Breve Presentazione Dei Carmina Burana - Emanuele Pennini

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Carmina Burana, un approfondimento

  Introduzione ai Carmina Burana p. 3

Adattamento da http://www.jongleurs.it/sui-carmina-burana.html

Le caratteristiche dei Carmina Burana p. 9

La Goliardia p. 10

Clerici vagantes p.11

Tratto da http://it.wikipedia.org

Un esempio: In taberna quando sumus p.12

Breve commento al testo p. 15

 

Prof. Emanuele PenniniII B Linguistico Liceo G. Cossali

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Introduzione ai Carmina Burana

Correva l’anno 1937 allorquando, la sera dell’8 giugno, nella Staatsoper  di Francoforte, veniva

rappresentata - con notevole successo di pubblico e di critica - una cantata con un inconsueto titolo inlingua latina: Cantiones profanae cantoribus et choris cantandae comitantibus instrumentis atque

imaginibus magicis (Canzoni profane per voci soliste e coro, con accompagnamento orchestrale e scenefantastiche).

L’autore di quest’opera, conosciuta poi come “Carmina Burana”, era un musicista bavarese, di nome

Carl Orff.

Il significato di quell’evento, era dato soprattutto dal fatto che, per la prima volta, uscivano dal cripticocircuito dei dotti medievisti, per essere portati alla conoscenza di un vasto pubblico, 26 testi che il

compositore bavarese aveva utilizzato, traendoli da un antico codice medievale.

A questo punto, il nostro racconto ci spinge ulteriormente indietro nel tempo per ritrovarci -nell’anno 1803 - in una Baviera che risente degli effetti dell’epopea napoleonica. Gli editti per la

soppressione degli ordini religiosi e l’incameramento dei beni ecclesiastici fanno sì che l’intero patrimonio librario ed archivistico dell’Abbazia benedettina di St. Benedikbeuern vengano trasferiti nellacapitale Monaco, alla Staatsbibliotek, dove l’archivista classifica tutto il materiale ed attribuisce la sigla

d’inventario C.l.m. 4660 ad un manoscritto, risalente al secolo XIII, che su 112 fogli di pergamena

riporta ben 315 testi poetici. La sigla C.l.m. stava ad indicare Codex Latinus Monacensis, la più

imponente raccolta di versificazione mediolatina - cioè latina medievale - giunta fino a noi.

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una pagina del codice C.l.m. 4660

Ridestato dall’oblio dei secoli, il codice suscita l’interesse degli studiosi e soprattutto di JohannAndres Schmeller il quale, nel 1847, ne curerà la prima edizione per la quale s’inventerà la sistemazione

dei canti per argomenti (Carmina moralia, divina, veris et amoris, amoris infelici, lusoria, potatoria) e

conierà quel titolo “Carmina Burana”, con il quale lo conosciamo oggi, proprio in ricordo della provenienza dall’abbazia di St. Benediktbeuern, l’antica  Bura Sancti Benedicti del Medioevo. L’esame

del contenuto del codice rivela l’origine scolastica dei “Carmina Burana”, massimamente legata alla

cosiddetta “poesia goliardica” medievale. Dagli inizi del Medioevo l’istruzione scolastica era infatti prerogativa della Chiesa e veniva impartita, nelle scuole parrocchiali, nelle forme più elementari, a più

alto livello nelle abbazie ma anche nelle collegiate e nelle cattedrali.

Frequentando le scuole della Chiesa, gli scolari venivano a far parte dell’Ordo clericalis. Solo

alcuni di essi tuttavia prendevano poi gli ordini maggiori, i più si limitavano a quelli minori che

imponevano la tonsura (il taglio dei capelli) e l’abito ecclesiastico, ma non l’obbligo del celibato. La

clericatura però offriva loro vistosi privilegi: l’esenzione dal servizio militare, l’esenzione dall’apparire

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davanti al tribunale civile, l’esenzione da tasse e da ogni sorta di imposizioni del potere secolare.

Nel XII secolo, con il rifiorire delle attività produttive e dei commerci che consentivano una piùdiffusa ricchezza ma soprattutto più stabili condizioni del vivere, accanto alle scuole episcopali ed a

quelle monastiche, cominciarono a svilupparsi anche le scuole laiche, di natura privata: gli Studia. Si

studiava giurisprudenza a Bologna, medicina a Salerno, retorica ad Orléans, matematica e scienze

naturali a Chartres, teologia a Reims e Tour. Ma chi amava dedicarsi alle arti liberali e amava i dibattiti di pensiero, se già non lo era, diventava chierico, nel senso che, indipendentemente dall’abbracciare in

futuro la carriera ecclesiastica, era pur sempre un “libero uomo di lettere” che, senza controllo e con

disponibilità di documentazione, poteva dedicarsi allo studio dei classici.Questo permetteva a giovani di varia estrazione sociale, figli di mercanti o artigiani (talvolta

anche di nobili), di lasciare le proprie case e vagare per anni, da una università all’altra, colà richiamati

dalla presenza di celebri insegnanti. Sorgerà allora, nell’ambito di codesti Clerici sive scholares, una particolare categoria di chierici che assumono la denominazione di vagantes oppure di “goliardi” i quali

costituiscono una frangia anticonvenzionale, vistosa e ribelle, in perenne e petulante ricerca di mezzi di

sussistenza e anche in serrata e aperta polemica ora contro la Curia romana, accusata di corruzione, ora

contro il soffocante integralismo monastico, nemico della nuova cultura.

Se si eccettuano alcune figure, iptoticamente ricostruite (Ugo d’Orleans, Gautin de Chatillon, Pierre

de Blois), è dalla penna dei vagantes, personaggi del tutto anonimi, che scaturisce la poesia dei CarminaBurana, singolare commistione di cultura classica e di spontaneità popolaresca. Consci che non tutti

sarebbero arrivati ad addottorarsi ed a guadagnare posti ben remunerati per una vita decorosa ed al tempo

stesso troppo orgogliosi e smaliziati per rassegnarsi ad un’esistenza umile e dura, questi chierici preferiscono girare il mondo, come i giullari loro contemporanei, ricantando i ritmi più famosi,

rimaneggiandoli, creandone dei propri, sempre in cerca di un uditorio generoso o di munifici intenditori,

ma attirandosi anche le ire del potere religioso.

 L’Europa Medioevale

  Nelle corti ecclesiastiche oramai essi vengono qualificati, con epiteto diffamatorio,  goliart o

 guliart  (capaci di gola, voraci), essi allora, riallacciandosi alla definizione di “nuovo Golia” (ovvero

“nemico di Dio” alla maniera di S. Agostino) che Bernardo da Chiaravalle aveva usato nell’invettivacontro Abelardo, accolgono a fanno proprio il nome di Golia quale loro patrono. Con arrogante

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sfrontatezza essi si dichiarano apertamente “pueri et discipuli Goliae”. Golia è l’episcopus, il  pontifex

della loro numerosa, variopinta sradicata familia.

Con l’avvento del secolo XIII, questo mondo volge inesorabilmente al tramonto. Il riconoscimento

giuridico di Filippo Augusto e Innocenzo III alla Universitas magistrorum et scholarium Parisii

 studentium (l’Università di Parigi) assicura ai suoi membri una vita più economicamente tranquilla, macomporta d’altro canto la perdita di gran parte dell’autonomia culturale. In questo secolo infatti

nasceranno gli ordini predicatori francescani e domenicani ed i pontefici favoriranno l’ascesa dei nuovi

frati alle cattedre di teologia. Con Bonaventura da Bagnoregio, Alberto Magno da Colonia, Tommasod’Aquino che studiano e insegnano a Parigi, la Chiesa s’impone nuovamente ai suoi critici ed ai dialettici

 più acuti.

Tommaso d’Aquino

Una serie di interdizioni e di divieti, emessi dall’apparato ecclesiastico, vieta all’Ordo clericalisdi avere occupazioni secolari, di giocare a dadi e di intrattenersi nelle taverne. Il Concilio di Rouen del

1231 stabilisce infine che i “clerici ribaudi, maxime qui dicuntur de familia Goliae” non vengano più

tonsurati, affinché “sine scandulo et periculo ista fiant”.

E’ la fine della Goliardia. Ma quando una produzione caratteristica, che ha suscitato una tradizione edegli affetti, si va disperdendo, inevitabilmente nasce il rimpianto nell’animo di in un qualche nostalgico,

una sorta di laudator temporis acti, il quale avverte il bisogno di salvare delle reliquie di un mondo che

sta scomparendo.

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 Innocenzo III riceve San Francesco

 

Ed è così che, mentre le condanne conciliari colpivano i goliardi, un vescovo, un canonico o un

abate della Baviera commissionava a degli amanuensi la raccolta dei frutti sparsi della “poesia clericale”

che era tutt’altra e irripetibile cosa rispetto all’avanzare della nuova poetica in volgare. 

Come detto, il Codice Burano deve il suo appellativo all’abbazia benedettina di Benediktbeureun,l’antica  Bura Sancti Benedicti (fondata, tra il 730 e il 740, da San Bonifacio sulle Alpi Bavaresi non

lontano dai valichi che conducono al Tirolo) dalla quale, a seguito dell’editto napoleonico che

secolarizzava i beni ecclesiastici, il codice venne trasferito (nel 1803) alla Staatsbibliotek di Monaco di

Baviera con tutto il patrimonio librario della stessa abbazia. Allorché poi, nel 1847, lo studioso JohannesAndreas Schmeller ne curò la prima pubblicazione parziale, a ricordo della sua provenienza, coniò quel

titolo di Carmina Burana con il quale appunto il codice viene ormai universalmente chiamato.

Il Codice Burano attualmente consta di due sezioni: il C.l.m. n. 4660 e il C.l.m. n. 4660a(Fragmenta Burana) composto di 7 fogli, individuati soltanto nel 1901. Tutto il codice perciò raccoglie

315 testi poetici, in 112 fogli di pergamena, decorati con 8 miniature, e rappresenta una delle più vaste edimportanti collezioni di liriche internazionali, principalmente latine, dall’XI al XIII secolo.L’individuazione di documenti contemporanei paralleli permette di stabilire i paesi di origine di molte di

queste liriche: Occitania, Francia, Inghilterra, Scozia, Svizzera (Certosa di Basilea), Catalogna (Abbazia

di Las Huelgas), Castiglia (Toledo), Germania (Convento di Weingarten), come pure, fra tanticomponimenti anonimi, risultano riconoscibili i nomi di poeti quali l’Archipoeta di Colonia; Ugo

d’Orleans; Gautin de Chatillon; Pierre de Blois; il Cancelliere di Parigi Philippe de Grève e

l’Arcivescovo di Canterbury Stephen Langton.

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un’immagine attuale dell’Università Sorbona di Parigi, uno dei centri principali della cultura medievale

 

Una parte dei testi contenuti nel codice può essere definita come poesia dei “vagabondi” (vagantes) odei “goliardi”. Tale presenza fa sì che, a fianco di dolci canti d’amore e di canti di primavera, affiorinocanzoni satiriche che criticano violentemente la loro epoca, oppure che, accanto a liriche intrise di

spiritualità, compaiano canti quasi immorali e canti di avidità senza misura.

Sin dalla sua origine, il codice risulta articolato in tre sezioni, secondo un preciso piano

strutturale, alle quali corrispondono le sequenze dei testi e la scansione delle otto miniature. La primasezione, che comprende le liriche nn. 1 – 55, ha un contenuto satirico e morale; la seconda, sino al n. 186,

riguarda due gruppi di liriche amorose, uno in latino, l’altro in tedesco, separati da altri testi eterogenei; la

terza sezione, fino al n. 228, è riservata ai “carmina potatoria”, ai canti cioè di bevuta ed alle canzoniconviviali. Questi sono preceduti da alcuni canti satirici (nn.187 – 190) e conclusi da due drammi

religiosi. Nell’aggiunta (canti 229 – 305) predominano i testi dal contenuto moralistico sacrale. La

redazione di quest’ultima parte è opera di una trentina di mani diverse che hanno operato fra la secondametà del XIII secolo e l’inizio del XIV.

Il Codice Burano fu redatto, in momenti differenti, in una corte periferica collocata sul confine

Austria-Italia (Tirolo; Carinzia) o nella corte di un Vescovo di Seckan, in Stiria (Vescovo Karl o VescovoHeinrich). Il nucleo originario (ca. 1230), ad opera di tre amanuensi, comprende i carmi 1 – 228 ai quali,

come prima accennato, scribi posteriori hanno aggiunto altre 26 poesie latine e molte di quelle in tedesco.

Studi approfonditi sul codice hanno permesso di rilevare come già in epoca medievale, al momento della

 prima rilegatura, l’inizio della raccolta era andato smarrito e, poiché questo doveva contenere poesie disapore religioso, tutto il codice risultava improntato da una diversa identità. Le liriche del Codice Burano

erano tutte destinate ad essere cantate, gli amanuensi tuttavia ci hanno tramandato la notazione musicale

soltanto di una trentina di canti, in parte riportata dallo stesso scriba del testo, in parte aggiunta da manidiverse ma, essendo tali notazioni in forma “adiastematica” (cioè senza rigo musicale), le melodie non

sono interpretabili.

La fama di questo manoscritto va in gran parte attribuita alla rivisitazione che operò, nel 1937, il

compositore Carl Orff il quale musicò una silloge di 26 canti, ma è pur vero che al grande pubblico il

nome “Carmina Burana” evoca solo il ricordo di antichi canti licenziosi e di bevuta, immiserendo così la

grande portata di questo codice che annovera invece ben 315 testi poetici suddivisi in: Carmina Moralia;Carmina Veris et Amoris; Carmina Lusorum et Potatorum; Carmina Divina , in 112 pergamene, più 7 di

“fragmenta”.

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I testi del Codice Burano costituiscono una vera collezione di liriche, alternate da annotazioni morali

e didattiche, che avvicinano quest’opera alle tante “enciclopedie” moralizzanti in uso nel Medioevo e, a ben vedere, la poesia dei “vagabondi”, i vagantes clerici (detti anche “goliardi” dal mitico vescovo

“Golia”) che girovagavano per le nascenti università dell’Europa, rappresenta soltanto una parte, e non la

 più ponderosa, dell’intero contenuto.

 2. Le caratteristiche dei Carmina Burana

Ricapitolando, possiamo sintetizzare che i Carmina Burana sono una raccolta di canti

medievali in latino e medio-alto tedesco, databili in massima parte tra il XII secolo e i primi trenta annidel XIII . I canti sono tutti anonimi, ma per alcuni di essi è stato possibile risalire agli autori (Abelardo-

Archipoeta di Colonia- Gualtiero di Chatillon- Filippo il Cancelliere). Nei loro ritmi, ora festosi, ora

malinconici, è stato colto il desiderio di piaceri terreni, in un mondo posseduto dall’ansia dell’aldilà, oltreall’amore per la libertà individuale e la vita errabonda.

Tutti i Carmina Burana erano destinati ad essere cantati, ma gli amanuensi ci hanno

tramandato la notazione musicale solo di una trentina di canti. Sono state poi recuperate melodie damanoscritti coevi, così che oggi disponiamo di 47 canti accompagnati dall’apparato musicale.

Quest’ultimo è tuttavia di difficile interpretazione perché le melodie sono annotate con “neumi tedeschi

in campo aperto”, cioè segni musicali collocati direttamente sul testo, ma senza la possibilità di intonare

l’altezza delle note.I Carmina Burana possono essere divisi in tre gruppi:

Carmina moralia: alcuni canti attaccano la Chiesa ed esprimono un desiderio di rinnovamento, di

ritorno alla purezza e semplicità evangelica. Altri hanno un carattere satirico e morale.Carmina amatoria: i canti d’amore sono i testi in maggior numero. C’è un tono sensuale, l’amore

è erotismo e deve essere libero.

Carmina lusoria et potatoria : sono canti che esaltano il vino ed il gioco. E’ la sezione più nota

della raccolta. Il vino libera dagli affanni ed è legato ad un ambiente, la taverna, che diventa unmicrocosmo culturale, con valori diversi da quelli della società del tempo.

Mentre il mondo medievale appare diviso in classi chiuse e rigide, l’osteria è un luogo aperto atutti, tutti sono uguali e possono esprimersi liberamente. In un mondo ossessionato dal timore dell’aldilà,

all’interno dell’osteria non si teme affatto la morte poiché passato e futuro si annullano nella dimensione

di un presente atemporale. Domina il dio Bacco, che è il dio della gioia e cha ha poteri taumaturgici: una

coppa del suo nettare (il vino!) risana, guarisce, dona la gioia.

I Carmina Burana sono collegati al mondo dei Goliardi o Clerici vagantes. Essi erano studenti, per lo più chierici, che si spostavano da una città all’altra per seguire le lezioni dei maestri più famosi.

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Alcuni di loro condussero una vita scioperata e diventarono degli emarginati nella società. Furono definiti

con disprezzo clerici vagantes e la Chiesa li condannò.

La Goliardia Goliardo nel dizionario:

Diz. della lingua italiana Sabatini-Coletti: 1)Nel Medioevo, chierico che si spostava nelle città sede di università, dove conduceva spesso vita

scapestrata;

2)estens. (f. -da) Studente universitario, con riferimento alla spensieratezza del periodo degli studi eall’antica pratica della goliardia.

Diz. della lingua italiana De Mauro:

1)stor., al pl., chierici vaganti;2)studente universitario, spec. con riferimento alla vita libera e spensierata che si ritiene caratteristica di

tale periodo di studi | estens., spreg., ragazzo ingenuo, fatuo e irresponsabile; allegrone;

Etimologia E’ incerta l’etimologia della parola, le possibili spiegazioni sono tre: Golia, il gigante della

mitologia, simbolo del male nel Medioevo; Golia Abelardo, soprannome di Pietro Abelardo fondatore delmovimento goliardico e avversario di San Benedetto da Chiaravalle; Gula=gola, per la loro irrefrenabile

 passione per il bere e il cibo.

La goliardia nel Medioevo

La spiegazione più corretta e quella che ormai chiunque ha adottato è quella dei goliardi comechierici vaganti. Giovani poco abbienti che nel Medioevo non potevano seguire le normali lezioni dei

 professori ed erano emarginati dai compagni, vivevano alla giornata senza controllo né morale né

intellettuale affidandosi ad espedienti come fare unirsi a giocolieri, saltimbanchi e persone consideratespostate. Questi vagavano di zona in zona per seguire le lezioni di professori famosi, leggere letture

 proibite allora dalla Chiesa e saziare la fame di sapere; la spensieratezza della gioventù li portava ad

assaporare i piaceri che questo stile di vita libero e senza regole offriva loro: vino, amore e giochi.Di questi comportamenti malvisti all’epoca, perché considerati lascivi, se ne trovano ampi riscontri

nei tre libri dei canti medievali Carmina Burana: nei Carmina moralia viene mossa una forte critica alla

chiusura e alla ristrettezza di idee della Chiesa, nei Carmina amatoria, lusoria e potatoria invece il tono

diventa sensuale e festoso e vengono esaltati i piaceri dell’amore come atto sessuale e del vino comefonte di liberazione.

 Goliardi oggi?

In Italia lo spirito goliardico inteso come necessità di studio accompagnato dalla voglia di

avventure e trasgressione è stato molto sentito negli anni cinquanta/sessanta per scomparire fino agli anni

‘90. In questo periodo inizia a risvegliarsi nei giovani la voglia di tornare ai vecchi ordini e di riarmarsi di

cappelli, mantelli, papiri e tutto ciò che veniva tramandato dagli anziani capi ai propri ordini. Tuttoquesto è diventato così parte della vita universitaria di molti giovani.

Nascono così le raccolte moderne di goliardie e nascono i caffè nei quali i nuovi goliardi compiono leloro “sregolatezze”, le piazze accolgono i loro scherzi e le loro feriae matricularum!

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I Clerici Vagantes

Col termine Clerici vagantes (in latino significa “chierici vaganti”) si è soliti indicare quegli

studenti girovaghi che, nel Basso medioevo, solevano spostarsi in tutta Europa per poter seguire le lezioni

che ritenevano più opportune. Essi erano appunto definiti chierici perché godevano di alcuni dei privilegi

ecclesiastici, ma non avevano preso i voti.Tuttavia la loro vita irrequieta e la condotta morale discutibile – oltreché un certo parteggiamento

 per i cosiddetti studia scholarum, ovvero poli universitari gestiti dagli studenti, e non da ecclesiastici,

attirò su di loro le ire degli ambienti ecclesiastici. La loro fortuna durò quindi fino ai primi del XIIIsecolo, quando il fenomeno si esaurì.

Una lezione medievale

Presto si affermò l’abitudine di frequentare la medesima università senza essere costretti a

spostarsi in continuazione, e alla istituzionalizzazione dei curricula di studio contribuì anche la Chiesa,che mal sopportava la frivolezza di costoro e le loro invettive contro la corruzione delle autorità romane.

Derivò da questo la loro condanna esplicita da parte dei concili di Treviri (1227) e di Rouen (1231), con

l’esplicita minaccia di esentare i chierici dai privilegi clericali (è interessante notare come nei documentidi questi concili i termini  familia goliae, ovvero goliardi, e clerici vagantes fossero diventati ormaiinterscambiabili, a dimostrazione di come una certa condotta di vita fosse ampiamente diffusa tra gli

studenti girovaghi).

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 In taberna quando sumus In taberna quando sumus, Quando siamo alla taverna

non curamus quid sit humus, non ci interessa nient'altro

sed ad ludum properamus, ma ci dedichiamo al gioco

cui semper insudamus.  per il quale andiamo matti.

Quid agatur in taberna, Quello che succede alla taverna

ubi nummus est pincerna, dove il soldo è allegria

hoc est opus ut quaeratur, questo sì che è interessante

si quid loquar, audiatur. state a sentire:

Quidam ludunt, quidam bibunt, C'e chi gioca, c'è chi beve,

quidam indiscrete vivunt. c'è chi vive indecentemente,

Sed in ludo qui morantur, E quelli che muoino per il gioco

ex his quidam denudantur; e perdono anche i vestiti.

quidam ibi vestiuntur, Qualcuno ne esce rivestito,

quidam saccis induuntur. e qualcuno rivestito di sacco,

Ibi nullus timet mortem qui nessun teme la morte,

sed pro Baccho mittunt sortem : ma per Bacco sfida la sorte .

primo pro nummata vini. Prima si beve alla salute di chi paga;

Ex hac bibunt libertini;  poi beve il libertino

semel bibunt pro captivis, un bicchere per i carcerati 

post haec bibunt ter pro vivis, e poi tre per quelli vivi,

quater pro christianis cunctis, quattro per i cristiani 

quinquies pro fidelibus defunctis, cinque per i fedeli defunti;

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sexies pro sororibus vanis, sei per le brave donne,

septies pro militibus silvanis, sette per i militari;

octies pro fratribus perversis, otto per i fratelli traviati,

novies pro monachis dispersis, nove per i monaci dispersi,

decies pro navigantibus, dieci per i naviganti,

undecies pro discordantibus, undici per i litiganti 

duodecies pro poenitentibus, didici per i penitenti,

tredecies pro iter agentibus. tredici per i viaggiatori;

Tam pro papa quam pro rege Per il papa e per il re

bibunt omnes sine lege. bevono tutti senza freni.

Bibit hera, bibit herus, Beve quello e beve quella,

bibit miles, bibit clerus, beve il soldato e il prete,

bibit ille, bibit illa, beve lui, beve lei,

bibit servus cum ancilla, beve il servo con l'ancella,

bibit velox, bibit piger, beve il veloce, beve il pigro,

bibit albus, bibit niger, beve il bianco e beve il nero,

bibit constans, bibit vagus, beve il costante, beve il vago,

bibit rudis, bibit magus, beve il rozzo, beve il mago,

bibit pauper et aegrotus, beve il povero e il malato,

bibit exul et ignotus, beve l'esule e l'ignorato,

bibit puer, bibit canus, beve il bimbo, beve l'anziano,

bibit praesul et decanus, beve il vescovo e il decano,

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bibit soror, bibit frater, beve la sorella e il fratello,

bibit anus, bibit mater, beve la nonna, beve la mamma,

bibit ista, bibit ille, beve questo, beve quello,

bibunt centum, bibunt mille. bevon cento, bevon mille.

Parum centum sex nummatae I soldi durano poco

durant, ubi immoderate se immoderatamente

bibunt omnes sine meta, tutti bevono senza limite,

quamvis bibant mente laeta. ciascun obeve a mente lieta.

Sic nos rodunt omnes gentes, Perciò l'oste ci spenna

et sic erimus egentes. e noi siamo sempre al verde

Qui nos rodunt confundantur, Chi ci tratta così male

et cum iustis non scribantur. non sia scritto nel libro dei giusti!.

Prof. Emanuele PenniniII B Linguistico Liceo G. Cossali

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Commento al testo

I temi

-La giornata di uno studente medievale: come conciliare l’università con le mille attrazioni del mondo?

1) sacro o profano, l’amore ha davvero il primo posto!

2) I poeti maledetti: donne, taverna e dadi in un modello di poesia che non tramonta mai.

I clerici nella taverna trovano una comunità chiassosa di persone intente a bere (ma non priva di intimacoerenza). Vogliono infrangere (per qualche giorno) i rigidi dettami del potere temporale e spirituale

della Chiesa. Gli ingredienti fissi sono tre:- il VINO: un tramite d’eccezione, perchè “scioglie la lingua” e fa superare ogni inibizione;

-i DADI, uno strumento di beffarda riabilitazione economica, perché consente di costruire o

 perdere la fortuna economica dal niente;-il SESSO, liberato dalle astrusità del vassallaggio amoroso cantato dai trovatori.

I poeti goliardi nelle loro bevute si pongono ai margini nella società: la sera infrangono l’ordine

sociale, al quale tornano legati la mattina seguente.

Come nel teatro comico di Aristofane (Atene, V sec. a.C.) i canti di taverna rigenerano la societàcon lo strumento della parodia e della trasgressione verbale. La loro trasgressione è un fatto artistico, di

grande consapevolezza e maestria, e nasce dalla conoscenza dei canoni, sia sociali che poetici, trasgrediti

in una parodia nutrita di cultura e ironia. Anche se vino, gioco e sesso sono gli ingredienti della lorogiornata, la loro vita è rigidamente regolata da norme.

IntertestualitàIl testo ci mostra come, in taverna, tutti siano uguali e tutti bevano (senza interessarsi a cosa sia il

mondo in realtà). E’ chiaramente messo in evidenza l’inno al vino: è tipico della poesia tabernaria

medievale quell’andamento che imita i salmi. Ad esempio, si nota una litania in onore del dio del vino,Bacco, che riprende la preghiera dei fedeli del Venerdì Santo. Ci sono anche altre espressioni, che

riprendono il Messale romano, dove si prega “in commemorazione dei fedeli defunti, dei pellegrini e dei

viandanti, per la salute dei viventi, per i pubblici penitenti e per i nemici”.

Analisi grammaticale e retorica

Nelle sette strofe di questo Carmen si nota uno schema di rime baciate; la struttura metrica

conferisce un ritmo veloce al componimento: da notare anche la cadenza fissa (sulla prima, terza, quinta esettima sillaba) degli accenti.

Sono presenti anche numerose anafore (ripetizioni) delle parole quidam e bibit che sono parole-

chiave del testo del componimento. Infatti quidam serve ad evidenziare la molteplicità dei punti di vista, ponendo l'attenzione, come sottolineato da Segre, “sull'anticonformismo dei comportamenti più disparati

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ed eterogenei”.

Il luogo in cui queste condizioni, di indipendenza e di rovesciamento dell'ordine costituito, si realizzano èla taverna, dove predominano casualità e imprevisto, sregolatezza, incontro fortuito: la taverna è infatti

un luogo aperto, non soggetto alle norme del vivere abituale, opponendosi così alla casa, il luogo chiuso

degli affetti familiari, della vita ordinata e regolare.

A conferma dell'atteggiamento irriverente, da notare l'antitesi tra le bevute sine lege (senza legge)

in onore del papa e del re, tam pro papa quam pro rege (tanto per il papa quanto per il re), che sono i

garanti dell'ordine e della legge.La varietà diviene caos nel finale, dove il termine bibit (beve) imprime ai versi un andamento

sempre più frenetico e incalzante. I numerali (centum...mille) dilatano i partecipanti a questo brindisi/

rituale bacchico, in una dimensione iperbolica e, con non poca irriverenza, cosmica, come se tutte lecreature di Dio, e Dio stesso, bevessero.

http://www.youtube.com/watch?v=9CtX8nWcbaI

( C. Orff, In taberna quando sumus, Carmina Burana, esecuzione di E. Ormandy)

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