Sul Romanzo - Anno I n. 0 - Mar 2010

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Il numero 0 della webzine "Sul Romanzo"

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03 L’editorialedi Morgan Palmas

uSommario

05Vita standard di uno scribacchino provvisorioStrike a pose!di Giovanni Ragonesi

08Racconti dal retrobottegaIl libraio è quel mestiere...di Geraldine Meyer

12Prospettiva fantasyRadici della letteratura fantasydi Marcello Marinisi

14La luna nera, la metà oscura del mondoBinah, la Grande Madre e l’atarassico Diodi Maria Antonietta Pinna

18I (rin)tracciatiOttiero Ottieri e bipolarismo psicoindustrialedi Alessandro Puglisi

22Viaggio nel pensiero antico alla scopertadell’identità europeaAlle radici dell’Europadi Adriana Pedicini

26Snorkeling letterarioLinguaggio dello stupore e dell’ascoltodi Michele Ruele

30Editori: il catalogo qual è?Quodlibetdi Paolo Melissi

36CinematuraAlice in Wonderlanddi Claudia Verardi

40TarantulaKomunikato n.ro 1di Roberto Orsetti

44L’angolo delle intervisteAlessia Colognesi. Il giardino dei viandantidi Morgan Palmas

48Poesia e racconto del mesesu La xenofobia

Sabrina Mantini – Follia ... mania ... xenofobia

Sara D’Ippolito – Tutto va come deve andare

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33Vetrioli sparsiC’era una volta a Torino il caffè letterariodi Emanuele Romeres

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la webzine sul romanzo nasce con l’obiettivo di fornireuna nuova e umile chiave per decifrare la realtà letterariache ci circonda, così complessa da sembrare talvolta unadelicata commedia d’inganni e finzioni, talora un vaso dipandora dai mille flutti caotici. la nostra scelta, forsecontrocorrente di questi tempi, nel senso che l’indifferenzasempre più generalizzata porta molti a rinchiudersi nelproprio orticello, è di esporsi ancor più, partecipare a unprogetto collettivo di informazione e cultura letteraria,consapevoli che siamo ineluttabilmente anime sole cheappartengono al dramma umano, ma altrettanto convintiche ciò non possa giustificare una distaccata o snobisticarassegnazione rispetto ai saperi e alla società.

la rete ha generato un effetto volano negli scambi fra lepersone che amano la letteratura, ne sono un esempio iblog letterari o i social network dedicati ai libri. tuttofulmineo, temporaneo, i commenti si perdono, i postscendono per poi sparire. noi abbiamo il desiderio diritrovare i tempi della riflessione, viaggiando verso casa,alla scoperta di noi stessi.

non so se condividete la sensazione: accade nel maremagnum di internet che ci si senta come dei boviniall’interno di un allevamento intensivo, con le giornate chevolano e con un destino che pare già concordato. non è lamorte della carne il tema, ma l’eclissarsi della riflessione,costretti a pensare di fretta, seguendo un commento o unapolemica o l’ultima discussione che per quanto meritoriadomani sarà già oblio.

È più semplice seguire il percorso comodo o egoistico edè certo che chi non espone mai le mani sbaglia di rado.non ci interessa trovare consolazioni o nuovi conflitti,vorremmo invece proporre i nostri punti di vista sullaletteratura e ciò che la circonda.

chi vive i nostri tempi è costretto ad essere aut aut: o ci sipone le domande o si fa finta di nulla accontentandosi delquotidiano vivere fra attività e oggetti che placano peralcuni istanti i desideri dell’ego, accettando lacci e lacciolipregni di una offuscata ipocrisia e d’una pigriziaintellettuale.

la redazione non è chiusa, vorrebbe essere quanto piùaperta possibile e consigliamo a chi volesse collaborare,anche solo suggerendo un’idea, di scriverci [email protected].

gli articoli della webzine sono pubblicati sotto l’egida dilicenze creative commons e nella prima fasesperimentale la webzine non rappresenta una testatagiornalistica poiché i contenuti saranno aggiornati senzaalcuna periodicità. non può pertanto considerarsi unprodotto editoriale ai sensi della legge n.62/2001.

Vi auguriamo buona lettura.

di Morgan Palmas - [email protected]

Sul Romanzo - Rivista elettronica di informazione e cultura letteraria

Anno I • n. 0 • Marzo 2010

Progetto editoriale: Morgan Palmas

art director: Marcello Marinisi

Progetto grafico e iMPaginazione: annalisa castronovoe Marcello Marinisi

Hanno collaborato a questo nuMero: Marcello Marinisi •Paolo Melissi • geraldine Meyer • roberto orsetti •Morgan Palmas • adriana Pedicini • Maria antoniettaPinna • alessandro Puglisi • giovanni ragonesi •emanuele romeres • Michele ruele • claudia Verardi.

si ringraziano: alessia colognesi • sara d’ippolito •sabrina Mantini.

Per inforMazioni: [email protected]

Web: http://sulromanzo.blogspot.com

foto e iMMagini: deviantart • flickr • spinXpress •Wikimedia commons

tra le iMMagini: 1. Modern Book Printing, sholz & friends,berlino. 3. samuel beckett. 9. Mary-Louise Parker from

Weeds, nagel style. 13. ottiero ottieri. 18. Enlèvement

d'Europe, nöel-nicolas coypel, Philadelphia Museum ofart. 20. The miracle of Fanjeaux, Pedro berruguete. 24.Skrik (L’urlo), edvard Munch, nasjonalgalleriet di oslo. 29.Mia Wasikowska (alice). 31. Johnny depp (il cappellaioMatto). 32. Helena bonham carter (la regina rossa).35. John lennon. 37. bob dylan. 38. alessia colognesi.40. anna Volpi. 41. balraj singh.

citazioni: Wikiquote

note legali: “sul romanzo - rivista elettronica diinformazione e cultura letteraria” è in fase sperimentale,pertanto non rappresenta una testata giornalistica e gliaggiornamenti dei contenuti avvengono senza nessunaperiodicità. non può dunque essere considerato unprodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 2001. gliautori sono responsabili per i contenuti dei loro articoli.

tutti i contenuti della rivista sono rilasciati con licenzacreative commons attribuzione-non commerciale-condividi allo stesso modo 2.5 italia. Per maggioriinformazioni: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/

2010 • Sul Romanzo

uL’editoriale

Vita standard di uno scribacchino provvisorioStrike a pose!di Giovanni Ragonesi

Racconti dal retrobottegaIl libraio è quel mestiere...di Geraldine Meyer

Prospettiva fantasyRadici della letteratura fantasydi Marcello Marinisi

Viaggio nel pensiero antico alla scopertadell’identità europeaAlle radici dell’Europadi Adriana Pedicini

Snorkeling letterarioLinguaggio dello stupore e dell’ascoltodi Michele Ruele

CinematuraAlice in Wonderlanddi Claudia Verardi

TarantulaKomunikato n.ro 1di Roberto Orsetti

L’angolo delle intervisteAlessia Colognesi. Il giardino dei viandantidi Morgan Palmas

Vetrioli sparsiC’era una volta a Torino il caffè letterariodi Emanuele Romeres

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4 Sul Romanzo • 2010

Lo saggio muta consiglio,ma lo stolto resta della sua opinione.

Francesco Petrarca

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52010 • Sul Romanzo

uVita standard di uno scribacchino provvisorio

Valerio s’è svegliato inverso oggi. neppure il cafféaccompagnato dalla sigaretta, ed evacuazione a seguito,sono riusciti a ben disporlo nei confronti di quest’ennesimagiornata grigia.

Valerio ha pressappoco trent’anni ed è segretamente unoscribacchino, nel senso che scrive; ma guai a chiamarlo“scrittore”, per quello attende un contratto di pubblicazionedecente e un biglietto di congratulazioni firmato arbasino,come si usava negli anni ’90. e poi, soprattutto, Valerio nonha il physique du rol per essere scrittore. uno scrittore èimprescindibilmente magro; quantomeno dovrebbe esserloalla sua età. quindi Valerio, oltre a tentare costantementedi imparare l’arte della scrittura, tenta costantemente didimagrire. Ha provato diverse diete, da quella pane edacqua per dieci giorni al mese a quell’altra – un po’scomoda a dirla tutta – a base di lassativi. in questoperiodo sta seguendo un regime alimentare da celiaco purnon essendolo, ma anche in questo caso i risultati sono aldi sotto delle aspettative: quei 7 chili in più non se nevogliono andare.

incamminandosi verso la metro a passo rilassato,malgrado l’orario non del tutto favorevole alla puntualità,Valerio si guarda riflesso sulla vetrina di un barbiere (uno

di quei saloni che passandoci avanti non puoi non chiederticome faccia un posto del genere ad essere ancora apertonell’annus domini 2010). Ha voglia di civetteria oggiValerio. il giorno precedente si è arrovellato sul nie e suiWu Ming, sul nir e su Vittorio spinazzola, su alcunerecensioni di Alias e sulla sua incapacità di seguire unarticolo di andrea cortellessa che pure lo affascinavatanto.

oggi pensa alla foto sul risvolto di copertina di Paologiordano (ancora lui); alle pose ed espressioni marmoreedi antonio scurati che chissà perché gli ricordano la statuadi abramo lincoln a Washington; alla fotogenia di zadiesmith e al 1991 quando aldo busi apparve nudo sullepagine della rivista King per dimostrare “che anche gliscrittori hanno le palle”.

sul potere della giusta scelta fotografica non si disquisisce,Valerio ne è persuaso in perfetto allineamento coi suoitempi. sa che anche il mondo della letteratura ha bisognodi un’iconografica che espliciti sapori e forme, sa chel’autore è un personaggio e anche la sottrazionedell’immagine (come elena ferrante ad esempio) è unacostruzione, volente o nolente, e genera un caso, o unacuriosità, magari un bluff à la J.t. leroy.

Strikea

pose!

di Giovanni Ragonesi - [email protected]

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6 Sul Romanzo • 2010

la metro incede, fermata dopo fermata, verso l’ufficio doveuna nuova e tediosa giornata lavorativa attende Valerio colsuo carico di documenti, una agenda che prevede unascaletta di telefonate e accordi da prendere. Mancanoancora 12 minuti all’ora in cui dovrà timbrare il suocartellino (odioso rito del sistema di controllo dellaproduzione in qualsiasi ambito) e 7 fermate annunciate indoppia lingua da una meccanica voce femminile.

il pensiero delle foto, della giusta scelta,trasporta Valerio indietro nel tempo, al 1948,anno di pubblicazione di Altre Voci Altre

Stanze del giovanissimo – ventiquattrenne –truman capote.

il contratto con la random House era statofirmato due anni prima grazie ad una seried’intermediazioni – successivamenterinnegate da un sempre più alienato escostante truman – dell’amica carsonMccullers e di una rete di contatti intessuti inanni di acrobazie alla redazione del New

Yorker e da lì a quelle di Harper’s Bazzar eMademoiselle. il romanzo proposto era statobruciato in un impeto di purificazione e ilnuovo lavoro, scritto in pochi mesi tra unappartamento nel cuore di new orleans ecasa dei genitori a new York, pronto insecondo giro di bozze.

una mattina truman ricevette una telefonata,e a Valerio parve proprio di udire il trillo di unvecchio e pesante telefono nero fine anni ’40e a seguire la voce squillante e stridula e inotto ottave di capote rispondere al suoeditor, il signor linscott, che dopo un po’ diconvenevoli sul sole e le tempeste di sabbiadella california, passò a chiedergli una fotoper il lancio del libro. truman non aveva inprogramma di rientrare a new York entrobreve e dopo qualche attimo proposetranquillo e spedito al signor linscott diandare lui stesso nel suo appartamento, diaprire i cassetti del suo tavolo e di scegliere,tra le tante foto che avrebbe trovato, quellaritenuta a suo gusto la più appropriata.

così racconta la leggenda, e tra le tante foto,molte delle quali scattate appositamente perriviste e giornali, linscott scelse una fotoprivata, la foto che diede una spintapropulsiva sia al libro che al suo autore.

Valerio ricordava perfettamente quella foto incui il giovanissimo truman dall’aspettoadolescenziale e con gli occhi languidi esbarrati e l’espressione un po’ imbronciata(simile a quella che decenni dopo avrebbecaratterizzato le campagne di Kate Moss)fissa l’obiettivo fotografico; è seduto su una

panchina di ferro, dietro di lui un fitto fogliame, indossa unat-shirt bianca, come quella che di lì a qualche annoavrebbe indossato Marlon brando in il selvaggio, ma su dilui non è aderente, bensì morbida, larga, languida…

quella foto sconvolse l’establishment letterario ededitoriale. non era stato calcolato quell’effetto, non c’eranoalle spalle strategie di marketing che puntavano sulloscalpore e lo scandalo e lo scalpore era del tutto genuino

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e innocente, per quanto potesse esserci innocenza in unaqualsiasi questione in cui era coinvolto Mr. capote.

sette fermate di metropolitana sono veloci da percorreree Valerio adesso si trova nel mezzo dei 320 metri cheseparano la stazione metro dal portone a vetri del suoufficio. fuma un’ultima sigaretta di malavoglia e si concedeancora pochi attimi per pensare alla sua foto da quarta dicopertina, giusto per evitare di continuare a mettere indiscussione le sue capacità intellettive nella comprensionedei fili logici di cortellessa e soprattutto per evitare dipensare all’impianto critico del suo romanzo in cantiere,alle sue decine di file e alle Moleskine scarabocchiate diappunti, nomi, ricongiungimenti di episodi, idee collateralied effetti indesiderati, ellissi e qualche regola grammaticaleancora non del tutto fissa nei suoi neurotrasmettitori. tuttequestioni che lo tormentano e che spesso gli rendono lenotti insonni tanto che al mattino neppure il copriocchiaiealla caffeina spalmato dalle nobili sfere di metallo dellostick da 43 euro riesce a fare dimenticare.

Ma davvero porsi il problema della scelta della fotografiada quarta di copertina è una questione così di secondopiano e frivola? non è quasi sempre la seconda o terzacosa che va a cercare in un libro durante le sue incursionitra i banchi novità delle librerie? non è l’unico appunto cheavrebbe da fare alle officine della Minimum fax quella dinon dedicare troppa cura nella scelta delle foto dei suoiautori? non è per caso una questione centrale sul tipo discrittore che si vuole essere? e a ogni tipo di scrittore noncorrisponde un ben determinato tipo di romanzo? non solo

Jackie collina avrebbe scritto tutt’altro se avesse avuto lefattezze di Maria Venturi, ma anche brett easton ellisavrebbe scritto diversamente se non si vestisse da brookbrothers e non avesse posato – così demi-monde –davanti agli obiettivi canon dei fotografi di Vanity fair.

Pier Vittorio tondelli, nel 1986, si decolorò i capelli e si feceritrarre in versione biondo-platino per il lancio di rimini.umberto eco, ne è sicuro, ha amato la sua barba quasipiù delle cattedrali gotiche. le foto che Henry cartier-bresson scattò a samuel beckett non sono guarda casoun compendio sublime del suo teatro? i ritratti di amélienothomb non ce la rendono così familiare da avere vogliadi acquistare ogni suoi nuovo libro prima ancora dileggerne una recensione incoraggiante?

spenta la sigaretta e messa in bocca una mentina, con unminuto e una manciata di secondi di ritardo già registratidal tesserino aziendale, Valerio entra in ascensore. siguarda allo specchio e in un guizzo tardo adolescenzialepensa che ogni attimo della vita vada sfruttato quando nonè troppo noioso.

tira fuori dalla tasca il suo cellulare con fotocamera 3,2megapixel di definizione e prima che le portedell’ascensore si aprano sul terzo piano, con fare svogliatoma propiziatorio, si scatta una foto.

dopotutto non si sa mai, magari in serata, una volta tornatoa casa, sarebbe riuscito a completare il quarto capitolo euna foto si sarebbe presto resa necessaria.

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8 Sul Romanzo • 2010

di Geraldine Meyer - [email protected]

Ho cominciato a fare la libraia ventidue anni fa. tanti,pochi. non saprei dirlo con precisione. in questo sonomolto bergsoniana e ho una concezione del tempovariabile a seconda dei momenti, delle prospettive, deglistati d'animo e dei frangenti professionali che mi trovo avivere. non vorrei tediarvi con la storia del mio percorso,solo testimoniare una vita fatta di libri, di librerie. einaudi,garzanti, feltrinelli sono solo alcune delle tappe di unageografia libraria che mi ha portata, nel 2006, ad affrontarel'avventura imprenditoriale e a mettermi in società nellagestione di una libreria mia: il trittico, a Milano.

ripercorrere questo itinerario amplifica il tempo trascorsotra gli scaffali se lo guardo dalla prospettiva degli incontrifatti, delle esperienze vissute e dell'evoluzione lavorativache questo mestiere ha fatto registrare. ogni libreria harappresentato un mattoncino in questa costruzioneprofessionale ma, non potendo parlare di ciascuna di loro,vorrei concentrare le mie riflessioni su una in particolare:la feltrinelli di Via Manzoni a Milano. questa piccolagrande libreria ha rappresentato per me qualcosa dispeciale e unico nella mia storia professionale. non sitratta di disconoscere l'importanza delle altre botteghe incui ho avuto la fortuna di lavorare ma di ammettere chequesta libreria mi ha lasciato addosso le cose piùimportanti che ho imparato. sono arrivata in feltrinelli nelmarzo del 1999 e questa data, scritta così, nero su bianco,si staglia ora davanti a me come qualcosa di lontano.eppure presente. si lavorava in modo artigianale e moltorigoroso affrontando una gavetta che oggi, troppo spesso,non si fa più.

quello del libraio è un mestiere che si impara sul campo.edison diceva che un lavoro fatto bene, di qualsiasi cosasi tratti, è fatto dall'1% di ispirazione e dal 99% ditraspirazione. nel senso fisico del termine. È fatto di fatica.questo tanto per sgomberare il campo dalla mistificazioneche troppo spesso circonda questo mestiere e porta adascoltare opinioni sul lavoro del libraio che fannorabbrividire.

allora si cominciava con il lavorare per qualche mese inmagazzino. tra pesanti colli da ricevere, bolle da

controllare, libri da sistemare sul bancone, si prendeva unasorta di confidenza fisica con l'oggetto libro. e si imparavaa valutare l'importanza del controllo del flusso dei libri dalmagazzino alla libreria. non tutti i momenti erano buoni perfar arrivare ai librai la merce ricevuta e lavorata. inmagazzino si controllava che il prezzo segnato sulla bollacorrispondesse a quello di copertina. un lavoro che orasembra superfluo. infatti non si contano i libri che arrivanoalla cassa con discrepanze in tal senso. e uno dei primiconcetti che si impregnavano nella testa era quellodell'umiltà. quando si aprivano i colli i libri venivano divisi

Il libraio è quel mestiere...

uRacconti dal retrobottega

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per editore in modo tale che si spuntassero più o menonello stesso ordine con cui erano registrati nella bolla.anche questo sembra un lavoro superfluo. invececonsentiva di sapere subito se un libro era arrivato, senzaandarlo a cercare a caso sotto una marea di altri suoisimili. e questa era un'altra lezione: non si lavora da solima tenendo conto delle dinamiche di gruppo. il magazzinoveniva considerato nevralgico per il funzionamento dellalibreria. c'è ancora qualcuno che insegna questo?

bene, dopo circa tre mesi di magazzino si passava in

libreria. e qui si continuava con l'impostazione artigianaledi cui parlavo prima. la giornata cominciava con lo stracciodella polvere. si spolveravano gli scaffali e i libri. lavoroumile? certo. Ma essenziale. nel lavoro non bisognafocalizzare l'attenzione solo sull'immediato, sul gestocontingente che si sta compiendo. c'è sempre altro. inquesto caso fare la polvere non era solo pulire. significavaprendere in mano i libri per sistemare lo scaffale, sfogliarliper capire se fossero posizionati nel giusto settore,decidere di metterli di faccia perché avessero una visibilitàdiversa. e si imparava a rendere vivo e dinamico uno

Il libraio è quel mestiere...

2010 • Sul Romanzo 9

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scaffale. Ma sempre c'era un rapporto fisico con i libri.bisognava toccarli, guardarli, prenderli in mano. lo stessoavveniva con il sistema di schedatura e riordino. all'internodi ogni libro (o di una copia se si trattava di libri in numerosuperiore a uno per lo stesso titolo) c'era una scheda conla carta di identità del libro: autore, titolo, editore, giorno diuscita in libreria, numero di copie arrivate. quando il libroarrivava alla cassa, la cassiera levava questa scheda e lariponeva in un cassetto. ad un certo punto della giornata ilibrai raccoglievano le schede e iniziavano il lavoro dirifornimento. le schede, che raccontavano la vita del librocostringevano ancora una volta a confrontarsi fisicamentecon esso. il libraio era costretto a girare per il negozio perguardare con gli occhi l'andamento delle vendite e

decidere cosa fare di quella scheda: riordinare il libro oreinfilare la scheda in una delle copie di quel titolo. certoci si metteva forse qualche minuto in più, ma non siassisteva a storture come quelle odierne di un libraio cheriordina i libri guardando solo lo schermo di un computer.raccolte le schede si dividevano per distributore e siscrivevano i fax a mano.

capite cosa voleva dire, per la memoria bibliografica,scrivere ogni giorno titolo, autore, editore? a questo siaggiunga che, all'epoca, il computer veniva usato solocome banca dati. non riportava le giacenze dei titoli e illoro settore. questo implicava che una volta individuato iltitolo era il libraio che doveva ricordarsi se quel libro erapresente in libreria e dove.

non sono mai stata, per natura, incline a uno sguardomalinconico sul passato, ma forse, senza accorgermene,lo sono diventata per ragioni anagrafiche. lungi da mel'idea di criticare ogni aspetto di modernizzazione delmestiere del libraio. le cose cambiano, si evolvono. itempi si accelerano e ogni cosa sembra doversi adeguarea questo. Pensare che il mestiere del libraio potesseesimersi da questo sarebbe stato forse un po' patetico eanacronistico. Ma come tutte le persone che diventanoadulte comincio a capire che i proverbi hanno più di unfondo di verità. e dire che "non bisogna buttare anche ilbambino insieme all'acqua sporca" è per me qualcosa dipiù di una citazione popolare.

nel mio tentativo di rivalutare, forse inutilmente, metodi dilavoro non proprio aggiornati, e il farlo attraverso i proverbic'è qualcosa di più. c'è il desiderio di non perdere,ammesso che ci sia mai stata, una cultura del mestiere.un recupero anche solo come grido di aiuto di unelemento manuale imprescindibile per fare questo lavoro.certo ci vogliono letture, tante, curiosità. Ma queste sonoun valore aggiunto.

quando sento ragazzi che vogliono lavorare in libreria eportano come motivazione principale il fatto che amanoleggere mi viene da urlare di rabbia. Perché, con il tempoe l'esperienza, ho imparato a capire cosa c'è dietro questaaffermazione. detto questo una riflessione sui supportitecnologici su cui oggi possiamo contare. Programmiinformatici studiati apposta per la gestione della libreriasono una mano santa. non sono così vetusta da osareazzardarlo. sempre tenendo ben presente che questimezzi sono solo un affiancamento alla professionalità. nonla sostituiscono. la aiutano e l'amplificano. solo se questaprofessionalità c'è.

io dico sempre che un libraio imbecille davanti a uncomputer non diventa un bravo libraio. resta un imbecille.non è comunque un caso che il software migliore per lagestione sia Macbook, studiato e realizzato da librai.

credo che come prima puntata di questo viaggio nellavoro di libraia possa bastare. giusto per far capire dicosa si sta parlando.

Sul Romanzo • 201010

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Il libraio, un vecchio dall'aspettovenerando, fissò severamente il giovane un po'

intimidito, in piedi davanti a lui,e lo invitò a parlare.

«Voglio fare il libraio,» disse il giovane principiante «ne ho un grande

desiderio e non so cosa potrebbe trattenermi dal mettere in atto il mio proposito».

Robert Walser

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di Marcello Marinisi - [email protected]

Radici dellaletteratura fantasy

la letteratura di genere viene spesso maltrattata da criticiche muovono invettive, a volte anche feroci, nei confrontidi quegli autori che si avventurano in ambiti in cui leregole sono un po’ più rigide e i topos più definiti che inaltri. uno dei generi che più spesso viene preso di miraè la fantasy.

definita molto spesso e con disprezzo “letteratura perragazzi”, la fantasy viene relegata a letteratura di serieb, nonostante gli autori di pregio che, nel corso degli annie con alterne fortune, si sono cimentati in questo genere.si pensi, giusto per fare qualche esempio, a WilliamMorris (1834-1896) o a Howard Phillips lovecraft (1890-1937) o, ancora, a John ronald reuel tolkien(1892-1973) o, infine, a robert ervin Howard (1906-1936). tutti autori entrati a pieno titolo nei classici dellaletteratura, i cui romanzi vengono ancora oggi ripropostial pubblico dei lettori in tutto il mondo.

in realtà, quella sulla fantasy è una polemica tuttaitaliana. al di là dei nostri confini nazionali, infatti, questo,come altri generi, gode della stessa considerazione dellacosiddetta mainstream. tuttavia ritengo necessarioapprofondire tale disputa, non con l’idea di dare lustro algenere anche nel nostro Paese, quanto piuttosto conl’intenzione di sviluppare un dibattito nuovo, ecertamente meno sterile di quello attualmente in corso,relativo alle prospettive di sviluppo del genere all’internodel nostro humus culturale.

È possibile, insomma, riuscire a pensare a una stradaoriginale per il fantasy italiano?

È per rispondere a questa domanda che, già a partire daquesto numero, cercherò di delineare i tratti caratteristicidel genere, tratteggiare le sue origini e gettare le basi diun dibattito che spero possa trovare un vivace riscontrotra tutti gli appassionati e non.

quando si parla di origini della fantasy, vengono citate lefonti più fantasiose. Molti attribuiscono la paternità diquesto genere letterario a personaggi del calibro diomero e Virgilio (rispettivamente con l’odissea e

l’eneide), altri si dicono figli della divina commedia didante alighieri, altri ancora fanno risalire le origini delgenere ai cicli epici della tradizione europea (carolingio,bretone ecc.), altri addirittura farebbero risalire la nascitadella fantasy alla bibbia, in particolare al Vecchiotestamento. insomma, le ipotesi sono molte e fantasiose,spesso prive dei necessari approfondimenti che possanofare chiarezza su una tematica molto a lungo discussa.

quello che si può affermare con buona approssimazioneè che il genere fantasy trova le sue origini nellaletteratura tardo romantica di William Morris e altri,procedendo a ritroso fino a uno dei capostipiti delpensiero romantico, il filosofo, poeta e scrittore tedesconovalis (pseudonimo di george friedrich Philipp freiherrvon Hardenberg, 1772-1801). egli infatti era un convintosostenitore dell’opera di fantasia, tanto da sostenere chein essa «si rispecchia l’insolito gioco dei rapporti tra lecose e si manifesta l’anima del mondo» [arduini, r.(2010), da “l’unità”, 7 gennaio]. così è al romanticismoe alla prorompente passione per le immagini e per lafantasia che dobbiamo fare risalire le origini del genere.la fantasia si pone come anello di congiunzione tra ilpiano del reale e del soprannaturale e l’esperienzaartistica, sia essa scrittura, pittura o musica, divienepiena consapevolezza di una realtà «vera e perenne cheesiste aldilà del mondo sensibile e delle apparenze»[ibidem].

dunque, è proprio nel potere dell’immaginazione cherisiede la forza del genere. la distinzione tra una buonafantasy e una meno buona sta nella capacità dell’autoredi plasmare mondi possibili, terre che possanoaffascinare il lettore e trasportarlo in una dimensionealtra rispetto a quella esperita nella propria quotidianità.in verità, oggi, e lo vedremo più avanti, nei prossiminumeri, il genere fantasy ha partorito diversi sottogeneriin cui la costruzione di mondi, la fondazione di culture eretaggi storici non ha un peso tanto grande quanto èpossibile evincere, per esempio, nell’opera di John r.r.tolkien. in ogni caso, una caratteristica fondamentale deimondi fantasy sta proprio nella credibilità di quei mondi.l’attenta miscela degli elementi chiamati in gioco deve

uProspettiva fantasy

Sul Romanzo • 201012

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creare un equilibrio possibile, tale che, una volta stabilitele regole, esse non possano essere stravolte a piacimentodall’autore sulla base delle sue esigenze contingenti.

la fantasy è una diretta emanazione del genere fantasticoe per certi versi si compenetrano rendendo in qualche casomolto incerti i confini tra i due filoni. il fantastico si fondasull’introduzione di elementi di fantasia o soprannaturaliall’interno della realtà quotidianamente esperita.ovviamente, questa separazione e categorizzazione èmolto labile e incerta, poiché tracciare una linea didemarcazione netta è quanto mai impossibile.

in ogni caso, possiamo cominciare a parlare di fantasy apartire dalle opere di Morris, lovecraft e Howard. inparticolare quest’ultimo è, a tutti gli effetti, il padre di unodei filoni di maggior successo del genere: il cosiddettosword and sorcery o fantasy epico o, ancora, heroicfantasy. si tratta di romanzi che hanno come protagonista

un eroe dalle caratteristiche sovrumane, capace di impreseimpensabili per i suoi simili. gli attanti principali sonospesso impavidi guerrieri che sfruttano la loro forza e laloro astuzia per riuscire a sconfiggere maghi o streghesenza scrupoli. uno dei maggiori rappresentanti di questatipologia di personaggi è conan il barbaro, le cui gestasono appunto narrate nei romanzi di robert e. Howard.alcuni tendono a lo sword and sorcery dall’heroic fantasy,riscontrando soltanto nel secondo sottogenere la presenzadi maghi, sortilegi o eventi magici. Molti non condividonoquesta suddivisione e, generalmente, si preferisce farecoincidere i due filoni.

la fantasy è un genere giovane, ancora in cerca di unadefinizione certa e condivisa dei suoi canoni. tuttavia c’èstato un autore in grado di gettare le basi per l’evoluzionedel genere, un autore di cui parleremo nel prossimonumero: John r.r. tolkien.

Radici dellaletteratura fantasy

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di Maria Antonietta Pinna - [email protected]

Sul Romanzo • 201014

uLa luna nera, la metà oscura del mondo

binah, amniotica potenza archetipale, femmina, origine eprincipio, datrice di vita e di morte. comprensionesuperna, terzo sephirot della cabala ebraica, associata aMarah, grande Mare.

afrodite emerge dalla salsa acqua marina e la stessaMaria è chiamata Stella Maris.

ne la Pala di Brera, opera di Piero della francesca, datata1472, conservata appunto nella Pinacoteca di brera,Milano, sulla testa della Vergine fluttua un uovo, sospesoad una conchiglia, legata a Venere e al mistero dellarinascita, della salvezza dopo il peccato.

Per i tibetani la conchiglia è sinonimo di purezza, suonodel dharma, le parole sacre del buddha che ridestanodalle tenebre dell’ignoranza.

Visnù la suona per scacciare i demoni.

il mare cela fertile vita, gioielli e segreti. Verso di lui i popolihanno sempre nutrito un atteggiamento ambivalente,paura e attrazione insieme.

Venivano dal mare i serpenti che hanno stritolatolaocoonte e i suoi figli. le mitiche omeriche sireneingannatrici di ulisse, tentano con la voce l’uomomoderno, lo sperimentatore, l’astuto che sa e osa.

e che dire del leviatano di biblica memoria? un mostrodal cuore duro come pietra, inattaccabile, pelle coriacea,resistente alla fiocina. dalla sua bocca spalancata esconofiamme e scintille. l’acqua ribolle sotto il peso delle suesquame.

nel romanzo di Melville l’inafferrabile è una balena biancadi cui l’uomo potrà vedere le parti posteriori, come è dettonel capitolo lXXXVi. qui l’associazione col diavolo èevidente.

dagli atti dei processi per stregoneria, emerge la realtà didonne torturate dall’inquisizione che hanno confessatocommercio col maligno. dopo essere state lungamentesottoposte a tortura e spesso stuprate da devoti giudici e

Binah,

la Grande Madre e

l’atarassico Dio

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152010 • Sul Romanzo

boia, confessavanoche era uso neisabba stregoneschibaciare il deretano deldiavolo, in segno disottomissione alla suapotenza.

Moby dick, il rugoso, enormecetaceo che vive nei mari delsud, mostra luciferino le partiposteriori come esibizione di forzasovrannaturale. il suo stesso non-colore, bianco, ne connota le proprietàontologiche, la sua diabolica essenza.

satana era l’angelo più bello e più luminoso del cieloprima della caduta. la luce, naturalmente unita all’irrealtàdel bianco, acceca allo stesso modo del nero più nero.

non si distingue più niente. il discernimento è annullatodalla troppa luce e dalle tenebre.

e gli abissi del mare ancora non completamente esplorati,siti neri, dove la luce non penetra, ospitano creatureincredibili, dalle forme bizzarre adatte all’oscurità,senz’occhi, trasparenti, con gli organi interni a vista,luminosi, carichi di elettricità.

il mare nero rimane silenzioso mistero.

il mistero fa paura. binah fa orrore.

le antiche dee madri della fertilità, spesso dee della notte,con l’avvento del cristianesimo assumono connotazioninegative e sataniche. si demonizza il femminile,collegandolo al peccato, all’impurità e alla seduzione dellasantità maschile.

si antropomorfizza e controlla ogni aspetto della vita,considerando “l’animalità” una sfera del male.

l’uomo ritiene di essere l’essere superiore perantonomasia che si differenzia dagli animali in virtù della

graziae del suo

privilegiatorapporto con dio.

il diavolo è un signore silvano, irsuto, abitatore di forestee luoghi selvaggi, caprone puzzolente, gatto nero, cane.

l’ermafroditismo naturale dionisiaco, diventerà bestialitàsatanica.

le dee degli inni orfici, fertili e verginicontemporaneamente, maschi e femmine, vengonoassorbite nell’esclusivo culto della Madonna che schiacciala testa del serpente, a sottolineare il perduto rapporto conl’animalità, ormai assimilabile al peccato originale.

l’animale viene perfino sottoposto a processodall’inquisizione. topi, insetti, maiali, gatti, cani, serpenti,vengono accusati di crimini stregoneschi e spessocondannati alle stesse pene cui venivano sottoposti gliuomini. e c’era chi li difendeva e chi li accusava, con tantodi avvocati, giudici e arringhe.

spesso le bestie venivano vestite con abiti umani, perdimostrare che ormai facevano parte del mondoantropizzato, dunque sottrarsi alla pena sarebbe statodifficile.

natura-cultura, due mondi ben distinti. il cristianesimo

di Maria Antonietta Pinna - [email protected]

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16 Sul Romanzo • 2010

opera una cesura netta, tesa verso l’annientamento dellalibertà naturale, in un’ottica disgregante ed antropocentrica.

la distruzione dell’animalità porta alla pazzia, attraversoun processo di alienazione sempre più forte che la religionesistematicamente mette in atto.

la tensione verso il meraviglioso, la gioia della scoperta, ilmondo degli istinti, la magia della natura, vengono tarpati,condannati come di livello inferiore, indegno dell’uomo.

la selvatichezza diventa sinonimo negativo di mostruosità,deformità, cattiveria, bassi istinti.

l’umano non è più animale, di conseguenza perdonoterreno le dee della notte indagatrici dell’istinto, del latooscuro.

tutto viene impietosamente illuminato dalla luce dellagrazia. essa sostituisce l’opacità lunare e, in nome di dioe della sua onniscienza, si fruga dentro le coscienze senzatroppi complimenti, si accusano uomini e animali ditrafficare con potenze occulte, si imbastiscono folli processiper stregoneria con condanne esemplari per maiali e ratti.

l’uomo perde qualcosa di molto importante.

il monoteismo uniforma le pulsioni umane in un’unica

esclusivista direzione, in modo tale che i fedeli diventinogregge controllabile pieno di paure, ma soprattuttoignorante. dio è geloso, un padrone terrificante. guai a chinon si sottomette alla sua volontà.

la religione cristiana, una delle cause principali delladecadenza dell’impero romano e della paganità, ha avutoil merito di proclamare tutti fratelli in cristo, tutti uguali difronte a dio. il servo ha la stessa dignità del padrone. ipoveri uguali ai ricchi. Meraviglioso in teoria.

in pratica dio diventa strumento di potere nelle mani di unachiesa sempre più ricca e tentacolare. il mondo si dividesempre in ricchi e poveri.

si avverte un’involuzione, una volontà esclusivista didominare il dominabile, di sottomettere ciò che non puòessere conosciuto fino in fondo. È l’intrusione dellareligione nell’intimità, la sottomissione a un dogma fallicoe cainita oggi più che mai anacronistico e ridicolo.

risultato. una paura atavica delle donne che si riflette neltessuto sociale.

oggi non stiamo esattamente al tempo degli scrannid’ispezione successivi alla scandalosa Papessa giovanna,ma quasi.

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le donne sono escluse dal sacerdozio e dalle caricheecclesiastiche.

la Vergine è una non-donna che ha affittato l’utero,trasformandolo in un oggetto ad uso e consumo di undogma antropofallico e misogino.

allora non è vero che siamo tutti uguali di fronte a dio.

l’ago della bilancia pende tutto da una parte.

ci sono figli e figliastre in perpetuo disequilibrio.

dio dev’essere strabico oltre che atarassico, sordo,muto, cieco e soprattutto maschio.

non ci si può fidare proprio di nessuno.

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di Alessandro Puglisi - [email protected]

«sono stato tre volte in pericolo di morte (di vita); semprein quei momenti o periodi ho ignorato il pensiero dellamorte»: si legge così a pagina 12 dell’edizione guanda delDe morte, volume uscito nel 1997. circa cinque anni dopo,il 25 luglio 2002, ottiero ottieri muore d’infarto. nel maggiodello stesso anno era stato pubblicato, sempre perguanda, Una irata sensazione di peggioramento, testo daltitolo tanto supremamente profetico quanto beffardamente

ironico.

strana vicenda, letteraria e umana, quella di ottieri.Pioniere, e con tutta probabilità più alto esponente, delcosiddetto “romanzo industriale”, autore che conobbe unsuccesso non sperato forse, e di cui oggi, a sfogliareantologie e storie della letteratura italiana, si fatica a trovartraccia. un successo, si diceva, prodotto da un lungotravaglio “mitopoietico”, coperto e messo in atto dalle sueprime tre opere, dall’esordio con Memorie dell’incoscienza,nel 1954, fino a quel Donnarumma all’assalto del 1959 sulquale sarà necessario, più avanti, condurre unapprofondimento di maggiore sistematicità, passando perTempi stretti, uscito nel 1957 per einaudi nella celebre (e“leggendaria”, per certi versi) collana «i gettoni». unpercorso di coerenza estrema, a ben vedere, che se nelleproduzioni sopradette conosce, come si accennava inprecedenza, la fase di creazione, di poiesi, altresì rimane,nei suoi tratti essenziali e caratterizzanti, presente ecostante e vivo nell’intera bibliografia.

l’io-ottieri attraversa buona parte del secolo ventesimo,oltre a insinuarsi continuamente negli scritti, tracciandouna linea carsica, condotta su emergenze poetico-esistenziali frammiste a volontarie, e frequenti, anche sespesso poi disilluse, smentite, remissioni.

nonostante gli esiti nella carriera di ottieri, particolari sevogliamo, e comunque prepotentemente figli del lorotempo, del “miracolo italiano” degli anni cinquanta esessanta, la formazione dello scrittore, nato a roma, èpiuttosto consueta. la frequentazione del liceo classicodel collegio Massimo dei gesuiti lo porta ad imparare,come scrive egli stesso in L’irrealtà quotidiana, «il fascismoe il dannunzianesimo, poco cattolicesimo, nessun

uI (rin)tracciati

Ottiero Ottieri e bipolarismo

psicoindustriale

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cristianesimo» e precede l’iscrizione alla facoltà di letterede la sapienza, nel 1941, presso la quale conseguirà lalaurea nel 1945, sotto la guida di due maestri del calibrodi natalino sapegno e carlo salinari, con una tesi sulleprose amatorie di leon battista alberti. la specializzazionein letteratura inglese lo condurrà poi alla difficile arte dellatraduzione, e dunque a dare avvio alla sua carriera discrittore partendo dall’essere un letterato, un “umanista”puro.

fatte salve le varie collaborazioni a testate giornalistichee non potendo giocoforza rendere conto degli spostamentidi ottieri tra roma e Milano, dobbiamo invecenecessariamente individuare un punto di svolta, di non-ritorno, nel suo trasferimento a Pozzuoli, nel marzo del1955, a seguito della proposta, ricevuta da adriano olivetti,di lavorare per l’omonima azienda con l’incarico diselezionatore del personale per una nuova fabbricacostruita proprio in prossimità del mare.

Donnarumma all’assalto è infatti il racconto, in forma diatipico diario, dell’esperienza dello scrittore, prestatoall’industria, “al servizio della psicotecnica”, vale a diredella scienza grazie alla quale la selezione degli operaidovrebbe (avrebbe dovuto?) colorarsi di una inumana,asettica, e per questo più affidabile e riscontrabile,scientificità. si sceglie non senza cognizione di causa diriservare spazio maggiore a tale romanzo, poiché sembracontenere in giusta misura ognuno dei temi sviluppati conorganicità ed estensione nell’intera carriera di ottieri, ad

eccezione, forse, o magari contenuta solo in nuce, dellariflessione, precisa e lucida, sulla morte e sull’accettazionedi questa, per la quale ci affideremo, in chiusura, al De

morte di cui sopra.

Ma riflettiamo sulla gestazione di Donnarumma all’assalto:lunga e irta di ostacoli, fra tutti l’insoddisfazione dellostesso autore, che rimaneggia svariate volte l’opera, e leperplessità, dapprima piuttosto convinte e accese, poistemperate, da parte del direttivo della olivetti. basteràdire che ottieri racconta di aver, tra il marzo e il novembre1955, buttato giù «il libro come un piccolo diario, manmano che osservavo quanto avveniva intorno al mio tavolodi lavoro, a Pozzuoli». urgenza della scrittura, dunque, inprima istanza. orbene, se la scrittura, nella primavera del1957 sembra essere a circa un terzo del lavoro, ilromanzo, così come lo conosciamo oggi e col titolo attuale,suggerito in extremis da Valentino bompiani, uscirà solo il30 aprile 1959. Peraltro, non si creda questo come ununicum. la riscrittura, in ottieri, diventa un mezzoessenziale e imprescindibile di confronto col testo, il qualetalvolta finisce per assumere forme inaspettate e nonsempre previste sin dall’inizio.

diario di lavoro, diario “di bordo”, ma anche granderiflessione sull’azienda e sull’aziendalismo (di cui ottierivenne accusato a più riprese), il romanzo, che per talunipuò risultare ostico alla lettura, procede su tempi simili aquelli di fabbrica, attraverso una scansione rigorosa deigiorni e delle settimane, in venti capitoli piuttosto brevi,

Ottiero Ottieri e bipolarismo

psicoindustriale

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scritti con stile ora nervoso ora più disteso, soprattutto incorrispondenza della rappresentazione del binomio trafabbrica e ambiente esterno. gli stabilimenti in cui gli operaicomandano, con perizia e velocità, enormi macchine dimetallo divengono a tratti un purgatorio, un luogod’espiazione. similmente, l’ingrato e arduo lavoro delprotagonista-ottieri lo spinge a riconsiderare l’umanitàdell’azienda, nel confronto con la varia umanità, “poetica”,ma disgraziata, del Mezzogiorno, della quale ildonnarumma del titolo, aspirante operaio che, con gestotitanico si sottrae alla selezione, si libera dal giogo della“domanda di lavoro” e delle valutazioni sulle scheded’esame, rappresenta un magnifico, quanto inetto, anti-eroe. o fabbrica o morte, sembra di sentire, tra le paginepiù spiccatamente “industriali” di ottieri, le quali, sia dettocome nota a margine, ispirarono anche rossellini, per un

film che in realtà non fu mai realizzato.

e giungiamo infine, consci della parzialità di quantoesposto e nelle argomentazioni così come nella vita, allamorte. il De morte, più volte ricordato, si apre sulle parole:«ogni scheggia di morte rimbalza su dio». Possiamo orachiederci: quale dio? e cosa è dio? e cosa è dio in ottieri?in estrema sintesi, e consapevoli di rischiare la forzaturaermeneutica, immaginiamo un dio-fabbrica, trascendentalema allo stesso tempo fortemente corporeo, umorale, al cuiinterno, nelle cui arterie, si muovono turbe di operai, de-personalizzati e così ricondotti all’entità superioredell’azienda.

la misura è colma: ecco perciò che la poetica del bipolare,del ripensamento, della tensione trattenuta, di ottieri, sicompie, deve compiersi, nello stigmatizzare il bisogno, oggipurtroppo più che mai profondamente attuale, diorganizzare, di irreggimentare, questo nostro passaggio sulpianeta terra.

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uViaggio nel pensiero antico alla scoperta della identità europea

di Adriana Pedicini - [email protected]

la tradizione classica costituisce un insostituibilepatrimonio per il nostro Paese poiché essa è alla basedella cultura occidentale e dell’identità europea. dunqueè necessario e auspicabile che alla base dell’iter formativodel cittadino europeo ci sia il mondo classico, cioè quelmondo che per il suo stesso status è trasmissibile, perché

riconosciuto da tutti, perché nellatrasmissione si rivitalizzadiventando così rileggibile in ognitempo. non sapere classicocome mera erudizione,aristocratica chiusura cheverrebbe a contraddire il principiostesso di classicità, ma comecomunicazione di valori che siritengono esemplari, punto diriferimento per una letturaconsapevole del presente in unadialettica di continuità/alterità.

i miti, poi, come segno dellacultura alta, ma anche delleconoscenze più elementari delpopolo greco e latino, sonosempre stati il tentativo di darespiegazioni alle problematicheesistenziali che, in ogni tempo ein ogni luogo, l’uomo si è posto. equesto mantiene costantementevivo il loro fascino, dà loro unalone di attualità: i miti legano ilpresente al passato e ciconsentono di ritrovare le originidella nostra cultura e della nostraconcezione della vita.

Pertanto la presente rubrica vuoleessere un luogo di riflessione sulpatrimonio culturale dell’europaantica fin dalle origini dellaformazione dell’antico continenteper capire meglio il presente eprepararsi più consapevolmenteal futuro. e nel contemporappresenta una interessante eoriginale “navigazione” nel teatroantico che permette di percorrereun cammino di ricerca dei valorietici e delle conquiste delpensiero soprattutto attraverso la

Estremamente breve e travagliata è la vita dicoloro che dimenticano il passato, trascurano ilpresente, temono il futuro: giunti al momentoestremo, tardi comprendono di essere statioccupati tanto tempo senza concludere nulla.

Seneca

Le radici dell’Europa

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più “sintetica” forma d’arte, il teatro appunto, per acquisirela consapevolezza della dimensione storica del presentee della dimensione attuale del passato.

concludendo si ritiene cosa affascinante, soprattutto perle nuove generazioni, andare alla ricerca delle origini delnostro antico continente dal punto di vista antropologico-culturale, convinti che solo la consapevolezza delle proprieradici possa orientare verso la diffusione di valori perennie nel contempo aprire un dialogo con popoli di diversacultura per un confronto e arricchimento reciproci.

1. “Europa” nel mondo classico: tra mito e storia

2. Costumi degli antichi popoli europei

3. Radici classiche della cultura europea

4. Tradizione culturale e dialetto.

1. “Europa” nel mondo classico: tra mito e storia

alla base della ricerca intorno alle origini dell’europa dalpunto di vista antropologico-culturale vi è senz’altro il mitorelativo alla giovane figlia di agenore, re di libia o di lidia,o forse di fenice, rapita da predoni cretesi oppure da zeusstesso, a cui avrebbe dato due figli (Minosse eradamanto), dopo averla trasportata su una terra da leichiamata europa, il quale mito però poco a poco cede ilpasso a notizie più sicure, di natura storiografica, secondole testimonianze di vari autori antichi.

sullo stesso mito di europa sussistono altre varianti: forse

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fu una bellissima ninfa, rapita da zeus e abbandonata poia creta insieme a un cane, armata di un giavellotto. ilcane, nell’immaginario mitico, rappresenterebbe ilcontinente europa, capace di rendere civile qualsiasipopolo, il giavellotto simboleggerebbe l’antagonismo traoriente e occidente. elemento comune alle varie versionidel mito è però creta, sede e culla della civiltàmediterranea, sviluppatasi nel iii millennio a.c. e divenutapunto di congiunzione tra le civiltà asiatiche e i popolieuropei, essendo da essa derivata la civiltà greca che influìsulla civiltà di tutta l’europa.

Più tardi il termine europa passò a designare una zonageograficamente definita, i cui confini risultano citati perla prima volta in un inno pseudo-omerico, come di unaterra diversa da quelle bagnate dal mare egeo. in seguitoesso fu utilizzato dai greci per indicare tutto il territorio chesi estendeva a nord del mar Mediterraneo, fino al fiumetanai (don) verso est e fino al grande Mare (atlantico)verso ovest; i confini settentrionali rimasero ignoti a lungo,abitati - secondo la tradizione - dal mitico popolo degliiperborei. anche le caratteristiche fisiche (idrografiche,botaniche, climatiche, ecc.) dell’antica europa ci sonoriferite da parecchie testimonianze letterarie earcheologiche, così come è possibile venire a conoscenzadegli usi, costumi, caratteristiche economico-sociali deisuoi primi abitatori.

di “europa”, invece, intesa come concetto culturale,identità politica a sé, troviamo già approfondita analisi nelpensiero greco. Per secoli l’appartenenza a questa entità,distinta dall’asia dei barbari e dall’oriente, è statacoscienza acquisita.

l’europa, comunque, non è il più antico centro diinsediamento: gli abitatori vi giunsero da altre regionisituate a oriente. da ciò deriva l’affinità che fin dall’antichitàha accomunato gran parte dei popoli europei nellecaratteristiche somatiche, nella lingua, nei costumi,nonostante le molteplici differenze attuali.

inoltre ciò che distingue l’europa da ogni altro continenteè la sua civiltà unitaria, anche se le vicende storichehanno determinato nel corso dei secoli l’individualità deipopoli europei.

nel mondo contemporaneo l’idea di europa si è venutaprogressivamente evolvendo, assumendo sfumature esignificati diversi ma sempre nel nome dell’unificazione deipopoli, nonostante ci troviamo in un momento storico in cuitutto appare molto confuso in un senso alienante diprecarietà, dato l’esteso fenomeno dell’immigrazione.

2. Costumi degli antichi popoli europei

l'educazione al rispetto delle culture e delle tradizioniproprie ed altrui come patrimonio inalienabile di ciascunoè il risultato dei processi educativi contestualmente

influenzati dai mutamenti culturali. la radice di taleatteggiamento culturale e comportamentale è ravvisabilenel comune spirito europeo che lega i popoli con un vincolosuperiore a ogni distinzione di nazione e di razza.

la patria del nostro spirito è per tutti noi l’antico. studiareil passato e conoscere i costumi degli antichi popoli è unpo’ conoscere noi stessi che ne siamo il risultato; econoscere noi stessi è l’unico modo per dominarerazionalmente la nostra vita e aprirci al dialogo con gli altripopoli e quindi alla pace attraverso l’acquisizione di scaledi valori, modelli, termini di paragone, paradigmi che ormaifanno parte dei nostri meccanismi interiori e che dannouna forma (perciò formativi) alle esperienze future. solocosì è possibile abituare soprattutto le giovani generazionial rispetto dell'altro come sentimento e ragione, allatolleranza per tutti gli aspetti che riguardino il vivere civilee i rapporti interpersonali, a percepire l'identità, pur nellaeterogeneità delle lingue, razze, costumi, religione,dell'essere umano in quanto tale e nel suo divenire storico.inoltre è utile leggere nel passato non solo l'identico maanche il diverso da noi in fatto di etica, politica, e processisociali in genere, al fine di guidare alla ri-scoperta di valoriperenni e di sentimenti universali onde poter valorizzare almeglio il concetto di tradizione, ovvero quella continuità trapassato e presente che solo attraverso le opere degliantichi può essere colta nella maniera didatticamente piùfruttuosa ai fini dell'approccio alle diverse civiltà letterarie.

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Appendice

Galli e Germani a confronto (ces. de bel. gal. Vi, 24)

ac fuit antea tempus, cum germanos galli virtutesuperarent, ultro bella inferrent, propter hominummultitudinem agrique inopiam trans rhenum coloniasmitterent. itaque ea quae fertilissima germaniae sunt locacircum Hercyniam silvam, quam eratostheni et quibusdamgraecis fama notam esse video, quam illi orcyniamappellant, Volcae tectosages occupaverunt atque ibiconsederunt; quae gens ad hoc tempus his sedibus sesecontinent summamque habet iustitiae et bellicae laudisopinionem. nunc quod in eadem inopia, egestate, patientiaqua germani permanent, eodem victu et cultu corporisutuntur, gallis autem provinciarum propinquitatis ettransmarinarum rerum notizia multa ad copiam atque ususlargitur, paulatim adsuefacti superari multisque victi proeliisne se quidam ipsi cum illis virtute comparant.

Pure, fu già tempo in cui i galli vincevano di valore igermani, facevano loro guerra per primi, mandavanocolonie oltre il reno per riparare all’eccessiva popolazionee alla scarsità dei terreni. e così i luoghi più fertili dellagermania, quelli attorno alla selva ercinia*, che vedoconosciuta da eratostene e da altri greci - ma essi lachiamano orcinia -, furono occupati dai Volci tettòsagi,che vi posero sede; e abitano ancora il paese e hanno altafama di giustizia e di valor militare. oggi, i germanicontinuano a vivere come prima, poveri, bisognosi,rassegnati al medesimo vitto e durezza di vita, mentre igalli, data la vicinanza delle nostre province e laconoscenza dei prodotti d’oltremare, hanno grandeabbondanza e comodità; e così, assuefatti a poco a pocoa sentirsi inferiori, e vinti in molte battaglie, essi per i priminon pensano neppure a paragonarsi con loro in valore.

*la selva ercinia, oltre all’attuale selva nera,comprendeva tutto il sistema delle alture a nord deldanubio, fino alla porta di Moravia.

Fine prima parte

Non si raccomanderà mai abbastanza la letturadiretta dei testi originali... nessun libro che parladi un libro dice di più del libro in questione

I. Calvino, Perché leggere i classici

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c'è in La storia di elsa Morante questa frase moltosemplice che muove da un concetto molto semplice (occhiche riflettono il carattere, certo che è semplice). si trattadi ida, la madre:

E nei suoi grandi occhi a mandorla scuri c'erauna dolcezza passiva, di una barbarieprofondissima e incurabile, che somigliava a unaprecognizione.

Varrebbe la pena di avventurarsi su questa pista dellaprecognizione, è la pointe che pizzica di più nelle duerighe.

Poi però un altro concetto: che cos’è la dolcezza passiva?nella vita può succedere che si avverta la dolcezzapassiva in qualcuno, ma si può metterci anche dei decenniprima di capirlo e anche prima di capire e distinguere cheesistono diverse forme di dolcezza. chi legge i romanziinvece trova delle scorciatoie. si può risparmiare decennidi esperienza e guadagnare in consapevolezza.

che cos'è la dolcezza passiva?

quante dolcezze esistono?

È l'esercizio della verità che porta all'invenzionedel linguaggio, e non viceversa. Col puro eserciziodelle parole si potrà magari combinare un artificioelegante, ma non si inventa nulla.

Elsa Morante

quando la scrittura è corpo vivo, corpo di verità, con le sueombre e con la sua densità e con i suoi odori o profumi econ la sua coerenza – quando è così la lettura permette divivere (già: vivere, il sistema dell’immaginazione non èmeno vero del sistema “reale”) situazioni che quasi semprenon sono alla portata del lettore, di sicuro mai nel momentoin cui legge. e anche permette di vedere e sentire comeun altro vede e sente; non meno importante, permette diconoscere lo sforzo di esprimersi.

quanto impara il lettore dei grandi romanzi di idee, diciamoda Anna Karenina? la varietà nel carattere di levin è unascuola sentimentale in cui si impara la sofferenza amorosasenza essere stato innamorato, non corrisposto (non inquel modo), si affrontano incubi notturni con lupi alle

di Michele Ruele - [email protected]

Linguaggio dello stupore e dell’ascolto

uSnorkeling letterario

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calcagna, si falcia il grano esaltati dalla fatica e si vamalvolentieri a caccia di beccacce per poi tornare un po’più felici di come si era partiti.

l’accostamento a tolstoj può apparire azzardato, secondome non lo è, vale la pena di leggere i raccontidell’americano thom Jones, per esempio in Ondata di

freddo (minimum fax, 2003).

Per una narrativa dalle grandi ambizioni come queste(ammesso che siano da considerare ambiziose categoriecome lo stupore, la meraviglia, l’ascolto) servono tecnicae serve aver imparato a vivere, sapere come sono fatte lecose che si racconta. non necessariamente le proprie.forse è fortunato lo scrittore che elabora questi sguardisensibili, sicuramente è fortunato il lettore che lo incontra.che ne sa una donna degli smarrimenti amorosi di unvecchio commesso che ha vissuto aridamente fino aquando...

La guida di Margot era agile: – Ha mai pensatoche guidare un’auto sia una danza? – Non loaveva mai pensato il signor Thomas e per rispostala guardava meravigliato.La strada serpeggiava tra boschi e campagnaaperta e Margot accompagnava le variazioni conlievi inclinazioni del busto, maneggiando leggerail volante. C’era una naturalezza totale nei suoimovimenti, sicché il commesso si abbandonò,scivolando nel sopore; gli occhi vedevano unpaesaggio che la mente registrava con unbenessere vasto, comprensivo di tutto. Quando,l’ultima volta, era stato bene così? O era la prima?

La prima volta in vita sua?Allungò le gambe e l’occhio gli sfuggì d’istintosulle gambe della sua compagna, sulla seta chiaradelle calze, sulle ginocchia che affioravano,lievemente divaricate, sotto la stoffa scura dellagonna.Forse era la prima volta in vita sua. E lo sguardosoddisfatto si rivolse al paesaggio circostante.

Marta Morazzoni, L’estuario, Longanesi 1996

la capacità di descrivere una fotografia e far vedere allettore che è stata presa un attimo prima che la ragazzaritratta stia per sorridere. com’è un volto un attimo primache sorrida? con quale lente si può rilevare la piega dellabbro che lo annuncia?

Mario fortunato, ugo cornia, scrittori molto diversi tra loro,sanno raccontare questa variabilità. rapsodia di titoli:L’arte di perdere peso (einaudi) di fortunato; Quasi amore

(sellerio) e Sulle tristezze e ragionamenti

(quodlibet/compagnia extra) di cornia. Ma ci si puòmettere anche degli altri classici, da Un borghese piccolo

piccolo di Vincenzo cerami a Uomini, boschi e api di Mariorigoni stern, oppure libri ingiustamente meno conosciuticome Il signore degli occhi di roberto Pazzi (frassinelli2004): in questo romanzo l’uomo più ricco e potente d’italiasi ritira dalla vita politica in un convento benedettino,rifiutando lo stile di vita precedente.

giulio Mozzi narra cose e sentimenti con quella finezza,con lo sguardo attento e fluttuante, che comprendeparticolare e generale: per esempio nel racconto

Linguaggio dello stupore e dell’ascolto

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L’apprendista in Questo è il giardino (prima edizionetheoria, poi Mondadori, ripubblicato nel 2005 da sironi) ilprotagonista è un ragazzino operaio alle prime armi, chepensa da operaio con il suo orizzonte di vita preciso, i suoidesideri e con la sua necessità di elaborare attorno a séun mondo conformato ai valori della fabbrica.

la scrittura dotata di un corpo deve aspirare alla verità epresupporre un pubblico vivo e vegeto. si legga il recenteMozzi di Sono l’ultimo a scendere e altre storie credibili

(Mondadori 2009). Ma prima ancora di questo libro, Mozzi:

Io credo di essere assolutamente incapace discrivere senza un pubblico davanti. Non so se èesibizionismo; se lo è mi sta bene. Una frase cheho sentito dire spesso, sia da scrittori cosiddettiprofessionisti sia da scrittori cosiddetti delladomenica, ossia “io scrivo soprattutto per me”, misembra quasi priva di senso. Chiedo perdono perla banalità del ragionamento, ma devo dire:scrivere, come parlare, serve alla comunicazione;se non scrivo rivolgendomi a qualcuno, sono comeuno che parla da solo in una stanza vuota. Nonvoglio dire solo che, quando scrivo, cerco diimmaginarmi una sorta di lettore ideale o dilettore tipo che legga quello che scrivo; voglio direche proprio mi interessa che un pubblico reale, incarne e ossa, ci sia; e, se penso che non ci sia, nonscrivo.Parole private dette in pubblico, prima edizione

Theoria 1997, poi Fernandel 2002

Per questa ricognizione (arbitraria, restano fuori un maredi autori e titoli) sulla fiction che esprime l’esistenza comeuna serie di variazioni che la scoprono, attraverso lostupore e l’ascolto e la meraviglia, che rifiuta lo sguardoombelicale e solipsistico, non si può chiudere senzagianni celati (qui niente titoli rapsodici, si deve leggeretutto, si può segnalare i nuovi Costumi degli italiani 1 e 2,quodlibet 2009):

Le cose sono là che navigano nella luce, escono dalvuoto per aver luogo ai nostri occhi. Noi siamoimplicati nel loro apparire e scomparire, quasiche fossimo qui proprio per questo. Il mondoesterno ha bisogno che lo osserviamo e loraccontiamo, per avere esistenza. E quando unuomo muore porta con sé le apparizioni venute alui fin dall’infanzia, lasciando gli altri a fiutareil buco dove ogni cosa scompare.Non ancora scomparso questo paesaggio, nellabella luce: linee di campi a perdita d’occhio, dicanali stretti e dritti come gli argini, di strade conpoco traffico in queste campagne. E una qualitàdel cielo più fresca, grazie ai venti che circolanosenza ostacoli.

Verso la foce, Feltrinelli 1989

scrive il filosofo aldo giorgio gargani:

L’intellettuale che fa cultura, parla in realtàper tacere... Agita le parole per stendere ilsilenzio su determinazioni fondamentalidell’emotività - quali, per esempio, lo stupore,la meraviglia, l’indecidibilità, l’inspiegabilità,il sentimento dell’enigma, il presagio deldestino -, la quale, in quanto non vienepensata, cioè trasformata mediante sistemi dirappresentazione armonici e finitari, risultadispersa e frammentata... Questo intellettualeè la figura di un uomo terrorizzato.

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l'intento di questospazio è quello diesplorare l'inesaustomondo della piccolaeditoria italiana,“scoprendo” emettendo inevidenza di volta involta eccellenze,progetti e cataloghiche in molti casinulla hanno dainvidiare a editoridalle spalle ben piùgrosse (anzi).

Prima di entrare nel vivo, prendendo in considerazione laprima casa editrice in programma, può essere interessanteavere un'idea approssimativa di quanto stia accadendonegli ultimi anni in italia per quanto riguarda il cosiddettosegmento della piccola e media editoria grazie a qualchenumero. i dati forniti dall'associazione italiana editoriparlano chiaro.

dal 2001 al 2007 si è passati da 650 a 1.259 editori con 5-10 titoli pubblicati ogni anno; gli editori con 11-50 titolipubblicati in un anno, invece, sono passati nello stessoperiodo da 880 a 1.197. ciò significa che, a fronte di untasso di lettura di gran lunga inferiore alle medie dellenazioni europee più avanzate, nel nostro Paese l'iniziativadei piccoli (per non dire piccolissimi) e medi editori èandata crescendo costantemente. di conseguenza èaumentato anche il numero delle pubblicazioni (novità +ristampe), e il fatturato del comparto è salito da 309,4 a368,2 milioni di euro.

stiamo parlando quindi di un mondo sempre più affollatoe articolato, fatto di grandi specializzazioni come di piccoli“generalismi”, di preziosi marchi che fanno della riscopertadi autori il loro credo, di altri che decidono di esplorare ilfittissimo universo di italici scriventi nella speranza discovarne qualcuno che sia scrittore e, perché no, di buonlivello.

a fronte di questacrescita, nelcontempo, si èassistito a unalenta mainesorabiledecrescita dellelibrerie “indipendenti”,“tradizionali” e “diterritorio”, a vantaggio diquelle appartenenti agrandi catene. in pocheparole, si è andatorestringendoprogressivamente il “canale” diriferimento per editori piccoli emedi, che nelle grandi superficidei megastore italici trovano pocospazio.

Parlare quindi di piccoli editori non significaassecondare una posizione “elitista” eprevenuta quanto essere consci del fatto cheogni spazio a favore della piccola editoria (siaben chiaro, non ci si stancherà mai di ripeterlo,non tutta, non a priori) è uno spazio conquistato(spazio mediatico, spazio distributivo, spazioespositivo).

la decisione di partire da quodlibet edizioni non è deltutto casuale. Probabilmente la casa editrice diMacerata, fondata nel 1993 da un gruppo di allievi digiorgio agamben, e guidata da gino giometti e stefanoVerdicchio, esemplifica in modo perfetto il concetto direaltà editoriale di progetto, concretizzata in un catalogoche, solo stando ai nomi degli autori, rimanda a dimensioniben più “grandi”. nell'elenco, diventato particolarmentelungo e articolato nel corso di sedici anni, compaiono tragli altri ingeborg bachmann, carmelo bene, danielebenati, ludwig binswanger, ermanno cavazzoni, giannicelati, georges Perec, Velimir chlebnikov, silvio d'arzo,antonio delfini, franco fortini, ivan illich, emmanuellevinas, giorgio Manganelli, Henri Michaux, Paolo nori,

di Paolo Melissi - [email protected]

Quodlibet

uEditori: il catalogo qual è?

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fernando Pessoa, robert Walser, gillesdeleuze.

dopo una partenza “specializzata” in saggisticae filosofia, quodlibet ha aperto anche allaletteratura e all'architettura. sono andatestrutturandosi così le tre collane principali,“quodlibet”, “quaderni quodlibet” e “inottavo”, affiancate di recente da“Verbarium” e “compagnia extra”, direttada ermanno cavazzoni e dedicata allanarrativa (in catalogo gianni celati,Paolo nori, ugo cornia).

con una veste grafica in cuiprevale il rigore e l'essenzialitàdel bianco, quodlibet può dire diaver raggiunto una identitàprecisa e una conseguenteidentificabilità in libreria, incui la scelta di autori

“preziosi” è fondamentale. nona caso, si deve a quodlibet la

possibilità di leggere L'uomo che dorme digeorges Perec, Conoscenza degli abissi di Henri

Michaux, L'osteria di silvio d'arzo, Costumi degli italiani

di gianni celati, Un artista del digiuno di franz Kafka,Pubblici discorsi di Paolo nori. Ma anche il saggio diprossima uscita Singapore Songlines. Ritratto di una

metropoli di cartapesta di rem Koolhas, che si affianca aIl sogno di ludwig binswanger, al Francis Bacon di gillesdeleuze, all'Atlante della letteratura tedesca curato dafrancesco fiorentino e giovanni sampaolo.

a partire dal prossimo appuntamento, si prevedeanche una partecipazione diretta degli editori, cheavranno modo di raccontare direttamente la storiadella propria casa editrice.

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Si può essere colti sia avendo lettodieci libri che dieci volte lo stesso libro.

Dovrebbero preoccuparsi solo coloro che di libri non ne leggono mai.

Ma proprio per questa ragione essi sono gli unici che non avranno mai preoccupazioni

di questo genere.Umberto Eco

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uVetrioli sparsi

C'era una volta a

Torino il caffè

letterario

di Emanuele Romeres, editor Marco Valerio Edizioni - [email protected]

c'era una volta a torino il caffè letterario. a dire il vero, nonè che avesse sull'insegna un particolare riconoscimento,ma certo è che ai tempi di gozzano i bignè del caffè sancarlo erano più che semplici leccornie, dalle dimensionirigorosamente ridotte al bacio perfetto delle madamincorteggiate dal poeta. il caffè come luogo di incontro,nell'omonima piazza, dove si affacciano ancora il miticocaffè torino, con gli attributi del simbolo cittadinoconsumati dal discreto e pagano sfregare delle scarpinesull'ottone lucido e maschio, e il Mokita, punto di incontroeretico dei goliardi scomparsi, era per il capoluogosubalpino un'istituzione certamente più salda della bigotta

monarchia. non che il conte di cavour disdegnasse lacultura, peraltro, perché sulle poltrone rosse del san carloincontrava e si faceva vedere.

la cultura letteraria del capoluogo, ancora all'inizio delnovecento, si popolava di luoghi di incontro non ufficiali,ma conosciuti e frequentati. da gozzano a Pitigrilli, pergiungere agli anni del secondo dopoguerra con calvino ePavese, rintracciabili più spesso dalle parti di corso reumberto e corso Matteotti, punti di incontro e,naturalmente, scontro, fra la cultura cattolica di monsignorchiavazza e gli scomodi vicini laici dell'einaudi, nellastorica sede di via biancamano. il caffè potevaall'improvviso trasformarsi in arena letteraria vera e vivace.

gli anni settanta restano immortalati dai richiami al caffèelena cantato da enzo Maolucci. era la culturadell'eskimo, e di lì a poco, una ventina di metri più avanti,sarebbe divampato l'incendio dell'angelo azzurro. unamolotov sancì la fine degli eskimo e della stagioneculturale della sinistra extraparlamentare.

la tradizione si è consumata e logorata insieme alla città,sempre più provinciale e isolata quanto più impegnata adautocelebrarsi come capitale del libro e della cultura.capitale di un regno inesistente insieme ai molti altriprimati autoattribuiti da un potere politico ed economico,vassallo di modelli estranei al tessuto sociale e culturaleproprio della città.

invano hanno resistito o tentato di elevare baluardi iquartieri universitari. da via Po a via sant'ottavio, dove siaffaccia l'ormai decadente "Palazzo nuovo", sede dellefacoltà umanistiche. ci hanno provato la PasticceriaPrimavera, complice una casa editrice universitaria, dandospazio a feste di laurea e bookcrossing. né meglio èriuscita l'antica trattoria ala, dove ancora si possonoorigliare liti accademiche condite alla toscana, spiazzatadai self service. bisognosa di diplomi, etichette e,possibilmente, promozioni a capitale di qualcosa, torino si

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è aggrappata al Mood di via cesare battisti. laposizione era favorevole, incastonata fra via roma ePalazzo carignano, a due passi dalle librerie feltrinellie dal tecnologismo di fnac. Peccato che di libri ce nesiano tanti quanto pochi i frequentatori degli aperitividisposti a sfogliarli. Modaiolo quanto poco letterario,ormai, può funzionare per i vernissage, a condizioneche la cultura, quella vera, stia fuori dalla porta.

non andò meglio al rosso rubino, ottima enoteca divia Madama cristina, che ancora oggi primeggia nelleselezioni dei vini. divenuta quasi per caso luogo dioccasionale incontro dei redattori delle molte caseeditrici che ancora oggi si ostinano a restare in città,alla fine ha optato per dare spazio ai libri digastronomia, più apprezzati dagli avventori delle opereletterarie.

la torino da bere decise allora di accantonare l'areacentrale per trasferirsi in piazza emanuele filiberto,con l'aiuto dei personaggi noti del passeggiogiornalistico e musicale cittadino. Peccato che ipersonaggi fossero un po' appannati e i conti dei localidisastrati. d'altra parte, fra scrittori non paganti,cantanti in declino e politicotti rampanti, il destino erasegnato in partenza.

non restava che piangere, oppure infilarsi allachetichella nei salotti ottocenteschi di florio, in via Po.non tanto speranzosi di incontrare intellettuali, quantoper spiare le ambientazioni dei romanzi rosa distefania bertola. che vende una marea di libri manaturalmente non fa tanto chic, non fosse altro perchéè amica di quel gambo di sedano rinsecchito dellalittizzetto.

dei vecchi intellettuali di via Po resta poco. saverioVertone, che sotto i portici dimessi abitava e scriveva,è scomparso, e con lui una stagione intera. al postodella pubblicistica di alto respiro, la via è diventatapatria di attori di sceneggiati. simpatici e popolari. Maalmeno per ora, fortunatamente ancora non letterari.

alla fine, ci ha pensato gianni oliva. non piace anessuno, neppure forse alla sinistra che lo hapromosso assessore alla cultura in regione, ma perlo meno con lui i piemontesi e i torinesi hannoriscoperto il piacere di una furiosa litigata culturale.naturalmente al circolo dei lettori di via bogino,sottratto alla grigia gestione del vecchio circolo degliartisti e trasformato a colpi di milioni di interventipubblici nel tempio ufficiale della letteratura subalpina.incredibilmente e contro ogni previsione l'esperimentosembra per il momento riuscito. non tanto per ledesertiche iniziative messe in piedi dalla direttrice delcircolo, antonella Parigi, che riesce a brillare perl'assoluta sconnessione fra il proprio percorsopersonale e quello della realtà culturale cittadina,quanto per il fatto che gli spazi, in quanto pubblici,

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devono essere obtorto collo concessi anche a chicultura ne fa per davvero.

Per la maggior parte gli editori si sono guardati benefinora dal mettere piede nell'accogliente palazzo, o selo fanno si attengono al più rigoroso riserbo. così,mentre gli aspiranti scrittori siedono ignari accantoall'editor che potrebbe pubblicare la loro opera, i fondipubblici stanno trasformando il circolo nella primacattedrale letteraria italiana. il resto della cittànaturalmente è un deserto. Pensare che, per rilanciarel'istituzione, basterebbe un semplice caffè, senza tantiammiccamenti "parigini" e inondazioni di denaro. unsemplice caffè, purché letterario.

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di Claudia Verardi - [email protected]

da sempre il cinema attinge alla letteratura, esoprattutto ai romanzi, per fare film.

il 3 marzo è uscito in italia il nuovo lungometraggio ditim burton, Alice in Wonderland, tratto dall’omonimolibro di lewis carroll (pseudonimo – datogli dal suoeditore – del reverendo, scrittore e matematico inglesecharles lutwidge dodgson) del 1865. il titolo completodel grande classico che tutti conoscono è Alice’s

Adventures in Wonderland ed è interessanteannotarlo, perché potrebbe servire ad analizzare ledifferenze che intercorrono tra la narrazione letterariae quella cinematografica. Alice in Wonderland è unlibro denso di riferimenti, proverbi e poemetti legatiall’epoca vittoriana in cui venne scritto e che furono,di volta in volta, riadattati per farne versionicinematografiche. Pare che le vicende di alice sianonate durante una gita in barca che carroll fece sultamigi insieme al reverendo robinson duckworth e a

uCinematura

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Alice in Wonderland

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tre bambine, e che cominciò a raccontare per allietare iltempo che passava. a parte le trasposizionicinematografiche, già la traduzione del libro dall’ingleseall’italiano presentò svariati problemi, essendo il testo riccodi figure retoriche e continui riferimenti alla cultura inglese.da teodoro Pietrocola rossetti a emmacagli, da silvio spaventa filippi (che neripulì lo stile da toscanismi e arcaismi) finoad aldo busi, diversi sono stati i traduttorie gli intellettuali (più o meno bravi) che sisono accostati ad Alice in Wonderland.nel cinema si spazia dalla versione diWalt disney del 1951 ai tanti adattamenti,tra cui figura quello recente di Jeremy tarr,Living in Neon Dreams, che vede nel castanche il diabolico (?) Marilyn Mansonnegli insoliti panni della regina di cuori.in questa versione, che pare, tra l’altro,non essere ancora uscita (un bel misteroin pura salsa hollywoodiana) lefantasticherie di alice non sono altro chele visioni di una ragazza in coma dopo unincidente stradale.

non è sempre facile trarre un film da unlibro. esistono innumerevoli differenze trail racconto per parole (narrativa) e quelloper immagini (film). il cinema è molto piùveloce, ama togliere, sfrondare, a volte addiritturastrappare (ed ecco che taglia il titolo di un libro, per tornarea quanto detto sopra). un libro, invece, ha bisogno di piùtempo per poter essere “digerito” e, spesso, evocaimmagini più belle, più incontaminate e, proprio per questo,più personali. al protagonista di un libro si può dare lafaccia che si immagina, quello di un film ha già la sua. Male due arti possono – e spesso per fortuna è così –viaggiare in parallelo e regalarsi qualcosa a vicenda. il filmpuò farti entrare fisicamente nella storia e ti aiuta a vederesotto un’altra luce quello che avevi già amato nel libro.Alice in Wonderland racconta la fantasia di poter sgretolarele nostre convinzioni più radicate, come quella diappartenere a una precisa dimensione spaziotemporale ela possibilità di poterci scagliare in una collocazionediversa, onirica, che potrebbe, al limite, diventare horror. ipersonaggi colorati e stravaganti di Alice in Wonderland

costituiscono un gruppo corale e policromatico e il testouno spartito letterario a più voci.

siamo in un caldo pomeriggio d’estate e alice si trova nellacampagna inglese. inseguendo per gioco un coniglio findentro la cavità di un albero viene catapultata in ununiverso parallelo dove tutto è capovolto. questo mondoè popolato da personaggi bizzarri come il cappellaio Mattoe da strani animali, come stregatto. da qui in avanti, alicesi trova a vivere situazioni curiose, come il festeggiamentodel non-compleanno e, talvolta, pericolose, come la fugadalle guardie della regina di cuori, alla fine della qualeriuscirà ad abbandonare la dimensione del sogno e aritornare nella realtà, mai così amata e rassicurante. il

soggetto letterario di Alice in Wonderland è un campionariosorprendente di trovate fantastiche piene di simbolismi ecomplessi meccanismi verbali. carroll curò moltissimo lascelta delle immagini, che danno particolare figuratività altesto, rendendone così quasi automatica la trasposizione

cinematografica. la grande carica immaginifica del testone rese infatti possibili, dal 1903 a oggi, moltissimeversioni. il pubblico, però, si è spesso sentito disorientatodi fronte ai film tratti da Alice in Wonderland, soprattuttoper la mancanza di una struttura narrativa portante forte eper la trama illogica, e bisognerà aspettare un po’ pervedere come ha reagito di fronte al lavoro di tim burton,regista visionario e artista pop. chi ha amato il libro temele infedeltà che il cinema inevitabilmente comporta, oltreagli scarti e ai tagli che si possono operare sul testooriginale. contenuti fondamentali di questo libro sono ilnonsense della vita, l’amore per il gioco e il gusto per lafollia che, come altri elementi della sfera letteraria, nonsempre sono facilmente riproducibili in immagini. il cinema,per questo motivo, a volte semplifica o edulcora, anche sequesti trucchi sono usati, in un buon film, solo in ultimaipotesi.

tim burton ha tradotto le immagini del libro in visionicinematografiche, come ha già sapientemente fatto inproduzioni precedenti. È probabile che, lasciatosi allespalle precetti vittoriani e lezioni di surrealismo anni ’70sfociati nell’accezione psichedelica, abbia scelto questosoggetto per la sua modernità vicina al gustocontemporaneo per la deformazione. il buio delle sale hafatto il resto, amplificando la magia dell’opera, anche se èchiaro che le astrusità narrative sono trasportate nelleunità cinematografiche, molto più compresse, conl’evidente difficoltà del mezzo. burton, come carroll, haavuto mestiere, ma anche grande fantasia. lo scrittore

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inglese era capace di farsi influenzare visivamente daquasi tutto quello che vedeva (ma così anche burton). sidice che uno dei luoghi che lo ispirò maggiormente per illibro fu la porta (che nel romanzo intese come tramite,trasformandola nella cavità di un albero) che dà sulbellissimo giardino di christ church, a oxford.

il curriculum a tinte gotiche di tim burton gli permettesenz’altro di visitare (e rivisitare) questo testo. il suomondo filmico è stato, fin dagli inizi, un mondo fantastico.il regista americano, che annovera Big Fish, The

Nightmare before Christmas e Mars Attack! tra i suoi lavoripiù apprezzabili, è specializzato nella realizzazione discenari e panorami bizzarri e di pupazzi e creature virtualiche gli servono per ricreare ambientazioni specifiche. neltempo, il suo linguaggio filmico si è evoluto ed è diventatopiù veloce, le pennellate di colore più credibili e gli ambientifantastici, così belli e naturali da sembrare veri. burton haraccontato di non aver mai amato molto Alice in

Wonderland, soprattutto per la struttura troppoframmentata che assomiglia troppo alla cronaca degliincontri di alice e che rischia di coinvolgere poco a livelloemotivo. il regista ha poi deciso di lavorarci, rapito dallinguaggio dei sogni che il testo contiene, e ha pensato difarne una sorta di seguito ideale, un sequel più che unremake. Pare che abbia scavato anche nel secondo

romanzo di lewis carroll, Attraverso lo specchio e quel

che Alice vi trovò. i personaggi del soggetto sono tanti, magrande interesse va all’interpretazione di Johnny depp nelruolo del cappellaio Matto. depp, attore di razza dotato diattitudine per la sperimentazione, e tim burton hannodisegnato (come fanno spesso quando si preparano a unfilm) i personaggi a matita e poi gli hanno dato vitacolorandoli con acquarelli, creando così lo storyboard dibase del racconto. depp ha detto che è uno stratagemmache utilizza sempre per immedesimarsi lentamente nelpersonaggio, perché lo aiuta a operare una metamorfosie creare una sovrapposizione tra lui e il personaggio. tuttii protagonisti della storia – bianconiglio, stregatto,brucaliffo, Pinco Panco e Panco Pinco e la cattivissimaregina di cuori tra gli altri – sono stati studiati dalla coppiaburton depp in questo stesso modo.

il cappellaio Matto è uno dei personaggi più singolari einteressanti del libro.

il nome deriva dal vecchio modo di dire inglese “esserematti come un cappellaio” nato dal fatto che, nellalavorazione dei cappelli, si usava il mercurio, sostanza cheaveva effetti tossici e deleteri sulla salute mentale degliartigiani cappellai.

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il cappellaio Matto è uno dei mille sudditi della reginadi cuori ed è un fallito, grande appassionato di orologi,dedito solo al gozzovigliare e ad ammazzare il tempo.Vive perennemente all’ora del tè (le sei) partecipando afeste con la lepre Marzolina (chiamata in altre versionileprotto bisestile), anche lei del tutto fuori di testa, e nonriesce mai a fare un discorso sensato senza interruzioni.

nessun libro può, né deve, essere un’isola, soprattuttooggi, in cui viviamo in un’epoca di confronti e stimolicontinui. al contrario. con un po’ di azzardo, i filmpossono essere accostati alle poesie per il loro impiantoformale e ritmico e il racconto letterario può sentirel’esigenza di un’altra modalità espressiva, certo nonfunestata da uno sviluppo errato o da un impoverimentoespressivo. quando si riesce in questa operazione, lamagia della narrazione letteraria continua insieme aquella per immagini.

tim burton è riuscito, nel film, a riprodurre in immagini,fra tutte, la figura di bianconiglio così come vienedescritto nel primo capitolo del libro? bianco, con gliocchi rossi, frettoloso su due zampe e vestito di tuttopunto, persino col panciotto? e il cappellaio Matto hasaputo sorprenderci, entusiasmarci, emozionarci?

Johnny depp è uno dei più bravi attori del cinemacontemporaneo. nella commedia, come nel dramma e

nella caricatura è l’interprete ideale per dare al filmautorevolezza e qualità. tim burton è un regista cheeccelle per contenuti, montaggio e per quelle diavoleriemoderne che sono gli effetti speciali. le risposte vannoda sé.

Curiosità

il mondo di tim burton è in mostra al MoMa (Museod’arte Moderna) di new York.

http://www.mymovies.it/cinemanews/2009/10302/

oltre alla mostra (aperta fino al 26 aprile), ci sarà unarassegna di 28 film horror e di fantascienza dal titolo “lalurida bellezza dei mostri”. la mostra si ispira alla poeticadel sublime, cara ai romantici inglesi dell’ottocento che,per primi, capirono l’orrore dentro la bellezza e labellezza terribile (si pensi fra tutti a William blake).

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trailer italiano del film

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uTarantula

quante volte la musica è stata unita alla letteratura o allapoesia?

Musicisti o cantautori che diventano scrittori o poeti. opereletterarie che diventano ispiratrici di lavori musicali oriprendono vita grazie alle note sul pentagramma.

di questo mi piacerebbe scrivere, magari per rivalutare oriflettere sul connubio tra queste forme di espressione.

cercheremo di capire o confrontare come la stessa storia,Il Signore degli anelli ad esempio, abbia ispirato diversimusicisti e in quale modo. oppure cercheremo di trovareil rapporto tra le canzoni e la poesia o la letteratura. dicome ci siano citazioni più o meno velate in testi di degregori o guccini, per fare due nomi a caso.

Mi piacerebbe anche ribaltare in maniera creativa ilrapporto tra letteratura e musica. avete mai pensato,leggendo un libro o una poesia, a un brano musicale? edeclamando i versi di un poeta non avete mai immaginato

un sottofondo musicale?

confido anche nelle vostre segnalazioni, sia ben chiaro,per trovare argomenti che si possano affrontare in futuro.non mi occupo di musica “colta”... quindi non aspettatevisinfonie.

si parte... Mettete le cuffie!

nel 1980, durante un viaggio a londra, mi capitò tra lemani il libro di John lennon: In His Own Write. non ho maiavuto un buon rapporto con i beatles. scoprii solo allorache era stato pubblicato nel 1964 e che una parte di queiracconti erano apparsi su alcune riviste, mentre altri eranoinediti. leggendolo in inglese, non senza difficoltà nelcomprendere molti passi dei suoi scritti, mi accorsi però diun lennon nuovo per me.

se si pensa che il tutto era stato scritto tra il 1961 e il 1964,veniva naturale il paragone con le canzoni dei beatles sinoa quella data. quei racconti ci dicono di un lennonstralunato nelle sue visioni, dedito con piacere ai nonsensee allo humour bizzarro. ci consegnano un autore bendiverso da quello che scrive i testi delle canzoni deibeatles, circondati già da giovani folle urlanti. Per il suomodo di scrivere, la critica cercò ispiratori o nomi daaccostargli: tra gli altri lewis carroll e James Joyce.

qualcuno di voi può immaginare una canzone del gruppocome Love me do o She loves you affiancata a uno scrittodi lennon dello stesso periodo che dice: «sono un uomoammuffito ammuffito. sono ammuffito in tutto e per tutto.sono un uomo ammuffito ammuffito. non ti sembravero...» oppure una frase come «non c'erano mosche sufrank quella mattina».

dopo anni dichiarò che non voleva dare un gran significatoparticolare alle storie, ma semplicemente dimostrare la sualibertà di scrivere. un modo sicuramente creativo eumoristico.

qualcosa di questo tipo verrà fuori nei lavori più maturi deifab four, con qualche testo sopra le righe e pieno distrane visioni o giochi di parole.

quello di lennon è un esempio di come un artista pieno difantasia e talento, si possa staccare dalla sua piattaformatradizionale, la canzone, e non solo per imbrattare paginedi un libro con la sua biografia. il mondo della musica è

Komunikato n.ro 1di Roberto Orsetti - [email protected]

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infatti pieno di biografie. una semplice risposta allarichiesta di informazioni supplementari dei fan.

una piccola minoranza, tra gli artisti, accetta la sfida dimisurarsi con qualcosa di diverso dal testo di una canzone.

sia ben chiaro: in un testo di canzone, a volte, c'è più storiao poesia che in cento libri incollati uno sull'altro. Ma trovarsiun libro di leonard cohen tra le mani, non può che essereun fantastico, ulteriore viaggio per chi lo conosceattraverso le sue canzoni.

dall'altra parte dell'oceano, bob dylan scrisse tra il 1965e il 1966 il suo Tarantula. resistendo alle pressioni deglieditori che lo avrebbero voluto pubblicare subito, accettòla stampa solo nel 1970.

fuori dal tempo effettivo della scrittura, già nel 1970 il librodiventa lo scomodo confronto con il movimento dei poeti escrittori “Made in usa”. quel movimento impegnato acostruire una nuova america, e che lui tenta di lasciarsialle spalle.

il suo è uno scrivere sospeso tra prosa e poesia, tra visionie riferimenti alla cultura beat di quel periodo. confermaancora di più il suo ruolo definito da allen ginsberg conuna storica frase: «la poesia, con dylan, fa il suo ingressonel juke-box». leggere quel dylan, adesso, fa una certarabbia. soprattutto se si pensa al valore che avremmo datoa quel dylan, calato nel movimento. Ma forse lui nonvoleva... e molti non glielo hanno ancora perdonato,considerandolo come un tradimento.

quindi due libri, che hanno segnato la storia di duemusicisti tra i più grandi del nostro tempo. l'hanno segnataperché, a dispetto di una carriera lunga e piena disuccessi, non ci sono stati altri lavori su carta.

di lennon si disse che le pressioni, del gruppo prima edella solita moglie dopo, lo imbrigliarono nelle canzoni. lasua produzione solista dopo i beatles andò dall'impegnosociale e pacifista all'amore supremo. Ma della fantasia,dei giochi delle parole? nulla!

di bob dylan... boh. la sua produzione dalla metà degli

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anni settanta parla da sola. abbandonata la scrittura tipicadi Tarantula, si dedicò a strutture meno "rivoluzionarie". ilvalore dei suoi testi negli ultimi trent'anni ognuno di noi lopuò valutare.

cosa rimane di questi due esempi? Potevano esserel'inizio di una carriera come scrittori, ma non lo è stato. Permerito o per colpa di chi? la vena artistica di scrittore èandata affievolendosi in loro?

a leggere questa vicenda in maniera positiva, l'artista chenon era in grado di reggere una produzione adeguata havinto sull'industria speculativa di quel momento.

a leggerla in maniera negativa, quante favole avrebbepotuto raccontarci lennon senza Mccartney e quantecanzoni di rottura avremmo ancora cantato con dylan?

il libro di dylan, Tarantula, esce quando il musicista è giàin crisi con se stesso e con gran parte dei suoi fan. Ha giàrinnegato i suoi maestri, primi tra tutti gli scrittoriferlinghetti e ginsberg, cambiato modo di fare musica.con il senno di poi, Tarantula lo considero la fine del poeta-scrittore e l'inizio di una carriera poco più che dignitosacome cantautore.

Mi ricordo del suo scrivere in Desolation Row:

e l'unico suono che rimane

dopo che l'ambulanza è andata via

è cenerentola che spazza la strada

nel vicolo della desolazione

anni dopo de andré tradurrà con il titolo Via della Povertà

questa canzone.

Ma questa è un'altra puntata...

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Corsi di alfabetizzazione strutturati in baseall’utenza e ad ogni eventuale richiesta del committente. Corsi di formazione per insegnanti, mediatori culturali, operatori sociali sui temi inerenti lo spazio interculturale.Laboratori artistici e sensoriali per bambinie ragazzi delle scuole.Interventi educativi volti a prevenire o ridurreil rischio di emarginazione sociale.Progettazione e attivazione di interventi socio educativi in ambiti internazionali.

Progetto web personalizzato:il sito del Giardino dei Viandanti è

l’ indirizzo dove trovare ri�essioni e approfondimenti sui temi interculturali.

Laboratori del fare strutturati e de�niti per fasce d’età.

Laboratori artistici e sensoriali per bambini e ragazzi delle scuole.

Organizzazione e gestione di mostre d’arte.Proposte editoriali a tema interculturale.

Assistenza per il disbrigo di pratiche burocratiche per il migrante.Assistenza legale con il supporto di uno studiospecializzato in diritto dell’ immigrazione.Percorsi di orientamenteo su speci�ca richiestadell’ utenza con il supporto di counselor e coach specializzato.Consulenza �scale per la compilazione delladichiarazione dei redditi presso un commercialista specializzato.Servizi di intermediazione e facilitazionelinguistica per favorire l’inserimento sociale(stipula del mutuo, acquisto a�tto casa...)

Area Socio educativa

Comunicazione

Servizi alla persona

tutte le foto utilizzate sono di Annamaria Volpi

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Alessia, oltre a essere una collaboratrice di SulRomanzo, di recente hai fatto una scelta drastica divita, ce ne parli.

sì, molto volentieri e mi emoziono mentre ne parlo, sepenso all’energia che mi ha dato la forza di cambiare vitaa 34 anni, di questi tempi e in quest’italia che a volte stentoa riconoscere.

Ho abbandonato il mio lavoro da impiegata a tempoindeterminato per Il Giardino dei Viandanti, sono giunta algiardino dopo un lungo cammino di due anni che mi haportato nuovamente a contatto con me stessa. credo nonscorderò mai il giorno in cui un amico mi propose diinsegnare italiano agli stranieri e io accettai per quellanaturale curiosità che mi spinge sempre verso il nuovo. lofacevo di sabato, nell’unico giorno libero del mio lavorod’ufficio, poi, scrivevo per non dimenticare di quelle mattinee della capacità di stupirmi che avevo ritrovato tornandoogni volta un po’ bambina grazie a tutti quei mondi diversiin cui approdavo ogni fine settimana.

Di che cosa si occupa il Giardino dei Viandanti?

il giardino dei Viandanti è un’organizzazione interculturaleche attua progetti socio-educativi, di comunicazione eservizi alla persona. ogni suo intervento è volto a favorirela conoscenza tra gli individui, intesi come persone e noncome semplici portatori di una diversa provenienza.

ogni azione del giardino è finalizzata alla diffusione dellediverse culture, dei differenti punti di vista, alla conoscenzadei diritti universali che prescindono dai confini e dalleorigini delle persone.

Chi sono i tuoi collaboratori? Come vi sieteconosciuti?

gli altri viandanti del giardino sono: anna e balraj

anna è un’educatrice professionale, nomade per natura ecuriosa patologica, in india ha vissuto l’esperienza dellamigrazione sulla sua pelle, una migrazione privilegiata daoccidentale in un mondo nuovo, perché desiderava vivere

lo straniamento e capire come ci si può sentire catapultatiin un’altra realtà, senza più riferimenti culturali. ci siamoconosciute molti anni fa tra i banchi di scuola, poi la vita ciha portato altrove e dopo molto tempo ci ha fattorincontrare. da allora stiamo coltivando il nostro giardino.

balraj è nato in india e vive in italia da quando aveva 13anni, è arrivato nel 1993 per il ricongiungimento familiaree fin da subito ha iniziato a lavorare come imbianchino conil padre.

da grande sognava di fare l’avvocato, qui in italia è unpunto di riferimento per la comunità indiana del nord italia.gli piace aiutare gli stranieri a vivere nel nostro paese,spesso li assiste nel disbrigo delle pratiche burocratiche eper affrontare la vita pratica. Vive in perfetto equilibrio tradue culture, parla il punjabi e l’italiano con inflessioneveneta, la frase che ripete più spesso è: “Voglio capire”. cisiamo conosciuti in un corteo di colori ad unamanifestazione sikh, un momento di pace ed uguaglianza

Alessia Colognesidi Morgan Palmas - [email protected]

Il giardino dei viandanti

uL’angolo delle interviste

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che ha attraversato Mantova all’incirca un anno fa.

Da che cosa nasce il tuo interesse verso la letteraturae in particolare quella “migrante”?

in generale amo l’arte, perché mi incuriosisce, mi fariflettere e mi ha sempre aiutata a capire. la letteratura èuna delle espressioni artistiche che preferisco, perchéadoro la sua dimensione intima. un libro è un oggettosquisitamente personale fin da quando lo scegli e decidiche è adatto a te e a quello che stai cercando in quelmomento della tua vita. Mi sono avvicinata alla letteraturamigrante per capire i mondi lontani che incontravo ai mieicorsi d’italiano, ho sorriso, mi sono commossa e tra lepagine ho riconosciuto persone che avevo conosciutodavvero.

Credi che la letteratura possa essere un possibilepercorso per fare incontrare persone di mondilontani?

la letteratura è la voce delle parole che non si possonodimenticare, né non capire. fissate sulla carta e tradottein tutti gli idiomi, le parole dei libri ci aiutano a incontrarepersone che non avremmo mai potuto conoscere e avivere con loro avventure che mai avremmo immaginatoin mondi lontanissimi. la letteratura mi ha insegnato che ilnostro non è l’unico mondo possibile e la vita di questiultimi anni me l’ha dimostrato coi fatti.

Qual è il presente della vostra associazione e il futuro?

abbiamo piantato un seme ed ora lo stiamo coltivando, èun lavoro paziente e meticoloso, credere fermamente nelproprio lavoro è ciò che giorno per giorno ci spinge adandare avanti per rafforzare il nostro cammino.attualmente stiamo puntando molto sul nostro sito che èun progetto di comunicazione web tematico sulla diversitàa partire da noi e dalle nostre attività. Vorremmo che chiarriva al Giardino dei Viandanti, capisse già dal web: chisiamo, cosa facciamo e come lavoriamo.

Alessia ColognesiIl giardino dei viandanti

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ogni settimana dedichiamo la nostra homepage ad unarticolo di riflessione e offriamo una panoramica di tutto ciòche avviene intorno a noi, curando una rassegna stampatematica e una rubrica di pensieri, nella quale confluisconogli apporti di chi entra in contatto con la diversità grazie alproprio lavoro e alla propria vita. alla nostra anima virtualesi affianca il lavoro sul campo, curiamo progetti educativiper le scuole e organizziamo corsi d’italiano per stranieri,interventi che riducano il rischio di emarginazione sociale,manifestazioni ed eventi che diano risalto alla ricchezzadella diversità, aiutiamo gli stranieri ad affrontare la lorovita pratica e istituzionale.

il futuro è il nostro presente che costruiamo giorno dopogiorno, ultimamente ci stiamo occupando di un progettosocio-educativo di cooperazione internazionale a cuiteniamo molto. chissà, forse questo piccolo germogliosarà proprio il nostro futuro.

La Lombardia e in particolare Mantova sono aree nellequali le percentuali di immigrati sono più consistenti.Ironia della sorte, la presenza della Lega Nord, partitodichiaratamente xenofobo, ha molti proseliti nellemedesime aree. Come rapportarsi con forze politichecosì ostili verso lo straniero?

certo non facendo politica o proclami roboanti, masemplicemente rimboccandosi le maniche e cercando difavorire la vera conoscenza tra gli individui. in italia laxenofobia è alimentata dal clima di paura crescente che imass media e non solo, istillano nelle persone. avere

paura di ciò che non si conosce e che è profondamentediverso da noi è un meccanismo umano di difesa chegarantisce all’uomo il mantenimento della sua specie.alimentare la diffidenza e la paura è uno strumento politicofunzionale ad accrescere il bisogno di sicurezza e dicontrollo dei cittadini che in onor di questo accettano larepressione e la violazione dei diritti costituzionali.

Il multiculturalismo degli anni Sessanta all’interno diFree Speech Movement ha trovato il suo compimentoteorico dopo circa due decenni, eppure oggi c’è chiparla del fallimento del multiculturalismo, anche inItalia. Quali sono le tue idee?

una società multiculturale per divenire un modelloapplicabile ed efficace deve acquisire una fisionomiainterculturale. non basteranno norme restrittive perl’immigrazione, né rumorosi proclami politici a fermare unfenomeno che ormai contraddistingue la nostra penisola,ma occorrerà favorire con specifici interventi politico-socialila naturale evoluzione verso una società interculturale. inuna società interculturale le persone convivono ecooperano qualsiasi sia la loro nazionalità condividendo lospazio di vita e lo spirito di appartenenza nazionale.

Le condizioni di marginalità che le minoranze culturalispesso sono costrette a vivere sembrano il prodottodi una mancanza di rappresentatività politica. Ènecessario politicizzare le culture per risolvereproblematiche simili?

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credo che ogni minoranza abbia diritto ad essererappresentata per non subire la sua esiguità numerica edinteragire efficacemente con le forze politiche, ma occorreimpedirne la strumentalizzazione. chi è ai margini dellasocietà per dare voce alla propria presenza deve usufruiredella mediazione culturale per accedere alle conoscenzee alle competenze indispensabili al riconoscimentoistituzionale.

Una delle tematiche più discusse nel nostro paese èla possibilità di spazi religiosi per gli stranieri, comenel caso delle moschee. Qual è la realtà mantovana intale senso?

a Mantova esiste una moschea frequentata dalla comunitàdel Magreb, la più numerosa dell’intera provincia. laseconda comunità maggiormente rappresentata pernumero di migranti è quella indiana di cui il maggiornumero di persone professa la religione sikh con dueluoghi di culto situati in due regioni diverse, lombardia edemilia romagna, ma a poca distanza tra loro. le donnestraniere che svolgono il servizio di assistenza agli anzianiprofessano la religione cristiano-ortodossa e la praticanola domenica nei luoghi di culto.

Per uno straniero la religione è un momento di

condivisione solidale di fondamentale importanza persopportare le difficili condizioni di vita a cui la maggiorparte di loro è sottoposto.

I conflitti culturali e d’identità sembrano aumentarecon il trascorrere degli anni, quali sono gli aspettinevralgici che un’associazione come la vostradovrebbe considerare con attenzione?

con il nostro lavoro intendiamo favorire la conoscenza tragli individui partendo dai concetti universali chetrascendono la storia e le diverse culture, per “umanizzare”l’altro e renderlo più vicino. la multiculturalità non basta,va portato avanti il concetto dell’interculturalità e delrapporto tra persone con tradizioni diverse. il rispettodell’altro passa necessariamente attraverso l’educazione.

il giardino attiva percorsi diversi, ma con un fondamentalecomune denominatore: far passare il messaggio che ilrapporto con l’altro è sempre un arricchimento.

Ti ringrazio e auguro a te e ai tuoi collaboratori buonlavoro.

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Gran brutta malattia il razzismo. Più che altro strana: colpisce i bianchi,

ma fa fuori i neri.Albert Einstein

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uLa poesia e il racconto

sceglieremo sempre una poesia e un racconto fra quelligiunti a [email protected].

il primo tema affrontato è la XENOFOBIA, ahimè dilagantenel nostro paese.

Per quanto concerne la poesia desideriamo tentare unesperimento, riprendere passate strutture e rivederle conocchi contemporanei, ecco la ragione per la quale si èproposto il sonetto. siamo così sicuri che la metrica siamorta? e se anche lo fosse, perché non tentare diriproporla?

la versificazione libera del ‘900 è stata senza dubbioun’evoluzione originale della poesia, eppure noi siamoconvinti che le forme lontane nel tempo abbiano ancorauna voce, un desiderio di sentirsi vive.

nel prossimo numero ci dedicheremo a un’altra tematica:la BIOETICA.

i racconti saranno di una lunghezza massima di 16.000caratteri (spazi inclusi).

le Poesie saranno ancora sonetti (qualsiasi tipo di sonetto,anche il caudato, rinterzato, ecc).

inviate i vostri lavori a [email protected], in oggetto:racconto o Poesia.

allegate una breve scheda biografica che non dovrà esseresuperiore a 800 caratteri (spazi inclusi).

La redazione

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50 Sul Romanzo • 2010

Follia … mania … xenofobia

di Sabrina Mantini

Dal cielo sputato e spinto ai margini

c’è un groviglio di giallo, di nero,

macchie che sporcano il bianco leggero

delle nubi, è massa – a cui mettere argini!

Sul ciglio della strada, ai margini

c’è un fiore diverso, triste e fiero

che ha perso ogni petalo di vero,

ogni qualità – stupidità degli argini!

La sensibilità è ormai morta,

è acqua raggrumata – svaporata –,

la pietà è gravemente malata,

l’uguaglianza ha chiuso la sua porta,

la fraternità è evaporata,

và il senno sulla luna in biga alata.

Sabrina Mantini

non credo nelle biografie: in quale modo la mia età (40anni), la mia residenza attuale (Piacenza) o la miaprofessione (insegnante di liceo) potrebbero definirmi? dime bisognerebbe sapere soltanto due cose: chi sono ecosa voglio. e dunque vediamo …

chi sono io? una poetessa.

cosa voglio? nelle cose è nascosto un cuore di vetropronto a riflettere ogni sorriso o ogni lacrima. Ma a menon basta scorgere il riflesso del mio viso, io voglio vedereil nulla racchiuso in quella tremula prigione di vetro. iovoglio cogliere l’oscuro segreto.

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Io non domando a che razza appartenga un uomo,

basta che sia un essere umano; nessuno può essere qualcosa di peggio.

Mark Twain

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52 Sul Romanzo • 2010

Enorme, questa città. La Capitale. La radionazionale ha per slogan “Tutto andrà bene”. Erala prima frase che avevo sentito arrivando inquesto paese. Già... Auguri, pensai. Sono giàdiversi mesi che vivo qui eppure non sono ancorauscita da sola per le strade. I primi giorni tuttomi sembrava così enorme che anche arrivare alsupermercato all’angolo della via risultavacomplicato. Ma allora non sapevo neppure leggerei cartelli delle strade o dei negozi. Ancora oggi nonriesco ad avere una precisa comprensione dellageografia del luogo e dei criteri architettonici, secosì posso esprimermi. Da noi le case sono cosìminute, ammassate le une alle altre e in un colpod’occhio puoi subito scorgere dove finisce il paese.Oggi è domenica e poi non è ancora così freddo daaver voglia di starsene tutto il giorno a casa. Midecido. Esco. Abito in periferia. Qui i palazzi sonotutti molto alti e questo dà l’impressione che ilcielo sia più profondo di quello che copriva la miavecchia terra natia. Cammino senza cappello,perché è una giornata di sole. Le donne tornanodal mercato e i vecchi siedono di fronte al chioscodi vendita della birra. Mi siedo su una panchinae i cani vengono subito ad annusarmi. Qui i canisono oggetto dell’affetto generale. Si trova semprequalcuno che è disposto a raccontarti la storia delsuo primo cane, come se si trattasse del suo primoamore. Mi sembra un segno di buon cuore e unaulteriore testimonianza a sfavore della mia terranatale. Sulla strada principale c’è una lunga filadi vecchiette che vende di tutto: calze di lana,lamponi colti stamattina nei boschi alla periferiadella città, vecchi libri scolastici, fiori che non homai visto prima. Le vecchie vengono ogni giornoda fuori città per vendere tutta quella merceimprovvisata e restano sulla strada fino a seranella speranza di esaurirla tutta in giornata. Perquesto i migliori affari si fanno poco prima del

di Sara D’Ippolito

Tutto va come deve andare

tramonto, quando le mercantesse sono disposte acalare il prezzo pur di non tornare a casa con lesporte piene. Sono seduta e mi sforzo di osservare,prendere nota di tutto quello che succede. Iltempo passa. Poi sulla panchina accanto alla miasi siede una ragazzina. Può avere circa 15 anni,ed ha lo sguardo doppio di una fanciulla e di unagiovane donna. Tutto in lei è ordinato e pulito. Icapelli ben pettinati, la borsetta dello stessocolore delle scarpe. È tranquilla, seduta col bustoben eretto sulla panchina, e guarda dritto davantia sé. Mi chiedo se quello che la ragazzina staaspettando è il “fidanzato”. C’è un senso disemplicità e onestà nello sguardo di quellaragazza. Io non credo di averlo mai avuto,neanche da bambina. Una sicurezza in quegliocchi, che sembrano dire: tutto va come dovrebbeandare. Che paese, penso. Dopo pochi minutiaccanto alla ragazzina si siede un’altra ragazzina.Ed ecco due amiche sedute vicine che parlanosottovoce di cose (sembra) molto serie. Tutto vacome dovrebbe andare. I vecchi continuano a beree si raccontano l’un l’altro storie sul loro lavoro, iloro figli, le loro mogli e le amanti, reali o no. Avolte qualcuno beve una birra di troppo e siaccascia su una panchina, ma nessuno di quelliseduti vicino si allarma e il vecchio, dopo averdormicchiato un po’, si alza e barcollando si dirigeverso casa. Oggi è domenica, ma so che il lunedìsi possono osservare gli uomini e le donne chevanno al lavoro. Tutti di corsa, nessuno guardanessuno, le spalle si urtano lungo le strade, mamai che qualcuno si volti a chiedere scusa o asorridere. In generale qui le persone nonpronunciano continuamente le parole grazie,prego, scusi e anche per favore non è una parolacosì abusata. Ma non è che non siano gentili.Guarda, mi dico, prova a capire. Un monaco conuna scatola per le offerte è in piedi da ore di frontealla stazione della metropolitana. Recitapreghiere a voce alta guardando a terra e nessunosembra ascoltarlo. I poliziotti giovani fanno il filoalle ragazze e quelli più vecchi si aggirano allaricerca di quei malaccorti che bevono all’ariaaperta. Donne appena uscite dal parrucchieresfoggiano unghie molto, molto lunghe e coloratedi rosso. Quest’anno va di moda l’azzurro e ilvioletto. Vedo una giovane donna che sorride alla

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fermata dell’autobus. L’autobus arriva. Ne scendeun uomo con una birra in mano. Dall’andatura sicapisce che non è la prima. La donna però è cosìpiena della sua attesa, la sua gonna èevidentemente stata scelta per andare da qualcheparte stasera, che non si accorge subito che l’uomodeve avere cambiato parere. Si avvicinasorridendo all’uomo e solo alla fine si rende contodella bottiglia. Vedo spegnersi il sorriso sul voltodella donna mentre abbraccia l’uomo e si avvia conlui da qualche parte. A casa, bisogna credere. Leautomobili sfrecciano sulla strada, la maggiorparte sono vecchie e malandate ma fra queste a uncerto punto passa una enorme, lunghissimalimousine dai vetri oscurati. L’auto si ferma alsemaforo. Proprio mentre le campane della chiesasmettono di suonare e il semaforo è ancora rosso,uno dei finestrini della limousine si abbassarivelando l’interno della vettura dove siedono delleragazze asiatiche su di giri. Poi l’auto riparte,lasciando tutto il resto dell’ambiente invariato.Passa un signore con cappello, guanti, bastone euna barba così ben curata e occhi così intelligentida sembrare uno scrittore del secolo scorso. Sonoancora qui sulla panchina a guardare tutto quelloche succede e penso: come vorrei poter scrivere aqualcuno una lettera e metterci dentro tuttaquesta città. Scrivere di quella ragazza che miaveva raccontato la sua storia. Era giovanegiovane, carina ma aveva i denti storti. Mi disseche era venuta in città perché voleva fare la

ballerina. Disse che ballava bene, l’aveva imparatoal suo paese, ma che la vita in città costava cara,doveva anche mandare dei soldi alla madre chenon aveva potuto seguirla e per questo lavorava inun supermercato e i soldi non le bastavano perpagare l’operazione che le avrebbe potuto darel’aspetto adatto al mestiere che sognava. Miraccontò tutto questo con un sorriso che scoprivafrancamente i denti e con gli occhi dolci mi auguròbuona fortuna. C’era il mio vicino di casa, a cuitutti davano del tu perché il sabato e la domenicabeveva tutto quello che c’era nel frigorifero e poibussava alle porte dei vicini in cerca di compagnia.Un giorno mi aveva offerto un hamburger ad unchiosco, io lo avevo abbracciato per scherzo e luimi aveva detto: ho vergogna, sei così giovane. Miricordo un giovane poliziotto a cui avevo chiestoaiuto. Quando il giovane aveva saputo la mianazionalità il suo volto di funzionario annoiato esevero aveva lasciato il posto a uno sguardosognante: come mi piacerebbe andarci una volta...Così mi aveva detto. A quelli del mio paese nonpiacciono queste storie e per quelli che vivono incittà non c’è niente di nuovo in tutto questo.Futilità. Ma in questo momento mi sembra chesiano proprio queste futilità il segreto che cerco discoprire. Questo è un popolo particolare. Lui e lasua terra sono enormi, qui sono vissuti eroi, poeti,uomini geniali e anche dei pazzi famosi. Ma checos’è questa terra, perché è smisurata? Perché sulsuo suolo tutto è possibile, tutti convivono gli uniaccanto agli altri e gli uomini accanto agli animali,gli alberi e i fiori, la Città enorme e i villaggilontani e sperduti, le icone miracolose che da solesi manifestano sulle tavole di legno e le automobililussuose e le bottiglie vuote che si accumulanoogni notte, i poveri e i ricchi, i buoni e i cattivi,tutti sono con tutti in misteriosa armonia. Equesto salverà questo popolo, alla fine.

Sara D’Ippolito ha trent’anni. Vive in russia, nella città diMosca e periodicamente torna in italia dove è nata, roma.lavora in teatro come attrice da circa 10 anni. Prima dilavorare in teatro ha frequentato la facoltà di filosofia diroma, ma non ha terminato gli studi a causa deglispostamenti lavorativi.

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