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Libreria Musicale Italiana Studi sulla canzone napoletana classica a cura di Enrico Careri e Pasquale Scialò

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Libreria Musicale Italiana

Studi sulla canzone napoletana classica

a cura diEnrico Careri e Pasquale Scialò

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In collaborazione con:Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa –

Università degli Studi di Napoli Federico II

Con il patrocinio di:Provincia di Napoli

In copertina: Oscar Ricciardi, Vecchio suonatore di chitarra, olio su tela; FondazioneBideri.

© 2008 Libreria Musicale Italiana srl, via di Arsina 296/f, 55100 Lucca, P.O. Box [email protected] www.lim.it

Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione potrà essere riprodotta, archiviata in si-stemi di ricerca e trasmessa in qualunque forma elettronica, meccanica, fotocopiata, registrata o altro senza ilpermesso dell’editore, degli autori e del curatore.

ISBN 978-88-7096-530-8

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STUDI SULLA CANZONE

NAPOLETANA CLASSICA

a cura di

Enrico CareriPasquale Scialò

Libreria Musicale Italiana

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SOMMARIO

VII Presentazione

IX Introduzione di Pasquale Scialò

FONTI E LINGUAGGI

5 Pier Paolo De Martino – Mariadelaide CuozzoIn punta di penna e di matita: critica e iconografia della canzone napole-tana nella ‘cultura delle riviste’

79 Mario FrancoIl cinema che canta. Il teatro e la canzone nel cinema napoletano dalle ori-gini alla seconda guerra mondiale

107 Anita PesceLa canzone napoletana e il disco a 78 giri

147 Francesca SellerLa canzone nell’editoria partenopea tra Otto e Novecento

157 Isabella ValenteSogno di una notte di fine estate. Pittori e scultori napoletani a serviziodella canzone

MATRICI

195 Raffaele Di MauroIl caso Fenesta che lucive: enigma ‘quasi’ risolto

241 Simona FrascaI’m’arricordo ’e Napule di Enrico Caruso: per una genesi della popularmusic

257 Massimo Privitera«Carlo Mazza, Quagliarulo e soci». Le macchiette di Pisano e Cioffi

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VI

297 Gianfranco PlenizioLo core sperduto

STRUMENTI

313 Carla ContiAmphion Thebas, Cantus Neapolim

379 Marialuisa StazioIl futuro alle spalle. Canzone napoletana fin de siècle e industria culturale

431 Giovanni VaccaCanzone e mutazione urbanistica

449 Helga SanitàPiedigrotta e la Canzone. Packaging di un totem

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Anita Pesce

LA CANZONE NAPOLETANA E IL DISCO A 78 GIRI

1. Napoli e il suono riprodotto

La sera del 26 aprile 1879, «in Napoli», il signor Enrico Bottazzi si apprestava astenografare il testo di una «conferenza seguita da esperimenti». In città forse lacosa passò quasi del tutto inosservata. Forse la gente preferiva l’«Oreste» di Vit-torio Alfieri, in scena quella stessa sera al Teatro dei Fiorentini. O forse prefe-riva godersi le prime brezze primaverili sul lungomare di Chiaia.

Fatto sta che, per un pubblico non si sa quanto numeroso, e in un luogo nonmeglio definito (magari un’aula dell’Università, male illuminata e fredda nono-stante la primavera avanzata, con professoroni barbuti e giovani allievi promet-tenti, pronti a sgranare gli occhi davanti a quelle che facevano sperare essereautentiche meraviglie), la conferenza ebbe luogo.

L’argomento dell’incontro era curioso e accattivante: sarebbero state infattipresentate alcune tra le più recenti invenzioni del secolo che volgeva al termine.Relatore era il professor Joseph Nigra, direttore del giornale scientifico «Il pro-pagatore delle invenzioni». Il professore stava compiendo, come puntualmenteriportato sul frontespizio dell’opuscolo che il Bottazzi poi pubblicò «dietro spe-ciale permesso»,1 un pellegrinaggio scientifico in Italia. Era alla sua 222ma confe-renza.

Il professore avrebbe parlato di penna elettrica, microfono, microtelefono,sonda microtelefonica, condensatore cantante e accenditore elettrico («un pic-colo e grazioso apparecchio — quest’ultimo — molto comodo ed utile»).2 Ma laguest star della serata era una sola. Il professor Nigra portava con sé e mostravaalla comunità scientifica internazionale (e nel nostro caso specifico partenopea)un prodigio del XIX secolo, frutto dell’ingegno del più strabiliante inventore ditutti i tempi: il fonografo di Edison.

Il brevetto statunitense per l’apparecchio che Thomas Alva Edison avevarealizzato risaliva al 24 dicembre del 1877: dopo poco più di un anno, nel corso

1. JOSEPH NIGRA, Conferenza seguita da esperimenti sul fonografo, penna elettrica, microfono, mi-crotelefono, sonda microtelefonica, condensatore cantante ed accenditore elettrico, Stabili-mento Tipografico dell’Ancora, Napoli 1879.

2. NIGRA, Conferenza, p. 17.

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del quale l’invenzione venne continuamente perfezionata (anche grazie al mi-raggio di un vasto mercato tutto da conquistare), ecco che approda a Napoli. Sesia stato questo il primissimo contatto tra il mondo del suono riprodotto e lacittà non si può dire con assoluta certezza, ma ci piace pensarlo. Certo è inveceche il rapporto tra la produzione musicale e canora del luogo con i mezzi di ri-produzione del suono sfocerà di lì a poco in un connubio naturale e solido.

In tutte le sue sfaccettature e in tutta la sua gamma coloristica — da quella piùtetra e drammatica a quella più svaporata e frizzante — tra la fine dell’Otto-cento e l’inizio del Novecento la canzone napoletana era già collocata in un seg-mento di mercato ben preciso, che ne garantiva una circolazione per tutte le ta-sche, dalle strade di Napoli a luoghi del mondo non proprio dietro l’angolo.Fatte le debite distinzioni, ovviamente, tra ‘superclassici’ come «Torna a Sur-riento» e «’O sole mio» (che vantavano traduzioni nelle lingue più impensabili)e prodotti a ‘un tanto a strofa’ destinati a bruciarsi nel giro di una serata piedi-grottesca.

Al di là della performance diretta, i primi mezzi di diffusione di tali opere fu-rono senz’altro quelli cartacei: i prodotti editoriali garantivano spostamentiorizzontali, verticali e trasversali attraverso il complesso tessuto sociale napole-tano, oltre che nei circuiti nazionali e internazionali di fruizione, tramite arti-coli economicissimi (quali erano ad esempio le ‘copielle’) ed edizioni di lusso,con copertine illustrate e impaginazione impeccabile.3

I primi supporti su cui si registrava e attraverso cui si riproduceva il suono,cioè il cilindro per fonografo e il disco per grammofono, nacquero e si diffuseropraticamente in contemporanea con la standardizzazione di quella che vienecomunemente definita ‘canzone classica napoletana’. L’incontro tra le tecno-logie nascenti e un prodotto musicale dotato di identità precisa e con una sta-bile presenza sul mercato fu immediato e felice.

Ma per meglio cogliere la sostanza di questo rapporto, che non può prescin-dere dalla natura dei nuovi apparecchi, occorre soffermarsi per un momento sucome fossero fatte e come funzionassero le ‘macchine parlanti’ e i supporti daesse letti: questo ci consente di capire come ‘proprio’ certi limiti imposti dallemacchine (primo fra tutti la necessità di una performance di durata limitata, cuila forma-canzone si adattava appieno) abbiano favorito un’equilibrata coesi-stenza, quasi una simbiosi, tra media e specifico oggetto culturale da veicolare.

I primi apparecchi di registrazione e riproduzione del suono obbedivano so-stanzialmente a due tipologie differenti: i fonografi a cilindro da un lato, igrammofoni a disco dall’altro.

3. Vedi a questo proposito MARIA LUISA STAZIO, Osolemio. La canzone napoletana: 1880/1914,Bulzoni, Roma 1995.

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Il cilindro fonografico poteva anche essere utilizzato per registrazioni dome-stiche (sul mercato si trovavano sia cilindri vergini che preincisi): questo impli-cava una profonda differenza tra fonografo e grammofono e non solo, come èevidente, per la forma dei rispettivi supporti. Il grammofono, inventato inAmerica da Emile Berliner nel 1887,4 era essenzialmente un apparecchio ripro-duttore (la registrazione dei dischi richiedeva sistemi complessi e passava attra-verso la creazione di una indispensabile matrice), e i dischi in circolazioneerano prodotti ‘editi’ a tutti gli effetti.

Il cilindro fonografico, per quanto competitivo con il disco in quanto a qua-lità di riproduzione, ebbe vita relativamente breve: lo stesso Edison, coinvoltoin prima persona nella produzione industriale di hardware e software, nel 1913si convertì al formato piatto, iniziando a incidere dischi. Se è vero che il risul-tato finale, a livello di funzione dei due apparecchi, era sostanzialmente lostesso — la produzione, in ambito domestico e/o industriale, di un sono-gramma riproducibile — la natura fisica delle macchine parlanti e di cilindri edischi aveva ancora un’influenza notevole nel condizionare il rapportofruitore/oggetto. Si può azzardare che al giorno d’oggi si tenda all’immateria-lità, non solo come rappresentazione mentale associata al mondo digitale, maanche nel realizzare oggetti sempre più piccoli che contengono interi universisonori (ore e ore di musica in una scatoletta poco più grande di un accendino!).Cento e più anni fa, invece, il rapporto con gli strumenti del suono riprodottoprevedevano un’inevitabile coinvolgimento corporeo: tattile, visivo, persino ol-fattivo.5 Tra i fattori che condizionarono il mercato a favore del disco, ci furonosenz’altro alcune condizioni di natura ‘fisica’ relative all’oggetto in questione:esso non si deformava né rompeva tanto facilmente (come avveniva ai cilindri)e obbediva a un principio di stoccabilità che lo rendeva molto più funzionale,permettendogli di attraversare agevolmente tutta una serie di passaggi inter-medi, sia in uscita (dalla fabbrica) che in entrata (presso le case dei consuma-tori). Anche se il cilindro superò la difficile fase iniziale in cui si potevano pro-durre solo originali (le incisioni avvenivano davanti a più apparecchi registra-tori in contemporanea, o facendo ripetere la performance più volte), arrivandocomunque a una produzione di natura industriale (che il disco, con il sistemamatrice-stampa conobbe fin dalla nascita), alla fine uscì di scena, lasciandocampo libero al suo avversario tecnologico.6

4. Per una storia del disco, vedi LUCA CERCHIARI, Il disco: musica, tecnologia, mercato, Sansoni,Milano 2001.

5. Evidentemente la necessità di un rapporto anche olfattivo con gli oggetti non è da sottovalu-tare: un sito internet, che pubblica libri di testo elettronici, ha lanciato l’e-book ‘odoroso’,dopo aver scoperto che gli studenti delle scuole superiori sono affezionati all’odore dei lorolibri. Notizia citata — tra l’altro — in: www.lastampa.it, 23 agosto 2007.

6. La fine del fonografo viene ben raccontata in: NICOLA NOSENGO, L’estinzione dei tecnosauri.Storie di tecnologie che non ce l’hanno fatta, Sironi Editore, Milano 20042.

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Per quanto, dunque, siano state incise canzoni napoletane anche su cilindrofonografico, e per quanto si tratti comunque di testimonianze preziose per deli-neare una storia dei primi incontri con le nuove tecnologie, da un punto divista numerico si tratta comunque di materiali di rilievo relativo, rispetto aquanto venne, fin dall’inizio, inciso su disco.

Nell’ottobre del 1899,7 il tenore trentunenne Ferruccio Giannini, toscano, ef-fettuava un’incisione discografica di Funiculì Funiculà. Il brano venne regi-strato a New York, insieme con altre due canzoni di matrice partenopea: SantaLucia e Mariannina. Niente di strano che nel repertorio di Giannini vi fosserocanzoni napoletane: era prassi comune abbinarne alcune con una vocalità ditipo lirico e impostato. La materia sonora ben si prestava, e spesso gli stessicompositori avevano in mente poderose estensioni vocali per interpretare leloro creature. Che qualcosa finisse su disco non era dunque nulla di strabi-liante, così come non lo era il fatto che non fossero napoletani purosangue avocalizzare su «Jamme, jamme, ’ncoppa jamme ja’».8 Ma, per quanto fonda-mentali per comprendere la portata della circolazione della materia partenopeaoltreoceano (e non ancora nei circuiti per emigranti che pure, come si vedrà,ebbero peso e presenza in questa storia), non furono queste le prime cose napo-letane incise su disco.

Tornando in Italia, e per l’esattezza a Milano, troviamo altri elementi inte-ressanti per la nostra storia.

A Milano era giunto per la prima volta proprio nel 1899 Fred Gaisberg, checercava di aprire spazi commerciali in Europa e più in generale nel mondo in-tero per conto di Berliner.9

I fonografi a cilindro erano arrivati, qualche tempo prima, anche in Italia, eoccorreva dunque creare e occupare fette di mercato alternative. Le prime inci-sioni discografiche milanesi vennero effettuate nel mese di luglio; le tipologiedei brani incisi10 consistono in: nove brani eseguiti dalla Banda Municipale diMilano, che propose marce e ouvertures d’opera; sedici pezzi parlati, comici o‘dal vero’,11 tutti eseguiti da Ferruccio Corradetti (che ritroviamo anche comeinterprete di brani lirici); 132 brani operistici (di cui solo ventinove eseguiti da

7. RICHARD SPOTTSWOOD, Ethnic music on records: a discography of ethnic recordings produced inthe United States, 1893 to 1942, University of Illinois Press, Urbana 1990, p. 424.

8. Lo fece anche, ad esempio, il famoso tenore John McCormack, che fu allievo di Denza (au-tore della musica della canzone) a Londra; resta anche una testimonianza discografica:7-52061 B14679-1 8/4/1914, John McCormack, Chorus (ALAN KELLY, His Master’s Voice/LaVoce del Padrone. The Italian catalogue, Greenwood Press, New York 1988, p. 68).

9. Gaisberg si spinse, nei suoi viaggi, fino in estremo oriente. FRED GAISBERG, The music goesaround: an autobiography, Macmillian, New York 1942, trad. it.: La musica e il disco, tradu-zione di Leo Brugnatelli, Bocca Editori, Milano 1949.

10. Si ha notizia di circa 200 incisioni (KELLY, His Master’s Voice).11. La cosiddetta ‘scena dal vero’ era una produzione nata con e per il cilindro e il disco: si trat-

tava di scenette d’ambiente o di cronaca, adattate agli esigui limiti temporali del supporto ri-produttore. Vedi ANITA PESCE, La scena dal vero per disco, I.R.TE.M., Roma 2004.

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interpreti femminili, anche se le donne sono presenti in molti dei trentottoduetti, trii, ecc. facenti parte dello stesso gruppo di registrazioni); ventuno can-zoni leggere — tutte eseguite da tale «Signor Fantoni» — di cui diciassette na-poletane.

Su 200 pezzi, diciassette costituiscono appena l’8,5%: percentuale piccola,ma significativa, se si pensa che il resto è per la maggior parte opera lirica. Lapercentuale delle canzoni napoletane presenti sui primi cataloghi discograficiitaliani era però destinata a salire; la ‘canzone napoletana’, così come le esecu-zioni di interpreti di area partenopea, entrarono a far parte di una vera e pro-pria categoria identificativa, arrivando talvolta (fatti ovviamente tutti i di-stinguo in relazione alle annate e alle case discografiche) ad occupare circa unquinto della consistenza dei cataloghi stessi.

A Napoli i primi dischi vennero incisi nel giugno del 1900, sempre ad operadi Fred Gaisberg, che realizzò 35 matrici.12

La cosa curiosa è che non si esibirono interpreti famosi, a parte Diego Gian-nini (un altro Giannini, che nulla ha a che vedere con l’omonimo Ferruccio cuisi è fatto cenno).13 Forse la nuova diavoleria del secolo nascente non era stataintrodotta a Napoli con sufficiente risalto e adeguata pubblicità. E forse Gai-sberg fece le cose un po’ troppo in fretta (restò a Napoli 5 giorni)14 e non ebbe iltempo di coinvolgere altri divi della canzone, molti dei quali, solo qualche annopiù tardi, riverseranno anima e cuore nel disco a 78 giri.

La nascente industria del suono riprodotto incluse subito nei suoi repertoricommerciali la produzione napoletana; la ragione era data, si è detto, sia dallaadattabilità temporale (brevità) dei brani ai supporti,15 che dalla tipologia mer-ceologica, che — nonostante il rapporto qualità/prezzo di un disco d’inizio No-vecento — consentiva a un prodotto ‘leggero’ come la canzone di essere più fa-cilmente smerciabile (anche perché la musica classica strumentale troverà spazifonografici soltanto con il passare del tempo e il perfezionarsi delle tecnologiedi registrazione, mentre l’opera lirica era riproducibile unicamente a spezzoni,la qual cosa ne sminuiva godibilità e fruibilità complessive).

Il disco, nato negli Stati Uniti d’America e diffusosi in pochi anni in tutto ilmondo, ospitò la canzone napoletana, si è visto, non solo in produzioni locali,ma anche nazionali e internazionali. La prima casa discografica italiana fu laSocietà Italiana di Fonotipia, nata nel 1904; i suoi cataloghi offrivano un vastorepertorio di canzoni e canzonette napoletane. In Europa, poi, l’industria di-

12. Per una storia della nascita dell’industria discografica a Napoli, cfr. ANITA PESCE, La Sirenanel solco. Origini della riproduzione sonora, Guida, Napoli 2005.

13. PESCE, La Sirena nel solco, pp. 78-9.14. PESCE, La Sirena nel solco, pp. 71-6.15. Anche se inizialmente i dischi duravano poco più di due minuti, e spesso le canzoni di tre

strofe subivano la mutilazione di una strofa, si arrivò in tempi relativamente brevi a riuscirea contenere le canzoni per intero.

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scografica aveva collocazioni strategiche nelle principali capitali. Ad esempioLondra era la sede amministrativa della Gramophone di Berliner, che in tuttaEuropa assunse ben presto la denominazione di His Master’s Voice (l’italiana«Voce del Padrone»), e che pure produsse un ingente quantitativo di dischicontenenti repertori napoletani.16 Anche la Francia, con la Pathé (che faceva af-fari pure con il cinema), fu presente sul mercato internazionale fin dal 1897:17

prima come produttrice di cilindri, e poi, dal 1905, di dischi. Le nazioni peròche riguardano più da vicino la nostra storia sono senz’altro la Germania e gliStati Uniti d’America. In Germania aveva impiantato i suoi stabilimenti di pro-duzione proprio l’‘americano’ Emile Berliner, che era in realtà tedesco, emi-grato in America ma originario di Hannover. Hannover e le zone circostantidiventarono ben presto il luogo in cui, oltre ai dischi, si produceva know-how:ad opera di fuoriusciti dalla casa-madre, nacquero ben presto molte piccolefabbriche di dischi, tra loro in concorrenza spietata e talvolta sleale, e le cui ri-sorse umane, di operai e tecnici, migravano spesso da una società all’altra.18

Queste case discografiche, nate nel primo decennio del Novecento e benpresto risucchiate dal gorgo annientatore della Prima Guerra Mondiale, eranoalla continua ricerca di spazi vitali e cercavano di aprire nuovi segmenti dimercato (dentro e fuori la loro terra d’origine) o al più di insinuarsi in quelligià esistenti.

Se si leggono le rare cronache sopravvissute, redatte da persone che all’epocavennero coinvolte nel business, si coglie forse con maggiore immediatezza l’at-mosfera di questo affascinante, per quanto esile, fenomeno: sparuti gruppetti ditecnici che affrontano fatiche inenarrabili spingendosi in punti del mondo re-moti alla ricerca di cantanti e musicisti; uomini forzuti e nonostante ciò stre-mati dalla fatica, che sistemano le loro pesantissime attrezzature in scantinati oin halls di alberghetti equivoci; talent scout cinici e spesso incompetenti, il cuiunico mandato è quello di forzare i mercati locali con i prodotti della societàche rappresentano.

Nel primo decennio del Novecento, i discografici tedeschi giunsero anche aNapoli. La Favorite Record, per citare la casa discografica di cui sopravvivequalche notizia in più,19 ebbe sicuramente un ufficio di rappresentanza a Ve-

16. È bene chiarire una volta per tutte che non erano solo ed esclusivamente canzoni ‘classiche’quelle che venivano incise: ma di questo si parlerà oltre.

17. In realtà, come Pathé-Freres, lo fu dal 1899, ma la ditta discendeva della Compagnie Ameri-caine du Phonograph Edison, nata appunto due anni prima.

18. Vedi lo studio, anche se relativo alla produzione turca della Favorite Record, di: HUGO

STRÖTBAUM, Favorite Records. Seventy-eight revolutions per minute in the Levant discographyof Favorite’s Oriental recordings, in De Turciis alisque rebus commentarii Henry Hofmandedicati, Instituut voor Oosterse Talen en Culturen, Utrecht 1992 (Utrecht TurcologicalSeries vol. 3).

19. Notizie e informazioni su questa casa discografica si possono trovare in: STRÖTBAUM, FavoriteRecords; ANITA PESCE, Napoli a 78 giri, Avagliano Editore, Cava de’ Tirreni 1999. PESCE, La Si-rena nel solco.

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rona. Un’ipotesi potrebbe essere che da lì partì periodicamente — in un arco ditempo documentato di quattro anni, tra il 1908 e il 1911 — una troupe che sirecava a Napoli per incidere materiale nuovo, prevalentemente alimentato dallaproduzione per Piedigrotta, ma costituito altresì da scenette di teatro dialettale,performance di stelle del varietà (persino il romano Ettore Petrolini incise isuoi dischi per la Favorite Record proprio a Napoli), scene dal vero, financhetestimonianze di canto popolare come canti a fronn’’e limone e a ffigliola.

Le date di produzione dei dischi (che nel caso della Favorite venivano spessoannotate sulla matrice e rimanevano dunque impresse sul disco)20 risultano es-sere di poco successive al periodo della festa di Piedigrotta, notoriamente ilmomento di massima produzione di canzoni e di ‘grandi successi’. Canzoni de-stinate ad essere rapidamente immesse in quell’ingranaggio commerciale e mul-timediale ante litteram di cui la canzone napoletana fu oggetto privilegiato.21

La Favorite non fu certamente la sola ditta tedesca a partecipare all’assalto alneonato mercato discografico napoletano: si hanno tracce di dischi della Lyro-phon, dell’Odeon, della Parlophone, della Beka, della Polyphon, tanto per ci-tarne alcune; almeno fino alla Prima Guerra Mondiale, quando le circostanze licostrinsero a un rapido rientro in patria, questi pacifici cacciatori di talenti se-tacciarono la città intercettando le migliori vedettes del café-chantant, i più in-teressanti posteggiatori, i più portentosi interpreti della canzone classica, alcuniattori famosi (soprattutto comici) e qualche ‘predicatore’ che registrasse filip-piche moraleggianti in un formato quantomeno inedito.

Sciantose, macchiettisti, cantanti d’ogni ordine e grado andarono a compi-lare una sorta di enorme catalogo virtuale; visto oggi attraverso uno sguardod’insieme impossibile (quanto inutile) per l’epoca, questo materiale documen-tario si compone non solo di testimonianze sonore, ma anche di foto, spartiti,inserzioni pubblicitarie, articoli di giornali, fotogrammi da film muto; all’epocail disco non era corredato da immagini di accompagnamento (bastava a séstesso: l’unica immagine attraente era l’etichetta, spesso bellissima, nei primianni d’uso);22 la foderina era solitamente sobria e tutt’al più recava elenchi dialtri dischi del catalogo, o il logo della casa discografica; i ritratti fotograficidegli interpreti più famosi — che gradualmente si appropriarono del posto chemeritavano, togliendo il primato a ciò che alla nascita dell’industria discogra-fica sembrava la prima cosa da vendere, e cioè il brano inciso — si trovavanoprevalentemente sui cataloghi discografici e sugli inserti pubblicitari dei gior-nali. Proprio i cataloghi, in mancanza del booklet, costituivano il luogo del ri-

20. Nella seconda parte di questo saggio, verranno date indicazioni su come rilevare i dati di-scografici.

21. Oltre ai vari media cartacei, la canzone napoletana veniva veicolata attraverso la musica perpiano a cilindro (il cosiddetto ‘pianino’), ma era oggetto culturale di riferimento persino neiprimi film muti prodotti a Napoli.

22. I primissimi dischi non avevano neanche l’etichetta: il titolo era direttamente graffiato ostampigliato sulla matrice e veniva così impresso sulla lacca una volta stampato il disco.

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congiungimento tra suono e immagine: essi offrivano un indispensabile stru-mento agli acquirenti, che potevano così approfondire la loro conoscenza deicantanti più in voga (talvolta contenevano perfino brevi biografie dei maggioriartisti).

Col presente atto si conviene tra la Signora Ersilia Sampieri e i Signori FratelliEsposito di Raffaele quanto segue:La Sig. Ersilia Sampieri, si obbliga di cantare per conto della Ditta Fratelli Espositoed in macchine da essa fornite numero dieci pezzi o canzoni del repertorio arti-stico proprio, scelti ed indicati dalla Ditta nel termine convenuto di giorni cinque,cioè entro il trentuno marzo corrente.La Ditta verserà come effettivamente versa alla Sig. Sampieri per compenso lasomma di lire Mille, una volta tanto, e la Signora Sampieri ne accusa, nel presenteatto, formale ricevuta. Col versamento del compenso cessa da parte della SignoraSampieri ogni diritto o ragione verso la Ditta, per qualsiasi motivo, mentre questasi riserva la libera vendita o comunque l’alienazione delle prove stampate.Fatto ed accettato dalle parti contraenti oggi Ventisei marzo Millenovecento-nove.23

Questo il testo di uno dei cinque contratti stipulati alla fine del mese dimarzo 1909 tra la Ditta Fratelli Esposito di Raffaele, di Napoli, e alcuni artisti.Nel corso della stessa giornata del 26 i neodiscografici avevano messo sottocontratto anche il direttore d’orchestra Barna Felsmann insieme con dieci pro-fessori «forniti degli strumenti necessarii all’esecuzione»,24 oltre al posteggia-tore Pietro Mazzone. Tre giorni dopo (il 29) è il turno di Gennaro Pasquariello,mentre il 31 marzo tocca a Raimondo De Angelis, che dovrà interpretare di-ciotto canzonette ‘a solo’ e sei pezzi a duetto con Ersilia Sampieri.25

La storia della Ditta Fratelli Esposito di Raffaele incomincia però qualcheanno prima, proprio a Napoli. La famiglia possedeva, di certo a partire dal1907,26 un negozio di materiali fonografici: dischi e grammofoni venivano ven-duti presso il negozio principale a Calata Sant’Anna dei Lombardi così comenella succursale di Via Roma.

Ben presto però gli Esposito si trovarono ad incrociare le loro sorti commer-ciali con quelle di una casa discografica tedesca, la Beka Record, nata a Berlinonel 1904. Come molte altre ditte tedesche, la Beka aveva iniziato a produrreanche materiale italiano, molto probabilmente a Milano. Non si sa ancora in

23. Contratto tra la Ditta Fratelli Esposito di Raffaele ed Ersilia Sampieri (proprietà di RobertoEsposito).

24. Contratto tra la Ditta Fratelli Esposito di Raffaele e Barna Felsmann (proprietà di RobertoEsposito).

25. Le fonti cartacee — in questo caso i contratti, ma anche altri materiali di fondamentale im-portanza per la ricostruzione storica relativa all’industria discografica a Napoli — sono statemesse a disposizione dell’A. dal dr Roberto Esposito, uno degli attuali titolari della Phonoty-pe Record di Napoli.

26. PESCE, La Sirena nel solco.

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virtù di quali dinamiche, ma ad un certo punto ritroviamo dischi Beka e dischidella Società Fonografica Napoletana (marchio prodotto dagli Esposito) con ti-toli, interpreti e (soprattutto) numeri di matrice coincidenti: in poche paroledalle stesse matrici si stampavano dischi con etichette differenti.27 La deriva-zione della Società Fonografica Napoletana dalla Beka è più che un’ipotesi: pro-babilmente i tedeschi vendettero le loro matrici (forse inizialmente quelle mila-nesi) ai napoletani, che iniziarono a commercializzare i dischi con il neonatomarchio Società Fonografica Napoletana. Dal 1909, come dimostrano i con-tratti, gli Esposito non acquistano più matrici preconfezionate, ma iniziano unaproduzione autonoma, impegnando alcune celebrità locali; ciò comporta unprobabile ribaltamento dei rapporti con la Beka: vi sono alcuni dischi sicura-mente incisi a Napoli dalla ditta Esposito di Raffaele che sono commercializzatianche sotto l’etichetta tedesca.

Al di là di questi contorti andamenti di natura squisitamente mercantile,resta da dire che la Società Fonografica Napoletana fu la casa discografica ita-liana seconda, in ordine di fondazione, alla sola Società Italiana di Fonotipia daMilano. Questa piccola ditta a conduzione familiare mantiene però un primatotutto suo, continuando a esistere ancora oggi con il nome di Phonotype Re-cord.28 Già dal 1911 questo marchio — Phonotype Record, appunto — iniziò aimporsi nella discografia locale, sostituendo definitivamente quello di SocietàFonografica Napoletana. Da cosa fu dettata la scelta da parte degli Esposito dicambiare denominazione? Per obbedire a un’esigenza di internazionalizza-zione? In seguito ai cessati accordi con la Beka? Non si sa, al momento. La rico-struzione di una storia di questo tipo, che sembra scorrere con linearità, derivainvece dalla ricomposizione e dall’interpretazione di un puzzle eterogeneo,fatto di note-spesa, raffronto tra dischi, vecchie carte sopravvissute, un registrodelle matrici preziosissimo,29 testimonianze orali. Non c’è nulla di lineare, cosìcome restano molti punti lacunosi che potrebbero essere colmati col tempo op-pure restare tali per sempre.

Fino alla Prima Guerra Mondiale, la produzione discografica napoletana rical-cava, mutatis mutandis, l’andamento di analoghe produzioni degli altri paesidove si facevano dischi: c’erano prodotti di prima classe (che a Napoli, comenel resto d’Italia, erano costituiti dalle arie d’opera) e c’erano poi prodotti piùpopolari. A Napoli la produzione di canzoni per la Piedigrotta trovò anche nel

27. Non è e non sarà una novità: nel mondo dell’industria discografica molte matrici venivanovendute ad altre ditte, o recavano etichette differenti a seconda della tipologia del prodotto,pur proveniente dalla stessa casa di produzione.

28. La Phonotype Record, oggi, è attiva sia come studio di registrazione che come casa discografica(caratterizzata anche da una produzione specificamente dedicata ai suoi materiali storici).

29. Il riferimento è, nello specifico, a un registro in possesso della Phonotype, in cui vennero an-notate — a partire dal 24 aprile 1910 — tutte le sedute di incisione effettuate dalla ditta (finoal 26 ottobre 1923).

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disco i suoi spazi; anzi, il mercato del disco contribuì senz’altro a rafforzare e adiffondere le proposte piedigrottesche. Fino alla Prima Guerra Mondiale,inoltre, la qualità della proposta locale in ambito discografico era molto elevata,anche grazie alla diretta presenza sul territorio di case discografiche straniere— angloamericane, francesi e tedesche — che avevano fatto i loro investimentinella città partenopea. Con l’arrivo della guerra la situazione muta all’improv-viso: i tedeschi rientrano rapidamente in patria, ma anche per gli altri si annun-ciano tempi difficili. La stessa Phonotype Record, negli anni tra il 1914 e il1918, tocca i suoi minimi storici nella emissione di nuove matrici, arrivando aprodurne, nel 1916, appena 55 (contro le 396, ad esempio, del 1913).30

Il mercato del disco napoletano subisce dei mutamenti improvvisi e radicali,ma non si esaurisce: si sposta.

Quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale nel 1914, sia la produzione che il tra-sporto via nave dall’Europa si ridussero drasticamente e le compagnie locali fu-rono indotte a sviluppare rapidamente programmi di registrazioni. Contempora-neamente, il bisogno di dischi etnici era sentito con sempre maggiore forza, datoche gli immigrati provenienti dai paesi colpiti dalla guerra cercavano materiali cherinforzassero i loro legami culturali in America e li rassicurassero che a casa nontutto era perduto. Dall’inizio del 1916, Victor e Columbia programmavano rego-larmente sedute di registrazione di artisti etnici che incidevano un gran numero dicanzoni patriottiche, scenette comiche (spesso sulle difficoltà di inserimento deinuovi immigrati), estratti d’opera e di operetta, selezioni per banda, e canzoni cuisi potesse ispirare ogni significativa minoranza negli Stati Uniti. […] Anche dopola fine della guerra, continuò attivamente la produzione di dischi etnici finché ladepressione riportò a dipendere dalle più economiche fonti europee per la mag-gior parte dei nuovi dischi, riducendo quasi totalmente alcune serie.31

Abbiamo visto come alla fine dell’Ottocento in America del Nord una fa-mosa canzone napoletana fosse già presente nei cataloghi della Berliner/Gra-mophone. Si trattava di un caso raro, e testimoniava come la canzone napole-tana, nella sua veste più paludata e ‘classica’, possedesse tutte le carte in regolaper stare in una registrazione sonora fatta al di là dell’oceano. Circa vent’annidopo, però, la situazione è decisamente diversa: il disco non è più quel pro-dotto extra-lusso che si potevano concedere in pochi; pure i più poveri, anchesolo inserendo una moneta in un grammofono a gettone, potevano ascoltaremusica riprodotta. Gli emigranti campani già avevano compiuto il loro esodo apartire dalla fine dell’Ottocento: tra il 1876 e il 1915 ne erano partiti quasi unmilione e mezzo,32 alla volta delle principali mete di espatrio, tra cui l’Americadel Nord. Il potenziale bacino d’utenza era dunque molto ampio, e il mercato

30. PESCE, Napoli a 78 giri.31. SPOTTSWOOD, Ethnic music on records, p. XVII (traduzione dell’A.).32. Stando alle indicazioni del Centro Studi Emigrazione di Roma (studio del 1978), tra il 1876

e il 1900 partirono dalla Campania 520.791 persone, mentre tra il 1901 e il 1915 se ne anda-rono 955.188.

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— per quanto riguardasse prodotti tutto sommato a basso costo — si presen-tava molto interessante.

Quanto viene prodotto, è ovvio, si adatterà al target. A Napoli, fino allaprima metà del Novecento, si puntava moltissimo (si è detto) sui successi diPiedigrotta33 e più in generale sulle canzoni ‘d’autore’, lasciando abbastanza aimargini prodotti come le scenette teatrali (prevalentemente comiche e ‘dalvero’). Con l’evolversi del mercato, con l’ampliarsi dei compratori di 78 giri,con lo spostamento oltreoceano, cambia anche ciò che sulla lacca del discoviene impresso. Il mercato americano sicuramente aveva beneficiato di quantofino ai primi anni Dieci del Novecento era stato prodotto per il pubblico parte-nopeo: le matrici venivano spesso rivendute in America e trasportate via nave— come fa notare anche Richard Spottswood — e questo andamento, iniziatoprima della Prima Grande Guerra, riprese dopo la Grande Depressione del ’29.

Quello che però al momento ci interessa è quell’intervallo di una decina dianni (fine anni Dieci/fine anni Venti) in cui prevalse una produzione ‘etnica’autoctona, ad opera di case americane.

Quali erano le diverse esigenze degli emigranti? Innanzitutto quella, urgentee dolorosa, di sentirsi in qualche modo a casa, di avere notizie, di sentir parlarela propria lingua e il proprio dialetto: nascono così molti dischi che sono vere eproprie cronache di fatti realmente accaduti, così come di situazioni verosimiliche ‘fanno atmosfera’. Nel frattempo, poi, la canzone napoletana aveva trovatoun suo filone fertile nella canzone drammatica, legata a doppio filo con la sce-neggiata teatrale.34 Molte compagnie di sceneggiate viaggiarono tra le dueguerre in giro per i luoghi del mondo dove vi fossero nostri connazionali. Emolti interpreti incisero dischi, spesso contenenti sia la canzone (cui l’azioneteatrale, fin dal titolo, era solita fare riferimento), che un breve intervento ver-bale, che serviva a raccontare in maniera estremamente sintetica quanto — emolto più per le lunghe — si andava proponendo sulle scene. Se si scorrono lediscografie delle produzioni etniche americane si può notare che la canzoneclassica è presente in misura piuttosto limitata, mentre prevale una produzionedrammatica che include sia gli autori più accreditati e residenti nella lontanis-sima Napoli (come Libero Bovio ed E.A. Mario) che autori del posto, chehanno forse la tendenza a incupire i drammi già cupi dei modelli d’origine e arendere molto più aderenti alla realtà italoamericana le storie e le atmosfere.

È spesso grazie alle produzioni discografiche che sopravvivono, oltre checontenuti, anche modelli linguistici che costituiscono la più immediata testi-

33. Tra l’altro, le case discografiche stipulavano precisi accordi con le case editrici (quando nonproducevano sia dischi che libri musicali): la Phonotype, ad esempio, ebbe per moltissimotempo un rapporto di esclusiva con la Canzonetta, e i suoi proprietari furono anche titolaridella casa editrice musicale Marechiaro.

34. Cfr. Sceneggiata. Rappresentazioni di un genere popolare, a cura di P. Scialò, Guida, Napoli2002. Cfr. anche il saggio Il teatro della canzone. Antefatti e fatti della sceneggiata napoleta-na, in PESCE, La scena dal vero per disco, p. 85 segg.

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monianza del momento di passaggio, adattamento, integrazione degli italianiche cercano una loro identità in terra straniera. Il dialetto delle terre d’origine simescola a parole americane, spesso storpiate e riadattate alle proprie cadenze. Èuna lingua di transizione, quasi mai scritta, che può resistere tra i solchi di undisco ma che di rado trova collocazione letteraria: a questo proposito si pensi alcorpus di macchiette di Eduardo Migliaccio, la cui lingua teatrale utilizza unmélange linguistico, messo sì per iscritto,35 ma giunto a noi soprattutto attra-verso una vastissima produzione su disco.36

Negli ethnic records di produzione americana troviamo ovviamente testimo-nianza delle molteplici realtà regionali d’origine italiana, anche se i prodotti na-poletani sono presenti in maniera numericamente superiore a tutti quanti glialtri, per le ragioni che si possono immaginare: una industria discografica giàstrutturata e un’offerta vasta, con ampia diversificazione del prodotto e inter-preti seguiti e amati dal pubblico.

A questo punto però una domanda sorge spontanea: cosa sopravvive delconcetto di ‘canzone napoletana’, in questo periodo discograficamente (oltreche storicamente) così particolare?

È canzone napoletana un brano che s’intitola ’O dolore ’e Pola Negri p’ ’amorte ’e Rodolfo Valentino cantata nell’ottobre del 1926 da Gilda Mignonette?37 Ècanzone napoletana Vendetta p’ ’onnore di G. Giudice, cantata da Gina Santelianel 1925 per una matrice Okeh?38 Certo gli interpreti ‘americani’ ricorrevanoanche al repertorio classico, ma si nota una produzione autonoma, locale, di au-tori in qualche modo già integrati nel tessuto sociale italoamericano, che produ-cono e propongono attraverso il disco una specificità territoriale che identifica,nel già variegato mondo della canzone partenopea, una sorta di ‘sottogenere’ ca-ratteristico, fortemente dipendente dallo stesso medium discografico.

La crisi economica, con il crollo della Borsa a Wall Street nel fatidico 1929, ri-balta di nuovo la situazione discografica. Gli investimenti nel settore etniconon sono più convenienti per case come la Okeh e la Brunswick (che in altriambiti musicali stavano anche gettando le basi per la storia del jazz),39 né persocietà di caratura internazionale come Columbia e Victor (versione americanadell’europea His Master’s Voice). Il flusso dei materiali d’importazione ri-

35. Per i testi delle macchiette di Eduardo Migliaccio, cfr. HERMANN W. HALLER, Tra Napoli eNew York. Le macchiette italo-americane di Eduardo Migliaccio, Bulzoni Editore, Roma2006.

36. Un ampio elenco delle incisioni di Migliaccio si trova in SPOTTSWOOD, Ethnic music on re-cords, pp. 458-63.

37. Gilda Mignonette, ’O dolore ’e Pola Negri p’’a morte ’e Rodolfo Valentino (Esposito-Ferra-ro), Columbia W 107209-1 14249-F D11509, New York, ottobre 1926.

38. S 73367-A-B 9209.39. Attraverso una massiccia produzione di race records destinati al pubblico afroamericano.

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prende, e da Napoli (come da altre parti del mondo) ripartono i bastimenti ca-richi di matrici. Siamo ormai negli anni Trenta, e alcune cose sono cambiate.

La tecnologia, che nelle nostre storie discografiche ha un peso notevole e in-fluisce talvolta anche sui contenuti artistici dei dischi stessi, compie un passo inavanti decisivo con l’avvento dell’incisione elettrica. È il 1925, quando vengonoimmessi sul mercato — dalla Columbia e dalla Victor40 — i primi dischi le cuimatrici erano state incise secondo una nuova procedura, che utilizzava l’elettri-cità nella fase della registrazione del suono, fino a quel momento effettuatameccanicamente, cioè senza l’uso di microfoni. Questo processo consentivacambiamenti determinanti sia in quanto a qualità di riproduzione che per la ri-presa di voci e strumenti fino ad allora considerati poco ‘fonogenici’. Se moltidei dischi napoletani ‘americani’ erano già electrical-records, le nuove tecno-logie approdarono a Napoli intorno al 1927, con un paio di anni di ritardo.

Dopo le ostilità della guerra, la produzione discografica era ripresa a pienoritmo anche in Italia, e in particolar modo a Napoli, dove la Phonotype avevaampliato la sua proposta — adeguandosi ai tempi e alle mutate esigenze deiconsumatori — proponendo molte cose in lingua. Molti parolieri napoletani,infatti, avevano allargato i propri orizzonti e iniziavano a verseggiare in ita-liano. Brunettina, Il mio sogno, Bambina mia, erano tra i molti titoli che circo-lavano negli anni venti, unitamente a nuovi ritmi musicali d’importazione, dalfox trot al boston, dallo schottisch al two step. Tra il 1921 e il 1923 gli Espositoacquistano anche matrici di altre case discografiche:41 circa seicento titoli, costi-tuiti prevalentemente da ballabili o da brani da operette, generalmente per or-chestra.42

Già dal 1917, intanto, si era unito alla casa discografica il tenore FernandoDe Lucia. Ormai ritiratosi dalle scene, continuò a incidere per la Phonotype,ma si impegnò anche in un meritorio lavoro di coordinamento e direzione arti-stica nel settore lirico, arrivando a far produrre alla casa discografica parte-nopea persino due opere complete (Rigoletto e Il barbiere di Siviglia).43 Se peròl’opera lirica aveva costituito uno degli iniziali punti di forza della ditta napole-tana, dall’uscita di scena, nel 1922, di Fernando De Lucia, la casa discografica sidedica praticamente quasi solo alla canzone.

La Phonotype Record, intanto, si internazionalizzava davvero, e questa voltasulla direttrice transoceanica Napoli/New York. Nel 1924 rilevava la casa disco-grafica Klarophone Record, dell’italoamericano Antonio De Martino, ritornatoa Napoli dall’America; titolare anche della Italian Book Library a New York, DeMartino aveva ceduto agli Esposito il suo piccolo marchio discografico, proba-

40. CERCHIARI, Il disco, p. 86, nota 6.41. Lo studioso tedesco Rainer Lotz afferma (corrispondenza privata con l’A.) che alcune matri-

ci sono di probabile provenienza Homocord.42. PESCE, Napoli a 78 giri, p. 130 segg.43. PESCE, Napoli a 78 giri, pp. 239-40.

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bilmente vendendo loro anche i macchinari per lo stampaggio dei dischi.44 LaPhonotype e De Martino ebbero anche altri rapporti commerciali, almeno finoalla metà degli anni Trenta (quando De Martino si ritirò di nuovo, e per unlungo periodo, in America):

Napoli, li 4 marzo 1926Confermiamovi l’ordine passato dal n/s Rag. Russo per le seguenti matrici:

1. ‘A trummetta ‘a Vicaria2. Chi è meglio ‘e me3. Mamma sfurtunata4. Se dice…5. Napule ncantatore6. Ombra si tu.

[…]Vi raccomandiamo la sollecitudine per la consegna delle matrici e intanto distinta-mente vi salutiamo.

De Martino45

Nel 1935 arriva quello che è probabilmente l’ultimo ordine: De Martinorientrerà in America, e tornerà definitivamente a Napoli alla fine della SecondaGuerra Mondiale:46

Napoli, 15 maggio 1935Favorite approntare le seguenti matrici:

Zappatore‘E ppentiteSignorinellaCanzone a MariaO paese d’’o soleCanzone sbarazzinaPassioneGuappo songh’’ioCiucculatina miaAcqua santaVentiquattroreVerde celeste e rosaAnema neraManname ’e cunfietteMamma addo’ staNapule d’e canzoneE figlieSciantusella

44. Durante un suo lunghissimo soggiorno napoletano, De Martino fondò la casa Editrice Mu-sicale Santa Lucia, il cui direttore artistico fu — tra il 1924 e il 1933 — Libero Bovio. cfr.ETTORE DE MURA, Enciclopedia della canzone napoletana, vol. I, Il Torchio, Napoli 1969, pp.482-5.

45. Ordine dattiloscritto (proprietà di Roberto Esposito).46. DE MURA, Enciclopedia della canzone napoletana.

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L’urdemo nammuratoCruvatte signoriManelle freddeTic ti tic taTammurriata sigreta Carcere

Preferisco: Parisi – Mignonette – Ruggiero – e Papaccio per le canzoni dramma-tiche.Distinti saluti

De Martino47

Le matrici partivano per l’America, commercializzate con il marchio Italian-style. In America gli Esposito intanto mantenevano contatti di natura econo-mica anche con un altro imprenditore: Ernesto Rossi, titolare della Libreria Ita-liana di New York. Nel 1924 Vincenzo Esposito, uno dei figli di Raffaele, avevafondato la casa Editrice Musicale Marechiaro. Con il Rossi, nel giugno dellostesso anno, aveva stipulato un contratto in cui gli cedeva in esclusiva i dirittieditoriali della Marechiaro per gli Stati Uniti d’America. In cambio Rossi ac-cordava a Vincenzo Esposito i diritti editoriali per tutta l’Europa «per le pub-bliche esecuzioni nonché per le riproduzioni meccaniche» della produzionedella sua casa editrice, la C.E.R.I.A. (Case Editrici Riunite Italo Americane).48

Ma Ernesto Rossi era titolare anche di un marchio discografico, Geniale Re-cord, che commercializzava dischi le cui matrici provenivano dalla produzionenapoletana della Phonotype.49

Intanto la Voce del Padrone, marchio di derivazione Gramophone e tra lesocietà discografiche leader del mercato, continuava le sue incursioni perio-diche in Italia, Napoli compresa. Se durante la Prima Guerra Mondiale i disco-grafici non si spinsero a Sud (ma incisero comunque a Milano, e come al solitoanche cose napoletane), nel 1919 realizzarono a Napoli circa 150 matrici,50 nel1920 una sessantina, mentre nel 1930 — dopo dieci anni di assenza dalla cittàpartenopea — solo 46. Come per il passato, anche le altre principali case disco-grafiche internazionali continuavano ad investire in Italia, con una particolareattenzione alla produzione napoletana (anche se magari le sedute d’incisioneavvenivano a Milano o addirittura all’estero).

La momentanea rinascita produttiva del mercato italiano su 78 giri coincisecon un periodo molto particolare della Storia. Il Ventennio fascista era nelpieno del suo vigore, e non si lasciava sfuggire le potenzialità mediatiche deldisco:

47. Ordine dattiloscritto (proprietà di Roberto Esposito).48. Anche questa con sede a Napoli e a New York (proprietà di Roberto Esposito).49. Come si evince anche confrontando i numeri di matrice. La Geniale Record aveva però an-

che una sua produzione autonoma a New York.50. Per questi dati e per i successivi, cfr. KELLY, His Master’s Voice, pp. XXVIII-XXIX.

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Il Governo Fascista, sempre intento a dare maggiore incremento all’IndustriaAgricola a beneficio della grande Italia, ha fatto costruire l’Autotreno del Grano,speciale mezzo di propaganda agraria, ideato e voluto dal Capo del Governo edorganizzato dal Sindacato Nazionale Fascista dei tecnici agricoli sotto l’egida delMinistero dell’Agricoltura e Foreste.Questo genialissimo mezzo d’istruzione ha percorso tutta l’Italia fra il grande en-tusiasmo delle popolazioni rurali. […]In uno degli Autocarri dove era collocato un Fonografo portatile «Brunswick»tanto Sua Maestà come il Duce, ascoltarono l’audizione dei Dischi pure «Brun-swick» espressamente incisi dalla nostra Casa riproducenti consigli ed insegna-menti da far udire ai nostri agricoltori nel giro di propaganda nelle diverse piazzed’Italia.51

La stessa Brunswick, nel 1932 (anno cui risale il precedente testo), propo-neva nel suo catalogo italiano 164 canzoni napoletane.52

Durante gli anni Trenta, superata la crisi economica, si potrà godere di unaserie di novità tecnologiche (molte delle quali nate poco prima del 1929), checondizioneranno in qualche misura anche il mercato mondiale del disco. Si èdetto dell’elettrificazione dei sistemi di incisione, risalente al 1925. La radio,che in Italia trasmette dal 1924, è ormai oggetto di uso comune. Nel 1927 nasceil juke-box (che aveva come antenato il fonografo a gettone d’inizio secolo).Viene proiettato, sempre nel 1927, il primo film sonoro, anche se nel 1932 inItalia si trova ancora in commercio un’amplissima scelta di «dischi per accom-pagnamento e sincronizzazione di films muti».53 Il mercato discografico traenuova linfa dalla diffusione degli apparecchi pubblici a moneta; la sonorizza-zione dei film porta, in America, al boom del musical, che si trasferisce dai pal-coscenici teatrali alle sale cinematografiche),54 per approdare comunque anchealle lacche discografiche in «pezzi sciolti». La radio entra apparentemente inconcorrenza con il disco, ma le modalità d’uso sono differenti, e le due tecno-logie riescono comunque a coesistere. Quello che andrà a scuotere, ancora unavolta, tutto il sistema, sarà la guerra. È proprio la Seconda Guerra Mondiale aribaltare, infatti, gli scenari della discografia partenopea; con l’arrivo degli ame-ricani succede ciò che più avevano temuto coloro che difendevano l’incorrutti-bilità della canzone napoletana: con gli americani entrano a Napoli i V-Discs (i

51. Catalogo Brunswick, 1932, in possesso della Discoteca di Stato e consultabile on-line sulsito: http://www.dds.it.

52. La Brunswick aveva sede a Chicago, e come concessionari esclusivi per l’Italia & Colonieaveva la FONIT, Fonodisco Italiano Trevisan di Milano.

53. Catalogo Brunswick; vi sono dischi con “effetti di suono”, dischi che servono ad accompa-gnare «scene tristi, sentimentali, amorose, pastorali, campestri», «scene movimentate, dram-matiche, impressionanti», «scene orientali, esotiche», «scene settecentesche»; e così via.

54. A Napoli in questo si era stati antesignani: la sceneggiata cinematografica prevedeva sì l’in-serimento di canzoni e parti musicali, ma eseguite dal vivo durante le proiezioni di film an-cora muti: siamo infatti agli inizi del Novecento. Cfr. MARIO FRANCO, Il film-sceneggiata, inSceneggiata, a cura di P. Scialò.

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Victory Discs,55 i dischi della vittoria). E con essi musica nuova, soprattuttoswing, che molto influenzerà la produzione dei musicisti napoletani più giovanie curiosi,56 facendo arroccare in difesa i puristi, che continuano a produrre innome dei bei tempi di una volta. Ma l’era del 78 giri è al termine. Lo scellac57

cede il posto al vinile, e si passerà ben presto ai dischi a 45 e 33 giri. E questa,come direbbe qualcuno, è un’altra storia.

2. Il disco come oggetto

Il collezionismo

Lo scrittore inglese Nick Hornby nel suo romanzo «Alta fedeltà»58 racconta chea un certo punto Rob, il protagonista dalla personalità ossessiva proprietario diun negozio di rarità discografiche, viene convocato da una donna che gli mo-stra una fantastica collezione di 45 giri:

«Quanto vale questa roba?» La donna è appoggiata allo stipite della porta, lebraccia conserte, un mezzo sorriso per l’espressione ridicola che devo avere stam-pata in faccia.«È la migliore collezione che abbia mai visto.» Non ho idea di quanto posso of-frirle. Nel complesso deve valere minimo sei o settemila sterline e lei lo sa. Madove vado a prenderli tutti questi soldi?«Dammi cinquanta sterline e portati via tutto, ma oggi stesso.»

Superato lo stupore, anzi, lo sgomento, Bob tenta di contrattare un prezzopiù dignitoso, cercando di offrire di più, ma la donna rifiuta: la collezioneappartiene al marito, che è fuggito in Spagna con una che ha la metà dei suoianni; in più le ha anche chiesto di venderla per poter disporre di un po’ di soldi,concedendole un’offensiva commissione del dieci per cento.

Bob ne fa un caso di coscienza, e alla fine rifiuta l’acquisto.Com’è che ho finito per stare dalla parte del cattivo, di quello che abbandona lamoglie per filarsela in Spagna con una ninfetta? Perché non riesco a condividere ilpunto di vista della moglie? […] M’immagino perfettamente la faccia di quel tizioquando per posta gli arriverà il patetico assegno di quarantacinque sterline, e nonposso fare a meno di sentirmi disperatamente, dolorosamente spiacente per lui.

Il collezionismo è uno degli aspetti con cui ogni studioso deve fare i continel momento in cui incomincia a effettuare ricerche su materiali discografici.

55. Vedi CERCHIARI, Il disco, pp. 117-9.56. Sulla storia delle influenze musicali americane nel dopoguerra, vedi DIEGO LIBRANDO, Il jazz a

Napoli, Guida, Napoli 2004.57. Era la gommalacca, il materiale di cui erano fatti i dischi a 78 giri (il vinile sostituirà nel se-

condo dopoguerra lo scellac, ma cambieranno anche dimensioni e numero di giri del disco:45 e 33 giri).

58. NICK HORNBY, Alta fedeltà, Guanda, Parma 200618, p. 68 e segg.

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Non c’è studio che non passi attraverso l’analisi di prodotti provenienti (anchese solo in parte) da collezioni private. Ciò vale molto di più se i materiali appar-tengono al ristrettissimo ambito della produzione napoletana su 78 giri. È veroche allo stato attuale vi sono dei mutamenti in atto,59 ma è vero soprattutto chemolti, moltissimi dischi di estrema rarità sono gelosamente custoditi pressoprivati cittadini, i quali hanno trasferito la loro passione verso la canzone napo-letana anche (a volte soprattutto) sugli oggetti che meglio l’hanno rappresen-tata nel periodo del suo massimo splendore, e cioè le vecchie lacche per gram-mofono.

Non si interagisce con un collezionista se non stabilendo un rapporto di fi-ducia: ciò significa che prima o poi si dovrà fissare una sorta di codice deonto-logico, in cui anche il collezionista venga in qualche modo salvaguardato.Molto spesso, infatti, capita che lo studioso ‘approfitti’ (anche per inesperienza,soprattutto se giovane) della disponibilità del collezionista, il quale si sente de-fraudato nel momento in cui, a studio finito, non si vede nemmeno ringraziatoper iscritto (regola numero uno: ringraziare sempre per iscritto, sia che si trattidi una tesi di laurea che di un lavoro edito a tutti gli effetti).

Naturalmente va anche valutato ciò che il collezionista mette a disposizione:una cosa è il rilevamento di dati dai dischi, un’altra è il riversamento di mate-riali sonori di estrema rarità (attraverso tutta una serie di fasi intermedie: al-cuni collezionisti considerano già un estremo privilegio che tu possa ‘guardaresenza toccare’ un disco, altri te lo riversano senza problemi). Per quanto il col-lezionista sia un essere umano motivato soprattutto dalla passione per i suoioggetti, talvolta è disponibile a cedere il contenuto dei suoi materiali dietrocompenso: invece di scandalizzarsi per questo, invocando un altruismo che lostudioso poi a sua volta difficilmente esercita nella vita professionale, ritengodel tutto lecito stabilire un rapporto anche economico con colui il quale spessoè l’unico depositario di fonti e materiali: d’altronde, se si va da un qualsiasi pro-fessionista — che abbia accumulato o meno competenza ‘sul campo’ — non si èdisposti a versare generose parcelle per consulenze? (regola numero due: trat-tare il collezionista come se fosse un consulente: ciò lo motiverà ad essere piùaperto verso il mondo accademico).

Cercare di non stabilire un rapporto esclusivo con un unico collezionista:specie per repertori circoscritti geograficamente o per storia e cultura, i colle-zionisti tendono a conoscersi tutti tra loro e a essere in competizione agguer-rita: cercare di mantenere rapporti di chiarezza e correttezza con tutti, ma conuna saggia equidistanza, che porterà anche loro a non immaginarti come unasorta di fedele adepto. Oltre ai collezionisti ‘professionisti’ (quelli che battono

59. La Discoteca di Stato resta l’istituzione di riferimento per tutto ciò che riguarda i materialisonori riprodotti; a Napoli la RAI ha istituito un Archivio Sonoro della Canzone Napoleta-na, che ha tra gli obiettivi quello di digitalizzare e rendere accessibili al pubblico dischi e na-stri magnetici con materiali relativi alla canzone napoletana.

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tutti i mercatini dell’usato alle sei del mattino, per intenderci), bisogna sapereche vi sono molti ‘semicollezionisti’: persone che magari hanno tesori inaspet-tati, solo in numero limitato e senza che questi oggetti diventino protagonisti diun culto pagano per pochi eletti (regola numero tre: conoscere il territorio edesercitare una chiara e corretta equidistanza; il coinvolgimento personale ecces-sivo può essere equivocato).

Detto questo, siamo lontanissimi dalla realizzazione di un ‘albo di collezio-nisti di dischi a 78 giri di cose napoletane’: in pratica, il giovane studioso devesapersi guardare intorno e comportarsi un po’ come se fosse un investigatorealla ricerca di tracce e piste.

Le fonti

Perché è proprio questo poi il sistema di indagine che permette di ricostruirestorie dotate di un minimo di coerenza: non è detto che siano tutte già raccon-tate, queste storie. E, quando lo sono, non è detto che sia proprio tutto cosìcome viene detto, magari per alimentare piccole mitologie locali (di cui, pur-troppo, la storia della canzone napoletana abbonda).

Da cosa si deve partire per cercare di mettere insieme informazioni su vi-cende riguardanti i dischi e, nel nostro caso specifico, i dischi a 78 giri?

a. Materiali cartacei

Innanzitutto occorre qualche buon testo di storia generale del disco:60 qualcosain italiano si trova, altrimenti vi sono eccellenti testi in lingua inglese, soprat-tutto di provenienza americana, che possono ormai essere facilmente acquistativia internet sui molti siti specializzati.61

Poi si deve andare alla ricerca di altri materiali cartacei, e qui la faccenda sicomplica: tra le cose di fondamentale importanza per costruire delle discografievi sono senz’altro i vecchi cataloghi delle case discografiche; questi cataloghiavevano emissioni periodiche, per annata, o per serie, o per altro criterio. Diffi-cilissimi da reperire, sono anch’essi spesso custoditi da collezionisti. Talvolta sene trova qualcuno in vendita (anche su e-bay) a prezzi esorbitanti, qualcosa sitrova presso la Discoteca di Stato,62 qualcosa si trova on-line (generalmente susiti stranieri).

Vi sono inoltre le discografie edite (ma se ne trovano anche on-line), chesono uno strumento fondamentale: spesso recano le date d’incisione dei dischi,insieme con tutta una serie di dati fondamentali per una collocazione sistema-tica dei materiali che interessano.

60. Vedi bibliografia.61. Non diamo qui indicazioni di siti, in quanto si può partire da parole-chiave (ad esempio

“78rpm”) e inoltrarsi nell’esplorazione.62. Vedi il sito internet all’indirizzo: http://www.dds.it.

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Non trascurare poi di costruirsi in via preliminare anche una competenzagenerica sulla storia delle tecnologie di registrazione e riproduzione del suono,che si acquisisce sempre attraverso pubblicazioni specialistiche (anche inquesto caso spesso in inglese).63

Esistono infine testimonianze rare, fonti primarie: contratti, registri dellematrici, ricevute, lettere, diari; scovarli non è facile, ma se si ha la fortuna di re-perire materiali inediti, bisogna farne tesoro.

b. Dischi

Il disco, come oggetto fisico, presenta una serie di informazioni fondamentaliper riuscire a fornire una collocazione spazio-temporale ai suoi contenuti. Con-tenuti che non devono essere, in una prima fase di rilevamento dei dati, neces-sariamente ascoltati: se vogliamo compilare una discografia, infatti, il sono-gramma diventa per così dire secondario, mentre interessa inserire le informa-zioni relative al disco come oggetto fisico all’interno di una stringa di signifi-cato (d’altro canto anche il bibliotecario non deve necessariamente leggere ilibri che cataloga).

All’inizio della loro storia, i dischi non erano ancora standardizzati, sia perle loro dimensioni che nel numero di giri occorrenti per la ‘messa a tono’. Inuna schematizzazione estrema e riduttiva, ecco alcuni esempi pratici:(a) i primissimi dischi erano più piccoli (i cosiddetti 7 inches,64 7 pollici: circa

17cm)65 e talvolta non avevano nemmeno l’etichetta, ma i dati erano graf-fiati direttamente sulla matrice.66

(b) Fino al 1904 si producono solo dischi a una faccia (i cosiddetti s/s, singlesides); ciò non significa, però, che se si trovano dischi a una faccia essisiano automaticamente databili a prima del 1904: vi sono dei dischi di Ca-ruso della fine degli anni dieci che continuano ad essere prodotti a un latosolo.

(c) I dischi acquisiscono alcune misure standard già all’inizio del Novecento,di cui la 10” (dieci pollici), cioè 25 cm, è senz’altro la più diffusa (la 12”, piùgrande, è destinata generalmente ai dischi di lirica).

(d) I primi dischi utilizzavano due standard di incisione e diversi: quella verti-cale (vertical cut) e quella laterale (lateral cut). Verrà poi definitivamenteadottato lo standard a lettura laterale.

(e) I dischi erano fatti di schellac, cioè di gommalacca, ma si trovavano incommercio anche dischi con un’anima interna di cartone. La gommalaccaveniva anche riciclata, reimpastando i 78 giri rotti. Ciò rendeva alcuni di-schi di qualità peggiore rispetto ad altri.

63. Vedi bibliografia.64. Indicati con doppie virgolette: ”.65. Un pollice misura per l’esattezza 2,54 cm.66. Come i primi Berliner/Gramophone di fine Ottocento/inizio Novecento.

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(f) Fino al 1925 il procedimento di incisione dei dischi era meccanico, cioènon utilizzava microfoni ma grossi ‘imbuti’ che catturavano meglio ilsuono. Poi il procedimento di incisione cambia: se si trova un disco con suscritto electrical-record, o con una ‘E’ impressa da qualche parte, sarà sicu-ramente posteriore al 1925 (i prodotti elettrici napoletani partono però dal1927 circa). Ma non tutti i dischi elettrici recano indicazioni così esplicite.

L’etichetta e la lacca del disco recano (come vedremo anche oltre) alcuni datiessenziali:

1. il nome della casa discografica.2. i dati relativi al contenuto (interprete/titolo/autori/luogo di incisio-

ne/data di incisione/luogo di produzione/data di copyright/ecc.; può co-munque capitare che i dati siano incompleti).

3. il numero di matrice, impresso direttamente sulla lacca, sovente a con-tornare l’etichetta cartacea: tale numero contiene informazioni pre-ziose,67 ed è spesso ripetuto anche sull’etichetta cartacea.

4. il numero di take: nel caso non fosse riuscita bene la prima registrazione,se ne effettuavano tante finché non erano soddisfatti sia i tecnici che gliesecutori: ad ogni ripetizione dello stesso pezzo, si assegnava un numerodi take diverso (solitamente indicato per iscritto quando si riferiva a unaregistrazione diversa dalla prima). Tale numero viene indicato consecu-tivamente al numero di matrice e da esso separato mediante un trattino(esempio: B-23149-4, in cui il -4 finale indica che si tratta della quarta in-cisione del brano con matrice B-23149).

5. il numero di catalogo, differente dal numero di matrice (anche se per al-cune case discografiche della prima ora, tra cui la Società FonograficaNapoletana/Phonotype Record, i numeri di catalogo e di matrice coinci-dono), che indica il numero di edizione del pezzo o del disco (a volte ilnumero di catalogo è uguale per le due facce del disco, seguito dalle let-tere A e B).

c. Materiali sonori

L’ascolto dei materiali discografici fornisce ovviamente una serie di notizie dinotevole importanza, anche perché l’etichetta, per ragioni di spazio, tende a ri-durre le informazioni sui contenuti all’essenziale.

Uno dei dati spesso omessi dall’etichetta riguarda ad esempio la tipologiadell’accompagnamento strumentale, che si può evincere attraverso l’ascolto.

Vi sono poi dati per così dire ‘stilistici’, che servono ad esempio a collocareper ambiti di provenienza anche quegli interpreti semisconosciuti dei primitempi: questi dati si possono rilevare attraverso un ascolto comparato, cosa

67. Cfr. il paragrafo relativo alla schedatura.

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che richiede già una certa esperienza in materia. L’ascolto comparato serveinoltre anche a identificare interpreti non indicati in etichetta (capitava anchequesto).

Anche i riversamenti riediti da vecchi dischi (su vinile, su musicassetta, suCD) sono molto importanti per comprenderne i contenuti (ma purtroppomolte edizioni commerciali non forniscono i dati sulle fonti sonore).

d. Rete di informazioni orali

Ovviamente molte cose non si trovano scritte da nessuna parte. Fonti orali (so-prattutto testimonianze e ‘interpretazioni’ di collezionisti e discologi) sonodavvero preziose per decifrare dati e costruire discografie. Al di là dei contattipersonali e diretti, si può oggi ricorrere alle discussion list e ai forum che — conun po’ di ricerca attenta — si riescono a scovare su internet (per la maggiorparte dei casi in lingua inglese).

Ma a questo punto è arrivato il momento di chiedersi: a cosa serve tutto ciò?Qual è l’obiettivo del discografo/discologo?

Vi sono ovviamente vari livelli di intervento: si può inserire la storia deldisco all’interno di un ragionamento più ampio sull’evoluzione tecnologica esugli influssi che essa ha avuto (e ha) sulla crescita della creatività umana in undato momento storico, speculando anche filosoficamente su conseguenze e si-gnificati.

Si può ricostruire la storia di un’industria locale (ad esempio la PhonotypeRecord), contribuendo a fornire un piccolo tassello per una più generale let-tura di una storia più ampia (ad es. il rapporto Phonotype Record/storia dellacanzone napoletana). Ci si può trovare davanti a un certo quantitativo di di-schi da catalogare per garantirne consultabilità e conservazione (anche attra-verso una loro digitalizzazione, che sembrerebbe la forma di salvaguardia adoggi più efficace).68

Si può avere l’esigenza di ricostruire la discografia di una casa discograficamai studiata fino ad ora.

Si può decidere di sfruttare questi materiali a livello imprenditoriale, facen-done riedizioni, allestendo percorsi sonori, offrendo consulenze come storicidel suono riprodotto…

Insomma, le strade sono molte. Il problema è però affrontare il tutto (so-prattutto nell’ambito della schedatura, del riversamento e del restauro) par-tendo immediatamente da un linguaggio standardizzato a livello internazio-nale.

68. La digitalizzazione comporta poi dei problemi di tutela, conservazione e salvaguardia deimateriali digitalizzati, ma ci si inoltrerebbe in una discussione troppo specifica e tecnica.

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Per quanto, infatti, gli studi discografici e discologici solo in questi ultimianni stiano avendo in Italia una spinta in avanti,69 a livello internazionale si è inuna fase avanzata di discussione per ciò che riguarda alcuni parametri fonda-mentali, sia nella schedatura dei dischi (e, più in generale, dei materiali audio-visivi) che nel complesso discorso sul riversamento e — soprattutto — sul re-stauro dei sonogrammi.

La schedatura

Una scheda discografica deve fornire una serie di informazioni sia sui conte-nuti, che sulle condizioni, che sulla collocazione storico/geografica del discoin quanto tale. Esistono varie possibilità di schedare un disco, soprattutto inbase alle esigenze dell’archivio: con il digitale e con software appositi ormai ilproblema è praticamente superato, ma esiste comunque l’esigenza — quandosi ragiona sulla schedatura cartacea — di avere degli accessi principali allascheda: per interprete, per brano, per casa discografica, tanto per fare degliesempi.

Schedare un disco a 78 giri è relativamente più semplice rispetto ad altrimateriali audiovisivi, anche se vi sono delle regole di base eguali per tutti. Alivello internazionale ci si può basare sulle regole internazionali ISBD(NBM),70 ma sono molto utili le indicazioni della IASA,71 organismo interna-zionale che discute e cerca di gettare basi condivise per una catalogazionedegli audiovisivi.

Non è questa la sede per discutere e interpretare in relazione ai materiali na-poletani le normative IASA o altri sistemi di schedatura. Vi sono comunquedelle semplici indicazioni che consentono almeno di iniziare con il piedegiusto.72

Osserviamo un disco a 78 giri: partendo dall’esterno, esso avrà un bordodove inizia il solco, una parte destinata alla traccia sonora, una zona muta inprossimità dell’etichetta, un’etichetta cartacea.

69. Tra coloro che hanno gettato le basi, in Italia, per uno studio sistematico del suono ripro-dotto anche in sede accademica, si possono ricordare — fatte le debite differenze relative an-che ai loro diversi ambiti di ricerca — Roberto Leydi e Carlo Marinelli.

70. International Standard Bibliographic Description for Non-Book Materials.71. International Association of Sound and Audiovisual Archives: associazione internazionale

non governativa fondata nel 1969. Sul sito internet (http://www.iasa-web.org) vi sono indi-cate tutte le regole di catalogazione.

72. Vedi anche il sito della Fonoteca Nazionale Svizzera: http://www.fonoteca.ch, dove sono for-nite interessanti indicazioni circa la schedatura dei materiali sonori.

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La maggior parte dei dati va rilevata dall’etichetta, che di solito reca le se-guenti informazioni:

Marca: è il nome della casa discografica, o un suo marchio (le case discogra-fiche producevano anche marchi diversi, a seconda del prodotto o dell’area didiffusione).(1) Titolo del brano, con eventuali precisazioni sul genere.(2) Interprete/i, con la specificazione dell’accompagnamento strumentale.(3) Autori del brano (solitamente, nel caso della canzone, viene dato prima

l’autore delle parole e poi il compositore).(4) Specificazioni editoriali o relative al brano.(5) Luogo di incisione.(6) Numero di catalogo.(7) Numero di matrice (non sempre presente).

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Sulla zona muta che contorna l’etichetta è impresso il numero di matrice deldisco,73 quello che veniva inciso sulla matrice, appunto, per contrassegnare l’in-cisione prima che il disco venisse stampato: è importantissimo, perché con-sente di risalire alla datazione del disco (è di solito progressivo), al luogo di in-cisione e anche a chi aveva effettuato l’incisione stessa (il tutto attraverso codicialfanumerici); talvolta anche la data di incisione veniva impressa in questa areadel disco.

Le due facciate di un disco vanno elencate in sequenza, nel caso si tratti diuna catalogazione in cui vi sia l’esigenza di individuare i singoli dischi dell’ar-chivio.74

Nel caso in cui vi siano altri criteri e altre esigenze (ad esempio una crono-logia di una casa discografica, o la discografia di un determinato interprete,ecc.), si potranno anche schedare le singole facciate di un disco separandole leune dalle altre (tutt’al più, se nella circostanza può tornare utile, inserendo ladicitura “sta con” seguita dal titolo abbreviato dell’altra facciata).

Se i dischi non sono del diametro standard (10”, cioè 25 cm), questo va pre-cisato, indicando la misura, sia in pollici che in cm: 7” = 17 cm; 12” = 30 cm;ecc.

Come vanno disposti i dati in una elencazione discografica?Innanzitutto la schedatura vera e propria si fa ormai in digitale; si può pro-

grammare una scheda (anche utilizzando software già esistenti), stabilendo deiparametri che rispettino le esigenze del proprio archivio ma facendo comunqueattenzione a non tralasciare le informazioni indispensabili (ovvero: può cam-biare l’ordine delle voci, ma il quantitativo di informazioni deve essere co-munque quanto possibile completo).

In una prima fase, nell’ipotesi di non avvalerci di un software con campipredefiniti, ma volendo semplicemente annotare i dati del disco, uno dei criteripotrebbe essere il seguente:

Marca (indicata una volta, prima dei dati delle due facciate del disco)N. matriceTitolo, autori, interpreti, altre specificazioni sul branoN. catalogoData e luogo di incisioneNote sullo stato del disco (alla fine dell’elencazione dei due lati)75

73. Occorre ricordare che — più spesso di quanto non si possa pensare — le stesse matrici cir-colavano con etichette diverse: è quindi sempre molto utile un lavoro di comparazione tramatrici, che consente di comprendere anche determinate dinamiche commerciali e rapportitra ditte (come nel caso, esaminato nella parte storica del presente lavoro, relativo alla Bekae alla Società Fonografica Napoletana).

74. I dischi a faccia singola vanno individuati con la dicitura s/s, cioè single side.75. Per una dettagliatissima elencazione ad uso di una corretta descrizione della stato fisico del

disco, vedi norme IASA su: http://www.iasa-web.org.

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Per fare un esempio:

Disco Zonofono, International Zonophone Company8973bDringhete drà [sic], Canzone napoletana, Francesco Daddi e coro con accompa-gnamento d’orchestra. Italian tenor and chorus with orchestraX-92156[15 settembre 1906],* Milano

9016bMattinata (Leoncavallo), Francesco Daddi con accompagnamento d’orchestra.Italian tenor with orchestraX-92155[20 settembre 1906],* MilanoDisco complessivamente in buono stato, presenta solo alcuni lievi graffi da en-trambi i lati.

*Data non indicata (e perciò messa in parentesi quadre), ma dedotta da una discografia giàcompilata; nello specifico: KELLY, His Master’s Voice.

Talvolta, però, conviene procedere come segue:(1) dividere i dischi per casa discografica, che verrà indicata solo all’inizio del-

l’elencazione;(2) elencarli partendo dal numero di matrice (che, abbiamo visto, è progres-

sivo e consente una lettura cronologica, se non in termini di date, almenosecondo il criterio ‘prima/dopo’), dal luogo di incisione e dalla data, ovedovesse essere esplicitata (ma si può anche indicare una data in parentesiquadre nel caso in cui, consultando altre discografie, si riuscisse a risaliread essa);

(3) non ‘accoppiare’ le facciate del disco, ma privilegiare solo la parte informa-tiva (non dando perciò notizia nemmeno delle condizioni fisiche deldisco).

In questo modo si otterrà una discografia vera e propria, ‘indipendente’ dal-l’oggetto fisico, ma molto utile perché si può aggiornare anche con dati nonprovenienti da una singola collezione; un elenco così costruito può inoltre of-frire una panoramica sulla produzione di una certa casa discografica in un datoperiodo e in un determinato luogo.Ecco lo schema possibile:

MARCA (indicata solo all’inizio dell’elencazione)N. matriceLuogo e data e di incisioneTitolo, autori, interpreti, altre specificazioni sul branoN. catalogo

Esempio:

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Favorite Record5677-0Napoli, [1908]’O pazzariello d’ ’a Pignasecca, Banditore napoletano. Italian comic1-37002

5681-0Napoli, [1908]’O core ’e Catarina, canzone a dispetto (G. Capolongo), Diego Giannini, tenore,con acc. d’orchestrina a plettro1-35189

5715-0Napoli, 9 ottobre 1908Frunniata, canzonetta napoletana (R. Falvo), R. De Angelis, tenore, con acc. d’or-chestrina a plettro1-35193

Naturalmente fin qui abbiamo parlato di semplici rilievi da dischi a 78 giri:le cose si complicano enormemente già passando a dischi come i 33 giri, conte-nenti più brani, per non parlare dei nastri magnetici o dei CD.

Il lavoro di schedatura è poi ancora più complesso quando, in un archiviosonoro, si effettuano dei riversamenti in digitale dei materiali a 78 giri: ciò si-gnifica dare indicazione, all’atto della schedatura, anche di tutta una serie didati accessori sui criteri e sui parametri di digitalizzazione, in modo che sipossa ottenere un massimo corredo informativo sia per ciò che riguarda ildisco originale che il suo riversamento.

3. Cento voci per cento canzoni

Nel corso di anni di ricerche mi sono imbattuta in centinaia e centinaia di titolidi dischi a 78 giri napoletani, tutti certamente editi, ma le cui tracce si arrestanoil più delle volte tra le pagine di discografie o vecchi cataloghi.

Nasce dunque, tra il gioco e la sfida, questo elenco: molti dischi di quellienumerati, infatti, non li ho mai visti né ascoltati. Ho voluto così immaginareuna sorta di collezione ideale, che raccolga un po’ quello che c’era sul mercatodel 78 giri (con tutte le omissioni e le ‘parzialità’ che un elenco del genere com-porta) dall’inizio della sua storia fino al suo declino.

Ci sarà qualcuno al mondo che possiede tutti questi pezzi e che voglia parte-cipare al gioco?

Struttura dell’elencazione:Interprete, Titolo, specificazione del titolo (autore/i) (data di composizione

o copyright del brano), Casa discografica, n. mx – n. cat, luogo d’incisione, datadi incisione.

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Le fonti documentarie utilizzate per compilare questo elenco sono etero-genee: dischi, cataloghi, discografie, testi di storia del disco e di storia della can-zone napoletana.76

Le indicazioni in parentesi quadre non sono date sulle fonti, ma frutto disupposizioni derivate incrociando i dati. Ove sussistano incertezze, c’è ancheun punto interrogativo.

Quando si trova un solo numero, senza specificazione di omissione, signi-fica che i numeri di catalogo e matrice corrispondono. Non per tutti i titoli si ècomunque riusciti a inserire tutti i dati.

1. Ailema Itadda, Ammore ncampagna (De Flaviis – Capolongo) (1919), GramophoneGreen Label, 20325b – 7-253061, Napoli, 16/04/1919

2. Amato Gennaro, ’E ghello ’e sta città (Gennaro Amato), orch. Bruno Reibold,Victor, B29660-1 – 77470, Camden, New Jersey, 13/3/1924

3. Andreace Giuseppina, Sott’ ’a fenesta, serenata, Gramophone, 812a – 53204, Napoli,giugno 1900

4. Anonimo, Voci di venditori napoletani, Favorite Record, 10246-0 – 1-30028, Na-poli, 22/11/1910

5. Anonimo, Canti campagnoli napoletani, costumi dei contadini napoletani, Favoriterecord, 10245-0 – 1-30027, Napoli 22/11/1910

6. Anonimo, ’O pazzariello, il banditore napoletano, scena dal vero, Società Fonogra-fica Napoletana, 43357, Napoli, 10/2/1911

7. Anselmi Giuseppe, Maria Marì (V. Russo – Di Capua) (1899), Società Italiana diFonotipia, xPh4261 – X62479, Milano, 19/1/1910

8. Ascoli Oreste, Stornellata Futurista (Nardella), Gramophone Green Label, h19559e– 7-252067, Londra, 19/10/1915

9. Balsamo Raffaele, Quann’ammore vo’ fa ammore (Lama), Gramophone GreenLabel, 16714L – 252180, Napoli, 24/4/1914

10. Barberini Giovanni, ’A Sirena (Di Giacomo – Valente) (1897), Col [B3018] D18373[presumibilmente New York, 1928]

11. Bari Nunzio, ’O sole mio (Capurro – Di Capua) (1898), Società Italiana di Fono-tipia, 7060, Milano, giugno 1905

12. Baroni Jole, Uocchie c’arraggiunate (Falconi Fieni-Falvo)77 (1904), Pathé, 84417,[Napoli, 1913]

13. Bascetta Alfredo, Totonno ’e Quagliarella (Capurro – Buongiovanni) (1905), Ge-niale Record, 7585 – 7585-A, New York, 14/7/1921

14. Bollini signorina, L’altalena, canzonette populare napoletane [sic] (Senese), Poly-phon, 9236 – 14009, [Napoli, 1912 ca]

15. Borsa Maria, ’A pacchianella ’e Uttaiano (Capurro – Giannelli) (1904), Favorite Re-cord, [mx?] – 1-36167, Napoli, [1910 ?]

16. Bovio Libero, Vespero/St’ammore nuosto, poesie recitate dall’autore, Favorite Re-cord, [mx?] – 1-38019, Napoli, [1910-11?]

17. Bruni Sergio, Te si scurdato ’e Napule (Murolo – Nardella) (1912), 1949, V.d.P.[mx? – cat?]

76. Vedi bibliografia.77. Sul catalogo discografico come autore è indicato Capolongo.

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18. Buti Carlo, Dicitencello vuje (E. Fusco – R. Falvo) (1930), Edison Bell, MK-996-A –MR-1064, [Napoli, 1931?]

19. Calace Raffaele, Addio a Napoli (Cottrau) (1868), orchestrina a plettro diretta da R.Calace, Favorite Record, [mx?] – 1-33030, Napoli, [1911?]

20. Cantalamessa Berardo, La risata, canzonetta napolitana (Cantalamessa) (1895),Gramophone, 52654 – G.C.-52654, Milano, dicembre 1902

21. Cantalamessa D’Avigny coppia, ’A cura ’e mammà (Cinquegrana – De Gregorio)(1900), Gramophone, 3298a – 54134, Milano, luglio 1901

22. Caruso Enrico, Senza nisciuno (Barbieri – Curtis) (1915), Gramophone, B-23149-4– 7-52269, Milano, 11/9/1919

23. Castagna Gaspare, comico, Addò ce mette ’o musso Margherita (Capurro – Nar-della) (1910), Favorite Record, [mx?] – 1-37134, Napoli, [novembre 1910?]

24. Cavalieri Lina, Donnine del Giappone (Silvestri), Gramophone Green Label, 20365b– 7-253051, Napoli, 18/4/1919

25. Ciaramella Roberto, Reginella (Bovio – Lama) (1917), Phonotype Record, 1828,Napoli, 2/10/1917

26. Cibelli Alfredo, Guapparia (Bovio – Falvo) (1914), Victor, B17256 – 6779, NewYork, 3/3/1916

27. Cibelli Eugenio, Mandulinata a Napule (Murolo – Tagliaferri) (1921), Voce del Pa-drone, C25774-4 – 2-052231, Milano, 6/12/1921

28. Corradetti Ferruccio, Marechiare (Di Giacomo – Tosti) (1885), Società Italiana diFonotipia, xM229 – X 37080, Milano, giugno 1905

29. Coruzzolo Silvia, Povero guappo (Albano, arr. Romano Romani), con Roberto Cia-ramella, orch. Romano Romani, Brunswick, XE25220/1 – 78002, New York,14/11/1927

30. D’Avigny Olimpia, Palomma mia (Capurro – Di Chiara) (1901), Gramophone,5503a - 53142, Milano, dicembre 1902

31. Daddi Francesco, Ndringhete ndrà (P. Cinquegrana – G. De Gregorio) (1895), Zo-nofono, Milano, 15/09/1906

32. De Angelis Raimondo, Sampieri Ersilia, Carmé (De Cristofaro), SFN, [aprile ?]1909

33. De Angelis Rodolfo, Tarantella luciana (Bovio – Cannio) (1913), Pathé, 84634, Na-poli, [1913?]

34. De Charny Nina, ’A partenza p’ ’o fronte (Pasqualotto – A. Bascetta), Victor,B22005-2 – 72104, New York, 13/6/1918

35. Del Giudice Amalia, Tu nun me vuo’ cchiù bene (Di Giacomo – Falvo) (1906), Fa-vorite, [mx?] – 1-36101, Napoli, [1909-1910?]

36. [Della Rossa?] Guarracino, Favorite [mx? – cat?], Napoli, [1911?] 37. De Laurentiis Giuseppe, ’A signora d’ ’o subbuè (Amodio), Columbia, W107466-2 –

14274-F, New York, gennaio 192738. De Lucia Fernando, Lu cardillo (Del Preite – Labriola) (1849), Società Italiana di

Fonotipia, xPh4468 – X92700, Milano, 1/11/191139. De Matienzo Teresa, Canzone appassiunata (E.A. Mario) (1922), Okeh, [mx?] –

9095, New York, 192340. De Rosa Raffaele, Serenatella Nera (V. Russo – Di Capua – Gambardella) (1903),

Zonofono, H94k – 92014, Milano, dicembre 190441. De Sica Vittorio, Piscatore ’e Pusilleco (Murolo-Tagliaferri) (1925), Columbia,

[mx?] – CQ1236, [ante 1936]

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136 ANITA PESCE

42. De Vita Giuseppe, Lacreme napulitane (L. Bovio – F. Buongiovanni) (1925), Co-lumbia, [mx?] – 60012-F, New York, 1925

43. Diaz Achille, Fenesta che lucive (Genoino – Cottrau) (1842), Favorite Record, [mx?]– 1-35503, Napoli, [novembre 1910?]

44. Di Landa Annita, Tarantella d’ ’e vase (Ferraro Correra – Gambardella) (1905),Gramophone, 8137b – 53459, Milano, 1906

45. Donnarumma Elvira, Ronda di notte (E.A. Mario), Phonotype Record, 757, Napoli,3/7/1912

46. Fantoni Vittorio, Funiculì Funiculà (Turco – Denza) (1880), Zonofono 7 pollici s/s,2923-52608, Milano, Luglio 1899

47. Farfariello (Eduardo Migliaccio), Ci debbo penzà (Chiarolanza) Victor, B-20135-1 -69679, New York, 19/6/1917

48. Figli di Ciro, Villanova (Galdieri – Fonzo) (1907), Zonofono, 10952b – X-92312,Napoli, 1907

49. Formisano Ciro, Se n’è ghiuta’America (Fasco – Cioffi), Okeh, W400068-A – 9371,New York, 3/2/1928

50. Fregoli Leopoldo, Pozzo fa ’o prevete? (F. Russo – V. Valente) (1891), Gramophone,Con681 – 051014, Milano, 1903

51. Fuller Lillian, Senza perdono (Pennino), Columbia, 59598-2 – E5190, New York,1919-20

52. Fulgor Roma, ’O popolo ’e Napule, canzone tarantella (Chiarolanza), Favorite Re-cord, [mx?] – 1-36108, Napoli, [1910?]

53. Gabré, Piererotta (Bixio),78 Pathé, 14678, [ante 1928]54. Gabrin Aldo, Varca d’ammore (Spagnolo),79 Favorite, [mx?] – 1-35314, Napoli,

[settembre 1909?]55. Giandolfi professor (mandolino), Chiarastella (Califano – De Crostofaro) (1893),

Gramophone, 831a – 57362, Napoli, 30/6/190056. Giannini Diego, Nott’’e tempesta (G. De Luca), Columbia, [mx?] – 60013-F, New

York, 1926 57. Giannini Dusolina,80 La fiera di Mast’Andrea (elaborazione di Florimo-arr. Gian-

nini) (1845), Gramophone, Bb15483-2 – 7-53134, Londra, 20/12/192858. Giannini Ferruccio, Santa Lucia (Cossovich – Cottrau) (1848), Berliner, 0570, New

York, 189959. Gigli, Beniamino, ’O surdato ’nnammurato (Califano – Cannio) (1915), Gramo-

phone, 20265b – 7-52113, Milano, 29/10/191860. Gill Armando, Ncopp’Antignano (Gill), Phonotype Record, 2048, Napoli, 5/11/191861. Gioia Mario, Napule e Surriento (E. Murolo – E. Tagliaferri) (1926), Brunswick

58002-A, New York, 16/05/192762. Godono Giuseppe, Mamma mia che vo’ sapè (F. Russo – Nutile) (1909), Phonotype,

191263. Lufrano G., soprano, ’O core ’e Catarina (Galdieri – Capolongo) (1907), Pathé,

84393, [Napoli, ante 1913?]64. Maldacea Nicola, Il primo violino (Valente), Phonotype Record, 773, Napoli,

9/7/1912 65. Marcarella Luigi, Oj sartulè! (Genise – Capolongo) (1910), Favorite Record, [mx?] –

1-35438, Napoli, [novembre 1910?]

78. Esiste anche una Piererotta di Capaldo-Fassone del 1915.79. Esiste anche una Varca d’ammore a firma di Armando Gill, del 1919.80. Figlia di Ferruccio.

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LA CANZONE NAPOLETANA E IL DISCO A 78 GIRI 137

66. Massa Mario, ’A reggina d’’o mare (Di Giacomo – Bellini),81 duetto col sig. A. Ga-brin, Favorite Record, [mx?] – 1-39088, Napoli, [settembre 1909?]

67. Mazzone Pietro, Cicerenella, SFN, 42516, Napoli [aprile?] 190968. Mc Cormack John, Funiculì Funiculà (Turco – Denza) (1880), Gramophone,

B14679-1 – 7-52061, Milano, 8/4/191469. Mignonette Gilda, Cartulina ’e Napule (P. Buongiovanni – G. De Luca) (1927),

Brunswick 58064, New York, 3/2/192870. Milano Giuseppe, Bammeniello, valzer (Diodato Del Gaizo), Victor, B17861-1-67927,

New York, 5/6/1916 71. Moretti Rosa, Pusilleco aspetta [mancano altri dati]72. Murolo, Roberto, L’ultime rrose (Mazzocco – Murolo), (1951), Durium, 3146 –

AI997473. Narciso Adolfo, Raccontino Boccaccesco (Rambaldo), Favorite Record, [mx?] –

1-37093, Napoli, [settembre 1909?]74. Osti De Lutio Adalgisa, Maria Ro’, chitarrata (Di Giacomo – Costa) (1886), Favo-

rite Record, [mx?] – 1-36161, Napoli, [1909-1910?]75. Papaccio Salvatore, Napule mio (E.A. Mario) (1916), Gramophone, 4415ah –

7-252259, Napoli, 7/10/192076. Parisi Vittorio, ’A pupata (F. Valente – V. Valente), Geniale Record, 2009, New

York, [1920?]77. Parisi Coppia, ’O pulisse e ’a calandrella (R. De Luca), orch. Nathaniel Shilkret,

Victor, C26823-2 – 68595, New York, 9/8/192278. Pasqualillo Mario, ’O mare canta (Bovio-Lama) (1919), Phonotype Record, 2147,

Napoli, 20/9/191979. Pasquariello Gennaro, Carulì Carulì (Bovio-Nardella) (1906), Phonotype, 42604,

Napoli, 1909 80. Penza Florigio, ’O sole mio (Capurro-Di Capua) (1898), Gramophone, 826a –

52522, Napoli, giugno 1900 81. Pisano Gigì, Tarantella disperata, macchietta (Falvo), Favorite Record, [mx?] –

1-37041, Napoli, [settembre 1909?]82. Ponselle Rosa, ’A vucchella (D’Annunzio – Tosti) (1903), BVE35466-2T1 –

7-53096, Milano, 18/5/192683. Quaranta Gennaro, Tarantella d’ ’a guerra (Bovio – De Curtis), King’s Orchestra,

Victor, B20585-2 – 69829, New York, 21/9/191784. Ria Rosa, Sott’ ’e cancelle (G. Tetamo – M. Nicolò) (1920), Columbia, W110703-3 –

14567-F, New York, maggio 1929 85. Rubino Ferdinando, Dduje Paravise (Parente – E.A. Mario) (1928), Brunswick,

[mx?] –M1058, [ante 1932]86. Santelia Gina, Canzone ’e surdate (Bovio – Lama) (1915), Columbia, 44448 –

E3113, New York, [ottobre?] 191687. Schipa Tito, Chi se ne scorda cchiù (Marvasi – Barthelemy) (1895), Pathé, 10368

[ante-1928]88. Schottler Giorgio, Pastorale. ’Nu zampognaro (De Leva), Phonotype Record, 1414,

Napoli, 9/11/191489. Scotti Luisella, Luisella (Paolella – Labriola) (1856), Gramophone, 820a – 53192,

Napoli, giugno 1900

81. Sulla fonte (catalogo Favorite Record 1912) c’è scritto: versi di S. Di Giacomo, e viene indica-to solo Bellini come autore.

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138 ANITA PESCE

90. Tammaro, Pasquale, ’A serenata ’e Pullecenella (Bovio – Cannio) (1916), Columbia,[mx?] – E3440, New York, aprile 1917

91. Taranto Nino, Corna, parodia di “Torna” (Nicola Valente), Columbia W113423-1 –14781-F, New York, [febbraio?] 1932

92. Troupe Fattorusso, Tarantella Piedigrotta, con castagnette e cimbalo, Favorite Re-cord, [mx?] – 1-32007, Napoli [settembre 1909?]

93. Turillo ’o sigritario, Canto a figliola, Favorite Record, [mx?] – 1-30031, Napoli[1910?]

94. Vitolina, Antiche voci della bella Napoli, Phonotype Record, 3825, Napoli, [1924?]95. Viviani Raffaele, ’O Don Nicola (Viviani) (1917), 4305ah – 7-252195, Napoli,

27/12/1919 96. Voccia Carolina, Tammurriata ’e Vico (Guglielmo Voccia), Victor, B25018-3 –

72998, New York, 15/4/192197. Voccia Coppia, Stornelli al vento (E.A.Mario – Lama) (1910), Victor, B22923-3 –

73159, New York, 18/6/1919 98. Vuolo Narciso Coppia, Doppe quinnice anne, Okeh, 86021-B, New York, aprile

192499. Zampognari della provincia di Caserta, Novena di Natale, Società Fonografica Na-

poletana, 43261-2, Napoli, 28/11/1910100. Zara Prima, Connola d’ammore (Fiore – Lama) (1929), Electro Homocord, A-6244

Inseriamo l’elenco anche partendo dal titolo:

1. ’A cura ’e mammà (Cinquegrana – De Gregorio) (1900), Cantalamessa D’Avignycoppia, Gramophone, 3298a – 54134, Milano, luglio 1901

2. ’A pacchianella ’e Uttaiano (Capurro – Giannelli) (1904), Borsa Maria, Favorite Re-cord, [mx?] – 1-36167, Napoli, [1910 ?]

3. ’A partenza p’ ’o fronte (Pasqualotto – A. Bascetta), De Charny Nina, Victor,B22005-2 – 72104, New York, 13/6/1918

4. ’A pupata (F. Valente – V. Valente), Parisi Vittorio, Geniale Record, 2009, NewYork, [1920?]

5. ’A reggina d’ ’o mare (Di Giacomo – Bellini), Massa Mario, duetto col sig. A. Ga-brin, Favorite Record, [mx?] – 1-39088, Napoli, [settembre 1909?]

6. ’A serenata ’e Pullecenella (Bovio – Cannio) (1916), Tammaro, Pasquale, Columbia,[mx?] – E3440, New York, aprile 1917

7. ’A signora d’ ’o subbuè (Amodio), De Laurentiis Giuseppe, Columbia, W107466-2 –14274-F, New York, gennaio 1927

8. ’A Sirena (Di Giacomo – Valente) (1897), Barberini Giovanni, Col [B3018] D18373[presumibilmente New York, 1928]

9. ’A vucchella (D’Annunzio – Tosti) (1903), Ponselle Rosa, BVE35466-2T1 –7-53096, Milano, 18/5/1926

10. ’E ghello ’e sta città (Gennaro Amato), Amato Gennaro, orch. Bruno Reibold,Victor, B29660-1 – 77470, Camden, New Jersey, 13/3/1924

11. ’O core ’e Catarina (Galdieri – Capolongo) (1907), Lufrano G., soprano, Pathé,84393, [Napoli, ante 1913?]

12. ’O Don Nicola (Viviani) (1917), Viviani Raffaele, 4305ah – 7-252195, Napoli,27/12/1919

13. ’O mare canta (Bovio – Lama) (1919), Pasqualillo Mario, Phonotype Record, 2147,Napoli, 20/9/1919

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LA CANZONE NAPOLETANA E IL DISCO A 78 GIRI 139

14. ’O pazzariello, Anonimo, il banditore napoletano, scena dal vero, Società Fonogra-fica Napoletana, 43357, Napoli, 10/2/1911

15. ’O popolo ’e Napule, Fulgor Roma, canzone tarantella (Chiarolanza), Favorite Re-cord, [mx?] – 1-36108, Napoli, [1910?]

16. ’O pulisse e ’a calandrella (R. De Luca), Parisi Coppia, orch. Nathaniel Shilkret,Victor, C26823-2 – 68595, New York, 9/8/1922

17. ’O sole mio (Capurro – Di Capua) (1898), Bari Nunzio, Società Italiana di Fono-tipia, 7060, Milano, giugno 1905

18. ’O sole mio (Capurro – Di Capua) (1898), Penza Florigio, Gramophone, 826a –52522, Napoli, giugno 1900

19. ’O surdato ’nnammurato (Califano – Cannio) (1915), Gigli, Beniamino, Gramo-phone, 20265b – 7-52113, Milano, 29/10/1918

20. Addio a Napoli (Cottrau) (1868), Calace Raffaele, orchestrina a plettro diretta da R.Calace, Favorite Record, [mx?] – 1-33030, Napoli, [1911?]

21. Addò ce mette ’o musso Margherita (Capurro – Nardella) (1910), Castagna Gaspare,comico, Favorite Record, [mx?] – 1-37134, Napoli, [novembre 1910?]

22. Ammore ncampagna (De Flaviis – Capolongo) (1919), Ailema Itadda, GramophoneGreen Label, 20325b – 7-253061, Napoli, 16/04/1919

23. Antiche voci della bella Napoli, Vitolina, Phonotype Record, 3825, Napoli, [1924?]24. Bammeniello, valzer (Diodato Del Gaizo), Milano Giuseppe, Victor, B17861-1-67927,

New York, 5/6/1916 25. Canti campagnoli napoletani, Anonimo, costumi dei contadini napoletani, Favorite

record, 10245-0 – 1-30027, Napoli 22/11/1910 26. Canto a figliola, Turillo ’o sigritario, Favorite Record, [mx?] – 1-30031, Napoli

[1910?]27. Canzone ’e surdate (Bovio – Lama) (1915), Santelia Gina, Columbia, 44448 –

E3113, New York, [ottobre?] 191628. Canzone appassiunata (E.A. Mario) (1922), De Matienzo Teresa, Okeh, [mx?] –

9095, New York, 192329. Carmé (De Cristofaro), De Angelis Raimondo, Sampieri Ersilia, SFN, [aprile ?] 1909 30. Cartulina ’e Napule (P. Buongiovanni – G. De Luca) (1927), Mignonette Gilda,

Brunswick 58064, New York, 3/2/1928 31. Carulì Carulì (Bovio – Nardella) (1906), Pasquariello Gennaro, Phonotype, 42604,

Napoli, 1909 32. Chi se ne scorda cchiù (Marvasi – Barthelemy) (1895), Schipa Tito, Pathé, 10368

[ante-1928]33. Chiarastella (Califano – De Crostofaro) (1893), Giandolfi professor (mandolino),

Gramophone, 831a – 57362, Napoli, 30/6/190034. Ci debbo penzà (Chiarolanza), Farfariello, Victor, B-20135-1 - 69679, New York,

19/6/191735. Cicerenella, Mazzone Pietro, SFN, 42516, Napoli [aprile?] 190936. Connola d’ammore (Fiore-Lama) (1929), Zara Prima, Electro Homocord, A-624437. Corna, parodia di “Torna” (Nicola Valente), Taranto Nino, Columbia W113423-1 –

14781-F, New York, [febbraio?] 193238. Dduje Paravise (Parente – E.A. Mario) (1928), Rubino Ferdinando, Brunswick,

[mx?] –M1058, [ante 1932]39. Dicitencello vuje (E. FuscovR. Falvo) (1930), Buti Carlo, Edison Bell, MK-996-A –

MR-1064, [Napoli, 1931?]

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140 ANITA PESCE

40. Donnine del Giappone (Silvestri), Cavalieri Lina, Gramophone Green Label, 20365b– 7-253051, Napoli, 18/4/1919

41. Doppe quinnice anne, Vuolo Narciso Coppia, Okeh, 86021-B, New York, aprile 192442. Fenesta che lucive (GenoinovCottrau) (1842), Diaz Achille, Favorite Record, [mx?]

– 1-35503, Napoli, [novembre 1910?]43. Funiculì Funiculà (Turco – Denza) (1880), Fantoni Vittorio, Zonofono 7 pollici s/s,

2923-52608, Milano, Luglio 189944. Funiculì Funiculà (Turco – Denza) (1880), Mc Cormack John, Gramophone,

B14679-1 – 7-52061, Milano, 8/4/1914 45. Guapparia (Bovio – Falvo) (1914), Cibelli Alfredo, Victor, B17256 – 6779, New

York, 3/3/191646. Guarracino [Della Rossa ?], Favorite, [mx? – cat?], Napoli, [1911?]47. Il primo violino (Valente), Maldacea Nicola, Phonotype Record, 773, Napoli,

9/7/1912 48. L’altalena, canzonette populare napoletane [sic] (Senese), Bollini signorina, Poly-

phon, 9236 – 14009, [Napoli, 1912 ca]49. L’ultime rrose (Mazzocco – Murolo), (1951), Murolo, Roberto, Durium, 3146 –

AI997450. La fiera di Mast’Andrea (elaborazione di Florimo-arr. Giannini) (1845), Giannini

Dusolina, Gramophone, Bb15483-2 – 7-53134, Londra, 20/12/192851. La risata, canzonetta napolitana (Cantalamessa) (1895), Cantalamessa Berardo,

Gramophone, 52654 – G.C.-52654, Milano, dicembre 1902 52. Lacreme napulitane (L. Bovio – F. Buongiovanni) (1925), De Vita Giuseppe, Co-

lumbia, [mx?] – 60012-F, New York, 1925 53. Lu cardillo (Del Preite-Labriola) (1849), De Lucia Fernando, Società Italiana di Fo-

notipia, xPh4468 – X92700, Milano, 1/11/191154. Luisella (Paolella-Labriola) (1856), Scotti Luisella, Gramophone, 820a – 53192, Na-

poli, giugno 190055. Mamma mia che vo’ sapè (F. Russo – Nutile) (1909), Godono Giuseppe, Phonotype,

191256. Mandulinata a Napule (Murolo – Tagliaferri) (1921), Cibelli Eugenio, Voce del Pa-

drone, C25774-4 – 2-052231, Milano, 6/12/192157. Marechiare (Di Giacomo – Tosti) (1885), Corradetti Ferruccio, Società Italiana di

Fonotipia, xM229 – X 37080, Milano, giugno 190558. Maria Marì (V. Russo – Di Capua) (1899), Anselmi Giuseppe, Società Italiana di

Fonotipia, xPh4261 – X62479, Milano, 19/1/191059. Maria Ro’, chitarrata (Di Giacomo-Costa) (1886), Osti De Lutio Adalgisa, Favorite

Record, [mx?] – 1-36161, Napoli, [1909-1910?]60. Napule e Surriento (E. Murolo – E. Tagliaferri) (1926), Gioia Mario, Brunswick

58002-A, New York, 16/05/192761. Napule mio (E.A. Mario) (1916), Papaccio Salvatore, Gramophone, 4415ah –

7-252259, Napoli, 7/10/192062. Ncopp’Antignano (Gill), Gill Armando, Phonotype Record, 2048, Napoli, 5/11/191863. Ndringhete ndrà (P. Cinquegrana – G. De Gregorio) (1895), Daddi Francesco, Zo-

nofono, Milano, 15/09/1906 64. Nott’ ’e tempesta (G. De Luca), Giannini Diego, Columbia, [mx?] – 60013-F, New

York, 192665. Novena di Natale, Zampognari della provincia di Caserta, Società Fonografica Na-

poletana, 43261-2, Napoli, 28/11/1910

Page 40: Studi sulla canzone napoletana · PDF filecanzoni napoletane: era prassi comune abbinarne alcune con una vocalità di tipo lirico e impostato. La materia sonora ben si prestava, e

LA CANZONE NAPOLETANA E IL DISCO A 78 GIRI 141

66. Oj sartulè! (Genise – Capolongo) (1910), Marcarella Luigi, Favorite Record, [mx?] –1-35438, Napoli, [novembre 1910?]

67. Palomma mia (Capurro – Di Chiara) (1901), D’Avigny Olimpia, Gramophone,5503a - 53142, Milano, dicembre 1902

68. Pastorale. ’Nu zampognaro (De Leva), Schottler Giorgio, Phonotype Record, 1414,Napoli, 9/11/1914

69. Piererotta (Bixio), Gabré, Pathé, 14678, [ante 1928]70. Piscatore ’e Pusilleco (Murolo – Tagliaferri) (1925), De Sica Vittorio, Columbia,

[mx?] – CQ1236, [ante 1936]71. Povero guappo (Albano, arr. Romano Romani), Coruzzolo Silvia, con Roberto Cia-

ramella, orch. Romano Romani, Brunswick, XE25220/1 – 78002, New York,14/11/1927

72. Pozzo fa ’o prevete? (F. Russo – V. Valente) (1891), Fregoli Leopoldo, Gramophone,Con681 – 051014, Milano, 1903

73. Pusilleco aspetta, Moretti Rosa, [mancano altri dati]74. Quann’ammore vo’ fa ammore (Lama), Balsamo Raffaele, Gramophone Green

Label, 16714L – 252180, Napoli, 24/4/191475. Raccontino Boccaccesco (Rambaldo), Narciso Adolfo, Favorite Record, [mx?] –

1-37093, Napoli, [settembre 1909?]76. Reginella (Bovio – Lama) (1917), Ciaramella Roberto, Phonotype Record, 1828,

Napoli, 2/10/191777. Ronda di notte (E.A. Mario), Donnarumma Elvira, Phonotype Record, 757, Napoli,

3/7/191278. Santa Lucia (Cossovich – Cottrau) (1848), Giannini Ferruccio, Berliner, 0570, New

York, 189979. Se n’è ghiuta’America (Fasco – Cioffi), Formisano Ciro, Okeh, W400068-A – 9371,

New York, 3/2/1928 80. Senza nisciuno (Barbieri – Curtis) (1915), Caruso Enrico, Gramophone, B-23149-4

– 7-52269, Milano, 11/9/191981. Senza perdono (Pennino), Fuller Lillian, Columbia, 59598-2 – E5190, New York,

1919-2082. Serenatella Nera (V. Russo – Di Capua – Gambardella) (1903), De Rosa Raffaele,

Zonofono, H94k – 92014, Milano, dicembre 190483. Sott’ ’a fenesta, serenata, Andreace Giuseppina, Gramophone, 812a – 53204, Napoli,

giugno 190084. Sott’ ’e cancelle (G. Tetamo – M. Nicolò) (1920), Ria Rosa, Columbia, W110703-3 –

14567-F, New York, maggio 1929 85. Stornellata Futurista (Nardella), Ascoli Oreste, Gramophone Green Label, h19559e

– 7-252067, Londra, 19/10/191586. Stornelli al vento (E.A. Mario – Lama) (1910), Voccia Coppia, Victor, B22923-3 –

73159, New York, 18/6/1919 87. Tammurriata ’e Vico (Guglielmo Voccia), Voccia Carolina, Victor, B25018-3 –

72998, New York, 15/4/192188. Tarantella d’ ’a guerra (Bovio – De Curtis), Quaranta Gennaro, King’s Orchestra,

Victor, B20585-2 – 69829, New York, 21/9/191789. Tarantella d’ ’e vase (Ferraro Correra – Gambardella) (1905), Di Landa Annita,

Gramophone, 8137b – 53459, Milano, 190690. Tarantella disperata, macchietta (Falvo), Pisano Gigì, Favorite Record, [mx?] –

1-37041, Napoli, [settembre 1909?]

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142 ANITA PESCE

91. Tarantella luciana (Bovio – Cannio) (1913), De Angelis Rodolfo, Pathé, 84634, Na-poli, [1913?]

92. Tarantella Piedigrotta, Troupe Fattorusso, con castagnette e cimbalo, Favorite Re-cord, [mx?] – 1-32007, Napoli [settembre 1909?]

93. Te si scurdato ’e Napule (Murolo – Nardella) (1912), Bruni Sergio, 1949, V.d.P.[mx? – cat?]

94. Totonno ’e Quagliarella (Capurro – Buongiovanni) (1905), Bascetta Alfredo, Ge-niale Record, 7585 – 7585-A, New York, 14/7/1921

95. Tu nun me vuo’ cchiù bene (Di Giacomo – Falvo) (1906), Del Giudice Amalia, Fa-vorite, [mx?] – 1-36101, Napoli, [1909-1910?]

96. Uocchie c’arraggiunate (Falconi Fieni – Falvo) (1904), Baroni Jole, Pathé, 84417,[Napoli, 1913]

97. Varca d’ammore (Spagnolo), Gabrin Aldo, Favorite, [mx?] – 1-35314, Napoli, [set-tembre 1909?]

98. Vespero/St’ammore nuosto, poesie recitate dall’autore, Bovio Libero, Favorite Re-cord, [mx?] – 1-38019, Napoli, [1910-11?]

99. Villanova (Galdieri – Fonzo) (1907), Figli di Ciro, Zonofono, 10952b – X-92312,Napoli, 1907

100. Voci di venditori napoletani, Anonimo, Favorite Record, 10246-0 – 1-30028, Na-poli, 22/11/1910

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Discografia

Discografia essenziale per materiali d’epoca (prevalentemente napoletani) riversati suCD:NUOVA FONIT CETRA, Fonografo Italiano, Raccolta di vecchie incisioni scelte e pre-

sentate da Paquito Del Bosco (in 50 CD), 1995-1999

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LA CANZONE NAPOLETANA E IL DISCO A 78 GIRI 145

PHONOTYPE RECORD, Serie storica, (fino ad oggi in 32 CD), dal 1992

EMI Music Italy, Le antiche voci della canzone napoletana, Rare incisioni originali (in10 CD) a cura di Venanzio D’Agostino, 2000