Sul Concetto Di Sincronicita Jung Tra Psicanalisi e Quantismo

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Lucio Giuliodori Sul concetto di sincronicità: Jung tra psicanalisi e quantismo. INDICE 1. Che cos’è la sincronicità… p. 2 2. Esperienze sincroniche… p. 6 3. Sincronicità, inconscio, quantismo… p. 11 4. Conclusione… p. 16 1

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Lucio Giuliodori

Sul concetto di sincronicità:

Jung tra psicanalisi e quantismo.

INDICE

1. Che cos’è la sincronicità… p. 2

2. Esperienze sincroniche… p. 6

3. Sincronicità, inconscio, quantismo… p. 11

4. Conclusione… p. 16

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Il magistero non va oltre questo limite, di additare cioè la via e il viaggio: ma la visione è già tutta un’opera personale di colui che ha voluto contemplare.

Plotino, Enneadi, VI, 9, IV.

1. Che cos’è la sincronicità

«Il significato della mia esistenza è che la vita mi ha posto un problema. O, viceversa, io stesso rappresento un problema che è stato posto al mondo, e devo dare la mia risposta, perché altrimenti mi devo contentare della risposta del mondo»1.

L’essenza stessa del filosofare è tutta racchiusa in questa saggia riflessione junghiana: chi non si fa domande sul mondo semplicemente lo subisce; solo il comprenderlo garantisce dignità esistenziale. Jung ha osato farsi domande cruciali, molte delle quali scomode, almeno per il suo tempo, ma è da questa ardente sete di sapere, sigillo di ogni vera filosofia, che la conoscenza scientifica psicologica ha potuto progredire, svincolandosi dalle celebri nevrosi sessuali in cui Freud tendeva a costringerla, con le quali e solo con le quali si pretendeva di spiegare tutta la psiche (un atteggiamento che oggi risulterebbe decisamente riduttivo ma che ai tempi di Jung era preponderante)2. A lui il merito della sfida, del coraggio, a costo della pubblica derisione professionale a cui andò incontro a testa alta. Sappiamo che lo psichiatra svizzero addirittura si ritirò per un lungo periodo dal mondo accademico per incompatibilità con l’ambiente stesso; in solitudine continuò le sue ricerche ritenendole di gran lunga più importanti della carriera accademica e della

1 C. G. JUNG, Ricordi, sogni e riflessioni, tr. it. di Guido Russo, Bur, Milano 2010, p. 375.2 Freud fu rivoluzionario e le sue riflessioni sulla sessualità erano per quei tempi decisamente originali e inattuali, Jung però lo fu ancor di più in quanto oltre ad accettare (in un primo momento) tale visione della psiche riuscì a superarla e superando essa superò lo stesso Freud. Quest’ultimo rimase superato mentre Jung, incompreso e inaccettato non solo da Freud ma da tutto il mondo accademico, raggiunse confini inimmaginabili, sia per il suo tempo che per il nostro. Scorse gli stessi limiti della psiche che spalancano un mondo, quello della meccanica quantistica, ancora tutt’ora misterioso: non siamo ancora capaci né a comprenderlo, né a descriverlo. L’unico atteggiamento che ci è consentito provare, per ora, è quello relativo allo stupore, alla meraviglia di un sofisticatissimo ed elegantissimo, seppur ancora non totalmente condiviso, modello di comprensione del reale.

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professione in sé3. Egli fu lungimirante e subito capì la portata rivoluzionaria delle sue intuizioni.Jung riprese la sua attività universitaria nel 1933, cioè dopo vent’anni, e nel 1952 uscì il saggio La sincronicità come principio di nessi acausali nel quale Jung analizza un fenomeno che subito si impone per la sua straordinaria importanza non solo per ciò che concerne lo studio della psiche ma anche per ciò che pertiene una ri descrizione della stessa realtà nella sua interezza. Lo scienziato si accorge subito che lo studio della sincronicità è propedeutico alla formulazione di una nuova Weltanschauung che necessariamente includa alcuni assunti fondamentali della fisica dei quanti. Lo studio dell’alchimia, delle dottrine orientali, dei sogni e dei fenomeni occulti, conducono lo psichiatra svizzero verso una soglia in limine alla quale si staglia imperiosa l’impossibilità del dualismo mente-materia. Tale soglia oscura è ciò che rappresenta il concetto di «sincronicità». «È proprio la sincronicità a rendere possibile il dialogo tra Fisica e Psicologia, dal momento che essa comporta l’entrata di elementi soggettivi nella Fisica (evento esterno) e di elementi oggettivi nella psicologia (stato psichico). A questo punto l’universo finisce per svelarsi in maniera tale che gli eventi soggettivi e quelli oggettivi diventano manifestazioni implicite di uno stesso fenomeno»4.

«Oggetto della riflessione di Jung è il fenomeno della sincronicità, che secondo la sua definizione è la risultante di due fattori: 1) un’immagine inconscia che si presenta direttamente (letteralmente) o indirettamente (simboleggiata o accennata alla coscienza come sogno, idea improvvisa, presentimento); 2) un dato di fatto obiettivo che coincide con questo contenuto. L’evento esterno può svolgersi fuori della percezione dell’osservatore, ed essere quindi distante nello spazio, o può essere distante nel tempo, può cioè verificarsi in un tempo futuro rispetto al momento dell’evento psichico manifestatosi al soggetto»5.

Dunque la sincronicità è una sorta di «coincidenza temporale di due o più eventi non legati da un rapporto causale, che hanno uno stesso contenuto significativo»6. Le incredibili conseguenze che tale assunto implica sono per certi versi sconcertanti - per lo meno per il modello meccanicista di interpretazione del reale, che era quello vigente in toto a metà Novecento7 (e che in gran parte lo è tutt’ora): «Se spazio e tempo si dimostrano 3 «Nel periodo in cui mi occupavo delle immagini dell’inconscio, presi la decisione di ritirarmi dall’università, dove avevo insegnato per otto anni, a partire dal 1905, come libero docente. […] Così consciamente, abbandonai la carriera accademica, perché prima di portare a termine il mio esperimento non potevo comparire di fronte al pubblico. Sentivo che mi stava accadendo qualcosa di grande, e riposi la mia fiducia in ciò che secondo me era più importante sub specie aeternitatis. Sapevo che avrebbe occupato tutta la mia vita e, pur di raggiungere questa meta ero disposto ad affrontare qualsiasi rischio». C.G. JUNG, Ricordi, sogni e riflessioni, cit., p. 237. Comprendere il funzionamento della psiche era per Jung ciò che di più importante potesse esistere, anche per ovvie conseguenze sul piano politico-sociale: «Oggi possiamo vedere come mai in passato, che il pericolo che ci minaccia tutti non deriva dalla natura, ma dall’uomo, dall’anima dell’individuo e dalla massa. Il vero pericolo è nell’aberrazione psichica dell’uomo. Tutto dipende dal fatto che la nostra psiche funzioni bene o no: se certe persone perdono la testa, oggi, la conseguenza è il lancio della bomba all’idrogeno!». Ivi, p. 171.4 M. TEODORANI, Sincronicità. Il legame tra fisica e psiche da Pauli e Jung a Chopra, Macro Edizioni, Cesena 2011, p. 82.5 A. VITOLO, Prefazione a C. G. JUNG, La sincronicità come principio di nessi acausali, tr. it. di S. Daniele, Bollati Boringhieri, Torino 2011, p. 175.6 Ibidem. 7 Sappiamo che Jung per molto tempo fu restìo a rendere pubbliche le sue ricerche anche per paura di non essere isolato del tutto a livello accademico, più di quanto già non lo fosse essendosi ribellato all’autorità di Freud, allora indiscutibile. Inoltre, segno di estrema umiltà che fa un onore a un genio del suo calibro, Jung

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psichicamente relativi, anche il corpo in movimento deve possedere la relatività corrispondente, o esservi soggetto»8. Jung studiò a fondo la «sincronicità» in primo luogo perché mosso da quel profondo e sincero interesse per ciò che varca il fenomenico, in secondo luogo perché non solo i suoi pazienti ma lui stesso fece esperienza di diversi fenomeni sincronici9, in terzo luogo perché lo psichiatra svizzero condivise questo desiderio di indagine col Premio Nobel per la fisica Wolfgang Pauli, suo paziente e in seguito amico. I due studiosi parlavano linguaggi scientifici diversi che dovettero abdicare di fronte a fenomeni che oltrepassavano la stessa descrittività: un evidente imbarazzo proprio dal punto di vista scientifico - né la fisica né la psicanalisi sapevano raccontare ciò che determinate esperienze mostravano. Le due discipline svelavano un mondo mai visto prima in cui ciò che è materiale non è più distinto da ciò che è psichico e a tale proposito Pauli asserisce: «Dovremmo ora procedere per trovare un linguaggio neutro o unitario in cui ogni concetto da noi usato sia applicabile sia all’inconscio che alla materia, al fine di superare questa vecchia convinzione che la psiche inconscia e la materia siano due cose separate»10.Le categorie del pensiero speculativo di tipo occidentale (specie quelle antecedenti al Novecento) arrancano nello spiegare ciò che è acausale, aspaziale e atemporale. La sincronicità si impone come «quarta forza», un mandala armonizzante in grado di ridefinire, chiarificare e completare una comprensione del reale non più diviso e limitato: «Spazio, tempo e causalità, questa triade della classica immagine fisica del mondo, si completerebbero grazie al fattore di sincronicità in una tetrade, ossia in un quaternio che rende possibile un giudizio complessivo»11. Se la realtà presenta fenomeni che trascendono spazio, tempo e causalità questa stessa realtà deve necessariamente essere ri descritta, ovviamente attraverso strumenti più integrali. Jung puntualizza:

«Se tali fenomeni accadono realmente, il quadro razionalistico dell’universo non è valido, perché incompleto. Allora la possibilità di una realtà al di là del mondo fenomenico, realtà in cui regnino altri valori, diventa un problema a cui non si sfugge; e dobbiamo prendere in considerazione il fatto che il nostro mondo – con tempo, spazio e causalità – è in rapporto con un altro ordine di cose (che si cela sotto o dietro di esso), nel quale né il «qui e lì», né il «prima e dopo» hanno un significato»12.

Lo studio della sincronicità ripropone gli assunti fondamentali della meccanica quantistica: interdipendenza di osservatore ed osservato, non località e conseguente

non si sentiva abbastanza preparato in materia, ecco infatti le prime righe della sua prefazione all’opera sulla sincronicità: «Redigendo questo scritto mantengo per così dire una promessa che per molti anni non ho ardito adempiere. Le difficoltà del problema e della sua esposizione mi sembravano troppo grandi; e troppo grande la responsabilità intellettuale, senza la quale un argomento del genere non può essere trattato. Infine mi sembrava troppo inadeguata la mia preparazione scientifica». Ivi. p. 181.8 Ivi, p. 175.9 «Nella mia veste di psichiatra e di psicoterapeuta sono venuto spesso a contatto con i fenomeni in questione e ho potuto in particolare accertarmi della loro importanza ai fini dell’esperienza interiore dell’uomo. Si tratta per lo più di cose delle quali non si parla a voce alta per non esporsi al rischio di un’irrisione sconsiderata. Non ho mai smesso di stupirmi nel vedere quante persone hanno fatto esperienze di questo genere, e con quanta cura si è custodito ciò che è inspiegabile. La mia partecipazione a questo problema ha quindi radici non solo scientifiche ma anche umane». C. G. JUNG, Prefazione a La sincronicità come principio di nessi acausali, cit. p. 182.10 Citato in M. TEODORANI, cit.11 C. G. JUNG, La sincronicità come principio di nessi acausali, cit., p. 274.12 C. G. JUNG, Ricordi, sogni e riflessioni, cit., p. 360.

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trascendimento delle categorie spaziotemporali, revisione del mind-body problem e, dunque, «illusorietà del reale» e «simpatia universale». Gli ultimi due punti rimandando rispettivamente alla filosofia orientale e a quella rinascimentale italiana, proiettando il fenomeno della sincronicità in un contesto prettamente olistico e di fatto esoterico13.Per l’astrofisico Massimo Teodorani14 la realtà nella quale viviamo è:

«Una realtà che non può essere definita né soggettiva né oggettiva. Il mondo della materia e quello della mente sono talmente intrinsecamente interconnesse da formare un’unica totalità […]. Eppure questo concetto non è affatto nuovo, ma risale a duemila anni fa quando la tradizione Tantrica del mondo Indù postulava una simile filosofia. In base alla filosofia Tantrica, la realtà non è altro che un’illusione, quella illusione che viene chiamata “velo di maya”. Pertanto il principale errore che noi commettiamo nel non percepire questo velo illusorio è che noi percepiamo noi stessi come separati dal mondo che ci circonda. Questo è un regno in cui le leggi della fisica classica non valgono più, e rappresenta la meta ultima della fisica ma anche il maggiore scoglio: non si riescono ancora a trovare la metrica, il dominio geometrico e gli operatori matematici in grado di descriverlo formalmente»15.

Nonostante a quel tempo non esistevano possibilità di contatto, saggezza orientale e saggezza occidentale ebbero intuito le medesime verità16, per Pico della Mirandola il mondo appariva quale corpus mysticum di Dio: «In primo luogo c’è nelle cose la unità, grazie alla quale ogni cosa è una con se stessa, consiste di se stessa ed è in rapporto con se stessa. In secondo luogo è grazie ad essa [unità] che una creatura viene unita alle altre e infine tutte le parti del mondo formano un solo mondo. La terza e principalissima cosa è che grazie ad essa tutto l’universo è uno col suo creatore come un esercito col suo capo»17.La fisica dei quanti sosterrà praticamente la stessa cosa, basti pensare al paradosso EPR messo a punto da Einstein, Rosen e Podolski18, poi convalidato dal Teorema di Bell. Lo stesso Bohm sostiene che «l’idea classica di un mondo separabile in parti distinte interagenti non è più valido o rilevante. Dobbiamo invece considerare l’universo come un

13 Sul significato specifico del termine, a livello accademico, rimando all’apposito saggio del Prof. Wouter Hanegraff, Western esotericism. A guide for the perplexed. Bloomsbury, London 2013.14 In questo saggio mi riferirò più volte agli studi di Teodorani in quanto lo scienziato associa a chiare lettere Jung al Quantismo e quest’ultimo a tutti quei fenomeni che trascendono una spiegazione di tipo meccanicista.15 M. TEODORANI, Bohm. La fisica dell’infinito, Macro Edizioni, Cesena 2006, p. 36.16 E’ questo un tratto distintivo della storia delle dottrine esoteriche: una sostanziale affinità di fondo a livello concettuale oltre le barriere dei differenti contesti sociali e dei differenti periodi storici. Ricordiamo le parole di Zolla: «Sono perfettamente sovrapponibili il bramino praticante e il maestro platonico». E. ZOLLA, Lo stupore infantile, Adelphi, Milano 1994, p. 37.17 Citato in C. G. JUNG, La sincronicità come principio di nessi acausali, cit., p. 252.18 Il paradosso EPR prende in considerazione una semplice particella elementare come l’elettrone non dotata di spin . Se si divide tale particella in due parti, una deve necessariamente avere spin pari a + ½ e l’altra spin pari a – ½ . Questo è inevitabile per garantire la legge di conservazione dello spin la quale per somma deve dare zero – nel momento in cui si ricongiungessero le particelle. Ora, se noi lanciamo le due particelle a distanze enormi e modifichiamo lo spin di una delle due, ai fini di garantire la legge di conservazione, l’altra particella deve necessariamente modificare istantaneamente il suo spin. Questa modifica immediata però se da un lato salvaguarda la somma degli spin che deve essere zero, dall’altra viola clamorosamente la teoria della relatività che afferma che un segnale non può viaggiare a una velocità superiore a quella della luce.In sintesi l’immediato cambiamento di spin della seconda particella è a tutti gli effetti un evento non locale totalmente non previsto dalla fisica classica la quale non può spiegare questo fenomeno. Esso infatti induce ad una constatazione fondamentale: i termini quantistici le due particelle non sono divise, sono unite.

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tutto indiviso e senza fratture. Giungiamo così a un ordine radicalmente diverso da quello di Galileo e Newton: l’ordine della totalità indivisa» 19. Nonostante il meccanicismo dunque, che fisica e spirito si fossero già incontrati era evidente fin da inizio Novecento20. I fenomeni sincronici non fanno che aggiungere un ulteriore tassello afferente all’icastico incontro tra fisica e psicologia, un «dittico» che nel momento in cui saprà dimostrarsi completamente provocherà irreversibili e profondissimi sconvolgimenti, non solo in ambito scientifico: «Nel caso della sincronicità siamo di fronte non a una concezione filosofica, ma a un concetto empirico che postula un principio necessario per la conoscenza»21. Ciò che caratterizza i fenomeni sincronici va ad inficiare la realtà oggettiva, quotidiana e «materiale» erompendo e sconvolgendo proprio l’orizzonte macroscopico nel quale siamo protagonisti: ci riguardano e ci includono in un periplo concretato quadrimensionalmente.

2. Esperienze sincroniche

Esperire co-incidenze e sincronie significa esperire varchi noumenali, attimi rari in cui la realtà materiale è messa fortemente in discussione da un’auraticità costellante la superiore unione di psiche e materia che soppianta e spiazza l’ordinaria percettività del reale: il soggetto percipiente piomba dentro la percezione stessa.In Auree Elémire Zolla tributa alle coincidenze un profondissimo valore qualitativo pur sostenendo che alle simultaneità più profonde pertiene un valore più importante:

«Come nella memoria si costellano fatti lontani fra loro formando mulinelli nel flusso dei ricordi, così capita nella vita che si aprono vortici dove roteano svasati in una coincidenza, in una simultaneità inspiegabile, elementi che dovrebbero essere separati dal tempo e dallo spazio. Ne nasce, in chi vive quegli attimi, una meraviglia pura: un’aura sprigiona da quelle sovrapposizioni. Viene in mente la metafora degli scolastici: gli angeli che sono fuori dal fiume del tempo, di quando in quando vi immergono un piede. Quando avvengono coincidenze, è come se scorgessimo un’ombra angelica nel nostro mondo. Ad esse come manifestazioni arcane, l'antichità tributava un culto.Si pensa ad una persona e quella compare: il momento riceva una sua modesta consacrazione, dalla realtà ordinaria si è slittati via, si è provato uno stupore puro, sia pur tenue e subito scordato. Un’aura abbagliante avvolge le simultaneità più complesse»22.

19 D. BOHM, Universo, mente, materia, Red edizioni, Como, 1996, p. 176.20 In realtà anche molto prima considerando che l’esperimento delle due fenditure di Young sulla doppia natura della luce (odulatoria e corpuscolare) è del 1803.21 C. G. JUNG, La sincronicità come principio di nessi acausali, cit, p. 274.22 E. ZOLLA, Auree, Marsilio, Venezia 1995, p. 19.

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Gli studi di Jung sui fenomeni sincronici, avallando una possibilità acausale di interazione psiche-materia, hanno imposto di fatto una revisione scientifica della lettura globale del reale:

«Il principio filosofico che sta alla base della nostra concezione della regolarità delle leggi di natura è la causalità. Se il rapporto tra causa ed effetto dimostra di aver solo validità statistica e soltanto una verità relativa, in ultima analisi anche il principio causale può essere applicato solo in misura relativa nell’interpretazione di processi naturali, e presuppone quindi l’esistenza di uno o più fattori diversi che sarebbero necessari ai fini della spiegazione di tali fenomeni. Ciò significa che il legame tra eventi è in certe circostanze di natura diversa da quella causale, ed esige un diverso principio interpretativo»23.

Molteplici sono le esperienze riportate dallo psichiatra svizzero, sia riguardanti lui che suoi pazienti. Ciò che si evince da esse, tra l’altro, è il ruolo dell’inconscio come Alleato: «L’inconscio ci aiuta in quanto ci comunica qualcosa o produce allusioni simboliche. Possiede altri mezzi per informarci di cose che con tutta la nostra logica noi non potremmo mai conoscere. Si considerino i fenomeni sincronici, le premonizioni, i sogni che dicono il vero»24.Un giorno, ai tempi della seconda guerra mondiale, Jung tornava a casa da Bollingen in treno, voleva leggere ma non ci riusciva, come si apprestava a farlo, l’immagine mentale di una persona che annegava lo assaliva con veemenza tanto da indurlo a riflettere sul perché, sulla causa di questa immagine. Ebbene, tornato a casa Jung venne informato dalla figlia che proprio nello stesso tempo in cui lui viaggiava e veniva assalito da quel pensiero, suo nipote stava praticamente annegando in piscina e fu salvato alla fine dal fratello maggiore. La deduzione dello psichiatra fu subito chiara: «L’inconscio mi aveva dato un avvertimento. Perché allora non dovrebbe essere capace di informarmi anche di altre cose?»25.Un’altra sincronicità riportata da Jung nell’autobiografia riguarda la premonizione di una morte in sogno. Lo psichiatra racconta di aver sognato la moglie che dormiva nel letto, quest’ultimo però si trasforma progressivamente in una bara nella quale la moglie esala l’ultimo sospiro per poi librarsi verso l’alto. Il sogno fu così intenso che Jung si svegliò; erano le tre del mattino. Il giorno dopo gli arriva la notizia che alla stessa ora era morta una cugina della moglie.Un’altra celebre sincronia è quella relativa al famoso scarabeo e stavolta i testimoni sono due: lui e una sua paziente. Quest’ultima in un momento decisivo della cura sognò di ricevere in dono uno scarabeo d’oro, che sappiamo essere simbolo di rinascita sin dai tempi degli egizi, soprattutto lo scarabeo stercorario che con le sue feci nutre le larve. Avendo la capacità di trasformare lo sterco in nutrimento è considerato un simbolo di rinascita e trasformazione o, detto in linguaggio alchemico, di «trasmutazione della morte in vita».Nello studio di Jung, proprio mentre la paziente raccontava il sogno, uno scarabeide (ciò che di più simile a uno scarabeo si poteva trovare a quelle altitudini) appare svolazzando vicino alla finestra proprio dietro le spalle dello psichiatra. In seguito a tale sincronicità la paziente entrò in una fase di guarigione, di «rinascita» appunto.

23 C. G. JUNG, La sincronicità come principio di nessi acausali, cit, p. 183.24 C. G. JUNG, Sogni, ricordi, riflessioni, op. cit., p. 357.25 Ivi., p. 358.

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Lo scarabeo è stato considerato un simbolo di rinascita migliaia di anni fa dagli Egizi e per tale motivo esso, come archetipo, è entrato nell’inconscio collettivo, in quanto tale ha capacità di agire sulla psiche di qualsiasi persona, in quanto noi tutti, secondo la psicanalisi junghiana, attingiamo archetipi, più o meno inconsciamente, dall’inconscio collettivo. (La stessa paura del temporale che tutt’ora provano alcune persone potrebbe risalire al fatto che nei tempi antichi la si riteneva l’ira degli Dei; l’umanità avrebbe dunque talmente «interiorizzato» tale paura da provarla ancora oggi)26.La sincronicità non consiste nel pensare a una persona e un attimo dopo vederla, questa può essere una coincidenza, la sincronicità al contrario presenta un forte contenuto significante in grado di interagire e spesso modificare la psiche della persona vivente l’esperienza. Il fenomeno sincronico, come mostra l’esempio del sogno della morte, può a volte sfociare in quello della pura preveggenza: in esso il soggetto vede e descrive un evento che sta accadendo nel momento della stessa descrizione o che può accadere in un futuro più o meno breve. A norma di esempio possiamo citare il celebre caso di Swedenborg, scienziato ma al tempo stesso visionario che ha raccontato in vari volumi le dimensioni trascendenti lo spazio-tempo da lui «visitate». Siamo nel 1756 e il mistico pur essendo a Goteborg vede l’incendio di Stoccolma e informa tutte le persone a lui vicine in quel momento fornendo dettagli precisi su come l’incendio si stesse propagando nella capitale per poi venir domato dopo tre ore. Il racconto di Swedenborg fu confermato dai fatti. L’evento è riportato da Kant nel suo libro I sogni di un visionario chiariti con i sogni della metafisica, pubblicato nel 1766.Sincronia e preveggenza, ESP e telecinesi: i confini, al di là dello spazio tempo, come è ovvio, sono piuttosto labili e lo stesso Jung si interessò ad essi nella loro integralità:

«Per tutta la vita Carl Gustav Jung fu interessato ai fenomeni occulti, spesso anzi ne fu protagonista, com’era del resto avvenuto a sua madre e a suo nonno. Per lui la parapsicologia doveva essere oggetto di ricerca scientifica, di esperimenti, di teorie. Lo irritava che la scienza ufficiale del tempo rifiutasse i fenomeni occulti invece di studiarli e di cercare di spiegarli. Egli stesso compì esperimenti con il famoso medium austriaco Rudy Schneider e poté assistere a fenomeni psicocinetici, materializzazioni, levitazioni. Visse personalmente una quantità di eventi spontanei: precognizioni, sogni veridici, fatti telepatici, e si interessò a fondo di alchimia e delle mantiche, cioè astrologia, tarocchi, geomanzia e persino dell’antichissimo libro cinese degli oracoli I:Ching»27.

Tra questi vari eventi paranormali vissuti da Jung, uno dei più noti è sicuramente quello della libreria di Freud. Se Jung era al quanto attratto dal paranormale - e l’interesse è ampiamente documentato nell’opera Psicologia dei fenomeni occulti uscita nel 190228 - sappiamo altrettanto bene che Freud ne era invece totalmente avulso e decisamente scettico al riguardo - proprio questo fu per loro un ulteriore motivo di distacco.

26 «Dopo aver dimostrato che a Freud è sfuggito un settore molto importante dell’Inconscio, quello che deriva dalle sensazioni che stanno al di sotto della soglia percettiva, Jung ne esamina il contenuto. Vi trova, oltre all’inconscio personale, connesso alle esperienze passate dell’individuo e spiegabile sulla loro base, anche un Inconscio collettivo che si eredita per il fatto che anche i nostri antenati hanno avuto come noi esperienze originarie. Tale Inconscio si esprime negli archetipi, che sono forme rappresentative, categorie, secondo le quali si formano in noi le immagini rivelatrici appunto del profondo collettivo». A. CRESCINI, Psicanalisi e filosofia, Editrice La Scuola, Brescia 1993, p. 157.27 P. GIOVETTI, I grandi iniziati del nostro tempo, Mediterranee, Roma , p. 115.28 C. G. JUNG, Psicologia dei fenomeni occulti, tr. it. di C. Balducci, Newton, Roma 2008.

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Siamo nel 1909 e Jung visita Freud a Vienna per parlargli della necessità di considerare i fenomeni parapsicologici nella ricerca scientifica. Mentre Freud parla Jung prova una strana e fastidiosa sensazione al diaframma alla quale segue un fragoroso schianto nella libreria accanto a loro, il frastuono fu tale che entrambi gli scienziati si spaventarono. Jung allora disse a Freud che quello era un chiaro esempio di esteriorizzazione catalitica ma lo psicanalista austriaco ribatté che erano tutte sciocchezze al ché Jung disse fermamente a Freud che non solo si sbagliava ma che a quell’esteriorizzazione ne sarebbe seguita un’altra di lì a poco. Infatti fu così: Jung non finì nemmeno di parlare che dalla libreria si udì un altro schianto uguale al primo. La diffidenza di Freud aumentò ancora di più e i rapporti si fecero ancora più difficili tra i due. Tra le varie personalità appartenenti alla storia delle idee che hanno esperito sincronicità, dopo Jung e Swedenborg, non possiamo certo non citare Pauli, o meglio «l’effetto Pauli».Il Premio Nobel per la fisica infatti aveva la capacità di provocare eventi di tipo psicocinetico ovunque si trovasse, ciò era pericoloso specialmente nei laboratori dove la sua sola presenza riusciva a mandare in tilt gli strumenti. Per capire l’effettiva realtà dell’ «l’effetto Pauli» basti pensare che allo scienziato venne vietato di entrare in diversi laboratori di fisica sperimentale. Pauli si rivolse a Jung col quale si sottopose ad un’intensa e proficua terapia, che finì per gettar le basi non solo della sua guarigione ma anche di una solida amicizia. Il fisico aveva problemi nella sua vita privata, la sfera emozionale della sua personalità era totalmente soffocata da quella intellettuale e i fenomeni dell’effetto Pauli erano segni che l’inconscio lanciava al conscio per attirare l’attenzione sulla parte emotiva e inconscia, particolarmente attiva ma costantemente irretita da quella intellettuale e razionale 29.La terapia, oltre che la guarigione del fisico, favorì anche quel mirabile scambio di idee che vide i due studiosi concordi nell’urgenza del riconoscimento di una nuova scienza appena nata sotto i loro occhi: la psicofisica30, corifeo di orizzonti noetici uniti in sincrono. Il tassello mancante alla sua legittimità scientifica, non dipendeva che dai limiti del linguaggio; Jung e Pauli avevano imboccato una strada che apriva scenari meravigliosi e inaspettati in grado addirittura di varcare gli stessi confini del Quantismo:

«E la chiave di tutto era nella costruzione di una fisica interamente nuova, che superando dimensionalmente la stessa meccanica quantistica avrebbe inglobato la materia dentro la psiche e viceversa. Lo stesso Pauli che nonostante il grande genio di cui era dotato e il più che meritato Premio Nobel per la fisica, era una pensatore che sapeva guardare ben più in là del suo naso o di quanto non fossero capaci di fare i suoi bigotti colleghi dell’entourage clericale dello «scientismo positivista». E infatti non ebbe alcuna difficoltà ad affermare: Né il linguaggio della fisica – il primo – né il linguaggio della psicologia – il secondo – sono sufficientemente efficaci. In realtà l’inconscio parla un linguaggio fisico-simbolico (un terzo linguaggio), che noi dobbiamo trasformare in un “linguaggio neutro” (il quarto linguaggio) , possa essere compreso dalla coscienza razionale. Per la mia mente riuscire a trovare questo quarto linguaggio, il linguaggio neutro, sarà la sfida dell’inizio del ventunesimo secolo»31.

29 Sull’idea che le malattie non siano altro che «messaggi» che la parte inconscia della personalità lancia a quella conscia hanno insistito, con le loro ricerche, diversi studiosi. A tale proposito si veda il lavoro di Joe Dispenza, Evolve your brain, Health communications, Delfield beach 2007.30 «Le sedute con Jung non solo aiutarono Pauli a riprendersi dal suo stato depressivo, ma allacciarono un sodalizio che avrebbe portato i due a porre le basi della «fisica della coscienza», al fine di tentare di capire il problema della sincronicità in particolare». M. TEODORANI, Sincronicità, cit., p. 42.31 Ivi, p. 87.

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Il problema maggiore per i due pensatori non verteva sulla presunta realtà dei fenomeni sincronici, già ampiamente data per certa ma sulla capacità umana di una loro esaustiva decodificazione oggettiva in termini linguistici, determinanti ai fini di una definitiva proponibilità scientifica. Nel caso della sincronicità infatti non è la ripetitività ad essere fonte di attendibilità – non possiamo produrre tali fenomeni a comando poiché non siamo ancora in grado di comandare l’inconscio che è il luogo da cui essi provengono – ma la «semplice» realtà della loro (seppur sporadica)32 manifestazione, che pur rimane indescrivibile però. Jung disse a chiare lettere che basta un solo fenomeno di sincronicità a decretarne esistenza e dunque pertinenza scientifica: se essa accade, va studiata, «l’inconscio è reale perché agisce» come ebbe a dire nell’opera La psicologia dell’inconscio 33 E il modo in cui esso agisce è un modo sincronico. La sincronicità fa parte del mondo in cui viviamo, fa parte di noi, ci riguarda in ogni caso, ci pertiene a priori.Oltre alle normali sincronicità esistono inoltre le sincronicità multiple, il seguente esempio ne chiarisce la definizione. Nel 1948 Pauli fu invitato a presiedere all’inaugurazione dell’Istituto di Scienze Psichiche voluto e creato da Jung. Appena il fisico entrò in Istituto un vaso cinese pieno d’acqua, senza essere mosso da nessuna causa apparente, cadde nel pavimento rovesciandovi tutta l’acqua. La prodiga simbologia soggiacente all’evento rimanda innanzitutto al legame con l’Oriente (il vaso cinese) e con la sua filosofia, ampiamente apprezzata e riproposta da Jung, in secondo luogo al termine flood (che in inglese indica la fuoriuscita dell’acqua) molto simile al cognome del celebre alchimista Robert Fludd (alquanto nota l’importanza degli studi di Jung sull’alchimia quale base della sua teoria dell’inconscio)34; in ultimo è evidente un’analogia con l’acqua stessa, simbolo di purificazione. Negli Arcani Maggiori la lama della Temperanza propone una figura angelica che tiene in braccio due vasi dai quali fuoriesce un flusso (flood) d’acqua. Questa lama è la numero 15 e viene dopo la Morte: lo scheletro di quest’ultima si è dunque trasmutato in un angelo. La Temperanza è anche una figura di equilibrio, infatti sebbene alata, la figura rimane ben salda a terra, impegnata in un’opera pratica e concreta: il flusso d’acqua che entra ed esce dai due vasi simboleggia energia in circolazione che si purifica armonizzando gli opposti i quali nemmeno esistono più, assorbiti dal flusso riconciliatore. Ciò non può non rimandare allo stesso Pauli purificato dalla terapia junghiana e pronto a tornare alla sua operosità scientifica forte di un dono spirituale: le ali, cioè la capacità di conciliare gli opposti di razionalità e sentimento nella sua vita. Il vaso rotto inoltre richiama il simbolo astrologico dell’Acquario, il quale a sua volta rimanda alla nuova era dell’Acquario, un’era che gli studiosi di astrologia, e Jung lo era, indicano come un grande rinnovamento al livello della coscienza, purificata e potenziata da una più potente conoscenza al contempo scientifica e spirituale35. Nel simbolo astrologico dell’Acquario oltretutto è proprio un uomo che tiene in braccio un vaso da cui fuoriesce l’acqua, è lui che la rovescia. Facile notarvi lo stesso Pauli (o il suo inconscio che «dà il comando» di rompere il vaso) il quale,

32 La questione riguardante la sporadicità è tuttavia anch’essa relativa in quanto Jung sostiene che una coscientizzazione del fenomeno ne incrementa la manifestazione: capire e introiettare la sincronicità produce e incrementa fenomeni sincronici.33 Cfr. C. G. JUNG, La psicologia dell’inconscio, tr. it. di M. Cucchiarelli, Newton, Roma 2006,34 Cfr: C. G. JUNG, Psicologia e alchimia, tr. it. di R. Bazlen, Bollati Boringhieri, Torino 2006.35 Riguardo agli interessi concreti ed espliciti di Jung in ambito astrologico si veda il secondo capitolo del già citato saggio sulla Sincronicità, intitolato «Un esperimento astrologico», dove lo studioso propone un dettagliato e approfondito studio della simbologia astrologica e dei significati ad essa sottesi, rilevanti sul piano dei fenomeni sincronici e acausali.

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tornando agli opposti riunificati della Temperanza, tenta di unire la vecchia fisica (il meccanicismo) con la nuova (il quantismo che avvalora la sincronicità e la non località): «Pauli, cha aveva studiato profondamente e poi comparato tra loro il pensiero ternario (spazio, tempo, causalità) di Keplero, e il pensiero quaternario (spazio-tempo, psiche, causalità, sincronicità) di Robert Fludd, il grande alchimista, si sentiva parte di entrambe queste correnti di pensiero, e infatti non aveva difficoltà a dire: Io porto Keplero tanto quanto Fludd dentro di me e questa per me è una necessità per arrivare nel modo migliore che posso a una sintesi di questa coppia di opposti»36.Se si riesce a leggere e interpretare la realtà attraverso i suoi simboli come nel caso di un sogno (o di un’opera d’arte)37, secondo Jung, non solo si incrementa la fuoriuscita di ulteriori simboli e sincronicità, ma si riesce a comprenderla nella sua dimensione occulta, simbolica e aprioristica: inconscia.

3. Inconscio, sincronicità, quantistismo.

«Mentre nel regno quantico Wolfgang Pauli scoprì che le leggi ultime della natura non sono soggette al principio di causalità, ma non sono altro che un mandala di forme che sincronizzano la materia e la interconnettono in tutte le sue parti, nel regno psicologico e cognitivo Carl Jung scoprì l’esistenza dell’inconscio collettivo come realtà oggettiva e substrato di base, il cui scopo è quello di unire assieme sincronicamente sia la psiche che la materia»38.Le evidenti implicazioni con la meccanica quantistica ineriscono ai precipui concetti junghiani di inconscio personale e inconscio collettivo39. Secondo Jung quando scordiamo qualcosa in realtà non la scordiamo affatto, essa esce dalla sfera del nostro conscio per entrare nell’inconscio40. «La sua carica di energia è talmente diminuita che la cosa non può

36 M. TEODORANI, Sincronicità, cit. p. 89.37 Non a caso l’alchimia è denominata Ars Regia: vivere alchemicamente è vivere creando un’opera d’arte, la Grande Opera appunto, quella relativa a una dimensione ulteriore di essere umano, un umano superato, trasceso, trasmutato, divinizzato. «Mircea Eliade, autore del fondamentale testo Arti del metallo e alchimia, sostiene che la vera originalità dell’alchimia risiede nel presupposto da cui essa muove: la concezione di una vita complessa e drammatica della Materia. L’alchimia tratta la materia come è trattata la Divinità nel corso dei Misteri: così come il dio, la materia soffre, muore, rinasce. Per Eliade esiste un parallelismo tra l’itinerario che porta le sostanze minerali alla trasmutazione e il processo attraverso cui l’alchimista giunge alla sua rinascita morale e spirituale. L’adepto opera sulla sostanza per purificarsi e per risvegliarsi egli stesso, per entrare in possesso della potenza divina c he dorme nel suo essere. Nell’opera suddetta, il grande studioso cita una frase di Oswald Croll, un discepolo di Paracelso, che ci dà la misura del perfetto sincronismo tra il compito della Grande Opera e la raggiunte perfezione dell’adepto: «Gli alchimisti sono uomini santi, che in virtù del loro spirito deificato hanno assaporato i primi frutti della Resurrezione in questa stessa vita e hanno avuto la possibilità di pregustare il Regno Celeste». G. GANGI, Misteri esoterici. La Tradizione ermetico-esoterica in Occidente, Mediterranee, Roma 2006, p. 239.38 M. TEODORANI, Sincronicità, cit. p. 75.39 Il primo era per Jung una sorta di ricettacolo che sussiste e agisce fuori del nostro controllo: esso è una grande parte di noi stessi di cui siamo all’oscuro. Non ne siamo consapevoli, è appunto inconscio, ossia risiede ed opera al di là del livello della nostra attenzione.40 Anche se difficile stabilire «dove» visto che i concetti relativi alla località si autoescludono a priori nel momento in cui si parla di inconscio. Probabilmente più che dentro di noi, i ricordi si accumulano in una

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più manifestarsi nella coscienza, ma, per quanto sia andata perduta per la coscienza, non è perduta per l’inconscio»41. A riprova di ciò lo psichiatra svizzero riporta il calzante esempio della lettura:

«Supponiamo che vi siano due persone delle quali una non ha mai letto un libro, mentre l’altra ne ha letti mille. Sopprimiamo dalla mente di entrambe ogni ricordo degli ultimi dieci anni, durante i quali la prima persona semplicemente viveva, mentre la seconda leggeva i suoi mille libri. A questo momento tutte e due saranno ugualmente ignoranti, però chiunque sarà in grado di capire quale dei due ha letto i libri e, si badi bene, li ha capiti. L’esperienza della lettura quantunque dimenticata da molto tempo, lascia dietro di sé delle tracce nelle quali si possono ravvisare le vestigia del passato. Questa durevole influenza indiretta dipende da una fissazione delle impressioni che sono tutte conservate, anche quando non sono più in grado di emergere nella coscienza»42.

È dunque questo il territorio dell’inconscio personale, al quale Jung aggiunge il ben noto inconscio collettivo in quanto nell’interiorità dell’individuo sussistono anche idee che non appartengono alla sua storia privata: «Di che genere di idee si tratta? Si tratta in breve di fantasie mitologiche, che non corrispondono ad alcun avvenimento o esperienza della vita personale dell’individuo, bensì solo a dei miti»43.La deduzione di Jung è ovviamente la seguente: «Se queste idee non scaturiscono dall’inconscio personale, e quindi dalle esperienze della vita individuale, da dove dunque proverranno?»44 L’inconscio collettivo va dunque ad operare quale atavico corifeo di tutte quelle irretite potenzialità che se riacquisite estendono icasticamente la consapevolezza del singolo che trova innate facoltà creative di definizione del reale. Jung per spiegarsi accenna alle categorie kantiane anche se sappiamo che la differenza è sostanziale in quanto queste ultime svolgevano una funzione di ordinamento e costruzione del mondo fenomenico fornendo un sapere fisico naturale di tipo scientifico mentre per lo psichiatra svizzero è proprio il mondo noumenico, per usare il linguaggio kantiano, ad essere interessato dalle categorie della sua psicanalisi. Jung stesso usa addirittura il termine «noumeno» quale sinonimo di «inconscio» 45.Lo stesso «Pauli aveva intuito in maniera profonda e sicura che quella matrice invisibile in grado di tenere assieme il mondo è proprio l’inconscio collettivo, a cui l’inconscio

zona al di là dello spazio-tempo a cui noi però possiamo avere accesso in virtù della realtà non locale nella quale viviamo. «Non locale» non significa che non è «ubicata» ma che funziona trascendendo ogni possibile ubicazione seppur oggettiva essa possa apparire. Ma essa tale appare in quanto non possediamo strumenti descrittivi adeguati ad un modello non meccanicista e non dualista: un modello sincronico. Ciò rimanda ai celebri campi morfici di Rupert Sheldrake e al cervello olografico di Karl Pribram come vedremo a breve.41 C. G. JUNG, La psicologia dell’inconscio, cit., p. 14142 Ibidem.43 Ibidem.44 Ibidem.45 «Il legame con l’inconscio sovrapersonale o collettivo rappresenta un’estensione dell’uomo al di là di se stesso; significa morte per il suo essere individuale ma rinascita in una nuova dimensione, quale era letteralmente rappresentata negli antichi misteri. […] Non si deve assolutamente immaginare che esista alcunché di simile a delle idee ereditarie. Su questo non vi può essere discussione. Però esistono possibilità innate di idee, condizioni a priori per la produzione di determinate fantasie, in certo senso affini alle categorie kantiane. Sebbene queste condizioni innate non producano in sé alcun contenuto, pure conferiscono una forma definita ai contenuti già acquisiti». Ivi, p. 142.

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personale accede occasionalmente attraverso sogni carichi di significato e tramite le sincronicità»46.Riassumendo: «Jung sapeva già che l’inconscio non si situa nello spazio conosciuto, bensì in una specie di dimensione iperspaziale con sue leggi ben differenziate da quelle di causalità note alla scienza standard. Il sincronsimo tra lo stato psichico di un individuo e un evento del mondo della materia dimostrava fin troppo bene che oltre alle leggi conosciute dalle fisica, ne esistono altre che ancora non conosciamo bene»47. Tale dimensione ipersapziale appartiene all’inconscio collettivo, una sorta di iperuranio platonico dove esistono «le idee delle cose» o, in termini junghiani appunto, gli archetipi delle cose48. Tutti siamo connessi a tale a priori della realtà e il modo in cui ci connettiamo ad esso è il simbolo. I sogni, le sincronie e tutti i fenomeni paranormali rientrano in quella che per Jung è una comunicazione simbolica che permette al soggetto di interagire con l’inconscio collettivo.«Come l’individuo non è assolutamente un essere unico e separato dagli altri, ma è anche un essere sociale, così la psiche umana non è un fenomeno chiuso in sé e meramente individuale, ma è anche un fenomeno collettivo. […] L’universale somiglianza dei cervelli umani comporta la possibilità universale di un funzionamento psichico uniforme. Tale funzionalità è la psiche collettiva»49. Inconscio, memoria, cervello e psiche collettiva… Alla luce delle scoperte della fisica odierna, sembra davvero tutto connesso. Il neurochirurgo Karl Pribram, ha avvalorato la teoria bohmiana della natura olografica della realtà grazie a numerosi studi condotti su ratti a cui veniva asportata una parte di cervello. Nonostante diverse e successive asportazioni i ratti continuavano a conservare i ricordi, riguardo ai quali dunque, in seguito all’esito degli esperimenti, era impossibile ammettere un’esistenza localizzata. La stessa capacità umana di attingere all’istante, ad un qualsiasi ricordo, tra miliardi e miliardi di informazioni non fa che avvalorare la non-localizzazione dei ricordi, e quindi la non catalogabilità del tempo. Secondo la teoria del cervello olografico di Pribram, i ricordi si troverebbero in una dimensione esterna al cervello alla quale però quest’ultimo sembra possa avere accesso.Anche la teoria dei campi morfici del biologo e filosofo Rupert Sheldrake avvalora queste tesi. Dopo che un gruppo di scimmie che vivevano in un’isola giapponese aveva acquisito la capacità di lavare le patate dolci prima di mangiarle, si era scoperto che in precedenza un altro gruppo di scimmie viventi in un’altra isola aveva acquisito la stessa tecnica. I due gruppi ovviamente non erano mai venuti in contatto fisicamente ma l’informazione, secondo la teoria dei campi morfici, aveva viaggiato non localmente e sincronicamente raggiungendo altri membri della stessa specie. In un’intervista televisiva di parecchi anni fa tutt’ora visibile su Youtube, chiesero a Franco Battiato cosa pensasse di quegli asceti che si ritirano dal mondo per vivere in solitudine e meditare, un atteggiamento che a tutta prima sembra concretare una fuga dal mondo più che un impegno in favore di un suo miglioramento. In sostanza a persone ritenute

46 M. TEODORANI, cit. p. 64.47 Ivi, p. 2148 Interessante l’analogia con l’Akasha proposta da Teodorani: «Le vere scoperte scientifiche nascono innanzitutto come intuizione di una realtà superiore. L’unico modo per accedervi è quello di collegarsi al regno degli archetipi, che non è altro che un’immensa biblioteca contenente in forma simbolica tutto lo scibile dell’universo. In fondo questo regno al di là del tempo e dello spazio e quella misteriosa e mitica «Akasha», di cui si tramanda nelle tradizioni orientali, sono esattamente la stessa cosa». Ivi, p. 69.49 C. G. JUNG, La psicologia dell’inconscio, tr. it. di M. Cucchiarelli, Newton Compton, Roma 1989, pp. 110-111.

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generalmente saggie si potrebbe contestare un ovvio e totale disimpegno nei confronti del reale.Battiato disse all’intervistatore che non si poteva minimamente immaginare quanto bene all’umanità potessero fare quelle persone col loro atteggiamento di fuga «apparente». Con la teoria dei campi morfici infatti la tesi di Battiato è facilmente spiegabile e comprensibile: se l’asceta raggiunge un alto grado di sviluppo spirituale, tramite risonanza morfica, sincronicamente anche gli altri membri della sua specie ne risentirebbero - anche se inconsapevolmente ovviamente, in quanto la modifica va ad inficiare l’inconscio più che il conscio50. Cambiare il mondo cambiando noi stessi dunque, una ben nota verità esoterica51.Per tornare alla memoria, già le stesse tecniche bruniane erano fini a un miglioramento della realtà proprio a partire dal singolo, dall’iniziato: «Bruno non intende solo potenziare il muscolo mnemonico, vuole mutare il cosmo. Ovvero – lo ribadiamo ancora - modificare la struttura stessa della mente di ogni iniziato e quindi, attraverso di esso, il mondo, tramite l’interdipendenza micro-macrocosmo, cioè mente-universo. Questa è l’opera del «suo» ermetismo, modificare l’uomo nella mente, mutarne l’intima essenza e quindi, attraverso lui-uomo-nuovo, rivoluzionare il mondo»52.Essendo microcosmo e macrocosmo indissolubilmente uniti, l’uomo stesso è sia oggetto che soggetto della stessa realtà: se cambia lui sincronicamente cambia anche la realtà.Nella meccanica quantistica l’osservatore modifica l’osservato. Se noi infatti effettuiamo in laboratorio una misurazione della traiettoria di una particella molto minuta come per esempio un fotone, un elettrone o un atomo, la nostra misurazione modifica la posizione della particella, cioè la misura non presuppone una procedura deterministica. Nell’ambito dell’infinitamente piccolo il modello meccanicista viene clamorosamente contraddetto, ecco perché si parla di «probabilismo» in meccanica quantistica, perché tutto ciò che possiamo fare è considerare una serie di probabilità riguardo alla posizione della particella. A tale proposito è stata creata un’apposita funzione matematica che stabilisce la possibile posizione della particella: la funzione d’onda. Si parla di funzione d’onda perché tra una possibile misurazione e un’altra la particella si dissolve in una sovrapposizione di onde di probabilità ed essa è dunque potenzialmente presente simultaneamente in una serie di luoghi differenti; solo l’atto della misurazione fa collassare la particella in un determinato luogo. Tale assurdo comportamento delle particelle è stato esposto nel celebre paradosso del gatto di Schroedinger rinchiuso nella scatola: in essa il gatto è sia vivo che morto e solo l’atto dell’apertura (misura) determina l’effettiva vita o morte del gatto, la quale dunque è «nelle mani» dell’osservatore.

50 Un’alternativa teoria dell’evoluzione dunque, un tema caro non solo allo stesso Battiato ma a gran parte della tradizione esoterica occidentale, pensiamo per esempio a Steiner e alla Teosofia ma anche allo stesso Gurdjieff o agli italiani Evola e Assagioli, tutti impegnati nella definizione di un sistema sia pratico che speculativo in grado di apportare un miglioramento alla «macchina biologica» per dirla nei termini del maestro armeno. Come si è già evidenziato in precedenza, la stessa Grande Opera alchemica non è altro che la storia di un miglioramento: trasmutare l’essere mortale in immortale, renderlo divino, superarlo in un processo fatto e pensato ad arte: Arte Regia appunto.51 Non è un caso che le varie tradizioni esoteriche pongono l’attenzione all’evoluzione del singolo più che su quella della comunità, il concetto di «Individuo Assoluto» in Evola è particolarmente indicativo al riguardo, come indicativa è la feroce critica zolliana all’ «uomo-massa», in opposizione qualitativa al modello dell’iniziato.52 G. LA PORTA, Giordano Bruno. Vita e avventure di un pericoloso maestro del pensiero, Bompiani, Bologna 2001, p. 195.

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Come sostiene il fisico Pascual Jordan: «Non solo le osservazioni disturbano ciò che deve essere misurato, ma esse lo producono… Noi costringiamo un elettrone ad assumere una posizione definita… Ma siamo noi stessi che produciamo i risultati della misurazione»53. In parole molto semplici: noi siamo coinvolti nella misurazione che non è solo «una misurazione» ma è un atto stesso di modifica del reale. Questo significa oltretutto che non possiamo nemmeno vedere la realtà oggettiva, per quello che è, possiamo solo vedere una nostra interpretazione di essa, dal momento che siamo noi a modificarla. L’entanglement quantistico conferma l’interconnessione della realtà a livello profondo e sembra poter rappresentare una palese cornice di significato al fenomeno della sincronicità, in quanto se noi trasliamo lo stesso concetto di interconnessione alla realtà macroscopica (anche se ancora non possiamo dimostrarlo in termini matematici) possiamo facilmente dedurre che si riproduca lo stesso fenomeno esperito nella micro realtà: «E’ poi importante tener presente che se tutto quello che sappiamo di entanglement riguarda il comportamento delle particelle elementari, allora nulla impedisce di pensare che lo stesso possa accadere quando si mettono assieme le particelle elementari per formare organismi viventi»54. Infatti Teodorani, approfondendo ancora, asserisce che:

«Il processo della Vita è intimamente connesso con il processo dell’osservatore che guarda la realtà. Una particella probabilmente non è in grado di osservare in maniera cosciente la realtà. Sicuramente una particella interagendo con la realtà, la modifica, ma non lo fa in maniera cosciente. La psiche propria di un bio-sistema invece è in grado di interagire come «osservatore» con l’osservato in maniera pienamente cosciente. La ragione per la quale i misteriosi fenomeni di sincronicità di Jung capitano solo a noi essere biologici sofisticati, non è un caso»55.

Coscientizzare tale potere a noi intrinseco farà probabilmente parte di una delle tante sfide che la scienza del Ventunesimo secolo si appresta ad affrontare. Ma ciò che ha provocato Jung è proprio una rottura degli argini tra scienza e mistica, tra archetipo e oggetto, tra conscio e inconscio. Dunque la scienza dovrà inoltre riconoscersi parte di questo più ampio spettro dello scibile, uno scibile che includa l’uomo innanzitutto, rivalutandone l’imprescindibile aspetto interiore: a priori di un’oggettualità fenomenica che non ne è che lo specchio (magico).

4. Conclusione

La conclusione cui questo breve studio giunge consiste nel constatare che se oggettivamente accadono sincronicità - e accadono - allora il modello meccanicista newtoniano, il principale da Galileo sino ai giorni nostri, non è più accettabile. Non può più essere valido ai fini di una spiegazione integrale del reale proprio perché non integra tutti quei fenomeni, tanti, che lo trascendono e lo mettono in discussione proprio in laboratorio, proprio a partire dai fatti dalla fisica stessa.

53 Citato in M. TEODORANI, Entanglement, Macroedizioni, Cesena 2007, p. 9.54 Ivi, p. 105.55 Ivi, p. 130.

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Se fino al secolo scorso le varie tradizioni esoteriche di tutti i tempi non facevano che, implicitamente, sfidare e screditare la causalità e il determinismo, oggi è proprio la fisica che sfida e scredita se stessa imponendo una rivoluzione che non inficerà solo la scienza ma la psiche in primis come mai prima d’ora era successo. La portata spietatamente totale e sconvolgente del nuovo paradigma scientifico che va ad insinuarsi tra i traballanti limiti della ragione calcolante, obbliga ad uno studio serio ed urgente la comunità scientifica contemporanea, la quale avrà la responsabilità di raccontare al globo intero che il mondo in cui viviamo è decisamente tutt’altro, tutt’altro sin nel profondo.

Articolo in via di pubblicazione su “Humanitarie Nauki”.

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