Su alcuni carmina macaronica di Lodovico Antonio Muratori

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«EIKASMOS» XIV (2003) Su alcuni carmina macaronica di Lodovico Antonio Muratori Hentzio Degani filolovgw/ te kai; mageivrw/ ludibundae poesis peritissimo mnhvmh" cavrin Al di fuori di una ristretta cerchia di specialisti, non molti sanno che il dotto vignolese (1672-1750) non fu soltanto quell’autore di monumentali opere serie, quel poligrafo formidabilmente erudito e quello storico-antiquario meticoloso che ben conosciamo, ma anche, fin dagli anni dell’adolescenza, uno spirito arguto, dotato d’una sua vena faceta e gioviale, destinata a lasciare più d’una traccia, sia pure saltuariamente, persino negli scritti dell’età matura, in particolare nell’epistolario 1 . Alla produzione giovanile del Nostro appartengono alcuni carmina scherzosi in latino maccheronico, prove ancora acerbe che la critica per lo più ignora 2 . Ripropongo 1 Osserva ad es. G. Folena (L’italiano in Europa, Torino 1983) che «[Muratori] si compiace talora di scherzosi pastiches linguistici, in cui accanto alla caricatura dello spagnolo compaiono dialettalismi e latinismi inusitati, come nei versi […] indirizzati all’amico [Gian Giacomo] Tori: Sappiate che quel vostro galantombre Più leggier d’una lepre o d’un falchetto Vola per le campagne, e in casa mai Trovar si può se non a tola o a letto. Io che non ho lievi così le crura Giungere mai non l’ho potuto. (Epistolario, ed. Campori, I, 40)» (p. 16). La lettera in questione è datata 27 settembre 1693, quando il Muratori era poco più che ventenne; ma l’inclinazione arguta e gli interessi linguistico- dialettali percorrono tutta l’opera del Nostro, ed emergono con netta evidenza anche in raccolte del carteggio muratoriano più tardo, in particolare nelle lettere allo Scalabrini (dal 1726 in poi), dov’è sorprendente «la frequenza di espressioni popolareggianti, o decisamente vernacole, che condiscono con un pizzico di humour le vicende (talora poco dilettevoli, sovente tristi o tragiche) di cui i due si scambiano notizie» (F. Marri, Letteratura ferrarese e lingua “estense” nel Mura- tori, in AA.VV., Studi sulla Civiltà del secolo XVIII a Ferrara, I [Quaderni del «GFF», 2], Ferrara 1980, 3-17: 13ss., con dovizia di esempi). 2 Tra le rare eccezioni F. Marri, Ricerca etimologica e dialettologica nel Muratori, in AA.VV., Etimologia e lessico dialettale. «Atti del XII Convegno per gli Studi Dialettali Italiani (Macerata, 10-13 Aprile 1979)», Pisa 1981, 71-99, il quale osserva che «il mistilinguismo di stampo folenghiano del nostro è ottenuto particolarmente con l’inserimento, nel tessuto latino, di voci dialettali ga- stronomiche come cervelatus, lonza, muniaca (‘albicocca’, < ARMENIACA), sulziza, taiadellae,

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«EIKASMOS» XIV (2003)

Su alcuni carmina macaronica di Lodovico Antonio Muratori

Hentzio Deganifilolovgw/ te kai; mageivrw/ludibundae poesis peritissimomnhvmh" cavrin

Al di fuori di una ristretta cerchia di specialisti, non molti sanno che il dottovignolese (1672-1750) non fu soltanto quell’autore di monumentali opere serie,quel poligrafo formidabilmente erudito e quello storico-antiquario meticoloso cheben conosciamo, ma anche, fin dagli anni dell’adolescenza, uno spirito arguto,dotato d’una sua vena faceta e gioviale, destinata a lasciare più d’una traccia, siapure saltuariamente, persino negli scritti dell’età matura, in particolare nell’epistolario1.

Alla produzione giovanile del Nostro appartengono alcuni carmina scherzosiin latino maccheronico, prove ancora acerbe che la critica per lo più ignora2. Ripropongo

1 Osserva ad es. G. Folena (L’italiano in Europa, Torino 1983) che «[Muratori] si compiacetalora di scherzosi pastiches linguistici, in cui accanto alla caricatura dello spagnolo compaionodialettalismi e latinismi inusitati, come nei versi […] indirizzati all’amico [Gian Giacomo] Tori:

Sappiate che quel vostro galantombrePiù leggier d’una lepre o d’un falchettoVola per le campagne, e in casa maiTrovar si può se non a tola o a letto.Io che non ho lievi così le cruraGiungere mai non l’ho potuto.

(Epistolario, ed. Campori, I, 40)» (p. 16). La lettera in questione è datata 27 settembre 1693,quando il Muratori era poco più che ventenne; ma l’inclinazione arguta e gli interessi linguistico-dialettali percorrono tutta l’opera del Nostro, ed emergono con netta evidenza anche in raccoltedel carteggio muratoriano più tardo, in particolare nelle lettere allo Scalabrini (dal 1726 in poi),dov’è sorprendente «la frequenza di espressioni popolareggianti, o decisamente vernacole, checondiscono con un pizzico di humour le vicende (talora poco dilettevoli, sovente tristi o tragiche)di cui i due si scambiano notizie» (F. Marri, Letteratura ferrarese e lingua “estense” nel Mura-tori, in AA.VV., Studi sulla Civiltà del secolo XVIII a Ferrara, I [Quaderni del «GFF», 2],Ferrara 1980, 3-17: 13ss., con dovizia di esempi).

2 Tra le rare eccezioni F. Marri, Ricerca etimologica e dialettologica nel Muratori, in AA.VV.,Etimologia e lessico dialettale. «Atti del XII Convegno per gli Studi Dialettali Italiani (Macerata,10-13 Aprile 1979)», Pisa 1981, 71-99, il quale osserva che «il mistilinguismo di stampo folenghianodel nostro è ottenuto particolarmente con l’inserimento, nel tessuto latino, di voci dialettali ga-stronomiche come cervelatus, lonza, muniaca (‘albicocca’, < ARMENIACA), sulziza, taiadellae,

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in questa sede, a mo’ di specimina, tre componimenti scelti fra quelli di tenoreparodico-gastronomico. L’unica edizione a stampa che se ne conosca, purtroppoviziata da qualche errore di lettura e numerose imprecisioni, è quella curata daTommaso Sorbelli3, corredata da una scarna prefazione e priva di commento (se sieccettuano le rare note informative). Il testo che fornisco è frutto di un controlloautoptico del quaderno manoscritto, conservato presso la Biblioteca Estense diModena (Archivio Soli Muratori, Filza II, fasc. 3d, cc. 14r/v e 15r). Mi attengoscrupolosamente all’originale sia per la punteggiatura (troppo spesso infedele nell’editioprinceps), sia per la libera alternanza di maiuscole e minuscole; in apparato registrosolamente i termini per i quali il Sorbelli (S) proponeva una lettura diversa.

Si tratta – come ognuno può constatare – di semplici esperimenti poetici oparapoetici d’ispirazione ludica, ove sono palesi le reminiscenze di letture di scuola(all’epoca l’autore era studente tra i sedici e i diciott’anni)4, redatti in una formanon scevra di difetti e ingenuità, tuttavia già indicativi, oltre che d’una certa institutio,anche e soprattutto d’un habitus simpaticamente giocoso.

Farinae Elogiumiuxta dapes

ex eaconfectas.

Quid oculos sburlas o Musa?Quid collum slongas?

Informaiatos admiraris macherones?Hi farinae sunt filii.

5 O innumerabiles ex farina uiuandas!Quae

Cusinis tot apportat utilitates.Illam admirantur,

Piattelli, pignattae, padellae, mensae ac hominum bocchae10 Quae uiuere sine hac nequeunt.

Giornalem panis contemplor bisognumCuius e bonitate stuffa nunquam remanet hominum gula.

Tortarum, tortellorum, tortellinorumspolia

farinam sdazzare e simili» (p. 75 n. 9); di tenore non più che divulgativo l’articolo di T. Sorbelli,I «Carmina macaronica» di Lodovico Antonio Muratori, «Atti e memorie della Deputazione diStoria Patria per le antiche Provincie modenesi», s. 8 XI (1959) 253-259.

3 Lud. Ant. Muratorii Carmina. Quam plurima juvenili aetate condita quae ex AtestinaBibliotheca eruit quibusque praefationem adiecit T. S., Mutinae 1958: 111-113.

4 Sorbelli 1958, 6.

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15 est nihil.Poscite fornaros tam isti amicos,

iiqueGnocchos, tortiones, chresentes, cresentinasque

monstrabunt.20 Rident coqui, dum farinae crebras agunt uiuandas,

et ipsa mensaNunc lasagnas stupet, nunc taiadellas,

Nunc longhettos Nunc gnocchettos miratur, nunc grattinos.Quot uero uermicellorum piatanzae!

25 Modo sunt grossi, nonnunquam subtilissimi fiunt.Quoties padella friget,

Toties etiam abrustolitae extrahuntur fritellae.Confessant hanc sibi matrem pasticci, ac spongadae,

Zuccarinique offellaeque, atque sfoliatae30 ex farina

slouazzatorium trahunt ortum.Quid uero de uillanis est dicendum,

quiuel in sughiis musti farinam meschient,

35 Siue in suolis bene untatos faciant burlengos,sola farinae utilitate

utuntur.O amata et riuerita farina!

quae40 Cusinarum ordignis es toties adoperata,

quaequeIn tot uiuandas facta

Bocchis nostris multiplicem, sauoritum, ac gustosumCibum somministras

1 sbrilas S || 12 numquam S || 14 Sfolia S || 18 chrescentes, crescentinasque S || 23 tuncgnochettos S || 24 pietanzae S || 25 nonnumquam S || 27 abrostulitae S || 28 ac ms. : et S|| 29 ofellaeque S

Miscela di sequenze poeticheggianti e di prosa, alla maniera degli elogia epigrafici.Da notare, in particolare, un tratto quasi esametrico alla r. 1 (se si sconta l’abnormebrevis in longo iniziale); hemiepes alla r. 2; esametro alla r. 3; hemiepes alla r. 8;esametro alla r. 13 (olospondiaco, con cesure tritemimera ed eftemimera, sapiente figuraetimologica in asindeto e progressione sillabica): tutto ciò – mi suggerisce per litterasGiorgio Bernardi Perini – potrebbe far pensare «che la struttura epigrafica sia una sceltadi seconda istanza, subentrata a un accarezzato e poi abbandonato progetto metrico».

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1s. – Parodia dello stile elevato, con anafora di quid ad incastonare l’apostrofealla Musa. Si noti l’icasticità dei nessi oculos sburlas («spalanchi gli occhi») ecollum slongas («protendi il collo»).

1. – sburlas: così il ms., con r soprascritto (non sbrilas, come stampa il Sorbelli).Soccorre il repertorio lessicografico settecentesco di L.A. Muratori, P. Gherardi,G. Crispi e altri, Vocaboli del nostro dialetto modanese […], a c. di F. Marri e altri,Firenze 1984, 247s. s.v. sburlar: «sburlar, di occh, tralunare» (Gherardi)5; «NosMutinenses dicimus sburlare gli occhi pro exburellare, hoc est e burrella seu cavitateoculos fere educere, ut intentissime aliquid spectemus» (Muratori)6; cf. anchep. 246 s.v. sbragar: «s(bragar) i ogg, sberlar, tirar zò el palpebr, ‘erailler lesyeux’, sciarpellare» (Crispi)7; ibid. s.v. sbrlar: «sbrlar di ogg» (Crispi).

3. – Informaiatos: «cosparsi di formaggio», cf. dial. modenese infurmaièr,«incaciare, condire con formaggio per lo più parmigiano»; «informaggiare»8.

14. – spolia: così il ms. (non Sfolia, come stampa il Sorbelli). I vocabolaridialettali registrano solamente sfóia, «sfoglia»9, ma nei dialetti modenese e bolo-gnese il parlato conosce tuttora la variante spóia, forma che doveva essere eviden-temente nota al Muratori.

18. – tortiones: «tortiglioni» di pasta intrecciata, apprezzati anche nell’altacucina: «tortioni de pasta fritti» compaiono, ad es., nel menù di una memorabilecena cinquecentesca, diligentemente riportato nella Cronaca modenese di Tommasinode’ Bianchi detto de’ Lancellotti (1550)10.

23. – Nunc longhettos: parole aggiunte dall’A. ad inizio di riga in un secondomomento, sicché la finale -ghettos è soprascritta al successivo Nunc. La denomina-zione di longhetti («lunghetti») si confà alla forma allungata di questo tipo di pasta.

– grattinos: «grattini» (cf. dial. modenese gratèin), «pasta di frumento mi-schiata con uova, o senza, che grattata si cuoce in brodo», secondo la definizionedata dallo stesso Muratori11.

5 Notizie sul grecista e orientalista Pietro Ercole Gherardi (1687 ca.-1752), contemporaneoe corrispondente del Muratori, si leggono nell’Introduzione di Marri a Vocaboli cit. 32-36; illemma appartiene al repertorio del codice Campori 1462, cc. 37-61.

6 Antiquitates Italicae, II, Milano 1739, 33 c. 1175.7 Su Giacomo Crispi (1693-1774) informa ancora Marri, Introduzione a Vocaboli cit. 36-

40. Il lemma in questione (come il successivo) è tratto dal codice dell’Archivio Soli Muratori,Filza XLIV, fasc. 22; nella nota ad l., Marri rinvia ad A. Antonini, Dizionario italiano, latino efrancese – Dictionnaire françois, latin et italien, I, Venise 1745, ad l.: «Tirarsi giù colle dita lepalpebre di sotto degli occhi, per tenergli bene aperti».

8 Così, rispettivamente, A. Neri, Vocabolario del dialetto modenese, Sala Bolognese (BO)19812, 109; S. Bellei, A m’arcòrd. Dizionario enciclopedico del dialetto modenese, Finale Emilia(MO) 1999, 392.

9 Cf. Neri, o.c. 199; Bellei, o.c. 761.10 G. Maioli, Civiltà della tavola a Modena, Bologna 1985, 37-41: 41.11 Vd. Muratori-Gherardi-Crispi, o.c. 175 s.v. grattini (dal codice Campori 1462, cc. 37-

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26s. – Dettagliate istruzioni per la preparazione delle fritellae il Muratori dettanel giocoso Modus fritellizandi, un ampio componimento parodico-gastronomico di82 esametri maccheronici, anch’esso conservato tra le carte giovanili (ArchivioSoli Muratori, Filza I, fasc. 1b e 6a)12.

28. – hanc: si riferisce ovviamente alla farina, non alle fritellae, come vorrebbeil Sorbelli (1959, 256).

29. – offellae: «offelle», focaccine dolci (da of(f)ella, dimin. di offa).31. – slouazzatorium: «ghiotto», «goloso», cf. ant. modenese slovezar, «divo-

rare, mangiare ingordamente»13, donde l’odierno slovazèr (ignorato dai correntivocabolari del dialetto modenese), propriamente ‘abbuffarsi con ingordigia allamaniera dei lupi’.

34. – in sughiis musti: «nei sughi del mosto». Questi budini di succo d’uva efarina sono ancor oggi comunemente noti nelle campagne e nei colli appenninicicol nome di sug(g)hi, sugol(i) o sóg(g)hi14.

35. – in suolis: la caratteristica padella da borlengo, dotata di un lungo manicoe di un ampio recipiente tondo e piatto, viene oggi comunemente denominata sol(e)(m. sing.)15, spesso con paretimologico riferimento all’astro16; ma il termine saràprobabilmente da connettere con l’it. suolo / suola, nel senso di ‘base’ (anche suolamuove, a quanto pare, dal lat. solum / -a, piuttosto che da solea); «suolo di rame»lo definisce d’altronde lo stesso Muratori17.

– bene untatos: nel ms. untatos (con -os soprascritto) è correzione d’autore suuntos di prima stesura. Per l’operazione culinaria qui descritta, s’impiegava (etuttora s’impiega) lardo di maiale o strutto, con cui si spalmava abbondantementelo stesso tegame di cottura18.

– burlengos: invenzione, probabilmente d’epoca medioevale, d’una cucina po-vera, spesso costretta a fare i conti con guerre e carestie, il «borlengo» (o, menofrequentemente, «berlengo»), dial. modenese burlàng(h) o burleng(h), confeziona-to in origine soltanto con farina, acqua e sale mischiati in un caratteristico impastosottilissimo e trasparente, costituisce oggi un tipico, prelibato piatto della regione

61); inoltre S. Bellei-U. Preti, Cosa bolle in pentola a Modena, Modena 1979, 130s.; Neri, o.c.101s.; Maioli, o.c. 219; Bellei, o.c. 368.

12 Sorbelli 1958, 114-116.13 Neri, o.c. 204.14 P. Petroni, Il libro della vera cucina emiliana, Firenze 1978, 215; Bellei-Preti, o.c. 87;

Neri, o.c. 206; Bellei, o.c. 778 e 823.15 Bellei-Preti, o.c. 81; Maioli, o.c. 170s.; Neri, o.c. 206; Bellei, o.c. 781; Miria Burani (testi

di), Le strade del borlengo, Vignola 2000, 59, 64-66.16 Maioli, o.c. 183; Burani, o.c. 13, 20, 65s.17 Dissertazioni sopra le antichità italiane, II, Milano-Venezia 1751, 182 s.v. Berlingaccio

(vd. infra); cf. anche M. Cortelazzo-P. Zolli, Il nuovo Dizionario etimologico della lingua ita-liana (DELI), Bologna 19992, 1642 s.v. suòla.

18 Burani, o.c. 62.

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pedemontana e collinare tra il Reno e il Panaro (arricchito talvolta con uova, latte,burro, parmigiano-reggiano, odori, e per lo più insaporito con condimenti vari)19.Oltre che nel modenese, al tempo del Muratori era noto almeno anche in Lombardiae in Toscana, dove veniva tradizionalmente consumato nel giorno di ‘Berlingaccio’,l’ultimo di carnevale. A questo proposito, contro una spiegazione fornita nel ’500da Benedetto Varchi, che riconduceva tal nome a ‘berlingare’, nel senso di ‘ciar-lare’, ‘cianciare rumorosamente e in modo tumultuoso’20, è interessante rilevarecome il Nostro ne facesse invece derivare l’origine proprio dalla vivanda: «A me»– scrive egli nelle Dissertazioni, l.c. (alla n. 17) – «si rende più verisimile di trarreil nome di quel giorno da’ Burlenghi, o Burlingozzi: che così qualche popolo diLombardia chiama lo stemperar farina, e fattane una falda sul suolo di rame coltesto di sopra, e ben unta di sopra e di sotto, farla cuocere e come arrostire. Questepastelle sospetto io chiamate Brulenghi dal Franzese Brûler, e poi Burlenghi, e da’Fiorentini Berlingacci»21. Sono in ogni caso da imputare a paretimologia popolarepresunte parentele con l’it. burla (per l’originaria povertà degli ingredienti o per laconnessione col carnevale)22, oppure con un fantomatico ted. *Bertling (‘assicella’,in relazione alla forma appiattita)23.

44. – somministras: il secondo m è compendiato, tutta la parola è soprascrittaad un suppeditas di prima stesura, scarsamente adatto al contesto maccheronico evistosamente cassato.

Leporis in piatto coctaeEpitafium.

Illa ego quae rapidis passabam cursibus auras,Passabamque agili spicula iacta pede,

Tam presta effugiens quondam scappare nequiui,Quin me chiapparet mors furibunda nimis.

5 Morta licet magis atque magis tormentor ab igne,Atque mihi lessum rosta pignatta canit.

19 Bellei-Preti, o.c. 81s.; Maioli, o.c. 169-183; Neri, o.c. 38; Bellei, o.c. 133; Burani, o.c. passim.20 Vd. G. Silingardi-A. Barbieri, Enciclopedia modenese, II, S. Pietro in Cariano (VR)

1991, 73 s.v. Berlingaccio.21 Vd. anche Antiquitates Italicae, cit. 33 c. 1154 s.v. Berlingaccio; inoltre, Muratori-Gherardi-

Crispi, o.c. 112 s.v. berlingozz; 122 s.vv. burlengh e burlingozz (rispettivamente «specie di tortaordinariissima e da villano» e «specie di torta picciola ordinariissima», Gherardi); Cortelazzo-Zolli, o.c. 204 s.v. berlingozzo («sorta di ciambella tipica della Toscana […]. Forse è la stessacosa di berlingaccio ‘giovedì grasso’, ma anche ‘maschera che si portava in giro il giovedìgrasso’, prob. per la forma di fantoccio assunta da questo tipo di dolce», con rinvio aP.G. Goidànich, «MAIB» VIII, 1913-1914, 36-40).

22 Maioli, o.c. 175, 179, 181; Burani, o.c. 26-28, 42s.23 Petroni, o.c. 22: si tratterà d’un banale errore per Brettlein.

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Pyramides regum sileant, Caresque sepulcrum,Morta ego nam tumulo nobiliore fruar.

tit. Epitaphium S

L’epicedio per la morte di animali (per lo più piccoli) è ben documentato giànell’epigrammistica greca: Gow-Page, HE II 90s. citano numerosi esempi, nonsoltanto di Anite (la più famosa esponente di questa sorta di sottogenere), ma anchedei vari Timne, Aristodico, Leonida, Simia, Mnasalce, Nicia, Faenno, Meleagro(nell’epigramma 65 G.-P. di quest’ultimo [AP VII 207], fra l’altro, si tratta propriod’un leprotto; cf. inoltre ‘Tib. Il.’ FGE 3 [AP IX 371]). Il tema, com’è noto, ha unasua fortuna pure presso i poeti latini (basti ricordare il passer di Lesbia, Catull. 3,o lo psittacus di Corinna, Ov. Am. II 6).

Nel nostro caso, secondo un modulo facilmente riscontrabile negli epigrammifunerari – talvolta anche in quelli dedicati ad animaletti, come ad es. nel citatoMeleag. 65 G.-P. – è la stessa defunta bestiola che parla. Normalmente maschile inlatino, qui lepus è trattato come femminile, sulla scorta dell’uso italiano e dialettale.

1. – Illa ego quae eqs.: movenza aulica (cf. [Verg.] Aen. I prooem. 1 Ille egoqui quondam eqs.), d’impiego anche elegiaco (cf. Ov. Trist. IV 10,1 Ille ego quifuerim, eqs.) ed epitimbico (cf. Anth. Lat. 660 R. Ille ego … quondam … / … / …qui eqs.; 842 R. Ille ego sum, … qui eqs.).

4. – Divertito accostamento fra il popolaresco chiapparet e il dotto furibunda(un epiteto, quest’ultimo, scarsamente idoneo però a mors)24.

6. – Mulieres genas ne radunto, neue lessum funeris ergo habento: così nelleXII Tavole (ap. Cic. Leg. II 23,59), dove lessus vale, a quanto pare, qualcosa comelugubris eiulatio, ‘lamento funebre’; nel nostro contesto, tuttavia, il Muratori sem-bra giocare sull’ambiguità semantica, suggerendo una scherzosa reinterpretazionedel vocabolo: la ‘cottura a lesso’ è solennemente annunciata (canit), con comicoeffetto, dal suono della rosta pignatta.

7s. – Iperbolico aprosdoketon finale: finendo in pentola, la lepre fruirà d’untumulus (cf. l’epigramma successivo, v. 6) più glorioso perfino dei più sontuosimonumenti funebri, quali le piramidi dei faraoni o il celebre Mausoleo d’Alicarnasso(annoverati entrambi dagli antichi tra le sette meraviglie del mondo).

7. – regum: aggiunta soprascritta nel ms. Cf. Hor. Carm. III 30,1s. monumentumaere perennius / regalique situ pyramidum altius; Mart. VIII 36,1 Regia pyramidum

24 In luoghi come Aug. Epist. 185,3 mortes uoluntarias et furiosas, 204,5 de mortibus …furiosissimis, quas quidam … sibi ipsi inferunt, Id. Ad catholicos de secta Donatistarum 19,50spontaneas et furiosas mortes ci si riferisce al suicidio; più pertinente, semmai, Bern. Claraev.Serm. super Cantica Canticorum 26,4 (I 172 Leclercq-Talbot-Rochais) mors, quae unum rapiendo,duos furiosa peremit, ove si discorre della morte come unico fattore in grado di sciogliere ilvincolo amoroso che lega due sposi.

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… miracula; soprattutto Plin. NH XXXVI 24,103, dov’è precisamente il nessopyramidas regum.

– sileant: il verbo ha per soggetti, ajpo; koinou', le piramidi (con valore intran-sitivo) e i Cari (con valore transitivo).

Turdi astuffati ita lamentanturExasticon.

Proh miseri! furbam laquei prouauimus artem,Vitaque nostra acri morte pagata fuit.

Suenati fuimus, posti nunc inter odores,Sopportare udum cogimur ecce rogum.

5 At nos felices: alii sua funera piangant,Sed tumulo nostro quisque gioliuus adest.

tit. Exastichon S || 1 Pro S || 5 piangent S

Anche qui, come nell’epigramma precedente, parlano i defunti animali.Titolo. – astuffati: «stufati», dal lat. volg. *extufare (<ex- + tuf-, cf. gr. tu'fo")25.5s. – Scherzoso aprosdoketon nel distico di chiusa, quasi a smentire il titolo

stesso del componimento ed il tenore dei primi quattro versi.5 – piangant: il ms. reca, a quanto pare, piangant corretto su piangent (moduli

affini, con alii/alius, contemplano tanto il futuro, cf. ad es. Hor. Carm. I 7,1 Laudabuntalii eqs., Verg. Aen. VI 847ss. excudent alii eqs., quanto il congiuntivo, cf. ad es.Tib. I 1,1ss. Diuitias alius … sibi congerat eqs.). Cf. Ilias Latina 837s. Priameiapubes / laetitia exsultat, Danai sua funera (v. l. uulnera) maerent, soprattutto 1002laetantur Danai, plangunt sua funera (v. l. uulnera) Troes.

G A B R I E L E B U R Z A C C H I N I

25 Cortelazzo-Zolli, o.c. 1635 s.v. stufàre.

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L.A. Muratori, Farinae Elogium iuxta dapes ex ea confectas 1-27 (Modena, BibliotecaEstense Universitaria, Archivio Soli Muratori, Filza II, fasc. 3d, c. 14r).

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L.A. Muratori, Farinae Elogium iuxta dapes ex ea confectas 28-44; Leporis in piatto coctaeEpitafium (Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Archivio Soli Muratori, Filza II, fasc.3d, c. 14v).

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253Su alcuni carmina macaronica di Lodovico Antonio Muratori

L.A. Muratori, Turdi astuffati ita lamentantur Exasticon (Modena, Biblioteca Estense Uni-versitaria, Archivio Soli Muratori, Filza II, fasc. 3d, c. 15r; la pagina contiene anche VbriaciHypotyposis Epigramma e Miles Teutonicus die Jouis ebrius moritur Epitafium).