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5. Studio sulla rilevanza percepita dei bisogni dei pazienti, dei familiari e degli peratori nelle Cure Palliative 5.1. Sommario pag. 1 5.2. Introduzione pag. 2 5.2.1. Bisogni e qualità di vita pag. 3 5.2..2. I bisogni del malato e dei familiari pag. 4 5.2.3. I bisogni degli operatori pag. 4 5.3. Obiettivi pag. 5 5.4. Metodo e procedure pag. 5 5.4.1. Inventario dei bisogni pag. 5 5.4.2. Rilevanza percepita dei bisogni pag. 8 5.5. Risultati pag. 9 5.5.1. l’inventario dei bisogni pag. 9 5.5.2. Descrizione del campione pag. 10 5.5.3. Rilevanza percepita dei bisogni pag. 13 5.6. Discussione pag. 17 5.6.1. I bisogni del paziente pag. 17 5.6.2. I bisogni del familiare pag. 22 5.7.6.3. I bisogni dell’operatore pag. 27 5,.7. Conclusione pag. 31 5.1. Sommario Finalità: il presente studio si pone due obiettivi consequenziali: a. Costruzione di un inventario dei bisogni del paziente, del familiare e degli operatori di cure palliative. b. Individuazione dei bisogni (paziente, familiare, operatore) percepiti dagli operatori come più rilevanti nelle cure palliative. Disegno: studio osservazionale. Campione: per il raggiungimento del secondo obiettivo sono stati contattati 461 operatori di cure palliative di 31 strutture ed enti pubblici, convenzionati e del privato sociale (no-profit). Metodologia: Per il raggiungimento del primo obiettivo è stato effettuato uno studio della letteratura sul tema oggetto d’indagine, sono stati analizzati alcuni questionari e cartelle cliniche utilizzati nelle cure palliative e sono stati individuati ulteriori bisogni dagli psicologi del Centro di ascolto psicosociale-oncologico della Fondazione “Gigi Ghirotti”. Il secondo obiettivo è stato raggiunto partendo dagli inventari elaborati nella prima fase. Essi sono serviti per costruire una tassonomia dei bisogni nelle cure palliative, chiedendo agli operatori di indicare (su una scala a 4 punti) il livello di rilevanza di ciascun bisogno nelle cure palliative. Considerando la percentuale di operatori che hanno scelto i livelli di rilevanza “alta” e “massima”, è stata delineata una tassonomia di bisogni. Principali risultati: Sono stati elaborati tre elenchi/inventari di bisogni (91 del paziente, 72 del familiare, 77 dell’operatore), ciascuno dei quali è stato suddiviso in 7 aree/dimensioni: fisico/funzionale, cognitivo-comportamentale, emozionale, relazionale, 1

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5. Studio sulla rilevanza percepita dei bisogni dei pazienti, dei familiari e degli peratori nelle Cure Palliative

5.1. Sommario pag. 1 5.2. Introduzione pag. 2 5.2.1. Bisogni e qualità di vita pag. 3 5.2..2. I bisogni del malato e dei familiari pag. 4 5.2.3. I bisogni degli operatori pag. 4 5.3. Obiettivi pag. 5 5.4. Metodo e procedure pag. 5 5.4.1. Inventario dei bisogni pag. 5 5.4.2. Rilevanza percepita dei bisogni pag. 8 5.5. Risultati pag. 9 5.5.1. l’inventario dei bisogni pag. 9 5.5.2. Descrizione del campione pag. 10 5.5.3. Rilevanza percepita dei bisogni pag. 13 5.6. Discussione pag. 17 5.6.1. I bisogni del paziente pag. 17 5.6.2. I bisogni del familiare pag. 22 5.7.6.3. I bisogni dell’operatore pag. 27 5,.7. Conclusione pag. 31 5.1. Sommario Finalità: il presente studio si pone due obiettivi consequenziali: a. Costruzione di un inventario dei bisogni del paziente, del familiare e degli operatori di cure palliative. b. Individuazione dei bisogni (paziente, familiare, operatore) percepiti dagli operatori come più rilevanti nelle cure palliative. Disegno: studio osservazionale. Campione: per il raggiungimento del secondo obiettivo sono stati contattati 461 operatori di cure palliative di 31 strutture ed enti pubblici, convenzionati e del privato sociale (no-profit). Metodologia: Per il raggiungimento del primo obiettivo è stato effettuato uno studio della letteratura sul tema oggetto d’indagine, sono stati analizzati alcuni questionari e cartelle cliniche utilizzati nelle cure palliative e sono stati individuati ulteriori bisogni dagli psicologi del Centro di ascolto psicosociale-oncologico della Fondazione “Gigi Ghirotti”. Il secondo obiettivo è stato raggiunto partendo dagli inventari elaborati nella prima fase. Essi sono serviti per costruire una tassonomia dei bisogni nelle cure palliative, chiedendo agli operatori di indicare (su una scala a 4 punti) il livello di rilevanza di ciascun bisogno nelle cure palliative. Considerando la percentuale di operatori che hanno scelto i livelli di rilevanza “alta” e “massima”, è stata delineata una tassonomia di bisogni. Principali risultati: Sono stati elaborati tre elenchi/inventari di bisogni (91 del paziente, 72 del familiare, 77 dell’operatore), ciascuno dei quali è stato suddiviso in 7 aree/dimensioni: fisico/funzionale, cognitivo-comportamentale, emozionale, relazionale,

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sociale/istituzionale/organizzativa, culturale e spirituale. Le risposte degli operatori hanno consentito di determinare una tassonomia di bisogni. Abbiamo considerato i bisogni della tassonomia con un elevato accordo tra gli operatori (90-100 %) nel percepire ciascun bisogno rilevante ad un livello “alto” e “massimo”. Abbiamo anche osservato e discusso i bisogni ritenuti meno rilevanti (<50 %) e quelli su cui non c’è un accordo netto (percentuali intorno al 50 %). Per quanto riguarda il paziente, i primi due bisogni della tassonomia percepiti come più rilevanti sono risultati: “Sedare/controllare il dolore” e “Ricevere rispetto, essere trattato con dignità”. Per il familiare: “Ricevere rassicurazioni (che il dolore è controllato, che un operatore dell’équipe interverrà in caso di urgenza…)” e “Avere fiducia nell’équipe curante”. Per l’operatore: “Svolgere il lavoro con passione, motivazione, interesse” e, con la stessa percentuale, “Comunicare in modo soddisfacente col paziente/familiari” e “Instaurare un rapporto di fiducia col paziente/familiari” 5. 2. Introduzione Il miglioramento della qualità della vita della persona, in particolare quella in fase avanzata e terminale di malattia, passa attraverso la soddisfazione di bisogni fisici (es. controllo dei sintomi) insieme e non secondariamente di quelli psicologici, relazionali, sociali, culturali e spirituali. Tali bisogni devono essere valutati caso per caso, vista l’estrema disomogeneità delle aree socio-culturali in cui vivono il malato e la propria famiglia e considerata anche la drammatica e repentina variabilità dei bisogni nei diversi stadi della malattia, in particolare nella fase terminale. Qualsiasi modello di intervento per migliorare la qualità di vita del malato in fase terminale deve necessariamente considerare la globalità dei bisogni del paziente. Per garantire la “copertura” dei bisogni, il modello deve essere al tempo stesso rigoroso e flessibile. Un “modello di base” per le cure palliative deve tenere conto anche delle realtà culturali locali e regionali. Tutte le discipline che convergono nella cura del “dolore totale” del malato in fase terminale, hanno una propria definizione di bisogno. Sulla base di queste definizioni, tacite o esplicite, si modella il proprio intervento di cura e la stessa percezione della realtà della malattia in fase terminale. Le definizioni o i concetti di bisogno concorrono, insieme ad altri fattori, alla costruzione e “caratterizzazione” di un dato modello organizzativo delle strutture/modalità di assistenza palliativa. Una definizione di bisogno che possa essere adattata a ciascuno dei livelli delle cure palliative, può essere quella riportata qui di seguito. Il bisogno è uno stato soggettivo di carenza, uno stato di perdita di equilibrio, una mancanza di qualcosa (risorsa) che ottenuta farebbe ritornare l’equilibrio entro i livelli di tolleranza. La conoscenza acquisita in seguito all’esperienza e la rappresentazione mentale dell’oggetto-risorsa che può soddisfare il bisogno originano il “desiderio”. Raggiunto l’oggetto-risorsa la persona sperimenta una percezione di benessere, di sollievo da uno stato di tensione. Non sempre desiderio e bisogno sono articolati in modo lineare e univoco: «spesso ci troviamo a desiderare ciò di cui non abbiamo bisogno e ad aver bisogno di ciò di cui non abbiamo desiderio (ad esempio, il desiderio di una molteplicità di oggetti senza utilità, il desiderio di una sigaretta che maschera il bisogno di respirare aria pura, il desiderio di morte contro il bisogno di amore in un depresso, etc.)»1. Tanti più bisogni soddisfatti sono rilevanti per la persona e per la sua integrità, nonché per il suo equilibrio bio-psico-socio-spirituale, tanto più intensa sarà la percezione soggettiva di benessere. Una definizione di bisogno pragmatica e “criticamente” interessante per il presente lavoro, è quella data da Von Gunten e al. (2001) in un manuale per l’organizzazione delle cure palliative. Secondo gli autori i bisogni sono: «Issues identified by caregiver that require attention in the plan of care». Questa discutibile definizione colpisce per l’assenza della soggettività di chi “ha”, “sente” o

1 Venturini R., Coscienza e cambiamento, Cittadella, Assisi, 1995, p.108.

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“prova” un determinato bisogno (in questo caso una persona in fase terminale e i suoi familiari), ed è invece enfatizzata la dimensione della percezione del caregiver e dell’attuazione del piano della “presa in cura”. La percezione è ovviamente selettiva (guidata da un processo psicologico di attenzione selettiva) e risente, oltre che della soggettività di chi si prende cura, anche dello specifico modello di cure palliative in cui la cura si attua (plan of care). Il rischio di sviluppare modelli di cure palliative sempre più centrati sulla percezione dei bisogni dei pazienti/familiari da parte degli operatori (se non addirittura sui bisogni degli stessi), può essere contenuto studiando e verificando questa percezione. Ciò giustifica l’obiettivo della seconda fase del presente studio osservazionale, che ha voluto indagare sui bisogni nelle cure palliative avendo come soggetti non i pazienti o i familiari, ma gli stessi operatori. Il bisogno insoddisfatto è solitamente accompagnato da emozioni o vissuti spiacevoli (tristezza, rabbia, paura, vergogna, malessere, etc.); la soddisfazione invece è segnalata (e soggettivamente rinforzata) da emozioni e vissuti gradevoli che poi diventano, appunto, “desiderabili” e ricercati (piacere, contentezza, benessere, appagamento, etc.). In un organismo semplice come un’ameba o un batterio possiamo ipotizzare la presenza di pochi e “semplici” bisogni; lo stesso non può dirsi per l’essere umano, fatto di cellule, ma anche di pensieri, affetti, relazioni, storia, cultura, socialità, spiritualità: tutte possibili dimensioni in cui collocare i bisogni. L’essere umano può avere un particolare bisogno e non accorgersene, sia perché in un dato momento la perdita di equilibrio resta entro un livello di tolleranza, sia perché ci sono altri bisogni che premono ed emergono più del suddetto bisogno. Non è necessario soddisfare tutti i bisogni in ogni istante, e comunque non sarebbe neppure possibile accedere contemporaneamente a tutte le risorse necessarie. Allora si impone come prioritaria la soddisfazione dei bisogni più rilevanti, quelli che con molta probabilità e in un dato momento emergono dallo sfondo per segnalare una minaccia dell’equilibrio e dell’integrità del sistema-individuo.

6.2.1 Bisogni e qualità della vita Consideriamo ora l’essere umano in fase avanzata di malattia; immaginiamolo al centro di aree concentriche che vanno dal suo corpo al suo mondo soggettivo fatto di emozioni, condotte motivate, autobiografia, spiritualità, alle sue relazioni affettivamente importanti (persone care, familiari, amici), fino alle regioni estreme della sua cultura di appartenenza (significati condivisi) e della società allargata (istituzioni, ruoli, organizzazioni). Da ciascun area l’individuo può potenzialmente attingere nutrimento vitale, ossia risorse per soddisfare bisogni ed elevare la probabilità di mantenere l’integrità e l’equilibrio. Nella condizione specifica della persona con malattia in fase terminale, molti bisogni a diversi livelli rimangono inappagati e l’obiettivo che l’OMS ha fissato per le cure palliative, ossia «ottenere la massima qualità di vita per il paziente e per i suoi familiari»2 risulta una sfida sempre aperta. La qualità di vita non è facilmente definibile in termini oggettivi: la forte influenza della soggettività mette in crisi i tentativi di adattare il concetto alle esigenze di misurazione, quantificazione e standardizzazione. La qualità di vita è stata definita dall’OMS-WHO come «la percezione soggettiva che una persona ha della propria posizione nella vita, nel contesto culturale e di un insieme di valori nei quali egli vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e preoccupazioni» (1994). In questa definizione sono presenti alcuni elementi interessanti per il presente lavoro e per il significato ampio che preferiamo attribuire al concetto di bisogno: la “percezione soggettiva”, l’attenzione alla dimensione valoriale/culturale e una visione “proattiva” o “progettuale” del proprio essere nel mondo. Il concetto di “qualità di vita” è molto legato a quelli di “soddisfazione soggettiva” e di “bisogno”. Non a caso, se si leggono attentamente gli items di qualsiasi questionario per la valutazione della qualità di vita (tabella 2), possiamo intravedere un campione di bisogni ritenuti “significativi” da quello specifico questionario. Due

2 OMS, Dolore da cancro e cure palliative, Ginevra, 1990, p.17.

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esempi di scale di misurazione della “qualità della vita” costruite partendo da teorie dei bisogni (Maslow, 1943; Doyal e Gough, 1991) sono la Perceived Quality of Life Scale (Patrick e al., 1988) e la Quality of Life Depression Scale (Hunt e al., 1992). In sintesi, l’obiettivo delle cure palliative di «ottenere la massima qualità di vita per il paziente e per i suoi familiari», si traduce nello sforzo di trovare più risposte possibili in termini di “risorse” al maggior numero di bisogni che premono in modo particolare nella fase finale della vita. Conoscere, o meglio, saper riconoscere i bisogni è il primo passo per trovare e offrire le risorse che con maggiore probabilità potrebbero soddisfarli. In termini organizzativi significa progettare al meglio un modello di base per l’erogazione delle cure palliative. Focalizzarsi sui bisogni vuol dire mettere al centro sia il malato che i familiari, utilizzando al meglio le risorse disponibili. Vuol dire massimizzare la probabilità di mantenere soddisfacente la qualità di vita nonostante la sofferenza; e tutto ciò aumenta le probabilità che la persona sperimenti un vissuto di “sollievo”. 5.2.2 I bisogni del malato e dei familiari. La soggettività, l’individualità e l’unicità della persona che muore e di ciascuno dei suoi familiari -care-giver, frustra ogni tentativo di “mappatura” esaustiva dei bisogni. È comunque possibile raggruppare i bisogni per aree o identificare i più rilevanti, pressanti e/o più frequenti durante i giorni o i mesi di malattia in fase terminale3. Gli operatori di cure palliative consapevoli della tipologia dei bisogni, dei livelli a cui sono riconducibili, delle risorse necessarie per soddisfarli, possono prendersi cura della persona considerando la sua individualità e anche l’importanza di un approccio multilivello. Si valorizzano in tal modo tutte le figure professionali dell’équipe. Si può comprendere allora come nelle cure palliative sia di fondamentale importanza la flessibilità, la variazione continua del focus dell’intervento al variare della rilevanza dei bisogni ai diversi livelli (fisico, psicologico, spirituale, sociale, culturale). Conoscere i bisogni della persona vuol dire riuscire ad operare in équipe trovando e mobilitando le risorse di volta in volta necessarie presenti nella persona, nella famiglia, negli operatori e nella rete sociale di assistenza. 5.2.3 I bisogni degli operatori Focalizzarsi sui bisogni del malato e dei familiari non può prescindere dal considerare quelli degli operatori di cure palliative. Il “prendersi cura”, in tal senso, non è un atto tecnico e unidirezionale come il “curare”. La parola “prendersi” responsabilizza l’operatore di cure palliative, lo coinvolge, avvicina l’orizzonte dell’operatore a quello della persona che muore e dei suoi familiari. Per “prendersi cura di altri” bisogna anche “prendersi cura di sé”, e ciò è possibile se si è consapevoli dei propri bisogni. Operatori emozionalmente “bruciati” (burn out) hanno minore efficacia nel prendersi cura della persona che muore. L’operatore consapevole e attento ai propri bisogni e, quindi, alla loro soddisfazione, non solo previene il burn out, ma lavora anche meglio in senso tecnico, relazionale, sociale e spirituale. Conoscere i bisogni più rilevanti degli operatori di un’Unità di Cure Palliative, può consentire a chi le dirige o coordina, ad esempio, di progettare interventi formativi mirati. Il confronto con la malattia grave e con la realtà della morte e del morire sollecita nell’operatore la soddisfazione di bisogni a vari livelli, molto spesso soffocati e ritenuti, a torto, poco rilevanti soprattutto se riconducibili ai livelli culturale e spirituale. Prendersi cura dell’altro avendo la consapevolezza dei propri bisogni aiuta a non confondere questi ultimi con quelli del malato e dei familiari. L’operatore, infatti, può rischiare di manipolare inconsapevolmente

3 La letteratura sui bisogni del malato e del familiare nelle cure palliative è molto ampia. Tra le più significative pubblicazioni italiane (ricerche e saggi) sul tema segnaliamo: Rozzini e Ferrucci (1993); Gangeri e Murru (1994); Piva e Di Benedetto (1994); Totis e Casiraghi (1994); Costantini e al. (1997); Adler Segre (1998); Morasso (1998); Zaninetta (1998); Palombi e al. (1999); Tamburini e al. (2000); Fusco e Ferri (2001); Ferri (2001); Cellai (2001); Tamburini e al. (2003).

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il contesto anteponendo i propri bisogni a quelli della persona di cui si prende cura. Ad esempio, per soddisfare il bisogno di essere riconosciuto nel ruolo professionale, un operatore può “strumentalizzare” la relazione col paziente e con i familiari per ricevere riconoscimenti continui ed espliciti che invece dovrebbe ricercare altrove. 5. 3. Obiettivi L’obiettivo finale dello studio sui bisogni è quello di integrare i risultati del programma di ricerca generale, migliorando la probabilità che il modello organico e integrato di assistenza ai malati in fase terminale, delineato dalla ricerca, possa essere il più possibile centrato sui bisogni e sui problemi clinici, psicologici, sociali e culturali propri della fase finale della vita. Per il raggiungimento dell’obiettivo finale è stato predisposto un disegno di ricerca che prevede due sotto-obiettivi sequenziali:

1. individuare, elencare ed analizzare i bisogni globali del paziente in fase terminale di malattia, dei suoi familiari e degli operatori di cure palliative, che possono essere considerati più frequenti e qualitativamente più rilevanti nella fase finale della vita e nei relativi processi di cura e di accompagnamento. Pur restando fermo l’imprescindibile e fondamentale principio che ciascuna persona ha il “suo” modo di percepire ed esprimere bisogni e desideri, e che chi si prende cura deve essere clinicamente4 in grado di cogliere, il più possibile, i bisogni e offrire le risorse per soddisfarli, si ipotizza che sia possibile, grazie all’esperienza fino ad oggi accumulata nell’ambito delle Cure palliative, individuare i bisogni che non possono non essere considerati all’interno di un modello, flessibile e scientificamente rigoroso, dell’organizzazione ed erogazione di cure palliative. In tal modo è possibile esplicitare ciò che in un modello di cura della persona in fase terminale, spesso rimane implicito: i bisogni più rilevanti alla fine della vita in funzione dei quali si selezionano e si offrono specifiche risorse, protocolli di cura più efficaci, processi e azioni di accudimento e di accompagnamento della persona sofferente. L’ideale sarebbe giungere alla costruzione di un modello sulla base dei bisogni di chi soffre minimizzando al massimo il rischio di “selezionare”, o peggio, “costruire” i bisogni di chi soffre sulla base di un modello economicamente (in tutti i sensi) più vantaggioso per chi offre le cure. Oppure, minimizzare il rischio di “modellamento” dell’organizzazione, dei processi e dei servizi di cure palliative, sui bisogni degli operatori o degli organizzatori piuttosto che su quelli dei pazienti e dei loro familiari. 2. Analizzare il livello di rilevanza percepita dagli operatori per ciascun bisogno dell’elenco costituto nella prima fase dello studio. Il livello di rilevanza, in questo caso, non è deciso dal paziente e dal familiare (problema che, lo ribadiamo, deve essere affrontato clinicamente, caso per caso), ma individuato dagli stessi operatori di cure palliative. Sarà così possibile delineare una sorta di tassonomia dei bisogni in funzione della loro rilevanza percepita; con particolare attenzione ai bisogni che risulteranno più rilevanti e quelli percepiti come meno rilevanti. Quest’ultimo obiettivo consentirà di sviluppare ulteriori ipotesi da verificare in ricerche successive sulle variabili che intervengono sulla percezione dei bisogni da parte degli operatori.

5.4. Metodo e procedure 5.4.1 Inventario dei bisogni L’intero studio, fino al completamento della raccolta dei dati, si è svolto da ottobre 2001 a luglio 2003. La prima fase dello studio aveva come obiettivo la costruzione di tre elenchi di bisogni, rispettivamente: del paziente, del familiare e degli operatori di cure palliative. A tal fine sono state utilizzate tre principali fonti di informazione: 4 Qui “clinico” è inteso in senso ampio (dal greco klíne=letto) come studio svolto al letto del malato, cioè attenzione rivolta al malato e non alla malattia, a quanto sta accadendo all’individuo che si ha di fronte, al fine di cogliere la “tipicità” e al tempo stesso le “differenze” (Grasso, Lombardo, Pinkus, 1988; Venturini, 1995).

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1. letteratura sulle cure palliative 2. casistica del Centro di ascolto psico-sociale “Ghirotti” per malati oncologici e loro familiari 3. questionari di valutazione

1. La letteratura sulle cure palliative consisteva in: articoli di riviste scientifiche sulla qualità della

vita e sui bisogni; siti internet italiani e internazionali di maggiore interesse. 2. La casistica del Centro di ascolto psico-sociale “Gigi Ghirotti” per malati oncologici e loro

familiari ha fornito altro materiale (riguardante pazienti in fase avanzata e terminale di malattia e i loro familiari) discusso in tre focus group da parte degli psicologi dello stesso Centro e raccolto in tre elenchi.

3. Sono stati infine esaminati i più diffusi questionari e strumenti cartacei di valutazione utilizzati nelle cure palliative (performance status, valutazione di efficacia delle cure, ecc.), negli studi sulla qualità di vita, sul burn out degli operatori. Sono stati anche considerati alcuni modelli di cartelle cliniche utilizzate da tre UOCP (tabella 1).

Tabella 1 – Strumenti di valutazione esaminati

STRUMENTO VERSIONE DESCRIZIONE ADL Activities index of indipendence in activities of Daily Living (Katz)

Italiana Valuta gli effetti del trattamento e la prognosi in pazienti geriatrici e portatori di malattie croniche

ECOG Zubrod Scale

Italiana Versione sintetica del Karnofsky

EORTC QLQ-C30 European Organization for Research on Treatment of Cancer – Quality of Life Questionnaire

Italiana Valutazione della qualità di vita nel malato oncologico. Esistono moduli per patologie specifiche. Questionario transculturale. Più idoneo per malati di tumore polmonare.

FACT Functional Assessment of Cancer Therapy Qualiy of Life Measurement System

Inglese Valutazione multidimensionale della qualità di vita del malato oncologico

FPCQS Family Palliative Care Quality Survey A-B

Inglese Bisogni della famiglia nelle cure palliative

FSSS Family Surrogate Satisfaction Survey

Inglese Soddisfazione espressa dalla famiglia sulle cure palliative ricevute dal paziente

FLIC Functional Living Index for Cancer

Italiana Indice multidimensionale sulla qualità di vita nel malato oncologico

GIVIO-CNR-ACRO Questionario sullo Stato di Salute

Italiana Valuta lo stato di salute del paziente attraverso diverse aree, ciascuna delle quali descrive quantitativamente una dimensione specifica di salute

IADL Attività Strumentali della Vita Quotidiana

Italiana Valuta il grado di autonomia nelle attività della vita quotidiana

KPS Karnofsky Performance Status

Italiana Valuta l'integrità funzionale e la necessità di assistenza medica in pazienti affetti da neoplasia

MBI 1 Italiana Burn out operatori sanitari MVQOLT Missoula-vitas quality of live index

Inglese Valutazione della qualità di vita dei pazienti in fase terminale

MMSE Mini Mental State Examination

Italiana Valutazione delle funzioni cognitive

MQOL McGill Quality of Life Questionnaire

Inglese Valutazione della Qualità di vita in persone con malattia grave

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NHP Profilo di Salute di Nottingham

Italiana Valutazione dello stato di salute generale

NEQ Need Evaluation Questionnaire

Italiana Valutazione dei bisogni del malato oncologico ricoverato

POS Palliative Care Outcome Scale Inglese Valutazione del risultato delle cure palliative erogate

PQOL Perceived Quality of Life Scale

Inglese Rileva la soddisfazione soggettiva circa lo stato funzionale e i bisogni.

QL-index Quality of life index (Spitzer)

Italiana Valutazione della qualità della vita

QSL Questionario sul Lavoro (Mirandola e Donini)

Italiana Valuta le caratteristiche del lavoro in ospedale

SIP Sickness Impact Profile

Italiana Inglese

Valutazione complessiva dello stato di salute percepito dal paziente

TIQ Therapy Impact Questionnaire

Italiana Valutazione soggettiva dell'impatto delle cure palliative

STAS Support Team Assessment Schedule

Italiana Valutazione dell'intervento di un'équipe di cure palliative

Cartelle cliniche di Unità Operative di Cure Palliative Italiana Cartelle cliniche (medica/infermieristica/psicologica/sociale) utilizzate dalle Unità Operative di Cure Palliative (UOCP): • Fondazione Floriani (Milano), • Antea (Roma), • Servizio anestesia e terapia antalgica

dell’Azienda Ospedaliera G. Brotzu (Cagliari).

I questionari sono stati analizzati item per item cercando di identificare, attraverso un lavoro di discussione in gruppo, i possibili bisogni sottesi in ciascun item o risalendo ad essi attraverso l’individuazione di risorse concrete espresse dall’item. Riportiamo nella tabella 2 alcuni esempi (vedi allegato). La classificazione e l’esame del materiale raccolto ha seguito criteri che si riferiscono ai princìpi fondamentali delle cure palliative:

• centralità del paziente/familiari; • centralità dei bisogni; • approccio globale (attenzione alle dimensioni: fisica, psicologica, sociale, culturale e

spirituale); • obiettivo di migliorare la qualità di vita del paziente; • controllo del livello di stress degli operatori e prevenzione del burn out.

I bisogni individuati sono stati raccolti in tre elenchi riferiti rispettivamente al paziente, al familiare e all’operatore. Ciascun bisogno è stato provvisoriamente espresso in modo grezzo e approssimativo. Ciascun elenco è stato a sua volta suddiviso in sette aree o dimensioni. La suddivisione è stata effettuata sia su indicazione della letteratura sui bisogni nelle cure palliative, sia in seguito a discussioni di gruppo degli psicologi del Centro di ascolto “Ghirotti” (tabella 3). Si tratta comunque di una suddivisione che non esclude alcune sovrapposizioni tra le aree e tra gli items/bisogni. C’è anche la possibilità che una stessa espressione linguistica, relativa a un bisogno, possa essere soggettivamente intesa in modo differente da soggetti diversi. Inoltre in una stessa area possono essere inclusi items che fanno riferimento allo stesso bisogno, ma con differenti gradi di specificità. Pertanto la suddivisione in aree ha lo scopo di razionalizzare la composizione degli

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inventari e orientare, seppure in modo non rigoroso, l’analisi dei dati raccolti nella seconda fase della ricerca. Tabella 3 – Elenchi e aree dei bisogni

ELENCHI

AREE Bisogni del

paziente

Bisogni del

familiare

Bisogni

dell’operatore

Fisico/funzionale

Cognitivo/comportamentale

Emozionale

Relazionale

Sociale/istituzionale/organizzativa

Culturale

Spirituale

Successivamente si è proceduto con l’analisi di ciascun bisogno dell’elenco: affinando le espressioni linguistiche, eliminando le ridondanze, conservando però i bisogni espressi in modo generico insieme a relative forme più specifiche (es. bisogno di “ricevere sostegno spirituale” e bisogno di “dare un senso/significato alla propria vita”). Gli items/bisogni sono stati espressi in forma affermativa. Si è preferito iniziare ciascun item con un verbo in modo da enfatizzare la dimensione operativa (operazioni mentali o azioni fisiche che se attuate aumentano la probabilità che la persona percepisca come “soddisfatto” il relativo bisogno). 5. 4.2 Rilevanza percepita dei bisogni I tre elenchi di bisogni (BP=bisogni paziente, BF=bisogni familiare, BO=bisogni operatore) sono serviti per la costruzione degli inventari da somministrare agli operatori di cure palliative. Ciascun item/bisogno degli inventari è stato affiancato da una scala a quattro punti corrispondenti a quattro livelli di rilevanza del bisogno nelle cure palliative5. All’operatore veniva richiesto di compilare le schede BP, BF e BO indicando, sulla base della propria esperienza e ruolo nell’ambito delle cure palliative, il livello di importanza (rilevanza) di ciascun bisogno per il paziente in fase terminale (BP)6, per il familiare (BF)7 e per l’operatore (BO)8. Pertanto tutti i bisogni degli inventari sono stati autovalutati. Era anche possibile indicare nella voce “altro”, e quindi valutare, altri eventuali bisogni non presenti negli elenchi.

5 La scala a quattro punti (nessuna rilevanza, bassa rilevanza, alta rilevanza, massima rilevanza) è stata scelta per due motivi: eliminare il punto intermedio, per costringere l’operatore a una scelta più netta circa la rilevanza del bisogno; per facilitare, in fase di elaborazione dei dati, l’accorpamento delle risposte, creando la dicotomia nessuna/bassa rilevanza – alta/massima rilevanza. 6 “Per RILEVANZA si intende: il peso che, nelle cure palliative, ha la soddisfazione di ciascun bisogno nel migliorare la qualità di vita del malato in fase terminale e sollevarlo dalla sofferenza.” (Vedi in appendice le istruzioni dell’inventario BP). 7 “Per RILEVANZA si intende: il peso che ha la soddisfazione di ciascun bisogno nel migliorare la qualità di vita del familiare/i (care-giver) più vicino/i affettivamente e fisicamente al malato in fase terminale.” (Vedi in appendice le istruzioni dell’inventario BF). 8 “Per RILEVANZA si intende: il peso che la soddisfazione di ciascun bisogno ha nell’elevare sia la qualità del SUO lavoro, sia la SUA soddisfazione professionale in quanto operatore nelle Cure palliative.” (Vedi in appendice le istruzioni dell’inventario BO).

8

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I tre inventari di bisogni (vedi Appendice) erano accompagnati da una lettera di presentazione, da brevi istruzioni per la compilazione e da un questionario per la raccolta di informazioni generali (età, sesso, UOCP/hospice di appartenenza, ecc.). Non veniva richiesto il nome dell’operatore sia per la sua irrilevanza ai fini della ricerca, sia per aumentare la probabilità di risposte veritiere in quanto anonime. Gli inventari sono stati distribuiti da marzo a luglio 2003 con un sistema multicentrico. La Fondazione Ghirotti ha consegnato una versione informatizzata degli inventari all’ASSR che ha provveduto a inviarla via posta elettronica alle Unità Operative delle regioni partecipanti alla ricerca. Ciascun responsabile delle UO ha curato la distribuzione presso le UOCP/hospice facenti parte del campione di strutture di cure palliative incluse nella della ricerca generale. La Fondazione Ghirotti ha anche curato la distribuzione e la raccolta di inventari a UOCP/hospice non inclusi nella ricerca generale (“Associazione Ghirotti” di Genova, “Ryder Italia” di Roma, “Progetto città della vita” di Roma). Gli inventari stampati e compilati hanno poi seguito un percorso a ritroso fino ad essere recapitati alla Fondazione Nazionale Gigi Ghirotti che ha provveduto all’elaborazione dei dati mediante i software Excel e SPSS. 5.5. Risultati 5.5.1 L’inventario dei bisogni Partendo dall’elenco grezzo dei bisogni è stato possibile costruire i tre inventari (BP, BF, BP) e per ciascuno di essi classificare i bisogni in aree o dimensioni come mostrato nella tabella 4. In seguito alla discussione di gruppo degli psicologi del Centro di ascolto “Ghirotti” sono state apportate correzioni, emendamenti e integrazioni all’elenco iniziale. In particolare sono state aggiunte nuove formulazioni di bisogni, in particolare per le aree “spirituale” e “culturale”: la prima era rappresentata, nell’elenco grezzo, solo da bisogni espressi in modo troppo vago e generico del tipo: “bisogno di assistenza spirituale”; la seconda era per lo più ignorata, soprattutto dagli strumenti di misurazione analizzati nella prima fase dello studio. Tabella 4 - Articolazione dei bisogni: numero items per area e raggruppamenti items

ELENCHI

AREE Bisogni del

paziente

Bisogni del

familiare

Bisogni

dell’operatore

Fisico/funzionale 16

items 1-16

5

items 1-5

4

items 1-4

Cognitivo/comportamentale 18

items 17-34

12

items 6-17

12

items 5-16

Emozionale 15

items 35-49

18

items 18-35

21

items 17-37

Relazionale 12

items 50-61

12

items 36-47

9

items 38-46

9

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Sociale/istituzionale/organizzativa 9

items 62-70

11

items 48-58

21

items 47-67

Culturale 6

items 71-76

8

items 59-66

7

items 68-74

Spirituale 15

items 77-91

6

items 67-72

3

items 75-77

TOTALE 91 72 77

5.5.2 Descrizione del campione Le schede dei bisogni pervenute ed analizzate sono state 461. Di queste, 152 (33%) sono state compilate da maschi e 307 (66,6%) da femmine (in 2 schede non è stato indicato il sesso), con un’età media di 44,8 anni (range 23-77) (tabelle 5 e 6)

Tabella 5 - Età dei soggetti di sesso maschile

Età media anni 46.6 Dev St. 11,4 Età minima anni 23 Età massima anni 77

Tabella 6 - Età dei soggetti di sesso femminile

Età media anni 43.9 Dev St. 12,5 Età minima anni 23 Età massima anni 77

Le strutture di cure palliative in cui lavorano i 461 operatori del campione sono elencate nella tabella 7.

Tabella 7 - UOCP/hospice/Ente di appartenenza

N % Vidas – Milano 117 25,4 Asl – Lecco 43 9,3 Antea – Roma 38 8,3 Az. Osp. (A.O.) Salvini – Garbagnate 35 7,6 Ass. G. Ghirotti – Genova 24 5,3 Az. Osp. Istituti Ospedalieri – Cremona 18 3,9 Az. Osp. Civile – Legnano 18 3,9 Hospice Ospedali Riuniti – Brescia 18 3,9 Az. Osp. S.Gerardo - Monza 17 3,7

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Casa di Cura Ancelle della Carità – Cremona 15 3,3 c.d.c. S. Camillo – Cremona 14 3,0 Hospice Pio Albergo Trivulzio - Milano 13 2,8 Hospice – Abbiategrasso 12 2,6 c.d.c. Beato Luigi Palazzolo - Bergamo 12 2,6 Istituto Pascale – Napoli 10 2,2 Ryder Italia – Roma 10 2,2 Istituto Nazionale Tumori - Milano 10 2,2 Hospice Domus Salutis - Brescia 8 1,7 Az. Osp. Cardarelli - Napoli 6 1,3 Az. Osp. S.Sebastiano - Bari 6 1,3 Az. Osp. Molinette - Torino 4 0,9 Usl – Altamura 2 0,4 ANT – Monopoli 2 0,4 UOCP - Nuoro 2 0,4 Progetto Città della Vita - Roma 1 0,2 A.U.C. S.Pietro Roma 1 0,2 IRCCS - Bari 1 0,2 Fondazione Santi Medici – Bitonto (Bari) 1 0,2 Ass. G. Ghirotti - Oristano 1 0,2 A. e L. Palma per la cura del dolore – Como 1 0,2 Centro terapia antalgica – Cosenza 1 0,2 Totale 461 100

Notiamo in particolare la netta prevalenza di schede compilate da operatori lombardi (350 = 76%) come mostrato dal grafico 1 e un quarto del totale da operatori Vidas di Milano (117 = 25,4 %).

Grafico 1 – Regione di appartenenza

Liguria5 ,3%

Lazio10,8%

Campania3,5%

Calabria0 ,2%

Puglia2 ,8%

Sardegna0,4%

Piem onte0,9%

Lombard ia76%

11

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La composizione del campione in funzione della variabile “ruolo professionale” rispecchia tedenzialmente le proporzioni dei diversi operatori dell’équipe di cure palliative. Infermieri e volontari insieme rappresentano il 57% del campione (rispettivamente 34% e 23%), seguono i medici (23%), gli operatori socio-sanitari (10%) e altre figure professionali come mostrato nella tabella 8.

Tabella 8 - Ruolo professionale

Ruolo professionale N % Infermiere professionale 144 31 Caposala (A.F.D.) 16 3

34

Volontario 106 23 Medico di cure palliative 97 21 Medico specialista 9 2

23

Operatore sociosanitario/Ausiliario 42 10 Psicoterapeuta psicologo 8 1,8 Psicologo 5 1 Psicoterapeuta medico 1 0,3

3,1

Altra figura professionale: coordinatore équipe facilitatore gruppi auto-aiuto psicologo del lavoro responsabile pubbliche relazioni segretaria educatore professionale operatore tecnico geriatrico membro unità valutativa

1611114152

3

Assistente sociale 9 2 Terapista della riabilitazione 7 1,6 Assistente religioso 1 0,3 Assistente spirituale 0 0 Totale 461 100

Considerando il “ruolo professionale” in funzione del “sesso” notiamo una forte presenza di operatori di sesso femminile (67%) soprattutto per quanto riguarda il ruolo di infermiere, OSS e volontario (tabella 9 in allegato). Più della metà degli operatori (265 = 57%) ha dichiarato di lavorare nell’ambito delle cure palliative da più di 4 anni (grafico 2). Di questi 265 operatori, 80 (30%) sono infermieri e caposala, 67 (25%) medici, 75 (28%) volontari (tabella 10 in allegato). Solo 30 (6,5 %) operatori hanno dichiarato di avere meno di un anno di esperienza in cure palliative. Alla domanda a risposta dicotomica circa la frequentazione di corsi di formazione specifici in cure palliative hanno risposto 450 operatori (97,6 % dell’intero campione). Hanno risposto “Sì” 376 operatori (83,5 %) e “No” 74 (16,5 %). Del numeroso gruppo di volontari che ha risposto a questa domanda solo 3 su 104 (3 %) non hanno seguito corsi di formazione. Anche 39 infermieri professionali su 140 (28 %) hanno risposto “No” e 11 Oss/Osa su 39, mentre dei 14 psicologi 1 ha risposto “No”. Su 106 medici 11 (21 %) non hanno mai seguito corsi di formazione in cure palliative (tabella 11). Tabella 11 - Ruolo professionale e frequentazione dei corsi di formazione in Cure palliative

Ruolo professionale Sì No

12

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% (N) % (N) Medico di cure palliative 90 (87) 10 (10) Medico specialista 89 (8) 11 (1) Caposala (A.F.D.) 75 (12) 25 (4) Infermiere professionale 72 (101) 28 (39) Psicologo 80 (4) 20 (1) Psicoterapeuta (psicologo) 100 (8) 0 Psicoterapeuta (medico) 100 (1) 0 Assistente sociale 89 (8) 11 (1) Terapista della riabilitazione 71 (5) 29 (2) Volontario 97 (101) 3 (3) Operatore sociosanitario/Ausiliario 72 (28) 28 (11) Altra figura professionale 87 (13) 13 (2) Totale % (fr) 83,5 (376) 16,5 (74)

Nella tabella 12 sono riassunte le risposte alla domanda sulla modalità di erogazione delle cure palliative. 312 (68 %) operatori svolgono l’attività di cure palliative a domicilio, 167 (36 %) in hospice, 106 (23 %) in ambulatorio di cure palliative, 79 (17 %) in day hospital e 40 (9 %) hanno compilato la voce “altro”. Tabella 12 - Modalità di erogazione delle cure palliative*

Struttura N % Ambulatorio di cure palliative 106 23 Day hospital 79 17 Hospice 167 36 Assistenza domiciliare di cure palliative 312 68 Altro 40 9 *A questa domanda si potevano barrare più caselle Considerato l’alto numero di volontari all’interno del campione di operatori (106 operatori volontari su 355 operatori professionali9, cioè il 23%) riportiamo qui di seguito alcune tabelle (13, 14, 15, 16, 17 in allegato) e grafici (2, 3 in allegato) in cui risultano distinti gli operatori “volontari” dai “professionisti”. Alcune comparazioni sono possibili anche osservando i dati riportati nelle tabelle 8, 9 10, 11 in allegato).

5.5.3 Rilevanza percepita dei bisogni Per ogni item delle schede BP, BF e BO sono state calcolate le frequenze percentuali di risposta di ciascuno dei quattro punti della scala. Sono state inoltre considerate eventuali integrazioni di bisogni che era possibile indicare nella voce “altro”. È stato evidenziato un basso numero di integrazioni (20) e per lo più riconducibili a bisogni già elencati negli inventari anche se linguisticamente formulati in modo diverso (tabella 18). Tabella 18 – Bisogni formulati nella voce “Altro”

9 Per motivi di chiarezza utilizzeremo il termine “operatori” per indicare tutti i soggetti del campione; “professionisti” tutti gli operatori professionali e “volontari” per coloro che hanno dichiarato di svolgere il ruolo di volontario.

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SCHEDA BISOGNO AGGIUNTO LIVELLO DI RILEVANZA

paziente essere ascoltato Massima paziente essere accompagnato dalla famiglia Alta paziente morire “presto” in fase agonica Massima paziente morire con dignità Massima paziente sentirsi amato da chi gli sta attorno Massima paziente non essere assillato da troppe domande Massima paziente non morire soli Massima paziente conversare con qualcuno Alta paziente decidere il luogo della propria morte Massima familiare avere sostegno completo al servizio nei momenti critici finali della

malattia Bassa

operatore coordinare attività dell’équipe Massima operatore gestione statistiche paz.iente-operatori Massima operatore partecipare alla gestione dell’associazione di cure palliative Massima operatore il paziente deve decidere il grado di informazione che vuole ricevere Massima operatore ricevere qualche giorno di ferie in più rispetto a colleghi che

lavorano in altro ambito lavorativo Bassa

operatore imparare a dire no Bassa operatore poter avere un supporto psicologico Massima operatore avere più tempo per la mia vita privata Massima operatore avere una lettera di presentazione del servizio da consegnare ai

familiari (prima visita) con linee guida di ciò che si devono aspettare o meno dal servizio stesso

Massima

operatore Avere la possibilità di un “tetto” di attivazione (in base al personale effettivo) da poter lavorare “sereni” senza dover solo dipendere “dai numeri” da presentare

Massima

Per ciascun punto della scala di rilevanza sono state calcolate le frequenze di risposta item per item. Allo scopo di evidenziare al massimo una possibile tassonomia dei bisogni, sono stati accorpati i primi due punti della scala (“nessuna rilevanza” e “bassa rilevanza”) e gli ultimi due (“alta rilevanza” e “massima rilevanza”). È stato così possibile creare risposte dicotomiche a ciascun item. Considerando il livello di rilevanza “alto-massimo”, i bisogni di ciascun inventario (BP, BF, BO) sono stati disposti in ordine decrescente di frequenza. Abbiamo quindi considerato bisogni ritenuti rilevanti a livello alto-massimo da almeno il 90% degli operatori (tabelle 19, 20, 21). Tabella 19 – I “BISOGNI DEL PAZIENTE”, percepiti dagli OPERATORI come PIÙ RILEVANTI (accorpando i livelli della scala: “alta” e “massima” rilevanza)

BISOGNI Dimensione/area % 4.* Sedare/controllare il dolore fisico-funzionale 99,6 77. Ricevere rispetto, essere trattato con dignità spirituale 99,3 3. Controllare i sintomi fisici e neurologici fisico-funzionale 98,7 7. Riposare/dormire in modo soddisfacente fisico-funzionale 98 8. Stare in una posizione corporea confortevole (eretto, seduto, allettato…) fisico-funzionale 96,8 52. Comunicare in modo soddisfacente con gli operatori dell’équipe curante relazionale 96,8 62. Ricevere continuità di cure sociale/istituz./organizzativa 96,3 53. Ricevere supporto, aiuto, compagnia, sostegno dai familiari relazionale 96,7 43. Essere valorizzato, considerato utile, importante emozionale 94,1 38. Ricevere rassicurazioni emozionale 93,7 51. Comunicare in modo soddisfacente con i familiari relazionale 92,6 63. Mantenere un costante contatto (anche telefonico) con l’équipe curante sociale/istituz./organizzativa 92,5 37. Affrontare e gestire la paura, le preoccupazioni, i timori emozionale 92,1

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44. Percepirsi positivamente come persona (stimarsi, avere buona considerazione di sé)

emozionale 92,1

55. Collaborare con l’équipe curante relazionale 92,1 54. Ricevere rispetto per la propria privacy (intimità) relazionale 91,5 41. Sperare (effetto terapia, prolungamento sopravvivenza…) emozionale 91,4 42. Esprimere le emozioni/sentimenti (piacevoli e spiacevoli) emozionale 91,4 9. Soggiornare in un ambiente fisico confortevole fisico-funzionale 91,2 76. Continuare a credere nei valori ritenuti importanti culturale 91 1. Curare la pulizia del corpo fisico-funzionale 90,8 12. Mantenere l’autosufficienza/indipendenza motoria fisico-funzionale 90,3

* Il numero che precede l’item corrisponde a quello dell’inventario somministrato agli operatori (vedi appendice).

Tabella 20 – I “BISOGNI DEL FAMILIARE”, percepiti dagli OPERATORI come PIÙ RILEVANTI (accorpando i livelli della scala: “alta” e “massima” rilevanza)

BISOGNI Dimensione/area % 24. Ricevere rassicurazioni (che il dolore è controllato, che un operatore dell’équipe interverrà in caso di urgenza…)

emozionale 98,7

30. Avere fiducia nell’équipe curante emozionale 98,7 39. Comunicare in modo soddisfacente con gli operatori dell’équipe curante relazionale 97,6 10. Conoscere l’evolvere degli eventi (prognosi, sintomi, decorso, esito…) cognitivo/comportamentale 97,4 12. Mantenere il controllo della situazione/realtà cognitivo/comportamentale 96,3 41. Ricevere supporto, aiuto, sostegno dai familiari relazionale 96,3 62. Far visita al paziente (a casa o in strutture tipo Hospice) culturale 95,6 55. Usufruire dei servizi/risorse assistenziali in tempi ragionevoli sociale/istituz./organizzativa 95,4 20. Affrontare e gestire la paura, le preoccupazioni emozionale 94,8 43. Ricevere comprensione relazionale 94,6 14. Aiutare il paziente a realizzare le proprie volontà cognitivo/comportamentale 94,4 13. Collaborare attivamente alle decisioni e scelte che riguardano il paziente cognitivo/comportamentale 94,1 21. Aiutare il paziente a fronteggiare l’ansia, le preoccupazioni, l’angoscia emozionale 93,7 40. Abbracciare, accarezzare, toccare con tenerezza il paziente relazionale 93,5 7. Informarsi/documentarsi sulla patologia cognitivo/comportamentale 93,3 31. Prepararsi emotivamente alla morte del paziente emozionale 93,2 16. Saper richiedere informazioni ai curanti in modo chiaro e mirato cognitivo/comportamentale 92,8 38. Comunicare in modo soddisfacente col paziente relazionale 92,4 49. Avere la possibilità di stare più tempo possibile col paziente ricoverato in strutture residenziali

sociale/istituz./organizzativa 92,3

11. Conoscere quanto rimane ancora da vivere al paziente cognitivo/comportamentale 92,2 15. Realizzare le volontà del paziente dopo il decesso cognitivo/comportamentale 92,2 48. Mantenere un costante contatto (anche telefonico) con l’équipe curante sociale/istituz./organizzativa 92,1 9. Essere educato/ricevere istruzioni pratiche sulla terapia cognitivo/comportamentale 91,9 1. Accudire fisicamente il paziente (igiene, spostamenti…) fisico-funzionale 91,7 3. Riposare/dormire in modo soddisfacente fisico-funzionale 91,5 67. Perdonare il paziente/essere perdonato dal paziente, rappacificarsi spirituale 91,4 8. Dare il consenso all’équipe curante per interventi potenzialmente invasivi o eticamente cruciali (es. sedazione profonda)

cognitivo/comportamentale 91,2

52. Orientarsi/avere informazioni sulle risorse socio-sanitarie presenti sul territorio

sociale/istituz./organizzativa 90,5

69. Dare un senso/significato alla propria vita spirituale 90,1 45. Accomiatarsi (ultimo saluto) dal paziente relazionale 89,8 33. Accettare la morte imminente del paziente emozionale 89,7 4. Rilassarsi fisicamente fisico-funzionale 89,6

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Tabella 21 – I “BISOGNI DELL’OPERATORE”, percepiti dagli OPERATORI come PIÙ RILEVANTI (accorpando i livelli della scala: “alta” e “massima” rilevanza)

BISOGNI DELL'OPERATORE Dimensione/area % 29. Svolgere il lavoro con passione, motivazione, interesse emozionale 99,6 38. Comunicare in modo soddisfacente col paziente/familiari relazionale 99,3 40. Instaurare un rapporto di fiducia col paziente/familiari relazionale 99,1 39. Comunicare/confrontarsi in modo soddisfacente con gli altri operatori dell’équipe curante

relazionale 98,9

26. Essere paziente/tollerante emozionale 98,5 3. Essere flessibile negli interventi (cambiare strategia di cura al variare dello stato del paziente)

fisico-funzionale 98

20. Aiutare il paziente/familiari a fronteggiare l’ansia, le preoccupazioni, l’angoscia

emozionale 97,9

18. Mantenere un tono di umore soddisfacente emozionale 97,8 24. Essere rassicurante (che il dolore sarà controllato, che un operatore dell’équipe interverrà in caso di urgenza…)

emozionale 97,8

31. Percepirsi positivamente (stimarsi, avere buona considerazione di sé) come professionista

emozionale 97,4

33. Avere fiducia nei colleghi d’équipe emozionale 97,4 76. Dare un senso/significato alla propria attività nelle cure palliative spirituale 97,4 7. Conoscere i propri limiti/sapere dove e quando fermarsi cognitivo-comportamentale 97,2 55. Rispettare i ruoli professionali dei colleghi (aree di competenza professionale)

sociale/istituz./organizzativa 97,2

25. Mantenere l’autocontrollo/dominio di sé emozionale 96,9 30. Percepirsi positivamente (stimarsi, avere buona considerazione di sé) come persona

emozionale 96,9

17. Mantenere la calma/rilassamento mentale emozionale 96,7 56. Essere riconosciuto/rispettato nel proprio ruolo dai colleghi sociale/istituz./organizzativa 96,7 72. Agire in accordo a principi etici culturale 96,7 37. Usare bene/sfruttare il tempo nella relazione emozionale 96,5 69. Conoscere e rispettare le abitudini della famiglia culturale 95,9 19. Affrontare e gestire la paura, le preoccupazioni, i timori emozionale 95,6 51. Valutare/monitorare i sintomi psicologici del paziente/familiari sociale/istituz./organizzativa 95,6 53. Partecipare alle riunioni sociale/istituz./organizzativa 95,2 11. Decidere in équipe il proprio intervento nelle fasi critiche della cura cognitivo-comportamentale 95,1 77. Trarre dal proprio lavoro senso/significato per la propria vita spirituale 95,1 5. Gestire il proprio stress cognitivo-comportamentale 95 49. Valutare/monitorare la qualità di vita del paziente sociale/istituz./organizzativa 94,6 21. Mantenere ben separato il lavoro dalla vita privata emozionale 93,5 52. Valutare le riunioni d’équipe sociale/istituz./organizzativa 92,9 13. Educare/dare istruzioni pratiche sulla terapia al paziente e ai familiari cognitivo-comportamenale 92,4 6. Progettare/pianificare nel tempo le proprie attività cognitivo-comportamentale 92,3 57. Valutare/monitorare il proprio livello di stress/rischio di burn out sociale/istituz./organizzativa 92,1 14. Educare paziente e familiari alla gestione dello stress cognitivo-comportamentale 92 23. Riuscire ad affrontare col paziente il tema della morte (quando è possibile)

emozionale 91,7

68. Conoscere e rispettare le tradizioni/usanze relative alla malattia in fase terminale

culturale 91,2

28. Essere valorizzato, accettato, considerato utile/importante dal paziente/familiari

emozionale 90

L’accorpamento dicotomico ha consentito anche di individuare i bisogni ritenuti con maggiore frequenza meno rilevanti (“Nessuna-bassa rilevanza”). In questo caso, per “maggiore frequenza” intendiamo i bisogni ritenuti rilevanti di “nessuna-bassa rilevanza” da almeno il 50% degli operatori

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(tabelle 22, 23, 24 in allegato). La scelta di questa percentuale è dovuta al fatto che l’inventario è stato costruito non elencando generici bisogni, bensì quelli che secondo la letteratura, gli strumenti di valutazione e il giudizio di psicologi esperti, hanno una certa rilevanza nelle cure palliative e nella prospettiva del miglioramento della qualità della vita (che per la nota definizione OMS è alla base delle stesse cure palliative). Pertanto, i bisogni dell’inventario che fossero considerati poco o per nulla rilevanti da un numero relativamente alto di operatori di cure palliative (dal 50% al 100%) meriterebbero un’attenzione critica particolare. Anche per i risultati del livello di rilevanza abbiamo distinto i “professionisti” (tabelle 25, 26, 27, 28, 29, 30 in allegato) dai “volontari” (tabelle 31, 32, 33, 34, 35, 36 in allegato) per i motivi esposti sopra e anche in considerazione del fatto che non tutti gli items sono stati compilati da volontari. Eccetto rari casi di items missing, si tratta di items non pertinenti per i volontari (es. scheda bisogni operatori, n.62: “Ricevere uno stipendio più alto rispetto a quello di colleghi che lavorano in altri ambiti”). Inoltre, la motivazione a svolgere attività di volontariato nelle cure palliative e la peculiarità delle funzioni di questo ruolo, sono variabili intervenienti che possono avere un peso rilevante sulla percezione dei bisogni propri, del paziente e dei familiari. 5. 6. Discussione Il primo obiettivo della presente linea di ricerca è la creazione di un ampio inventario di quei bisogni che gli operatori di cure palliative possono frequentemente incontrare nella loro attività. La successiva fase, la valutazione del livello di rilevanza di ciascuno dei bisogni (BP, BF e BO) richiesta agli operatori di cure palliative, ha fornito anche informazioni per valutare i risultati della prima fase. Il basso numero di schede missing (19, di cui 12 per mancata compilazione della scheda dati generali) e solo 20 integrazioni alla voce “altro” presente alla fine di ciascuna delle tre schede (tabella 18) sono risultati a vantaggio della validità di contenuto dell’inventario. Come già detto, l’esaustività non è un obiettivo raggiungibile quando si lavora con concetti e fenomeni soggettivi ed elusivi come lo sono i bisogni, abbiamo comunque a disposizione un inventario che facilita una valutazione “need oriented”, centrata sul concetto di bisogno, di interventi di cura, del rischio di burn out, della validità di questionari e scale di misurazione utilizzati nelle cure palliative. L’elaborazione dei dati raccolti dopo la somministrazione delle schede dei bisogni agli operatori di cure palliative, ha permesso di raggiungere il secondo obiettivo del presente studio. 5.6.1 I bisogni del paziente Sedare/controllare il dolore e controllare i sintomi fisici e neurologici sono percepiti come i bisogni più rilevanti (rispettivamente 99,6 % e 98,7 %) per il paziente, insieme al bisogno di ricevere rispetto, essere trattato con dignità (99,3 %). Quest’ultimo bisogno racchiude in sé lo spirito più autentico delle cure palliative, una sorta di “protobisogno” che sottende e anima tutti gli altri. Com’era facilmente prevedibile, la “cura” dei sintomi fisici e neurologici si conferma come una delle colonne portanti della prassi, ma anche della “cultura”10 italiana delle cure palliative. La risposta efficace a questi bisogni “fisici/funzionali” consente ad altri bisogni di emergere e di richiedere all’ambiente risorse per soddisfarli. Il riposo fisico è secondo gli operatori un bisogno importante che può realizzarsi dormendo (98 %) o occupando una posizione corporea confortevole (96,8 %). Una buona comunicazione tra paziente e operatori è ritenuta anche fondamentale (96,8 %) nelle cure palliative; si tratta di un bisogno che può essere riportato all’area “relazionale”, ma che riassume in sé bisogni sia relazionali, sia affettivi che sociali. Uno scambio comunicativo efficace, soddisfacente e centrato sulla persona contribuisce alla soddisfazione di altri

10 «La cura palliativa da noi è figlia primogenita della terapia del dolore (della sofferenza, diciamo oggi più correttamente) e delle cosiddette “terapie di supporto dei sintomi” del cancro in fase avanzata. Per questo si tende oggi a confondere la complessità delle cure palliative con la semplice terapia del dolore o con il “supportive care”.» (Di Mola 2002).

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bisogni ritenuti rilevanti da oltre il 90 % degli operatori: ricevere rassicurazioni, mantenere un continuo contatto con l’équipe, collaborare con i curanti, esprimere emozioni e sentimenti. La comunicazione soddisfacente è ritenuta un bisogno rilevante anche quando avviene nel rapporto tra il paziente e i suoi familiari. La relazione con i familiari è anche ritenuta fondamentale per fornire alla persona in fase terminale supporto, aiuto, compagnia, sostegno (96,7 %) in una modalità e con caratteristiche qualitative peculiari per l’individuo. Infatti, prescindendo dalle inevitabili eccezioni, l’aiuto in termini umani e affettivi che i familiari possono offrire al loro congiunto al termine della vita, è insostituibile, sia in termini qualitativi (conoscenza della personalità del paziente, condivisione di una parte della storia di vita, intimità, ecc.), sia quantitativi (tempo dedicato di presenza fisica). Dopo la cura dei sintomi, nella tassonomia della rilevanza, emergono con forte evidenza i bisogni afferenti alle dimensioni relazionale e affettiva, in particolare segnaliamo il bisogno di affrontare e gestire la paura, le preoccupazioni e i timori (92,1 %). Notiamo l’assenza, tra i bisogni più rilevanti, di quelli afferenti all’area cognitivo/comportamentale. Poco rappresentate le aree spirituale e culturale. Per la prima troviamo il già citato bisogno di “ricevere rispetto, essere trattato con dignità”, mentre l’unico bisogno dell’area culturale è continuare a credere nei valori ritenuti importanti. Possiamo far rientrare quest’ultimo bisogno anche in una dimensione trasversale comune ad altri bisogni dell’inventario che potremmo definire “DIMENSIONE ETICA”. Sono a questa riconducibili anche altri bisogni, tra quelli percepiti più rilevanti: essere valorizzato, considerato utile e importante (94,1 %); ricevere rispetto per la propria privacy/intimità (91,5 %); sperare (91,4 %) e, in un certo senso, anche il bisogno di mantenere l’autosufficienza/indipendenza motoria (90,3 %). Infine segnaliamo il bisogno di curare la pulizia del corpo (90,8 %) e quello di soggiornare in un ambiente fisico confortevole (91,2 %). Questi bisogni segnano gli estremi di un “asse della cura” che parte dal corpo fisico e prosegue, come un’estensione del Sé del paziente, nell’ambiente fisico circostante: la cura dell’ambiente fisico in cui il paziente vive gli ultimi giorni della sua vita si erge come un altro dei pilastri della cure palliative. Anche la dimensione temporale può essere oggetto di cura e in qualche modo è presente tra i bisogni più rilevanti come il bisogno di ricevere continuità di cure (96,3 %). Esaminando separatamente le risposte dei 355 professionisti e dei 106 volontari emergono alcune evidenze interessanti. Tra i bisogni ritenuti più rilevanti dai PROFESSIONISTI, avere fiducia nell’équipe curante (99,1 %) è risultato altamente rilevante per i professionisti. La fiducia è la prima conseguenza positiva nella persona che si sente trattata con dignità. Avere fiducia è da intendersi come bisogno cardine attorno a cui ruota una cura centrata sulla relazione rispettosa tra il paziente e l’équipe che lo assiste nella fase finale della vita (Luhmann, 2000; De Hennezel, 2003). Il paziente che riceve fiducia è quello che con molta probabilità darà a sua volta fiducia e soddisferà il bisogno di essere parte attiva nel processo della cura e di collaborare con l’équipe (92,3 %). Tra i bisogni ritenuti più rilevanti con una percentuale di risposte al limite di quella stabilita (89,7 %) c’è: essere abbracciato, accarezzato, toccato con tenerezza. Si tratta del bisogno di essere accudito non solo fisicamente, ma del bisogno di utilizzare il contatto fisico come il mezzo, il vettore di sentimenti come la tenerezza, la compassione, l’amore, che si trasmettono attraverso un “toccare” che richiama quello della relazione madre-bambino (De Hennezel, 1995). I risultati delle schede compilate dai VOLONTARI confermano la presenza di bisogni fisico/funzionali ai primi posti della tassonomia (anche se con differenze solo tendenziali e non statisticamente significative rispetto ai volontari). Il bisogno di ricevere rispetto, essere trattato con dignità (99,1) è anche presente in questa tassonomia al secondo posto. Per i volontari, oltre al controllo del dolore (100 %), al riposo fisico (99,1 %), alla posizione corporea confortevole (99,1 %) e al

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controllo dei sintomi (98,1 %) è presente anche il bisogno di alimentarsi/dissetarsi in modo naturale e soddisfacente (98,7 %). Questo bisogno è stato considerato rilevante a livello alto/massimo dall’85,6 % del campione dei professionisti. Si potrebbe ipotizzare che la soddisfazione di bisogni fisiologici come la fame e la sete, possa essere considerata, in prima analisi, prioritaria rispetto a quella di altri bisogni (Maslow, 1954) oppure, aderendo ad una valutazione di senso comune della qualità della vita e in assenza della possibilità, per il ruolo di volontario, di valutare la qualità di vita riferendosi ad altri parametri, dissetarsi e nutrirsi in modo “naturale e con soddisfazione” sarebbe un segno di vitalità ancora presente. A sostegno di ciò forse non è casuale la presenza tra i bisogni più rilevanti indicati dai volontari quello di avere energia e vitalità (senso di benessere) (92,4 % contro l’85,4 % dei professionisti: χ2=9,33, g.l.=3, p.=0,02). Le risposte dei volontari evidenziano tra i primi bisogni della tassonomia, anche se le differenze con i professionisti non sono significative, la presenza di due bisogni culturali considerati molto rilevanti: continuare a credere nei valori ritenuti importanti (93,4 % contro 90,3 % dei professionisti: χ2=2,07, g.l.=3, p.=0,56) e morire in casa (91,6 % contro l’85,5 % dei professionisti: χ2=4,61, g.l.=3, p.=0,2). Quest’ultimo bisogno rinforza l’immagine che risale alla fase pionieristica delle cure palliative, in particolare in Italia, del morire in casa, in ambiente fisico noto e circondato dalle persone care. La presenza di un bisogno riconducibile all’area spirituale è anche degno di nota: perdonare ed essere perdonato, rappacificarsi (92,4 %). “Morire in pace”, un luogo comune che qui riattiva la sua forza semantica originaria e si colloca tra i bisogni ritenuti più rilevanti (con qualche punto percentuale in più, ma senza significatività statistica a favore dei volontari rispetto all’88,9 % dei professionisti: χ2=6,25, g.l.=3, p.=0,1). Un’altra possibile analisi dei risultati che può offrirci evidenze interessanti e stimolanti per successive riflessioni, è l’analisi dei bisogni che sono stati con maggior frequenza ritenuti meno rilevanti. Come abbiamo già argomentato nel paragrafo sulla presentazione dei risultati, sono stati considerati i valori percentuali maggiori del 50 %. Una considerazione ulteriore è quella che riguarda le frequenze intorno al 50 % (40-60 %). Essendo questa percentuale il risultato dell’accorpamento in senso dicotomico dei due punti estremi della scala di valutazione a quattro punti, è probabile che valori intorno al 50 % possano essere indicatori di “incertezza” nel percepire e valutare l’importanza di alcuni bisogni. Come si è detto, l’inventario è stato costruito selezionando già bisogni con un certo grado di rilevanza nelle cure palliative, e ciò è confermato osservando le tabelle riportate più sopra: i bisogni con frequenze di risposta maggiori o uguali a 90 % sono più numerosi accorpando i livelli “alta” e “massima” rilevanza che accorpando “nessuna” e “bassa” rilevanza. Ad esempio le risposte “alta-massima rilevanza” con frequenza maggiore o uguale al 90 % riguardano 21 bisogni (tabella 19), contro nessun bisogno ritenuto da almeno il 90 % di “nessuna-bassa rilevanza (la frequenza più alta del bisogno n.60 è 85 %) (tabella 22). Fatte queste considerazioni, osserviamo i bisogni del paziente ritenuti meno rilevanti dall’intero campione di operatori (tabella 22). Comunicare con altri malati in fase avanzata è ritenuto dall’85 % degli operatori il bisogno meno rilevante per il paziente. In assenza di altri dati possiamo ipotizzare che per la persona in fase terminale sia ritenuto ormai poco importante, se non addirittura deleterio, il confronto con persone in una condizione simile, a differenza del malato cronico o del malato oncologico in fase di trattamento o di follow-up, per i quali è verificata l’efficacia del supporto del gruppo di auto-mutuo aiuto e del confronto con pazienti in condizione simile. Forse, la non certo rara situazione del malato in fase terminale che non è o non vuole essere informato sulla propria condizione, è ben nota agli operatori di cure palliative e forse per questo motivo verrebbe ritenuta come improponibile, nelle cure palliative, la comunicazione tra pazienti.

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Altro bisogno ritenuto meno rilevante è avere una sessualità soddisfacente (84,2 %). È come se, giunti al termine della vita, la sessualità cessasse di essere importante, la “vita sessuale” sembra essere importante in altre condizioni di vita. Se considerassimo il bisogno di sessualità in senso stretto come spinta ad accoppiarsi per provare piacere e per riprodursi, allora forse sarebbe giustificata la scarsa rilevanza. È noto che la pulsione sessuale diventa di secondaria importanza in situazioni di pericolo/insicurezza, in presenza di bisogni importanti per la conservazione della vita e in presenza di emozioni spiacevoli come la paura. Se invece considerassimo il paziente come una persona che grazie all’efficacia delle cure palliative o perché si trova in una fase di malattia che gli consente una certa autonomia, potrebbe essere possibile la soddisfazione del bisogno sessuale. Inoltre la sessualità in senso lato, intesa cioè come un rapporto intimo col partner, fondato sulla tenerezza del contatto fisico non necessariamente finalizzato al coito o all’orgasmo, può essere a ragione considerato un bisogno rilevante. A questo senso è forse riferibile l’alta rilevanza che abbiamo visto essere attribuita dall’89,7 % degli operatori al bisogno di essere toccato, abbracciato con tenerezza. Se aggiungiamo a quest’ultimo bisogno la presenza del partner o del coniuge con cui è stato soddisfatto in passato il bisogno sessuale in senso stretto e aggiungiamo pure l’elemento intimità, allora dovremmo considerare l’importanza del bisogno di avere una sessualità soddisfacente anche al termine della vita. Tra in bisogni meno rilevanti troviamo anche quello di essere alimentato/idratato in modo forzato (parenterale) (80,3 % di risposte “poco/per nulla rilevante”). Si tratta di un bisogno che può rientrare sia nella dimensione fisico-funzionale sia in quella etica. È sempre aperto il dibattito nelle cure palliative sulla liceità etica di alimentare o idratare per via parenterale la persona morente. Si tratta di una questione difficile da risolvere senza esaminare il caso specifico, pertanto, ragionando in termini generici, la maggioranza degli operatori ha ritenuto poco rilevante la soddisfazione di questo bisogno. Colpisce la presenza, tra i meno rilevanti, di alcuni bisogni che, al pari di quello sessuale, se ben gestiti all’interno di un programma personalizzato di cure palliative, potrebbero contribuire ad innalzare la qualità di vita del paziente. Si tratta del bisogno di partecipare/interessarsi alla vita pubblica/istituzionale (es. votando) (75,2 %), esprimere la creatività (71,6 %), coltivare hobby, svagarsi, distrarsi divertirsi (64,7 %). Anche in questo caso avvertiamo la necessità di esprimere qualche osservazione critica. La soddisfazione della “dignità della persona” si nutre di attività collocabili tra la dimensione socio-istituzionale e quella culturale, che possono essere svolte anche al termine della vita. Come per la sessualità c’è sicuramente un modo per soddisfare anche in fase avanzata di malattia bisogni come la partecipazione alla vita pubblica, esprimere la creatività e divertirsi. Tra l’altro è stata sperimentata da tempo, tanto da includerla in corsi di formazione in cure palliative, l’efficacia delle “terapie diversionali” o delle cosiddette “arti terapie”, al fine di elevare il più possibile la qualità di vita residua e in particolare per contribuire al controllo di sintomi come il dolore, l’ansia e la depressione. Due bisogni riconducibili alla realtà della morte risultano anche tra quelli meno rilevanti: morire presto (71,1 %) e conoscere quanto gli rimane ancora da vivere (60,9 %). Le cure palliative, per definizione, non anticipano né ritardano la morte, e in questa prospettiva è spiegabile la scarsa importanza (nelle cure palliative) attribuita al bisogno di morire presto. Anche quando questo bisogno fosse, in qualche modo, espresso dal paziente, la sua soddisfazione esulerebbe certamente dalle cure palliative per sollevare, anche se non necessariamente, problematiche etiche, prima fra tutte l’eutanasia. “Conoscere quanto rimane ancora da vivere” è un bisogno cognitivo, considerarlo scarsamente rilevante nelle cure palliative è giustificato se restassimo fedeli al primato della qualità di vita sulla sua “quantità”. Ma è anche possibile che un paziente voglia conoscere quanto gli resta da vivere,

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anche se in termini probabilistici, per mantenere il controllo e per continuare in qualche modo a progettare o svolgere un compito esistenziale (rappacificarsi, portare a termine un progetto, prepararsi alla morte, ecc.). In questo caso, la mancata soddisfazione di questo bisogno, inciderebbe negativamente sulla qualità di vita della persona e quindi sull’efficienza delle cure palliative. Il bisogno di sapere quanto al paziente rimane ancora da vivere è uno di tanti altri bisogni ambivalenti dell’inventario,11 che molto probabilmente conserveranno la loro ambivalenza fino a quando non si riscontreranno in un caso clinico concreto e in quell’occasione sarà più agevole valutarne la rilevanza. Come si è già detto, i bisogni ambivalenti dell’inventario sono probabilmente quelli con percentuali intermedie, un “intervallo dell’incertezza” (o “dell’ambivalenza”) che possiamo collocare approssimativamente tra il 40 e il 60 % delle risposte di rilevanza o non rilevanza. Citiamo a tale proposito i primi quattro bisogni riportati nella tabella 22: uscire di casa (da solo o aiutato) (molto rilevante secondo il 51,7 % degli operatori); fare testamento (53,7 %); informarsi/documentarsi sulla patologia (55 %); partecipare alle tradizioni, usanze, ricorrenze (55 %). È comunque da notare, tra i precedenti, la presenza di due bisogni culturali (“fare testamento” e “partecipare alle tradizioni”) che in altri contesti culturali, nel tempo e nello spazio, avrebbero invece rappresentato due bisogni fondamentali sia al termine della vita, in senso lato, sia nel complesso di azioni e procedure di cura e accompagnamento della persona morente. Generalizzando, possiamo ipotizzare che, i bisogni che abbiamo definito come “ambivalenti”, possono, in seguito a un cambiamento, per così dire, “paradigmatico” e culturale, delle cure palliative, perdere la loro ambivalenza e collocarsi tra i bisogni percepiti come fortemente rilevanti o fortemente irrilevanti. La soddisfazione di bisogni come: “fare testamento”, “informarsi/documentarsi sulla patologia”, “conoscere quanto gli rimane ancora da vivere”, “comunicare con altri malati in fase avanzata” è incompatibile in situazioni in cui il paziente è inconsapevole o poco informato sulla sua condizione. Trovare questi bisogni tra quelli ritenuti poco o per nulla rilevanti dalla maggioranza degli operatori, forse rivela una tendenziale difficoltà, per le cure palliative italiane e per i cittadini che le ricevono, ad acquisire e far propria (senza “imposizioni dall’alto”) la cultura dell’informazione e del consenso come elemento irrinunciabile di qualità (Spinsanti, 2003). Considerando il solo gruppo di OPERATORI PROFESSIONISTI (tabella 28) ritroviamo sostanzialmente gli stessi bisogni ritenuti meno rilevanti dall’intero campione. Qualche differenza è invece evidente considerando il gruppo dei volontari (tabella 34). Osservando il numero di bisogni ritenuti dai VOLONTARI meno rilevanti (dal 50 al 100%), ne contiamo 27 contro 9 degli operatori professionisti. Questa evidenza è certamente attribuibile a variabili, qui non analizzate, che caratterizzano il ruolo e le funzioni dei volontari. Possiamo ancora notare che i bisogni compresi in quello che abbiamo definito “intervallo dell’incertezza”, ossia tra il 40 e il 60 %, sono 22 per il campione dei volontari (24 % di tutti i bisogni dell’elenco) e 13 per i professionisti (13 % di tutti i bisogni). I volontari tendono a percepire la rilevanza dei bisogni in modo più eterogeneo, meno definito, meno orientato rispetto ai professionisti. Questo fenomeno è probabilmente attribuibile ad una maggiore flessibilità sia cognitiva sia formativa del ruolo dei volontari, meno aderenti a un “paradigma” (se così si può dire) delle cure palliative. Tutto ciò contribuisce a mantenere un certo livello di flessibilità in un modello di cure palliative, e quindi la presenza di volontari può aiutare a renderlo meno “paradigmatico” e irrigidito su determinate visioni della realtà (inclusa la percezione della rilevanza dei bisogni). Gli stessi bisogni ritenuti meno rilevanti dall’intero campione e dai professionisti sono presenti, sebbene con percentuali differenti in modo non significativo, anche nei risultati del gruppo dei

11 In riferimento ai bisogni del malato, in letteratura è noto che «il malato può manifestare dei bisogni che, all’occhio della persona sana che lo assiste, possono sembrare contraddittori» (Zotti e D’Andrea, 1998, p.70).

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volontari (es. “Avere una sessualità soddisfacente” è ritenuto scarsamente rilevante dal 95,2 % dei volontari contro l’80,9 % dei professionisti). 5.6.2 I bisogni del familiare Per i 461 operatori di cure palliative il familiare ha bisogno soprattutto di ricevere rassicurazioni (che il dolore è controllato, che un operatore dell’équipe interverrà in caso di urgenza…) (98,7 %) e di avere fiducia nell’équipe curante (98,7 %) di comunicare in modo soddisfacente con gli operatori dell’équipe (97,6 %) e di conoscere l’evolvere degli eventi (prognosi, sintomi, decorso, esito…) (97,4 %) (tabella 20). Si tratta di bisogni interdipendenti, centrati sulla collaborazione e il coinvolgimento dei familiari nel processo di cura. Anche in questo caso, come per il paziente, la fiducia e la comunicazione sono le basi su cui costruire un processo di cure palliative efficace ed efficiente. L’alta rilevanza attribuita al bisogno di mantenere il controllo della situazione/realtà (96,3 %) ne fa un indicatore della motivazione alla base di molti comportamenti (e altri bisogni) del familiare stressato da mesi o anni di crisi e minacce di “perdita del controllo” sulla realtà sconvolta dalla malattia grave del congiunto. Se nella valutazione dei bisogni del paziente quello di informarsi/documentarsi sulla patologia e quello di conoscere quanto rimane da vivere erano ritenuti scarsamente rilevanti, per il familiare sono invece bisogni rilevanti (rispettivamente 93,3 % e 92,2 %). Tra gli altri bisogni più rilevanti (ben 31, su 72, con percentuale di risposta maggiore o uguale al 90 %) segnaliamo una forte presenza di bisogni afferenti all’area cognitivo/comportamentale ed emozionale, mentre molto scarsa la presenza di bisogni riconducibili alla dimensione culturale e solo due bisogni spirituali. Il bisogno culturale è quello di far visita al paziente (95,6 %); ma è facile che sia stato percepito come bisogno relazionale più che come bisogno di agire spinti dal valore di far visita a chi è ammalato o che sta morendo. Si confermerebbe dunque la scarsa attenzione per la dimensione culturale nelle cure palliative. I due bisogni spirituali sono collocati al limite dell’intervallo dei bisogni selezionati col criterio della percentuale di scelta maggiore o uguale al 90 %. Si tratta del bisogno di perdonare il paziente/essere perdonato dal paziente, rappacificarsi (91,4 %) e dare senso/significato alla propria vita (90,1 %). Possiamo identificare tra i bisogni della tabella 20 alcuni di carattere etico: conoscere l’evolvere degli eventi (97,4 %); aiutare il paziente a realizzare le proprie volontà (94,4 %); collaborare attivamente alle decisioni e scelte che riguardano il paziente (94,1 %); dare il consenso all’équipe curante per interventi potenzialmente invasivi o eticamente cruciali (es. sedazione profonda) (91,2 %). Due bisogni sono invece riconducibili più direttamente al tema della morte: prepararsi emotivamente alla morte del paziente (93,2 %); accettare la morte imminente del paziente (89,7 %); a tale proposito segnaliamo l’assenza, tra i bisogni più rilevati, di quello di elaborare il cordoglio (lutto) dopo la morte del paziente (è stato ritenuto molto rilevante dall’89 % degli operatori, un punto al di sotto della soglia fissata al 90 %, comunque stupisce non poco non trovare la gestione del cordoglio, che è ormai da tempo considerato parte integrante delle cure palliative, tra le prime posizioni della tassonomia dei bisogni del familiare. Consideriamo ora le tassonomie distinte dei PROFESSIONISTI e dei VOLONTARI. Se nella tassonomia delle risposte dei professionisti il bisogno più rilevante è “avere fiducia nell’équipe” (99,4 %), nel caso dei volontari il familiare del paziente ha innanzitutto bisogno di “mantenere il controllo della situazione/realtà” (98,1 %). Nel primo caso il bisogno coinvolge due attori delle cure palliative: familiare ed équipe, nel secondo caso il focus è solo sul familiare, il rischio di perdere il controllo su quanto accade attorno a sé è ritenuto dai volontari molto alto. Si può ipotizzare che la soddisfazione del bisogno di “ricevere rassicurazioni”, fortemente rilevante sia per i volontari che per il resto degli operatori, (rispettivamente 98,1 % e 98,9 %) possa essere considerato, nel caso dei professionisti, in rapporto dinamico con il bisogno di instaurare un rapporto di fiducia con l’équipe: «se ho fiducia mi sento più rassicurato; se un’équipe mi rassicura mi sento più fiducioso nei suoi confronti».

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Naturalmente in questa dinamica gioca un ruolo importante il bisogno di comunicare in modo soddisfacente con gli operatori (98 %). Nel caso dei volontari, il bisogno di ricevere rassicurazioni può essere considerato una componente fondamentale affinché il familiare sperimenti un senso di controllo della situazione/realtà. La crescita del senso di sicurezza sarebbe direttamente proporzionale alla crescita del senso di controllo della realtà circostante. Questa ipotesi è supportata anche dal fatto che per un’alta percentuale di volontari, al bisogno di rassicurazione seguono quello di “conoscere l’evolvere degli eventi” (97,2 %) e “collaborare attivamente alle decisioni e scelte che riguardano il paziente” (97,2 %). Due bisogni che sono evidentemente collegati a quello del controllo della situazione. Tra le differenze più evidenti tra i volontari e il resto degli operatori segnaliamo il bisogno di mantenere il proprio ruolo e funzioni all’interno della famiglia (90,4 % professionisti, 80,8 % volontari: χ2=12,6, g.l.=3, p=0,006). Attribuendo una più alta rilevanza a questo bisogno, gli operatori professionisti considererebbero, più dei volontari, il familiare minacciato dalla riconfigurazione di ruoli e funzioni all’interno del sistema-famiglia colpito dalla crisi della malattia grave. Tra i bisogni collocati nell’intervallo di incertezza/ambivalenza (40-60%) dell’intero campione, segnaliamo il bisogno del familiare di congedarsi dall’équipe curante dopo il decesso del paziente, percepito in modo significativamente diverso dai volontari rispetto ai professionisti: (76,1 % professionisti, 90,4 % volontari: χ2=18,5, g.l.=3, p<0,001). Forse il contatto tra familiare e volontario si estende anche per un periodo dopo la morte, di qui la possibilità, per il volontario di valutare meglio questo bisogno rispetto al professionista e attribuirgli una forte rilevanza. Anticipando il risultato relativo al bisogno, questa volta dello stesso operatore, di congedarsi dai familiari dopo la morte del paziente, abbiamo dei risultati forse spiegabili con la stessa ipotesi (83 % professionisti, 93,3 % volontari: χ2=9,8, g.l.=3, p=0,02). Con la differenza che questa volta gli operatori possono meglio percepire questo bisogno perché riguardante se stessi, a prescindere dal prolungarsi o meno del contatto con i familiari dopo la morte del paziente (le percentuali dei professionisti e dei volontari sono maggiori rispetto al corrispondente bisogno del familiare). Un altro interessante confronto è quello relativo ad alcuni bisogni - afferenti all’area culturale, emozionale e relazionale - in qualche modo accomunati dall’evento morte e dalla perdita della persona cara (tabella 37). Come mostrato dalla tabella 37, alcune differenze tra volontari e professionisti sono anche statisticamente significative (in neretto).

Tabella 37 – Livello di rilevanza, percepita dai volontari e professionisti, di bisogni del familiare legati al decesso del paziente

BISOGNI Area/Dim. %

Volont.% Non volont.

χ2 g.l. p

44. Congedarsi dall’équipe curante dopo il decesso del paziente

relazionale 90,4 76,1 18,45 3 <0,001

63. Fare in modo che il decesso del paziente avvenga in casa culturale 91,6 78,3 13,25 3 0,01 32. Elaborare il cordoglio (lutto) dopo la morte del paziente emozionale 91,4 87 10,21 3 0,02 66. Partecipare ai rituali funebri culturale 91,5 87 2,06 3 0,6 45. Accomiatarsi (ultimo saluto) dal paziente relazionale 91,2 89,4 6,02 3 0,11 I volontari sembrano più sensibili a bisogni che premono all’interno della famiglia in prossimità o poco dopo la morte del congiunto. Merita un’attenzione particolare il bisogno di congedarsi dall’équipe curante dopo il decesso del paziente con i suoi 14,3 punti di scarto tra i volontari e i professionisti. Un numero notevole di volontari, rispetto ai professionisti, ritiene pertanto altamente rilevante per il familiare questo bisogno. Possiamo ipotizzare che, se il distacco dai familiari

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avviene subito dopo la morte, sarà meno probabile che l’operatore possa valutare il bisogno del familiare di congedarsi dall’équipe. Se l’attributo “curante”, che accompagna il termine “équipe” nell’item in questione, fosse inteso come “équipe curante i sintomi del paziente”, allora forse sarebbe giustificata, da parte dei professionisti, l’attribuzione di minore rilevanza al bisogno del familiare di congedarsi da coloro che hanno sollevato, lenito, sostenuto il paziente finché era vivo. A differenza di altri operatori che dopo la morte del paziente tendono a congedarsi dalla famiglia per dedicare tempo e “accessi” ad altri pazienti in carico, i volontari, per tradizione, per “vocazione” o per minore vincolo ai “numeri” delle prese in carico, possono valutare meglio questo bisogno del familiare e forse ciò spiega la tendenziale differenza con i professionisti. La rilevanza del bisogno di elaborare il cordoglio (lutto) dopo la morte del paziente differisce tra i volontari e i non volontari (tabella 37) a vantaggio dei primi. Vogliamo soffermarci su questo bisogno che ha già attirato la nostra attenzione quando abbiamo rilevato la sua assenza tra i bisogni ritenuti più rilevanti da più del 90% degli operatori. Il cordoglio per la morte del paziente suscita nei congiunti una sofferenza che, secondo vari modelli teorici e linee guida recenti, rientrerebbe nel periodo di erogazione delle cure palliative, soprattutto in presenza di rischio di “lutto patologico”. È probabile che, se considerassimo, per assurdo, l’elaborazione del cordoglio come non rientrante nelle cure palliative, è chiaro che, stando in senso stretto alle istruzioni per la compilazione delle schede12, il bisogno di elaborare il proprio cordoglio sarebbe giustamente irrilevante per le cure palliative (fermo restando la sofferenza del familiare in lutto). Invece i principi internazionali fondanti le cure palliative, nonché le linee guida operative, includono a pieno titolo il cordoglio tra le “cure” palliative: il “mantello” si estende fino a coprire anche i disturbi (soprattutto in presenza di rischio di lutto patologico) provati dai familiari più vicini al paziente dopo il suo decesso. Fare in modo che il decesso del paziente avvenga in casa, è un altro bisogno del familiare ritenuto molto rilevante dai volontari con una differenza significativa (91,6 %) rispetto ai professionisti (78 %; vedi tabella 37). Anche il corrispondente bisogno riferito al paziente (morire in casa) era risultato tendenzialmente più rilevante per i volontari (entro il range del 90-100 %) rispetto ai professionisti (91,6 % contro 86,3 %, la differenza non è comunque statisticamente significativa: χ2=4,61, g.l.=3, p=0,2). Questo risultato può essere letto come una forte tendenza dei volontari a percepire come molto rilevante il bisogno, del paziente e dei familiari, che il decesso avvenga a casa. La percezione dei professionisti risulta distribuita in modo più eterogeneo non raggiungendo un accordo di almeno il 90 % sia per il paziente, sia per il familiare. Abbiamo provato a considerare il campione di volontari e professionisti omogeneo per la variabile “modalità operativa”: hospice e assistenza domiciliare. Questa selezione è stata necessaria in quanto gli operatori potevano indicare anche diversi ambiti del proprio lavoro. Sono stati considerati gli operatori che hanno dichiarato di lavorare esclusivamente in hospice e coloro che lavorano solo in assistenza domiciliare. I risultati sono riassunti nelle tabella 38 e 39.

Tabella 38 - Rilevanza del bisogno del paziente: “Morire a casa”, in campioni di volontari e professionisti omogenei per le variabili “lavoro in hospice” e “lavoro in assistenza domiciliare”

Hospice Assistenza

domiciliare

Morire a casa Alta

rilevanza

%

Bassa

rilevanza

%

Alta

rilevanza

% (N)

Bassa

rilevanza

% (N)

12 Ricordiamo che all’operatore veniva richiesto di valutare il livello di rilevanza di ciascun bisogno “nelle cure palliative” e non nella “fase terminale della malattia” o “dopo la morte del paziente”.

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(N) (N)

Volontari 83,3

(5)

16,7

(1)

91,3

(84)

8,7

(8)

Professionisti 60,3

(44)

39,7

(29)

100

(98)

0

(0)

Tabella 39 - Rilevanza del bisogno del familiare: “Fare in modo che la morte avvenga a casa”, nei campioni di volontari e professionisti omogenei per le variabili “lavoro in hospice” e “lavoro in assistenza domiciliare”

Hospice Assistenza

domiciliare

Fare in modo che la morte avvenga a casa

Alta

rilevanza

%

(N)

Bassa

rilevanza

%

(N)

Alta

rilevanza

% (N)

Bassa

rilevanza

% (N)

Volontari 100

(6)

0

(0)

92,4

(85)

7,6

(7)

Professionisti 54,7

(41)

45,3

(34)

95

(95)

5

(5)

Gli operatori con maggiore accordo sull’alta rilevanza attribuita ai bisogni relativi alla morte in casa, sono i volontari che operano solo in hospice e i volontari e i professionisti che operano solo in regime di assistenza domiciliare. I professionisti invece che operano solo in hospice non mostrano una chiara tendenza. La maggiore evidenza emerge dalla rilevanza del bisogno del familiare che la morte del paziente accada in casa. In questo caso i 75 professionisti che lavorano solo in hospice, si distribuiscono senza mostrare una precisa tendenza (41 soggetti “alta rilevanza”, contro 34 “bassa rilevanza”). È probabile che il luogo in cui l’operatore eroga cure palliative influisca sulla percezione del bisogno del paziente e del familiare che la morte avvenga a casa. Se l’operatore di cure palliative (sia volontario, sia professionista) lavora solo a domicilio del paziente, tenderà a percepire rilevante questo bisogno. Nel caso in cui operi solo in hospice ci sarebbe una tendenza dei soli volontari a ritenere molto importante questo bisogno, mentre meno accordo c’è tra i professionisti. Consideriamo ora i bisogni del familiare ritenuti meno rilevanti dall’intero campione. Un primo sguardo alla tabella 23 rivela un basso numero di bisogni (5) con percentuale compresa tra il 50 e il 100% delle risposte attribuite ai livello “nessuna” e “bassa” rilevanza. Il bisogno meno rilevante del familiare è mantenere una sessualità soddisfacente (83,3 %). È possibile che la soddisfazione di questo bisogno sia ritenuta di scarsa importanza nel processo di cura, ma una percentuale tanto alta e confrontabile con quella già discussa circa lo stesso bisogno della scheda paziente (84,2 %) meriterebbe uno studio più specifico.

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Un altro dei bisogni ritenuti meno rilevanti è sperare che il paziente muoia presto (72,6 %). Questa speranza può essere collegata ad altri bisogni, come quello di allentare la pressione dello stress sostenuto dal familiare, soprattutto quando la malattia è in fase avanzata e il paziente mostra un’intensa sofferenza o ha uno scarso livello di vigilanza. Sperare o “desiderare” che il paziente muoia presto, può rappresentare un meccanismo di difesa per anticipare fantasticamente la morte, spinti dall’ansia anticipatoria per l’evento. Il familiare può razionalizzare questo desiderio dicendo che in realtà spera che sopravvenendo la morte il suo caro non soffra più. L’alta probabilità di incontrare nei familiari di malati “in fase terminale” questa speranza, non necessariamente significa che esso sia un bisogno altamente rilevante al fine “nelle cure palliative”. Coltivare hobby, svagarsi, distrarsi, divertirsi è considerato dal 70,6 % degli operatori poco rilevante, cioè da una percentuale ancora più alta di quanto non fosse il corrispondente bisogno del paziente (64,7 %). A maggior ragione ribadiamo quanto già detto, e cioè che la distrazione o il divertimento,13 lo svago, sono strategie di “distacco”, di distensione, di gestione dello stress e possono contribuire a raggiungere pause di sollievo dalla sofferenza. Quindi si tratta di un bisogno che se soddisfatto può contribuire alla qualità di vita e quindi al successo delle cure palliative. Per questo motivo riteniamo degno di approfondimento questo risultato. Forse “coltivare hobby, svagarsi, distrarsi, divertirsi” può essere ritenuto poco rilevante, come bisogno del familiare nelle cure palliative, se gli si attribuisce un significato di frivolezza, di disattenzione o addirittura di fuga dall’assistenza al congiunto malato. Il bisogno di pulire e vestire la salma, culturalmente significativo, è ritenuto poco rilevante (65,1 %) per il familiare, forse perché oggi non è più sentito come bisogno legato a un’antica tradizione (“toilette del morto”) con i suoi significati latenti e manifesti. Inoltre, il momento in cui avviene la preparazione della salma, gli operatori di cure palliative e anche i familiari, lasciano il posto agli operatori di pompe funebri. Infine, dal 65,1 % degli operatori, è ritenuto scarsamente rilevante il bisogno di comunicare con i familiari di altri malati in fase terminale. Nel caso del malato, ricordiamo che il bisogno ritenuto meno rilevante era quello di “comunicare con altri malati in fase avanzata”. In questo caso la percentuale è più bassa e più vicina all’intervallo di “incertezza” o di “ambivalenza” del bisogno, si tratta comunque di un risultato interessante. Bisognerebbe, non ci stancheremo mai di ribadirlo, esaminare caso per caso, ma accade spesso che un familiare senta il bisogno di confrontarsi, di dialogare con familiari di altri pazienti magari incontrandosi casualmente nel salottino o nella cucina dell’hospice. I gruppi di auto-mutuo di familiari di malati sono invece un contesto più strutturato, già sperimentato in vari paesi, e comunque parte integrante delle cure palliative. I bisogni considerati meno rilevanti dagli OPERATORI PROFESSIONISTI (tabella 30) sono per lo più sovrapponibili ai risultati generali. Lo stesso vale per i VOLONTARI, con qualche differenza (tabella 35). Oltre al già rilevato bisogno di “pulire/vestire la salma”, ci sono altri due bisogni culturali tra i meno rilevanti: partecipare alle tradizioni, usanze, ricorrenze (62,6 % professionisti, 29,5 % volontari: χ2=40,8, g.l.=3, p.<0,001) e partecipare ai rituali, sacramenti, letture, preghiere della propria religione (71,9 % professionisti, 91,5 % volontari: χ2=22,6, g.l.=3, p.<0,001). Notiamo comunque una differenza significativa tra i volontari e i professionisti. I primi considerano più rilevante il bisogno del familiare di “partecipare alle tradizioni…”, mentre meno rilevante quello di “partecipare ai rituali religiosi”; viceversa accade per i professionisti. Forse la variabile “religione” ha una sua influenza nell’elevare l’importanza del secondo bisogno, soprattutto per i volontari del nostro campione. Considerando l’intero gruppo, la rilevanza attribuita a questi bisogni non rientra comunque nell’intervallo 90-100 %. La dimensione culturale non risulta molto rappresentata tra i

13 Etimologicamente “divertire” deriva dal latino devertere = “volgere in altra direzione”.

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bisogni percepiti più rilevanti. Che le cure palliative siano un fenomeno profondamente culturale lo abbiamo già sottolineato, esse nascono dalla cultura contemporanea e partecipano alla dialettica e alle manifestazioni di tutti gli altri fenomeni della stessa cultura: dalla politica alla formazione, dalle istituzioni all’economia, ecc. Perciò considerare questi bisogni poco rilevanti è proprio di una cultura in cui la partecipazione alle pratiche tradizionali o ai rituali sacri ha perso “valore” e “significato”. Diversa la situazione o il contesto culturale locale in cui rituali, preghiere e miti scandiscono ancora le stagioni della vita e rendono culturalmente (socialmente e psicologicamente) meno duro14 il processo del morire. In questi casi, un possibile “modello” flessibile di cure palliative non può amputare una parte importante della sofferenza, solo perché non “sanguina” e non “urla”, non può ritenere poco o per nulla rilevanti, in determinati contesti, i bisogni culturali della persona morente e della sua famiglia. 5.6.3 I bisogni dell’operatore Rispondendo alla scheda dei “bisogni degli operatori” (BO), ciascun soggetto partecipante allo studio ha espresso una valutazione su se stesso e sul suo lavoro nell’ambito delle cure palliative. Per questo motivo le risposte alla scheda BO (tabella 21) assumono una particolare validità in quanto autopercezione di bisogni e non percezione di bisogni di soggetti esterni e comunque generalizzati come “il paziente” e “il familiare”. Fondamentale per l’operatore di cure palliative: svolgere il lavoro con passione, motivazione e interesse (99,6 %), comunicare in modo soddisfacente col paziente/familiari (99,3 %) con gli altri operatori dell’équipe (98,9 %), instaurare un rapporto di fiducia col paziente e i familiari (99,1 %), avere fiducia nei colleghi d’équipe (97,4 %). La comunicazione e la fiducia si rivelano ancora una volta due pilastri fondamentali nelle cure palliative. Sentire che non solo con il paziente e i familiari, ma anche con gli altri colleghi d’équipe si comunica efficacemente può essere fonte di soddisfazione, a maggior ragione in un lavoro, come le cure palliative, in cui la dimensione relazionale è importantissima. Gli operatori sono certi che il loro lavoro diventerebbe troppo stressante e insostenibile se venisse meno la passione e la motivazione che lo alimenta. Lo stesso accadrebbe se non venissero soddisfatti i bisogni di essere paziente e tollerante (98,5 %), essere flessibile negli interventi (98 %), essere di umore soddisfacente (97,8 %) e di stimarsi come professionista (97,4 %). Il corrispettivo del bisogno del paziente e del familiare di “ricevere rassicurazioni”, è per l’operatore: essere rassicurante (che il dolore sarà controllato, che un operatore dell’équipe interverrà in caso di urgenza, ecc.) (97,8%). Ciò conferma l’importanza di prevedere la risposta a questo bisogno in un modello di base delle cure palliative. Aiutare il paziente/familiare a fronteggiare l’ansia, le preoccupazioni e l’angoscia è risultato tra i bisogni più rilevanti con il 97,9 %. Due dei tre bisogni spirituali presenti tra gli items della scheda BO sono presenti nell’elenco dei più rilevanti. Si tratta del bisogno di dare un senso/significato alla propria attività nelle cure palliative (97,4 %) e trarre dal proprio lavoro senso/significato per la propria vita (95,1 %). La rilevanza di questi bisogni riconferma il fatto che lavorare nelle cure palliative è più di una semplice occupazione lavorativa. Tutto ciò che può contribuire a conservare e ad alimentare il senso di questo lavoro contribuisce ad innalzare la motivazione dell’operatore, prevenendo la sindrome del burn out e contribuendo ad innalzare la qualità del servizio. In relazione alla prevenzione del burn out, sono particolarmente interessanti molti dei bisogni indicati come rilevanti, ne citiamo alcuni: • Svolgere il lavoro con passione, motivazione, interesse (99,6 %) • Instaurare un rapporto di fiducia col paziente/familiari (99,1 %)

14 Solitamente quando si parla di “dolore totale” lenito dalle cure palliative, si fa riferimento alla sofferenza fisica, psicologica, spirituale e sociale; viene trascurata la dimensione culturale.

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• Comunicare/confrontarsi in modo soddisfacente con gli altri operatori dell’équipe (98,9 %) • Mantenere un tono di umore soddisfacente (97,8 %) • Percepirsi positivamente (stimarsi, avere buona considerazione di sé) come professionista (97,4

%) • Dare un senso/significato alla propria attività nelle cure palliative (97,4 %) • Conoscere i propri limiti/sapere dove e quando fermarsi (97,2 %) • Mantenere l’autocontrollo/dominio di sé (96,9 %) • Percepirsi positivamente (stimarsi, avere buona considerazione di sé) come persona (96,9 %) • Mantenere la calma/rilassamento mentale (96,7 %) • Essere riconosciuto/rispettato nel proprio ruolo dai colleghi (96,7 %) • Affrontare e gestire la paura, le preoccupazioni, i timori (95,6 %) • Partecipare alle riunioni (95,2 %) • Decidere in équipe il proprio intervento nelle fasi critiche della cura (95,1 %) • Trarre dal proprio lavoro senso/significato per la propria vita (95,1 %) • Gestire il proprio stress (95 %) • Mantenere ben separato il lavoro dalla vita privata (93,5 %) • Progettare/pianificare nel tempo le proprie attività (92,3%) • Valutare/monitorare il proprio livello di stress/rischio di burn out (92,1 %)

Importante è anche il bisogno di ottenere informazioni e feedback della propria attività attraverso strumenti e procedure di valutazione e monitoraggio: dei sintomi psicologici del paziente/familiari (95,6 %); della qualità di vita del paziente (94,6 %); delle riunioni di équipe (92,9 %); del proprio livello di stress/rischio di burn out (92,1 %). Gli item riguardanti la valutazioni sono quasi tutti presenti tra i bisogni al di sopra del 90% di risposte, con l’eccezione del bisogno di valutare/monitorare i sintomi fisici e neurologici del paziente (80,4 %). Su quest’ultimo risultato hanno comunque un certo peso le risposte dei volontari; infatti, considerando solo il campione dei PROFESSIONISTI troviamo anche questo bisogno tra i più rilevanti (92,6 % contro il 38,2 % dei volontari). Il lavoro in équipe risulta molto importante e alcuni bisogni tra quelli ritenuti più rilevanti evidenziano i vantaggi di un lavoro di gruppo sia a favore degli assistiti, sia degli stessi operatori. Alcuni dei bisogni relativi all’équipe (tabella 40) sono già stati citati a proposito del valore della comunicazione interna all’organizzazione e della prevenzione del burn out.

Tabella 40 – Bisogni maggiormente rilevanti, relativi all’équipe e al lavoro di gruppo.

BISOGNI Dimensione/area % 39. Comunicare/confrontarsi in modo soddisfacente con gli altri operatori dell’équipe curante

relazionale 98,9

33. Avere fiducia nei colleghi d’équipe emozionale 97,4 55. Rispettare i ruoli professionali dei colleghi (aree di competenza professionale)

sociale/istituz./organizzativa 97,2

56. Essere riconosciuto/rispettato nel proprio ruolo dai colleghi sociale/istituz./organizzativa 96,7 53. Partecipare alle riunioni sociale/istituz./organizzativa 95,2 11. Decidere in équipe il proprio intervento nelle fasi critiche della cura cognitivo-comportamentale 95,1 52. Valutare le riunioni d’équipe sociale/istituz./organizzativa 92,9 Considerando i risultati riportati nella tabella 27, esaminiamo la percezione dei bisogni del campione dei PROFESSIONISTI. Notiamo in particolare che i due bisogni con una percentuale molto alta di risposte “alta” e “massima” rilevanza, sono: educare paziente e familiari alla gestione dello stress (99,7 %) e svolgere il lavoro con passione, motivazione, interesse (99,7 %). Educare

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il paziente e i familiari a gestire lo stress sembra essere un problema molto sentito dagli operatori. Si tratterebbe di riuscire a lavorare relazionandosi con persone altamente provate dalla malattia e dallo stress. Il trasferimento di competenze di stress management e di educazione alla gestione della malattia (educare/dare istruzioni pratiche sulla terapia al paziente e ai familiari – 94 %) è evidentemente una prassi fondamentale nelle cure palliative e i corsi di formazione dovrebbero tenere conto di questa esigenza. Il bisogno di aggiornarsi sulle cure palliative (formazione permanente) (98 %) è un altro dei bisogni più sentiti dai professionisti. Il bisogno di agire in accordo a principi etici (96,6 %) e quello di ricevere il consenso del paziente/familiare per interventi potenzialmente invasivi o eticamente cruciali (93,5 %) confermano la sensibilità degli operatori per le problematiche etiche. Al limite del range di percentuali considerato troviamo il bisogno di essere tutelati giuridicamente (89,6 %); nell’elenco dell’intero campione non era presente, molto probabilmente per il peso delle risposte dei volontari, meno interessati di essere tutelati giuridicamente (bisogno rilevante ad un livello alto/massimo per solo il 33 % dei volontari). Per il campione dei VOLONTARI i bisogni più rilevanti, entrambi con una percentuale del 100 %, sono: comunicare in modo soddisfacente col paziente/familiari e comunicare/confrontarsi in modo soddisfacente con gli altri operatori dell’équipe. La comunicazione, sia interna sia con gli assistiti, è ritenuta tanto importante dai volontari forse perché è il loro principale “strumento” di lavoro. I volontari sentono anche fortemente il bisogno di proteggersi dal coinvolgimento eccessivo nella loro attività, cercando di mantenere ben separato il lavoro dalla vita privata (99 %) e di mantenere un umore soddisfacente (99 %). Esaminiamo ora i bisogni meno rilevanti per gli OPERATORI, bisogni che hanno cioè ottenuto le percentuali più alte, accorpando le risposte ai punti “nessuna rilevanza” e “bassa rilevanza”. Pratiche culturali come partecipare ai rituali funebri e pulire/vestire la salma sono ritenute poco rilevanti nelle cure palliative, rispettivamente dall’83,2 %e dal 70,5 % degli operatori. Un simile risultato lo avevamo già incontrato discutendo i risultati dell’elenco BF. In questo caso, se è vero che è più giustificato che gli operatori di cure palliative percepiscano come poco importante, in relazione al proprio ruolo, il bisogno di “pulire/vestire la salma”, merita una riflessione critica il livello di rilevanza più basso assegnato al bisogno di “partecipare al rituale funebre”. Il 76,9 % dei volontari ritiene questo bisogno dell’operatore poco rilevante, contro l’85,1 % dei professionisti. I primi sembrano un po’ più propensi dei secondi a percepire rilevante questo bisogno nelle cure palliative. Ancora una volta vale quanto detto più sopra a proposito della elaborazione del cordoglio e della scarsa rilevanza generalmente attribuita a bisogni legati alla cultura (che a questo punto possiamo definire “tradizionale” versus “contemporanea”; non a caso, anche il bisogno di conoscere il dialetto locale è considerato poco rilevante dal 61 % degli operatori). Bisogna anche ammettere che oggi, nella prassi lavorativa quotidiana, e non in riferimento a modelli teorici e principi internazionali, gli operatori di cure palliative, solo in determinate circostanze e in alcuni contesti, possono dedicare del tempo ad attività non previste “ufficialmente” da convezioni e protocolli, come partecipare a un funerale, sottraendolo magari all’assistenza di pazienti in carico. L’attenzione ai bisogni culturali cambia se ci spostiamo dal particolare al generale (come abbiamo già avuto modo di constatare a proposito dell’ambivalenza e specificità di alcuni bisogni del nostro inventario). Gli operatori sono tendenzialmente propensi a considerare e a rispettare, detto in termini generici, le tradizioni e le usanze (91,2 %) incontrate, di volta in volta, nel sistema-famiglia (tabella 41).

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Tabella 41 - Bisogni culturali espressi in forma generica e ritenuti molto rilevanti

CAMPIONE

BISOGNO Tutti gli operatori Professionisti Volontari

Conoscere e rispettare le abitudini della famiglia 95,9 % 95,2 % 98,1 %

Conoscere e rispettare le tradizioni/usanze relative alla malattia in fase terminale

91,2 % 89,7 % 96,1 %

Sarebbe interessante indagare se a questa percezione di rilevanza corrisponda una reale “competenza culturale”15, ossia: la capacità di individuare il bisogno afferente alla dimensione culturale e, si auspica, di attivare le risorse per soddisfarlo. Procedendo con la discussione dei risultati relativi ai bisogni meno rilevanti, constatiamo che la teleassistenza/telemedicina non sembra riscuotere grande successo e attrazione (66,6 %). Forse non molti operatori hanno conosciuto questa modalità supplementare e non sostitutiva di assistenza nelle cure palliative (anche per i volontari e i professionisti è un bisogno scarsamente rilevante). Altri bisogni poco rilevanti sono di più difficile interpretazione, perché si collocano più vicino all’intervallo di “ambivalenza-incertezza”; ne citiamo alcuni (tabella 24): svolgere attività di docenza nelle cure palliative (56 %); organizzare/partecipare a incontri extralavorativi con i colleghi (feste, cene, viaggi..) (54,8 %); ricevere uno stipendio più alto rispetto a quello di colleghi che lavorano in altri ambiti (54 %). Gli operatori PROFESSIONISTI non si scostano sostanzialmente dai risultati dell’intero campione. Segnaliamo solo un bisogno poco rilevante, che però si colloca esattamente al centro dell’area dell’ambivalenza-incertezza con il 50,3 % di risposte “nessuna-bassa” rilevanza: mantenere nascosto al paziente il suo status di malato terminale. La differenza tra professionisti e volontari, a vantaggio di questi ultimi, è al limite della significatività statistica (49,7 % professionisti, 63,8 % volontari: χ2=10,2, g.l.=3, p=0,02). Questo bisogno solleva una questione etica e deontologica molto delicata che non è raro incontrare nella prassi delle cure palliative. Come gli altri bisogni dell’area dell’ambivalenza-incertezza, anche questo bisogno può essere meglio valutato considerando i casi concreti e i problemi di etica clinica. I bisogni dell’operatore ritenuti meno rilevanti dai volontari sono più numerosi (tabella 36) rispetto ai professionisti, perché includono sia i bisogni che abbiamo riscontrato nell’intero campione, sia quelli che esulano comunque dalle competenze dei volontari (es. valutare e monitorare i sintomi fisici; essere presente al primo accesso o visita, ecc.). Il bisogno di offrire sostegno spirituale (oltre alle cure specifiche del proprio ruolo) è stato percepito in modo significativamente diverso dai volontari rispetto ai professionisti (61,7 % di professionisti contro 91,9 % di volontari: χ2=37,1, g.l.=3, p<0,001). Le variabili che influirebbero su questa differenza potrebbero essere molteplici: la “vocazione” dei volontari, il grado di laicità vs fede religiosa nell’attività di assistenza al morente; i valori coinvolti; il livello di coinvolgimento dell’operatore su un piano “umano” più che aderire rigidamente al ruolo e alle funzioni che gli sono proprie (ancorate più o meno ai livelli fisico, psicologico o sociale). 15 Per un approfondimento del concetto di “competenza culturale” rinviamo a Cross, Bazron, Denis e Isaacs, 1989; Davis, 1997.

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5.7. Conclusione Il razionale di questo lavoro si scosta da quello delle numerosissime ricerche che hanno come oggetto i bisogni. Abbiamo innanzitutto effettuato una sorta di “censimento” dei bisogni del paziente, del familiare e dell’operatore ritenuti rilevanti alla luce della letteratura sulle cure palliative, sui bisogni nella condizione di malattia in fase terminale, sulla qualità della vita, sul burn out degli operatori e sull’organizzazione delle cure palliative. Altri contributi sono derivati dall’analisi di alcuni strumenti di rilevazione utilizzati nelle cure palliative e dall’esperienza degli psicologi di un centro di ascolto nazionale per malati oncologici e familiari. Sono stati creati tre elenchi/inventari di bisogni (91 del paziente, 72 del familiare, 77 dell’operatore), ciascuno dei quali è stato suddiviso in 7 aree/dimensioni: fisico/funzionale, cognitivo-comportamentale, emozionale, relazionale, sociale/istituzionale/organizzativa, culturale e spirituale. Gli inventari sono serviti per costruire una tassonomia dei bisogni nelle cure palliative, chiedendo agli operatori di indicare (su una scala a 4 punti) il livello di rilevanza, di ciascun bisogno, nelle cure palliative. Questa valutazione ha ovviamente risentito della soggettività dell’operatore, e quindi di tutti i processi fisiologici, psicologici, sociali e culturali, che determinano la costruzione e la percezione della realtà, nel caso specifico quella del paziente in fase terminale, dei suoi familiari e dello stesso operatore. La valutazione richiesta agli operatori riguardava, per la precisione, i bisogni rilevanti “nelle cure palliative” e non “al termine della vita”; essendo le Cure palliative una realtà storica e culturale, che oggi va istituzionalizzandosi, ogni possibile modello organizzativo e operativo, per quanto aderente a standard scientifici e a linee guida rigorose, risentirà comunque dei processi di percezione e di costruzione della realtà (Berger e Luckman, 1966). In questi processi sono coinvolti tutti gli attori (pazienti, familiari, operatori e opinione pubblica) che per via diretta o indiretta sono coinvolti nelle cure palliative in quanto realtà culturale. I risultati di questo studio, inseriti all’interno della ricerca sulle “Modalità organizzative delle strutture di assistenza palliativa e integrazione delle stesse nella rete dei servizi territoriali”, rappresentano non solo un ulteriore contributo all’ampio filone di ricerca dei bisogni in fase avanzata di malattia, ma anche qualcosa in più. Ipotizziamo che questo inventario possa essere uno strumento critico, una guida concettuale importante per la valutazione la “realtà” di modelli di cure palliative e per integrare operazioni di pianificazione degli interventi nelle cure palliative, un ausilio didattico nei corsi di formazione in cure palliative. L’inventario può anche essere utilizzato come uno strumento di autovalutazione e “check-list” per gli stessi operatori, sia nella relazione di cura con i pazienti e i loro familiari, sia per riflettere sui propri bisogni, sia come contributo alla elaborazione di strumenti di valutazione tarati sulla cultura italiana. Molte sono le domande sollevate dai risultati di questa ricerca e che meriterebbero approfondimenti ulteriori. Nella discussione dei risultati abbiamo di volta in volta segnalato cosa approfondire16: la tripartizione di bisogni “rilevanti”, “ambivalenti” e “poco rilevanti”; la tendenziale bassa rilevanza attribuita ai bisogni culturali e spirituali; la necessità di individuare indicatori empirici per meglio individuare i bisogni afferenti ad aree meno “oggettivabili” (psicologica, ma soprattutto spirituale); lo studio delle variabili soggettive, organizzative e culturali che influenzano la percezione da parte degli operatori dei bisogni dei pazienti, dei familiari e degli stessi colleghi d’équipe; l’influenza della percezione dei bisogni sulla costruzione e applicazione di modelli di cure palliative. L’obiettivo di ulteriori ricerche sarebbe quello di minimizzare il rischio che, dietro il dichiarato e fondamentale obiettivo di centrarsi sui bisogni del paziente/familiare, ci potrebbe essere una forte e non riconosciuta influenza dei bisogni degli operatori. Un modello di cure palliative dovrebbe essere rigido quanto basta per rispondere ai bisogni che abbiamo identificato come più rilevanti,

16 Anche se sono stati pochi i bisogni che gli operatori hanno suggerito di aggiungere all’inventario, compilando la voce “altro”, noi ne abbiamo identificati altri alla luce dei risultati. Ad esempio manca tra i bisogni familiare quello di “dare qualcosa in cambio dell’assistenza (gratuita) ricevuta”, inoltre, negli elenchi dei bisogni dei familiari e degli operatori, sarebbe bene inserire il bisogno di “essere presente al momento della morte”.

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flessibile per accogliere e “avvolgere nel pallium” i bisogni più specifici e individuali identificati dalla fascia di “ambivalenza/incertezza” della tassonomia, ma anche per adattarsi al contesto culturale in cui si trasforma in prassi di assistenza globale alla persona giunta alla fine della vita.

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