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TUSCIA VITERBESE Dipartimento di Economica Agroforestale e dell’Ambiente Rurale (DEAR) Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Viterbo Supplemento speciale della Rivista di Economia e Tecnica edita dalla C.C.I.A.A. di Viterbo Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

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TUSCIAVITERBESE

Dipartimento di EconomicaAgroforestale e dell’Ambiente Rurale

(DEAR)

Camera di CommercioIndustria Artigianatoe Agricoltura di Viterbo

Supplemento speciale dellaRivista di Economia e Tecnica edita dallaC.C.I.A.A. di Viterbo

Studio sulla castanicolturanella provincia di Viterbo

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TusciaEconomicaStudio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

Rapporto finale della ricercaDicembre 2004

COMPOSIZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO:Prof. Carlo Perone Pacifico Prof. Gabriele DonoProf. Silvio FrancoDott.ssa Barbara Pancino

Camera di CommercioIndustria Artigianatoe Agricoltura di Viterbo

Supplemento speciale alMensile informativo edito dalla Camera di Commercio di ViterboDirettore responsabile Franco Rosati Autorizzazione del tribunale di Viterbo n. 2 del 27-3-1948via Fratelli Rosselli 4, tel. 0761 29221, fax 0761 345755, www.vt.camcom.it

Dipartimento di EconomiaAgroforestale e dell’Ambiente Rurale

(DEAR)

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TUSCIA ECONOMICAperiodico a cura della Camera di Commercio,Industria, Artigianato e Agricoltura di Viterbo

Direttore responsabileDott. Franco Rosati

Supplemento speciale

Le opinioni espresse nei singoli articoli nonimpegnano la Direzione. È vietata la riproduzione anche parziale deltesto e delle illustrazioni senza citarne la fonte.Per riproduzione a puntate è obbligo ripeterela citazione.

Autorizzazione del Tribunale di Viterbo n. 2 del 27-3-1948Stampato presso la Tipografia Agnesotti - Viterbo

1 Presentazione pag. 51 Introduzione pag. 72 Inquadramento dello studio pag. 83 La dimensione produttiva

del castagno da frutto pag. 93.1 Situazione internazionale e nazionale pag. 93.2 Situazione locale pag. 15

4 Le quotazioni di mercatodelle castagne e dei marroni viterbesi pag. 184.1 Premessa pag. 184.2 Fattori che sostengono le quotazionie la redditività della castanicoltura viterbese pag. 22

5 La redditività della castanicolturada frutto nei Monti Cimini pag. 23

6 Aspetti tecnici della castanicolturadei Monti Cimini pag. 266.1 Cultivar locali pag. 266.2 La difesa dagli insetti parassiti pag. 266.3 La difesa dalle malattie fungine pag. 276.4 Meccanizzazione della coltura pag. 286.5 Tecnologie per il condizionamento,la conservazione e la commercializzazionedel prodotto pag. 28

7 La commercializzazione, il mercatoe la valorizzazione dei prodotticastanicoli viterbesi: problemi associatialla presenza di due DOP pag. 29

8 Dimensione e prospettivedella castanicoltura biologica pag. 32

9 Politiche forestali per il settorecastanicolo dei Cimini pag. 33

Lo studio della castanicoltura allaFacoltà di Agraria (riferimenti) pag. 35Riferimenti bibliografici sul settore castanicolo pag. 36Elenco dei colloqui e delle interviste pag. 36

Indice

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PRESENTAZIONE

Quando fu proposto alla Camera di Commercio di farsi carico della stampa dello“Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo” l’invito fu accolto con entusiasmo,sia perché fino ad oggi mancava uno studio organico su questa preziosa risorsa economi-ca ed ambientale del nostro territorio, sia perché fu ritenuto che la pubblicazione potessefornire un importante contributo al processo di diffusione della conoscenza delle diffe-renti specificità che costituiscono il paniere dei prodotti agroalimentari tipici della TusciaViterbese.

Tale ultima finalità inoltre ben si coniuga con il progetto di identificazione e promo-zione territoriale che la Camera di Commercio ha avviato operativamente ormai due an-ni fa e che ha dato origine al marchio collettivo “Tuscia Viterbese”.

Lo strumento del marchio collettivo nasce infatti con la precisa finalità di consentireil trasferimento di valori di immediata percezione e godibilità in quanto capace di rac-chiudere in un unico simbolo e in un unico slogan l'insieme di valori pregnanti del terri-torio. Il marchio, anche nella sua rappresentazione grafica, si attaglia perfettamente allanostra storia e cultura tanto da poter diventare simbolo stesso, ed unico, del nostro terri-torio, cioè della Tuscia Viterbese.

In tale contesto il prodotto castagna è stato uno dei primi ad essere raccordato al te-ma del marchio collettivo quale elemento identificativo del territorio e ciò è avvenuto inoccasione delle “Feste della Castagna” che, realizzatesi nell’autunno 2004, hanno per laprima volta visto la Camera di Commercio impegnata attivamente nel ruolo di Entecoordinatore, unitamente alla Provincia ed alla Comunità Montana dei Cimini.

I riscontri di questa prima esperienza sono sicuramente positivi soprattutto per ilbuon afflusso di visitatori registrato in occasione delle manifestazioni e ciò, sia per l’im-pegno profuso dalla struttura Camerale in sinergia con la Comunità Montana dei Ciminie la Provincia, sia soprattutto per lo sforzo messo in atto dai Comuni, Pro Loco e Associa-zioni che hanno nelle quattro località interessate – Canepina, S.Martino al Cimino, Soria-no nel Cimino e Vallerano, - organizzato eventi, manifestazioni e momenti conviviali digrande spessore e richiamo.

Particolarmente apprezzato è stato il carattere di unitarietà che con tale impostazio-ne si è voluto e potuto dare agli eventi che, dipanatisi nel corso delle settimane, sono statilegati da un unico filo conduttore riconducibile all’identificazione del simbolo e del logodel marchio Tuscia Viterbese.

La Camera di Commercio crede fortemente che il nostro territorio abbia ampi mar-gini di crescita e capacità di creare benessere e, per questo, nel programma di attività ca-ratterizzante il prossimo quinquennio un posto di rilievo è stato attribuito ad interventiriconducibili alla sfera delle azioni di Marketing territoriale. E’ da rimarcare che per laCamera di commercio di Viterbo, le parole “Marketing Territoriale” ricomprendono unamolteplicità di attività e di iniziative, quali quelle per l’attrazione di investimenti sul terri-torio della Tuscia, quelle già avviate e legate all’internazionalizzazione delle imprese loca-

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li, quelle finalizzate al potenziamento delle attività di raccordo e di supporto dei momentiorganizzativi ed operativi degli enti locali per quanto concerne il loro rapporto con le im-prese (Sportelli Unici per le Attività Produttive), quelle intraprese per portare la Tusciain quanto tale, con i suoi valori e la sua immagine positiva, in contesti nazionali ed inter-nazionali in abbinamento sinergico al tema e agli slogan progettati per il Marchio colletti-vo e, per ultimo, quegli interventi di connotazione più propriamente trasversale e finaliz-zati alla promozione del territorio e dei suoi prodotti.

La castagna, al pari di altri prodotti tipici, si inserisce a pieno titolo in tale program-ma di attività ed in particolare potrà beneficiare di tutti quegli specifici interventi legatialla promozione del territorio e dei suoi prodotti e ciò anche in considerazione del fattoche la castanicoltura non è solamente generatrice di un frutto particolarmente apprezza-to per le sue caratteristiche organolettiche e nutrizionali o fonte di reddito derivante dal-la utilizzazione boschiva ma, anche un bene ambientale che va valorizzato, tutelato e“sfruttato” ai fini turistici – ricreazionali.

Basti a tale proposito pensare alla bellezza e maestosità dei boschi di castagno checoprono, alternandosi di volta in volta con faggete e querceti, il territorio dei Monti Cimi-ni e parte dell’Alto Viterbese e che offrono in ogni stagione, a turisti e alla stessa popola-zione locale, opportunità per brevi escursioni e soste all’interno di aree opportunamenteattrezzate.

E’ per questa duplice connotazione che la risorsa castagno sta riconquistando unruolo centrale nelle politiche di sviluppo del territorio e sempre maggiore attenzione daparte di Enti e Istituzioni che, a vari livelli, la sostengono e promuovono anche ricorren-do a specifiche linee di contribuzione Comunitaria.

Lo studio che con questa pubblicazione si presenta è una approfondita indagine che,sia pur prendendo in considerazione in particolare le dinamiche produttive e dei prezzidel prodotto tal quale, non rinuncia ad offrire interessanti spunti di riflessione sulle oppor-tunità di razionalizzazione della filiera, sulle politiche legate alla qualità del prodotto esulle opportunità di investimento ricorrendo, come anzidetto, anche ai fondi Comunitari.

Così come si descriveva in precedenza questo studio è sicuramente il primo organicolavoro di disamina della nostra castanicoltura e quindi, come tutti i lavori che prendonoabbrivio da indagini statistiche e dalla raccolta sistematica di dati e informazioni, abbiso-gnano di periodiche revisioni e approfondimenti. Per questo e per l’interesse che la Ca-mera di Commercio ripone in questa realtà produttiva è concreta la possibilità che l’En-te, sotto l’egida del marchio collettivo Tuscia Viterbese, mantenga vivo l’interesse nel set-tore facendosi, nel futuro, promotore di iniziative e azioni che vadano ad approfondire te-matiche non ancora sufficientemente trattate, quali ad esempio la tracciabilità di filiera, eche concorrano efficacemente alla crescita del comparto della castanicoltura viterbese.

Ferindo PalombellaPresidente Camera di Commercio

di Viterbo

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INTRODUZIONE

Il 17 Novembre 2003 l'Assem-blea della RISAFRE deliberò, al-l'unanimità, la liquidazione del-l'Associazione. La decisione nonfu affatto traumatica perché rap-presentò la semplice presa d'attoda parte dei soci che l'Associazio-ne aveva finito con l'esaurire lesue funzioni. La storia della RI-SAFRE fornisce una spiegazionedi questa realtà.

La RISAFRE era stata costi-tuita nel Marzo '84 e vedeva nellasua base sociale il Comune di Vi-terbo, la CARIVIT, la Banca delCimino, la Camera di Commer-cio, il CEFAS, il Centro Agrono-mico del Mediterraneo e la alloranascente Università della Tuscia.Essa all'epoca rappresentava unaprima sede istituzionale entro laquale la g iovane Univers i tàavrebbe potuto stringere rapportidi collaborazione con i poteripubblici e le importanti istituzionieconomiche della Provincia. Que-sto spirito fu confermato dall'ade-sione dell'Amministrazione pro-vinciale di Viterbo che avvennealcuni mesi dopo la costituzione.

A quel tempo era molto fortenel dibattito nazionale l'interessealla partecipazione dell'Italia aprogrammi di intervento e a pro-getti di ricerca che riguardasserolo sviluppo di quello che all'epocasi chiamava Terzo Mondo, e laRISAFRE assunse questo comesuo compito principale. Alcuni

progetti di ricerca di notevole im-portanza passarono attraverso laRISAFRE ed attivarono diversiorganismi di ricerca in Italia. Suc-cessivamente, per le ragioni chetutti noi conosciamo, la disponibi-lità di risorse per il nostro inter-vento nei confronti dei Paesi invia di sviluppo sono venute sce-mando ed è pertanto venuta me-no la possibilità di proporre pro-getti che fossero coerenti con gliinteressi di tutte le istituzioni as-sociate. L'Università ha mantenu-to un suo ragguardevole impegnonella ricerca in quest'area e tutta-via esso, essenzialmente rivolto aricerca di laboratorio e di campo,non rendeva utile la sua gestioneattraverso la RISAFRE. Le altreistituzioni coinvolte erano pressa-te sempre più fortemente da pro-blemi ed iniziative di natura in-terna. Fu allora proposta nel 1998una modifica dello Statuto checonsentisse all'Associazione difarsi carico anche di questioniconnesse allo sviluppo del nostroterritorio. A seguito di ciò sonostati condotti alcuni studi sullarealtà territoriale del viterbese etuttavia non è sembrato che ilnuovo orientamento dell'Associa-zione stimolasse i soci a conferirleuna rilevante funzione propositi-va ed operativa. La ragione di ciòrisiede probabilmente nel fattoche, nell'arco dei venti anni di at-tività dell'Associazione, i rapportiistituzionali e i programmi di col-laborazione fra Università e strut-

ture pubbliche ed economiche delterritorio si sono enormementesviluppati, sono diventati moltocomplessi ed attivano differentied articolati canali di comunica-zione. La RISAFRE, cui non era-no stati conferiti i mezzi per do-tarsi di una struttura operativa,non poteva più gestire un collo-quio divenuto tanto complesso enello stesso tempo tanto proficuo.Queste sono le ragioni per cui si èconcordemente deciso di chiuder-la.

Al momento di decidere la li-quidazione si procedette alla desi-gnazione dei liquidatori nelle per-sone del Dott. Alberto Grazini edell'Avv. Antonio Manganiello.Essi, fatte le opportune verifichesulla situazione contabile, e con-statata l'esistenza di un modestoavanzo di gestione, sottoposero alPresidente del Tribunale di Viter-bo l'idea di destinare tale avanzoalla realizzazione di uno studioche tornasse utile nell'identificaree proporre ipotesi di azione neiconfronti di un problema rilevan-te per l'economia del territorioviterbese. I liquidatori avanzaro-no l'ipotesi che il settore della ca-stanicoltura potesse essere quellopiù appropriato per la realizzazio-ne dello studio. Le giustificazioniper questa scelta sono abbastanzaevidenti. Il castagneto è, infatti,nell'area dei Cimini, una presenzaimportantissima sotto l'aspettoproduttivo e sotto l'aspetto pae-saggistico. Questo duplice valore

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Prof. Carlo Perone Pacifico, Prof. Gabriele Dono,Prof. Silvio Franco, Dott.ssa Barbara Pancino

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del castagneto ne determina lagrande importanza ma, nello stes-so tempo, ne definisce i difficiliproblemi.

E' infatti evidente che la fun-zione produttiva del castagneto,che è un interesse primario deiproprietari per lo più privati, pos-sa interferire con effetti positivi onegativi con la funzione paesaggi-stica, che è un diffuso interessepubblico della comunità. Il pro-blema da risolvere è perciò quellodi trovare meccanismi di gestioneche, salvaguardando o potenzian-do la redditività della coltura, nonabbiano impatto negativo sullaconservazione della risorsa am-bientale.

La ricerca proposta dai liqui-datori fu affidata all'Universitàdella Tuscia in persona del Ma-gnifico Rettore Prof. Marco Man-cini il quale designò il gruppo dilavoro che ha redatto il presentestudio il quale costituisce il primotentativo per aprire una organicadiscussione sulla questione.

Il gruppo di lavoro ha compiu-to un riesame della documenta-zione e delle analisi disponibili;ha ascoltato e discusso le opinionidi operatori e testimoni privile-giati; ha formulato una serie diproposte le quali prevedono co-me, fra l'altro, sia di importanzafondamentale intraprendere pro-grammi di "azione collettiva" piùincisivi di quelli fino ad oggi pro-posti.

2. INQUADRAMENTODELLO STUDIO

La produzione castanicola deiCimini presenta diversi motivi diestremo interesse. In primo luogosi realizza in una delle aree di col-tivazione del castagno da fruttopiù vasta d'Europa; un territorioin cui l'allevamento del castagnoè un'attività tradizionale che hadato luogo a fustaie secolari dienorme valore paesaggistico edambientale. L'assetto strutturaleraggiunto da questo patrimonio ei vincoli di tutela ambientale e fo-restale che lo gravano comporta-no che la produzione dei suoifrutti sia generalmente realizzatacon tecniche conformi ai sistemi

di tipo biologico. Questo patrimo-nio è un fattore cruciale ed inso-stituibile dell'identità del territo-rio viterbese in un'area in cui siritrovano condizioni di grandepregio ambientale e paesaggisticoe nella quale è possibile ricercareun contatto con spazi naturaliampi e poco condizionati dalletrasformazioni indotte delle atti-vità antropiche. Inoltre, tale patri-monio rappresenta un elementofondamentale per l'identità cultu-rale delle popolazioni locali e perl'economia del viterbese giacchécaratterizza l'offerta turistica ditutto il territorio provinciale. Allostesso tempo la produzione casta-nicola dei Monti Cimini assumeuna rilevanza notevole anche ri-spetto al complesso della produ-zione agricola del viterbese.Emerge una tendenza alla cresci-ta delle quotazioni di castagne emarroni, che non sembrano sof-frire delle situazioni di stagnazio-ne dei prezzi o delle periodichecrisi di mercato che caratterizza-no molti altri prodotti agricoli ti-pici della provincia di Viterbo.Anche gli spazi di mercato sem-brano interessanti come confer-ma il consolidarsi delle posizionidell'offerta viterbese nell'area diconsumo romana, in quelle delnord Italia ed in quelle di nume-rosi mercati esteri.

Questo quadro generalmentepositivo ha però bisogno di inter-venti che, da una parte, ne difen-dano e, dall'altra, ne valorizzinoulteriormente le peculiarità. Que-sti interventi vanno articolati con-siderando le possibili minacce chesi profilano per questo patrimo-nio e per la sua produzione. Dueesempi valgano per tutti a specifi-care i tipi di sfida che la castani-coltura dei Monti Cimini potreb-be trovarsi a fronteggiare in tem-pi non troppo lontani. In primoluogo, le sfide che ne interessanoil profilo paesaggistico ed am-bientale. L'ecosistema castanicolodei Cimini è, infatti, ampio e pos-sente e tuttavia i suoi equilibriecologici mostrano alcuni ele-menti di fragilità. La presenza dialcune patologie fungine, dal maldell'inchiostro al cancro corticale,se non controllata in modo ade-guato può espandersi e produrre

una seria minaccia all'integrità diquesto patrimonio forestale. Dal-l'altra parte vi sono le sfide dovu-te al cambiamento degli assetti dimercato. Lo sviluppo dei com-merci su scala internazionaleespone anche la castanicoltura vi-terbese alla concorrenza di un'of-ferta proveniente da aree di pro-duzione a bassissimo costo, comeil Portogallo, la Turchia e la Cina.Vanno allora definite strategieper migliorare l'efficienza com-merciale e, dunque, per contenerei costi, oppure per ricercare nic-chie di mercato in cui la competi-zione è meno serrata.

Questi problemi sono latentioppure iniziano appena adesso adaffacciarsi, tuttavia essi vanno at-tentamente considerati per difen-dere adeguatamente il patrimo-nio castanicolo viterbese e la suaproduzione. A tal proposito puòessere opportuno attivare simul-taneamente varie misure. Questesi possono integrare usando l'as-sociazionismo dei castanicoltoricome leva sia per la loro specifi-cazione, sia per la loro messa inopera. Un'Associazione di Pro-duttori può, infatti, veicolare aicastanicoltori vari interventi diformazione, oltre che misure dicontribuzione finanziaria, per ilmiglioramento delle tecniched'allevamento e di produzionedei castagneti. Può gestire piani didifesa del patrimonio castanicoloe della sua produzione dagliagenti patogeni, la cui efficaciacrescerà se questi saranno sincro-nizzati su tutta l'area dei Cimini.Può intervenire per armonizzarela raccolta in campagna e l'afflus-so dei prodotti agli impianti dicondizionamento, ottimizzando lecapacità di lavorazione e rispon-dendo in modo più efficiente alleesigenze di commercializzazionedelle merci. Può coordinare stra-tegie di valorizzazione dell'offer-ta dei Cimini che, date le attesedei consumatori per prodotti co-me le castagne e i marroni, ne de-finisca un'identità e, rispetto aquesta, armonizzi gli interventisul patrimonio castanicolo e sullasua produzione.

Nelle prossime pagine ci si sof-ferma brevemente sui motivi per iquali l'associazionismo tra i casta-

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Prof. Carlo Perone Pacifico, Prof. Gabriele Dono, Prof. Silvio Franco, Dott.ssa Barbara Pancino

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nicoltori dei Cimini appare unastrada necessaria per rendere effi-cace una strategia di difesa e va-lorizzazione del patrimonio casta-nicolo e dei suoi prodotti. Gli ele-menti proposti sono emersi da va-ri studi sviluppati nell'ambito del-le attività di ricerca condotte dastudiosi della Facoltà di Agrariadell'Università della Tuscia di Vi-terbo e da una serie di colloquiavuti con agricoltori, operatoricommerciali, amministratori loca-li, tecnici e ricercatori impegnatinel settore. Questi elementi, par-tendo da una ricostruzione delladimensione produttiva del com-parto castanicolo, condotta sia alivello nazionale che locale, per-mettono di tracciare un quadrogenerale delle quotazioni del pro-dotto, fornendo dati per un con-fronto con le altre produzioniagricole del viterbese. Poi consen-tono di discutere i problemi legatialle patologie di questa coltiva-zione ed i vari aspetti della rac-colta e dell'afflusso dei prodottiagli impianti di condizionamento.Altre indicazioni sono fornite sulquadro di mercato del prodotto esugli elementi che ne condiziona-no la domanda. In particolare,permettono di rilevare che il con-sumo di questi prodotti serve arievocare un rapporto con am-bienti naturali incontaminati ed èproprio questa esigenza che vaconsiderata, qualificando l'offertacastanicola dei Cimini come frut-to di un ecosistema che presentatali peculiarità. Ciò serve a soste-nere che una politica di valorizza-zione dei marroni e delle casta-

gne viterbesi va più mirata ad evi-denziare lo sforzo degli agricolto-ri per proteggere gli ambienti na-turali da cui provengono queiprodotti, che ad accrescere la pro-duttività agricola delle coltivazio-ni. Queste ultime considerazioniorientano l'attenzione su due te-mi di estrema rilevanza: la valo-rizzazione ambientale e commer-ciale della castanicoltura biologi-ca, che pur avendo una considere-vole diffusione nel comprensorio,non trova ancora la sufficientepromozione a livello di immaginee le politiche forestali della nostraRegione che, più delle misure disostegno alla produttività agrico-la, appaiono uno strumento coe-rente alla necessità di tutelare lepeculiarità ambientali e paesaggi-stiche dei Monti Cimini. Si termi-na quindi indicando che l'associa-zionismo dei castanicoltori viter-besi può servire a sollecitare unamigliore articolazione e finalizza-zione della politica forestale, non-ché un suo più generoso finanzia-mento.

3. LA DIMENSIONEPRODUTTIVA DELCASTAGNO DA FRUTTO

3.1 Situazione internazionalee nazionale

Prima di procedere alla disami-na delle principali caratteristichedella produzione locale di casta-gne può risultare utile tentare diinquadrare la posizione dell'Italianell'ambito produttivo castanico-lo internazionale.

Tale posizione, infatti, appareassai rilevante considerando che,secondo i dati FAO, nel 2002 l'Ita-lia con 50.000 tonnellate risultavala terza produttrice mondiale dicastagne. L'Italia è preceduta dal-la Cina (702.000 t) e dalla Repub-blica di Corea (72.000 t) e seguitada Turchia (47.000 t), Bolivia(35.000 t) e Giappone (30.000 t) epartecipa con una quota del 5%alla produzione mondiale, che è dipoco superiore al milione di ton-nellate. In ambito europeo il ruoloproduttivo dell'Italia è di primopiano in quanto la produzione na-zionale di castagne rappresentapiù di un terzo del totale conti-nentale. Le altre nazioni in cui siregistra un'apprezzabile produ-zione sono Portogallo, Spagna,Russia, Grecia e Francia; tuttavia,fatta eccezione per il Portogallo,in nessuna di esse si raggiunge unterzo della produzione italiana.

Per quanto riguarda la superfi-cie investita a castagno, sempresecondo i dati FAO, la posizionedell’Italia risulta ancora più signi-ficativa: la superficie nazionalerappresenta, infatti, poco più del7% del totale mondiale, valutatoin circa 325.000 ettari, e circa unterzo di quello continentale.

La tabella 1 riporta le produ-zioni nei principali paesi produt-tori mediate nel biennio 2001-02e confrontate con il dato relativoal biennio 1998-99. I dati eviden-ziano un aumento dell'offertamondiale dovuta alla rapida cre-scita della produzione cinese euna consistente contrazione del-l'offerta italiana.

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Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

Paese 2001-02 1998-99 Var, Cina 598,6 496,8 +20,5% Corea 93,5 102,9 -9,1% Italia 50,0 65,3 -23,4% Turchia 48,5 54,0 -10,2% Bolivia 34,5 32,2 +6,9% Portogallo 29,7 30,1 -1,4% Giappone 27,9 28,1 -0,9%

Tab. 1 - Produzione nei principali paesi - migliaia di tonnellate (Fonte: FAO).

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Superfici nazionaliIn Italia la superficie investita

a castagno da frutto ha subito nelcorso degli ultimi cento anni unaforte diminuzione, passando dai

circa 500.000 ha presenti all'iniziodel secolo agli attuali 76.000 ha.La riduzione più sensibile dellesuperfici si è avuta fra il secondodopoguerra e l'inizio degli anni

ottanta; nel periodo più recente siè assistito ad una sostanziale sta-bilizzazione della dimensioneproduttiva e, in alcune aree, anchead un'inversione di tendenza.

Per completare il quadro dellasituazione internazionale è utileanalizzare i dati relativi ai quanti-tativi e al valore delle importazio-ni ed esportazioni di castagne.Come risulta dalla tabella 2a imaggiori Paesi esportatori coinci-dono con i maggiori paesi produt-tori. Per le importazioni (tabella2b), da notare il ruolo del Giap-pone che come quantità, e soprat-tutto come valore, supera di gran

lunga tutti gli altri paesi.Per quanto riguarda il com-

mercio nazionale, il confronto deidati relativi ai bienni 1998-99 e2001-02 evidenzia un piccolo in-cremento delle esportazioni parial 2,9% (da 22.900 a 23.600 ton-nellate) mentre le importazionisono cresciute del 180% (passan-do da 2.800 a 7.700 tonnellate). Siosserva, quindi, che l'Italia espor-ta quantità sostanzialmente co-

stanti di castagne anche se la pro-duzione si riduce considerevol-mente (attualmente viene espor-tata circa la metà della produzio-ne). Le esportazioni sono soste-nute in misura sempre maggioredalle importazioni il cui incre-mento dipende dal differenziale(valutabile intorno al 40%) fra ilprezzo medio delle importazioni(1,30 €/kg) e delle esportazioni(1,84 €/kg).

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Prof. Carlo Perone Pacifico, Prof. Gabriele Dono, Prof. Silvio Franco, Dott.ssa Barbara Pancino

2002 2001 2000 1999 Paese

Tons 1.000$ Tons 1.000$ Tons 1.000$ Tons 1.000$

Cina 33.412 51.624 31.275 56.344 35.414 67.785 33.731 64.265

Italia 23.469 46.487 23.714 40.366 22.414 41.262 22.332 41.414

Corea 12.830 58.361 16.007 75.173 14.130 84.065 14.528 81.705

Turchia 11.685 13.512 6.786 7.447 5.321 5.408 7.827 7.921

Portogallo 6.065 9.756 7.140 9.199 8.553 10.159 8.045 9.522

Tab. 2a - Quantità e valori delle esportazioni - anni 1999-2002 (Fonte: FAO).

2002 2001 2000 1999 Paese

Tons 1.000$ Tons 1.000$ Tons 1.000$ Tons 1.000$

Giappone 29.073 92.674 31.695 106.722 37.384 143.097 34.726 117.303

Cina 13.571 14.826 9.327 9.148 9.972 8.872 6.083 5.029

Francia 9.290 9.536 11.654 7.857 11.232 8.342 9.413 6.727

Italia 8.791 11.911 6.643 8.216 4.892 5.666 2.671 3.423

USA 4.979 11.387 4.885 13.472 4.428 11.119 4.722 12.310

Germania 4.300 7.774 3.246 5.470 3.432 5.727 3.847 6.889

Austria 4.029 7.104 2.114 4.091 2.081 4.096 3.377 6.040

Spagna 3.217 3.578 2.749 3.001 2.707 2.009 2.722 2.994

Ungheria 3.156 1.634 3.136 1.328 3.020 1.233 2.991 1.315

Svizzera 2.913 8.237 2.773 6.816 2.758 6.563 2.813 7.041

GranBretagna 2.202 3.171 1.629 3.286 1.914 3.019 2.245 3.939

Canada 2.074 4.361 1.834 3.682 1.793 3.485 1.988 3.836

Tab. 2b - Quantità e valori delle importazioni - anni 1999-2002 (Fonte: FAO).

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I dati di censimento (tabella 3)mostrano anche una riduzionedella dimensione dei castagnetida frutto presenti nelle aziendeagrarie di circa 70.000 ha (pari al47,6%) nel periodo dal 1970 al2000. La tabella 3 evidenzia, inol-tre, una diminuzione superiore al50% del numero delle aziendecon castagneti da frutto; tale de-cremento, superiore a quello regi-strato dalla superficie totale, hacomportato un lieve aumento del-la superficie media a castagno dafrutto per azienda produttrice cheè passato da 1,06 ha nel 1970 a1,15 ha nel 2000.

Ulteriore elemento che emergedall'esame dei dati disponibili ri-guarda la limitata quota produtti-va della superficie investita a ca-stagneti da frutto nelle aziendeagricole. Come risulta dai datiFAO, infatti, la superficie nazio-nale complessivamente interessa-ta dalla raccolta di prodotto è sti-mata in 23,500 ha, valore che rap-

presenta solo il 31% del totaledella superficie aziendale a casta-gneto da frutto. La quota produt-tiva dei castagneti da frutto hamostrato negli ultimi anni un co-stante aumento dovuto alla ridu-zione della superficie castanicolada frutto totale ed al contempora-neo aumento della superficie pro-duttiva. Ciò sembra dimostrareuna tendenza a livello nazionalealla riduzione della castanicolturada frutto improduttiva la qualeviene sostituita da altre attivitàcolturali o riconvertita verso laproduzione. Quest'ultima valuta-zione trova conferma nella dina-mica della produzione nazionaleche, come descritto nel paragrafosuccessivo, ha mostrato nell'ulti-mo decennio una sostanziale cre-scita.

Per quanto concerne la distri-buzione sul territorio italiano, latabella 4 mostra l'entità della su-perficie castanicola da frutto nelleregioni italiane al 2000. I dati ri-

portati evidenziano come Tosca-na, Campania e Calabria, rispetti-vamente con il 21,2%, il 20,9% edil 18,7%, siano le regioni italianepiù "castanicole", seguono Pie-monte, Lazio ed Emilia Roma-gna. Il Lazio occupa la quinta po-sizione con una superficie a casta-gno da frutto di 5,648 ha, pari apoco più del 7% della superficienazionale; da notare che nessunadelle altre regioni raggiunge i2.000 ha di superficie.

La figura 1 mostra la distribu-zione delle superfici a castagnetoda frutto nelle regioni italiane,calcolata rapportando il dato del-la tabella 4 alla relativa superficieregionale. L'osservazione dellacartina conferma come i casta-gneti da frutto siano localizzatiprincipalmente in Toscana, Cam-pania e Calabria, quindi in Pie-monte e, in misura minore, nelLazio e in Emilia-Romagna.

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Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

Anno Aziende Superficie (ha) Sup. media (ha)

1970 136,098 144,877 1,06

1982 119,553 140,133 1,17

1990 97,696 107,608 1,10

2000 66,013 75,864 1,15

Variazione 1970-2000 -51.5% -47.6% +7.8%

Tab. 3 - Aziende e superfici a castagno in Italia - anni 1970-2000 (Fonte: ISTAT).

Regione Castagno da

frutto (ha)

Percentuale

sul totale

Toscana 16.138 21,2% Campania 15.902 20,9% Calabria 14.255 18,7% Piemonte 9.180 12,0% Lazio 5.648 7,3% Emilia Romagna 4.397 6,4% Altre regioni 10.344 13,5%

TOTALE 75.864

Tab. 4 - Superfici a castagno nelle regioni produttrici nel 2000 (Fonte: ISTAT).

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Prof. Carlo Perone Pacifico, Prof. Gabriele Dono, Prof. Silvio Franco, Dott.ssa Barbara Pancino

Fig. 1 - Superficie investita a castagneti da frutto nelle regioni italiane..

Foto da Archivio Ce.F.A.S., Dott. S. Gasbarra.

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Produzioni nazionaliLa produzione di castagne in

Italia ha subito dal secolo scorsoad oggi un decremento assai con-sistente. Tale riduzione si è verifi-cata principalmente fino alla finedegli anni '60; dal 1970 la produ-zione nazionale, non consideran-do le inevitabili fluttuazioni, si èsostanzialmente stabilizzata e, inparticolare negli ultimi anni, hamostrato una lieve ripresa. Percomprendere la dimensione delfenomeno basti pensare che in

cento anni circa la produzione ècrollata da 5,8 milioni di quintalinel 1876 ai 710.000 quintali del1969. Per tentare di analizzarel'andamento della produzione dicastagne negli ultimi 40 anni èstata ricostruita la relativa seriestorica dal 1961 al 2000, periodoper il quale sono disponibili idati1. La tabella 6 riporta la pro-duzione italiana di castagne inquesto periodo, sia in termini as-soluti che come indice con base1971; la figura 2 ne mostra l'evo-

luzione attraverso una rappresen-tazione della media triennale.

Nel periodo considerato, comesi nota dal grafico, è possibile di-stinguere chiaramente due diversiperiodi: il primo, dal 1961 al 1971,di sensibile e continuo decremen-to della produzione ed il secondo,dal 1972 al 2000, in cui si registra-no delle oscillazioni intorno ad unvalore medio sostanzialmente co-stante.

Per analizzare in maggiore det-taglio l'andamento mostrato dai

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Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

Per quanto riguarda la localiz-zazione dei castagneti in relazio-ne alla quota altimetrica, la tabel-la 5 riepiloga la superficie a casta-gno da frutto distinta fra monta-

gna, collina e pianura relativa-mente all'intero territorio nazio-nale. Come c'era da attendersi icastagneti da frutto sono localiz-zati prevalentemente in monta-

gna, circa i due terzi, e in collina,un terzo, e solo una quota assai ri-dotta in pianura.

Foto da Archivio Ce.F.A.S., Dott. G. Iapichino.

Zona Altimetrica Superficie (ha) Percentuale

Montagna 48.873 64,4%

Collina 26.352 34,8%

Pianura 639 0,8%

Totale 75.864 100,0%

Tab. 5 - Superfici a castagno (ha) per zona altimetrica (Fonte: ISTAT).

1 Una riflessione generale sulla qualità dei dati disponibili si rende a questo punto necessaria: a questo riguardo va infatti conside-rato come ad una generalizzata scarsa attendibilità delle informazioni relative ad una coltura "atipica" quale in castagno, si accompa-gni, in particolare per i dati relativi alle produzioni, una mancata eterogeneità nei dati forniti delle diverse fonti nonostante esse utiliz-zino analoghe modalità per la rilevazione e la stima dei dati.

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dati è stata eseguita una regres-sione considerando separatamen-te i due periodi. Il risultato dell'a-nalisi mostra che nel primo perio-do (1961-71) la serie dei dati pre-senta un trend caratterizzato da

una riduzione media della produ-zione di circa 5.600 ton/anno. Nelsecondo periodo (1971-2000) laregressione mostra una scarsa ca-pacità di rappresentazione del-l'andamento della produzione

che oscilla attorno ad un valoremedio di circa 62.500 tonnellatesenza alcuna apparente regola-rità. La deviazione standard dellaproduzione annuale in questo pe-riodo è abbastanza ridotta ed il

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Prof. Carlo Perone Pacifico, Prof. Gabriele Dono, Prof. Silvio Franco, Dott.ssa Barbara Pancino

Anno Produzione (tonnellate)

Indice

(1971=100) Anno

Produzione (tonnellate)

Indice

(1971=100)

1961 123.854 200,4 1981 67.353 109,0

1962 107.779 174,4 1982 73.431 118,8

1963 113.284 183,3 1983 76.729 124,2

1964 96.832 156,7 1984 50.939 82,4

1965 86.549 140,0 1985 38.840 62,8

1966 91.440 148,0 1986 55.676 90,1

1967 89.154 144,3 1987 55.682 90,1

1968 71.344 115,4 1988 52.296 84,6

1969 72.382 117,1 1989 50.273 81,3

1970 66.431 107,5 1990 49.559 80,2

1971 61.800 100,0 1991 66.579 107,7

1972 57.496 93,0 1992 69.089 111,8

1973 71.316 115,4 1993 67.722 109,6

1974 60.548 98,0 1994 69.852 113,0

1975 69.303 112,1 1995 71.971 116,5

1976 56.347 91,2 1996 68.653 111,1

1977 54.820 88,7 1997 68.704 111,2

1978 73.111 118,3 1998 78.425 126,9

1979 70.849 114,6 1999 52.158 84,4

1980 63.384 102,6 2000 50.000 80,9

Tab. 6 - Produzione di castagne in Italia 1961-00 (Fonte: FAO, INEA).

Produzione delle castagne in Italia (1961-2000)

40

60

80

100

120

1961 1971 1981 1991

Anni

Pro

du

zio

ne (

ton

s x

1,0

00)

Media triennale

Trend

i 2 A d d ll d i di i li (1961 2000)Fig. 2 - Andamento della produzione di castagne in Italia (1961-2000).

Page 16: Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo · 2 Inquadramento dello studio pag. 8 3 La dimensione produttiva del castagno da frutto pag. 9 3.1 Situazione internazionale

coefficiente di variazione risultaabbastanza contenuto (15%) in-dicando una limitata variabilitàdella produzione annuale rispettoal suo valore medio. In questo se-condo periodo, nonostante l'as-senza di una regolarità statistica,è possibile individuare diverse fa-si distinte: una crescita nel perio-do 1972-82, una brusca caduta fra

il 1983 ed il 1985, una nuova fasedi crescita e, negli ultimi anni, unanuova contrazione. Questi anda-menti, almeno per quanto riguar-da gli ultimi anni, sono in buonaccordo con la variazione dellerese produttive che, come eviden-ziato in tabella 7, hanno mostratonel periodo dal 1990 al 1998 unageneralizzata tendenza alla cre-

scita dovuta sia al miglioramentodelle tecniche colturali che allaprogressiva specializzazione pro-duttiva dei castagneti da frutto.Più difficile appare l'interpreta-zione del dato, forse ancora daverificare, relativo alla decrescitadelle rese nel triennio 1998-2000.

3.2 Situazione locale

SuperficiLa castanicoltura da frutto in

provincia di Viterbo, secondo idati del censimento dell'agricol-tura del 2000, riguarda circa 2.000aziende per una superficie com-plessiva di poco inferiore ai 2.800ha.

Per quanto riguarda la produ-zione di castagne, in assenza didati ufficiali, è possibile perveniresoltanto ad una stima abbastanzagenerale. A questo proposito de-ve essere considerata la variabi-lità che caratterizza la resa medianelle singole campagne determi-nata dagli andamenti climaticiche, soprattutto nell'ultimo perio-do, hanno mostrato un'elevata ir-

regolarità. Ciò premesso, la pro-duzione media del comprensoriopuò essere valutata in circa 8.000tonnellate, dato che rappresenta il10-15% del totale nazionale.

Volendo fornire un dato eco-nomico generale riguardo al valo-re della produzione locale, è pos-sibile far riferimento al prezzomedio delle castagne e dei marro-ni considerare la quota dei dueprodotti rispetto alla produzionecomplessiva; una stima eseguitacon questo criterio porta ad unvalore complessivo compreso fra i15 ed i 20 milioni di euro.

L'evoluzione del numero diaziende e della superficie azien-dale investita a castagno da fruttoin provincia di Viterbo, comeemerge dai dati della tabella 8,

appare in forte contro-tendenzarispetto all'andamento osservatoa livello nazionale; nel periodo1982-2000, in particolare, questodato presenta un incremento del19%, a fronte della riduzione del46% registrata in Italia. La conco-mitanza dei due fenomeni ha por-tato l'incidenza della superficiecastanicola viterbese sul totalenazionale da 1,6% nel periodo1970-82 a 3,7% nel 2000.

La dimensione media della su-perficie a castagno nelle aziendeproduttrici del viterbese è andataleggermente diminuendo nel pe-riodo 1982-2000, mantenendosiperò, con circa 1,40 ha, sempresuperiore alla dimensione medianazionale, che nel 2000 risultavadi 1,15 ha.

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Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

Anno 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000

Resa (t/ha) 2.61 2.83 2.94 2.88 2.97 3.06 2.92 3.10 3.34 2.30 2.13

Tab. 7 - Resa media delle castagne in Italia nel periodo 1985-95 (Fonte: FAO).

Anno Aziende Superficie (ha) Sup. media (ha)

1970 1.617 2.308 1,43

1982 1.453 2.249 1,55

1990 1.802 2.586 1,44

2000 1.994 2.779 1,39

Var. 1982-2000 +22,7% +19,0% -10,0%

Tab. 8 - Aziende e superfici a castagno in provincia Viterbo (Fonte: ISTAT).

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Anche rispetto al dato regiona-le la superficie investita ha mo-strato un consistente aumento at-testandosi, come mostra la tabel-la.9, quasi al 50%. Sempre la ta-bella 9 mostra anche come la di-

mensione media della coltura delcastagno da frutto nelle aziendeviterbesi risulti assai superiore alresto della regione, fatta eccezio-ne per la provincia di Frosinone;questo dato sembra confermare

una maggiore caratterizzazioneproduttiva e mercantile della ca-stanicoltura locale rispetto aicomprensori limitrofi.

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Provincia Aziende Superficie (ha) Sup. media (ha)

Viterbo 1.994 2.779 1,39

Roma 2.103 1.155 0,55

Rieti 1.378 1.134 0,82

Latina 385 146 0,34

Frosinone 257 433 1,68

Lazio 6.117 5.647 0,92

Tab. 9 - Aziende e superfici a castagno in provincia Viterbo (Fonte: ISTAT).

Foto da Archivio Ce.F.A.S., Dott. S. Gasbarra.

Se ci si riferisce agli ultimi 10anni, in particolare quelli compre-si fra gli ultimi due censimenti, siosserva come la castanicoltura dafrutto viterbese abbia manifestatoun incremento del numero diaziende e della SAU, pari rispetti-vamente al 10,7% e al 7,5%. Nel-lo stesso periodo si è avuta unaflessione su base nazionale estre-

mamente consistente pari al 32%del numero di aziende ed al 29%della SAU. Il fatto che la castani-coltura dei Cimini sia in continuacrescita in un contesto nazionalenel quale si osserva una progres-siva contrazione della produzioneed un forte aumento delle impor-tazioni va attribuito alle caratteri-stiche tecniche, qualitative e com-

merciali del comparto viterbese.Tali specificità, che verranno ana-lizzate nel corso del presente rap-porto, riguardano essenzialmentetre aspetti: l'efficienza delle tecni-che produttive, in particolare ladiffusa adozione della raccoltameccanizzata, l'ottima qualitàdelle produzioni (sia castagne chemarroni) e la presenza di un set-

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tore commerciale dinamico.L'importanza del castagno da

frutto in provincia di Viterbo, siain termini di superficie investitache di numero di aziende, è testi-moniata dai dati presentati in ta-bella 10, dai quali risulta che que-

sta coltura occupa il decimo postonella graduatoria delle colture piùimportanti (escludendo i boschi, ipascoli ed i terreni a riposo).

La superficie investita a casta-gno da frutto rappresentava nel2000 una quota del 6% circa sul

totale della superficie provincialedestinata a colture arboree e ri-sultava inferiore soltanto alle trecolture permanenti che rivestonoun ruolo fondamentale nell'agri-coltura del viterbese: nocciolo, vi-te e olivo.

Area di produzioneLa produzione delle castagne

in provincia di Viterbo è concen-trata in un'area relativamente li-mitata; infatti, come risulta daidati del censimento del 2000, sol-tanto in 12 dei 60 comuni la su-perficie coltivata a castagno dafrutto raggiunge delle dimensioninon trascurabili e appena in 7 co-muni (tabella 11) supera i 100 ha.Da osservare come in questi 7 co-

muni sia concentrato oltre il 92%della SAU castanicola da fruttoprovinciale. Nell'ultima colonnadella tabella viene evidenziato ilruolo della castanicoltura da frut-to espresso come quota della su-perficie investita in relazione altotale della SAU comunale. Perdue comuni in particolare, Cane-pina e Vallerano, il rapporto assu-me valori elevati, per altri due co-muni, Carbognano e Caprarola,

questa quota è ancora considere-vole, mentre per tutti gli altri co-muni appartenenti al comprenso-rio di produzione si registrano va-lori compresi fra il 2% ed il 7%. Ildato rappresentato dalla quota disuperficie a castagno va comun-que interpretato anche in relazio-ne alla presenza nello stesso am-bito territoriale dalla produzionenocciolicola.

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Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

Coltura Aziende Estensione (ha)

Frumento duro 6.392 55.633

Erbai 3.733 27.042

Nocciolo 10.054 18.047

Olivo per olio 22.316 14.324

Girasole 859 7.078

Vite 12.155 4.933

Frumento tenero 1.177 4.042

Granoturco 748 3.995

Orzo 1.165 3.450

Castagneto da frutto 1.994 2.779

Tab. 10 - Principali colture in provincia di Viterbo (Fonte: ISTAT, 2000).

Comune SAU (ha) Aziende SAU/Az Quota SAU

Canepina 756 355 2,13 63%

Vallerano 414 268 1,55 33%

Viterbo 395 296 1,33 2%

Caprarola 393 265 1,48 10%

Ronciglione 241 69 3,49 7%

Soriano nel Cimino 227 238 0,95 5%

Carbognano 127 137 0,93 9%

Tab. 11 - Aziende e SAU a castagno da frutto nell'area di produzione (Fonte: ISTAT).

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Sulla base di questi dati è pos-sibile individuare in maniera ab-bastanza netta la localizzazionegeografica della produzione ca-stanicola in provincia di Viterbo,una cui rappresentazione, a livellocomunale, è riportata in Fig. 3.

E' evidente che una localizza-zione a livello comunale può for-nire soltanto delle indicazioniqualitative molto sommarie che sirivelano insufficienti come baseper identificare le aree oggetto dispecifiche analisi o di interventisul territorio. L'importanza dellacastanicoltura da frutto in provin-

cia di Viterbo, così come emergedall'analisi svolta, richiede un im-pegno mirato in questa direzionein modo da poter fornire, sia aglistudiosi, sia a coloro che operanosul territorio, una conoscenzapuntuale della distribuzione spa-ziale di questa attività produttiva.

Uno stimolo ad approfondirela conoscenza della realtà castani-cola viterbese dovrebbe proveni-re anche dalla sensibilità mostratadai produttori locali nei confrontidelle politiche agricole, in partico-lare quelle di carattere ambienta-le. Da uno studio condotto alla fi-

ne degli anni '90 emerge, infatti,come oltre il 40% della superficiea castagno da frutto censita inprovincia di Viterbo sia stata de-stinataria delle misure agroam-bientali incluse nel regolamento2078/92. Le aziende che hannoaderito alle misure, quasi 200, conuna superficie interessata che, in-cludendo le altre colture, raggiun-geva i 1.800 ha, costituiscono, an-che in virtù della loro elevataconcentrazione sul territorio, unarealtà produttiva della quale èimpossibile non tenere conto.

4. LE QUOTAZIONIDI MERCATO DELLECASTAGNE E DEI MARRONIVITERBESI

4.1 Premessa

Nel precedente paragrafo si èmostrato che, diversamente daquanto accade in altre aree casta-nicole della nostra regione e del-l'Italia, la produzione viterbesetiene e, anzi, si presenta anche inconsiderevole espansione. Le ca-stagne ed i marroni sono, infatti,tra i prodotti agricoli della nostra

provincia che meglio di tanti altririescono a contenere il processodi ridimensionamento dei prezziche va ormai caratterizzando l'in-tero settore agricolo.

Il grafico di figura 4 riporta lequotazioni reali, ossia depuratedall'inflazione, di marroni e casta-gne. Esso mostra che nella secon-da metà del decennio i prezzi rea-li dei marroni hanno raggiunto li-velli di apprezzamento molto piùalti di quanto rilevato nel periodoprecedente. Le quotazioni si sonoridotte nel 1999 e nel 2001 quan-do sono scese, sia pure solo di po-

co, rispetto ai prezzi dell'inizio deldecennio. La tendenza è menospiccata per le castagne i cui valo-ri, però, ad eccezione della cadutadel 1993, non si sono mai disco-stati troppo dalla media del de-cennio.

La tendenza al rialzo dei prezziemerge confrontando le quota-zioni medie del triennio finalecon quelle del triennio iniziale deldecennio e costatando che le pri-me sono ben più alte. La tenden-za è, infine, resa evidente dallapendenza delle rette che interpo-lano quei prezzi e che mostrano

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Prof. Carlo Perone Pacifico, Prof. Gabriele Dono, Prof. Silvio Franco, Dott.ssa Barbara Pancino

Fig. 3 - Distribuzione del castagno da frutto in provincia di Viterbo.

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in maniera chiara l'andamentocrescente dei prezzi di entrambele produzioni.

Può essere interessante con-frontare l'andamento dei prezzidelle castagne e dei marroni conquello di altri prodotti agricoli vi-terbesi. La tabella che segue per-mette di realizzare questo con-fronto. Essa riporta il valore as-sunto dagli indici dei prezzi realipagati agli agricoltori per vari

prodotti in provincia di Viterbon e l p e r i o d o 1 9 9 1 - 2 0 0 3(CCIAA). Questi indici sono ri-costruiti deflazionando i prezzipagati ogni anno agli agricoltoriper ogni prodotto e rapportandoquesti valori a quello assunto dalbene nel 1991. La costruzione diquesti indici rende confrontabilile tendenze di prezzi di prodotti icui valori hanno ordini di gran-dezza molto diversi tra loro.

L'analisi dell'evoluzione diquesti prezzi è resa più immedia-ta dalla trasposizione di quelle se-rie in forma grafica e dall'aggiun-ta della retta di regressione cheproietta la tendenza di fondo deiprezzi nel periodo in esame (figu-ra 5). Il grafico mostra, dunque, ilconfronto tra la situazione dellecastagne e dei marroni e la situa-zione delle nocciole. È facile co-statare che anche quest'ultimo

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Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

Fig. 4 - Prezzi reali di marroni e castagne.

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

Castagne 1,00 1,25 0,68 1,41 1,13 1,29 1,15 1,10 0,92 1,42 1,11 1,64 1,28

Marroni 1,00 1,10 0,77 1,50 1,31 1,48 1,40 1,02 0,92 1,35 0,92 1,73 1,29

Uva DOC 1,00 0,91 0,84 0,77 0,93 0,90 1,20 1,05 1,10 1,22 1,10 0,96 1,19

Nocciole 1,00 0,80 1,44 1,29 1,13 0,99 1,62 1,25 1,15 1,28 0,98 0,76 1,13

Olio extra vergine 1,00 0,91 0,86 0,80 0,85 0,89 0,81 0,79 0,78 1,02 1,07 1,08 1,08

Grano duro fino 1,00 0,93 0,88 0,78 0,99 0,70 0,91 0,61 0,61 0,56 0,73 0,63 0,64

Tab. 12 - Indici dei prezzi reali pagati agli agricoltori in provincia di Viterbo (1991=1,00).(Fonte: listino dei prezzi all'ingrosso CCIAA provincia di Viterbo).

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prodotto mostra un recupero del-le sue quotazioni rispetto all'ini-zio del periodo. L'incremento deiprezzi reali è, però, meno consi-stente di quello delle castagne edei marroni, le cui quotazioni del

2003 sono cresciute del 28 e del29% rispetto all'inizio del perio-do, contro il 13% delle nocciole.Ciò che, però, è più interessante èche, a differenza di quanto avvie-ne per le castagne ed i marroni, la

tendenza dei prezzi delle noccioleappare di declino, anche se que-sto potrebbe essere frenato o ad-dirittura capovolto dalle quota-zioni che si registreranno que-st'anno.

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Fig. 5 - Indici dei prezzi reali di castagne, marroni e nocciole.

Fig. 6 - Indici dei prezzi reali di castagne, marroni e uva da vino DOC.

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Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

Fig. 7 - Indici dei prezzi reali di castagne, marroni e olio extravergine.

Fig. 8 - Indici dei prezzi reali di castagne, marroni e grano duro.

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Per l'uva da vino DOC (figura6) c'è un recupero dei prezzi realidovuto all'aumento nella secondafase del periodo, quando le quo-tazioni si sono riprese rispetto al-la depressione del primo quin-quennio degli anni novanta. Que-st'andamento non è omogeneoper tutte le uve DOC e, per con-tro, vi sono uve non DOC i cuiprezzi aumentano in maniera rile-vante. In ogni modo la ripresaporta l'ultimo prezzo osservatodell'uva DOC ad un valore del19% più alto rispetto al prezzodel 1991, contro il 29 ed il 28% dimarroni e castagne.

I prezzi dell'olio d'oliva extravergine (figura 7), dopo un lungoperiodo di stagnazione mostranoun recupero negli ultimi anni chesi deve al calo dell'offerta in mol-te aree produttive. Anzi, nell'ulti-mo anno il crollo della produzio-ne viterbese è stato tale che l'au-mento dei prezzi non ha compen-sato gli effetti della riduzione del-le vendite. In ogni modo, pur con-siderando la ripresa dei prezzi èevidente che questa è molto con-tenuta rispetto agli inizi del perio-do.

Continua la discesa dei prezzidel grano duro, giunti al 64% delvalore del 1991 (figura 8). Perquesti ultimi due prodotti va an-che considerata l'evoluzione delleintegrazioni comunitarie. È peròchiaro che, a fronte di una pro-spettiva di riduzione di questi pa-gamenti, il mercato riesce a ga-rantire un apporto sempre menosoddisfacente alla redditivitàaziendale.

Si può concludere che i prezzipagati agli agricoltori della pro-vincia di Viterbo per marroni ecastagne sembrano mantenere li-velli d'interesse, contrastando lacaduta tendenziale che affligge, ein modo consistente, buona partedelle produzioni agricole viterbe-si e nazionali.

4.2 Fattori che sostengono lequotazioni e la redditività dellacastanicoltura viterbese

Vari tipi di fattori contribuisco-no a sostenere i prezzi e la reddi-tività della castanicoltura viterbe-

se. Tra quelli che appaiono piùimportanti si possono indicare ilmiglioramento della qualità delprodotto e l'avanzamento tecno-logico della produzione, la cresci-ta delle imprese locali che opera-no nella commercializzazione, latenuta, e per certi versi l'evoluzio-ne, della domanda finale dei pro-dotti. Sul primo dei tre aspetti gliincontri con i tecnici che operanonel settore hanno indicato chenell'ultimo decennio la coltivazio-ne dei castagneti viterbesi ha mo-strato notevoli miglioramenti nel-le tecnologie di difesa e di raccol-ta del prodotto. Pure se con impli-cazioni ambientali controverse, sipuò affermare che l'innovazionetecnologica ha permesso di mi-gliorare la qualità del prodotto ri-spetto ali standard commercialisulla presenza dei vari tipi di at-tacchi parassitari. Questo svilup-po tecnologico è stato stimolatodagli alti prezzi del prodotto edalla contiguità con l'altro impor-tante settore produttivo viterbesedella corilicoltura. Molti castani-coltori possiedono, infatti, ancheimpianti di nocciole e seguono leindicazioni dell'assistenza tecnicain tema di concimazioni, lotta aiparassiti e raccolta del prodotto.Si è quindi determinato un feno-meno di osmosi con il trasferi-mento dello sviluppo tecnologicoavvenuto in ambito corilicolo ver-so la produzione castanicola (Ga-sbarra). Questa diffusione delleinnovazioni tecnologiche è statapoi determinata, probabilmentein buona misura, anche dalla pre-senza dell'attività di ricerca, for-mazione e divulgazione svolta dairicercatori della Facoltà d'Agra-ria. Come si dirà meglio dopo,quest'attività ha permesso di otte-nere risultati di rilievo nell'alleva-mento, la difesa, la raccolta e ilcondizionamento dei prodotti ca-stanicoli.

Un altro fattore di rilievo è da-to dallo sviluppo delle imprese lo-cali impegnate nella prima com-mercializzazione delle castagne edei marroni. Fino a venti anni fale imprese viterbesi impegnatenel primo condizionamento diquesti prodotti li cedevano adoperatori nazionali, del sud Italiao di altre zone del centro - nord,

oppure lo trasportavano per con-to di questi stessi soggetti versogli impianti di lavorazione o imercati all'ingrosso (Panunzi;Mariani). Ciò determinava il tra-sferimento d'importanti porzionidel valore aggiunto associato allavendita delle castagne e dei mar-roni verso altri territori. L'attualegenerazione di quegli operatoriha invece intrapreso una stradaautonoma, conferendo i prodottiad imprese che lo lavorano e locommercializzano su vasta scala,oppure impegnandosi diretta-mente nella vendita del prodottofresco suoi mercati all'ingrosso. Visono anche casi d'innovazione delprocesso e del tipo di prodottoimmesso sul mercato. I primi sisono sviluppate anche grazie aglieccellenti rapporti di collabora-zione con l'Università della Tu-scia e hanno permesso di gestiremeglio le fasi di conservazionedei prodotti, in particolare adot-tando metodi innovativi per laconservazione basati sull'atmo-sfera controllata e sulla criocon-servazione. Tutto ciò ha permessodi sfruttare in maniera più ade-guata gli spazi di mercato. Le in-novazioni di prodotto hanno per-messo di articolare l'offerta esfruttare alcuni degli spazi di va-lorizzazione legati ai prodotti del-la quarta gamma, cioè prodotti ta-gliati, preparati e lavati (nel casodi marroni e castagne anche arro-stiti e surgelati), migliorando an-che la qualità delle confezioni.Anche quest'altro elemento haconsentito di espandere gli spazidi mercato, affiancando alle tradi-zionali vendite nel continenteamericano, importanti correntid'esportazione verso i paesi asia-tici, in particolare il Giappone.Questi cambiamenti, espandendogli spazi di mercato della castani-coltura viterbese, hanno avuto uneffetto notevole nel sostenere iprezzi pagati agli agricoltori deiCimini (Mariani). La presenzad'imprese di prima commercializ-zazione radicate sul territorio einteressate alle sue produzioni,sta inoltre permettendo alla pro-duzione locale di confrontarsi inmaniera più consapevole e menosubalterna con l'offerta prove-niente dalle aree che operano con

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costi più bassi.Un terzo elemento riguarda la

domanda del prodotto che sem-bra tenere ad un livello di quota-zioni alto più di quanto non acca-da per altri prodotti agricoli checome le castagne sono stati tradi-zionalmente consumati per l'ap-porto energetico fornito. Ciò sideve al fatto che le motivazioniper il consumo del prodotto si so-no modificate e, allentati i legamicon le necessità nutrizionali, han-no assunto la funzione di rievoca-re un rapporto dell'individuo conambienti naturali di tipo boschivoo forestale (Mariani, Panunzi, Pa-lozzi). In questo quadro il consu-matore compie i suoi acquistidando peso anche alla provenien-za del bene. In particolare prefe-risce i prodotti che hanno originein ambienti ritenuti poco conta-minati e certamente protetti daglisviluppi della società moderna,oltre che integrati in un quadrosociale e culturale di tipo rurale epiù tradizionale. Il consumo dellecastagne e dei marroni dei Ciminiha questa capacità rievocativa so-prattutto per i consumatori chevivono nella Capitale, molti deiquali hanno modo di conoscereed apprezzare la dimensione am-bientale, paesaggistica e socio-cul-turale dei territori viterbesi. Losviluppo del turismo e della mo-bilità ha, però, diffuso questa ca-pacità di quei prodotti anche perindividui provenienti da altre par-ti d'Italia e del Mondo. Anzi, que-sta capacità rievocativa si è am-plificata espandendosi oltre lasuggestione del legame con l'am-biente dei Monti Cimini. Infatti,soprattutto i turisti stranieri, sag-giato il consumo delle caldarrostenelle visite alla Capitale, sono in-teressati ad acquistare castagne emarroni associandone il consumoa quell'esperienza (Mariani). Lacapacità di associare il nome deiCimini al consumo di caldarrostenella Capitale e, magari, all'espe-rienza di una visita nel nostro ter-ritorio, può dunque agire da vali-do supporto alla vendita delle ca-stagne e dei marroni nei paesi diprovenienza di quei turisti.

5. LA REDDITIVITÀ DELLAC A S TA N I C O LT U R A DAFRUTTO NEI MONTI CIMINI

La produttività degli impianti ei prezzi delle castagne e dei mar-roni, contribuiscono a determina-re una buona redditività delleaziende castanicole dei Cimini.Queste presentano inoltre un as-setto strutturale migliore di quel-lo degli altri territori regionali in-teressati a questa produzione. Laloro dimensione è, infatti, mag-giore di quella che si rileva nellezone castanicole delle province diRieti e di Roma. Emerge dunqueil quadro di un'area rivolta ai seg-menti del mercato più interessatialla qualità e, più delle altre dellostesso comparto, appare attrezza-ta a sostenere la competizionecommerciale. Emerge poi, che ilcomparto oltre a beni di consumoapprezzati dal mercato, contribui-sce anche a realizzare qualità am-bientale. Si tratta quindi di un ca-so d'interesse, su cui si sono svol-te varie analisi per valutarne laredditività nelle attuali condizionidi mercato e in alcuni scenari dievoluzione dei prezzi e del siste-ma fiscale agricolo. A tal proposi-to, di recente si sono valutati i bi-lanci economici di varie tipologieaziendali che rappresentano i si-stemi produttivi più diffusi nei Ci-mini (Dono). L'esame è svolto suun indice che rapporta il redditoaziendale effettivamente ottenu-to, al reddito che le risorse azien-dali avrebbero potuto conseguirese impegnate in altre attività,comparabili per rischio ed esigen-ze tecnologiche e professionali(IRN). Valori d'IRN maggiori diuno indicano che l'azienda, alme-no in media, compensa le sue ri-sorse meglio di quanto non possaconseguire nelle più immediatedestinazioni alternative. Valori in-feriori ad uno segnalano un qua-dro di difficoltà, dove l'impiegoaziendale remunera le risorse del-l'impresa in modo insufficiente secomparato alle valutazioni di co-sto opportunità.

L'analisi sulle aziende rappre-sentative della produzione dei Ci-mini mostra che quasi tutto il lororeddito si deve alla vendita sulmercato e che la dipendenza dai

contributi pubblici è molto limita-ta. Il valore della produzione ven-duta, infatti, rappresenta da 89 a96% degli introiti. In questo qua-dro il castagno mostra una dipen-denza ancora minore dagli aiutipubblici poiché, molto più delnocciolo e dell'olivo, determina ilsuo introito con le vendite sulmercato. La tabella che seguecontiene gli indici di reddito net-to, IRN, con cui si possono valu-tare i risultati economici dellequattro aziende rappresentative.

Dall'analisi della tabella 13 èfacile notare che il valore di IRNnei modelli aziendali rivela unasituazione soddisfacente in ognu-na delle quattro tipologie. La red-ditività maggiore è nell'aziendaspecializzata, che presenta un va-lore prossimo a due. La tabella ri-porta anche il valore degli indiciottenuti dopo aver sottratto lasomma dei pagamenti comunitari.È facile costatare che la redditi-vità delle aziende resta soddisfa-cente anche senza questi sussidi,indicando che le imprese delcomparto dipendono meno dagliaiuti pubblici di quanto non acca-da nel resto dell'agricoltura viter-bese (Dono). In questo quadro laposizione della tipologia più pic-cola a conduzione biologica appa-re quella più difficile. Senza i pa-gamenti del 2078 essa si avvicine-rebbe molto alla soglia di un red-dito alle risorse inferiore ai valorialternativi previsti nello studio.La redditività dell'azienda mistasarebbe anch'essa alquanto erosadall'eliminazione dei sussidi, conil calo relativo più cospicuo nelvalore degli indicatori. In tal caso,però, la riduzione del reddito sa-rebbe solo a carico della coltiva-zione di nocciole poiché, comedetto, l'azienda non usufruisce dipagamenti pubblici a sostegnodella castanicoltura.

Questi risultati sono stati otte-nuti con i prezzi dei marroni edelle castagne desunti dal bollet-tino della Camera di Commerciodi Viterbo per l'annata '98/99.L'analisi è stata svolta anche con iprezzi più bassi rilevati nell'ulti-mo quindicennio che sono infe-riori del 20% per i marroni e del11,5% per le castagne La tabella14 riporta i risultati ottenuti con i

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Foto da Archivio Dipartimento GEMINI, Univ. Della Tuscia.

Foto da Archivio Dipartimento GEMINI, Univ. Della Tuscia.

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nuovi prezzi e mostra che l'azien-da grande specializzata è quellache risente di più del calo deiprezzi poiché ricava una partemaggiore del suo reddito dallevendite sul mercato.

L'altro dato interessante ri-guarda il valore degli indicatori diredditività che resta in ogni casosuperiore ad uno, mostrando chele aziende riescono ancora a con-seguire redditi soddisfacenti.Questi valori sono, però, scesi inmodo rilevante e, nel caso dell'a-zienda più piccola a conduzionebiologica, si avvicinano molto allasoglia che segnala una redditivitànon sufficiente. Il calo dei prezzirende le aziende più dipendentidalla contribuzione pubblica. Sen-za questi pagamenti, infatti, leunità biologiche più piccole noncompensano adeguatamente i ca-pitali investiti e anche le tipologiemiste conseguono un saggio difruttuosità del capitale che è cer-tamente basso, 5,4%, per impreseche investono ai livelli indicati. Intali condizioni possono innescarsiprocessi di disinvestimento chepotrebbero essere anche perico-losi per la qualità generale delprodotto. Altre analisi hanno ri-guardato lo sviluppo del sistemafiscale in agricoltura che, nel futu-ro immediato, applicherà il regi-

me generale IVA alle aziende confatturato superiore a 40 milioni dilire e adeguerà l'aliquota IRAP allivello ordinario del 4,25%. Sonostate svolte simulazioni sulla pie-na applicazione del nuovo siste-ma fiscale che hanno mostrato unimpatto relativo maggiore suiredditi dell'azienda specializzata.Sono, però, gli indici delle altredue unità che in termini assolutisi avvicinano di più alla soglia diuna redditività insufficiente, dacui restano lontani solo grazie al-l'erogazione degli aiuti pubblici.In tali condizioni, la dipendenzadi queste aziende dai pagamenticomunitari tenderà, dunque, acrescere. La combinazione deidue scenari, il calo dei prezzi e lapiena applicazione del regime fi-scale, amplifica le tendenze deli-neate sopra. In particolare, l'ap-plicazione piena del nuovo regi-me fiscale in una situazione diprezzi bassi per castagne e marro-ni spinge gli indici delle unitàaziendali più piccole e di quellegrandi non specializzate verso lasoglia di una redditività insuffi-ciente. In tali condizioni la dipen-denza di queste aziende dagli aiu-ti pubblici inizia ad essere consi-stente. Ciò suggerisce che posso-no innescarsi processi di disinve-stimento pericolosi per le loro im-

plicazioni sullo scadimento quali-tativo del prodotto. D'altra parteindica che col 2078 si sono effetti-vamente sostenute attività le cuiricadute ambientali sono moltopositive: l'estensione della misuraA3 ai castagneti da frutto è stataquindi opportuna.

In definitiva, la castanicolturada frutto è un comparto d'interes-se perché contribuisce a produrrequalità ambientale di enormepregio e lo fa senza ricevere aiutipubblici sostanziali. Le funzionidi produrre reddito e tutelarel'ambiente sono assolte con risul-tati economici soddisfacenti perle aziende coinvolte. Questi di-pendono soprattutto dalle ottimequotazioni che il prodotto dell'a-rea riesce a spuntare sui mercati.È importante mantenere la voca-zione della castanicoltura da frut-to dei Monti Cimini a produrrebeni di qualità, fornendo assisten-za qualificata alle imprese e igno-rando quello che può apparire unparadosso, ossia un forte impegnodi ricerca pubblica a favore di unsettore ricco. L'effetto di un di-simpegno delle aziende dalla pro-duzione di beni di qualità potreb-be, infatti, essere esiziale per gliequilibri ambientali dell'area. Percompensare la riduzione dei red-diti dovuta al calo dei prezzi sa-

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Piccola

biologica Piccola

convenz.

Grande specializzata

biologica

Grande mista

convenz.

Saggio di remunerazione del capitale 7,7 9,0 14,7 12,5

Indice di reddito netto - IRN 1,34 1,43 1,88 1,80

IRN senza sussidi pubblici 1,16 1,32 1,72 1,48

Tab. 13 - Indicatori di redditività delle aziende castanicole rappresentative.

Piccola

biologica Piccola

convenz.

Grande specializzata

biologica

Grande mista

convenz.

Variazione % reddito netto aziendale -13,0 -14,2 -18,6 -12,7

Indice di reddito netto – IRN 1,17 1,22 1,53 1,58

IRN senza sussidi pubblici 0,99 1,12 1,37 1,25

Tab. 14 - Variazioni di redditività delle aziende castanicole rappresentative con prezzi bassi.

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rebbe richiesto un forte aumentodegli aiuti pubblici che appare deltutto improbabile e, in ogni caso,se avvenisse, renderebbe le azien-de dipendenti da scelte politicheche non riescono a condizionare.

6. ASPETTI TECNICI DELLAC A S TA N I C O LT U R A D E IMONTI CIMINI

Si è detto in precedenza che lacoltivazione e la produzione ca-stanicola del viterbese hannocompiuto notevoli progressi gra-zie all'evoluzione tecnologica deimetodi adottati per la difesa, laproduzione, la raccolta ed il con-dizionamento adottati nel territo-rio dei Cimini. Questo sviluppo sideve alla contiguità con la produ-zione del nocciolo, che negli ulti-mi anni è stata fortemente assisti-ta da una rete di tecnici privati edelle Associazioni di Produttori, esi deve al ruolo svolto dall'Uni-versità con le attività di ricerca incampo agricolo e forestale. Si puòtratteggiare l'essenza di questoruolo descrivendo sinteticamentealcuni dei problemi affrontati da-gli studiosi dell'Ateneo viterbese.In particolare, ci si può sofferma-re sugli studi che hanno avuto co-me oggetto le cultivar locali, ilcontrollo delle fitopatie e degliattacchi di parassiti, la raccoltameccanizzata e il condizionamen-to, la conservazione e la trasfor-mazione dei prodotti.

6.1 Cultivar locali

Il castagno europeo, Castaneasativa (C.Vulgaris Lam. o VescaGaertn), è assai longevo e vigoro-so e raggiunge i 30 metri di altez-za. Le foglie coriacee e caduchesono lanceolate con margine se-ghettato, pagina superiore verdescuro ed inferiore più chiara. Ifiori sono unisessuali; i maschilisono riuniti in amenti lunghi 10-30 cm; le infiorescenze femminili,inserite nella parte apicale, rac-chiudono in genere 1-3 fiori e so-no protette da brattee che dannoorigine al riccio. Ogni riccio con-tiene da una a tre castagne. L'an-tesi viene a Giugno ed i frutti ma-turano dopo tre quattro mesi.

Il frutto del castagno (achenio)presenta una buccia coriacea (pe-ricarpo) di colore variabile dalrosso mattone al marrone scuroal di sotto della quale vi è unapellicola rosata (episperma) cheracchiude la parte edule (seme). Ifrutti sono di pezzatura variabile,in genere per il castagno europeoil numero per chilogrammo variada 30 a 200 in funzione della cul-tivar.

Dal punto di vista nutrizionaleindagini condotte dall'IstitutoNazionale della Nutrizione hannodimostrato che la castagna euro-pea presenta un ridotto contenu-to di proteine, lipidi e fibra, scarsapresenza di sali minerali ed eleva-to contenuto di glucidi, amido evitamina B2 e PP.

Le cultivar di castagno più dif-fuse nel territorio dei Monti Ci-mini sono le seguenti:- MARRONE PRIMATICCIO(Primaticcio, Premutici, Prismatico).

Giunge a maturazione nella se-conda decade di Settembre. E'diffuso soprattutto nei comuni diCarbognano e Vallerano. Portanel riccio uno o due frutti. Il frut-to unico di forma globosa ha pez-zatura anche inferiore a 55. I frut-ti doppi hanno forma emisferica epezzatura vicina a 60-65. Il peri-carpo si sbuccia facilmente, l'epi-sperma è approfondito nel seme.Leggera percentuale di frutti set-tati. La polpa è dolce con buonecaratteristiche organolettiche, macomunque inferiore al MarroneFiorentino. La caduta dei frutti sicompleta in due settimane.- MARRONE FIORENTINO(Viterbese, Marrone).

Comincia a maturare circa 25giorni dopo il Primaticcio. Diffusoovunque sul territorio provincia-le. Porta 1 o 2 frutti per riccio. Pe-ricarpo ed episperma si staccanocon molta facilità dal seme. Si ri-leva il 4-5% di frutti settati. Otti-me le caratteristiche organoletti-che e la resistenza ai processi in-dustriali. La caduta dei frutti èconcentrata in 10 giorni. In basealla pezzatura abbiamo:

- 52-58 Prima scelta (Fiorone oMarrone). Destinato alla trasfor-mazione industriale.

- 62-80 (Mezzana o Marron-cella). Destinato al consumo fre-

sco nazionale o estero.- > 90 (Romanella o Marron-

cino). Destinato al consumo fre-sco soprattutto locale.- CASTAGNA (Maschia).

Matura 10 giorni dopo il pri-maticcio. Il riccio contiene quasisempre 3 frutti di pezzatura me-dia 65-75. Pericarpo ed epispermasi staccano con difficoltà. Polpadolce e saporita. Viene vendutofacilmente sia per il consumo fre-sco che per l'industria, in quantosi presenta presto sul mercato. Lacaduta dei frutti si prolunga per15-20 giorni. Altre cultivar di ca-stagna presenti nella zona sono:Luciana, Bastarda Grossa o FintoMarrone (Tardiva) e Selvatico.

6.2 La difesa dagli insetti parassiti

Il gruppo di studiosi di ento-mologia forestale della Facoltà diAgraria compie ricerche sul bala-nino da più di dieci anni e anno-vera tra i massimi esperti in mate-ria. Al Congresso Internazionalesul Castagno, tenutosi in ottobrein Portogallo, gli entomologi vi-terbesi saranno gli unici presenti(Paparatti e Speranza). I loro stu-di hanno evidenziato che nell'a-rea dei Monti Cimini da qualcheanno sono presenti due specie:quella classica, con un'infestazio-ne pari al 5%, ed una specie chedi solito colpisce la quercia (im-portata a Valleranno a causa diuna partita proveniente da Avelli-no) con un'infestazione del 95%.

Il balanino colpisce le castagnee non i marroni. I problemi dellalotta a questo insetto sono l'indi-viduazione di un principio attivoefficace e di una tecnica di cam-pionamento adeguata a determi-nare una soglia d'intervento. Lamigliore tecnica di campionamen-to rimane in questo momento loscuotimento degli alberi all'albacon il consiglio di trattare qualoraci siano almeno due femmine conuova. Purtroppo questo sistemasottostima la reale presenza del-l'insetto. Tecniche di campiona-mento alternative stanno dandobuoni risultati ma sono ancora infase sperimentale.

Un'altra difficoltà nella lotta albalanino è data dal tempo limato

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in cui si può combattere quest'in-setto. Il balanino ha, infatti, unasola generazione l'anno e, quindi,si può intervenire solamente trametà Agosto e metà Ottobre,quando gli adulti escono dal ter-reno e le femmine ovidepongonodanneggiando le castagne.

Uno dei pochi aspetti positivi èla limitata mobilità dell'insetto.Sullo stesso appezzamento si ri-scontrano piante sempre infestatee piante poco o per niente colpite,pertanto si può affermare che ilbalanino si sposta poco. In mediasu un ettaro con 100 piante, 10-15presentano un'infestazione del95%, ovvero il 95% dei frutti èmalato.

Vista la resistenza del balani-no, la lotta per dare buoni risulta-ti deve essere diversificata. Finoad ora i risultati migliori, cioè ildimezzamento dell'infestazione,si sono ottenute grazie al posizio-namento a terra, per tutto il rag-gio coperto dalla chioma, di retiche impediscono sia la risalita de-gli adulti che la discesa delle lar-ve, le quali entrano in stress appe-na dopo un'ora dal mancato rag-giungimento del terreno. Le retipiene di larve vengono facilmenteripulite grazie ad uccelli o galline.Purtroppo questo metodo è mol-to costoso, sia per le reti, sia per laloro gestione. Anche se l'utilizzodelle reti e dei teli ha dato buonirisultati a livello sperimentale, icastanicoltori non le utilizzanoperché:

- pensano che il trattamentochimico sia più rapido, efficace edeconomico;

- teli e reti comportano mag-giore impiego di manodopera;

- impedisce la raccolta mecca-nica.

I teli coprono circa 130 mq l'u-no, costano circa 200 € e ne servo-no 5-10 ad ettaro.

Un'altra accortezza molto im-portante per ridurre il livello d'in-festazione è la raccolta totale (siameccanica che a mano), "a puli-re", in modo anche le castagnemalate non rimangano sul terrenofavorendo il contatto tra insetto eterreno. Questa pratica limitereb-be anche la diffusione del Maldell'inchiostro.

Le larve penetrano il terreno

solo per 10-15 cm, ma purtroppouna lavorazione superficiale pereliminarle non è possibile inquanto il castagno ha un distesoapparato superficiale.

Altre prove sperimentali si so-no concentrate sull'utilizzo di ne-matodi selezionati per il freddo,ma il costo è stato elevatissimo(2.500 €/ha) e il risultato scarso.E' stato provato anche l'impiegodi un fungo, ma con risultastioscillanti e la controindicazionedi alterare la microflora.

I trattamenti chimici sono ef-fettuati sulle chiome da fine Ago-sto (dipende dalla stagione) percolpire gli adulti. Sono stati pro-vati diversi pesticidi per i qualisono stati riscontrati i seguenti ri-sultati:

- Parathion: impatto ambienta-le elevatissimo;

- Malathion: inefficace;- Carbaril e Fenetotraion: aca-

ro-stimolatori.Attualmente sono in prova due

principi attivi non registrati per ilcastagno. La lambda cialdrina (pi-retroide di sintesi, potenzialmenteacaro stimolante) è stata autoriz-zata dalla Conferenza dei Servizie ha dato buoni risultati. Il pro-blema è che è al limite di legge,visto che il Sindaco dovrebbe au-torizzarne l'uso solo in casi ecce-zionali. Il rotenone, che può esse-re utilizzato in biologico, ha datorisultati discreti, comunque infe-riori al principio attivo di sintesi.Inoltre il rotenone è difficile dasomministrare se in forma polve-rulenta (poco solubile) ed è trop-po forte (altro impatto ambienta-le) nelle nuove forme solubili.

L'ultima questione legata aitrattamenti chimici è il momentoin cui cominciare a trattare. Trop-po spesso i produttori comincianogià nel mese di Luglio, quando inrealtà gli adulti di balanino nonsono ancora presenti. Per questomotivo è fondamentale continua-re a lavorare per la determinazio-ne di una soglia economica d'in-tervento.

Per un risanamento efficace bi-sogna opera in un territorio am-pio per almeno 10 anni, questoperché alcune larve di balanino,circa il 6%, vanno in diapausaprolungato svernando 2-3 anni

dopo. Anche se nei castagneti lo-calizzati ad altitudini superiori ai600 m si è riscontrata un'infesta-zione decisamente minore, ancoranon si è provato scientificamenteche il balanino non attacca ad ele-vate altitudini.

Attenzione ad una possibile fu-tura infestazione a causa di unimenottero proveniente dalla Ci-na (già presente a Cuneo).

6.3 La difesa dalle malattie fungine

Il prof. Anselmi opera sulleproblematiche fitopatologiche delcastagno. Un progetto che egli hapresentato alla provincia, senzaottenere le risorse per realizzarlo,riguarda lo studio della diffusionedel mal dell'inchiostro (Phytoph-tora cambivora) sui castagneti delviterbese (sia cedui che fustaie). Ilprogetto mirava a fornire un qua-dro completo sulla diffusione e lalocalizzazione di questa malattianell'area castanicola dei Cimini.Avere informazioni sull'esattoareale di questo patogeno avreb-be permesso di programmare igiusti interventi che, se eseguiti inmaniera corretta e tempestiva,potrebbero consentire di evitarela morte delle piante. Le piantecolpite dal mal dell'inchiostro, in-fatti, soffrono un rallentamentovegetativo e mostrano una chio-ma più rada e più ingiallita dellepiante sane, in tal modo sono fa-cilmente individuabili con foto-grafia aerea.

Gli attacchi di questa malattiasi verificano con maggior facilitàsui suoli umidi, piuttosto declivi enei quali scorre acqua. L'acqua è,infatti, il principale vettore dellamalattia. Contatti con flussi d'ac-qua o con fango in cui è presentel'inoculo del patogeno possonocausare una facile diffusione delmal dell'inchiostro, che si espandenella pianta dall'apparato radica-le e risale lungo il cambio.

Uno dei sistemi per prevenireil diffondersi della malattia consi-ste nell'evitare di entrare nel ca-stagneto nei primi due giorni suc-cessivi alle piogge (specialmenteprimaverili ed autunnali). Anchel'asportazione della pianta e delsuo apparato radicale è un meto-

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do preventivo efficace. E' fonda-mentale in ogni caso intervenirein tempo sulla pianta, appenacompaiono i primi sintomi dellamalattia, con potature attente.Anche il drenaggio del suolo euna maggiore cura del terreno so-no utili.

Rispetto ad altre patologie checolpiscono il castagno, però, il maldell'inchiostro non è tenuto nelladebita considerazione dagli agri-coltori e dalle organizzazioni delsettore. Ciò probabilmente si col-lega al tipo di danno che subisceil frutteto. Nel caso di insetti e dialtre patologie che colpiscono ilfrutto i danni economici sono, in-fatti, rilevabili ed avvertibili nelbreve periodo. Nel mal dell'in-chiostro, al contrario, i danni nonsono immediatamente visibili. Nellungo periodo, però, una moriadiffusa potrebbe causare danni alivello idrogeologico e paesaggi-stico di entità notevolmente mag-giore.

A livello locale, oltre al mar-ciume radicale, si ha la diffusioneanche del cancro corticale del ca-stagno (Cryphonectia parasitica)che però è tenuto maggiormentesotto controllo. Potatura e sceltadell'innesto sono importantissimeper il cancro. Allo stesso modo bi-sogna evitare di utilizzare mate-riale vivaistico dalla dubbia pro-venienza.

6.4 Meccanizzazione della coltura

Il settore Meccanica del Dipar-timento Gemini è composto datre docenti, i professori PaoloBiondi, Danilo Monarca e Massi-mo Cecchini. In questi ultimi annihanno proposto e portato avantialcuni specifici programmi di ri-cerca in collaborazione con Entilocali (ARSIAL e Provincia) econ altri dipartimenti dell'Ateneo(DEAR, DiProP e DISTA).

Il principale obiettivo delle ri-cerche è quello di identificare so-luzioni tecnologiche capaci di va-lorizzare la produzione del casta-gno da frutto, arginando nel con-tempo il fenomeno dell'abbando-no della coltura. Tali soluzioni do-vevano essere in grado di:

• ridurre i costi di raccolta;

• consentire di superare la at-tuale scarsità di manodoperanella zona;

• garantire la qualità del rac-colto (castagne e marroni);

• ridurre l'impatto sull'ambien-te, evitando al massimo i trat-tamenti con principi attivi disintesi per il controllo del ba-lanino, che infesta molte areecastanicole.

A tal fine sono state messe apunto, a partire dai due modellipiù interessanti realizzati da offi-cine meccaniche locali, due mac-chine raccoglitrici in grado di sod-disfare questi obiettivi. È parsosubito chiaro come il principaleproblema connesso all'introdu-zione di nuovi cantieri di raccoltameccanizzati non consisteva tantonell'aumentare la capacità di rac-colta delle macchine stesse, quan-to nell'evitare o rendere econo-micamente compatibili i dannimeccanici arrecati dalle macchinealla frutta stessa. Nelle prove diraccolta si sono misurate capacitàdi lavoro da 500 ad oltre 1.000kg/h con le due semoventi.

Il livello complessivo di danno,a seguito delle modifiche appor-tate, attesta a valori vicini al 2,5%per entrambi le macchine. Si trat-ta per lo più di leggere abrasionidel pericarpo, che non influisconosull'aspetto esteriore e sulla qua-lità commerciale del prodotto. Vasottolineato che comunque le ca-stagne sono soggette nella fasesuccessiva alla raccolta a movi-mentazione meccanica ed a cali-bratura con vagli rotativi.

Per valutare il grado di conser-vazione a medio termine dei frut-ti soggetti alla tradizionale "cura-tura" si sono svolti nei diversi an-ni alcuni test in laboratorio. Leanalisi colorimetriche su castagnesane prelevate dalle diverse tesihanno mostrato una sostanzialeindifferenza, sia in termine di an-golo di colore che di indice di sa-turazione.

Il limite di queste macchine stanella loro "esportabilità" in alcu-ne realtà regionali, dove l'eccessi-va pendenza ed accidentalità puòlimitarne l'impiego. Le macchinedanno il massimo delle loro pre-stazioni su terreni non molto acci-dentati e con pendenze non supe-

riori al 20-25%. In alternativa sipuò pensare ad un impiego a pun-to fisso per la aspiratrice, even-tualmente nella versione trainata,utilizzando tubi manovrati a ma-no (di lunghezza superiori ai 20-25 m).

Il costo della raccolta manualesi attesta attualmente intorno acirca 0,4-0,5 €/kg, e può essere ri-dotto con le macchine sino ad unterzo, senza considerare inoltre ilpossibile riutilizzo, con piccolemodifiche, anche per la raccoltada terra di frutta in guscio (noc-ciole, noci e mandorle). Il puntodi pareggio si raggiunge per su-perfici di circa 10 ha, grazie allanotevole produttività delle mac-chine, che supera i 400 kg/h, conpunte oltre i 1.000 kg/h nei casta-gneti più pianeggianti e produtti-vi. Grazie a tali capacità di lavorosi può eseguire la raccolta in piùpassate, riducendo il tempo dipermanenza a terra con beneficisul la qual i tà del le castagne.Asportando da terra i frutti ed iricci è anche possibile, in zonecolpite dal Balanino, interveniresul ciclo di vita del curculionide,che deposita le sue larve nei frut-ti, e ridurne la infestazione.

Alla luce delle ricerche effet-tuate si può concludere che laraccolta meccanica, nella attualesituazione di carenza e di elevatocosto della manodopera, può rap-presentare per molte aree italianeuna soluzione in grado nei prossi-mi anni di mantenere dei discretimargini di reddito alla castanicol-tura da frutto, abbattendo in mo-do sostanziale i costi di raccoltasenza conseguenze sulla qualità esulla commerciabilità delle casta-gne raccolte.

6.5 Tecnologie per il condiziona-mento, la conservazione e lacommercializzazione del prodotto

Il prof. Massantini opera nelcampo della ricerca sulle tecnolo-gie per il condizionamento, laconservazione, la trasformazionee la commercializzazione dei pro-dotti agricoli. La sua indicazioneè che la raccolta meccanica, conle dovute accortezze e modifiche,è da preferire a quella manuale,

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giacché la qualità e la conservabi-lità del prodotto sono adeguata-mente garantite. Il danno è del 7-8% in più rispetto alla raccolta amano e ci possono anche essereproblemi legati alla trasmissionedi patogeni. C'è però un forte ri-sparmio di manodopera. Laddove8-10 persone effettuano una rac-colta a mano bastano 3-4 perquella meccanica. Nelle zone incui è impossibile fare la raccoltameccanica, per evitare i danni do-vuti alla caduta, si possono utiliz-zare delle reti sospese a 30-40 cmda terra da cui poi le castagnevengono raccolte manualmenteogni giorno.

Per valorizzare il prodotto sipotrebbe far rientrare la castagnanei prodotti della quarta gamma(già tagliati, preparati e lavati)migliorando la qualità delle con-fezioni. Si può usare un film pla-stico con atmosfera modificata(ossigeno, anidride carbonica eazoto) che scambia gas con l'e-sterno. Per prolungare il periododi stoccaggio post raccolta, bastamettere le castagne in celle frigo-rifere impermeabilizzate e con at-mosfera controllata (poco ossige-no e tanta anidride carbonica). Sele castagne sono ben curate pos-sono rimanere in cella senza alte-rare le loro proprietà per alcunesettimane.

E' importante notare che i va-lori di umidità, temperatura, ossi-geno e anidride carbonica ottima-li variano a seconda della varietàcolturale della castagna, quindisono necessarie delle ricerche chestabiliscano questi parametri perla varietà dei Monti Cimini.

7. LA COMMERCIALIZZA-ZIONE, IL MERCATO E LAVALORIZZAZIONEDEI PRODOTTI CASTANICO-LI VITERBESI:PROBLEMI ASSOCIATI AL-LA PRESENZA DI DUE DOP

Problemi della commercializ-zazione delle castagne e dei mar-roni dei Cimini riguardano la di-mensione degli impianti in cui lecastagne subiscono un primo con-dizionamento e, dopo le operazio-ni di calibratura e confeziona-

mento, sono destinate alla com-mercializzazione. In genere gliimpianti che operano nell'areadei Cimini sono piccoli, spessomancano di vasche di adeguatispazi per lo stoccaggio, con cellefrigorifere o ad atmosfera con-trollata (Mariani; Panunzi). D'al-tra parte avere a disposizione ca-pacità di stoccaggio e di conserva-zione è importante per competerein alcune fasi della campagnacommerciale. Alcuni operatoridella provincia di Avellino devo-no proprio a questa dotazione, ol-tre che alla disponibilità di enor-mi quantità di merce, la loro note-vole capacità competitiva (Maria-ni). Purtroppo un ampliamento diquesti impianti comporterebbeun investimento elevato da am-mortizzare in soli due mesi di la-voro l'anno. Sarebbe, inoltre, an-che difficile allungare il tempo diutilizzo dell'impianto continuan-do con le fasi di lavorazione suc-cessive, poiché la castagna deiMonti Cimini non è atta alla pela-tura e, pertanto, è utilizzata soloper il consumo fresco.

Per tutta questa serie di motivi,oltre che intervenire con investi-menti, sarebbe opportuno giunge-re ad una maggiore sincronizza-zione della raccolta con le esigen-ze degli impianti di condiziona-mento, stoccaggio e commercia-lizzazione del prodotto. In parti-colare, la raccolta dovrebbe esse-re resa più flessibile, ossia do-vrebbe essere adeguata alle diver-se condizioni della domanda che,a loro volta dipendono dalla si-tuazione climatica che si può ri-scontrare nel periodo autunnale(Panunzi). In sostanza la raccoltadovrebbe essere condotta in ma-niera scalare, permettendo l'af-flusso non simultaneo delle casta-gne e dei marroni agli impianti(Mariani; Panunzi). Raccoglierele prime castagne non appenaqueste sono disponibili e non at-tendere che tutte cadano permet-terebbe di entrare immediata-mente sul mercato. Ciò, da unaparte, consentirebbe di ottenere iprezzi più elevati e, dall'altra, per-metterebbe di contrastare megliole importazioni di prodotti preco-ci da altre zone d'Italia e da altripaesi, aiutando, dunque, a colloca-

re la produzione viterbese sulmercato nazionale.

Un'Associazione dei produtto-ri di castagne potrebbe essere lostrumento per affrontare il pro-blema della sincronizzazione trale esigenze della raccolta in cam-pagna e quelle degli impianti dicondizionamento e commercializ-zazione. Questa Associazione po-trebbe essere il tramite per con-trattare con gli operatori com-merciali locali un sistema di prez-zi differenti in base al momentodi consegna e alla qualità del pro-dotto (Mariani; Panunzi). L'Asso-ciazione dovrebbe anche essere iltramite per migliorare l'informa-zione sui problemi di natura tec-nica che coinvolgono la produzio-ne di castagne. Nonostante l'evo-luzione del mercato castanicolosia stata notevole, molti produtto-ri ignorano i metodi di prevenzio-ne, d'allevamento e potatura e lecure per le principali patologiedel castagno e, per questo, nonriescono a migliorare la qualitàdel prodotto, nonché i metodi e itempi di raccolta. La diffusione dimetodi di doppia raccolta, soste-nuta dall'Associazione, farebbemigliorare la qualità del prodotto,permettendo di commercializzarecastagne più fresche, renderebbepiù efficace l'azione di difesa, fa-cendo diminuire l'infestazione delBalanino, e farebbe allungare ilperiodo di prima lavorazione.L'Associazione potrebbe inoltrecontribuire ad animare, definire evigilare su una politica di garan-zia relativa all'autenticità dellaprovenienza del prodotto deiMonti Cimini. Ciò servirebbe acontrastare un tipo di frode che èmolto diffuso in questo settore, incui sovente accade che castagne emarroni provenienti da altri terri-tori sono presentate ai consuma-tori, nell'area della Capitale, maanche in quella della Tuscia, comeprodotto dei Cimini.

A tal proposito va rilevato cheproprio in questo territorio è sta-ta avanzata la richiesta per il rico-noscimento di due marchi DOP,di tutela della provenienza. Unaprima richiesta è venuta da parteun'organizzazione che rappresen-ta produttori localizzati principal-mente nel Comune di Valleranno;

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un'altra richiesta è venuta da par-te di un comitato di castanicoltoriche operano su tutto il resto delterritorio dei Monti Cimini. Ilprocesso di riconoscimento dellaDOP per le produzioni castanico-le di Vallerano è in una fase piùavanzata poiché è stato avviatoprima. La produzione castanicolain quel comune è, infatti, espostaad attacchi di balanino che sonomolto più virulenti di quanto ac-cada nel resto dei Cimini. Ciò hastimolato l'organizzazione deiproduttori locale in un'associazio-ne per la difesa del prodotto, chepoi si è impegnata anche per otte-nere il riconoscimento della DOPper le produzioni castanicole ot-tenute in quel comune. Gli agri-coltori che operano negli altripaesi dei Monti Cimini erano, ov-viamente, anch'essi sensibili allavalorizzazione del loro prodotto.Alcuni mesi dopo, con l'appoggiodella Comunità Montana, hannoavviato anch'essi la richiesta diuna DOP per la produzione ca-stanicola dei Cimini e, ovviamen-te, rappresentano superfici equantità di prodotto molto piùampie.

I problemi posti dalla presenzadi queste due richieste di ricono-scimento di DOP sono di variogenere. In primo luogo c'è la pos-sibilità che la forte contiguità ter-ritoriale e qualitativa delle produ-zioni interessate spinga l'UE afermare il processo di riconosci-mento, chiedendo di ricomporre idue progetti. Questa richiesta, senon è adeguatamente anticipatadal lavoro dei due comitati pro-motori, potrebbe allungare oltre-modo i tempi per l'ottenimento diun marchio di garanzia sulla pro-venienza delle produzioni casta-nicole dei Cimini. C'è ovviamentela possibilità che l'UE riconoscaentrambe le DOP castanicole deiCimini. In tal caso va, però, dettoche le caratteristiche dei prodottiottenuti nelle aree delle due DOPe quelle dei mercati verso cuiquesti si dirigono non sembranorendere ragionevole la prosecu-zione di questa dualità. Da unaparte, si pone, infatti, il problemadell'entità dei costi da sostenereper la vigilanza e la valorizzazio-ne del prodotto. In particolare, al-

cuni di questi costi saranno fissied è opportuno che essi non siscarichino su quantità limitate diprodotto, poiché in tal caso assu-merebbero un'incidenza unitariamolto elevata. In tal modo, infatti,si potrebbe rischiare che i castani-coltori non trovino favorevolecommercializzare le loro mercicon il marchio DOP e che si de-termini addirittura un restringi-mento delle possibilità di valoriz-zazione delle denominazioni pro-tette. Dall'altra parte si deve con-siderare che l'analisi del mercatoe delle attese dei consumatori peril prodotto dei Cimini, non fa rile-vare molto spazio o, addirittura,non indica motivazioni per lo svi-luppo di strategie separate di va-lorizzazione di quei prodotti. Inaltre parole non sembra esserciuna motivazione strategica perl'adozione di due marchi che siproporrebbero allo stesso pubbli-co di consumatori, probabilmenteaccrescendone cosi la confusione.

Naturalmente si pone in ognicaso il problema di quale strate-gia seguire per utilizzare il mar-chio DOP ai fini della valorizza-zione delle produzioni castanicoleviterbese. Ora, è chiaro che laDOP serve solo a certificare laprovenienza, l'origine del prodot-to. Questo elemento, però, pur senecessario, non è sufficiente a sti-molare o promuovere una mag-gior vendita del prodotto. A talproposito è invece necessario chel'apposizione di una DOP sia ac-compagnata da altre indicazioniche certifichino aspetti per i qualiesiste una sensibilità, o un interes-se specifico dei consumatori. Inparticolare, date le considerazionigià espresse sul significato assun-to dagli acquisti di castagne emarroni per i consumatori, è fon-damentale indicare che quei pro-dotti sono il frutto di ambienti na-turali, di bosco, in cui si praticanotecniche colturali a basso impattoambientale che, per di più, favori-scono la protezione di quegli am-bienti. Il profilo che deve dunqueassumere la castanicoltura di quelterritorio, è quello di un'attivitàsvolta senza particolari tratta-menti, nel rispetto di un'areale incui in castagno è integrato in unecosistema di grande qualità am-

bientale e paesaggistica, e ne co-stituisce la specie dominante. Lastrategia di promozione dovreb-be, quindi, mettere in risalto ilruolo ambientale della castanicol-tura dei Cimini e la natura dellosforzo compiuto dalle collettivitàlocali, volto più che ad aumentarela produttività fisica della coltiva-zione, a preservare e a conservareil bosco. In definitiva un progettodi promozione della castanicoltu-ra che voglia utilizzare un mar-chio DOP avrebbe senso solo sepienamente identificato con unprogetto di valorizzazione del ter-ritorio boschivo e rurale dei Ci-mini.

Un'Associazione di Produttoripotrebbe essere il fulcro di questoprogetto. Essa potrebbe, infatti,orientare gli agricoltori verso pra-tiche colturali coerenti con que-st'impostazione e, allo stesso tem-po, potrebbe spingere le sedi del-la politica regionale a definire mi-sure d'intervento che ne favori-scano lo sviluppo. È evidente chequeste misure, per essere coerenticol disegno appena tracciato, do-vrebbero basarsi sulla protezionedel patrimonio boschivo e fore-stale, e sulla diffusione e codifica-zione dei sistemi di coltivazione abasso impatto ambientale. Un in-tervento in questo senso è certa-mente molto impegnativo per lastessa Associazione. Questo do-vrebbe, infatti, modificare in mi-sura rilevante l'assetto delle prio-rità politiche, almeno cosi comeemergono dalla struttura spesapubblica in agricoltura. In questomomento le misure dedicate inmodo esplicito alla tutela del pa-trimonio forestale assumono, in-fatti, un peso molto limitato. Latabella 15 mostra che fino al 2006le misure di tipo forestale (AsseIII - imboschimento superfici, al-tre misure forestali) potranno be-neficiare al massimo di 52,9 milio-ni di Euro su 861.

Inoltre, fino al 2005 questi fi-nanziamenti saranno al massimodi 40 milioni di Euro, di cui poiquasi 11 milioni di Euro serviran-no a finanziare gli impegni giàpresi nella vecchia programma-zione del reg. 2080/92.

L'impegno in tal senso potreb-be poi doversi far carico di modi-

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ficare anche i meccanismi di ac-cesso ai finanziamenti e le prio-rità previste. È, infatti, probabileche la specificazione del sistemarenda difficile l'accesso alle prov-videnze finanziarie previste.

A tal proposito, la tabella 16mostra che l'efficacia nella spesa,l'indice che rapporta i finanzia-menti erogati fino al 2003 a quelliprevisti fino al 2006, per le misure

forestali assume livelli tra i piùbassi registrati per i vari Assi. Inparticolare, l'indice d'efficacia ge-nerale del PSR ha valore di 51,6,mentre per le misure di foresta-zione dell'Asse III esso non supe-ra il valore medio di 37,4. Va poirilevato che quest'ultima media èinfluenzata dal risultato delle atti-vità di conclusione del vecchioreg. CEE 2080/92, il cui indice

d'efficacia assume il valore di73,1. Ciò suggerisce che è proba-bile l'esistenza di difficoltà deibeneficiari ad attivare i finanzia-menti previsti. Queste vanno sicu-ramente considerate e rimosse daun'azione che voglia orientare piùsostanziosamente la politica agri-cola regionale verso la protezionedelle aree boschive.

La rilevanza assunta da questo

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2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006

Spesa

Pubblica

Totale

Spesa

Totale

ASSE I

(invest.aziendali, insed.giovani, formaz., trasformaz.,

ric.fond.)

7,5 16,1 33,7 34,3 34,9 35,5 47,2 209,3 433,0

ASSE II

(diversif., incentivi turismo, comm., irrigaz., servizi

pop.rur., rinnovo villaggi, miglior.fond.)1,1 3,1 9,0 9,2 9,4 9,6 18,2 59,7 102,9

ASSE III

(misure agro-amb., zone svant., imbosch.sup., altre

misure for., tutela amb.agric.)54,2 39,0 40,6 41,6 42,7 43,7 52,0 313,8 321,5

ASSE III di cui

(vecchia programmazione misure

accompagnamento)48,3 26,9 13,5 2,3 2,2 2,1 2,0 97,3 97,3

ASSE III di cui

(imboschimento superfici, altre misure forest.)4,1 3,3 6,4 6,6 6,8 7,0 18,2 52,2 59,0

ASSE III di cui

Reg. CEE n. 2080/923,0 2,9 1,3 1,2 1,1 1,0 0,9 11,4 11,4

Altre misure 0,2 0,1 0,2 0,2 0,2 0,3 3,3 4,4 4,4

Totale 63,0 58,2 83,6 85,3 87,2 89,2 120,7 587,2 861,8

Regione Lazio - Reg.CE 1257/1999 - Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006 (Spesa Pubblica) - Tabella finanziaria generale MEURO

Tab. 15 - Finanziamenti previsti nell'ambito del PSR 2000-2006 per la Regione Lazio

2000-2003 2000-2006 Misure

Spesa (a) Quota Spesa (b) Quota Efficacia (a/b)

ASSE I – Totale 98,9 32,9% 209,3 35,9% 47,3

ASSE II – Totale 15,6 5,2% 59,7 10,2% 26,2

ASSE III

Accompagnamento 92,3 97,3 94,8

Forestazione 19,5 52,2 37,4

Reg. CE 2080/92 8,3 11,4 73,1

ASSE III - Totale 185,9 61,9% 313,8 53,8% 59,3

Totale 300,5 100,0% 582,7 100,0% 51,6

Tab. 16 - Finanziamenti erogati (milioni di €) nel quadriennio 2000-2003 in rapporto al finanziamento totale previsto dal PSR Regione Lazio.

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tema rende utile una breve escur-sione sulla struttura che le politi-che forestali assumono a livelloregionale, tema che verrà svoltonell'ottavo paragrafo.

8. DIMENSIONE E PROSPET-TIVE DELLA CASTANICOL-TURA BIOLOGICA

In una prospettiva di valorizza-zione ambientale dell'intero com-prensorio dei Monti Cimini nonpuò essere ignorato l'impatto del-le attività agricole sulla qualitàdel suolo, dell'aria e dell'acqua.Come è noto la crescente sensibi-lità riguardo a questi aspetti hatrovato uno spazio considerevolenelle normative emanate nell'am-bito della Politica Agricola Co-munitaria. A questo proposito èsufficiente ricordare le misure diaccompagnamento alla vecchiaPAC, in particolare il regolamen-to 2078/92, con il quale venivaesplicitamente riconosciuto ilruolo degli agricoltori nella ge-stione dell'ambiente attraversodei premi per l'adozione di prati-che colturali a basso impatto am-bientale. Senza voler ripercorrerela storia delle politiche agroam-bientali, è sufficiente ricordarecome attualmente l'osservazionedelle "buone pratiche agricole" e

la "condizionalità ambientale"rappresenti un requisito indispen-sabile per poter accedere alle in-tegrazioni previste nell'ambitodelle diverse OCM.

In questo quadro di crescenteattenzione per l'ambiente si è in-serito, a partire dall'inizio deglianni '90, il riconoscimento e la di-sciplina dell'agricoltura biologica.Con i regolamenti comunitari2092/91, relativo alle coltivazioni,e 1804/99, relativo agli allevamen-ti zootecnici, è stato definito ilquadro di riferimento normativoe di sostegno per l'adozione diquesto regime di conduzione del-le aziende agricole. Tralasciandogli aspetti strettamente tecnici deiregolamenti, è importante sottoli-neare come il biologico sia dive-nuto un fenomeno di considere-vole dimensione grazie, non sol-tanto alla presenza dei contributipubblici, ma soprattutto ad unmercato che manifesta una do-manda crescente di prodotti bio-logici ed è in grado di garantireun differenziale di prezzo (pre-mium price) rispetto ai rispettiviprodotti convenzionali.

Nel quadro generale delle col-tivazioni biologiche, il castagnoevidenzia degli elementi caratte-rizzanti in quanto, da un lato, pre-senta una tecnica produttiva incui l'impiego di input è molto

contenuto, se non addirittura as-sente, e, dall'altro, è generalmenteinserito in contesti territoriali dielevato valore ambientale e pae-saggistico in cui l'adozione di pra-tiche che utilizzano materie primetossiche o inquinanti risulta estre-mamente dannosa. Tale "vocazio-ne biologica" del castagno puòtrovare unico ostacolo nella pre-senza di insetti parassiti o di ma-lattie fungine delle cui modalitàdi lotta si è detto in un preceden-te paragrafo e per le quali la ri-cerca è impegnata per individuareopportune forme di lotta compa-tibili con i disciplinari biologici.

Che il castagno da frutto siaparticolarmente adatto ad unaconduzione in regime biologico èconfermato dai dati presentati intabella 17. Come si osserva laproduzione biologica di castagnenei Monti Cimini è molto pratica-ta; infatti questo fenomeno ri-guarda oltre il 14% delle aziendecon castagneti da frutto con unaquota di SAU superiore al 30%.In questo quadro generale spiccail comune di Canepina dove piùdella metà delle aziende e più del70% dei castagneti sono condottiin regime biologico.

Se poi si prendono in conside-razione soltanto le aziende conuna dimensione del castagnetosuperiore ad un ettaro situate nei

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Comune Aziende Bio Aziende

Bio/Totale SAU Bio (ha)

SAU Bio/Totale

Canepina 183 51,6% 537,5 71,1%

Viterbo 13 4,4% 117,4 29,7%

Valleranno 16 6,0% 64,1 15,5%

Soriano nel Cimino 12 5,0% 29,6 13,1%

Caprarola 2 0,8% 23,7 6,0%

Carbognano 4 2,9% 8,6 6,8%

Ronciglione 1 1,4% 2,0 0,8%

TOTALE 231 14,3% 782,9 30,6%

Tab. 17 - Aziende e superfici a castagno da frutto biologiche nei Monti Cimini. (Fonte: ISTAT).

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quattro comuni in cui si registrala maggiore concentrazione pro-duttiva, il dato diviene ancora piùsignificativo con circa il 30% del-le aziende ed oltre il 50% dellaSAU.

Tuttavia, a questa ampia diffu-sione del biologico non corrispon-de un'analoga valorizzazione delprodotto, in quanto soltanto unapiccola parte delle castagne otte-nute in aziende biologiche vienecertificata e immessa sul mercatocon questa qualificazione. Le mo-tivazioni di questa situazione so-no essenzialmente due. I commer-cianti sono scarsamente interessa-ti a piazzare castagne biologichein quanto il differenziale di prez-zo che spunterebbero sul mercatoè sostanzialmente analogo a quel-lo che dovrebbero riconoscere aiproduttori; però, a fronte di unmargine sostanzialmente analogo,dovrebbero sostenere dei costiaggiuntivi legati agli adempimentinecessari per la prima trasforma-zione e la commercializzazionedel prodotto biologico. Seconda-rimanete, i castanicoltori, avendosempre fatto ricorso agli interme-diari per vendere il loro prodotto,non hanno maturato quella capa-cità contrattuale e quella rete dicontatti che gli consentirebberodi muoversi con la necessaria abi-lità all'intero di un settore com-merciale innovativo e dinamicoquale quello delle castagne biolo-giche.

Chi è riuscito a superare que-sto scoglio iniziale, grazie alla di-sponibilità di una sufficiente mas-sa di prodotto e ad una buonapredisposizione individuale neirapporti commerciali, è testimonedegli ampi spazi di mercato esi-stenti per le castagne biologiche egli elevati differenziali di prezzorispetto al prodotto convenziona-le. Ad esempio, facendo riferi-mento ai marroni di pezzaturamedia, il prezzo del prodotto con-venzionale pagato dal dettaglian-te nella campagna 2003-04 è statocompreso fra 2,50 e 3,00 €/kg, peril prodotto biologico, invece, il

prezzo è oscillato fra 3,50 e 4,00€/kg, con punte di 4,40 €/kg, prez-zo pagato da una catena tedescadi negozi al dettaglio.

Per valutare correttamentequesto vantaggio di prezzo nondevono essere ignorati gli aggraviin termini di lavoro e di costi ne-cessari per gli adempimenti relati-vi al rispetto delle normative sullacertificazione, sulla tracciabilità, esul confezionamento ed etichetta-tura, che comunque nell'insiemerisultano certamente inferiori ailivelli di premium price cui si èfatto riferimento. D'altro canto vaanche considerata la possibilità diutilizzare le castagne biologicheper realizzare dei prodotti tra-sformati con una considerevoleproduzione di valore aggiuntoche potrebbe derivare dall'atten-zione per questi prodotti da partedei paesi del nord Europa; una ta-le scelta, comunque, deve esserevalutata con attenzione in quanto,data l'entità degli investimentinecessari, è indispensabile chevenga preceduta da un'accurataindagine di mercato e, una voltaattuata, da un grande sforzo pro-mozionale verso i mercati mag-giormente interessati a questiprodotti.

9. POLITICHE FORESTALI PERIL SETTORE CASTANICOLODEI CIMINI

Le normative comunitarie of-frono un ampio ventaglio di pos-sibilità ad ogni Regione, che sce-glie di adottare le più appropriateal contesto socio economico incui opera. Nella Regione Lazio lepossibilità di contributi al casta-gno da frutto in sostanza possonopassare per tre vie (Nannini):

1. Finanziamento per il rimbo-schimento con castagno da frutto.

2. Misure agro-ambientali percolture a basso impatto ambientale.

3. PSR, Misura 1.4; finanzia-mento per la prima lavorazione,trasformazione e commercializza-zione2.

Aderire ad alcune di questemisure non è facile, e tanto menolo è spingere la Regione a defini-re misure specifiche per il settorecastanicolo. Infatti, i castanicolto-ri sono in generale poco uniti e lafiliera del settore è frantumata,come mostra anche la doppia ri-chiesta per la DOP. La Regionepotrebbe anche essere disponibilea finanziare un progetto generaledi valorizzazione del territorioboschivo e forestale dei Cimini.Ovviamente preferirebbe farlo fi-nanziando un programma già spe-cificato, preciso e dettagliato, epossibilmente gestito da un inter-locutore unico, quale potrebbe es-sere un'Associazione dei produt-tori.

All'interno delle misure fore-stali c'è un certo spazio per misu-re di tutela di boschi come quellidell'areale castanicolo dei Cimini.È, infatti, consentito il finanzia-mento quinquennale per il man-tenimento forestale. Va, però, inqualche modo rivisto il sistemadegli accessi e delle priorità di fi-nanziamento. In particolare, lecondizioni di formulazione dellerichieste di finanziamento e leprocedure di valutazione di que-ste sono difficilmente sostenibilida parte delle imprese private.Ciò ha finito col favorire i boschipubblici e col limitare le eroga-zioni finanziarie ai boschi privati,incluso il castagno. Va poi rilevatoche, a differenza di quanto acca-deva con la vecchia programma-zione del reg. CEE 2080/92, cheaveva spazi specifici per le impre-se agricole private, tutte linee difinanziamento nel settore foresta-le si riferiscono ormai ad un unicofondo3. In queste condizioni pub-blico e privato si contendono le ri-sorse finanziarie disponibili ed ac-cade spesso che le imprese priva-te non abbiano l'organizzazionenecessaria per mettere in moto lerichieste di finanziamento. Vi so-no poi aggiustamenti che si pos-sono apportare per espandere lepossibilità di finanziamento degliinterventi di tutela e ripristino de-

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Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

2 Sono già pervenute domande in merito a questa misura.3 L'applicazione del reg. 2080/92 era tale da favorire le imprese private poiché esso era volto, in buona parte, a spingere i coltivato-

ri perché riducessero la produzione di colture eccedentarie investendo in attività forestali. Per questo esso era congegnato in modo daorientare buona parte delle sue risorse a compensazione delle imprese agricole che s'impegnavano a coltivare essenze forestali.

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gli ambienti boschivi. Ad esem-pio, la Regione Lazio prevede chesolo i terreni a seminativi posso-no ricevere contributi per il rim-boschimento. Le misure comuni-tarie, invece, contemplano anchela possibilità di ammettere a fi-nanziamento gli interventi sui ter-reni incolti. L'espansione del cri-terio d'accesso ai finanziamenti inquesto senso potrebbe consentireai Monti Cimini di accedere amaggiori possibilità di contribu-zione.

In breve, si può affermare chel'area dei Cimini non usufruiscedi finanziamenti specifici per ilcastagno da frutto. Questo non si-gnifica affermare che i Cimini so-no stati penalizzati nell'erogazio-ne dei contributi regionali delPSR. È, infatti, probabile che fi-nanziamenti, anche corposi, sottola forma di insediamento dei gio-vani agricoltori siano stati erogatia favore di imprese che gestisco-no castagneti in quel territorio.Ciò che si vuole dire è che man-cano interventi di tutela del patri-monio boschivo cui le impreseagricole di quell'area possano fa-cilmente accedere impegnandosiin attività esplicitamente mirate.

In breve, per migliorare l'inte-ro settore castanicolo locale siconsiglia la costituzione di un'As-sociazione dei produttori che for-muli un disciplinare da seguireper risolvere i problemi legati alladifesa fitosanitaria (Mal dell'in-chiostro) ed alle tecniche produt-tive (soprattutto la potatura), ri-spettando i numerosi vincoli am-bientali. L'attività di quest'Asso-ciazione potrebbe servire perspingere gli organismi che formu-lano la politica.

A questo proposito appare diun certo interesse quanto previstodalla "Misura III.4 - Altre MisureForestali" del Piano di SviluppoRurale (BURL). Si tratta di unamisura articolata in cinque azionitra cui assuomono particolare in-

teresse gli interventi concernenti:I.2) l'Associazionismo foresta-

le,I.3) il Miglioramento ecologi-

co, sociale ed economico delle fo-reste,

I.4) la Ricostruzione boschidanneggiati e prevenzione;

I.5) il Mantenimento e il mi-glioramento della stabilità ecolo-gica delle foreste.

Questa misura mira a garantireuna corretta gestione del bosco,considerandone simultaneamentele valenze ricreative, ambientali,paesaggistiche e produttive. Essaè, dunque, di estremo interesseper quella prospettiva strategicadisegnata in precedenza per valo-rizzare la castanicoltura dei Cimi-ni. Secondo quella prospettiva ècruciale indicare ai consumatoriche le castagne e i marroni dei Ci-mini sono frutto di un settore cheli produce adottando tecniche chetutelano un patrimonio di estre-mo valore naturalistico, ambien-tale e paesaggistico. In tal modo sipuò accentuare l'interesse deiconsumatori per quelle castagne emarroni che, è bene ricordarlo, èopportuno che, oltre alle loroproprietà organolettiche e mer-ceologiche, si basi anche sulla na-turalità del processo produttivoche da loro origine e sul suo con-tributo alla protezione degli equi-libri ambientali del territorio incui si realizza. A tal proposito ilricorso a questi strumenti finan-ziari appare molto qualificante.Esso rivelerebbe, infatti, la vo-lontà dei castanicoltori dei Ciminidi ricorrere soprattutto a stru-menti della politica che, più chealla produttività fisica dei casta-gneti, mirano a garantire la cor-retta gestione del bosco, conside-randone simultaneamente le va-lenze produttive, le peculiarità,ambientali paesaggistiche e ri-creative.

Questa misura appare, inoltre,di notevole interesse per le prov-

videnze previste a sostegno dellacostituzione di associazioni di im-prenditori proprietari di boschi ealla costituzione di associazioni diimprese boschive [Azione I.2"l'Associazionismo forestale].Questo sostegno finanzia impor-tanti voci di costo tra cui quelleconcernenti il personale, all'eser-cizio e all'amministrazione. Il ri-corso a quest'Azione qualifiche-rebbe ancora di più l'impegno deicastanicoltori dei Cimini per unagestione efficiente e concertata alivello territoriale degli interventia tutela dell'ambiente.

Gli aiuti previsti dalla misurain esame sono interessanti ancheper la loro entità assoluta. Essisono dati da contributi in contocapitale che, secondo le Azioni,variano dall'80 al 100% dei costisostenuti. Nel caso del sostegnoall'Associazionismo forestale, ibeneficiari otterranno un contri-buto per i primi cinque anni di at-tività dell'organizzazione. Gli aiu-ti per questa e per le altre Azionisono compresi da un minimo di40 €/ettaro/anno ad un massimodi 120 €/ettaro/anno. Per il soste-gno alla costituzione delle Asso-ciazioni forestali è previsto unmassimale di 200 €/ettaro/anno.

Da un primo esame degli im-pegni di spesa della Regione La-zio per questa Misura non n'e-merge un largo sfruttamento a fa-vore di imprese boschive e fore-stali private, in particolare di ca-stanicoltori dei Cimini. Qui non sivuole discutere delle motivazionidi ciò. Si vuole solo rilevare chenella politica agricola, forestale eambientale della Regione Lazioesiste uno strumento di interesseper la prospettiva strategica di va-lorizzazione della castanicolturadei Cimini. I castanicoltori dei Ci-mini dovrebbero organizzarsi pertentare di sfruttarlo, oltre che far-lo adeguatamente finanziare e farcanalizzare le sue risorse a favoredelle imprese private.

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Prof. Carlo Perone Pacifico, Prof. Gabriele Dono, Prof. Silvio Franco, Dott.ssa Barbara Pancino

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LO STUDIO DELLA CASTA-N I C O LT U R A A L L A FA -COLTÀ DI AGRARIA DEL-L'UNIVERSITÀ DELLA TU-SCIA (PRINCIPALI RIFERI-MENTI BIBLIOGRAFICI)

La Facoltà di Agraria dell'Uni-versità degli Studi della Tuscia si èampiamente occupata del settorecastanicolo svolgendo numerosericerche sui diversi aspetti sia del-la parte forestale che della parteproduttiva. Riguardo a questo se-condo aspetto, oggetto del pre-sente studio, le principali e più re-centi pubblicazioni, distinte pertematiche, sono le seguenti:

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Studio sulla castanicoltura nella provincia di Viterbo

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ELENCO DEI COLLOQUI E DELLEINTERVISTE CON STUDIOSI E TE-STIMONI PRIVILEGIATI

Prof. Naldo Anselmi, docente di Pato-logia Forestale, Viterbo, Ottobre 2004.

Dott. Stefano Gasbarra, direttoreCe.F.A.S., Viterbo, Settembre 2004.

Dott. Luigi Martino Giovannelli, pro-duttore di castagne biologiche, Settembre2004.

Dott. Marcello Mariani, operatorecommerciale, F.lli Mariani, Canepina, Ot-tobre 2004.

Prof. Riccardo Massantini, docente diTecnologie delle Industrie Agrarie, Viter-bo, Settembre 2004.

Prof. Danilo Monarca, docente di Mec-canica Agraria, Viterbo, Settembre 2004.

Dott. Riccardo Nannini, responsabiledel settore forestale della Regione Lazioper la Provincia di Viterbo, Viterbo, Otto-bre 2004.

Dott. Maurizio Palozzi, Sindaco di Ca-nepina e Vice Presidente della ComunitàMontana, Viterbo, Ottobre 2004.

Sig. B. Panunzi, operatore commercia-le, già sindaco di Canepina, consigliereprovinciale, Canepina, Ottobre 2004.

Prof. Bruno Paparatti, docente di ento-mologia agraria e forestale, Viterbo, Set-tembre 2004.

Dott. Remo Parenti, agricoltore e Pre-sidente del Comitato Promotore per laDOP dei Monti Cimini, Viterbo, Ottobre2004.s

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Prof. Carlo Perone Pacifico, Prof. Gabriele Dono, Prof. Silvio Franco, Dott.ssa Barbara Pancino