STUDI SULL'ARTE ROMANA -...

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L'orientamento stilistico della scultura Aureliana. STUDI SULL'ARTE ROMANA N on è lontano il tempo in cui la critica empirica, dominante nel semplicismo dei manuali, definiva arte di decadenza le ma- nifestazioni stilistiche della colonna aure- liana, rispetto a quelle della traiana, più antica di ottanta anni. Che l'una sia stata concepita collie imitazione dell'altra non è possihile porre in duhhio, considerata la sostanziale identità dei soggetti guerre- schi e della concezione compositiva, con scene svolte progressivamente senza limiti apparenti, secondo il metodo di rappre- sentazione già definito continuo.· Ma il so- lo principio estetico di cui potevano av- valersi quei vecchi storici dell'arte per sceverare gli elementi di differenziazione esistenti tra i due grandi complessi monu- mentali era la formula canonica del classi- cismo, l'ideale di perfezione naturalistica gradatamente conseguito dall'arte greca e poi consegnato alla romanità. Su questa pietra di paragone si poteva affermare la nohiltà del rilievo traianeo, proporziona- to, equilibrato e realistico; mentre la scul- tura aureliana appariva rozza, sciatta, de- formatrice della verità naturale. Ma la critica moderna, negando· una visione dell'arte legata soltanto a deter- minati schemi, modelli e indirizzi, come la forma « classica» o il naturalismo, ha distrutto il pregiudizio dei periodi aurei e delle età di decadenza: ha riconosciuto nell'ambito della stessa produzione arti- stica del mondo antico una imprevedibile varietà di contrastanti ispirazioni e realiz- zazioni formali. Si è cosi cominciato a veder chiaro nell'arte etrusca; si è rico- nosciuta, sciogliendola dall'ellenismo, l'ori- ginalità dell'arte romana; si è scoperta, se- guendo il solco luminoso aperto dal Riegl 32 e dal Wichkoff, la grandezza dell'arte tar- doantica o tardoromana, sorta proprio in quel periodo del hasso Impero, nel quale non si era visto per l'innanzi che involu- zione e dissolvimento. In questa rinnovata visione anche il rilievo aureliano ci appare sotto una luce nuova. La chiarezza dei contorni lineari e il delicato plasticismo del rilievo trai a- neo hanno ceduto alla tecnica ahhozzata, a massa, a chiaroscuro, della colonna aure- liana. Al proporzionato naturalismo delle figure si è sostituito un modo di rappre- sentazione· ché altera e deforma. La do- cumentazione storica, piana ed ohhiettiva nella colonna traiana, cede ad un racconto hen altrimenti animato, che accentua tra i semplici fatti d'arme, le scene pervase di passione o di commozione: come la mi- seria delle popolazioni civili coinvolte nel conflitto, la gioia dei vincitori, la l'accolta dei hottini, i supplizi, la violenza del fuo- co, il miracoloso intervento della pioggia sul campo di hattaglia. E tutto ciò si riflette non come descrittivismo psicolo- gico, ma negli stessi procedimenti tecnici, ora ahhreviati, riassunti, discontinui ri- spetto alla eguaglianza e uniformità del modellato traianeo. Questa nuova realizzazione formale, sin- tomo chiaro di un prevalere dei fermenti anticlassici sulle esperienze classiche del mondo antico, potrehhe ricollegarsi a di- verse altre manifestazioni artistiche an- tiche: e qualcosa di analogo si è ricono- sciuto già per l'arte etrusca e generalmente paleoitaliana nelle sue creazioni più ge- nuine; lo si ammette predominante nel periodo tardoromano. Contrapponendolo all'organicismo dell'arte greca il Kasch- ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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L'orientamento stilistico della scultura Aureliana. STUDI SULL'ARTE ROMANA

N on è lontano il tempo in cui la critica empirica, dominante nel semplicismo dei manuali, definiva arte di decadenza le ma­nifestazioni stilistiche della colonna aure­liana, rispetto a quelle della traiana, più antica di ottanta anni. Che l'una sia stata concepita collie imitazione dell'altra non è possihile porre in duhhio, considerata la sostanziale identità dei soggetti guerre­schi e della concezione compositiva, con scene svolte progressivamente senza limiti apparenti, secondo il metodo di rappre­sentazione già definito continuo.· Ma il so­lo principio estetico di cui potevano av­valersi quei vecchi storici dell'arte per sceverare gli elementi di differenziazione esistenti tra i due grandi complessi monu­mentali era la formula canonica del classi­cismo, l'ideale di perfezione naturalistica gradatamente conseguito dall'arte greca e poi consegnato alla romanità. Su questa pietra di paragone si poteva affermare la nohiltà del rilievo traianeo, proporziona­to, equilibrato e realistico; mentre la scul­tura aureliana appariva rozza, sciatta, de­formatrice della verità naturale.

Ma la critica moderna, negando· una visione dell'arte legata soltanto a deter­minati schemi, modelli e indirizzi, come la forma « classica» o il naturalismo, ha distrutto il pregiudizio dei periodi aurei e delle età di decadenza: ha riconosciuto nell'ambito della stessa produzione arti­stica del mondo antico una imprevedibile varietà di contrastanti ispirazioni e realiz­zazioni formali. Si è cosi cominciato a veder chiaro nell'arte etrusca; si è rico­nosciuta, sciogliendola dall'ellenismo, l'ori­ginalità dell'arte romana; si è scoperta, se­guendo il solco luminoso aperto dal Riegl

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e dal Wichkoff, la grandezza dell'arte tar­doantica o tardoromana, sorta proprio in quel periodo del hasso Impero, nel quale non si era visto per l'innanzi che involu­zione e dissolvimento.

In questa rinnovata visione anche il rilievo aureliano ci appare sotto una luce nuova. La chiarezza dei contorni lineari e il delicato plasticismo del rilievo trai a­neo hanno ceduto alla tecnica ahhozzata, a massa, a chiaroscuro, della colonna aure­liana. Al proporzionato naturalismo delle figure si è sostituito un modo di rappre­sentazione· ché altera e deforma. La do­cumentazione storica, piana ed ohhiettiva nella colonna traiana, cede ad un racconto hen altrimenti animato, che accentua tra i semplici fatti d'arme, le scene pervase di passione o di commozione: come la mi­seria delle popolazioni civili coinvolte nel conflitto, la gioia dei vincitori, la l'accolta dei hottini, i supplizi, la violenza del fuo­co, il miracoloso intervento della pioggia sul campo di hattaglia. E tutto ciò si riflette non come descrittivismo psicolo­gico, ma negli stessi procedimenti tecnici, ora ahhreviati, riassunti, discontinui ri­spetto alla eguaglianza e uniformità del modellato traianeo.

Questa nuova realizzazione formale, sin­tomo chiaro di un prevalere dei fermenti anticlassici sulle esperienze classiche del mondo antico, potrehhe ricollegarsi a di­verse altre manifestazioni artistiche an­tiche: e qualcosa di analogo si è ricono­sciuto già per l'arte etrusca e generalmente paleoitaliana nelle sue creazioni più ge­nuine; lo si ammette predominante nel periodo tardoromano. Contrapponendolo all'organicismo dell'arte greca il Kasch-

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Fig. 1. Roma, Arco di Costalltillo: rilievo aureliano: presentazione di barbari all' Imperatore. (Poi. , l ",l.,.,on).

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TAV. XVIII.

Fi~g. 1-7. Roma. Particolari della Colonna di Marco Aurelio.

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nitz-Weinherg lo ha definito inorganico, « stereometrico », l) ma il termine con­venzionale più comune per determinarne le caratteristiche è espressionismo, rica­vato da esteriori analogie con un movi­mento artistico moderno che porta quel nome. Altri, come il Rodenwaldt ha cer­cato di definirlo anche come trascendenza. 2

)

Il sustrato anticlassico affiora larga­mente nei diversi momenti della . produ­zione d'arte etrusco-italica, soprattutto degli ultimi secoli della repubblica, ma­nifestandosi con intensi effetti d'immedia­tezza fisionomica nel ritratto, con spro­porzioni e deformazioni, con attitudini a ritrarre il movimento e la passione, a compiacersi del patetico e del terribile, e, piuttosto che con ricercate adeguazioni naturalistiche, con l'insistenza di linee pa­rallele regolari nel disegno piano, con la predilezione di masse sferoidali o cubiche. Quando l'arte ellenistica s'insedia a Roma (fine della repubblica - principio dell'Im­pero), queste tendenze sopravvivono nel­la produzione dei centri minori italiani e in quella privata e soprattutto popolare (stele funebri, insegne di botteghe, ecc.). E un ripetersi di tipi e di formule che entrano nell'umile repertorio dei pittori e degli scalpellini, attestando una pel'sisten­za del gusto più antico in larghi strati della popolazione romana. CosÌ la corren­te indigena antìclassica, insieme con le correnti classicheggianti, continua a svol­gersi parallelamente all'arte romana vera e propria, afferinatasi dall'età di Augusto con il ritratto individuale realisticamen­te, la pittura ed il rilievo illusionistico, e predominante nella produzione ufficiale politica e religiosa della' metropoli: l'arte alla quale appartengono i rilievi della co­lonna traiana.

Soltanto nel corso del II sec. d. C. le

l) G. VON KASCHNITZ-WEINBERG, Sludien ZUT elru­skischen und fruhromischen PortriilkuMl, in Rom. Mitteil., XLI, 1926, p. 133 sgg.; Bemerkungen zur Slruklur der al­tilalischen Plaslik, in Sludi Elruschi, VII, 1933, p. 135.

~) G, RODENWALDT, Zur KUMlgeschichle der Jah-

diverse correnti stilistiche cominciano ad influenzarsi reciprocamente e a fondersi con efl'etti e reazioni diverse. Prevale dap­prima, anche per il personale impulso del principe artista e critico Adriano, l'onda­ta classicheggiante. Riflessa nel rilievo sto­rico romano essa porta, tolta qualche eccezione, ad un rapido isterilirsi delle capacità creative, all'affe'rmarsi di puri virtuosismi tecnici, all'ibridismo, all'acca­demia. Caratteristico è infatti il contrasto tra' i freddi riflessi dell'antica arte classica e il vivo realismo romano. Questa produ­zione di maniera si prolunga fino agli ulti­mi decenni del secolo ed è chiaramente esemplificata da opere fredde e confuse come i rilievi adrianei del Palazzo dei Conservatori o l'apoteosi di Antonino Pio e Faustina scolpita sul lato principale della base della colonna antonìna, ora al Museo Vaticano.

Dalla fusione della corrente indigena con il classicismo romano si deve invece la formazione di un'arte nuova e potente, che si afferma sotto l'Impero di Marco Au­relio (161-180) e porta al pieno concre­tarsi della visione anticlassica nella pro­duzione ufficiale della metropoli. Anche questo è un subitaneo mutamento del gu­sto, come la reazione classicheggiante di età adrianea; ma in senso decisamente opposto e di ben altra portata per la sto­ria dell'arte antica. E l'ulteriore secessio­ne dai canoni ellenici, il grande Stilwandel del Rodenwaldt, 3) che rivoluziona le esperienze del mondo classico dalla con­templazione naturalistica dei Greci alla trascendente espressività dell'occidente romano-cristiano.

Naturalmente ci si è domandato, in modo veramente troppo deterministico, quali possano essere le cause di un feno­meno cosÌ grandioso. L'opinione vulgata

re 220 bis 270, in Jahrb. d, Deulsch. Archiid, IMI., LI, 1936, p.98. ..

3) G, RODENWALDT, Uber den Slilwandel in der an­loninischen Kunst, in Abhandl. d. prellss. Akad. d. fT/is­seMch.-Phil.-hisl. Klasse 3, 1935.

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inseriva la «decadenza» dell'arte, a par­tire dalla fine del II sec., nel declino po­litico-militare dell'Impero: recentemente lo Schonebeck è giunto ad appaiare l'anar­chia stilistièa del III sec. con il naufragio della « cultura senatoria », cioè con il tra­monto delle grandi famiglie storiche ro­mane. 4) Una spiegazione affatto diversa propose il nostro Ferri, postulando dalla conseguita unità culturale dell'Impero l'af­fievolirsi della funzione regolatrice di Ro­ma-città nel campo artistico e il conse­guente rifluire dei modi stilistici delle pro­vince sulla capitale, con dirette e gravi conseguenze per tutto l'ulteriore sviluppo dell'arte romana. ") Non si può negare alla produzione imperiale del II secolo un va­sto ed indistinto amato unitario, nè disco­noscere qualche elemento di affinità tra opere provinciali e prodotti della metro­poli; quantunque sia del tutto fuori que­stione il carattere « provinciale» delle rap­presentazioni di personificazioni di provin­ce e di barbari, affermato dal Ferri, ma riguardante, come è chiaro, il soggetto e non l'arte. Più che ad influssi della p,ro­vincia su Roma certe analogie potranno però essere attribuite alla constatata in­fluenza delle persistenti tradizioni etrusco­italiche sullo sviluppo della produzione provinciale d 'occidente.

L'influsso della ,corrente anticlassica sulla produzione ufficiale si fa dapprima timidamente sentire nelle parti seconda­rie dei grandi monumenti. Una trattazio­ne a massa, con figure tozze, già caratte­rizzava i piccoli fregi dell'arco di Tito e di Traiano a Benevento, raffiguranti pro­cessioni trionfali. Con il lato principale della base della colonna antonina, affidato ad uno scultore manierista verisimilmente di grande fama, offrono stridente contra-

4) H. VON SCUONEBECK, Die christliche Sarkophag­plastik unter KOTlStantin, in Rom. Mittcil. , LI, 1936, p.238 sgg.

5) S. FERRl. Arte romana sul Reno, 1931, p. 231 segg. 6) L'unità della serie è stata posta in dubbio dal

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sto i lati secondari, sui quali un artista meno quotato ha rappresentato evoluzio­ni di cavalleria in una ingenua prospettiva panoramica con figure eseguite in modo sommario, scomposte nei movimenti, toz­ze, fortemente aggettanti.

N ei pannelli rettangolari a rilievo, ap­partenenti con molta verosimiglianza ad un unico edificio trionfale di Marco Aure­lio, forse un arco, ed ora conservati parte sull'attico dell'arco di Costantino, parte al Palazzo dei Conservatori, la imposta­zione generale è ancora quella classicheg­giante dei manieristi; ma l'amato è di­verso. 6) Si può presumere che lo scultore manierista incaricato della direzione del lavoro, abbia fornito la traccia o il car­tone di tutti i pannelli ed eseguito diret­tamente i più importanti, come quello con l'imperatore sul carro trionfale (Conserva­tori), la cui fredda trattazione plastica è ancora nel solco del plasticismo adrianeo. In alcuni pannelli i volti appaiono già ricchi di una nuova ed intenta umanità, e la trattazione tecnica, con l'uso del tra­pano, diviene meno uniforme. In altri, e sono i più, la impostazione manieristica appare decisamente alterata e dissolta dal­le linee mosse, scomposte delle figure in movimento, dei panneggi, dei vessilli sven­tolanti, dei nudi alberi contorti e dalla tecnica rude, di massa, appiattita, sotto­lineata e punteggiata dall'intaglio chiaro­scurale del trapano. Notevoli tra questi specialmente i quadri con la presentazio­ne dei barbari all'imperatore a cavallo (Conservatori) e sul podio (fig. l) e con l'arringa imperiale nel Foro (arco di Co­stantino).

Il nuovo gusto si manifesta però, de­cisamente, soltanto nel fregio della colon­na aureliana: opera di anonimi ma gran­dissimi artisti. Già iniziato probabilmente

SIEVEKING (in Festschrift Arndt., 1925, p. 34); ma essa sarebbe invece confermata dalle misure dei pannelli e dalla presenza di gradazioni stilistiche nell' ambito di am­bedue i gruppi.

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negli ultimi anni dell'Impero di Marco Au­relio, il monumento fu condotto a termine sotto Commodo: in due grandi serie narra gli episodi delle campagne germaniche e sarmatiche sostenute dall'imperatore filo­sofo. 7) Abhiamo già visto in che cosa consista il soggetto delle sue rappresen­tazioni e come esso si differenzi, pur nel­l'apparente analogia, da quello del proto­tipo traianeo. Un'atmosfera di calda uma­nità, di passione, pervade le scene del ri­lievo: gli schemi armoniosi e composti della tradizione classica hanno ceduto a composizioni vaste, tumultuose, affollate, disorganiche; nelle quali il guizzare im­previsto e contrastante delle linee porta ad effetti di movimento rapido e violen­to (fig. 2). CosÌ i panneggi e i vessilli mos­si, come agitati da un vento continuo, raffittiscono il giuoco delle masse, lo svi­luppo suadente degli elementi lineari nei gruppi di combattenti, di prigionieri, di cavalli al galoppo (fig. 3).

La materia dei corpi, sembra duttile, quasi elastica, alla plasmatrice fantasia dell' artista; come nei prodotti della vec­chia corrente il modulo umano appare spesso ridotto a forme tozze, hasse, qua­drate, dal cui addensarsi nasce la impres­sione di massa compatta: mentre altrove, seguendo uno spunto lineare, la massa diviene sottile, esigua.

Anche le scene, oltre che le figure sin­gole, appaiono trasfigurate e ricreate: ora è la linea curva e ascendente delle grandi tende pretorie (fig. 4), ora è la marcia, realizzata nello schema geometrico dei cor­pi e delle ohlique aste parallele. Altrove sono potenti scorci di cavalieri al galoppo, i cui destrieri si allungano quasi per una illusione ottica di velocità (fig. 5); o la fusione plastica di corpi umani e di ca­valli; l'aggrupparsi dei harhari caduti, ritmato dalla ripetuta incidenza delle ver­ticali delle aste (fig. 6).

7) PETERSEN-DoMASZEWSKI, Die MarcussaUle, 1896; M. WEGNER, Zur kunstgeschichtliche Bedeulungen der Mar-

La tecnica sintetica, incurante di rifini­tezze, esclude un rendimento plastico il­lusionistico giungendo all' appiattimento delle superfici, all' intensità dell' effetto chiaroscurale, rinforzato dagli approfondi­menti del trapano. E evidente però che il grande fregio fu lavorato da mani diverse, anche se concepito in senso unitario: anzi ha dimostrato il W egner, che l'attività dei singoli artisti si svolse per settori verti­cali, delimitati dalla linea delle feritoie. 8

)

La personalità più spiccata è senza dub­hio quella dell'artista che operò in un set­tore orientale della colonna: il suo rilievo è caratterizzato da un'eccezionale concen­trazione di effetti plastici, di deformazio­ne, di movimento, realizzati con una tecni­ca tendenzialmente compendiaria (fig. 7). E sorprendente il richiamo di queste scul­ture ad alcuni rilievi etruschi specialmen­te di urnette e sarcofagi.

Comprendere la colonna aureliana si­gnifica comprendere tutta u.na fase del­l'arte romana. Ciò non è stato visto fino ad oggi con sufficiente chiarezza. E me­rito del Rodenwaldt aver istituito con­vincenti paralleli tra i rilievi del grande monumento trionfale ed altre sculture del­la fine del Il sec. Ma non si tratta soltanto di orientamenti ed aspirazioni in senso va­go. La rapida trasformazione della corren­te stilistica popolare, dissidente e latente, in una esperienza di arte « colta» come quella della colonna aureliana porta ve­ramente alla formazione di un nuovo in­dirizzo generale hen definito, che domina sulla produzione artistica romana, special­mente sul rilievo, nell'amhito del venten­nio 170-190. Ad esso appartengono, oltre i già citati pannelli di un prohahile arco trionfale aureliano, diversi rilievi di sarco­fagi, specialmente con scene di h attaglia. Tra questi il più notevole è l'esemplare grandioso del Museo N azionale Romano, la cui congegnata composizione tocca ef-

cussaUle, in }ahrb d. deulsch. Archiiol. Inst., XLVI, 1931. S) M. WEGNER. op. ciI., pp. 154 segg.

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fetti chiaroscurali mai prima raggiunti ID

questo genere di monumenti (fig. 8). N a­turalmente lo scultore del sarcofago non può esser posto al livello . degli artisti della colonna; ma si colloca degnamente nel solco della loro scuola. Un altroi m­portante esemplare dello stesso indirizzo è il sarcofago della Villa Taverna a Fra­scati, studiato dal Rodenwaldt, con scene della vita di un generale romano. 9)

Data la scarsità dei documenti in no­stro possesso, non possiamo e forse mai potremo sapere quale sia stata la funzione della pittura in questa radicale mutazione del gusto. Non mancano indizi dell'affer­marsi di una tendenza antinaturalistica: per esempio nei tondi della volta dell'ipo­geo di Claudio Ermete sotto S. Sebastiano, uno dei quali presenta una scena di allo­cuzione militare con la figura del duce sproporzionatamente più alta di quelle dei suoi ascoltatori e la folla risultante dal­l'accostamento di oscure sagome in una massa mal definita. Invece nella scultura a tutto tondo, e particolarmente nel ri­tratto, benchè già si manifestino in età aureliana alcuni elementi di « carat­tere» risultanti dalla trattazione tecnica di superficie, con contrasto tra le zone levigate e quelle scabre, bucherellate dal trapano, delle chiome e delle barbe, il cambiamento del gusto comincia ad af­fermarsi soltanto nella prima metà del III sec.; quando la regolare impostazione volumetrica delle teste, la trattazione li­neare degli elementi di superficie rivelano il trionfo di una visione anticlassica che ricorda per molti aspetti quella del ri­

tratto etrusco del III-II sec. a. C.

8) G. RODENWALDT, Uber den Stif.wanclel, pec. , t av. I.

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Come si spiega questo ritardo o meglio questo sfasamento del ritratto rispetto al rilievo? In realtà, se il gusto plastico della colonna aureliana comincia a trasformar­si, già dallo scorcio dell'Impero di Com­modo, in quella maniera artistica che pre­varrà sotto i Severi e sarà caratterizzata da un senso minore di movimento e da un ritorno alla trattazione plastica ed il­lusionistica dei piani superficiali (arco di Settimio Severo, rilievo di Palazzo Sac­chetti, sarcofagi), è certo però che i prin­cipi essenziali della sua visione artistica restano . per sempre consegnati allo svi­luppo della produzione romana e che la rottura con la concezione classica e na­turalistica è ormai completa e definitiva. In questo senso si può riavvicinare alla tradizione artistica aureliana anche il ri­lievo severiano, come il successivo e cosid­detto « barocco» della prima metà del III sec. e la corrente occidentale dell'arte tar­do-romana, che si manifesta soprattutto nei sarcofagi e nei grandi rilievi dell'arco di Galerio a Salonicco e dell'arco di Co­stantino a Roma.

Ora nel campo della ritrattistica si ha invece un freno esercitato dalla tradizione fiorente del ritratto romano del I e del II sec., naturalistico e concreto. Ancora in età severiana il rendimento fisionomico è fondato sulla visione o almeno sulla illu­sione di una realtà oggettiva come pro­vano i ritratti di Caracalla. Più tardi i superbi ritratti del III sec., si porranno fra le più grandi e originali creazioni del mondo antico; in essi, di contro alle stan­che propaggini dell'ellenismo, si affermerà vigorosamente la solida espressività ro-mana.

MASSIMO PALLOTTINO.

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