’iscrizione che annunciava la vittoria in nome di quel ‘segno’. Come abbiamo accennato anche nel § 1.3.5 (p55), tro/paion, qui viene definito con gli aggettivi, dunque la sua area semantica è più circoscritta, nel significato, rispetto ai due termini precedenti. Il significato di= tro/paion viene arricchito proprio da ni¿khj che per la prima volta ritroviamo nel testo e che esalta il riferimento al mistero della Incarnazione del Cristo. Quindi in merito alla visione in cielo troviamo il termine tro/paion sempre con funzione nicefora, grazie alla iscrizione contestuale nei passi inerenti la spiegazione dell’Immortalità e Incarnazione del Cristo, lo troviamo accostato al termine ‘vittoria sulla morte’ e più in là vedremo che viene utilizzato, grazie a questa funzione, in battaglia.

Il contesto è sempre quello della convocazione dei sacerdoti da parte di

Costantino per avere spiegazioni sul ‘segno’ della visione. Questo è il momento in cui, forse, le sorti della ‘città regina',59 le sorti

dell’impero e dello stesso Costantino sono in rapido cambiamento. È l’autore stesso a dirlo:

Egli Costantino si lasciava istruire da questi discorsi ed era pieno di stupore per la divina apparizione concessa al suo sguardo, e quando grazie alle delucidazioni che gli furono fatte, ebbe chiaro il significato della visione celeste, si rinsaldò nel suo proposito, persuaso che fosse Dio in persona a trasmettergli la conoscenza di quelle verità. Decise così di dedicarsi alla lettura dei libri sacri.60 Collocò inoltre al suo fianco, in qualità di consiglieri, i sacerdoti di Dio. ( V.C. I, XXXII.3).

57 Cfr to\ shmeiÍon §1.3.5, V.C. I, 32.1-2. 58 Cfr. le varie combinazione acquisite di volta in volta da tro/paion § 3.2 p.79s. to\ shmeiÍon

§1.3.5/5 a , V.C. I, 32.2. 59 L’autore definisce più volte Roma come ‘città regina’: V.C. I, 26 (per due volte); I, 33.1; I, 39.1; I,

40.1; III, 7.2; IV, 63.3; IV, 69. 60 Sul tempo che intercorse tra la visione /sogno e la discesa sulle rive del Tevere, rimando al

Introduzione parte B2, p. XI-XIII e al FRANCHI DÈ CAVALIERI 1913, p. 172; scorrendo la lettura della Vita, si

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L’imperatore intuisce da tali fatti che questo Dio lo ha scelto per

investirlo di una missione importante di cui, forse, lui stesso non è ancora ben consapevole. Probabilmente Costantino da tutto ciò trae la conferma che questo Dio così potente è quello che ha risposto alla sua preghiera ( V.C. I, 27); ora sa di poter affrontare l’avversario, il tiranno che aveva usurpato con azioni empie il governo della città regina, il nemico dell’impero. Forse Costantino si preoccupava solo dell’aspetto socio-politico, militare per il suo intento di unificazione imperiale sotto la sua persona, non consapevole, probabilmente, di quanto questa ‘adozione’ avrebbe avuto frutti ben più enormi soprattutto per la Chiesa di cui Eusebio, vescovo di Cesarea, suo biografo e teologo di corte, è figlio.

1.3.6 to\ nikhtiko\n tro/paion ‘TROPAEUM VICTORIAE’ Liber I, 37

“Scelse, dunque, come suo Dio il Signore dell’universo e invocò Cristo come salvatore e soccorritore; pose alla testa degli opliti e dei dorifori della scorta il TROFEO del suo Dio, che dà la VITTORIA, cioè il SEGNO SALVIFICO, e si mise alla guida di tutto l’esercito con il proposito di riguadagnare ai Romani la libertà che avevano ricevuta dagli antenati.”

prosthsa/menoj dh=ta e(autou= qeo\n to\n e)piì pa/ntwn swth=ra/ te kaiì bohqo\n a)nakalesa/menoj to\n Xristo/n, au)tou= te to\ nikhtiko\n tro/paion to\ dh\ swth/rion shmeiÍon tw½n a)mf' au)to\n o(plitw½n te kaiì dorufo/rwn prota/caj h(geiÍto panstrati#=,

“..Cumque summum omnium deum patronum sibi adscivisset, Christumque eius filium servatorem atque auxiliatorem invocasset, et VICTORIAE TROPAEUM, SALUTARE scilicet SIGNUM ante milites ac stipatores suos statuisset, cum omni exercitu progressus est, eo consilio ut romanis libertatem quam a majoribus suis acceperant, interventu suo restitueret….”

-Analisi del sintagma In greco to\ nikhtiko\n tro/paion 61 = il trofeo della vittoria.

In latino traduzione fedele, ‘victoriae tropaeum’. In italiano traduzione fedele, trofeo del suo Dio, che dà la vittoria. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion è definita dall’aggettivo nikhtiko\n che in sè racchiude il valore niceforo. L’accezione di trofeo vittorioso era stata già introdotta in V.C. I,28.2 con l’iscrizione accanto al ‘segno’ della visione. Anche in questo passo, si individua una relazione di isomorfia semantica,62 creata dall’unione di to\ nikhtiko\n tro/paion con to\ swth/rion shmeiÍon in cui si manifesta lo stesso contenuto sul piano linguistico.

Il contesto di questi passi è quello della preparazione dell’esercito. Costantino decide di collocare il ‘trofeo della vittoria’ alla testa degli opliti e dorifori della scorta ed egli stesso si pone alla guida del suo esercito con la finalità di riconquistare la libertà dell’impero (dalla tirannide). Gli attributi di individuano i passi in cui Eusebio racconta come Costantino dopo la rivelazione del Dio, si interrogava su chi fosse, scrutò le sacre scritture, forgiò il segno e scelse come suoi consiglieri i sacerdoti di quel Dio.

61 Cfr to\ swth/rion shmeiÍon. V.C. I, 37 p. 59-60 to\ swth/rion tro/paion προπομπευω’ in V. C. II, VI.2 p.74-76. Cfr. anche le varie combinazione acquisite di volta in volta da tro/paion. Cfr. qui § 3.2 p. 79s.

62 Cfr. quanto detto sui casi isomorfia semantica § 3.4 p. 82s.

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potere, forza e vittoria che Eusebio esalta nei vari passaggi del testo servono a sottolineare che questo Dio che Costantino sceglie come suo, vuole donargli la vittoria nelle battaglie ma anche e soprattutto in ‘Nome’ di Cristo.

Per il rinvio alla resa in immagine, il trofeo del suo Dio è il segno forgiato in cima ad un’asta a forma di croce la cui materia dell’espressione è costituita da una corona intessuta di pietre preziose ed oro con i due segni indicanti il ‘Nome’ di Cristo. Costantino decise di porlo alla testa della sua scorta nonché innanzi all’esercito soprattutto nei luoghi di maggior pericolo e debolezza.

Secondo alcuni autori si tratta della campagna della primavera del 312 sul fiume Monginevro nell’Italia Settentrionale. Come riporta il Tartaglia63, le fonti antiche che testimoniano questa campagna sono Lattanzio ed Eusebio nella Vita Constantini e nella Historia Ecclesiastica, dove senza entrare nel dettaglio della informazione, secondo lo stile della Vita, Eusebio pone come riferimento dell’episodio un confronto con un passo fondamentale delle Sacre Scritture, ossia il passaggio del Mar Rosso del popolo degli ebrei guidati da Mosè.

1.3.6 a to\ swth/rion shmeiÍon ‘SALUTARI SIGNO’ (Liber I, 37) -Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion shmeiÍon 64

In latino traduzione fedele, salutare signum. In italiano traduzione fedele, segno salvifico. -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di shmeiÍon è definita dall’aggettivo swth/rion con profondo nesso con to\ nikhtiko\n tro/paion. Il contesto è sempre quello della battaglia e della posizione che viene assunta dal trofeo. La funzione è ricavata dalla sinonimia con il termine precedente per cui l’attributo è quello della vittoria e della libertà dalla tirannide.

Dopo questa decisione, in merito alla posizione del trofeo negli schieramenti del suo esercito, Costantino più sicuro delle sorti della battaglia, nei passi successivi del testo, mosse battaglia contro le forze di Massenzio più volte, per giungere così “..vicinissimo a Roma.” 65 ( V.C. I, 38.1)

1.3.7 to\ swth/rion shmeiÍon ‘SALUTARI SIGNO ’ Liber I, 39-40.1-2-41

“ben conscio dell’aiuto ricevuto da Dio, subito rese la preghiera di ringraziamento a colui che era stato L’ARTEFICE della VITTORIA. Poi con una grande iscrizione

o( d' eÃm futon th\n ei¹j to\n qeo\n eu)se/beian kekthme/noj mh/t' e)piì taiÍj boaiÍj xaunou/ menoj mh/t' e)pairo/menoj toiÍj e)pai¿noij, th=j d' e)k qeou=

“sed cum dei auxilium (39,3) sibi adfuisse probe intelligeret, illico VICTORIAE AUTORI gratiarum actionem supplex rependit. Et clara voce ac (40,1) titulorum

63 TARTAGLIA 1984, V.C. I, 37.1, n.96 p.64. Alcune fonti citate sono EUSEBIO Hist. Eccl. IX 9, 2-8;

LACTANT., De mort. pers. 44; paneg. Lat. 12 (9); paneg. Lat.4 (10). L’autore richiama talvolta il confronto di Costantino con Mosè, e dei suoi nemici, Massenzio e Licinio, con il Faraone egiziano. Cfr. TARTAGLIA 1984, nota 37 p.48. V.C. I, 12; I, 19; I, 20.2; I, 38; II, 11-12; EUSEBIO Hist. Eccl. IX 9, 2-8.

64 Cfr. to\ nikhtiko/\n tro/paion §1.3.6 V.C. I,37 p.59-60 s. Nesso tra to\ nikhtiko/\n tro/paion e to\ swth/rion shmeiÍon nei due segni linguistici traspare la stessa immagine di contenuto, in perfetta isomorfia semantica cfr. a questo proposito § 3.4 p. 82s.

65 V.C. 38, 1-2 scontro tra Costantino e Massenzio sulle rive del Tevere presso Ponte Milvio 312.X.28. V.C. I, 39.2 ingresso trionfale nella città regina.312.X.29.

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e con colonne votive fece conoscere all’intiera umanità il SEGNO SALVIFICO, e giusto nel mezzo della città regina, a ricordo della vittoria contro il nemico, innalzò il GRANDE TROFEO di una CROCE e su questo EMBLEMA SALVIFICO, presidio del potere romano e di tutto l’impero, fece scolpire una chiara ed indelebile epigrafe. Infatti diede subito l’ordine di collocare, in uno dei punti più centrali di Roma, un’asta a forma di croce accanto ad una statua che effigiava la propria persona, e sopra vi fece incidere la seguente iscrizione con parole in lingua latina:- CON QUESTO SEGNO SALVIFICO, autentico emblema di fortezza, liberai la vostra città dal giogo della tirannide: al Senato e al Popolo Romano restituii, con la libertà, l’antico prestigio e splendore. Questo fu il modo in cui l’imperatore caro a Dio, illuminato dalla FEDE nella CROCE VITTORIOSA faceva conoscere ai Romani, in piena franchezza, il Figlio di Dio."

sunvsqhme/noj bohqei¿aj, 1.40.1 eu)xaristh/rion a)pedi¿dou paraxrh=ma eu)xh\n t%½ th=j ni¿khj ai¹ti¿%. grafv= te mega/lv kaiì sth/laij aÀpasin a)nqrw¯poij to\ swth/rion a)nekh/rutte shmeiÍon, me/sv tv= basileuou/sv po/lei me/ga tro/paion toutiì kata\ tw½n polemi¿wn e)gei¿raj, diarrh/dhn de\ a)necalei¿ptoij e)gxara/caj tu/poij swth/rion toutiì shmeiÍon th=j 1.40.2 ¸Rwmai¿wn a)rxh=j kaiì th=j kaqo/lou basilei¿aj fulakth/rion. au)ti¿kad' ouÅn u(yhlo\n do/ru staurou= sxh/mati u(po\ xeiÍra i¹di¿aj ei¹ko/noj e)n a)ndria/nti kateirga sme/nhj tw½n e)piì ¸Rw¯mhj dedhmosieume/nwn e)n to/p% sth/santaj au)th\ndh\ tau/thn th\n grafh\n r(h/masin au)toiÍj e)gxara/cai tv= ¸Rwmai¿wn e)gkeleu/etai fwnv=: "Tou/t% t%½ swthriw¯dei shmei¿% t%½ a)lhqeiÍ e)le/gx% th=j a)ndrei¿aj th\n "po/lin u(mw½n zugou= turannikou= diaswqeiÍsan h)leuqe/rwsa: eÃti mh\n kaiì th\n "su/gklhton kaiì to\n dh=mon Rwmai¿wn tv= a)rxai¿# e)pifanei¿# kaiì lampro/thti "e)leuqerw¯saj a)pokate/sthsa."1.41.1 O me\n ouÅn qeofilh\j basileu\j wÒde/ pv tv= tou= nikopoiou= staurou= o(mo logi¿# lampruno/menoj su\n parrhsi¿# pa/sv to\n ui¸o\n tou= qeou=

inscriptionibus, SALUTARE SIGNUM cunctis hominibus annuntiavit: hoc TROPAEO in medio urbis regiae adversus hostes erecto, atque hoc SALUTARI SIGNO quod imperii romani ac totius orbis praesidium est, litterarum notis nunquam interituris inciso. Statim ergo sublimen(40,2) hastam in modum crucis, sub manum statuae suae in celeberrimo urbis loco poni jussit, et huiusmodi inscriptionem latino sermone subjici: - HOC SALUTARI SIGNO quod verae virtutis argumentum est, vestram urbem tyrannicae dominationis iugo liberatam servavi: Senati Populoque Romano in libertatem asserto pristinum decus nobilitatis splendoremque restitui.In hunc modum (41,1) dei amatissimus imperator VICTRICIS CRUCIS confessionem prae se ferens, filium dei romanis libere atque ingenue praedicavit….”

- Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion shmeiÍon In latino traduzione fedele, salutare signum In italiano traduzione fedele, segno salvifico. -Analisi morfologico-linguistica

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ANAGRAFE DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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L’area semantica di shmeiÍon è definita grazie all’aggettivo swth/rion. Risulta interessante l’accostamento di questa formula linguistica ‘το σωτηριον σημειον’ 66 con la seguente ‘τροπαιον’. In merito al contesto: Costantino ha fatto il suo ingresso trionfale nella ‘città regina’; viene acclamato da tutti come un liberatore, salvatore e benefattore ma rimase “ben conscio dell’aiuto ricevuto da Dio, subito rese la preghiera di ringraziamento a colui che era stato l’artefice della vittoria.” (V.C. I, 39.3). In particolare in questo passo viene raccontato l’episodio della collocazione del grande trofeo giusto nel mezzo della città regina, in uno dei punti più importanti di Roma, accanto alla statua di Costantino contestualmente e cotestualmente ad una iscrizione, insieme a colonne votive, che esaltava l’opera di liberazione dalla tirannide e la restituzione all’impero del prestigio e dello splendore in ‘Nome’ del Dio che gli aveva donato il suo favore. Alcuni autori, come il Cecchelli, sulla base di antiche fonti, hanno tentato di individuare il luogo dove fu collocata la statua di cui parla Eusebio. Così Cecchelli afferma che l’unico probabile luogo dove porre la statua potesse essere quello della Basilica detta ‘Nova’, che fu iniziata da Massenzio ma ultimata da Costantino all’indomani dell’ingresso nella città di Roma, dopo la vittoria di Saxa Rubra. Da una notizia del de Caesaribus dello Pseudo Aurelio Vittore apprendiamo che <<tutte le opere costruite da Massenzio sontuosamente, i senatori dedicarono a Costantino>>. 67

In questa area Costantino eresse solo degli edifici civili e pubblici, tra i quali la Basilica Nova, relegando la costruzione delle chiese in aree al di fuori del pomerium della città, su territori di proprietà privata imperiale, nonostante la funzione di tali chiese fosse prettamente pubblica. Come dice Krautheimer: “Politicamente e religiosamente il centro di Roma era terreno delicatissimo.” 68

Il centro di Roma era sotto l’autorità del Senato e del ceto dei patrizi pagani e Costantino applicò una politica di diplomazia per evitare qualsiasi tipo di conflitto con la vecchia aristocrazia in segno di rispetto nei loro confronti ma anche per non inimicarsi i detentori del potere romano poiché aveva bisogno del loro appoggio in un momento di grande fragilità imperiale, per raggiungere gli obiettivi politici che si era prefisso, ossia restituire al senato e al popolo romano l’antico prestigio e splendore e ricostituire sotto il suo potere l’unità monolitica dell’impero romano.

In merito alla funzione in questo contesto: Eusebio che il ‘segno salvifico’ collocato in uno dei punti più centrali di Roma (A) è il presidio del (nuovo) potere romano e di tutto l’impero ed è l’emblema di fortezza con cui Costantino liberò la città del Senato e del Popolo Romano dal giogo della tirannide (di Massenzio), come strumento con cui fu possibile restituire l’antico prestigio e splendore all’impero; ‘antico’ in questo contesto è sinonimo di pagano, ma le basi su cui viene ripristinato sono del tutto nuove. Sarebbe più corretto dire del ‘nuovo’ potere romano giacché abbiamo appena detto che tale potere è stato e continua ad essere nelle mani del patriziato pagano romano.

66 All’interno di V.C. I, 40 per ben tre volte to\ dh\ swth/rion shmeiÍon viene utilizzato da Eusebio.

Cfr. me/ga tro/paion §1.3.7 a, V. C. I, 40 p. 67. Cfr. i casi di isomorfia semantica § 3.4 p. 82s. 67 PSEUDO AURELIO VITTTORE, De Caesaribus, 40, 26; Cfr. qui § 2.5 p.76s, per la posizione della

Basilica Nova nel foro e relativa bibliografia in nota; CECCHELLI 1954, p.14-16, per la collocazione della statua.

68 KRAUTHEIMER 1981, pp.42-43, KRAUTHEIMER 1987, p.41 per il programma edilizio e politico nel rispetto dell’aristocrazia romana.

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Si può parlare di un nuovo potere nascente se vogliamo leggere nelle parole di Eusebio una proposta di una nuova chiave d’interpretazione dei fatti storici che si stavano svolgendo, quali la vittoria di Costantino su Massenzio nonché dopo anche su Licinio, la costruzione delle basiliche cristiane alla periferia della città di Roma nei territori di proprietà imperiale, l’organizzazione dei concilii su tematiche cristologiche per opera di Costantino ed altro. Eusebio sembra introdurre il discorso secondo cui - è solo con il ‘segno salvifico’ che Roma può salvarsi dai tiranni che non farebbero altro che portala alla rovina in un progressivo disgregamento; - solo elevando tale segno potente è possibile ripristinare un potere ormai instabile e vacillante, dunque to\ swth/rion shmeiÍon, come un potente fulakth/rion,69 assiste l’imperatore e gli dona la vittoria, in modo tale da rendere la persona dell’augusto invincibile non tanto per le sue qualità ma per la protezione che (accordatagli) proviene dalla presenza del Dio cristiano nei simboli del suo ‘Nome’ e della sua ‘Incarnazione –Passione –Resurrezione’; - quando Eusebio dice ‘la vostra città’ vuole indicare il riconoscimento da parte di Costantino che Roma, sotto la potenza vivificante di questo nuovo straordinario emblema, continua ad appartenere al Senato e che a loro vuol essere riconsegnata, nella libertà dal giogo tirannico di Massenzio. Inoltre l’antico prestigio e splendore restituito al Senato e al Popolo romano necessariamente sarà arricchito da un originale e innovativo significato capace di realizzare una rifondazione nuovissima delle fondamenta della città regina.70

Per il rinvio alla realizzazione in immagine, sappiamo da questi passi che il grande trofeo fu posto in uno dei punti centrali di Roma, accanto alla statua di Costantino, come abbiamo già detto, ma Eusebio non indica in nessun modo la forma o la materia di questo trofeo, dice solo ‘un’asta a forma di croce accanto ad una statua che effigiava l’immagine di Costantino, con incisa sopra un’iscrizione’ 71= una sorta di croce astata. Ciò che non viene esplicitato è, se vi sia al di sopra della traversa, sulla estremità superiore del braccio verticale, o una rho (P), tale da formare una croce monogrammatica collocata su un’asta alta, oppure proprio il Chrismon, nella rappresentazione più complessa dell’inventio costantiniana-eusebiana. (Tav. XXIX, XXX). To\ swth/rion shmeiÍon e tro/paion sono gli stessi termini utilizzati da Eusebio per descrivere il segno forgiato dagli artigiani ed orefici su ordine di Costantino. Con questo non vogliamo necessariamente dire che l’asta della statua dell’Augusto era identica nella sua realizzazione al Labaron, ma intendiamo evidenziare che non poteva essere una semplice asta con traversa a forma di croce, come una qualsiasi asta, ma che vi era sicuramente una modellizzazione del simbolo, in forma di croce monogrammatica, croce o Chrismon inserito nella corona di alloro.

1.3.7a me/ga tro/paion ‘TROPAEO’ (Liber I, 40.1) - Analisi del sintagma In greco me/ga tro/paion 72

69 Sul valore di propiziare la vittoria come un fulakth/rion, Cfr. ind. anal.dei temi, p.94s; cfr.

anche CECCHELLI 1954, p.47. 70 KRAUTHEIMER 1981, pp. 13-76. 71 Cfr. qui § 1.3.7/7 a. 72 Accostamento tra to\ swth/rion shmeiÍon e tro/paion cfr. § 1.3.7, V.C. I, 40.

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In latino viene riportato solo tropeum. In italiano viene tradotto ‘trofeo’ che il Tartaglia specifica essere “di una croce” mentre in greco (ed anche in latino ) non vi è. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion non è definita. In questo contesto tro/paion utilizzato senza aggettivi che lo definiscano meglio. Per la funzione in questo contesto si rimanda al § precedente. Per il rinvio alla realizzazione in immagine, viene specificato, da Eusebio, solo che si tratta di un’asta alta a forma di croce con la presenza del tro/paion il tutto collocato accanto ad una statua di Costantino con un’iscrizione.

1.3.8 to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon ‘SALUTARIS PASSIONIS SIGNUM’

Liber II, 4.2 “…al suo fianco vi erano costantemente presenti i sacerdoti di cui abbiamo parlato e che la sua guida, come quella di tutto il suo esercito, era affidata al SIMBOLO della PASSIONE SALVIFICA.”

suneiÍnai¿ t' au)t%½ kaiì pareiÍnai dia\ panto\j tou\j ei¹rhme/nouj, kaiì to/ ge tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon au)tou= te kaiì tou= panto\j kaqhgh/sasqai stratou=,

“….SALUTARIS (4,2) quoque PASSIONIS SIGNUM, et ipsum et universum eius exercitum antecedere …..”

- Analisi del sintagma In greco to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon73

In latino traduzione fedele, salutaris passionis signum. In italiano traduzione fedele, simbolo della passione salvifica. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di su/mbolon è definita. Entriamo in una nuova area semantica la cui definizione è data da pa/qoj in combinazione con swthri¿on. Analizziamo il sintagma:74

-In V.C. I, 31 l’autore adotta th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon ossia il ‘simbolo della formula salvifica’ per descrivere il monogramma di Cristo che nella realizzazione in immagine trova la sua collocazione sull’asta dorata a forma di croce ed Eusebio ci dice anche che la forma dell’espressione è costituita dalla corona realizzata in pietre preziose e oro e all’interno vi sono collocate dentro le due stoixeiÍa (lettere) del ‘Nome’ di Cristo. - Qui in V.C. II, 4.2, dove al posto di e)phgori¿aj Eusebio usa pa/qoj , nel contesto della battaglia contro Licinio, potrebbe sembrare che il termine adoperato ‘to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon’ e in particolare l’accostamento di ‘passione’ e ‘salvifica’ , risulti alquanto strano ed erroneo; ma in realtà l’Incarnazione – Passione – Resurrezione di Cristo è la forma della ‘Rivelazione’ preziosa dell’opera di restaurazione della comunione dell’umanità con il Dio cristiano, il Figlio di Dio ottenne il riscatto della vita sulla morte compiendo le Sacre Scritture e dando alla nuova èra, quella della Chiesa di Dio.

73 Termine utilizzato anche in V.C. III, 49; forma e sostanza dell’espressione isomorfica della

forma e sostanza del contenuto uguali, completamente diversa risulta la funzione e il contesto. 74 Cfr. qui § 3.3.

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L’opera salvifica è compiuta da Cristo assumendo la forma cruciforme, immagine – segno, per eccellenza, della unificazione del cielo con la terra, dell’oriente con l’occidente, ossia il simbolo della pienezza, della rigenerazione, della totalità e ancora il segno della ‘croce cosmica’ in funzione ‘cristica’ nel nuovo sistema culturale imperiale inaugurato con Costantino.75

- Vedremo poi in V.C. III, 49 come lo stesso termine verrà utilizzato in un contesto diverso, in cui la resa in immagine rinvia al to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon che fu impresso nel centro del soffitto a cassettoni ricoperto d’oro nella sala più grande del palazzo imperiale76, nella materia iconica delle pietre preziose incastonate nell’oro. Nella riflessione di analisi e dal confronto tra V.C. II, 4.2 e V.C. III, 49 si evidenzia che: lo stesso identico segno linguistico to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon, rimane invariato sul piano morfologico linguistico nella forma e sostanza dell’espressione e risulta isomorfico sul piano della forma e sostanza del contenuto 77, il ‘Nome’ di Cristo (vedi circa il rapporto con V.C. I, 31 th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon p 79) ma sono diversi i contesti e la funzione (Cfr. § 3.4)

In merito al contesto: Eusebio sta utilizzando dei termini in un contesto il cui significato originario deve necessariamente risemantizzarsi per dare compiutezza alla narrazione. Qui Costantino si trova in procinto di dover affrontare gli attacchi del suo nemico Licinio, nel testo detto anche ‘tiranno’, e preparava l’allestimento del suo esercito. 78

Alla testa di tutti furono collocate le insegne che testimoniavano alla giusta fiducia che era stata riposta in Dio. Ben sapendo di aver bisogno…dell’aiuto delle preghiere, chiamò a sé i sacerdoti di Dio, in quanto pensava che costoro dovessero accompagnarlo e stargli accanto in qualità di buoni custodi dell’anima sua. Ovviamente il tiranno era perfettamente a conoscenza del fatto che le vittorie sui nemici Costantino le otteneva grazie alla sola assistenza divina; sapeva anche che al suo fianco vi erano costantemente presenti i sacerdoti di cui abbiamo parlato e che la sua guida, come quella di tutto il suo esercito, era affidata al ‘simbolo della passione salvifica’. (to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon) (V.C. II, 3 e 4, 1)

Vengono posti in rilievo due elementi fondamentali per la Chiesa: il simbolo della passione salvifica memoriale della presenza di Cristo nella pienezza della sua umanità divina, inscindibile di Incarnazione, Passione e Resurrezione per la salvezza dell’umanità e il collegio sacerdotale rappresentante e custode della dottrina cristologia. Al simbolo viene qui attribuita la funzione di guida dell’imperatore e del suo esercito.

Non sappiamo nulla sulla esatta forma di tale ‘segno iconico’, poiché l’autore non specifica se si tratta del solo Chrismon, come quello che fu inciso sull’elmo dell’imperatore o come il monogramma o la croce che sormontava il capo di Costantino nel dipinto ad encausto posto nell’ingresso del palazzo imperiale, oppure se si trattava del complesso staurou= tro/paion, segno cruciforme o ancora della croce monogrammatica che Lattanzio dice che fu

75 Cfr. CASARTELLI NOVELLI.2000 B. 76 Inoltre cfr. ind. anal.dei temi per l’ accostamento di simbolo e passione, ‘Nome’ Di Cristo. 77 CASARTELLI NOVELLI 2000 B. 78 TARTAGLIA 1984, V.C. II, 3.2, nota 10 p.86, ritiene che questi episodi siano relativi alla guerra

Cibalense del 316-317 o a quella del 324.

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disegnata sugli scudi poco prima della famosa battaglia di Saxa Rubra. Il Tartaglia,79 afferma che si tratta del Labaro con il monogramma cristologico. Se ci soffermiamo sulla lettura del brano qui analizzato, sembrerebbe che Eusebio con to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon intendesse riferirsi al trofeo salvifico – il monogramma cristologico del ‘Nome’ - collocato sull’asta cruciforme condotto in battaglia come guida del suo esercito. Comunque il termine to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon è un simbolo che rimane molto denso.to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon è, secondo la distinzione fatta dal Grabar tra le immagini, una immagine–segno, ad alta densità semantica reinventata in un linguaggio ‘iconico’ apocalittico quale è quello del signum salutis eusebiano,80 un linguaggio del sacro nato dalla inventio di un simbolo complesso. Quello utilizzato da Eusebio è un linguaggio simbolico del sacro in quanto linguaggio della Rivelazione, come sottolinea il Ries, dove si rende visibile l’Invisibile. Il linguaggio simbolico del ‘segno’ della visione gioca così un ruolo determinante nel sistema culturale romano apocalittico del sec. IV.81

1.3.9 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM ’

Liber II , 6.2 “Costantino invocò allora il Dio salvatore e signore dell’universo e questo fu il segnale che egli diede ai suoi soldati: subito risultò vincitore del primo scontro; poi, non molto tempo dopo, vinse una seconda battaglia….con l’aiuto del SEGNO SALVIFICO che guidava sempre le sue truppe.”

e)ntau=qa dh\ KwnstantiÍnoj qeo\n swth=ra to\n e)piì pa/ntwn e)pikalesa/menoj, su/nqhma/ te tou=to dou\j toiÍj a)mf' au)to\n o(pli¿ taij, prw¯thj e)kra/tei parata/cewj, eiåt' ou)k ei¹j makro\n deute/raj sumbolh=j krei¿ttwn hÅn kaiì kreitto/nwn hÃdh nikhthri¿wn e)tu/gxane, tou= swthri¿ou tropai¿ou propompeu/ontoj th=j a)mf' au)to\n fa/laggoj

“Tunc vero Constantinus (6,2) servatore ac supremo omnium deo in auxilium vocato, atque signo militibus suis dato, hostes primo praelio fudit…et longe maiorem victoriam retulit cum SALUTARE CRUCIS TROPAEUM exercitum ipsius antecederet.”

- Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion tro/paion propompeu/ontoj Il verbo propompeu/w vuol dire = andare avanti in processione\precedere\portare nel corteo. In latino viene tradotto con cum salutare crucis tropaeum antecederet quindi con l’aggiunta del termine croce. In italiano traduzione diversa del Tartaglia ‘con l’aiuto del segno salvifico che guidava…’ -Analisi morfologico-linguistica

79 TARTAGLIA 1984, nota 10 p.86. 80 A questo proposito cfr. GRABAR 1983, pp. 23-50.83; CASARTELLI NOVELLI 1987, pp.115-120. 81 GRABAR 1983; CASARTELLI NOVELLI 1996 B, pp.643-649; in particolare una citazione della

CASARTELLI nella nota 17 p.649, molto esaustiva: H. parret, Saussure, p.35, cita: <<Ricordiamo (che in linguistica) quando si parla di creazione, non si tratta di creazione ex nihilo. L’attività creatrice sarà solo attività combinatoria, è la creazione di nuove combinazioni (…) Ma per la lingua non è mai possibile costruire una forma di punto in bianco per mezzo di un vero atto creativo (…)>>. La Casartelli afferma che anche per Grabar, a cui abbiamo fatto qui molte volte ricorso, il concetto di “creazione” iconografica, è di ascendenza saussuriana; CASARTELLI NOVELLI 1983, pp.159-177.

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L’area semantica di tro/paion è determinata dall’unione con l’aggettivo swth/rion per cui risulta maggiormente definita. Si è notato che nel II libro viene utilizzato tro/paion accostato a swth/rion per molte volte. Nel I libro l’aggettivo swth/rion era abbinato a su/mbolon quando parla della formula salvifica in riferimento alle due lettere del ‘Nome’ di Cristo, X e P, ed era abbinato anche a shmeiÍon, mai a tro/paion82 che aveva accanto sul piano dell’espressione aggettivi diversi: staurou= tro/paion / nikhtiko\n tro/paion/ tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj. Qui la formula linguistica di to\ swth/rion tro/paion è presente in II, 6.2; 7; 9.2; 16.1, il contesto è sempre quello della battaglia83 e la funzione quella di essere guida, di portare l’esercito alla vittoria e di svolgere anche una funzione profilattica. Se si analizza bene il significato delle parole in greco to\ swth/rion tro/paion propompeu/ontoj si noterà che Eusebio pone l’accento sul trofeo che è innanzi a tutto l’esercito come se fosse il trofeo stesso a dare vittoria alle truppe con la sua sola presenza. Se si scorre nella lettura, in V.C. II, 7 si avrà conferma di ciò, difatti quando il trofeo salvifico veniva portato in prima linea nelle battaglie provocava la fuga dei nemici e collocato nei punti nevralgici di maggior debolezza, propiziava la vittoria come un fulakth/rion.84

Ritornando al passo in questione: Nella traduzione latina (PL) vi è l’inserimento della parola crucis

probabilmente per rendere evidente il collegamento con staurou= tro/paion di V.C. I,28.2 momento della visione e di V.C. I,31.1 momento della descrizione del Labaron realizzato da Costantino più tardi.

Poiché abbiamo rilevato che queste tre formule linguistiche tro/paion, shmeiÍon e su/mbolon con i vari attributi si ritrovano tra loro soprattutto nel I libro in una relazione di isomorfia semantica, ossia hanno sempre come referente lo stesso significato: il ‘Nome’ di Cristo, avendo Tartaglia intuito ciò, ha pensato di poter giocare con i termini scambiando tro/paion con shmeiÍon sapendo che non avrebbe alterato il significato del contesto. In questo caso è appropriato lo scambio che l’autore ha proposto anche se ritengo che il testo greco e quello latino siano più esaustivi per la comprensione del pensiero di Eusebio.85

82 cfr. qui § 3.2, dove si analizzeranno tutte le combinazioni acquisite di volta in volta da

tro/paion. 83 Siamo, secondo il Tartaglia, nella trattazione della battaglia di Adrianopoli, combattuta il

324.VII.3. 84 Cfr.il riferimento al V.C. II, 7 e 9. Sul valore di propiziare la vittoria come un fulakth/rion, Cfr.

ind. anal.dei temi, p. 94s; anche CECCHELLI 1954 p.47. 85 È possibile che il Tartaglia abbia ritenuto di poter tradurre in questo modo, prendendo spunto

dall’accostamento che dei due sintagmi fa Eusebio nel V.C. I, 37 laddove dice che il ‘trofeo della vittoria’ portato in guerra è il ‘segno salvifico’ – creando un legame di isomorfia semica tra i due sintagmi cosicché non solo come accade nel solo testo greco, tra due formule linguistiche vi sia una isomorfia, ma anche tra il testo greco e quello italiano vi sia una isomorfia di contenuto tra sintagmi (sul piano dell’espressione) per uno stesso significato (sul piano del contenuto).

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1.3.10 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM ’ Liber II , 7

“Questo EMBLEMA,86 ovunque apparisse, provocava la fuga dei nemici ……..ordinava che proprio in quel punto fosse presente il SEGNO SALVIFICO, come se si trattasse di un talismano che avesse virtù di propiziare la vittoria ……”

ãEnqa d' ouÅn a)nefa/nh tou=to, fugh\ me\n tw½n e)nanti¿wn e)gi¿neto, di¿wcij de\ tw½n kratou/ntwn. oÁ dh\ sunidwÜn basileu/j, tou= oi¹kei¿ou stratou= eiã pou ti ta/gma kekmhko\j e(w¯ra, oiâo/n ti nikhtiko\n a)lecifa/rmakon e)ntauqoiÍ to\ swth/rion tro/paion pareiÍnai diekeleu/eto, %Ò parauti¿ka sune/fainen h( ni¿kh,

“Certe ubicunque hoc SIGNUM conspectum fuerat, continuo fuga hostium………illico SALUTARE TROPAEUM…..”

- Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion tro/paion In latino ‘salutare tropaeum ’ In italiano viene tradotto con ‘segno salvifico ’ così come è accaduto in V.C. II,6.2 -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion è definita dall’accostamento con l’aggettivo swth/rion. Il contesto di questi passi del II Libro di Eusebio è quello della battaglia e viene individuata anche la posizione che il trofeo ha nello schieramento dell’esercito, ossia innanzi nel luogo più difficile dello scontro. I due riferimenti V.C. II, 7 e il seguente V.C. II, 9.2 sono legati e il secondo è di conferma al primo. Il paragrafo 7 collegato a sua volta al paragrafo 6.2 lo convalida quando afferma che to\ swth/rion tro/paion 87 veniva collocato nel fronte dello schieramento dove l’esercito vacillava, su comando dell’imperatore, poiché si era visto come “ovunque apparisse, provocava la fuga dei nemici.. ” (V.C. II, 7 ).

In merito alla funzione: l’autore racconta che quando questo ‘emblema ’

appariva, provocava la fuga dei nemici, e che Costantino ordinava di porlo nei punti più difficili della battaglia, come se la sua sola presenza avesse il potere di favorire la vittoria come un fulakth/rion 88. La presenza del trofeo salvifico è presenza del ‘Nome’ di Cristo.

Per il rinvio alla realizzazione in immagine, è ipotizzabile che si tratti del trofeo composto dal monogramma cristologico posto su un’asta cruciforme, ossia del Labaron.

86 In V.C. II, 7 il GCS. riporta in latino signum e il Tartaglia ‘emblema’ laddove Eusebio invece non adopera swth/rion.

87 Cfr. shmeiÍon § 1.3.11, V.C. II, 9.1.Cfr. qui § 3.2 p. 79s, dove si analizzeranno tutte le combinazioni acquisite di volta in volta da tro/paion.

88 Sul valore di propiziare la vittoria come un fulakth/rion cfr. ind. anal.dei temi, p.94s.

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1.3.11 to/ shmeiÍon ‘SIGNUM’ Liber II , 9.1

“..il soldato che portava sulle spalle l’INSEGNA durante lo scontro fu preso dalla paura…..per sottrarsi al combattimento la affidò ad un compagno…..l’altro che era fuggito abbandonando la difesa dell’ INSEGNA, venne colpito da un dardo…”

eÃfh ga/r pot' e)n me/sv tou= pole/mou sumbolv=, ktu/pou kaiì taraxh=j a)qro/aj dialabou/shj to\ stratiwtiko/n, to\n e)piì tw½n wÓmwn fe/ronta to\ shmeiÍon u(po\ deili¿aj e)n a)gw½ni gene/sqai kaÃpeita metaparadou=nai au)to\ e(te/r%, wj aÄn diafu/goi to\n po/lemon. w¨j d' o( me\n u(pode/dekto, o( d' u(poba\j e)kto\j e)ge/neto th=j tou= shmei¿ou fulakh=j, be/loj a)kontisqe\n au)tou= kata\ th=j nhdu/oj ph/gnutai kaiì th\n zwh\n

“….is qui hoc SIGNUM humeris ferebat…………. Vix alter ille SIGNUM gestandum susceperat……..”

- Analisi del sintagma In greco shmeiÍon89

In latino signum In italiano viene tradotto ‘insegna’. -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di shmeiÍon è molto vasta, non ben definita. Il contesto è sempre quello della battaglia. La funzione è quella protettrice per chi non abbandona la difesa del segno. Gli episodi di questo II libro sono tutte testimonianze che confermano il potere salvifico del trofeo. Anche in questo passo di V.C. I, 9.1-2 vi è un caso di isomorfia semantica tra shmeiÍon e to\ swth/rion tro/paion .90

1.3.12 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM ’

Liber II , 9.2 “Il compagno.. ebbe salva la vita grazie al TROFEO SALVIFICO che teneva sollevato in alto. ….i proiettili andavano a schiantarsi tutti contro l’asta del TROFEO…”

a)faireiÍtai au)tou=. a)ll' au)to\j me\n deili¿aj kaiì a)pisti¿aj di¿khn e)kti¿saj e)ntau qoiÍ nekro\j eÃkeito, tou= de\ to\ swth/rion tro/paion ai¹wrou=ntoj zwh=j e)gi¿neto fulakth/rion, wj polla/kij belw½n kat' au)tou= pempome/nwn to\n me\n fe/ronta dias%¯zesqai, to\ de\ tou= tropai¿ou do/ru de/xesqai ta\ ballo/mena.

“at SALUTARE (9,2) CRUCIS TROPAEUM, ei qui ipsum sublime gestabat incolumitatem praestitit…… ..hasta vero SALUTARIS TROPAEI, missilia excepit.”

- Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion tro/paion91

89 shmeiÍon è accostato a to\ swth/rion tro/paion §1.3.12/12 a, V.C. II,9.2. 90 Cfr. per quanto riguarda i casi di isomorfia semantica § 3.4 p. 82s.

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In latino salutare crucis tropaeum. In italiano ‘trofeo salvifico’ -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion è definita grazie all’attributo swth/rion che sottolinea maggiormente il significato.

La funzione attribuita in questo contesto è resa dall’episodio accaduto durante la battaglia, ad un soldato che ricevette il trofeo dalle mani di un compagno e che per questo “..ebbe salva la vita” senza che i dardi lo toccassero. La definizione più forte che viene fuori da questa area semantica di to\ swth/rion tro/paion nel II Libro è quella di elemento protettivo in battaglia i cui significati sono di tipo salvifico a livello militare.

1.3.12a to/n tro/paion ‘SALUTARIS TROPAEI’ Liber II , 9.2

- Analisi del sintagma In greco to\ tou= tropai¿ou do/ru.92

In latino viene tradotto con salutaris tropaei, il traduttore latino ha ritenuto importante aggiungere salutaris giacché dal testo si evince che sia portatrice di salvezza sulla morte . In italiano l’asta del trofeo. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion qui è definita dalla presenza di do/ru= l’asta. Vi sono solo due passi, come diremo nel § 3.2, in cui Eusebio esplicitamente distingue tro/paion da do/ru, chiarendoci quale sia il significato preciso dell’area semantica di tro/paion e quale sia la sua espressione figurativa, o il Chrismon o la croce, in cui traspare la presenza del Cristo. In V.C. I, 31.1 Eusebio dice che “l’asta che di molto si allungava verso l’alto, proprio sotto il trofeo della croce, recava disegnato in oro il busto dell’imperatore”. Quindi trofeo è riferito non alla complessiva insegna ma solo a ciò che veniva rappresentato e raffigurato nella parte più alta dell’asta cruciforme. Qui in V.C. II, 9.2 Eusebio dice che i proiettili si schiantavano tutti contro l’asta del trofeo. Dunque di nuovo pone una distinzione cercando di isolare il termine di trofeo solo esclusivamente a ciò che era mostrato nella parte alta del vexillum .93

Per il rinvio alla realizzazione in immagine: dai passi sopra citati, si tratta dell’asta a forma di croce sormontata nella parte alta da un trofeo raffigurato mediante il ‘simbolo della formula salvifica’ che, come descrive chiaramente Eusebio in V.C. I, 31.1, è costituito sul piano della forma dell’espressione da una corona con i due segni della X e P, la cui materia costitutiva è la materia di oreficeria in oro e pietre preziose, e sul piano del contenuto il richiamo è al ‘simbolo del ‘Nome’ del Cristo che in questo contesto ha il potere di salvare la vita realmente in battaglia a coloro a cui è affidato. (Tav. XXXI, XXXII, XXXIII a e b).

91 Cfr. qui § 1.3.9. 92 to\ swth/rion tro/paion §1.3.12, V.C. II, 9.2; shmeiÍon §1.3.11, V.C. II, 9.1. 93 Cfr. distinzione tra tro/paion e do/ru § 3.2 p. 79s.

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La funzione attribuita qui è quella del trofeo che dona la salvezza e svolge un’azione profilattica nei confronti del soldato a cui fu affidato che si salvò.

1.3.13 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM ’ Liber II , 16.1

“..(Licinio)dal momento che aveva conosciuto per esperienza diretta quanto divina ed arcana fosse la potenza che si celava nel TROFEO SALVIFICO per mezzo del quale l’esercito di Costantino era solito vincere..”

Eiåt' eÃrg% maqwÜn o(po/sh tij hÅn qei+kh\ kaiì a)po/rrhtoj e)n t%½ swthri¿% tropai¿% du/namij, di' hÂj o( Kwnstanti¿nou krateiÍn eÃmaqe strato/j,

“Post haec cum re (16,1)ipsa didicisset arcanam quamdam ac divinam potentiam in SALUTARI TROPAEO inesse, cujus ope constantini exercitus victoriam referre consuevisset…….”

- Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion tro/paion.94

In latino traduzione letterale, salutari tropaeum. In italiano traduzione letterale, trofeo salvifico. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion è definita non solo dall’aggettivo swth/rion ma anche dalla parola du/namij.

In merito alla funzione: lo stesso Licinio, per esperienza diretta secondo la testimonianza di Eusebio, è consapevole della divina potenza del trofeo costantiniano e della misteriosa forza dell’azione salvifica del simbolo innalzato. Infatti Licinio che persisteva comunque “nella ricerca di altre divinità… raccomandava ai suoi soldati di non rivolgergli mai le armi contro to\ swth/rion tro/paion per nessuna ragione”. Il testo parla del trofeo con il quale l’esercito di Costantino era solito vincere in battaglia, quindi il rinvio alla resa in immagine potrebbe essere al Labaron costantiniano così come in V.C. I, 31.

94 Cfr to\ swth/rion kaiì zwopoio\n shmeiÍon §1.3.14, V.C.II, 16.2. Cfr. per le varie combinazioni di

tro/paion § 3.279s.

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1.3.14 to\ swth/rion kaiì zwopoio\n shmeiÍon ‘SALUTARI SIGNO’ Liber II , 16.2

“Costantino, invece, munito della corazza della sua fede 95 contrapponeva alla moltitudine dei nemici il SEGNO SALVIFICO e DATORE di VITA servendosene come deterrente e come difesa contro il male.”

oiàde me\n ouÅn poluplhqei¿# qew½n qarrou=ntej su\n pollv= duna/mei xeiro\j stratiwtikh=j e)pv/esan, nekrw½n eiãdwla kamo/ntwn e)n a)yu/xoij a)ga/lmasi probeblhme/noi: o( d' eu)sebei¿aj qwraki peri pefragme/noj, to\ swth/rion kaiì zwopoio\n shmeiÍon wÐsper ti fo/bhtron kaiì kakw½n a)munth/rion t%½ plh/qei tw½n e)nanti¿wn pare/tatte.

“ Constantinus vero (16,2) pietatis lorica contectus, SALUTARE ET VIVIFICUM CRUCIS SIGNUM, velut terriculamentum quoddam et potentissimum ad depellenda mala munimentum….”

- Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion kaiì zwopoio\n shmeiÍon.96

In latino viene tradotto ‘salutare et vivificum crucis signum ’ In italiano il segno salvifico e datore di vita. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di shmeiÍon è ben definita dalla presenza non solo di swth/rion ma anche da zwopoio\n = datore di vita. Adoperare zwopoio\n potrebbe risultare molto importante, poiché si evidenzierebbe l’importanza data all’‘immagine cruciforme’ quale ‘immagine cristica’ i cui attributi sono la rigenerazione e la vita.97

Eusebio introduce nel II libro gli episodi degli scontri tra Costantino e Licinio. In II, 3.1 l’autore mette in evidenza la qualità di Costantino come ‘protettore dei cristiani’ in questo caso di quelli di Oriente che Licinio governava. Costantino giudicava che recare aiuto ai “perseguitati” era un’azione “pia”, ma l’intervento avrebbe dovuto essere più consistente rispetto all’azione di clemenza che al contrario aveva già indurito Licinio. Così Costantino si preparò ad allestire il suo esercito e le insegne che testimoniavano la potenza e la forza del Dio cristiano, non attaccando per primo battaglia, contro Licinio, nel rispetto dei patti stipulati, ma attendendo che “i liciniani, fiduciosi nel gran numero dei loro dèi, che avanzavano con un vasto e forte schieramento di soldati”(V.C. II,16.2). La vittoria su Licinio viene considerata da Eusebio come momento in cui “tutte le regioni che erano sottoposte a Roma si ricongiunsero in unità e i popoli dell’Oriente si riunirono a quelli dell’Occidente. L’autorità dell’imperatore si diffuse in ogni luogo della terra, di modo che l’intiero corpo dell’impero si uniformò ad un unico principio assoluto del potere, come ad un’unica testa”98 (V.C. II, 19.1). Eusebio testimonia che dopo la capitolazione dell’Occidente nelle mani di Costantino, con la sconfitta di Massenzio, anche l’Oriente sembrava inchinare il capo e riconoscere la potenza del trofeo salvifico donato da Dio a

95 Ef.6,14. Importante richiamo implicito o volutamente esplicito alle Sacre Scritture, disseminato

all’interno dell’opera 96 Cfr. to\ swth/rion tro/paion § 1.3.13, V.C. II, 16.1. 97 CASARTELLI NOVELLI S., ‘La Croce’; CASARTELLI NOVELLI 2000 B. 98 Qui c’è anche una citazione di Eusebio di un passo biblico Is. 9,1.

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Costantino. La vittoria su Licinio viene vista anche come momento in cui “ tutti gli altri, che fino a poco tempo prima erano andati orgogliosi per la fiducia riposta negli indovini, accettarono di fatto il Dio di Costantino senza alcun indugio, e ammisero di riconoscere in lui il vero ed unico Dio.” (V.C. II, 18) (ripreso anche in V.C. II, 19.2). Eusebio evidenzia in II, 12.2 che Costantino con prudenza e saggezza si preparava ad affrontare questo momento delicato del suo governo, per cui Costantino dedicava molto tempo al raccoglimento per pregare e invocare il Dio che lo aveva già assistito. In questo modo otteneva nuovamente l’ispirazione divina grazie al “dono di un’apparizione celeste”.

1.3.15 to\ tou= pa/qouj tro/paion ‘DOMINICAE PASSIONIS TROPEO’ Liber III, 1.2

“ ..egli ..eleggeva a suo presidio e a garanzia della vittoria proprio l’EMBLEMA contro il quale gli empi lanciavano con maggiore accanimento le loro bestemmie, e andava orgoglioso del TROFEO della, PASSIONE. “

o( de\ tou\j mh\ oÃntaj oÀti mh\ ei¹siìn eÃrgoij kaiì lo/goij a)pele/gxwn to\n mo/non oÃnta pareka/lei gnwri¿zein. eiåq' oi¸ me\n blasfh/moij to\n Xristo\n tou= qeou= diexleu/azon fwnaiÍj, o( de\ e)f' %Ò ma/lista oi¸ aÃqeoi ta\j blasfhmi¿aj e)ki¿ noun tou=t' au)to\ nikhtiko\n99 e)pegra/feto fulakth/rion, t%½ tou= pa/qouj semnuno/menoj tropai¿%.

“….hic vero illud ipsum (1,2) quod impii homines male dictis praecipue incessebant, SALUTIS praesidium esse scripsit. DOMINICAE PASSIONIS TROPEO sese efferens.”

- Analisi del sintagma In greco to\ tou= pa/qouj semnuno/menoj tro/paion 100

In latino viene tradotto con dominicae passionis tropeo, ossia trofeo della passione del Signore. Si tratta del trofeo che rappresenta il momento della Incarnazione - Passione – Resurrezione di Gesù Cristo come evento vivificante per il mondo. In italiano traduzione fedele al testo greco, ‘trofeo della passione’. -Analisi morfologico-linguistica

L’area semantica di tro/paion qui ha una nuova estensione poichè l’aggettivo utilizzato è pa/qoj.

Attributi del trofeo: in questo caso viene eletto come presidio garante della vittoria. L’analisi sin qui condotta auspica a mettere in evidenza che ‘immagine cruciforme’ e ‘Nome’ di Cristo, semplificato nella chi (X) e nella rho (P), acquistano una peculiare caratteristica simbolica. Divengono ‘immagini-segni’ con funzione di ‘immagini cristiche’ la cui natura non è quella di significare o rappresentare semplicemente qualche cosa, ma quella specifica di condurre, tramite molteplici significanti, il significato salvifico che trova nel Lo/goj Incarnato la sua totale estensione e pienezza. Si è notato che il termine pa/qoj è utilizzato poche volte nel testo, in particolare:

99 Sul valore di propiziare la vittoria come un fulakth/rion, Cfr. ind. anal.dei temi, p. 94s; anche

CECCHELLI 1954, p.47. 100 Cfr. per le varie combinazioni acquisite da tro/paion § 3.2 p.79s.

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- in V.C. II, 4.2 e in III, 49 nella stessa formula linguistica ma in contesti e con funzioni diverse: 101

- in questo passo lo abbiamo in combinazione con tro/paion ed è l’unica volta che accadrà; - poi lo avremo legato a pi/stin in V.C. III, 30.4 in merito al contesto del luogo del sacro speco. Eusebio nonostante prediliga mettere in evidenza i temi della salvezza, della vittoria, della forza e potenza del Cristo, della sua capacità di donare la vita come Figlio del Dio vivente, non trascura affatto anche un altro aspetto saliente di questa Incarnazione e Resurrezione. Egli recupera anche il termine di pa/qoj che è inscindibile e prezioso nell’ambito del discorso della vita terrena di Cristo, sostenuto da termini quali swth/rion e riferito all’immagine simbolo dell’Immortalità che trova nel Cristo la sua piena realizzazione.

1.3.16 th/n swth/rion e)phgori¿aj ‘SALUTARI VOCABULO’ Liber III, 2.2-3.1

“Fu così che Costantino, con piena confidenza si diede infaticabilmente a predicare a tutti il Cristo, figlio di Dio, né provò affatto vergogna del NOME SALVIFICO di Lui, anzi, si fece un vanto della missione affidatagli. Rese ben nota la propria immagine sia con lo imprimere il suo stesso volto sul l’EMBLEMA SALVIFICO, sia con l’esporre, colmo di orgoglio, quel TROFEO che gli garantiva la VITTORIA alla vista di tutti anche in un dipinto.”

kaiì ti¿ new¯teron hÄ to\ qau=ma th=j basile/wj a)reth=j e)k qeou= sofi¿aj t%½ qnht%½ ge/nei dedwrhme/non; toiga/rtoi to\n Xristo\n tou= qeou= su\n parrhsi¿# tv= pa/sv presbeu/wn ei¹j pa/ntaj diete/lei, mhd<e\n> e)gka lupto/menoj th\n swth/rion e)phgori¿an, semnologou/menoj d' e)piì t%½ pra/gmati: fanero\n e(auto\n kaqi¿sth, nu=n me\n to\ pro/swpon t%½ swthri¿% katasfragizo/menoj 3.3.1 shmei¿%, nu=n d' e)nabruno/menoj t%½ nikhtik%½ tropai¿%,

“Quippe ille cum omni (2,2) fiducia ac libertate christum dei cunctis perpetuo praedicavit, nec SALUTARI VOCABULO censeri erubuit. Verum ob eam rem sese magnopere efferens, omnibus se noscendum exhibuit: dum nunc quidem SALUTARI SIGNO vultum consignat, nunc TRIUMPHALI gloriatur TROPAEO.

- Analisi del sintagma In greco swth/rion e)phgori¿aj In latino traduzione fedele, salutare vocabulum. In italiano traduzione fedele, nome salvifico. e)phgori¿aj viene impiegato con swth/rion (in greco: nome, appellazione) quando Eusebio dice che “Costantino ….si diede infaticabilmente a predicare a tutti il Cristo, figlio di Dio, né provò affatto vergogna del ‘nome salvifico’ di Lui, anzi si fece un vanto della missione affidatagli.” (V.C. III, 2.2). Eusebio sottolinea come Cristo stesso aveva ordinato a Costantino di tradurre in immagine il ‘segno’ della visione, realizzato nella materia di oreficeria preziosa e in forma di immagine cruciforme e o monogramma di Cristo (sul Labaron, sugli scudi, sugli elmi e nei dipinti). La definizione che

101 Cfr. qui § 1.3.8 , § 1.3.24 e § 3.3; inoltre § 1.3.20.

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viene fuori dalle parole stesse di Eusebio è quella di una investitura che Cristo fa direttamente a Costantino, il quale resosi consapevole di ciò dai numerosi episodi verificatisi, incominciò a predicare il Cristo, Figlio di Dio elevando il suo ‘Nome’ salvifico. 102

1.3.16 a to\ swth/rion shmeiÍon ‘SALUTARI SIGNO ’

Liber III, 2.2-3.1 - Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion shmeiÍon In latino traduzione fedele al testo greco, salutaris signo. In italiano traduzione quasi fedele al testo greco, traduce ‘emblema salvifico ’ -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di shmeiÍon è definita da swth/rion. È la formula linguistica più utilizzata da Eusebio. Qui to\ swth/rion shmeiÍon 103 continua ad essere accostato al termine to\ nikhtiko\n tro/paion. Ma nonostante sia mantenuta la loro relazione di isomorfia semantica, viene cambiato il fattore del contesto, non siamo più in battaglia ma nell’ambito del dipinto collocato nell’ingresso del palazzo imperiale. Il contesto è quello in cui Costantino volle imprimere sul ‘segno salvifico,104 che è il ‘trofeo vittorioso’ il suo stesso volto, rendendo nota la sua immagine. In più Eusebio dice che volle rappresentare anche lo stesso trofeo in un dipinto alla vista di tutti.

La funzione che viene attribuita in questo contesto è quella di segno garante di vittoria da esporre con orgoglio. Per il rinvio alla realizzazione in immagine, non è così scontato che ci sia il riferimento al Labaron come in battaglia, ma il Chrismon che sormontava il capo dell’imperatore nel dipinto ad encausto nell’ingresso principale del palazzo; in entrambi i casi ripeto viene confermata l’isomorfia semantica che individua nel ‘Nome’ di Cristo il fulcro centrale di tutta la struttura linguistica nel testo di Eusebio. Viene sottolineata la fama che l’immagine di Costantino stava acquistando e la decisione di imprimere il suo volto sul to\ swth/rion shmeiÍon.

Questo intento Costantino lo realizza, come ci dice Eusebio, in diversi modi: noi sappiamo che il vescovo di Cesarea ebbe modo di vedere il nikhtiko\n tro/paion / swth/rion shmeiÍon nella realizzazione definitiva del Labaron, in un momento non precisato dall’autore ma come si evince dalla lettura di tutto il testo, sicuramente in un momento successivo la battaglia di Crisopoli del 324. A quel tempo il Labaron era stato sicuramente già arricchito del supparum e delle immagines di Costantino e dei tre figli elevati alla dignità di Cesari.105. Inoltre apprendiamo da questi passi in esame che la realizzazione dell’accostamento della sua immagine accanto a quella del to\ swth/rion shmeiÍon

102 Cfr. l’indice analitico dei temi: ‘Nome’ di Cristo p. 94s. 103 Cfr te to\ nikhtiko\n tro/paion § 1.3.16b, V. C. III, 2.2 p. 87s. Cfr. per isomorfia semantica §

3.4, p. 82s. 104 TARTAGLIA 1984 nota 17 pag. 122, afferma che si tratta del labaro con inserimento del volto

dell’imperatore; ID., in riferimento a V.C. I, 31.2, nota 82-83-84 pp. 60-61. 105 Per le aggiunte apportate al Labaron originario Cfr. qui § 2, p. 70s; FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953,

P. 27.

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Costantino la realizza anche in un contesto diverso rispetto a quello dei vexilla imperiali, ossia negli ambienti del palazzo imperiale, quelli di maggior rappresentanza dove era possibile che la traduzione in immagine del comando divino fosse ben visibile.

1.3.16 b to\ nikhtiko\n tro/paion ‘TRIUMPHALI TROPAEO’ Liber III, 2.2-3.1

- Analisi del sintagma In greco te to\ nikhtiko\n tro/paion In latino tradotto con ‘triumphali tropeo ’ In italiano traduzione letterale, trofeo che gli garantiva la vittoria. -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di tro/paion è definita dall’aggettivo nikhtiko\n. E’ la seconda volta che troviamo questa formula linguistica.

La prima volta è stato nel I, 37 dove il contesto era quello della preparazione dell’esercito e della collocazione del trofeo tra gli opliti e i dorifori della scorta e la funzione era quella di donare vittoria nella battaglia. Per il rinvio alla resa in immagine il riferimento era sicuramente al Labaron presente nella battaglia.

Qui in III, 2.2 la forma dell’espressione del termine rimane invariata ciò che cambia è il contesto.\ nikhtiko\n tro/paion viene utilizzato per indicare ciò che fu esposto in un dipinto nel palazzo imperiale. La funzione rimane sempre quella di essere un segno garante di vittoria. Per la resa in immagine, grazie ai suggerimenti dei passi successivi, si intravede la possibilità che il riferimento sia al monogramma cristologico che sormontava il capo dell’imperatore, come poi abbiamo rappresentato in molte monete e medaglioni dell’epoca, ma non si esclude la possibilità che si tratti anche di un ‘segno’ in forma di croce. (Tav. XXVIII a e b , XXXIV, XXXV). Vogliamo aggiungere che Eusebio non specifica chiaramente se si tratti del cristogramma nella forma del Chrismon costantiniano - che ritroveremo anche sulla galea - costituito dalla X e P del ‘Nome’ di Cristo all’interno di una corona laureata in materia di oreficeria preziosa o del segno cruciforme.

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1.3.17 to\ swth/rion shmeiÍon ‘SALUTARE SIGNUM' Liber III , 3.1

“Il quadro collocato ben in alto davanti all’ingresso principale del palazzo imperiale, raffigurava il capo dell’imperatore sormontato dal SEGNO SALVIFICO”

oÁ me\n dh\ kaiì e)n grafh=j u(yhlota/t% pi¿naki pro\ tw½n basilikw½n proqu/rwn a)nakei me/n% toiÍjpa/ntwn o)fqalmoiÍj o(ra=sqai prou)ti¿qei, to\ me\n swth/rion <shmeiÍon> u(perkei¿menonth=j au(tou= kefalh=j tv= grafv= paradou/j, to\n d' e)xqro\n kaiì pole/mion qh=ra to\n th\n e)kklhsi¿an tou= qeou= dia\ th=j tw½n a)qe/wn poliorkh/santa turanni¿doj kata\ buqou=fero/menon poih/saj e)n dra/kontoj morfv=.

“ quin etiam in sublimi (3,1) quadam tabula ante vestibulum palatii posita, cunctis spectandum proposuit, SALUTARE quidem SIGNUM capiti suo super positum..”

- Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion shmeiÍon In latino salutare signum In italiano segno salvifico. -Analisi morfologico-linguistica shmeiÍon viene riportato da I.A. Heikel che, nella sua Eusebius Werke, pose un esame completo della VC (CGS pp.82 N.3), ed qui è unito a swth/rion. Vi è da parte di Eusebio una sorta di descrizione del quadro realizzato ad encausto collocato in alto davanti all’ingresso del palazzo imperiale. Il palazzo imperiale di cui parla è sempre quello di Costantinopoli. Tartaglia 106 nel suo testo riporta che secondo Dragon possa trattarsi della porta monumentale più tardi denominata Chalkè della reggia di Costantinopoli. Eusebio dice che raffigurava il capo dell’imperatore Costantino sormontato dal ‘segno salvifico.’ Interessante è il collegamento di questo segno col il seguente termine di trofeo salvifico, in modo da riproporre la relazione di isomorfia semantica tra le due formule linguistiche to\ swth/rion shmeiÍon e to\ swth/rion tro/paion.107

106 TARTAGLIA 1984, nota18 pag.122. 107 Cfr. per quanto riguarda l’ isomorfia semantica § 3.4, p. 82s.

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1.3.18 to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM’ Liber III , 3.2

“Perciò anche l’imperatore, per mezzo di questo dipinto ad encausto, additava a tutti il drago mentre, sotto i piedi suoi e dei suoi figli, veniva trafitto

da un dardo nel mezzo del ventre e scaraventato nei gorghi profondi del mare….e significare che esso era stato precipitato negli abissi della perdizione dalla POTENZA del TROFEO SALVIFICO che sormontava la sua testa.”

3.3.2 dio\ kaiì basileu\j u(po\ toiÍj au)tou= te kaiì tw½n au)tou= pai¿dwn posiì be/lei peparme/non kata\ me/sou tou= ku/touj buqoiÍj te qala/tthj a)perrimme/non dia\ th=j khroxu/tou grafh=j e)dei¿knu toiÍj pa=si to\n dra/konta, wÒde/ pv to\n a)fanh= tou= tw½n a)nqrw¯pwn ge/nouj pole/mion ai¹nitto/menoj, oÁn kaiì duna/mei tou= u(pe\r kefalh=j a)nakeime/nou swthri¿ou tropai¿ou kata\ buqw½n a)pwlei¿aj kexwrhke/nai.

“…quem SALUTARIS (3,3) illius TROPAEI quod capiti ipsius superpositum erat…"

-Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion tro/paion In latino traduzione letterale, ‘salutaris tropaei’. In italiano (potenza del) trofeo salvifico. -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di tro/paion è definita da swth/rion, poiché questa formula l’abbiamo già incontrata più volte nel I libro e lì il contesto era sempre stato quella della battaglia.

Quindi identica è la forma dell’espressione e identico è il significato, ossia quello del Nome’ del Cristo, Lo/goj Incarnato,108 presente nei suoi simboli ierofanici. Il fattore che cambia è il contesto, per cui non è possibile cristallizzare o costringere una formula in un solo contesto ma è possibile, e qui lo vediamo applicato, che Eusebio decida di riutilizzare in un altro contesto lo stesso sintagma, pur rimanendo invariati gli altri fattori compresa la funzione, arricchendo però gli attributi di potenza e vittoria di un elemento nuovo, quello della redenzione che in ambito militare mancava.

Per nemici si intende nel testo sia coloro che agivano con Licinio, considerato secondo il Tartaglia nelle vesti del drago; sia ad un diverso livello interpretativo, le forze demoniache che accompagnano la belva ostile, il drago, il serpente antico.

Vi è una moneta emessa 326-330, ora al British Museum che raffigura il Labaron mentre trafigge il serpente. Nel testo di Eusebio invece il drago si trova sotto i piedi di Costantino e dei suoi figli mentre viene trafitto da un dardo nel mezzo del ventre. Eusebio dice che ciò significa che il nemico occulto del genere umano era stato precipitato negli abissi dalla potenza del trofeo salvifico.109 (Tav. XXVIII a e b, XXXIV, XXXV, XXXVI)

108 Cfr. ind. analitico dei temi: Nome’ di Cristo, p. 94s; Cfr. per le combinazioni di tro/paion § 3.2, p.79s.

109 MAURICE 1908-1912 Vol.I, Tav. IX n.2, Vol. II, Tav. XV n.7, emessa 326-330, ora al British Museum. Vi è una moneta che raffigura il labaro che trafigge il serpente. Mentre qui si parla della persona stessa dell’imperatore che con una sorta di sfra/gij, il monogramma di cristo sul capo (forse il Chrismon sulla galea) trafiggeva il drago.Cfr. qui § 2.4 p. 75.

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1.3.19 to\ gnw¯risma tou= a(giwta/tou e)kei¿nou pa/qouj ‘SACRATISSIMAE

ILLIUS PASSIONIS MONUMENTUM’ Liber III, 30.1

Infatti, che il MONUMENTO DELLA SANTISSIMA PASSIONE DI CRISTO, da molto tempo celato sotto terra, dopo aver fatto perdere le sue tracce per un lunghissimo periodo di anni, sia tornato a risplendere al cospetto dei suoi servi…

to\ ga\r gnw¯risma tou= a(giwta/tou e)kei¿nou pa/qouj u(po\ tv= gv= pa/lai krupto/menon tosau/taij e)tw½n perio/doij laqeiÍn, aÃxrij ou dia\ th=j tou= koinou= pa/ntwn e)xqrou= a)naire/sewj e)leuqerwqeiÍsi toiÍj e(autou= qera/pousin a)nala/mpein eÃmelle, 3.30.2 pa=san eÃkplhcin wj a)lhqw½j u(perbai¿nei.

Nam SACRATISSIMAE ILLIUS PASSIONIS MONUMENTUM, sub terra jam pridem occultatum tot annorum spatio delituisse, … omnem severa admirationem superat.

-Analisi morfologico-linguistica Qui vi è una formula linguistica molto particolare. In merito al contesto, Eusebio sembra riferirsi al luogo del sacro speco ma non specifica di quale struttura si tratti, rende noto solo che il luogo era una grotta.

La funzione attribuita è quella di un luogo salvifico, sacro, il simbolo dell’immortalità, il santissimo sepolcro.

Nei precedenti paragrafi (III, 6.1) Eusebio narra della convocazione di un concilio ecumenico da parte di Costantino. Il concilio di cui parla è quello di Nicea tenuto nel 325. Eusebio sottolinea il ruolo di mediatore e ‘conservo’ tenuto da “Costantino (il quale) in forza dell’autorità datagli dall’essere egli stesso vescovo universale designato per volere divino…”mantiene un atteggiamento di rispetto verso l’episcopato di Dio. Eusebio usa termini quali th\n swth/rion didaskali¿an per la dottrina cristologica (III,21); inoltre introduce il discorso su Gerusalemme definendola (III, 25) ‘il luogo santissimo della resurrezione del Salvatore’ e si sofferma sul sacro speco che definisce come il ‘simbolo dell’Immortalità’ (III,26.1) e to\ swth/rion aÃntron.

Eusebio racconta che l’imperatore Costantino si fece promotore di un grande progetto edilizio in Palestina, affinchè nella città di Gerusalemme fosse venerato il luogo della passione e sepoltura di Cristo. Eusebio definisce con molta chiarezza quali siano i veri attributi della grotta della sepoltura e quale valore simbolico avesse agli occhi di tutti i cristiani e della Chiesa. L’autore racconta come il luogo fu a suo tempo interrato e furono inoltre edificati santuari alle divinità pagane, in particolare alla ‘dissoluta divinità di Afrodite’ e fosse esposto a riti di sacrifici su altari pagani ed impuri; Egli racconta inoltre gli sforzi e le energie impiegate più tardi per dissotterrare la grotta santa, il ritrovamento del luogo più sacro e caro alla Cristianità, l’edificazione nei pressi della grotta di un santuario di cui non viene specificato altro; l’invio di una lettera al Vescovo Macario della Chiesa di Gerusalemme.

Tartaglia 110 riporta il commento del Dorries su tale parte del racconto. Quest’ultimo individua una sottile contraddizione nei termini utilizzati da Eusebio, dice che:

un elemento di notevole importanza per quella che egli definisce la ‘Kreuzestheologie di Costantino’ è il fatto che, mentre la Risurrezione rappresenta il trionfo della vita sulla morte

110 Tartaglia 1984, nota a p. 84.

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e l’edificio vero e proprio fatto erigere dall’imperatore in Gerusalemme non è una ‘Chiesa del Sepolcro’, bensì una Anastasis (‘Chiesa della Resurrezione’), nel documento (di Eusebio) il ritrovamento del sepolcro viene invece celebrato come testimonianza della passione di Cristo.

e dice che questa contraddizione è dovuta alla discordanza tra termini quali passione con elementi quali resurrezione e vita. Orbene, riteniamo che non si possa parlare di una vera e propria contraddizione giacché secondo Eusebio il termine passione è un elemento indispensabile nel binomio di Incarnazione e Resurrezione di Cristo nel piano di salvezza e redenzione di tutta l’umanità da parte di Dio, nella persona del Cristo, suo Figlio unigenito. L’autore stesso definisce grotta ‘simbolo dell’immortalità’ e ‘grotta salvifica’.111 Questa grotta è il luogo della testimonianza di questa opera di salvezza.

1.3.20 th\n tou= swthri¿ou pa/qouj pi¿stin ‘DOMINICAE PASSIONIS FIDEM’(riferito alla grotta)

Liber III , 30.4 “..luogo che fin dal principio fu sacro per volere di Dio, e che è divenuto ancora più sacro da quando ha portato alla luce la TESTIMONIANZA della PASSIONE SALVIFICA.”

oÁn qeou= prosta/gmati ai¹sxi¿sthj ei¹dw¯lou prosqh/khj wÐsper tino\j e)pikeime/nou ba/rouj e)kou/ fisa, aÀgion me\n e)c a)rxh=j qeou= kri¿sei gegenhme/non, a(giw¯teron d' a)po fanqe/nta a)f' ou th\n tou= swthri¿ou pa/qouj pi¿stin ei¹j fw½j proh/gagen, oi¹kodomhma/twn ka/llei kosmh/swmen.

“…ex quo DOMINICAE (30,4) PASSIONIS FIDEM in lucem protulit..”

-Analisi del sintagma In greco th\n tou= swthri¿ou pa/qouj pi¿stin’ In latino è reso con dominicae passionis fidem In italiano ‘testimonianza della passione salvifica.’ -Analisi morfologico-linguistica Questa formula linguistica è molto particolare. Conferma quanto detto nei § 1.3.15 (p.86) e 1.3.19 (p.96), in merito al termine pa/qoj unito in uno stesso sintagma con swthri¿on pi¿stin.

La funzione attribuita qui è quella della testimonianza della passione salvifica di Cristo, luogo sacro.

‘Passione salvifica’ rende perfettamente il concetto di Resurrezione per la salvezza e di riscatto dell’umanità da parte di Gesù Cristo. Eusebio sa con arte accostare questi due termini swthri¿on e pa/qoj di per sé discordanti per creare una nuova espressione di grande valore simbolico da applicare al monumento, testimone della Passione e Resurrezione, in cui i lacci della divinità del Figlio di Dio sostengono la passione umana tramite la quale è passato il Cristo, elevandola su un piano simbolico salvifico, quindi non vi è alcun riferimento alla morte fisica.

111 Cfr. § 1.3.15, p 82-83.

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1.3.21 h( ne/a kateskeua/zeto ¹Ierousalh/m ‘NOVA JERUSALEM’ Liber III, 33.1-3

“..nel luogo stesso in cui fu sepolto il Salvatore venne costruita la NUOVA GERUSALEMME, in contrapposizione della città antica e famosa, la quale, dopo il cruento assassinio del nostro Signore, fu travolta fino a subire l’estrema devastazione, pagando con ciò il fio per la colpa dei suoi empi abitanti. Di fronte ad essa l’imperatore, con sontuosa e prodiga munificenza edificò un MONUMENTO CHE TESTIMONIAVA LA VITTORIA che il Salvatore aveva conseguita contro la morte e forse non

kaiì dh\ kat' au)to\ to\ swth/rion martu/rion h( ne/a kateskeua/zeto ¹Ierousalh/m, a)ntipro/swpoj tv= pa/lai bowme/nv, hÁ meta\ th\n kuriokto/non mi aifoni¿an e)rhmi¿aj e)p' eÃsxata peritrapeiÍsa di¿khn eÃtise dussebw½n oi¹khto/rwn. 3.33.2 tau/thj d' ouÅn aÃntikruj basileu\j th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn plousi¿aij kaiì dayile/sin a)nu/you filotimi¿aij, ta/xa pou tau/thn ouÅsan th\n dia\ profhtikw½n qespisma/twn kekhrugme/nhn kainh\n kaiì ne/an ¹Ierousalh/m, hÂj

“..et in ipso servatoris (33,1) nostri martyrio NOVA fabricata est JERUSALEM, ex adverso veteris illius celeberrimae, quae post nefariam domini caedem ultimam vastitatem experta, pro incolarum impietate poenas persolverat. Contra hanc igitur imperator TROPAEUM VICTORIAE, quam servator noster de morte retulerat, ambitioso cultu erexit.”

è errato identificare proprio in questo monumento la NUOVISSIMA GERUSALEMME annunciata dagli oracoli dei profeti, quella Gerusalemme nei cui confronti innumerevoli sono le lodi che a lungo celebrano le profezie ispirate dallo spirito divino.

“Atque haec forsitan (33,2) fuerit recens illa ac NOVA JERUSALEM, …de qua in sacris voluminibus tot praeconia ab ipso divino spiritu pronuntiata leguntur.”

Prima di ogni altra cosa Costantino volle adornare il sacro speco, perché lo considerava come il CENTRO IDEALE DEL MONDO INTIERO: si, trattava, infatti del sepolcro grondante perenne memoria, del luogo che serbava il TROFEO DELLA VITTORIA che il nostro grande Salvatore aveva conseguita contro la morte, del divino sepolcro, presso il quale un giorno risplendette la luce dell’angelo che annunciò a tutti gli uomini la buona novella della rigenerazione rivelatasi attraverso il Salvatore:”

3.33.3 pe/ri makroiì lo/goi muri¿a di' e)nqe/ou pneu/matoj qespi¿zontej a)numnou=si: kaiì dh\ tou= panto\j wÐsper tina\ kefalh\n prw½ton a(pa/ntwn to\ i¸ero\n aÃntron e)ko/smei: mnh=ma d' hÅn ai¹wni¿ou mnh/mhj ge/mon, tou= mega/lou swth=roj ta\ kata\ tou= qana/tou perie/xon tro/paia, mnh=ma qespe/sion,

“Primum igitur sacram (33,3) illam speluncam, ut.. totius operis caput, exornavit. DIVINUM scilicet MONUMENTUM, iuxta quod olim coelesti luce radians angelus, regerenationem quae perservatorem ostendebatur, omnibus nuntiaverat.”

Monumento che testimoniava la vittoria.

th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn

tropeum victoriae

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-Analisi morfologico-linguistica Anche questa formula linguistica è particolare. Il contesto è il luogo del martirio salvifico e della costruzione della ‘nuova Gerusalemme.’

La funzione attribuita qui è quella di luogo di martirio che ha portato la salvezza e viene aggiunto un nuovo significato alla ‘nuova Gerusalemme’, ossia luogo di resurrezione, fatta costruire proprio lì in contrapposizione all’antica città.

Sembra insolito che Eusebio annunci la descrizione dell’edificazione di un santuario sul luogo della sepoltura di Cristo come la costruzione della ‘nuova Gerusalemme.’ Non solo ma dice anche che tale ‘città nuova ’ sarà in contrapposizione dell’antica città teatro di devastazioni subite in seguito alla morte del Signore. L’intento dell’autore è quello di far individuare al lettore che l’opera di edificazione non solo servì a monumentalizzare il luogo della morte e resurrezione del Signore, il sepolcro ‘simbolo dell’immortalità’, ma anche a far prendere coscienza ai fedeli e ai pagani che tale monumento diveniva testimonianza della vittoria conseguita dal Cristo sulla morte, e costituiva le fondamenta della ‘nuova Gerusalemme ’ ossia la Chiesa che nella sua forma materica veniva costituita da ‘pietre vive.’

1.3.21a th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn ‘TROPAEUM VICTORIAE’ (Liber III, 33.1)

-Analisi del sintagma In greco th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn In latino ‘…tropaeum victoriae, quam servator noster de morte retulerat, ambitioso cultu erexit.’

Refero, refers, retuli o rettuli, relatum, referre comp. di fero = conseguire, ottenere riportare. In italiano ‘monumento che testimoniava la vittoria ’ -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di questa formula linguistica è unica in tutto il testo eusebiano. In base ad alcuni riscontri (nell’indice analitico di tro/paion) si è pensato di far rientrare questo sintagma all’interno della categoria dell’area semantica di tro/paion, poiché molte volte il termine tro/paion112 è stato accostato ad aggettivi come nikhtiko\n in I,37; III, 2.2; IV,5.2 e ni¿khn legato a qana/toj in I,32.2. Dunque: in V.C. I, 32 tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj - ‘trofeo della vittoria sulla morte.’ Eusebio utilizza il termine nel contesto della spiegazione da parte dei sacerdoti, depositari della dottrina del Dio della visione, di chi fosse questo Dio e che cosa significasse il segno apparso in V.C. I, 37 to\ nikhtiko\n tro/paion - ‘trofeo del suo Dio, che dà la vittoria.’ Eusebio utilizza il termine nel contesto della collocazione del Trofeo-Labaron alla testa degli opliti e dei dorifori della scorta in V.C. III, 2.2 to\ nikhtiko\n tro/paion – ‘trofeo che gli garantiva la vittoria.’

112 Cfr. per le varie combinazioni acquisite da tro/paion § 3.2 p. 79s.

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Eusebio utilizza il termine nel contesto della esposizione del trofeo della vittoria in un dipinto ad encausto nel palazzo imperiale in V.C. IV, 5.2 to\ nikhtiko\n tro/paion – ‘trofeo vittorioso.’ Eusebio utilizza il termine nel contesto nuovamente della battaglia, nel IV libro, contro gli Sciti per sottometterli al dominio romano.

Così questa formula th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn, molto particolare, è utilizzata in un contesto di edificazione di un monumento-trofeo; per cui Eusebio dice che l’imperatore edificò la vittoria salvifica sulla morte, sul luogo della sepoltura del Cristo, intendendo riferirsi al monumento rappresentativo di questa vittoria conseguita dal Salvatore. Non viene specificato né descritto come debba essere tale monumento/trofeo in questo paragrafo, ma Eusebio dice che l’imperatore considerava il sacro speco ‘il centro del mondo intero.’ Dunque vi è il sepolcro e su questo viene edificato un monumento/trofeo non ben descritto.

In merito alla funzione attribuita, si è detto, vittoria sulla morte, definito come luogo sacro e centro del mondo intero.

Sicuramente per la ‘città antica e famosa’ si intende la Gerusalemme storica che fu scenario del ‘cruento assassinio del nostro Signore,’ e che ‘fu travolta fino a subire l’estrema devastazione.’ Gerusalemme, la città di Davide capitale e centro religioso di Israele con gli attributi quali: città di Dio, città santa il cui cuore era la montagna dove era costruito il tempio, considerata in Israele la metropoli futura del popolo messianico, luogo dove lo Spirito santo ha fondato la chiesa cristiana. In merito a th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn , possiamo dire che Eusebio una trasposizione semantica nell’utilizzare un termine che veniva adoperato in un linguaggio prettamente militare e pagano per indicare la vittoria che veniva conseguita in seguito ad una battaglia o una guerra, sia essa simbolica (politica, oratoria) oppure reale. Consideriamo che l’autore è un vescovo della Chiesa – Chiesa che stava acquistando forma e consistenza anche a livello dottrinale e teologico - che si serve di termini risemantizzandoli in un contesto nuovo, termini che avevano già una loro portata semantica ricca che qui rimane ma né acquista un altra: trofeo/monumento/vittoria risemantizzati in un contesto di dottrina cristologia. Qui in V.C. III, 33 viene ricordato il momento e il luogo stesso della Passione e Resurrezione di Cristo, luogo che si auspicava potesse diventare memoriale di tale evento con un opera grandissima come quella progettata da Costantino. L’autore continua dicendo: “forse non è errato identificare proprio in questo monumento la nuovissima Gerusalemme”.

La grande novità di Eusebio è nel definire il luogo della sepoltura e resurrezione del Salvatore come nuova Gerusalemme. Tale parola viene utilizzata più volte. L’autore decide di usare questa terminologia la nuovissima Gerusalemme.

Analizziamo il passaggio che definisce la nuova Gerusalemme. Consideriamo il confronto con il testo dell’Apocalisse proposto dal Tartaglia 113 nella sua analisi: Ap.21,2 a “Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.”

113 Tartaglia L.1984, V.C. III, 33.3 nota 90 pag. 142

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Consultando la Bibbia di Gerusalemme,114 relativamente ai passi dell’Apocalisse sulla Gerusalemme celeste, si nota un capitoletto il n.4 intitolato ‘La Gerusalemme Futura’ e subito dopo un primo piccolo sottotitolo ‘La Gerusalemme Celeste ’. La prima denominazione è molto interessante se consideriamo che sta ad indicare proprio quella metropoli futura messianica di cui si parlava sopra, ma nel testo vero e proprio dell’Apocalisse si parla di ‘nuova Gerusalemme’ che discende dal cielo e da Dio. Quindi è detta nuova e non celeste. Nuova Gerusalemme sia nell’Apocalisse che nel testo di Eusebio. Il passaggio che rende Gerusalemme nuova è la rinascita, se così si può dire, del luogo della sepoltura di Cristo. Non dimentichiamoci però che Eusebio molto chiaramente specifica che la nuova città si contrappone dinanzi alla città antica e questo semplicemente perché il Golgota era il luogo situato poco fuori le mura, al tempo in cui visse e morì Gesù Cristo.115 Di conseguenza ecco che la città di Gerusalemme acquista una nuova valenza alla luce dei fatti del 335 (Tav. XXXVII, XXXVIII)

Dal riferimento proposto dal Tartaglia continuiamo nell’analisi nelle pagine seguenti.

Ap.21,3: Udii allora una voce potente che usciva dal trono: Ecco la dimora di Dio con

gli uomini! (Ap.7,15-17). Egli dimorerà tra di loro (Ez.37,27) ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il ‘ Dio-con-loro’.

Ez.37,27: In mezzo a loro sarà la mia dimora: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le genti sapranno che io sono il Signore che santifico Israele quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre.

Ap.7,15a-17: “ e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro. Non avranno più fame, né avranno più sete, né li colpirà il sole, né arsura di sorta, perché l’Agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.”

Ap.21,10s “L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.” 116

Qui siamo, sempre consultando la Bibbia di Gerusalemme, nel secondo piccolo sottotitolo ‘la Gerusalemme messianica’ relativamente al passo dell’Apocalisse sulla Gerusalemme celeste, dove inizia la descrizione della città santa da parte di ‘uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli’ a Giovanni. Anche in questo contesto l’autore sottolinea la discesa dal cielo e da Dio della città santa, Gerusalemme. Eusebio era un conoscitore attento delle Sacre Scritture, dell’Antico e del Nuovo Testamento, e aveva un acuto intuito e discernimento nel saper leggere i fatti della storia, come quelli che stavano svolgendosi sotto i suoi occhi. La Parola delle Sacre Scritture si poteva compiere, il luogo della morte e resurrezione del Salvatore era il luogo designato come fondamenta della Chiesa nascente in forma si materica ma soprattutto simbolica. Pensiamo che Eusebio utilizzi come terminologia proprio quella di ‘nuovissima Gerusalemme ’ per rendere chiaro il collegamento con le sacre Scritture e in particolare con l’Apocalisse di Giovanni.

114 La Bibbia di Gerusalemme, ediz. Dehoniane Bologna. Ap.21, 2 p 2657 ss; cfr. CORSINI 1980 115 Cfr. tavole delle illustrazioni: piantina di Gerusalemme al tempo di Gesù Cristo, pp. 107-127. 116 CORSINI 1980.

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Ap.3, 12 b Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo. (Ez. 48,35).

Ez. 48,35 La città si chiamerà da quel giorno in poi: “Là è il Signore”. (Nota: in ebraico jahweh-sham.)

Il tempio dove Dio risiedeva nel cuore della Gerusalemme terrestre ora è scomparso. Ricordiamo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.c.

Il luogo del nuovo culto spirituale è ormai il corpo del Cristo immolato e risuscitato, e frutto di questo ragionamento è l’opera grandiosa progettata da Costantino ed Eusebio con l’approvazione del vescovo di Gerusalemme Macario

117: ‘il monumento che testimoniava la vittoria che il Salvatore aveva conseguita contro la morte.’

Luogo della sepoltura di Cristo / luogo della morte e resurrezione del Salvatore / ecco la dimora di Dio con gli uomini / santuario del Signore in mezzo a loro per sempre / l’agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore / la città santa, la nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da Dio / là è il signore.

1.3.21 b mnh=ma qespe/sion ‘DIVINUM MONUMENTUM’ (Liber III, 33.1-3) -Analisi del sintagma In greco mnh=ma to/jV = a) monumento, ricordo, segno;

b) monumento sepolcrale, lapide, arca, tomba. qespe/sion = divino.

Per cui, confrontando le tre colonne in italiano, greco e latino a si noterà: V.C. III, 33.1 Monumento che testimoniava la vittoria.

th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn

tropeum victoriae

V.C. III, 33.3 Trofeo della Vittoria Divino sepolcro

mnh=ma qespe/sion divinum monumentum.

In latino traduzione letterale divinum monumentum In italiano il Tartaglia traduce con ‘trofeo della vittoria’ e divino sepolcro. -Analisi morfologico-linguistica

Eusebio utilizza mnh=ma qespe/sion, divinum monumentum in riferimento non all’edificio ma alla sacra spelunca che Costantino adornò. Il sepolcro stesso grondante perenne memoria è il sacro speco considerato da Costantino il centro ideale del mondo intero. Questo avviene anche in V.C. III, 30.1 quando dice che “sacratissimae illius passionis monumentum” era celato da gran tempo sotto terra.118

117 TARTAGLIA 1984, V.C. III, 30.1 pp. 140-141. 118 Cfr. qui §1.3.19/20, V.C. III, 30.1.4.

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1.3.22 SACRO SPECO (Liber III C. XXXV - XXXVI - XXXVII – XXXVIII). L’autore fa un rinvio alla realizzazione dell’edificio costruito sul sacro speco: Fu adornato con colonne di gran pregio e sommo sfarzo. La zona all’aperto fu ricoperta di lucida pietra. Viene applicata la teoria dei porticati su tre lati. Al lato opposto alla caverna che guardava ad Oriente era congiunta la basilica. L’interno rivestito con piastre di marmo policromo, la superficie esterna è rivestita con pietra levigata. All’interno il soffitto intagliato a cassettoni ricoperto in oro splendente cosicché tutto il tempio scintillasse come per i raggi della luce. Su entrambi i lati la duplice fila di un doppio porticato, disposta su due piani per tutta la lunghezza del tempio. Anche la volta del colonnato era tutta ricoperta in oro. Il porticato sulla facciata esterna della basilica poggiava su colonne gigantesche e tre porte erano ottimamente orientate verso Levante. Il centro di tutto l’edificio era l’emisfero, collocato all’estremità opposta della basilica; lo recingevano dodici colonne, la sommità di ognuna delle colonne recava l’ornamento di un grandissimo cratere d’argento. (Tav. XXXIX a e b, XL, XLI, XLII, XLIII, XLIV).

1.3.23 to\n newÜn swthri¿ou a)nasta/sewj e)narge\j a)ni¿sth martu/rion basileu/j

SALUTIFERAE RESURECTIONIS TESTIMONIUM Liber III, 40.

“Questo fu il santuario che l’imperatore fece erigere per offrire una testimonianza visibile della risurrezione del Salvatore..” 119

To/n de me\n ouÅn to\n newÜn swthri¿ou a)nasta/sewj e)narge\j a)ni¿sth martu/rion basileu/j,

“Hoc igitur templum tanquam salutiferae resurrectionis testimonium imperator exstruxit..”

-Analisi del sintagma In greco martu/rion, ou to/ = a) testimonianza, prova b) martirio. In latino salutiferae resurrectionis testimonium In italiano ‘una testimonianza della nuova salvifica resurrezione del Salvatore.’ -Analisi morfologico-linguistica La formula linguistica è molto particolare indica il luogo che svolge la funzione di testimonianza visibile della resurrezione del Salvatore. Eusebio nel parlare del luogo del sacro speco usa diverse formule linguistiche 120: in V.C. III,30.1 Monumento della sua santissima passione, in V.C. III, 30.4 Testimonianza della passione salvifica, e qui in V.C. III, 40 Testimonianza della resurrezione del Salvatore. In Eusebio tutto ciò non assume alcuna contraddizione ma può essere inteso come una maggior chiarificazione per il lettore di quanta valenza simbolica quel sacro speco possa assumere nell’ottica della nuova ‘mistica imperiale-cristiana’, come segno ‘iconico’ di una manifestazione divina.

119 Tartaglia, 1984, nota 77 pag.190: consacrazione della chiesa del S. SEPOLCRO-17 sett. 335. 120 Cfr qui §1.3.19/20, V.C. III, 30.1-4.

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1.3.24 to\ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon ‘SIGNUM DOMINICAE PASSIONIS’ Liber III, 49

“Tanto grande era l’amore divino che aveva pervaso l’animo dell’imperatore, che nello stesso palazzo imperiale, nella sala che tra tutte è la più splendida, giusto nel mezzo di un grandissimo riquadro che si apre nel centro del soffitto a cassettoni tutto ricoperto di oro, fu inciso il SIMBOLO della PASSIONE SALVIFICA, risultante dall’accostamento di pietre preziose dei più diversi colori incastonate nell’oro massiccio. A quanto sembra, questa immagine della croce fu eseguita per volontà dell’imperatore caro a Dio perché servisse da salvaguardia in difesa dell’impero.”

Eiådej d' aÄn e)piì me/son a)gorw½n keime/naij krh/naij ta\ tou= kalou= poime/noj su/mbola, toiÍj a)po\ tw½n qei¿wn logi¿wn o(rmwme/noij gnw¯rima, to/n te Danih\l su\n au)toiÍj le/ousin e)n xalk%½ peplasme/non xrusou= te peta/loij e)kla/mponta. tosou=toj de\ qeiÍoj eÃrwj th\nbasile/wj kateilh/fei yuxh/n, wj e)n au)toiÍj toiÍj a)nakto/roij tw½n basilei¿wn, kata\ to\n pa/ntwn e)coxw¯tatonoiåkon th=j pro\j t%½ o)ro/f% kexruswme/nhj fatnw¯sewj kata\ to\ mesai¿taton, megi¿stou pi¿nakoj a)nhplwme/nou me/son e)mpeph=xqai to\ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolone)k poi ki¿lwn sugkei¿menon kaiì polutelw½n li¿qwn e)n xrus%½ poll%½ kateirgasme/nwn. fulakth/rion de\ dokeiÍ tou=to au)th=j basilei¿aj t%½ qeofileiÍ pepoih=sqai.

“Tantus porro divini numinis amor imperatoris animum occupaverat, ut in totius palatii eminentissimo cubiculo, in maxima tabula, quae in medio lacunaris in aurati expansa est, SIGNUM DOMINICAE PASSIONIS ex auro pretiosisque lapidibus elaboratum infixerit. Atque hoc tanquam praesidium ac tutelam imperii, piissimus princeps statuisse mihi videtur”

-Analisi del sintagma In greco to\ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon In latino viene tradotto con segno della passione del Signore. In italiano ‘simbolo della passione salvifica.’ -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di su/mbolon è molto ben definita grazie all’accostamento con aggettivi quali swthri¿on e pa/qoj. E’ la seconda volta che to\ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon viene utilizzato da Eusebio. La prima volta è stato in II, 4.2 dove il contesto era quello della battaglia contro Licinio dove Costantino si preparava allo scontro con accanto le insegne del suo Dio e l’appoggio dei sacerdoti come consiglieri, e la funzione del simbolo era quella di essere l’unica guida per il suo esercito 121. Per il rinvio alla resa in immagine, anche se non suggerito da Eusebio ma ricavato dal simbolo della formula salvifica di I,31, il riferimento era probabilmente al monogramma del ‘Nome’ di Cristo posto sulla sommità del Labaron. Qui in III,49 la forma dell’espressione della formula linguistica rimane invariata, ciò che cambia è il contesto per cui qui il sintagma viene utilizzato

121 Sul valore di propiziare la vittoria come un fulakth/rion, Cfr. ind. anal.dei temi, p. 94s; CECCHELLI 1954, p.47. Cfr. Anche qui § 3.3.

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per indicare ciò che fu inciso al centro di un soffitto nella sala più importante del palazzo imperiale. La funzione anche cambia, per cui la presenza del simbolo serve a svolgere funzione di fulakth/rion per l’impero. Per la realizzazione in immagine, qui Eusebio ci da delle indicazioni abbastanza precise. Il su/mbolon fu inciso in un riquadro al centro di un soffitto a cassettoni ricoperto in oro, nella sala più splendida del palazzo imperiale, e la materia di espressione, sul piano figurativo, di questo simbolo era costituita dalla materia ‘iconica’ 122 delle pietre preziose incastonate nell’oro. Ora l’unica cosa su cui Eusebio rimane oscuro è la forma dell’espressione, sul piano figurativo, ossia non ci dice se il to\ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon sia raffigurato in forma del Chrismon costituito dalle prime due lettere X e P del ‘Nome’ di Cristo all’interno di una corona laureata oppure del segno cruciforme–croce ‘gemmata’. Entrambi comunque i modi della raffigurazione esaltano la potenza del ‘segno’ di Cristo Lo/goj Incarnato visibile ed evidenziano, ai fruitori di quelle sale, la predilezione che il Cristo ha fatto dell’imperatore Costantino. (Tav. XLV, XLVI, XLVII).

1.3.25 te to\ nikhtiko\n tro/paion ‘TRIUMPHALI SIGNO AC TROPAEO’ Liber IV, 5.2

“..pertanto, fiducioso nel suo Salvatore, protese anche contro questi barbari il TROFEO VITTORIOSO DELLA CROCE..”

ou)k hÅn d' aÃra ouÂtoj basileiÍ forhto\j o( lo/goj, ou)de\ t%½ nikhtv= kalo\n e)nomi¿zeto ta\ iãsa toiÍj eÃmprosqen prosfe/rein, t%½ d' au)tou= e)pi qarrw½n swth=ri to\ nikhtiko\n tro/paion kaiì tou/toij e)panatei¿naj,

“..itaque, servatori sui (5,2) auxilio fretus, TRIUMPHALI SIGNO AC TROPAEO in eos etiam illato..”

-Analisi del sintagma In greco to\ nikhtiko\n tro/paion 123

In latino Il traduttore ha preferito rendere con trofeo e segno vittoriosi In italiano ‘trofeo vittorioso della croce’ aggiungendo il termine croce. -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di tro/paion è definita da nikhtiko\n. La stessa formula linguistica è stata utilizzata dall’autore per tre volte: all’inizio dove il contesto era quello della posizione in V.C. I, 37 del trofeo alla testa dei dorifori e degli opliti

come guida potente dell’esercito; nel centro del testo dove il contesto era quello del dipinto ad in V.C. III, 2.2 encausto sul soffitto dell’ingresso del

palazzo imperiale; infine qui dove il contesto è quello di nuovo della in V.C. IV, 5.2 battaglia contro i barbari nemici dell’impero. In merito all’attribuzione di una funzione, viene riconfermata quella di difesa dell’impero. Difatti il contesto si riferisce all’episodio di Costantino che sottomette al dominio romano gli Sciti.

122 CASARTELLI NOVELLI 1983, pp. 89-98 e 150-181. 123 Cfr. § 1.3.6 p. 59s e § 1.3.16 b, p. 87; Cfr. § 3.2 per le combinazioni varie di tro/paion p. 79s.

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Poiché siamo in un contesto di battaglia, in merito al rinvio all’immagine, si può ipotizzare dall’analisi sin qui svolta che Eusebio prediliga il termine tro/paion nel contesto della battaglia per indicare, nella realizzazione del nuovo vexillum imperiale, l’iconema-fulcro rappresentato dal ‘segno’ della visione, come sigillo del Dio cristiano.

1.3.26 e)kklhsi¿aj qeou= ‘IN PALATIO ECCLESIAM DEI CONSTITUIT ’ Liber IV, 17.1

“..l’indizio che lascia intuire la straordinaria religiosità di Costantino…egli nel palazzo imperiale volle riprodurre come l’immagine di una chiesa…”

Ske/yaito d' aÃn tij ta\ tou/twn semno/tera, diagnou\j wj e)n au)toiÍj toiÍj basi lei¿oij e)kklhsi¿aj qeou= tro/pon die/qeto,

“..qualiter ille in palatio quondam velut Ecclesiam Dei constituit.”

Eusebio nel V.C. IV, 8 afferma che Costantino si assunse il compito di comune protettore dei cristiani di ogni parte della terra. Inoltre ci garantisce le sue affermazioni riportando alcune epistole dell’imperatore come in V.C. IV, 9. Eusebio in V.C. IV, 15.1 riporta che nell’imperatore tanto era radicata ormai la convinzione, o se vogliamo, la fede nella potenza del Dio che gli si era rivelato, da far incidere la propria immagine sulle monete auree nell’atteggiamento di orante, ossia nell’atteggiamento di chi prega con le palme delle mani rivolte verso il Signore. Nel paragrafo in questione, l’affermazione di Eusebio - volle riprodurre come l’immagine di una chiesa - risulta molto particolare poiché dichiara che Costantino, ormai forte nella sua fede in Cristo, all’interno del palazzo imperiale, si adoperava ferventemente per la Chiesa: guidava la preghiera di chi si riuniva a celebrare i riti del culto, prendeva i Libri delle Sacre Scritture, e si dedicava alla meditazione della parola divina. Ci chiediamo che cosa intendesse Eusebio quando dice che volle riprodurre come l’immagine di una chiesa nel palazzo imperiale. In V.C. III, 49 l’autore dice che nel palazzo imperiale, nella sala che fra tutte era la più splendida fu impresso (scolpito) salutaris passionis signum124 costituito da pietre preziose incastonate nell’oro massiccio, nel centro del soffitto a cassettoni, anch’esso in oro. Qui ci chiediamo quale fosse questo palazzo imperiale. Il palazzo di cui Eusebio parla sembrerebbe essere quello di Costantinopoli. Anche in V.C. III, 3.1 parla di un quadro ad encausto che Costantino volle che fosse collocato in alto davanti all’ingresso principale del palazzo imperiale, raffigurante il trofeo della vittoria, il segno salvifico che sormontava il capo dell’imperatore,125 sulla cui forma dell’immagine Eusebio non dà precisazioni ma che sicuramente trovava nel ‘Nome’ di Cristo il suo significatum. Il palazzo imperiale di cui parla potrebbe essere sempre quello di Costantinopoli. Come abbiamo già accennato, Tartaglia126 nel suo testo riporta che secondo Dragon possa trattarsi della porta monumentale (più tardi denominata Chalkè) della reggia di Costantinopoli.

124 Cfr.qui § 1.3.24, V.C. III, 49. 125 Cfr.qui §1.3.16 b/17, V.C. III, 3.1. 126 TARTAGLIA 1984, nota 18 p.122, nota 118 p. 149. DRAGON ‘Naissance d’une capitale.

Constantinople et ses institutions de 330 à 451(Bibliothèque Byzantine, Et. VII)

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1.3.27 to\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon 'SALUTARIS TROPAEI SIGNUM’

Liber IV, 21 “Anche sulle armi fece riprodurre il SIMBOLO DEL TROFEO SALVIFICO, vietando che l’esercito schierato venisse preceduto, secondo l’uso d’un tempo, dalle effigi auree degli dèi: ciò fu consentito unicamente al TROFEO SALVIFICO della CROCE.

ãHdh de\ kaiì e)p' au)tw½n tw½n oÀplwn to\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon katashmai¿nesqai e)poi¿ei, tou= te e)no/plou stratou= propompeu/ein xrusw½n me\n a)galma/twn, o(poiÍa pro/teron au)toiÍj eÃqoj hÅn, to\ mhqe/n, mo/non de\ to\ swth/rion tro/paion.

“Quinetiam in ipsis armis, SALUTARIS TROPAEI SIGNUM jussit effingi utque ante instructum armis exercitum non aurea signa et simulacra, ut antea moris erat, sed solum CRUCIS TROPAEUM praeferretur mandavit.”

-Analisi del sintagma In greco ‘ to\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon 127

In latino traduzione fedele anche se to\ su/mbolon viene reso con signum. In italiano ‘simbolo del trofeo salvifico.’ -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di su/mbolon è molto ben definita da aggettivi quali tropai¿on e swthri¿on; è l’unica volta che questa formula linguistica viene utilizzata nel testo, essa è composta dall’unione di due figure verbali diverse tropai¿ov e su/mbolon che fino ad ora erano rimaste ben distinte. Il trofeo salvifico viene indicato da Eusebio (V.C. II, 9.2) in tutti i contesti di battaglia del II libro, come quel ‘segno’ posto sulla sommità dell’asta cruciforme raffigurante il sigillo del ‘Nome’ di Cristo. Qui Eusebio dice che il simbolo di questo trofeo viene riprodotto anche sulle armi dell’esercito. Dove la voce armi potrebbe essere riferita probabilmente agli scudi. 128 (Tav. XXI, XXII). Vi sono due ordini di problemi che restano aperti: - quale sia la forma e materia dell’espressione, sul piano figurativo, del simbolo del trofeo salvifico posto sulle armi. Dunque nonostante si sia giunti ad un’isomorfia semantica 129, per il rinvio all’immagine vi è una sorta di polisemia figurativa. Per cui Eusebio non dice se sulle armi sia stato riprodotto:

- il Chrismon costantiniano nella formula eusebiano: “Duae litterae, nomen Christi primis apicibus designabant, lettera, P, in medio sui decussata.”

- o la croce monogrammatica definita da Lattanzio 130: “Fecit ut iussus est et transversa X lettera <I> summo capite circumflexo, Christum in scutis notat.”

Tuttavia vi è anche un altro punto che rimane poco chiaro. Eusebio usa il termine di ‘armi’ quindi non sappiamo con esattezza se si riferisca agli scudi - come invece dichiara con maggior esattezza Lattanzio - oppure genericamente ad ogni sorta di armi.

127 Cfr. per varie combinazioni acquisite da tro/paion §3.2.6 p. 79s. Cfr. qui §1.3.4, V.C. I, 31.1

e §1.3.8, V.C. II, 4.2 e § 1.3.24, V.C. III, 49, anche §3.3. 128 Cfr. § 1.3.4/4 a, V.C. I, 33.1; Cfr. qui introduzione B2, p. XI-XIII. 129 Cfr per i casi di isomorfia semantica § 3.4 p. 82s. 130 EUS. V.C. I, 33.1 p.50 e LACT. ‘De mortibus’ 44,5

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Come abbiamo già accennato nel § 1.3.4b131 sulla questione di ‘mettere alla testa di tutti gli eserciti altri oggetti simili al ‘segno salvifico’ descritto da Eusebio, qui si trova conferma di quanto dice il Crivellucci quando afferma che Costantino vietò che l’esercito fosse preceduto dalle effigi degli dei pagani militares o bellorum, desiderando che il solo to\ swth/rion tro/paion andasse innanzi e guidasse le truppe schierate per la battaglia, propiziando la vittoria e rappresentando un fulakth/rion per tutto l’impero romano.

1.3.27a to\ swth/rion tro/paion ‘SALUTARE CRUCIS TROPAEUM’ (Liber IV C. XXI)

Eusebio ripropone qui la necessità di far precedere l’esercito schierato per la battaglia, solamente dal to\ swth/rion tro/paion vietando che ciò accadesse, secondo l’uso d’un tempo, per le effigi auree degli dèi pagani.132

-Analisi del sintagma In greco to\ swth/rion tro/paion In latino crucis tropaeum In italiano traduzione fedele al testo greco ma con l’aggiunta della voce ‘croce’. -Analisi morfologico-linguistica L’area semantica di tro/paion è qui definita da swth/rion. Questa formula linguistica è stata molto usata da Eusebio. 133

Trofeo preparato e condotto in battaglia alla testa dei dorifori degli opliti e di tutto l’esercito, trofeo innalzato in prima linea nei luoghi più difficili della battaglia poiché non era considerato un elemento rappresentativo ma un fulakth/rion potente in battaglia contro i nemici dell’impero e di Costantino a cui Dio stesso ha scelto di rivelarsi e di manifestare il suo favore.134

L’aggiunta apportata sia in latino che in italiano, potrebbe lasciar intendere che gli traduttori abbiamo voluto riferirsi per trofeo proprio al Labaro costantiniano di cui Tartaglia135 parla nel suo libro e che corrisponderebbe al complesso segno del trofeo costituito dal simbolo del ‘Nome’ di Cristo collocato in cima ad un’asta cruciforme secondo l’usuale iconografia romana imperiale militare.136

Ricapitolando. La stessa formula linguistica to\ swth/rion tro/paion la incontriamo: All’inizio in V.C. II, 6.2-7-9 il contesto è quello della battaglia e la

II, 16 funzione è quella di mettere in fuga i nemici nei punti deboli del combattimento.

Nel centro del testo

131 Cfr. § 1.3.4b, V.C. I, 31.3, in part. n. 52 p. 33. 132 Ibidem; V.C. I, 37; II, 6.2; II, 7; II, 9.2; FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953, p.17 n.81p.85; CRIVELLUCCI,

‘L’origine’, pp. 88-104 e 222-260. 133 Cfr. i paragrafi relativi al II libro, pp. 41-50, ed anche Indice Numerico dei Lessemi e Dei

Sintagmi p. 90s; Cfr. per le varie combinazioni acquisite da tro/paion § 3.2 p. 79s, in part. § 3.2.4. 134 Sul valore di propiziare la vittoria come un fulakth/rion , Cfr. ind. anal.dei temi, p. 94s,

anche CECCHELLI 1954, p.47. 135 TARTAGLIA 1984; V.C. III, 3.1 N 17 pag.122, e V.C. I, 31.2 N 82-83-84 pag. 60-61 per il labaro

costantiniano. 136 CONTI 1998-1999.

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in V.C. III, 2.2 nel dipinto ad encausto nell’ingresso del palazzo imperiale dove il trofeo salvifico è posto sul capo dell’imperatore.

Infine qui in V.C. IV, 21 dove il contesto che ritorna è quello della battaglia in

cui Eusebio dichiara che la sola presenza consentita tra tutte le possibili effigi auree divine, è quella sovrana del ‘segno’ della visione.

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IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE ROMANO: IL LABARON COSTANTINIANO

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CAPITOLO 2 IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE ROMANO, to\ nikhtiko\n tro/paion.

2.1 __ IL LABARON COSTANTINIANO. __

Come abbiamo già esposto in precedenza il labaro originario costantiniano fu arricchito rispetto alla sua forma iniziale: fu istituito da Costantino, all’indomani della visione e del sogno, per essere innalzato poi, a partire dal 312.X.28, innanzi al suo esercito, nei punti nevralgici delle battaglie, nonché nei luoghi della battaglia di maggior debolezza.

Il nikhtiko\n tro/paion era come un fulakth/rion capace di suscitare la vittoria e con la sua forza preservava coloro che lo portavano e metteva in fuga i nemici. Dal passo della V.C. I, 31 apprendiamo che:138 la sua foggia era costituita da: un’ asta lunga (u(yhlo\n do/ru) rivestita di oro (xrus%½ kathmfiesme/non) aveva nella parte alta una traversa a forma di croce (staurou= sxh/mati pepoihme/non) al sommo di tutto era collocata una corona intessuta da pietre preziose ed oro (ste/fanoj e)k li¿qwn polutelw½n kaiì xrusou= sumpeplegme/noj), su di esso, due lettere (du/o stoixeiÍa to\ Xristou= paradhlou=nta oÃnoma) indicanti il nome di Cristo, mostravano (rivelavano, u(pesh/mainon) per mezzo delle prime impronte, il ‘simbolo del nome salvifico’ (dell’appellazione salvifica kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon) disponendo in forma di X (xiazome/nou tou= r(w½ kata\ to\ mesai¿taton:, da xiazw = dispongo o segno in forma di X; in latino ‘decussare’ ) con il P sopra nel mezzo.

Fin qui il labaro che, secondo noi, appoggiando la tesi di altri autori come il Franchi dè Cavalieri, 139 fu quello che venne posto alla testa dei dorifori ed opliti dell’esercito costantiniano nelle sue battaglie, a partire da quella affrontata e vinta nei pressi delle rive del Tevere a Saxa Rubra 312.X.28. In un secondo momento, non precisato dall’autore, ma sicuramente in una data che potrebbe essere quella a partire dal 324 in poi, furono apportate delle modifiche al trofeo vittorioso della croce.

Quindi continuando dal passo di I, 31.2: al braccio traverso, infisso nell’asta, un drappo pendente, stava sospeso (o)qo/nh), un tessuto regale (basiliko\n uÀfasma) coperto (combinato, congiunto) con una varietà di pietre preziose (polutelw½n li¿qwn) intrecciate, sfavillanti come raggi di luce, avvolto con molto oro intessuto (poll%½ te kaqufasme/non xrus%½), a coloro che osservavano offriva un avvenimento di indescrivibile bellezza. Questo tessuto unito al braccio trasversale, aveva le stesse misure sia in altezza che in larghezza.

Non si conosce l’anno esatto in cui l’imperatore mostrò al vescovo il to\ nikhtiko\n tro/paion, il nuovo stendardo imperiale nella sua forma definitiva, dopo la vittoria del 324 su Licinio, adorno del supparum e delle immagines di Costantino e dei suoi figli, 140 ma sappiamo che avvenne come ci racconta Eusebio in V.C. I, 30. potuto incontrare Costantino , come si evince dalla V. C., sono: V.C. III, 10 durante il concilio tenuto a Nicea nella sala centrale del palazzo imperiale, inaugurato il 325.V.20; V.C. IV, 47 durante il secondo concilio convocato dall’imperatore a Costantinopoli nel 336).

138 Cfr. qui V.C. I, 31.1-2. 139 FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953; FRANCHI DÈ CAVALIERI 1913. 140 CASARTELLI NOVELLI 1987, pp.55-56. FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953, pag. 27, secondo il quale il

vescovo di Cesarea sembra abbia visto il labaro nella reggia di Costantinopoli non prima del 325, forse nel 336, al tempo del concilio di Costantinopoli, quando senza dubbio il labaro era ornato delle immagini dei tre Cesari successori del padre, Costantino II, Costanzo II e Costante.”

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IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE ROMANO: L’ o)qo/nh

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2.2 __ L’ o)qo/nh __

Il termine utilizzato da Eusebio o)qo/nh, hj, h, a) =tela, lino, tela sottile per veste muliebre, trama; b) vela, designa una stoffa fine. In questo caso potrebbe far supporre, per l’accostamento ad un alta asta (do/ru, che in greco designa = albero, fusto d’albero, tronco d’albero, asta della bandiera insegna) all’immagine di una vela di una nave pendente dall’albero principale141. I vessilli imperiali in generale e romani nello specifico, erano costituiti da un supparum che sicuramente era arricchito da ricami in oro e la tela che lo componeva era di color porpora, nella maggior parte dei casi.142 Sulla sommità dei vessilli imperiali pagani, campeggiava di solito, l’immagine o di qualche divinità o per lo più una mano, un’aquila o qualche altro animale simbolico o una cuspide. 143

La grande diversità del supparum del vexillum costantiniano era nella grande profusione di pietre preziose da cui il drappo era tempestato, intrecciate in modo tale da far rifulgere di luce staurou= tro/paion.

Così to\ nikhtiko\n tro/paion, per quanto riguarda la materia dell’espressione, si rivestì delle materie dell’oreficeria preziosa per omologia semica con la macro-oreficeria acheropita della Gerusalemme messianica giovannea, secondo la lectio antimillenaristica dell’Apocalisse, sostenuta dal vescovo di Cesarea,144 per quanto riguarda la forma dell’espressione, fu operata una ricodificazione e una ambiguazione di elementi di diversa natura, militare quali gli stendardi imperiali, simbolici quali il segno del ‘Nome’ con le lettere sacre, su più livelli, sempre nelle materie dell’oreficeria preziosa, realizzata con gemme e perle.

Furono ricodificati i simboli della croce monogrammatica e del chrismon presenti già nella simbolica dei testi sacri e degli ambienti cimiteriali, occupando il posto di onore rispettivamente notati sugli scudi dell’esercito dell’imperatore Costantino, come apprendiamo da Lattanzio,145 e collocati in cima all’asta crucigera, nella inventio del Labaron costantiniano-eusebiano risemantizzando la forma del vexillum militare imperiale romano pagano (V.C. I, 31.1-2). Immagini-segni sovraconnotati la cui caratteristica è la alta polimorfia e polisemia, capaci di organizzare simboli e ideogrammi preesistenti nella complessa modellizzazione e codificazione della nuova iconografia cristiana ribattezzata romana e di tutto l’impero, per restituire al Senato e al Popolo romano l’antico prestigio e splendore (V.C. I, 40.2), con l’avvento di Costantino ed Eusebio e con il suo programma politico-imperiale che vedeva come fulcro portante del nuovo impero il to\ swth/rion shmeiÍon come presidio del potere.

141 Per la traduzione dei termini, si utilizza il Vocabolario di greco – italiano, Rocci. Il richiamo alla

figura della nave, uno dei primissimi simboli utilizzati dal cristianesimo primitivo, è possibile in due contesti, sia in questo caso con il supparum, per il quale l’autore utilizza il termine greco di o)qo/nh, sia in alcuni carmina inviati a Costantino da Optaziano Porfirio, nel 326, in cui il monogramma di cristo è detto come già noto e solenne PORFIRIO OPTAZIANO carmina 4, 8, 9, 14, 16, 19, 24, ad es. c.19: il celeste signum, signum immortale, cioè il tropaeum piantato nel mezzo della mistica nave, al posto dell’albero, altro non è che il monogramma X P. Cfr. a tale riguardo PL, 17, 723b, PS AMBROS. Sermo 47,2.

142 Per le varie specie di insegne dell’esercito imperiale nella seconda metà del IV secolo, cfr le indicazioni in S. GREGORIO NAZANZIENO, Orat. 4, in Julian. 1, 66 (PG, 35, 588b) a. 365 (seconda metà IV sec.). FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953, nota 81 p. 85.

143 CONTI 1998-1999. 144 CASARTELLI NOVELLI, la croce; Casartelli 1987. 145 Cfr. qui INTRODUZIONE B1, p. X-XII; LACTANTIUS, De mort. persec., 44.

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IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE ROMANO: L’ o)qo/nh

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Vorremmo precisare, senza particolare approfondimento in questo contesto, che Eusebio non specifica quale sia il colore del supparum, non dice se è di porpora come di solito usano essere quelli romani. L’Autore parla di tessuto regale (basiliko\n uÀfasma), e se pensiamo che in V.C. IV, 62 utilizza il termine di βασιλικα per indicare gli abiti candidi indossati dal neo battezzato Costantino, possiamo ipotizzare, che probabilmente anche l’o)qo/nh di cui parla in riferimento al drappo del labaron possa essere stato quindi non di porpora ma bianco come il bisso o il lino pregiato che il termine stesso rappresenta e richiama.

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IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE ROMANO: LE IMAGINES

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2.3 __ LE IMAGINES. __

Sappiamo dalle fonti che il vexillum imperiale soleva portare effigiate le immagini dei principi regnanti, Augusti e Cesari. Ad esempio, nell’arco degli argentari a Roma vediamo le aste delle insegne pretoriane portare in alto il supparum e più in basso le immagines clipeate di Settimio Severo e dei suoi figli Caracalla e Geta (quest’ultimo ritratto fu scalpellato in seguito alla damnatio memoriae). In merito ad altre aggiunte prodotte sul Labaron, riprendiamo il passo della V.C. I, 31, 1-2. L’ asta eretta (to\ d' oÃrqion do/ru) che di molto si allungava dall’inizio alla base, in alto (aÃnw mete/wron) sotto il trofeo della croce (u(po\ t%½ tou= staurou= tropai¿%)presso la sommità del drappo descritto (pro\j au)toiÍj aÃkroij tou = diagrafe/ntoj u(fa/smatoj), recava l’immagine dell’imperatore caro a Dio, (th\n tou= qeofilou=j basile/wj ei¹ko/na xrush=n ) ornata d’oro fino al petto, con quella dei suoi figli.

Alla fine della descrizione del tessuto regale, Eusebio si accinge a spiegare la posizione delle imagines di Costantino e dei suoi figli. Su analisi attenta del testo in greco di Eusebio, si ricava che la posizione delle ei¹ko/na non è affatto sul tessuto regale, poiché la descrizione del drappo è appena conclusa, ma è direttamente sull’asta eretta, in uno spazio di risulta che va da sotto il trofeo della croce e la sommità del drappo descritto. Il fatto di considerare le imagines sul drappo, o comunque nella parte inferiore dell’asta è dovuta probabilmente dall’essere stati ingannati dal termine di trofeo della croce e dai modelli già presenti nell’arte romana

Quindi le imagines si trovano nella parte alta dell’ oÃrqion do/ru poco sotto la corona in cui campeggia il monogramma di Cristo e sopra il bordo superiore del drappo. Che le immagini siano collocate sull’asta eretta e non sul drappo, lo vediamo confermato dal testo stesso, notando che il soggetto del verbo efere non è l’ o)qo/nh ma oÃrqion do/ru.

Molti autori tra cui il Franchi dè Cavalieri si chiedono se i ritratti siano separati o tutti raccolti in uno solo. Tornado al testo greco di Eusebio, egli usa il termine plurale di εικονα ma non specifica se siano distinti, oppure raccolti insieme. Così sarà molto difficile poterlo stabilire con certezza.

Vi è un’ altra mancata precisazione, se così vogliamo dire, pur tenendo conto che l’obiettivo prefissato di Eusebio nel racconto non era quello di trasmetterci i dettagli degli oggetti in questione. Ci si chiede a quali figli dell’imperatore Eusebio si riferisse, e la risposta da ricavare sta nel fatto di aver informazioni nebulose anche sulla data in cui Eusebio ebbe modo di vedere il Labaron.146

Se la data fosse da dopo la vittoria su Licinio nel 324, i ritratti dei figli elevati alla dignità di Cesari e rappresentati accanto al padre sul Labaron, potrebbero essere quelli di Crispo e Costantino II (elevati alla dignità di Cesari nel 317), oppure, morto Crispo, quelli di Costantino II e Costanzo II (quest’ultimo divenuto Cesare nel 323), oppure quelli di Costantino II, Costanzo II e Costante (dal 333, anno in cui divenne Cesare Costante).147 Alcuni autori

146 Cfr. qui n. 140, p.70 e p. 73 ed anche n.49. 147 Sulla problematica relativa alla questione della istituzione del labaron, la datazione, le sue

aggiunte, le immagines, e le opinioni di vari autori, cfr. FRANCHI DÈ CAVALIERI 1953, p. 26s.

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IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE ROMANO: LE IMAGINES

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come Maurice, ritengono che i medaglioni riproducono i ritratti dei figli dal momento della loro elevazione a Cesari, avvenuta per i primi figli di Costantino nel 317, quindi stabiliscono anche un terminus post quem, in base a ciò, per la datazione del labaro nella sua fase definitiva.

Secondo l’analisi accurata svolta sui passi del testo di Eusebio riteniamo di poter essere concordi con Franchi dè Cavalieri148, di poter mantenere distinta la data dell’origine del làbaron dalla data in cui Eusebio vide il trofeo della vittoria e di non poter giungere ad alcuna certezza su quali siano i figli che furono rappresentati accanto al padre. Potremmo solo azzardare delle ipotesi, tenendo conto delle riflessioni di Franchi dè Cavalieri, e dire che se Eusebio vide il trofeo della vittoria, probabilmente, come dice l’autore sopra citato, nel 336 al tempo del concilio di Costantinopoli, allora le immagines dei suoi paidej sono quelle di Costantino II, Costanzo II e Costante.

148 Cfr. qui nota precedente.

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IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE: IL TROFEO INNANZI

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2.4 __ IL TROFEO INNANZI __ Come afferma Conti 149, vi è un continuum tra l’epoca pagano-imperiale e quella cristiana. Il vexillum imperiale romano – albero-croce – è il punto di partenza della trasformazione in trofeo-croce d’impronta cristiane e imperiale da Costantino. Naturalmente alcuni elementi mutano, come l’inserimento del chrismon, e cambia il significato profondo dei segni, il loro portato semantico. Il trofeo ha un significato molto antico prettamente d’appartenenza militare ed ogni volta che viene riutilizzato in un sistema culturale che muta, cambia anche i suoi significati ..150 Mentre nel mondo greco, ottenuta la vittoria, il trofeo veniva dedicato ad un Dio, qui nella Vita Constantini è il Dio stesso che si fa garante della vittoria mostrandosi in visione/sogno a Costantino enunciando che nel segno del suo ‘Nome’ avrà la vittoria, non solo nelle battaglie ma anche nella realizzazione del progetto di unificazione dell’impero sotto l’autorità di un unico imperatore, Costantino. Dal racconto di Eusebio si evidenzia che la forma della realizzazione del Labaron è del tipo antropomorfo, così come afferma Conti, a manichino sfruttando un’asta alta – una stulis – a figura di croce come la forma della figura umana. In greco una stulis è un’asta lignea lunga con un’asta trasversale a cui veniva appoggiato il drappo.

149 CONTI 1998-1999. 150 CASARTELLI 1983.

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IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE: H.E. E V.C. LA STATUA CON L’ASTA

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2.5__ HISTORIA ECCLESIASTICA E VITA CONSTANTINI. LA STATUA CON ASTA. DIFFERENZA TRA ASTA DELLA STATUA E LABARON.__

L’opera della Historia Ecclesiastica.9, 9.10, la cui stesura risale al 324 antecedente al concilio di Nicea, non fa riferimento alla visione, né alla invenzione e istituzione del labaro, ma ricorda la statua di Costantino elevata nel Foro romano, nel luogo più frequentato della città, in onore e ricordo della vittoria ottenuta contro Massenzio.

H. E. 9, 9.10-11: immediatamente diede ordini che un memoriale della passione del Salvatore fosse sistemato nella mano della sua statua. E quando lo posero nel luogo più frequentato in Roma con nella mano destra il segno del Salvatore, egli comandò di scolpire questa iscrizione con queste parole in latino: << Hoc salutari signo quod verae virtutis insigne est, vestram urbem tyrannicae dominationis jugo liberatam servavi. Senati populoque romano in libertatem asserto pristinum decus nobilitatis splendoremque restitui.>> 151

V.C. 40, 1-2: Poi con una grande iscrizione e con colonne votive fece conoscere all’intiera umanità il segno salvifico, e giusto nel mezzo della città regina, a ricordo della vittoria contro il nemico, innalzò il grande trofeo di una croce e su questo emblema salvifico, presidio del potere romano e di tutto l’impero, fece scolpire una chiara ed indelebile epigrafe. Infatti diede subito l’ordine di collocare, in uno dei punti più centrali di Roma, un’asta a forma di croce accanto ad una statua che effigiava la propria persona, e sopra vi fece incidere la seguente iscrizione con parole in lingua latina: <<con questo segno salvifico, autentico emblema di fortezza, liberai la vostra città dal giogo della tirannide: al Senato e al Popolo Romano restituii, con la libertà, l’antico prestigio e splendore>>.

to\ swth/rion shmeiÍon collocato ‘giusto nel mezzo della città regina’, ‘in uno dei punti più importanti di Roma’.

La valle del Foro è il luogo più frequentato di Roma sin dai primi anni della città, soggetta a cambiare di volta in volta la sua funzionalità, soprattutto con l’avvento della Repubblica poi con il dominio incontrastato del Mediterraneo occidentale con la fine delle guerre puniche, per continuare dopo la crisi della Repubblica con il passaggio del potere nelle mani di personaggi dal forte carisma monarchico infine durante tutto l’arco della vita della Roma imperiale. Alcuni autori, come il Cecchelli, sulla base di antiche fonti, hanno voluto tentare di individuare il luogo dove fu collocata la statua di cui parla Eusebio; egli afferma che l’unico luogo probabile dove collocare la statua potesse essere quello della Basilica detta ‘Nova’, che fu iniziata da Massenzio all’incirca nel 308. Secondo il nuovo progetto edilizio di Massenzio la costruzione della basilica avvenne nell’area del foro, dopo un secondo incendio del 283, lungo la via sacra nei pressi del colle Velia, zona occupata dagli avanzi del portico neroniano e da alcune tabernae ricavate da Domiziano nella parte perimetrale del portico, in cui avevano sede probabilmente gli Horrea piperitaria, ormai bruciati nell’incendio. 152

151 TESCAROLI (a cura di), EUSEBIO, ‘Hist. Eccl.’, IX, 9.11:<<Con questo segno salutare, che è vera

prova della fortezza, ho salvato e liberato la vostra città dalla dominazione tirannica, e inoltre ho liberato e restituito l’antica fama e splendore al senato e al popolo romano.>>; cfr. anche qui § 1.3.7.

152 VALENTINI-ZUCCHETTI 1940-1953, I p. 102. COARELLI, Roma, tav., edificio n. 28, p 57 e p.104, LUGLI, 1946, pp.224-228; LUGLI, 1938, pp. 172-174 per la posizione della Basilica Nova nel foro; CECCHELLI 1954, p.14-16, per la collocazione della statua.

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IL NUOVO VEXILLUM IMPERIALE: H.E. E V.C. LA STATUA CON L’ASTA

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La basilica però fu ultimata da Costantino dopo aver inflitto la sconfitta a Saxa Rubra al suo avversario il 28 ottobre del 312. Da una notizia del De Caesaribus dello Pseudo Aurelio Vittore apprendiamo che <<tutte le opere costruite da Massenzio sontuosamente, i senatori dedicarono a Costantino>>.153

L’assetto originario della basilica non fu modificato, vi era la grande navata centrale con una grande volta costituita da tre crociere, e due navate minori. Le modifiche apportate da Costantino riguardarono l’orientamento della basilica, che fu innovativamente concepito nel senso della lunghezza con l’entrata sul lato corto ad est, su una via piccola ed ortogonale alla Via Sacra, con un piccolo portico; sulla parete opposta fu progettato l’abside semicircolare. (Tav. XLVIII, XLIX) La posizione dell’ingresso alla basilica così modificata, affacciava sul Foro e il piccolo portico d’ingresso aveva quattro colonne di porfido ed una lunga scalinata direttamente gettanti sulla Via Sacra, mentre sul lato opposto al nuovo ingresso pose il nuovo abside con nicchie su due piani e catino cassettonato. Sembrerebbe che proprio in questo abside maggiore si trovasse collocata la statua colossale che impugnava nella mano destra il to\ swth/rion shmeiÍon. Nella zona più centrale della città Costantino eresse solo degli edifici civili e pubblici, quali oltre alla Basilica Nova anche l’arco trionfale presso il Colosseo, l’arco di Giano Quadrifronte nel Foro Boario, le terme sul Quirinale, relegando la costruzione delle Chiese in aree al di fuori del pomerium della città, su territori di proprietà privata imperiale, nonostante la funzione di tali chiese fosse prettamente pubblica. “Politicamente e religiosamente, dice Krautheimer, il centro di Roma era terreno delicatissimo.” 154

Il centro di Roma era sotto l’autorità del Senato e dei patrizi pagani e Costantino applicò una politica di tipo diplomatica per evitare qualsiasi tipo di conflitto con la vecchia aristocrazia in segno di rispetto nei loro confronti ma anche per non inimicarsi i detentori del potere romano poiché aveva bisogno del loro appoggio in un momento di gran fragilità imperiale, per raggiungere gli obiettivi politici che si era prefisso, ossia restituire al Senato e al Popolo romano l’antico prestigio e splendore e ricostituire sotto il suo potere l’unità monolitica dell’impero romano.

La statua aveva nella mano destra una lunga asta a forma di croce con un iscrizione, la cui immagine possiamo ipotizzarla simile alla croce sormontata dal signum del monogramma di Cristo, il Chrismon, raffigurato nei sarcofagi di passione e non essere affatto difforme nella forma al nuovo vessillo imperiale reinventato con i simboli cristologici, oppure simili alla croce con la estremità superiore arricciata a formare un P, nella forma della croce monogrammatica, raffigurata in molti sarcofagi in cui campeggia il Cristo stauroforo. (Tav. XXIX-XXX) Nell’opera H.E., dal testo dell’epigrafe che Eusebio tramanda si evince che tale signum, grazie al quale fu conseguita la vittoria contro il tiranno Massenzio, è costituito da un’asta crucigera, molto simile nella foggia proprio al labaro che Costantino condusse con sé nelle successive campagne militari.

153 PSEUDO AURELIO VITTORE, De Caesaribus, 40,26 154 KRAUTHEIMER 1981, pp.42-43, KRAUTHEIMER 1987, p.41.per il programma edilizio e politico nel

rispetto dell’aristocrazia romana, attribuita la vittoria conseguita contro il tiranno Massenzio. Dal testo dell’epigrafe che Eusebio tramanda si evince che tale signum è costituito da una asta crucigera che probabilmente si avvicina molto o forse si identifica proprio con il labaro che, dice Eusebio, Costantino condusse con sé e il suo esercito nelle successive campagne militari.

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DETERMINAZIONE DI tro/paion RISPETTO A do/ru NEL LABARON

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CAPITOLO 3 shmeiÍon - tro/paion- su/mbolon

I LUOGHI DELLA ISOMORFIA SEMANTICA.

3.1 _ DETERMINAZIONE DI tro/paion RISPETTO A do/ru NEL LABARON ._ Contesto di occorrenza: DESCRIZIONE DELLA FOGGIA DEL tro/paion I, 31.1-3 § 1.3.4/4a/4b p. 47-54

Al braccio trasversale… si trovava sospesa una tela di gran pregio: […] un manto regale ricoperto di […] pietre preziose […] tutto trapunto d’oro…l’asta verticale che, dalla base si allungava di molto verso l’alto, […] proprio (sotto) u(po\ t%½ tou= staurou= tropai¿% lungo l’orlo superiore del (variopinto) drappo, recava disegnato in oro il busto dell’imperatore caro a Dio insieme con quello dei suoi figli.

Eusebio specifica che il termine tro/paion è utilizzato per indicare ciò che è rappresentato/raffigurato nella parte alta dell’asta cruciforme. Contesto di occorrenza: BATTAGLIA. II, 9.1-2 § 1.3.12/12a p. 80-82

il compagno […] ebbe salva la vita grazie al to\ swth/rion tro/paion [...] i proiettili andavano a schiantarsi tutti contro (l’asta del trofeo) to\ de\ tou= tropai¿ou do/ru

L’autore sottolinea la distinzione tra do/ru e tro/paion intendendo riferirsi - in armonia con l’analisi fin qui svolta – al ‘simbolo della formula salvifica’ posto sulla cima del labaron. In entrambi i casi, proprio le parole di Eusebio ci aiutano a distinguere per tro/paion (in isomorfia semantica con shmeiÍon) solo il ‘simbolo salvifico’ che campeggiava sulla sommità dell’asta a forma di croce (il vexillum imperiale) e che era costituito delle prime due lettere del ‘Nome’ di Cristo, la cui materia d’espressione è la profusione di pietre preziose ed oro.

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LE VARIE COMBINAZIONI DI SINTAGMI COMPLESSI DI tro/paion.

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3.2 _ LE VARIE COMBINAZIONI DI SINTAGMI COMPLESSI DI tro/paion. 3.2.1 - to/n tou /staurou= tro/paion

- I, 28.2 Contesto di occorrenza:VISIONE INCIELO - I, 31.2 Contesto di occorrenza:DESCRIZIONE DEL shmeiÍon/ tro/paion

In V.C. I, 28.2 il passaggio dalla qeoshmei¿a tij e)pifai¿netai a staurou= tro/paion accompagnato da tou/t% ni¿ka che giustifica e connota, è la consegna a Costantino di un trofeo in forma di croce luminosa. Ricordiamo la straordinarietà di utilizzare questo termine solo esclusivamente nel merito della visione, e in I, 31.2 per giustificare il legame del passo come diretta ma improbabile realizzazione dell’ordine impartito da Cristo.155

3.2.2 - tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj

- I, 32.2 Contesto di occorrenza: CONVOCAZIONE DELL’ASSEMBLEA DEI SACERDOTI, SPIEGAZIONE DEL SEGNO AVUTO IN VISIONE E IN SOGNO.

Il segno che gli si era manifestato rappresentava il simbolo dell’Immortalità raffigurante il tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj.

Nomen Chisti, Figlio di Dio – Lo/goj Incarnato, autore della vita eterna ottenuta con la vittoria della morte. Figura semica fondamentale come chiave di lettura di tutte le altre figure semiche.

- th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn - III, 33.1 Contesto di occorrenza: LA NUOVISSIMA GERUSALEMME LUOGO

DELLA SEPOLTURA DI CRISTO’.

Di fronte alla città antica e famosa, l’imperatore edificò th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn che il Salvatore aveva conseguita contro la morte e forse non è errato identificare proprio in questo monumento la NUOVISSIMA GERUSALEMME.

Luogo della sepoltura del Cristo, contrapposta alla città antica edificazione della vittoria/trofeo (monumento). Nonostante il sintagma nella sua complessità non sia del tutto differente nella forma e sostanza dell’espressione – tranne che per la sostituzione di tro/paion con swth/rion - qui sia la funzione sia il contesto sono completamente diversi. Mentre in V.C. I, 32.2 il rinvio alla resa in immagine è al monogramma cristologico. qui in V.C. III, 33.1 il riferimento è al un monumento/documento posto sul luogo del sacro speco, che assume un nuovo nome e significato, per affermazione dell’autore, la ‘Nuova Gerusalemme’ contrapposta all’antica città spettatrice e autrice dell’assassinio del Signore. Per cui la stessa figura semica 156 viene utilizzata per due piani di contenuto diversi tra loro: ‘Nome’ di Cristo sacro speco, nucleo fondamentale: centro ideale del mondo intero.

155 Cfr. qui § 1.3.4/1.3.4 a. 156 ECO ‘1985, p. 73ss.

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LE VARIE COMBINAZIONI DI SINTAGMI COMPLESSI DI tro/paion.

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3.2.3 - to\ nikhtiko\n tro/paion - I, 37 Contesto di occorrenza: BATTAGLIA.

Trofeo che dà la vittoria posto alla testa degli opliti e dorifori della scorta, alla guida del suo esercito.

- III, 2.2 Contesto di occorrenza: DIPINTO AD ENCAUSTO. Costantino espose il trofeo alla vista di tutti in un dipinto ad encausto nell’ingresso principale del palazzo imperiale.

- IV, 5.2 Contesto di occorrenza: BATTAGLIA. Costantino protese il trofeo contro anche i barbari. Il termine viene dislocato in tre punti, inizio – centro – fine della struttura del testo in riferimento a contesti di occorrenza diversi, con funzione diversa: mostrato in battaglia ed esposto nel palazzo imperiale.157 3.2.4 - to\ swth/rion tro/paion’

- II, 6.2 Contesto di occorrenza: BATTAGLIA Trofeo che guida le truppe di Costantino il quale ebbe la vittoria.

- II, 7 Contesto di occorrenza: BATTAGLIA Costantino ordina che nel punto debole del combattimento fosse presente il trofeo. Attributo:talismano, propiziatore della vittoria. fulakth/rion.

- II, 9.2 Contesto di occorrenza: BATTAGLIA Il soldato a cui fu affidato il trofeo che teneva in alto, ebbe salva la vita poiché i dardi colpivano solo l’asta del trofeo.

- II, 16.1 Contesto di occorrenza: BATTAGLIA Licinio conosce a sue spese la potenza celata nel trofeo. Costantino usciva vittorioso da ogni battaglia con il suo esercito. Appare il termine per la prima volta nel II libro, dove il contesto più frequente è quello della battaglia.

- III, 3.3 Contesto di occorrenza: DIPINTO AD ENCAUSTO. Nell’ingresso principale del palazzo imperiale. Descrizione di come il nemico occulto dell’umanità era precipitato negli abissi grazie alla potenza del trofeo. Qui vi è l’utilizzo di to\ swth/rion tro/paion e to\ nikhtiko\n tro/paion in riferimento allo stesso piano di contenuto. Il termine cambia completamente contesto, dalla battaglia al dipinto..

- IV, 21 Contesto di occorrenza: BATTAGLIA. Costantino ordinò che l’esercito schierato fosse preceduto dal mo/non de\ to\ swth/rion tro/paion vietando le effigi auree degli dei pagani. Torna il contesto della battaglia . 3.2.5 - to\ tou= pa/qouj tro/paion

- III, 1.2 Contesto di occorrenza: MOSTRARE IL TROFEO DINANZI AGLI EMPI BESTEMMIATORI.

Egli eleggeva come fulakth/rion (l’emblema) contro il quale gli empi (aÃqeoi) lanciavano ..le bestemmie e (si vantava/ rendeva solenne) andava orgoglioso del to\ tou= pa/qouj tro/paion.

3.2.6 - to\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon

IV, 21 Contesto di occorrenza:RIPRODUZIONE DI ARMI PER LA BATTAGLIA.

157 Cfr. l’indice analitico dei sintagmi e dei temi p. 91.

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LE VARIE COMBINAZIONI DI SINTAGMI COMPLESSI DI tro/paion.

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Anche sulle armi fece riprodurre to\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon, vietando che l’esercito schierato venisse preceduto, secondo l’uso d’un tempo, dalle effigi auree degli dèi: ciò fu consentito unicamente al to\ swth/rion tro/paion.

Eusebio propone lui stesso di unificare tropai¿on e su/mbolon per costruire un’unica preziosa formula linguistica.158

3.3 _ UN ESEMPIO DI IDENTICA FORMA DELL’ESPRESSIONE E DEL CONTENUTO CON DIVERSA FUNZIONE E DIVERSO CONTESTO._ Contesto di occorrenza: BATTAGLIA. II, 4.2 § 1.3.8 p. 70-73

al suo fianco vi erano […] sacerdoti […] e la sua guida era affidata al to/ ge tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon.

Termine identico sul piano linguistico con quello di III, 49 Pietre preziose In II, 4.2 si ricava. da I, 31.2. In III, 49 è esplicitamente definito da Eusebio. Isomorfia della forma e materia del contenuto. Nome in II, 4.2 ‘Nome’ di Cristo = Incarnazione - Passione - Resurrezione dove per forma e materia del contenuto si può pensare al ‘trofeo’ nella costituzione complessa del ‘Labaron’ semplicemente perché ogni qual volta si parli di battaglia in Eusebio. Sembra evidente il riferimento al ‘Labaron’ costituito con un’asta cruciforme insieme al ‘chrismon’ (tro/paion) sulla sommità della do/ru. Contesto di occorrenza: DIPINTO SUL SOFFITTO DEL PALAZZO IMPERIALE. III, 49 § 1.324 p. 112-114.

giusto nel mezzo di un grandissimo riquadro che si apre nel centro del soffitto a cassettoni tutto ricoperto di oro, fu inciso to/ ge tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon, risultante dall’accostamento di pietre preziose […] incastonate nell’oro massiccio […] da salvaguardia in difesa dell’impero.

Eusebio parla di fulakth/rion, per la difesa dell’impero. Diverso il contesto ed anche la funzione: l’uno è il trofeo/segno salvifico che guidava le battaglie, l’altro è lo stesso emblema inserito nel soffitto della sala più rappresentativa del palazzo. Il simbolo della salvezza entra nell’immaginario cristiano nel/dal IV secolo. Il Segno/Simbolo/Trofeo = ‘Nome’ di Cristo, prototipo archetipico – modello della iconografia cristiana romana imperiale costantiniana, secondo la ‘lectio apocalittica’ di Eusebio, Vescovo di Cesarea.

158 Cfr. § 3.4, p. 132-139.

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ISOMORFIA SEMANTICA DELLE DIVERSE FIGURE SEMICHE

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3.4 _ ISOMORFIA SEMANTICA DELLE DIVERSE FIGURE SEMICHE._

L’obiettivo di quest’ultimo capitolo è quello di individuare i luoghi della relazione di isomorfia semantica, ossia la convergenza del significatum di alcune figure semiche che risultano tra loro come sinonimi, in vari contesti (battaglia, visione, sogno, dipinto), con le loro diverse funzioni acquisite (potenza, vittoria, libertà, salvezza, protezione, elezione) e con i loro diversi rinvii alla resa in immagine. Dunque osserveremo se a questi molti significanti corrisponde un unico significato che in essi si manifesta e traspare quale unico indiscusso protagonista: il ‘Nome’ di Cristo. Nel I libro del testo eusebiano, l’autore propone spessissimo la legatura tra le figure verbali, su/mbolon / shmeiÍon/ tro/paion, più frequentemente tra shmeiÍon / tro/paion.

Iniziando da I, 28, Eusebio usa in modo distinto i due termini shmeiÍon e tro/paion, ossia prima impiegando staurou= tro/paion in I, 28.2 in cui l'autore non fa una descrizione della forma ma una descrizione del significato del ‘segno’, e subito dopo adopera shmeiÍon in I, 29-30 trattando completamente della visione diurna e del sogno notturno, lasciando che i due termini shmeiÍon e siano legati in modo tale da avere lo stesso significato, che è il ‘segno’ apparso in visione, ‘segno’ che Cristo ordina di tradurre in immagine. Con shmeiÍon, dunque, l’autore insiste proprio sul valore semico, sottolineando che si tratta di un segno, che non è copia di un oggetto ma è simbolo, che ha una precisa identità 159. Quindi, in questi primi passi del testo eusebiano, si tratta del ‘segno’ luminoso che ha la forma di croce, ed è lo stesso ‘segno’ di cui parla Lattanzio.

Le due espressioni staurou= tro/paion, di tipo militare e shmeiÍon=simbolo vengono legate insieme per cristallizzare, nel ‘segno’ della visione, l’elezione e la vittoria concessa a Costantino in ‘Nome’ di Cristo.

In I,30 Eusebio usa una formula particolare, tou= shmei¿ou th\n ei¹ko/na, immagine del ‘segno’ di cui ha già parlato nei passi precedenti, da far riprodurre dagli artigiani in materia di oreficeria preziosa.

In I,31.1-3 su/mbolon /shmeiÍon/ tro/paion dislocate nello stesso passo sono egualmente viste in riferimento al ‘Nome’ di Cristo. In merito a su/mbolon si è osservato che è meno utilizzato da Eusebio ma ogni volta sempre in modo più specifico, per indicare propriamente il segno/sigillo del ‘Nome’ salvifico.

In I,32.2 Eusebio continua la legatura di su/mbolon / shmeiÍon/ tro/paion impiegando tre verbi come leganti, ossia manifestare, rappresentare e sussistere. In questo contesto della convocazione dei sacerdoti per conoscere il significato del ‘segno’ della visione, Eusebio evidenzia il mistero della Incarnazione per cui le tre formule linguistiche non hanno altro referente che la manifestazione del Lo/goj di Dio Incarnato a compimento dell’opera di creazione e di salvazione del Padre. Nei passi I,37; I,39-40.1-2; II,9.2; III,2.2; III, 3.1-2, l’accostamento che si ripropone è quello tra shmeiÍon e tro/paion. Sono le due aree semantiche che Eusebio lega insieme più frequentemente. Il concetto di ‘segno’ vittorioso viene riproposto dopo I, 28.2, in I, 37 con il termine nikhtiko\n accanto a tro/paion. Si

159 CASARTELLI NOVELLI 1996 A, p.50s.

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ha una densità che si fa maggiore e siamo sempre nella funzione salvifica del ‘segno e mai di copia di un oggetto. Si è notato che viene operata una distinzione nell’utilizzo dei termini, per cui shmeiÍon (in I, 39-40.1-2 e II, 9.1) si trova per lo più adoperato in riferimento al Labaron quando l’autore deve indicare il segno nella sua realizzazione in immagine, preferisce sempre utilizzare shmeiÍon. Mentre tro/paion ha un più preciso riferimento alla funzione nicefora del ‘segno’ della visione e, in funzione di Costantino e delle sue milizie in quanto terribile annuncio di morte per i suoi nemici, in particolare in II, 9.1-2, quando Eusebio vuole specificare che viene resa salva la vita per chi difende l’insegna affidatagli, usa il termine tro/paion come il più indicato per evidenziarne la funzione salvifica. Nel passo seguente al II, 9.2, ossia in II, 16.2 affermerà che il segno salvifico è anche datore di vita, per cui sia tro/paion che shmeiÍon acquistano questa caratteristica : sigillo niceforo – salvifico – datore di vita è il denominatore comune di tutte queste aree semantiche.

Infine vi è in IV, 21 l’unione di tro/paion e su/mbolon in un’unica espressione linguistica per suggellare l’unicità del significato: su/mbolon è stato sempre termine molto ben definita dall’autore con aggettivi quali swth/rion, e)phgori¿an, pa/qoj ed infine con tro/paion. Bisogna ricordare che in Eusebio non abbiamo mai un termine cristallizzato, che appare in un solo contesto con una sola funzione o addirittura con una sola attribuzione in quanto l’autore volutamente preferisce che, grazie alle legature utilizzate tra i vari sintagmi, si crei una catena iconica densissima. Il ‘segno’ della visione così rimane un segno polimorfico che si inserisce nella grande catena iconica che comprende la tau di Ezechiele, il sigillo del ‘Nome’ di Dio dell’Apocalisse e i segni cristologici degli ossuari gerosolimitani, tutti segni che nella loro continuità appartengono per eccellenza alla funzione dei segni ierofanici e cosmogonici.

Per concludere, in virtù delle osservazioni condotte nell’introduzione in merito all’importanza del testo di Eusebio che mostra la profonda diversità e autonomia del ‘segno teologico’ e ‘cristologico’ rispetto alla croce patibolo del Golghota, e in base all’analisi fin qui svolta, abbiamo individuato che in risposta alla specialissima investitura concessa a Costantino dal Dio cristiano, l’imperatore si apprestava a organizzare una serie di realizzazioni di opere che attestassero e consolidassero ufficialmente il favore ricevuto dalla divinità cristiana. Le realizzazioni nel merito della iconografia paleocristiana del IV secolo di Roma, Costantinopoli e dei luoghi della Terra Santa in riferimento agli elementi forniti da Eusebio, sono le seguenti: - In ambito prettamente militare le realizzazioni furono: il labaron, le insegne su cui campeggiava il ‘trofeo salvifico’, la galea dell’imperatore e la riproduzione sulle armi dell’esercito del ‘simbolo del trofeo salvifico’.

In ambito romano, in riferimento a quanto rilevato dalla testimonianza di Eusebio, le fonti antiche ci attestano che a Roma Costantino si dedicò all’opera di edificazione della basilica di S.Pietro, come pietra miliare tra le numerose che fece costruire, con il suo catino absidale realizzato a mosaico in foglia d’oro, dove nell’arco absidale campeggiava l’iscrizione dedicatoria della Basilica da parte di Costantino vincitore a Dio, in cui viene ricordato il favore ricevuto dal Dio cristiano testimoniato da Eusebio:

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“QUOD DUCE TE MUNDUS SURREXIT IN ASTRA TRIUMPHANS HANC CONSTANTINUS VICTOR TIBI CONDIDIT AULAM »160

Inoltre, dal Liber Pontificalis apprendiamo che Costantino e la madre Elena donarono sempre in S.Pietro una croce in oro purissimo, come simbolo del ‘segno’ cruciforme della visione, la cui didascalia incisa ricordava la donazione della Chiesa da parte di Costantino e della madre Elena al Dio della visione: "crucem ex auro purissimo lib. CL in mensurae locus ubi scriptum...CONSTANTINUS AUGUSTUS ET HELENA AUGUSTA HANC DOMUM REGALEM SIMILI FULGORE CORRUSCANS AULA CIRCUMDAT... ex litteris nigellis ." (LP, I 176)161

In ambito Costantinopolitano, nel palazzo imperiale Costantino si adoperò alla realizzazione di due opere: - il dipinto ad encausto posto in alto nell’ingresso e il ‘segno-simbolo’ in oro e pietre preziose incastonato nel soffitto della sala di rappresentanza del palazzo.

Le realizzazioni in ambito gerosolimitano sono, nel merito di ciò che ci riporta Eusebio, la grande opera di costruzione del monumento-testimone della passione salvifica del Signore, il complesso dell’Anastasis, come luogo di Rivelazione della Resurrezione del Cristo. Di seguito riportiamo tutti i passi sopra citati dove risulta evidente la legatura dei diversi termini in una relazione di perfetta isomorfia semantica, per cui il nucleo semico attorno al quale ruota tutta la complessa testimonianza di Eusebio è il ‘Nome’ del Cristo. Contesto di occorrenza: VISIONE.

I, 28.2 § 1.3.2 p. 42-43

Nell’ora in cui il sole […] disse di aver visto con i propri occhi, in pieno cielo e al di sopra del sole staurou= tro/paion unita […] c’era una iscrizione tou/t% ni¿ka

Contesto di occorrenza: SOGNO.

I, 29-30 § 1.3.3 p. 44-46

Allora gli si mostrò in sogno Cristo, figlio di Dio, (con il) shmeiÍonche era apparso nel cielo e gli ingiunse di costruire un’immagine simile a quella (del) sh

meiÍon, osservato in cielo e di servirsene come difesa nelle battaglie contro i nemici.

Contesto di occorrenza: DESCRIZIONE DELLA FOGGIA DEL

su/mbolon / shmeiÍon/ tro/paion I, 31.1-3 § 1.3.4/4a/4b p.47-54

In un’alta asta ricoperta d’oro s’innestava un braccio trasversale […] in cima […] era fissata una corona intessuta di pietre preziose ed oro; su questa […] due segni indicanti il nome di Cristo, mostravano, per mezzo delle prime lettere (con il Rho che si incrociava giusto nel mezzo), kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon Al braccio trasversale […] si trovava sospesa una tela di gran pregio: […] un manto regale ricoperto di […] pietre preziose […] tutto trapunto d’oro è […] l’asta verticale […] proprio (sotto) u(po\ t%½ tou= staurou= tropai¿% recava disegnato in oro il busto dell’imperatore […] Di questo to\ swth/rion shmeiÍon l’imperatore si servì sempre come difesa contro […] le forze nemiche.

160 Cfr. KRAUTHEIMER-CORBETT-FRAZER 1980, p.179.

161 Cfr. KRAUTHEIMER-CORBETT-FRAZER 1980, p. 18. Per il Liber Pontificalis (= LP): Le Liber Pontificalis, ed. Louis Duchesne,I e II voll., Parigi 1886-1892: III vol. Parigi 1957

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Contesto di occorrenza: INTERROGAZIONE SUL SIGNIFICATO DEL su/mbolon / shmeiÍon/ tro/paion I, 32.2 §1.3.5/5a/5b p.55-60

Convocò i sacerdoti ..e chiese…cosa volesse significare to shmeiÍon che gli era apparso in visione […] rappresentava il su/mbolon dell’Immortalità raffigurante il tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj

Contesto di occorrenza: BATTAGLIA. I, 37 § 1.3.6/6a p. 61-63

pose alla testa degli opliti e dei dorifori della scorta il to\ nikhtiko\n tro/paion del suo Dio (che dà la vittoria), cioè to\ swth/rion shmeiÍon riguadagnare ai Romani la libertà ricevuta dagli antenati..

Contesto di occorrenza: STATUA AL CENTRO DELLA CITTA’. I, 39.3-40, 1-2 § 1.3.7/7a p..64-69

con una grand4e iscrizione e colonne votive fece conoscere all’intiera umanità to\ swth/rion shmeiÍon e giusto nel mezzo della città regina […] innalzò il me/ga tro/paion (di una croce aggiunge il Tartaglia) e su questo to\ swth/rion shmeiÍon presidio del potere romano e di tutto l’impero, fece scolpire una epigrafe […] e) collocare in uno dei punti più centrali di Roma, un’asta a forma di croce accanto ad una statua […] iscrizione: con Tou/t% t%½ swthriw ¯dei shmei¿% […] emblema di fortezza liberai la vostra città dal giogo della tirannide: […] al Senato e al Popolo Romano restituii, con la libertà, l’antico prestigio e splendore.

Contesto di occorrenza: BATTAGLIA. II, 9.1-2 § 1.3.11-12/12a p..79-82

Il soldato che portava sulle spalle to shmeiÍon […] per sottrarsi al combattimento lo affidò ad un compagno […] abbandonando th=j tou= shmei¿ou fulakh=j venne colpito[…]; il compagno […] ebbe salva la vita grazie al to\ swth/rion tro/paion… i proiettili andavano a schiantarsi tutti contro (l’asta del) to\ de\ tou= tropai¿ou do/ru

Contesto di occorrenza: DIPINTO AD ENCAUSTO NELL’INGRESSO

PRINCIPALE DEL PALAZZO IMPERIALE. III, 2.2-3.1 § 1.3.16/16 a/16b p. 88-92

Costantino si diede […] a predicare a tutti il Cristo, Figlio di Dio, né provò affatto vergogna del th\n swth/rion e)phgori¿an, […] Rese nota la propria immagine con l’imprimere il suo stesso volto sul t%½ swthri¿% katasfragizo/menoj shmei¿% […] con l’esporre to\ nikhtiko\n tro/paion che gli garantiva la vittoria, […] in un dipinto.

Contesto di occorrenza: DIPINTO AD ENCAUSTO NELL’INGRESSO

PRINCIPALE DEL PALAZZO IMPERIALE. III, 1-3 § 1.3.17/18 p. 93-95

il quadro collocato ben in alto davanti all’ingresso principale del palazzo imperiale, raffigurava il capo dell’imperatore sormontato dal to\ swth/rion shmeiÍon (segno salvifico) […] il nemico occulto del genere umano […] precipitato negli abissi […] dalla potenza del to\ swth/rion tro/paion che sormontava la sua testa.

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Contesto di occorrenza: RIPRODUZIONE DI ARMI. IV, 21 § 1.3.27 p. 119-120

Anche sulle armi fece riprodurre il to\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon

Gli altri contesti di su/mbolon:

– sia di V.C. I, 31.1 in cui i due segni stoixeiÍa indicanti il ‘Nomen Christi’ mostravano kaq' ou th=j swthri¿oue)phgori¿aj to\ su/mbolon - sia di V.C. II, 4.2 in cui l’imperatore aveva sempre al suo fianco presenti i sacerdoti e la guida del suo esercito era affidata al to/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon - sia di V.C. III,49 in cui nel mezzo di un riquadro al centro di un soffitto a cassettoni tutto ricoperto di oro, fu inciso to/ ge tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon la cui materia dell’espressione era la profusione di pietre preziose incastonate nell’oro.

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CONCLUSIONE

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Breve conclusione.

Si è riscontrato162 che tra i vari sintagmi esiste una “catena iconica”, ossia un legame che confermerebbe la presenza di un solo vero significatum veicolato e consolidato tramite/attraverso il testo. Questo si verifica, perché Eusebio non cristallizza mai un termine in un solo contesto e con una sola funzione, ma lo riutilizza anche in un contesto diverso, confermandone magari la funzione o rafforzandola. E’ il caso di nikhtiko(n tropai¿on e swth/rion tro/paion che rinnovano il loro valore semantico di vittoria e potenza salvifica sia in contesti di battaglia (V.C. II), sia in quelli di rappresentazione in immagini (V.C. III, 2-3), sia con riferimento ai dipinti del palazzo imperiale.

Il richiamo alla catena iconica consente di interpretare il testo come to/poj dell’inventio della croce, non ancora intesa come patibolo, strumento della passione, ma come ‘segno’ di vittoria163. Una confermata e documentata nuova creazione iconografica tramite la quale il linguaggio delle immagini iconiche diviene efficacemente capace di significare e manifestare il Kerygma/annuncio della Cristologia Rivelata.

Il testo della Vita Constantini offre, per le sue caratteristiche, oltre ad un notevole interesse, utili suggerimenti per una utilizzazione interdisciplinare e preziosi spunti in campo oltre che filologico e letterario anche artistico iconografico e monumentale. Ad alcune di queste ipotesi di lavoro si è fatto cenno durante il percorso e ci si riserva la possibilità di ulteriori occasioni di studio.

Ci sembra infine di aver inquadrato i temi che fanno luce sull’importanza del testo di Eusebio che raccoglie la testimonianza della profonda diversità e autonomia del ‘segno’ teologico e cristologico rispetto alla croce patibolo del Golghota, e ci sembra altresì di aver individuato che in risposta alla specialissima investitura concessa a Costantino dal Dio cristiano, l’imperatore abbia iniziato un programma ben organizzato di realizzazioni di opere monumentali–documentali, iconografiche e architettoniche, in Occidente e Oriente attestanti e consolidanti ufficialmente il favore ricevuto dalla divinità cristiana.

162 Cfr. Appendice: V.C. I, 37; II, 5.2; III, 2.2-3.1; III, 49; IV, 5.2. 163 Cfr. il tema apocalittico ed anche l’ideologia imperiale in cui Costantino afferma il suo potere

vittorioso.

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GLOSSARIO ROCCI e MONTANARI. − αναστασις, ewj = l'elevare; costruzione...τροπαιον, erezione di un trofeo, Plut.; da a)nista/mai, il sorgere, il levarsi, risveglio Ipp.; il rialzarsi N.T.; − do/ru = che in greco designa = albero, fusto d’albero, tronco d’albero, asta della bandiera insegna. − ei¹k?w=n, o/noj, o/ni, o/na, h/ = immagine, figura, pittura, simulacro, archetipo, modello. − e)pifai¿nw = mostrare apparire − e)phgori¿a, aj, h/, = nome, appellazione. − zwopoio\j, o/n = che produce la vita, che vivifica, che da la vita. − qeoshmei¿a, aj; qeoshmei¿on, ou, to/ = manifestazione divina − ni¿kh, hj, dor. ni¿ka= vittoria. − nikhtiko\n, h/, o/n = che conduce alla vittoria, buono a vincere. − o)qo/nh , ης, η = α) tela, lino, tela sottile per veste muliebre, trama; b) vela. − pa/qoj, ouj, to/ = «ciò che si prova di bene o male nel fisico e nel morale», 1) esperienza, prova; patimento, sofferenza. 2) stato dell’animo agitato, passione, commozione, in particolare come passione di Cristo. − paradocoj, on = straordinario, inaspettato − propompeu/w = andare avanti in processione\precedere\portare nel corteo − shmeiÍon , ou=, to/, ion. shmhiÍon, dor. sameiÍon,− mhiÍon,− maiÍon (shma ) = segno celeste, testimonianza, segno, segnale, sigillo, suggello, impronta. − su/mbolon, ou, to/ = simbolo, segno, segnale. − swth/rioj, on = che salva, salutare, libera, preserva. − stauro/j, ou=, o) = palo; strumento di pena di supplizio, croce. − stellesJa/i porei¿an = iter facere = andare in viaggio, in marcia militare (Il Franchi traduce: viaggiare alla volta di un luogo) − stoixeiÍon, ou, to/ = lettera, elemento, principio. − tro/paion, ou / tro/paion,to (Sof. Tr. 751 ni/khj t. trofeo di vittoria) tro/paioj ,α,ον = che mette in fuga il nemico

− fulakth/rion, ου το = a) presidio, luogo difeso, forte, fortilizio, stazione militare (Tuc. 4.31.1, Aeschn. 2.133); b) preservativo, difesa (Dem., 6.24; Pl. Leg. 917b); amuleto, talismano (Plut. 23.378b, Diosc.2 5.154); c) (presso gli Ebrei) filatterie o strisce membranacee con versetti della legge, (Mt. 23,5). CASTIGLIONI MARIOTTI - Conflo, as, avi, atum, are = fondere insieme, combinare, formare, comporre - Refero, refers, rettuli o rettuli, relatum, referre= conseguire, ottenere, riportare. ZINGARELLI DIZIONARIO ITALIANO Trofeo: segno della vittoria innalzato sul campo di battaglia; dapprima un albero cui si appendevano le armi dei vinti./ vittoria, trionfo./ segno, monumento, ricordo figurativo

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INDICE NUMERICO DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI RELATIVI ALLA VISIONE OCCORRENTI NEL TESTO. - 'Tro/paion' 15 volte nel testo + 1 Liber I C. 28.2 To\ tou staurou= tro/paion p.3, 26 C. 31.2 To\ tou staurou= tro/paion p. 6, 28 C. 32.2 Tro/paion thj kata\ tou= p.4, 33 qana/tou ni¿khj C. 37.1 To\ te nikhtiko\n tro/paion p.5, 36 C. 40.1 ( me/ga ) Tro/paion p.7, 37 Liber II C. 6.2 Τo\ swth/rion tro/paion p.9, 43 C. 7 Τo\ swth/rion tro/paion p.9, 45 C. 9.2 Τo\ swth/rion tro/paion p.10, 46 C. 9.2 Tro/paion p.10, 47 C. 16.1 Τo\ swth/rion tro/paion p.10, 48 Liber III C. 1. 2 to\ tou= pa/qouj tro/paion p.12, 50 C. 2.2 To\ te nikhtiko\n tro/paion p.12, 51 C. 3.2 Τo\ swth/rion tro/paion p.13, 55 C. 33.2 Th\n kata\ tou= qana/tou p.16, 58 swth/rion ni¿khn Liber IV C. 5.2 To\ te nikhtiko\n tro/paion p.19, 65 C. 21 Τo\ swth/rion tro/paion p.21, 67 − 'ShmeiÍon' 14 volte nel testo Liber I C. 29 To\ shmeiÍon p.4, 27 C. 29 To\ shmeiÍon p.4, 27 C. 30 Tou= shmei¿ou th\n ei¹ko/na p.4, 27 C. 31.3 To\ swth/rion shmeiÍon p.6, 29.32 C. 32.2 Tou= shmei¿ou lo/goj p.4, 33 C. 32.2 To\ shmeiÍon p.4, 33 C. 37.1 To\\ swth/rion shmeiÍon p.5, 37 C. 40.1 To\\ swth/rion shmeiÍon p.7, 37 C. 40.1 To\\ swth/rion shmeiÍon p.7, 37 C. 40.1 To\\ swth/rion shmeiÍon p.7, 37 Liber II C. 9.1 To\ shmeiÍon p.10, 46 C. 9.1 Th)j tou= shmei¿ou fulakth/j p.10, 46 C. 16.2 To\\ swth/rion kaiì zwopoio\n shmeiÍon p.10, 49 Liber III C. 2.2 To\\ swth/rion shmeiÍon p.12, 52-53 C. 3.1 To\\ swth/rion shmeiÍon p.12, 52-53

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INDICE NUMERICO DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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- 'Su/mbolon' 5 volte nel testo. Liber I C. 31.1 kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon p.5, 28 C. 32.2 To\ su/mbolon a)qanasi¿aj p.4, 34 Liber II C. 4.2 To/ tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon p.8, 41 Liber III C. 49 To/ ge tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon p.18, 64 Liber IV C. 21 To\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon p.21, 67 - ‘Swthri¿on' combinato con termini diversi rispetto a su/mbolon, shmeiÍon e tro/paion. Liber III .C. 2.2 Th/n swth/rion e)phgori¿an p.12 C. 21.3 Th\n swth/rion didaskali¿an p. 14 C. 26.4 To\ swth/rion aÃntron p. 14 C. 29.1 To\ swth/rion aÃntron p. 14 C. 29.2 To\n swth/rion lo/gon p. 14 C. 40 To\n newÜn swthri¿ou a)nasta/sewj e)narge\j a)ni¿sth martu/rion basileu/j p. 17 C. 57 To\n swth/rion lo/gon p. 21

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INDICE ANALITICO DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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INDICE ANALITICO DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI. 1) to shmeiÍon − SIGNUM Liber I C. 29 § 1.3.3 p.4, 27 C. 29 § 1.3.3 p.4, 27 C. 32.2 § 1.3.5 p.4, 33 Liber II C. 9.1 § 1.3.11 p.10, 46 1 a) tou= shmei¿ou th\n ei¹ko/na − SIGNUM Liber I C. 30 § 1.3.3 p.4, 27 1 b) tou= shmei¿ou lo/goj − SIGNUM Liber I C. 32.2 § 1.3.5 p.4, 33 1 c) th/j tou= shmei¿ou fulakth/ − SIGNUM Liber II C. 9.1 § 1.3.11 p.10, 46 2) me/ga tro/paion − TROPAEO (SALUTARIS TROPAEI) Liber I C. 40.1 §1.3.7 a p.11, 38.40 Liber II C. 9.2 § 1.3.12 a p.14, 47 3) su/mbolon me\n a)qanasi¿aj − SYMBOLUM Liber I C. 32.2 § 1.3.5 a p.4, 34 4) to\ swth/rion shmeiÍon − SALUTARI SIGNO Liber I C. 31.3 § 1.3.4 b p.6, 29.32 C. 37.1 § 1.3.6 a p.5, 37 C. 40.1 § 1.3.7 p.7, 37 C. 40.1 § 1.3.7 p.7, 37 C. 40.1 § 1.3.7 p.7, 37 Liber III C. 2.2 § 1.3.16 a p.12, 52-53 C. 3.1 § 1.3.17 p.12, 52-53 5) to\ swth/rion kaiì zwopoio\n shmeiÍon − SALUTARI SIGNO Liber II C. 16.2 § 1.3.14 p.10, 49 6) staurou= tro/paion − CRUCIS TROPAEUM (CRUCIS SIGNO) Liber I C. 28.2 § 1.3.2 p.3, 26 C. 31.2 § 1.3.4 a p. 6, 28

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INDICE ANALITICO DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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7) to\ swth/rion tro/paion − SALUTARE CRUCIS TROPAEUM Liber II C. 6.2 § 1.3.9 p.9, 43 C. 7 § 1.3.10 p.9, 45 C. 9.2 § 1.3.12 p.10, 46 C. 16.1 § 1.3.13 p.10, 48 Liber III C. 3.2 § 1.3.18 p.13, 55 Liber IV C. 21 § 1.3.27 a p.21, 67 8) tro/paion kata\ tou= qana/tou ni¿khj − ' to\ nikhtiko\n tro/paion − th\n kata\ tou= qana/tou swth/rion ni¿khn − TROPAEUM VICTORIAE (TRIUMPHALI SIGNO AC TROPAEO *) Liber I C. 32.2 § 1.3.5 b p.4, 33 C. 37.1 § 1.3.6 p.5, 36 Liber III C. 2.2 § 1.3.16 b p.12, 51 C. 33.2 § 1.3.21 a p.16, 58 Liber IV C. 5.2 § 1.3.25 p.19, 65 9) to\ tou= pa/qouj tro/paion’ − DOMINICAE PASSIONIS TROPAEO Liber III C. 1.2 § 1.3.15 p.12, 50 10) kaq' ou th=j swthri¿ou e)phgori¿aj to\ su/mbolon − SALUTARIS APPELLATIONIS SIGNUM Liber I C. 31.1 § 1.3.4 p.5, 28 11) to/ ge tou= swthri¿ou pa/qouj su/mbolon − SALUTARIS PASSIONIS SIGNUM (SIGNUM DOMINICAE PASSIONIS) Liber II C. 4.2 § 1.3.8 p.8, 41 Liber III C. 49 § 1.3.24 p.18, 64 12) to\ tou= swthri¿ou tropai¿ou su/mbolon − SALUTARIS TROPAEI SIGNUM Liber IV C. 21 § 1.3.27 p.21, 67

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INDICE ANALITICO DEI LESSEMI E DEI SINTAGMI

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Altri sintagmi particolari: 13) qeoshmei¿a tij e)pifai¿netai − ADMIRABILE SIGNUM Liber I C. 28.1 § 1.3.1 p.3, 25 14) th\n swth/rion e)phgori¿an − SALUTARI VOCABULO Liber III C. 2.2 § 1.3.16 p.12 15) to\ gnw¯risma tou= a(giwta/tou e)kei¿nou pa/qouj - SACRATISSIMAE ILLIUS PASSIONIS MONUMENTUM Liber III C. 30.1 § 1.3.19 p.15, 56 16) to/ tou= swthri¿ou pa/qouj pi¿stin − DOMINICAE PASSIONIS FIDEM Liber III C. 30.4 § 1.3.20 p.15, 57 17) to\n newÜn swthri¿ou a)nasta/sewj e)narge\j a)ni¿sth martu/rion basileu/j, - TEMPLUM SALUTIFERAE RESURRECTIONS TESTIMONIUM Liber III C. 40 § 1.3.23 p.17, 63 18) h( ne/a kateskeua/zeto ¹Ierousalh/m ‘ NOVA JERUSALEM ’ Liber III C. 33.1-3 § 1.3.21 p. 15, 58

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INDICE ANALITICO DEI TEMI

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INDICE ANALITICO DEI TEMI EVIDENZIATI. 1) Accostamento §1.3.2 V.C. I, 28.2 σημειον−τροπαιον: §1.3.3 V.C. I, 29/30 casi di isomorfia §1.3.4 a/b V.C. I, 31.2-3 semantica, §1.3.5 V.C. I, 32.1-2 convergenza del §1.3.6/6 a V.C. I, 37 del significato §1.3.7/7 a V.C. I, 40 §1.3.11/12a V.C. II, 9.1-2 §1.3.16 a/b V.C. III, 2.2-3.1 §1.3.17/18 V.C. III, 3.1-3 §1.3.27 V.C: IV, 21 2) Città Regina V.C.I, 26 (Tartaglia 1984) Roma §1.3.5 b V.C. I, 32.2 V.C.I, 33.1(Tartaglia 1984) V.C. I, 39.1 §1.3.7 V.C. I, 40.1 V.C. III, 7.2 V.C. IV, 63.3 V.C.IV, 69 3) Confronto V.C. I, 12 Mosè-Costantino. V.C. I, 19 V.C. I, 20.2 V.C. I, 38 V.C. II, 11-12 H.E. 9, 2-8 4) Dipinti nel Palazzo V.C. III, 2.2 Imperiale V.C. III, 3.1 V.C. III, 49 5) fulakth/rion §1.3.4 b V.C. I, 31.3 §1.3.7 V.C. I, 40.1-2 §1.3.10 V.C. II, 7 §1.3.11 V.C. II, 9.1 §1.3.15 V.C. III, 1.2 §1.3.24 V.C. III, 49 §1.3.27 a V.C. IV, 21 6) Politica egemone §1.3.2 V.C. I, 28.2 ecclesiastica e §1.3.5 V.C. I, 32.1-2 imperiale. §1.3.5 b V.C. I, 32.2 §1.3.7 V.C. I, 40.2 §1.3.14 V.C. II, 19.1 (Tartaglia 1984) 7) Richiamo alle §1.3.1 V.C. I, 28.1 (GL.3, 5) Sacre Scritture. §1.3.14 V.C. II, 16.2 (EF.6, 14) §1.3.14 V.C. II, 16.2 (IS. 9, 1) §1.3.21 a V.C. III, 33.1 (MT.28,2s)

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INDICE ANALITICO DEI TEMI

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8) Simbolo e §1.3.5 V.C. I, 32.2 Passione §1.3.8 V.C. II, 4.2 ‘Nome’ di Cristo. §1.3.15 V.C. III, 1.2 §1.3.16 V.C. III, 2.2-3.1 §1.3.18 V.C. III, 3.3 §1.3.19 V.C. III, 30.1 §1.3.20 V.C. III, 30.4 §1.3.24 V.C. III, 49 9) ‘Trofeo §1.3.3 V.C. I, 29 innanzi’. §1.3.4 a V.C. I, 31.2 §1.3.4 b V.C. I, 31.3 §1.3.6/6 a V.C. I, 37 §1.3.9 V.C. II, 6.2 §1.3.10 V.C. II, 7 §1.3.12 V.C. II, 9 §1.3.13 V.C. II, 16 §1.3.25 V.C. IV, 5.2 §1.3.27 a V.C. IV, 21 10) Τροπαιον της κατα §1.3.5 b V.C. I, 32.2 του ϑανατου νικης. Το τε νικητικον §1.3.6 V.C. I, 37 τροπαιον. §1.3.16 b V.C. III, 2.2 §1.3.25 V.C. IV, 5.2

Την κατα του ϑανατου §1.3.21 a V.C. III, 33.1 σωτηριον νικην.

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INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

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INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI. Tav. I – çatal Hùyuk, decori parietali ad <<albero della vita>>. (TOPOROV 1973 e CASARTELLI NOVELLI 1996 C) Tav. II – Arezzo, Pieve di S. Maria. Facciata esterna. Tav. III – Treviri. Stadtbibliothek, cod.31 f.71r, La visione di

Giovanni: l’agnello crucigera e l’albero della vita al centro della <<Nuova Gerusalemme>>. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A)

Tav. IV a, b, e V a, b – Tavole con i segno cosmici. (I. PENA – P. CASTELLANA – R. FERNANDEZ Les cènobites syriens. Milano, 1983.)

Tav. VI – Roma, Basilica di San Clemente. Catino absidale. Tav. VII - VIII – Roma, Santa Maria Maggiore, particolare

dell’iconema- ulcro apocalittico al centro dell’arco absidale, prima e dopo i restauri (foto B. Zanardi).

Tav. IX – Roma, SS. Cosma e Damiano, iconema-fulcro dell’arco absidale con il trono gemmato, i segni apocalittici e l’Agnus Dei. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

Tav. X – Roma, Santa Prassede, iconema-fulcro dell’arco absidale con il trono gemmato, i segni apocalittici e l’Agnus Dei. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

Tav. XI - Roma, Santa Pudenziana, catino absidale. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

Tav. XII – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat.5407 f.154, abside di Santa Pudenziana, disegno annotato da A. Chacòn. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A).

Tav. XIII – Roma, Santa Prassede, catino absidale. Tav. XIV-XV – Roma, San Giovanni in Laterano, catino absidale

attuale, e disegno seicentesco del mosaico absidale. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

Tav. XVI – Tau legato al chrismon. Graffito inciso presso la Cripta dei Papi, nel cemeterio di S. Callisto a Roma. (GUARDUCCI 1958, Fig.148 p.305)

Tav. XVII – Tau legato al chrismon. Lapidetta romana oggi al Museo Civico di Bologna. (GUARDUCCI 1958, Fig.151 p. 308).

Tav. XVIII – Tavola riportata da Testa): “Evoluzione grafica del Chrismon….” (TESTA 1981, Fig. 146 p.401).

Tav. XIX – Tavola riportata da Testa: “…i principali incontri di questo segno con gli altri Nomi di Gesù Cristo.” (TESTA 1981, Fig. 147 p.403).

Tav. XX – Roma. Lapide sepolcrale di S. Callisto: colomba con un cero o fiaccola o nell’atto di incidere il monogramma di Cristo. (GUARDUCCI 1958, Vol. I, Fig. 71 p. 188 e WILPERT 1929-1936, III SUPPL., Fig. 228 P. 9)

Tav. XXI XXII – Ravenna. S. Vitale, mosaico dell’imperatore Giustiniano, ed il particolare dello scudo con il monogramma di Cristo. (BOVINI 1957)

Tav. XXIII – Roma. Musei Vaticani, Lastra inv. Lat. n.198. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C)

Tav. XXIV – Roma. Musei Vaticani, Fronte (fram.) inv. Lat. n.170. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C)

Tav. XXV-XXVI - Roma, graffito sul muro g, del trofeo di S. Pietro,

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INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

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nella Basilica di San Pietro in Vaticano. (GUARDUCCI 1958, Vol. II, p. 127).

Tav. XXVII – Labaron, moneta nummus di Costantino coniato ad Arles. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

Tav. XXVIII a e b – Medaglione di Costantino, coniato a Ticinum.Dritto e rovescio. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

Tav. XXIX –XXX – Roma. Musei Vaticani, sarcofagi di Passione: 1- inv. Lat. nn. 106; 2- sarcofago di Sesto Probo (part.) (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

Tav. XXXI - Roma. Campo Santo Teutonico, sarcofago con la croce monogrammatica insieme alle lettere apocalittiche, a e w. (DAICKMANN 1967, FIG. 138).

Tav. XXXII – Roma. Musei Vaticani, sarcofagi di Passione: 1- inv. Lat. nn 174 a (CASARTELLI NOVELLI 1996 C E DAICKMANN 1967, FIG. 208).

Tav. XXXIII a e b - Roma. Musei Vaticani, sarcofagi di Passione: inv. Lat. nn. 171, anche il part.).(CASARTELLI NOVELLI 1996 C E DAICKMANN 1967, FIG. 49

Tav. XXXIV – Lapide aquileiese, simbolo cristiano in forma di croce monogrammatica collocato sulla testa di un’orante.(Lapide inedita ritenuta da GUARDUCCI 1958Fig. 106 p.238)

Tav. XXXV – Simbolo cristiano in forma di chrismon posto con studiata precisione sulla testa dell’orante in un epitaffio romano. Mutilo marmo sepolcrale rinvenuto nel cimitero di Domitilla. Guarducci 1958, Fig.107 p. 238).

Tav. XXXVI – Moneta con monogramma costantiniano. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A)

Tav. XXXVII – Piantina di Gerusalemme nel I secolo. Posizione del Golgotha presso il Gareb. (BAGATTI – TESTA 1978-84, Fig. 1)

Tav. XXXVIII – Schizzo della topografia del Golghota. (BAGATTI – TESTA 1978-84, Fig. 2)

Tav. XXXIX a e b – a) Pianta del S.Sepolcro secondo l’Itinerario di Arculfo c.670. (BAGATTI – TESTA 1978-84, Fig. 8); b) De locis Sanctis, Vienna, cod. 458, f.4v, Il S. Sepolcro di Gerusalemme secondo Arculfo.. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A, P.165)

Tav. XL – Parigi. Bibliothèque National, Nouv. Acq. Lat. 1132, f. 33v, La visione della nuova Gerusalemme nell’Apocalisse di Saint’Amand. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A, P.165).

Tav. XLI – Monza. Museo della cattedrale, Ampolla n.4, rovescio. (GRABAR 1958, Plance X).

Tav. XLII - Monza. Museo della cattedrale, Ampolla n.5, rovescio. (GRABAR 1958, Plance XI).

Tav. XLIII - Monza. Museo della cattedrale, Ampolla n.5, diritto. (GRABAR 1958, Plance XI).

Tav. XLIV - Bobbio, Ampolla n.15. (GRABAR 1958, Plance XLV). Tav. XLV – Nazareth. Mosaico pavimentale di Kh. Siyar el-Ghanam,

da Testa apprendiamo: “…da vecchie rovine scoperte negli scavi nel 1955 è venuta alla luce una vasca in rapporto ideale con il tema del pavimento in mosaico che si trova attiguo alla vasca stessa, nel lato Nord, nella navata centrale della Chiesa: vasca e tema del mosaico che dovevano far parte piuttosto dell’edificio cultico di Stile sinanogale, anteriore alla

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INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI

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costruzione bizantina. In uno dei campi del pavimento (di nostro interesse) è la croce monogrammatica…” (Testa 1981, Fig.8 p.2)

Tav. XLVI – Costantinopoli. Santa Sofia, figura della croce ‘emperlee’. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C)

Tav. XLVII - Ravenna. La croce del catino absidale di S. Apollinare in Classe. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C)

Tav. XLVIII – Pianta del Foro romano alla fine dell’Impero. (LUGLI 1946, TAV. IV)

Tav. XLIX – La Basilica di Costantino. Schema ricostruttivo (G. Tognetti).(LUGLI 1946, FIG. 56 P.228)

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FONTI

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. I – çatal Hùyuk, decori parietali ad Tav. II – Arezzo, Pieve di S. Maria. Facciata <<albero della vita>>. (Vd. TOPOROV 1973 esterna. e CASARTELLI NOVELLI1996

Tav. III – Treviri. Stadtbibliothek, cod.31 f.71r, La visione di Giovanni: l’agnello crucigera e l’albero della vita al centro della <<Nuova Gerusalemme>>. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A)

Tav. IV a, b - tavola dei segni cosmici (I. PENA – P.CASTELLANA – R. FERNANDEZ Les cènobites syriens. Milano, 1983.)

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. V a, b - tavola dei segni cosmici (I. PENA – P.CASTELLANA – R. FERNANDEZ Les cènobites syriens. Milano, 1983.)

Tav. VI – Roma, Basilica di San Clemente. Catino absidale.

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. VII -VIII – Roma, Santa Maria Maggiore, particolare dell’iconema-fulcro apocalittico al centro dell’arco absidale, prima e dopo i restauri (foto B. Zanardi).

Tav. IX – Roma, SS. Cosma e Damiano, iconema-fulcro dell’arco absidale con il trono gemmato, i segni apocalittici e

l’Agnus Dei. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. X – Roma, Santa Prassede, iconema-fulcro dell’arco absidale con il trono gemmato, i segni apocalittici e l’Agnus Dei. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

Tav. XI - Roma, Santa Pudenziana, catino absidale. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XII – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat.5407 f.154, abside di Santa Pudenziana, disegno annotato da A. Chacòn. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A).

Tav. XIII – Roma, Santa Prassede, catino absidale.

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XIV-XV – Roma, San Giovanni in Laterano, catino absidale attuale, e disegno seicentesco del mosaico absidale. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XVI – Tau legato al chrismon. Graffito inciso presso la Cripta dei Papi, nel cemeterio di S. Callisto a Roma. (GUARDUCCI 1958)

Tav. XVII – Tau legato al chrismon. Lapidetta romana oggi al Museo Civico di Bologna. (GUARDUCCI 1958).

Tav. XVIII – Tavola riportata da Testa: “Evoluzione grafica del chrismon….” (TESTA 1981).

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XIX – Tavola riportata da Testa: “[..] i principali incontri di questo segno con gli altri Nomi di Gesù

Cristo.” (TESTA 1981).

Tav. XX – Roma. Lapide sepolcrale di S. Callisto: colomba con un cero o fiaccola o nell’atto di incidere il monogramma di Cristo. (GUARDUCCI 1958 e WILPERT 1929-1936)

Tav. XXI – Ravenna. S. Vitale, mosaico dell’imperatore Giustiniano ed il particolare dello scudo con il monogramma di Cristo. (BOVINI 1957)

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XXII – Ravenna. S. Vitale, mosaico dell’imperatore Giustiniano, particolare dello scudo con il monogramma di Cristo. (BOVINI 1957)

Tav. XXIII – Roma. Musei Vaticani, Lastra inv. Lat. n.198. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C)

Tav. XXIV – Roma. Musei Vaticani, Fronte (fram.) inv. Lat. n.170. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C)

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XXV-XXVI - Roma, graffito sul muro g, del trofeo di S. Pietro, nella Basilica di San Pietro in Vaticano. (GUARDUCCI 1958).

Tav. XXVII – Labaron, moneta nummus di Costantino coniato ad Arles. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C).

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XXVIII a e b – Medaglione di Costantino, coniato a Ticinum. Dritto e Rovescio. (CASARTELLI

NOVELLI 1996 C).

Tav. XXIX – Roma. Musei Vaticani, sarcofagi di Passione - inv. Lat. nn. 106 (CASARTELLI NOVELLI

1996 C).

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XXX – Roma. Musei Vaticani, sarcofagi di Passione- sarcofago di Sesto Probo (part.) (CASARTELLI

NOVELLI 1996 C).

Tav. XXXI - Roma. Campo Santo Teutonico, sarcofago con la croce monogrammatica insieme alle lettere apocalittiche, e . (DAICKMANN 1967, FIG. 138).

Tav. XXXII- Roma. Musei Vaticani, sarcofagi di Passione: 1- inv. Lat. nn 174 a (CASARTELLI NOVELLI

1996 C E DAICKMANN 1967, FIG. 208).

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XXXIII a e b - Roma. Musei Vaticani, sarcofagi di Passione: inv. Lat. nn. 171, anche il part.).(CASARTELLI NOVELLI 1996 C E DAICKMANN 1967, FIG. 49

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XXXIV – Lapide aquileiese, simbolo cristiano in forma di croce monogrammatica collocato sulla testa di un’orante.(Lapide inedita ritenuta da GUARDUCCI 1958Fig. 106 p.238)

Tav. XXXV – Simbolo cristiano in forma di chrismon posto con studiata precisione sulla testa dell’orante in un epitaffio romano. Mutilo marmo sepolcrale rinvenuto nel cimitero di Domitilla. Guarducci 1958, Fig.107 p. 238).

Tav. XXXVI – Moneta con monogramma costantiniano. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A)

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XXXVII – Piantina di Gerusalemme nel I secolo. Posizione del Golgotha presso il Gareb. (BAGATTI – TESTA 1978-84, Fig. 1)

Tav. XXXVIII – Schizzo della topografia del Golghota. (BAGATTI – TESTA 1978-84, Fig. 2)

Tav. XXXIX a – a) Pianta del S. Sepolcro secondo l’Itinerario di Arculfo c.670. (BAGATTI – TESTA 1978-

84, Fig. 8). (CASARTELLI NOVELLI 2000 A, P.165)

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XXXIX b– De locis Sanctis, Vienna, cod. 458, f.4v, Il S. Sepolcro di Gerusalemme secondo Arculfo. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A, P.165)

Tav. XL – Parigi. Bibliothèque National, Nouv. Acq. Lat. 1132, f. 33v, La visione della nuova Gerusalemme nell’Apocalisse di Saint’Amand. (CASARTELLI NOVELLI 2000 A, P.165).

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XLI – Monza. Museo della cattedrale, Ampolla n.4, rovescio. (GRABAR 1958, Plance X). +

ΕΛΕΟΝ ΞΥΛΟ (Υ ΖΩΗΣ Τ)ΩΝ ΑΓΙΟΝ ΤΟΠΩΝ

Tav. XLII - Monza. Museo della cattedrale, Ampolla n.5, rovescio. (GRABAR 1958, Plance XI).

ΑΝΕΣΤΙ Ο ΚΥΡΙΟΣ (+ΕΥΛΟΓΙΑ ΚΥΡ) ΙΟΥ ΤΩΝ ΑΓΙ(ΟΝ ΚΡΙΣΤΟΥ ΤΟΠΩΝ)

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XLIII - Monza. Museo della cattedrale, Ampolla n.5, diritto. (GRABAR 1958, Plance XI). +

ΕΛΑΙΟΝ ΞΥΛΟΥ ΖΩΗΣ ΤΩΝ ΑΓΙΩΝ ΧΥ ΤΟΠΩΝ

Tav. XLIV - Bobbio, Ampolla n.15. (GRABAR 1958, Plance XLV).

ΑΝΕΣΤΙ Ο ΚΥΡΙΟΣ + ΕΥΛΟΓΙΑ ΚΥ ΤΩΝ ΑΓΙΟΝ ΤΟΠΩΝ

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XLV – Nazareth. Mosaico pavimentale di Kh. Siyar el-Ghanam, da Testa apprendiamo: “[…]da vecchie rovine scoperte negli scavi nel 1955 è venuta alla luce una vasca in rapporto ideale con il tema del pavimento in mosaico che si trova attiguo alla vasca stessa, nel lato Nord, nella navata centrale della Chiesa: vasca e tema del mosaico che dovevano far parte piuttosto dell’edificio cultuale di Stile sinanogale, anteriore alla costruzione bizantina. In uno dei campi del pavimento (di nostro interesse) è la croce monogrammatica […]” (Testa 1981, Fig.8 p.2)

Tav. XLVI – Costantinopoli. Santa Sofia, figura della croce ‘emperlee’. (CASARTELLI NOVELLI 1996 C)

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XLVII – Ravenna. La croce del catino absidale di S. Apollinare in Classe. (CASARTELLI NOVELLI

1996 C)

Tav. XLVIII – Pianta del Foro romano alla fine dell’Impero.(LUGLI 1946, TAV. IV)

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TAVOLE DELLE ILLUSTRAZIONI

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Tav. XLIX – La Basilica di Costantino. Schema ricostruttivo (G. Tognetti).(LUGLI 1946, FIG. 56 P.228)