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1 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE ____________________________________________________________ FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA TESI DI LAUREA IN LETTERE MODERNE STREGONERIA E POSSESSIONE DIABOLICA A MANIAGO, FRISANCO, ANDREIS, BARCIS E SPILIMBERGO TRA 1625 E 1663. Relatore: prof. ANDREA DEL COL Laureando: FABIO DELLA PIETRA ______________________________________________________________________ Anno Accademico 1996/1997

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

____________________________________________________________

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

TESI DI LAUREA IN LETTERE MODERNE

STREGONERIA E POSSESSIONEDIABOLICA A MANIAGO, FRISANCO,

ANDREIS, BARCIS E SPILIMBERGO TRA1625 E 1663.

Relatore:prof. ANDREA DEL COL

Laureando:FABIO DELLA PIETRA

______________________________________________________________________

Anno Accademico 1996/1997

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INDICE

INTRODUZIONE

1. La spiegazione attuale della caccia alle streghe2. Un modello interpretativo pluridisciplinare3. I procedimenti giudiziari analizzati nella presente ricerca4. Scopi della presente ricerca

I. STRUTTURA E FUNZIONAMENTO DELL'INQUISIZIONE ROMANA IN FRIULI

II. I PROCEDIMENTI GIUDIZIARI UTILIZZATI NELLA RICERCA

III. LA STREGONERIA

1. La credenza nella stregoneria spiega le disgrazie2. La credenza nella stregoneria spiega l'antagonismo tra individui3. L'ambiente sociale del villaggio: la variabilità della reputazione di stregoneria4. La dinamica della stregoneria: il veicolo del maleficio5. La tipologia del rito magico6. L'identikit della strega

IV. LA POSSESSIONE

1. Possessione e disgrazia2. Possessione e stregoneria, possedute e streghe3. Un caso di possessione singola: la vicenda di Maniago, 16554. Due casi di possessione collettiva: le vicende di Andreis e Barcis, 1663

V. LA CONTROSTREGONERIA

1. La molteplicità delle spiegazioni causali2. La controstregoneria: procedura attiva di reazione e risoluzione della disgrazia3. Controstregoneria e medicina popolare4. L'intervento degli ecclesiastici5. La funzione controstregonica-devozionale della Madonna6. Simbologia della guarigione e protezione magico-religiosa7. La pratica esorcistica: la terapia della possessione e del maleficio

APPENDICE

1. Descrizione degli atti giudiziari del Sant'Ufficio friulano sui fatti di Spilimbergo (1625, 1644) eManiago (1655)2. Norme di trascrizione

PROCESSO PER STREGONERIA CONTRO ANNA SGUMA DA SPILIMBERGO (1625)

PROCESSO PER STREGONERIA CONTRO MARCOLINA STELLA DA SPILIMBERGO (1644)

PRIMA DENUNCIA PER POSSESSIONE DIABOLICA TRAMITE STREGONERIA CONTRO PIRINARAMPON, DETTA TAIER, MARIA FABBRUZZI, DETTA TAVANA, E SUA FIGLIA DOMENICA,TUTTE DA MANIAGO (1655)

SECONDA DENUNCIA PER POSSESSIONE DIABOLICA TRAMITE STREGONERIA CONTRO PIRINARAMPON, MARIA FABBRUZZI E SUA FIGLIA DOMENICA (1655)

PROCEDIMENTO CIVILE PER DIFFAMAZIONE PRESSO I CONSORTI DI MANIAGO INTENTATO DAMARIA FABBRUZZI CONTRO PIRINA RAMPON (1655)

BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

Tra il 1450 e il 1750 circa si sviluppò in Europa quella che viene comunementechiamata caccia alle streghe. Si tratta di un fenomeno di ampia portata, sia dal punto divista temporale che geografico e sociale, particolarmente cruento grossomodo tra il 1580 edil 1650. Anche se le migliaia di singoli procedimenti penali e di denunce informali controstreghe, stregoni o presunti tali delineano una distribuzione cronospaziale irregolare, èpossibile rintracciare caratteristiche comuni, nonostante le varie circostanze storiche e ledifferenti credenze locali in materia costituiscano un'ostacolo di cui tenere conto1. Ilprocesso, sociale e giudiziario, che portò alla ricerca, persecuzione e repressione dellastregoneria era strettamente collegato con l'idea di un'organizzazione occulta, di cui lestreghe e gli stregoni sarebbero stati i membri, che tramava una congiura contro l'ordinecostituito con il fine ultimo di un vero e proprio sovvertimento sociale.

Per arginare e distruggere la minaccia rappresentata da questa setta segreta,capeggiata dal diavolo in persona, scoperta grazie all'intervento combinato di giudici, filosofi,teologi e intellettuali in senso ampio, la classe colta dell'Europa dell'età moderna procedettead una metodica persecuzione sociale. Per mezzo di accuse informali o delazioni ufficiali,pettegolezzi o voci di paese, le autorità giudiziarie, ecclesiastiche o secolari, spessoincriminarono e arrestarono le persone segnalate, le interrogarono, a volte con l'utilizzo dellatortura o sotto la minaccia della stessa, per ottenerne la confessione e con essa i nomi deicomplici, giungendo a far condannare ed anche a far morire, nelle carceri, sul rogo, oimpiccate come in Inghilterra, svariate migliaia di individui2.

Oltre che di caccia alle streghe si parla anche di ossessione delle streghe. Con questaterminologia meno usata si pone l'accento sullo stato di angoscia collettiva indiscriminatache le autorità e le società dell'Europa moderna contribuirono a generare e fomentare. Lacaccia alle streghe o ossessione per le streghe3, intesa come operazione giudiziaria e direpressione sociale, fu un fenomeno estremamente rilevante: perché abbia raggiunto ilculmine tra la fine del XVI secolo e la metà del successivo, perché sia stata maggiormenteviolenta e sistematica in alcune aree piuttosto che in altre, perché infine siaprogressivamente scomparsa entro la fine del XVIII secolo, sono solo alcuni degliinterrogativi cui gli studiosi non hanno trovato una risposta unanime. Oggi si adottanormalmente una prospettiva interdisciplinare, che tenga conto di interpretazioni diverse inquesta materia così complessa. Da un punto di vista sociale ad esempio la stregoneria comecredenza, repressione e persecuzione sistematica coinvolge sia le classi colte sia le classipopolari, rappresentandone il diretto riflesso dei vicendevoli rapporti intercorsi4. L'analisi del 1 In relazione al tentativo di definire un modello cronologico e spaziale della caccia alle streghe nell'Europa dell'etàmoderna: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe in Europa agli inizi dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp.208-256.2 Per un tentativo di definire numericamente l'ampiezza della persecuzione (la cifra proposta riguardante lepersone processate realmente per stregoneria in Europa è di circa 110.000 unità, le condanne a morte 60.000): B.P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 24-28.3 Sulle locuzioni «caccia» alle streghe o epidemie di «stregomania» collettiva, o «ossessione» per le streghe: G.HENNINGSEN, L'Avvocato delle streghe. Stregoneria basca e Inquisizione spagnola, Milano, Garzanti, 1990, inparticolare pp. 303-311; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., in particolare pp. 3-5; P. DI GESARO, Streghe.L'ossessione del diavolo. Il repertorio dei malefizi. La repressione, Bolzano, Praxis 3, 1988, in particolare pp. XXIV-XXVII; H. R. TREVOR ROPER, La caccia alle streghe in Europa nel Cinquecento e nel Seicento, in ID., Protestantesimoe trasformazione sociale, Roma-Bari, Laterza, 1977, in particolare pp. 133-144. Sul sentimento di angosciacollettiva e di ansia psicologica ossessiva (paura dei fantasmi, della notte, della peste, di morire di fame, del fisco,delle donne, della sovversione, dell'apocalisse, di Dio, di Satana, dei mussulmani, della stregoneria e così via): J.DELUMEAU, La paura in Occidente (secoli XIV-XVII). La città assediata, Torino, Sei, 1980; P. PRETO, Epidemia,paura e politica nell'Italia moderna (secoli XIV-XVIII), Bari, 1987; ID., Peste e società a Venezia nel 1576, Vicenza, NeriPozza, 1978.4 Riguardo alla dialettica di reciproco interscambio tra cultura popolare e cultura alta, tra classi subalterne e classidominanti, tra periferia e centro, nonché sul conseguente processo di influenza culturale, penetrazione ediffusione sia in senso spaziale che sociale, ricordo per tutti: P. BURKE, Cultura popolare nell'Europa moderna,Milano, Mondadori, 1980; A. M. CIRESE, Cultura egemonica e culture subalterne. Rassegna degli studi sul mondopopolare tradizionale, Palermo, Palumbo, 1973; G. HENNINGSEN - B. ANKARLOO, Introduction, in B. ANKARLOO -G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft. Centres and Peripheries, Oxford, Clarendon Press, 1990,cit., pp. 7-15; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.

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meccanismo repressivo contro le streghe deve necessariamente seguire la viadell'interdipendenza fra le varie ipotesi esplicative, per giungere all'elaborazione di unmodello analitico comune alle varie discipline.

La credenza nella stregoneria affonda le radici in tempi remoti. Alcuni degli elementiche la compongono, come le tematiche del volo notturno e della metamorfosi animale, chenella seconda metà del XIV secolo si cristallizzarono nel tema del sabba5, rimandano allaprotostoria6, più precisamente al tema sciamanico del viaggio nell'aldilà7. Lo scenario delcammino nell'oltretomba è un soggetto mitico antico, proprio perché ha a che fare conl'esperienza esistenziale più intensa vissuta dall'uomo, la morte. Il tema del volo notturno distreghe e stregoni, a cavallo di scope e altri mezzi animali o naturali, rappresenta un mitoche permetteva agli uomini di essere turbati ma non travolti dall'esperienza della morte,propria e delle persone con le quali erano in relazione. Gli sciamani hanno vissuto taleesperienza del viaggio nell'oltretomba e poi sono tornati, capaci di offrire agli uomini glistrumenti per sopravvivere di fronte alla morte, la questione precipua contro cui tutte leculture, di ogni tempo e luogo, devono rapportarsi.

1. La spiegazione attuale della caccia alle streghe

«Combattendo la stregoneria il potere in realtà combatteva tutta l'ideologia di cui essa era parte e quindi anchel'universo scientifico naturalistico nel quale si collocavano le scienze occulte. Sorge allora la fondata ipotesi checon la caccia alle streghe si intendesse fronteggiare non soltanto gli agenti segreti del diavolo, ma anche tutta unacultura alternativa, non soltanto popolare, giudicata pericolosa dalle classi che detenevano il potere ... Quindi erauna cultura, quella che accomunava maghi rinascimentali e povere streghe di campagna, che dovette soccomberenon perché popolare e quindi dotata di strumenti inadeguati per sopravvivere (come il fatto, ad esempio, di esseresolo orale), ma essenzialmente perché all'interno della cultura dotta nel XVII secolo avviene quella grandeseparazione del razionalismo che risulterà vincente, da tutto il filone di discipline, anche disomogenee tra loro, cheal razionalismo si opponevano»: P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo, cit., pp. XXIX-XXXI.5 La nascita dello stereotipo del sabba, inteso come cristallizzazione e fusione di elementi popolari e colti («una"formazione culturale di compromesso": l'ibrido risultato di un conflitto tra cultura folklorica e cultura dotta»),collocabile geograficamente nelle Alpi occidentali tra Spagna, Francia, Svizzera e Italia, e cronologicamente a metàcirca del '300, viene fatta risalire a specifiche congiunture di crisi sociale, al successivo processo di emarginazionee di persecuzione di determinate categorie di individui, all'esistenza nella zona alpina occidentale di eresie dualistee infine alla rielaborazione di componenti folkloriche di origine pagana: C. GINZBURG, Le Alpi e le origini del Sabba,in C. OSSOLA (a c. di), La frontiera da stato a nazione, Roma, 1987; ID., Deciphering the Sabbath, in B. ANKARLOO- G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft, cit., pp. 121-138; ID., Storia notturna. Una decifrazionedel sabba, Torino, Einaudi, 1989, in particolare pp. 5-61 (la citazione è a p. XXV); G. HENNINGSEN - B.ANKARLOO, Introduction, cit., pp. 5-7; G. HENNINGSEN, "The Ladies from Outside": An Archaic Pattern on theWitches' Sabbath, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft, cit., pp. 191-217;R. MUCHEMBLED, Satanic Miths and Cultural Reality, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early ModernEuropean Witchcraft, cit., pp. 139-160; R. ROWLAND, «Fantasticall and Devilshe Persons»: European Witchbeliefs inComparative perspective, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed), Early Modern European Witchcraft, cit., pp. 161-190. Sulla tematica della nascita della stregoneria nelle regioni alpine occidentali e pirenaiche, e sulla connessionecon i residui ereticali, si veda anche: P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo, cit., pp. IX-XXXI; J.DELUMEAU, La paura in Occidente, cit., p. 551; H. R. TREVOR ROPER, La caccia alle streghe, cit., pp. 146-147.6 In relazione alla connessione di credenze sulla stregoneria con credenze dell'antichità greco-romana o di epocaprecristiana, proprie delle tribù celtiche e germaniche: C. GINZBURG, Storia notturna, cit.; P. DI GESARO, Streghe.L'ossessione del diavolo, cit. «Nei testi classici, la strix, onde strega, è un uccello notturno con grande testa, occhifissi, becco ed artigli da rapace, simile al gufo, che cerca i bambini lattanti nelle culle e ne succhia il sangue e leviscere. La strix in Ovidio, è una creatura umana che, per arte magica, è stata trasformata in animale nocivonotturno. Queste credenze passano, attraverso Plinio, nel patrimonio popolare del medioevo. La stregacomunemente è subito accusata di uccidere gli uomini e di nutrirsi di carne umana». A. M. di NOLA, Il diavolo. Leforme, la storia, le vicende di Satana e la sua universale e malefica presenza presso tutti i popoli, dall'antichità ai nostrigiorni, Roma, Newton Compton, 1987, pp. 266, 268. Riguardo all'etimologia greco-latina del termine (stríx, strigós;strix, strigis): M. DOGLIOTTI - L. ROSIELLO (a c. di), Lo Zingarelli 1996. Vocabolario della lingua italiana di NicolaZingarelli. Dodicesima edizione, Zanichelli, Bologna, 1996, pp. 1760-1761.7 Sugli sciamani e sul loro rapporto con le streghe, ricordo indicativamente: C. CORRADI MUSI, Sciamanesimougrofinnico e magia europea. Proposte per una ricerca comparata, in Quaderni di filologia Germanica della Facoltà diLettere e Filosofia dell'Università di Bologna, III, 1984, pp. 57-69; M. ELIADE, Lo sciamanismo e le tecnichedell'estasi, Roma, Edizioni Mediterranee, 1974; ID., Occultismo, stregoneria e mode culturali. Saggi di religionicomparate, Firenze, Sansoni, 1982, in particolare pp. 77-104. Inoltre sulla connessione tra benandanti e sciamanieurasiatici e viaggio nel mondo dei morti: C. GINZBURG, Storia notturna, cit., pp. XXXVII-XXXVIII, 187-205.

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Le persecuzioni contro le presunte streghe ebbero luogo non esclusivamente in piccolecomunità8 ma anche in centri di dimensioni più ampie ed a carattere urbano, le città9. Neivillaggi, sospetti e addebiti di stregoneria erano strettamente legati alla vita quotidiana,fornendo spiegazioni plausibili a disgrazie non eccezionali e a conflitti ordinari. Si trattava divillaggi agricoli a prevalente economia contadina, all'interno dei quali avvenivano frequenticontatti, scambi e contrasti tra gli abitanti. Nelle città esistevano elementi aggiuntivi concaratteristiche distintamente urbane, così che a venire accusati di stregoneria potevanoessere uomini politici10, untori11 o monache ritenute possedute dal diavolo12, specialmente inseguito a persecuzioni che si diffondevano tramite reazioni a catena incontrollate. Numerosefurono infatti le repressioni localizzate in varie città europee, soprattutto della Germania edella Francia, anche se a volte gran parte delle persone accusate provenivano dalle zoneagresti circonvicine ed erano state trasportate appositamente per il processo nei centri

8 Per la stregoneria come fenomeno specificamente rurale: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 140-141;R. MANDROU, Una nuova presa di coscienza sul problema della stregoneria, in M. ROMANELLO, La stregoneria inEuropa (1450-1650), Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 311-314; E. W. MONTER, La stregoneria a Ginevra (1537-1662),Ivi, pp. 284-285.9 Si tenga conto che nell'Europa dell'età moderna la popolazione dei centri urbani più piccoli e di dimensioni mediepoteva variare all'incirca dai 500 ai 2000 abitanti, mentre quella minima stimata per i centri urbani maggiori era di5000 individui: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 142, 175 n. 9.10 In relazione all'accusa di stregoneria strettamente connessa al potere politico e ad interessi politici: R. BRAIN,Bambini-streghe, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria. Confessioni e accuse nell'analisi di storici e antropologi,Torino, Einaudi, 1980, pp. 209-210; P. BROWN, Magia, demoni e ascesa del cristianesimo dalla tarda antichità almedioevo, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 55-62; M. DOUGLAS, Introduzion. Trent'anni dopoWitchcraft, Oracles and Magic, in EAD. (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 16, 19-22; A. FORGE, Prestigio, influenza emagia, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 321-323, 336-342; E. GOODY, Aggressioni legittime eaggressioni illegittime, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 267-272, 278-288, 291-294, 296, 301, 303;G. I. JONES, Un limite alle accuse, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 391, 393, 395; B. P. LEVACK,La caccia alle streghe, cit., pp. 142-143; G. LIENHARDT, Il ruolo della morte: un aspetto della filosofia Anuak, in M.DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 359; I. M. LEWIS, Un approccio strutturale alla stregoneria e allapossessione spiritica, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 367-369; A. REDMAYNE, Chikanga: unindovino africano, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 157-158, 163-164; P. RIVIÈRE, Fazioni edesclusioni, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 314-317, 319; M. ROMANELLO, Introduzione, in EAD.(a c. di), La stregoneria in Europa, cit., p. 14; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., p. 93; ID.,Problemi sociali, conflitti individuali e stregoneria, Ivi, pp. 221-223.11 Sulla connessione tra peste e stregoneria nelle città e sul panico legato alla persecuzione degli untori associatialla setta delle streghe: A. FRANCIA, Storia minima. Streghe, inquisitori, peste e guerra in un episodio di violenzacollettiva del XVII secolo, Genova, 1990; M. GOTTARDI, La situazione socio-sanitaria nel Friuli Occidentale durante lapeste del 1630, in Studi veneziani, VI, 1982, pp. 175-182; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 142-143,184-186, 188; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex in epoca Tudor e Stuart, in M. DOUGLAS (a c. di), Lastregoneria, cit., p. 131; E. W. MONTER La stregoneria a Ginevra, cit., pp. 267-271, 273; ID., Riti, mitologia e magia,cit., p. 72; ID., Witchcraft in France and Switzerland, cit., pp. 44-45; A. PASTORE, Crimine e giustizia in tempo dipeste nell'Europa moderna, Roma-Bari, Laterza, 1991; P. PRETO, Epidemia, paura, cit.; ID., Peste e società aVenezia, cit.; K. THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 205-207. In relazione alle epidemie, in specie di peste,in Friuli mi limito a ricordare, oltre alla bibliografia citata nel saggio F. METZ, Santi Rocco e Sebastiano: devozioneed immagini, in P. GOI (a c. di), Religiosità popolare nel Friuli Occidentale, Pordenone, Biblioteca dell'Immagine,1992, pp. 186-187, i seguenti contributi: M. GOTTARDI, La situazione socio-sanitaria nel Friuli Occidentale, cit.; ID.,Le guardie alla «gran porta d'Italia»: strutture sanitarie in Friuli tra Cinque e Settecento, in M. PASTORE (a c. di), Sanitàe società. I. Friuli-Venezia-Giulia (secoli XVII-XX), Udine, Casamassima, 1986, pp. 63-114; B. NOBILE, Pratichereligiose in Friuli durante le epidemie del XVI e XVII secolo, in M. PASTORE (a c. di), Sanità e società, cit., pp. 117-139; R. PALMER, Sanità pubblica e pestilenza: la politica veneziana nel Friuli all'inizio dell'epoca moderna, in M.PASTORE (a c. di), Sanità e società, cit., pp. 32-56.12 A proposito delle epidemie di possessione: M. BERGAMO (a c. di), J. Des Anges. Autobiografia: Il punto di vistadell'indemoniata, Venezia, Marsilio, 1986; C. DESSI, Medicina e possessione demoniaca nel Seicento francese. PierreYvelin e le possedute di Louviers, in P. ROSSI - L. BOSELLI - C. POLI - G. CARABELLI, Cultura popolare e culturadotta nel Seicento, Milano, 1983, pp. 190-198; R. MANDROU, Magistrati e streghe nella Francia del Seicento.Un'analisi di psicologia storica, Roma-Bari, Laterza, 1979; M. MILANI, L'ossessione secolare di suor Mansueta. Unesorcismo a Venezia nel 1574, in Quaderni veneti, 7, 1988, pp. 129-53; A. MORINO (a c. di), J. Des Anges. Storiadella mia possessione, Palermo, Sellerio, 1986; M. PETROCCHI, Esorcismi e magia nell'Italia del Cinquecento e delSeicento, Napoli, 1957; D. P. WALKER, Demonic Possession used as Propaganda in the Later 16th Century, in P.ZAMBELLI (a c. di), Scienze, credenze occulte, livelli di cultura, Firenze, 1982, pp. 237-248; ID., Possessione edesorcismo. Francia e Inghilterra fra Cinque e Seicento, Torino, Einaudi, 1984 (e relativa ampia bibliografia).

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maggiori13.La persecuzione contro le streghe necessitò per la sua realizzazione ed evoluzione di

specifiche precondizioni, diffuse in maniera simile in tutta l'Europa del periodo, individuabilisecondo un modello tripartito in componenti intellettuali, giudiziarie e psicologiche14.Innanzitutto fu necessario che tutta la popolazione, sia nelle città che nelle campagne,credesse nella stregoneria e nelle attività malefiche delle streghe. Ciò si verificò generalmentesenza particolari difficoltà, grazie ad un substrato di credenze popolari tradizionali,antecedenti la formazione del concetto cumulativo di stregoneria ad opera delle éliteintellettuali e giuridiche. Ma affinché la persecuzione potesse dispiegare il suo poteredistruttivo fu necessario che le classi dominanti credessero a loro volta nell'esistenza dellastregoneria e conoscessero le basi della teoria demonologica15.

In secondo luogo fu indispensabile che il sistema processuale vigente fosse dotato diuna competenza giurisdizionale specifica per il reato di stregoneria, nonché dei mezzinormativi legali necessari al processo delle presunte streghe. Inoltre fu grazieall'introduzione del sistema inquisitorio, in sostituzione del procedimento accusatorio, che igiudici dell'epoca furono in grado di processare direttamente gli individui sospetti e avvalersidi procedure adatte ad acquisirne la confessione, come la tortura o a volte solo la suaminaccia16.

Infine fu essenziale che lo stato d'animo emotivo prevalente nella comunità fosse diansia e panico, tale da incrementare così il terrore della stregoneria. Spesso un generalesentimento di angoscia venne generato da particolari condizioni di crisi17 sociale, economica,politica, morale o religiosa, amplificato dalla diffusione pubblica dell'assillo per le stregheattraverso le prediche ed i sermoni pronunciati dal pulpito oppure scritti e diffusi per mezzodella stampa dal clero, cattolico o protestante.

Nelle comunità all'interno delle quali le precondizioni intellettuali, giudiziarie epsicologiche necessarie erano presenti, furono poi alcuni fattori scatenanti specifici a darel'avvio alla persecuzione stregonesca, individuale o collettiva. I motivi che solitamenteportarono all'accusa originaria potevano essere diversi: sospetti o azioni malefiche reali epatti col diavolo, confessioni volontarie di attività sataniche, possessioni diaboliche multiple,tensioni sociali collettive, disgrazie individuali, conflitti tra vicini, dubbi e pettegolezzi unitiad una cattiva fama18.

In taluni casi solamente il sospetto19 che alcuni individui avessero effettuato atti di

13 A Ginevra, ad esempio, tra XVI e XVII secolo ebbero luogo molteplici persecuzioni contro streghe edindemoniate, e una gran parte delle persone accusate proveniva dalle campagne circostanti, soprattutto daiconfinanti villaggi del ducato di Savoia: E. W. MONTER, La stregoneria a Ginevra, in M. ROMANELLO (a c. di), Lastregoneria in Europa, cit., pp. 263-285; ID., Riti, mitologia e magia in Europa all'inizio dell'età moderna, Bologna, IlMulino, 1987, pp. 65-88; ID., Witchcraft in France and Switzerland: The Borderlands during the Reformation, NewYork, Ithaca, 1976. Su credenze e accuse di stregoneria o possessione diabolica nelle città: R. MANDROU,Magistrati e streghe, cit., in particolare pp. 133-481; ID., Una nuova presa di coscienza, cit., pp. 310-314; K.THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale per lo studio storico della stregoneria inglese, in M. DOUGLAS (a c.di), La stregoneria, cit., pp. 113-114.14 Riprendo tale impostazione da: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.15 Sul concetto cumulativo di stregoneria e le basi intellettuali della caccia: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe,cit., in particolare pp. 31-55, 180-181.16 In riferimento all'introduzione di nuove procedure giudiziarie e al passaggio dal sistema accusatorio al sistemainquisitorio ricordo: B. LENMAN - G. PARKER, The State, the Community and Criminal Law in Early Modern Europe,in V. A. C. GATRELL - B. LENMAN - G. PARKER (ed.), Crime and the Law, London, 1980, pp. 11-48; M. R.WEISSER, Criminalità e repressione nell'Europa moderna, Bologna, Il Mulino, 1989, in particolare pp. 49-63, 81-94.17 Sulla rilevanza di specifiche congiunture critiche, quali carestie, cattivi raccolti, malattie endemiche edepidemiche, pestilenze, mutamenti religiosi, millenarismo, disordini, guerre, conflitti politici e sociali, calamitànaturali: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit..18 Per una medesima impostazione: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit..19 Uno dei caratteri della procedura inquisitoria consiste nella «metodica ricerca della verità, della inquisitio comericerca del male nascosto, da svelare e possibilmente da far confessare al colpevole. Il metodo per raggiungere laverità è il sospetto. Il metodo inquisitorio che ha caratterizzato il sistema processuale non solo ecclesiastico per ilunghi secoli dell'età medievale e di quella moderna si basa appunto sulla regola del sospetto come strumento perarrivare alla verità». A. PROSPERI, Per la storia dell'Inquisizione romana, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di),L'Inquisizione romana in Italia nell'età moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche, Atti del seminariointernazionale. Trieste, 18-20 maggio 1988, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per ibeni archivistici, 1991, pp. 42-43.

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stregoneria ai danni di terzi, oppure avessero adorato il diavolo stipulando il patto, potéfacilmente portare all'accusa degli stessi. Tuttavia vi furono certamente persone cherealmente tentarono di attuare malefici e credettero di sottoscrivere patti con il diavolo, e cheforse vennero individuate nell'atto di praticarli e successivamente denunciate, altre chevolontariamente confessarono tali pratiche. A testimoniare la realtà di alcuni malefici, operlomeno il fatto che vi furono individui che li praticarono o confezionarono, sono i non rariritrovamenti di fatture concrete20 nelle case di sospetti e/o accusati di stregoneria. Durantele perquisizioni ordinate dalle autorità laiche o ecclesiastiche, o semplicemente grazie allozelo di alcuni sacerdoti che suggerivano alle presunte vittime di disfare i propri materassi ecuscini, oppure lo facevano essi stessi, vennero recuperati vari oggetti: viluppi dalle formedifferenti composti di materiali diversi, stoffe, penne, piume, code d'animali, o ancorastatuette di cera, bambole di pezza infilzate con aghi, documenti comprovanti l'avvenutopatto diabolico e compilati a volte con il sangue del contraente.

Diversi sono i rinvenimenti documentati nelle vicende processuali qui prese in esame.Per ricordarne solo alcuni, Giacomo Balzaro da Spilimbergo trovò qualcosa di sospetto nelletto del figlio Orazio e dubitò che Anna Sguma lo avesse stregato21. La funzione sociale dicorroborante di sospetti preesistenti, o perlomeno di una fama non positiva, venne ribaditadal comportamento dello stesso dello stesso Balzaro, che, rinvenuta la presunta fattura, laandò mostrando a tutto il villaggio22. Il pievano di Spilimbergo pre Carlo Rossetis riferì diaver fatto disfare un cuscino ad Aurizia Patavina, all'interno del quale aveva trovato unostrano «viluppo», formato da panno di colore grigio, pezzi di stoffa, filo intrecciato in foggia dicroce, una coda d'animale ignoto, penne di animali avvolte a forma di occhi23. Anche nelladocumentazione relativa alla vicenda di Andreis vi sono tali riferimenti24.

Tali ritrovamenti poterono, una volta rivelatane l'esistenza e mostrati agli abitanti dellacomunità, non solo convincere la vittima o chi le stava vicino della realtà della fattura, macreare o anche ribadire a livello sociale la cattiva reputazione della persona accusata o solosospettata. Inoltre, una volta acquisiti a livello giudiziario, vennero utilizzati come prove acarico degli imputati per dimostrarne la colpevolezza e chiederne la condanna.

20 Tali fenomeni sono documentati anche in epoche più recenti: «La fattura a nodi si ricollega con unaparticolarissima forma rappresentata da quelle corone o nastri di piume fittamente intrecciati che si ritrovano neicuscini o nei trapunti dei letti di coloro che sono fatti segno a fattura. Tali formazioni, controllate da persone degnedi fede, riescono in molti casi, se non misteriose, certo difficilmente spiegabili. Esse sono così fittamente intrecciateda costituire un cerchio in cui non si scorge alcuna giuntura, tutto liscio al dritto, e al rovescio presentante tutte lepunte delle nervature mediane. Queste corone, interpretate come le corone da morto, hanno costituito il punto distudio di parecchi studiosi appassionati di occultismo. Si trovano da un giorno all'altro in materassi e trapuntiesternamente intatti, senza che si possa trovare una ragione plausibile della loro presenza. Queste formazioni sonofra i più temuti segni di fattura». A. PAZZINI, La medicina popolare in Italia, Trieste, Zigiotti, 1949, p. 82; ID., Storia,tradizioni e leggende nella medicina popolare, Dr. Recordati - Laboratorio Farmacologico S. A. - Correggio, 1940, pp.47-48, 107-109.Il reperimento del corpo del delitto è uno dei punti cardine della Instructio pro formandis processibus in causisstrigum, sortilegiorum et maleficiorum, manoscritto che circolò per lungo tempo prima di essere dato alle stampeufficialmente nel 1657 a Roma. A tale proposito: J. TEDESCHI, Appunti sulla «Instructio pro formandis processibusin causis strigum, sortilegiorum et maleficiorum», in Annuario dell'Istituto Storico Italiano per l'età moderna econtemporanea, XXXVII-XXXVIII, 1985-1986, pp. 219-241.21 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, Spilimbergo, 12 settembre 1625, cc. [7v-8r].22 Ivi, Deposizione di Giacomo Balzaro, Spilimbergo, 18 settembre 1625, c. [13r].23 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Carlo Rossetis, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 7r.; Deposizione diAurizia Patavina, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 25v. Si noti la simbologia in particolare del filo a forma dicroce, connessa a tutta una serie di credenze magico-religiose, e dell'intelaiatura delle penne a forma di occhio,chiaro richiamo all'occhio cattivo, malefico, in gradi di vedere tutto e di colpire le sue vittime, il malocchio.24 Ivi, b. 42, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini da Ravenna, Andreis, 23 agosto 1663, c. 2r.; PreLucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini da Ravenna, Andreis, 26 agosto 1663, cit., c. 5r.

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2. Un modello interpretativo pluridisciplinare25

Uno dei problemi fondamentali all'interno della credenza e persecuzione dellastregoneria è quello di identificare la strega. L'ambiguità che ne qualifica la figura, strega èal contempo la persona che fa del male ma anche chi risolve situazioni critiche, introduce laquestione della definizione preliminare di un modello, per mezzo del quale interpretare ladocumentazione che la riguarda su due versanti: da un lato quello scritto, storico, ufficiale,colto26; dall'altro quello orale contemporaneo, tradizionale, popolare, folklorico, etnologico e

25 In relazione all'attuale prospettiva multidisciplinare degli studi sulla interpretazione della stregoneria (e dellamalattia e della sventura) ricordo i seguenti contributi: M. AUGÉ, Stregoneria, in Enciclopedia Einaudi, Torino,Einaudi, 1981, pp. 671-697; M. AUGÉ e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male. Antropologia, storia e sociologiadella malattia, Milano, Saggiatore, 1986; M. BERTOLOTTI, Le ossa e la pelle dei buoi. Un mito popolare tra agiografiae stregoneria, in Religione delle classi popolari, numero speciale di Quaderni storici, XLI, II, 1979-81, pp. 470-499;P. BOYER - S. NISSENBAUM, La città indemoniata. Salem e le origini sociali di una caccia alle streghe, Torino,Einaudi, 1986; P. BURKE, L'antropologia storica nell'Italia dell'età moderna. Saggi sulla percezione e comunicazione,Roma-Bari, Laterza, 1988; ID., The Comparative Approach to European Witchcraft, in B. ANKARLOO - G.HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft. Centres and Peripheries, Oxford, Clarendon Press, 1990,pp. 435-441; ID., Cultura popolare nell'Europa moderna, Milano, Mondadori, 1980; ID., A Question of Acculturation?,in P. ZAMBELLI (a c. di), Scienze, credenze occulte, livelli di cultura, Convegno Internazionale di Studi (Firenze, 26-30 giugno 1980), Firenze, Olschki, 1982, pp. 197-204; F. CARDINI (a c. di), Gostanza, la strega di San Miniato,Roma-Bari, Laterza, 1990; E. DE MARTINO, Il mondo magico. Prolegomeni ad una storia del magismo, Torino,Boringhieri, 1948; ID., La terra del rimorso. Contributo ad una storia religiosa del Sud, Milano, Saggiatore, 1961; ID.,Magia e civiltà, Milano, Garzanti, 1962; ID., Mondo popolare e magia in Lucania, Bari, 1958; ID., Morte e piantorituale nel mondo antico. Dal lamento pagano al pianto di Maria, Torino, Boringhieri, 1958; ID., Sud e magia, Milano,Feltrinelli, 1976; M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit.; M. ELIADE, Occultismo, stregoneria e mode culturali,cit.; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, Milano, Angeli, 1976; C. GINZBURG,L'inquisitore come antropologo, in R. POZZI - A. PROSPERI (a c. di), Studi in onore di Armando Saitta dei suoi allievipisani, Pisa, Giardini, 1989, pp. 23-33; ID., Storia notturna, cit.; G. HENNINGSEN, L'Avvocato delle streghe, cit.; G.HENNINGSEN - B. ANKARLOO, Introduction, cit., pp. 1-15; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.; A.MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit.; ID., Witchcraft in Tudor and Stuart England: a Regional andComparative Study, London, Routledge and Kegan Paul, 1970; R. MUCHEMBLED, Cultura popolare e cultura delleélites nella Francia moderna (XV-XVI secolo), Bologna, Il Mulino, 1991; J. L. PEARL, Folklore and Witchcraft in theSixteenth and Seventeenth Century, in Studies in Religion, 5, 1975-76; A. PROSPERI, Per la storia dell'Inquisizione,cit., pp. 30-31; R. ROWLAND, «Fantasticall and Devilshe Persons», cit., pp. 161-190; K. THOMAS, La religione e ildeclino della magia. Le credenze popolari nell'Inghilterra del Cinquecento e del Seicento, Milano, Mondadori, 1985.26 Mi limito a segnalare soltanto alcuni dei principali studi storici sulla stregoneria: S. ABBIATI - A. AGNOLETTO -M. R. LAZZATI (a c. di), La stregoneria. Diavoli, streghe, inquisitori dal Trecento al Settecento, Milano, Mondadori,1984; B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft, cit.; A. BIONDI, La "NuovaInquisizione" a Modena. Tre inquisitori (1598-1607), in Città italiane del '500 tra Riforma e Controriforma, Atti delConvegno Internazionale di Studi, Lucca 13-15 ottobre 1983, Lucca, Pacini Fazzi, 1988, pp. 61-76; ID., Lungadurata e microarticolazione nel territorio di un Ufficio dell'Inquisizione: il "Sacro Tribunale" a Modena (1292-1785), inAnnali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento, VIII, 1982, pp. 73-90; G. BONOMO, Caccia alle streghe. Lecredenze relative alle streghe dal secolo XIII al XIX con particolare riferimento all'Italia, Palermo, Palumbo, 1959; P.BOYER - S. NISSENBAUM, La città indemoniata, cit.; F. CARDINI (a c. di), Gostanza, cit.; J. CARO BAROJA, Lestreghe e il loro mondo, in M. ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa, cit., pp. 345-367; ID., Le streghe e illoro mondo, Parma, Pratiche Editrice, 1994; N. COHN, I demoni dentro: le origini del sabba e la grande caccia allestreghe, Milano, Unicopli, 1994; ID., I fanatici dell'Apocalisse, Milano, Edizioni di Comunità, 1965; ID., Il mito diSatana e degli uomini al suo servizio, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 35-49; J. DELUMEAU, Lapaura in Occidente, cit.; P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo, cit.; G. FARINELLI - E. PACCAGNINI,Processo per stregoneria a Caterina de Medici 1616-1617, Milano, Rusconi, 1989; A. FRANCIA, Storia minima, cit.;C. GINZBURG, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino, Einaudi, 1966; ID., Storianotturna, cit.; ID., Stregoneria, magia e superstizione in Europa fra medioevo ed età moderna, in Ricerche di storia

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antropologico27. Deve trattarsi però di un modello flessibile, dato che la categoria stregoneriariunisce in sé fenomeni alquanto dissimili, che hanno avuto una diffusione grandissimanello spazio e una larghissima profondità nel tempo. Il problema principale è dunque trovareun modello che tenga in considerazione questa varietà, locale e temporale e tematica.

Storici, antropologi, etnologi, studiosi di tradizioni popolari e folkloristi, in altre parolegli intellettuali che attraverso la lente delle loro discipline studiano il fenomeno stregonesco ela sua persecuzione, concordano in maniera sufficientemente uniforme nell'interpretare lastregoneria secondo un'ottica interculturale28, che valga per contesti differenti, tanto per imateriali europei e occidentali quanto per quelli extraeuropei ed extraoccidentali, tanto perquelli collocati in un'epoca storica datata (moderni, medioevali, antichi o tardoantichi)quanto per quelli raccolti in periodi, ed ambiti spaziali, più vicini a noi (contemporanei)29. La

sociale e religiosa, VI, 1977, pp. 119-133; G. HENNINGSEN, L'Avvocato delle streghe, cit.; ID., The European WitchPersecution, Copenaghen, 1973; R. KIECKHEFER, European Witch Trials. Their Foundation in Popular and LearnedCulture 1300-1500, London, 1976; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.; A. MACFARLANE, Witchcraft in Tudor,cit.; R. MANDROU, Magistrati e streghe, cit.; R. MARTIN, Witchcraft and the Inquisition in Venice 1550-1650,Abingdon, Blackwell, 1989; T. MAZZALI, Il martirio delle streghe. Una nuova drammatica testimonianzadell'Inquisizione laica del Seicento, Milano, Xenia, 1988; I. MEREU, Storia dell'intolleranza in Europa. Sospettare epunire. Il sospetto e l'Inquisizione romana nell'epoca di Galilei, Milano, Mondadori, 1979; H. C. E. MIDELFORT,Recent Witch Hunting or where do we go from here?, in Papers of the Bibliographical Society of America, LXII, 1968,pp. 373-420; ID., Witch Hunting in Southwestern Germany 1562-1684, Stanford, 1972; E. W. MONTER (ed.),European Witchcraft, New York, 1969; ID., French and Italian Witchcraft, in History Today, nov. 1990, pp. 31-35;ID., Riti, mitologia e magia in Europa all'inizio dell'età moderna, Bologna, Il Mulino, 1987; M. ROMANELLO (a c. di),La stregoneria in Europa, cit.; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe nell'Italia della Controriforma, Firenze,Sansoni, 1990; K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit.; ID., Stregoneria, magia e superstizione inInghilterra, in Ricerche di storia sociale e religiosa, VI, 1977, pp. 141-149; H. R. TREVOR ROPER, La caccia allestreghe, cit.; F. TRONCARELLI, Le streghe, Roma, Newton Compton, 1983.27 Parimenti ricordo solo alcuni lavori di carattere etnoantropologico e folklorico: M. AUGÉ e C. HERTZLICH (a c.di), Il senso del male, cit.; P. BURKE, Il rituale dei guaritori, in ID., Scene di vita quotidiana dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1988, pp. 256-277; D. COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina e popolare, Firenze, 1983; J.CONTRERAS - J. FAVRET SAADA, La terapia senza sapere, in Antropologia medica, 4, luglio 1988, pp. 100-107; A.M. di NOLA, Il diavolo, la sindrome demoniaca sovrasta l'umanità, Roma, Scipione Editori, 1980; ID., Il diavolo. Leforme, cit.; C. GATTO TROCCHI, Magia e medicina popolare in Italia, Roma, Newton Compton, 1983; J. LUSSU (a c.di), L'erba delle donne. Maghe, streghe, guaritrici: la riscoperta di un'altra medicina, Roma, Napoleone, 1979; G.OLMI, Farmacopea antica e medicina moderna. La disputa sulla teriaca nel Cinquecento bolognese, in Physis. Rivistainternazionale di storia della scienza, XIX, 1977, pp. 197-246; A. PAZZINI, La medicina popolare in Italia (storia,tradizioni, leggende), Trieste, 1948; ID., La medicina popolare. Sue origini magiche, dogmatiche ed empiriche, inMedicina internazionale, XLVII, 1939, pp. 95-100; G. PITRÈ, Medicina popolare siciliana, Palermo, Il Vespro, 1978;ID., Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, Firenze, La Nuova Italia, 1952; A. SCARPA,Etnomedicina, Milano, 1980; T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, in La Ricerca Folklorica. Contributiallo studio della cultura delle classi popolari, 8, Brescia, Grafo, ottobre 1983; ID. (a c. di), Medicine e magie, Milano,Electa, 1989.28 Augé riconosce «l'idea di un raffronto pertinente fra manifestazioni culturali evidentemente diverse ma la cuiidentità, se esiste, non può essere fondata se non per via transculturale». Perciò , ammettendo «la possibilità ditracciare un parallelo fra le ondate di stregoneria europee e quelle africane, o più esattamente fra i culti "anti-stregoneria" di ispirazione cristiana legati alle une e alle altre» auspica l'utilizzo del paragone con «valore dimetodo», al fine di condurre «alla definizione precisa di un oggetto». Lo studio deve pertanto indirizzarsiall'elaborazione di una «antropologia storica» e «non europeista» rivolta in particolare verso l'Africa, da un lato chestudi i fenomeni culturali sia da un punto di vista sincronico che diacronico, che ne indaghi la «articolazione inrapporto ai fatti contemporanei e, quando si tratta di rappresentazione, i meccanismi e le modalità della loroefficacia»; dall'altro, «nel caso specifico della stregoneria, che stabilisca «la pertinenza dei fatti studiati in altre areerispetto ai fatti studiati e ai problemi posti dagli storici dell'Europa». M. AUGÉ, Stregoneria, cit., pp. 672-674.Riguardo al dibattito tra discipline storiche e discipline sociologiche-etnologiche-antropologiche: P. BURKE, Storia eteoria sociale, Bologna, Il Mulino, 1995 (e ampia bibliografia).29 Sulla tradizione di studi storico-antropologici che ha come oggetto il Friuli: L. ACCATI - LEVI, Lo spirito dellafornicazione: virtù dell'anima e virtù del corpo in Friuli, fra '600 e'700, in Quaderni Storici, 41, 1979, pp. 644-672; S.BIGATTON - O. LAZZARO (a c. di), Questo è l'offitio de la Santa Inquisition...Materiali per una storia sociale di SanQuirino: i processi del Sant'Uffizio, Fiume Veneto, Mascherin, 1994; L. BORSATTI, Verzegnis 1878-79. Un caso diisteria collettiva in Carnia alla fine dell'Ottocento, Tolmezzo, 1989; S. CAVAZZA, Inquisizione e libri proibiti in Friuli e aGorizia tra Cinquecento e Seicento, in Studi goriziani, XLIII, 1976, pp. 29-80; ID.., La doppia morte: resurrezione ebattesimo in un rito del Seicento, in Quaderni Storici, 50, 1982, pp. 551-582; CESCHIA C. - COZZI D., «Las Indias depor acà». Contributo per un'analisi comparata dell'isterodemonopatia nel XIX secolo, in Metodi e ricerche, n.s., VII, 1,gennaio-giugno 1988, pp. 51-60; EAD., Possessione e isterodemonopatia. Due diagnosi a confronto nell'Italia postunitaria. Il caso di Verzegnis, in Sanità, Scienza e Storia, I, 1987, pp. 81-109; D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz diClauzetto, in M. MICHELUTTI (a c. di), Âs. Int e Cjere. Il territorio dell'antica pieve d'Asio, Numero unico per il 69°

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credenza nella stregoneria è così un'interpretazione, fatta propria da ogni società attraversoopinioni, comportamenti, racconti, che attribuisce l'evento negativo (disgrazia, malattia,morte, possessione) all'azione nociva di individui reali (o esseri mitici) dotati di poteriextraordinari, arcani, prodigiosi, innati oppure acquisiti. La credenza nella presenzaconcreta e nella condotta dannosa di individui di questo genere determina in ogni cultura lanecessità di identificare tali soggetti, per osteggiarli e vanificarne l'azione.

Tuttavia lo studioso della stregoneria europea dell'età moderna incontra una

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problematica ulteriore, trovandosi costretto ad introdurre un elemento aggiuntivo: laformulazione teorica elaborata tra XIV e XVIII secolo in Europa dalla cultura dominanteecclesiastica e laica, in relazione all'origine di questi poteri, un'origine diabolica. Streghe estregoni hanno la possibilità di fare del male grazie ad una forza che sarebbe stata concessaloro da Satana attraverso una convenzione di vicendevole scambio, l'anima dell'essereumano per la potenza malefica del diavolo. Attraverso l'elemento specifico e caratterizzantedel contratto diabolico, a partire dal medioevo fino in qualche caso all'era contemporanea, siè venuto elaborando un modello, uno schema di stregoneria organico e metodico. Esso èfondato sul concetto di patto satanico, sull'idea di una congiura allestita da Lucifero controla cristianità attraverso una reale setta delle streghe e degli stregoni, sulla congettura dirituali specifici attraverso i quali il diavolo ed i suoi seguaci entrerebbero in relazione, anchesessuale, fra di loro, alleandosi ed apprestando i loro progetti, in particolare attraverso il ritodella riunione notturna, il sabba delle streghe. Da questo modello colto e artificioso derivò lapersecuzione sociale e giudiziaria contro le streghe30.

La stregoneria in Europa nell'età moderna, letta come credenza e persecuzione, vainterpretata dunque tenendo conto di due polarità differenti ma interconnesse. Da un lato ilpolo tradizionale, popolare, folklorico, etnoantropologico, contemporaneo, contraddistinto dauna interpretazione di stregoneria intesa in termini esclusivi di maleficium. Tale concezionepresume l'esistenza di due immagini potenti, la strega e la controstrega, la presenza dellapersona capace di offendere pretende l'esistenza di soggetti dotati di poteri contrari cheneutralizzino l'azione negativa. Questo tipo di definizione lega tra loro culture diverse,europee ed extraeuropee, dell'epoca passata e contemporanea31. L'altro versante è quello delpolo ufficiale, colto, ecclesiastico-laico, storico, contrassegnato dal rapporto di dipendenzainstaurato fra stregoneria e demonologia, con la presenza di quell'elemento nuovo chenell'altra concezione non è presente, Satana. Questa seconda interpretazione postula ilcarattere diabolico di ambedue le figure potenti, strega e controstrega: sia l'una che l'altrahanno acquisito la loro forza tramite il patto. Una siffatta concezione rivendicava alla solaChiesa istituzionale, nel mondo cattolico, la possibilità, il diritto ed il compito di contrastarestreghe e stregoni. Tutte le persone che possedevano una potenzialità extraordinaria laavevano ottenuta in virtù del contratto diabolico; solamente il clero ufficiale gerarchicamenteordinato poteva rivendicare un potere benigno, perché derivante da Dio, tutto ciò che era aldi fuori, che era esterno a tale origine divina, era malvagio e satanico. Tuttavia questoaspetto della rappresentazione dotta della stregoneria, l'affermazione che gli antistregoniavessero carattere negativo e satanico al pari delle streghe, non si è imposto in maniera

30 Alla azione persecutoria contro streghe e stregoni «può aver concorso l'energica campagna moralizzatriceintrapresa dai governanti, sia cattolici che protestanti, nei confronti di una situazione da loro vista come degradatae pericolosa per i principi religiosi professati, e che gradatamente si è spostata dall'ottica di deviazione sessuale aquella che vede la "strega" come elemento centrale dell'intervento normalizzatore»: E. PACCAGNINI, «In materia destregharie», in G. FARINELLI - E. PACCAGNINI, Processo per stregoneria, cit., p. 122.31 A. Macfarlane e K. Thomas si posero il problema se la stregoneria inglese dell'età moderna fosse comparabile omeno alla stregoneria africana contemporanea, la loro conclusione fu affermativa, con l'aggiunta che entrambeerano differenti dalla stregoneria europea dell'età moderna. G. Henningsen e B. Ankarloo hanno recentementeriproposto la questione, spostandone leggermente i termini: non tanto stregoneria inglese uguale alla stregoneriaafricana, quanto stregoneria inglese diversa dalla stregoneria europea continentale. Tuttavia con un accorgimento,vale a dire stregoneria inglese dell'età moderna paragonabile alla stregoneria dell'Europa del Nord (Ungheria,Estonia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Norvegia, Islanda) e soprattutto in riferimento ad alcuni tribunalicontinentali (ad esempio in Italia ed in Friuli, in Spagna e Portogallo), dove gli accusati furono processati non tantoper crimini connessi al satanismo, quanto per maleficio. Secondo R. Rowland inoltre sia Macfarlane che Thomas,come altri studiosi che utilizzarono tale modello, furono fuorviati dalle indubitabili somiglianze tra la situazionegenerale della credenza nella stregoneria propria delle società africane e quella che nel contesto europeo fu uncaso specifico e problematico. Infatti il paragone era stato facilitato dal fatto che la maggior parte degli elementiche distinguevano la stregoneria europea da quella africana non erano presenti in Inghilterra. Ma la situazionedella credenza nella stregoneria nell'Inghilterra dell'epoca moderna era particolare, poiché non era presente disolito l'elemento demonologico. Questo fattore la rendeva, così, diversa dalla credenza diffusa nel resto delcontinente, anche se con le dovute limitazioni (numerosi furono infatti i procedimenti contro persone accusate dimaleficio in Europa, in Italia e anche in Friuli). Pertanto l'attenzione va rivolta al motivo per cui all'internodell'Europa dell'età moderna la sola Inghilterra era paragonabile all'Africa odierna, partendo dal presupposto chetutte codeste forme diverse di stregoneria appartengono ad una medesima categoria generale. Sull'intreccio diqueste problematiche: G. HENNINGSEN - B. ANKARLOO, Introduction, cit., pp. 1-2; R. ROWLAND, «Fantasticall andDevilshe Persons», cit., pp. 171-181.

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uniforme a livello popolare32. All'interno di questi due poli esiste una varietà di livelliintermedi, che rende ogni forma di stregoneria potenzialmente diversa33: a seconda delmutare dei rapporti di forza interni ad una comunità, può cambiare anche la maniera divalutare ciò che è male34. La distinzione di carattere generale tra polo popolare e poloistituzionale a livello di stregoneria si riconduce ad una differenza di gradualità, valida da unpunto di vista essenzialmente pratico.35

3. I procedimenti giudiziari analizzati nella presente ricerca

I fascicoli processuali analizzati in questa ricerca, come del resto gran parte delladocumentazione giudiziaria a disposizione degli studiosi, mostrano una più o meno forteinterazione tra i due poli. Nel 1625 una donna di Spilimbergo, Anna Sguma, venne accusatada più persone di aver attuato malefici ai danni di terzi, ma la sua fama era anche quella disaper guarire le malattie. Parallelamente, nel medesimo villaggio, nel 1644 un'altra donna fuincriminata per stregoneria, Marcolina Stella, della quale inoltre si vociferava in paese chefosse in grado di sanare le infermità.

Nel 1648 a Frisanco un bimbo, Mattia di Bernardon, rivelò di essere stato condotto alsabba dall'anziana nonna paterna. Il fanciullo, che si autodefiniva benandante, fece il nomedi numerosi individui di Frisanco, Cavasso, Fanna e dell'isontino, soprattutto di sessofemminile, che avrebbero partecipato, a differenza di lui, attivamente a quei riti diabolicinotturni.

Un altro esempio della commistione tra le due interpretazioni è quello della vicendamaniaghese, dove i temi della stregoneria popolare si fondono con gli elementi istituzionalidella possessione diabolica, della presenza del diavolo e dei santuari mariani. Nel 1655 tredonne di Maniago, Pirina Rampon, Maria Fabbruzzi e sua figlia Domenica, vennero accusateda una giovane sposa del luogo, la quale, per voce delle entità maligne che la possedevano,dopo un pellegrinaggio al santuario della Madonna di Rosa presso San Vito al Tagliamento,le incolpò di averla fatta possedere dagli spiriti. Una prima commistione è già riscontrabile,la strega è tacciata di causare la possessione attraverso il maleficio.

Un ultimo esempio è costituito dalla vicenda che nel 1663 coinvolse due comunitàdella Val Cellina. Ad Andreis due bambine, Osvalda Salvador e Ursula Vittorello, mentrestavano pulendo la chiesa, videro la statua della Vergine cominciare a muoversi; la Madonnaparlò e rivelò loro che molti dei malanni che si stavano verificando nel villaggio a quel tempodipendevano dal fatto che alcune donne del paese erano streghe, le quali di più avevano fattopossedere dal diavolo altre persone. Nei giorni successivi venne coinvolto anche il paese diBarcis, dove parimenti una statua della Madonna iniziò a muoversi e a parlare. Le effigimariane rivelatrici così si moltiplicarono, ma aumentò soprattutto il numero delle donne che

32 «Il tentativo compiuto dai teologi di cancellare la distinzione tra maghi bianchi e maghi neri, imponendo agli unie agli altri il marchio diabolico, non fu mai accolto dalla gente che a questi maghi si rivolgeva; al contrario, uominie donne erano più pronti a credere che i "sapienti" fossero istruiti da Dio o aiutati dagli angeli, o addirittura chepossedessero una qualche loro divinità»: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 283.33 «La stregoneria, in tutte le cosmologie, è associata all'idea di un potere malefico che si ritiene all'origine di tuttele sventure misteriose ed imprevedibili. Ma i simboli di questo fluido maligno attribuito alle facoltà soprannaturalivariano a seconda delle diverse organizzazioni sociali e dei loro codici morali e culturali». P. DI GESARO, Streghe.L'ossessione del diavolo, cit., p. XXIII. Sul maleficio: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 33, 92-94, 99, 143,254-258, 270.34 Per ciò che concerne il carattere malefico e nocivo della stregoneria, «in molte società i poteri attribuiti allostregone e al controstregone, all'aggressore e al difensore, non vengono considerati differenti nella loro sostanza, ela frontiera tra i poteri cosiddetti illegittimi dello stregone e il potere legittimo dell'uomo forte resta incerta perchéla nozione di legittimità ha valore retrospettivo e i giudizi che la concernono spesso sanciscono un dato di fatto edei rapporti di forza»: M. AUGÉ, Stregoneria, cit., p. 676.35 «In una società traversata da conflitti (ossia, presumibilmente, qualunque società) ciò che è male per unindividuo può essere considerato un bene dal suo nemico: chi decide che cosa è "il male"? Chi decideva, allorchéin Europa si dava la caccia alle streghe, che determinati individui erano "streghe" o "stregoni"? La loroidentificazione era sempre il risultato di un rapporto di forza, tanto più efficace quanto più i suoi risultati sidiffondevano in maniera capillare». C. GINZBURG, Storia notturna, cit., p. XXVI.

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si sentivano possedute da entità malvagie. Si originò una sorta di nevrosi collettiva, le donneche stavano male iniziarono ad attribuire la causa del loro stato alla possessione eaccusarono altre di essere streghe e di averle fatte invasare dal diavolo per mezzo di malefici.Il clima di ansia e tensione salì a livelli tali che due delle donne incriminate ad Andreisvennero inseguite e linciate a forza di calci, pugni, bastonate e sassate, mentre una terza sisalvò solo perché posta al sicuro in carcere. Streghe, sabba notturni, controstreghe,benandanti, apparizioni e rivelazioni della Madonna, diavoli e spiriti maligni, una sequelache combina insieme, fonde e confonde i motivi della stregoneria popolare e di quella colta,accomunandoli in una stretta concatenazione.

4. Scopi della presente ricerca

Nella serie di atti processuali del Sant'Ufficio friulano, conservati nell'archivioarcivescovile di Udine, ho esaminato in questa ricerca nove fascicoli relativi al reato distregoneria nel senso più ampio del termine, riguardanti alcuni villaggi pedemontani eprealpini del Friuli occidentale tra 1625 e 1663: Spilimbergo, Frisanco, Cavasso, Fanna,Maniago, Andreis e Barcis36. Tali fascicoli processuali, alcuni veri e propri procedimentipenali, altri semplici denunce, sono differenziabili per comodità in due gruppi concatenatistrettamente tra loro, a seconda del presupposto crimine di fede: da un lato l'imputazione distregoneria, intesa e come maleficio e come adorazione diabolica, dall'altro quella dipossessione diabolica attraverso maleficio.

Il XVII secolo vede la diffusione progressiva di un atteggiamento relativamente nuovoda parte della Chiesa nei confronti di tali pratiche, indirizzato verso un recupero del devianteall'interno della dottrina cattolica, seguendo una prassi di particolare cautela e benevolenzagià attiva dal settimo-ottavo decennio del secolo precedente37. Questo si verifica anche neiprocedimenti da me considerati: alcuni non giungono alla sentenza, dopo una faseinformativa a volte anche piuttosto ampia; altri si concludono con pene alquanto miti,semplici ammonizioni verbali oppure penitenze salutari.

Parallelamente nel corso del '600 si assiste ad un'evoluzione interna alla credenzanella stregoneria: la commistione tra stregoneria e possessione. Uno degli elementi piùdiffusi diviene il supposto potere da parte di streghe e stregoni di inviare diavoli o spiritiall'interno del corpo di una persona. La strega non è più una semplice serva del diavolo,utilizzata da questi attraverso il patto e il sabba per sovvertire l'ordine costituito. Essasembra poter manipolare alcune entità malvagie, inviandole a possedere i corpi di individuiprecisi38. Di contro le persone possedute, o ritenute tali, sembrano acquisire valenzeparticolari. Così se da un lato esse sono in grado di identificare le streghe responsabili della

36 Processo per stregoneria contro Anna Sguma da Spilimbergo, 1625 (AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, cit.);processo per stregoneria contro Marcolina Stella da Spilimbergo, 1644 (Ivi, b. 27, fasc. 939, cit.); processo perstregoneria, partecipazione al sabba e adorazione del diavolo contro Lorenzo Doz e Agnese, moglie di Giovanni diFranceschina, da Frisanco, e contro altre persone da Frisanco, Cavasso e Fanna, 1648 (Ivi, b. 31, fasc. 28);denuncia presso l'Inquisizione per possessione diabolica tramite stregoneria contro Pirina, vedova di BernardinoRampon, detta Taier, Maria, moglie di Domenico Fabbruzzi, detta Tavana, e sua figlia Domenica, tutte da Maniago,1655, procedimento civile per diffamazione da parte dei consorti di Maniago intentato da Maria Fabbruzzi controPirina Rampon, 1655 (Ivi, b. 39, fascc. 293, 299 e Querela civile); denuncia per stregoneria e possessione diabolicatramite stregoneria contro Margherita, moglie di Giuseppe Tavani, Lucia, figlia del fu Salvatore di Bucco, e altrepersone da Andreis, 1663 (Ivi, b. 42, fasc. 392, cc. 1r-12v; b. 73, fasc. 44, cc. 1r-12v); denuncia per stregoneria epossessione diabolica tramite stregoneria contro Maddalena, moglie di Daniele Corradini, Cecilia, figlia di DanieleBozzi, e altre persone da Barcis, 1663 (Ivi, b. 42, fasc. 395, cc. 1r-12v).37 In relazione all'atteggiamento di mitezza e reinserimento del dissenziente all'interno della società civile ereligiosa attuato da parte dell'Inquisizione (romana in particolare, per quanto attiene a codesto studio, ma anchespagnola), ricordo: C. GINZBURG, I benandanti, cit; G. HENNINGSEN, L'avvocato delle streghe, cit.; B. P. LEVACK,La caccia alle streghe, cit., in particolare pp. 244-250; J. MARTIN, Per un'analisi quantitativa dell'Inquisizioneveneziana, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 143-157; G. ROMEO, Inquisitori,esorcisti e streghe, cit.; J. TEDESCHI, Preliminary Observations on Writings a History of the Roman Inquisition, in H.A. OBERMAN (ed.), Continuity and Discontinuity in Church History, Leiden, 1979, pp. 232-49.38 G. P. GRI, Val Colvera, cit., pp. 207-208.

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possessione attraverso maleficio, dall'altro assolvono la funzione primaria di difesa dellacomunità, un tempo elementi costitutivi dei benandanti. Le confessioni delle posseduterisultano comparabili alle confessioni dei benandanti e rapportabili in maniera esclusiva allivello di integrazione sociale della comunità. In quanto entità collettiva le possedutepromuovono la coesione e rinsaldano al contempo il senso di identità del gruppo sociale, inquanto invece individui singoli esse danno rilievo e forniscono risoluzione ai conflitti internidei membri della comunità39.

All'interno della prospettiva multidisciplinare odierna adottata per una lettura storicadella stregoneria e della sua persecuzione, la ricerca mette in evidenza due temi: laconnessione della credenza nella stregoneria e nella possessione diabolica attraversomaleficio con la sventura, la connessione di tale credenza con la conflittualità all'internodelle comunità di piccola scala.

Questi casi inquisitoriali pongono una serie di interrogativi inerenti l'organizzazione, lastruttura e il funzionamento del tribunale inquisitoriale friulano, la natura dei reati per iquali queste persone vennero imputate, la dinamica dei rapporti all'interno delle comunità divillaggio tra accusati ed accusatori, le funzioni della credenza nella stregoneria, permettendoin altre parole lo studio delle diversità culturali, della cultura popolare, attraverso i fenomenidei delitti in materia di fede durante l'età moderna. La coerenza temporale e l'omogeneitàgeografica all'interno delle quali queste vicende giudiziarie ed umane sono collocate, purconsiderando e salvaguardando l'indipendenza e la peculiarità di ogni singolo caso40,consentono il confronto documentario, evidenziando affinità che lasciano trasparire qualcheinformazione in più riguardo all'Inquisizione in Friuli, alla natura della credenza nellastregoneria e nella possessione attraverso stregoneria, al funzionamento delle relazionisociali all'interno dei villaggi di Maniago, Frisanco, Andreis, Barcis, Spilimbergo e comunitàcirconvicine nel Friuli del XVII secolo41.

39 R. ROWLAND, «Fantasticall and Devilshe», cit., pp. 181-190.40 Sull'importanza della «storia per casi», sul «controllo severo delle fonti» e parimenti sul non rifiuto aprioristicodella «storia per grandi numeri»: A. PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 30-31; S. PEYRONEL RAMBALDI, Podestà einquisitori nella montagna modenese. Riorganizzazione inquisitoriale e resistenze locali (1570-1590), in A. DEL COL -G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 203-231.41 Ricordo indicativamente solo alcuni degli studi più recenti sulle comunità in esame: F. BIANCO, Contadini, sbirrie contrabbandieri nel Friuli del '700. Le comunità di villaggio tra conservazione e rivolta (Valcellina e Valcolvera),Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, 1989-90; N. CANTARUTTI (a c. di), "Commun di Frisanco". Frisanco - Poffabro -Casasola, edito dal Comune di Frisanco, 1995; N. CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di), Spilimbèrc, 61°Congresso - 23 settembre 1984 Società Filologica Friulana, Udine, Società Filologica Friulana, 1984; R. DELLAVALENTINA, Storia e origini di Cavasso Nuovo (in origine Fanna di Sopra o Cavasso), Maniago, 1988; P. GOI (a c. di),Meduno. Memorie e appunti di storia, arte, vita sociale e religiosa, Meduno, 1991; C. G. MOR (a c. di), Maniago. Pieve,Feudo, Comune, Maniago, Comitato per il Millenario 981-1981, 1981; G. ROSA, La villa e la valle di Andreis. Cennistorici e documenti inediti di storia locale spesso collegati alla storia dei paesi vicini, Pordenone, Cosarini, 1966.

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I

STRUTTURA E FUNZIONAMENTODELL'INQUISIZIONE ROMANA IN FRIULI

L'Inquisizione venne riorganizzata in Italia poco prima del Concilio diTrento. Il 21 luglio 1542 Paolo III istituì la Sacra Congregazionedell'Inquisizione romana e universale, altrimenti detta Sant'Ufficio, tramite labolla Licet ab Initio1. Tale Congregazione assunse una forma più completa nel

1 Sebbene la nomina papale sia datata 4 luglio, essa venne formalizzata ufficialmente soltanto il 21 dello stessomese: L. VON PASTOR, Storia dei papi, Roma, Desclée, 1914, pp. 673-674. Tuttavia anteriormente alla bolla diPaolo III vi erano stati numerosi documenti pontifici che avevano evidenziato la necessità «di rivitalizzarel'Inquisizione e di adeguarla al compito della lotta contro l'emergenza luterana. Tali sono per esempio le bolle dinomina di commissari speciali forniti di pieni poteri e incaricati di percorrere l'Italia per combattere la diffusione diidee ereticali»: A. PROSPERI, Per la storia dell'Inquisizione romana, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di),L'Inquisizione romana in Italia nell'età moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche, Atti del seminariointernazionale. Trieste, 18-20 maggio 1988, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per ibeni archivistici, 1991, p. 51.Per alcuni degli studi più rilevanti sull'Inquisizione romana: A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizioneromana, cit.; A. BORROMEO, Contributo allo studio dell'Inquisizione e dei suoi rapporti con il potere episcopalenell'Italia spagnola del Cinquecento, in Annuario dell'Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea, XXIX-XXX, 1977-1978, pp. 219-76; ID., The Inquisition and Inquisitorial Censorship, in Catholicism in Early ModernHistory: A Guide to Research, St. Louis, Center for Reformation Research, 1988, pp. 253-272; R. CANOSA, Storiadell'Inquisizione in Italia dalla metà del Cinquecento alla fine del Settecento, Roma, Sapere 2000, 1986-1990; N. S.DAVIDSON, Chiesa di Roma ed Inquisizione veneziana, in Città italiane del '500 tra Riforma e Controriforma, Atti delConvegno Internazionale di Studi, Lucca 13-15 ottobre 1983, Lucca, Pacini Fazzi, 1988, pp. 283-292; ID., IlSant'Uffizio e la tutela del culto a Venezia nel '500, in Studi veneziani, VI, 1982, pp. 87-101; ID., Rome and theVenetian Inquisition in the Sixteenth Century, in Journal of Ecclesiastical History, 39, 1988, pp. 16-36; ID., Trainingand Power: the Careers of Italian Inquisitors in the Sixteenth Century, in A. NOVINSKY (ed.), Proceedings of theInternational Congress on the Inquisition (São Paulo); J. P. DEDIEU, L'Inquisizione, Cinisello Balsamo, EdizioniPaoline, 1990; A. DEL COL, L'Inquisizione romana e il potere politico nella Repubblica di Venezia (1540-1560), inCritica storica, XXVIII, 1991, pp. 189-250; ID., Organizzazione, composizione e giurisdizione dei tribunalidell'Inquisizione romana nella Repubblica di Venezia (1500-1550), in Critica storica, XXV, 1988, pp. 244-294; L.FUMI, L'Inquisizione romana e lo Stato di Milano. L'età della Riforma cattolica (1559-1630), in Archivio storicolombardo, XII, 1910, pp. 5-24, 285-414; XIV, 1911, pp. 142-220; P. F. GRENDLER, L'Inquisizione romana el'editoria a Venezia (1540-1605), Roma, Il Veltro, 1983; S. HALICZER (ed.), Inquisition and Society in early modernEurope, London, Croom Helm, 1987; S. HALICZER - J. TEDESCHI, Faith, Law and Dissent: The Inquisition in theEarly Modern World, An Exhibit Co-sponsored by the Northern Illinois University Libraries and the NewberryLibrary. October 10 - December 7, 1985, Chicago, The Newberry Library, 1985; A. JACOBSON SCHUTTE, Uninquisitore al lavoro: fra Marino da Venezia e l'Inquisizione veneziana, in I francescani in Europa tra Riforma eControriforma. Atti del XIII Convegno della Società internazionale di studi francescani (Assisi, 17-19 ottobre 1985),Napoli, Edizioni Scientifiche, 1987, pp. 165-196; H. C. LEA, Materials toward a history of witchcraft, New York-London, Yoseloff, 1957; ID., Storia dell'Inquisizione. Origine e organizzazione, Milano, Feltrinelli-Bocca, 1974; J.MARTIN, L'Inquisizione romana e la criminalizzazione del dissenso religioso a Venezia all'inizio dell'età moderna, inQuaderni storici, n.s., XXII, 1987, pp. 777-802; R. MARTIN, Witchcraft and the Inquisition in Venice 1550-1650,Abingdon, Blackwell, 1989; I. MEREU, Storia dell'intolleranza in Europa. Sospettare e punire. Il sospetto el'Inquisizione romana nell'epoca di Galilei, Milano, Mondadori, 1979; E. W. MONTER - J. TEDESCHI, Toward aStatistical Profile of the Italian Inquisition, Sixteenth to Eighteenth Centuries, in G. HENNINGSEN - J. TEDESCHI inassociation with C. AMIEL (ed.), The Inquisition in Early Modern Europe. Studies on Sources and Methods, Dekalb,Illinois, Northern Illinois University Press, 1986, pp. 130-157; P. PASCHINI, Venezia e l'Inquisizione romana daGiulio III a Pio IV, Padova, 1959; E. PETERS, Inquisition, Berkeley-Los Angeles, University of California Press, 1989;A. PROSPERI, L'Inquisizione in Italia, in M. ROSA (a c. di), Clero e società in età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1992;ID., L'Inquisizione: verso una nuova immagine?, in Critica storica, XXV, 1988, pp. 119-145; ID., Tribunali dellacoscienza: inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi, 1996; B. PULLAN, The Jews of Europe and theInquisition of Venice 1550-1670, Oxford, Blackwell, 1983; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe nell'Italia dellaControriforma, Firenze, Sansoni, 1990; S. SEIDEL MENCHI, Inquisizione come repressione o Inquisizione comemediazione? Una proposta di mediazione, in Annuario dell'Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea,XXXV-XXXVI, 1983-1984, pp. 51-77; G. SIGNOROTTO, Storici e inquisizioni, in Storia della storiografia, 15, 1989,pp. 129-142; P. SIMONCELLI, Inquisizione romana e Riforma in Italia, in Rivista storica italiana, C, 1988, pp. 5-125;J. TEDESCHI, Appunti sulla «Instructio pro formandis processibus in causis strigum, sortilegiorum et maleficiorum, in

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1588 per opera di Sisto V, il quale, con la costituzione Immensa aeterni Dei,articolò la Curia in quindici stabili commissioni cardinalizie, ristrutturandoanche il governo centrale della Chiesa2.

La Congregazione inquisitoriale, concepita come misura straordinaria epertanto dotata di poteri eccezionali, era un consesso permanente compostoda un gruppo di sei cardinali con a capo il papa in persona e avevagiurisdizione su tutti i crimini connessi con la fede. Essa venne ricostituitain Italia con lo scopo principale di individuare, contrastare e reprimere ladiffusione delle eresie protestanti. Tale organo, che ben presto si inserì nellarealtà della penisola, si propose inoltre di ridefinire le competenze in materiadi delitti contro la fede e sottrasse il potere giurisdizionale ai tribunali laici evescovili che fino a quel tempo, a vario titolo, se ne erano occupati3. Lecompetenze territoriali del rinnovato tribunale ecclesiastico riguardavanotutta la cristianità, esclusi il Portogallo, la Spagna e il continente americano,in cui operavano Inquisizioni specifiche. Il Sant'Ufficio non si installò in tuttigli Stati italiani ma soprattutto non operò alla stessa maniera. Non èpertanto corretto parlare di una storia univoca dell'Inquisizione romana,bensì è preferibile uno studio delle varie Inquisizioni presenti in Italia4, aUdine, Venezia, Parma, Bologna, Milano, Napoli e così via, un'indagine Statoper Stato che indaghi i rapporti ed i conflitti tra le autorità politiche e quelleecclesiastiche, locali e centrali5.

Annuario dell'Istituto Storico Italiano per l'età moderna e contemporanea, XXXVII-XXXVIII, 1985-1986, pp. 219-241;ID., Inquisitorial Law and the Witches, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft.Centres and Peripheries, Oxford, Clarendon Press, 1990, pp. 87-88; ID., Preliminary Observations on Writings aHistory of the Roman Inquisition, in H. A. OBERMAN (ed.), Continuity and Discontinuity in Church History, Leiden,1979, pp. 232-249; ID., The Organization and Procedures of the Roman Inquisition: A Sketch, in A. ALCALÀ (ed.), TheSpanish Inquisition and the Inquisition Mind, Highland Lakes, N. J., 1987, pp. 187-215; ID., The Prosecution ofHeresy. Collected Studies on the Inquisition in Early Modern Italy, Binghamton, New York, Medieval and RenaissanceTexts and Studies, 1991.2 La preoccupazione repressiva della gerarchia ecclesiastica si era espressa due anni prima, tramite la bolla papaledel medesimo Sisto V «Coeli et terrae Creator», contro coloro che esercitano l'arte dell'astrologia giudiciaria e qualunquealtra sorta di divinazioni, sortilegi, strigarie, incanti, non solo con l'ampliamento delle competenze inquisitoriali inmateria di astrologia e magia colta e con il connesso aggravamento delle pene contro quei crimini, ma anche conl'attribuzione di tutte le cause di superstizioni (semplici ed ereticali) ai tribunali inquisitoriali e la relativa perdita dicompetenze e delegittimazione dei tribunali vescovili in materia di superstizioni semplici: G. ROMEO, Inquisitori,esorcisti e streghe, cit., pp. 96, 176, 185, 250-252; P. ZAMBELLI, L'ambigua natura della magia. Filosofi, streghe, ritinel Rinascimento, Milano, Il Saggiatore, 1991, pp. 158-159. Riguardo alle ampie problematiche della magiarinascimentale (astrologia, magia, alchimia, medicina umanistica, divinazione, stregoneria, ermetismo) ed al suostatuto ambiguo, si veda lo studio (e la relativa bibliografia) dell'autrice appena citata.3 La Congregazione romana del Sant'Ufficio divenne così al tempo medesimo un nucleo e un mezzo di forza edautorità. «Ora la questione è se il riassetto dell'Inquisizione e la sua crescita furono dovute all'efficacia di quellabattaglia antiereticale o se il rapporto non vada rovesciato: l'Inquisizione romana poté svolgere una vasta azione dicontrollo antiereticale perché aveva acquisito per conto suo un potere straordinario radicandosi durevolmente nelsistema di governo ecclesiastico ... fu proprio all'interno e al vertice della Chiesa che il Sant'Ufficio si rivelòstrumento versatile di potere. ... La costituzione di un centro di potere sottratto alle istituzioni del governoordinario e coperto dal segreto modificò sostanzialmente le regole del gioco. [...] Che la Congregazione delSant'Ufficio si vedesse riconosciuta la preminenza su tutte le altre sanciva la funzione duplice di quell'organismo:supremo controllore della fede da un lato, strumento privilegiato del potere accentratore del papato dall'altro». A.PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 19, 53, e n. 37 a p. 19.4 A. DEL COL, L'Inquisizione romana, cit., p. 190; A. PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 36-40. A testimonianza di ciòil fatto che nella Repubblica di Lucca, ad esempio, non ci fu un tribunale dell'Inquisizione: S. ADORNI BRACCESI,Una città infetta. La Repubblica di Lucca nella crisi religiosa del '500, Firenze, Olschki, 1994 (e la bibliografia ivicitata); EAD., La Repubblica di Lucca e l'«aborrita» Inquisizione: istituzioni e società, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c.di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 233-62.5 «La grande varietà formale delle istituzioni giudiziarie che vanno sotto il nome di Inquisizione romana mostraquanto fosse difficile, anche nei deboli Stati italiani, imporre un tribunale sovrastatale ed ecclesiastico della fede

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Nei tribunali italiani del Sant'Ufficio agiva un inquisitore, ossia ungiudice pontificio con autorità delegata dal papa. L'inquisitore, pur essendodotato di una relativa autonomia, era tuttavia tenuto a riferire allaCongregazione romana i casi controversi e importanti. Venne così adinstaurarsi un intenso rapporto tra la Congregazione e i tribunali delle sedidecentrate sotto forma di corrispondenza epistolare, che mostra come fucostituita una vera e propria rete di controllo da parte di Roma6.

La riorganizzazione dei tribunali inquisitoriali si ebbe nelle due diocesidella Patria del Friuli intorno alla metà del XVI secolo7. Solo nel 1575 laCongregazione romana decise di attribuire ad un unico inquisitore lagiurisdizione sulle due diocesi di Aquileia e di Concordia8. Le zone delPatriarcato sotto l'Austria, la Carinzia, la Stiria, Gorizia, la Carniola,riuscirono tuttavia ad evitare tale sorveglianza9.

L'inquisitore aveva sede a Udine, nel convento di San Francescointeriore. Nonostante l'esistenza di una dimora fissa spesso egli si muovevaper andare nei villaggi ad interrogare sospetti e testimoni, in maniera tale daagevolare le indagini e stringere i tempi. In sua assenza era il vicariogenerale del Sant'Ufficio a farne le veci. Il primo atto ufficiale, successivoall'insediamento dell'inquisitore, consisteva nell'emanazione di un editto,attraverso il quale invitava la popolazione a denunciare, nel termineperentorio di sei giorni, eventuali crimini o atti contrari alla fede cristiana deiquali chiunque fosse venuto a conoscenza, o che fossero stati commessi inprima persona. Tale documento, affisso sulle porte di tutte le chiese della

costruito secondo un modello unico». EAD. (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., p. 64.6 Tra il 1570 ed il 1580 il Sant'Ufficio organizzò «al meglio una rete di rigorosi controlli sulle attività dei tribunalilocali» e perfezionò «il sistema definitivo di relazioni fra tribunale centrale e giudici ecclesiastici locali», anche se ilcontrollo centrale si fece più stringente ed efficace a partire dagli anni '90, successivamente alla pubblicazionedella bolla Coeli et terrae di Sisto V nel 1586: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., particolarmente le pp.27-32, 35-37, 176-183. A partire dal 1578 inoltre il Sant'Ufficio friulano mantenne una fitta e costantecorrispondenza epistolare con la Congregazione centrale di Roma: AAUD, S. Officio, b. 64, Copia Epistolarum S. C.S. Officii 1578-1750; Ivi, b. 65, Copia Epistolarum P. P. Inquisitorum ad S. C. S. Officii 1629-1767.7 Oltre ai già citati studi sull'azione dell'Inquisizione romana in Friuli: A. BATTISTELLA, Brevi note sul Sant'Officio esulla Riforma in Friuli, Udine, 1903; ID., Il Sant'Officio e la riforma religiosa in Friuli. Appunti storici documentati,Udine, Gambierasi, 1895; L. DE BIASIO - M. R. FACILE (a c. di), 1000 processi dell'Inquisizione in Friuli dal 1551 al1647, Villa Manin di Passariano (UD), Centro Regionale di Catalogazione dei Beni Culturali del Friuli VeneziaGiulia, 1976; ID., I processi dell'Inquisizione in Friuli dal 1648 al 1798, Villa Manin di Passariano (UD), CentroRegionale di Catalogazione dei Beni Culturali del Friuli Venezia Giulia, 1978; A. DEL COL, L'abiura trasformata inpropaganda ereticale nel duomo di Udine (15 aprile 1544), in Metodi e ricerche, n.s., II, 2-3, 1981, pp. 57-72; ID.,Shifting Attitudes in the Social Environment toward Heretics. The Inquisition in Friuli in the Sixteenth Century, inKetzerverfolgung im XVI. und im frühen XVII. Jahrhundert, Vorträge gehalten anlässlich eines Arbeitsgesprächs von1. bis 5. Oktober 1989 in der Herzog August Bibliothek Wolfenbüttel, in Gemeinschaft mit H. R. Guggisberg undB. Moeller herausgegeben von S. Seidel Menchi, Wiesbaden 1992, pp. 65-86; G. PAOLIN, Inquisizione e confessorinel Seicento in Friuli: analisi di un rapporto, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 175-87; P. PASCHINI, I vicari generali della diocesi di Aquileia e poi di Udine, Vittorio Veneto, 1958, pp. 23-25; M.SARRA, Distribuzione statistica dei dati processuali dell'Inquisizione in Friuli dal 1557 al 1786. Tecniche di ricerca erisultati, in Metodi e ricerche, n.s., VII, 1, 1988, pp. 5-31.8 A. DEL COL, La storia religiosa del Friuli nel Cinquecento. Orientamenti e fonti, I, Metodi e ricerche, n.s., I, 1982, 1,p. 72.9 Principalmente per questo motivo «il papa nominò dapprima il servita Francesco Berni come informatoredell'Inquisizione centrale» su quei territori, per creare successivamente un vero e proprio tribunale congiurisdizione sui territori di Trieste, Gorizia e Gradisca: L. DE BIASIO - M. R. FACILE (a c. di), 1000 processi, cit., p.91. Ancora su questo aspetto: L. DE BIASIO, Esecuzioni capitali contro le streghe nel Friuli orientale, MemorieStoriche Forogiuliesi, LVIII, 1979, pp. 147-158; M. ROMANELLO, Culti magici e stregoneria del clero friulano (1670-1700), Lares, 3-4, 1970, pp. 341-371.

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città e reso noto attraverso la diocesi, aveva il fine di spingere gli abitanti alladelazione. La promulgazione dell'editto divenne una delle maniere per mezzodelle quali poteva avere inizio l'attività inquisitoriale. La procedurainquisitoria10 consentì non solo ai membri di una comunità di denunciare unsospetto all'autorità giudiziaria, ma anche e soprattutto ai giudici di fede dicitare in giudizio essi stessi un potenziale reo, sull'unica base delleinformazioni che essi avevano raccolto dalla gente comune. Il nuovo sistemadunque non escluse affatto che l'azione penale fosse iniziata da unaccusatore privato11, la procedura inquisitoria eliminò unicamente l'obbligoper l'accusatore di dimostrare le accuse e l'azione penale divenne cosìappannaggio esclusivo del giudice inquisitoriale. Le maniere per dare inizioad una causa legale erano sostanzialmente due: per iniziativa diretta deglistessi giudici, sulla base della fama comunemente diffusa o per mezzo delleinformazioni raccolte grazie alla promulgazione di un editto, oppure periniziativa di privati, tramite denunce dirette e circostanziate12.

Una novità ulteriore consistette nella ufficializzazione del procedimentopenale in tutti i suoi gradi. Il giudice di fede ebbe il compito di indagare estabilire la colpevolezza o meno dell'imputato. L'interrogatorio, sia dellapersona incriminata che dei testimoni, assunse un carattere di segretezza,mentre le deposizioni vennero verbalizzate per iscritto sul momento e riletteall'imputato affinché le confermasse. Il procedimento da privato divenneufficiale, evolvendosi verso una razionalizzazione soprattutto dell'apparatolegale. Il passaggio dal sistema accusatorio a quello inquisitorio, se da unlato incrementò non solo il numero dei procedimenti ma anche quello delledelazioni13, non solo per delitti contro la fede, dall'altro espose gli individuiad accuse fraudolente, false e precostruite per fini essenzialmente politici o 10 Diversi erano i testi ecclesiastici medioevali che fondavano il diritto canonico e con esso la procedurainquisitoria. Per ricordarne solo alcuni: 1234, le Decretali di Gregorio IX; 1298, il Libro VI di Bonifacio VIII, nonchéle Estravaganti, vale a dire le decretali non rientranti nelle raccolte note; 1326, la bolla Super illius specula diGiovanni XXII. Sulle innovazioni giuridiche e legali ed in particolare sul passaggio dal sistema accusatorio allaprocedura inquisitoria si vedano, per tutti, i seguenti studi: B. LENMAN - G. PARKER, The State, the Communityand Criminal Law in Early Modern Europe, in V. A. C. GATRELL - B. LENMAN - G. PARKER (ed.), Crime and theLaw, London, 1980, pp. 11-48; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 74-109; M. R. WEISSER, Criminalità erepressione nell'Europa moderna, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 49-63, 81-94.L'intensità elevata dei procedimenti per stregoneria nell'Europa moderna, o anche solo delle denunce, va connessaad una «serie di innovazioni giuridiche introdotte fra il XIII e il XVI secolo»: l'adozione del sistema inquisitorio, l'usoindiscriminato della tortura, la giurisdizione dei tribunali laici in materia di stregoneria, l'indipendenza operativadei tribunali periferici. Tuttavia in Italia, così come in Spagna e Portogallo seppure in maniera differente, l'utilizzodella tortura fu particolarmente limitato, così come lo fu anche la giurisdizione civile di tale crimine; inoltre itribunali inquisitoriali locali non godettero di una grande autonomia, bensì furono costretti a sottostare al controllocentrale romano. B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit. In relazione all'assenza di studi specifici sull'utilizzo e lafrequenza della tortura nei procedimenti giudiziari dell'Inquisizione romana: A. DEL COL (a c. di), DomenicoScandella detto Menocchio. I processi dell'Inquisizione (1583-1599), Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, 1990, pp.XCIX, CXXI n. 197.11 Nella Repubblica di Lucca, dopo che il 12 maggio 1545 venne istituita una magistratura chiamata Offizio soprala religione al fine di evitare ingerenze inquisitoriali, «la legge prevedeva che il delatore, il cui nome dovevarimanere segreto, guadagnasse la quarta parte dei beni confiscati al reo»: S. ADORNI BRACCESI, La Repubblica diLucca, cit., pp. 244-245.12 Non solo la denuncia si rivelò il mezzo più efficace per denunciare i rei sospetti, ma addirittura nella grandemaggioranza dei casi fu proprio la delazione altrui a costituire il motore primo dell'azione giudiziaria: I. MEREU,Storia dell'intolleranza, cit., pp. 194-200.13 «Così a tutti i cristiani si insegnava che non solo era loro stretto dovere contribuire allo sterminio degli eretici,ma venivano spinti senza scrupolo alcuno a denunziarli alle autorità, non badando a considerazioni né umane nédivine»: H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit., p. 118.

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comunque di interesse personale. Tuttavia è un dato concreto che la Chiesaromana adottò in età moderna queste nuove procedure giudiziarie perreprimere principalmente le eresie protestanti. Il crimine di eresia nondanneggiò direttamente nessun individuo, non vi furono soggetti lesi dipersona e nessuno chiese la condanna di un eretico allo scopo di essererisarcito per eventuali danni subiti concretamente. L'unica maniera efficacedunque per ottenere la punizione di tali criminali fu stimolare la denunciaoppure l'iniziativa d'ufficio. Streghe e stregoni, al pari degli eretici, godetteromolto spesso di una reputazione pessima datata e consolidata all'internodella comunità di villaggio, in tal senso essi poterono venire accusatidirettamente dalle proprie vittime o da qualcuno che stava loro vicino. Inquest'ottica il sistema inquisitorio tese a deresponsabilizzare il delatore, ilquale non faceva altro che accusare chi lo aveva ingiustamente danneggiatoin maniera tangibile o comunque verificabile. Il precedente sistemaaccusatorio invece si era rivelato pericoloso da questo punto di vista, dalmomento che chi incriminava indebitamente qualcuno per un qualsiasi reatopoteva subirne le conseguenze, rischiando di venire punito per l'accusainfondata14.

Ma la nuova procedura, oltre ad aumentare il numero di denunce,processi e imputati, e così di condanne potenziali, d'altro canto tese asalvaguardare l'incolumità degli accusati. Il procedimento penale infatti subìun decremento della propria efficacia, strettamente connessa soprattutto alcriterio probatorio. Il sistema inquisitorio assunse un principio divalutazione piuttosto rigoroso e selettivo, che tese ad acquisire ed esaminarele prove con estrema attenzione e severità15. Il criterio probatorio adottatoderivava direttamente dalla normativa del diritto romano-canonico econsisteva in due componenti fondamentali: la deposizione di due testimonidiretti e la confessione dell'imputato stesso16. Queste erano le uniche proveche potevano portare alla condanna dell'imputato. Ora però non tutti itribunali, laici17 o ecclesiastici, si attesero scrupolosamente a tali direttive. Il 14 Il reato di falsa testimonianza veniva di solito perseguito con durezza, in alcune situazioni addirittura con lapena di morte. La severità della sanzione era maggiore se la testimonianza avveniva all'interno di un procedimentocriminale ed il teste mendace poteva essere assogettato alla medesima pena dell'imputato. Da tale rischio tuttavianon fu esente nemmeno la procedura inquisitoria, come attestano le punizioni di chi testimoniò il falso collocatetemporalmente tra 1567 e 1594: F. ALBIZZI, Risposta all'historia della Sacra Inquisitione composta già dal R. P. PaoloServita... Edizione seconda corretta... [Roma, 1678], p. 336.15 L'Inquisizione romana «era un tribunale particolarmente severo, come sostengono alcuni, o era invece unmodello di moderazione?». A questa domanda J. Martin risponde che «allo stato odierno delle ricerche non si puòdare una risposta complessiva»; essa «era "policentrica", con tribunali non soltanto nelle città dello Stato dellaChiesa, ma anche altrove, nelle repubbliche e nei ducati, al sud e al nord della penisola [...] gli studiosi di oggisono in disaccordo: alcuni scrivono di "ondate di repressione", mentre altri sottolineano la moderazione delSant'Ufficio a Venezia» e nelle terre del Dominio. J. MARTIN, Per un'analisi quantitativa dell'Inquisizione veneziana,in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 145-146, e n. 8 p. 146.16 «La verità è nascosta; deve essere rivelata. Riconoscere la verità della propria colpa è un passaggio necessarioper la redenzione del colpevole. La sua confessione, pubblica e solenne se necessario, è il risarcimentoindispensabile alla verità offesa dall'eresia; grazie a questo risarcimento, si adempie all'obbligo della restitutio di ciòche è stato leso e si agevola il ritorno alla vera fede di coloro che sono stati indotti nell'errore. Ecco perché laconfessione del reo è necessaria». A. PROSPERI, Per la storia, cit., p. 43.17 B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 91-100. L'obbligo del potere temporale a reprimere l'eresia, sottopena per il funzionario che non obbedisse a essere perseguito per il medesimo crimine, obbedendo così alledirettive ecclesiastiche, venne stabilito a partire fin dall'epoca medioevale: H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit.,pp. 115-118.

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crimine di stregoneria fu per definizione un reato che comportava una seriedi difficoltà: raramente infatti vi erano testimoni oculari che potevanoaffermare di avere visto un individuo attuare concretamente un maleficio,ancora più complicato il caso del delitto di stregoneria strettamenteconnesso con l'eresia. Gli unici individui che potevano testimoniare sullarealtà delle attività malefiche o diaboliche di streghe e stregoni erano ipresunti complici dei sabba, anche se in Italia già dagli ultimi decenni delXVI secolo la validità probatoria di tali confessioni andò via via diminuendo18.Inoltre in molte zone dell'Europa la tortura giudiziaria, o la minaccia dellastessa, vennero utilizzate per estorcere confessioni o informazioni. Tuttaviain Italia ed in Friuli si fece pochissimo uso di tali strumenti coercitivi, questograzie al controllo ed alla supervisione della Congregazione romana da unlato e del governo di Venezia dall'altro.

L'inquisitore delle diocesi di Aquileia e Concordia, come del resto quellidelle altre sedi periferiche19 sparse sul territorio italiano, espletava la propria

Riguardo all'atteggiamento dei tribunali laici nella persecuzione del crimine di stregoneria: B. P. LEVACK, La cacciaalle streghe, cit., pp. 74-107; R. MANDROU, Magistrati e streghe nella Francia del Seicento. Un'analisi di psicologiastorica, Roma-Bari, Laterza, 1979, pp. 133-135, 202-203; E. W. MONTER, Riti, mitologia e magia in Europa all'iniziodell'età moderna, Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 71-72; H. R. TREVOR ROPER, La caccia alle streghe in Europa nelCinquecento e nel Seicento, in ID., Protestantesimo e trasformazione sociale, Roma-Bari, Laterza, 1977.18 G. Romeo rileva che fu solo a partire dal 1588 che l'atteggiamento della Congregazione del Sant'Ufficio, permezzo di «più precisi contenuti giuridici» e di «un orizzonte di sensibilità più decisamente scettico» condusse aduna parziale depenalizzazione del sabba, in particolare per quanto riguardava le confessioni di persone presentialle conventicole diaboliche considerate inattendibili contro terzi, perché riguardanti crimini dubbi epotenzialmente illusori. Per quanto concerne la «specificità della situazione italiana» non vanno applicati «schemivalidi altrove». Infatti «le nuove testimonianze invitano a scavare anzitutto negli aspetti giuridico-procedurali dellamoderazione del Sant'Ufficio romano. A cominciare dal divieto di procedere contro i complici del sabba, cheappare, ancor più dell'uso moderato della tortura e della riluttanza alle esecuzioni capitali, la misura più specificae più gravida di conseguenze tra tutte quelle adottate nel tardo '500 per arginare gli abusi nella repressione dellastregoneria». Di più Romeo fa riferimento ad un ipotetico «accordo complessivo sul processo di stregoneriaraggiunto nel 1588», affermando che «nel 1588 l'introduzione del divieto di procedere contro i complici del sabba»era «stata controbilanciata da un ampliamento della giurisdizione inquisitoriale in ambito di maleficio, ivicompresa la facoltà per i tribunali di fede di disporre la pena capitale, in caso di morte dell'affatturato». Infine,partendo da un confronto con la situazione inglese, dove la progressiva distruzione dell'apparato protettivomedioevale aveva causato un incremento delle denunce per stregoneria, l'autore ipotizza che in Italia possa essereavvenuto proprio l'opposto. «Le autorità dell'Inquisizione romana evitarono una persecuzione sanguinosa dellastregoneria, non solo perché non erano convinte sino in fondo della realtà della setta delle streghe e dei lorocrimini, ma anche perché, soprattutto nel tardo '500, sapevano di poter contare sulla rinnovata presenza di unsofisticato apparato protettivo, a cominciare ... dall'attività antidiabolica per eccellenza, l'esorcismo. Lamoderazione dell'Inquisizione romana verso le streghe sarebbe figlia, oltre che della centralizzazione, delleincertezze teoriche e del garantismo procedurale, della Controriforma che avanza, esaltando gli aspetti protettivipiù tradizionali della vita religiosa». Inoltre «la scarsa aggressività della Chiesa contro le streghe è un datopreesistente agli interventi moderatori delle massime autorità dell'Inquisizione ... Si trattava di una tradizione discetticismo radicata, che non era mai venuta meno». La situazione italiana è pertanto specifica e propone «unsofisticato, flessibile modello di repressione delle pratiche magico-diaboliche». G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti estreghe, cit., pp. 3-108, 166-168, 247-274, in particolare le pp. 60, 65, 95-96, 167, 271-272.19 Il più delle volte la persecuzione di streghe e stregoni venne condotta da parte di magistrati, laici o ecclesiastici,appartenenti a giurisdizioni locali, a tribunali subordinati di regioni, contee, province, città, vescovadi, diocesi,villaggi. La repressione risultò in tali casi più cruda, nel senso che i giudici delegati operarono con una solerzia perlo più direttamente proporzionale all'autonomia ed indipendenza giudiziaria che avevano nei confronti del poterepolitico centrale. Essi «si mostravano solitamente molto più zelanti nel processare le streghe di quanto non fosserole autorità centrali, e nei casi in cui erano lasciati liberi di agire, in generale, condannavano a morte più streghe diquando non erano strettamente sottoposti al controllo dei loro superiori gerarchici». Se in Germania ildecentramento politico e giudiziario favorì una tendenza alla nascita di «entità politiche relativamente autonome»,sia laiche che ecclesiastiche, ciascuna delle quali con i propri tribunali, che non dovevano sottostare ad alcuncontrollo giudiziario centrale, favorendo cosi una persecuzione sistematica del crimine di stregoneria, in Spagna lasituazione fu differente. Se anche lo Stato iberico, come quello germanico, partì da una posizione parzialmentesimile, di decentramento politico, tuttavia a livello giudiziario le cose furono nettamente differenti. La Spagnainfatti era dotata «di un'istituzione giudiziaria altamente centralizzata», vale a dire l'Inquisizione spagnola, la quale

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attività con la collaborazione di altri giudici e funzionari. Per ciò checoncerne il tribunale friulano, esso risultava composto20, in seduta plenaria,dall'inquisitore, dal vescovo della diocesi o dal patriarca, in alcuni casiquest'ultimo veniva sostituito dal suo vicario, da un funzionario laico inrappresentanza del governo veneziano (il luogotenente oppure un suosostituto21, o ancora il rettore locale). Il magistrato veneziano assisteva a ognistadio del processo penale, assicurava con la propria presenza la regolaritàdella procedura contro il presunto reo ed aveva inoltre il dovere di inviare aVenezia i verbali delle cause più importanti. Nonostante la Congregazioneromana si opponesse a tale normativa, all'interno dei tribunali inquisitorialicollocati nel Dominio di Venezia, la Serenissima esigeva la presenza di unproprio rappresentante appositamente richiesto dal Consiglio dei Dieci, la cuipresenza venne accettata dalla Santa Sede solo dopo una lunga diatriba22.

esercitava «il controllo sopra la maggior parte dei processi per stregoneria». Organizzata in ventuno tribunalisubordinati alla Corte Suprema, il tribunale centrale con sede a Madrid, essa applicava con rigore un serie dinorme procedurali che tendevano a salvaguardare l'incolumità degli imputati. In Italia, dove la penisola risultavaframmentata politicamente dalla presenza di una moltitidine di Stati, Staterelli, Ducati e così via, i vari tribunaliinquisitorali sparsi all'interno di essi risultavano sottoposti alla Congregazione centrale di Roma, pur nellavariabile autonomia di ciascuno Stato ospitante, dipendente di volta in volta dai diversi rapporti di forza. Tuttavia«non sempre le autorità centrali esercitarono un'influenza moderatrice sul fenomeno della caccia alle streghe ... Manella maggior parte dei casi le autorità centrali agirono come agenti neutrali rispetto al fenomeno della caccia allestreghe, ovvero addirittura vi imposero qualche limitazione ... L'impulso reale » alla persecuzione «veniva dallaperiferia, non dal governo centrale»». Sulla struttura in tribunali locali: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.,pp. 100-107. Sull'Inquisizione spagnola mi limito ad indicare: B. BENNASSAR, Storia dell'Inquisizione spagnola dalXV al XIX secolo, Milano, 1980.20 A. BATTISTELLA, Il S. Officio, cit., p. 45; L. DE BIASIO - M. R. FACILE (a c. di), 1000 processi, cit., pp. 86-88; L.DE BIASIO, L'eresia protestante in Friuli nella seconda metà del secolo XVI, Memorie Storiche Forogiuliesi, LII, 1972,p. 82; M. ROMANELLO, Culti magici, cit., p. 345.21 Così nel procedimento inquisitoriale che nel 1644 si apre a Spilimbergo contro Marcolina Stella, l'alloraluogotenente generale della Patria del Friuli Andrea Bragadino, per mezzo di una lettera datata 13 settembre 1644,ordinò ad uno dei consorti del luogo di assistere in sua vece al processo a carico della donna e di riferire ogninotizia in proposito. Da quel giorno in poi infatti il conte Enea di Spilimbergo fu parte integrante della commissioneinquisitoriale volta all'escussione dei testi. AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Andrea Bragadino ai consorti diSpilimbergo, Udine, 23 settembre 1644, c. 5r.22 Il 22 aprile 1547 il Consiglio dei Dieci, vale a dire il massimo organo di governo della Serenissima, stabilì che aVenezia al procedimento assistessero anche tre magistrati secolari, i «Tre Savi sopra eresia». Contro tale normativa,contraria al diritto canonico, il quale stabiliva l'obbligo dell'assenza di funzionari laici dalle proprie cause legali, siscagliò il Sant'Ufficio richiedendo la stretta osservanza del proprio ordinamento, che inoltre disponeva la presenzadi tali funzionari esclusivamente all'esecuzione della sentenza. Il contrasto di competenze e giurisdizione nato cosìtra lo Stato Pontificio e Venezia trovò la sua soluzione mediante un compromesso, attraverso il quale laCongregazione centrale accettò la presenza dei tre magistrati laici ma solamente quali assistenti dell'inquisitore,del nunzio pontificio e del patriarca, senza dunque alcun intervento diretto nel procedimento inquisitoriale.Tuttavia «queste parole non corrispondono precisamente né alle intenzioni veneziane né ai termini da queste usati,che affidano ai deputati il compito di "inquirere contra gli heretici", di ammettere le denunce e di sollecitare gliecclesiastici alla formazione dei processi, ai quali saranno assistenti, "procurando che siano fatte le sentenzedebite" (termini terribilmente ambigui) e avvisando di ogni cosa il governo. I magistrati laici sono quindi un po'inquisitori, un po' assistenti, un po' controllori. [...] L'Inquisizione venne ad avere così una struttura mista,rispecchiante questo tipo di accordo-scontro: da una parte i giudici ecclesiastici, che rispondevano in ultimaistanza alla Santa Sede e dall'altra i tre deputati, che rispondevano al Consiglio dei Dieci». A. DEL COL,Organizzazione, composizione e giurisdizione, cit., pp. 269-270. Sull'istituzione della magistratura laica dei Tre Savisopra eresia si vedano per tutti i seguenti studi: ID., L'Inquisizione romana, cit., pp. 194, 203-206; P. F.GRENDLER, L'Inquisizione romana, cit., pp. 68-70; ID., The «Tre Savi sopra eresia», 1547-1605: a prosopographicalstudy, in Studi veneziani, n. s., 3, 1979, pp. 283-340; A. PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 61-62; B. PULLAN, TheJews of Europe, cit., p. 3. Sulla convivenza e i contrasti interni tra inquisitore, nunzio e patriarca, e con i trefunzionari laici contro l'eresia e, ancora in seguito, con l'auditore, si veda in particolare per Venezia: A. DEL COL,Organizzazione, composizione e giurisdizione, cit., pp. 247-279.Tuttavia il provvedimento in base al quale il governo veneto istituì a Venezia una magistratura laica formata da tresenatori non costituì «la prima decisione di inserire magistrati veneziani nel Sant'Ufficio, ma l'applicazione di unaprassi che si stava consolidando nella terraferma e il tentativo di concentrare il controllo a Venezia direttamentesotto l'autorità del Consiglio dei Dieci». Quest'ultimo infatti controllava l'attività inquisitoriale che si svolgeva nel

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Alle sedute plenarie partecipavano un notaio, che trascriveva i verbali delprocedimento, inoltre potevano venir chiamati dai giudici due dottori in leggedella città, e uno o più canonisti, esperti in diritto canonico, i qualiseguivano il processo e potevano dare il loro parere.

La procedura seguita era quella canonica. Se la denuncia venivaritenuta valida l'inquisitore dava il via al primo livello della causa, vale a direal procedimento informativo. Esso consisteva nella raccolta di notizie edindicazioni effettuata mediante l'interrogatorio di una serie di testimoni. Segli indizi risultavano sufficienti, si passava alla fase offensiva del processo. Ilreo veniva citato ed interrogato, a volte posto in carcere per evitarne la fuga oper indurlo a riconoscere i propri errori. Dopo uno o più costitutidell'imputato23, si procedeva con la fase difensiva del procedimentogiudiziario. Il sospetto poteva servirsi di un avvocato, nominato daltribunale, che tentava di dimostrarne la rettitudine morale, la buonareputazione oppure cercava di intaccare la credibilità delle testimonianze. Iltribunale consegnava al difensore copia dei verbali processuali, mondati daindicazioni che avrebbero potuto portare all'identificazione dei testi. In alcuni

dominio di terraferma attraverso i rettori, vale a dire i provveditori della città in cui il procedimento penale sisvolgeva. Essi, coadiuvati da due dottori in legge, avevano disposizioni ben precise, vale a dire partecipareattivamente alle cause giudiziarie conducendo i procedimenti penali e non assistendovi semplicemente, nonchéfare in modo tale che i processi più importanti venissero direttamente traslati a Venezia. ID, Organizzazione,composizione e giurisdizione, cit., p. 280; ID., L'Inquisizione romana, cit., pp. 201-206, 208, 211, 213.La disposizione del 1551 stabilì una normativa «secondo cui i rettori potevano partecipare ai processi comeassistenti e dovevano trovarsi almeno un giorno alla settimana con i giudici ecclesiastici; i vicari, inquisitori erettori potevano chiamare all'occorrenza dei dottori; i processi dovevano essere conclusi tutti nelle città principali.[...] I veneziani così ancora una volta imposero l'aspetto più rilevante delle loro scelte, la presenza diretta cioè deiloro magistrati, pur cedendo sulla questione dei dottori e dell'invio delle cause al governo. Tuttavia il Consiglio deiDieci, oltre agli accordi ufficiali, spedì ai rettori una lettera segretissima ribadendo istruzioni riservate già impartite... che comportavano il rinvio a Venezia dei processi più importanti e ordinando inoltre che, quando fosserorichiesti i dottori, i magistrati chiamassero come per proprio conto dei laici ed accettassero pure i dottoriecclesiastici eventualmente nominati da vescovi e inquisitori» (A. DEL COL, Organizzazione, composizione egiurisdizione, cit., p. 294). «Con questa decisione, che considerava i rettori come giudici inquisitoriali di pienodiritto e il vicario generale e l'inquisitore come assistenti o giudici collaterali, il Consiglio dei Dieci, per nullapreoccupato di rispettare le norme canoniche, non creava una nuova prassi, ma riprendeva di fatto la prassimedievale. Fin dal 1249 era esistita infatti a Venezia, in analogia con altre città italiane, una Inquisizione ducale,che aveva il diritto di procedere d'ufficio conto l'eresia, considerata un crimine pubblico, e questo sistema "misto disecolare e d'ecclesiastico" continuò anche in seguito» (ID., L'Inquisizione romana, cit., pp. 202-203). Tuttavia «dopoun primo periodo in cui i magistrati civili agirono in parte sullo stesso piano dei giudici ecclesiastici, emettendoanche sentenze, la loro presenza ai processi si precisò come assistenza» (ID., L'Inquisizione romana, cit., p. 231).«Quella della presenza di laici è la questione che la più tarda ottica giurisdizionalista del conflitto Stato-Chiesa hacaricato di implicazioni non giustificate. Non si trattava di opporre una legislazione statale in materia processualea una legislazione ecclesiastica né di evitare che i membri di uno Stato venissero giudicati da autorità di un altropotere esterno a quello. Si trattava più semplicemente di garantire ogni informazione al governo su quel cheemergeva dall'attività di quei tribunali. Per questo, i governi repubblicani ricorsero alla presenza di delegati laici,espressi dagli organi consiliari di governo cittadino. ... La presenza di membri laici caratterizzava le Inquisizioni diVenezia e di Genova ... Non era certo una variante di poco conto rispetto al modello romano di procedura. Nevenivano lese due caratteristiche fondamentali del processo inquisitoriale, la segretezza e l'esclusiva competenzaecclesiastica. Purtuttavia a Roma si erano accettate queste variazioni rispetto allo schema fondamentale per potercontare sulla collaborazione di quei governi. [...] La questione fondamentale era quella del rapporto tra l'autoritàcentrale del papa e le autorità costituite dei singoli corpi politici, all'interno dei quali la prima doveva farsiriconoscere. Era inevitabile che si procedesse per compromessi». A. PROSPERI, Per la storia, cit., pp. 61, 63.23 I costituti degli imputati hanno una funzione primaria e insostituibile nella delimitazione della gravità delcrimine commesso. A questo scopo essi risultano di gran lunga più rilevanti rispetto alle deposizioni dei testi,proprio perché determinanti e decisivi per stabilire la portata ed entità del delitto. In realtà i giudici agiscono conl'unico fine di acquisire la confessione circostanziata dell'imputato, compresa l'indicazione dei complici, provaprincipale di colpevolezza nel procedimento legale e giuridico. Per la differenza di funzione legale e procedurale trale deposizioni dei testimoni e i costituti degli imputati si veda: A. DEL COL (a c. di), Domenico Scandella dettoMenocchio, cit., p. XVI.

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casi l'accusato poteva decidere di difendersi da solo, magari per mezzo di unmemoriale, o ancora di rimettersi alla misericordia divina e alla clemenza deltribunale. Alla fine c'era la proclamazione della sentenza e l'eventuale abiura.Le pene comminate potevano essere salutari (preghiere, digiuni,pellegrinaggi, penitenze varie), pecuniarie, il bando, temporaneo o perpetuoda tutto o parte del territorio della Patria del Friuli, il carcere, temporaneo operpetuo, la galera, vale a dire il remo sulle galere veneziane, la condanna amorte, riservata ai recidivi o relapsi.

Uno dei modi attraverso cui i fedeli furono spinti a recarsi direttamentedall'inquisitore per riceverne l'assoluzione, oppure per rivelare ciò di cuierano venuti a conoscenza, fu l'ordine del proprio confessore. Lacomparizione spontanea24 è un tipo di procedimento giudiziario che siincontra con una certa frequenza specie negli atti inquisitoriali del '60025. Sitratta di una tipologia estremamente diversa da quella formale, con la qualetuttavia a volte può venire confusa26: i processi formali infatti risultanodiffusi soprattutto nel corso del '500 e sono generalmente più cospicui, perciò che concerne il numero delle carte, rispetto a quelli del periodosuccessivo.

Con la terminologia di «spontanea comparitio» si definisce una duplicemetodologia adottata dall'Inquisizione: la comparizione spontanea davantiall'inquisitore del reo, che accusava se stesso per i delitti di fede commessi27;la comparizione spontanea di testimoni in processi formali, che deponevanocontro altri. In questo secondo caso si tratta però di un processo formale,mentre solo nel primo caso si ha un processo sommario. Caratteristica diquesta procedura era la comparsa dell'imputato in prima persona, inmaniera individuale e praticabile in qualsiasi momento e luogo, a meno cheil comparente non fosse stato in precedenza denunciato per i medesimicrimini28, ma non erano escluse altre forme, come ad esempio l'invio di unparente o di lettere accompagnatorie29. La presentazione inoltre dovevaassumere una natura particolare, ossia un carattere di volontarietà, la scelta 24 A. DEL COL, Alcune osservazioni sui processi inquisitoriali come fonti storiche, in Metodi e ricerche, n.s., XIII, 1-2,1994, pp. 85-105; G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 175-187; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., pp.39, 190-199.25 Romeo colloca tra 1570 e 1590 la connessione organica tra «pratica della confessione sacramentale e praticadella delazione inquisitoriale», sebbene i trattati inquisitoriali ed i manuali per i confessori non prevedessero talebinomio: ID., Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 195-196.26 Il processo formale nella sua forma completa comprendeva la denuncia oppure l'avvio d'ufficio, le deposizioni deitestimoni, l'interrogatorio o i costituti dell'imputato, la difesa dello stesso, la sentenza finale con l'eventuale abiura.Tuttavia non fu raro che i processi formali si concludessero a livelli anteriori, a volte anche senza sentenza. E fuproprio a causa della brevità di alcuni di questi incartamenti che le due forme processuali rischiavano di essereconfuse. Pertanto seguirò l'uso proposto da A. Del Col che, al fine di evitare ambiguità ed equivoci, preferisceadottare una terminologia chiara e attuale, definendo questo particolare tipo di procedimento inquisitoriale come«processo sommario»: A. DEL COL, Alcune osservazioni, cit., p. 87.27 Si confrontino a questo proposito, per fare solo alcuni esempi, la denuncia per sortilegio e negromanzia controAurora Fabris, Anzola Guartarola e Bevegnuda Prosdocima da Meduno, e contro la Longa da Pasiano del 1605(AAUD, S. Officio, b. 46, fasc. 587) e la denuncia per sortilegio d'amore contro un illirico, tale Mattia Mosic di nonfissa dimora, del 1657 (Ivi, b. 41, fasc. 328).28 Romeo considera la necessarietà di questo requisito per poter godere dei benefici della nuova procedura: G.ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., p. 196. Tuttavia esiste almeno un caso documentato in base al quale l'imputatosi presentò dopo aver saputo di esser stato già denunciato e usufruì ugualmente dei benefici citati: ASVE, S.Officio, b. 107, fasc. Pedrini Domenico (si veda: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 184, n. 36).29 G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 181.

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doveva essere frutto della sola convinzione e libera decisione dell'imputato.Si noti come a questo proposito sembri venire escluso a priori, perlomenoteoricamente, l'aspetto coatto della comparizione30. Il processo sommarioincarnava una tipologia processuale particolare e specifica31 concaratteristiche peculiari. Dal punto di vista giuridico presentava proprietàdiverse da quelle del processo formale.

1. Il meccanismo che conduceva al processo sommario era in un certosenso interno allo stesso procedimento, dato che era necessaria proprio lacomparizione volontaria dell'imputato32. Nel caso invece del processo formaleera la denuncia33, da parte di terzi oppure d'ufficio da parte dello stessotribunale inquisitoriale, a far partire l'azione giudiziaria.

2. Il comparente, proprio per essersi presentato di propria volontà, nonpoteva essere messo in carcere, né essere torturato o sottoposto a pene dialtro genere. Veniva in tal caso esclusa a priori qualsiasi coercizione o

30 Vedremo invece come questa libera scelta fosse incanalata dall'Inquisizione mediante specifici accorgimenti: ilrifiuto dell'assoluzione sacramentale da parte dei confessori agli sponte comparentes e la promessa di processibrevi con pene miti. La spontaneità e volontarietà di questa pratica era soltanto relativa ed intimamente connessaalla confessione sacramentale e al rifiuto dell'assoluzione che questa poteva comportare. In alcuni casi fu lo stessoconfessore ad invitare esplicitamente il penitente a recarsi dall'inquisitore, rifiutando, come del resto suo diritto,l'assoluzione dai crimini di fede commessi. Lea rammenta che l'Inquisizione fin dal medioevo era solita proibire «aisacerdoti di ricevere le confessioni degli eretici, essendo esse riservate ai vescovi ed agli inquisitori»: H. C. LEA,Storia dell'Inquisizione, cit., p. 249.31 N. EYMERICH, Directorium inquisitorum..., Romae, in aedibus Pop. Rom. MDLXXVIII, pp. 281-282; E. MASINI,Sacro arsenale, overo prattica dell'officio della S. Inquisitione..., Roma, Stamperia della Rev. Cam. Apost., 1705, pp.174-180, 317-323.32 Il meccanismo da cui spesso scaturiva il processo sommario, in quanto forma procedurale, era interrelato alrifiuto da parte del confessore ad assolvere i penitenti, invitandoli e in un certo senso costringendoli a presentarsicome imputati innanzi all'inquisitore, unico ecclesiastico in grado di assolverli sacramentalmente dai crimini difede commessi: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 195-196.33 La denuncia era il mezzo di controllo utilizzato dall'Inquisizione per eccellenza, usato da secoli per identificare,isolare e separare il deviante religioso dalla società, o il solo sospetto tale, lo strumento per controllare il consensoed eliminare l'anticonformismo religioso, per ridefinire i confini della comunità e i rapporti sociali, morali ereligiosi. Fin dagli ultimi decenni del '500 e per tutto il '600, la procedura della comparizione spontanea ebbe comeconseguenza l'aumento delle denunce e delle cause processuali. Proprio nel corso di questo periodo la praticadella delazione inquisitoriale subì un mutamento, divenendo uno strumento maggiormente articolato ed efficace.Nella citata ricerca Paolin analizza tre decenni successivi dell'azione dell'Inquisizione friulana e osserva unaumento non solo delle denunce, ma soprattutto delle comparizioni spontanee. Per ciò che concerne il periodo1630-1648, utilizzando il numero dei procedimenti giudiziari (239) e non quello dei fascicoli archivistici, l'autricerileva che 128 sono denunce (53.55%), 59 sono comparizioni spontanee (24.68%); inoltre all'interno di questeultime 35 sono anche denunce contro terzi come complici (59.32%), 18 sono i casi in cui si fa riferimento esplicitoad una coercizione da parte del confessore (30.50%), 5 i casi in cui è presente lo stesso confessore (8.47%), 36 icasi di comparizione volontaria, senza coercizione (61.01)%.Per il periodo 1648-1659 l'autrice analizza invece i procedimenti per lettura e possesso di libri proibiti, notando unelevato incremento dell'attività inquisitoriale in Friuli. I dati sono i seguenti: su 113 procedimenti ben 87 sono lecomparizioni spontanee (77%), di queste 24 su spinta del confessore (21.23%), 2 per denuncia (1.77%); 6superano le dieci carte (5.30%), mentre i restanti 107 sono compresi tra una e quattro carte (94.70)%.Seppur fosse confermato un aumento della quantità di procedimenti e comparizioni spontanee, che in entrambe leserie numeriche paiono discrete, ciò non vuol dire assolutamente che sia per forza collegato ad un realeincremento dei crimini commessi, bensì potrebbe essere connesso semplicemente con un periodo di intensaattività pastorale tramite editti, prediche, confessioni. Tuttavia una tale crescita, come suggerito dalla stessaautrice, non è strettamente dovuta ad un rapporto di causa-effetto tra comparizioni spontanee e denunce, ma aduna azione combinata di queste con gli editti o proclami inquisitoriali e vescovili. Inoltre viene notato nelledenunce un carattere ciclico, a cadenze precise. Difatti queste sembrano infittirsi in determinati periodi, dopo laPasqua, dopo l'intervento di un prete nuovo e particolarmente energico (a questo proposito si noti ad esempiocome la denuncia contro le tre donne di Maniago fosse avvenuta subito dopo un pellegrinaggio di gran parte dellacittadinanza al santuario di Madonna di Rosa presso San Vito al Tagliamento). Per i dati statistici dellacomparizione spontanea in Friuli tra 1630-1659: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 183, 185-186. Perun'analisi statistica generale dei procedimenti inquisitoriali friulani: M. SARRA, Distribuzione statistica, cit.. Per ilcambiamento della pratica della delazione inquisitoriale: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 175.

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sofferenza di tipo fisico e psicologico ai suoi danni. La procedura formaleinvece consentiva sia l'incarcerazione sia la tortura. Da questo punto di vistala comparizione spontanea offriva un trattamento più mite e benevolo.

3. Il comparente confidava all'inquisitore i propri crimini di fede,similmente ad una confessione34. Al giudice era vietato qualsiasi intervento ditipo suggestivo, non poteva fare alcuna domanda su eventuali eresieprofessate dall'imputato, né suggerire le risposte o minacciare il penitente inalcun modo. L'unica intromissione consentitagli era di natura ausiliaria, peraiutarlo in caso avesse difficoltà di espressione35. Nel processo formale inveceera diritto del giudice interrogare l'imputato con tutte le sottigliezze e arguziedel caso, compreso l'uso o la minaccia della tortura, in base alle regoledettate dai manuali inquisitoriali36.

4. L'esclusione assoluta di testimoni, oltre al comparente nessun altroteste veniva sentito, avvicinava ulteriormente il processo sommario alsacramento della confessione. La procedura formale consentiva e anzirichiedeva l'ausilio dei testimoni.

5. L'esclusione di ogni forma di difesa per l'imputato. La proceduraformale diversamente consentiva all'imputato di avvalersi della difesa e nelcaso non potesse permettersela gli assegnava un avvocato d'ufficio.

6. Il processo sommario si concludeva con una sentenzaparticolarmente mite, non pronunciata in forma solenne e in pubblico comenei processi formali, ma all'interno dello stesso tribunale in forma privata,alla sola presenza del comparente-reo confesso e dell'inquisitore-confessore37, oltre al cancelliere. Le punizioni severe erano escluse, essendola penitenza salutare l'unica pena ammessa38. Seguiva la sottoscrizione

34 Sulla comparizione spontanea come equivalente giudiziario della confessione auricolare (al contempo mezzo dicontrollo delle coscienze e strumento di propaganda religiosa): A. DEL COL, Alcune osservazioni, cit., p. 88; G.ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 194-195. In generale sulla connessione tra pratica inquisitoria e confessione:G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 175-187, particolarmente le pp. 178, 183, 185-186.In relazione alla duplice funzione dell'inquisitore, di confessore e giudice, secondo Lea «è necessario ci facciamo,prima di tutto, un'idea il più possibile esatta di come l'inquisitore concepiva le relazioni che passavano fra lui e gliaccusati che venivano deferiti al suo tribunale. Come giudice, difendeva il Vangelo, ossia la fede com'egli laconcepiva, e vendicava le ingiurie fatte a Dio dai cattivi col delitto d'eresia o di miscredenza. Ma egli era ancor piùd'un giudice, era anche un padre confessore che lottava per salvare quelle anime che l'errore si sforzava dimandare in perdizione. In ambedue queste sue qualità, egli agiva rivestito di un'autorità di gran lunga superiore aquella di qualunque altro giudice terreno». H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit., p. 211.35 Affermare che l'inquisitore non potesse porre domande corrisponde solo in parte a verità, dato che esistevanovere e proprie istruzioni redatte dagli inquisitori stessi per aiutare i vicari ad interrogare gli sponte comparentes.36 Sull'uso e l'abuso della tortura giudiziaria per tutti: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 82-91.37 «Il rapporto tra inquisitore e confessore ... fu soggetto a periodiche revisioni e discussioni. Ma solo nel XVIsecolo, con il concilio di Trento e con la nascita dell'Inquisizione romana, le condizioni del rapporto venneroprofondamente modificate: l'obbligo della confessione annuale divenne concreto con l'istituzione di un controlloefficace da parte della struttura parrocchiale e con le visite vescovili ... Ma la contemporanea crescitadell'istituzione inquisitoriale ... pose il problema di quale dei due giudici avesse più potere, se quello preposto alforo interno o quello che si occupava del foro esterno». A. PROSPERI, Per la storia, cit., p. 43.38 Lea individua tale tendenza alla penitenza, e non alla punizione, anche nella procedura inquisitorialemedioevale: «La funzione penale dell'Inquisizione ... teoricamente parlando ... non aveva lo scopo di infliggere dellepene. La sua missione consisteva nel salvare delle anime, nel rimetterle sulla via della salvezza, e nell'infliggeredelle penitenze salutari a coloro che cercassero questa via, come fa un confessore con i suoi penitenti. Le suesentenze, perciò, non erano, come quelle di tutti gli altri tribunali temporali, delle vendette esercitate dalla societàcivile sui colpevoli, oppure degli esempi destinati ad impedire, col terrore che ispiravano, la diffusione del delitto;esse venivano imposte semplicemente per il bene delle anime fuorviate, perché fossero cancellati o riscattati ipeccati. [...] Teoricamente parlando dunque, il numero delle pene che l'inquisitore poteva infliggere era assailimitato ... Il suo tribunale era essenzialmente un tribunale spirituale che giudicava esclusivamente i peccati e

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dell'eventuale abiura e l'assoluzione dalla scomunica in cui era incorsol'imputato per i suoi crimini.39

Come si può notare la comparizione spontanea presenta una difformitàpiuttosto rilevante rispetto alla causa formale. Di fronte ad una maggiorecomplessità della seconda, che concedeva al giudice di fede una largaautonomia procedurale nonché decisionale, dai tempi più dilatati emaggiormente rischiosa per l'imputato, essa si presentava invece come unprocedimento tendenzialmente favorevole al comparente. Il processosommario appare istituito più per il recupero e il reinserimento nellacomunità cristiana e sociale del dissenziente religioso, che per una punizionee repressione severa dei suoi crimini di fede40.

Nel corso del '600 il processo sommario divenne così il procedimento piùdiffuso dell'Inquisizione romana, rovesciando la prassi in corso durante ilsecolo precedente che vedeva invece il processo formale come tipologiaprocedurale maggiormente utilizzata dai giudici. L'atteggiamento deltribunale inquisitoriale cambiò nel corso del tempo, come cambiò anche laconsiderazione stessa data alla gravità dei crimini di fede considerati41.Tuttavia era distinguibile una costante all'interno dei procedimentiinquisitoriali del XVII secolo, vale a dire una relativa serenità e fiducia da

stabiliva quali fossero i rimedi dello spirito più convenienti a guarirli. [...] Ma questa dottrina che faceva dellaChiesa una madre amorosa, che castigava con dispiacere e nel solo interesse dell'anima dei suoi figli disordinati,non serviva che a rendere più implacabili le operazioni del Sant'Uffizio. Coloro che facessero opposizione ai suoisforzi benefici si rendevano colpevoli di ingratitudine e di disobbedienza, che erano quanto di peggio potesseesistere ... e i loro peccati non si potevano espiare che colle più dure penitenze». H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione,cit., pp. 247-249.39 Romeo ricorda come le altre Inquisizioni moderne assicurassero un trattamento altrettanto benevolo tramite gliEditti di Grazia, pratiche però a carattere collettivo; inoltre fa riferimento agli editti vescovili, che venivano utilizzaticome mezzo similare: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 195-196. Io mi limito a ricordare l'esistenza deglieditti inquisitoriali, a carattere periodico, che venivano pubblicizzati ogniqualvolta un nuovo inquisitore si stabilivain una nuova sede. Essi davano la possibilità a tutti, purché come ricordato non già denunciati in precedenza, dipresentarsi all'inquisitore entro un determinato lasso di tempo e godere di un trattamento più mite.40 Riguardo alla «correttezza procedurale dei tribunali del Sant'Ufficio» in Italia, Venezia in particolare viene danumerosi studiosi ritenuta un esempio in tal senso. Tuttavia, come sostiene J. Martin, «quest'immagine cambia sesi osserva più da vicino il tipo delle sentenze e le pene irrogate». Egli infatti individua una «prassi ... relativamentedura, specie se la si paragona con quella degli altri tribunali inquisitoriali del periodo. Il 5.5% delle sentenze, inparticolare, furono condanne a morte», tale dato si discosta notevolmente dall'1% proposto da altri autori perquanto riguarda la percentuale delle persone giustiziate. Ciò infatti «è più o meno vero se si prendono inconsiderazione tutti gli imputati, non lo è più in rapporto ai processati veri e propri». Inoltre «il 5.5% è unapercentuale elevata anche in rapporto alla prassi dell'Inquisizione spagnola di quell'epoca, in cui la proporzione deigiustiziati variava, tra il 1540 e il 1614, dall'1.4% al 2.5%. E con ciò ci troviamo davanti ad un paradosso.L'Inquisizione veneziana, in una repubblica ritenuta tollerante, fu più dura o almeno altrettanto dura che inSpagna». La spiegazione avanzata da Martin di quest'anomalia riguarda la severità procedurale dell'istituzionegiudiziaria veneta, che «non indagava su tutte le denunce ma, una volta avviato il processo vero e proprio,procedeva con rigore». J. MARTIN, Per un'analisi, cit., pp. 150-157. Per quanto concerne invece il numero limitatodelle sentenze a morte a Venezia: P. F. GRENDLER, L'Inquisizione romana, cit., pp. 85-88; E. W. MONTER - J.TEDESCHI, Towards a Statistical Profile, cit., p. 142.41 «Ma la funzione più durevole di questi organismi (i tribunali inquisitoriali, n. d. l.) sembra esser stata più chealtro quella di controllare e migliorare la fede dei cristiani normali o di cristianizzare ulteriormente le popolazionirurali dell'Europa occidentale. Molti degli uomini e delle donne sottoposti a processo erano dissidenti, molti altriperò erano semplicemente contadini o lavoratori urbani che, forse senza pertinacia, avevano un po' deviato inmateria di dottrina o di moralità. In quest'ultimo senso allora l'Inquisizione pare aver svolto funzioni "pastorali" o"catechistiche" più che repressive. [...] Il quadro che sta emergendo non è più quello di un tribunale che fuunicamente repressivo, ma piuttosto quello di un'istituzione che cercò di sviluppare, anche con mezzi nonrepressivi, un certo consenso intorno a questioni religiose e morali negli Stati italiani. Da questa nuova prospettival'Inquisizione romana del Cinquecento emerge come un'istituzione ben più flessibile di quanto non lo sia stata pergenerazioni di ricercatori». J. MARTIN, Per un'analisi, cit., pp. 143-144.

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parte degli sponte comparentes nei confronti del tribunale42. Gli stessiinquisitori inoltre erano consapevoli del fatto che le condizioni oggettive deidelitti di fede e i pericoli effettivi di questi si erano decisamente affievoliti,ragion per cui era inutile continuare con un atteggiamento di ostilità che nonfavoriva né invogliava i dissenzienti a presentarsi volontariamente. Pertantol'Inquisizione decise di adottare un atteggiamento meno rigoroso e severo,ma non per questo meno attento43. La comparizione spontanea divenne unostrumento aggiuntivo, in grado di consentire un controllo capillare dellecoscienze e dell'ortodossia religiosa.

Anche in Friuli l'Inquisizione seguì tali tendenze e ciò è ravvisabilesoprattutto a livello organizzativo44. Proprio nel corso del '600 venne istituitanelle comunità più vaste ed importanti una nuova figura, quella del vicarioforaneo dell'Inquisizione45, al fine di aumentare la penetrazione ed il controllodel territorio da parte della struttura inquisitoriale. I vicari foranei, sullapresenza dei quali in Friuli il primo accenno risale al 163446, erano nominatidirettamente dall'inquisitore delegato e a lui dovevano rispondere inviandodei resoconti scritti. Questo rapporto epistolare si verificava anche nel casodelle comparizioni spontanee, come appare da alcune serie di istruzioniinviate dall'inquisitore ai vicari, le quali dimostravano tra l'altro la elevatadiffusione di tale procedura47. Generalmente essi appartenevano al clero 42 Si vedano a tale proposito i casi di individui presentatisi più volte magari per lo stesso delitto e poi regolarmenteassolti: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 183-184, 186.Significativo il caso di Tommaso di Filippo da Claut (1657), il quale si presentò spontaneamente al cospettodell'inquisitore per ben due volte, dal momento che la precedente il giudice di fede aveva altro da fare: «Siraccordarà vostra signoria reverendissima che il giovedì santo passato io et il signor David Polo, nativo da Forno,habitante hora in monte Reale, diocese credo di Concordia,. fossimo unitamente da lei per esprimerle un talparticolare, il quale inteso da noi succintamente, ne comandò tornassimo, perché lei voleva allora andarsi acommunicare». Risulta evidente qui l'atteggiamento tranquillo e non timoroso dei due comparenti, in ciò aiutatisicuramente anche dal comportamento dell'inquisitore: AAUD, S. Officio, b. 41, fasc. 328.43 A cavallo dei secoli XVI e XVII si diffuse «una notevole riluttanza, fra gli avvocati e i giudici ecclesiastici, atollerare gli abusi procedurali da cui dipendeva il buon esito della caccia alle streghe». Inoltre i magistrati di fededimostrarono «crescente riluttanza a impartire sentenze severe, denunciando un ritorno alle tradizionali funzionipenitenziali e ammonitrici che la giustizia ecclesiastica aveva assolto in origine». Se «l'assunzione del controllosecolare sul crimine di stregoneria ebbe un impatto profondo sul fenomeno della caccia alle streghe in molti paesieuropei», comportando un incremento dei procedimenti giudiziari e delle denunce (Scozia, Transilvania e Poloniasolo per citarne alcuni), in altri non si rilevò affatto un declino dell'Inquisizione o comunque dei tribunaliecclesiastici a favore di quelli laici. Così in Italia e Spagna «la persistenza della giurisdizione ecclesiastica in ordinea quel crimine contribuiva a contenere al minimo il numero dei processi». B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.,pp. 95-96.44 Come Italia e Spagna segnarono un'anomalia rispetto alle linee di tendenza repressive di una parte dell'Europa,tra fine XVI e prima metà del XVII secolo anche il Friuli seguì tale orientamento alla moderazione. Indicativamente:L. ACCATI - LEVI., Lo spirito della fornicazione: virtù dell'anima e virtù del corpo in Friuli, fra '600 e'700, in QuaderniStorici, 41, 1979, p. 660; C. GINZBURG, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino,Einaudi, 1966, p. 81; G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, Relazione ufficiale al 69° Congresso della S.F.F., in Sot la Nape,XLIV, 4, 1992, p. 6.45 Con la restaurazione post-tridentina la struttura istituzionale della Chiesa mutò profondamente, le diocesivennero riorganizzate e fu inserita la nuova figura del vicario foraneo: L. DE BIASIO, Note storiche sul S. Officio diAquileia e Concordia durante i secoli XVII e XVIII, in L. DE BIASIO - M. R. FACILE (a c. di), I processi dell'Inquisizione,cit., pp. 107-111; G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 177-178; A. PROSPERI, Le istituzioni ecclesiastiche ele idee religiose, in Il Rinascimento nelle corti padane. Società e cultura, Bari, De Donato, 1977, p. 161.46 L. DE BIASIO, Note storiche, cit., p. 108.47 Si trattava di vere e proprie direttive su come i vicari del Sant'Ufficio dovevano procedere nei casi di comparizionispontanee. Come attestava una di esse, che qui di seguito menziono in parte, oltre all'elenco dei crimini di fede cherientravano nell'utilizzo di tale procedura, poteva essere presente un questionario simulato e potenziale, in base alquale il vicario foraneo era tenuto a procedere all'interrogatorio degli sponte comparentes, dove erano indicate lediverse domande da porre anche a seconda delle possibili risposte. Inoltre vi potevano essere indicazioni preciseriguardo la penitenza salutare e l'abiura, e infine l'invito esplicito a non inviare all'inquisitore simili denunce di

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secolare, raramente ad ordini religiosi, ed avevano il compito di accettare ledenunce, raccogliere informazioni, fare interrogatori, riferendo poiall'inquisitore i nominativi degli imputati. Dal momento che i vicari foraneioperavano su una limitata giurisdizione territoriale ed evitavano che itestimoni si dovessero spostare fino a Udine, la loro presenza agevolòun'azione repressiva più estesa del tribunale, nonché consentì dicapillarizzare il controllo. Purtuttavia neanche con il loro ausilio l'indagineattuata dall'Inquisizione risultò uniforme ed organica.

La comparizione spontanea pertanto risultò un metodo innovativo per ilcontrollo delle devianze in materia di religione, che, applicato in manieracapillare, fu finalizzato al recupero dei dissenzienti. Esso si avvalse deltimore di ciò che sarebbe potuto accadere, come mezzo che spingeva allapresentazione volontaria, e fu proprio la paura suscitata nei fedeli checostituì una delle novità di questa procedura. Non fu più necessario perl'Inquisizione dover attendere le denunce di terzi per procedere, grazie aquesto sistema i colpevoli si presentavano da soli, spinti da un processo disollecitazione occulto che li faceva sentire intimamente responsabili diqualche delitto48. L'Inquisizione, tramite l'avocazione a sé dell'assoluzione,verificò direttamente le coscienze dei fedeli, assumendo un compito cheprima spettava esclusivamente al clero locale tramite la confessione el'assoluzione sacramentale.

Il meccanismo del processo sommario divenne abituale all'interno deitribunali inquisitoriali friulani nel corso del '600, tanto da costituire un veroe proprio sistema elaborato per il controllo religioso, strettamente legato alrifiuto dell'assoluzione. Di fronte a tale rifiuto unica soluzione per ilpeccatore era quella di presentarsi davanti all'inquisitore, confessando ipropri errori e denunciando eventuali complici, al fine di ottenerel'assoluzione49. A volte era lo stesso pievano del paese a suggerireverbalmente questa soluzione50, altre volte scriveva una letteraaccompagnatoria nella quale presentava il peccatore, non ritenendosi

casi leggeri, bensì a conservarle in luogo sicuro presso gli archivi parrocchiali:«Se alcuno comparirà avanti il vicario del Sant'Officio di Concordia e volontariamente si accusarà [...] De quali casiil vicario del Sant'Officio prenderà sempre in scritto la denuntia o volontaria comparsa, secondo lo stile del SacroArsenale. Ma de quattro ultimi casi per essere gravi, cioè de sacramenti come della santa messa a fine di cagionarla morte e dell'oglio santo per eccitare ad amore impudico e vi siano complici e testimonii, mandarà esso vicariocopia della denuntia o volontaria comparsa all'inquisitore, dal quale ne attenderà ciò che doverà operare, mutandoil nome del denuntiante o sponte comparso acciò, in caso si perdesse, niuno possa venire in cognitione di essodenunciante o sponte comparso e terminarà le denuntia o sponte comparsa come segue [...] Di poi il vicario farà ilsuo rogito così [...]». AAUD, S. Officio, b. 78, fasc. Miscellaneo G, fasc. B 7, «Modo di regolarsi per li sponte comparentio denuntianti per cose leggiere», cc. 1-6.Nel documento non appare alcun accenno esplicito al nome dell'inquisitore e alla data in cui l'istruzione fu scritta,tuttavia nel medesimo fascicolo interno è presente un riferimento all'inquisitore fra Bartolomeo Procaccioli daTerni, sempre riguardante la comparizione spontanea, situato sul retro di una stampa anch'essa non datata ma asuo nome. Tale indicazione mostra la data del 22 aprile 1638, ed essendo l'inquisitore morto il 3 dicembre 1635deve verosimilmente essere anteriore a quest'ultimo periodo. Ibidem.48 A. DEL COL, Alcune osservazioni, cit., p. 88; G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 177.49 G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., pp. 195-196.50 Un fatto analogo, ad esempio, verosimilmente accadde nella vicenda della possessione di Nicolosa Campolino daManiago: il pievano del paese consigliò ai parenti della vittima di andare direttamente dall'inquisitore ed esporre ilcaso al suo giudizio. AAUD, S. Officio, b. 39, fascc. 293 e 299.

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autorizzato ad assolverlo da simili crimini e eresie51. Infine in alcuni casi eralo stesso sacerdote a presentarsi accanto all'interessato, o a volte addiritturain sua sostituzione52.

Dal punto di vista formale il meccanismo del rifiuto dell'assoluzione daparte del confessore rispettava, almeno in linea teorica, l'obbligo del segretodel sacramento. Il sacerdote infatti non doveva divulgare i peccati di cui eravenuto a conoscenza tramite la confessione, semplicemente rifiutaval'assoluzione al penitente demandandola ad altra autorità, in questo casoquella dell'inquisitore53. Era compito ed interesse del dissenziente agire inmaniera tale da essere assolto e, come si è visto, l'unico modo era quello direcarsi personalmente presso il tribunale inquisitoriale. Ancora non appareben definita l'evoluzione che portò a questo stretto rapporto tra confessionesacramentale e processo sommario, tuttavia le due pratiche risultavanotanto connesse ed interrelate da poter definire la comparizione spontaneacome trasposizione e complemento sul piano giudiziario del sacramento dellaconfessione54.

Risulta fondamentale da questo punto di vista il ruolo svolto daiconfessori di paese, intermediari tra dissenzienti e autorità giudicanti. Ilrapporto tra confessori e penitenti subì un'alterazione. Il fatto che laconfessione non fosse più obbligatoria solo a Pasqua ma venisse invecerichiesta con maggiore frequenza più volte nell'arco dell'anno, e che fosselegata a sacerdoti determinati e fissi, non interscambiabili, condusse gliindividui ad instaurare un rapporto consuetudinario con i propri confessori.Il carattere periodico di una confessione così strutturata instaurò un legameabitudinario, che regolò in maniera quasi automatica le relazioni traconfessore e penitente55. Il ruolo del confessore fu pertanto quello diconoscere e controllare il consenso religioso dei suoi fedeli e in caso didissenso rifiutare l'assoluzione sacramentale56; fu proprio questo reciprocoaccordo tra confessori e Inquisizione a permettere un'azione di verifica

51 Si veda a questo proposito il caso già citato di David Polo da Montereale Valcellina e Tommaso di Filippo daClaut, ai quali venne rifiutata l'assoluzione sacramentale e per i quali il confessore scrisse una lettera dovespiegava anche i motivi di quel rifiuto: Ivi, b. 41, fasc. 328, cit. Lo stesso pievano di Maniago scrisse due lettereaccompagnatorie, la prima per presentare il caso e il denunciante Osvaldo Campolino, la seconda per il padre diquesti, Giacomo Campolino: Ivi, b. 39, fascc. 293 e 299, citt.52 G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 181 e n. 26.53 La violazione del segreto confessionale e l'utilizzo della confessione come strumento delatorio non era una novitànella prassi ecclesiastica ed inquisitoriale. Fin dal medioevo infatti «negli sforzi fanatici fatti dagli inquisitori perottenere tutte le informazioni possibili sul conto degli eretici, non veniva rispettato neppure il segreto delconfessionale. Il sigillo sacramentale della confessione non si poteva violare apertamente, ma si giungeva almedesimo risultato per via indiretta. Quando un confessore apprendeva in confessione qualche cosa cheriguardasse l'eresia, doveva prenderne nota e sforzarsi di indurre il suo penitente a rivelare tutto alle competentiautorità. Qualora non riuscisse a convincerlo, doveva, senza far nomi, consultare uomini "sperimentati e timoratidi Dio", per sapere che cosa fare. Si indovina facilmente dove andassero a finire tali consultazioni, poiché il solofatto di chiedere consiglio in simili frangenti dimostra che l'obbligo stesso del segreto non veniva considerato unobbligo assoluto». H. C. LEA, Storia dell'Inquisizione, cit., p. 233.54 A. DEL COL, Alcune osservazioni, cit., p. 88; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., p. 195.55 Con ogni probabilità fu questa evoluzione nel rapporto tra confessori e penitenti la causa della conseguentemetamorfosi del tribunale inquisitoriale nel corso del '600: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., pp. 181-182.56 I confessori vennero educati al rifiuto dell'assoluzione sacramentale dai casi dubbi o riservati per mezzo diammonizioni, interventi disclipinari punitivi, manuali confessionali: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p.187.

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attenta ed efficace57. In questo senso l'Inquisizione si appropriò di peculiaritàproprie del sacramento confessionale, estendendo la propria influenza in uncampo prima ad essa estraneo. Parallelamente i confessori acquisirono unruolo nuovo58, diverso, infatti divennero causa dei procedimenti inquisitoriali,proprio per mezzo di quel rifiuto dell'assoluzione e dell'obbligo formulato aipenitenti della comparizione spontanea59.

57 Si veda a tale proposito il confronto istituito da Romeo con le prediche. Seppur ne dichiari la limitata influenzadiretta sulle denunce inquisitoriali, tuttavia ne ipotizza la funzione di stimolo alla pratica confessionale,riconoscendo l'opera di canalizzazione del dissenso religioso e di recupero dei dissenzienti svolta principalmentedalla connessione organica tra confessione sacramentale e processo sommario: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti,cit., pp. 197-198 e n. 65 a p.197.Più decisamente invece Paolin, oltre al ruolo di formazione spirituale, di rafforzamento della devozione e dieducazione della coscienza individuale, riconosce alle prediche una funzione di stimolo ad utilizzare la denunciacome deterrente morale obbligatorio: G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 176.S. Peyronel Rambaldi infine riconosce nelle prediche del clero locale modenese alla fine del XVI secolo una relativamultifunzionalità. Da un lato strumento per criticare apertamente e pubblicamente le autorità laiche, i podestà,che in quel periodo tentavano di proporsi «alla comunità in un ruolo alternativo a quello del parroco, che da secoliesercitava funzione di guida e di controllo sulle coscienze contadine», fatto corroborato dallo stesso «uso dicitazioni bibliche in funzione polemica»; addirittura «si intravvede perfino qualche tentativo da parte dei podestà disoppiantare i parroci nel loro ruolo tradizionale di mediatori religiosi all'interno della comunità ... una sordaresistenza da parte di uomini che intendono invece esercitare una leadership alternativa a quella ecclesiastica,anche dal punto di vista culturale». Dall'altro un mezzo educativo di massa: «Il prete che minaccia dal pulpitodomenicale per costringere i propri parrocchiani ad andare in chiesa, che critica gli ufficiali laici perché concedonodi lavorare durante le feste, o peggio che stigmatizza il loro comportamento privato, accusandoli ... di adulterio econcubinato, appare sempre più come il depositario di regole di un comportamento definito "cristiano", che stannodivenendo il metro con cui si giudica la legittimità o meno di appartenere alla comunità di villaggio. I podestà,come anche certo tipo di nobiltà locale, che si considera indipendente dal potere ecclesiastico, e in certa misuraanche da quello estense, sono recalcitranti di fronte a questo sforzo educativo e coercitivo di massa e rifiutano diriconoscere legittimità al prete locale». Il tutto inserito all'interno di un conflitto non solo giurisdizionale ma anchepolitico, con riflessi economici e sociali, «che riguarda la struttura stessa dello Stato estense, un conflitto tra ducae potere ecclesiastico» relativo soprattutto al godimento di benefici ecclesiastici. S. PEYRONEL RAMBALDI, Podestàe inquisitori nella montagna modenese. Riorganizzazione inquisitoriale e resistenze locali (1570-1590), in A. DEL COL- G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 214, 219, 221-223, 228.Pertanto gli interventi dal pulpito paiono assumere valenze molteplici: formazione spirituale generale e strumentoeducativo delle coscienze individuali, rinsaldamento del sentimento devozionale, stimolo alla confessione e alladenuncia, critica delle autorità laiche. In tal senso però le prediche possono essere considerate in sensooppressivo, come mezzo di esasperata propaganda religiosa e di controllo delle coscienze. Tuttavia esse agisconoinsieme alle pressioni e al rifiuto dell'assoluzione da parte dei confessori, stimolato dai superiori, e al senso dicolpa provato dai penitenti, in maniera tale da indurli a comparire spontaneamente dinanzi all'inquisitore.58 Secondo Paolin furono proprio la maggiore presenza del clero e l'uso più attento ed efficace del confessionale,unitamente alla crescita del confornismo laico, a limitare gradatamente il potere inquisitoriale, preparando così ilterreno ad un ridimensionamento progressivo della funzione della stessa Inquisizione: G. PAOLIN, Inquisizione econfessori, cit., p. 187.Infatti già al termine del XVI secolo la struttura dell'Inquisizione romana è «ormai soltanto marginalmente unostrumento per risolvere il conflitto tra ortodossia e dissenso religioso, anche se apparentemente le categorieinterpretative degli inquisitori appaiono sempre le stesse; l'Inquisizione è piuttosto divenuta un mezzo sia peradeguare la realtà morale e religiosa dei fedeli ad un più vasto programma educativo, sia anche per intervenire neimicroconflitti locali in difesa delle prerogative ecclesiastiche»: S. PEYRONEL RAMBALDI, Podestà e inquisitori, cit.,p. 230.59. G. PAOLIN, Inquisizione e confessori, cit., p. 186.In una serie di procedimenti giudiziari che videro come imputati, tra 1570 e 1590, i podestà di alcuni villaggisituati nella montagna modenese, all'interno di un aspro conflitto tra questi ed i parroci locali, S. PeyronelRambaldi evidenzia una funzione simile nel ruolo dei predicatori quaresimali, funzionari ecclesiastici che venivanoutilizzati dall'Inquisizione dello Stato estense come mezzo per penetrare capillarmente all'interno della comunità. Aloro volta questi predicatori agirono come dei veri e propri investigatori, utilizzando la confessione auricolare da unlato come strumento per estorcere dichiarazioni che andranno inserite successivamente nella fase processuale,dall'altro come mezzo di controllo sociale. In questa maniera essi non rispettavano la norma della segretezzaprevista per la confessione, tentando di utilizzarla al pari di una denuncia vera e propria. «In questi processi,dunque, entrano come parte attiva e come inquisitori anzitutto i predicatori quaresimali, che sono sempre fratidomenicani (in un caso si tratta addirittura del notaio dell'Inquisizione), e che sono presenti nei villaggi durante itempi liturgici più significativi, a Quaresima, a Pasqua, durante l'Avvento (anche se ormai frequentemente parecchiparroci predicano durante la messa). Essi fanno uso del loro ruolo, che continua ad essere centrale nella vitareligiosa delle comunità, per svolgere delle vere e proprie indagini nel villaggio, usando come informatori anzitutto irettori locali. E per di più sfruttano il loro potere di confessori per estorcere dichiarazioni, che dovrebbero poi

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Lo stretto rapporto tra confessione sacramentale e comparizionespontanea, dagli ultimi decenni del '50060 in poi e per tutto il corso del '600,ebbe in conclusione un ruolo di primaria importanza nel programma direcupero, riconciliazione e reinserimento all'interno della Chiesa e dellasocietà dei dissenzienti religiosi61. entrare nell'istruttoria dei processi [...] Alla fine del Cinquecento, dunque, l'Inquisizione dello Stato estense ...mostrava di riuscire a penetrare nel tessuto delle comunità in modo più capillare, servendosi dei frati predicatori,ma soprattutto ... del clero locale, e si andava ormai strettamente legando alla riorganizzazione diocesana eparrocchiale che il Concilio aveva promosso». È per questo motivo che l'autrice fa riferimento ad «un unicoprogramma di riforma e repressione, di incentivazione di pratiche religiose come la confessione e di uso di questepratiche anche per scopi repressivi, di valorizzazione della figura del parroco e, nello stesso tempo, di suoinquadramento in un più ampio programma di controllo»: S. PEYRONEL RAMBALDI, Podestà e inquisitori, cit., pp.213-215.«L'aspetto più importante dell'impegno antimagico di Chiesa e Inquisizione nell'Italia del tardo '500 è lamobilitazione dei confessori. Non era uno strumento nuovo nella storia dei tribunali inquisitoriali. Le connessioni ele interferenze tra pratica della confessione e repressione dell'eresia ne accompagnano l'operato sin dai primordi ...Ma anche a voler restringere il discorso all'Inquisizione romana, l'uso della confessione dei peccati in chiave didelazione era stato presto individuato come uno degli strumenti più efficaci per la lotta all'eresia e alla diffusionedei libri proibiti». G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 190-191 (e la bibliografia citata alla n. 56 p.191).60 Numerosi sono gli autori che individuano negli ultimi due o tre decenni del XVI secolo un punto focale, uncambiamento di fase negli obiettivi della repressione inquisitoriale: dalla lotta contro le eresie protestanti,l'Inquisizione romana passa alla lotta contro le credenze e pratiche superstiziose. La fine del '500 e gli inizi del '600segnarono questo deciso mutamento di rotta, ad essere perseguiti furono stregoni e streghe, divinatori enegromanti, maghi e guaritori, praticone di paese, donne e uomini posseduti, o ritenuti tali, da diavoli o spiritimaligni: J. MARTIN, Per un'analisi, cit., pp. 145-147; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti, cit., in particolare le pp. 169-274. «Nel caso della stregoneria ... il convincimento che alla radice del suo fascino vi sia l'abbandono della praticareligiosa - e che un paziente lavoro di recupero delle pecorelle smarrite sia da parte della Chiesa la più appropriatarisposta alle sue insidie, affiora spesso, soprattutto negli interventi romani. [...] Un'accorta integrazione trainterventi giudiziari e tecniche di liberazione dagli influssi diabolici avrebbe dovuto allentare le tensionipersecutorie contro le streghe e ricondurre queste ultime nell'alveo dell'ortodossia. Al bagno di sangue purificatoresi preferiva l'itinerario edificante della conversione; alla punizione dei presunti complici del diavolo la protezionedelle sue vittime» (ID., Inquisitori, esorcisti, cit, pp. 260-261).61 Come in Italia, «a differenza della maggior parte dei tribunali secolari, in cui la confessione si traduceva di solitonella condanna e nell'esecuzione, in Spagna essa conduceva solitamente alla riconciliazione con la Chiesa. Loscopo originario della giustizia ecclesiastica era esattamente quella riconciliazione e in Spagna l'Inquisizione fece inmodo che persino nei processi per stregoneria soltanto chi non si pentiva avesse a soffrire». B. P. LEVACK, Lacaccia alle streghe, cit., p. 99.«L'andamento complessivo della repressione inquisitoriale della stregoneria nell'Italia degli ultimi decenni del '500è insomma largamente anomalo rispetto alle linee di tendenza europee. ... In Italia, invece, la spinta prevalente, giànel corso del settimo decennio del secolo, va decisamente nella direzione opposta. E sono proprio i tribunaliinquisitoriali ad esprimere questi orientamenti, spesso in netta contrapposizione, anche nel merito delle dinamicherepressive, con autorità secolari intenzionate a usare la maniera forte, allineate in questo alle tendenze di granparte dei tribunali europei, secolari e non». G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p. 62. In relazioneall'atteggiamento più moderato dell'Italia rispetto ad altre zone dell'Europa: A. PROSPERI, Per la storia, cit., p. 42.Lo stesso Romeo istituisce poi un eloquente parallelismo tra le situazioni italiana e spagnola sulla moderazione elo scetticismo delle rispettive Inquisizioni. «L'andamento della repressione della stregoneria nei tribunaliinquisitoriali italiani del tardo '500 rivela evidenti affinità. È senz'altro vero che la radicata incredulità dei massimiesponenti delle due inquisizioni nei poteri delle streghe e l'attenta centralizzazione di quelle cause ebbero un pesodecisivo nel tener lontane Italia e Spagna dalle grandi epidemie persecutorie. Così come è indubbio che inentrambi i casi lo scetticismo non metteva in discussione i presupposti teorici che a suo tempo avevano resopossibile l'invenzione della setta delle streghe, non si esprimeva in documenti ufficiali, né tantomeno si impegnavain una campagna di delegittimazione delle persecuzioni, là dove esse fossero praticate. [...] D'altronde, anche ilconfronto con le scelte dell'Inquisizione spagnola fa vedere con una certa chiarezza i limiti specifici dellasistemazione raggiunta nel tardo '500 dalla Congregazione del Sant'Ufficio. C'è una sostanziale differenza, accantoalle tante cose comuni, tra le decisioni adottate nei due tribunali. A Madrid le nuove istruzioni regolamentaronocon accuratezza e precisione tutti gli aspetti del processo di stregoneria (il 29 agosto 1614 vengono emanate delleistruzioni da parte del Consiglio Supremo alle quali i tribunali locali si dovettero adeguare, n. d. l.); a Roma furisolto soltanto il problema dei complici del sabba. Altre importanti questioni, come quella della valutazione delmaleficio, restarono nel vago, affidate alla cautela dei giudici e alla supervisione centrale. Di istruzioni, di unorganico complesso normativo che regolasse anche ufficiosamente la repressione della stregoneria, non c'è traccia.[...] il fatto è che la Congregazione del Sant'Ufficio, pur richiamandosi a una tradizionale, diffusa tendenzaall'incredulità e pur mostrando un'attenzione seria e non occasionale al problema, non riesce a tradurla,presumibilmente per spaccature interne, nell'adozione di misure adeguate alla sua complessità. E pertantoinsistere troppo su una centralizzazione moderata delle cause di stregoneria significherebbe sottovalutare sia i

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II

I PROCEDIMENTI GIUDIZIARI UTILIZZATI NELLA

RICERCA

I casi che ho esaminato nella mia ricerca sono denunce o processi formali iniziati conuna denuncia. Non rientrano quindi nella tipologia procedurale più in uso nel Seicento,quella sommaria, che veniva applicata nei casi di presentazione spontanea dell'imputato, manella tipologia processuale che prevedeva l'azione d'ufficio o in seguito a denuncia. Intendoesporre sommariamente le vicende giudiziarie per dare conto dei giudici che condussero iprocessi, dei motivi per cui furono iniziati, delle persone che testimoniarono edell'andamento complessivo delle cause, tutti elementi che fanno capire caratteristiche elimiti di questi documenti come fonti storiche.

Processo per stregoneria contro Anna Sguma da Spilimbergo, 1625.62

Il caso giudiziario di Anna Sguma si snoda all'interno di un arco temporale aventecome estremi il 12 agosto 1625 ed il 20 ottobre 1626, relativamente breve se si pensa che iprocedimenti potevano durare degli anni senza giungere ad alcuna conclusione ufficiale, eterminò dopo poco più di quattordici mesi con la condanna dell'imputata alla penitenzasalutare.

La vicenda si aprì il 12 agosto 1625, quando un certo Giacomo Molinaro denunciò ladonna davanti a pre Carlo Rossetis, pievano della chiesa parrocchiale di Santa Maria diSpilimbergo, per avere minacciato lui e i componenti della propria famiglia di morte. Unmese dopo nel convento di San Pantaleone, sito in Spilimbergo, alla presenza di fraBernardino Fortuna, vicario dell'Inquisizione delle diocesi di Aquileia e Concordia, del signorFantino dei Conpiedi, assistente per i consorti di Spilimbergo e del pievano, il tribunaleinquisitoriale iniziò l'escussione dei testimoni in relazione alle accuse di stregoneria contro laSguma. Per primo comparve lo stesso Molinaro, che confermò quanto già esposto nelladenuncia; nella medesima giornata vennero ascoltati altri cinque testi, tre il giorno seguenteed infine due il giorno 18. La donna al termine fu incriminata, poiché sospettata di averprovocato molteplici disturbi, malattie di vario genere e decessi.

Terminata l'escussione testimoniale, il 20 settembre il tribunale friulano si riunì aPortogruaro dove, esaminato l'incartamento processuale, stabilì che l'imputata venisse

limiti oggettivi di quella moderazione, sia le forti resistenze di una autorevole minoranza all'adozione definitiva diuna linea improntata a scetticismo e incredulità. Ed erano proprio queste resistenze, forse, la grande novitàdell'ultimo ventennio del '500, non solo a livello centrale. Da questo punto di vista, l'irriducibilità della situazioneitaliana alle linee di tendenza europee appare molto meno netta». G. ROMEO. Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp.107-108. A tale proposito si veda anche: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 208-214.62 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830.

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convocata per l'interrogatorio. Tuttavia la Sguma non fu ascoltata che a ottobre dell'annosuccessivo, dopo che il 12 dello stesso mese il tribunale inquisitoriale ne ebbe deciso il rinvioa giudizio. L'interrogatorio della Sguma si svolse in tre sedute successive presso la sede diPortogruaro, il 16, 17 e 19 ottobre. Il procedimento terminò il 20 ottobre 1626, giornoseguente la conclusione dell'ultimo costituto. Il tribunale, dopo aver esaminato il complessodella causa, decise il rilascio della Sguma, previa condanna alla penitenza salutare.

Processo per stregoneria contro Marcolina Stella da Spilimbergo,1644.63

La vicenda giudiziaria che vede coinvolta Marcolina Stella si muove in un periodocompreso tra il 6 settembre64 e il 28 ottobre 1644, poco meno di due mesi, un intervallotemporale oltremodo breve, e si concluse con il proscioglimento della donna.

Il 6 di settembre tale Leonardo Cisternini si recò dall'inquisitore al quale consegnò unmemoriale, una sorta di accusa contro la Stella. Il 23 dello stesso mese alla presenza di fraLodovico Sillani da Gualdo, inquisitore generale nelle diocesi di Aquileia e Concordia, di fraPietro de Vareschi, vicario dell'Inquisizione della diocesi di Concordia, e di Enea diSpilimbergo, giusdicente del medesimo luogo nonché delegato dal luogotenente della Patriadel Friuli Andrea Bragadino in sua vece, venne convocato presso il convento di SanPantaleone il pievano pre Carlo Rossetis, il primo dei testimoni ascoltati nell'arco di quattrogiornate, fino al giorno 26. Terminata l'escussione dei testi, nel corso della medesimagiornata Marcolina Stella comparve spontaneamente dinanzi all'inquisitore, per difendersidalle accuse.

L'azione giudiziaria nei confronti della Stella si concluse nella seconda metà del mesedi ottobre, periodo durante il quale il tribunale decise di non procedere oltre. Il 15 ottobre ilprimo dei consultori nominati dal Sant'Ufficio giudicò gli indizi e le testimonianze raccolti nelcorso del processo non sufficienti per decretare la colpevolezza dell'imputata e ne ordinò cosìsolamente l'ammonizione. Il 19 ottobre Agostino Diana, secondo consultore, espresse parerefavorevole all'imputata, considerando le accuse contro di lei niente altro che invenzionimenzognere e senza alcun fondamento, organizzate a fini esclusivi di interesse personale daparte dell'attore. L'ultima delibera in ordine di tempo è datata 28 ottobre, giorno in cui ilterzo consultore in questione reputò Marcolina Stella non colpevole.

Processo per stregoneria contro Lorenzo Doz e Agnese, moglie diGiovanni di Franceschina, da Frisanco, e contro altre persone da Frisanco,Cavasso e Fanna, 1648.65

La documentazione giudiziaria riguardante Lorenzo Doz, Agnese di Franceschina ealtre persone abitanti a Frisanco, Cavasso e Fanna66, si colloca all'interno di un periodo cheva dal 30 giugno 164867 al 19 settembre 1650, un intervallo piuttosto ampio nel quale 63 Ivi, b. 27, fasc. 939.64 In realtà vi è un documento anteriore, datato Spilimbergo, 1 maggio 1644: si tratta di un memoriale autografoad opera di Leonardo Cisternini.65 Ivi, b. 31, fasc. 28.66 Le persone accusate di stregoneria in questa vicenda furono complessivamente quattordici, in prevalenza disesso femminile: Lorenzo Doz, Giacoma, moglie di Andrea del Longo, Ursula, vedova di Filippo Barcian e il figlioLorenzo, Ursula, moglie di Giovanni Daniele del Sottile, Caterina del Vescovo, vedova di Battista di Bernardon,Agnese, moglie di Giovanni di Franceschina, Giacoma Fanella, moglie di Mattia d'Angelo (abitanti a Frisanco);Pascutta, moglie di Giacomo Covas, Daniele d'Olivo Covas, Domenica, vedova di Daniele Biasatto, detta laChiarandola, Maddalena la Barciana, Daniele della Marmotta (abitanti a Cavasso); Giovanna di Placcia (abitante aFanna).67 In realtà sono presenti due documenti anteriori, entrambi datati Fanna, 29 giugno 1648: una lettera scritta dapre Domenico Segala, pievano di Fanna e Cavasso, all'inquisitore fra Giulio Missini ed un memoriale del medesimopievano.

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tuttavia non si pervenne ad alcuna conclusione ufficiale. La vicenda vede accusati a variotitolo di sospette attività stregonesche e diaboliche ben quattordici individui di tre comunitàdifferenti ma adiacenti, maschi e femmine, per la precisione otto abitanti a Frisanco, cinquea Cavasso e uno a Fanna. Il 30 giugno 1648 Osvaldo di Bernardon si presentò assieme alfiglio Mattia di nove anni davanti all'inquisitore, temporaneamente in Spilimbergo, al qualeconsegnò una lettera accompagnatoria del medesimo pievano68, al fine di ottenerel'assoluzione sacramentale del piccolo, rifiutata dal confessore pre Domenico Segala. Dopoavere ascoltato il genitore, l'inquisitore proseguì con il piccolo Mattia. I due, padre e figlio,vennero indi congedati previo giuramento del silenzio, di più il bimbo fu allontanato con unapenitenza salutare ed assolto.

Il 23 settembre il tribunale, dopo aver esaminato le tre lettere ed il memoriale fattipervenire dal pievano all'inquisitore69, si riunì in seduta plenaria a Portogruaro e decise diavviare processo informativo contro alcuni degli imputati: Lorenzo Doz, Agnese, vedova diGiovanni di Franceschina e sorella del Doz, Ursula, moglie di Giovanni Daniele del Sottile,tutti abitanti a Frisanco, e Domenica, vedova di Daniele Biasatto, detta la Chiarandolaabitante a Cavasso. All'interno del palazzo episcopale erano presenti l'arcivescovo BenedettoCappello, l'inquisitore fra Giulio Missini, il canonico penitenziario pre Giovanni BattistaMarignano, il canonico e canonista di Concordia pre Giovanni Battista Morandino, ilcancelliere del provveditore Giacomo Zabbarella in luogo del podestà di Portogruaro DonatoBarbaro, il cancelliere inquisitoriale fra Alessandro Sudante da Orvieto.

Successivamente trascorsero oltre otto mesi prima che il tribunale compisse altriatti70. Il 9 giugno del 1649 venne citato a deporre pre Salvatore Reggio, parroco di Frisanco.L'ultimo documento noto sulla vicenda risale al 19 settembre 1650, oltre quindici mesi dopoil precedente, quando l'inquisitore ordinò, per mezzo di un mandato di comparizione, chevenisse rintracciato e convocato pre Domenico Segala. Lo stesso giorno il pievano si presentòa Pordenone, dove venne interrogato in relazione all'autenticità delle lettere e dei memorialiinviati, che fu confermata alla presenza di Filippo Salomonio, provveditore e capitano in

68 La lettera di cui si riferisce è datata Fanna, 30 giugno 1648.Il 29 giugno pre Domenico Segala scrive all'inquisitore facendo riferimento alle dichiarazioni di Mattia, che haaccusato numerose persone di stregoneria; accenna inoltre ad un precedente colloquio intercorso tra l'inquisitoreed il conte Elia di Polcenigo, durante il quale fra Giulio Missini aveva espresso la volontà di ascoltare di persona ilpievano stesso, ma quest'ultimo, affermando di non avere avuto modo di recarsi dal suo superiore, dichiara chequella missiva lo avrebbe comunque soddisfatto, anche per il fatto che ad essa aveva accluso un precisomemoriale redatto tempo prima..Nel memoriale citato il pievano espone i propri timori in relazione ad una serie di eventi che si erano verificati neipaesi della sua cura. Da molto tempo infatti erano diffusi sospetti sulla presenza di streghe e stregoni nel villaggiodi Frisanco. Alla presenza di questi individui infatti gli abitanti del villaggio attribuivano numerose disgrazie,disastri meteorologici, malattie al bestiame ed alle persone. Le rivelazioni del fanciullo non avevano fatto altro checonfermare e rafforzare queste voci, indirizzandole su soggetti determinati. Nello specifico il sacerdote riferisce cheil bimbo di nove anni gli aveva riferito di essere uscito più volte di notte insieme alla nonna paterna Caterina e diessersi recato al sabba delle streghe, ciò era avvenuto un giovedì all'inizio del mese di maggio. A tali attività avevapartecipato attivamente la nonna del bimbo, mentre Mattia se ne era restato in disparte, senza partecipare,osservando con attenzione ed ascoltando ogni cosa. Inoltre questi aveva riferito al sacerdote di non essere unostregone bensì un benandante e di essersi recato al sabba in più occasioni, dove aveva incontrato due altriindividui come lui, uno originario di un villaggio nei pressi del fiume Isonzo, l'altro di Ronchi di Monfalcone (oggiRonchi dei Legionari).Il 30 giugno, ad accompagnare la comparizione spontanea di Mattia e del genitore Osvaldo, il pievano scriveun'ulteriore missiva all'inquisitore, nella quale aggiunge altre informazioni. Tutto il paese mormorava intorno allerivelazioni di Mattia e per questo motivo il pievano si era rivolto al conte Marzio di Polcenigo, prospettando lanecessità di interrogare il piccolo, il giusdicente aveva dato il suo assenso e così era stato ordinato che la madredel bimbo venisse invitata a comparire. Madre e figlio si erano allora presentati dal pievano in data 4 giugno..69 Il 9 agosto pre Domenico Segala aveva inviato all'inquisitore una lettera con la quale accompagnava un nuovomemoriale, recante la medesima data. Il secondo memoriale di pre Segala, decisamente più corposo delprecedente, risultava suddiviso in ventuno sottoparagrafi, ordinati progressivamente seguendo la numerazioneromana, ognuno dei quali riferiva informazioni su episodi specifici, a volte in maniera piuttosto dettagliata. Alcunedelle notizie venivano raccontate al pievano da un altro religioso, pre Salvatore Reggio, curato di Frisanco. Tra il 9e il 23 agosto pare collocarsi inoltre una lettera non datata, che pre Domenico Segala scrive all'inquisitore (per ladatazione incerta: G. P. GRI, Val Colvera, nel "nido particolar delle strege". 1648-1650, in N. CANTARUTTI (a c. di),"Commun di Frisanco". Frisanco - Poffabro - Casasola, edito dal Comune di Frisanco, 1995, p. 189). Il 23 agosto preSegala aveva infine inviato una nuova epistola all'inquisitore.70 In realtà il 14 gennaio 1649, dopo circa tre mesi e mezzo di silenzio, pre Domenico Segala aveva scritto unanuova missiva a fra Giulio Missini.

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Pordenone per la Repubblica veneta. Pre Domenico Segala non aggiunse altro, se non lanotizia che nel frattempo una delle donne accusate era deceduta, Domenica detta laChiarandola.

Denunce presso l'Inquisizione per possessione diabolica tramitestregoneria contro Pirina Rampon, detta Taier, Maria Fabbruzzi, dettaTavana, e sua figlia Domenica, tutte da Maniago, 1655; procedimento civileper diffamazione da parte dei consorti di Maniago intentato da MariaFabbruzzi contro Pirina Rampon, 1655.71

All'interno di un arco temporale avente come estremi il 15 giugno ed il 6 novembre1655, sono inseriti i documenti rinvenuti sul caso di Maniago72. La vicenda giudiziaria siaprì il 16 giugno 1655, quando un certo Osvaldo Campolino, contadino di Maniago, sipresentò a Udine presso la sede del tribunale dell'Inquisizione, recando con sé due lettereentrambe indirizzate al giudice di fede73. Consegnate le due missive, venne invitato adesporre i motivi che lo avevano condotto innanzi all'inquisitore fra Bonaventura Ripa daFerrara. Il 28 agosto, portando con sé una nuova lettera74, si presentò a Udine GiacomoCampolino ma, assente l'inquisitore, espose le sue ragioni al vicario dell'Inquisizione delladiocesi di Aquileia, fra Cornelio Navarro da Ferrara. Il 10 settembre il tribunale si riunì inseduta plenaria nel convento di San Francesco a Pordenone, presenti l'inquisitore fraBonaventura Ripa, pre Dioniso Vulpino, vicario dell'arcivescovo Benedetto Cappello, vescovodi Concordia, il provveditore Nicolò Minio, assistente per la Repubblica Serenissima, inoltrepre Giovanni Battista Morandino, canonico e canonista di Concordia, pre Giovanni BattistaMarignano, canonico penitenziario, fra Oliverio Tieghi, vicario del Sant'Ufficio di Concordia,fra Cornelio Navarro, vicario del Sant'Ufficio di Aquileia e in questo caso anche cancelliere.Costoro decisero all'unanimità che non esistevano indizi sufficienti per promuovere unprocesso informativo e ordinarono che le denunce fossero custodite, così come altri eventualiindizi, in modo da procedere eventualmente in futuro. Con questo atto terminò l'indagineinquisitoriale a carico delle donne di Maniago, in una maniera alquanto rapida, tenuto inconsiderazione che tutto era iniziato neppure tre mesi prima.

Il 6 novembre si presentarono a Udine dall'inquisitore il conte Bartolomeo di Maniago,in qualità di giusdicente di quel luogo, ed il suo cancelliere Giovanni Battista Fannio. Essiesibirono una serie di documenti formati nel foro civile maniaghese, che vennero presi inconsegna dall'inquisitore e messi agli atti del Sant'Ufficio come allegato D, vale a dire ladenuncia per diffamazione promossa da Maria Tavana contro Pirina Taier e la successivainchiesta giudiziaria dei conti. Il 18 giugno del medesimo anno, pressochécontemporaneamente all'inizio dell'indagine inquisitoriale, Maria Fabbruzzi si era presentataal conte Bartolomeo di Maniago ed aveva querelato Pirina Taier per averla calunniata distregoneria. Tra il 24 di giugno e il 10 di settembre erano state chiamate a deporre settepersone, tutte di Maniago, tanto che il giorno 13 il tribunale dei consorti aveva emanato unordine di comparizione per Pirina Taier. La donna si era presentata quello stesso giorno, erastata ascoltata e tratta in arresto. Una settimana dopo, il 20 ottobre, la Taier aveva fattochiamare il cancelliere consortile e gli aveva dettato una supplica indirizzata al tribunale deigiusdicenti. Si trattava di una fideiussione per mezzo della quale Pirina prometteva diosservare le norme che le sarebbero state imposte, lasciando il possesso e l'amministrazionedi tutti i suoi beni ai consorti di Maniago75. Dopo aver esaminato il documento, le autorità

71 AAUD, S.Officio, b. 39, fascc. 293, 299 e Querela civile.72 In realtà le persone incriminate furono due, dal momento che Domenica venne nominata soltanto perché figliadi una presunta strega, Maria Fabbruzzi.73 La prima, inviata da parte del padre Giacomo Campolino e datata Maniago, 15 giugno 1655, viene messa agliatti con la lettera A; la seconda, scritta da pre Bernardino Vittori, vicario foraneo di Maniago, porta la medesimadata della precedente e viene allegata come lettera B.74 La missiva è datata Maniago, 26 agosto 1655 e viene messa agli atti come allegato C.75 Si ricordi quanto successe il 19 gennaio 1586 a Menocchio. Per essere liberato dal carcere un suo conoscente,Daniele di Biasio, si impegnò a pagare una fideiussione di 200 ducati, da corrispondere in caso Menocchio nonavesse rispettato il confino nel villaggio di Montereale, oppure nell'eventualità avesse trasgredito gli altri obblighi

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civili avevano ordinato di scarcerare la Taier, che aveva riacquistato così la libertà. Lavicenda, eccetto che per due successive deposizioni testimoniali, rispettivamente del 28ottobre e del 2 novembre, giunse così a conclusione.

Denuncia per stregoneria e possessione diabolica tramite stregoneriacontro Margherita, moglie di Giuseppe Tavani, Lucia, figlia del defuntoSalvatore di Bucco, e altre donne da Andreis, 1663.76

La documentazione giudiziaria riguardante Margherita Tavani, Lucia di Bucco e lealtre persone abitanti ad Andreis77, si colloca all'interno di un periodo che va dal 3 al 29agosto 1663, intervallo nel quale non si pervenne ad alcuna conclusione ufficiale. Il 3 agosto1663 un tale Osvaldo della Stella comparve personalmente a Portogruaro, inviato dal propriocomune per denunciare alcuni eventi misteriosi che in quel periodo si erano verificati nelvillaggio. Così, assente l'inquisitore fra Angelo Gherardini da Ravenna, egli espose le sueragioni a fra Antonio Dall'Occhio, vicario del Sant'Ufficio della diocesi di Concordia. Il 19agosto l'inquisitore scrisse una lettera al suo vicario, informandolo dell'invio dei verbalioriginali della denuncia del 3 agosto, conservati per sé in copia; inoltre accennò ad unproprio possibile trasferimento in loco per dare inizio al procedimento giudiziario controMargherita Tavani e Lucia di Bucco, oppure in via subordinata il processo sarebbe statoaperto dallo stesso vicario sotto i consigli e la propria personale direzione. Il 23 agosto preLucio d'Alberto scrisse all'inquisitore, informandolo di nuovi eventi che erano capitati nelvillaggio. Tre soli giorni dopo, pre Lucio d'Alberto inviò all'inquisitore un'altra lettera, che alcontempo assunse la funzione di memoriale delle vicende in oggetto. Il 29 agosto vennecitato Osvaldo della Stella, che si presentò a Portogruaro al fine di ratificare la denuncia delgiorno 3 dello stesso mese contro Margherita Tavani e Lucia di Bucco, come una decina digiorni prima aveva ordinato lo stesso inquisitore. Furono presenti fra Antonio Dall'Occhio eIppolito Zaffarino, in vece del podestà del luogo.

Denuncia per stregoneria e possessione diabolica tramite stregoneriacontro Maddalena, moglie di Daniele Corradini, Cecilia, figlia di DanieleBozzi, e altre donne da Barcis, 1663.78

La documentazione riguardante le donne accusate a Barcis79, si inserisce all'interno diun periodo che va dal 18 settembre al 19 ottobre 1663, durante il quale non vi fu alcunaconclusione ufficiale. La vicenda vede accusate a vario titolo di attività stregonesche ediaboliche sei donne abitanti a Barcis. Il 27 settembre un certo Sebastiano Corradini venneinviato da Domenico Malattia, podestà del Comune di Barcis, a Udine per conferiredirettamente con l'inquisitore fra Angelo Gherardini. Tuttavia questi era assente e ilCorradini espose le sue ragioni al vicario del Sant'Ufficio della diocesi di Concordia fraAntonio Dall'Occhio. Il comparente spiegò al vicario di essere stato mandato dal Comune diAndreis, nel quale egli viveva, unitamente a quello di Barcis, al fine di denunciare alcuni

imposti dal tribunale inquisitoriale. In tale maniera la giustizia si assicurò che le sue decisioni venissero rispettate.Un procedimento analogo avvenne nella vicenda di Maniago. Per il caso di Menocchio si vedano: A. DEL COL (a c.di), Domenico Scandella detto Menocchio. I processi dell'Inquisizione (1583-1599), Pordenone, Bibliotecadell'Immagine, 1990, pp. LXXXVIII, 143; C. GINZBURG, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500,Torino, Einaudi, 1976, pp. 111, 118.76 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, cc. 1r-12v; Ivi, b. 73, fasc. 44, cc. 1r-12v.77 In realtà sono cinque le persone, tutte di sesso femminile, accusate ad Andreis: Lucia di Bucco e la sorellaMaddalena, moglie di Domenico di Traina, entrambe assassinate; Giacoma, vedova, messa agli arresti in prigione;Margherita Tavani e Giacoma, moglie di Daniele de Modestis, entrambe fuggite.78 Ivi, b. 42, fasc. 395, cc. 1r-12v.79 Le persone accusate di stregoneria a Barcis furono sei e tutte di sesso femminile: Maria Rosa, Maddalena,moglie di Daniele Corradini, Pasqua di Salvadore e sua figlia Maria, Cecilia, figlia di Daniele Bozzi, Domenica,moglie di Domenico Traina. Tuttavia all'interno del fascicolo si fa il nome anche di un uomo, tale Giacomo, figlio diBattista Fantini, da Andreis, capo delle streghe di Andreis e Barcis.

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avvenimenti misteriosi che stavano capitando nei due villaggi. In parte tali episodi eranostati già riferiti tra il 3 ed il 29 di agosto da Osvaldo della Stella da Andreis e dalle missivescritte dal parroco del luogo pre Lucio d'Alberto. In tal senso la vicenda di Andreis siintrecciava a quello che contemporaneamente pareva si stesse verificando a Barcis. Inprecedenza pre Tommaso Biasi, rettore80 di Tesis, era stato inviato ad Andreis, su ordinediretto del vicario generale di Concordia, al fine di investigare sulla vicenda e per questomotivo aveva redatto un primo memoriale datato 18 settembre, poi inviato a Portogruaroall'attenzione dell'inquisitore. L'11 ottobre Federico Zenalin, cancelliere della curia, inviò afra Angelo Gherardini alcuni documenti che l'inquisitore aveva richiesto a pre TommasoBiasi. Il 19 ottobre pre Biasi completò un nuovo memoriale e lo inviò da Andreis al vicario. Sitratta dell'ultimo atto ufficiale che si possiede sulla vicenda.

Il numero dei testimoni ascoltati di volta in volta dai giudici inquisitoriali apparepiuttosto limitato, tranne nel caso della spilimberghese Marcolina Stella, dove le autorità inmeno di due mesi ascoltarono ventotto persone. Per quanto concerne gli altri procedimenti,undici furono i testi nella causa contro Anna Sguma da Spilimbergo, quattro in quella controLorenzo Doz da Frisanco ed altre persone anche dei paesi vicini, uno, lo stesso delatore, neicasi rispettivamente di Andreis e Barcis. Quattro furono le persone ascoltate per l'accusa distregoneria a carico di Pirina Rampon e Maria Fabbruzzi, entrambe da Maniago.

Raramente le imputate vennero interrogate: nei processi inquisitoriali qui esaminatitre volte lo fu la Sguma ed una la Stella. Parimenti solo la metà delle vicende giudiziariegiunse ad una conclusione ufficiale: Anna Sguma venne condannata a penitenza salutare; ladenuncia per stregoneria a carico di Marcolina Stella venne lasciata cadere e l'imputata fuprosciolta dalle accuse, considerate artefatte e precostruite da terzi per interessi personali(anche se uno dei consultori inquisitoriali propose di ammonirla come avvertimento); inrelazione a Pirina Rampon e Maria Fabbruzzi il tribunale deliberò il non luogo a procedere,considerando insufficienti gli indizi raccolti a loro carico per un processo informativo; per levicende di Frisanco e paesi limitrofi, nonché per Andreis e Barcis, per quanto è noto, non furaggiunta alcuna conclusione ufficiale.

La procedura fu quella che pare abitualmente in uso nell'Inquisizione romana: nonrisulta che la tortura sia stata utilizzata su alcuno degli accusati qui nominati, tantomenoevidenti e forzate pressioni psicologiche o interrogatori apertamente suggestivi. Connessa alcriterio probatorio, alquanto rigido e selettivo, fu la mitezza delle sentenze: lo evidenziano inquesto studio la benevolenza e cautela dei giudici di fede, che nel solo caso di Anna Sguma,il più antico di quelli esaminati, giunsero alla condanna dell'imputata, peraltro con penealquanto miti, la penitenza salutare, mentre in almeno altre due circostanze le imputatevennero di fatto prosciolte dopo indagini accurate e meticolose, Marcolina Stella, PirinaRampon e Domenica Tavana, in un caso perché gli addebiti si erano rivelati artificiosi,nell'altro perché gli indizi erano stati reputati insufficienti. Marcolina Stella tra l'altropresentò un memoriale a difesa.

Rilevante appare, nell'economia della vicenda maniaghese, la denuncia presentatapresso il tribunale civile dei consorti di Maniago da parte di Maria Fabbruzzi, che querelòPirina Rampon per averle levato il buon nome, per averla infamata e screditata agli occhi deicompaesani. Nove furono i testi convocati ed ascoltati dal tribunale dei giusdicenti, lamedesima Pirina fu interrogata, posta in carcere ed in seguito rilasciata dietro fideiussione.

Tutte le vicende esaminate in questo studio ebbero inizio dalla denuncia presentataall'inquisitore e attestano come il sistema inquisitorio non escludesse affatto che l'azionepenale avvenisse tramite delazione esplicita di terzi. L'altra maniera per iniziare una causapenale era un intervento diretto da parte degli stessi inquisitori, sulla scorta della famauniversalmente diffusa, oppure grazie a notizie ricavate da delazioni e comunicazioniconfidenziali.

Generalmente la causa si svolgeva in una delle sedi del tribunale, la residenzadell'inquisitore nel convento di San Francesco interiore a Udine, ma altre sedi decentrateerano Pordenone e Portogruaro. Alle sedute potevano essere presenti, oltre all'inquisitore o alsuo vicario, il vicario vescovile ed un rappresentante del potere civile, in vece rispettivamentedel vescovo della diocesi e del rettore veneziano, rappresentante della Serenissima, e altri

80 In diritto canonico, l'ecclesiastico che regge una chiesa non parrocchiale con titolo di rettoria.

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membri: canonici e teologi come consultori, due dottori in legge della città. Per Anna Sgumaad esempio a Portogruaro furono presenti tra gli altri il vicario inquisitoriale fra BernardinoFortuna e Donato Casella, vicario generale del vescovo di Concordia Matteo Sanudo; per lavicenda maniaghese a Pordenone vi furono l'inquisitore fra Bonaventura Ripa, DionisoVulpino, vicario del vescovo di Concordia Benedetto Cappello, e il provveditore Nicola Minioin rappresentanza di Venezia; mentre per la vicenda di Frisanco, a Portogruaro fu presenteassieme all'inquisitore fra Giulio Missini il vescovo Benedetto Cappello in persona.

Così ai costituti della Sguma a Portogruaro fu presente tra gli altri Giovanni Duodo,podestà veneziano; in quella maniaghese invece gli interrogatori furono condotti dal soloinquisitore fra Bonaventura Ripa da Ferrara in un caso, dal solo vicario inquisitoriale delladiocesi di Aquileia fra Cornelio Navarro nell'altro, ambedue assistiti dal cancelliereinquisitoriale Giovanni Battista Castellano. Medesimo discorso per la vicenda di Frisanco,dove l'inquisitore fra Giulio Missini operò con il solo ausilio di un cancelliere; così come fecefra Antonio Dall'Occhio, in qualità di vicario inquisitoriale della diocesi di Concordia, checondusse gli interrogatori relativi ai fatti di Andreis a Portogruaro con l'ausilio del solocancelliere in un caso, del rettore di Concordia Ippolito Zaffarino nell'altro, quelli relativi aifatti di Barcis a Udine coadiuvato dal solo cancelliere.

In altre situazioni era l'inquisitore medesimo, o il vicario generale del Sant'Ufficio, arecarsi nel paese dell'imputato, al fine di accelerare i tempi e favorire l'inchiesta. Cosìavvenne che parte degli interrogatori inerenti i casi di Anna Sguma e Marcolina Stella sisvolgessero a Spilimbergo: nel primo il vicario inquisitoriale delle diocesi di Aquileia eConcordia pre Bernardino Fortuna era assistito dal pievano del luogo e da unrappresentante civile in funzione dei giusdicenti; nel secondo erano presenti l'inquisitore fraLodovico Sillani da Gualdo, il vicario inquisitoriale della diocesi di Concordia fra Pietro deVareschi ed il conte Enea di Spilimbergo, giusdicente in vece del luogotenente della Patriadel Friuli.

Per quanto concerne il procedimento civile per diffamazione a Maniago, gliinterrogatori furono condotti dal conte Bartolomeo di Maniago, coadiuvato dal suocancelliere Giovanni Battista Fannio, alla presenza almeno in un caso del consorte Silvio diManiago.

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III

LA STREGONERIA

Etnologi ed antropologi studiano società diverse da quella europea dell'età medioevalee moderna, lavorano sul campo, entrano in culture contemporanee altre da quellaoccidentale, vi si inseriscono e le osservano dal vivo, direttamente, grazie ad unametodologia partecipante. Parallelamente studiosi di tradizioni popolari e folkloristi studianola credenza nella stregoneria europea contemporanea a livello orale come è stata tramandatae poi trascritta nelle fiabe e nei racconti popolari di magia. Etnologi e antropologi, studiosi ditradizioni popolari e folkloristi hanno incontrato, incontrano e descrivono la stregoneriaanche nella sua accezione più stretta, in un polo folklorico-antropologico non contaminatodall'elemento diabolico, dagli schemi dotti. Necessaria sotto quest'ottica ed imprescindibileappare la comparazione pertanto tra le differenti fonti documentarie: quella sulla stregoneriastorica (popolare e colta) europea scritta, medioevale e moderna; quella sulla stregoneriaetnoantropologica extraeuropea, orale contemporanea; quella sulla stregoneria popolare-folklorica europea, orale contemporanea.

Due sono le facce della medesima credenza, gli aspetti interdipendenti della tradizionedi questi studi rilevanti per uno studio storico della stregoneria europea, popolare einquisitoriale: la connessione della credenza nell'universo della stregoneria con la questionedell'attribuzione di senso all'esperienza dell'evento negativo, dello stare male quotidiano eparticolare (la sventura allo stesso tempo spiega la credenza nella stregoneria ed è uno degliagenti scatenanti principali dei sospetti, delle accuse e della persecuzione contro le streghe);la connessione della credenza nella stregoneria con il problema dei rapporti interpersonali dinatura conflittuale all'interno di comunità di piccola scala, nel caso del Friuli dell'etàmoderna della comunità di villaggio (l'antagonismo tra i membri di un medesimo gruppospiega la credenza nella stregoneria, inoltre è uno dei catalizzatori primari di sospetti,accuse informali, denunce e della persecuzione giudiziaria ed extragiudiziaria).

La denuncia per stregoneria, come anche l'accusa informale, assume, all'interno dellasfera spaziale e relazionale condivisa dai membri di una comunità, una funzionepolidimensionale: da un lato agisce da valvola di sfogo di tensioni sociali accumulatesigradualmente nel corso degli anni tra vicini, o comunque tra membri di un medesimogruppo; dall'altro lato opera come mezzo per troncare definitivamente o per ridefinirerelazioni sociali indesiderate, o per sanzionare ufficialmente situazioni altrimenti ambigue inuna maniera socialmente e moralmente approvata dalla collettività.

Tuttavia l'accusa informale di stregoneria ha la funzione non secondaria di trasferire ilsenso di colpa provato dall'accusatore sulla presunta responsabile del torto. La strega il piùdelle volte riteneva di aver subito un danno qualificabile come ingiusto, le era stato negatoun aiuto, una cortesia, azioni che comunque andavano contro il dovere sociale-morale dellareciprocità o della solidarietà nei confronti di individui che si trovavano in una posizione didifficoltà economica e debolezza sociale1. La persona che riteneva di avere commesso il tortoprovava rimorso per non aver osservato quelle norme e il meccanismo adottato non facevaaltro che invertire i ruoli: il presunto colpevole della non osservanza delle regole si liberavadel proprio senso di colpa trasferendolo sull'individuo che aveva subito il danno2. In questa

1 Riguardo al conflitto tra la solidarietà reciproca tradizionale e l'individualismo nascente, tra il dovere socialecomunemente accettato e l'interesse personale moderno, sull'accusa di stregoneria come risposta a talicomportamenti individualisti: A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex in epoca Tudor e Stuart, in M. DOUGLAS(a c. di), La stregoneria. Confessioni e accuse nell'analisi di storici e antropologi, Torino, Einaudi, 1980, pp. 134-137;ID., Stregoneria in Inghilterra tra il '500 e il '600, in M. ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa (1450-1650),Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 247-248, 252-255; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale per lo studiostorico della stregoneria inglese, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 102-104; ID., Problemi sociali,conflitti individuali e stregoneria, in M. ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa, cit., pp. 227-234.2 Nella prima età moderna, così come in epoca medioevale, gli indigenti erano a carico della comunità, che dovevaprovvedere al loro sostentamento. Tuttavia con l'avvento delle prime trasformazioni economiche e sociali questanorma venne sovente ignorata e denunciare il povero per il crimine di stregoneria risultò una comoda via d'uscita

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maniera la vittima reale veniva trasformata nella strega responsabile dell'evento negativo,mentre la colpevole del cattivo comportamento si riteneva il bersaglio della sventura causatadalla strega3.

La credenza nella stregoneria opera all'interno di un villaggio non omogeneo, maattraversato oltre che dai piccoli conflitti interpersonali da contraddizioni strutturali.L'ideologia del malocchio4, l'occhio bieco che provoca la sventura, è strettamente connessaall'ideologia dell'invidia: era l'invidia a causare la disgrazia5. L'invidia nasceva dalladisparità, dal fatto che un individuo aveva quello che un altro non aveva. Il male avvenivaproprio perché tutti avevano in maniera diversa. Nella vita della società preindustriale siassisteva a volte ad una contraddizione profonda: la concezione popolare della parità teoricaconviveva con la disparità reale, tale convivenza portava ad un contrasto, ad unaincongruenza fra la presunta idea contadina che tutti avrebbero dovuto avere in manierauguale e la realtà dei fatti, che era ben differente6. Questa incongruenza si rifletteva nellavita quotidiana: comunque fosse un campo poteva essere più fertile di un altro, un giovaneed un anziano potevano avere problemi differenti, un marito che voleva bene alla propriamoglie era preferibile ad uno che andava con altre donne, avere un figlio in buona salute erameglio che averne uno malato, così come una figlia sposata era preferita ad una zitella oabbandonata dal marito7. L'interpretazione dei mali e delle disparità per mezzo dellastregoneria interviene a mediare questa incongruenza. Ecco perché all'interno della credenzanelle streghe ritroviamo tante donne, soprattutto anziane e nubili: innanzitutto perché ledonne avevano avuto meno degli uomini e in secondo luogo perché una zitella non avevaavuto quello che avrebbe dovuto avere, vale a dire un marito e dei figli come tutte le altre.

per discolpare se stessi dal non aver osservato le leggi tradizionali: A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit.,pp. 252-254; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 102-110, 115-116; ID., Problemi sociali,conflitti, cit., pp. 229-232.3 Per il transfert del senso di colpa si veda anche: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, la storia, le vicende di Satana ela sua universale e malefica presenza presso tutti i popoli, dall'antichità ai nostri giorni, Roma, Newton Compton,1987, p. 362; C. GALLINI, Dono e malocchio, Palermo, Flaccovio, 1973, pp. 123-125.4 Riguardo all'ideologia del malocchio: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 140, 157, 160, 162-163, 319; E.DE MARTINO, Sud e magia, Milano, Feltrinelli, 1976; C. GALLINI, Dono e malocchio, cit.; M. DOUGLAS,Introduzione. Trent'anni dopo Witchcraft, Oracles and Magic, in EAD. (a c. di), La stregoneria, cit., p. 23; B.SPOONER, Il malocchio in Medio Oriente, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 379-388.5 Riguardo a gelosia e invidia connesse o meno al malocchio: R. BRAIN, Bambini-streghe, in M. DOUGLAS (a c. di),La stregoneria, cit., pp. 216-217; M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 22-23; C. GALLINI, Dono e malocchio, cit., inspecial modo le pp. 81-138; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime in uno stato dell'Africaoccidentale, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 300-301; G. I. JONES, Un limite alle accuse, in M.DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 398-399; I. M. LEWIS, Un approccio strutturale alla stregoneria e allapossessione spiritica, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 369; B. SPOONER, Il malocchio, cit., pp. 379-388.6 La ricchezza è un dato, non un prodotto, è un qualcosa di attribuito una volta per sempre, non qualcosa cheaumenta, pertanto non è giusto che un individuo abbia o prenda più di quanto gli altri hanno. Si tratta delconcetto della «quantità limitata e immutabile», riferito alle risorse disponibili in una data società, per mezzo delquale «si può porre la descrizione della cultura popolare». Secondo Levi è inammissibile «la crescita economica eogni atto di ridistribuzione di ricchezze è necessariamente accompagnato dall'impoverimento di qualcuno di fronteall'arricchimento di qualcun'altro. Ne nasce una paralizzante guerra di tutti contro tutti, una continua tensione euna diffidenza generalizzata». G. LEVI, L'eredità immateriale. La carriera di un esorcista nel Piemonte del '600, Torino,Einaudi, 1985, pp. 4, 10 n. 2. Il «modello "di profitto limitato" (per cui il bene esiste in quantità limitata e data, nonrinnovabile e incrementabile: e quel che prende uno è automaticamente sottratto alle possibilità degli altri)» vieneconsiderato come «uno dei fondamenti della cultura contadina tradizionale, responsabile in particolaredell'ambiguo oscillare del mondo contadino fra un'etica solidaristica e una conflittualità latente segnata dall'invidiae dall'ostilità verso chi emerge». G. P. GRI, "...E ce mai sarae di me?". Pratiche di divinazione nel Tarcentino per SanGiovanni Battista, in G. ELLERO (a c. di), Tarcint e valadis de tôr, 73° Congresso - 22 settembre 1996 - SocietàFilologica Friulana, Udine, Società Filologica Friulana, 1996, p. 188 e n. 9 a p. 191.7 «Il problema del male riguarda le minacce alla nostra capacità di formulare giudizi morali integri. Nel problemadel male non viene messa in discussione l'adeguatezza delle nostre risorse simboliche a governare la nostra vitaaffettiva, ma l'adeguatezza di tali risorse a fornire un insieme efficace di criteri etici, di guide normative chegovernino la nostra azione. La frustrazione qui sta nel divario tra le cose come sono e come dovrebbero essere se lenostre concezioni del giusto e dell'ingiusto avessero un senso, il divario tra quello che secondo noi meritano i variindividui e quello che vediamo che ottengono ... lo sfasamento tra le prescrizioni morali e le remunerazionimateriali, l'apparente incoerenza tra "è" e "dovrebbe"». Per quanto concerne «la preoccupazione per l'intrattabileparadosso etico, la sensazione inquietante che la propria concezione morale è inadeguata all'esperienza morale: C.GEERTZ, Interpretazione di culture, Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 159-161.

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1. La credenza nella stregoneria spiega le disgrazie

Per quanto riguarda lo scenario dell'evento negativo, da un punto di vistaantropologico esso comprende sia l'episodio in sé, che avviene sul piano di realtà (malattia,morte, disgrazia generica, possessione), sia il quadro di emozioni ed interpretazioni ad essocorrelate, che lo accompagnano sul piano percettivo8. Tale prospettiva considera la sventuracome rappresentazione collettiva da parte di un gruppo sociale definito, ad esempio lamalattia viene intesa in rapporto ad una determinata organizzazione sociale, religiosa,politica, economica, morale e simbolica. Ogni avvenimento nocivo va considerato in uncontesto più ampio: è l'azione combinata all'interno della società tra elemento immaginarioindividuale ed elemento simbolico collettivo a definirne la dimensione sociale.

Ogni episodio sfavorevole richiede una chiave interpretativa, necessitando da unaparte di una spiegazione e dall'altra di una soluzione; nel caso della malattia una causa edun rimedio terapeutico. Venire colpiti dalla sventura è un avvenimento profondamenteiniquo per chi lo subisce, soprattutto quando iterato, che richiede la necessità di trovare unsenso e di essere incluso in una concatenazione di cause ed effetti specificamenteesplicativa, riconducibile ed inseribile in uno schema conosciuto. La distinzione tra malattiae sventura non è rigida, infatti i termini male, malattia, infortunio, disgrazia non definisconoconcetti necessariamente identici ed omogenei a priori. Basti pensare all'ambiguità delvocabolo male, definibile sia in senso psicologico-biologico, che in senso morale-religioso.Malattia, morte, possessione e sventura indicano tutte una transizione da una fase adun'altra, dalla normalità all'anormalità e proprio per questo motivo sono difficilmentedistinguibili l'una dall'altra a livello interpretativo.

La malattia, così come il concetto polivalente di disgrazia, ha una dimensione sociale9.La concezione specifica di malattia è definibile da due punti di vista interrelati: lacomponente biologica-fisiologica da un lato, la componente sociale-simbolica dall'altro. Laprima la considera come una realtà biofisiologica inscritta nel corpo dell'individuo e decifratadalla medicina, la seconda comprende l'insieme dei fattori collettivi e simbolici cheriguardano l'avvenimento strettamente biologico, che va interpretato sia a livello individualeche a livello collettivo10.

Dal punto di vista strettamente biofisiologico la malattia va considerata come ildeterioramento del corpo e/o dell'intelletto di un soggetto, dovuto ad un procedimento

8 Per un'interpretazione antropologica del concetto più ampio di evento negativo e di quello specifico di malattia:M. AUGÉ e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male. Antropologia, storia e sociologia della malattia, Milano,Saggiatore, 1986 (e la bibliografia ivi indicata).9 Nel corso del XVI secolo la scienza medica ufficiale registrò novità importanti sotto questo punto di vista, lamalattia venne considerata come rottura dell'equilibrio corporeo individuale, strettamente connessa allacomponente sociale e cosmica: P. BARTOLI - P. FALTERI, Il corpo conteso. Medicina «ufficiale» e medicina «popolare» aMagione, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, in La Ricerca Folklorica. Contributi allo studio dellacultura delle classi popolari, 8, Brescia, Grafo, ottobre 1983, pp. 57-66; G. B. BRONZINI, Antropologia e medicinapopolare. Note sugli studi dei positivisti italiani, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp. 13-16;C. CESCHIA - D. COZZI, «Las Indias de por acà». Contributo per un'analisi comparata dell'isterodemonopatia nel XIXsecolo, Metodi e ricerche, n.s., VII, 1, gennaio-giugno 1988, pp. 51-60; S. DE RENZI, Storia della medicina in Italia,Bologna, 1988; A. M. DI NOLA, La medicina popolare: questioni di metodo, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicinapopolare in Italia, cit., pp. 7-12; ID., Le terapie magico-religiose, in T. SEPPILLI (a c. di), Medicine e magie, Milano,Electa, 1989, pp. 91-100; F. FERRANDO, L'assistenza sanitaria, in L. MORASSI (a c. di), Ospitalità sanitaria inUdine - dalle origini all'ospedale della città. Secoli XIV-XVIII, Udine, 1989, pp. 174-175; V. LANTERNARI, Le terapiecarismatiche. Medicina popolare e scienza moderna, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp.83-90; A. PAZZINI, Storia della medicina, Milano, Vallardi, 1947; L. PREMUDA, Storia della medicina, Padova, 1960;T. SEPPILLI, La medicina popolare in Italia: avvio ad una nuova fase della ricerca e del dibattito, in ID. (a c. di), Lamedicina popolare in Italia, cit., pp. 3-6.10 Tuttavia non in tutte le società studiate da antropologi ed etnologi ogni malattia aveva ed ha sempre una causasociale. Alcune culture individuano in esse delle cause naturali e le curano per mezzo di trattamenti non rituali esimbolici, utilizzando invece sostanze ricavate dalle piante. M. AUGÉ, Ordine biologico, ordine sociale. La malattia,forma elementare dell'avvenimento, in M. AUGÉ e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male, cit., pp. 33-85.

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biochimico. Essa indica una trasformazione dell'organismo da una fase di stabilità ad una diinstabilità, definibile a livello biologico, fisico, chimico, naturale e oggettivo. Essere malatisignifica così subire una transizione di stato e in questa direzione gli esempi nei documentida me esaminati sono numerosi: la puerpera che non aveva più il latte necessario peralimentare il neonato, la persona che non mangiava con lo stesso appetito di prima, il figlioche non era più in salute, il marito che diventava sterile, il contadino che non riusciva alavorare come un tempo, la persona che non si comportava più come prima, non si recava amessa con la medesima frequenza oppure non parlava affatto con i compaesani11. Salute emalattia sono allora definibili rispettivamente l'una come uno stato produttivo, attivo,funzionante, di partecipazione alla vita collettiva12, l'altra come una condizione improduttiva,inattiva, non funzionante, di esclusione dalla vita sociale13.

L'evento negativo significa patimento ed è strettamente connesso ad altre duequestioni: da un lato la ricerca di strumenti utili a neutralizzare ed evitare la sofferenza,mezzi che non facciano patire, e dall'altro il problema di come soffrire, di come faredell'esperienza del negativo qualcosa di sostenibile14. Il rapporto tra stregoneria e sofferenzaindaga proprio questa tematica, come trasformare l'afflizione dovuta ad un episodiosfavorevole in qualche cosa di tollerabile, senza che l'esperienza negativa travolga l'individuo.Questo procedimento di salvataggio emozionale della propria soggettività all'internodell'avvenimento nocivo è possibile solamente rivestendo di senso l'esperienza dell'infortunio.L'attribuzione di valore alla sventura permette quel processo di autosalvazione individualeche consente di recuperare se stessi all'interno dell'avvenimento. Non è altro che un sistemainterpretativo carico di percezioni, che funziona dando un nome innanzitutto alla sventura,successivamente alla causa responsabile dell'evento sfavorevole15.

La credenza nell'esistenza delle streghe va considerata all'interno di un siffattoorizzonte di questioni esistenziali. Una parte dei documenti che possediamo su di essa,europei dell'età moderna (popolari e colti, laici ed ecclesiastici) o contemporanea (tradizionefolklorica), extraeuropei del periodo contemporaneo (etnoantropologici), fa riferimento ad unambito familiare e domestico, vale a dire alla definizione popolare e antropologica distregoneria, non a quella storica e inquisitoriale di stregoneria diabolica: la mucca che nonproduceva più latte, la tempesta che distruggeva il raccolto, la donna che non era più ingrado di allattare il bimbo, la malattia della figlia, la morte del marito. Si trattava delleconsuete sventure che potevano accadere giornalmente ad ogni individuo, non di eventi acarattere eccezionale16. Tuttavia non tutte le disgrazie venivano attribuite all'intervento 11 «Più terribili però, e presentate al fondo come la vera infirmitas, sono le conseguenze sulle attività della personae sul quadro delle relazioni sociali. Il malato, prigioniero del suo male ... giace nel letto, talvolta per anni, non puòmangiare, bere o dormire, non può alzarsi talora neppure per soddisfare i suoi bisogni corporali; oppure non puòcamminare eretto, non può muoversi, cieco o zoppo, senza l'aiuto di qualcuno; non può, infine, ... svolgere l'attivitàche gli compete nel quadro dell'economia familiare e sociale. ... traspare, fondamentale, lo spettro non solo dellapovertà, ma anche dell'emarginazione che ad essa si affianca, la produce e a un tempo ne è prodotta e potenziata».I. A. GALLETTI, «Infirmitas» e terapia sacra in una citta medievale (Orvieto, 1240), in T. SEPPILLI (a c. di), La medicinapopolare in Italia, cit., p. 22.12 Per una definizione di salute come «assenza di malattia»: J. PIERRET, I significati sociali della salute: Paris,l'Essonne, l'Hérault, in M. AUGÉ e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male, cit., pp. 203-238, in particolare le pp.214-219.13 «Religione e salute si trovano a tal punto associate nelle pratiche e nelle credenze tradizionali, che nella ricercadella guarigione può essere colto uno dei tratti caratterizzanti della religiosità popolare. Che la salute costituisca lagrazia per eccellenza da richiedersi alla divinità, non stupisce: la forza fisica rappresenta il cardine della societàcontadina tradizionale, ed anche in ambito urbano essa era in passato condizione fondamentale dellasopravvivenza: la salute viene così a identificarsi, in ultima analisi, con la capacità di lavorare; la malattia, percontro porta con sé disgrazie, povertà ed emarginazione». R. LIONETTI, Religione e guarigione. Il contributodell'etnologua francese (1972-1982), in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., p. 137.«In una tale visione, legata all'economia, in cui l'uomo si definisce come produttore, il malato sarà consideratocome deviante perché improduttivo»: C. HERZLICH, Medicina moderna e ricerca di senso: la malattia comesignificante sociale, in M. AUGÉ e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male, cit., pp. 177-201 (la citazione è a p.181).14 In relazione alla problematica della sofferenza connessa alla maniera di come sopportare l'afflizione: C. GEERTZ,Interpretazione di culture, cit., pp. 155-162.15 Thomas definisce questo procedimento come una «necessità emotiva»: K. THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit.,p. 219.16 A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 248-252; K. THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 203,217-226.

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intenzionale e volontario di agenti esogeni17, di qualche soggetto malvagio reale. Grandinate,correnti d'aria, sbadataggini, negligenze e malattie naturali facevano parte del comunebagaglio di conoscenze del buonsenso popolare18. L'interpretazione in termini di stregoneriaveniva utilizzata in casi di disavventure quotidiane, particolari, soprattutto iterate, inattese,fuori dagli schemi, di solito individuali, raramente per spiegare i fenomeni più generali19. Per un'interpretazione della stregoneria come spiegazione della sventura: E. ARDENER, Stregoneria, economia econtinuità di credenze, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 196; R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp.210, 212, 227, 229; P. BROWN, Magia, demoni e ascesa del cristianesimo dalla tarda antichità al medioevo, in M.DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 52, 54, 65-69; N. COHN, Il mito di Satana e degli uomini al suo servizio,in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 44; M. DOUGLAS, Introduzione, cit., p. 26; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, Milano, Angeli, 1976, pp. 101-122 A. FORGE, Prestigio,influenza e magia: l'esempio della Nuova Guinea, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 335; E. GOODY,Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., p. 289 A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 122,125, 129-130, 132-134; J. PITT-RIVERS, Il potere spirituale nell'America centrale: i nagual del Chiapas, in M.DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 238, 248-249; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano di famainternazionale, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 156-159, 161, 170; P. RIVIÈRE, Fazioni edesclusioni in due sistemi di villaggio dell'America del sud, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 311; M.RUEL, Gli uomini-animali e la strega introversa, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 403-404, 419; K.THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 84-85, 87, 92, 94-97, 99, 102-104, 108, 111; R. G.WILLIS, Il millennio attuato: sociologia dei culti africani di purificazione delle streghe, in M. DOUGLAS (a c. di), Lastregoneria, cit., p. 173.Sulla stregoneria come spiegazione della malattia: E. ARDENER, Stregoneria, economia e continuità, cit., p. 191; R.BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp. 211-212, 217-220, 226-227; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli emagia, cit., pp. 104, 497-500, 584; A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 337, 339; E. GOODY,Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., pp. 268, 287, 295; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex,cit., pp. 125, 129-132, 136; J. PITT-RIVERS, Il potere spirituale, cit., pp. 245-249; A. REDMAYNE, Chikanga: unindovino africano, cit., pp. 151, 159-161, 165-166; P. RIVIÈRE, Fazioni ed esclusioni, cit., p. 311; M. RUEL, Gliuomini-animali, cit., pp. 404, 417; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 93, 96, 100-101, 113-116.Per la stregoneria come interpretazione della morte: E. ARDENER, Stregoneria, economia e continuità, cit., pp. 193-194, 197-198; R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp. 211, 215; P. BROWN, Magia, demoni e ascesa, cit., pp. 68; M.DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 7, 20-21; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 62-65,649-654; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., pp. 267-268, 272, 275-279, 286-288, 292-293, 300, 303; A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 322-324, 327-328, 332-333, 335-337, 339-342; G.I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 392-393; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 123, 128-131, 133; J. PITT-RIVERS, Il potere spirituale, cit., pp. 236-237, 249; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovinoafricano, cit., pp. 151, 159, 161, 165-166; P. RIVIÈRE, Fazioni ed esclusioni, cit., pp. 311, 313, 317; M. RUEL, Gliuomini-animali, cit., pp. 404, 411-412, 415; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 92, 113-114;17 «Lo stato di malattia (e di disgrazia in genere, n. d. l.) mette così in moto un procedimento per allontanare da séla responsabilità dell'individuo vittima («exculpation»), tramite cui provare che la sventura che lo ha colpito nondipende dalla sua volontà ... D'altra parte l'attribuire la causa ad un fatto esterno non equivale alla totale discolpao al riconoscimento della passività del soggetto dell'infortunio nella concatenazione causale. Egli può essereall'origine del suo scatenarsi, all'origine dell'attività delle istanze esogene, a causa per esempio di uncomportamento non conforme alle regole sociali. Spesso la vittima dell'attacco di stregoneria si distingue findall'inizio in virtù di tratti e condotte, socialmente riprovate («troppa» fortuna, «troppe» disgrazie, ecc...). A volte siha l'impressione che il trasgressore di un divieto, sancito da una malattia, avrebbe dovuto essere meno negligente(capita d'altronde che esso sia trasgredito più o meno inconsciamente). Tuttavia ciò non rimette in questione lapresenza di legami, esterni al soggetto, nella causalità». N. SINDZINGRE, La necessità del senso: la spiegazionedella sventura presso i Senufo, in M. AUGÉ e C. HERZLICH (a c. di), Il senso del male, cit., pp. 90-91.18 Thomas suggerisce che in alcuni casi «la vittima poteva, volontariamente o involontariamente, tacere laspiegazione naturale che poteva fornire, preferendone una soprannaturale: era infatti più allettante attribuire allamalevolenza o alle arti magiche del proprio nemico sciagure provocate dalla propria semplice negligenza oincompetenza». In questo senso egli individua nella credenza stregonesca la funzione di «salvare la faccia», a tuteladella reputazione di chi aveva commesso l'errore o l'omissione. K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale,cit., pp. 93-94; ID., Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 221-224.19 Nella concezione della stregoneria essenzialmente intesa come maleficium, sebbene fosse «infrequente chedisastri di vaste proporzioni, come carestie, epidemie o incendi, venissero attribuiti all'opera di una strega»,tuttavia in alcune situazioni ciò si poteva verificare. «La persona sospettata era infatti di solito implicata in unrapporto di ostilità, vera o presunta, con la vittima, laddove a restar colpita da un'epidemia o da un'inondazioneera, non già un individuo o una famiglia, bensì l'intera comunità. Per essere plausibilmente sospettati di undisastro del genere, sarebbe occorso avere un rapporto di ostilità, non nei confronti di questo o quell'individuo, madella comunità tutta quanta; il colpevole sarebbe potuto essere soltanto un individuo che tutti fossero consapevolidi aver maltrattato. Era concepibile che una vecchia potesse avercela con una piccola comunità, come ècomprovato da certi casi di incendio doloso; ma ben difficilmente poteva essere la nemica di una città o dell'interanazione». Così in Inghilterra il capro espiatorio era individuato a volte nei francesi, nei cattolici oppure in altri

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Una tale definizione convenzionale e ordinaria dell'evento negativo si ritrova all'internodelle carte processuali da me esaminate. La sventura viene definita come una serie diparticolari «avenimenti» che provocavano danni, «infermità incognite et stravaganti», apersone e animali, «di creature humane, di armenti et pecore», nonché come una serieimprovvisa di disastri meteorologici, «tempi inaspetatti tempestosi», che rovinavano i campied i loro prodotti, «di grandissimo nocumento alle biave, agli arbori et alle piante»20.

L'evento negativo causato da intervento malefico della strega può essere così distintoin tre settori interconnessi21: tipologia dell'episodio (malattia, morte, possessione, disgraziagenerica); oggetto della disgrazia (persone, animali, beni immobili); caratteristiche dellasventura (evento quotidiano, individuale, particolare, iterato, inatteso, fuori dagli schemi).Per facilità di esposizione terrò come punto fermo il primo di questi aspetti.

La malattia poteva assumere varianti e sfumature molteplici. Si andava da unasemplice perdita dell'appetito22 a casi più articolati, in cui da una condizione di salute sipassava improvvisamente ad una di malattia, caratterizzata da disturbi di vario genere. Cosìaccadde a Osvaldo di Luisa, che venne improvvisamente colpito da un male caratterizzato dadeperimento organico e perdita delle energie, infermità così ricordata da alcuni testimoni: «ilqual subito restò senza forze, debile et languente, et si consuma»23; «il qual putto subitoperdé le forze e languido andò in letto [...] languente, dove prima era sano»24. Vi furono poisituazioni in cui il malato accusava emorragie esterne di sangue25, dolori al collo confebbre26, impedimento a svolgere le basilari funzioni corporali (stipsi)27, casi di sciatica28, diidropisia29, di malesseri connessi allo stato di gravidanza30. A Daniele Romano31 apparvero avversari della nazione, «ma di solito consisteva nei peccati della gente, nel suo cattivo comportamento, non già neiconfronti di un singolo mendicante, ma verso Dio stesso. [...] Neppure gli incendi venivano accollati a streghe,eccezion fatta per quei casi in cui il fuoco distruggeva la proprietà di un singolo, non però quelle dell'interacomunità. ... La tempesta marina da cui era colpita un'unica nave poteva a volte essere attribuita a stregoneria,ma in terraferma le conseguenze di un temporale avevano di solito carattere troppo indiscriminato perchéun'interpretazione simile apparisse plausibile». Tuttavia se le streghe venivano reputate, come all'interno delconcetto cumulativo di stregoneria, membri di una setta di adoratrici del diavolo, «diventava possibile considerarlenemiche della società in generale, alla stregua dei cattolici in Inghilterra, pertanto attribuendo loro tempeste opestilenze». K. THOMAS, La religione e il declino della magia. Le credenze popolari nell'Inghilterra del Cinquecento edel Seicento, Milano, Mondadori, 1985, pp. 607-609.20 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Primo memoriale di pre Domenico Segala, [Fanna], 29 giugno 1648, in G.PLATANIA, Un processo per stregoneria nel Friuli del XVII secolo, in Quaderni utinensi, 1-2, 1983, p. 121.La sventura venne definita come evento meteorologico, nella fattispecie un violento turbine di vento, anche nelprocedimento a carico di Marcolina Stella da Spilimbergo: Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giovanni VittorioOnesti, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 19v.21 Per una casistica dei malefici: P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo. Il repertorio dei malefizi. Larepressione, Bolzano, Praxis 3, 1988, pp. 305-320.22 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, [Fanna], 9 agosto 1648, in G.PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 124; Ivi, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Deposizione diDomenico del Bertolo, Maniago, 24 giugno 1655, c. [1r].23 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., c. 19v.24 Ivi, Deposizione di pre Salvatore Reggio, Udine, 9 giugno 1649, in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit.,p. 136.25 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Antonia Gutti, Spilimbergo, 12 settembre 1625, cc. [8r-8v].26 Ivi, Deposizione di Giovanni Maria Pelizzaro, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [9r].27 Ivi, Deposizione di Domenica Andea, Spilimbergo, 13 settembre 1625, cc. [10v-11r]; Deposizione di Antonia diVittorio da Barbeano, Spilimbergo, 18 settembre 1625, c. [13v].28 Ivi, Deposizione di Daniele Romano, Spilimbergo, 23 settembre 1644, cc. 9r, 11v.29 In alcune società extraeuropee vi erano malattie, tra cui l'idropisia (patologia consistente nell'accumulo diliquido nella cute, nelle cavità sierose o in organi cavi), che venivano «automaticamente attribuite» alla stregoneria;in questi casi «spiegazioni soprannaturali si aggiungono a quelle naturali nel determinare le cause della malattia diun bambino»: R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp. 214-215.30 A questo proposito ricordo indicativamente il solo caso di Marta Mazzolenis: AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939,Deposizione di Marta Mazzolenis, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 15v. Sulla credenza nella stregoneriaconnessa alla gravidanza e al parto: G. I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 392-393; M. RUEL, Gli uomini-animali, cit., pp. 412-413.31 Quella dei Romano è un'antica famiglia che nella prima metà del Cinquecento si trasferì da Arba a Spilimbergo.«Per la notorietà acquistata da alcuni suoi membri nelle professioni liberali e negli impegni pubblici e per i legamidi parentela stretti con i casati più in vista, come quello dei Fannio, dei Balzaro e dei Cisternini, ... questa famigliaebbe una posizione di tutto rispetto nella vita cittadina. ... I Romano, che dovevano abitare in una casa del Borgointeriore, esercitarono per lo più la professione di notai, ma il personaggio più interessante è il dott. Gio. Giacomo,appartenente ad un ramo collaterale. [...] Scelta, infatti, la carriera di medico-fisico, meritò così larga fama da

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sul corpo delle macchie, che sembravano formare uno strano disegno a forma di cerchio: «lanote mi veniva fato un circolo, come si vedrà qui sotto. La matina mi sentiva un pocomachiato, come assai volte l'ho mostrato al signor Giuliano Cleiano, cirugico di Spilimbergo.Tal circolo mi veniva fatto qualche volta su un brazzo et alle volte su una cossa»32.

Più complesse e strutturate invece potevano risultare altre situazioni, all'interno dellequali i sintomi si accumulavano uno sull'altro e potevano perdurare molto a lungo. ClaudiaRomano venne colpita da un male che le impediva di mangiare, unito a forti sensazioni dicalore: «Io son stata undeci mesi amaliata perciò che non potevo mangiare et se mangiavohaveva dalla parte destra nel petto et nella gola come una fiamma di focco chem'abbruggiava et mi durava sin tanto che vomitavo il cibo. Et stavo come morta, senzaparlare, et si parlavo pareva che la lingua mi s'abrugiasse»33. Ancora più complicata lacircostanza di una figlia di Cecilia Cenerina; all'ottavo mese di gravidanza la giovane vennecolpita da una serie di problemi di salute, che sembrarono accanirsi su di lei. In primo luogoperse l'appetito e il buonumore, diventò triste e un po' depressa, non mangiava più come inprecedenza. Giunto il momento del parto, questo venne ritardato per tre giorni a causa dimotivi non meglio precisati, non essendo la giovane in condizioni di portarlo a termine.Infine nacqe una bambina, che però dopo tre giorni morì, mentre la giovanecontemporaneamente si ristabilì. Tuttavia, lo stesso giorno in cui si svolse il funerale dellaneonata, immobilizzata a letto, la donna perse nuovamente l'appetito. Questa situazioneperdurò per altri otto giorni, durante i quali costei ingerì solamente uova fresche e qualchealtro cibo piuttosto leggero, finché un giorno si sforzò di mangiare una zuppa, ma i risultatinon furono buoni, infatti venne colpita da vomito con forti dolori. La situazione giunse aconclusione definitiva in capo a quattro mesi, con la morte della giovane34. In altri casi sipotevano riscontrare sintomi differenti: indebolimento generale del corpo aggravato da dolorifisici a volte anche piuttosto violenti35, svenimenti accompagnati da perdita della memoria36.

Una specifica tipologia di sventure ebbe come sfondo il villaggio di Frisanco e comedenominatore comune il fatto che diverse coppie fossero sterili e riconducessero la loromancanza di fecondità e capacità riproduttiva ad un intervento stregonesco37. Così duenipoti di Lorenzo Doz, noto stregone, entrambi sposati, erano senza figli. Anche l'unione tra

essere chiamato alla Corte di Varsavia, dove, nel 1669, rivestiva l'incarico di medico stipendiato dalla Regina diPolonia». L. SERENI, Cenni storici su alcune famiglie "ragguardevoli" di Spilimbergo, in N. CANTARUTTI - G.BERGAMINI (a c. di), Spilimbèrc, 61° Congresso della S.F.F. - 23 settembre 1984, Udine, Società FilologicaFriulana, 1984, pp. 129-130.32 Sul manoscritto è riportato uno schizzo di tale «circolo»: AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di DanieleRomano, Spilimbergo, 16 settembre 1644, c. [50r]. Riguardo al motivo del cerchio magico tracciato sul terreno dastreghe e maghi nel corso delle loro pratiche, mi limito a menzionare: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp.164, 254.33 Ivi, Deposizione di Claudia Romano, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 20v.34 Ivi, Deposizione di Cecilia Cenerina, Spilimbergo, 24 settembre 1644, cc. 16v-17v.35 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria,cit., p. 126.36 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., pp. 123-124; Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [6r].37 Il tema della sterilità del corpo, e la sua rappresentazione, va connesso a tre ordini di considerazioni: alla«pratica sociale» ed alle «regole di condotta» che a questa si rapportano; al «rapporto sociale fra i sessi» (di fronte aduna prevalenza ideologica per la responsabilità femminile, sia a livello poplare che dotto, di recente è statointrodotto non solo il concetto di responsabilità maschile, impotenza, ma anche quello di sterilità di coppia, riferitoalla «impossibilità di fusione», alla «"incompatibilità" dei sangui»); all'omologia «tra il mondo, il corpo individuale ela società». Attraverso lo studio della sterilità del corpo e di come essa sia percepita in alcune società senzascrittura extraoccidentali contemporanee, F. Heritier è giunta alla conclusione che l'infecondità, «affare femminilecome obbliga a pensare l'evidenza oggettiva dei fatti biologici apparenti, è dunque percepita prima di tutto come lasanzione sociale, iscritta nel corpo, di atti che infrangono la legge, che allontanano dalla norma, e oltrepassano deilimiti sempre strettamente circoscritti. ... Ma piuttosto che di sanzione, concetto che implica in primo luogo l'ideadella punizione, è forse meglio parlare di conseguenza, di trascrizione immediata. Questa conseguenza diretta puòtoccare colui che ha infranto la legge, o un altro, o un gruppo; essa può trasporre i suoi effetti anche in altriregistri ...: degli atti di trasgressione dello stesso ordine hanno effetti climatologici, meteorologici, per una sorta ditrasferimento diretto metaforico da una sfera all'altra. Si tratta però sempre di manifestare, e soprattutto dicompensare, delle rotture di ordine dell'equilibrio del mondo. Questi tre dominii: l'ambiente biologico, quellosociale e quello naturale (meteorologico o altro), sono percepiti come intimamente legati». F. HERITIER, Sterilità,aridità, siccità. Qualche invariante del pensiero simbolico, in M. AUGÉ e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male,cit., pp. 115-144 (la citazione finale è alle pp. 143-144).

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Agnese, sorella del Doz e sospetta strega essa stessa, e il marito Giovanni di Franceschinaera infeconda. Angelo Covasso sposò una giovane donna, tuttavia «fatto et contrato ilmatrimonio, restò Agnolo inhabile et impotente all'esercitarlo, et è statto languido et infermomolti mesi [...] et passorno anni avanti che avesse figlioli». Oltre alla sterilità, dunque, ilgiovane viene colpito da una ulteriore sventura, che gli provoca una condizione prolungata didebolezza e fiacchezza generale.38

Altre volte accadeva che l'infermità avesse come conseguenza l'impossibilità dellosvolgimento di alcune normali attività quotidiane: mangiare, bere, dormire, riposare,camminare, andare a messa, confessarsi, lavorare39. Il non essere in grado di lavorare nonidentificava solamente una mancanza di salute, ma anche la perdita della potenzialitàproduttiva40. Così avvenne a Daniele di Giorgio de Filippo e a Michele Covasso, o ancora adue giovani che «dubitano esser ammalati perché non possono lavorare»41. Connesso allaconcezione di sventura intesa come incapacità e impossibilità di portare a termine il propriolavoro, anche se inserito in uno specifico contesto di interessi economici per la proprietà dibeni immobili, era inoltre un episodio che vedeva coinvolto Daniele Romano. Costui lamentòche i suoi avvocati non lo sostenessero sufficientemente nella causa civile per la proprietà diuna casa e presentò la questione attribuendola ad un intervento stregonesco, semplicementeperché i giudici non gli diedero ragione42.

Le puerpere potevano perdere il latte e con esso la capacità e possibilità di nutrire ipropri figli43, altre volte lo stato di malattia poteva essere così grave da far temere per la vitadell'infermo44. Il malessere fisico poteva avere inoltre riflessi anche sul piano intellettivo, conconseguente deperimento delle facoltà mentali e dialogiche. Così accadde a Daniele, figlio diGiorgio de Filippo, che sembrò soffrire più di un'inquietudine psicologica con risvolticomportamentali che di un disturbo organico. Era divenuto inquieto, non lavorava più,evitava i rapporti sociali, non parlava e si isolava nascondendosi nei boschi, preferendo unavita da eremita, lontano dalla gente, rifiutava persino di andare a messa, cose che invece inprecedenza faceva regolarmente. Il giovane venne ritrovato solamente un mese e mezzo piùtardi, mentre vagava errabondo in una selva, dove era sopravissuto nutrendosi con nocciolee more di rovo, in preda ad evidenti problemi di tipo psicologico e mentale, nonché in unostato fisico profondamente debilitato45. Qualcosa di simile colpì Michele Covasso, unmalessere di tipo interiore, esistenziale, caratterizzato da una diminuzione della voglia divivere, esternata pubblicamente con urla disperate46.

In altre situazioni la malattia assumeva, o comunque così veniva descritta, connotatinon ben definiti. Così, per citare solo alcuni esempi, capitò a Francesco General, «al qualsubito mangiato li sucesse cativi accidenti», e a Giacomo di Giovanni di Cesco, che avevasofferto di «sinistri accidenti»47.

A volte accadeva che l'infermità fosse ricondotta esplicitamente a maleficio, senza chevenisse fornita alcuna descrizione sintomatologica, come nel caso di Angelica Cleano

38 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processoper stregoneria, cit., p. 123.39 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [7r]; Deposizione diGiacomo Balzaro, Spilimbergo, 18 settembre 1625, c. [11v]; Ivi, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit.,cc. [48r-53v]; Deposizione di Giacoma di Bastiano, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 22r; Ivi, b. 39, fasc. 299, fasc.Querela civile, Deposizione di Domenico del Bertolo, cit., c. [1r].40 Ivi, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [49v].; Ivi, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo dellaStella, Portogruaro, 3 agosto 1663, c. 8v.41 Ivi, b. 31, fasc. 28, Pre Domenico Segala a fra Giulio Missini, [Fanna], senza data, in G. PLATANIA, Un processo perstregoneria, cit., p. 134.42 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Agrippa Cisternini, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 23v; Memoriale diDaniele Romano, cit., c. [48r].43 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giuseppe Cisternini, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [5r]; Deposizione diGiacomo Balzaro, cit., c. [12v]; Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA,Un processo per stregoneria, cit., p. 125.44 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, cit., cc. [6r-6v]; Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7v].45 Ivi, b. 31, fasc. 28, Pre Domenico Segala a fra Giulio Missini, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit.,p. 134.46 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 126.47 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., pp. 125-126.

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Barbiero, anche se ciò poteva essere dovuto al fatto che venissero riferite testimonianzeindirette48. In altre situazioni il disturbo assumeva caratteristiche simili alla possessione,come accadde con Lucrezia, figlia del conte Alfonso di Spilimbergo, la quale si sentì pocobene quando il pievano la benedì: «li vene fastidio, che bisognò se sentasse et stasse sentatauna meza hora»49.

Spesso erano gli animali a venire colpiti. Così a Frisanco le capre e le mucche di Pierodi Luisa di Ronchis persero il latte e stessa cosa successe alle armente di Pietro del Sottile,così come alle pecore di Battista Doz; ancora accadde alle mucche di Giovanni di Beltrame,sventura che assunse caratteri iterati e quasi ciclici, dato che addirittura le bestie persero illatte più volte nel corso di tre o quattro anni.50

La morte poteva colpire sia persone giovani che vecchie, sia maschi che femmine,indiscriminatamente, a volte anche animali; non sempre lo stato di malattia si risolveva e avolte conduceva al decesso. Così morì Tommaso di Lena Pinzana, dopo una lunga agonia: «sene andò in letto et in quello stete lambicandosi circa mesi undeci et poi morì»51. In altresituazioni invece la morte sopravveniva senza che in precedenza l'individuo deceduto avessesofferto alcuna infermità.

Una crudele serie di sventure colpì Maria, moglie di Pietro Biasato, contro cui lamalasorte parve accanirsi: le morirono ben tre figli uno dopo l'altro. Inoltre la morte del piùgrande fu particolarmente dolorosa, dato che il bimbo aveva sofferto per oltre due giorni52.Ancora poteva capitare che a morire fossero gli animali appartenenti a qualcuno, comesuccesse ai maiali di Aurizia Patavina, dei quali uno morì quasi subito, mentre l'altro nonrese come sperato53.

La sventura non era solo sinonimo di malattia o morte, vi erano altri tipi di disgrazieche potevano colpire le persone, dovute o meno a disturbi di origine patologica e descritte avolte in maniera generica, ma comunque ricondotte dagli accusatori a eventuali malefici.Così Daniele Romano, a suo dire, subì una serie di infortuni piuttosto vari: una volta eracaduto da cavallo, dopo che questo si era improvvisamente imbizzarrito; in altre occasionidei semplici viaggi non si erano realizzati, nel senso che il Romano partiva da Spilimbergoper recarsia San Martino di Campagna o in altri luoghi, dove però non era in grado digiungere mai a causa di difficoltà nel trovare la strada, oppure si ritrovava proprio da chinon voleva andare; in altri casi ancora dei buoni affari praticamente già conclusi eranoandati a monte all'improvviso, nello specifico alcune compravendite di vino, per le quali erastato già definito l'accordo54. Rare erano invece le disgrazie di origine atmosferica emeteorologica, anche se un esempio con potenziali conseguenze contro le persone venneriferito dal medesimo Romano: «si levete un tempo sì cativo che le tole dil coperto fatto ditolle, per le brente della aqua della setta, in parte si levorno et andavano per sora le miecreature, che erano nel cortivo. Ma per gratia di Idio non sucesse male, se non un poco ditempesta nella mia braida»55.

L'evento negativo, disgrazia, malattia o morte che fosse, si verificava in un intervallotemporale rispetto al conflitto, incontro o maledizione della strega di solito piuttosto breve.Le persone che si ritenevano oggetto di un intervento malefico si ammalavano generalmentesubito dopo essere entrate in contatto con la strega, a volte immediatamente o subito dopoessere rientrate a casa, dopo qualche ora o all'indomani. Così Andrea Balzaro si sentì malelo stesso giorno in cui aveva schiaffeggiato la figlia di Anna Sguma (anche se il di lui figlioGiacomo dichiarò otto giorni dopo), Dorotea Bordona e il marito invece subito dopo, mentreLucrezia Lorenzino l'indomani56.

48 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Marsilia Forgarini, Spilimbergo, 13 settembre 1625, c. [10r]; Deposizione diDomenica Andea, cit., cc. [10v-11r]; Ivi, Deposizione di Antonia di Vittorio da Barbeano, cit., c. [13v].49 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Carlo Rossetis, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 6v.50 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 124;Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., pp. 136-137.51 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7r].52 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria,cit., p. 126.53 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 24v.54 Ivi, Memoriale di Daniele Romano, cit., cc. [49v-52v].55 Ivi, c. [52r]; Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., c. 19v.56 Ivi, Deposizione di Antonia Gutti, Spilimbergo, 12 settembre 1625, cc. [8r-8v]; Deposizione di Giacomo Balzaro, cit.,

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In altri casi, soprattutto quando una serie di sventure andavano a colpire una personain particolare, esse potevano verificarsi anche ad una distanza di tempo piuttostoconsistente, mesi o addirittura anni, ed essere ricondotte ugualmente ad un interventomaligno esogeno: esemplare in tal senso la morte di più neonati ad Aurizia Patavina57. Lasituazione di agonia che a volte dalla malattia conduceva al decesso, o la sola patologia,poteva anch'essa avere una durata variabile, assai brevi o piuttosto lunghe, pochi giorni,mesi o anni, che connotavano la disgrazia rapportandola in ogni modo all'ambitostregonesco, nell'un caso spiegando la rapidità dell'evento con un intervento malvagioesterno, nell'altro addossando la responsabilità per il prolungarsi eccessivamentetormentoso della sofferenza comunque ad un agente esogeno maligno.58

2. La credenza nella stregoneria spiega l'antagonismo tra

individui

Un altro punto da analizzare è quello relativo allo scenario della vita di villaggioall'interno del quale viene collocato l'evento negativo, dell'insieme dei rapporti, spessoconflittuali, tra i suoi abitanti59. Vi erano situazioni in cui la strega era un elemento che nonapparteneva alla comunità, un'estranea60. In questi casi non veniva sempre identificata,anche per il fatto che non intratteneva rapporti sociali, o quantomeno non abbastanzaintensi e costanti, con i membri del paese dove era avvenuta la sventura che le venivaimputata. Per forza di cose dunque doveva agire dall'esterno, colpendo la vittima da distanzeragguardevoli. L'attenzione era in questi casi trasferita su un membro della comunità cheproveniva dall'esterno e che, dopo essere stato identificato, era poi allontanato.

Generalmente però si trattava di individui del medesimo villaggio61, con i quali untempo si erano intrattenute o si intrattenevano ancora relazioni sociali, motivo per il quale ilpotere della strega risultava strettamente circoscritto ad un'area non eccessivamente ampiama ben delimitata, che coincideva in maniera approssimativa con l'ambiente dei contatti

c. [12r]; Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 21v.57 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., cc. 24r-28r.58 In relazione ai tempi della stregoneria: E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 74-75.59 Sovente coloro che subivano disgrazie ne cercavano i presunti responsabili tra i loro nemici: ID., Stregoneria,oracoli e magia, cit., pp. 139-158.60 Secondo M. Douglas una siffatta credenza nella stregoneria si ritrova generalmente in comunità non complessee limitate dal punto di vista del sistema sociale, dove la delazione ha la funzione di riaffermazione dei confini, dellaconcordia e compattezza collettivi. Per la strega come individuo esterno, non appartenente alla comunità dellavittima, e/o per l'accusa in assenza di rapporti sociali intensi si veda: M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 18-23;A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 326-330, 334-342; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioniillegittime, cit., p. 289 (il pettegolezzo attribuito ad estranei serve ad addebitare la minaccia dell'attacco ad estranei,ad evitare di addossarlo ad un membro del gruppo); I. M. LEWIS, Un approccio strutturale, cit., p. 361 (possessionespiritica come strategia indiretta che attribuisce la responsabilità al di fuori della società); A. MACFARLANE,Stregoneria in Inghilterra, cit., p. 241; P. RIVIÈRE, Fazioni ed esclusioni, cit., pp. 311-312 (la strega come membrointerno di una fazione rivale, intruso proveniente dall'esterno).61 Per la strega come individuo appartenente alla medesima comunità di villaggio del suo accusatore: E.ARDENER, Stregoneria, economia e continuità, cit., p. 202 (la strega come deviante interno pericoloso); T. O.BEIDELMAN, Verso interpretazioni teoriche più aperte, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 424, 427-428; R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., pp. 210, 216-217, 225-226; P. BROWN, Magia, demoni e ascesa, cit., pp. 52,56-62, 64, 68-69; M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 8-10; A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 339-341; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., pp. 261-305 (la strega come nemico interno conlegami all'esterno); G. I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 392, 396-400; I. M. LEWIS, Un approccio strutturale,cit., pp. 361, 369-370; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 122-123, 132-140; ID., Stregoneria inInghilterra, cit., pp. 235-262, in specie 241-248, 252-255; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano, cit., p.163; P. RIVIÈRE, Fazioni ed esclusioni, cit., pp. 310-312, 317-319 (la strega come membro interno di una fazionerivale); K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 98-99, 101-102, 107-109, 114-116; ID.,Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 203-234, in particolare le pp. 221-224, 227-234; ID., La religione e il declino dellamagia, cit., p. 596; R. G. WILLIS, Il millennio attuato, cit., pp. 173-183.

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sociali più intensi, vale a dire di vicinato, parentado o lavoro62. Dalla documentazione èpossibile ricavare che i sospetti e le accuse di stregoneria difficilmente uscivano dall'ambitodella comunità di villaggio, colpendo in maggioranza persone, vive o morte, che facevano oavevano fatto parte del sistema di rapporti sociali del soggetto che riteneva di essere statoaggredito dalla fattura o colpito dalla disgrazia63, individui del medesimo paese, quartiere,borgo, raggruppamento di case, abitanti porta a porta64. I legami sociali reciproci pertantonon solo avevano a volte la caratteristica di essere intervicinali, ma spesso anzi eranodefiniti da una relativa intensità e assiduità del rapporto.65

62 Per una quantificazione della distanza spaziale, generalmente piuttosto limitata, e sociale tra strega e vittima: M.DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 18-20; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 73-74; G.I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 391, 394-395; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 128-129; ID., Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 241-242.63 Giudici laici ed ecclesiastici considerarono l'ereditarietà dei poteri magici dai genitori ai figli, senza alcunadiscriminazione prettamente sessuale, come prova indiziaria negli interrogatori, soprattutto se l'accusato avevadecantato i propri trascorsi familiari: R. MANDROU, Magistrati e streghe nella Francia del Seicento. Un'analisi dipsicologia storica, Roma-Bari, Laterza, 1979, p. 126.64 M. Douglas individua una struttura tripartita nella concezione della strega come «nemico interno» in quantoappartenente a una società organizzata in maniera più complessa, suddivisa in alcuni casi in più fazioni intestine:1) la strega può essere un «membro di una fazione rivale» in lotta per il potere interno e l'accusa assolve allora lafunzione di una nuova formulazione dei confini del sottogruppo, di ripristino della gerarchia interna, o ancora didisgregazione della comunità; 2) la strega è un «deviante pericoloso» che non si adatta alle norme del gruppodominante, la delazione ha una funzione di controllo dei devianti per salvaguardare i valori comunitari; 3) la stregaè un elemento interno «con legami all'esterno», l'accusa ha il compito di incoraggiare la competizione tra le fazionidella comunità, dividere il gruppo, ridelimitare i rapporti di potere gerarchico. M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp.17, 19-23, 26.Parallelamente R. Rowland distingue all'interno di una medesima società da una parte le streghe notturne,dall'altra le streghe convenzionali e quotidiane, definendo le prime come simbolo generale dei sentimentiantisociali, le seconde come rappresentazione a livello individuale di soggetti reali malvagi ed abominevoli. Alcunesocietà determinano a livello speculativo una disgiunzione, seppur articolata e interrelata in maniere diverse, traqueste due tipologie di streghe, rapportata alla duplice funzione della credenza nella stregoneria: da un latospiegazione del male ad un livello globale, dall'altro interpretazione delle sventure personali.«At one level these beliefs constitute a form of theodicy, an explanation for the existence of evil. Witches arethought of collectively: they are enemies of society and, as such, embody whatever in that society is considered tobe anti-social. At the second level, witches are real, antisocial individuals present within society. They are real orpotential enemies of individuals, and their socially disruptive malevolence (provided the charge of witchcraft can bemade to stick) provides a plausible explanation for individual misfortunes.Some societies recognize this conceptual distinction by positing the existence of two different kinds of witches: thenight-witches, who are elaborate, improbable, the embodiment of antisocial malevolence, and enemies of thecommunity in general; and everyday witches, whose attributes are more "normal", who exist within society, andwhose enemies are individuals»: R. ROWLAND, «Fantasticall and Devilshe Persons»: European Witchbeliefs inComparative perspective, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft. Centres andPeripheries, Oxford, Clarendon Press, 1990, pp. 169-171.65 La figura della strega era caratterizzata da una relativa ambiguità: da un lato membro appartenente allamedesima comunità di vittime ed accusatori; dall'altro individuo contro quella comunità, appartenente alcontempo ad un mondo diverso ed antitetico. Rowland individua questa ambiguità nella confessione (definita comestruttura sincronica, narrazione di una sequenza di eventi assemblati e ordinati insieme cronologicamente),composta da tre elementi interdipendenti: apostasia, sabba e maleficio. Egli parte dalla considerazione in base allaquale nota una generale tendenza delle confessioni di stregoneria a divenire stereotipate nel corso del Cinquecentoe Seicento, nonché maggiormente elaborate.L'apostasia indica la rottura sia con la società che con la religione, attraverso gli elementi simbolici dell'incontrodella strega con il diavolo, della copulazione, del patto, essa esprime l'attraversamento dei confini morali dellacomunità. La strega è così una figura ambigua, al contempo essere umano e membro della comunità, nonchéessere compromesso moralmente e sessualmente con il nemico della comunità e della società più in generale. Lastrega, attraverso la natura antisociale degli atti diabolici che compie, si pone contro/fuori la società e comunità diappartenenza. L'apostasia, civile e religiosa, ha la funzione di rito di iniziazione della strega in un mondo diversoed opposto rispetto a quello precedente.Il secondo elemento, il sabba, ha al pari del primo una duplice componente, civile (e sociale) e religiosa. Il sabbarappresenta in manirea elaborata l'inversione dell'ordine religioso della società e delle normali forme di rapportisociali, si riferisce ad un mondo differente, opposto a quello normale, un anti-mondo dove le regole non vengonoosservate.. La preponderanza dell'inversione sessuale riflette il ruolo preminente svolto dalle regole e convenzionisessuali all'interno della società.Il terzo ed ultimo elemento, il maleficio, è caratterizzato dalla medesima ambiguità riscontrata per gli altri due. Lastrega appartiene e al mondo normale, quotidiano e all'anti-mondo diabolico. L'interdipendenza tra questi treelementi della struttura concettuale spiega l'uniformità spazio-temporale delle confessioni. La strega, attraversol'apostasia, assume il ruolo di mediatrice a due livelli: da un lato tra comunità e sabba, dall'altro tra comunità emaleficio. Ivi, pp. 161-169.

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Una questione fondamentale cui è necessaria una spiegazione riguarda il perché ladenuncia, informale o ufficiale, contro le persone ritenute responsabili della disgraziarestasse a volte per tanto tempo inespressa e venisse in alcuni casi formulata inveceimprovvisamente e con una violenza inaudita a distanza anche di numerosi anni66. In basealle dichiarazioni testimoniali da me utilizzate, quasi tutte le persone accusate di stregoneriapossedevano tale reputazione da diverso tempo. Solo per fare alcuni esempi, a Spilimbergo lemalefatte attribuite ad Anna Sguma risalgono ad almeno dodici anni prima, quelle diMarcolina Stella a dieci, a Maniago la fama di Pirina Rampon a venti, a Frisanco quella diLorenzo Doz a trenta, mentre a Cavasso quella della Chiarandola addirittura a quarant'anniprima. Ma perché queste persone furono accettate dalla collettività per così tanto tempo edopo all'improvviso invece vennero denunciate, ed in un certo senso rifiutate, dallacomunità, che cosa accadde, quali elementi vennero a sconvolgere quell'equilibrio che,seppure precario, era durato fino a quel momento?67 La consuetudine tradizionale stabilivache eventuali contese tra compaesani68 si risolvessero all'interno del gruppo, ma con ladenuncia formale presso l'autorità inquisitoriale questa norma veniva di fatto abbandonata69

e con essa anche il vincolo di solidarietà reciproca70.La vicenda che nel 1625 vide accusata di stregoneria Anna Sguma, abitante a

Spilimbergo, ebbe inizio grazie alla denuncia presentata il 12 agosto di quell'anno da parte diGiacomo Molinaro, che si presentò in quel luogo davanti a fra Bernardino Fortuna, vicarioinquisitoriale delle diocesi di Aquileia e Concordia, ivi presente in vece dell'inquisitore fraDomenico Vico da Osimo. Il denunciante era un abitante di quello stesso villaggio ed unadelle persone, in base alle dichiarazioni raccolte nei verbali, offese dalla presunta strega.

L'azione giudiziaria che nel 1644 si aprì contro Marcolina Stella, anch'essa daSpilimbergo, prese il via da una denuncia da parte di Leonardo Cisternini, che il 6 settembresi presentò spontaneamente a Udine dinanzi all'inquisitore fra Lodovico da Gualdo. Anch'egliapparteneva alla medesima comunità dell'accusata, tuttavia non era una delle persone chesi ritenevano danneggiate dalla Stella. Come riferì, era stato convinto a presentarsi daiconiugi Daniele e Claudia Romano, i principali accusatori e diffamatori di Marcolina Stella, epertanto riportava notizie indirette.

Il 16 giugno 1655 Osvaldo Campolino, un contadino ventisettenne di Maniago sposatocon Nicolosa, comparve spontaneamente a Udine presso il convento di San Francescointeriore per denunciare davanti all'inquisitore fra Bonaventura Ripa da Ferrara tre donnedel suo stesso villaggio, ree secondo lui di avere causato per mezzo di un maleficio lapossessione diabolica della moglie: Pirina Rampon, detta Taier, Maria Fabbruzzi, dettaTavana, e sua figlia Domenica.

66 Sul rapporto tra le presunte streghe ed i loro accusatori, indicativamente: K. THOMAS, La religione e il declinodella magia, cit., in particolare pp. 595-609.67 «Attraverso la chiacchiera e il sussurro, forme di comunicazione pensate al femminile», non sempre si palesava«un atteggiamento di complicità ... a favore di consimili», di più spesso per mezzo della delazione si manifestava«una chiara aderenza alle norme e agli interessi collettivi». A. COMUZZI, «Fu nel mese di Ravador...». Indagineintorno ad alcuni casi d'infanticidio nella Carnia tra XVI e XVIII secolo, in Ce fastu?, LXXI, 1, 1995, pp. 37-38.68 Tuttavia non sempre antagonismi erano presenti all'interno dei rapporti: capitava infatti che tra persone ci fosseun normale rapporto di lavoro o dipendenza (tipo artigiano-tessitore, serva-padrona), oppure una sempliceconoscenza (tra vicini di casa o membri di un medesimo villaggio) senza livori particolari, e che fosse unavvenimento nuovo, spiacevole e imprevisto (maleficio presunto) a rovinare quel rapporto.69 In effetti le norme consuetudinarie stabilivano che la comunità risolvesse autonomamente i contrasti tra i proprimembri senza ricorrere a poteri o autorità esterne ed estranee; chi non seguiva siffatte regole andava contro latradizione e poteva essere punito dal villaggio: J. MARTIN, L'Inquisizione romana e la criminalizzazione del dissensoreligioso a Venezia all'inizio dell'età moderna, in Quaderni storici, XXII, 1987, pp. 777-802.70 Denunce e credenze di stregoneria rivelano, se messe in relazione alle norme tradizionali della vita di villaggio inepoca moderna, una duplice funzione di conservazione e/o infrazione delle regole. Da un lato riaffermavano econservavano le consuetudini di solidarietà e reciprocità tra vicini o membri di una medesima comunità, accettateper costume da un punto di vista morale e sociale dalla collettività. In tal senso la denuncia o credenza nellastregoneria assumerebbe una funzione di profilassi contro gli impulsi non caritatevoli, divenendo una formasociale di difesa, mantenimento e rafforzamento della normativa consuetudinaria. Dall'altra parte esprimevano larottura, il conflitto etico e sociale tra il modello della carità tradizionale di origine medioevale ed il rifiuto modernodella solidarietà e della reciprocità. Su tale ambivalente funzione assolta dalle credenze di stregoneria: M.DOUGLAS, Introduzione, cit., p. 10; A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 247, 254-255; K.THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 108-109; ID., Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 222, 227,231-232.

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Il 30 giugno 1648 Osvaldo di Bernardon, un contadino di circa quarantadue anniabitante a Cavasso ma originario di Frisanco, si presentò spontaneamente in compagnia delfiglioletto Mattia di nove anni davanti all'inquisitore fra Giulio Missini da Orvieto, dipassaggio a Spilimbergo. Osvaldo apparteneva alla comunità di Cavasso, dove lavorava eabitava con la famiglia, anche se manteneva stretti rapporti con quella di Frisanco, dove eranato e vissuto con i genitori per lungo tempo, e dove abitava ancora la madre vedova edaveva risieduto per alcuni anni lo stesso suo figlio Mattia.

Questi primi quattro casi hanno un denominatore comune: sia a Spilimbergo che aManiago che a Frisanco, le persone che causarono l'apertura del procedimento giudiziarioappartenevano al villaggio delle persone accusate, seppure con qualche lieve differenza. CosìGiacomo Molinaro, vittima della strega, aveva accusato Anna Sguma; alla stessa maniera sierano comportati Osvaldo Campolino, la cui moglie era stata colpita, il quale avevadenunciato le responsabili, e Osvaldo di Bernardon che, conducendo il figlio Mattia alcospetto dell'inquisitore, aveva fatto in maniera tale che questi indagasse contro le personeaccusate dal bimbo. L'unico a non essere coinvolto in alcun modo era Leonardo Cisterniniche, seppure appartenendo alla comunità spilimberghese come Marcolina Stella, l'avevadenunciata perché spinto a ciò da altri. Tutti i denuncianti dunque avevano un legameprofondo e con la comunità in cui vivevano e con i suoi abitanti, non erano degli estraneibensì dei membri appartenenti al gruppo di cui anche gli accusati facevano parte. Essiintrattenevano con le imputate e gli imputati di stregoneria dei rapporti alquanto stretti eradicati nel tempo, in alcuni casi addirittura di parentela, Osvaldo e Mattia di Bernardonerano rispettivamente figlio e nipote di Caterina del Vescovo, una delle presunte streghe.

Differenti i casi di Andreis e Barcis. Il 3 agosto 1663 nel convento di San Francesco aPortogruaro si presentò un uomo di cinquantasei anni, un tale Osvaldo, figlio di Nicola dellaStella. Questi, inviato su decisione della comunità di Andreis, denunciò alcune donne di quelluogo, principalmente Margherita Tavani e Lucia di Bucco, ritenute colpevoli di avercompiuto negli ultimi mesi dei malefici, provocando in alcuni casi delle possessionidiaboliche. Lo stesso comparente spiegò i motivi per i quali la scelta fosse caduta proprio sudi lui, rivelando come negli ultimi anni fosse stato assente da Andreis per motivi di lavoropiuttosto spesso, e aggiungendo infine come quei fatti si fossero verificati durante la sualontananza. Egli dunque non aveva intrattenuto per lungo tempo stretti rapporti sociali conle imputate ed era proprio grazie a questa sostanziale estraneità o comunque scarsacoesione con il gruppo, dovuta all'incostanza e lontananza di quei legami, che si era prestatoalla delazione formale.

Il trentaduenne Sebastiano, figlio di Domenico Corradini, il 27 settembre del 1663 sirecò a Udine, inviato dai comuni di Barcis ed Andreis, per denunciare le streghe nominatedagli spiriti, che possedevano molte donne soprattutto di Barcis ma anche di Andreis.Costui, alla stessa maniera dei primi quattro casi sopra citati, era un membro di quellacomunità, con la quale aveva degli stretti legami sociali. Tuttavia il podestà del suo villaggio,unito al comune di Andreis, lo aveva inviato a compiere quel delicato atto formale. Da questosecondo punto di vista sembra esistere un punto di contatto con il caso di Andreis: siaOsvaldo della Stella che Sebastiano Corradini vennero prescelti dai rispettivi paesi perdenunciare le streghe, in tale maniera essi furono scelti e proprio per questo motivopoterono sentirsi al sicuro da eventuali azioni di rappresaglia da parte delle accusate nei loroconfronti. Infatti essi non decisero di propria volontà di denunciare le streghe, ma furonospinti ad agire in questa maniera, il che fece sì che essi si sentissero e fossero agli occhidella comunità deresponsabilizzati, non avevano alcuna colpa in quanto avevano soloeseguito un ordine.

Tutti i testi che possediamo sulla stregoneria, inquisitoriali, popolari ed antropologici,mostrano come la richiesta di senso si traducesse sempre in una richiesta di nomi, da unlato della malattia o dell'evento negativo in senso più ampio o del presunto maleficio,dall'altro della persona ritenuta responsabile dell'infortunio71. Spesso la strega aveva delle

71 Tuttavia, come ho potuto constatare nei documenti che ho esaminato in base alle dichiarazioni di testimoni eaccusatori, non sempre la presunta strega agiva di propria volontà. Strettamente collegato con l'origine dei poterimagici è infatti il problema relativo alla responsabilità della strega. La concezione demonologica elaborata dalleclassi colte dominanti considerava il potere magico acquisito per mezzo di un patto con il diavolo. Il patto in questosenso definiva il carattere consapevole di tutte le azioni successive della strega. Ma la pretesa del carattere

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ragioni giustificabili per odiare e fare del male, connesse ad opposizioni latenti o manifeste72.I contrasti si sviluppavano nel villaggio per motivi diversi non solo all'interno delle relazionisociali tra vicini di casa o comunque membri di una medesima comunità, ma anche dentrola cerchia parentale intesa nel senso più ampio del termine. Attriti potevano coinvolgere unao più famiglie, fratelli, sorelle, nipoti, zii, cugini, parenti acquisiti, individui che vivevano perconto loro in nuclei familiari indipendenti e distinti anche da un punto di vista spaziale,oppure che avevano legami di sangue indiretti. Ma conflitti si potevano verificare ancheall'interno di una medesima famiglia, tra soggetti che appartenevano allo stesso ristrettogruppo famigliare e spaziale, con relazioni di sangue dirette, padre, madre, figli.

Il rapporto conflittuale poteva nascere per i motivi più disparati: per gelosia, invidia,per questioni di interesse73 economico, eredità, proprietà o affitto di terreni, case, beniimmobili, oppure ancora per opposizioni derivanti da controversie matrimoniali, per unimpegno preso ma non rispettato, da una richiesta insoddisfatta di un prestito, per il rifiutodell'elemosina, per uno sgarbo subito dalla sospetta strega o da un suo familiare74.

satanico e perciò volontario, collettivo e organizzato dell'azione nociva delle streghe, l'idea che esse costituisserorealmente un gruppo che si incontrava, una setta che si organizzava contro l'ordine costituito, non ha lasciatotracce profonde a livello popolare, dove la forza della strega viene presentata come involontaria e strettamentelegata alla natura predestinata del suo potere di nuocere alle persone. La strega veniva infatti prospettata comeuna persona costretta a comportarsi in una determinata maniera per necessità, che doveva fare del male perché viera predisposta per una qualche ragione, generalmente connessa con l'origine biologica ed ereditaria del potere.Sebbene si ritenesse che vi fossero alcune streghe che facevano del male perché lo volevano, ciò nonostante sipensava che non tutte avessero l'intenzione di nuocere deliberatamente. In questo senso conducono le parolepronunciate da Aurizia Patavina all'indirizzo di Marcolina Stella: «È un libro di Sant'Antonio di Padova, che sonotanti miracoli, se non potete far di meno di far stregamenti, fatte a nota lì e avanti la Madonna del Carmine!»(AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 26r). Alla stessa idea è rapportabilel'autodifesa di Ursula del Sottile: «Io non so d'esser stregha, che s'io fosse bisognerebbe pur che lo sapessi» (Ivi, b.31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p.125). Parimenti si credeva che talune riversassero il loro potere malefico sui sassi, facendo seccare gli alberi,sbattere i cancelli del cimitero, suonare le campane, o su altre cose inanimate, o ancora direttamente su lorostesse, evitando in questa maniera di danneggiare le altre persone. Sul carattere necessario del potere,involontario, inconsapevole, o comunque non controllabile dalla coscienza: M. DOUGLAS, Introduzione, cit, pp. 22-23, 28; M. RUEL, Gli uomini-animali, cit., p. 403; B. SPOONER, Il malocchio, cit., p. 380; K. THOMAS, L'importanzadell'antropologia sociale, cit., pp. 87-88; A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende nella medicina popolare, Dr.Recordati - Laboratorio Farmacologico S. A. - Correggio, 1940, p. 28 (stregoneria interpretata anche «come unamalattia da cui una persona è colpita involontariamente»). Ancora in relazione al tema della responsabilità o nonresponsabilità strettamente connesso all'intenzionalità o involontarietà del potere di nuocere: E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 159-174.La comunità crea ed inventa la strega come strumento liberatorio, che permette di sfogare l'aggressività e lefrustrazioni del gruppo, purificandolo in una sorta di catarsi da tutta una serie di elementi negativi. Si tratta di unvero e proprio meccanismo di costruzione della strega: il villaggio accusando una persona di stregoneria, non siaspetta che questa si discolpi, bensì che riconosca il suo ruolo di strega, confermando in tal modo l'ordine sociale.Medesimo discorso si può fare per i giudici, che non prevedono che l'imputato neghi, ma esigono che egli corroborie confermi il sistema di cui essi detengono solo un frammento e di cui vogliono che la strega ricostruisca il resto inmaniera appropriata. In tal senso chi esterna sentimenti o atteggiamenti anche fisicamente violenti contro lestreghe, come Giacomo Campolino che bastona la Tavana (AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, Deposizione diGiacomo Campolino, [Udine], 28 agosto 1655, c. [3v]), non fa altro che aderire a un procedimento ritualizzato perottenere lo scioglimento della fattura, un processo volto allo slegamento del maleficio. In altre parole la comunitàdi villaggio e i giudici, ecclesiastici o civili che siano, compartecipano alla creazione e sopravvivenza della figurasociale della strega, aspettandosi che questa ratifichi il suo ruolo e consolidi così il sistema e l'ordine socialecostituito. C. LÉVI-STRAUSS, Lo stregone e la sua magia, in ID., Antropologia strutturale, Milano, Saggiatore, 1980,pp. 189-209. Sulla questione generale della stregoneria connessa alla «reazione aggressiva di gruppi e di marginisociali che, per motivi vari, non sono integrati o sono parzialmente integrati nei modelli propri della cultura dallaquale dipendono, o anche respingono tali modelli»: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 231-236.72 Due erano le «componenti essenziali: il verificarsi di un evento sfortunato per una persona che non riuscisse atrovare immediatamente una spiegazione naturale, e la consapevolezza, da parte della vittima, di aver offeso unvicino o una vicina, di solito venendo meno a un obbligo sociale in precedenza consuetudinario. Molto spesso, ilnesso tra l'evento sfortunato e l'obbligo trascurato era costituito dallo sfogo malevolo della sospetta strega». K.THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., pp. 605-606.73 A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., p. 242. In relazione alle accuse dolose di stregoneria utilizzatecome strumenti privati al fine di eliminare un avversario: K. THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 223-224.74 La credenza nella stregoneria «si fonda ... su una sostanziale unicità di schemi delle varie espressioni delpensiero magico e si propone in genere come "risposta" a situazioni e sentimenti primari - odio, invidia, gelosia,desiderio, ... - che pur nella specificità delle singole vicende manifestano, tutto sommato, tratti abbastanzacostanti»: T. SEPPILLI, La fattura, in ID. (a c. di), Medicine e magie, cit., pp. 49-50.

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Così la sciagura che colpì Andrea, figlio di Leonardo del Longo, venne ascritta alladisputa che il padre aveva con Lorenzo Doz per l'affitto di un prato e di una stalla. Il Doz,affittuario di quei beni immobili di proprietà dei conti di Polcenigo, aveva tentato diincrementare le sue entrate giocando sul prezzo e facendo credere di voler rigettare leproposte che gli erano state fatte, ma Leonardo del Longo lo aveva anticipato sul tempoaccettando un'offerta verosimilmente inferiore alle richieste del Doz, il quale si era ritrovatoimprovvisamente senza più nulla75.

Alla stessa maniera l'antagonismo che oppose Anna Sguma ad alcune delle suepresunte vittime in particolare, venne ricondotto dai testimoni a questioni relative all'affitto diuna casa. Giovanni Antonio Balzaro, proprietario dell'abitazione nella quale la donna avevavissuto per tanto tempo, decise di scacciarla. A questo danno subito vennero riportate lesventure che colpirono la cerchia parentale dei Balzaro76. L'affittuario successivo fuAlessandro Carbo77, che occupò quella casa facendo un ulteriore torto alla Sguma, laconseguenza fu il decesso del Carbo. Similmente accadde poi a Giacomo Molinaro, ritenutocolpevole del medesimo sgarbo nei confronti della donna, il quale affittò l'abitazione dopo lamorte del precedente inquilino: la sua famiglia venne colpita così da gravissimi problemi disalute78.

Tutte le sventure che capitarono a Daniele Romano e a sua moglie Claudia, oppure allepersone che con loro avevano avuto a che fare in passato o che svolgevano tuttora mansionia loro favore, domestici o avvocati, vennero fatte risalire dai due coniugi alla disputa cheormai da molto tempo li opponeva a Marcolina Stella79 in relazione alla proprietà di unacasa80. Costei spiegò81 al giudice di fede come la disputa fosse in origine tra lei e la suamatrigna, solo successivamente era intervenuto il Romano, che con false promesse avevaraggirato l'avversaria della Stella nella questione. Inoltre aggiunse che a suo parere era inatto un complotto ai suoi danni, ordito dal Romano. Così, durante un tentativo dicompromesso extragiudiziale, egli aveva suggerito alla contessa Impolice Savorgnan cheMarcolina avesse stregato sua figlia Lucrezia. Questo fatto, dal momento che GiovanniSavorgnan era il suo rappresentante, avrebbe dovuto fomentare desiderio di vendetta ai

75 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processoper stregoneria, cit., p. 124.76 «Il capostipite di questa famiglia, che nei documenti spilimberghesi fa la sua prima comparsa verso il principiodel Cinquecento, arrivava da molto lontano», dall'Engladina, in Svizzera. I Balzaro, o Balzero, «per quasi due secoliricoprirono un ruolo notevole nella vita della comunità e sin dal secolo XVI sembra avessero dei beni feudali senzagiurisdizione. [...] Ebbero a che fare con il S. Ufficio ... il notaio Gaspare, ed ... Andrea, denunciati nel 1594 peraver tenuto in casa propria libri proibiti», ma l'Inquisizione decise di non procedere oltre. Nel 1613 troviamo unAntonio iscritto all'Accademia Parteniana, «segno dunque che i Balzaro avevano a cuore l'istruzione di loro rampollie inoltre che la frequenza dei corsi dell'Accademia conferiva prestigio alle famiglie del luogo». L. SERENI, Cennistorici, cit., pp. 131-133 (le citazioni sono alle pp. 131-132).77 Un Alessandro Carbo, deputato popolare di Spilimbergo nel 1606, viene ricordato in: A. STEFANUTTI, Consortifeudali, "cittadini" e "popolani" a Spilimbergo. Spunti per la storia di una società tra XVI e XVII secolo, in N.CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di), Spilimbèrc, cit., p. 103.78 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, Spilimbergo, cit., c. [6v].79 «Di questa famiglia si conoscono vari rami residenti in Friuli. Quello spilimberghese era di origine bergamasca erisaliva ... alla prima metà del Cinquecento. ... Per quanto non apparissero inizialmente come figure di granderilievo nella storia spilimberghese, gli Stella si trovarono tuttavia invischiati più di una volta in questioni con il S.Ufficio. A cominciare fu un Lodovico, il quale nel 1595 fu incriminato per aver affermato che le elemosine, lepreghiere e tutte le altre opere di pietà fatte a suffragio dei defunti, non recavano loro alcun beneficio». Ma poichénessun teste confermò tali sue presunte dichiarazioni, fu deciso di lasciar cadere la cosa. Venne poi la volta diMarcolina Stella (le cui disavventure giudiziarie sono illustrate in questo lavoro, n. d. l.) «e poi, nel 1687 di SantoStella comparso davanti al S. Uffizio sotto la consueta accusa di aver letto dei libri proibiti». Per quanto concerne la«battagliera Marcolina merita rilevare che è stato di recente accertato un errore nell'albero genealogico, peraltroassai frammentario, degli Stella. Marcolina Bortolussi, sposata a Faustino, non fu infatti ... la madre bensì la zia diuno dei personaggi più noti della famiglia, quell'Eusebio Simone, il quale, più che per la sua attività di cancellierepresso i signori di Spilimbergo, viene ricordato per quella di poeta, non alieno dal comporre versi amorosi di unaestrema licenziosità». L. SERENI, Cenni storici, cit., pp. 133-134.80 Numerosi furono i testimoni a menzionare la controversia nel corso delle loro deposizioni: AAUD, S. Officio, b.27, fasc. 939, Deposizione di Leonardo Cisternini, Udine, 6 settembre 1644, c. 4r; Ivi, Deposizione di Giovanni VittorioOnesti, cit., cc. 19v-20r; Deposizione di Agrippa Cisternini, cit., c. 23r; Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [50r].;Deposizione di Marcolina Stella, Spilimbergo, 26 settembre 1644, cc. 30v-31r; Memoriale di Marcolina Stella,Spilimbergo, senza data, cc. [60r-61v]; Deposizione di Daniele Romano, cit., cc. 8v, 10r.81 Ivi, Deposizione di Marcolina Stella, cit., cc. 30v-31v.

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danni della Stella, o quantomeno far sì che il nobile la guardasse con sospetto. Nonostantemolteplici sentenze a favore della Stella, sia presso l'autorità civile locale sia davanti alluogotenente generale della Patria del Friuli, come da lei stessa dichiarato, i Romano viste lesconfitte legali avevano deciso di operare un'azione diffamatoria nei confronti dell'avversaria,accusandola apertamente di stregoneria e persuadendo alcune persone tra i loro dipendenti,amici o parenti, a sostenerli in tale operazione82.

Il conflitto interpersonale che oppose Lorenzo Doz ad Angelo Covasso era dovuto invecea questioni matrimoniali. La disgrazia del Covasso venne imputata al fatto che egli avessesposato la donna che il Doz avrebbe voluto per suo figlio, intralciandone così i pianimatrimoniali: «in Frisanco eran, già 10 anni in circa, duoi giovani sorelle hereditevoli. Una diesse si maritò, et passorno anni avanti che havesse figlioli perché il Doz pretendeva chel'altra sorella, chiamata Sabbata, pigliasse per marito suo figliolo. Non lo volle Sabbada, masi maritò in Agnolo Covasso»83.

Alla categoria dell'impegno preso ma non rispettato venne fatta risalire la sventura checolpì Angelica Barbiero, la quale aveva un debito di 30 soldi con la Sguma che non avevaancora provveduto a saldare: «una volta mia madre questo estate mi disse andando io a casasua: "Tu non sai che quella poltrona della Barbiera va dicendo che io l'habbi strigata, manon dice la verità. M'ha mandata a chiamare più volte, ma io mai non son andata con direche fin tanto che non mi dia li miei 30 soldi che io habbia detto che non possi caccare népisciare!"»84.

In altre situazioni il conflitto poteva aver origine dalla richiesta insoddisfatta di unprestito, di latte, zucchero, denaro, attrezzi da lavoro85. Così Camilla Cisilatti rifiutò ad AnnaSguma un prestito di pane e ricotta, le conseguenze furono deleterie: «al tempo delle puine,stando alla mia porta facendo il filo, mi furono portate due ricotte. In questo tempo passò dilà via detta Anna, addimandandomi un poco di ricotta et anco un poco di pane, dicendomise io l'havevo nella sacchetta. Risposi de no. Lei non volendo credere mi fece voltare lasacchetta»86.

A volte era il torto, lo sgarbo subito dalla strega, o da un suo familiare, a scatenarne lareazione, come nel caso di una figlia della Sguma che venne schiaffeggiata da AndreaBalzaro87. Giulia Segata ritenne di essere stata colpita da una disgrazia poiché non avevarispettato una delle più elementari regole sociali, non avendo risposto ad una domanda diMarcolina Stella88. Non sempre era la strega a gettare lo sguardo cattivo, così DanieleRomano guardò in malo modo la Stella e il risultato fu una caduta da cavallo89. AuriziaPatavina, dopo essersi avvalsa della collaborazione di Marcolina per il parto, rifiutò che laStella cercasse una nutrice, la conseguenza fu la sventura: «Costei dappo mi ricercò sevolevo che essa trovasse chi lo latasse, io li dissi di no et che si contentase d'havermi levatadal parto et di esser pagata. Et per senza sua saputa diedi detto mio figlio a latare allamoglie di messer Simon del Negro, di questo loco»90.

82 La funzione di accusatore principale della Stella assunta dal Romano venne ribadita anche da altretestimonianze: Ivi, Deposizione di pre Carlo Rossetis, cit., cc. 6r-6v; Deposizione di pre Nicola Andriolico, Spilimbergo,23 settembre 1644, c. 10v; Deposizione di pre Tommaso Fannio, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 12v;Deposizione di Giacomo Calligariis, Spilimbergo, 24 settembre 1644, cit., c. 14r; Deposizione di Rosanna Romano,Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 18r; Deposizione di Lorenzo Varente, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 18v;Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., c. 19r; Deposizione di Agrippa Cisternini, cit., c. 23r; Deposizione diPergonio di Spilimbergo, Spilimbergo, 26 settembre 1644, c. 29r; Deposizione di Caterina Cleiano, Spilimbergo, 26settembre 1644, c. 29r; Pronunzia di Agostino Diana, Udine, 19 ottobre 1644, c. [63r]; Deposizione di MarcolinaStella, cit., c. 31v.83 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 123.84 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Domenica Andea, cit., c. [10v]. La questione del debito venne megliospecificata da Antonia di Vittorio di Barbeano, la quale precisò: «doveva detta donna Angelica dare alla Sgumasoldi 30, perché il suo infante havea mangiato alla sua hosteria». Deposizione di Antonia di Vittorio da Barbeano,cit., c. [13v].85 Riguardo alla tematica del prestito, del dono e del controdono: M. MAUSS, Saggio sul dono, in ID., Teoriagenerale della magia e altri saggi, Torino, Einaudi, 1972, pp. 155-292.86 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, cit., c. [5v].87 Ivi, Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7r]; Deposizione di Giacomo Balzaro, cit., cc. [12r].88 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 27v.89 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 26v.90 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 24v.

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Non sempre però il torto ingiusto veniva commesso ai danni della strega, a volte era lastessa vittima a sentirsi danneggiata ingiustamente dalla sua ira. Così capitò a GiovanniMaria Pelizzaro che ritenne di essere stato colpito per qualcosa che non aveva commesso:«essendo io infermo, già tre mesi sono, di male al collo et febre, venne messer CeccoMurador, mio compadre, a visitarmi et mi addimandò quello che io havevo fatto a AnnaSguma, al cui risposi che io non li havea fatto alcun torto. Et egli, repplicandomi, disse cheAnna sudetta li havea detto che la mi voleva far marzire sul letto, per il che mi messi inspavento, sapendo di non haverli fatto alcun dispiacere»91.

Per ciò che concerne la conflittualità tra parenti, nonni o zii e nipoti, marito e moglie,genitori e figli, fratello e sorella, raramente vi erano stretti vincoli di sangue tra sospettastrega e presunta vittima, anche se sono documentati casi in cui dei bambini accusarono distregoneria i propri familiari più stretti, genitori, fratelli o sorelle, oppure i membri dellacerchia parentale più ampia, nonni, zii, cugini92.

Situazioni di conflitto nella parentela più ampia, con esplicite accuse da parte dellepersone danneggiate dalla strega presunta, per motivi di interesse economico e/o di ereditàsi evidenziano in special modo nella vicenda di Frisanco. L'opposizione tra Lorenzo Doz e ifigli maschi di due suoi fratelli venne ricondotta a motivi economici legati a questioni dieredità: «Lorenzo ha due fratelli, et di questi duoi fratelli ciascuno ha un figliolo maritatto.Essendo statti questi alquanti anni senza poter haver figliuoli, sono entratti in sospeto [che]Lorenzo Doz, lor zio, con le sue malie impedisca loro la generazione, acciò la sol disendenzadi suo figliolo restasse herede»93. L'uomo aveva inoltre anche una sorella, ora vedova,Agnese, che era stata sposata con Giovanni di Franceschina, unione dalla quale non eranomai nati figli, automaticamente esclusa così da eventuali pretese di eredità. La sterilità dellacoppia venne collegata dal marito ad un intervento malefico del fratello di lei94. Il contrastoche oppose il Doz al cognato Giorgio de Filippo riguardava l'eredità di alcuni beni immobili,che spettavano al secondo per diritto legittimo95.

Tuttavia relazioni conflittuali erano anche quelle che si esplicavano all'interno delnucleo famigliare propriamente detto. Così il contrasto che sembrò affiorare tra GiovanniDaniele del Sottile e la moglie Ursula, giovane donna di bell'aspetto. Costei venne accusatada più persone, tra cui il fanciullo Mattia, di causare molteplici disgrazie sia agli esseriumani che ai loro animali. Condotta dal marito in canonica a Frisanco davanti a preSalvatore Reggio, negò ogni addebito. La rottura interna nel rapporto tra marito e moglie èravvisabile proprio nell'atteggiamento dell'uomo, il quale non difese la donna in alcun mododa quelle accuse false ed ingiuriose, né reagì contro i suoi accusatori rimproverandoli per ladiffamazione, anzi si scagliò aggressivamente contro la moglie minacciando di ucciderla eglistesso o di farla ardere sul rogo se si fosse provato che era realmente una strega96.

Una crisi nel rapporto si evidenzia anche tra Anna Sguma e la figlia Domenica. Alledomande insistenti del giudice di fede relative al fatto che quest'ultima avesse accusatopubblicamente la madre di stregoneria, la giovane rispose che ciò non corrispondeva al vero,

91 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giovanni Maria Pelizzaro, cit., c. [9r]. Un Giovanni Pelizzaro viene menzionatoin: A. STEFANUTTI, Consorti feudali, "cittadini" e "popolani", cit., p. 98.92 Nella vicenda che poco prima della metà del Seicento coinvolse i paesi di Frisanco e Cavasso, e solo in minimaparte di Fanna, un bimbo di nove anni accusò di stregoneria e partecipazione al sabba numerose persone di queivillaggi, tra cui la nonna paterna Caterina: AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, cit. Riguardo a rapporti di parentelatra strega e vittima: A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 332-334; E. GOODY, Aggressioni legittime eaggresioni illegittime, cit., pp. 291, 294, 297; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., p. 128; ID.,Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 242-244; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., p. 107; ID.,Problemi sociali, conflitti, cit., p. 227. Sui bambini accusatori di familiari: A. MACFARLANE, Stregoneria inInghilterra, cit., pp. 243-244. Per una vicenda nella quale numerosi furono anche i bimbi, ricordo indicativamente:G. HENNINGSEN, L'avvocato delle streghe. Stregoneria basca e Inquisizione spagnola, Milano, Garzanti, 1990.Riguardo alla connessione bambini-diavolo-stregoneria: A. M.di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 80, 242, 244,256, 262-264, 266, 315-334.93 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 123.94 Ibidem.95 Ibidem.96 Apparentemente non è ravvisabile dai documenti alcun antagonismo tra accusatori e accusata, tuttavia unasituazione conflittuale si evidenzia proprio nel rapporto coniugale: Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala,cit., p. 125; G. P. GRI, Val Colvera, nel "nido particolar delle strege". 1648-1650, in N. CANTARUTTI (a c. di),"Commun di Frisanco". Frisanco - Poffabro - Casasola, edito dal comune di Frisanco, 1995, cit., p. 214.

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perché non si sarebbe mai permessa di farlo davanti a tutti, altrimenti la madre l'avrebbecertamente presa a schiaffi. Tuttavia nella testimonianza era presente un lieve accenno adun contrasto tra le due, quando Domenica confermò di avere detto, lamentandosi con lagente, di ritenere la madre responsabile di averle stregato i figli97.

Tuttavia vi erano situazioni in cui era difficile risalire alla natura primaria del conflitto,qualora esso vi fosse, che non permettevano una ricostruzione dei motivi scatenantil'antagonismo, anche a causa della natura parziale dei documenti. Così potevano esservilegami di sangue tra strega e vittima, o tra accusatore e accusata, indipendenti da situazionidi contrasto evidente ed esplicito, perlomeno nelle fonti, in questi casi era possibilesolamente supporre la presenza di relazioni conflittuali preesistenti, sia a livello comunitarioo vicinale che parentale o famigliare.

Nella vicenda di Frisanco, ad esempio, la disgrazia che capitò a Battista Doz, cugino diLorenzo Doz, vale a dire la perdita del latte da parte delle sue pecore, non era riconducibile,almeno per quanto ne sappiamo dai documenti, ad alcun conflitto manifesto98. Medesimodiscorso può farsi per una serie di morti improvvise, che colpirono la famiglia di Maria,moglie di Pietro Biasato, nipote di Domenica di Daniele Biasato detta la Chiarandola: nelcorso di poco tempo tre erano stati i figli della donna deceduti in successione, una bimbaqualche anno prima e poi due altri fanciulli a poca distanza l'uno dall'altro99.

Un discorso a parte merita il rapporto relativo al bimbo Mattia, che accusò distregoneria e partecipazione al sabba la nonna Caterina. Mattia abitava a Frisanco ormai daparecchi anni, precisamente cinque, da quando, nel 1644, all'età di quattro anni si eratrasferito dalla nonna, la quale aveva provveduto alla sua educazione e crescita. I genitori,Osvaldo e Maddalena, vivevano con altri quattro figli, tre femmine e un maschio, a Cavasso,dove facevano i contadini lavorando la terra del conte Elia di Polcenigo. Essendo Mattia il piùgrande e il meno bisognoso delle cure dei genitori, lo avevano affidato alla nonna, praticanon inusuale a quel tempo e che consentiva maggiore respiro ai genitori, anche da un puntodi vista economico. Con il trasferimento definitivo di Mattia nella casa dei genitori, avvenutopresumibilmente tra il marzo e l'aprile del 1648, era mutato anche il quadro del suorapporto con la nonna e di conseguenza con gli abitanti di Frisanco, oramai il bimbo nonfaceva più parte del nucleo familiare dell'anziana parente. Da questo cambiamento forsetraumatico per il bambino la denuncia di stregoneria contro la nonna100.

L'interdipendenza tra disgrazia e rapporto conflittuale101 viene indirettamenteconfermata dal fatto che in assenza di relazioni sociali costanti e consolidate, tra presuntavittima e strega sospetta, si tendesse ad escludere un intervento maligno. Così dichiaròGiulia Segata: «Io non so che li miei cavalieri siano andati di male per causa di MarcolinaStella come m'interrogate, perché mai ho presentà fede a questa cosa, non essendomi maipraticata per casa et non salutata in strada»102. In mancanza di un conflitto scatenante

97 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Domenica Andea, cit., c. [11r]. Il fatto era stato confermato dapiù persone: Ivi, Memoriale di Giovanni Battista Cleano, Spilimbergo, 23 agosto 1625, c. [20r]; Deposizione diGiacomo Balzaro, cit., c. [11v]. Tuttavia il diretto interessato non ne fece alcuna menzione: Deposizione di GiovanniMaria Pelizzaro, cit., c. [9r].98 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 124; Deposizione di pre Salvatore Reggio,cit., p. 137.99 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 126.100 Ivi, b. 31, fasc. 28, cit., in particolare: Pre Domenico Segala a fra Giulio Missini, [Fanna], 30 giugno 1648, pp.127-128; Deposizione di Osvaldo e Mattia di Bernardon, Spilimbergo, 30 giugno 1648, pp. 128-131; Primo memorialedi pre Domenico Segala, cit., pp. 121-122. Riguardo alla partecipazione al sabba del piccolo Mattia, autodefinitosibenandante, ed alle implicazioni insite nel rapporto stregoneria-sabba-benandanti nell'area friulana occidentale inepoca moderna: G. P. GRI, Val Colvera, cit., in particolare pp. 190-198.101 «Gli individui usano l'accusa di stregoneria come arma di offesa quando le relazioni sono ambigue, e questopuò avvenire per una delle due ragioni seguenti. Può essere che le relazioni siano normalmente competitive e nonregolate ... l'accusa è solo un'ulteriore forma di attacco e di contrattacco tra fazioni rivali. Oppure può accadere cheuna categoria di persone si trovi in una posizione di vantaggio o di svantaggio del tutto anomala, tanto da essereprivata dell'"ombrello" della protezione della comunità ... le vedove prive di mezzi di sussistenza che chiedevanol'elemosina ai loro vicini si trovavano in questa posizione nei villaggi dell'Essex nel Cinquecento: sospettarle distregoneria era un mezzo per giustificare il rifiuto dell'elemosina». M. DOUGLAS, Introduzione, cit., pp. 16-17.Riguardo all'accusa come arma di attacco all'interno di rapporti non ben definiti: P. BROWN, Magia, demoni eascesa, cit., pp. 58-61.102 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giulia Segata, Spilimbergo, 26 settembre 1644, cc. 28r-28v.Numerosi sono nei documenti che ho esaminato i termini tradotti dal friulano nel corso degli interrogatori, spie

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determinato e in presenza di un rapporto disteso, la sventura poteva non venire attribuitaall'intervento malefico di un agente esogeno. Così Marsilia del Horologiero fece risalire lamorte delle sue galline non a Marcolina Stella, bensì ad una causa per nulla soprannaturale,vale a dire a degli insetti parassiti, le cimici103.

La strega poteva provare sentimenti di invidia contro gli altri perché costoro avevanoqualcosa che lei non aveva, una famiglia serena, un figlio in buona salute, una figliasposata, un marito sincero, una casa dignitosa, campi e bestiame che rendevano bene,un'occupazione remunerativa quanto bastava104, e che invece sarebbe stato giusto cheavesse come tutti. La delazione, ufficiale ma anche espressa in maniera informale neirapporti all'interno della comunità, diventava così uno strumento per esprimere sentimentinegativi in maniera accettabile contro altre persone, in modo tale da spiegare che la strega disolito veniva accusata di aver attuato un maleficio perché si riteneva provasse invidia, sivolesse vendicare di una tale persona che aveva più di lei, dalla quale aveva subito un'offesao un danno.

Talvolta però a reputarsi danneggiato non era l'individuo con il quale la donna era inattrito, bensì qualcuno o qualcosa che con questo era in relazione. In questi casi si parla dimaleficio trasversale, che poteva colpire un parente stretto, figli o consorte, bestiame o beniimmobili della persona oggetto del rancore105. In questo modo spesso l'azione della strega,una maledizione106, una minaccia107 non solo verbale, una brutta occhiata, un contattofisico, uno schiaffo o altro, assumeva a posteriori, perlomeno nelle parole dei denuncianti odei testimoni, un significato di reazione nei confronti di chi aveva commesso il torto. Inquesto settore è inquadrabile ad esempio la reazione verbale di Anna Sguma contro AndreaBalzaro, il quale schiaffeggiò una figlia della donna, Domenica, per il solo fatto che questaaveva giustamente protestato chiedendo di essere retribuita per i boccali di vino che egliaveva bevuto nella sua osteria, ma non pagato regolarmente108.

Le richieste della strega andavano perciò assecondate ed esaudite, in maniera tale danon ingenerare in essa rancore e risentimento, con conseguente desiderio di vendetta109. Èquello che traspare dalle dichiarazioni attribuite a Claudia Romano ed alla stessa Patavinada Giulia Segata che, per non aver soddisfatto una richiesta della Stella, perse tutti i suoi

linguistiche che attestano come la verbalizzazione avvenisse verosimilmente non solo in contemporanea alladeposizione, ma spesso da parte di cancellieri, inquisitoriali o laici, non di lingua friulana. Si veda il friulanocavalîr, cavalèr, cavalèir, ad indicare il baco da seta: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il NuovoPirona. Vocabolario friulano, Seconda edizione con Aggiunte e correzioni riordinate da Giovanni Frau, Udine,Società Filologica Friulana, 1992, p. 110. Quando i bachi da seta venivano assaliti dalle formiche, o morivano peraltri motivi magari nell'ultima fase della crescita, ecco che si pensava alla stregoneria: D. COLTRO, Dalla magia allamedicina contadina e popolare, Firenze, Sansoni, 1983, p. 30.103 Ivi, Deposizione di Marsilia del Horologiero, Spilimbergo, 26 settembre 1644, c. 30r. Si confronti «Horologiero»con il friulano orlojâr, orologiaio: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 673.104 In relazione alla strega come soggetto tendenzialmente più povero da un punto di vista socio-economico del suoaccusatore diretto: K. THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit., p. 227.105 In alcune situazioni «la strega era incapace di nuocere al suo nemico a causa della vita pia di quest'ultimo»: A.MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., p. 131.106 La maledizione era «destinata a determinare nell'uomo o nella cosa» episodi negativi: A. M. di NOLA, Il diavolo.Le forme, cit., pp. 92-94. 295-296 (la citazione è a p. 296). Sulla maledizione rituale, intesa come «la credenza chefosse possibile, per una persona, danneggiarne fisicamente un'altra semplicemente pronunciando parole dicarattere ostile»: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., in particolare pp. 553-562 (la citazione è a p.553).107 «La minaccia di compiere azioni stregonesche, anche se non viene espressa apertamente, come nel Chiapas,quale ultima parola in un litigio, implicitamente è avanzata più spesso di quanto gli etnografi abbiano registrato.L'allusione a rappresaglie soprannaturali ha un effetto maggiore su quanti credono nella stregoneria di unadimostrazione di forza naturale, e fornisce agli ambiziosi una scorciatoia verso il potere, scorciatoia di cui ci si puòservire in buona fede. Coloro che credono nella stregoneria, infatti, pensano spesso di essere capaci di compierla elo confessano: convincersi dell'efficacia del potere dell'odio è facile quanto credere che l'amore vinca tutto». J. PITT-RIVERS, Il potere spirituale, cit., pp. 236-237.108 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Secondo Costituto di Anna Sguma, Portogruaro, 17 ottobre 1626, c. [15v]; Ivi,Terzo costituto di Anna Sguma, Portogruaro, 19 ottobre 1626, cc. [17r-17v].109 Riguardo al presunto atto della strega come vendetta contro un'offesa subita: M. DOUGLAS, Introduzione, cit.,pp. 18-19; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 62-65, 319, 472-473, 556-557, 570; K.THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 102, 106. In relazione all'istituzione della «stregoneria divendetta» in alcune società extraeuropee: P. RIVIÈRE, Fazioni ed esclusioni, cit., p. 313.

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polli110: «È ben vero che lei et la moglie del signor Daniel Romano mi dicevano: "Vedete chebisognava risponder polito, che li havete detto che li cavalieri non li havete contati, che vison andati di male?"»111.

La reazione della strega non sempre si riteneva colpisse in linea retta l'individuo cheaveva commesso il torto, poteva accadere così che la vittima venisse danneggiatatrasversalmente, un congiunto, un amico, che fossero minacciati od offesi beni di suaproprietà. Così accadde a Giacoma di Bastiano di Giuliano di Pinzano, mentre era ancora aservire a casa di Daniele Romano: «Avanti che io mi maritassi, che stava in casa del signorDaniel Romano, mi stregò, che mi fece amalar a morte [...] Che sempre ha voluto male aquella casa, che credo per tal caus[a] facesse morir le persone»112. Ancora: «Il corrente mesehavendo la consorte del signor Romano una serva, li comandò che vendimiasse non so cheuva in confin di detta Marcolina, qual, temendo di lei, non volse. Io mo' che vo alla liberaordinatomi da detta signora la vendemai. Et dappo vendemiata mi vene male»113.

La persona accusata di stregoneria spesso si ribellava contro un'accusa che reputavainiqua e calunniosa. Una reazione diretta e violenta della strega assumeva una funzioneesplicita e positiva, poteva contribuire, se non a far cadere l'accusa, a tutelarne la buonareputazione. È questo il motivo principale per cui la maggior parte delle persone accusate distregoneria negarono gli addebiti, a volte con ostinazione, anche se sottoposte a torture osolo a minacce di sevizie.

Anna Sguma protestò rabbiosamente, in maniera decisa e grintosa: «Se non che fuiuna volta, il mese di maggio prossimamente passato, mandata da madonna Angelica, mogliedi messer Giovanni Battista Cleano Barbiero, a chiamar detta Anna acciò venisse a vederessa madonna Angelica che era inferma, dicendomi che detta Anna l'havea strigata. Et cosìandai, feci l'imbasciata et con parolle ingiuriose, minacciandomi anco di dare, mi scacciò dicasa sua dicendomi che non sapeva far strigarie, ma se havesse saputo farle che l'haveriavoluto farla crepare et che andasse alle forche, et che non mandasse altro a chiamarla [...] etaltre parolle sporche, che voleva amazzar chi fosse andata là. Et così mi partii tutta pressadi timor, né mai più son stata in casa sua, né ho parlato con lei»114.

Alla stessa maniera si comportarono alcune delle persone imputate a Frisanco. CosìUrsula, vedova di Filippo Barcian, accusata di stregoneria, difese con decisione il figliosedicenne Lorenzo, anch'egli imputato di essere uno stregone115. La persona accusata distregoneria si difendeva a volte dalle accuse rispondendo a tono. Così Ursula del Sottile, cheribatté agli addebiti mossi da Domenica di Zanna116, oppure Pirina Rampon117, o ancoraDomenica detta la Chiarandola118.

L'accusata poteva difendersi in un'altra maniera, più pacata ma non meno efficace. Inbase alla credenza che la sventura seguisse in brevissimo tempo l'incontro o in questo casola minaccia della strega, l'imputata ricordava, pur dopo aver ammesso di avere minacciato

110 «La credenza nella stregoneria ... aveva una funzione di parziale protezione per coloro che erano ritenuti inpossesso di tale potere magico ... una presunta strega era trattata con rispetto nel villaggio: "Qualsiasi cosa ziaTammy desiderasse, ben pochi di quanti ne avevano paura osavano opporle un rifiuto"». K. THOMAS, La religione eil declino della magia, cit., p. 613.111 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giulia Segata, cit., c. 28v. «La credenza nella stregoneriacontribuiva a fare sì che gli obblighi tra vicini non venissero dimenticati, e che le richieste di una donna anziananon fossero automaticamente respinte»: K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., p. 107.112 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giacoma di Bastiano, cit., c. 22v.113 Ibidem.114 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Marsilia Forgarini, cit., c. [10r].115 Ivi, b. 31, fasc. 28, Deposizione di Osvaldo e Mattia Bernardon, cit., p. 130.«L'incertezza è un'ammissione di debolezza o di colpa, come dimostra il caso dell'altra Orsola, la giovane moglie ...di Giovanni Daniele de Sotilla, indicata dal ragazzo ... La reazione del marito, quando la novità del suocoinvolgimento si diffonde, è violenta non nei confronti dell'accusatore, come nel caso precedente, ma nei confrontidi lei, l'accusata ... La trascina in canonica, chiede la verifica dell'accusa, proclama la volontà, se provata strega, difarla bruciare o di ammazzarla con le sue mani. ... Ciò che a noi pare un comportamento dettato dal profondosmarrimento emotivo per la situazione, ad alcuni attori entro il contesto d'allora parve un riconoscimento di colpa.E Orsola si trovò collocata nel gruppo ristretto dei sospetti sui quali il tribunale decise di avviare, in un primomomento, procedimento informativo formale». G. P. GRI, Val Colvera, cit., pp. 214-215.116 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 125; Ivi, Deposizione di preSalvatore Reggio, cit., p. 137.117 Ivi, b. 39, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, Udine, 16 giugno 1655, c. [6r].118 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., pp. 125-126.

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terze persone, che le sue presunte vittime o erano ancora vive e godevano di ottima salute,oppure erano decedute molti anni dopo quei fatti, rivendicando così l'assenza di unarelazione di causa ed effetto tra antagonismo e disgrazia.

Così Anna Sguma, dopo aver riconosciuto le minacce contro la famiglia di GiacomoMolinaro, si difese affermando che costoro erano ancora vivi, nonostante quei fatti cherisalivano oramai a tre anni prima119. Alla stessa maniera la Sguma si giustificò dall'accusadi aver provocato la morte di Andrea Balzaro, l'uomo che aveva preso a sberle sua figliaDomenica120. Similmente si difese dalle minacce contro Alessandro Carbo, prima negando diaver mai pronunciato quelle parole, poi affermando che era deceduto molti anni dopo121.

3. L'ambiente sociale del villaggio: la variabilità della

reputazione di stregoneria

Abbiamo visto che il problema dell'identificazione dell'origine della sventura edell'identità della strega sono strettamente legati alle concrete relazioni sociali all'internodella comunità di villaggio. La presunta strega era un individuo noto al suo accusatore, inmaniera che di solito un rapporto di natura conflittuale, all'interno di una comunità in unaparticolare situazione di angoscia sociale, precedeva il sospetto, che a sua volta era seguitoda uno o molteplici eventi negativi122. L'accusa di stregoneria era così il punto d'arrivo di unospecifico percorso123: ansia sociale diffusa antagonismo sospetto sventura accusa124.

Il sospetto125, espresso di volta in volta dal singolo o diffuso a livello collettivo,riguardava una persona specifica ed era legato spesso ad una fama discutibile, tanto chel'attribuzione della responsabilità si connetteva strettamente alla cattiva reputazioneprecedente126. Una volta che voci e maldicenze si divulgavano e diventavano di dominio

119 Ivi, b. 24, fasc. 830, Secondo costituto di Anna Sguma, cit., c. [15r]; Ivi, Terzo costituto di Anna Sguma, cit., c.[17r].120 Ivi, Terzo costituto di Anna Sguma, cit., c. [17v].121 Ivi, Terzo costituto di Anna Sguma, cit., c. [16v].122 «Un problema assai complesso, ma fondamentale, è di stabilire se la gente subisse una disgrazia e poi cercasseintorno a sé una strega, o se si prendesse a malvolere una persona e poi le si attribuissero le disgrazie successive.Ci sono testimonianze di entrambi i modi di procedere, ma la forma più normale sembra essere stata quella in cuiil litigio precedeva il danno, in cui il sospetto era presente prima dell'incidente». A. MACFARLANE, La stregonerianell'Essex, cit., p. 132; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., p. 98.123 Difficilmente «le credenze riguardanti la causa delle disgrazie e le accuse di stregoneria o magia si inseriscononecessariamente in un modello nettamente strutturato. Il cambiamento è sempre possibile», così come è semprepossibile «per ogni persona individualmente, e per i membri di ogni società collettivamente, percepire einterpretare» determinate attività «nei termini delle proprie idee preconcette e dei propri particolari bisogni». A.REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano, cit., pp. 157-158, 170.124 Sull'itinerario che conduceva all'accusa di stregoneria si vedano le seguenti considerazioni: A. MACFARLANE,La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 132-134; ID., Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 244-248; K. THOMAS,L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 98-99; ID., Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 227-234.125 «Il problema di fondo è dunque quello del modo con cui veniva in essere il sospetto iniziale. S'è già visto che lastrega era una persona conosciuta dalla vittima; ... sul conto della strega emerge un altro sospetto: sempre siriteneva che avesse motivi di rancore nei confronti della vittima. Se questo può apparire ovvio, d'altra parteperlomeno eslcude l'eventualità di una perfidia immotivata. I contemporanei potevano ben essere orripilati dalleattività delle streghe, ma mai negavano che queste avessero motivi fondati per augurare il male alle loro vittime».ID., La religione e il declino della magia, cit., pp. 600-601.126 Le maldicenze nei confronti di Anna Sguma erano così diffuse da coinvolgere anche le figlie; parimenti i sospettisi addossarono su un figlio di Marcolina Stella. A Frisanco accadde che venissero imputati madre e figlio, Ursula diFilippo Barcian e Lorenzo. A Maniago venne nominata come strega anche la figlia di una delle donne accusate,rispettivamente Domenica e Maria Fabbruzzi. Ad Andreis delle cinque donne accusate due erano sorelle, Lucia,figlia di Salvatore di Bucco, e Maddalena, sposata con Domenico di Traina. Stessa cosa a Barcis dove due delle seistreghe accusate erano madre e figlia, Pasqua di Salvatore e Maria; inoltre Maddalena, moglie di Daniele Corradini,venne accusata di essere una strega da una affatturata, nonostante prima di allora non fosse corsa per il villaggioalcuna voce in tal senso, tuttavia sua madre aveva detenuto tale nomea in passato.Vi furono così situazioni in cui il pregiudizio era legato al fatto che la fama negativa si trasmetteva all'interno diuna stessa famiglia. Nonostante spesso le due persone coinvolte non condividessero le medesime attività, la fama

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pubblico127, tendevano a perdurare nel tempo, accompagnandosi saldamente alla personacui si riferivano e trasformandosi alla fine in fama pubblicamente accettata128.

In alcune situazioni la reputazione poteva essere legata a comportamenti che dal restodella collettività venivano giudicati fuori dalle consuetudini tradizionali della vita di villaggio,perché non seguivano le regole comunemente approvate da un punto di vista sociale,morale, religioso, e per tali motivi potevano essere considerati anormali, oppure adatteggiamenti particolari che avevano caratteristiche straordinarie o enigmatiche e potevanorisultare anomali129.

Ioanne Bastiano Mazzolo raccontò un episodio accadutogli in prima persona: «Puòesser circa giorni quindeci che io andai a Murano insieme con Pirina di Rampon, et quandouscissimo dalla casa del Tazzarino, che era a bon'hora nel far del giorno, Maria Fabruzza erasopra la sua porta, [...] la quale ci adimandò dove andassimo. Io li risposi che andavimo perli fatti nostri et Pirina disse: "Stimavo che alcuno ci vedesse ad andar a far li fatti nostri et ildiavolo ha portato costei a vederci, della quale non è una simil diavola dal levante alponente"»130.

Un giorno, come riferì Vignuda, «si attrovava Pirina di Bernardin di Rampon, di questoluocho, a casa sua che scaldava il forno, che poi vene Maria di Domenego Fabruzzo dettaTavana et Paula di Luvise di Menon, le quali portavano il pane da meter nel forno. Et lasudetta Paula si partì et restorono solamente le sudette Maria et Pirina. Et io, che ho

della madre poteva corrompere quella della figlia, a volte la reputazione del padre quella del figlio, tanto che ildiscendente acquisiva una nomea negativa di riflesso. La concezione dell'ereditarietà della fama di strega ostregone era espressione dell'interpretazione biologico-genetica relativa all'origine e propagazione dei poteristregoneschi: essi erano innati e si trasmettevano ereditariamente dal genitore alla prole. Tale rapporto dicomunicazione-trasferimento di poteri e conoscenze era strettamente connesso di solito ad una discendenzamatrilineare, di madre in figlia, di generazione in generazione lungo l'itinerario sessuale femminile della progenie,sebbene la diffusione attraverso la linea maschile o anche incrociata non venisse esclusa a priori. Riguardoall'interpretazione dell'ereditarietà della fama come espressione dell'origine e trasmissione biologica del poteremagico-stregonesco: P. DI GESARO, Streghe. L'ossessione del diavolo, cit., pp. 997-1005; O. LAZZARO, Le amareerbe. Un processo di stregoneria nel Friuli del Seicento: il caso di Angioletta e Giustina delle Rive, Pordenone,Biblioteca dell'Immagine, 1992, cit., pp. 97-110 (in cui la fama si trasmette non solo dalla madre alla figlia, maanche dalla nonna alla nipote); T. MAZZALI, Il martirio delle streghe. Una nuova drammatica testimonianzadell'Inquisizione laica del Seicento, Milano, Xenia, 1988, pp. 43-44, 145-149.127 Le idee quando venivano riferite e riportate da altri erano esposte ad un processo di riduzione esemplificazione, a volte persino di intima modificazione: S. SEIDEL MENCHI, Erasmo in Italia, 1520-1580, Torino,Bollati Boringhieri, 1987, pp. 122-142.128 E. Goody, studiando la popolazione africana dei Gonja, distingue le aggressioni di origine magica secondo unoschema tripartito: «1) pettegolezzi: quando un aggressione o una disgrazia vengono attribuiti alla stregoneria, manon è specificata l'identità della strega; questo includerebbe i casi in cui si ritiene che le streghe appartengano auna categoria di persone fuori della comunità ...; 2) insinuazioni: allorché sono nominati sia la vittima sia la strega,ma non ha luogo alcuna contromisura pubblicamente sanzionata; 3) accuse: quando si indica una strega comeresponsabile di una data aggressione, e ne segue una qualche forma di contromisura ufficiale».Codeste tre forme di aggressione magica avrebbero delle funzioni differenti. «Il pettegolezzo serve, in certecondizioni, a tenere distante la minaccia dell'attacco, ad attribuirlo ad estranei, o almeno a evitare di attribuire lacausa della disgrazia a un particolare membro del gruppo. In secondo luogo, esso serve a formulare le norme delcomportamento pericoloso e di quello auspicato, e ad affermarle in modo più chiaro, dal momento che ilpettegolezzo agisce in una forma generalizzata». Le insinuazioni «colpiscono l'individuo, minando la suareputazione o ... rafforzandola. Le insinuazioni costituiscono un'attribuzione di potere magico: e l'effetto di unasimile attribuzione varierà a seconda delle credenze sulla legittimità e l'uso di tale potere». Le accuse «hanno ...implicazioni completamente diverse. Questo perché la contromisura ratificata pubblicamente, non solo sancisce ilpossesso del potere magico da parte dell'imputato, ma definisce illegittimo un determinato attacco, e fuori dailimiti della tolleranza. Grazie alle accuse i rancori provati ricevono una convalida pubblica, e l'esercizio del poteremagico da parte dell'individuo in questione è identificato come malvagio». E. GOODY, Aggressioni legittime eaggressioni illegittime, cit., pp. 288-290. In particolare sulla connessione tra pettegolezzi e stregoneria: A.MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 133, 138; ID., Stregoneria in Inghilterra, cit., p. 236; P. RIVIÈRE,Fazioni ed esclusioni, cit., p. 312; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., p. 109.129 La pordenonese Angioletta delle Rive venne vista secondo un testimone, tale Domenico Pasian detto Trombetta,mentre «un giovedì sera sul calar del sole [...] sotto una noce [...] ballava et faceva salti che eccedevano le forze diuna donna, saltava due braccia alto et faceva riverenza alla noce. Anzi che quella noce è più di trenta anni che noncresce e tutti giudicassimo che quella donna fosse una strega». Fu l'eccezionalità dei salti, troppo alti per lecapacità e forze di una donna, a rendere, per il testimone, anomalo l'episodio. O. LAZZARO, Le amare erbe, cit., pp.37-38, 56, 101.130 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Deposizione di Ioanne Bastiano Mazzolo, Maniago, 10ottobre 1655, c. [4v].

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sospetto che siano strighe, me ascosi dietro il balcone del forno per sentir quello tra lorodiscoressero et sentii la sudetta Maria che disse a Pirina: "Tu hai panderlo, non bisognavapander al diavolo". Pirina diceva che non haveva panderlo, et Maria diceva de sì, et dicevache essa voleva farsi conoscer, et Pirina li disse che facesse quello si voleva. Ciò da me udito,mi partii, nè fu detto altro perchè anchora Maria andò via a casa»131. Interrogata sulsignificato di quel discorso dal giudice civile, Vignuda aveva risposto di non sapere nulla,tranne quello che Pirina aveva detto a Domenico del Bertolo, vale a dire che Maria si eralamentata del fatto che Pirina avesse ricondotto a lei la responsabilità nella possessione diNicolosa132.

La testimonianza della teste, negativa nei confronti di Pirina e Maria, sembra avvolgerele due presunte streghe in un'aura insieme misteriosa e conflittuale. Misteriosa perchéVignuda non era riuscita a comprendere con chiarezza il senso di quella conversazione, chelei stessa aveva ricondotto alla possessione di Nicolosa solo per associazione di idee, quasiche le due presunte streghe avessero utilizzato un codice solo a loro noto. Misteriosa poianche a causa dell'atmosfera in cui si era svolto quell'incontro: la fama delle due donne,l'incontro apparentemente casuale, la loro conversazione e la possessione di Nicolosa.Conflittuale perché si era trattato di un vero e proprio battibecco tra le due.

Varie sono le formule con cui i testi riportarono la reputazione negativa delle personeaccusate di stregoneria, espressione di un pregiudizio diffuso e consolidato tra la gente; manon tutti condividevano gli stessi giudizi riguardo ai medesimi individui. A volte laconsiderazione con la quale il testimone valutava la persona accusata coincideva con la famapubblica diffusa nel villaggio, altre il teste non ratificava la voce popolare e se ne dissociavain maniera aperta o più attenuata, o per paura di venire coinvolto nella vicenda oppureperché il convenuto non aveva in realtà proprio nulla da rimproverare all'accusata.

Così Antonia di Vittorio da Barbeano affermò della Sguma: «so per voce comune che lasudetta Sguma sia strega [...] et non mai ho veduto detta Sguma a fare cosa alcuna distrigarie, ma solo ho inteso dal vulgo che sia striga. Se la sia o no, io non so»133. Conprudenza si mosse anche Antonia Gutti, che riferì le voci di paese sulla cattiva nomea dellaSguma: «Interrogata se sappi che habbi maliate altre persone, responde: "Ma alla fé no chenon so, ma solo per fama pubblica è tenuta strega"»134. La medesima cautela adottò CamillaCisilatti, dichiarando che «molte cose si dicano di questa donna, ma però io non le hovedute, ma solo quello che ho diposto, che di certa scientia è successo a me»135.

Alla stessa maniera si comportò Giacomo Calligariis riguardo a Marcolina Stella,rispose in modo vago alle domande che gli vennero rivolte dal giudice di fede, attestandosi suuna posizione neutra136. Così anche Giuliano Cleiano, medico di Spilimbergo, che, inrelazione alla cattiva reputazione della donna, disse: «Vien detto che sia strega, ma io nonso»137.

Il prete di Barbeano, Nicola Andriolico, interrogato dal giudice di fede, ebbe a

131 Il verbo friulano pandi, propalare, in specie di un segreto, di derivazione latina, pando-ere, far conoscere,rivelare per mezzo di un oracolo, termine desueto nella lingua italiana, è attestato in Carnia (Ovaro) come vocabolospecifico per indicare l'individuazione delle streghe: «Ju predis tal Orate fratres e ta benedizion 'ai las jouc [lisviodin, parlando delle streghe = strìas], ma 'ai no pon pàndilas, si nò 'a ju fruzzarès como lu tabàc». F. CALONGHI,Dizionario latino italiano. 3ª edizione interamente rifusa ed aggiornata del dizionario Georges - Calonghi, 13ª tiratura,Torino, Rosenberg & Sellier, 1950, pp. 1945-1946 (pandere); M. DOGLIOTTI - L. ROSIELLO (a c. di), Lo Zingarelli1996. Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli. Dodicesima edizione, Zanichelli, Bologna, 1996, p. 1218(pandere); G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 692 (pandi). «Il divieto dipandere, cioé di rivelare chi fosse la strega, era tassativo e come tutti i divieti magici ha una duplice spiegazione:per chi crede nella magia è fin troppo ovvio che la strega accusata non tarderà a vendicarsi; per l'osservatoreesterno è evidente che il divieto da una parte impedisce il proliferare di accuse infondate ma sempre perturbatricidella convivenza sociale, dall'altra funziona da alibi contro ogni possibilità di smentita». M. MILANI, Streghe, mortied esseri fantastici nel Veneto oggi, Terza edizione riveduta e ampliata, Università di Padova - Corso di letteraturadelle tradizioni popolari, Editoriale Programma, 1990, p. 15.132 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Deposizione di Vignuda Ragunatto, Maniago, 9 ottobre1655, cc. [3v-4r].133 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Antonia di Vittorio da Barbeano, cit., c. [13v].134 Ivi, Deposizione di Antonia Gutti, cit., c. [8v].135 Ivi, Deposizione di Camilla Cisilatti, cit., c. [6v].136 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giacomo Calligariis, cit., cc. 13v-14r.137 Ivi, Deposizione di Giuliano Cleiano, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 20r.

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dichiarare: «"Della sua fama né sue qualità non vi so dir alcun particolare". [...] Ei dictumhabetur in processu che voi havete detto che Marcolina meritarebbe esser abbruggiata et perciò ditte la verità, rispose: "Quando il signor Daniel m'ha detto queste parole: 'Quandoquesta dona fa queste cose meritarebbe esser abbruggiata'".

Ei dictum: "Voi havete deposto che quando questa dona facesse queste cosemeritarebbe esser abbruggiata, anci soggionto che voi li haveresti dato il foco. La giustitia viricerca che cose siano quelle per le quali meriterebbe questa dona il focco et perciò dobbiatecon sincerità dar luce, a fine che simili delitti passino con la dovuta pena", rispose: "M'hadetto il signor Romano di esser stato stregato et io risposoli: 'Se ciò fa merita essercastigata'"»138.

Più chiara fu invece la posizione assunta da Caterina, moglie di Giuliano Cleiano, cheaffermò di considerarla una donna per bene nonostante le voci che circolavano per il paese:«ha fama di esser strega per udito, ma io la tengo per dona da bene [...] Anco la signoraAuritia Patavina si lamenta ogni volta che s'amala o lei o li puti, che detta Marcolina l'habbistregata. Io li ho detto che non credo»139. La donna pose una distinzione piuttosto netta traciò che la gente raccontava della Stella, le chiacchiere che si diffondevano nel villaggio, e laconsiderazione che essa in prima persona aveva di lei.

Similmente Marta Mazzolenis: «della sua fama non vi saprei dire perché di lei mai hosentito a dir cosa alcuna». La donna riferì inoltre un episodio da lei non collegato in unrapporto di causa-effetto alla stregoneria, come invece parvero fare alcuni suoi compaesani:«Interrogata se sa et se sia vero che dalla detta Marcolina sia lei stata stregata con un ovo,rispose: "Io mi attrovai già sei in sette anni da parto et mi furono portati da diverse personepiù ovi, et, perché havevo male, mi fu detto che io ero stata stregata et così mi persuasi. Èben vero che anco detta Marcolina me ne portò, ma io non so. Ma se non mi veniva dettocosì, io non mi persuadevo"»140. Con la medesima prudenza si comportò Lorenzo Varente,detto Cargnello141: «Dettoli di che qualità et fama sia costei, respose: "È povera et dalla gentedi Spilimbergo vien detto sia strega, ma io di scienza non so"»142.

Decisamente indirizzate in senso positivo furono le deposizioni di alcuni testimoni:Angela di Battista disse della Stella di conoscerla «per dona honorata»143; Marzio Olivaaffermò che «è di buona fama» e aggiunse di non avere mai sentito dire nulla di diverso144;Caterina del Negro dichiarò di considerarla «per dona da bene [...] non son sua parente maben amica, ché sempre li ho voluto beni»145.

Ancora Caterina del Goio riferì di considerarla una persona per bene e alle domandedel giudice di fede lo ribadì: «Dettoli: "Che dona [è] questa?", rispose: "Dona povera et latengo per dona honorata".

Ei dictum: "Sapete voi che detta Marcolina sia strega?", rispose: "Le male personemormorono che sia strega, ma io la tengo per dona da bene".

Dettoli se sa, o ver havesse inteso, che habbi detta dona fatto stregamenti, rispose:"Signor no, che io non so. Si sente a dir, ma io non credo".

Dettoli: "Da chi si sente a dir?", rispose: "Da gente che li vol male, ma non da chi nonha inteletto".

Dettoli: "Chi li vol male?", rispose: "Non so, ma ciò dico in mia conscienza".Interrogata se sia sua parente, rispose: "Signor sì, ma dico la verità, come se non fusse

mia parente"»146.Così confermò anche suo marito Antonio: «Io l'ho per dona da bene, povera, fa li fatti

sui [...] Io non so che habbi nome di strega, ma da gente che li vol male essa [ha] questafama»147.

138 Ivi, Deposizione di pre Nicola Andriolico, cit., cc. 10v-11r.139 Ivi, Deposizione di Caterina Cleiano, cit., c. 29r.140 Ivi, Deposizione di Marta Mazzolenis, cit., c. 15v.141 Si confronti con il friulano ciargnèl, cargnello, utilizzato in senso figurato per indicare persona astuta edattaccata ai propri interessi: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 137.142 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Lorenzo Varente, cit., c. 18v.143 Ivi, Deposizione di Angela di Battista, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 16v.144 Ivi, Deposizione di Marzio Oliva, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 24r.145 Ivi, Deposizione di Caterina del Negro, Spilimbergo, 26 settembre 1644, c. 28v.146 Ivi, Deposizione di Caterina del Goio, Spilimbergo, 26 settembre 1644, c. 29v.147 Ivi, Deposizione di Antonio del Goio, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 13v.

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Una testimonianza importante per la buona reputazione della Stella venne fornita dalconte Pergonio di Spilimbergo, che, nonostante le voci, sapientemente fatte circolare daDaniele Romano, di un sospetto da parte della casata sulla responsabilità di Marcolina nellamalattia di Lucrezia, affermò con decisione: «Io la conosco per dona povera, di fama non soche sia se non dona da bene»148.

Similmente ebbe a dichiarare Marsilia del Horologiero: «Dettoli di che qualità et famasia costei, respose: "Io la conosco per dona honorata".

Ei dictum: "Sapete voi che sia tenuta in concetto di strega et che habbi fatto alcunstregamento?", respose: "Dal popolo, qua e là, ho sentito dire ch'é strega, ma io la tengo perdona da bene, ché mai ho ricevuto torto da lei, né so che mai habbi fatto stregamenti, né l'hointeso da alcuno"»149.

Particolare quanto si verificò nella valle del Colvera, dove le affermazioni di Mattia, ilbimbo di nove anni abitante a Frisanco, provocarono un vero e proprio sconvolgimento nelladinamica delle voci e dei sospetti a livello della comunità e dei villaggi limitrofi. Le sueesternazioni assunsero, nell'economia degli eventi, la funzione di elemento discriminante trachi era già noto in precedenza per la sua reputazione di strega o stregone e chi invece non loera, e si veniva a trovare accusato-diffamato per opera sua. Così ricordò pre DomenicoSegala, pievano di Fanna e Cavasso, il sacerdote che raccolse le confessioni del piccolo:«Esso mi disse, ut in folio, nominando otto o dieci di queste sono che avevan fama distreghe, pure ne sono nominate alcune che havevan bona fama»150.

Se prima delle dichiarazioni di Mattia la gente riteneva che soltanto alcune persone diFrisanco e dei villaggi circonvicini, in particolare Cavasso, fossero streghe o stregoni espettegolava soltanto in relazione a costoro, con le sue rivelazioni dicerie e sospettiaumentarono decisamente, dal momento che nuovi nominativi si vennero ad aggiungere aiprecedenti: «Dal putto Mathia furno nominate duoi altre della mia parochia, le quali avantinon havevano fama de streghe. Disse il putto che queste, insieme con la Chiarandola,mangiavano Pasca Comatara [...] Queste dò, una è nominata Pascuta, moglie di GiacomoCovasso, e l'altra Madalena Barzana»151.

In questo senso si indirizzò anche la deposizione di pre Salvatore Reggio, curato diFrisanco, non senza qualche contestazione sulla reputazione di qualche soggetto inparticolare: «Padre [...] sono stato chiamato (così penso) per causa d'un putto Matthiachiamato, figlio d'Usvaldo di Battista di Bernardon da Frisanco, il quale l'anno passato siscoprì che andava al ballo delle streghe, benché sia d'età tenera di diece anni in circa; e conquesta occasione, dove nel nostro paese si vociferava d'alcune streghe e stregoni, poi si èvociferato più, e non solamente si è parlato di quelle di prima, ma dell'altre ancora. [...]Prima che si scoprisse questo putto, era pubblicamente voce fama che fossero streghe estregoni Lorenzo Dozzo, donna Caterina del Vescovo, ava del putto, donna Giacoma, relictad'Andrea del Longo, della quale prima del putto poco se ne parlava, ma doppo se n'è dettoassai; io però questa donna Giacoma la tengo in buon concetto, perché si comunica, fa dellelemosine nelle chiese e fa dir delle messe più dell'altre; et io ne ho havuto sempre buonessempio e non ho niente incontrario; e penso sia una voce falsa uscita dal detto putto.

Di più, Agnesa, moglie di Giovanni Franceschini, della mia parochia: questa ha semprehavuto cattiva fama di strega, benché si confessi e si comunichi e facci delle limosine e sidimostri buona donna, come per tale io la tengo.

Di più, doppo il fatto del putto, Orsola, relicta di Filippo Barcian, e Lorenzo suo figliolo,d'età di sedici anni in circa, sono stati vociferati per stregha e strigone, ma io li tengo inbuon concetto.

Di più, Orsola, moglie di Daniel del Sottile, è stata vociferata per strega doppo il fattodel putto, ma io la tengo in buon concetto.

Queste sono le persone difamate nella mia curia, per il che è stato un gran bisbiglionel mio popolo; e di queste persone difamate io tengo in cattivo concetto solo Lorenzo d'Ossoe Caterina del Vescovo, ava del putto, e Giacoma Fanella, moglie di mastro Matthia d'Angelo.

[...] Delle altre io non ho cattivo concetto, perché non ho niente in contrario, e penso

148 Ivi, Deposizione di Pergonio di Spilimbergo, cit., c. 29r.149 Ivi, Deposizione di Marsilia del Horologiero, cit., c. 29v.150 Ivi, b. 31, fasc. 28, Pre Domenico Segala a fra Giulio Missini, cit., p. 127.151 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 126.

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siano state nominate dal putto senza fondamento di verità; ma li detti, cioé Lorenzo Dozzo,Caterina del Vescovo e Giacoma Fanella erano difamate per prima e tenuti per tutti icontorni per tali, perché ogn'uno si lamentava di diversi danni ricevuti per le loro stregarie, onelle persone o nell'animali»152.

Le rivelazioni-accuse del fanciullo Mattia assunsero così la funzione di linea divisoriain relazione alle dicerie riguardanti l'identità e la fama di streghe e stregoni a Frisanco edintorni: ai soggetti ritenuti tali per voce comune prima della testimonianza del bimbo,Lorenzo Doz, Caterina del Vescovo, nonna di Mattia, Agnese Franceschini, sorella del Doz,Giacoma Fanella, se ne aggiunsero altri, vale a dire Ursula e Lorenzo Barzan, madre e figlio,Giacoma del Longo, Ursula del Sottile, Pascuta Covasso e Maddalena Barzana.

A Maniago la cattiva reputazione di Pirina Rampon, detta Taier, risultava attestata,consolidata e datata a livello della comunità da tempo notevole, una ventina d'anni, tuttaviala donna era nota anche per curare le infermità153. Riguardo invece a Maria Tavana partedelle testimonianze indica che la sua cattiva fama non era uniformemente attestataall'interno del villaggio, e in particolare sembra che la sua reputazione avesse assuntovalenza negativa solo da qualche anno154 e successivamente alla possessione ed allerivelazioni di Nicolosa.

Così dichiarò infatti il suocero della giovane ossessa: «Interrogatus an antemanifestationem factam, ut asseritur a demone vexante, tenebatur illas supradictasmulieres effecisse hoc maleficium, respondit: "Signor no, anzi mi marevigliai specialmente diquesta Maria che fosse di quello affare".

Interrogatus an istae mulieres sint famae strigharum, respondit: «La Perina solamenteveniva nominata per tale"»155.

Tuttavia egli riferì che una volta la Tavana gli aveva dato una frittata e dopo averlaingerita era stato male156. Inoltre il nome di Domenica, figlia di Maria, non venne collegatoda alcun testimone alla nomea di strega, eccetto nei casi in cui fosse stata riportataindirettamente l'accusa formulata da Nicolosa, a conferma che era stata coinvolta solopoiché figlia di una presunta strega. Così affermò Osvaldo, marito di Nicolosa: «Dell'altre duedonne, Maria e sua figlia, non ho sentito correre cattivo nome»157.

Anche nella documentazione relativa alle presunte possessioni ed apparizioni marianeverificatesi in Val Cellina, è presente un cenno al tema della disgrazia intesa come elementodiscriminante tra la reputazione anteriore e quella posteriore delle sospette responsabili.Così affermò un teste riguardo alla fama di Pasqua di Salvadore e di sua figlia Maria: «Sonostate sempre tenute in concetto di streghe, se bene però avanti questi fatti la madre aveapeggio concetto», lasciando intendere che prima di quei fatti la nomea della figlia era ancoradebole e non ben definita158.

4. La dinamica della stregoneria: il veicolo del maleficio

Il rapporto diretto o indiretto con la strega poteva avere le caratteristiche del sempliceincontro, predeterminato, casuale, inopportuno, fino a trasformarsi in un vero e proprio

152 Ivi, Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., pp. 135-136.153 Così ebbe a dichiarare Giacomo Campolino, uno dei principali accusatori insieme al figlio Osvaldo delmaleficio-possessione della nuora Nicolosa: «Interrogatus an plures vadant ad ipsas, vel ad harum aliquam, proremediis in curando infirmitates, respondit: "Domenico Bertolo da Maniago ha sperimentato un remedio per guarirsua moglie e se stesso, che fu in una panada et un buzzolà, e questa fu la Perina"». Ivi, b. 39, fasc. 299,Deposizione di Giacomo Campolino, [Udine], 28 agosto 1655. c. [4v].154 Così dichiarò il conte Bartolomeo di Maniago in relazione alla cronologia della fama delle due donne: «LaTaglieri saranno da quindici o vinti anni, l'altra Tavana saranno qualche anno, non so con che occasione, né so chimi habbia messo la fama». Ivi, fasc. Querela civile, Deposizione di Bartolomeo di Maniago, Maniago, 6 novembre1655, c. [6v].155 Ivi, fasc. 299, Deposizione di Giacomo Campolino, cit., c. [4v].156 Ibidem.157 Ivi, b. 39, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, Maniago, 16 giugno 1655, c. [6r].158 Ivi, b. 42, fasc. 395, Deposizione di Sebastiano Corradini, [Udine], 27 settembre 1663, c. 3v.

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scontro, verbale o addirittura fisico. Diverse erano così le modalità attraverso le quali sicredeva che la strega agisse: per mezzo di un contatto fisico, di un contatto verbale, di uncontatto visivo, oppure tramite un contatto composito e più complesso, risultante da unaunione tra tutte o parte di queste diverse componenti159.

In alcune situazioni era il contatto fisico, diretto o indiretto, con la strega ad assumereil ruolo di veicolo del presunto maleficio, un semplice tocco, una carezza o una sberla datacon violenza o una minaccia della stessa.

Le mucche di Giovanni di Beltrame persero il latte dopo che Lorenzo Doz «l'havevatoccate»160. Daniele Romano vide Marcolina Stella infilare il piede nella staffa del cavallo chelui stesso avrebbe dovuto montare di lì a poco, il risultato fu che l'animale si imbizzarrì finquasi ad ucciderlo161. La malattia che colpì il diciottenne Osvaldo di Luisa venne collegataall'incontro che il giovane ebbe con Lorenzo Doz, presunto stregone, il quale lo avevaminacciato «tre volte con la mano aperta»162. Allo stesso modo Marcolina Stella avrebbeprovocato la morte di una gallina di Fiore, moglie di Pietro Verzza, «con tre parolle»163.

In altre situazioni erano i contatti verbali ad essere pericolosi, uno scambio di battute,i commenti benevoli e di lode della strega, rimproveri, proteste, minacce o maledizioni,dirette o indirette, che a posteriori venivano considerati da chi accusava come veicoli delmaleficio. Piero di Luisa di Ronchis, mentre come altre volte conduceva il gregge di capre adabbeverarsi, si imbatté in Lorenzo Doz, il quale espresse un complimento nei confronti delsuo bestiame: «Oh che belle capre, che belle armente!», e si allontanò borbottando tra sé esé, «che pareva le numerasse». Subito gli animali persero il latte164. Allo stesso modo AuriziaPatavina si sentì male subito dopo aver incontrato la Stella, la quale si complimentò perl'ottimo aspetto della donna: «Et un giorno vene Marcolina a casa mia, ricercandomi che lafavorisci a farli haver una casa, come in effetto lo feci. Et stando io sopra la fenestra et lei dabasso, detta Marcolina mi disse: "Po', signora, havete una bona ciera!", io li risposi: "Sialodato Iddio, mi sento bene", et poi si partì»165.

Parimenti rimproveri, proteste, minacce o maledizioni della strega venivano consideraticause concrete della disgrazia.

Così accadde che Marsilia del Horologiero, dovendo dare dei soldi e delle galline aMarcolina Stella, fosse invece andata a comprare del miglio per gli animali. La creditrice,vedendo la donna acquistare il mangime, esclamò: «Sì non hai havuto li soldi da dar a me,ma bene da comprar miglio!». I polli morirono tutti la notte seguente166. Un giorno Camillaincontrò una figlia di Anna Sguma, che la minacciò dicendo che sarebbe stato bene fartagliar la testa a chi diffamava ingiustamente le persone. Qualche attimo dopo giunse laSguma, che ribadì la minaccia della figlia, l'indomani Camilla si sentì poco bene167. Giovannidella Stella rimproverò Lucia di Salvatore di Bucco e morì dopo che la strega lo avevaintimidito in maniera esplicita: «Orsù tasi, che in curto tempo ti farò calar le ale e scortar la

159 K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., pp. 210, 493. In relazione al ruolo di intermediazionesimbolica assunto dall'elemento dell'incontro con la strega, alla funzione di interrelazione tra il conflitto e ladisgrazia: G. P. GRI, Val Colvera, cit., p. 203. Se la sventura serviva a far venire a galla i rapporti conflittualipreesistenti, diventando un avvenimento rivelatore di tensioni prima latenti, represse, non formalizzate o sottocontrollo, l'accusa assumeva di conseguenza il ruolo di misuratore di quei conflitti e di quelle tensioni, funzionemediata simbolicamente dall'incontro con la strega: Ivi, pp. 210-212 (in particolare le note 38 e 41).160 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., pp. 136-137.161 Ivi, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [50r].162 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 124.163 Ivi, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Leonardo Cisternini, Spilimbergo, 1 maggio 1644, c. [1v].164 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 124.165 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 26v.166 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 28r. «Quando le covate di pulcini andavano a male, sotto c'era ilmaleficio e bisognava cercare tra la paglia della cova gli indizi: un pezzo di ferro, un sasso tra le uova; oppure, se lachioccia perdeva le penne senza una ragione, erano segni indiscutibili» che la chioccia era stata stregata: D.COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina, cit., p. 31.167 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, cit., c. [6r]. «Dare della strega era ingiuriameritevole di immediata querela, alla pari di ladro o eretico, anzi chi non andava subito dal magistrato adenunciare il calunniatore correva il rischio, in caso di processo, di vedersi contestata la mancata denuncia comeprova a carico»: M. MILANI, Streghe, morti ed esseri, cit., p. 15. Così nel 1655 Maria Fabbruzzi, abitante a Maniago,querelò per diffamazione Pirina Rampon, del medesimo luogo: AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, fasc. Querelacivile, Maria Fabbruzzi querela Pirina Rampon, c. [1r].

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coda!»168. Antonia, moglie di Pietro Gutti, riferì: «Non so altro che mo' un anno, andandomadonna Lucretia, moglie di messer Anzolo Lorezzino, alla messa a San Rocco fuori delleporte, fu incontrata dalla sudetta Sguma, dicendoli con minacciarla: "Tacci, tacci, che nonpassarà un anno che voglio che tu sccholi il sangue, in sino che ne hai una goccia!". Et neldimani cominciò con dolori a scollarli per la parte a latto»169. In stato di gravidanza AuriziaPatavina venne aiutata nel parto da Marcolina Stella che, appena nato il piccolo, cosìesclamò: «"Signora fatte quello che volete, che meno notrirete questa creatura!". Io li risposi:"Per che causa, come lo sapete?", [Marcolina:] "Io sto a aspettare che faciate di questa comedel puto!". Io: "Non so come ciò sapete", lei mi rispose: "Orsù, basta giocarci il colo, che me lolassarei tagliare, che non la notrirete!"». La bimba si ammalò e poi morì170.

Poteva anche verificarsi che l'incontro avvenisse per interposte persone. Così accaddequando una serva di Aurizia Patavina incontrò la figlia di Marcolina Stella, che minacciò lasua padrona da parte della madre, la donna si ammalò di lì a poco171.

A volte un semplice contatto visivo, o anche la sola presenza della persona sospettatadi essere strega, era sufficiente ad attribuire la sventura ad un intervento malefico esterno.

Il giorno di San Giovanni172 Lucrezia, figlia del conte Alfonso di Spilimbergo, si recò amessa in compagnia di altre persone, tra cui anche Marcolina Stella. Il malessere chesopravvenne in seguito venne fatto risalire proprio a quell'incontro173. Daniele Romano,pronto per recarsi a San Martino di Campagna, si trovò improvvisamente davanti la Stellaquel viaggio non andò poi a buon fine174.

L'incontro funesto non sempre si verificava con la strega in persona, ma a volte anchel'incappare in un parente della stessa poteva condurre alle medesime conseguenze negative.Così accadde quando Daniele Romano si imbatté nel «figlio di questa dona, che alla cieranon bona», il viaggio non si realizzò175.

La questione del dislocamento dei poteri sui parenti si connette al problema della loroprovenienza. I documenti inquisitoriali che ho esaminato attestano due distinte possibilitàsull'origine dei poteri magici della strega, e della controstrega, biologica e attraversol'insegnamento. Riguardo alla prima, la credenza comune rivelava che un individuo sarebbestato dotato di particolari potenzialità stregonesche per via organica ed in questo senso lanascita sarebbe risultata la circostanza determinante: infatti chi fosse venuto al mondoavvolto nella membrana amniotica, come i benandanti, sarebbe stato dotato naturalmente dipoteri extraordinari; così anche chi avesse visto la luce dopo un parto podalico oppure inperiodi o giornate particolari, durante le quattro tempora, di venerdì, tra la mezzanotte el'una, o la notte di Natale, ancora il maschio nato dopo sei maschi e la femmina dopo seifemmine176. Si trattava di segni qualificanti, che avevano la funzione di distinguere alcunisoggetti da altri, rendendoli diversi e contrassegnandoli con poteri straordinari177.

168 Ivi, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., c. 8r.169 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Antonia Gutti, cit., cc. [8r-8v].170 Ivi, Deposizione di Antonia Gutti, cit., c. 25v.171 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 26v.172 Riguardo alla notte di San Giovanni Battista, e relativi fuochi, come ciclo festivo solstiziale estivo legato ad unsimbolismo rituale e magico specifico: G. P. GRI, "...E ce mai sarae di me?, cit., pp. 183-191 (e bibliografia ivicitata).173 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Carlo Rossetis, cit., c. 6v.174 Ibidem.175 Ivi, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [51r].176 Riguardo alla simbologia connessa al momento della nascita (parto podalico o amniotico, giornate particolari):L. ACCATI - LEVI, Lo spirito della fornicazione: virtù dell'anima e virtù del corpo in Friuli, fra '600 e'700, in QuaderniStorici, 41, 1979, pp. 649-650; R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., p. 211; C. GINZBURG, I benandanti. Stregoneria eculti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino, Einaudi, 1966, pp. 3-52; A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende, cit.,pp. 61-62; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe nell'Italia della Controriforma, Firenze, Sansoni, 1990, p. 133.177 In relazione al fattore biologico ed ereditario della stregoneria: R. BRAIN, Bambini-streghe, cit., p. 213; N.CANTARUTTI, Tra le credenze di una donna di Erto, un relitto raro: la scola del bon zuvac (la scuola del buon gioco), inCe fastu?, LIII, 1977, pp. 117-133; L. D'ORLANDI, Stregoneria, malocchio, jettatura nelle tradizioni friulane, in Cefastu?, XXVI, 1-6, 1950, pp. 45-59; M. DOUGLAS, Introduzione, cit., p. 7; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria,oracoli e magia, cit., pp. 57-76, 290; G. P. GRI, Val Colvera, cit., n. 13 a p. 196; A. MACFARLANE, Stregoneria inInghilterra, cit., p. 244; A. NICOLOSO CICERI, Tradizioni popolari in Friuli, Reana del Rojale, Chiandetti, 1982, pp.411-573; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., p. 88. Sul carattere acquisito e non ereditariodella stregoneria: E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., pp. 263-266, 303; E. W. MONTER,La stregoneria a Ginevra (1537-1662), in M. ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa, cit., p. 276; M. RUEL,

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Conseguenza dell'origine biologica della stregoneria l'idea, condivisa sia a livellopopolare che a livello dotto, che la forza magica potesse trasmettersi per via ereditariaall'interno di una stessa famiglia e che i figli, oltre ad ereditare le potenzialità e capacità dailoro genitori, ne ereditassero anche il ruolo all'interno del villaggio. La trasmissione geneticasolitamente si credeva seguisse una linea di trasferimento che manteneva una connotazionea carattere strettamente sessuale, ad esempio di madre in figlia e di padre in figlio. Unaccenno implicito all'origine e trasmissione ereditaria della stregoneria venne ad esempio daMarcolina Stella che, accusata di essere una strega, si difese da quell'imputazione riferendoche all'interno della sua cerchia parentale più ampia e famigliare più ristretta nessuno eramai stato tacciato di quel crimine178.

Al pari dei benandanti, che si diceva nascessero sotto un influsso specifico, un pianetache li caratterizzava come persone predestinate, anche le streghe si differenziavano permezzo di simboli determinati, i quali a volte le costringevano a tramandare i loro poteri adaltri individui. In questa maniera si evidenzia un'altra origine della forza, quella acquisita inmaniera strumentale, grazie ad un trasferimento, non solo simbolico, delle capacità. Laseconda possibilità riferiva infatti che il potere della strega avesse originedall'apprendimento. Una persona generalmente anziana e saggia, la strega, tramandava permezzo dell'insegnamento ad un soggetto più giovane ed inesperto, il proselito, le sueconoscenze, così come essa stessa le aveva imparate: le erbe con particolari virtù, lepotenzialità curative o causative delle piante, in che condizioni specifiche andassero raccoltee seguendo quali rituali, come andassero combinate tra loro per ricavarne tisane, unguenti,impiastri, medicamenti, filtri, pozioni, polveri magiche. In questo senso la stregoneria era unpotere acquisito, non ereditario o biologico, che veniva appreso in maniera consapevole. Unriferimento all'apprendimento della stregoneria venne ad esempio da una donna accusata ditale crimine, Caterina di Battista di Bernardon: «Cancaro a chi mi ha insegnato questa arte,e se non è in casa del diavolo possi andare!»179.

Il rapporto che si instaurava tra saggio ed allievo aveva un carattere privato, si trattavadi un vero e proprio contratto di apprendistato, per mezzo del quale le streghe trasmettevanoi segreti appresi nel corso della loro vita, un legame di solito connotato sessualmente insenso decisamente femminile. Tuttavia quest'ultima non era una norma rigida, come lasciòintendere Giacoma di Bastiano di Giuliano da Pinzano a proposito di un figlio di MarcolinaStella: «ha un figlio al quale li haveva fatto der un'oratione, con la quale li faceva far tuttoquello che voleva, che io non so che oratione sia questa»180.

Gli uomini-animali, cit., pp. 406-407.178 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Marcolina Stella, cit., c. 30v; Ivi, Memoriale di Marcolina Stella,cit., c. [60v].179 Ivi, b. 31, fasc. 28, Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., p. 137.180 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giacoma di Bastiano, cit., c. 23r. «Il carattere stesso dell'acquisizione del potere può solo di rado essere chiaramente definito come volontario oinvolontario: fra eredità e apprendimento (due modalità estreme, che tuttavia non sono sempre considerateincompatibili) esistono numerose possibilità intermedie, dal caso all'errore (che comprende anche la negligenza),che fanno dello stregone un essere in parte responsabile e in parte vittima degli atti che commette, una volontàindividuale che è al contempo un effetto di struttura»: M. AUGÉ, Ordine biologico, ordine sociale, cit., p. 44.Mauss suddivide le modalità dell'iniziazione del mago in una struttura tripartita: la rivelazione, l'ordinazione e latradizione. a) «C'é rivelazione tutte le volte in cui il mago crede di trovarsi in relazione con uno o più spiriti, che simettono al suo servizio e dai quali egli riceve la sua dottrina». In tali situazioni lo spirito penetra all'interno delcorpo e la rivelazione avviene tramite possessione, in altri casi è l'individuo a spostarsi e ad introdursi nel mondodegli spiriti. Comunque sia, egli «trae dal contatto momentaneo con lo spirito una virtù permanente», duratura. b)Quando si ha l'intervento diretto di altri maghi allora si tratta di «una vera e propria ordinazione, i cui agenti sono imaghi in funzione». La consacrazione attraverso il mago si ha quando lo spirito viene evocato oppure quando ci sipresenta allo spirito in un luogo sacro. Essa «determina un cambiamento di personalità, che si manifestaall'occorrenza, con un mutamento di nome. Essa stabilisce un contatto intimo tra l'individuo e i suoi alleatisoprannaturali, cioè, in definitiva, una possessione virtuale, che è permanente». c) L'iniziazione infine puòconnettersi alla tradizione, tutte le volte che il maestro comunica una formula al suo novizio, che si sente uneletto, un prescelto. Nell'atto dell'«insegnamento magico» entrambi «assumono un atteggiamento fuori dal comune»,tanto che il rituale assume una dimensione di forte austerità «e il suo carattere misterioso non nuoce affatto allasua solennità».In conclusione queste tre diverse tipologie iniziatiche indicano che, nella comunicazione e trasmissione del sapere,l'iniziato entra «in una vera e propria società chiusa. La rivelazione, l'iniziativa e la tradizione sono, da questopunto di vista, equivalenti; ciascuna a suo modo, esse indicano formalmente che un nuovo membro si aggrega alcorpo dei maghi». M. MAUSS, Saggio di una teoria generale della magia, in ID., Teoria generale della magia, cit., pp.

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Tornando ad esaminare i modi con cui si riteneva venissero perpetrati i malefici,vediamo che in particolare era l'occhio gettato con invidia o rancore, lo sguardo cattivo, ilmalocchio, a venire considerato veicolo della disgrazia181. Dopo aver ricevuto una bruttaocchiata da Marcolina Stella, Rosanna Romano si sentì poco bene: «Già un mese e mezo incirca io andavo a molino et quando fui per mezo la casa di lei essa era sopra la sua porta, iola salutai et lei mi fece certa ciera scura. Et quando fui nel molino mi sentii male»182. Lostesso successe a Claudia Romano, la quale si lamentò del fatto «che costei mi guardava conuna guarda dura, bruta»183.

In altri casi il contatto era più articolato e complesso, composto da una associazione acarattere variabile di differenti elementi, fisico, verbale e visivo.

Così poteva essere fisico e verbale. Domenica detta la Chiarandola incontrò CaterinaPetrucco, una giovane oggetto come sua figlia delle attenzioni in prospettiva matrimoniale diun servo del conte di Polcenigo, tale Odorico, la prese per un braccio ed esclamò:«"Cattarina, ti voglio bene come se fossi mia figliola, ma non creder che Durigo ti voglisposar, né te né la mutta mia figliola!", et che quasi subito li sopravenì un gran male»184. Lostesso accadde a Vegnuda Zuvata quando si imbatté in Anna Sguma, questa la toccò sulviso e la minacciò a parole185. Marcolina Stella prese in braccio il figlio appena nato diAurizia Patavina, lo baciò ripetutamente e disse: «Po', videte che bel figlio è questo, o carro!»,la medesima sera il piccolo si ammalò186.

Altre volte il contatto poteva essere visivo e verbale. Marcolina Stella in due occasioni,secondo le affermazioni dei testi, apparì in circostanze misteriose all'interno delle abitazionidi Daniele Romano e di Abramo dei Sacerdoti Ebrei. Per quanto riguardava il Romano,l'episodio sarebbe avvenuto sebbene le porte di casa fossero tutte quante chiuse187. Dellapresunta apparizione in casa degli Ebrei, così raccontò un teste: «Mi ritrovai per mieiinteressi, già sei mesi in circa, che io praecise non mi ricordo, in casa de messer Abramo, intempo che un suo nipote, figlio di messer Moise, era infermo, che mancò di vitta di quellainfirmità. Et mi fermai nella corte a piedi della sua scalla, per parlar con detto messerAbram, qual era occupato con altre persone. Et steti in detta corte per spatio di certo quartitre d'hora, né niuno in tanto andò di sopra in casa, perché tutti vedendo che non potevanabbocarsi con messer Abramo ritornavano indietro. Et in fin del detto spatio di tempocomparve detta Marcolina all'improviso, sopra il pozolo che è in cima la scala, che guardanella corte dove era io. Qual Marcolina io conobbi benissimo et disse, come se all'horaall'hora fusse entrata in casa, verso le done delli Hebrei: "O là, o là!". Et di certo non eraintrata nel tempo che io ivi steti. Il che vedendo io rimasi stupeffato, come atonito, et mi siriciorno li capelli, massime perché per la terra si diceva che costei era strega. Et visto ciòuscii di casa senza parlar con messer Abramo et ritrovai a caso il signor Daniel Romano, alquale conferii questo negotio, qual mi disse non esser cosa nova et che a lui era intervenutoil medesimo»188.

37-41.181 Nel caso del malocchio il pregiudizio si indirizzava su individui specifici, con caratteristiche fisiche anomale ocon problemi economici: «1) Le donne sono particolarmente sospettabili. Poiché il loro ruolo sociale è definito piùrigidamente di quello degli uomini e poiché ... sono in svantaggio fisico e sociale, qualunque comportamentoinconsueto o ogni elemento che impedisca loro di assolvere completamente alla loro funzione di donne, puòrenderle sospette: per esempio la sterilità, la sfacciataggine, le visite inspiegate. 2) I mendicanti sono generalmentesospetti e devono proprio a questo sentimento molti dei loro guadagni. L'usanza di donare a un ospite un oggettoche egli ammira è molto probabilmente connessa in origine con il malocchio. 3) Gli occhi azzurri o verdi vengonospesso citati, ma questo pare essere vero solo in quelle zone in cui essi sono realmente rari. Ogni altra peculiaritàdegli occhi o dello sguardo può essere egualmente sospetta. 4) Lo sguardo fisso di certi animali, in particolar mododel serpente, è considerato portatore di malocchio. 5) Ogni forma di ammirazione è considerata come veicolopotenziale del malocchio». B. SPOONER, Il malocchio, cit., pp. 384-385.182 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Rosanna Romano, cit., c. 18r.183 Ivi, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 20v.184 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 126.185 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7r].186 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 24v.187 Ivi, Memoriale di Leonardo Cisternini, cit., c. [1r]; Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 21r.; Deposizione diDaniele Romano, cit., c. 9r.188 Ivi, Deposizione di Giacomo Calligariis, cit., cc. 14r-14v. L'episodio è ricordato anche in: Memoriale di LeonardoCisternini, cit., c. [1r].

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Ma la strega, oltre ad apparire personalmente, sembrava essere in grado di farapparire anche altri. Così parve che Marcolina Stella avesse fatto comparire il figlio Eusebiosul letto di morte del marito, il quale aveva espresso il desiderio di vedere per l'ultima volta ilgiovane. L'elemento che accentuava il carattere di mistero dell'episodio si riferiva al fatto chein quel periodo Eusebio si trovava a fare il soldato, con ogni probabilità lontano daSpilimbergo. Marcolina esaudì la volontà del marito morente e il figliolo comparve quellastessa notte189.

Ancora spesso era la frequentazione, insistente o meno, della famiglia o comunquedell'abitazione della presunta vittima o di un suo familiare che, una volta accaduta lasventura, veniva chiamata in causa per spiegare la maniera con cui questa si era verificata.Così lo strano comportamento di Caterina Saciletta, che rifiutava qualsiasi contatto con ilmarito Franceschino, ebbe inizio quando Marcolina Stella la andò a trovare e la toccò190.Piero di Luisa di Ronchis si recò a portare al pascolo i suoi animali in compagnia di LorenzoDoz, in quello stesso giorno il pastore perse l'appetito, evento che costui fece prontamenterisalire alla sola presenza del Doz191. Esemplare l'episodio di Giacomo, figlio di Giovanni diCesco da Frisanco, il quale accusò Domenica detta la Chiarandola «che li habbi causatosinistri accidenti doppo una sua lunga infirmità nella quale era visitato da questaChiarandola più spesso che non voleva»192. In questo caso fu l'elemento della frequentazioneassidua a spiegare la sciagura posteriore.

Al dono, offerta o semplice condivisione di cibo poteva essere ricondotta tutta una seriedi incontri che la presupposta strega aveva modo di fare con le sue vittime o accusatrici.

Francesco General si sentì poco bene subito dopo aver mangiato «un pocco di pan etun pocco di formazo» che gli erano stati offerti da Agnese, sorella di Lorenzo Doz193.Marcolina Stella andò a trovare una figlia gravida di Cecilia Cenerina, le donò «sette cocole»,e subito dopo averle mangiate la giovane si ammalò. Successivamente la Stella ritornò avisitare la donna e le regalò «tre pomi»: questa, dopo averne consumato uno, si sentìnuovamente male e ricordò inoltre che un giorno Marcolina le aveva dato un bacio194.

A maggior ragione l'offerta di cibo veniva ritenuta il tramite del maleficio se divenivaostinata e pressante a causa di un precedente rifiuto ad accettare il dono. Così accadde aCaterina di Petrucco che un giorno incontrò Agnese Doz, la quale le offrì della polenta. Ad unprimo diniego della giovane, sospettosa per la cattiva fama della donna, questa si intestardìtalmente che alla fine riuscì a darle «quasi per forza un pocca di polenta». Ma nessuno dellasua famiglia ne mangiò, solo una gatta che poi morì195.

In altri casi il contatto si poteva esplicare con l'offerta di servigi di vario genereconnessi all'attività di ostetrica196: far nascere o fasciare un bimbo, allattarlo, oppureproporsi di rintracciare qualcuno che lo facesse. Così Anna Sguma si recò a fasciare ilpiccolo appena nato di Giuseppe Cisternini197 e la moglie subito perse il latte198.

189 Ivi, c. [2r]. Tuttavia Antonio del Goio non confermò l'episodio: «Interrogato se sa che mentre messer Faustinosuo marito fusse moribondo, desiderasse vedere Eusebio suo figlio et che inmediate gli lo facesse alla sua presenzacomparere, respose: "Io non so cosa alcuna"». Deposizione di Antonio del Goio, cit., cc. 13r-13v. Riguardo al temadella notte connesso a malefici, omicidi, apparizioni di spettri: J. DELUMEAU, La paura in Occidente (secoli XIV-XVII). La città assediata, Torino, Sei, 1979, pp. 136-154.190 AAUD, S. Officio, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 26r.191 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 124.192 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 126.193 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 125.194 Ivi, Deposizione di Cecilia Cenerina, cit., cc. 16v-17r.195 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 125; Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., p. 137.196 Si riteneva che una particolare e insidiosa categoria di streghe fosse quella delle ostetriche, che provocavano lamorte delle puerpere e dei neonati, offrendo questi ultimi al diavolo: T. R. FORBES, Midwifery and Witchcraft, inJournal of the History of Medicine and Allied Sciences, XVII, 1962, pp. 264-283.197 Una delle famiglie più antiche di Spilimbergo è quella dei Cisternini, che risultano un nome prestigioso findall'inizio del Cinquecento. «A partire dal primo decennio del secolo, furono in grado di diramarsi con attivitàcommerciali e "industriali" in altri luoghi, a Maniago ... a Cividale ... a Sacile. Almeno un Cisternini è semprepresente, intensamente tra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento, a battagliare con i nobili in nomeproprio, o a dirigere le proteste del popolo, a prendere le difese degli umili massari, oppure ancora a mediare ildifficile rapporto tra signori e università, l'assemblea che rappresenta gli abitanti della Terra. [...] li si ritrova,questi personaggi influenti, continuamente divisi per questioni ereditarie, come quella che fece litigare Cisternini eBalzaro nel primo trentennio del '600, e comunque al centro della vita economica della Terra per commerci,acquisti di campi e case, vendite, permute o riscatti più o meno contenziosi di terre». Per alcuni cenni sui

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5. La tipologia del rito magico

Si è finora parlato di malefici indicandoli come atti magici malvagi. Ma cosa sono imalefici? Per maleficium si può intendere qualsiasi azione concreta o astratta, manuale,orale o solo psichica, compiuta da una persona ritenuta strega, che si ritiene rechi un dannoa terzi. Va da sé che il nocumento di un singolo può sempre rappresentare qualcosa dipositivo per un altro, in modo che lo stesso atto può essere contemporaneamente negativo ebenefico199. I rituali magici, procedimenti non formalizzati costituiti da elementi connessi perconsuetudine a determinate azioni che devono essere compiute e ripetute secondo regoleprecise anche se in una sequenza non sempre preordinata, sia di attacco contro unindividuo che terapeutici e alla cui efficacia particolare crede un intero gruppo sociale, sipossono suddividere a seconda della modalità considerata, in riti manuali, orali e mentali200.

A. I riti magici manualiGli atti magici manuali si possono distinguere in connessione alle tre leggi della magia

simpatica. La prima è quella della contiguità: cose che sono state in contatto e non lo sonopiù continuano ad essere unite tra loro. La seconda è detta della similarità: il simile evoca ilsimile, il simile agisce e guarisce il simile. La terza è la legge dell'opposizione: il contrarioagisce sul contrario.

Se nella legge di contiguità la parte vale per il tutto, nella legge di similarità da un latol'immagine sta alla cosa, la somiglianza è teorica, astratta e convenzionale, ed equivale inquesto senso alla legge di continuità, dall'altro produce un effetto in una direzioneparticolare. Nella legge di opposizione, o di antipatia, il simile guarisce il simile producendoun contrario, tanto quanto la legge di similarità.201

In questo ambito rientrano ad esempio l'improvvisa tempesta scatenatasi dopo cheMarcolina Stella era scesa dalle scale, brontolando, con dei secchi, che richiamavanol'acqua202, la fattura d'amore presumibilmente attuata dalla stessa per mezzo dei capelli,attraverso i quali aveva indissolubilmente legato una giovane ad un uomo203, la procedurautilizzata per identificare e punire la strega bastonando gli abiti del presunto affatturato204, oancora la camicia da morto rinvenuta nel capezzale dell'ammaliato205.

Inoltre, come ho già avuto modo di accennare, spesso il maleficio o la pratica

Cisternini a Spilimbergo, in particolare nella prima metà del Seicento: R. PELLEGRINI, Aspetti del Seicentospilimberghese, in N. CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di), Spilimbèrc, cit., pp. 267-278; L. SERENI, Cenni storici,cit., pp. 123-126; A. STEFANUTTI, Consorti feudali, "cittadini" e "popolani", cit., pp. 95-108 (la citazione è alle pp.95-96).198 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giuseppe Cisternini, cit., c. [5r].199 La condizione di strega ha la funzione di connotare in senso negativo una qualsiasi azione magica, di renderlamalefica e riprovevole, non viceversa. Infatti di solito in una società la potenzialità della forza della stregà e identicaa quella della antistrega, è solamente il giudizio a posteriori espresso dalla comunità che connota l'atto magico insenso negativo o positivo, giudizio strettamente legato ai rapporti di forza interni alla medesima comunità. M.AUGÉ, Stregoneria, in Enciclopedia Einaudi, Torino, Einaudi, 1981, pp. 674-679.200 Sulla definizione di rito, o rituale, magico e sui suoi elementi: E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli emagia, cit., pp. 552-561; M. MAUSS, Saggio di una teoria generale, cit., pp. 12-19, 41-58, 130-140; V. VALERI, Rito,in Enciclopedia Einaudi, cit., pp. 210-243. Inoltre sulla polivalenza del rito (simbolica, strumentale, conoscitiva,alternativa e sociale): J. BEATTIE, Uomini diversi da noi. Lineamenti di antropologia culturale, Roma-Bari, Laterza,1989, pp. 283-333.201 Riguardo alle tre leggi della magia: M. MAUSS, Saggio di una teoria generale, cit., pp. 62-79, 98-100.202 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [52r].203 Ivi, Deposizione di Giacoma di Bastiano, cit., c. 22r.204 Ivi, Deposizione di Piero Madonnetta, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 15r; Deposizione di Lorenzo Varente,Spilimbergo, cit., c. 18v; Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 26r; Deposizione di Caterina del Negro, cit., c. 28v.205 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 27v; Deposizione di Marcolina Stella, cit., cc. 31r-31v.

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terapeutica erano veicolate per mezzo del cibo206. Dorotea Bordona e il marito si ammalaronodopo aver mangiato una fetta di pane offerta da Marcolina Stella207. Lucia, vedova diPierantonio Arnosto, si lamentò di aver perso il marito a causa di Lorenzo Doz, insieme alquale l'Arnosto aveva consumato del cibo, in particolare un'insalata208. Stessa cosa capitò aCamilla Cisilatti a causa di un po' di «brovada» offertale da Anna Sguma209. In altresituazioni era il contatto fisico diretto a veicolare l'effetto. Le mucche di Giovanni di Beltrameda Frisanco perdono il latte dopo che Lorenzo Doz le ha toccate210. Daniele Romano vedeMarcolina Stella mentre infila un piede nella staffa del cavallo che egli doveva montare di lì apoco, l'animale si imbizzarrisce e quasi lo uccide211.

B. I riti magici oraliI rituali magici di natura orale generalmente si accompagnavano ad atti manuali e

formavano con essi un'intima unione, tuttavia esistevano riti verbali a sé stanti. Così vierano incantesimi associati alle leggi simpatiche: vocaboli particolari, formule, onomatopee,giochi di parole non facevano altro che conferire un nome agli atti causandoli, si riteneva,per simpatia, in maniera implicita o esplicita. L'evento negativo veniva affrontato per mezzodi termini o espressioni che indicavano l'idea di guarigione, allontanamento, espulsione,sconfitta, o causato con formule indicanti malattia, disgrazia, morte, oppure che davano unnome alla cagione principale della sciagura, identificandola e riconducendola così a qualcosadi conosciuto ed affrontabile. Anche il descrivere verbalmente il rito manuale che siintendeva compiere o si stava attuando veniva utilizzato a livello di rituale risolutivo.

Come abbiamo già visto Marcolina Stella secondo le testimonianze causò la morte diuna gallina pronunciando tre parole212. Anche i complimenti potevano veicolare il maleficio.Piero di Luisa di Ronchis, mentre conduceva il suo gregge all'abbeveratoio incontrò LorenzoDoz, che lodò le bestie, gli animali persero così il latte213. Un figlio di Giacomo Balzaro sisentì male subito dopo che Anna Sguma ebbe brindato alla sua salute214.

A maggior ragione parole che esprimevano astio in maniera esplicita erano ritenuteveicolo diretto dell'azione negativa, così valeva per rimproveri, proteste, minacce omaledizioni. Marsilia del Horologiero venne ripresa dalla Stella per un debito non saldato, ilmaleficio colpì il suo pollame215. Camilla Cisilatti venne minacciata da Anna Sguma el'indomani si sentì poco bene. Similmente accadde a Giovanni Maria, figlio del defuntoAntonio Traina, che, dopo aver incrociato Lucia di salvatore di Bucco per la strada e avercommentato con ironia quell'incontro, viene da questa apostrofato: «Tasi, che perSant'Antonio farò restar anco te!», ed in effetti il giovane si ammalò subitaneamente216.Anche Marcolina Stella malediva la gente, lo fece con Daniele Romano e subito si verificò unviolento turbinio di vento217.

Un secondo sottoinsieme era costituito dalle preghiere indirizzate a Dio, alla Madonna,ai Santi.

Così poteva accadere che un'invocazione alla Madonna venisse inserita in un contestonegativo, come confermò la reazione di Marcolina Stella contro una brutta occhiata da partedi Daniele Romano: «Havendo io prigato alla messa la Madonna Santissima, che Dio lo

206 In relazione al cibo come veicolo della stregoneria: T. MAZZALI, Il martirio delle streghe, cit., pp. 71-93.207 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Claudia Romana, cit., c. 21v.208 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 124.209 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7v].La «brovada» è un cibo popolare assai diffuso in Friuli, fatto di rape (râs di broade) inacetite e conservate in un tinocon vinacce (trape) acide e acqua, quindi ridotte in filamenti mediante la grattugia (grati). In Carnia rape tagliuzzatee fatte fermentare. Le forme attestate sono numerose: broàde, brovàde, bruàde, sbruàde, sbrovàda (Gorizia). G. A.PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., pp. 75 (broàde, brovàde, bruàde, sbruàde), 948-949(sbrovàda).210 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., p. 136.211 Ivi, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [50r].212 Ivi, Memoriale di Leonardo Cisternini, cit., c. [1v].213 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 124.214 Ivi, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giacomo Balzaro, cit., c. [11v].215 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 28r.216 Ibidem.217 Ivi, Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, Spilimbergo, cit., cc. 19r-19v; Memoriale di Daniele Romano, cit., c.[52r].

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pagasse conformi che lui mi haveva guardato!»218. Alla stessa maniera potevano essereconsiderate le orazione o suppliche rivolte ai Santi, chiamati in causa per ottenere qualcosadi concreto o, in diverse situazioni culturali, ad altre divinità, tanto che alcune preghierericavate da testi religiosi potevano venire utilizzate a livello magico, particolarmente sedivenute inusuali.

Un'ulteriore tipologia rituale orale possibile era relativa a quegli incantesimi cheutilizzavano la similitudine in forma narrativa o di racconto, spesse volte a carattere epico.In tal modo veniva descritta un'operazione similare a quella che si aveva intenzione diattuare, solo che i personaggi non erano quelli quotidiani della vicenda in oggetto sul pianoreale, bensì eroi o dei che sul piano mitico incarnavano gli individui concreti.

Il fine dei rituali di natura verbale era ad ogni modo quello comune di evocare unapotenza esterna, spesso chiamandola per nome (Dio, la Vergine Maria, i Santi, Satana), alfine di dare efficacia all'atto orale e/o manuale.

C. I riti magici mentaliInfine vi era un'ultima categoria di atti magici, i riti di natura mentale. Diverse erano

le situazioni in cui si riteneva che la strega o la terapeuta di villaggio utilizzassero il poteredella mente. Spesso era sufficiente che la persona desiderasse qualcosa in manierainsistente, magari perché ne era priva, per venire sospettata di aver agito in tal senso.

Così valeva per quegli incantesimi pronunciati con il solo pensiero, senza venireesplicitati a livello orale, a volte indipendentemente da riti manuali e/o gestuali, in altri casiad essi associati. In questo sottogruppo rientravano i casi legati alla fascinazione, vale a direil malocchio.

In alcune situazioni anche un semplice contatto visivo, oppure il malocchio connesso agelosia e astio, era in grado di veicolare l'atto magico. Cecilia Cenerina incontrò MarcolinaStella e si sentì immediatamente male219. Anche l'incontro con un consanguineo della stregapoteva avere il medesimo effetto, come avvenne al Daniele Romano con un figlio dellaStella220.

Gli atti magici vengono in definitiva ad assumere una natura polidimensionale:manuale, orale e mentale. L'atto concreto, così come il gesto, la parola oppure il rito solopensato, altro non è che un linguaggio, uno strumento comunicativo, un simbolo. Ritimanuali, verbali e psichici si compenetrano, interagiscono, si completano reciprocamente,ricercano lo stesso fine, il raggiungimento del medesimo scopo.

6. L'identikit della strega

In relazione all'ambito nel quale l'accusatore o il testimone definivano l'identità dellapersona ritenuta responsabile della sventura, è possibile determinare una tipologia diindividui all'interno della quale si disponevano sospetti e accuse di stregoneria221.

Per ciò che concerne la collocazione sociale, lo stereotipo tende a circoscrivere la stregaentro categorie particolari, nonché ad indirizzare la discriminazione, la persecuzione ed ilcontrollo sociale verso ben definite tipologie subordinate di individui (i marginali, i ribelli, idiversi). Abitualmente l'individuo identificato come malefico era un soggetto di sesso

218 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., cc. 26r-27r.219 Ivi, Deposizione di pre Carlo Rossetis, cit., c. 6v.220 Ibidem.221 Riguardo allo stereotipo classico della strega e sulla persecuzione di persone ad esso più o meno rispondenti milimito a ricordare: A. JACOBSON SCHUTTE, I processi dell'Inquisizione veneziana nel Seicento: la femminilizzazionedell'eresia, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana in Italia nell'età moderna. Archivi, problemi dimetodo e nuove ricerche, Atti del seminario internazionale. Trieste, 18-20 maggio 1988, Roma, Ministero per i beniculturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991, pp. 159-173; B. P. LEVACK, La caccia allestreghe in Europa agli inizi dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 145-172.

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femminile, di età avanzata, non coniugata (nubile o vedova), di condizione socio-economicaliminale, talora un'anticonformista o una deviante sociale. In relazione all'ambito spaziale-geografico essa apparteneva di solito alla medesima comunità della vittima, il più delle voltesi trattava di un membro del vicinato, o che intratteneva relazioni di natura lavorativa,mentre sporadicamente poteva fare parte dell'ampia cerchia parentale o di quella piùstrettamente famigliare.

Gli elementi da esaminare per l'identikit della strega sono dunque: il sesso, l'età, lacondizione coniugale, la condizione sociale-economica, l'aspetto caratteriale-comportamentale-fisico, la condizione di non conformista-diversa.

La figura della strega come individuo prevalentemente di sesso femminile era unelemento specifico del modello colto di stregoneria, imposto dalle classi laiche edecclesiastiche. La teoria secondo la quale le femmine sarebbero strutturalmente portate afare del male, per natura, venne magistralmente esposta nel Malleus maleficarum222, iltrattato principe in questo senso pubblicato nel 1486, che espose una concezione delladonna tremendamente paurosa e negativa223. La considerazione che essa fossefisiologicamente inferiore e più debole dell'uomo, soprattutto da un punto di vista etico emorale oltre che fisico, portò il Malleus ad essere considerato l'opera dalla componente piùfortemente misogina, antifemminista, sessuofoba e pregiudizialmente maschilista in assolutodel panorama intellettuale del tempo, definendo la donna come un essere allo stesso tempodebole nei confronti del diavolo e maligno nei confronti degli esseri umani224.

Sebbene la stregoneria venisse considerata dalle classi intellettuali dominanti undelitto strettamente connesso al sesso femminile, ciò non voleva affatto dire che gli uominine fossero esclusi. Infatti, soprattutto nei primi processi per stregoneria di epoca medioevale,si verificarono situazioni nelle quali individui di sesso maschile furono perseguitatiugualmente alle donne, in specie nei casi di stregoneria con matrice politica o eretica.

La femminilizzazione della stregoneria emerge con evidenza in alcuni studi. Sebbenenei documenti relativi ai processi per stregoneria nell'Essex analizzati da Macfarlane per l'etàmoderna nulla sembrasse evidenziare una discriminante sessuale femminile netta, tuttaviaegli denotò che le streghe erano tendenzialmente donne, ben 247 su 270 persone sospette,vale a dire una percentuale del 91.48%. Inoltre le donne avevano statisticamente possibilitàmaggiori di essere affatturate a morte: in base ai dati che aveva raccolto i maschi mortierano stati 103, le femmine 116, con una percentuale del 52.96% a favore del sessofemminile. Tuttavia ciò non esclude affatto che le streghe potessero essere di sessomaschile225.

Dall'analisi di Henningsen relativa all'attività dell'Inquisizione spagnola in etàmoderna, si evince che il tribunale di Logroño tra il 1609 e il 1614 processò circa duemilatra streghe e stregoni. Per ciò che concerne le 123 persone accusate di stregoneria indicatedallo studioso (31 giudicate nell'autodafé del 7 e 8 novembre 1610 dal tribunale di Logroño,67 riconciliate nel medesimo tribunale in base all'editto di grazia tra il novembre 1610 e lafine dell'estate 1611, 6 riconciliate nel tribunale posteriormente alla scadenza dell'editto eprima dell'entrata in vigore delle nuove istruzioni tra l'anno 1612 e il 29 agosto del 1614, 19

222 H. INSTITOR (KRÄMER) - J. SPRENGER, Malleus maleficarum (quattro edizioni non datate anteriori al 1487,data dell'edizione di Strasburgo, ventinove edizioni successive fino a quella di Lione datata 1669: A. M. di NOLA, Ildiavolo. Le forme, cit., n. 5 p. 373). Il 5 dicembre 1484 papa Innocenzo VIII aveva emanato la bolla Summisdesiderantes affectibus, con la quale aveva investito Sprenger e Institor della funzione di inquisitori dell'ereticapravità contro le streghe e gli stregoni nelle regioni settentrionali della Germania. Per quanto concerne il Malleus:G. BONOMO, «Il Malleus Maleficarum», in Annali del museo Pitrè, I, Palermo, 1950, pp. 120-147; G. COCCHIARA, Il«Malleus maleficarum», Ivi; M. GIANNI, Il «Malleus Maleficarum» e il «De Phytonicis mulieribus»: due modi di intendere lastregoneria sul finire del XV secolo, in Miscellanea in onore di Raffaello Morghen, I, Roma, 1974, pp. 407-426; H.INSTITOR - J. SPRENGER, Il martello delle streghe. La sessualità femminile nel transfert degli inquisitori, Venezia,Marsilio, 1977; G. ZILBOORG, Aspetti fisiologici e psicologici del «Malleus maleficarum», in M. ROMANELLO (a c. di),La stregoneria in Europa, cit., pp. 323-344. In relazione alla presenza femminile, in special modo nel medioevo, ealla problematica connessa: M. ROMANELLO, Introduzione, in EAD. (a c. di), La stregoneria in Europa, cit., pp. 24-25.223 Sulla concezione negativa della donna durante la prima età moderna: R. DE MAIO, Donna e Rinascimento,Milano, Saggiatore, 1987.224 A proposito della componente misogina nel Malleus, in particolare: H. INSTITOR - J. SPRENGER, Il martellodelle streghe, cit., pp. 85-96; G. ZILBOORG, Aspetti fisiologici e psicologici, cit.225 A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., p. 126; ID., Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 237-238.

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le cui confessioni sono contenute in un volume andato perduto e raccolte in un periodo dal23 agosto fino al dicembre 1609, escluse le 31 confessioni non identificabili, per un totale di150 cause finali complessive), 89 erano di sesso femminile e 34 di sesso maschile, per unapercentuale di donne del 72.36%, di uomini del 27.64%226.

Nelle credenze di stregoneria diffuse in talune società extraoccidentali contemporaneel'elemento della discriminante sessuale non è presente in maniera ossessiva. Le streghepossono essere donne, uomini o bambini a seconda dei ruoli sociali, morali, politici oreligiosi che vengono a svolgere all'interno della collettività, a differenza di quanto inveceaccadeva nell'Europa medioevale e moderna. In questo modo non sempre e ovunque lacredenza nelle streghe rivela una netta discriminante sessuale. Sia tra i Bakweri che tra iBangwa del Camerun occidentale, sia in alcune popolazioni della Nigeria orientale che tra gliIndios dell'America centrale, così come in alcune popolazioni africane della zona del lagoTanganica oppure tra gli Azande, le streghe possono essere di entrambi i sessi227.

La grande prevalenza delle donne si osserva anche nei casi da me presi inconsiderazione. A Spilimbergo entrambi i soggetti accusati di stregoneria, sebbene in periodidifferenti, erano donne, Anna Sguma nel 1625 e Marcolina Stella nel 1644. A Frisanco,Cavasso e Fanna ben dieci delle quattordici persone imputate di maleficio nella vicenda del1648 erano di sesso femminile, mentre curiosamente quattro erano i maschi, che assunseroil ruolo di controstregoni, tre dei quali vennero esplicitamente definiti come benandanti. AManiago nel 1655 i due soggetti accusati erano donne, Pirina Taier e Maria Tavana. Così adAndreis nel 1663 le cinque persone accusate erano tutte femmine, mentre il controstregonenominato era di sesso maschile. Nello stesso anno a Barcis dei sette individui accusati bensei erano donne.

Un altro elemento dello stereotipo classico considerava la strega come una donnavecchia228. Questo emerge anche dai pochi dati disponibili per le vicende processuali quiconsiderate, che, pur non facendo tendenza per la loro scarsità e non essendo valutabili perla costituzione di una media indicativa, sono rilevanti perlomeno a livello orientativo229. 226 G. HENNINGSEN, L'avvocato delle streghe, cit., pp. 312-324. A proposito di una prevalenza della componentesessuale femminile nel crimine di stregoneria per l'Europa medioevale e moderna: L. ACCATI - LEVI, Lo spirito dellafornicazione, cit., pp. 654-655; G. - E. BATTISTI, La civiltà delle streghe, Milano, Lerici, 1964, pp. 9-27; F. CARDINI,Magia, stregoneria, superstizioni nell'Occidente medievale, Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. 77-78; J. DELUMEAU,La paura in Occidente, cit., p. 556; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 145-150; T. MAZZALI, Il martiriodelle streghe, cit., pp. 42-43; M. RODA, Processi per stregoneria in Val Leventina (1650), in Nuova Rivista storica, 63,1979, p. 334; M. ROMANELLO, Introduzione, cit., pp. 25-27; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia, cit., p. 85;ID., Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 233-234.227 Su questo tema: E. ARDENER, Stregoneria, economia e continuità, cit., pp. 185-208; R. BRAIN, Bambini-streghe,cit., pp. 209-231; M. DOUGLAS, Introduzione, cit., p. 22; E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia,cit., pp. 49, 51, 66-68; G. I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 389-401; J. PITT-RIVERS, Il potere spirituale, cit.,pp. 235-260; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano, cit., pp. 145-171. A volte tuttavia l'aggressionemagico-stregonesca risulta delineata da un netto contrasto tra i ruoli sessuali di chi la attua: E. GOODY,Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., pp. 261-305. Ancora vi sono società che distinguono su basesessuale la stregoneria dalla magia o dalla fattucchieria: A. FORGE, Prestigio, influenza e magia, cit., pp. 321-343,particolarmente le pp. 335-336. Altre culture utilizzano diversamente i maschi dalle femmine, costituendocategorie differenti di indovini a seconda dell'ambito sociale e morale: I. M. LEWIS, Un approccio strutturale, cit., pp.361-378.228 Nell'Inghilterra dei Tudor e degli Stuart tra XVI e XVII secolo, gli individui accusati di stregoneria erano spessodonne vedove ed anziane, che avevano «a disposizione mezzi di sussistenza spesso inadeguati senza l'aiuto deivicini. La posizione di tali persone era stata indebolita dal declino dei tradizionali sistemi feudali di aiuto aglianziani, ed è questo, più di qualsiasi tensione sessuale, a spiegare la frequenza con cui alle donne vecchie eraassegnato dalla società il ruolo di streghe. Molte dipendevano dai loro vicini, ma mancava il riconoscimentoistituzionale dato a coloro che ricevevano il sussidio per i poveri. L'ambiguità di questa condizione costituiva la lororovina». K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., p. 105.La maggioranza delle persone accusate di stregoneria, in particolare le donne, aveva un'età piuttosto elevata e lastrega tradizionale aveva abitualmente più di cinquant'anni, giungendo a toccare in alcuni casi i novanta, tuttavianon mancano casi di donne giovani. In relazione all'età delle streghe: G. HENNINGSEN, L'avvocato delle streghe,cit., pp. 314-324; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., p. 151-154; A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra,cit., pp. 238-239; ID., La stregoneria nell'Essex, cit., p. 128.229 I motivi che portavano a definire la strega come una donna anziana erano diversi. Innanzitutto il solo fatto che isospetti si accumulassero per anni prima di sfociare in un'aperta accusa di stregoneria, portava a far sì che l'etàmedia fosse alquanto alta. Molto spesso queste persone svolgevano professioni specifiche, erano guaritrici olevatrici, attività che per godere di credibilità dovevano quasi per necessità essere connesse ad un'età elevata,sinonimo di saggezza e di conoscenza. Anche in alcune società extraeuropee contemporanee sono le donne

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Anna Sguma dichiarò di avere pressappoco cinquant'anni, «io non so quanti anniposso havere, ma circa 50»230, mentre di Marcolina Stella non vi è alcun riferimento all'età. AFrisanco, Cavasso e Fanna i dati relativi alle quattro donne per le quali appare indicata l'etàci consentono di avallare la tendenza della strega ad essere una persona di sesso femminileanziana231: in ordine decrescente Agnese di Franceschina aveva settantacinque anni,Domenica la Chiarandola sessantasei, Caterina di Bernardon veniva semplicemente definitavecchia. L'unica che si discostava da questo modello era Ursula del Sottile di ventottoanni232. Osvaldo Campolino riferì che Pirina Rampon era una donna tanto vecchia da nonessere in grado di indicare un'età: «non so quanti anni abbia, ma è vecchia»233. Anche lamedesima Pirina si autodefinì in questi termini, parlando di «età senile»234, mentre di MariaTavana non vi è alcuna informazione in proposito.

Per ciò che concerneva la condizione coniugale dei soggetti accusati di stregoneria,tendenzialmente sembra che il numero delle streghe non coniugate fosse maggiore di quellodelle streghe coniugate, così come il numero delle donne vedove maggiore di quello delledonne nubili235.

A Spilimbergo Anna Sguma era sposata, mentre Marcolina Stella era vedova. AFrisanco, delle dieci donne accusate, sappiamo che sei erano vedove e tre sposate, mentre diuna se ne disconosce lo stato coniugale236. A Maniago Pirina Taier e Maria Tavana eranoentrambe vedove. Ad Andreis, delle cinque accusate tre erano sposate, Maddalena moglie diDomenico di Traina, Margherita moglie di Giuseppe Tavani e Giacoma moglie di Daniele deModestis, una era vedova ed una nubile, rispettivamente Giacoma detta la Vedova e Luciafiglia di Salvatore di Bucco. Delle sei donne accusate a Barcis due erano coniugate,Maddalena moglie di Daniele Corradini e Domenica moglie di Domenico Traina, due nubili,Maria figlia di Pasqua di Salvatore e Cecilia figlia di Daniele Bozzi, delle altre due nonabbiamo notizie ben definite, Pasqua di Salvatore, forse ancora sposata, e una tale MariaRosa. I documenti da me esaminati dunque confermano questa tendenza237.

Per quanto riguarda la condizione economica e sociale delle donne accusate distregoneria, la maggioranza di esse apparteneva alle classi subalterne e più povere. Il lorostato di indigenza, di donne vecchie e sole senza un sicuro sostegno finanziario, senza una

soprattutto vecchie ad essere considerate streghe malvage, questo perché esiste una connessione con la credenzache ogni tipologia conoscitiva, in particolare quella relativa alla medicina, venga acquisita con il trascorrere deglianni e con l'avvento dell'età matura: E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittime, cit., pp. 266, 296-297. Riguardo alle streghe come individui dall'età piuttosto avanzata, ma senza alcuna discriminante sessuale: G.I. JONES, Un limite alle accuse, cit., p. 395.230 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Secondo costituto di Anna Sguma, cit., c. [16r].231 Le accuse di stregoneria potevano in alcuni casi venire interpretate come «una reazione al cambiamento deirapporti di età tra la popolazione e ai metodi con cui si affrontava il problema della vecchiaia»: A. MACFARLANE,Stregoneria in Inghilterra, cit., p. 240.232 Tra gli individui per i quali viene indicata l'età vi sono anche due maschi: Lorenzo Doz di settantacinque anni eLorenzo Barcian di sedici: AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, cit.233 Ivi, b. 39, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, cit., c. [6v].234 Ivi, fasc. 299, fasc. Querela civile, Supplica di Pirina Rampon, Maniago, 20 ottobre 1655, c. [6v].235 G. HENNINGSEN, L'avvocato delle streghe, cit., pp. 314-317; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 154-165; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 104-105. Di opinione diversa Macfarlane, secondoil quale lo stato civile femminile non sembra aver rivestito un carattere di essenzialità e sufficienza per scatenare ilsospetto o l'accusa di stregoneria, anche se pare che tra le donne coniugate o vedove le streghe fossero in numeromaggiore che tra le donne nubili: A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., p. 128; ID., Stregoneria inInghilterra, cit., p. 241. Sulla condizione di vedovanza in età moderna: M. ROMANELLO, Un modello femminile dellaprima età moderna: la vedova tra disciplina ecclesiastica e consenso sociale, in R. CORBELLINI (a c. di), Interni difamiglia. Patrimonio e sentimenti di figlie, madri, mogli, vedove. Il Friuli tra medioevo ed età moderna, Atti delConvegno VIII settimana per i beni culturali e ambientali (1992), Udine, Arti Grafiche Friulane, 1994, pp. 77-97.Sulla condizione femminile: F. BIANCO, Interni di villaggio: donne e comunità rurali in età moderna, Ivi, pp. 143-150.236 Le donne vedove erano: Giacoma di Andrea del Longo, Ursula di Filippo Barcian, Agnese di Giovanni diFranceschina, Domenica di Daniele Biasatto, Caterina del Vescovo di Battista di Bernardon e Giovanna di Placcia.Le donne sposate: Ursula di Giovanni Daniele del Sottile, Giacoma Fanella di Mattia d'Angelo e Pascutta diGiacomo Covasso. L'unica per la quale nella documentazione inquisitoriale non è presente alcuna indicazione inmerito è Maddalena la Barchiana. AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, cit.237 Su un totale di ventidue donne accusate di stregoneria, nove erano sposate, dieci vedove e tre nubili. Ilrapporto tra donne non coniugate e donne coniugate è a favore delle prime, tredici contro nove (vale a dire 59.1% a40.9%), così come la proporzione tra vedove e nubili, dieci contro tre (ossia 76.92% a 23.08%).

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posizione sociale ben definita238, potrebbe aver portato una parte di loro a compiere attimalefici a danno dei vicini o stipulare patti con il diavolo, con l'unico scopo concreto diottenere qualche cosa di tangibile che permettesse loro di sopravvivere. Se anche le streghenon furono gli individui più poveri in assoluto della società, solitamente esse appartenneroad un livello inferiore a quello dei loro delatori239, nella maggior parte dei casi esse vissero aimargini della collettività, in una condizione di liminalità non solo sociale ma ancheeconomica, che a volte le portò a dover elemosinare pur di arrangiarsi240, oppure a svolgereattività potenzialmente rischiose, come la fitoterapia o l'ostetricia.

Questi elementi si ritrovano anche nei documenti da me esaminati. Anna Sguma, adesempio, sembrò avere qualche difficoltà, forse però più a livello relazionale che economico,pur trovandosi in una situazione finanziaria non certamente svantaggiosa. Aveva infattiun'osteria241 dove si mangiava e si beveva, si vendevano vino e cibarie, come riferirononumerosi testimoni. Inoltre ammise di essere una guaritrice, attività che poteva procurareseri problemi242.

238 In relazione alla condizione di marginalità sociale ed economica della strega: B. P. LEVACK, La caccia allestreghe, cit., pp. 165-168; M. RODA, Processi per stregoneria, cit., pp. 334-335.Tuttavia il modello proposto da Thomas e Macfarlane, della strega come donna povera ed anziana, un modello chesembra applicabile a gran parte dell'Europa, non risulta valido in Finlandia o Islanda, dove gli uomini accusati distregoneria paiono avere molto in comune con gli sciamani: P. BURKE, The Comparative Approach to EuropeanWitchcraft, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft, cit., pp. 441-442; K.HASTRUP, Iceland: Sorcerers and Paganism, in B. ANKARLOO - G. HENNINGSEN (ed.), Early Modern EuropeanWitchcraft, cit., pp. 383-402; A. HEIKKINEN - T. KERVINEN, Finland: The Male Domination, in B. ANKARLOO - G.HENNINGSEN (ed.), Early Modern European Witchcraft, cit., pp. 319-338.239 Le accuse di stregoneria si originavano da inimicizie personali e rancori generalmente tra eguali sociali: E. E.EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia, cit., pp. 144-146. Nondimeno si verificarono alcune situazioni incui ad essere accusate di stregoneria furono anche persone agiate, benestanti, o comunque pienamente autonomeed indipendenti da un punto di vista economico e sociale. Questo accadde nei casi di persecuzioni indiscriminate,o quando si innescarono reazioni a catena, durante le quali le accuse potevano colpire chiunque.I Bakweri del Camerun occidentale, studiati tra gli altri da E. Ardener, erano una popolazione che coltivava persopravvivere una determinata quantità di tuberi ed una varietà grossolana di banane. Durante l'ultimo decenniodel XIX secolo, la loro economia si era radicalmente trasformata, tanto che il banano come fonte alimentare erastato sostituito da un altro tipo di pianta, il cocco. Nel corso della seconda metà del secolo, soprattutto negli annitra il 1850 e il 1890, i Bakweri divennero un popolo alquanto ricco, anche grazie al commercio alimentare.Successivamente però, dopo aver raggiunto l'apice del benessere, vennero sconfitti dal governo coloniale tedesco eda quel momento in poi divennero sempre più poveri, più pigri e meno numerosi. La credenza nella stregoneria deiBakweri, liemba, era strettamente connessa all'accumulazione di proprietà e passava attraverso l'invidia. Sitrattava infatti dello strumento principale utilizzato al fine di affermare il proprio status all'interno di una societàrigorosamente egualitaria. Proprietà, invidia e stregoneria liemba erano strettamente collegate fra di loro. Verso lametà del nostro secolo, i Bakweri avevano iniziato a credere in una nuova forma di stregoneria, detta nyongo. Sitrattava di una forma specifica di aggressione che colpiva solamente le persone agiate. Nel 1953 questa credenzaera divenuta così sviluppata e potente da incutere terrore in chi voleva edificare un'abitazione in stile moderno,questo per la paura di venire accusato di nyongo. Pertanto chiunque avesse ottenuto qualche evidente successomateriale, era intimorito dalla possibilità di essere accusato di possedere questa nuova forma di stregoneria e cosìnascondeva i risultati del suo successo. In una società così rigidamente egualitaria, quando qualche individuoriusciva finalmente ad ottenere qualcosa più degli altri, staccandosi dalla massa dei suoi compaesani, venivaaccusato di essere una strega, e questo solo perché aveva qualcosa in più degli altri che non aveva il diritto diavere, dal momento che il suo successo significava l'insuccesso degli altri. Invidia, proprietà, successo economico esociale, stregoneria risultavano strettamente collegati tra di loro. E. ARDENER, Stregoneria, economia e continuità,cit., pp. 192-196. Per la credenza nella stregoneria connessa all'invidia e al successo si veda inoltre: C. GALLINI,Dono e malocchio, cit.; per la stregoneria collegata al successo nelle attività economiche o politiche in societàextraeuropee si veda ancora: G. I. JONES, Un limite alle accuse, cit., pp. 393, 395.240 Nell'Essex del XVI secolo le vedove senza mezzi economici di autosussistenza si trovavano spesse volte indifficoltà ed erano così costrette a chiedere l'elemosina ai loro vicini di casa, tentando in tal modo di risolvere laloro posizione di svantaggio all'interno della comunità. Accusare queste donne del reato di stregoneria era unamaniera per giustificare il diniego dell'elemosina davanti a se stessi ed alla società: M. DOUGLAS, Introduzione, cit,p. 17; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 126-127.241 Proprio nella sua osteria Andrea Balzaro aveva schiaffeggiato una figlia della donna: AAUD, S. Officio, b. 24,fasc. 830, Terzo costituto di Anna Sguma, cit., cc. [17r-17v]. Tuttavia è possibile che la Sguma si trovi in unasituazione di reale difficoltà economica. È lei stessa infatti che si autodefinisce povera, ricordando al giudice di fedeche la interroga le ragioni per le quali riteneva corressero di lei per il villaggio voci negative, vale a dire il fatto chenon era più autosufficiente, avendo perduto i propri beni (queste affermazioni potrebbero riferirsi alla perditadell'attività di osteria). Da autosufficiente a indigente, la donna povera come simbolo di ciò che poteva accadere achiunque.242 La convinzione che le donne fossero in possesso di poteri particolari e perciò in grado di curare e guarire gli

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Marcolina Stella, vedova con tre figli, dei quali uno morto in guerra, uno di circa 16-18anni e una figlia, venne da più testi definita come una «povera artesana»243, una «dona dibassa conditione»244. La sua situazione di indigenza fu confermata dal fatto che fossecostretta ad impegnare i suoi averi dagli Ebrei di Spilimbergo per disporre di soldicontanti245, nonché dalla necessità di impiegare la giovane come domestica, «ma l'ha posta aservir fuori, credo per guadagnarsi il vetto et il vestito»246. Marcolina svolse anche attività dilevatrice e terapeuta.

A Cavasso Domenica la Chiarandola fu descritta come «poverela, mendica»247 ed entròin conflitto con Caterina Petrucco quando si avvide che Odorico, servo del conte Osalco,faceva la corte anche a lei oltre che a sua figlia. Il motivo era evidente, la Chiarandolatemeva di perdere un buon partito per la figlia, muta dalla nascita e per questo motivoaccasabile con più difficoltà, ed un sostegno economico per la sua vecchiaia.

Difficile sembrava essere anche la situazione di Pirina Rampon, l'altra donna accusatadi stregoneria nella vicenda maniaghese, vecchia, vedova, povera, debole ed isolatasocialmente. Gettata in carcere dai consorti del villaggio, la donna dichiarò il suo stato diindigenza economica e di difficoltà nei rapporti sociali, aggiungendo che nessuno si sarebbemosso per tirarla fuori di prigione248.

In riferimento all'aspetto caratteriale e comportamentale della strega, alcunepresentavano delle peculiarità che permettevano di identificarle con estrema facilità249. Glistereotipi più diffusi relativi alla loro personalità descrissero le streghe come donnepettegole, maldicenti, aggressive, brontolone, presuntuose, che lanciavano maledizioni confrequenza, vendicative e malvagie di natura. Vennero accusate di seminare discordia nellefamiglie e si trovarono spesso coinvolte in liti e dispute con i propri vicini di casa o con altrimembri del villaggio, magari per il fatto che alcuni di essi avevano rifiutato loro un prestito

infermi, da un lato le qualificava come detentrici innate di poteri magici, dall'altro come addette al mantenimento,salvaguardia e trasmissione del sapere terapeutico popolare. In relazione al potere magico strettamente connessoalle virtù terapeutiche del corpo femminile: L. ACCATI - LEVI, Lo spirito della fornicazione, cit., pp. 644-672.243 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Nicola Andriolico, cit., c. 10v.244 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 24r.245 Il fatto che la Stella si fosse offerta di guarire Benetto, figlio di Moisè dei Sacerdoti Ebrei, in cambio dellarestituzione di alcuni pegni e del pagamento in denaro, oltre ad evidenziare il suo ruolo di guaritrice popolare,conferma la sua condizione di difficoltà finanziaria: Ivi, Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., c. 19v.Sugli Ebrei, in particolare in Friuli, e i loro rapporti con l'Inquisizione, rimando indicativamente ai seguenticontributi: G. COZZI (a c. di), Gli Ebrei a Venezia (secoli XIV-XVIII), Milano, Edizioni di Comunità, 1987; P. C. IOLYZORATTINI (a c. di), Processi del Sant'Uffizio di Venezia contro ebrei e giudaizzanti, Firenze, Olschki, voll. 11, 1980-1993; ID., Gli archivi del Sant'Ufficio come fonti per lo studio della mentalità e della cultura delle minoranze etnico-religiose, in A. DEL COL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana, cit., pp. 189-201; ID., Note sul Sant'Ufficio e gliEbrei a Venezia nel Cinquecento, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, XXXIII, 1979, pp. 500-508; ID., Processicontro ebrei e giudaizzanti nell'Archivio del Sant'Ufficio di Aquileia e Concordia, in Memorie storiche forogiuliesi, LVIII,1978, pp. 133-145; ID., Un friulano e un indovino ebreo in una causa del Sant'Uffizio agli inizi del '600, Udine, 1968.Ancora: M. MILANI, Indovini ebrei e streghe cristiane nella Venezia dell'ultimo '500, in Lares, LIII, 1987, pp. 207-213.Riguardo alle famiglie di Ebrei dimoranti a Spilimbergo nel Seicento, al loro esercizio del prestito su pegno e dialtre attività: P. C. IOLY ZORATTINI, Gli Ebrei a Spilimbergo, in N. CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di),Spilimbèrc, cit., pp. 137-140 (e bibliografia citata); A. STEFANUTTI, Consorti feudali, "cittadini" e "popolani", cit., p.106-109. «Il primo documento dell'esistenza di Ebrei invitati in loco» a prestare denaro ad usura «dai signori diSpilimbergo risale soltanto al 1579, mentre i Marsili, una famiglia di banchieri ebrei ..., compaiono qualche annodopo, nel 1590. [...] il 20 febbraio del 1611, i consorti di Spilimbergo concedevano ad Abramo del fu CalimanoSacerdoti e ai fratelli Salamone, Moisè e Salvatore Marsilio, unitamente alle loro famiglie, il rinnovo per 10 annidella Condotta feneratizia concessa nel 1601 a Calimano Sacerdoti e ad Iseppo Marsilio, rispettivamente padre efratelli dei sopraddetti». Inoltre accordavano loro anche la possibilità di esercitare qualsiasi attività di tipocommerciale, «concessione piuttosto inconsueta rispetto alla normativa in uso, che evidenzia la liberalitàdell'atteggiamento dei signori di Spilimbergo, i quali in tal modo finivano quasi con l'equiparare i diritti degli Ebreia quelli del resto della popolazione». P. C. IOLY ZORATTINI, Gli Ebrei a Spilimbergo, cit., pp. 137-138.246 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., c. 19r. L'attività di domestica dellafiglia della Stella venne ribadita da Claudia Romano: «Lei ha due figli: un maschio, qual è in casa sua, et una puta,qual è a servire in casa del signor conte di Cavasso». Ivi, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 20v.247 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 125.248 Ivi, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Supplica di Pirina Rampon, Maniago, cit., c. [6v].249 Riguardo alla strega come soggetto iracondo e/o antisociale: A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit.,pp. 134-136; ID., Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 235-237, 245; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologiasociale, cit., pp. 102-103, 108-109, 115-116. Sulla personalità della strega: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe,cit., pp. 168-172.

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di latte o zucchero, oppure l'elemosina, o ancora per questioni di interesse, tutti avvenimentiche potevano attirare su di loro un certo risentimento e i sospetti da parte della collettività.Data l'età non giovane spesso la litigiosità ed irascibilità potevano essere sintomi di senilità.

Così Anna Sguma venne descritta come una persona arrogante, poco devota, cheusava un linguaggio scurrile e pronunciava bestemmie; la Sguma fu definita come unadonna irascibile e burbera anche da sua figlia Domenica250. Una testimone che aveva avutodiverse discussioni con Marcolina Stella la definì come una persona «che comette eccessi difurberie»251. Ad Andreis invece alcune streghe erano vanitose ed arroganti, così MargeritaTavani era solita vantarsi delle proprie azioni malvagie252. Alla stessa maniera si comportavaLucia, figlia di Salvatore di Bucco, una delle due streghe linciate dalla folla, che «si è vantatad'aver offeso Zuanne della Stella»253.

Un'ulteriore caratteristica comportamentale della strega era relativa ad una presuntadevianza morale e religiosa, infatti si riteneva che gli atti magici compiuti da queste vecchiedonne altro non fossero che una piccolissima parte di tutta una serie di atteggiamentiimmorali ed irreligiosi254. Così Anna Sguma venne definita dalla figlia Domenica una personache non osservava regolarmente i precetti divini: «io la tengo per poca devota»255. Inoltreaggiunse di averla più volte invitata ad osservarli con maggiore frequenza; tuttavia fu lastessa imputata a dichiarare il contrario al giudice di fede256.

Il fatto di osservare con regolarità i precetti religiosi non era però un comportamentoche preservava a priori dall'accusa o dal sospetto di stregoneria. Se di Giacoma del Longo ilpievano riferì di ritenerla una donna per bene proprio perché si confessava, riceveva lacomunione, faceva numerose offerte nelle chiese e faceva celebrare più messe delle altrepersone, lo stesso non poteva dirsi di altre situazioni. Così Domenica, vedova di Daniele,detta la Chiarandola «dimostra gran devotion in chiesa, frequenta li santissimi sacramenti,ma li suoi familiari et vicini dicono che è importuna, che contende spesso et strepita».257

Infine non era solo la reputazione della strega ad essere brutta ma, a volte, anchel'aspetto fisico lo era258. Difatti lo stereotipo la descriveva come una donna non solo vecchiama dalle caratteristiche somatiche orribili. Alcune ben definite peculiarità fisiche facevano sìche essa venisse facilmente segnalata all'attenzione ed alle maldicenze della popolazione.Così venne descritta come una persona con il corpo pieno di rughe ed escrescenze, in speciesul volto, in alcuni casi ricoperto da peli, dal naso grande, allungato e bitorzoluto, pallida,sporca, magra, sdentata, a volte con difetti e malformazioni evidenti, magari zoppa, gobba,strabica, monocola, cieca o semicieca259.

250 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Domenica Andea, cit., cc. [10v-11r]. Questo particolarecomportamento venne ammesso dalla stessa imputata, la quale per di più riferì che ciò poteva averne influenzatola fama connotandola in senso negativo: Terzo costituto di Anna Sguma, cit., cc. [16v-18r].251 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., cc. 24r-24v.252 Ivi, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., c. 6r.253 Ivi, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., c. 7v. I casi di presunte streghe giustiziate dai membri del villaggiodi appartenenza in preda al panico non furono rari, costoro prendevano l'iniziativa come fossero «un comitato disalute pubblica»: G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, Relazione ufficiale al 69° Congresso della S.F.F., in Sot la Nape,XLIV, 4, 1992, pp. 8-9; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., p. 74 e n. 2; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti estreghe, cit., p. 113.254 Tuttavia coloro i quali furono sospettati di varie attività antisociali non vennero necessariamente accusati distregoneria, e viceversa. La strega non era per forza di cose considerata rea di altri crimini contro la collettività,anzi poteva benissimo essere individuata all'interno della popolazione onesta e rispettosa della legge. Pertantodefinire le streghe come devianti forse risulta eccessivo, malgrado ciò è indubbio che alcune di esse seguisserodelle regole comportamentali non approvate da un punto di vista sociale, morale e religioso dalla maggior partedella popolazione, il che poteva condurre alla nascita di una cattiva nomea o al rafforzamento di una pessimareputazione già esistente. Riguardo alla connessione tra stregoneria e comportamenti criminali: A. MACFARLANE,Stregoneria in Inghilterra, cit., pp. 236-237.255 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Domenica Andea, cit., c. [10v].256 Ivi, Secondo costituto di Anna Sguma, cit., c. [16r].257 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 125.258 Macfarlane sostiene che il sospetto «era determinato in primo luogo dal comportamento e soltanto in seguito sipassava ad esaminare la persona alla ricerca di qualche particolare fisico, protuberanza o cavità (il cosiddettomarchio) che avrebbe confermato o invalidato i sospetti; di solito questo segno particolare si trovava in luogonascosto»: A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., p. 235.259 In relazione alle caratteristiche fisiche e somatiche della strega: B. SPOONER, Il malocchio, cit., p. 382; K.THOMAS, Problemi sociali, conflitti, cit., pp. 232-233.

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Agnese di Franceschina, vedova e sorella di Lorenzo Doz, vecchia di settantacinqueanni venne descritta come «zotta, magra, brutta, che non ha mai fatto figlioli»260. Domenicadetta la Chiarandola, fu definita come una vecchia donna sessantaseienne, per di più«brutta»261. Pirina Rampon da Maniago era al pari «tutta biancha, grinza»262.

Non era solo l'aspetto fisico che poteva connotare negativamente un individuo, ma avolte anche altre caratteristiche. Così spesso di alcune streghe i testimoni raccontavano chepossedessero la virtù di sapere o sentire ciò che avveniva ad una certa distanza da loro.

Di questa capacità di chiaroveggenza risultava dotato Lorenzo Doz, il quale affermavadi sapere quello che si diceva e faceva a casa sua, nonostante lui fosse assente263. Allastessa maniera un testimone riferì quanto aveva sentito dire dello stesso Doz: «Di più, midisse il detto Battista come il detto Lorenzo gli sapeva dire tutto quello che si faceva in casasua»264. Anche Marcolina Stella pareva dotata di questo potere265.

Le particolari caratteristiche che ho descritto, sebbene non fossero tutte ugualmentepresenti nella persona che in concreto veniva accusata di stregoneria, ne facevano unastrega soltanto potenziale. Non erano infatti tanto i caratteri specificamente fisici del singoloindividuo a connotarlo in tale senso, quanto la caratterizzazione sociale che il soggettoassumeva all'interno della società di appartenenza, vale a dire la presunzione di colpa che lacomunità adottava nei suoi confronti266. Le donne facevano parte di categorie particolari,che, a causa dei sentimenti sociali di cui erano oggetto le loro qualità, erano maggiormenteesposte alla diffidenza e al pregiudizio e quindi all'accusa di stregoneria, così come i bambinio altri gruppi di individui, ma non per le loro caratteristiche fisiche bensì in quanto ritenutemaggiormente inclini alla magia di altre categorie, ad esempio gli uomini.

Per questo motivo è opportuno parlare di una caratterizzazione in categorie sociali, chedivengono oggetto di sentimenti antisociali o comunque socialmente negativi non tanto perl'aspetto fisico individuale dei singoli membri o per la loro specificità sessuale, quanto per lacapacità che hanno di generare opinioni ed impulsi collettivi che vengono interpretati comeostili dal resto della collettività. In altre parole non erano tanto i particolari fisici o le azionidell'individuo a determinare il sospetto di stregoneria, quanto l'atteggiamento della societàverso di lui, sospinto dalle azioni, dal comportamento e dalla personalità del soggetto.

260 In aggiunta viene qui connessa alla stregoneria l'impossibilità biologica e naturale di procreare: AAUD, S.Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 125.261 Ibidem.262 Ivi, b. 39, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, cit., c. [6r].263 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., p. 124.264 Ivi, Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., p. 137 (si tratta di Battista Doz, cugino di Lorenzo, n. d. l.).265 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 20v.266 In relazione alla categoria sociale e sessuale delle donne vi sono inoltre alcuni stadi dell'esistenza femminiledefinibili come difficili e pericolosi, nel senso che potevano esporle maggiormente all'accusa o anche solo alsospetto di stregoneria. Queste le fasi biologicamente e socialmente critiche: la pubertà, il periodo mestruale, lacondizione di nubilato, la gestazione e il parto, la menopausa. La donna fu esposta ad accuse e sospetti poiché siritenne che proprio durante questi momenti specifici della vita raggiungesse il culmine delle proprie potenzialitàstregonesche, divenendo addirittura in grado di fornire essa stessa strumenti magici attivi (si ricordi un soloesempio, il sangue mestruale: A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende, cit., pp. 49-50). Ciò non esclude la presenzadi altri momenti di pericolo, anche al di fuori di quegli spazi specifici esse vennero considerate pericolose, inquanto appartenenti ad una categoria particolare all'interno dell'universo sociale. Per quanto concerne i concetti di«qualificazione sociale», di «sentimenti sociali» e di «classi sociali», nonché la condizione di diversità a livello socialedelle donne rispetto agli uomini: M. MAUSS, Saggio di una teoria generale, cit., pp. 23-24, 122-124.

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IV

LA POSSESSIONE

1. Possessione e disgrazia

Riguardo alla natura dell'entità occupante i termini diavolo, spirito, demone odemonio, generalmente utilizzati, sono ambigui per definizione. La voce diavolo, dal latinocristiano diabolus-i, dal greco diábolos (letteralmente calunniatore e spirito maligno), dalverbo diáballein (gettare attraverso), indica nelle religioni cristiana ed ebraica lo spirito delmale e causa del disordine morale e cosmico, personificato in aspetto teomorfico nell'angeloribelle Lucifero, che si ritiene guidi le schiere delle potenze diaboliche.

Il vocabolo spirito, dal latino dotto spiritus-us (lo spirare, aria che soffia, respiro), dalverbo di origine onomatopeica spiro-are (soffiare, dell'aria e della vita, respirare), in questocontesto assume il significato di essenza personificata che ha vita autonoma, perchéseparata per morte dal corpo, o perché, per natura, priva di corpo: gli spiriti dei morti, degliantenati, dei trapassati, gli spiriti celesti (angeli), gli spiriti infernali o maligni (demoni), glispiriti beati (anime in paradiso), gli spiriti dannati (anime nell'inferno).

La parola demone, dal latino dotto daemon-onis (spirito), dal greco dáimon, dal verbodáiesthai (distribuire, ripartire), indica propriamente nelle antiche religioni politeiste il genio(dal latino genius-ii, dal verbo gigno-ere, propriamente generatore della vita, poi divinitàtutelare di ogni persona) o spirito, benefico o malefico, in forma umana, animale o mista, dinatura quasi divina; nel contesto cristiano viene utilizzato come sinonimo di demonio.

Il termine demonio, dal tardo latino dotto daemonium-ii (piccolo genio), dal grecodaimónion (originariamente forza divina del demone, dáimon), indica lo spirito maligno cheincita l'uomo al male (il demonio, per antonomasia, è il diavolo, Lucifero).

Utilizzerò i termini diavolo, demone, demonio ed aggettivi corrispondenti comesinonimi, secondo la comune accezione odierna, ad indicare a seconda dei casi lapersonificazione dello spirito maligno per antonomasia (Satana) oppure uno dei membri dellasua schiera di diavoli; la voce spirito ed aggettivazione derivante andrà invece riferitaall'entità autonoma che dopo la morte si separa dal corpo1.

Partendo dal presupposto che qualsiasi attività diabolica si espleta necessariamenteall'interno di un percorso di perfezionamento ed evoluzione morale dell'uomo, volto al trionfodel bene supremo, la dottrina cristiana afferma che il diavolo opera in maniere differenti

1 M. DOGLIOTTI - L. ROSIELLO (a c. di), Lo Zingarelli 1996. Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli.Dodicesima edizione, Zanichelli, Bologna, 1996, pp. 495 (demone, demonio), 514 (diavolo), 1723-1724 (spirito); F.CALONGHI, Dizionario latino italiano. 3ª edizione interamente rifusa ed aggiornata del dizionario Georges - Calonghi,13ª tiratura, Torino, Rosenberg & Sellier, 1950, pp. 738 (daemon, daemonium), 837 (diabolus), 1192-1193(genius), 2579-2580 (spiritus). Sull'etimologia di diavolo: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, la storia, le vicende diSatana e la sua universale e malefica presenza presso tutti i popoli, dall'antichità ai nostri giorni, Roma, NewtonCompton, 1987, p. 168.Mauss considera le «rappresentazioni personali» della magia come nozioni supplementari, destinate a spiegare«l'idea di una persona causa all'idea della causalità magica», così la «nozione di demone» e così la «nozione dispirito». Egli classifica gli spiriti della magia in due categorie. «Una prima categoria di spiriti magici è costituitadalle anime dei morti. ... Nel cristianesimo, tutti i morti sono dotati di proprietà utilizzabili, di qualità di morte; lamagia agisce, però, quasi soltanto con le anime dei bambini non battezzati, con quelle dei morti di morte violenta,dei criminali. ... i morti sono spiriti magici, sia in virtù di una credenza generale nel loro potere divino, sia in virtùdi una speciale qualificazione che, nel mondo dei fantasmi, conferisce loro un posto determinato rispetto agli esserireligiosi. Una seconda categoria di esseri magici è quella dei demoni. Naturalmente, la parola demone non è ...sinonimo di diavolo, ma di genio, djinn. Si tratta di spiriti che, da un lato, si distinguono poco dalle anime dei mortie che, dall'altro, non hanno ancora raggiunto la divinità degli dei. [...] Ma i demoni furono trasformati in diavoli eschierati al seguito di Satana-Lucifero». M. MAUSS, Saggio di una teoria generale della magia, in ID., Teoria generaledella magia e altri saggi, Torino, Einaudi, 1972, pp. 79-86, 106-109.

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nella realtà umana e quotidiana, una delle quali è la possessione diabolica2. Si tratterebbe diun controllo che il demonio opera da un lato sul corpo dell'individuo in maniera diretta edall'altro sull'anima in maniera indiretta: il diavolo, puro spirito, si ritiene possa interveniresulla sola materia oppure su ciò che ad essa è strettamente dipendente3. Il controllo nonrisulta sempre assoluto e totale, a volte consente al soggetto il mantenimento di una relativalucidità, che gli permette di comprendere ciò che accade anche se in una condizione diimpotenza4. La possessione diabolica va pertanto intesa come la sovranità, la presenza diuno o più diavoli in un corpo umano.5

2 Thomas e Walker pongono una distinzione tra «ossessione», vale a dire attacco dei diavoli proveniente dall'esterno(non ingresso nel corpo), convinzione ossessiva e credenza nell'esistenza del diavolo e delle sue attività, e«possessione», di contro assalto diabolico subito dall'interno (ingresso nel corpo): K. THOMAS, La religione e ildeclino della magia. Le credenze popolari nell'Inghilterra del Cinquecento e del Seicento, Milano, Mondadori, 1985,pp. 530-531; D. P. WALKER. Possessione ed esorcismo. Francia e Inghilterra fra Cinque e Seicento, Torino, Einaudi,1984, p. 10. Un tentativo di «chiarire lo spettro semantico coperto dal ventaglio di termini, "spirtâz", "ossessi","indemoniati" e non dal punto di vista colto, ma da quello popolare», viene elaborato dalle autrici dello studio sulfenomeno di Clauzetto: «quali comportamenti, modi di essere, quali patologie, quali forme di riconoscimento elegittimazione sociali, quale orizzonte di crisi e di sventura e quali strategie di risoluzione si propongono dietroqueste parole?». D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, in M. MICHELUTTI (a c. di), Âs. Int e Cjere. Ilterritorio dell'antica pieve d'Asio, Numero unico per il 69° Congresso della Società Filologica Friulana, Udine, SocietàFilologica Friulana, 1992, p. 462.3 La stessa dottrina cattolica considerava che la possessione diabolica avesse «avuto luogo quantomeno conl'autorizzazione di Dio, e forse con il suo incoraggiamento. La cosa è perfettamente ortodossa». La presuntaautorizzazione divina viene data «non una volta soltanto come condizione e limite generale dell'attività diabolica,ma in ogni caso specifico: la seduzione di una strega, l'ingresso in un corpo umano, la tentazione di un uomo piocon pensieri impuri - il diavolo ha compiuto tutti questi anni Deo permittente, con il permesso di Dio». Strettamenteconnessa a ciò è un'altra questione: «per quale motivo Dio dà al diavolo questo permesso? ... Per quanto riguardala possessione o la tentazione diabolica, l'idea tradizionale vuole che scopi principali del permesso divino siano lapunizione dei peccatori e la verifica, il perfezionamento, degli eletti». Ma vi erano anche altri scopi: «ladimostrazione della santità dell'esorcista, la convinzione di chi non crede ai demoni, la manifestazione dellapotenza di Dio». D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., pp. 9-10.4 Affermare che Satana potesse possedere l'anima umana «avrebbe significato negare la dottrina cristiana dellibero arbitrio. Anche quando il diavolo o qualche demone minore possedevano il corpo di un uomo etemporaneamente trasformavano la personalità della vittima, l'indemoniato non perdeva mai il suo libero arbitrio ola sua coscienza». B. P. LEVACK, La caccia alle streghe in Europa agli inizi dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza,1990, p. 39.5 La possessione e la relativa pratica terapeutico-liberatoria, l'esorcismo, rispetto alla stregoneria, risultano ancoratematiche poco sviluppate; tuttavia si consultino i seguenti studi a carattere storico, antropologico e folklorico(vista la stretta concatenazione tra possessione ed esorcismo, i lavori raramente risultano differenziati, per questomotivo presento un'unica bibliografia): J. BEATTIE, Uomini diversi da noi. Lineamenti di antropologia sociale, Roma-Bari, Laterza, 1989, pp. 316-324; P. BROWN, Magia, demoni e ascesa del cristianesimo dalla tarda antichità almedioevo, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria. Confessioni ed accuse nell'analisi di storici e antropologi, Torino,Einaudi, 1980, pp. 70, 72; A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., in particolare pp. 16, 36, 71, 114-115, 121,127-130, 133, 136, 138, 140-143, 148, 156, 159-160, 167-174, 184, 190, 228-230, 237, 246, 250, 264, 275-298,302-306, 319-334, 337, 356, 360; E ed A. APPI - R. PARONI BERTOIA, La zovena malada, in A. NICOLOSOCICERI, Racconti popolari friulani, XIV, Udine, Società Filologica Friulana, 1970; M. BERGAMO (a c. di), J. DesAnges. Autobiografia: Il punto di vista dell'indemoniata, Venezia, Marsilio, 1986; T. BORSATTI, Verzegnis 1878-79.Un caso di isteria collettiva in Carnia alla fine dell'Ottocento, Tolmezzo, Comunità Montana della Carnia, 1989; P.BOYER - S. NISSENBAUM, La città indemoniata. Salem e le origini sociali di una caccia alle streghe, Torino, Einaudi,1986; N. CANTARUTTI, Il barba Deneil e li fati, in EAD., Oh... ce gran biela vintura! Narrativa di tradizione orale traMeduna e Muié, Udine, Centro Studi Regionali, 1986; C. CESCHIA - D. COZZI, «Las Indias de por acà». Contributoper un'analisi comparata dell'isterodemonopatia nel XIX secolo, in Metodi e ricerche, n.s., VII, 1, gennaio-giugno1988, pp. 51-60; EAD., Possessione e isterodemonopatia. Due diagnosi a confronto nell'Italia post unitaria. Il caso diVerzegnis, in Sanità, Scienza e Storia, I, 1987, pp. 81-109; D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit.; L.D'ORLANDI, Un po' di "aldilà" popolare, in Ce fastu?, XXIX, 1953, p. 43; C. DESSI, Medicina e possessionedemoniaca nel Seicento francese. Pierre Yvelin e le possedute di Louviers, in P. ROSSI - L. BOSELLI - C. POLI - G.CARABELLI, Cultura popolare e cultura dotta nel Seicento, Milano, 1983, pp. 190-198; A. M. di NOLA, Il diavolo, lasindrome demoniaca sovrasta l'umanità, Roma, Scipione Editori, 1980, pp. 71-86; ID., Il diavolo. Le forme, cit., pp.275-298; ID., Le terapie magico-religiose, in T. SEPPILLI (a c. di), Medicine e magie, Milano, Electa, 1989, pp. 91-100; J. G. FRAZER, La paura dei morti nelle religioni primitive, Milano, Longanesi, 1978; G. P. GRI, Spiritâz aClausìet, Relazione ufficiale al 69° Congresso della S.F.F., in Sot la Nape, XLIV, 1992, 4, pp. 5-15; ID., Val Colvera,nel "nido particolar delle strege". 1648-1650, in N. CANTARUTTI (a c. di), "Commun di Frisanco". Frisanco - Poffabro -Casasola, edito dal Comune di Frisanco, 1995, pp. 207-208; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., inparticolare pp. 37-39, 42-43, 133-134, 143, 190; G. LEVI, L'eredità immateriale. La carriera di un esorcista nelPiemonte del '600, Torino, Einaudi, 1985; I. M. LEWIS, Le religioni estatiche. Studio antropologico sulla possessionespiritica e sullo sciamanismo, Roma, 1972; ID., Un approccio strutturale alla stregoneria e alla possessione spiritica, in

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Vi è però un'altra tipologia di possessione, studiata in particolare dagli antropologi opiù in generale dagli studiosi delle culture extraoccidentali e di tradizioni popolari, ed èquella che indica il possesso interno dell'involucro corporeo di un soggetto da parte di entitàspiritiche6, vale a dire precisamente anime degli antenati, spiriti dei defunti, i mortianzitempo o di cattiva morte, assassinati o troppo giovani o ancora non battezzati, e in talcaso si parla di possessione spiritica7.

M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 361-378; ID.., Possessione, stregoneria, sciamanismo. Contestireligiosi nelle società tradizionali, Napoli, Liguori, 1993; G. LÜTZENKIRCHEN - G. CHIARI, Mal di luna. Folli,indemoniati, lupi mannari. Malattie nervose e mentali nella tradizione popolare, Roma, 1981; A. MÉTRAUX, Il voduhaitiano, Torino, Einaudi, 1971; M. MILANI, L'ossessione secolare di suor Mansueta. Un esorcismo a Venezia nel1574, in Quaderni veneti, 7, 1988, pp. 129-153; E. W. MONTER, La stregoneria a Ginevra (1537-1662), in M.ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa (1450-1750), Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 263-285; ID., Riti,mitologia e magia in Europa all'inizio dell'età moderna, Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 65-88; ID., Witchcraft in Franceand Switzerland: The Borderlands during the Reformation, New York, Ithaca, 1976; A. MORINO (a c. di), J. DesAnges. Storia della mia possessione, Palermo, Sellerio, 1986; A. NICOLOSO CICERI, La spiritade, in EAD., Raccontipopolari friulani, V, cit.; EAD., Tradizioni popolari in Friuli, Reana del Rojale, Chiandetti, 1982, p. 378; G. PARODI diPASSANO, Mito e desiderio. Il corpo e la possessione nei culti afro-americani, Milano, Angeli, 1995; M. PETROCCHI,Esorcismi e magia nell'Italia del Cinquecento e del Seicento, Napoli, 1957; A. PETRONI TOCCHINI, La sagra degliossessi, in C. TULLIO-ALTAN (a c. di), La sagra degli ossessi. il patrimonio delle tradizioni popolari italiane nellasocietà settentrionale, Firenze, Sansoni, 1972, pp. 283-286; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe nell'Italia dellaControriforma, Firenze, Sansoni, 1990; K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., pp. 530-543; C.TULLIO-ALTAN (a c. di), La sagra degli ossessi, cit.; D. P. WALKER, Demonic Possession used as Propaganda in theLater 16th Century, in P. ZAMBELLI (a c. di), Scienze, credenze occulte, livelli di cultura, Firenze, 1982, pp. 237-248;ID., Possessione ed esorcismo, cit.6 Le fonti che ho esaminato ed in generale la documentazione inquisitoriale e popolare non sempre riportano unadefinizione terminologica netta del concetto di possessione. Esse infatti «talvolta non sono esplicite a propositodella natura dell'occupante. Se l'esorcismo ecclesiastico mira ad una sua individuazione e nominazione,l'indeterminatezza, il male che non ha nome talvolta risalta da queste fonti. Ci sembra che esista uno iatosemantico sul quale forse ben poco si è riflettuto, tra i modi di dirsi e l'esser detti spiritati, anche se la dizioneaccoglie a tutto tondo una peculiare interpretazione colta e religiosa del fenomeno. Resta lo spazio per addurre chenella maligna occupazione avessero ruolo anche le anime dei defunti, anime dannate senza riposo». D. COZZI - E.ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., p. 464. Sullo stesso piano si situano le considerazioni di di Nola: lapossessione demoniaca si qualifica per la sua «caratterizzazione ambigua ... la quale si fonde e confonde con lapossessione da parte di spiriti positivi e benevoli ... È il caso tipico della polemica cristiana contro le divinitàantiche, trasformate in demoni. Ma la qualificazione contraddittoria ed ambigua del fenomeno risulta anchedall'attribuzione di aspetti terrifici e sconvolgenti riferiti in ogni caso a qualsiasi forma di invasamento, quellodivino e quello diabolico». A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., p. 287. Ancora il medesimo studioso: spesso leforze che possiedono gli individui «sono identificate con i doppi, i fantasmi, gli spiriti dei morti, soprattutto deimorti recentemente, i quali non hanno ancora raggiunto la condizione inerme o socialmente utile di antenati evagano intorno alla comunità cui appartenevano, carichi di una aggressività potenziale che si risolve neltrasmettere ai superstiti il male, quando i superstiti trascurino gli adempimenti nei loro riguardi. Altre volte,l'entrata di spiriti di malattia nel corpo umano può essere indipendente dalle credenze sui defunti ed essere,invece, rapportata ad una elementare ideologia del peccato e della colpa» verso un Dio trascurato o offeso. ID., Ildiavolo, la sindrome, cit., p. 84. Per altri riferimenti sulla possessione spiritica: J. BEATTIE, Uomini diversi da noi,cit., pp. 318-324; A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 277-287; J. G. FRAZER, La paura dei morti, cit., p.40; C. GINZBURG, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino, Einaudi, 1966, p. 92; I.M. LEWIS, Le religioni estatiche, cit.; ID., Possessione, stregoneria, sciamanismo, cit.; G. ROMEO, Inquisitori, esorcistie streghe, cit., pp. 109-110, 134 e n. 72; D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., pp. 21-22.In friulano il termine «spiriti» è ambivalente, come in italiano, e può indicare oltre alle anime dei defunti anche idiavoli, ecco un'ulteriore commistione tra stregoneria-elemento demonologico-morte: G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet,cit., p. 7; ID., Val Colvera, cit., p. 207 n. 28; G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona.Vocabolario friulano, Seconda edizione con Aggiunte e correzioni riordinate da Giovanni Frau, Udine, SocietàFilologica Friulana, 1992, p. 1095 (spirt).Nell'immaginario collettivo del tempo «il confine tra la vita e la morte» era «fluttuante»: se «le reliquie prolungavanol'esistenza sulla terra di una categoria di morti privilegiati, i santi, che godevano persino del diritto di proprietà»,alcuni «cadaveri, nel diritto germanico, potevano agire in giudizio» (attraverso la credenza che se il corpo deldefunto, presumibilmente perito per stregoneria, fosse passato accanto al responsabile diretto, la salma avrebbedato un segno della colpevolezza, iniziando a schiumare o sanguinare o altro, n. d. l). Sul rapporto vivi-morti: C.GINZBURG, I benandanti, cit., pp. 53-103; J. DELUMEAU, La paura in Occidente (secoli XIV-XVII). La città assediata,Torino, Sei, 1980, pp. 119-154 (la citazione è a p. 120); A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 28-32, 78, 80,83-84, 88-92, 99-100, 106-110, 118, 127-130, 133-136, 140-141, 156, 162, 273, 286-287, 301.7 «Più in generale, erano votati in special modo a vagare dopo la morte tutti coloro che non erano morti di mortenaturale e che quindi avevano compiuto il passaggio dalla vita alla morte in modo anormale - dei morti quindi maladattati nel loro nuovo universo e per così dire, "a disagio nei panni nuovi". A questi si aggiungeva un'altracategoria di aspiranti-fantasmi, e precisamente coloro che erano morti nel momento o in prossimità di un rito

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La possessione, come la malattia, costituisce un evento negativo specifico, unsottoinsieme appartenente alla categoria più generale dell'infortunio8. La distinzione trapossessione e sventura, così come quella tra malattia e sciagura, non è rigida. Infatti èravvisabile un'evidente ambiguità, che porta ad individuare nel vocabolo diverse componenti,religiosa e psicologica in particolare. Disgrazia, malattia, morte e possessione indicano tutteuna metamorfosi da una fase ad un'altra, da un prima normale a un dopo anormale9. Lapossessione non è altro che un'incognita da ricondurre a coordinate conosciute, dainterpretare e spiegare in maniera tale da essere tenuta sotto controllo, alla quale indefinitiva va assegnata fatalmente una valenza, un significante sociale10.

relativo a un passaggio di stato che, perciò, non era riuscito (feti morti, sposi morti il giorno delle nozze, e così via).Un etnologo polacco, L. Stomma, indagando su documenti del suo paese della seconda metà del XIX secolo, haanalizzato 500 casi di morti diventati "demoni", cioè fantasmi, secondo le convinzioni dei loro familiari. [...]Spiccano particolarmente in questa interessante statistica la categoria dei bambini morti prima del battesimo ... intotale il 38.6%, e quella degli annegati, 20.2%. Esisterebbe quindi un legame fra credenza nei fantasmi ed esitotragico di un rito di passaggio, e più generalmente anche tra fantasmi e punti dello spazio o del tempo facentifunzioni di frontiera o passaggio. Così più del 95% dei morti esaminati da Stomma e che divengono "demoni", sonostati sepolti sul confine di un terreno o di un campo, sui bordi di una strada o sulle rive di un lago; e in più del90% dei casi essi appaiono a mezzogiorno, a mezzanotte, all'alba o al crepuscolo. Ma tale relazione fra "passaggio"(nella sua accezione più ampia) e fantasmi è stata messa in ombra da una cristianizzazione sempre più ampia, cheha spostato sempre più la prospettiva e insistito sul concetto di salvezza». J. DELUMEAU, La paura in Occidente,cit., pp. 134-135, n. 61 p. 135.L'utilizzo dell'esorcismo come strumento per liberare le case presumibilmente infestate da anime dei defunti,connette in maniera stretta la credenza negli spettri alla concezione di stregoneria, nel senso che si riteneva cheuna strega potesse inviare fantasmi, folletti o anime dei trapassati a tormentare le persone: K. THOMAS, Lareligione e il declino della magia, cit., pp. 665-690.Romeo definisce la possessione spiritica come una delle numerose «interpretazioni e risposte popolari al fenomenodella possessione ... Alle vecchie pratiche ... come quella di buttare nel fiume i presunti malefici, si aggiungevanocredenze affatto nuove, come quella che fossero le anime dei morti ammazzati a possedere gli indemoniati. IlMenghi attacca le une e le altre nel Compendio, nel Fustis e nella Eversio daemonum». Rimandando in parte aGinzburg, Romeo situa ipoteticamente l'origine di questa credenza «all'incrocio tra la tradizione delle processionidei morti e quelle, ancor più diffuse, dei poteri magici del sangue dei giustiziati, e le molteplici forme con cui lachiesa propagandava le apparizioni delle anime in chiave parenetica». Dal punto di vista documentario, letestimonianze scritte più datate relative alla diffusione della possessione spiritica che egli è stato in grado dirintracciare sono due. La prima è inserita nella vicenda dei due giovani coniugi presunti spiritati, Laura Cataneo eGiovan Battista Marsicano, verificatasi a Napoli nel 1574, precisamente all'interno della deposizione del medicoGirolamo Gargano avvenuta l'anno successivo, dove l'uomo ricordò che una donna ossessa aveva riferito diconoscere detta Laura, dal momento che gli spiriti che le possedevano entrambe in vita si erano conosciuti, primadi venire assassinati. La seconda risale invece al 1601 e riguarda una donna processata per stregoneriadall'Inquisizione di Modena, tale Grana di Villa Marzana, la quale affermò di avere imparato da bambina dallapropria balia che le vittime dei malefici potevano essere minacciate dagli spiriti dei defunti, in particolare dalle«anime disperse et d'amazzati, le quali vanno maleabiando, nelle quali se alcuno si imbatte e le tocchino li piedi,entrano adosso et fanno dispiacere [...] Di più io credo e tengo per fermo che quando uno è amazzato, avanti chesia compito il termine ordinato della sua vita, sia astretto andare malabiando et disperso sino che gionga il terminedeterminato». Così la donna aveva raccontato l'episodio di una tale Maria, figlia di Alessandro Fardier da Rivara,che, mentre stava vendemmiando, era caduta da un albero ed era rimasta uccisa. Subito dopo Maria erariapparsa, offrendo del pane e delle noci a un certo Ercole, ed il suo spirito era così entrato nel corpo del giovane,affermando che «perché doveva campare ancora 15 anni io vado dispersa et malabiando sino tanto che vengono i15 anni». C. GINZBURG, I benandanti, cit., p. 92; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p. 134.8 «Il male, come l'intrusione di una potenza esterna e maligna, porta un elemento di turbamento, di squilibrio: cosìl'infermo, sia nei casi di malattia organica sia in quelli, pure numerosi, di infortunio, rappresenta una sorta divarco, di punto debole nella difesa dal negativo. Non c'è, da questo punto di vista, gran differenza tra coloro che"sono presi" dall'infermità e coloro che, presi dai demoni, manifestano ogni momento nel corpo e nello spiritol'irruzione e la presenza diabolica nella famiglia e nel gruppo». A. I. GALLETTI, «Infirmitas» e terapia sacra in unacitta medievale (Orvieto, 1240), in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, in La Ricerca Folklorica.Contributi allo studio della cultura delle classi popolari, 8, Brescia, Grafo, ottobre 1983, p. 22.9 Sulla possessione come strategia esplicativa della disgrazia e del dolore: I. M. LEWIS, Un approccio strutturale, cit.10 «La possessione infatti, è una particolare condizione personale o collettiva che si presenta come occupazionedello spirito o della presenza vitale da parte di realtà estranee, rappresentate come potenze impersonali o personali(dei, demoni, spiriti, doppi di defunti, spiriti naturali, spiriti animali, ecc.). La caratteristica storica del fenomenosta nel fatto che l'immagine delirante che determina l'esser posseduto ha sempre valore culturale, ed è, cioé,connessa ai quadri mitici e culturali che appartengono alla persona o al gruppo coinvolto. Così un quadrofenomenologicamente e funzionalmente analogo presso molte etnie e tradizioni religiose si specifica di volta involta, come complesso di elementi culturalmente determinati: la possessione cristiana, quindi non poteva nonavere che il diavolo al suo nucleo». A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., la citazione è a p. 288; ID., Il diavolo, lasindrome, cit., p. 82.

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La concezione specifica di possessione può essere interpretata da un punto di vistareligioso, medico-scientifico, sociale-simbolico. L'interpretazione ecclesiastica la considera,abbiamo visto, come presenza di uno o più diavoli, a volte Satana stesso, all'interno delcorpo di un individuo11; la prospettiva medica come una patologia psichica inscritta nellamente e con risvolti diretti anche sul corpo del soggetto12, decifrata dalla medicina ma inparticolare dalla psichiatria13; la dimensione sociale comprende l'insieme dei fattori simbolici

11 In alcune situazioni i sintomi della presunta possessione diabolica «difficilmente potevano differenziarsi da quellidell'estasi religiosa. ... Sicché, comportamenti eccentrici erano ritenuti di natura divina ovvero satanica a secondadel punto di vista». K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., la citazione è a p. 538. «La concorrenza diun elemento estatico-demoniaco appare ... nel volo delle streghe, nel quale il demonio solleva le praticanti in aria,per portarle al sabba, che è una metafora per indicare una condizione di svuotamento del sé (condizione chel'autore riconduce propriamente alla definizione di estasi, n. d. l.). Del resto la teologia cattolica fa riferimentoanche a false estasi o estasi demoniache che, come calco negativo delle estasi dei santi, rappresentano il versantediabolico di esse». A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 288-290 (la citazione è a p. 290); ID., Il diavolo, lasindrome demoniaca sovrasta l'umanità, Roma, Scipione Editori, 1980, pp. 82-83. «Il contatto con la divinità e glispiriti ... giunge alla sua massima espressione con la visione, la possessione e l'unione mistica. Il fenomeno èmolto complesso, sia perché presenta aspetti parapsicologici e psichiatrici, sia per le tantissime manifestazioni edenominazioni con cui è conosciuto: estasi, visione, trance, possessione degli spiriti, medianità, pitonismo,possessione demoniaca, danza del diavolo, sciamanesimo e, più recentemente, spiritismo, spiritualismo, ecc. Ladiffusione del fenomeno è pressoché universale. Non c'è epoca, né cultura, che non offra illustrazionicaratteristiche». B. BERNARDI, Uomo cultura e società. Introduzione agli studi etno-antropologici. Antropologiaculturale e sociale, Milano, Angeli, 1989, pp. 387-390 (la citazione è alle pp. 387-388).12 Di Nola definisce la possessione, secondo un'ottica scientifica, come «una forma schizoide e delirante, nellaquale il malato avverte un "essere dominato da", "essere gestito da" in modo che l'estraneità dominante determinaun dissesto fisiopsichico nella relazione con il mondo reale e occupa come idea fissa la mente del malato. Nel casospecifico della demonologia cristiana, il personaggio che opera la possessione è il demonio, nelle sue moltiplicateepifanie». A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., la citazione è a p. 288; ID., Il diavolo, la sindrome, cit., p. 82.13 Per quanto riguarda l'aspetto psichico e medico della possessione, l'individuo che era ritenuto ossesso da diavolio spiriti maligni poteva assumere manifestazioni e comportamenti assai simili a quelli che successivamente sonostati individuati come malattie psichiche, con disturbi caratterizzati da uno sdoppiamento della personalità oppuredall'esistenza di una causa interna che costringeva ad un'azione fuori dalla normalità (eccesso, anomalia,insufficienza o perdita di sensibilità vista o udito, o ancora allucinazioni, disturbi della coscienza, delle emozioni,delle azioni). Nel corso del Cinquecento e del Seicento diverse erano le malattie per le quali non si conoscevanoancora rimedi o medicine, così come ve ne erano di ignote. In questo secondo gruppo rientravano i disturbi e lepatologie di origine psichica, che per molto tempo erano state ricondotte dagli stessi medici a categorieextranaturali. Tali disturbi e patologie, connesse strettamente ai presunti casi di possessione, vennero messi inevidenza nel 1603, grazie all'opera di un medico anglosassone, Edward Jorden, che pubblicò a Londra un trattatosull'isterismo, il cui titolo così suona nella traduzione italiana: Un breve discorso sopra la malattia dettasoffocamento della madre. Scritto in occasione dei recenti sospetti di possessione da parte di uno spirito malvagio, o diqualche analoga potenza soprannaturale. In cui si spioega che le più disparate azioni e passioni inconsuete del corpoumano, che nell'opinione comune si imputano al diavolo, hanno vere cause naturali, e si accompagnano a questamalattia. Si trattava di un'opera erudita, nella quale l'autore classificò la sintomatologia che a quel tempo siriteneva qualificasse la possessione, indicando sintomi (insensibilità, convulsioni, attacchi a scadenze regolari,difficoltà a bere e mangiare, crisi prodotte dalla presenza di una determinata persona) che riconobbe invece tipicidi malattie nervose, in particolare l'isterismo e l'epilessia.Infatti sono state individuate patologie specifiche all'interno delle quali il malato-posseduto evidenziava a fasialterne comportamenti singolari, aggressivi, comunque diversi rispetto agli atteggiamenti che fino a quel momentone avevano caratterizzato la vita quotidiana. Tali patologie evidenziano anomalie psico-organiche, che determinanouno squilibrio nell'esercizio delle facoltà mentali e indicano una disfunzione degli organi corporei, sensoriali,nervosi e cerebrali, che a sua volta si riflette sull'attività delle facoltà individuali. La presunta possessione è perciòriconducibile, dal punto di vista medico e più specificamente psichiatrico, ad un ampio ventaglio di malattiepsichiche: psicosi maniaco-depressiva, schizofrenia, paranoia, demenza, epilessia, isterismo, solo per indicarnealcune. In relazione all'isterismo in particolare, fino al XVI secolo tale malattia fu erroneamente consideratapeculiare del sesso femminile (anche per una correlazione terminologica, dal greco hystéra, utero), masuccessivamente venne concepita come patologia nervosa comune anche al sesso maschile. Tali malattiepsichiche, per la specificità dei loro disturbi, aiutano a ricondurre a cause naturali ed a spiegare in termini medicile manifestazioni della possessione.Per quanto concerne il titolo originale dell'opera seicentesca: E. JORDEN, A Briefe Discourse of a Disease called theSuffocation of the Mother. Written uppon occasion with hath beene of late taken thereby, to suspect possession of anevil spirit, or some such like supernatural power. Wherein is declared that divers strange actions and passions of thebody of man, which in the common opinion are imputed to the Divell, have their true naturell causes, and doaccompanie this disease, London, 1603. Riguardo ad alcune considerazioni sul medico anglosassone: K. THOMAS,La religione e il declino della magia, cit., pp. 540, 643; D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., pp. 18-19, 26,114, 120. Sul rapporto tra epilessia, isterismo, melanconia e possessione, ricordo indicativamente: ID.,Possessione ed esorcismo, cit., pp. 15-18. In relazione infine a disturbi e malattie psichiche ed alla lorosintomatologia in alcuni casi paragonabile con le demonopatie: C. DESSI, Medicina e possessione demoniaca, cit.;

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che riguardano l'avvenimento psicologico, che va interpretato sia a livello individuale che alivello collettivo. Secondo questa ultima interpretazione, che concatena l'elemento corporeo-psicologico con quello sociale-segnico, la possessione rappresenta la relazione conflittuale edinsoddisfacente tra individuo e società, che viene rispecchiata a livello psichico e organico.Intesa come sconvolgimento psicobiologico essa mette in causa l'ordine sociale, tanto cheogni disordine psicologico individuale viene interpretato come il sintomo di un disordinecollettivo. Questa interpretazione configura la possessione come un evento individuale esimbolico al tempo medesimo, codificandola come il segno di un attacco comunque esogeno,da un lato indiretto se operato dal diavolo, oppure da parte di un mediatore esterno, lastrega che comanda e manipola alcuni demoni, dall'altro diretto se a causa di un erroreindividuale, prova o castigo divini. Spesso la possessione viene considerata espressione diuna colpa personale, aver infranto una norma divina, non aver avuto abbastanza fede, altrevolte di una mancanza commessa da un membro della propria famiglia, raramente da unfallo collettivo.14

La persona indemoniata15 veniva riconosciuta per tale da chi le stava accanto proprioperché agiva in maniera differente dalla sua condotta abituale, i segni della possessionerisultavano così inscritti ed evidenti nel corpo, nel linguaggio, nel comportamento delsoggetto16. Da un punto di vista fisico, secondo i canoni sintomatologici tradizionali estereotipi forniti dagli stessi manuali di demonologia e di esorcistica17, poteva essere colpitada irrigidimento corporeo o eccessivo rilassamento dello stesso, che in alcune situazionigiungeva alla perdita della lucidità ed allo svenimento, da violente convulsioni accompagnatea volte da emissione di umori dalla bocca, da un mutamento della fisionomia o del timbrovocale, che in alcuni casi poteva evolversi in mutismo assoluto o logorrea acuta,accompagnata anche da urla stridule e sgradevoli. Per quanto concerneva il comportamentospesso la persona ritenuta posseduta rifiutava tutto ciò che aveva a che fare con il sacro e lospirituale. Così uno degli stereotipi è costituito dall'intensificarsi delle crisi in particolariperiodi dell'anno connessi a festività religiose o devozionali18, Pentecoste, Assunzione,

M. GOZZANO, Trattato delle malattie nervose, Milano, Vallardi, 1970; G. LORENZINI, Psicopatologia e educazione,Torino, 1950; E TANZI - E. LUGARO, Trattato delle malattie mentali, Milano, Lombardia, 1923.14 Un elemento comune ad alcuni casi di possessione multipla, documentati in particolar modo per la Francia el'Inghillterra tra XVI e XVII secolo, fu che spesso avvennero all'interno di un ambiente religioso. Così se è plausibilela spiegazione che tali manifestazioni altro non fossero che una reazione al rigore e alla repressione della disciplinareligiosa, la preghiera diventò uno strumento utile a stabilire se il soggetto fosse o meno vittima di possessione. Lepresunte possessioni collettive si verificavano di preferenza in comunità chiuse, come conventi o monasteri,all'interno dei quali il contagio per imitazione poteva propagarsi con rapidità. Riguardo alla possessione collettivain ambito religioso: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., pp. 533-534; D. P. WALKER, Possessioneed esorcismo, cit. (e relativa ampia bibliografia).15 La possessione non sembra essere stata «limitata a persone di età, sesso o origine particolari»: K. THOMAS, Lareligione e il declino della magia, cit., p. 532. Tuttavia nei casi che ho esaminato si fa esclusivo riferimento adindividui di sesso femminile. Questa preponderanza dell'elemento femminile nelle persone ritenute ossesse,gruppo socialmente emarginato all'interno dei rapporti di forza maschio-femmina nell'Europa dell'età moderna(come si è già avuto modo di esporre), viene interpretato da di Nola come «l'occasione nella quale le donne,generalmente costrette all'isolamento nella propria casa e al controllo da parte del marito, esplodono inmanifestazioni che le rendono centro della generale attenzione e le pongono in una condizione di libertàprivilegiata, perché religiosamente protetta»: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 277-281, 287 (la citazioneè a p. 281).16 La varia associazione delle manifestazioni della possessione si evidenzia nelle parole di Aurizia Patavina, checosì riferì la morte di una sua bimba di quattro anni: «Et alla creatura ogni qual volta in cappo dui anni li venivaun segno negro sopra la guantia et sopra la lingua, et in cappo d'anni quatro con tormenti et stridori morse».AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 25v. «Sipoteva riconoscere un individuo nel quale fosse entrato uno spirito maligno in base agli strani effetti fisici e moraliche ciò provocava»: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 530. Riguardo ai convenzionali e«principali segni distintivi della possessione» rimando indicativamente a: D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo,cit., in particolare pp. 16-17; A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., in particolare pp. 289-290.17 Sul procedimento di stereotipia dei sintomi della possessione: K. THOMAS, La religione e il declino della magia,cit., pp. 532-533.18 Sui cicli festivi, sul loro valore simbolico e sul valore dei riti compiuti in quei periodi: G. L. BECCARIA,Ricorrenze annuali, santi e solstizi, in ID., I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Torino,Einaudi, 1995; A. FALASSI (a c. di), La festa, Milano, 1988; V. LANTERNARI, Festa, carisma, apocalisse, Palermo,Palumbo, 1983; ID., Festa, religione, salvezza: una struttura semantica della religiosità popolare?, in Lares, LII, 2,1986, pp. 171-180.

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oppure a determinati giorni della settimana, la domenica, o ancora ad azioni specifiche,preghiere, benedizioni con l'acqua santa, comunioni, pellegrinaggi19. Come la crisi simanifestava o si accentuava man mano che l'ossesso si avvicinava al luogo sacro, chiesa,santuario, cappelletta o altro, così essa veniva superata soltanto dopo che la personaritenuta posseduta si era allontanata dallo stesso20. Inoltre l'individuo poteva a voltemanifestare una serie di capacità dinamiche: oltre a parlare lingue straniere, arcaiche o inprecedenza ignote, evidenziava conoscenze riguardanti il passato, il presente ed il futuro,ritrovava cose nascoste, perdute o rubate, operava guarigioni (possessione attiva o positiva).

I casi di possessione della Val Colvera (1655) e della Val Cellina (1663)21 che io hoesaminato si collocano soltanto parzialmente in questo modello sintomatologico. Le entitàche si riteneva possedessero i corpi delle donne di Maniago, Andreis e Barcis mostranodiverse anomalie nelle loro manifestazioni, in specie se confrontate con i contemporanei casiinglesi e francesi: così le presunte possedute non si esprimevano e non comprendevanolingue straniere o antiche o comunque in precedenza a loro sconosciute22; se in Inghilterra eFrancia le crisi convulsive dell'ossesso erano guardate come novità23, nei casi friulani eranouna manifestazione abituale; inoltre le possedute non rivelavano segreti altrui, néindicavano tesori nascosti, anche se la loro capacità di veggenza le portò ad accusare lepresunte responsabili della possessione tramite stregoneria24; ancora mancano del tutto iriferimenti alla straordinaria forza fisica degli ossessi, superiore alle loro capacità e diffusainvece sia in Francia che in Inghilterra25; parimenti quando le entità fuoriuscivano dai corpinon provocavano alcunché di eccezionale, ma tutt'al più semplici reazioni dicontrostomaco.26

19 «Le manifestazioni esteriori della possessione corrispondono generalmente ai periodi calendariali in cui siintensificano le relazioni sociali, mentre diminuiscono o spariscono nei periodi di calma e di ristretta attivitàeconomica. ... Vi è, cioé, uno stretto legame fra le manifestazioni sciamaniche e l'attività sociale del gruppo.L'esperienza di possessione si intensifica nei momenti di maggiore tensione produttiva o di distensione festiva». A.M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., p. 280.20 I sintomi si verificavano di solito in spazi e periodi determinati, non casuali: così Nicolosa, l'ossessa maniaghese,manifestò i suoi sintomi mentre si avvicinava al santuario di Madonna di Rosa presso San Vito al Tagliamento lavigilia della Pentecoste; diverse delle crisi che colpirono le donne di Andreis e Barcis si verificarono mentre costoropregavano davanti ad una delle immagini mariane presenti nei villaggi, in specie in periodi religiosi particolaricome la Madonna d'agosto; parimenti le indemoniate che si recavano al santuario di Clauzetto, ove era custodita lareliquia del Preziosissimo Sangue, ebbero le loro crisi all'interno ed all'esterno dello stesso, durante le messe. Granparte delle testimonianze relative a casi di presunta possessione, «ci pongono di fronte alla singolarità delcomportamento in un luogo e in un tempo circoscritto», dentro e fuori dal luogo sacro, appena prima, durante osubito dopo le funzioni religiose. Pertanto le crisi diaboliche, di cui alcuni reputavano soffrissero, «dovevanolimitarne la qualità quotidiana: erano comunque segni particolari e intelligibili, ai quali si cercava di porre rimedio,attingendo ai saperi e ai mediatori tradizionalmente disponibili». D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto,cit. p. 462.21 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 293; Ivi, fasc. 299; fasc. 299, fasc. Querela civile; Ivi, b. 42, fasc. 392, cc. 1r-12v; Ivi,fasc. 395, cc. 1r-12v; Ivi, b. 73, fasc. 44, cc. 1r-12v.22 M. MILANI (a c. di), Streghe e diavoli nei processi del S. Uffizio. Venezia 1554-1587, Bassano del Grappa, Ghedina& Tassotti Editori, 1994, p. 11. L'unica indicazione in questo senso, seppure vaga, è relativa a Nicolosa, l'ossessamaniaghese, la quale si era espressa con parole che gli astanti non erano riusciti a comprendere: «E cominciòquattro giorni con clamori, senza dir altro, e proferendo alcune parole non s'intendevano. Finiti li quattro giorni [...]cominciò a favellare chiaramente», rivelando i nomi delle presunte responsabili della sua possessione. AAUD, S.Officio, b. 39, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, Udine, 16 giugno 1655, c. [5v].Alcuni degli ossessi che a fine Ottocento si recavano al santuario di Clauzetto si esprimevano «con voce d'animale,in terza persona»; similmente accadeva ad alcune indemoniate di Verzegnis del medesimo periodo, come riferì ilparroco di Tolmezzo, pre Giacomo Paschini: «Appena giunto in paese [...] udii tali voci strane, che credevasicuramente fossero di bestia piuttosto che di umana specie - di gatto, di cane, di vacca, di suino, di gallo, didiverse specie di uccelli». C. CESCHIA - D. COZZI, «Las Indias de por acà», cit., p. 56; D. COZZI - E. ZANNIER, Glispirtâz di Clauzetto, cit., p. 462.23 D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., p. 6.24 Nei documenti relativi alla vicenda valcellinese si accenna però alla capacità di veggenza delle ossesse: AAUD, S.Officio, b. 42, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, Andreis, 23 agosto 1663, c. 4v.25 D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., p. 16.26 In Italia l'atteggiamento verso i presunti posseduti stava mutando, così come «stava cambiando negli ultimidecenni del '500» il «rapporto tra esorcisti e indemoniati». Parte degli oppositori alla realtà della possessione sierano rivelati «sorpresi davanti ad alcuni aspetti delle possessioni italiane contemporanee, come il vomito disostanze impensabili», avevano affrontato il problema con enorme cautela. «Più diffusa, e sicuramente influenzataanche da esponenti della classe medica, c'era poi un'altra serie di riserve» relativa ad «atteggiamenti di incredulitàdi natura più complessa, che affondavano le radici nel rifiuto di una spiegazione in chiave di maleficio e in aspetti

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Un'ulteriore anomalia, riscontrabile nei casi friulani da me esaminati, è l'assolutaassenza di procedure atte a verificare la presunta realtà dello stato di possessione27. Se traCinquecento e Seicento in Inghilterra e Francia vi sono numerosi riferimenti documentari atali verifiche concrete, ad esempio le prove da parte medica tramite aghi o oggettiappuntiti28, nei casi di Maniago e della Val Cellina nessuna indicazione in tal senso èpresente nelle fonti che ho utilizzato. Tuttavia le autorità ecclesiastiche italiane, locali ecentrali, espressero la tendenza verso una spiegazione non sovrannaturale di quellepossessioni, a caratttere scientifico-naturale, non tanto scagliandosi contro i potenzialiresponsabili, quanto tentando di guarire e recuperare i presunti malati-ossessi.29

poco convincenti della fenomenologia delle possessioni diaboliche contemporanee». Lo scetticismo sulla realtàdiabolica delle possessioni riguardava in particolare «spiriti che non parlavano lingue straniere, non manifestavanopeccati segreti o cose d'altri paesi, non spegnevano lumi e non facevano suonare campane uscendo dai corpi degliindemoniati». Questi elementi mancanti non facevano altro che incrementare i sospetti di frode sui sintomi dellepresunte possessioni, «lasciavano molti dubbi sulla loro reale natura e davano credito a chi, i medici anzitutto,riduceva quei fenomeni ad alterazioni di equilibri umorali» (non ancora però a patologie nervose). In relazioneall'anomala situazione delle possessioni italiane connesse allo scetticismo sulla realtà delle stesse: G. ROMEO,Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 137-139 (la citazione è a p. 137).Per quanto riguarda il caso più recente degli indemoniati di Clauzetto, «lo spettro dei sintomi emerge frammentarioe ampio, esce dall'ambito della patologia per attingere al mondo delle emozioni: paura, orrore, profonda tristezza,"mali di nervi", "malati di spiriti", scuotimenti, contorcimenti, convulsioni, annebbiamento della coscienza, grida,eloquio disarticolato, fino a deliri e allucinazioni e a mali, giudicati inguaribili dai medici». D. COZZI - E. ZANNIER,Gli spirtâz di Clauzetto, cit., p. 462.27 Come poteva accadere per casi di malattie che si riteneva fossero causate da maleficio, così sono parimentidocumentati casi di possessione a carattere apertamente fraudolento. «Di fronte a un caso di presuntapossessione, l'osservatore cinquecentesco poteva scegliere tra tre tipi di spiegazioni diverse: prima, la causasoprannaturale, un diavolo; secondo, la malattia; terzo, la frode. ... la prima e la seconda potevano fondersi, nellateoria che fosse il diavolo a provocare la malattia; di norma, comunque, ma non sempre, si presupponeva che laterza, la frode, fosse incompatibile con entrambe le prime due, non poteva darsi cioé che lo stesso indemoniatofosse di volta in volta veramente ammalato o posseduto, e simulatore. Dal punto di vista dello storico ... la primapossibilità, la presenza di un diavolo, va esclusa. ... Ci rimangono dunque il secondo e il terzo tipo di spiegazione,la malattia e la simulazione, e ritengo che per giustificare il fenomeno di cui ci stiamo occupando occorra unaqualche combinazione di entrambi gli elementi. [...] Non ci sarà forse mai possibile stabilire in quale misura sicombinavano la malattia e la simulazione. ... il modello generale cui propongo di attenersi è il seguente (modellocui possono essere ricondotti, con la dovuta cautela, anche i casi di presunta possessione presentati in questolavoro, n. d. l.). Un adolescente, più spesso una ragazza che un ragazzo, comincia ad avere attacchi, spesso di tipoepilettico, o allucinazioni, o entrambe le cose: cioé, sta effettivamente male. Il gruppo che lo circonda - la famiglia,gli amici, e ben presto anche i medici, i preti o i ministri - reagisce bene, cioé tratta la paziente con gentilezza etiene conto dei suoi sintomi e dei suoi desideri. L'ipotesi della possessione può venire dalla paziente stessa, o daqualcuno del gruppo; entrambi avranno certo sentito parlare di casi precedenti, se non altro quelli citati nel NuovoTestamento, e questa conoscenza condizionerà in misura notevole il loro comportamento. La paziente si convincedi essere realmente posseduta, cioé il suo delirio è in buona fede. Una volta accertata la possessione, la curaprestata alla paziente e l'acquiescenza ai suoi desideri, aumentano. È probabile che la prima caduta nellasimulazione avvenga quando qualche parola della paziente viene interpretata come dichiarazione del diavolo che lapossiede. La paziente ... consapevolmente o inconsciamente, ... comincia a conformare» le proprie «risposte alleaspettative del gruppo che la circonda. Comincia a simulare gli attacchi, o forse a imparato a provocarli, neimomenti in cui si è raccolto un pubblico per assistervi. E così le cose andranno avanti, giorno dopo giorno, persettimane, mesi e persino anni. La paziente comincia ad ammalarsi, e dunque diviene sia malata che simulatrice».Riguardo alla complessa questione del rapporto tra malattia, simulazione, frode e possessione: J. BEATTIE, Uominidiversi da noi, cit., pp. 319-321; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p. 135; D. P. WALKER, DemonicPossession, cit., in particolare pp. 244-248; ID., Possessione ed esorcismo, cit., in particolare pp. 18-21 (la citazioneè alle pp. 19-21); R. MANDROU, Magistrati e streghe nella Francia del Seicento. Un'analisi di psicologia storica,Roma-Bari, Laterza, 1979.28 Limitando il riferimento ad un unico esempio, come afferma Mandrou per il caso indicativo di Marthe Brossier,nella Francia di fine Cinquecento (1598-1599): «l'argomentazione dei medici procede per eliminazione. Tre solesono le cause possibili: "malattia, simulazione o possessione diabolica". La malattia è fuori questione, perchénessuna malattia produce effetti simili a quelli osservati. ... Né può essere ammessa l'ipotesi della simulazione,giacché le prove con gli aghi sono state più volte ripetute senza grida né segni di dolore, ciò che prova consicurezza il marchio satanico». Ivi, per il caso Brossier pp. 183-202 (la citazione è alle pp. 190-191).29 Nel 1574 a Napoli, la ricerca di «una possibile spiegazione scientifica» adottata dai giudici di fede per un caso dipossessione diabolica, risulta secondo Romeo sintomo di un comune denominatore della situazione italiana di fine'500 inizio '600, a differenza di quanto accadeva invece in Francia nel medesimo periodo (cfr. n. precedente). «Illoro (dei giudici di fede, n. d. l.) obiettivo principale coincide solo in parte con l'interesse preminente mostrato daiparenti delle vittime: più che il desiderio di giustizia e di punizione degli eventuali colpevoli, essi avvertonol'esigenza di lottare efficacemente contro le conseguenze del maleficio, di recuperare la salute dei malati. [...] Essinon potevano allo stesso tempo sdrammatizzare il problema delle streghe, invitando gli inquisitori a una attenta

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Il concetto di possessione è raffrontabile a quello di malattia e può essere alloraconsiderato non solo come perdita dell'equilibrio psichico-biologico interno, ma anche comeassenza dell'equilibrio sociale esterno al corpo e alla psiche dell'individuo. La possessionediventa così un opposto della salute, uno stato passivo, improduttivo, non funzionante, dinon partecipazione alla vita collettiva30. Il posseduto, come il malato, assume un ruolodeviante all'interno di una visione legata alla produttività individuale, proprio perchésoggetto inattivo31.

2. Possessione e stregoneria, possedute e streghe

Uno degli elementi comuni più diffusi, anche all'interno della documentazioneinquisitoriale presa in esame in questo studio e relativa ad alcuni presunti casi dipossessione verificatisi in Val Colvera (Maniago) ed in Val Cellina (Andreis e Barcis)32,consiste nel presunto potere da parte di determinati individui, le streghe, di inviare uno opiù diavoli-spiriti maligni all'interno del corpo di una o più persone33. Questa caratteristica èugualmente presente sia nei casi di possessione singola, sia in situazioni più complesse dipossessione multipla34. Una tipologia relativa al potere dell'uomo sul diavolo, anche se acarattere positivo, è quella dell'esorcista, che possiederebbe la forza di scacciare diavoli espiriti maligni dai corpi delle persone. Il presunto potere della strega su tali entità, cuiordina di entrare in un corpo e prenderne possesso, assumerebbe invece una natura ed unfine maligni. Come stanno a dimostrare i casi di possessione che ho studiato35, nel corso del

valutazione e a una parziale depenalizzazione dei loro crimini, e poi suggestionarli con i pericoli che ne potevanovenire al popolo di Dio. ...quando processi e torture erano seguiti da lievi pene o da una liberazione rapida,diventavano elementi di maggior credito per gli inquisiti, quasi una conferma ufficiale dei loro poteri, ed eranoutilizzati come efficace strumento di propaganda». G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit. (la citazione è allepp. 111-113).30 La possessione dell'individuo esprime la rinuncia «in modo completo all'esercizio della propria razionalità».Esiste una connessione «tra la presenza della possessione e situazioni sociali in cui i valori della sottomissione edella passività prevalgono su quelli dell'iniziativa personale e dell'individualismo», a riscontro del fatto che lo statodi invasamento «esprime una visione del mondo in cui la realtà e sottratta all'azione operativa e interpretativadell'uomo». C. PIGNATO, Lo specchio fumante. Forme della divinazione e modelli della conoscenza, Roma, Bagatto,1987, p. 67.31 Così la possessione poteva definirsi come «incomprensibile ritiro, sano il corpo, dai quotidiani lavoro e relazioni»:D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., p. 462.32 In relazione a casi di presunta possessione nel Friuli dell'età moderna o contemporanea: T. BORSATTI,Verzegnis 1878-79, cit.; C. CESCHIA - D. COZZI, Possessione e isterodemonopatia, cit.; ID., «Las Indias de por acà»,cit.; D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit.; L. DA POZZO, Due documenti inediti del 1674 riferentisi acasi di stregoneria, in Pagine friulane, XV, 11, 1903, pp. 163-164; P. DI LENA, Andreis (Pn) estate 1663. Streghe,spiritate, apparizioni mariane, Tesi di laurea in storia delle tradizioni popolari, Facoltà di Lettere e Filosofia,Università di Trieste, a.a. 1985-1986, relatore prof. G.P. Gri; G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit.; ID., Val Colvera, cit.;C. TULLIO-ALTAN (a c. di), La sagra degli ossessi, cit.33 Se la possessione era causata da Satana stesso, poco si poteva fare, tranne pregare; ma se la possessione siespletava attraverso l'intervento diretto di un intermediario umano, allora la vittima, o chi per lei, poteva prenderedelle precise contromisure, reagendo nella maniera ritenuta più opportuna. «Molti di questi casi di suppostapossessione comportavano anche accuse di stregoneria. La possessione diabolica non presupponevanecessariamente un intermediario umano, ma in pratica assai spesso la vittima scorgeva, in visione, la strega ostregone responsabile dei suoi tormenti, e si prendevano dunque le misure del caso». K. THOMAS, La religione e ildeclino della magia, cit., p. 540.34 «L'uso di poteri magici per causare una possessione demoniaca collettiva», viene da Levack considerato comeuna «forma prevalentemente, anche se non esclusivamente, urbana di stregoneria». Nonostante «i casi dipossessione e anche di possessione collettiva, nel periodo della grande caccia alle streghe, si riferissero a zonerurali, i casi più rilevanti e famosi di possessione multipla e collettiva frutto di stregoneria si verificarono in città,specialmente in Francia. Tale concentrazione si deve forse semplicemente al fatto che la possessione demoniacacollettiva si verificava frequentemente nei convegni e negli ospedali, i quali erano situati molto spesso nelle città.Inoltre, le città erano in grado di fornire grandi folle di spettatori su cui tali episodi prosperavano». B. P. LEVACK,La caccia alle streghe, cit., p. 143.35 Riguardo alla diffusione in Friuli nel corso del XVII secolo «della sensazione di una vera e propria "invasione"collettiva di carattere demoniaco, con la mediazione delle streghe»: G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit., p. 8.Considerando il numero di persone presunte possedute, se la vicenda maniaghese va considerata a tutti gli effetti

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'600 si assisté, a livello di credenza diffusa soprattutto ma non esclusivamente presso leclassi subalterne36, alla proliferazione di un fenomeno sostanzialmente nuovo, vale a dire lacontaminazione tra stregoneria e possessione37. La possessione diabolica, interpretatasecondo questo orizzonte di senso, era intesa come un'ulteriore forma di evento negativocausata dalla malvolenza, invidia o astio di un individuo reale, con il quale si eranointrattenuti in passato oppure si intrattenevano ancora rapporti di natura conflittuale ocomunque sottesi da una determinata tensione relazionale o ambiguità38. La strega, come si come possessione di un singolo individuo, l'episodio di Andreis e Barcis è sicuramente ascrivibile al gruppo dellapossessione multipla e collettiva. Multipla perché coinvolse poco meno di sessanta persone ritenute indemoniate,collettiva perché fu caratterizzata da un alto grado di ansia, frenesia e panico diffusosi all'interno dei due villaggicon accuse di stregoneria e/o possessione, nonché con presunte apparizioni e rivelazioni mariane. Dal punto divista strettamente numerico le fonti riferiscono per quanto riguarda Andreis i nomi di cinque possedute femmineed aggiungono la cifra totale di trentadue, compresi anche i maschi (di cui però non vi è nessun altro riferimentocome presunti soggetti posseduti all'interno dei documenti). Riguardo invece a Barcis, vengono nominate ventitréossesse, oltre a quattro indicate in maniera generica. Levack ha distinto tre modelli attraverso i quali lapersecuzione contro le streghe poteva svolgersi: «processi individuali e piccole cacce», il numero di personeprocessate non era superiore a tre; «cacce di dimensioni medie», da cinque a dieci; «grandi cacce», da dieci a cento.Riferendo tale distinzione al numero di presunte ossesse dei casi da me esaminati, se la possessione singola diManiago appartiene al primo gruppo, quella di Andreis e Barcis appartiene al terzo. Riguardo al triplice modello inbase al quale poteva svolgersi la caccia: B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 191-197.36 Il rapporto diretto stregoneria-possessione, nonostante non esista «alcuna autorità biblica a sostegno» di taleipotesi, «veniva suggerito da tutti i trattati di stregoneria o di esorcismo, dal Malleus maleficarum del secolo XV alRituale romanum del XVII, che ordinavano all'esorcista di chiedere al diavolo se la possessione fosse avvenuta peratto di stregoneria, di perquisire la casa dell'indemoniato alla ricerca di oggetti magici e di bruciare tutti quelli cheavesse trovato (a sostegno di ciò, mi limito a ricordare indicativamente: AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939,Deposizione di Aurizia Patavina, cit., cc. 25v, 27v; n. d. l.); non gli ingiunge esplicitamente, però, di scoprire il nomedella strega, o di perseguitarla». D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., p. 12.37 «A rigor di termini, la credenza nella demonialità era diversa da quella nella stregoneria. L'ossessione diabolicaera una ben nota fase precedente la conversione di molti devoti puritani, e non si riteneva che fossenecessariamente opera di maleficio altrui; ma, siccome da molti si riteneva che uno spirito maligno entrasse inuna vittima perché a inviarlo era stata una strega, i due concetti in pratica si sovrapponevano, e nell'Inghilterraseicentesca gli aggettivi "posseduto" e "stregato" finirono per essere quasi sinonimi» (altrettanto si verificò nelmedesimo periodo in Friuli, n. d. l.). K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 531. In relazione alrapporto possessione-maleficio mi limito a ricordare: D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit.; G. P. GRI- R. LIONETTI, La medicina popolare. Friuli Venezia Giulia, in T. SEPPILLI (a c. di), Medicine e magie, cit., pp. 142-147; G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit.; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit.; G. LÜTZENKIRCHEN - G. CHIARI,Mal di luna, cit.; R. MANDROU, Magistrati e streghe, cit.; A. NICOLOSO CICERI, Tradizioni popolari in Friuli, Reanadel Rojale, Chiandetti, 1982, pp. 495-496; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 109-168; D. P.WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., in particolare pp. 5, 11-14, 18, 36, 54, 71-82, 108-118.Nel rammentare la tesi di Mandrou secondo la quale in Francia la contaminazione tra stregoneria e possessioneera stato «uno dei motivi principali che portarono alla scomparsa dei processi e delle condanne per stregoneria»,Walker presuppone che la medesima cosa fosse avvenuta «anche in Inghilterra», sebbene in un periodoantecedente, dal momento che la correlazione risaliva e tempi più remoti. «Risulta ovvio ... che con ogni probabilitàun processo per stregoneria in cui la strega viene accusata da un indemoniato di aver causato la possessioneprodurrà indagini che potrebbero anche invalidare l'accusa». Se anche in un primo tempo l'accusata venivariconosciuta colpevole, «prima o poi, però, qualche esperto medico, legale o ecclesiastico, o magari soltanto uninvestigatore dilettante ma sensibile alla simulazione, finiva per esaminare l'indemoniato, concludendone che lui olei soffriva di una malattia naturale, o altrimenti che simulava. In entrambi i casi l'accusa doveva essere ritirata, esi doveva rilasciare la strega ... Non voglio certo sostenere che i processi per stregoneria in cui compariva unapossessione fossero frequenti ... bensì che l'effetto di quei pochissimi poteva ben essere di enorme rilievo sefinivano per dimostrare l'innocenza della strega, un risultato che non poteva essere conseguito in nessun altromodo». ID., Possessione ed esorcismo, cit., pp. 112-113.38 Riguardo al rapporto possessione-aggressione-stregoneria, da parte di diavoli, defunti o persone in carne e ossa:D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., in particolare pp. 463-464. Diverse vicende di possessione (eliberazione) assunsero inoltre un carattere marcatamente politico-religioso, si pensi ad esempio a quanto accaddenell'Inghilterra o Francia del Cinquecento e Seicento, dove numerose presunte possessioni furono utilizzate a finidi propaganda contro protestanti o ugonotti (in alcuni casi vi furono diavoli che ebbero la funzione di «agenti direttidi Dio» e predicarono «la verità cattolica»): B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., pp. 133-134; A. MORINO (a c.di), J. Des Anges, cit., p. 174; K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., pp. 535-539; D. P. WALKER,Possessione ed esorcismo, cit. (la citazione è a p. 10). Parimenti si era verificato in Italia, dove alcune indemoniate,«opportunamente guidate da bravi esorcisti, avevano saputo difendere la fede cattolica dai suoi detrattori, in annimolto difficili per la Chiesa»: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., in particolare pp. 116, 154, 162-164 (lacitazione è a p. 163). La connessione tra possessione, esorcismo e conversione è evidente nelle parole del demonioche si riteneva possedesse Maria di Pallua, il quale aveva iniziato «a streppitare, dicendo molte vituperose parole,in spetie: "Malgarita buzzarona, tu mi hai fatto venir in questo corpo maledetto, ch'io non ero degno divenir quidentro, perché non mai ho potuto convertirla"». AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della

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riteneva fosse in grado di attuare malefici ai danni di terzi, togliere il latte alle puerpere, farammalare le persone, far consumare i bambini, causare la morte di neonati, prosciugare illatte al bestiame, provocare disastri meteorologici ed altri tipi di sciagure, così venivaritenuta capace di manipolare alcuni diavoli e spiriti maligni, costringendoli a prenderepossesso del corpo di individui specifici39. In base a questa credenza le potenzialità malvagiedella strega si dilatavano notevolmente.40

Spesso l'antagonismo non si limitava solo ai rapporti interpersonali tra alcuni membridel villaggio, a volte infatti i conflitti potevano estendersi a livello collettivo, fino a coinvolgereinteri paesi. Per quanto riguarda la vicenda della presunta possessione multipla di Andreis eBarcis (1663), si era sviluppata una certa tensione tra le due comunità. Nel 1654 la chiesa diAndreis si era resa autonoma dalla pieve matrice di Barcis, dedicando una propria chiesaalla Madonna delle Grazie; in questa maniera i due villaggi avevano tentato di risolvere unavolta per tutte le numerose liti e tensioni sociali verificatesi in passato, rendendosiindipendenti l'uno dall'altro sia a livello religioso che civile. Di più era iniziata proprio nel1662 la costruzione di un edificio più grande, volto ad accogliere le funzioni religiose41.

Stella, cit., c. 6v. Si veda il termine friulano buzaròn, buggerone, ingannatore, canaglia: G. A. PIRONA - E.CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 88.«That demonic possession and its cure by exorcism should be used for religious propaganda is not in itselfsurprising. ... It was not until the reformation had got well under weigh that the possibility arose of exorcism beingused by one group of Christians as propaganda against another. In France the propaganda was only in onedirection; that is to say, exorcism was used by the Catholics in order to convert, or confute, the Huguenots and toconfirm the faith and devotional practices of the Roman Church. The exorcisms were deliberately publicized, bothat the time by attracting large audiences, and afterwards by publishing printed accounts. In England, where theCatholics were a persecuted minority, their publicity was necessarily more restricted». D. P. WALKER, DemonicPossession, cit, p. 237.Ancora per la connessione antagonismi-possessione: G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit., p. 7; ID., Val Colvera, cit.,p. 207; I. M. LEWIS, Un approccio strutturale, cit., in particolare pp. 367-370.39 «La strega non è più solo "serva" del diavolo, ma anche "padrona", capace di inviare i diavoli»; tutto avviene«attraverso una attivazione diretta del demonio chiamato e comandato e spedito dalla strega a possedere etravagliare la persona che si vuole maleficiare. [...] Lo stregone e la strega, insomma, non agiscono più solodirettamente; agiscono sempre più spesso, anche secondo la credenza popolare, inviando spiriti maligni apossedere il corpo della persona cui vogliono nuocere». G. P. GRI, Val Colvera, cit., p. 207. Come ricorda Romeo,una «buona parte dei procedimenti inquisitoriali contro gli esorcisti riguardano ... pratiche di negromanzia. [...]resta il dato di una fitta circolazione di foglietti manoscritti copiati dai manuali esorcistici e utilizzati nei ritualinegromantici: della sostanziale identità delle tecniche di scongiuro praticate nel corso delle rispettive operazioni,della aspirazione comune di esorcisti e negromanti a costringere i diavoli a soggiacere ai poteri dell'uomo e asoddisfarne esigenze e desideri». G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 152-153.«Fra i Pondo del Sud Africa, ad esempio, la stregoneria è connessa, in modo del tutto palese, con la possessione daparte di spiriti periferici malvagi. Le streghe sono generalmente donne, e sono ispirate dai loro osceni spiriti ...Come nella stregoneria europea, fra i Pondo la possessione da parte di tali spiriti è assunta come prova distregoneria. ... Ma, significativamente, le donne figurano anche come indovine in lotta contro la stregoneria; inquesto caso tuttavia esse non sono possedute da spiriti periferici (stregoneria), ma dagli antenati. Così vieneoperata una distinzione concettuale non ambigua fra gli spiriti che animano la stregoneria e quelli che ispirano gliindovini contro la stregoneria, sebbene entrambi i ruoli siano generalmente rivestiti da donne. La malvagitàantisociale è attribuita all'invasione di spiriti periferici che possiedono le streghe; le indovine devono il loro potereagli antenati che sorreggono la moralità consuetudinaria. Esse rivestono così una funzione ausiliaria al principaleculto di moralità degli antenati seguito dai Pondo». I. M. LEWIS, Un approccio strutturale, cit., p. 374.40 Romeo ricorda come la manualistica per gli esorcisti, a partire dal tardo Cinquecento, avesse riconosciuto «nelmaleficio e nelle possessioni indotte per quella via il problema più assillante degli esorcisti moderni». A taleproposito indica la Dispersio daemonum quae secunda pars est Practice Exorcistarum... probatissima remediacontinens applicanda ad Maleficia, et Daemones de Christifidelibus expellendum, Patavii 1587, del francescanoValerio Polidoro, l'Antidotario contro li demonii nel quale si tratta come entrano ne' corpi humani, ove in quelli stiano,come da quelli si scacciano, et altre cose degne di sapersi, Venezia 1601, del carmelitano Alessio Porri, e infine laParte seconda del Compendio dell'Arte Essorcistica nella quale si tratta della natura delli Angeli così buoni, come rei, etdella possibilità delle mirabili, et stupende operationi delli Demoni, et Malefici, et de i gravissimi peccati, et mali, qualiprocurano contra di Dio, et del genere humano, Venezia 1601, di Girolamo Menghi. G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti estreghe, cit., pp. 121-122.41 G. ROSA, La villa e la valle di Andreis. Cenni storici e documenti inediti di storia locale spesso collegati alla storia deipaesi vicini, Pordenone, Cosarini, 1966, pp. 46-48.La presenza di tensioni, conflitti o divisioni, sia a livello religioso che civile, all'interno di comunità coinvolte invicende di presunta possessione collettiva, è documentata in area friulana in altre zone montane e periferiche,anche a livello culturale. A Ligosullo, comune della Carnia, nel 1674 si era verificata una situazione analoga. Inquel villaggio erano state scoperte ben ventisei «donne maleficate, infette ed ossesse da spiriti immondi», delle qualisei erano state liberate attraverso esorcismi, anche se due di queste ultime erano ritornate poi nel medesimo stato,

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Il rapporto tra la strega e Satana, perlomeno nella credenza elaborata e diffusa dalleclassi dominanti, era di natura decisamente subordinata, nel senso che costei eraconsiderata parte di una setta agli ordini diretti di Lucifero, volta a sovvertire l'ordinecostituito. Il concetto cumulativo di stregoneria aveva stabilito che streghe e stregoniavevano deciso volontariamente tramite il patto diabolico di vendere la propria anima aldemonio ed operare secondo i suoi desideri (mentre a livello popolare la volontarietà eraconnessa all'apprendimento-iniziazione del potere magico). In cambio di beni terreni emateriali, la strega era costretta ad agire in stretta dipendenza dagli ordini di Satana, che lacomandava in maniera diretta. A livello popolare in particolare non veniva esclusal'involontarietà della forza nociva di streghe e stregoni, strettamente correlata allaconcezione dell'origine biologico-ereditaria dei suoi poteri. Alla stessa maniera la possessioneper mezzo di maleficio42 presupponeva il potere della strega di inviare alcuni diavoli o spiritiad occupare i corpi degli individui, un potere aggiuntivo a quello dei maleficia. Per quantoconcerne l'indemoniato, il suo stato di possessione poteva essere involontario ma ancheconnesso ad una certa responsabilità (prova o castigo divino, torto ai danni della strega), alpari di quello del semplice affatturato. Possessione e stregoneria erano legate tra loro dalfatto che a causarle potevano essere i medesimi individui reali con un'azione volontaria,streghe e stregoni, e dal fatto che generalmente l'indemoniato non aveva responsabilità delleproprie azioni commesse in quelle condizioni. Possessione e stregoneria potevano essere

parte appartenenti a quel villaggio, parte a quello di Tausia, frazione. La vicenda aveva causato «non pocospavento, incommodi e gravissimi dispendii», tanto che il comune di Ligosullo aveva deciso di convocare il consigliocittadino «per procurar rimedio a tanta calamità». Il consiglio, per risolvere «l'infelicissimo stato di questi miserabiliet insieme trovar modo per la paterna cura dei loro suditi, che sempre osservano con tanta gelosia, acciò restinosuffragati» aveva deliberato di fare ricorso al luogotenente della Patria del Friuli, nonché di rivolgersi al potereecclesiastico tramite il cardinale Delphino; inoltre aveva stabilito che, «con commissione di tutti gli huomini delloro comune», venissero nominati due procuratori e nunzi, che erano altresì autorizzati «a far comparsa a nome didetto comune» davanti a quelle autorità. Inoltre con il passare degli anni il numero degli abitanti di Ligosullo eTausia era aumentato, comprendendo quattrocentocinquanta anime circa in tutto, tanto che il comune avevadeciso «di riformar la loro vecchia chiesiola, che era fatta incapace al popolo cresciuto». Lo stesso curato di quelcomune, pre Giovanni Battista Hermano, aveva avuto modo di dichiarare «che lui solo con il cappellano non potevasuplire al bisogno di tanta gente, che però esortava a fare ogni sforzo di fabricar una decente et adequata chiesa».Di più la chiesa si trovava in luoghi impervi e difficilmente raggiungibili, soprattutto d'inverno, a causa delmaltempo e della strada scoscesa, motivo per il quale il prete che doveva giungere dalla sottostante Paluzzaincontrava serie difficoltà. Riguardo alle poche notizie sulla vicenda di Ligosullo: L. DA POZZO, Due documentiinediti, cit., pp. 163-164.Agli anni 1878-1879 risale la vicenda, nota come epidemia di isterodemonopatia, che coinvolse gli abitanti delcomune di Verzegnis, anche questo un comune montano della Carnia. Diverse donne erano state colpite da quellache alcuni consideravano una possessione diabolica collettiva, anche se un'altra porzione di abitanti ed osservatorila ricondusse ad un ambito medico-psichiatrico. «Queste due inconciliabili posizioni dettero adito a violenti scontrinon sempre solo verbali e sancirono la divisione all'interno della comunità. A questa avevano contribuito neidecenni vari fattori, tra cui la rivendicazione da parte di due delle frazioni (Chiaicis e Villa di Verzegnis, n. d. l.) diottenere un ministro di culto che vi residesse». Sui fatti di Verzegnis: C. CESCHIA - D. COZZI, «Las Indias de poracà», cit. (la citazione è a p. 57); EAD., Possessione e isterodemonopatia, cit.; T. BORSATTI, Verzegnis, 1878-79, cit.A Clauzetto intorno alla metà del Settecento si intensificò parallelamente la tensione tra quel villaggio e Vito. Si eratrattato di una guerra vera e propria tra le due comunità, conclusasi alla fine dell'Ottocento con la supremaziadefinitiva di Clauzetto. Infine su il fenomeno di Clauzetto: D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit; G. P.GRI, Spiritâz a Clausìet, cit.Le similarità tra le vicende di Andreis e Barcis, Ligosullo e Tausia, Verzegnis, Chiaicis e Villa, Clauzetto e Vito, nonsono casuali, sono i segnali di una precisa e profonda interrelazione tra «i momenti di crisi d'identità dellecomunità» e le epidemie collettive di possessione. «C'è da interrogarsi con attenzione di fronte a questi episodi dismarrimento collettivo, sul significato che possedeva e sulle funzioni che assolveva l'identità di gruppo nellasocietà tradizionale». Ad Andreis e Barcis l'epidemia di possessione fu connessa allo «smembramento della pieve diBarcis», procedimento durante il quale Andreis acquistò autonomia civile e religiosa da Barcis, acquisendo unproprio curato ed iniziando i lavori per la fabbricazione di una nuova chiesa; a Ligosullo e Tausia i fenomeni dipossessione multipla vanno riferiti all'interno di un periodo in cui «la comunità cerca autonomia da Paluzzarichiedendo un proprio curato e si trova alle prese con l'oneroso impegno della costruzione della nuova chiesa»; aVerzegnis l'epidemia fu collegata parimenti a simili richieste di un curato ivi residente; a Clauzetto la reliquia delPreziosissimo Sangue comparve nel momento in cui la comunità poté «riaffermare la sua superiorità» su Vito. G. P.GRI, Spiritâz a Clausìet, cit., p. 9.42 «In un certo senso la possessione era una sventura personale, poiché comportava convulsioni, lesioni della pellee altri strani sintomi. D'altra parte, la possessione non era affatto un maleficium, poiché secondo la teoriademonologica il diavolo entrava effettivamente nel corpo della persona posseduta e non si limitava ad agire su diesso dall'esterno». B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., p. 190.

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presenti contemporaneamente all'interno del villaggio di epoca moderna, erano legate atensioni sociali e la collettività le considerava strettamente interdipendenti, entrambefornivano una spiegazione al problema dello star male ed un'interpretazione delle tensionisociali.43

A Maniago nel 1655 Pirina Taier e Maria Fabbruzzi causarono, secondo letestimonianze, la possessione di Nicolosa Campolino tramite un maleficio, ricondotto ad unaconflittualità interpersonale44; parimenti accadde a Barcis nel 1663, dove Pasqua diSalvadore e la figlia Maria avrebbero provocato la possessione di una tale Maria di Domenicoper invidia45. In questi due casi specifici tuttavia la strega, nella sua relazione con Satana,non fu un elemento del tutto subalterno, ma parzialmente attivo. Mentre secondo la teoriademonologica dotta era Satana ad ordinare alle sue seguaci di compiere determinati maleficicontro terzi, tra cui la possessione, questi due episodi documentano che in alcuni casi siriteneva fosse la strega a comandare, era lei che subordinava e sottometteva ai suoi voleri oad interessi personali demoni o anime prave46, manipolando alcune di queste entità edinviandole a possedere i corpi di individui precisi con i quali si trovavano in una situazionedi tensione, o per i quali provavano sentimenti di odio o gelosia47.

Oltre ad una parziale evoluzione dell'immagine della strega sospetta, cambiaronoanche altre figure: innanzitutto quella della presunta vittima, che da oggetto del maleficiodiveniva oggetto della possessione, da semplice affatturata si trasformava ad un tempo inposseduta e maleficiata; in secondo luogo quella dell'accusatore della strega, il quale mentrein precedenza in alcuni casi si identificava con la stessa vittima, a volte con la controstrega oil benandante ed aveva il ruolo di denunciare pubblicamente la presunta strega all'internodel villaggio, nei casi di possessione si identificava sempre con la persona ritenutaindemoniata. Due erano le conseguenze principali di questa trasformazione: da un lato unprocedimento che permetteva alle possedute di identificare l'agente esogeno che ritenevanoresponsabile del maleficio veicolante la possessione, consentendo di individuare nellapossessione stessa una funzione attiva e positiva48, di controstregoneria49; la posseduta,

43 «La distinzione tra strega e indemoniato è netta, e di norma sempre rispettata. Il diavolo non occupa il corpodella strega, come fa invece per quello dell'indemoniato; di conseguenza la strega non soffre delle convulsioni cheassillano l'indemoniato. La strega si è associata spontaneamente a un diavolo, mentre la possessione èinvolontaria, e l'indemoniato non è dunque responsabile delle proprie azioni malvage, come invece è la strega». D.P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., p. 13. Tuttavia non mancarono casi di donne presunte possedute econtemporaneamente accusate di stregoneria, rimando per tutti alla vicenda di Madeleine Demandols de la Paludad Aix-en-Provence nel 1611, peraltro ricordata dallo stesso Walker (ID., Possessione ed esorcismo, cit., pp. 13,108), e a quella di Laura Stella de Paladini, verificatasi a Bitonto intorno alla metà del nono decennio delCinquecento: R. MANDROU, Magistrati e streghe, cit., in particolare pp. 224-238 (per il caso francese); G. ROMEO,Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 156-159 (per il caso italiano). Per un episodio nel Friuli intorno alla metà delSeicento: G. GEATTI - P. POIANA, Faedis. Un paese nella storia, Feletto Umberto, Designgraf, 1978, p. 87.44 AAUD, S. Officio, b. 39, fascc. 293, 299 e Querela civile, citt.45 Ivi, b. 42, fasc. 395, Deposizione testimoniale di Sebastiano Corradini, Udine, 27 settembre 1663, cit., cc. 3r-3v.46 «La possessione di individui da parte del diavolo poteva giocare ed effettivamente giocò un ruolo importantenella stregoneria, giacché la possessione poteva essere la conseguenza delle azioni di una strega. In altre parole lastrega poteva ordinare al diavolo di possedere una vittima in seguito al patto da lei concluso col diavolo stesso.Nondimeno, la possessione poteva anche verificarsi senza l'intervento di una strega e per puro capriccio deldiavolo, nella misura in cui Dio glielo avesse permesso. [...] È vero che fra le due parti avveniva ancora unatrattativa, ma il controllo che la strega esercitava sul diavolo era limitato alla sua capacità di costringerlo apraticare il maleficium, mentre la sottomissione che la strega tributava al diavolo diventava molto più volontaria,ossequiosa e incondizionata. [...] Anche quando i maghi del Rinascimento si erano sentiti costretti a integrare lamagia naturale con quella spirituale, avevano contribuito a minare la cosmologia scolastica, perché nel mondoneoplatonico il mago colto poteva costringere gli spiriti a rispondere ai suoi comandi senza perciò restare vittima dicapricciose forze demoniache». B. P. LEVACK, La caccia alle streghe, cit., le citazioni sono rispettivamente alle pp.37, 42, 267.47 G. P. GRI, Val Colvera, cit., pp. 207-208.48 «È possibile distinguere due forme fondamentali di possessione, presenti anche nel cattolicesimo. Lapossessione personale o collettiva da parte di potenze negative, ingeneranti il male, la malattia, la morte, assume ilnome di "invasamento" o di possessione negativa. ... La strega o lo stregone sono occasionalmente posseduti dauna presenza demoniaca o diabolica, ma possono anche realizzare volontariamente l'esperienza di possessione,provocare, cioé, l'entrata di questo o quel diavolo nel proprio corpo o nel corpo di altri. [...] Contro di essa si ponepositivamente la possessione positiva o cultuale, indicata come "entusiasmo", che si verifica attraverso un contattoestatico con la divinità o attraverso una discesa della divinità nel corpo dell'estatico». A. M. di NOLA, Il diavolo. Leforme, cit., pp. 281-287, 290-291 (la citazione è alle pp. 290-291); ID., Il diavolo, la sindrome, cit., pp. 84-85.49 Sulla presenza in età moderna a livello popolare, come documentato anche dalle fonti che ho esaminato, di una

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all'interno del processo di repressione della stregoneria e controllo delle pratichesuperstiziose ad opera delle classi colte, in particolare ecclesiastiche, assumeva il ruolo diintermediaria, diveniva uno strumento attivo per riconoscere, accusare e combattere streghee stregoni, ritenuti responsabili e di maleficia e di possessioni. Dall'altro un procedimento dideresponsabilizzazione della persona ossessa-affatturata per i propri atti accusatori e dieliminazione-attenuazione del senso di colpa per la denuncia pubblica50. Infatti non eral'individuo nel pieno controllo delle sue facoltà psichiche e fisiche a denunciare la strega cheriteneva colpevole della possessione, bensì la persona indemoniata, che parlava attraversogli spiriti maligni o i diavoli che si trovavano all'interno del suo corpo51. A questa tendenza siuniformavano gli stessi medici, i quali ripiegavano su questa spiegazione ogniqualvolta nontrovavano una causa naturale a un determinato disturbo. In questa maniera la vittima dellapossessione trasferiva, in maniera conscia o inconsapevole, il proprio senso di colpa sullastrega ritenuta responsabile, secondo un procedimento parallelo a quello che sfociavanell'accusa di stregoneria, ed alla stessa maniera utilizzava l'accusa di possessione comeutile strumento, approvato dalla collettività, per risolvere in maniera definitiva un rapportoconflittuale oppure una situazione ambigua. Le persone considerate indemoniateacquisivano in questa maniera funzioni precise: se da un lato potevano identificare lepresunte responsabili della possessione, dall'altro ottemperavano alla salvaguardia dellacomunità, già elementi costitutivi propri dei benandanti. Le confessioni delle possedute sonoda questo punto di vista avvicinabili a quelle dei benandanti, nonché rapportabili al grado diintegrazione sociale della comunità. Come entità collettiva le indemoniate stimolavano lacoesione e consolidavano al tempo stesso il senso di identità del gruppo sociale, come inveceindividui singoli esse mettevano in evidenza e davano una risoluzione agli antagonimi internidei membri della comunità52.

In terzo luogo cambiava la figura del terapeuta. La vittima, allo stesso tempo colpita damaleficio e posseduta dal diavolo, era costretta a rivolgersi ad individui con maggiore potere:la semplice guaritrice di paese non era più sufficiente, era necessario l'intervento di un vero

forma positiva di possessione, di una sua concezione attiva non legata esclusivamente agli aspetti della teoriademonologica cristiana, così come avviene in alcune società extraeuropee di epoca contemporanea, e legata aiconcetti di divinazione e sciamanismo, o comunque di identificazione, per mezzo degli spiriti-diavoli che occupano icorpi delle ossesse, dei responsabili presunti di disgrazie attribuibili a stregoneria-possessione, rimando aiseguenti studi (oltre a quelli già citati alla n. 7 dell'Introduzione a questa ricerca): J. BEATTIE, Uomini diversi danoi, cit., pp. 318-322; A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 228, 270-274, 277, 280, 290; D. COZZI - E.ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., in particolare pp. 485-489; J. G. FRAZER, La paura dei morti, cit., inparticolare pp. 28, 40, 115, 118, 162; G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit., p. 8; C. LÉVI-STRAUSS, La vita familiare esociale degli Indiani Nambikwara. Un modello di ricerca antropologica, Torino, Einaudi, 1970, pp. 143-149; I. M.LEWIS, Le religioni estatiche, cit.; ID., Un approccio strutturale, cit., in particolare pp. 370-373; ID., Possessione,stregoneria, sciamanismo, cit.; A. MÉTRAUX, Il vodu haitiano, cit., pp. 120-142; A. REDMAYNE, Chikanga: unindovino africano di fama internazionale, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 156, 159; M. STANISCI,Tra religione e magia: un processo a Gorizia sul finire del secolo XIX, in Memorie Storiche Forogiuliesi, LII, 1972, pp.166-190; D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., pp. 21-22. R. G. WILLIS, Il millennio attuato: sociologia deiculti africani di purificazione delle streghe, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 177. Riguardo allepratiche divinatorie mi limito a segnalare: R. BLOCH, La divinazione nell'antichità, Napoli, Edizioni scientificheitaliane, 1995; C. PIGNATO, Lo specchio fumante, cit.«Per quale motivo i cristiani ortodossi ritengono quasi sempre che lo spirito possessore sia maligno, un angelocaduto? ... Una possibile risposta alla domanda è che con ogni probabilità la possessione benefica si riveladannosa per una Chiesa che desidera rimanere stabile e duratura. Se lo Spirito di Dio, o di un angelo buono,Messaggero di Dio, dimora in un uomo e parla per bocca sua, le sue dichiarazioni pretenderanno autoritàsuprema, e può ben darsi che integrino, o modifichino, la rivelazione originale». D. P. WALKER, Possessione edesorcismo, cit., pp. 21-22.50 Riguardo alla non responsabilità del posseduto-maleficiato per le proprie azioni: D. COZZI - E. ZANNIER, Glispirtâz di Clauzetto, cit., p. 485.51 La possessione «forniva una spiegazione e insieme una legittimazione di comportamenti anticonvenzionali chealtrimenti non sarebbero stati tollerati; se un posseduto vomitava bestemmie e oscenità, nessuno in seguito lorimproverava, né andava incontro a punizioni il bambino che, in segno di protesta per l'educazione religiosainflittagli, scagliava una Bibbia contro il muro - a patto, beninteso, che se ne potesse incolpare il diavolo, e allora ilbambino diveniva il centro di uno spettacolare rituale di preghiera e trattamenti terapeutici, e fatto oggetto diamorose cure. Essere la vittima di una possessione era un mezzo per esprimere impulsi proibiti e attirarel'attenzione di superiori altrimenti indifferenti o repressivi». K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit.,pp. 533-534.52 R. ROWLAND, «Fantasticall and Devilshe», cit., pp. 181-190.

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e proprio esorcista, laico ma più spesso ecclesiastico, mentre alla praticona rimaneva, inalcuni casi, la facoltà di riconoscere i sintomi della possessione e di identificare i posseduti.Parallelamente infine nascevano dei veri e propri centri di aggregazione specifici, santuarimariani o conventi, dove i posseduti si recavano in pellegrinaggio con la speranza di venireliberati per mezzo dei rituali esorcistici propagandati dalla Chiesa ufficiale oppurerivolgendosi ad entità superiori (la Madonna, i santi).

Lo stato di possessione e la connessa terapia esorcistica, fenomeni individuali ecollettivi al tempo medesimo, si qualificano come eventi a carattere teatrale53, ritualidrammatici54 che conducono oltre il livello delle relazioni sociali, come avvenimenti carichi diemozioni, di significati e simboli. Se il presunto indemoniato era certamente l'attoreprincipale, il protagonista indiscusso della vicenda55, vi erano numerosi altri personaggi che,ciascuno a qualche titolo, partecipavano all'episodio della possessione-esorcismo. Tutti, chipiù chi meno, tendevano ad assecondare il comportamento dell'ossesso, in primo luogo gliindividui appartenenti alla cerchia parentale più stretta, i familiari, coloro i qualiintrattenevano relazioni datate e consolidate con il posseduto, e, sfumando, amici, vicini,compaesani. Costoro partecipavano alla vicenda e alla credenza, corroboravano leaffermazioni dell'indemoniato, ne accettavano le manifestazioni diaboliche, consolidandone isospetti e le accuse. Essi si trovavano ad agire in una condizione di coinvolgimentopersonale e collettivo, partecipavano ad uno stato di intenza eccitazione e suggestione,tendevano a convalidare il comportamento dell'ossesso riconducendolo ad una spiegazionenota. Lo stesso medico, eventualmente chiamato ad intervenire sul paziente o ad esprimereuna diagnosi, anche a causa della mancanza degli strumenti e delle conoscenze adatte aricondurre l'evento ad una patologia psichica, tendeva a convalidare la natura sovrasensibiledell'avvenimento. Infine, il comportamento del religioso coinvolto nella vicenda convalidavaparimenti lo stato di possessione, se si trattava di un sacerdote senza funzioni specifiche, insimili casi poteva consigliare un altro prete con funzioni di esorcista.

In conclusione possessione e stregoneria, a volte in forma distinta ma più spesso nelcorso del Seicento in una sorta di coagulo, rappresentarono uno strumento utile perspiegare la sofferenza e in alcuni casi i contrasti sociali56, consentendo in particolare alla 53 Il fenomeno della possessione-esorcismo si spiega «soprattutto in rapporto alla tendenza degli invasati adesibizioni di carattere teatrale, possibili soltanto nelle riunioni» pubbliche festive e devozionali: A. M. di NOLA, Ildiavolo. Le forme, cit., p. 280. Sul rapporto di attività-passività, partecipazione-non partecipazione al rito da partedella collettività e sulla componente individuale-collettiva del rituale: M. MAUSS, Saggio di una teoria generale, cit.,in particolare pp. 134-140. Riguardo alla teatralizzazione dell'evento e sul rappporto rito-teatro: V. W. TURNER,Dal rito al teatro, Bologna, Il Mulino, 1986.54 Un rito di possessione «è una rappresentazione altamente drammatica». Il posseduto «assume il ruolo e lapersonalità di un essere diverso da lui, e spesso lo interpreta con grande effetto istrionico». La possessione, comeanche l'esorcismo, «è un avvenimento pubblico piuttosto che privato» ed «ha generalmente un'eccezionalecaratteristica drammatica e catartica. In molte culture il culto consente che sentimenti di frustrazione e tensione siesprimano in modi accettati dalla comunità». J. BEATTIE, Uomini diversi da noi, cit., p. 321.55 «La posseduta che si abbandona all'esorcismo davanti a centinaia di persone avide di vedere e ascoltare cosestraordinarie partecipa ad uno spettacolo in cui svolge il ruolo di protagonista. È una vera esibizione che si attendeda lei. ... Negli esorcismi la chiesa si trasforma in teatro, in cui la posseduta rappresenta il ruolo di vittima sceltada un complice di Satana e dimostra, insieme con l'esorcista, la realtà della sua possessione. L'esorcismo favorisceal più alto grado le inclinazioni alla simulazione che caratterizzano per solito i disordini mentali da cui sono afflitti idemonopatici». R. MANDROU, Magistrati e streghe, cit., p. 215.56 Di opinione in parte differente è Zannier: «Se la strega si è associata volontariamente a un diavolo, mentre lapossessione è involontaria ... per la collettività vi era uno stretto legame tra stregoneria e possessione. Entrambequeste due forze magiche coesistevano all'interno di una stessa cultura, legate a tensioni di carattere sociale. [...]Pur presentandosi insieme nella stessa cultura, possessione e stregoneria rappresentano quindi strategie tra lorodiverse». L'autrice, prendendo spunto dal saggio già menzionato di Lewis, applica le conclusioni dell'antropologascozzese, ricavate da uno studio sulla possessione spiritica in alcune società contemporanee extraoccidentali (diAfrica e India in particolare), ai casi dei presunti indemoniati che si erano recati presso il santuario di Clauzetto apartire dal terzo quarto circa del XVII secolo. La tesi di fondo dello studio può essere indicativamente cosìriassunta: la possessione da parte di spiriti malvagi, non provocata da individui reali, spiega, similmente allastregoneria, la disgrazia (malattia, sofferenza, l'esperienza dello star male) e le tensioni sociali (conflitti, rancori,gelosie). La possessione spiritica viene definita dalla Lewis come una «possessione involontaria (cioé nonsollecitata) a opera di spiriti maligni e capricciosi», una «possessione"periferica"», all'interno della quale «la vittimache interpreta la sua sofferenza nei termini della possessione da parte di spiriti maligni utilizza una strategiaindiretta, in cui la responsabilità immediata è attribuita non ad altri uomini, ma a misteriose forze al di fuori dellasocietà». In questo senso allora la possessione incarna una strategia differente da quella della stregoneria, la cuivittima invece «impiega una strategia diretta attribuendo la responsabilità delle sue disgrazie a un rivale o a un

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vittima della possessione-maleficio di elevare il proprio status, seppure in maniera nonpermanente. Vittime della possessione, multipla ma anche singola, furono nei documentiche ho esaminato esclusivamente individui di sesso femminile, soggetti deboli nella societàdi epoca moderna e che si situavano in una posizione liminale, da un punto di vista sociale,relazionale, economico rispetto ai maschi57. Spiegazioni connesse ad esclusive richieste didimostrazioni di maggiore interesse o attenzione sarebbero riduttive58. La possessione, comeil maleficio, era infatti legata ad un mutamento dello stato precedente, riconducibile spessoad una forma di malattia, espressione di antagonismi o tensioni sociali, ed i possedutipotevano scegliere, come gli affatturati, tra un ampio ventaglio non solo di spiegazioni maanche di interventi terapeutici (benandante, controstrega, fitoterapeuta, medico ufficiale,prete, esorcista, santuario, santi, Madonna).

Il modello coatto di un rapporto diretto tra Satana e strega, all'interno del quale ilprimo subordinava ai suoi voleri ed esigenze la seconda, elaborato ed imposto da parte delleclassi laiche ed ecclesiastiche dominanti a partire dal XV secolo attraverso il concettocumulativo di stregoneria, condusse nel corso del '600 ad un'evoluzione progressiva internaalla credenza stessa. Se a livello popolare la credenza nelle attività malvagie e nocive dellestreghe non fu in origine correlata a poteri sovrasensibili di natura diabolica, con lo sviluppoe l'imposizione della teoria demonologica tale credenza cambiò anche a livello delle classisubalterne. Ne sono un esempio non solo le credenze nelle battaglie estatiche notturne trastreghe e benandanti in Friuli tra Cinquecento e Seicento, il cui studio ha mostrato ilmutamento della credenza a livello popolare sotto la pressione violenta da parte del modelloegemonico59, ma anche il sistema di credenze relativo alla possessione strettamenteconnessa con la stregoneria. Tale orizzonte di senso infatti mostra come, a livello popolare, sisia evoluto quel determinato sistema di credenze, fino a trasformarsi nel corso di decenni,

nemico». Tuttavia i casi di presunta possessione singola o multipla da me esaminati per il Friuli dell'epocamoderna, come anche parte di quelli analizzati per Clauzetto, vedono una contaminazione tra stregoneria epossessione, nel fatto che si riteneva che la strega causasse la possessione tramite maleficio: in questo sensoallora la possessione per stregoneria va intesa come una strategia diretta al pari della stregoneria medesima, operapresunta di individui concreti, rivali o nemici; le stesse vittime indirizzavano la responsabilità verso persone reali,non verso forze misteriose sovrasensibili. D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., p. 485; I. M. LEWIS,Un approccio strutturale, cit., in particolare pp. 361-362.57 La possessione di solito colpiva alcune categorie di individui in particolare, di entrambi i sessi, che si trovavano«in condizioni di inconsueta e grave incapacità sociale», che erano accomunate da «un comune denominatore dideprivazione, frustrazione e scontentezza», come le donne presunte indemoniate nel Friuli dell'età moderna. «Ciòche emerge con chiarezza sono la speciale considerazione, i privilegi, e lo status insolitamente alto concessi adonne che in altre circostanze sono considerate come "minori" sotto il profilo giuridico, o a uomini in posizionesubordinata che in condizioni normali sono soggetti a dure discriminazioni. Per coloro che fanno parte di questecategorie sociali "periferiche", come pure per gli individui che si trovano in grandi difficoltà e in posizione precaria»,il fenomeno della possessione «offre una importante risposta al dolore, qualora il modo di farvi fronte conduca a uninnalzamento, per quanto temporaneo, di posizione e di status». In particolare si tratta di «un procedimentoculturalmente accettato, mediante il quale mogli oppresse in questa società a predominanza maschile danno forzaalle proprie richieste di attenzioni e riguardi da parte dei loro parenti di sesso maschile. I casi individuali dipossessione sono risposte a situazioni di tensione e scontentezza dove siano preclusi o non disponibili metodi piùdiretti per manifestare l'insoddisfazione», come forse accadde a Nicolosa, moglie di Osvaldo Campolino, la qualeespresse in una maniera codificata e socialmente accettata dalla collettività, attraverso una malattia ricondotta apresunta possessione per stregoneria, al contempo la propria insoddisfazione per il rapporto coniugale nonché unacerta tensione nel rapporto con le presunte streghe responsabili. Parallelamente, seppure a livello più complesso, icasi di possessione collettiva di Andreis e Barcis, che colpirono una gran moltitudine di donne, interpretarono allastessa maniera tensioni più ampie, inserite in un contesto conflittuale civile e religioso. I. M. LEWIS, Un approcciostrutturale, cit., pp. 363-365.58 Alcune donne usavano la possessione (o la disgrazia in senso più ampio) «come un mezzo per ottenere untrattamento più generoso da parte dei mariti. Questa è una via di mezzo fra l'attacco e la riconciliazione. Lewisdescrive la struttura dei ruoli in cui questa sarebbe la strategia adatta: una struttura in cui il partner più debolenella relazione non cerca di interromperla, ma di mitigarne il rigore». M. DOUGLAS, Introduzione. Trent'anni dopoWitchcraft, Oracles and Magic, in EAD., (a c. di), La stregoneria, cit., p. 27.Parimenti una volta che il presunto stato di possessione veniva accertato dal gruppo, la posseduta-maleficiata-malata veniva trattata con gentilezza, si cercavano di soddisfare tutti i suoi desideri. Era così possibile che lapaziente si convincesse realmente di essere ossessa, «il suo delirio» era «in buona fede». Costei allora ben prestocomprendeva «di possedere uno strumento di potere», cominciava a simulare le crisi, a provocarle e ad utilizzarlein maniera strumentale, cominciava ad ammalarsi per divenire infine al contempo «sia malata che simulatrice». D.P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., pp. 20-21.59 C. GINZBURG, I benandanti, cit.

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avvicinandosi allo schema diabolico elaborato e diffuso da parte della medesima élite. Lacredenza nel maleficio si sviluppò verso la credenza nella possessione per mezzo delmaleficio, passando così dalle epidemie stregonesche alle epidemie di posseduti; dagli ultimidecenni del '500 e per tutto il corso del '600 vi fu una tendenza, favorita anche dalla Chiesaufficiale, verso la deresponsabilizzazione delle possedute-affatturate, non responsabili delleproprie azioni o rivelazioni60 perché ossesse dal demonio, e delle streghe, anch'esse vittime diSatana e perciò parimenti non responsabili delle proprie azioni. Tale mutamento si inserivaall'interno di un nuovo orientamento da parte della Chiesa italiana, volto al recupero ed alreinserimento all'interno della società dei devianti in materia di fede, in particolare di coloro iquali avevano avuto rapporti con Satana, come possedute, maleficiate e streghe61; inoltremostrava il ruolo attivo di propaganda svolto dagli ecclesiastici, volto a recuperare ilcontrollo non solo religioso ma anche sociale di quelle pratiche.62

3. Un caso di possessione singola: la vicenda di Maniago,

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La vicenda illustrata qui di seguito riguarda un presunto caso di possessione singola64, 60 Le vicende giudiziarie di Maniago, Andreis e Barcis mostrano come le dichiarazioni delle presunte possedutenon fossero state utilizzate «in funzione della caccia alle streghe»: nessuna delle persone accusate di possessionetramite maleficio fu mai, per quanto se ne sa, condannata dal tribunale di fede friulano. Purtuttavia non emerge«che fosse formalmente vietata l'apertura di procedimenti giudiziari a seguito delle rivelazioni di indemoniati», cosìcome non risulta che fossero mai state diffuse norme specifiche che ne proibissero il ricorso. «Forse le stesseincertezze che bloccarono interventi più risoluti in materia di repressione della stregoneria impedirono di spezzarealle radici la pericolosa contiguità tra risposta alla possessione e caccia alle streghe». Sull'utilizzo strumentale dellerivelazioni delle ossesse a livello di persecuzione e repressione della stregoneria: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti estreghe, cit., pp. 165-166.61 Se intorno alla fine del XVI secolo «in Italia sono limitatamente presenti gli aspetti più spettacolari della prassiesorcistica (comune invece, ad esempio, nell'Inghilterra e Francia del periodo, n. d. l.), ... sono arginate le tendenzea utilizzare gli esorcismi in funzione della caccia alle streghe, prevalgono aspetti altrove inesistenti, o non ancorarilevati, come la limitazione degli interventi esorcistici a pochi segni o a qualche terapia e la loro applicazione a uncampionario di disturbi molto vasto, di natura prevalentemente ma non esclusivamente psicofisica». Se perl'Inghilterra cinquecentesca Thomas aveva connesso la persecuzione stregonesca alla «distruzione da parte dellaRiforma della rete protettiva garantita dalla magia della chiesa medievale», su quel filone Romeo ipotizza che inItalia «la rinnovata presenza di un sofisticato apparato protettivo, a cominciare appunto dall'attività antidiabolicaper eccellenza, l'esorcismo», avesse posto un limite alla caccia, rivolgendo l'azione dell'Inquisizione verso ilrecupero dei dissenzienti. In altre parole «la moderazione dell'Inquisizione romana verso le streghe sarebbe figlia,oltre che della centralizzazione, delle incertezze teoriche e del garantismo procedurale, della Controriforma cheavanza, esaltando gli aspetti protettivi più tradizionali della vita religiosa. Proprio l'incentivazione di una praticaesorcistica "bassa", tendenzialmente estranea alla liberazione degli indemoniati, ma dotata di un raggio d'azionemolto più ampio di quella tradizionale, sarebbe l'espressione più conseguente di questa sensibilità religiosa». Cosìgli ossessi potevano venire liberati soltanto attraverso «un itinerario di conversione, scandito dalla confessione,dalle preghiere, dai digiuni, da una forte riproposizione dei valori spirituali che la presenza del diavolo nei corpiveniva a sfidare». G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 166-168; K. THOMAS, L'importanzadell'antropologia sociale per lo studio storico della stregoneria inglese, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit.,pp. 115-118.62 Il processo cui si assisté a cavallo tra XVI e XVII secolo fu articolato in maniera duplice e vide da un lato «latrasformazione della strega in indemoniata, della complice del demonio in vittima da aiutare», dall'altro la tendenzadella Chiesa verso la «liberazione di indemoniati ed affatturati, senza intervenire adeguatamente sui potenzialiresponsabili». D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., pp. 463-464; G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit.,p. 6; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 161-162 (la citazione è a p. 162).63 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 293, 299 e Querela civile, citt.64 All'interno della documentazione esaminata in questo studio, diversi sono i riferimenti a casi di possessionesingola, seppure il più delle volte indeterminati. A Spilimbergo si parla di una tale oppressa da spiriti malignitramite maleficio: «la moglie di messero Zuan di ... si trova machiata che sono anni sette, et per tal fatoria sitrovano duoi spiriti nel letto»: Ivi, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Leonardo Cisternini, Spilimbergo, 1 maggio 1644, c.[1v]. Sintomi di possessione sembrarono manifestarsi in una giovane nobildonna, Lucrezia di Spilimbergo, che,sentitasi male, venne visitata dal pievano e «subitto nelle benidittioni li viense fastidii grandi» ( Memoriale diLeonardo Cisternini, cit., c. [2r]). L'episodio fu confermato dallo stesso religioso, che raccontò di essere stato«chiamato alla casa di detto illustrissimo signor Alfonso (conte di Spilimbergo, n. d. l.), perché l'illustrissima

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che si sarebbe scoperto la vigilia della Pentecoste al santuario di Madonna di Rosa pressoSan Vito al Tagliamento ai danni di una giovane donna di Maniago, e permette di ricostruirein parte la natura e la dinamica dei rapporti sociali all'interno del villaggio.

Dato che l'accusa di stregoneria risultava funzionale non solo ai rapporti di naturaconflittuale e alle tensioni socio-economiche latenti del periodo, ma anche alla spiegazionedella sventura, è opportuno verificare come venne definita la possessione, come simanifestarono i sintomi, in quali situazioni specifiche, in che cosa consisterono.

La commistione tra stregoneria e possessione si evidenzia anche a livello terminologico.Se in alcune situazioni la differenza tra la condizione di maleficiata e di posseduta appareevidente, in altre lo è in misura minore. Se le donne di Maniago presunte vittime dipossessione per mezzo di stregoneria sono definite «ammaliate», delle streghe responsabili sidice «che son statte nominate da spiriti»65. Maria Tavana, una delle tre donne accusate daNicolosa, riportando le parole che Pirina Taier era andata diffondendo a suo danno,partecipò a questa commistione terminologica tra stregoneria e possessione: Pirina infattiraccontava che lei aveva «strigato et fatto intrar li spiriti nella persona di Nicolosa»66. Questacontaminazione ed ambiguità sono rilevabili anche nelle parole dei giudici: «Interrogatus anante manifestationem factam, ut asseritur a demone vexante, tenebatur illas supradictasmulieres effecisse hoc maleficium»67. Ancora: «bisogna che tu sappi come Maria Tavanahabbi fatto intrar li spiriti a Nicolosa sudetta, overo che tu li hai fatti intrar con male acti»68.

I sintomi erano in parte stereotipi: urla stridule, salti, stato di mutismo alternato aesternazioni improvvise, emissione di umori dalla bocca, amnesia di quanto accaduto unavolta che la posseduta era ritornata in sé. Per quanto riguardava l'ambito comportamentale,l'indemoniata rifiutava tutto ciò che aveva a che fare con la religione ed il sacro.

Il 12 maggio, quattro giorni prima della Pentecoste dell'anno 1655, Osvaldo Campolinoe sua moglie Nicolosa, figlia di Girolamo Locatello69, partirono da Maniago per recarsi inpellegrinaggio al santuario della Madonna di Rosa, presso San Vito al Tagliamento, incompagnia di altri abitanti del villaggio70 tra cui Menia, moglie di Giuseppe fratello diOsvaldo, con due suoi figli e una donna di nome Vignuda71. Vi giunsero lo stesso giorno e

signora Lugretia sua figlia si sentiva male, acciò io la benedissi et nel benedirla li vene fastidio, che bisognò sesentasse et stasse sentata una meza hora»: Deposizione di pre Carlo Rossetis, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c.6v. Ancora il prete di Barbeano aveva «liberato una dona che, in cambio di esser stregada, era inspiritada»:Deposizione di Daniele Romano, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 8v; Deposizione di pre Tommaso Fannio,Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 12v. Un riferimento ad una possessione per mezzo di maleficio venne dalleparole indirettamente riferite da parte di Aurizia Patavina e pare pronunciate dal reverendo di Barbeano, il qualeavrebbe così commentato l'infermità della bimba appena nata della donna: «Et poi mandai da prete di Barbeano,qual vene in casa mia et mi disse, veduta, che dubitava fosse inspiritata perché haveva veduta una simile aBarbana, dicendomi esser inspiritata per li stregamenti»: Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 25. Per laderivazione friulana del termine «inspiritata», da (in)spiritâ, spiritare: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B.CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 1094.Nella vicenda di Frisanco infine, oltre che ad un giovane di Maniago che è ritenuto ossesso da spiriti e viene poiesorcizzato, si accenna ad un individuo che «ha la madre inferma in leto son nove mesi di infirmità incognita etincurabile, et si tiene da medici che sia obsessa»: AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Pre Domenico Segala a fra GiulioMissini, [Fanna], senza data, in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria nel Friuli del XVII secolo, in Quaderniutinensi, 1-2, 1983, p. 134; Ivi, Pre Domenico Segala a fra Giulio Missini, Fanna, 29 giugno 1648, in G. PLATANIA,Un processo per stregoneria, cit., p. 122.65 Ivi, b. 39, fasc. 293, Pre Bernardino Vittori a fra Bonaventura Ripa da Ferrara, Maniago, 15 giugno 1655, c. [2r].66 Ivi, fasc. 299, fasc. Querela civile, Maria Fabbruzzi querela Pirina Rampon, Maniago, 18 giugno 1655, c. [1r].67 Ivi, fasc. 299, Deposizione di Giacomo Campolino, [Udine], 28 agosto 1655, c. [4r].68 Ivi, fasc. Querela civile, Costituto di Pirina Rampon, Maniago, 13 ottobre 1655, c. [6r].69 I «Locatelli o Dalla Riva, originari di Bergamo» risultano presenti a Maniago fin dai primi del Cinquecento, anchese già da tempo si erano stabiliti a Udine: A. STEFANUTTI, Maniago nell'età moderna e contemporanea: linee e temidi una ricerca storica, in C. G. MOR (a c. di), Maniago. Pieve, Feudo, Comune, Maniago, Comitato per il Millenario981-1981, 1981, pp. 77, 81.70 Il pellegrinaggio è strettamente relato al «legame di parentela spirituale» di coloro che vi partecipano, non solo aquello biologico. «Dalla parentela reale, se ad accompagnare l'"ossesso" sono familiari, a quella fittizia nelcondividere provvisoriamente l'itinerario rituale del pellegrinaggio, il cibo e la bevanda, il porsi sotto lo stessomanto di protezione divina, l'assistere, quasi in funzione di compadrinaggio, alla crisi liberatoria durante lafunzione». D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., p. 463.71 «La solidarietà familiare e vicinale, che si esprime non solo nello stretto contatto della vita quotidiana ..., manell'intervento in caso di necessità, e però anche in una sorta di timorosa sorveglianza del membro "infetto" diquesto corpo collettivo, fornisce un riflesso illuminante di uno stato d'animo che non è necessariamente e solo

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subito Nicolosa, già inferma da qualche tempo, man mano che si avvicinava al luogo sacro,mostrò segni di nervosismo: «doppo esser stati vicini la chiesa della Madona, faceva forza pernon entrarvi, ma poi, entratavi et ingenocchiatassi, cominciò a gridare, far strepiti et asaltare, che non la potevamo tenere»72. Per quattro giorni aveva seguitato con tali clamori,pronunciando parole che gli astanti non erano riusciti a comprendere. Improvvisamente lavigilia della Pentecoste, il 15 maggio, accusò tre donne del suo stesso villaggio di averle fattoentrare gli spiriti in corpo tramite maleficio73, ossia Pirina, vedova di Bernardino Rampon,detta Taier74, Maria, moglie di Domenico Fabbruzzi75, detta Tavana e sua figlia Domenica76:«finiti li quattro giorni, nella medesima chiesa della Madona cominciò a favellare77

chiaramente, dicendo che Perina Taglieri l'haveva faturata e, venendole alla gola certihumori, diceva: "E chi altri?", e poi rispondeva che Maria Tavana e sua filia, ancor lorol'havevano faturata in un confetto»78. Per circa due settimane perseverò in talecomportamento, con una frequenza quotidiana piuttosto costante, quattro o cinque volte algiorno79.

La possessione di Nicolosa secondo le testimonianze era stata attuata attraverso una

pietà: se i vicini accompagnano, talvolta portano il malato, per iniziativa sua o (nella quasi totalità dei casi) deifamiliari, sul luogo del rito di guarigione, se vi assistono e vi partecipano, se recano al letto di lui gli oggetti atti acompiere questo rito, è perché non è un individuo ad essere malato, e perché il gruppo, che sarebbe anch'essogarito, non è semplicemente una somma d'individui. Non si è soli, dunque, nella malattia». A. I. GALLETTI,«Infirmitas» e terapia sacra, cit., p. 22.72 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, cit., c. [5v].73 La rivelazione della possessione proprio alla vigilia della Pentecoste assume una decisa valenza simbolica,perché questa specifica solennità religiosa cristiana, che cade cinquanta giorni dopo la Pasqua, commemora,secondo la tradizione cattolica, la discesa dello Spirito Santo, in forma di lingue di fuoco, sugli apostoli, riuniti nelcenacolo (rapportabile ad una possessione benefica). Essi cominciarono così a parlare in altre lingue ed aprofetare, come aveva voluto Dio. Si veda: Atti degli Apostoli, 2-2.41.74 «Rampon», dal friulano rampòn, rampone, termine tecnico proprio dei maniscalchi (forse l'attività svoltadall'uomo o da uno dei suoi antenati); i rampóns sono propriamente dei ferri da cavallo, ma anche le punte che siapplicano agli stessi ferri affinché i cavalli non scivolino sul terreno ghiacciato. In Val Cellina è attestato l'uso deltermine rampòn o rompòn, ad indicare il rampone per la dàmene o dàmeda, così a Erto, in Friuli la dàlmine, zoccolocon la tomaia a uso di scarpa. «Taier», dal friulano tajér, taîr, tagliere, piatto rotondo in legno di faggio, senzasponde, utilizzato per il taglio di erbe o altre cose minute, spesso anche utilizzato per svuotarvi sopra la polenta. G.A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 847 (rampòn), 1165-1166 (tajér, taîr), 1603(rampòn, rompòn in Val Cellina).75 «Tra gli originari del luogo o delle immediate vicinanze» rientrano i Fabbruzzi, «discendenti di Bonadeo, foggiatoridi armi e di falci». Essi si costruirono pazientemente nel corso del '500 una discreta fortuna, tanto che mastroRomolo il "falzaro" poté acquistare in paese beni immobili e permettere al figlio gli studi notarili. Simone infattidiventò notaio, fu cancelliere della curia signorile tra 1595 e 1605 e consentì alla propria famiglia la promozionedal grado popolare a quello di "civile", suggellata dalla trasformazione del cognome Fabbruzzi in quellolatineggiante e perciò più raffinato di Faberio». A. STEFANUTTI, Maniago nell'età moderna, cit., pp. 77, 81. SimonFaberio è il nome del notaio che scrisse la lettera per conto di Giacomo Campolino: AAUD, S. Officio, b. 39, fasc.293, Deposizione di Osvaldo Campolino, cit., c. [5v]; B. MALATTIA, Fabbri e coltellinai, in C. G. MOR (a c. di),Maniago. Pieve, Feudo, cit., pp. 461, 481; E. ROSA, I «beni comunali» a Maniago nel periodo veneto (XV-XVIII sec.), Ivi,p. 355.76 «Tavana», da tavàn, tafano, da cui anche tavanâ, nel senso di assillare, come fanno i tafani: G. A. PIRONA - E.CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 1178.77 Si veda il friulano, fevelâ, favelâ, parlare: ID., Il Nuovo Pirona, cit., p. 308.78 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, cit., c. [5v]. L'episodio venne confermatoanche da Giacomo Campolino: «Ma la vigilia di Pascqua di maggio, in circa a hore venti una, cominciarono aparlare i spiriti, con dire che Perina Taieri e Maria Tavana e sua filiola l'havevano guasta già quattro anni sono inun confetto»: Ivi, fasc. 299, Deposizione di Giacomo Campolino, cit., c. [3r].79 Nel fascicolo riguardante la vicenda che nel 1648 coinvolse alcune comunità della valle del Colvera, compare unaccenno ad un caso di possessione per mezzo di stregoneria, avvenuto a Maniago. Pre Domenico Segala, pievanodi Fanna e Cavasso, riferì come durante la Quaresima di quell'anno il padre predicatore dei servi di Maniagoavesse esorcizzato un giovane, ritenuto posseduto da spiriti maligni, i quali avevano affermato di essere penetratinel suo corpo a causa dei malefici di una donna, una tale Maria: Ivi, b. 31, fasc. 28, Pre Domenico Segala a fraGiulio Missini da Orvieto, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 134.Alcuni elementi se paragonati con la vicenda di Nicolosa, secondo le testimonianze verificatasi sette anni dopo,sono comuni: la festività religiosa che assume un valore simbolico, in un caso giorno in cui il posseduto venneesorcizzato (Quaresima), nell'altro momento della scoperta della possessione di Nicolosa (Pentecoste); gli spiritimaligni, presenti nel corpo dell'indemoniata, accusano la strega o le streghe responsabili della possessione permezzo di un maleficio; il nome della colpevole, Maria, ricorre in entrambi gli episodi; tuttavia non vi sono elementisufficienti per ritenere che la Maria qui citata sia la Maria Tavana coinvolta nella vicenda posteriore (come pareinvece indicare G. P. GRI, Val Colvera, cit., p. 208, n. 34).

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fattura veicolata dal cibo, i cui responsabili presunti erano individui reali. L'indemoniatasvolgeva la funzione di accusatrice principale, facendo i nomi delle presunte streghepubblicamente e davanti all'intera comunità. In tal senso la possessione di cui si reputavafosse oggetto Nicolosa può essere definita di tipo attivo, dato che le aveva permesso diidentificare ed accusare le responsabili, assumendo così un ruolo di controstrega.

Parimenti in base alle dichiarazioni processuali è possibile risalire ad alcune situazioniconflittuali, caratterizzanti il rapporto tra la vittima della possessione e le presunte streghe.

Per quanto concerne la relazione dei coniugi Nicolosa e Osvaldo Campolino con PirinaRampon, costei aveva frequentato l'abitazione dei due, consuetudine che però si erainterrotta negli ultimi tre anni, segno che evidentemente qualcosa era accaduto80.

In relazione invece al rapporto tra i due Campolino e Maria Tavana, il conflitto apparepiù che evidente. La Tavana, prima ancora che Osvaldo prendesse moglie, gli aveva offerto dicontrarre matrimonio con una sua figlia, il giovane aveva però rifiutato preferendo Nicolosa.L'opposizione aveva avuto pertanto origine da questioni matrimoniali ed aveva potutofacilmente far ricadere sulla Tavana l'origine dei mali di Nicolosa, visti come atti vendicativicompiuti dalla stessa Tavana e contro Osvaldo, colpevole del rifiuto, e contro Nicolosa,usurpatrice del ruolo che Maria desiderava per la figlia81.

Il veicolo del maleficio sarebbe stato un non meglio definito confetto82. Ancora unavolta era il cibo ad essere lo strumento della stregoneria, anche se in questo casosembrerebbe essre stato donato con ben altre intenzioni: infatti Nicolosa, quando avevaricevuto il confetto, era già inferma da molto tempo, non poteva mangiare né pane néminestra83, è perciò ampiamente plausibile che esso altro non fosse che un rimedio popolareper guarire. Tuttavia la terapia non aveva avuto successo, le condizioni di salute dellagiovane di più si erano aggravate, con la presenza di un elemento aggiuntivo, lo stato dipossessione.

Nicolosa Campolino aveva rivelato l'identità delle colpevoli e le aveva accusate inpubblico, parlando per bocca degli spiriti maligni che la possedevano, godendo di una sortadi impunibilità: lei infatti era la vittima, la persona danneggiata dal maleficio-possessione, eanche se aveva pronunciato quelle parole in prima persona era, ai suoi occhi come a quellidei suoi famigliari e compaesani, evidentemente non colpevole, trovandosi sotto il dominiodelle entità che ne occupavano il corpo.

Tuttavia le persone accusate di stregoneria potevano a volte reagire con violenza edecisione alle accuse rivolte, in alcuni casi non solo da un punto di vista verbale, ma anchefisicamente. Così Pirina Taier rivendicò con energia la propria estraneità ai fatti,rispondendo con determinazione alle insinuazioni altrui ed affermando che se lei era strega,allora ve ne erano molte altre come lei84, aggiungendo inoltre che se l'avessero bruciata sulrogo, avrebbe allora rivelato diversi altri nomi85.

80 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, cit., c. [6r].81 Ivi, fasc. 299, fasc. Querela civile, Maria Fabbruzzi querela Pirina Rampon, cit., c. [1r]; Ivi, Deposizione di Domenicodel Bertolo, Maniago, 24 giugno 1655, c. [1v]; Deposizione di Lucia del Bertolo, Maniago, 29 luglio 1655, c. [2r];Deposizione di Domenica di Candido, Maniago, 30 luglio 1655, cc. [2v-3r]; Costituto di Pirina Rampon, cit., cc. [5v-6r]. Per un caso di presunta possessione spiritica tramite stregoneria connesso a questioni matrimoniali, anche secon presupposti differenti, in cui la persona ossessa è parimenti una giovane sposa, mentre i presunti responsabilisono la persona che si ritiene danneggiata ed i suoi familiari: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp.109-112, 126-133, 149.82 Il confetto venne materialmente consegnato a Nicolosa da Domenica: «la putta filiola di Maria Tavana dissech'era la verità haverle dato un confetto una certa sera, hauto da sua madre». AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299,Deposizione di Giacomo Campolino, cit., c. [3r]. Tuttavia vi è una versione differente, attestata in una solaoccasione, secondo la quale si sarebbe trattato di due malefici distinti, uno non ben definito da parte dellaRampon, l'altro per mezzo del confetto della Tavana: Ivi, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, cit., c. [5v].83 Il medico inglese seicentesco Edward Jorden, nel sostenere che i sintomi ritenuti propri della possessione eranoinvece peculiari dell'isteria e di altre malattie, in specie l'epilessia, affermò che a ciò andavano ricondotte anchealtre manifestazioni, come la difficoltà a bere e mangiare, le convulsioni, l'insensibilità, gli attacchi provocati dallapresenza di una determinata persona o che avvenivano a scadenze regolari, sintomi che erroneamente eranoascritti alla possessione demoniaca. Il digiuno per contro era un efficace strumento per cacciare i demoni: D P.WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., p. 18.84 «Quando alcuni le hanno detto stregha, ella si è posta a ridere rispondendo: "Se son io, ve ne sono ancodell'altre!"»: AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 293, Deposizione di Osvaldo Campolino, cit., c. [6r].85 «Ho sentito dire dalla gente, che hora non mi ricordo, che Pirina, moglier del quondam Bernardin Rampon daManiaco, ha detto che se essa veniva condotta a morte per striga, che anchor essa vorà farne abrugiar delle altre»:

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La vicenda della presunta possessione diabolica di cui era rimasta vittima NicolosaCampolino si era verificata all'interno di una situazione di relativa conflittualità nei rapportisociali. In base alle parziali notizie fornite dai verbali, non è possibile ricostruire consicurezza né l'estrazione sociale né la condizione economica di testimoni e imputate, fattaeccezione per alcuni: il conte Bartolomeo di Maniago86 e il suo cancelliere Giovanni BattistaFannio, il pievano di Maniago pre Bernardino Vittori87, i contadini Giacomo e OsvaldoCampolino, Vignuda moglie dell'oste Pietro Ragunatto.

Il sospetto, di solito favorito da una particolare situazione di ansia e tensionepsicologica a livello collettivo, si palesava all'interno della comunità con una serie dipettegolezzi, chiacchiere e timori, che si indirizzavano su individui particolari, spesso giàconosciuti in paese per la loro reputazione ambigua. Nella vicenda maniaghese le personesospettate, a causa delle rivelazioni Nicolosa, di averne causato la possessione tramitemaleficio erano tre, Pirina Rampon, Maria Fabbruzzi e sua figlia Domenica, anche se l'ultimaera stata coinvolta di riflesso, verosimilmente poiché sua madre Maria deteneva già unanomea di strega, seppure non solida ed uniformemente attestata.

Le accuse contro Pirina Taier e Maria Tavana provenivano pressoché tutte dalla fasciasociale cui anch'esse appartenevano. Tuttavia la loro fama di streghe venne riferita anchedal conte di Maniago e dal suo cancelliere e questo, anche se in maniera alquanto limitata,consente un riferimento al fatto che le medesime credenze sulla stregoneria erano parimentidiffuse in tutte le categorie sociali, anche tra le persone che potevano disporre di unamaggiore preparazione culturale.

Il più delle volte i personaggi coinvolti nella vicenda sembrarono dar peso unicamentealle chiacchiere che correvano per il paese, alle dicerie che si diffondevano di bocca in bocca,senza fondarsi su fatti a loro accaduti o da essi stessi riscontrabili tangibilmente.Parallelamente non vennero appurate contro quelle donne prove reali, che ne ratificassero inmaniera evidente ed effettiva la colpevolezza, ma queste derivarono esclusivamente dal loromodo di agire, motivo per il quale il tribunale inquisitoriale friulano decise di chiudere subitola vicenda, deliberando non esservi alcuna prova sufficiente per aprire un processoinformativo88.

4. Due casi di possessione collettiva: le vicende di Andreis e

Barcis, 166389

Dai verbali inquisitoriali relativi alle vicende di presunte possessioniscoperte nei villaggi di Andreis e Barcis durante l'estate del 1663, si puòtentare un raffronto tra quei casi di possessione collettiva e la possessionesingola di Maniago. Tuttavia a causa dei limiti interni alle fonti documentarienon è possibile ricostruire il carattere e la dinamica dei rapporti sociali

Ivi, fasc. 299, fasc. Querela civile, Deposizione di Ludovico Margnani, Maniago, 9 ottobre 1655, c. [4r]. Provenientidalla Svizzera, i Margnini «si arricchirono commerciando biade, vino, animali, anche se poi il ramo rimasto nellazona non ebbe la fortuna di quello trasferitosi a Montereale»: A. STEFANUTTI, Maniago nell'età moderna, cit., pp.77, 81.86 Indicativamente sulla famiglia dei conti di Maniago: M. G. B. ALTAN, Il casato dei conti di Maniago. Cenni storici egenealogia, in C. G. MOR (a c. di), Maniago. Pieve, Feudo, cit., pp. 361-383.87 Pre Vittori fu pievano di Maniago dal 1633 al 1661: A. GIACINTO, La «pieve» di San Mauro, Ivi, p. 207.88 Il documento con cui l'Inquisizione friulana chiuse emblematicamente la vicenda maniaghese, terminava conqueste parole: «Explectaque lectione et requisitis votis, dominum consultorum omnes unanimiter consulueruntnon adesse inditia sufficentia ad formationem processus informativi, unde fideliter dictas denunciationes essecustodiendas ut advenientibus aliis inditiis et cetera possit procedi prout de iure iustum fuerit, et itareverendissimi iudices decreverunt». AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, Delibera del tribunale inquisitoriale,Pordenone, 10 settembre 1655, c. [5v].89 Ivi, b. 42, fasc. 392, cit., cc. 1v-12r; Ivi, fasc. 395, cit., cc. 1v-12r; Ivi, b. 73, fasc. 44, cit., cc. 1v-12r.

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interna ai due villaggi della Val Cellina, vista l'esilità delle informazioni inesse contenute90.

Come nel caso maniaghese, la commistione tra stregoneria epossessione si riscontra anche a livello terminologico. Le vittime dipossessione per mezzo di stregoneria vengono definite di volta in voltamaleficiate oppure possedute: i vocaboli, in origine distinti, vengono utilizzaticome sinonimi, segno che forse con il passare del tempo la distinzioneterminologica, soprattutto a livello popolare, si stava affievolendo. Lacommistione tra stregoneria e possessione è evidente ad esempio nelle parolepronunciate da Osvaldo della Stella, il denunciante inviato dal comune diAndreis, il quale, riferendosi alla figlia di Cristoforo della Stella, avevaaffermato che «la giovine andò a casa, e subito comminciò a fare una manodi streppiti come affatturata»91. Costei presenta uno dei sintomi specifici dellapossessione, ma viene definita maleficiata. La situazione non è diversa nelladocumentazione relativa alla vicenda di Barcis. La contaminazione siesprime con chiarezza nelle parole del denunciante Sebastiano Corradini,che aveva ricordato come Domenica Bozzi «si scoprì affatturata per mezo dimolti strepiti e gridi che ella fece; e diceva che Cecilia, figlia del quondamDaniel Bozzi, l'aveva affatturata»92. La possessione venne definita anche inquesto caso in maniera ambigua e causata da maleficio: si parlava di diavoliche avrebbero occupato i corpi di numerose fanciulle e donne, ma si facevariferimento anche a spiriti maligni93.

Le manifestazioni di queste possessioni, soltanto parzialmenteconvenzionali, erano individuabili innanzitutto a livello fisico: la persona

90 L'unica indicazione, seppure piuttosto generica, relativa ad una presunta matrice conflittuale riguardava comesi è visto la vicenda di Maria, moglie di Domenico, la quale, parlando durante il suo stato di possessione, avevarivelato di essere stata stregata da Pasqua di Salvadore e sua figlia Maria per invidia: Ivi, b. 42, fasc. 395,Deposizione di Sebastiano Corradini, Udine, 27 settembre 1663, cc. 3r-3v.91 Ivi, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, Portogruaro, 3 agosto 1663, c. 8v.92 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, Udine, 27 settembre 1663, cit., c. 3v.93 Dal secondo memoriale di pre Tommaso Biasi, conosciamo i nomi di alcuni di questi diavoli-spiriti: «Dragone»possedeva Maria, moglie di Domenico Florido di Salvador di Buch; «Bruno» occupava il corpo di Maddalena, figliadi Domenico Vittorello; «Basilisco» era entrato in Franceschina, figlia di Cristoforo della Stella; «Coder» e «Leone» sitrovavano all'interno di Andriana, figlia di Giacomo di Bernardino. I nominativi diabolici richiamano alle qualitàintrinseche nonché alla iconologia ed iconografia connesse ai nomi: Leone è legato ad un animale reale, il leone,indica audacia e forza; Dragone si riferisce ad una bestia mitica, simile ad un enorme rettile alato che vomitavafuoco, e denota ferocia, efferatezza e malvagità; Basilisco nella zoologia greco-romana rappresenta un mostrofantastico, con poteri malefici e terribili, spesso raffigurato con una cresta a guisa di corona, ma anche un rettilereale (in friulano la voce basilìsc è rimasta a contrassegnare un animale leggendario velenoso e vivace, o chi sicomporta in tal maniera); Bruno è connesso all'oscurità, alle tenebre infernali e allo stesso colore della carnagionedei diavolo, cosi come veniva spesso raffigurato tradizionalmente (per Coder non ho rintracciato alcuna analogiaspecifica, eccetto il rimando, peraltro scontato, all'italiano coda, in particolare di animale, o i riferimenti perassonanza ai vocaboli friulani codâr, propriamente corno, ma anche vaso scavato nel legno, che i falciatori portanocon sé appeso alla cintura, in cui tengono dell'acqua e la cote utilizzata per affilare la falce, e codèr, quaderno). Ilnome «Faraon Drago» risulta attestato in una serie di procedimenti concernente una donna di Venezia, ElenaDraga, nota terapeuta ed indovina, che esercitava tali attività proprio grazie alla presunta possessione (positiva) diquello spirito: M. MILANI (a c. di), Antiche pratiche di medicina popolare nei processi del S. Uffizio (Venezia, 1572-1591), Padova, Centrostampa Palazzo Maldura, 1986; EAD. (a c. di), Streghe e diavoli, cit., pp. 9-10; AAUD, S.Officio, b. 42, fasc. 395, Secondo memoriale di pre Tommaso Biasi, [Andreis], 19 ottobre 1663, cc. 10r-10v; G. A.PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., pp. 42 (basilìsc), 165 (codâr), 166-167 (codèr).Riguardo alla valenza di questi animali come animali demoniaci in culture di diverse epoche, ricordoindicativamente per il drago o dragone: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 16, 33, 80, 114, 116, 135, 141,143, 146, 164, 167, 169-174, 320, 326, 358; per il leone: ID., Il diavolo. Le forme, cit., pp. 133, 141, 148, 170, 190,226.

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ritenuta posseduta poteva essere colpita da un notevole rilassamento delcorpo94, che si manifestava in uno stato di deliquio, o da un irrigidimentodello stesso, sclerosi, o ancora da spasmi violenti, accompagnati in alcunicasi dalla secrezione di umori dal cavo orale, a volte da un cambiamentodell'espressione e del timbro vocale, che in alcune situazioni poteva sfociarein un mutismo assoluto oppure in una loquacità intensa, accompagnata dagrida stridenti. Le crisi diaboliche erano particolarmente intense in alcuniperiodi dell'anno connessi a festività devozionali o ad attività cerimonialispecifiche.

La persona posseduta, a livello comportamentale, tendeva ad assumereun atteggiamento contrario ai dettami religiosi: a seconda dei casi poteva intal modo respingere qualsiasi contatto con tutto ciò che era sacro, agitarsialla visione di un sacerdote, rifiutarsi di entrare in chiesa, reagire al contattocon l'acqua benedetta pronunciando bestemmie e oscenità, perdereapparentemente il controllo delle proprie azioni come se venisse comandatadall'entità che si riteneva la possedesse. Il livello di tensione e suggestione,individuale ma soprattutto collettiva, poteva essere talmente elevato daesplodere non solo in una aggressione verbale, ma in un attacco fisicoviolento contro le presunte colpevoli della possessione mediante stregoneria.

Inoltre i soggetti posseduti potevano o meno manifestare una serie dicapacità attive: conoscenze occulte su passato, presente e futuro, ritrovareoggetti celati, smarriti o trafugati, conoscere l'identità delle stregheconsiderate responsabili della possessione tramite maleficio, in alcuni casisenza essere a conoscenza della loro presenza, individuare altre indemoniate,svolgendo così una funzione di controstregoneria95.

Ad Andreis Maria, moglie di Giovanni Maria Pallua, venne riconosciutavittima dei demoni da un lato perché era caduta a terra tramortita nonappena il pievano l'aveva benedetta con l'acqua santa e le aveva postoaddosso la stola sacra, dall'altro perché il marito le aveva fatto indossaredegli Agnus Dei benedetti dal papa, dopo di che la donna aveva iniziato adurlare e strepitare, nonché a parlare per bocca del demonio che si reputavala possedesse, accusando la presupposta strega responsabile, MargheritaTavani96.

94 Pre Tommaso Biasi accennò al fatto che gli spiriti maligni-diavoli che possedevano alcune delle ossesse eranolocalizzati in una parte inferiore del corpo, probabilmente a livello dello stomaco: AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395,Secondo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 10r. Allo stesso modo alcune delle testimonianze raccolte daMilani seguono «l'idea comune che la strana voce delle donne in trance fosse provocata dagli spiriti che "venivanosu" e si fermavano in gola»: M. MILANI (a c. di), Streghe e diavoli, cit., pp. 10-11, 49, 52. Rammento che l'apparatodigerente viene considerato dagli Azande sede della stregoneria, intesa come una sostanza che risiedeva nel corpodegli stregoni (il fegato o l'intestino tenue, la cistifellea o lo stomaco): E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracolie magia tra gli Azande, Milano, Angeli, 1976, in particolare pp. 40, 57-58, 66, 72, 77-86.95 Se «capita una creatura alla porta della chiesa, quantunque che si posta in sieme con tomulto di giente,incontinente la conoscono, a benché non la vedono». Così può capitare che giunga «qual si voglia persona. chevoglino parlare con lori, li sano dir dove sono, il nome cognome della casa, le fortune che li sono sucesse, sì bonecome cative. Se capita alla porta della chiesa una persona di qual si voglia sesso, se la è obsessa da spiriti maligni,incontinente la conoscono, et li vanno incontro tutte invitandolo a rapresentarsi avanti la beatissima Vergine,gridando tutte a quelli spiriti che posedono quel corpo, dicendo: "Occulto, occulto", fin tanto che lo fanno scoprirfuora quel o quelli spiriti maligni». AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, cit.,cc. 4r-4v.96 Ivi, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., cc. 6v-7v. Sulla presenza di una famiglia Tavani ad Andreis fin dal XV

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Similmente era accaduto anche ad altre donne che, dopo essere statebenedette dal pievano, avevano palesato la loro condizione di possedute permezzo dei medesimi sintomi: Giovanna, moglie di Giovanni Giacomo diSebastiano Tavani, ed una tale Maria97; così inoltre si era comportata la figliadi Cristoforo della Stella, con grida e strepiti98.

Alla moglie di Pietro di Giovanni di Bernardin era capitata una cosasimile. Già sofferente in precedenza di disturbi che le provocavano tremori, ilgiorno dell'Assunzione aveva manifestato il proprio stato di posseduta,tentando di baciare, saltando, l'immagine della Madonna delle Grazie, postain alto, e gridando il nome della strega che riteneva le avesse mandato ildiavolo in corpo99.

Domenica, figlia di Domenico di Piazza, una bimba di dodici anni, avevasofferto in passato di malesseri, storcimenti del corpo, verosimilmenteattacchi convulsivi, infermità che in seguito era andata via via peggiorando,dal momento che la bimba aveva iniziato a non parlare né camminare più.La vigilia della Madonna d'agosto del 1661 era stata condotta a pregare nellachiesa di Andreis davanti all'immagine della Vergine delle Grazie, dove erastata poi guarita, tanto che era ritornata a casa camminando con le propriegambe e parlando. Due anni dopo però Domenica aveva iniziato di nuovo asoffrire di quei disturbi, in aggiunta aveva preso a muovere in manierainconsueta un braccio ed era stata perciò ricondotta ad Andreis. Davantiall'immagine della Madonna la bimba aveva così pianto con intensità ed erastata successivamente riportata indietro alla propria abitazione. Dopoqualche tempo vi era ritornata ed il diavolo, che, così si era scoperto, siriteneva la possedesse, si era manifestato, facendo in modo che Domenicainiziasse ad urlare che era stata la Madonna a costringerlo a palesarsi100.

Pre Lucio d'Alberto descrisse, in due missive inviate all'inquisitore fraAngelo Gherardini da Ravenna, i sintomi della sospetta possessione diquattro persone. Così egli dichiarò che la vigilia della Madonna d'agosto,dopo che la Vergine Maria era apparsa ad alcune donne e bambine del luogo,si era scoperto che molte persone ad Andreis erano vittime di possessione, edurlavano, strepitavano, gridavano i nomi delle streghe considerateresponsabili101.

Anche alcune donne del paese di Barcis si erano recate a pregare pressol'immagine della Madonna delle Grazie situata nella chiesa di Andreis e,davanti a quell'immagine, avevano manifestato i sintomi convenzionali dellapossessione102, nonché avevano avuto visioni mariane103.

secolo: G. ROSA, La villa e la valle di Andreis, cit., pp. 34, 38, 104. Per alcune indicazioni su altre famiglie abitantiad Andreis nel corso del Seicento: Ivi, in particolare pp. 33-38, 104.97 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., c. 7v.98 Ivi, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., cc. 8r-8v.99 Ivi, fasc. 395, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, [Andreis], 18 settembre 1663, c. 9r.100 Ivi, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 9v.101 Ivi, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, cit., c. 2r; Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, Andreis, 26agosto 1663, cc. 4r-5r.102 «In realtà permane un margine di ambiguità sulla valenza negativa dell'invasamento. Infatti le modulazioniindividuali coprono un ampio spettro di possibilità che va dalle presenze malvagie a quelle illuminanti. Ciòconsentirà uno sviluppo imprevisto nel segno della profezia che pare configurarsi sia come indicazione terapeutica

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Così accadde a Osvalda, moglie di Andrea Corradini104, a Caterina,moglie di Fiorito Zamora105, a Domenica, moglie di Battista Corradini, cheebbe una visione dopo aver pregato davanti ad un'immagine della Madonnadel Carmine che teneva in casa, dopo di che si era recata nella piazza diBarcis a pregare davanti all'immagine dipinta nella cappelletta ivi situata106;ancora a Maddalena, figlia di Daniele Tinor, la quale prima aveva avuto unavisione della Vergine e poi aveva palesato la propria condizione di possedutadal diavolo107. Anche Maria, moglie di Domenico, si era scopertaindemoniata, ciò dopo una processione pubblica alla cappelletta votiva diBarcis e, terminate le preghiere, aveva svelato la propria condizione con saltie grida108. La medesima cosa era capitata a Domenica, figlia di GiacomoBozzi109, a Pasqua, figlia di Nicolò Traina110, a Caterina, moglie di CristoforoBozzi111, alla moglie di Sebastiano Corradini112 e a Giovanna, figlia di PietroTinor113.

I medesimi sintomi di possessione avevano inoltre colpito ancheindividui non appartenenti alla comunità di Andreis né a quella limitrofa diBarcis, persone che si recavano nella chiesa di Andreis a rendere omaggioall'immagine della Madonna delle Grazie, per devozione. Piero di DomenicoLordan da Maniagolibero vi si era recato agli inizi del mese di settembre incompagnia della moglie, «senza aver prima suspetto alcuno che fosseinspiritata». La donna, pur essendo sempre stata in buona salute, man manoche si avvicinava al paese, aveva manifestato dei disturbi, che siintensificavano via via che diminuiva la distanza dalla chiesa. Infatti, ancoraprima di oltrepassare i confini del comune di Andreis, «cominciò a dire d'averperse le gambe, giunta al morello del sagrado, ivi si fermò, non facendo stimad'entrare in chiesa». Una volta oltrepassatone però l'ingresso, «subbitosbassò il capo et uscì di chiesa» fulmineamente. Quindi era statanuovamente accompagnata «dentro da due persone, et faceva streppiti

di contenuto religioso per la cura delle colpite, sia come appello, quasi messianico, per la comune salvezza. ...L'irriducibilità del fenomeno ad una possessione demoniaca emerge dal particolare carisma acquisito attraversol'enunciazione profetica delle donne protagoniste». C. CESCHIA - D. COZZI, «Las Indias de por acà», cit., p. 58.103 «Uno dei modi migliori per una donna di conseguire la santità pubblica, influente e ascoltata, consisteva nellapossessione benefica mascherata da possessione diabolica, o quantomeno nella combinazione di entrambe»: D. P.WALKER. Possessione ed esorcismo, cit., p. 111. Sul rapporto tra possessione benefica-diabolica, santità femminilee finzione tra età medioevale e moderna: A. MORINO (a c. di), Jeanne des Anges, cit., p. 176; G. ZARRI, Finzione esantità tra medioevo ed età moderna, Torino, Rosenberg & Sellier, 1991; EAD., Le sante vive. Per una tipologia dellasantità femminile nel primo Cinquecento, in Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento, VI, 1980, pp. 371-445; EAD., Le sante vive: Profezie di corte e devozione femminile tra '400 e '500, Torino, Rosenberg & Sellier, 1990.104 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., cc. 2r-3r.105 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 4r106 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., cc. 2r-2v.107 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 3r.108 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., cc. 3r-3v. Oltre ad una «differenza funzionale» del rituale dellaprocessione (e del pellegrinaggio), simbolo e strumento celebrativo, diagnostico e terapeutico, è presente anche«una diversità ideologica, in quanto sembra che ci si contenga entro i limiti della richiesta di intercessione, mentrein realtà osserviamo anche una azione diretta, nel condurre se stessi nel luogo della cura, e nell'agire, riprendere,riprodurre la crisi durante le funzioni. D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., pp. 462-463.109 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 3v.110 Ibidem.111 Ibidem; Ivi, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 9r-9v.112 Ibidem.113 Ibidem; Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 3v.

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grandi»114.Similmente era accaduto a Giorgio Roveto da Tramonti, che aveva

condotto la figlia Maria ad Andreis già inferma, dopo aver sentito la famadelle manifestazioni mariane e delle guarigioni115.

Pre Tommaso Biasi, rettore in Tesis e trasferitosi appositamente adAndreis su ordine del vicario dell'Inquisizione della diocesi di Concordia, fraAntonio Dall'Occhio, al fine di raccogliere direttamente informazioni sullavicenda, aveva avuto modo di osservare la stereotipia sintomatologica.«Quasi tutte quelle persone stimate obsesse» si comportavano in manieragrossomodo uguale: «queste, quando il demonio comincia a travagliarle, apoco a poco cominciano ad agitarsi, et sempre più forte, et a sufflare116, puoisaltano in piedi, et et cominciano a streppitare et a gettare via il fazzolettodel capo, et la corona, et in un subbito si vedono, non so come, slegate etsparse tutte le chiome. Quasi tutte saltano gagliardamente et di continuo,sin tanto che sono travagliate, et per il più maledicono le strighe che li haposti in quelli corpi maledetti, nominando esse strighe o con il nome proprioagiungendovi l'epitteto "Bu et Ba", oppure con questo nome generico "il miodiavolo vivo". [...] Quando poi il demonio si quieta, quasi sempre caddono etrimangono per alquanto come morte et pallide, et non sanno cos'alcuna diquello sia seguito, et rispondono per il proprio nome. Ma quando sontravagliate, il demonio risponde: "Non sono vostra signora Madalena, ma ildiavolo". Et hanno allora li occhi lucidi ma con guardatura brutta»117.

Comunemente, abbiamo visto, si credeva che la strega trasmettesse ilmaleficio alla sua vittima per mezzo di un contatto, che poteva essere, aseconda dei casi e delle combinazioni, fisico e/o verbale e/o visivo;parallelamente si riteneva che attraverso quella connessione causassel'ingresso dei diavoli nel corpo degli esseri umani.

Margherita, moglie di Giuseppe Tavani, era stata accusata di avertrasfuso la fattura, e con essa la possessione, nei confronti di Maria Palluaper mezzo di un contatto fisico iterato. Maria, «venendo da messa, passòavanti la porta di Malgarita già detta, la quale, uscendo all'ora all'improvvisodalla porta, pose tre volte le mani sotto la centura a detta Maria»,grossomodo all'altezza della zona uterina, parte del corpo connessa allafertilità ed alla riproduzione femminili118.

Lucia, figlia di Salvatore di Bucco, si diceva avesse causato lapossessione di una figlia di Cristoforo della Stella dopo che le due avevanodialogato tra di loro, in maniera amichevole, distesa e senza tensione119.

Il demone Coder che si riteneva possedesse Andriana, figlia di Giacomodi Bernardino, riferì di essere entrato nel corpo della donna a causa di una

114 Ivi, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 8v-9r.115 Ivi, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 9r.116 Si veda il friulano soflâ, soffiare: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 1063.117 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Secondo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 10v-11r.118 Ivi, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., cc. 6v-7v.119 Ivi, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., cc. 8r-8v.

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noce, alla stessa maniera dichiarò esservi penetrato l'altro diavolo, Leone120.Parimenti lo spirito che occupava il corpo di Osvalda Corradini affermò che ilveicolo del maleficio era stato un piatto di minestra121.

Come documentato nelle fonti, era sovente l'indemoniata stessa adimputare la strega che stimava responsabile, indicando in alcuni casi ancheil veicolo del maleficio: così si erano comportate Maddalena di Daniele Tinornei confronti di una tale Maria Rosa122, parimenti Domenica Corradini avevaaccusato pubblicamente Maddalena Corradini123, Pasqua di Nicolò Trainaaveva imputato Domenica di Domenico Traina124, Caterina di Cristoforo Bozziaveva indicato Cecilia di Daniele Bozzi125, mentre Giovanna di Pietro Tinor sel'era presa con Pasqua di Salvadore e sua figlia Maria126.

In altri casi invece la posseduta forniva quel genere di notizie attraversola voce della stessa entità maligna, che si riteneva occupasse il corpo dellaposseduta. Così nei casi di Osvalda Corradini127, della moglie di Pietro diGiovanni di Bernardin128, di Maria di Domenico129, di Domenica, figlia diGiacomo Bozzi130, e di Maria Pallua131.

All'interno del fenomeno della persecuzione stregonesca, con laproliferazione di casi di presunta possessione singola o collettiva verificatisiin specie nel corso del Seicento, le indemoniate venivano ad assumere lafunzione di mediatrici nella repressione, anche se parallelamente erano dellevittime di fatto non colpevoli: era la Madonna che, limitandosi almeno alledichiarazioni delle ossesse di Andreis e Barcis, aveva ordinato di castigare leresponsabili, l'ispirazione della punizione aveva così un'origine celeste; leindemoniate erano allora delle elette, prescelte da Dio e, in quanto vittimedella possessione, per nulla responsabili né delle accuse né dell'omicidiodelle colpevoli presunte.

Oltre a rivelare i nomi delle streghe e ad accusarle in pubblico, lepossedute avevano reagito con violenza contro di esse, fino ad ucciderne dueper rappresaglia. Quest'ultimo elemento costituisce una diversità rispettoalla possessione singola di Maniago, ad esprimere un ruolo piùmarcatamente dinamico della possessione collettiva valcellinese. Numerosisono i riferimenti a tali atti di brutalità nella documentazione relativa inparticolar modo al villaggio di Andreis, dove le spiritate aggredironofuriosamente le presunte colpevoli del loro stato, picchiandole a sangue. Cosìil denunciante inviato dalla comunità descrisse la terribile sequela di 120 Ivi, Secondo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 10v. Per la noce utilizzata come rimedio popolare contropiaghe, eruzioni cutanee dei bambini ed altro: D. COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina e popolare, Milano,Sansoni, 1983, p. 178.121 AAUD, S. Officio, Secondo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 2v.122 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 3r.123 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 2v.124 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 3v.125 Ibidem.126 Ibidem.127 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., cc. 2r-2v.128 Ivi, fasc. 395, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 9r.129 Ivi, fasc. 392, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., cc. 3r-3v.130 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 3v.131 Ivi, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., cc. 6v-7v.

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violenze contro quelle donne132: «Interrogatus circa Margaritam primodenunciatam an habeat aliquid addendum, respondit: "È fuggita dalla villadi Andreis, essendo stata per mano d'alcune donne affatturate strappazzatae strascinata133 nella chiesa, una mattina dopo la santa messa; e fin ora nonsi sa dove sia andata"». Ecco come raccontò l'omicidio di Lucia di Bucco: «Ledonne medesime l'andarono a ritrovare armate di bastoni e sassi nel propriocortile di sua casa e cominciarono a bastonarla, e questo fu in giorno di sera.Et il giorno seguente, la mattina, l'andarono anco a ritrovare alla casa, mas'era nascosta sopra un fenile, sopra del quale, salite le dette donne, nelmodo suddetto armate, a forza di percosse e bastonate, l'amazzarono».Similmente uccisero la sorella di questa, di nome Maddalena di Traina. Allastessa maniera aggredirono con estrema violenza altre due donne, Giacomala Vedova e Giacoma de Modestis: «Andarono per tre giorni continuicercando la vedova, la quale stava nascosta. Finalmente, ritrovatala nellasua propria casa, la condussero fuori di casa nella pubblica strada, dovecorreva tutto il popolo per veder ciò che era per succedere; et essendo questedonne, conforme al solito, armate di bastoni e sassi, cominciarono a dire acostei che doveva confessare, che gli avrebbero perdonato; e non volendoquesta confessar cosa alcuna, la cominciarono a percuoterla con bastoni, etella fuggendo. Finalmente è stata serrata in una camera del commune». Eriguardo all'altra: «Un giorno andava alla chiesa, e nell'entrare dentro lachiesa, fu veduta da una delle donne affatturate, che con le altre stavaascoltando la messa, e disse queste precise parole: "China (cioéFranceschina) vedi là la tua strega?". E Franceschina si levò in piedi e gliandò contro, e gli tirò un pugno nel mento, e la buttò a terra, e tutte l'altregli corsero adosso, e cominciarono a dargli de pugni». Lucia di Bucco erastata prima colpita a legnate e con dei sassi, una sera nel cortile di casa sua,mentre l'indomani mattina, dopo essersi nascosta in un fienile, era statanuovamente percossa con dei bastoni fino alla morte. Medesima sorte eratoccata a sua sorella, Maddalena di Traina, linciata pubblicamente nellapiazza del paese. Lo stato di pressione psicologica si era innalzato a talpunto, che le indemoniate avevano finito per aggredire fisicamente lepresunte streghe, tanto che alcune erano state percosse, altre, menofortunate, erano rimaste barbaramente uccise134.

Tuttavia anche alcune delle donne imputate di essere streghe avevanoreagito con violenza ad accuse e aggressioni, che ritenevano indebite edingiustificate, verbalmente o in maniera fisica. Domenica Bozzi aveva

132 Ivi, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, Portogruaro, 29 agosto 1663, cc. 10r-11v.133 In friulano strassinâ, strascinâ, striscinâ e strissinâ, trascinare: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI,Il Nuovo Pirona, cit., p. 1135.134 «Era evidente, insomma, che la moderazione dei tribunali di fede appariva come una garanzia di impunità perle streghe e faceva perciò scattare stimoli potenti alla giustizia diretta»: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe,cit., p. 113. La pressione sociale sul giudice era evidente e la situazione di tensione, ansia, paura, era tale che viera un pericolo concreto di esplosione a livello popolare, di linciaggi delle presunte streghe. La richiestaproveniente dalla gente era «forte e urgente», di una giustizia «pronta e rapida». A. PROSPERI, Inquisitori e streghenel Seicento fiorentino, in F. CARDINI (a c. di), Gostanza, la strega di San Miniato, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp.223-224.

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minacciato di morte Cecilia Bozzi135, mentre una non meglio indicata donnadi Barcis, giunta in paese per la processione della Madonna, già aconoscenza delle accuse di stregoneria che le venivano mosse e dei pericoliper la sua integrità fisica, aveva preso parte alla cerimonia religiosabrandendo occultamente, uno per mano, «due coltelli, col dichiararsi che, sela imputino, le vuole ammazzar»136. Quando improvvisamente era stataassalita, aveva reagito con violenza e pugnalato una delle responsabili diquell'aggressione, la quale tuttavia, per intercessione della Vergine si disse,non era rimasta ferita: «et essa ha posto mano a un coltello alla presenza ditutto il popolo et ha comintiato a tirar delle cortisate137 dentro per il petto diquella spiritata, e mai non l'ha pottutta offender di cosa alcuna»138.

La gravità della situazione di ansia sociale sviluppatasi e poi esplosa adAndreis e Barcis nei mesi di agosto e settembre del 1663, si può d'altra parteleggere nel comportamento e nelle decisioni di fra Antonio Dall'Occhio, ilquale ritenne opportuno inviare un apposito commissario, pre TommasoBiasi, ad Andreis, allo scopo di verificare se le apparizioni mariane di cui lagente tanto parlava e di cui gli era giunta notizia si fossero realmenteverificate, e se fosse vero inoltre che per opera esclusiva della Vergine Mariafossero state scoperte diverse donne possedute dal demonio139.

Seppure alcune delle persone accusate di essere streghe o stregonivennero sospettate ed incriminate per altri reati, ciononostante chi venivaimputato di attività antisociali e delittuose non era necessariamente ritenutocolpevole di stregoneria, e viceversa. Così se anche alcuni agirono fuori dallalegge, oppure seguendo uno stile di vita non approvato dalla collettività,tuttavia nemmeno attenendosi con scrupolo a quelle norme giuridiche,sociali, religiose o morali un individuo poteva essere esente da accuse osospetti.

Mentre una caratteristica comportamentale della strega, come si è giàavuto modo di vedere, consisteva nella sua presunta devianza morale ereligiosa, neppure osservare con regolarità i precetti cristiani era uncomportamento che preservava dall'accusa o dal sospetto di stregoneria.Risultò infatti che ben cinque delle sei presunte streghe di Barcis eranopersone che osservavano regolarmente i precetti religiosi, si confessavano esi comunicavano più volte all'anno140.

135 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 3v.136 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, cit., cc. 4r-4v.137 Si veda il friulano curtìs, coltello, e curtissâ, accoltellare: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, IlNuovo Pirona, cit., p. 217.138 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, cit., cc. 4r-4v.139 Ivi, fasc. 395, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 8r-9v; Secondo memoriale di pre Tommaso Biasi,cit., cc. 10r-11r.140 Le donne in oggetto erano Maria Rosa, Maddalena Corradini, Pasqua di Salvadore e sua figlia Maria, CeciliaBozzi (mentre riguardo a Domenica Traina non vi fu alcun riferimento in merito): Ivi, Deposizione di SebastianoCorradini, cit., cc. 3r-4r.

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V

LA CONTROSTREGONERIA

1. La molteplicità delle spiegazioni causali

Gli abitanti dell'Europa medioevale e moderna furono notevolmente esposti allamalattia, alla morte, o in ogni modo al concetto più vasto di sofferenza1. Il tasso di mortalitàera piuttosto elevato, sia nelle aree urbane che nelle zone rurali, principalmente tra i piùgiovani e raggiunse livelli sostenuti soprattutto in periodi di particolari connessionicalamitose, come infezioni, carestie, terremoti, guerre, eventi che comunque non venivanoconsiderati eccezionali, bensì quasi all'ordine del giorno. Malattie endemiche e contagiepidemici si diffondevano in ogni ceto sociale a causa soprattutto della mancanza di buonecondizioni medico-sanitarie, deficienza strettamente legata alle conoscenze della medicinaufficiale del tempo.

A partire dal Cinquecento il sapere medico ufficiale elaborò una concezione di malattiavolta alla osservazione ed analisi degli agenti responsabili della trasformazionedell'organismo, del suo mutamento di stato da normale ad anormale, connessaall'elaborazione e dimostrazione di ipotesi chimico-organiche2. Parallelamente questatendenza costituì di fatto un ampio iato tra medicina ufficiale-scientifica e sapere terapeuticotradizionale-popolare, basato su una concezione differente di malattia: non erano tanto lecomponenti biologiche, chimiche, fisiologiche ad essere in primo piano, quanto unaconcezione di malattia intesa come interruzione di una situazione di equilibrio a livellocorporeo individuale, con evidenti ripercussioni sull'ordine sociale e cosmico, e diconseguenza la cura mirava a recuparare la condizione antecedente di equilibrio3.

Le persone malate non si rivolgevano in genere ai medici professionisti, a causadell'impotenza delle loro pratiche nell'individuazione e risoluzione delle patologie, ma ancheperché le loro cure costavano cifre piuttosto esose, che la più parte della popolazione non sipoteva permettere, e così spesso si rivolgevano a chirurghi o farmacisti. Le classi più umili disolito usavano pratiche curative popolari, non approvate e non autorizzate dal sapereufficiale. Così ad essere interpellate per la cura erano le persone depositarie di conoscenzetradizionali, o presunte tali, la guaritrice di paese, la fitoterapeuta, individui checondividevano con i loro compaesani cultura, linguaggio, sofferenze, aspirazioni4.

La specificità della spiegazione in termini di stregoneria consisteva, abbiamo visto,nella serie di domande a cui essa trovava risposta: «perché è accaduto proprio a me e non a

1 Riguardo all'interpretazione antropologica della malattia come forma di sofferenza si veda il capitolo III paragrafo1 di questo studio. Inoltre per un quadro generale delle condizioni medico-sanitarie nell'Europa dell'età moderna,indicativamente: K. THOMAS, La religione e il declino della magia. Le credenze popolari nell'Inghilterra delCinquecento e del Seicento, Milano, Mondadori, 1985, pp. 5-26; ID., Problemi sociali, conflitti individuali estregoneria, in M. ROMANELLO (a c. di), La stregoneria in Europa (1450-1650), Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 203-209.2 Indicativamente: S. DE RENZI, Storia della medicina in Italia, Bologna, 1988; A. PAZZINI, Storia della medicina,Milano, Vallardi, 1947.3 Mi limito a segnalare i seguenti contributi sull'argomento: A. M. di NOLA, La medicina popolare: questioni dimetodo, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, in La Ricerca Folklorica. Contributi allo studio dellacultura delle classi popolari, 8, Brescia, Grafo, ottobre 1983, pp. 7-12; ID., Le terapie magico-religiose, in T. SEPPILLI(a c. di), Medicine e magie, Milano, Electa, 1989, pp. 91-100; T. SEPPILLI, La medicina popolare in Italia: avvio a unanuova fase della ricerca e del dibattito, in ID. (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp. 3-6.4 Tuttavia nell'Italia della prima età moderna si assisté ad una affermazione dei ciarlatani in diverse città, adesempio Venezia e Roma. La carriera e popolarità di questi soggetti risultava connessa alla fioritura urbana e alladilatazione delle attività commerciali. I ciarlatani venivano così ad assumere la funzione di mediatori tra diversilivelli culturali, assecondando al contempo la circolazione culturale di forme differenti di conoscenza, spesso legatead un aspetto economico, ragionevolmente diffuse e assorbite anche dai terapeuti di paese. P. BURKE, Scene divita quotidiana dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1988, pp. 275-277.

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un altro, perché proprio in questo momento e non in un altro, perché questa seriesuccessiva di disgrazie, perché quell'individuo vuol male proprio a me?». In questi casi iprincipi di causalità naturale non avevano più alcun fondamento, la situazione esistenzialespecifica non era più spiegabile seguendo i soliti schemi della medicina popolare o dellascienza ufficiale. Anzi a volte l'incapacità dei medici a risolvere lo stato patologico veniva daessi stessi giustificata indicando la presenza di un maleficio, o suggerendo il ricorso ad unesorcista5.

Questo tipo di atteggiamento è presente anche nella documentazione da me esaminata.Così a Spilimbergo si era verificato un caso in cui non era stato possibile individuare ilrimedio per una malattia, che dopo la morte dell'infermo era stata fatta risalire da alcuniparenti a maleficio, per la quale il «ciruico» Giuliano Cleiano aveva diagnosticato tuttaviaun'origine naturale, definendola come una «infermità incurabile», vale a dire l'idropisia cheaveva colpito il giovane Benetto dei Sacerdoti Ebrei6. A Frisanco i medici non erano riusciti acurare la lunga indisposizione di una donna, nove mesi di malattia «incognita et incurabile»,e per questo motivo l'avevano ritenuta «obsessa»7. Similmente era accaduto a Cavasso aPasca Comatara, dove «i medici han detto ch'essa è stregada», solamente perché in diecimesi non erano stati in grado di trovare un rimedio appropriato per i suoi malanni8.

Parallelamente non avevano più alcuna base nemmeno gli schemi di causalitàsoprannaturale, legati in special modo alla interpretazione fornita dalla religione (prova,castigo divino)9, oppure connessi ad altre soluzioni di carattere extranaturale, come adesempio quelle relative a giornate particolarmente sfortunate, ad astri portatori di catastrofi,alla collera dei defunti, specialmente gli antenati, i morti anzitempo o i morti male.

La spiegazione in termini di stregoneria scattava così quando le altre interpretazionientravano in crisi e conviveva pertanto con altri sistemi esplicativi, che erano presentinell'orizzonte di valori della cultura tradizionale10.

5 «Nel caso di Warboys, il primo a invocare la stregoneria fu il dottor Barrow di Cambridge il quale, viste vane lecure prescritte ai ragazzi Throckmorton colpiti da malattia, chiese se era stata presa in considerazione l'eventualitàdi un atto di magia o stregoneria»: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 597; D. P. WALKER,Possessione ed esorcismo. Francia e Inghilterra fra Cinque e Seicento, Torino, Einaudi, 1984, p. 72. «Se le malattienon erano naturali, e spesso non lo erano per le evidenti lacune del sapere medico del tempo, andavano attribuiteall'opera del diavolo»: P. PORTONE (a c. di), Il Noce di Benevento. La stregoneria e l'Italia del Sud, Milano, Xenia,1990, p. 104. Sull'incurabilità con sistemi medici che «rimanda al maleficio, a una causazione non naturale»: G.LEVI, L'eredità immateriale. La carriera di un esorcista nel Piemonte del '600, Torino, Einaudi, 1985, p. 36; G.ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe nell'Italia della Controriforma, Firenze, Sansoni, 1990, p. 111.Sia nelle situazioni di sospetta stregoneria che in quelle di presunta possessione era possibile rivolgersi allamedicina ufficiale. Per quanto riguarda i casi di maleficium veniva consultato un medico «semplicemente perconfermare o confutare uno tra i tanti capi d'accusa contro la strega: se avesse o meno sul corpo punti resiinsensibili dal diavolo o, meno spesso, se avesse mammelle in sovrappiù per nutrire il suo demone, che assumevala forma di qualche piccolo animale. Non gli si chiedeva se fosse pazza o sana di mente ... Nei casi di possessione,invece, il medico doveva prendere in esame le condizioni complessive, fisiche e mentali, della paziente per deciderese i sintomi potessero essere provocati o meno da una malattia naturale ... Le malattie prese in considerazioneerano l'epilessia, l'isteria e la melanconia, che nelle sue forme estreme poteva produrre allucinazioni persistenti,nonché diverse combinazioni di tutte e tre». Nei casi di sospetta possessione tramite stregoneria «i mediciesaminavano la presunta indemoniata alla ricerca delle medesime malattie naturali che alcuni scienziati, o profanidallo spirito scettico, presumevano alla base della stregoneria». Inoltre vi poteva essere commistione tra malattia epossessione, nel senso che l'individuo che manifestava «i sintomi tipici dell'epilessia o dell'isteria» poteva «nelcontempo essere posseduto da un diavolo», che in tale maniera occultava la propria presenza. D. P. WALKER,Possessione ed esorcismo, cit., pp. 13-15.6 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Giuliano Cleiano, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 20r;Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 19v. Sull'idropisia, «malattia biblica,misteriosa, che ha bisogno della protezione divina» oppure «di un santo potente»: D. COLTRO, Dalla magia allamedicina contadina e popolare, Firenze, Sansoni, 1983, pp. 131-132 (la citazione è a p. 131); F. FERRANDO,L'assistenza sanitaria, in L. MORASSI (a c. di), Ospitalità sanitaria in Udine. Dalle origini all'ospedale della città. SecoliXIV-XVIII, Udine, Casamassima, 1989, pp. 208-209.7 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Pre Domenico Segala a fra Giulio Missini, Fanna, 29 giugno 1648, in G.PLATANIA, Un processo per stregoneria nel Friuli del XVII secolo, in Quaderni utinensi, 1-2, 1983, p. 122.8 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, [Fanna], 9 agosto 1648, in G. PLATANIA, Un processo perstregoneria, cit., p. 126.9 Riguardo all'origine divina dell'evento negativo: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., in particolarepp. 79-89.10 «È chiaro l'enorme effetto di deresponsabilizzazione che l'esistenza dell'ipotesi sovrannaturale ha sulla scienzamedica e, dunque, anche lo straordinario risultato di radicamento ideologico della pratica dei medici, il cui status

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Marsilia del Horologiero si era avvalsa del buonsenso comune per spiegare in manieranaturale la morte repentina del suo pollame, attribuendola alle «cimisi»11.

Giacomo Cima, «dottor fisico» di Spilimbergo, aveva riconosciuto nella malattia diGiovanni Maria Pelizzaro delle cause naturali e l'aveva curata con rimedi altrettantonaturali. Affermò infatti trattarsi di «infiamatione nelle fauci, [...] caggionata per disordiniper esser egli di natura calido et non troppo parco nel bevere»12.

Similmente Pre Biagio Gallia aveva spiegato l'infermità che aveva colpito la moglie diGiovanni Colomba secondo la medicina ufficiale del tempo, rinviandola ad una causanaturale, il suo umore melanconico13.

Pirina Rampon aveva dato all'infermità di Lucia del Bertolo una spiegazione organica,affermando che tutto era riconducibile al «mal di mare», vale a dire un'infermità ricorrente intutte quelle donne che come lei avevano sostenuto parti molteplici14.

Similmente pre Tommaso Biasi non aveva escluso a priori la spiegazione naturale diquelle fatture e possessioni che stavano accadendo e continuavano a verificarsi in queigiorni ad Andreis, pur propendendo per l'interpretazione diabolica: «Che tutte queste cosepossino occorrere per una semplice pazzia o nuoccimento di madre, ne lascio il giudizio apiù savii et meglio esperti, puoiché io, per quel poco ho studiato et pratticato queste materie,non posso credere se siano veri contrasegni d'indemoniati, massime occorendo quasi tuttequeste cose in tutti et essendo essi sempre uniformi ne suoi proprii detti, che anche l'averecosì perfetta memoria non mi pare compatibile con un scemo o pure offuscato intelletto»15.

Marcolina Stella d'altro canto aveva fatto risalire le sofferenze, malattie e disgrazie cheavevano colpito Daniele Romano e sua moglie Claudia ad un intervento divino, ad un castigodi Dio per punire chi aveva peccato, allontanandosi dalla norma celeste, per poi ricondurlosulla retta via. Così aveva accusato i due di essersi uniti carnalmente, pur essendo parentistretti16.

Ancora la Stella aveva ribadito la medesima interpretazione quando si era scagliata

sociale è ormai molto alto ... e porta ricchezza, prestigio, potere. Non esiste una guerra fra medicina ed esorcismo,almeno nella pratica quotidiana del mondo contadino e cittadino, ma una forte solidarietà autogiustificativa». G.LEVI, L'eredità immateriale, cit., p. 36. Indicativamente, riguardo all'ampio ventaglio di concetti di causalitàpresenti all'interno di una società: E. E. EVANS-PRITCHARD, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, Milano,Angeli, 1976, in particolare pp. 101-122; N. SINDZINGRE, La necessità del senso: la spiegazione della sventurapresso i Senufo, in M. AUGÉ e C. HERTZLICH (a c. di), Il senso del male. Antropologia, storia e sociologia dellamalattia, Milano, Saggiatore, 1986, in particolare pp. 88-110.11 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Marsilia del Horologiero, Spilimbergo, 26 settembre 1644, cc.29v-30r. Il riferimento è al vocabolo friulano cìmis, cimice, insetto parassita degli animali, oltre che dei vegetali eanche dell'uomo; tra le altre voci pudiése, pulìn (in particolare il parassita delle galline). G. A. PIRONA - E.CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona. Vocabolario friulano, Seconda edizione con Aggiunte e correzioniriordinate da Giovanni Frau, Udine, Società Filologica Friulana, 1992, pp. 151(cìmis), 820 (pudiése), 823 (pulìn).12 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giacomo Cima, Spilimbergo, 13 settembre 1625, c. [9v]. Lamedicina ufficiale del tempo non era in grado di diagnosticare, tantomeno di curare e guarire diverse formepatologiche. Abbarbicata ai principi della teoria degli umori (Ippocrate, Aristotele, Galeno), considerava la malattiacome una perdita di equilibrio degli stessi: sangue, flemma, bile gialla e bile nera. Diagnosticare il morbo volevadire individuare l'umore responsabile della disgregazione organica; successivamente la cura consisteva nelriportare i quattro umori nell'equilibrio primario, per mezzo di prelievi di sangue (salassi o applicazioni disanguisughe), sostanze purganti, emetici che procuravano il vomito, unguenti e pomate. Per alcuni accenni sullateoria umorale: P. CARACCI, Una farmacopea veneziana del XVII secolo, in Medicina nei secoli, V, 2, aprile-giugno1968, pp. 64-67.13 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Biagio Gallia, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 8r.14 Ivi, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Deposizione di Domenico del Bertolo, Maniago, 24 giugno 1655, c. [1v];Deposizione di Lucia del Bertolo, Maniago, 29 luglio 1655, cit., c. [2v].L'espressione friulana mâl di màre indica propriamente determinate sofferenze cui vanno soggette alcune donne,specialmente nell'età critica, un disturbo che il vocabolario Pirona designa come isteria. Altre locuzioni diffusesono mâl di màri, madràsse, madràzza, marasse, maràte, madròn, mâl gnarvìn, tutte indicanti un disturbo all'utero,in friulano appunto la màri o màre. G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., pp. 546(madràsse, madràzza), 554 (mâl di màri), 569-570 (màre, màri). Si veda anche: L. ACCATI - LEVI, Lo spirito dellafornicazione: virtù dell'anima e virtù del corpo in Friuli, fra '600 e'700, in Quaderni Storici, 41, 1979, pp. 647-648,653, 670 (considera però la madràzza come mastite, o come un rigonfiamento doloroso della lattogenesi); A. M. diNOLA, La medicina popolare, cit., p. 11. Su alcune malattie specifiche delle donne, connesse in particolar modo conla gravidanza ed il parto: D. COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina, cit., pp. 69-79.15 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Secondo memoriale di pre Tommaso Biasi, [Andreis], 19 ottobre 1663, c. 11v.16 Ivi, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Marcolina Stella, Spilimbergo, senza data, c. [61r].

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contro quei sacerdoti che con le loro parole ed azioni avvaloravano la spiegazione e credenzain termini di stregoneria, mentre avrebbero dovuto a parer suo conoscerne molto benel'origine divina17.

Persino la non osservanza di un voto religioso poteva essere portata come esplicazionedi un cattivo evento, mandato in punizione da Dio. Una delle tante sciagure di cui erarimasto vittima Daniele Romano, era stata da lui spiegata in questi termini, come punizionecontro la colpa di non aver mantenuto una promessa fatta a Dio stesso18.

L'interpretazione in termini di stregoneria consentiva agli abitanti dell'Europa modernadi rispondere a domande alle quali gli altri schemi esplicativi non erano in grado di dare unarisposta soddisfacente, che non motivava perché l'infortunio era accaduto, bensì perché eracapitato proprio a quell'individuo in particolare e proprio in un momento specifico, non in unaltro oppure ad un'altra persona19. A tale proposito va introdotto, insieme al concetto diitinerari di senso, quello di itinerari di sventura o itinerari terapeutici20: la persona chesoffriva faceva tutto il possibile per guarire, tentava di curarsi da sola oppure andava dalvicino di casa, se non funzionava andava dal terapeuta di villaggio, dalla controstrega o dalbenandante, se ancora non vi erano risultati si recava dal medico ufficiale o dal prete-esorcista, al santuario o dalla strega, o ancora in ospedale21.

Numerosi sono i riferimenti a questa sorta di percorso alla ricerca della salute neidocumenti da me esaminati. Claudia Romano soffriva di un'infiammazione alla gola,localizzata fino nel petto, che le durava di solito finché non vomitava. Aveva così chiestoaiuto al pievano, che era intervenuto due volte, ma il male era ricomparso; si era poi rivoltaal reverendo di Barbeano, infine a pre Biagio Gallia di Spilimbergo22.

Alla stessa maniera la Romano si era avvalsa del giudizio di numerosi medici: «quelloqui di Spilimbergo, quello di San Vido, quel di San Daniel, a Udene et sino a Padova, dalSala, con spesa di più de lire 1623... di medicine, cavar sangue et altro. Et niun remedio migiovava, anci mi pareva star peggio».23

Aurizia Patavina si era parimenti servita di più operatori ecclesiastici per la salutedella sua neonata, pre Carlo Rossetis e pre Nicola Andriolico, ma inutilmente24. Alla stessamaniera nel corso di una gravidanza25 difficoltosa, la Patavina dopo aver convocato il

17 Ivi, Memoriale di Marcolina Stella, cit., c. [61v].18 Ivi, Memoriale di Daniele Romano, Spilimbergo, 16 settembre 1644, cit., c. [53v]. Nella «pronuncia del voto»consiste «la reale discriminante, più che l'atto fisico del pellegrinaggio, fra un "prima" e un "dopo" nell'ingresso alladimensione del sacro. Il voto non è incondizionato: con il santo (o la Madonna o Dio stesso, n. d. l.) si stringe unpatto che ha per condizione indispensabile la guarigione. Ma nella promessa del pellegrinaggio al sepolcro ... staquel senso di profonda sudditanza perpetua [...] si comprende come non solo le eventuali ricadute dei miracolati,ma anche repentini infortuni e malattie (reali quanto frutto di proiezioni) possano venire inquadrati in un sistemaculturale perfettamente coerente, come legittime punizioni per chi nega al patronus la fede giurata e chi rifiuta lasalvezza e la garanzia». A. I. GALLETTI, «Infirmitas» e terapia sacra in una citta medievale (Orvieto, 1240), in T.SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., in particolare pp. 24-28 (la citazione è alle pp. 25 e 27).19 «La stregoneria poteva così diventare la "causa" vera nel senso che spiegava il fine, il motivo, o la volontà che sicelava dietro una disgrazia, mentre la "causa", in altro senso, era una malattia o un incidente perfettamentespiegabile»: A. MACFARLANE, Stregoneria in Inghilterra, cit., p. 249. «Una malattia, anche se era spiegabile dallateoria medica, poteva tuttavia trovare origine nella volontà malvagia di un'altra persona. In questo modo essidistinguevano fra la causa in senso meccanico - come una certa persona veniva danneggiata - e la causa in sensointenzionale - perché questa persona e non un'altra era danneggiata. Quando un individuo accusava le streghenon lo faceva per mera ignoranza, ma perché questa accusa spiegava per quale motivo una certa disgrazia fossecapitata a lui, malgrado tutte le precauzioni». ID., La stregoneria nell'Essex, cit., p. 132. «La dimostrazione empirica»in altre parole non toglie «valore a quella sovrannaturale, dato che la prima può dare conto delle circostanze fisicheche hanno prodotto un certo fatto, ma la seconda ne individua la finalità e il senso ultimo»: C. PIGNATO, Lospecchio fumante. Forme della divinazione e modelli della conoscenza, Roma, Bagatto, 1987, p. 31.20 Sulla questione degli itinerari di senso e degli itinerari terapeutici: A. I. GALLETTI, «Infirmitas» e terapia sacra,cit., pp. 23-24; G. P. GRI - R. LIONETTI, La medicina popolare. Friuli Venezia Giulia, in T. SEPPILLI (a c. di),Medicine e magie, cit., pp. 142-147; G. LEVI, L'eredità immateriale, cit., pp. 32-38.21 Riguardo all'assistenza sanitaria offerta dagli ospedali per il Friuli in particolare: P. CARACCI, Ospedali,confraternite e assistenza sanitaria nei secoli XII-XVI, in M. G. B. ALTAN (a c. di), Storia della solidarietà in Friuli, Attidel Convegno di studio tenutosi a Udine il 20-21 settembre 1985, Milano, Jaca Book, 1987, pp. 23-36; L.MORASSI (a c. di), Ospitalità sanitaria in Udine, cit. (e bibliografia ivi citata).22 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Claudia Romano, Spilimbergo, 25 settembre 1644, cc. 20v-21r.23 Ivi, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 21v.24 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 25v.25 «In uno spazio esistenziale dove per una donna l'accoppiamento significava quasi sicuramente gravidanza e

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pievano, il quale aveva affermato di poterla senza dubbio risanare, aveva fatto chiamareanche il medico, «dubitando di qualche mal. Esso non seppe trovar alcun remedio»26.

Angelo Covasso, ritenendosi affatturato da Lorenzo Doz, dopo aver tentato la via dellaguarigione dalla sterilità matrimoniale tramite benedizioni ed orazioni, «andò a Venezia atrovar una strega che dicon si chiama la maestra, la qual si dice che sciolse il maleficio, ethebbe frutto del matrimonio». Medesimo risultato aveva poi raggiunto la cognata27.

Giovanna Tavani e una tale Maria, dopo essere state benedette dal pievano, erano«state condotte a Padova all'Arca del Santo e, per li meriti del medesimo santo, essendo stateveramente conosciute inspiritate, sono restate libere»28.

Domenica di Piazza, di dodici anni e sofferente da tempo, fu condotta dal padreDomenico prima al santuario di Madonna di Rosa, presso San Vito al Tagliamento, «et poi aPra Maior, a Sant'Antonio da Padova et a San Elippio in Venecia», luoghi nei quali era statascongiurata senza esito. Infine aveva tentato con l'immagine della Madonna delle Graziedella chiesa di Andreis, ove la piccola aveva pregato, ed era rimasta libera29.

In seguito la bimba aveva manifestato ulteriori disturbi. Ricondotta «a Sant'Antonio daPadova» nulla era cambiato ed allora ancora una volta il padre l'aveva portata ad Andreis,ove la Madonna aveva fatto scoprire la sua condizione di ossessa e «né prete né fratel'averebbe mai fatta palesare, benché fosse stata condotta per tutto il mondo»30.

Medesimo atteggiamento per le spiegazioni di senso, si tentava con le interpretazioni ditipo causale, protoscientifico o scientifico; se non funzionavano si provava con quelle di tiporeligioso, se nemmeno quelle andavano bene si finiva dalla strega, con un percorso nonsempre lineare.

In conclusione è possibile individuare una convivenza e compatibilità di molteplicipiani interpretativi: il sistema protoscientifico tradizionale-popolare, quello medico-scientifico ufficiale, il sistema soprannaturale nel senso più ampio del termine, vale a direquello religioso e quello extranaturale, infine il sistema della stregoneria. La presenzadell'uno non escludeva a priori la presenza dell'altro, né tantomeno il suo utilizzo in caso dinecessità.

ripetitività delle nascite fino al naturale esaurimento della propria fecondità, l'essere incinta diveniva condizionepubblica e risaputa ed il partorire momento fortemente ritualizzato, all'interno del contesto culturale che vedeva»nel dolore il momento principale del parto «e nella rassegnazione» e nella inattività «gli atteggiamenti femminiliconosciuti e sedimentati». Sulla centralità e sacralità del parto: A. COMUZZI, «Fu nel mese di Ravador...». Indagineintorno ad alcuni casi d'infanticidio nella Carnia tra XVI e XVIII secolo, in Ce fastu?, LXXI, 1, 1995, pp. 51-52 (lacitazione è a p. 51).26 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 27r. Cecilia Cenerina menzionò unrimedio per facilitare il parto di una sua figlia: «et questa Marcolina diceva che haveva un cordone, che se li fussestato ligato alla cossia haverebbe partorito. Et io, per desiderio che partorisse, mandai a pigliar detto cordone et glilo feci ligar alla cossia, qual era di seda con un fiochetto rosso. Né per ciò partorì con detto cordone, ma partorì perl'aiuto di Dio». Ivi, Deposizione di Cecilia Cenerina, Spilimbergo, 24 settembre 1644, cc. 16v-17r.Varie erano le pratiche magiche «destinate a proteggere le donne durante il parto», o comunque ad esso legate(invocazione alla Vergine Maria, oggetti consacrati o meno, preghiere, formule magico-protettive e così via): K.THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 211-212. Sulla valenza simbolica del colore rosso, connesso alsangue, «il colore ufficiale per la difesa dal malefico influsso» della stregoneria e sull'utilizzo a tal fine di nastri,fiocchi, collane e altro a scopo apotropaico: A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende nella medicina popolare, Dr.Recordati - Laboratorio Farmacologico S. A. - Correggio, 1940, pp. 97-98. Rammento a tale proposito che delmedesimo colore era non solo la Madonna apparsa in visione alla piccola Osvalda di Salvador, «et era bella etrossa», ma anche uno dei «due flochi» che indossava ad un braccio, in prossimità del polso: AAUD, S. Officio, b. 42,fasc. 395, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, [Andreis], 18 settembre 1663, c. 8r. Ancora sul colore comesimbolo: J. PITT-RIVERS, Il potere spirituale nell'America centrale: i nagual del Chiapas, in M. DOUGLAS (a c. di), Lastregoneria. Confessioni e accuse nell'analisi di storici e antropologi, Torino, Einaudi, 1980, p. 242; B. SPOONER, Ilmalocchio in Medio Oriente, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 384-385.27 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo Memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processoper stregoneria, cit., p. 123.28 Ivi, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, Portogruaro, 3 agosto 1663, c. 7v.29 Ivi, fasc. 395, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 9v. In relazione alla fede nell'efficacia terapeuticadella preghiera impetratoria contro le malattie, in specie non accompagnata da atti concreti: K. THOMAS, Lareligione e il declino della magia, cit., pp. 121-124.30 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 9v. Riguardo alle malattiespecifiche dell'infanzia: D. COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina, cit., pp. 53-67.

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2. La controstregoneria: procedura attiva di reazione e

risoluzione della disgrazia

L'evento negativo, disgrazia, malattia, morte, significa sofferenza ed è strettamentecollegato ad un altro problema, la ricerca di mezzi validi per neutralizzarlo. La valutazione intermini di stregoneria permetteva, al soggetto che si riteneva danneggiato da un maleficio, dimettere in atto specifiche procedure attive di reazione, che le altre spiegazioni non offrivanoo consentivano solamente in parte31. Infatti se la responsabilità dell'evento negativo eraascrivibile all'intervento di una persona concreta, era allora possibile fare qualche cosa peragire contro questo individuo. Il procedimento di personalizzazione della disgrazia consentivaun intervento non solo riparatore, ma anche protettivo contro altri potenziali infortuni32.

Le tipologie attraverso le quali si poteva pervenire ad identificare le presunte streghe,per potersene poi difendere, erano numerose33. Una pratica alquanto diffusa consisteva nellabattitura degli abiti di proprietà della persona che si presumeva fosse vittima di unmaleficio. Si riteneva infatti che i colpi sferrati si trasferissero, per simpatia, sulla stregacolpevole, in maniera tale da essere non solo identificata ma al contempo persino punita,operazione durante la quale si diceva che costei si sarebbe presentata a bussare in casadell'affatturato34.

31 «Il campo della patologia che viene tradizionalmente riferito alla "fattura" (in quanto culturalmente vissuta comeuno stato conseguente all'"essere magicamente agito da altri"): rispetto alla quale l'analisi empirica della casisticamostra come si tratti quasi sempre di vere e proprie sindromi psicosomatiche (confermando così, empiricamente, imotivi del porsi della patologia da "fattura" come luogo elettivo degli interventi magico religiosi operati dai guaritorie, ad un tempo, i motivi della efficacia di tali interventi). [...] il quadro magico-religioso di riferimento svolgeeffettivamente un ruolo di sostegno psichico di primo piano nel padroneggiamento, o comunque nella attivazione,di un gran numero di meccanismi psicosomatici e parapsicologici - siano essi terapeutici o di alto tipo». T.SEPPILLI, La medicina popolare in Italia: avvio, cit., p. 4.32 L'insieme di pratiche controstregonesche volte alla prevenzione-reazione si rivolgeva «non tanto alla malattia insé, quanto ai rischi del "negativo" in generale: nel concreto appare infatti assai labile il confine tra difesa dallemalattie e difesa dalla sfortuna, tra tutela della salute come integrità psicofisica e propiziazione di uno statopositivo. Accanto ad amuleti molto specializzati che proteggono da precise patologie, ad esempio, ce ne sonomoltissimi con funzioni genericamente apotropaiche in cui non si può non far rientrare anche la difesa dallemalattie». P. BARTOLI - P. FALTERI, Il corpo conteso. Medicina «ufficiale» e medicina «popolare» a Magione, in T.SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp. 57-58.33 Riguardo ai sistemi per riconoscere le streghe (mettere la scopa di traverso alla porta, ricorrere alle benedizionidel sacerdote o altro), orientativamente: G. BAROZZI, Streghe e folletti, strategie divergenti nell'individuazione dipoteri maligni, in T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp. 67-68; A. PAZZINI, Storia, tradizioni eleggende, cit., pp. 71-74; K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 210.34 Su questa procedura, per inciso dalle numerose varianti (come, ad esempio, cospargere la camicia con dellacenere o con una polvere magica), indicativamente: M. MILANI (a c. di), Antiche pratiche di medicina popolare neiprocessi del S. Uffizio (Venezia, 1572-1591), Padova, Centrostampa Palazzo Maldura, 1986, p. 213. Una praticasimilare consisteva nel far bollire abiti, o brandelli degli stessi, su un calderone con acqua, e a volte cenere, soprail fuoco, fino alla carbonizzazione totale. La strega, nel corso di quel rituale, si diceva soffrisse orribili tormenti efosse obbligata ad andare a bussare alla porta, chiedendo perdono. In quella maniera essa veniva al contempoidentificata e punita. G. BAROZZI, Streghe e folletti, cit., pp. 67-68.Si tratta di un rito divinatorio appartenente, secondo l'organizzazione proposta da Pignato, alle mantiche del primotipo, vale a dire le rivelazioni. L'operatore è a conoscenza del fatto che, compiendo un rituale determinato, labattitura dell'indumento, la strega responsabile del maleficio sarà costretta a mostrarsi; al contempo il rito manticoacquista una valenza puramente accessoria rispetto a questa cognizione. L'operazione della battitura non divieneoggetto di interpretazione da parte dell'esecutore materiale, non fa parte di una configurazione specifica dadecrittare, da cui sia ricavabile, attraverso molteplici alternative tra cui scegliere, una risposta. La battitura altronon è che un intervento magico-simbolico per punire e individuare la strega e contemporaneamente per generareun'attivazione positiva perlomeno da un punto di vista psicologico, sia nell'infermo che nella cerchia parentale. Ilrituale mantico della battitura, strumento di oggettivazione della causa del male e parimenti strumento dipersonificazione del medesimo grazie all'identificazione della strega, diviene elemento costitutivo del momentoterapeutico. Riguardo alla classificazione tipologica della divinazione, intesa come modello di conoscenza e modulodi comunicazione multiforme attraverso codici espressivi differenti tra emittente e destinatario, in quattro gruppi(oltre al primo già citato, seguendo l'ordine proposto: forme gestaltiche, forme percepibili, non scomponibili inelementi semplici, ad esempio il divinatore vede in uno specchio, legge in una sfera di cristallo o in una caraffapiena d'acqua; codici binari, per alternativa, del tipo fausto/infausto, guarigione/peggioramento, vita/morte,connesso al contenuto ed alla formulazione delle domande, ad esempio l'ordalia per immersione nell'acqua;

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Piero Madonnetta raccontò che suo fratello Lorenzo, sospettando che il propriogarzone, Santo del Negro, fosse affatturato, «per saper chi fusse stata la strega, bastonò lihabiti di detto Santo». Marcolina Stella in questo modo era stata costretta a restare a letto,inferma e dolorante, per tre mesi35.

Il medesimo metodo era stato utilizzato per scoprire chi aveva stregato AndrianaMadonnetta, i cui abiti erano stati battuti dal marito Lorenzo assieme a Lorenzo dettoCargnello: «Et subito zonti a casa detto messer Lorenzo et io batessimo li habiti di dettamadonna Andriana, perché dicevan che bastonandosi detti habiti saria stata bastonata lastrega et così conosciuta»36.

Un'altra maniera per riconoscere la strega sospetta era stata suggerita da pre BiagioGallia, il quale riferì ad Antonia di Francischin, serva, ritenuta ammaliata, del cancelliere diSpilimbergo, Giovanni Vittorio Onesti, che la colpevole sarebbe andata a bussare alla portadella casa per tre volte, numero tradizionalmente connesso ad una simbologia in speciereligiosa (si pensi alla Trinità) ma anche magica, come fece Marcolina Stella37.

A seconda della natura dell'intervento, il procedimento risolutivo della disgrazia, dineutralizzazione del maleficio o di cura della malattia può essere distinto in due settori:diretto e indiretto38.

La controstregoneria diretta o personale si aveva quando la stessa vittima, oppure avolte un suo parente, amico o comunque un membro appartenente alla cerchia delle suerelazioni sociali più solide e costanti, affrontava la strega, presunta responsabile, di persona,intimidendola, assumendo un atteggiamento aggressivo, verbale e/o fisico, opponendosi conimpeto e decisione, sovente con minacce di morte, esprimendo una forza maggiore e

sistemi combinatori, scomponibili in elementi minimi di significato, esempi ne sono la chiromanzia o i fenomeninaturali interpretati come segnali, oppure le forme sapienziali, forme più complesse di sistemi combinatori, in cui imedesimi fenomeni naturali aiutano una indagine sulla struttura del reale e sulle norme che lo governano): C.PIGNATO, Lo specchio fumante, cit., in particolare pp. 38-65.35 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Piero Madonnetta, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 15r;Memoriale di Leonardo Cisternini, Spilimbergo, 1 maggio 1644, c. [1v]; Deposizione di Lorenzo Varente, Spilimbergo,24 settembre 1644, c. 18v; Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 26r; Deposizione di Caterina del Negro,Spilimbergo, 26 settembre 1644, c. 28v.36 Ivi, Deposizione di Lorenzo Varente, cit., c. 19r. Un'altra maniera per punire ritualmente la strega, consisteva nelbastonarla «con un tralcio di vite d'uva bianca»: G. BAROZZI, Streghe e folletti, cit., p. 68.37 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Leonardo Cisternini, cit, c. [2r]; Deposizione di Antonia Francischin,Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 16r; Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit., cc. 19v-20r.Vi erano parimenti procedure per conoscere cose ignote, ad esempio l'identità degli autori di un furto: si riempivauna brocca d'acqua (si veda la precedente n. 33), si accendevano due candele e si recitava la formula prestabilita,meglio se a farlo era una giovane vergine; in quella maniera si riteneva sarebbe apparsa nella brocca d'acqual'immagine del ladro (le varianti del rituale erano tuttavia molteplici). Così riferì Rosanna Romano: «Signor, vi dirò,con occasione che Domitila Carlesca haveva perso non so che, essa (Marcolina Stella, n. d. l.) vene in casa nostrain tempo di note, et mi disse che voleva che metesse una ingistera d'aqua et che impiciasse doi candelle et chedicessi io: "Angelo bianco, angelo negro, sappimi dire chi ha tolto questa cosa"; et così dentro l'ingistera si vedràchi haverà rubato la detta robba, dicendomi: "Bisogna esser dongella, ma però non importa, che li farò farecomparer chi ha rubato detta robba"». Deposizione di Rosanna Romano, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 18r. Siconfronti il friulano antico ingistàrie, inghistàre, ossia anguistara, caraffa, vaso di vetro corpacciuto con piede ecollo stretto, termine usato soprattutto fino al secolo XVII, come indica lo stesso Pirona. Si veda inoltre impïâ,accendere (qui erroneamente confuso dal cancelliere inquisitoriale con impiciâ, piciâ, appendere): G. A. PIRONA - E.CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., pp. 427-428 (impïâ), 451 (ingistàrie, inghistàre), 747 (impiciâ,piciâ). Riguardo alla diffusa pratica dell'anguistara (idromanzia), anche in Friuli, indicativamente: A. DEL COL,Streghe e bestemmiatori nei processi dell'Inquisizione, in G. ELLERO (a c. di), Ciasarsa San Zuan Vilasie Versuta,Udine, Società Filologica Friulana, 1996, pp. 191-192 e riferimenti bibliografici alla n. 3 p. 205; O. LAZZARO, Leamare erbe. Un processo di stregoneria nel Friuli del Seicento: il caso di Angioletta e Giustina delle Rive, Pordenone,Biblioteca dell'Immagine, 1992, p. 106-107, n. 72 a p. 115; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p. 170.Inoltre sulla questione dell'attribuzione di senso e della specificità delle forme simboliche, nonché per una summadelle principali considerazioni sull'argomento in ambito medico, psicologico, antropologico e filosofico: C. TULLIO-ALTAN, Sullo specifico del simbolico, in Metodi e ricerche, n.s., IX, 1, gennaio giugno 1990, pp. 3-58.38 «Messe in relazione le sventure con i conflitti interpersonali e interfamiliari, interpretata la sventura entro ilquadro concettuale e simbolico della stregoneria, ai colpiti si impone una scelta fra due strade: c'è chi trova laforza di affrontare la strega apertamente e di opporre violenza a violenza (ed è una strada vincente: la strega o lostregone riconoscono la presenza di una forza maggiore della loro e ritirano l'operazione messa in atto), allargandoad ogni episodio la spirale del conflitto interpersonale; oppure c'è il ricorso a qualcuno che si sa dotato della forzanecessaria: il prete, l'esorcista, il contro-stregone». G. P. GRI, Val Colvera, cit., pp. 203-208 (la citazione è a p. 203).Sul medesimo tema si veda anche: D. COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina, cit., pp. 31-39.

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violenta39. Questo comportamento era di solito seguito dall'azione distensiva e dall'interventoterapeutico, anche concreto attraverso rimedi naturali, della strega, e conduceva soventealla risoluzione della disgrazia-maleficio40.

Uno degli stereotipi forniti dalla tradizione consisteva nel fatto che la stregaresponsabile poteva essere costretta a disfare la malia, che si riteneva avesse compiuto, seveniva minacciata, graffiata, ferita o picchiata, in specie con successiva fuoriuscita disangue, o denunciata e processata, o ancora addirittura uccisa41. Questi procedimenti dicontroazione permettevano di convertire la spiegazione in attività, provocando una reazioneche in ogni caso assumeva una valenza positiva per chi stava male, offrendo non solo unasperanza ma addirittura spesso una certezza di risoluzione dell'infortunio42.

La moglie di Giuseppe Cisternini, come egli stesso riferì, aveva perso il latte dopo cheAnna Sguma si era recata a fasciarne il neonato, in vece della madre che era una levatrice dipaese. Lucia, sorella del marito, aveva consigliato di «parlare con lei con le brutte et poi conbuone parolle condurla alla casa» dell'affatturata. Il Cisternini allora era andato dalla donnae l'aveva indotta, con minacce di morte, ad andare a trovare la moglie. «Et, dopo haverserrata la porta della sua habitatione con gran furia, se ne venne a casa mia et, girata allaporta della camera dove era mia moglie in letto con donna Paola, [disse]: "Corpo diSant'Antonio che non havete latte! Mostratemi un poco le vostre tette" Et posta la bocca suaa un capitello di quelle, tirò il late di qui a là». La Sguma aveva utilizzato una parte delproprio corpo come strumento per restituire il latte al corpo dell'inferma, attraverso uncontatto fisico bocca-capezzolo aveva risanato i seni della puerpera43.

Similmente era accaduto che la moglie di Giacomo Balzaro perdesse il latte, mentre sirecava a messa per la prima volta successivamente al parto, dopo aver incontrato e salutatola Sguma. Il marito allora era andato a casa della donna e l'aveva minacciata di morte: «nonme ne far più, lasciami stare, né travagliar casa mia, se non t'amazzo!». Costei gli si era

39 Riguardo al tema dell'opposizione diretta ed energica contro la strega: ID., Dalla magia alla medicina contadina,cit., p. 23.40 «La medicina tradizionale ... come la religione popolare e a differenza della medicina ufficiale - di quella attuale,per lo meno - opera attraverso il ricorso simbolico, a partire da una serie di corrispondenze e di opposizioni cheessa individua fra la parte sofferente ed elementi disparati, fra la malattia e le sue cause nascoste; a questo lavorodi simbolizzazione il cattolicesimo, coi suoi santi e i suoi rituali, offre un quadro, una possibilità di espressioneparticolarmente adatti». In relazione ai temi della guarigione popolare tra magia e religione, indicativamente: R.LIONETTI, Religione e guarigione. Il contributo dell'etnologua francese (1972-1982), in T. SEPPILLI (a c. di), Lamedicina popolare in Italia, cit., pp. 137-143 (e bibliografia citata); K. THOMAS, La religione e il declino della magia,cit., pp. 201-317.41 Va ricordato «che la stessa carcerazione e condanna della strega era finalizzata al sollievo dei maleficiati, oltreche, s'intende, a liberare l'umanità intera da un flagello e ad essere d'esempio per le sue compagne»: G. ROMEO,Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p. 112.42 L'aspetto soprannaturale, insegnato e diffuso per mezzo della predicazione ecclesiastica, consentiva, non soloalla società contadina, «di organizzare intorno a una credenza ambigua, a un personaggio ambiguo la possibilità diagire». L'elemento soprannaturale non era «coerente con un sistema immobile e presupposto di idee e valori», maconsentiva un atteggiamento attivo, consapevole, cosciente e selettivo. G. LEVI, L'eredità immateriale, cit., pp. 8-9,11 n. 5.La Chiesa cattolica inglese consentiva prima della Riforma l'utilizzo di pratiche di difesa magica e rituali protettivi,che offrivano una soluzione agli eventi negativi quotidiani ed alla magia maligna, senza che la responsabilitàvenisse addossata all'intenzionalità di specifici individui malefici. Era questa la motivazione principale per cuiprima della Riforma la sventura veniva di rado collegata alla stregoneria. Con la Riforma, preghiere, esorcismi, ritiliturgici erano stati banditi dalla Chiesa inglese ed esclusi dall'ufficialità, le uniche vie d'uscita rimanevano lacontrostregoneria o la delazione. M. DOUGLAS, Introduzione. Trent'anni dopo Witchcraft, Oracles and Magic, in EAD.(a c. di), La stregoneria, cit., p. 27; A. MACFARLANE, La stregoneria nell'Essex, cit., pp. 130, 138; ID., Stregoneria inInghilterra, cit., pp. 251-252; K. THOMAS, L'importanza dell'antropologia sociale, cit., pp. 96-98, 117.43 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giuseppe Cisternini, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [5r]. Perla bocca come strumento simbolico magico-terapeutico: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p.209. In relazione alle potenzialità curative legate alle qualità del corpo femminile, rimando a: L. ACCATI - LEVI, Lospirito della fornicazione, cit.«La "magia" opera nel largo concetto di "sacro" proprio della cultura contadina, attraverso il "contatto", il"toccamento", come "segno" visibile della trasmissione "mistica". E non mancava la formula, la preghiera,l'invocazione. Tra "magia" e "preghiera magica" cristiana non esiste differenza e gli interventi taumaturgici deisanti, la benedizione dei preti, l'intervento del mago, sono, spesso, messi sullo stesso livello». D. COLTRO, Dallamagia alla medicina contadina, cit., p. 36. Sul toccamento taumaturgico, si veda anche: A. PAZZINI, Storia,tradizioni e leggende, cit., pp. 60-61.

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rivolta in tono rassicurante, spiegando «che il late va alle volte a passone44, ma torneràbene». Giunto a casa il Balzaro aveva poi scoperto che la moglie era guarita45.

Ancora Giacomo Balzaro, ritenendo la Sguma responsabile della malattia che avevacolpito un proprio figlio, Orazio, si era recato a casa di costei, dove non solo la avevaminacciata verbalmente, ma addirittura aveva agito con violenza, tanto che «disse che lihavea fatto cacciar la lingua fuora della bocca, havendola presa per il collo, et ciò fattoperché li dava la colpa che havesse stregato Horatio, suo figlio»46.

Il Balzaro si comportò alla stessa maniera anche per l'infermità di un altro figlio,Giovanni Paolo: andò a casa della sospetta strega «et con minaccie [...] le messi le mani allagolla facendoli uscir un dito di lingua, dicendoli che se esso mio figlio morirà che volevosuffogarla. Ella rispose: "Non morirà no!", et io risposi: "Basta pur che la sia così", et subbitoritornai a casa et trovai che detto mio figlio cominciò a star di meglio»47.

Parimenti Antonio del Goio raccontò che un servitore del conte Alfonso di Spilimbergo,di nome Mattia, aveva minacciato Marcolina Stella, sospettata di aver stregato la figlia delnobiluomo, Lucrezia48.

Battista, uno dei due nipoti di Lorenzo Doz le cui unioni matrimoniali erano sterili,aveva «minacciato su la vita» il parente, che sospettava responsabile, a meno che questi nongli restituisse la fertilità. Il Doz allora aveva replicato con parole distensive, affermando:«Taci et lasciami, che havarai figlioli!». Alla stessa maniera aveva successivamente agitoanche l'altro nipote, al quale il Doz disse: «Va', che ne possa far tua moglie tanti come lecolombe!», raggiungendo, secondo le testimonianze, i risultati desiderati49.

Anche Battista Doz, le cui pecore avevano perso il latte, aveva deciso di intimidirel'uomo, «perloché il detto Battista con un badile minacciò il detto Lorenzo, dicendoli divolerlo amazzare se non faceva tornare il latte alle sue peccore, et il detto Lorenzo gli rispose:"Lasciami stare, perché le tue pecore haveranno il latte!", e così fu»50.

La madre di Giovanni Maria Traina, sospettando che il figlio fosse vittima di unmaleficio, si era recata a casa della presunta responsabile, Lucia di Bucco, e la avevaminacciata energicamente di morte, a meno che il giovane non si ristabilisse prontamente:«Lucia, se tu non disfarai quello che hai fatto a mio figlio, se lui non ti ammazzerà, tiammazzerò io!». La donna, intimidita, le aveva risposto con parole distensive, invitandola aritornare a casa: «Va', che per il ben che tu mi hai fatto, tuo figlio sarà guarito!». Dopo due otre giorni il giovane si era ristabilito51.

Le possedute della Val Cellina avevano picchiato violentemente delle streghe cheritenevano responsabili della loro condizione, tanto da assassinarne alcune52.

La reazione contro la strega non sempre tuttavia consisteva in una serie dicomportamenti aggressivi e violenti, a volte anzi, per risolvere la disgrazia, si poteva attuareuna procedura distensiva e di aiuto nei confronti della presunta responsabile del maleficio.Vegnuda Zuvata riteneva di essere stata affatturata da Anna Sguma e Giacoma, sorella diVegnuda, disse a quest'ultima: «Va là, se tu hai qualche cosa da impegnare dammi, che ioandarò a vedere di trovar d'aiutarla»53.

A volte la procedura di controstregoneria diretta poteva consistere in una azione

44 Si veda il vocabolo friulano passòn, propriamente riferito al pascolare del bestiame e all'erba del pascolo, qui perestensione ad indicare la scomparsa temporanea del latte: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, IlNuovo Pirona, cit., p. 712.45 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giacomo Balzaro, Spilimbergo, 18 settembre 1625, c. [12v].46 Ivi, Deposizione di Diana Pezzari, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [8r].47 Ivi, Deposizione di Giacomo Balzaro, cit., c. [12r]. Riguardo alla persona sospettata di stregoneria «era un cattivosegno se si mostrava troppo curiosa circa i sintomi del paziente; e se, in perfetta buonafede, accettava di pregareper la guarigione della vittima, lo si interpretava unicamente come un tentativo compiuto dalla strega di toglierel'incantesimo»: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 599.48 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Antonio del Goio, Spilimbergo, 24 settembre 1644, c. 13v.49 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria,cit., p. 123.50 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 124;Deposizione di pre Salvatore Reggio, Udine, 9 giugno 1649, in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p.137.51 Ivi, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., c. 8r.52 Rimando a tale proposito al capitolo IV paragrafo 4 di questo lavoro.53 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7r].

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tramite strumenti concreti oppure oggetti. Così era capitato che Pietro di Luisa di Ronchis,dopo che le sue bestie avevano perso il latte, facesse benedire del sale, ma la risoluzione erastata solo parziale: «et quel fece un pocco di giovamento, ma pocco»54.

Similmente Claudia Romano aveva attuato uno scongiuro per evitare che si scatenasseuna tempesta: «tolse nelle mani un Christo et segnò il tempo»55.

La procedura risolutiva indiretta, di contro, in più occasioni poteva risultare inefficace.Essa consisteva nell'affrontare la strega ritenuta colpevole trasversalmente, avvalendosidell'intervento di uno o più intermediari esterni. Tale tipologia di risoluzione mediata, offrivaun ampio ventaglio di opportunità: così la vittima, o i suoi famigliari, poteva ricorrere nonsolo all'autoterapia, ma ai consigli curativi di parenti o amici, al prete o all'esorcista56, almedico ufficiale o al terapeuta popolare, al benandante o alla controstrega57, ad un'altrastrega o alla stessa che reputavano responsabile. All'autorevolezza ed al buon nomenell'ambito terapeutico corrispondeva una reputazione a livello sociale ambigua e marginale:la controstrega era ad un tempo in grado di curare la malattia e di neutralizzare il maleficio,sapeva disfare il male ma anche provocarlo, quindi era anche strega58. Questa condizione dielemento liminare, situato al confine tra il rimediare e il maleficiare, nonostante le pressionie istigazioni alla delazione da parte del clero locale e delle autorità ecclesiastiche, noncomportava di solito atteggiamenti di ostilità, rifiuto o emarginazione nei confronti deglioperatori terapeutici.

Tra fine Cinquecento e inizio Seicento le autorità ecclesiastiche romane, attraverso laproposta di un apparato protettivo potenziato e funzionale (esorcismi, devozioni), nonché ditecniche di controllo efficaci (rifiuto dell'assoluzione sacramentale e procedura dellacomparizione spontanea), intensificarono, sia in ambito pastorale (parroci e confessori) chegiudiziario (Inquisizione), il loro intervento non solo in funzione antidiabolica ma ancheoperando contro credenze e pratiche poco ortodosse, sia in campo magico che terapeutico.

54 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria,cit., p. 124. Riguardo al valore simbolico del sale, indicativamente: A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende, cit., pp.98-99.55 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Deposizione di Giovanni Vittorio Onesti, cit, c. 19v. Esisteva una vasta serie dimezzi difensivi e protettivi, verbali, materiali e/o simbolico-gestuali, pratiche apotropaiche, scongiuri, esorcismi,benedizioni, processioni, suono delle campane, invocazioni ai santi secondo la tradizione codificata dei tempestari,diretti ai fenomeni atmosferici (pioggia, tempesta, grandinate, cattivo tempo), che si riteneva fossero stati provocatidai demoni o da streghe e stregoni in combutta con essi. Così la croce, il segno cristiano o l'elemento concreto (palidi legno a forma di croce, consacrati, venivano sistemati ad esempio agli angoli dei campi, o ancora lo stessocrocifisso), veniva utilizzata per allontanare le avversità meteorologiche e gli stessi demoni o spiriti maligni che siriteneva si trovassero nella zona aerea compresa tra il cielo e la terra. Su tali credenze e pratiche, rimandoindicativamente a: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, la storia, le vicende di Satana e la sua universale e maleficapresenza presso tutti i popoli, dall'antichità ai nostri giorni, Roma, Newton Compton, 1987, pp. 76, 78, 80, 83, 113,118, 130, 133, 138, 140-142, 184, 256, 263, 270, 285, 296, 299-318, 358; ID., Il diavolo, la sindrome demoniacasovrasta l'umanità, Roma, Scipione Editori, 1980, pp. 144-145.56 La credenza che il prete e l'esorcista detenessero specifici poteri antistregoneschi «contribuiva al prestigio dellareligione organizzata»: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 542.57 «La società d'un tempo produceva sia lo stregone sia l'indovino guaritore: ma è avvenuto che una persona fossechiamata, di buon grado o controvoglia, ad esercitare successivamente i due ruoli. In ragione dei poteri eccezionaliche le si prestava, essa era di volta in volta temuta e corteggiata dal paese, sollecitata a volte a nuocere e a volte aguarire, a volte a gettare il malefizio e a volte a sciogliere i sortilegi. O ancora, chi aveva a lungo operato guarigionisi vedeva accusato in caso di scacco». Non era infatti accidentale che spesso la strega sospetta appartenesse alpaese vicino. «Questa ambiguità di statuto non ha potuto che favorire la diagnosi sommariamente negativa checonfonde in una medesima riprovazione condotte opposte per i loro obiettivi, ma circondate dal medesimo misteroe a volte praticate dalle medesime persone». J. DELUMEAU, La paura in Occidente (secoli XIV-XVII). La cittàassediata, Torino, Sei, 1980, p. 578.58 Il ricorso al praticone di villaggio per venire a conoscenza del nome del presunto responsabile generalmente «nonpartiva dal nulla, bensì dall'esame di un elenco di sospetti fornito dal cliente: al "sapiente" spettava semplicementeil compito di isolare il colpevole, ed è più che probabile che considerasse suo principale compito quello di scoprirel'identità della persona maggiormente sospettata dal cliente stesso. ... Quasi sempre il cliente ha un precisosospetto, non accompagnato però dalla convenzionale prova di colpevolezza. Compito dell'indovino è di confermaretali sospetti e quindi permettere al cliente di agire sulla scorta di un'opinione alla quale è approdato prima che ilconsulto abbia luogo». Ciononostante «indubbiamente v'erano "sapienti" che insinuavano sospaetti di stregoneriadove prima non ve n'erano, indicando persone che altrimenti non sarebbero state prese in considerazione».Riguardo alla funzione di conferma di sospetti preesistenti assolta dalla controstrega ed al pericolo dimanipolazioni in tal senso: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., in particolare pp. 239-241, 595-600 (le citazioni sono alle pp. 239 e 597).

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La Chiesa organizzò un progetto di lotta alle superstizioni, indirizzando la propria attenzioneprogressivamente verso le pratiche mediche popolari, in specie quei casi in cui le tecnicheempiriche risultavano intrecciate ad elementi magico-religiosi59.

La funzione di antistregoneria all'interno delle comunità di villaggio di epoca moderna,di difesa della salute contro il multiforme evento negativo e contro le streghe, venivaassicurato in parte dall'intervento di intermediari, generalmente di sesso femminile, chesuggerivano di rivolgersi a questo o quell'operatore, controstrega o prete, benandante oesorcista, medico o chirurgo, e in alcuni casi ne agevolavano la messa in contatto.

3. Controstregoneria e medicina popolare

Una percentuale non indifferente della popolazione dell'Europa moderna, anche acausa delle carenze della medicina ufficiale del tempo, era solita servirsi della medicinapopolare60. Questo sistema di cura tradizionale, altro, conviveva con le risposte terapeuticheofferte dalla medicina ortodossa, e di volta in volta si poteva ricorrere all'una come all'altra61.

La medicina popolare62 può essere intesa come un complesso di conoscenze frutto di

59 «Più che su maghi e stregoni, complici del diavolo, l'insistenza è sulle superstitiones, considerate comesnaturamento della religio. La loro distruzione» venne «ritenuta speculare al ristabilimento dell'ortodossia». Suquesto tema: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., in particolare pp. 201-246 (la citazione è a p. 201).60 Il «significato attribuito alla espressione "medicina popolare" non sembra univoco e si presta comunque aparecchie ambiguità di lettura [...] Ora, se per "medicina" si intende l'assetto di forme culturali, comportamentalied organizzative concernenti, grosso modo, la difesa della salute e dell'equilibrio psichico, occorre anzituttosottolineare che tale assetto presenta forti etereùogeneità nelle varie classi, rurali o urbane, genericamenteindicate con il termine "popolari", e che in ciascuna di tali classi esso si configura d'altronde come un corpuscomposito, costituito da forme di differente spessore temporale e di varia matrice sociale e territoriale e tuttaviacaratterizzato, per effetto dei processi di adattamento e rifunzionalizzazione, da un certo grado di internaorganicità.Non esiste dunque, almeno nell'ambito delle società complesse, una medicina popolare, cioè un assetto specifico diforme di difesa della salute e dell'equilibrio psichico comune a tutte le classi subalterne. A rigore, in effetti,l'espressione "medicina popolare" rinvia esclusivamente alla esistenza, in talune classi subalterne, di formemediche e orizzonti ideologici di riferimento che si presentano come oppositivi o comunque «altri» rispetto allamedicina ufficiale. [...] In altre parole ... il significato di "medicina popolare" va volta a volta concretamenteindividuato facendo riferimento a singoli strati subalterni, in un preciso territorio e in una precisa collocazionerispetto ai centri propulsori del cambiamento sociale, entro il quadro di specifiche correlazioni città-campagna, dispecifici processi di circolazione culturale e di specifici rapporti di classe, di egemonia e di potere», il tutto inscrittoin uno specifico momento-intervallo storico-temporale. «Tuttavia, non si può non sottolineare come l'espressione«medicina popolare» trovi generalmente un riferimento elettivo in quegli assetti o in quelle forme particolari didifesa della salute ... connotate da una più forte tradizionalità e da una maggiore "alterità" e «incoerenza"».Riguardo alla definizione di medicina popolare (ed alla questione ideologico-interpretativa dell'uso di referentiterminologico-classificatori disomogenei), ai suoi caratteri di ambiguità, specificità, diversità, autonomia,dinamicità, tradizionalità, nonché sui rapporti con la medicina colta-ufficiale: P. BARTOLI - P. FALTERI, Il corpoconteso, cit., in particolare pp. 57-59; F. CARDINI, I processi di formazione della medicina popolare in Italia dallatarda antichità al XIX secolo, in T. SEPPILLI (a c. di), Medicine e magie, cit.; A. M. di NOLA, La medicina popolare,cit., pp. 7-12; T. SEPPILLI, La medicina popolare in Italia: avvio, cit. (la citazione è a p. 5).61 «Quando ci confrontiamo con culture subalterne o con culture "primitive", deve valere la particolare leggeinterpretativa della globalità o delle economie sacralizzate ... non vi sono reparti settorializzati, non sussistono areedi competenza strettamente limitate, grazie a cui un fatto x appartiene necessariamente alla zona cognitiva y»: A.M. di NOLA, La medicina popolare, cit., p. 10. Parimenti «medico appare colui che conosce e possiede i mezzi perintervenire sulla malattia; così, ci si presenta una situazione d'insieme nella quale, con labili confini, la scienza delfisico, l'antica e consolidata tecnica del cerusico, gl'impiastri e gl'incantamenti del guaritore si avvicendano e siconfondono. Fino a un certo punto, s'intende: l'importante è che tutti appaiano intercambiabili e comunque fruitiin modo analogo, rispecchiando del resto, una reale circolazione culturale». A. I. GALLETTI, «Infirmitas» e terapiasacra, cit., p. 23. Sulla medesima tematica: G. BAROZZI, Streghe e folletti, cit., pp. 68-69.62 Sui sistemi eziologici, diagnostico-sintomatologici e terapeutici, tradizionali e/o ufficiali, popolari e/o scientificie/o magico-simbolici, diffusi nelle società di età moderna e/o contemporanea, europea e/o extraeuropea, sivedano i seguenti studi: L. ACCATI - LEVI, Lo spirito della fornicazione, cit.; G. ALBINI, A proposito di studi recenti distoria della salute nel medioevo e nell'età moderna, in Nuova rivista storica, LXIV, 1980, pp. 143-164; E. APPI (a c.di), Mangiare e curarsi con le erbe, Udine, Gianfranco Angelico Benvenuto Editore, 1983; E. ARDENER, Stregoneria,economia e continuità di credenze, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 192-200; M. AUGÉ e C.HERTZLICH (a c. di), Il senso del male, cit.; M. AUGÉ, Ordine biologico, ordine sociale. La malattia, forma elementare

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dell'avvenimento, Ivi, pp. 33-85; G. BAROZZI, Streghe e folletti, cit., pp. 67-70; P. BARTOLI - P. FALTERI, Il corpoconteso, cit., pp. 57-66; R. BRAIN, Bambini-streghe, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 211-213, 215,217-218; P. BURKE, Il rituale dei guaritori, in ID., Scene di vita quotidiana, cit., pp. 256-277; S. L. BURNSTEIN,Demonology and medicine in the sixteenth and seventeenth centuries, in Folk-lore, 67, marzo 1956, pp. 16-33; S. R.BURNSTEIN, Aspects of the psychopathology of old age revealed in witchcraft cases of the sixteenth and seventeenthcenturies, in The British medical bulletin, VI, 1949, pp.63-72; P. CARACCI, Ospedali, confraternite e assistenzasanitaria, cit.; ID., Una farmacopea veneziana del XVII secolo, cit.; F. CARDINI, I processi di formazione dellamedicina popolare, cit., pp. 13-22; F. F. CARTWRIGHT, Disease and history, London, Hart-Davis, MacGibbon, 1972;C. M. CIPOLLA, Contro un nemico invisibile. Epidemie e strutture sanitarie nell'Italia del Rinascimento, Bologna, IlMulino, 1986; D. COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina, cit.; J. CONTRERAS - J. FAVRET SAADA, Laterapia senza sapere, in Antropologia medica, 4, luglio 1988, pp. 100-107; G. COSMACINI, Storia della medicina edella sanità in Italia. Dalla peste europea alla guerra mondiale 1348-1918, Roma-Bari, Laterza, 1987; Culturapopolare nell'Emilia Romagna. Medicina erbe e magia, Federazione delle Casse di Risparmio e delle Banche delMonte dell'Emilia Romagna, Milano, Pizzi, 1981; L. D'ORLANDI, Gli elementi magici e religiosi nella terapia popolarein Friuli, in Ce fastu?, XXVII-XXVIII, 1951-1952, pp. 138-149; EAD., Gli scongiuri nella terapia popolare friulana, inLares, XX, 1954, pp. 146-56; L. DE BIASIO, La terapia con i «semplici», in I secoli d'oro della medicina. La scuolamedica di Padova e il Friuli, Udine, Arti Grafiche Friulane, 1987, pp. 27-29; S. DE RENZI, Storia della medicina inItalia, cit.; A. M. di NOLA, La medicina popolare, cit.; ID., Le terapie magico-religiose, cit.; C. FERRARI, L'Ufficio diSanità in Padova nella prima metà del secolo XVII, in Miscellanea di Storia Veneta, 3, I, Venezia, 1910; A. FORGE,Prestigio, influenza e magia: l'esempio della Nuova Guinea, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., p. 336; A. I.GALLETTI, «Infirmitas» e terapia sacra, cit.; A. GAROSI, Medici, speziali, cerusici e medicastri nei libri delProtomedicato senese, in Bullettino senese di storia patria, XLII, 1935, pp. 1-27; C. GATTO TROCCHI, Magia emedicina popolare in Italia, Roma, Newton Compton, 1983; E. GOODY, Aggressioni legittime e aggressioni illegittimein uno stato dell'Africa occidentale, in M. DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 263-266, 270-279, 283-287,292, 297-300, 303; M. 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PORTONE (a c. di), Il Noce di Benevento, cit.; Quadernibibliografici I: medicina popolare...canti popolari, Vicenza, 1994; G. RADOLE, Medicina popolare istriana, Trieste,Libreria Internazionale Italo Svevo, 1971; A. REDMAYNE, Chikanga: un indovino africano, in M. DOUGLAS (a c. di),La stregoneria, cit., pp. 146, 154-159, 162, 165-170; M. RUEL, Gli uomini-animali e la strega introversa, in M.DOUGLAS (a c. di), La stregoneria, cit., pp. 407, 409; A. SCARPA, Etnomedicina, Milano, Lucisano, 1980; I secolid'oro della medicina, cit.; T. SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit.; ID. (a c. di), Medicine e magie, cit.;ID., La medicina popolare in Italia: avvio a una nuova fase della ricerca e del dibattito, in ID. (a c. di), La medicinapopolare in Italia, cit., pp. 3-6; E. SHORTER, La tormentata storia del rapporto medico-paziente, Milano, 1986; N.SINDZINGRE, La necessità del senso: la spiegazione della sventura presso i Senufo, in M. AUGÉ e C. 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esperienza secolare nella cura delle malattie in particolare, sia attraverso farmaci naturali erimedi concreti, le proprietà di sostanze vegetali, animali e minerali63, sia attraverso formerituali, magico-simboliche, preghiere, formule, incantesimi64. La componente naturale equella rituale spesso si combinavano insieme intimamente65, ma vi furono situazioni in cui ol'una o l'altra venivano utilizzate singolarmente. Un'ultima componente di cui bisognavatener conto era la qualità specifica del terapeuta66, in genere di sesso femminile67.

Anna Sguma, sebbene non fosse stata chiamata a tal fine dall'inferma, aveva risanatoCamilla Gastalda, come dichiarò la medesima Camilla. Recatasi a casa sua, la aveva visitata,toccandole le tempie ed i polsi, e, dopo aver passeggiato lungamente fuori e dentro la camerada letto, aveva ordinato alle figlie: «dateli da magnare, che mangiarà tanto pur li desti». Ladonna si era successivamente ristabilita68.

Ancora la Sguma aveva guarito Vegnuda Zuvata, che si era sentita male dopo che lastrega l'aveva toccata sul viso. Come riferì Diana Pezzari: «"Basta! Vegnuda, camina conme!", et, presela per la mano, la condusse su per il portico, verso la casa d'essa Anna, et perspatio di doi hore, che già la viddi inferma, era sana»69.

Torino, 1975; C. WEBSTER (ed.), Health, medicine and mortality, cit.; G. ZILBOORG, The Medical Man and the WitchDuring the Renaissance, New York, 1935.63 La consuetudine di raccolgliere le erbe in determinati periodi dell'anno trova spiegazione ... nella consapevolezzache in precisi giorni dell'anno era possibile ottenere la massima resa in termini di principi attivi ..., attingere cioé il"tempo balsamico" dei semplici. [...] Gli usi medicinali e terapeutici di certe sostanze, ritenute dalla medicina dottasuperstiziose o inefficaci, riverberano altresì la presenza di un vigilante empirismo che ha nei secoli verificato leproprietà e le virtù dei semplici naturali (erbe, polveri minerali, parti o secrezioni di uomo e di animale, ecc.),permettendo la messa a punto di una vasta farmacopea. Ciò, evidentemente, deve essere rapportato allo specificocontesto culturale del mondo contadino: in assenza di tecniche per la sintesi chimica di sostanze medicinali erad'obbligo ricorrere a quanto la natura offriva in forma "grezza"». P. PORTONE (a c. di), Il Noce di Benevento, cit., pp.101-102.64 La diffusione di pratiche magico-stregonesche, terapeutiche o più generalmente simboliche, è documentata nellefonti inquisitoriali anche per il ceto nobiliare: M. ROMANELLO, Culti magici e stregoneria del clero friulano (1670-1700), in Lares, XXXVI, 1970, pp. 352-353. Medesimo discorso per l'ambiente urbano-cittadino: R. LIONETTI,Alternative terapeutiche e livelli d'efficacia, cit., pp. 165-166; ID., Religione e guarigione, cit., p. 140. Così anche iterapeuti non erano esclusivamente individui di sesso femminile; in particolare nel Seicento i soggetti processatiper magia (esclusa la stregoneria), nel senso ampio del termine, dall'Inquisizione friulana furono statisticamente inmaggioranza maschi: E. W. MONTER, Riti, mitologia e magia in Europa all'inizio dell'età moderna, Bologna, Il Mulino,1987, pp. 98-99.65 «La medicina tradizionale conserva nel patrimonio delle sue conoscenze acquisite, sistemi diagnostici e mezzifarmaceutici (soprattutto erboristici) cui va riconosciuta sicura efficacia e funzionalità. Con la conseguenza che ledinamiche magiche e prelogiche nelle quali si inseriscono diagnosi e terapia si fondano su un coagulo di interventiappartenenti all'ordine empirico (e quindi, almeno in parte, corrispondenti a quelli consacrati nella medicinaufficiale) e di altri interventi ascrivibili all'ordine non empirico e soprannaturale o magico». A. M. di NOLA, Lamedicina popolare, cit., p. 11.66 K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 206.Necessario è indagare «i complessi rapporti che intercorrono tra i guaritori e i loro clienti: rapporti che sipresentano da un lato diseguali, per il carisma di cui è dotata la figura del guaritore - «superiore» a coloro chericorrono a lui perché investito di un saoere e di un potere sacrali - e dall'altro omogenei, perché guaritori e clientipartecipano sostanzialmente della medesima cultura e dei medesimi codici di comunicazione, condividono imodelli e gli orizzonti interpretativi/operativi concernenti salute e malattie, sono situati all'interno di un medesimosistema coerente di ruoli e attese reciproche». Sul rapporto tra malato-cliente e terapeuta: T. SEPPILLI, La medicinapopolare in Italia: avvio, cit.; E. SHORTER, La tormentata storia, cit.67 «Le conoscenze mediche delle "streghe" ... esprimono un'autonoma e precisa concezione dell'essere umano inrapporto alla natura circostante, e con essa un'idea "altra" della salute e della malattia. Testimoniano inoltre dellacentralità della donna nella salvaguardia igienico-sanitaria dei ceti più poveri, e più in generale della società agro-pastorale. [...] La donna, nel periodo che va dalla fine del Medioevo all'inizio del Rinascimento, vede lentamente mainesorabilmente decadere il suo riconoscimento sociale in quanto guaritrice», non venendo più ritenuta come laprotettrice della successione delle fasi naturali e della riproduzione. P. PORTONE (a c. di), Il Noce di Benevento, cit.,p. 103. Riguardo ad una differenziazione sessuale connessa alle virtù e all'attività del terapeuta: L. ACCATI - LEVI,Lo spirito della fornicazione, cit.68 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Camilla Cisilatti, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [6r].Nell'ambito terapeutico popolare magico-religioso, le donne assumono, «quali agenti di trasmissione culturale,un'importanza del tutto particolare, conforme del resto al ruolo di primo piano che la donna gioca in entrambi ifenomeni della medicina e della religione popolare. Le donne sono ritenute entrare più facilmente degli uomini inrelazione con i santi, e sono esse che mediano per lo più i rapporti fra il malato e il santo guaritore, tale relazioneassumendo talvolta il carattere di vera e propria professione». R. LIONETTI, Religione e guarigione, cit., p. 137.69 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7r].«Le imputate di stregoneria rivestono in seno alla società europea pre-industriale un ruolo fondamentale nel

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La medesima Pezzari riferì come Camilla Gastalda si fosse ammalata dopo avermangiato della «brovada» offerta da Anna Sguma. Lei stessa era allora intervenuta peraiutare la malcapitata, gettandole dell'acqua santa addosso. In quel mentre era sopraggiuntala Sguma che, passeggiando per la camera e pronunciando parole distensive, avevaaffermato che l'unica cosa da fare era lasciar stare quella donna, dal momento che nonaveva alcun male né l'avrebbe avuto. La Gastalda si era così prontamente ripresa70.

Ancora la Sguma rivelò al giudice di fede di essere in grado di curare i bimbi dai vermi«con l'oglio di mandola dolce et bianca, ungendoli le tempie per i vermi», inoltre di utilizzare«l'onto» per ungere loro «le coste per farglile tornar su quando sono cascate»71.

Antonia da Barbeano raccontò che un giorno Angelica Barbiero l'aveva fatta chiamaree le aveva riferito di temere che Anna Sguma l'avesse stregata. L'inferma aveva allora pregatol'amica di recarsi a casa della strega, per ottenere rimedio. La Sguma aveva suggerito dimangiare «uva passa et onto et herbette»72, ma la donna non si era ristabilita. La Barbiero,ricordatasi di un debito di trenta soldi che aveva con la Sguma, dopo aver fatto un pegno, leaveva inviato il denaro per mezzo del proprio figlio. La Sguma tuttavia non aveva accettato,quanto del resto le spettava di diritto, anzi, per dimostrare la propria buonafede e le suebuone intenzioni, aveva, oltre che cancellato quel debito, offerto in regalo al giovane unacaraffa di vino bianco per la madre inferma, raccomandandosi che questa lo bevesse alla suasalute. Ancora prima di ricevere il vino e di berlo la donna era già guarita73.

Angelo Covasso, la cui unione matrimoniale era sterile, aveva deciso di recarsi aVenezia da una strega, che aveva restituito la fertilità al suo matrimonio e a quello dellacognata74.

Osvaldo di Bernardon, padre del piccolo Mattia, riferì che un certo Daniele d'OlivoCovas, dopo aver diagnosticato la malattia della moglie Maddalena e averla ricondotta astregoneria, gli aveva suggerito come poter liberare la coniuge dal maleficio, vale a direfacendo benedire del pane e dell'acqua, ed in effetti la donna si era ripresa75.

Anche Giacomo Battiston era stato guarito, ma «gli bisognò farsi benedire molte volte,

regime sanitario delle classi subalterne. Nelle zone rurali e negli "angoli oscuri del continente" a esse si ricorrevaallorquando i rimedi consueti, alla portata di tutti si rivelavano insufficienti». Esse venivano così a rappresentaredelle «"autorità" alle quali appellarsi in caso di bisogno, vere e proprie depositarie delle conoscenze medico-terapeutiche accumulate in secoli di esperienza dalla collettività». P. PORTONE (a c. di), Il Noce di Benevento, cit., p.101.70 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Diana Pezzari, cit., c. [7v]. L'episodio era stato poi in parteconfermato dalla stessa Sguma, la quale però dichiarò, seguendo il buonsenso comune, che la Gastalda era unadonna che si ammalava a giorni alterni, dalla salute assai cagionevole. Ammise di essersi recata a casa sua avisitarla, confermando indirettamente la sua attività terapeutica, asserendo però di non aver riconosciuto la naturadell'infermità e pertanto di non aver consigliato alcun tipo di rimedio. Ivi, Secondo costituto di Anna Sguma,Portogruaro, 17 ottobre 1626, c. [15r].71 Ivi, Terzo costituto di Anna Sguma, Portogruaro, 19 ottobre 1626, c. [18r]. Trattasi della elmintiasi, malattiacausata dai vermi, o elminti, parassiti dell'intestino, tipici della prima infanzia. Contro i vermi la terapia popolaresuggerisce una serie di rimedi mirati: tra gli altri le corone di spicchi d'aglio intrecciati e messe al collo dei piccoli, isacchetti con foglie di assenzio, menta selvatica e ruta utilizzate alla stessa maniera, i decotti con varie erbe, leunzioni di narici, polsi e tempie con l'olio della lucerna, accompagnate dalla segnatura della bocca dello stomacocon una vera aurea, il prendere il bimbo per le caviglie tenendolo all'ingiù per tre volte consecutive. L. ACCATI -LEVI, Lo spirito della fornicazione, cit., p. 648; D. COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina, cit., pp. 57-59; K.THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 203. Per l'olio come farmaco popolare: ID., Dalla magia allamedicina contadina, pp. 178, 185-186. Sul suo valore magico: A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende, cit., p. 107.Si veda il friulano ònt, burro cotto: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 667. Inparticolare, riguardo all'insorgere dei vermi come malattia, sulla credenza e le pratiche magico-terapeutiche (inspecie unzioni con olio, aglio e olio, olio santo, per favorire lo scorrere delle mani durante i massaggi): E.GUGGINO, Un pezzo di terra di cielo, Palermo, Sellerio, 1986, in specie pp. 27-59; ID., Uomini e vermi, cit.72 Si veda il friulano erbètis, o anche jàrbe-ràve, ad indicare la bietola: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B.CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., pp. 280 (erbètis), 482 (jàrbe-ràve).73 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Antonia di Vittorio da Barbeano, Spilimbergo, 18 settembre1625, c. [13v]. Seppur con qualche variante di poco conto, l'episodio è menzionato anche in: Deposizione diDomenica Andea, Spilimbergo, 13 settembre 1625, cc. [10v-11r].74 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo Memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria,cit., p. 123.75 Ivi, Deposizione di Osvaldo e Mattia di Bernardon, Spilimbergo, 30 giugno 1648, in G. PLATANIA, Un processo perstregoneria, cit., p. 130.

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onde alla fine restò libero»76.Pietro di Luisa di Ronchis, colpito improvvisamente da un male accompagnato da

perdita dell'appetito, si era rimesso in salute dopo che Lorenzo Doz lo aveva invitato amangiare con lui, pronunciando queste parole: «Vien qua appresso di me; tiò, mangia!»77.

Giuseppe Todesco affermò di essere in grado di relegare streghe e stregoni in cima alcampanile di Fanna78.

Domenico del Bertolo ritenendo la moglie Lucia vittima di un maleficio, per il qualesospettava Pirina Taier, si era rivolto alla medesima Pirina, invitandola a disfare la malia.Costei, all'opposto, aveva ricondotto il disturbo della donna, che non riusciva a mangiarenulla, ad un'infermità naturale dovuta a cause organiche («mal di mare» dipendente dainumerosi parti), suggerendo rimedi parimenti naturali: «et mi insegnò che li facessi dellepanade79 per tre giorni et che in quelle li metessi dell'oglio et dell'onto, che sarebbe guaritain termine de tre giorni. Io poi andai a Udene, se ben mi ricordo, et nel dimani la sudettaPirina si tornò a visitar mia moglie, et la adimandò se haveva fatto le panade. Essa li risposedi sì, se bene non le haveva fatte. All'hora Pirina li diede mezo un buzzolado80, dicendoli:"Mangialo", la quale lo mangiò et è guarita»81.

Parimenti naturale era la medicina offerta da Maria Tavana, e consegnata dalla figliaDomenica, per risanare Nicolosa Campolino, vale a dire un non meglio specificato «confetto»,

76 Ivi, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., c. 8r.77 Ivi, b. 31, fasc. 28, Secondo Memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria,cit., p. 124.78 Ivi, Deposizione di Osvaldo e Mattia di Bernardon, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 130.«Che il luogo di confino sia il campanile non è strano. Più volte anche nella tradizione orale recente del Friuli, perl'intera estensione della regione e presso i diversi gruppi etnici, sono state raccolte attestazioni che richiamano lospecifico potere delle campane come strumento antistregonico». G. P. GRI, Val Colvera, cit., p. 193. Riguardo alvalore simbolico delle campane, indicativamente: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 144, 304.79 Si veda il termine friulano panàde, indicante una sorta di pancotto, una pappa fatta con il pane bollitonell'acqua. Gli ingredienti potevano essere differenti a seconda delle zone, anche se sembra che in Carnia e conogni probabilità in gran parte del Friuli non si distinguesse tra panàde e pan bulît. A Reana del Roiale però èattestata la voce panbolèt per indicare una specie di zuppa fatta con pane di granoturco bollito nel latte allungatocon acqua. Una differenza tra panàde e pan bulît è presente a Udine, dove la prima viene solitamente condita conolio, foglie di alloro e semi di finocchio, mentre il secondo per mezzo del burro. A tale proposito Domenico e Luciadel Bertolo fanno riferimento nelle loro dichiarazioni a una sostanza composta da pane, olio e burro cotto il primo,pane, olio e burro la seconda, il «butiro» (AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Deposizione diDomenico del Bertolo, cit., c. [1v]; Deposizione di Lucia del Bertolo, Maniago, 29 luglio 1655, c. [2v]), preparatonaturale da assumersi a digiuno. La ricetta della panàde poteva dunque variare da luogo a luogo, da paese apaese, addirittura da persona a persona: il pane, che poteva essere di frumento o di granoturco, a volte anche pangrattato da cui la panàde gratade, veniva fatto bollire in un recipiente riempito a seconda dei casi con acqua, latteo acqua e latte insieme, dove venivano aggiunti i diversi elementi a seconda delle situazioni e delle personaliricette, fino a produrre una specie di minestra di pane. G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il NuovoPirona, cit., pp. 691 (panàde), 692 (panbolèt, pan bulît). Il pane veniva inoltre usato frequentemente in tutto ilFriuli, come medicamento naturale per far suppurare le infiammazioni: la cosiddetta puntìe (vedere anche il verbopuntïâ e i sostantivi pontìe, pultìe, pàpe) era un impiastro costituito a seconda dei casi o da diverse specie di farina,come ad esempio il lino, oppure da mollica di pane bollita nell'acqua o nel latte, che veniva applicato sulle feriteper farle spurgare: ID., Il Nuovo Pirona, cit., p. 697, (pàpe), p. 825 (puntìe, pontìe, pultìe, puntïâ). Per la voce friulanabutîr, butìru: ID., Il Nuovo Pirona, cit., p. 87. Riguardo al pane come elemento simbolico, si veda il pane che sidistribuisce per carità il giorno dei morti, il cosiddetto pan dai muarz: ID., Il Nuovo Pirona, cit., p. 825. Inoltre: G.CHIARADIA, La festa dei morti, in P. GOI (a c. di), Religiosità popolare nel Friuli Occidentale. Materiali per un museo,Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, 1992, pp. 195-196, 198-200.80 Si confronti con il friulano bòssol, bùssul, propriamente barattolo, contenitore in legno di bosso, ma ancheoggetto simbolico e misterioso utilizzato dalla strega per i suoi poteri magici, in specie per contenere medicamenti,pozioni, polveri, unguenti: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., pp. 1437 (bòssol),1447 (bùssul). Come preparato concreto (ciambella) da ingerire per via orale: D. COLTRO, Dalla magia alla medicinacontadina, cit., p. 198. Ma il «bussolotto» era anche un contenitore offerto al diavolo, con dentro il sanguesucchiato dall'ombelico dei bimbi: S. MANTINI, «... Et chi vi andava una volta vi sarebbe tornata sempre». Una storiadi streghe, in F. CARDINI (a c. di), Gostanza, la strega di San Miniato, Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 7.81 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Deposizione di Domenico del Bertolo, cit., c. [1v]; Ivi,Deposizione di Lucia del Bertolo, cit., c. [2v]; Ivi, fasc. 299, Deposizione di Giacomo Campolino, [Udine], 28 agosto1655, c. [4v].La medicina tradizionale è una «medicina composita, in cui si intrecciano forme autonomamente elaborate daglistrati subalterni e forme veicolate un tempo dalle classi egemoni abbandonate ormai dalla medicina culta esottoposte, nel mondo popolare, a prolungati processi di sincretismo e riadattamento». T. SEPPILLI, La medicinapopolare in Italia: avvio, cit., p. 6.

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che tuttavia non aveva raggiunto il «servitio» voluto82.Daniele Romano utilizzava un «servicial» contro la sciatica, vale a dire un clistere83. Un

giorno Marcolina Stella era improvvisamente apparsa in casa sua, in maniera a suo direinspiegabile visto che le porte d'ingresso erano tutte chiuse, «si vene poi per metter in operail servicial et mai fu possibile di poterlo meter, ché dieci gioze84 non andò ad effetto»85.

Il medico Giacomo Cima aveva curato l'infermità di Giovanni Maria Pelizzaro «conl'aiuto del Signore, mediante cavarli sangue et darli medecine»86.

Aurizia Patavina, dubitando che un suo bimbo appena nato fosse stato stregato, si erarivolta ad una donna, «che di streghe haveva cognitione», Anna Sguma, detta Muschiara.Costei aveva diagnosticato che il neonato era vittima di una fattura e ne aveva altresìidentificato la persona che riteneva responsabile, Marcolina Stella, senza però offrire osuggerire una procedura risolutiva. La Patavina allora era ricorsa al pievano di Spilimbergo,pre Carlo Rossetis, che aveva tentato di sanarne l'infermità attraverso unzioni con olioconsacrato e benedizioni, tanto che il piccolo «guarì, ma però mai non caminò, ché restòprivo di meza la vitta et poi li vene la varola87 doi mesi doppo et morì». In questa vicendaAnna Sguma e il pievano si divisero equamente i compiti: la prima aveva riconosciuto lacondizione di maleficiato del piccolo ed aveva identificato la strega responsabile, il secondoaveva suggerito ed applicato un rimedio alla fattura, seppure rivelatosi inefficace88.

82 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, Deposizione di Giacomo Campolino, cit., cc. [3r-3v]; Ivi, fasc. Querela civile,Deposizione di Giacomo Campolino, Maniago, 28 ottobre 1655, cc. [7r-7v]; Ivi, fasc. 293, Giacomo Campolino a fraBonaventura Ripa, Maniago, 15 giugno 1655, c. [1r]; Deposizione di Osvaldo Campolino, Udine, 16 giugno 1655, c.[5v].83 Si veda il termine friulano serviziâl, clistere, lavativo: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il NuovoPirona, cit., p. 508.84 Si veda il friulano giòzze, goccia: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 396.85 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Daniele Romano, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 9r;Deposizione di pre Nicola Andriolico, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 12r. Riguardo al serviziale come rimedio: D.COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina, cit., pp. 155-156; F. FERRANDO, L'assistenza sanitaria, cit., p. 175.Per altre soluzioni specifiche contro la sciatica: D. COLTRO, Dalla magia alla medicina contadina, cit., pp. 48, 113.86 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione di Giacomo Cima, cit., c. [9v].«L'estromissione della donna dall'uso della medicina s'accompagnò alla rigida monopolizzazione da parte dellacasta medica della cura del corpo, speculare a quella della sfera spirituale operata dalla Chiesa cattolica eprotestante. Per quanto concerne il mondo cattolico, basta dare uno sguardo alle disposizioni emanateall'indomani del Concilio Tridentino, miranti a riorganizzare l'esercizio della disciplina medica: il medico dovevaessere rigorosamente di sesso maschile, regolarmente laureato e di provata fede cattolica. [...] L'universo mentalein cui operavano i medici ufficiali era lo stesso delle "donnette" di paese, delle mulierculae rusticorum; le medicineda loro usate (erbe, unguenti, fomenti, ... amuleti, polveri, ecc.) erano le stesse che ritroviamo negli interrogatoridelle streghe e delle "praticone". Anche la compenetrazione dell'elemento magico e simbolico con i mezziterapeutici veri e propri era condivisa dalla medicina colta.Subito dopo il Concilio di Trento, si operò un controllo totale delle pratiche mediche, favorendo il passaggio dallaetnoiatria alla medicina dotta e accademica, assicurandosi al contempo la sorveglianza morale e giuridica sullacura del corpo. A soccombere fu l'autocoscienza sanitaria del mondo contadino, promossa e gestita principalmentedalle donne in maniera non arbitraria, ma in permanente rapporto sociale e umano. Al suo posto era destinata asubentrare una nuova relazione tra medico e paziente, fondata sul distacco psicologico, sulla scarsacomunicazione umana, sull'aristicratica difesa dell'esclusivismo del sapere medico, propedeutica a una formainedita e straordinariamente potente di controllo delle coscienze.D'altro canto, sotto un profili squisitamente ideologico l'alterità del sapere medico popolare (sensibile, tellurico,empirico e femminile) rispetto ai rigidi schemi aristotelici che informavano il mondo accademico, rappresentavauna vera e propria eresia, minacciosa come quella religiosa, perché in grado di minare alle fondamenta ilmonopolio della conoscenza sul quale prosperavano i dotti e i professori». P. PORTONE (a c. di), Il Noce diBenevento, cit., pp. 103-106. Ancora sui rapporti nel corso del Seicento tra cultura medica ufficiale, autoritàecclesiastica e sapere tradizionale-popolare, Burke osserva che a partire dalla metà del XVI secolo si venneroprospettando due antagonismi principali nel settore medico: da un lato clero contro medicina istituzionale,dall'altro clero e medicina ufficiale contro medicina tradizionale-non ufficiale. P. BURKE, Scene di vita quotidiana,cit., pp. 259-277; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 201-246.87 Si veda il vocabolo friulano varuèle, uaruèle, vaiolo: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il NuovoPirona, cit., p. 1231.88 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, Spilimbergo, 25 settembre 1644, cc. 24v-25r.Quando si verificava il «fallimento» a livello terapeutico, «la credenza nella magia forniva un valido alibi: col dire aiclienti che erano stati colpiti da malocchio o "stregati", il sapiente sottintendeva che, se la malattia fosse statanaturale, sarebbe stato in grado di curarla ... In tal modo, l'attività del mago poteva risultare virtualmenteinfalsificabile; se infatti il paziente guariva, ciò costituiva un tributo all'acume del sapiente; se moriva, la colpa neandava attribuita a chi l'aveva stregato».

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Altrettanto si verificò nella vicenda di Andreis, dove i due livelli di controstregoneriacoesisterono e in parte si intersecarono: quello del sacerdote e quello del controstregone89.Da un lato il pievano aveva tentato di risolvere il sospetto affatturamento di Maria di Palluatramite ripetute benedizioni e attraverso l'imposizione della stola sacra90 addosso allamalcapitata, ma l'unico effetto era stato quello di provocarle uno svenimento. Dall'altro latoil controstregone era in seguito intervenuto unicamente a livello diagnostico. Maria si era«mostrata inspiritata, perché essendo ritornato da Roma un tal Bernardo da Cimolais, ilquale avendo portato delli Agnus Dei91 papali, ne donò alcuni al marito di detta giovine. Eglidisse che se li avesse posti adosso alla moglie medesima, subito averebbe conosciuto se essafosse stata inspiritata o no, poiché disse egli: "Io ne ho fatta la esperienza!". Il marito, ciòinteso, pose sopra la fronte della moglie quelli Agnus Dei et ella subito cominciò a far granstrepiti, dimostrandosi inspiritata». Una volta che la giovane aveva rivelato il proprio stato dipossessione tramite l'imposizione degli Agnus Dei, il pievano l'aveva nuovamente benedettapiù volte, nonché percossa, in chiesa e durante la funzione, con veemenza per mezzo dellastola sacra, per liberarla dal diavolo che si riteneva ne occupasse il corpo. A causa deiviolenti colpi ricevuti, la donna era caduta a terra tramortita e poi, dopo aver strepitato alungo, aveva accusato di stregoneria Margerita Tavani. Se l'intervento del pievano attraversole benedizioni e la stola si indirizzò principalmente verso la risoluzione dell'evento negativoche aveva colpito Maria di Pallua, prima una semplice fattura e in seguito possessione perstregoneria, l'azione del controstregone, peraltro indiretta, si limitò ad un livello diagnostico,a fornire lo strumento, gli Agnus Dei, per identificare lo stato di possessione, strumento poiapplicato in concreto dal marito dell'ossessa92.

4. L'intervento degli ecclesiastici

Un altro elemento da tenere presente è il «ruolo terapeutico della suggestione», legata tra l'altro alla reputazione delterapeuta, e dell'autosuggestione. «L'incidenza di quello che la medicina più recente chiama "effetto placebo", èstata pienamente dimostrata ... La pillola nella quale sia il paziente sia il medico ripongono fiducia, può darerisultati cospicui, per quanto nullo ne sia il contenuto farmacologico. [...] Ciò mette in risalto l'importanza dellafede nella terapia ... il ruolo che la fede occupa nella medicina primitiva risulta tanto maggiore alla luce diesperimenti dai quali si ricava che il placebo presenta una percentuale di successi più alta nel caso difrequentatori regolari della chiesa che non di agnostici e di persone che hanno dovuto pagare per procurarselorispetto al paziente che l'abbia ottenuto gratuitamente dai servizi assistenziali. Il placebo si rivela più efficaceanche qualora il trattamento sia accompagnato da un certo rituale appariscente».In relazione ai temi dell'efficacia concreta e simbolica della terapia medica (tradizionale e ufficiale), magica ereligiosa, della suggestione e dell'effetto placebo, infine della malattia, della cura e dei meccanismi psicosomatici:M. AUGÉ, Ordine biologico, ordine sociale, cit., in particolare pp. 34-37, 51-52, 55-63; G. P. GRI - R. LIONETTI, Lamedicina popolare, cit., pp. 146-147; C. LÉVI STRAUSS, L'efficacia simbolica, in ID., Antropologia strutturale, Milano,Saggiatore, 1978, pp. 210-sgg; V. LANTERNARI, Le terapie carismatiche, cit.; R. LIONETTI, L'efficacia terapeutica,cit. (sulla definizione di efficacia); M. MAUSS, Saggio di una teoria generale della magia, in ID., Teoria generale dellamagia e altri saggi, Torino, Einaudi, 1972, pp. 91-109; A. SCARPA, Etnomedicina, cit.; T. SEPPILLI, La medicinapopolare in Italia: avvio, cit., pp. 4-5; K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., pp. 226-233 (le citazionisono alle pp. 230-231). Riguardo al dibattito in antropologia sul concetto di efficacia simbolica: C. PIGNATO, Laretorica del mago. Performatività e analisi antropologica del rituale, in Ce fastu?, LXVII, 2, 1991, pp. 221-252.89 In numerosi procedimenti inquisitoriali seicenteschi a carico di ecclesiastici, anche di elevata condizione sociale,i capi di imputazione comprendono la magia diabolica, amorosa e la negromanzia: M. ROMANELLO, Culti magici estregoneria, cit., in particolare pp. 348-354.90 Sul valore della stola sacra: G. BAROZZI, Streghe e folletti, cit., p. 67; A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., p.298; ID., Il diavolo, la sindrome, cit., p. 76; G. P. GRI, Val Colvera, cit., p. 206; M. ROMAN ROS, Il maciaroul el'orcolat, in Ce fastu?, XV, 4, 1939, p. 233.91 Per quanto concerne gli Agnus Dei, si tratta di medaglioni di cera a forma ovale, che riportano su una facciatal'effigie dell'angelo pasquale con la croce e la scritta: "Ecce Agnus Dei qui tollit peccata mundi", sull'altra la figuradi un santo oppure di qualche avvenimento specifico. Essi vengono direttamente benedetti dal papa, solitamentedurante il primo anno di pontificato e così ogni sette anni, per mezzo di orazioni con le quali si ritiene vengano lorotrasmesse virtù particolari, fra cui quella di liberare dal diavolo. Gli Agnus Dei venivano e vengono tuttorageneralmente portati addosso con scopi protettivi, oppure anche appesi al letto custoditi all'interno di astucci instoffa. Per una precisazione terminologico-funzionale sugli Agnus Dei e per relative indicazioni bibliografiche: G. P.GRI, Val Colvera, cit., n. 8 p. 192.92 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., cc. 6v-7v.

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In riferimento ai presunti casi di stregoneria e/o possessione tramite stregoneria, isacerdoti assumevano all'interno del paese il ruolo di antagonisti di streghe e stregoni, unruolo conferito al momento dell'investitura religiosa direttamente da Dio93. Essi erano ingrado di trovare le fatture disfando o facendo disfare cuscini e materassi, di riconoscere imalefici, gli affatturati e gli indemoniati attraverso lo sguardo, in specie durante lacelebrazione delle funzioni ecclesiastiche94, interpretando i segni fisici inscritti nel lorocorpo95, oppure facendosi inviare un segno dei loro abiti, componenti materiali comeindumenti o altri oggetti, che comunque erano stati in contatto con il corpo o la partemalata-maleficiata96; ancora intervenivano sulle malie per guarirne le presunte vittime,benedicevano esseri umani o animali, oppure consacravano cibi, acqua, vino, pane, sale,olio, recitavano orazioni, salmi, il Vangelo, facevano il segno della croce sui corpi o sulle loroparti maleficiate, segnavano il tempo, liberavano gli affatturati e gli indemoniati97.

Così intorno alla prima metà del XVII secolo almeno tre erano i membri del clero che aSpilimbergo e nel territorio circostante operavano contemporaneamente contro streghe estregoni, malattie e malefici. Il loro potere risultava connesso non solo ai rapporti di forzareciproci, in relazione al ruolo istituzionale ricoperto nella società da ognuno, ma anche allaloro età, sinonimo di conoscenza ed esperienza: pre Carlo Rossetis, settantaduenne pievanodi Spilimbergo, pre Nicola Andriolico, sessantaseienne curato di Barbeano, e pre BiagioGallia, cinquantaduenne sacerdote di Spilimbergo98. Tutti e tre operavano utilizzando inmaniera più o meno uniforme le medesime pratiche: riconoscevano i maleficiati leggendo isegni degli indumenti o leggendo la persona, in particolare la fronte e lo sguardo,intervenivano a livello terapeutico offrendo cibi consacrati, acqua, vino, olio, pane, sale obenedicendo la persona stessa, ancora attraverso la confessione, segnando con la croce lepersone, bruciando le fatture rinvenute nei cuscini, infine con preghiere, orazioni,esorcismi99. 93 Sul ruolo tradizionale svolto dal prete di paese, quale figura competente ed oppositore principale e risaputo distreghe e stregoni, risolutore di malefici, malattie e disgrazie all'interno della comunità, intermediario idoneo,unico intercessore tra Dio e uomo: G. P. GRI, Val Colvera, cit., pp. 205-206 e n. 25 p. 205; A. PAZZINI, Storia,tradizioni e leggende, cit., pp. 65-66. Riguardo alla figura del prete-guaritore, operante ambiguamente tra magia,medicina e religione: R. LIONETTI, Religione e guarigione, cit., pp. 138-139.94 Così si credeva che il prete, mentre celebrava la messa, avesse il potere di vedere la strega con attributidemoniaci, ad esempio le corna in testa: ID., Storia, tradizioni e leggende, cit., pp. 28, 65, 72.95 «La dottrina delle corrispondenze, ovvero relazioni tra le singole parti del mondo fisico, rendeva possibile lacredenza in sistemi di divinazione come la chiromanzia (lettura dei segni della mano, n. d. l.) e la fisiognomica(interpretazione dall'aspetto esterno, n. d. l.). Infatti, come si riteneva che il singolo fosse uno specchio inminiatura del mondo, allo stesso modo si vedeva, nella mano o nel volto, lo specchio dell'individuo». K. THOMAS,La religione e il declino della magia, cit., p. 245. Sulle «segnature» o «corrispondenze simboliche»: M. MAUSS, Saggiodi una teoria generale, cit., in particolare pp. 78-79.96 «Un diffuso metodo di diagnosi magica consisteva nell'esaminare un capo di vestiario del paziente, di preferenzacintura o fascia, partendo dal presupposto che per magia simpatetica l'indumento riflettesse lo stato di salute dichi lo portava mediante cambiamenti dimensionali»: ID., La religione e il declino della magia, cit., p. 208.97 Riguardo all'utilizzo taumaturgico-protettivo di prodotti concreti e simboli sopra le parti malate, accompagnati omeno da rituali devozionali verbali-gestuali-mentali, rimando orientativamente a: A. M. di NOLA, Il diavolo. Leforme, cit., pp. 292-298; ID., Il diavolo, la sindrome, cit., pp. 72-74; G. LEVI, L'eredità immateriale, cit., p. 16; A.PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende, cit., pp. 60, 72-73, 78-118; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p.202. Si noti come «gli elementi base della vita quotidiana, il pane, il sale ... siano anche strumenti primi dellepratiche magiche, quasi un prolungamento inconscio nel privato di una tradizione che risale a fasi remote e cheera ufficialmente patrimonio esclusivo della religione (... il sale del battesimo e il pane eucaristico)»: M. MILANI (a c.di), Streghe e diavoli nei processi del S. Uffizio. Venezia 1554-1587, Bassano del Grappa, Ghedina & TassottiEditori, 1994, p. 220.98 Inoltre è presente un unico riferimento a pre Giacomo, curato di Tauriano, un villaggio situato nei dintorni diSpilimbergo, al quale era ricorso il marito di Marta Mazzolenis, la quale si sospettava fosse stata stregata dallaStella tramite un uovo: AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Marta Mazzolenis, Spilimbergo, 24settembre 1644, c. 15v. Il sacerdote viene nominato anche in: Deposizione di pre Tommaso Fannio, Spilimbergo, 24settembre 1644, c. 12v.99 Riguardo alla condizione sociale, economica, culturale del clero ed alle sue strutture, nonché sulle forme epratiche della religione popolare, in specie di età moderna: L. ACCATI - LEVI, Lo spirito della fornicazione, cit.;EAD., The larceny of desire: the Madonna in Seventeenth-century Catholic Europe, in J. OBELKEVICH - L. ROPER -R. SAMUEL (ed.), Disciplines of Faith. Studies in Religion, Politics and Patriarchy, London-New York, 1987, pp. 73-86; L. ALLEGRA, Il parroco: un mediatore tra alta e bassa cultura, in Storia d'Italia. Annali 4, Torino, Einaudi, 1981,

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Il pievano pre Carlo Rossetis100 aveva scoperto, con l'ausilio della benedizione, cheLucrezia, della casata dei di Spilimbergo, era vittima di possessione tramite stregoneria101.

Un giorno pre Rossetis era stato convocato da Cecilia Cenerina, che si trovava infermaa letto e sospettava di essere stata stregata da Marcolina Stella. Costei aveva chiesto diconfessarsi e, ricevuto il sacramento, era stata poi benedetta, così come anche una suafiglia. Subito dopo la benedizione la Cenerina si era sentita risanata102.

Il sacerdote era intervenuto con benedizioni, orazioni sante, vino e olio consacrati suAgrippa Cisternini, che era stato risanato103.

Similmente era accaduto che Aurizia Patavina, costretta a letto, avesse fatto chiamareil pievano. Questi, prima di andarla a trovare, si era però fatto inviare la «pezza di stomaco»utilizzata dall'inferma, interpretando la quale aveva diagnosticato trattarsi di maleficio edaveva parimenti suggerito di guardare dentro i guanciali, ove sarebbe stata rinvenuta lafattura, che, bruciata contro gli ordini del sacerdote, aveva provocato forti dolori alla donna.In seguito pre Rossetis si era recato a casa della Patavina, rassicurandola che era ancora in 371; M. ROSA (a c. di), Clero e società in età moderna, Roma-Bari, Laterza, 1992; ID., Per la storia della vita religiosae della Chiesa in Italia tra il Cinquecento e il Seicento. Studi recenti e questioni di metodo, in Quaderni storici, 15,1970, pp. 673-700; A. ROTONDÒ, La censura ecclesiastica e la cultura, in Storia d'Italia. V. I documenti, II, Torino,Einaudi, 1973, pp. 397-492; R. 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Per una tipologia dellasantità femminile nel primo Cinquecento, in Annali dell'Istituto storico italo-germanico in Trento, VI, 1980, pp. 371-445; EAD., Le sante vive: Profezie di corte e devozione femminile tra '400 e '500, Torino, Rosenberg & Sellier, 1990.100 L'azione antistregonesca da parte del pievano, o perlomeno di terapia contro determinate infermità, risultadocumentata in particolare all'interno del fascicolo riguardante Marcolina Stella, datato 1644; tuttavia il medesimosacerdote ricopriva tale carica anche nel 1625, come documentato nel fascicolo processuale a carico di AnnaSguma, con le medesime funzioni taumaturgiche, sebbene attestate nella fonte in misura minore, segno evidenteche l'attività di controstregoneria di pre Rossetis era oramai radicata da tempo e diffusa ampiamente nel villaggio.Antonia Gutti era andata a trovare un'amica inferma, Lucrezia Lorenzino, e, spinta da compassione, aveva pensatodi rivolgersi al pievano, pre Carlo Rossetis, per ottenere qualche rimedio. Questi aveva risposto: «"Non so altrorimedio darvi, che benedirvi pane et vino". Et così li portai un fiaschetto di vino et doi panni, quali, benedetti,comenciandoli a mangiare, la sudetta inferma cominciò a guarire». AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, Deposizione diAntonia Gutti, Spilimbergo, 12 settembre 1625, c. [8v].101 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Carlo Rossetis, Spilimbergo, 23 settembre 1644, c. 6v. Interrogato dalgiudice di fede «nell benedire che libri adopri, et di che libri et autori si vaglia, rispose: "Del Ritual del Mengo, delCompendio artis exorcismi"»: Deposizione di pre Carlo Rossetis, cit., c. 7r. Riguardo al secondo manuale indicato neltesto, il riferimento va indubbiamente all'opera di fra Girolamo Menghi Compendio dell'arte essorcistica, etpossibilità delle mirabili, & stupende operationi delli Demoni, & de i Malefici con li rimedij opportuni alle infirmitàmaleficiali, Bologna 1572; per quanto concerne invece l'indicazione relativa al «Ritual del Mengo», non esiste alcunaopera del francescano che porti questo titolo. Come ricorda Romeo, uno studio sistematico delle sue opere e delleinnumerevoli loro edizioni ancora non esiste; tuttavia, indicativamente, esse vennero edite a partire dall'ultimoquarto del '500: Compendio dell'arte essorcistica, 1576 (lo stesso Romeo ricorda che vi fu una precedente edizionedel 1572, tuttavia perduta); Flagellum daemonum, seu exorcismi terribiles, potentissimi et efficaces, remediaqueprobatissima in malignos spiritus expellendos facturasque & maleficia effuganda de obsessis corporibus cum suisbenedictionibus, et omnibus requisitis ad eorum expulsionem, Bononiae 1578; Eversio daemonum e corporibusoppressis, Cum divorum tum aliorum auctorum potentissimos, & efficaces in malignos spiritus propulsandos, &maleficia ab energumenis pellenda, continens Exorcismos..., Bononiae 1588; Daemonomastix, Bologna 1596; Fugadaemonum in Malignos Spiritus pellendo de oppressis corporibus: Doctrinam pulcherrimam, et valde necessariamExorcistis continens, Venetiis 1596; Fustis daemonum. Adiurationes formidabiles potentissimae, et efficaces inmalignos spiritus fugandos de oppressis corporibus humanis ex Sacrae Apocalypsis fonte, variisque SanctorumPatrum auctoritatibus haustas complectens, Bononiae 1597; Parte seconda del Compendio dell'Arte Essorcistica nellaquale si tratta della natura delli Angeli così buoni, come rei, et della possibilità delle mirabili, et stupende operationidelli Demoni, et Malefici, et de i gravissimi peccati, et mali, quali procurano contra di Dio, et del genere humano,Venezia 1601. Sulle opere menghiane: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 222, 296, 298, 374 (indicaedizioni in parte differenti da quelle riferite da Romeo); G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., in particolaren. 18 pp. 109-110.102 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Carlo Rossetis, cit., cc. 6v-7r; Memoriale di LeonardoCisternini, cit., c. [2r].103 Ivi, Deposizione di Agrippa Cisternini, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 23v.

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tempo per risanarla104.In un'altra occasione la Patavina era stata poco bene ed aveva convocato il pievano,

che l'aveva benedetta. Notato che dopo tre o quattro sedute la donna non era ancora guarita,aveva fatto disfare il cuscino sul quale la donna poggiava il capo quando si trovava a letto, alcui interno era stato rinvenuto, secondo le testimonianze, uno strano viluppo, che ilsacerdote aveva identificato come fattura. Fatta bruciare, l'inferma finalmente si eraristabilita105.

Claudia Romano dichiarò che pre Rossetis l'aveva liberata dal maleficio in dueoccasioni, segnandola e benedicendola106. Alla stessa maniera anche Giacoma di Bastiano siera rivolta a lui per essere risanata, il pievano aveva allora benedetto l'inferma, del pane, delvino e dell'olio, liberandola così dalla fattura107.

Pre Nicola Andriolico, sacerdote di un villaggio poco distante da Spilimbergo e noto nelcircondario come «il reverendo» o «il prete di Barbeano»108, era stato contattato da DanieleRomano, il quale voleva sapere se era vittima di un maleficio o meno. A questo proposito cosìebbe a dichiarare il medesimo Romano: «Fu circa tre anni, mi trovava con una sciatica inletto et mandai un segno del mio habito, che praecise non mi ricordo, al prete di Barbeano,così comunemente praticato in questi paesi, qual, ricevuto detto segno, respose al servitoreche lo portò, qual ha nome Pascut de Pascut de Roz, hora servitore del signor Caisel inUdene, detto reverendo le disse: "Il tuo padrone non è in cative mani, ma ben tu sei in cativemani". Et la matina vene in casa mia a liberarlo, quale lo liberò, che, guardandolo in viso,diceva che era stregato»109.

Ancora il reverendo di Barbeano si era recato in seguito a casa del Romano, questavolta però per segnare e liberare la moglie Claudia da una fattura: aveva a tale scopobenedetto olio, pane, acqua, vino e la stessa presunta maleficiata110.

Cecilia Cenerina aveva inviato al curato di Barbeano una «cordella da testa» usatadalla figlia, per sapere se questa fosse stregata o meno. «Et il prete, veduta detta cordella,respose che era stata stregata a morte et che non se poteva far altro et che altri che Dio lapoteva aiutar»111.

Andriana Madonnetta era ammalata da parecchi anni e il coniuge sospettava che fossestata stregata da Marcolina Stella. «Onde all'hora fu a Barbeano io [Lorenzo Varente dettoCargnello] et detto messer Lorenzo, suo marito, dal prete, che non mi ricordo cosa liportassimo per segno, che fu portato non so che, perché lui ci rispose che era stata stregataet ci benedite aqua et un pane in tre pezzi et oglio et una zucca di vino da dar a dettainferma»112.

In un'altra occasione, Marcolina Stella era comparsa improvvisamente edinspiegabilmente in casa di Daniele Romano. A quel tempo egli stava assumendo un rimedionaturale contro la sua sciatica ma, dopo che la donna si era allontanata, quella medicinanon aveva fatto effetto. Insospettitosi, allora il Romano aveva inviato nuovamente un segnodel suo abito al prete di Barbeano, che questa volta aveva rivelato trattarsi di stregoneria.Pre Andriolico aveva liberato l'affatturato senza neanche recarsi a Spilimbergo113.

Pre Andriolico conosceva dei rimedi che riteneva efficaci per annullare le fatture, per

104 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., cc. 26v-27r.105 Ivi, Deposizione di pre Carlo Rossetis, cit., c. 7r.106 Ivi, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 20v.107 Ivi, Deposizione di Giacoma di Bastiano, Spilimbergo, 25 settembre 1644, c. 22v.108 Ivi, b. 27, fasc. 939, cit.109 Ivi, Deposizione di Daniele Romano, cit., cc. 8v-9r.110 Ivi, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 20v.111 Ivi, Deposizione di Cecilia Cenerina, cit., c. 17v. Un'altra procedura diagnostica comunemente diffusa, consistevanel misurare il soggetto con un filo per tutta la sua altezza, la cui misura doveva corrispondere esattamente aquella del medesimo individuo a braccia completamente allargate. Ancora si poteva misurare con i palmi dellemani il proprio grembiule, pronunciando specifiche parole o preghiere; se la misurazione finiva al di fuoridell'indumento, la diagnosi era di maleficio. Riguardo al sistema della misura, indicativamente: S. MANTINI, «... Etchi vi andava una volta vi sarebbe tornata sempre», cit., pp. 5-6; A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende, cit., pp. 54-55. «La misurazione della cinta era un'antica prassi, diffusa in tutta Europa, alla quale era sottesa l'ipotesi che lapresenza di uno spirito maligno (la "fata") avrebbe trovato riflesso in variazioni di lunghezza dell'indumento»: K.THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 208.112 Ivi, Deposizione di Lorenzo Varente, cit., c. 19r.113 Ivi, Deposizione di Daniele Romano, cit., c. 9r.

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questo motivo aveva «benedetto un pocco di pan» ad Andriana Madonnetta, alla stessamaniera aveva agito nei confronti del servitore di Daniele Romano, benedicendo del pane edell'acqua. Egli tuttavia negò davanti al giudice di fede la sua funzione di antistregone,conscio evidentemente delle potenziali conseguenze ai suoi danni per essersi comportato inuna maniera poco approvata dall'ortodossia cristiana, affermando di non avere alcun poteredi identificare streghe e fatture, tantomeno quello di neutralizzare i malefici. Nello specificosmentì di aver liberato Andriana Madonnetta da una fattura, così come sconfessò quantodichiarato dal Romano in relazione alla guarigione del suo servo, ancora negò di averliberato lo stesso Romano da un maleficio. Riconobbe soltanto di aver benedetto del pane edell'acqua, «havendo il Ritual in scarsella», nulla di più. Per quanto riguardava invece ilriconoscere «alla vista de segni et della persona» le malie e la condizione degli affatturati,affermò: «Circa alla materia dei segni alla vista, è il Sacerdotal114 che li descrive, ma io nonson di quella pratica. Circa poi il conoscer le malie per segni [...] non è vero né vien detta laverità»115.

L'attività di controstregoneria da parte di ecclesiastici, per quanto concerne la zonadello spilimberghese intorno alla metà Seicento, coinvolge infine pre Biagio Gallia. Anch'egliera solito utilizzare la comune procedura del segno dell'abito, per scoprire se il soggetto chestava male fosse vittima di maleficio o meno.

Claudia Romano un giorno gli aveva mandato «una camisa havuta in dosso» dalmarito, a insaputa di quest'ultimo. Il sacerdote, dopo averla esaminata, aveva decretatotrattarsi di stregoneria: «Et il dì seguente mandò a dire [...] che son in cative mani, ma che èassai tempo, et che vuol del tempo a liberarmi, ma che senza altro ssarò liberato. Così mitrovò il sudetto religioso et mi disse le simili parole»116.

La Romano era ricorsa a pre Gallia anche per se stessa, sospettando di essere statamaleficiata da Marcolina Stella. L'ecclesiastico allora si fece inviare «il tovagliolo da stomaco»della donna e poi lo bruciò, dicendole di «star riservata» fino a che non l'avesse liberata dalla 114 Sacerdotale ad consuetudinem S. Romanae Ecclesiae, Venetiis, 1579. La diffusione dei manuali per gli esorcisti,categoria all'interno della quale Menghi rappresentava una vera e propria autorità, è attestata per l'Italia inparticolare dall'ultimo decennio del Cinquecento. In Friuli Romeo riferisce che il «Sacerdotale risulta usatosoprattutto a Udine, nei processi degli anni 1583-94 ... Nel frattempo, s'intende, c'era stato il dilagare dei libri delMenghi». Per l'Inquisizione di Udine, Romeo segnala: 1589, Sacerdotale, Flagellum e Fustis; 1600, Flagellum eFustis; 1601, Flagellum e Fustis; 1607, Flagellum. Ad integrare le indicazioni di Romeo, le notizie contenute nelprocedimento qui citato del 1644 contro Marcolina Stella, dove si fa riferimento non solo al Compendio di Menghi (ea un non ben definito Ritual), ma anche allo stesso Sacerdotale. Inoltre anche per i due sacerdoti che nelprocedimento dichiararono di utilizzare i suddetti manuali esorcistici, pre Carlo Rossetis e pre Nicola Andriolico,valgono le seguenti considerazioni di Romeo: è da notare «come le perplessità sostanziali dei giudici di fede sualcuni aspetti» delle pratiche esorcistiche «di marca strettamente menghiana si arrestino dinanzi al richiamo allasua autorità». I giudici si accontentavano delle giustificazioni loro fornite, segno che «ci dovette essere ampiatolleranza verso le pratiche esorcistiche». Su questi temi e per indicazioni documentarie più precise: G. ROMEO,Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., in particolare pp. 145-150.115 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Nicola Andriolico, cit., cc. 10r-12r. Alcuni individuiaffermavano di essere in grado di individuare i presunti indemoniati guardandone gli occhi: D. P. WALKER,Demonic Possession used as Propaganda in the Later 16th Century, in P. ZAMBELLI (a c. di), Scienze, credenzeocculte, livelli di cultura, Firenze, 1982, p. 238.116 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [48r]. Sulla camicia della persona afflittada maleficio sono trasferiti, per simpatia, i poteri magici della camicia del benandante, la membrana amniotica,della quale sono note le potenzialità apotropaico-terapeutiche. Questo tema si riallaccia all'operazione dellabattitura degli abiti, spesso una camicia, dell'affatturato e connette parimenti l'attività e il potere dellacontrostrega, o della persona che comunque batte gli indumenti, con le virtù del benandante. In relazione allavalenza magico-simbolico-terapeutica della camicia-amnio: C. GINZBURG, I benandanti. Stregoneria e culti agraritra Cinquecento e Seicento, Torino, Einaudi, 1966, in particolare pp. 23-25. Riguardo agli indumenti «sipreferiscono quelli che stanno direttamente su la pelle. [...] La camicia trattiene parte della persona che l'haindossata, specie se è ancora calda»: A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende, cit., p. 40.Aurizia Patavina, su consiglio del pievano, aveva guardato dentro il materasso: «Furon trovati sino ossi di morto etuna camisa fetente straciata, da morto, che fu brugiata. Che dalla mia serva fu riferto a detta Marcolina, qualrispose: "Camisa da morto come da morto, come lo sai!". Et contendendo le disse che non voleva saper altro».AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 27v; Deposizione di Marcolina Stella,Spilimbergo, 26 settembre 1644, cc. 31r-31v. Riguardo alla putrefazione come sistema di maleficio per simpatia,simbolo di morte e disfacimento (si veda l'esempio «della fattura in cui si mette a putrefare in un catino d'acqua unindumento vestiario della vittima», dove la putrefazione medesima «è sottintesa con il seppellimento dell'oggetto ditrasferimento che si deve consumare completamente per avere la morte della vittima»): A. PAZZINI, Storia, tradizionie leggende, cit., p. 36.

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strega117.Rosanna Romano si era rivolta a lui, per sapere se fosse vittima di un maleficio,

facendogli avere un «cordone», ma il sacerdote aveva risposto che quell'oggetto non erasufficiente. Allora la donna gli aveva fatto pervenire la propria «pezza da stomaco» e tramitequella il reverendo le aveva risposto che era stata stregata, e l'aveva poi liberata118.

Parimenti Antonia di Francischin aveva chiesto l'intervento del sacerdote, temendo diessere affatturata, questi le aveva benedetto dell'acqua, dell'olio e del pane, ed era guarita119.

Non tutti all'interno dell'ambito clericale spilimberghese approvavano i servizi dicontrostregoneria offerti da pre Andriolico e da pre Gallia. Essi infatti venivano guardati consospetto in particolare da alcuni loro stessi colleghi, come si mormorava persino in paese.

Daniele Romano, come altri suoi compaesani, considerava il prete di Barbeano comeun controstregone alquanto efficace e dalla grande potenza, come stanno a dimostrare lenumerose richieste d'intervento dirette a quest'ultimo da parte sua e di altre persone. Dallesue parole tuttavia si ricava la convinzione che la situazione fosse più complessa: «Io lotengo per homo di valor in questa professione et ciò perché lui conosce alla vista, de segni etdella persona, le malie. Et perché in fatti chi va per le sue mano li libera. Ma doppo che hodiscorso, credo con monsignor piovan, che non mi soviene di certo, che per mandar segni etvenir così sopra quelli in cognitione dil male, ciò farsi per arte cativa, che non si può fare,non son più andato né mandato»120.

Lo stesso pievano di Spilimbergo, pre Carlo Rossetis, aveva infatti indirettamentedisapprovato l'attività antistregonesca del reverendo di Barbeano, pre Nicola Andriolico, inapparenza scagliandosi, secondo le affermazione del Romano, contro la praticadell'interpretazione di «segni» degli abiti. La censura di tale procedura per simboli, utilizzatadagli operatori al fine di conoscere «sopra quelli» la presenza eventuale di stregoneria, erasopravvenuta perché secondo il Rossetis implicava una commistione con l'elementomalefico-diabolico: «ciò farsi per arte cativa, che non si può fare»121.

Tuttavia, dal momento che lo stesso pievano era solito effettuare quella procedura, adesempio aveva letto la «pezza di stomaco» di Aurizia Patavina122, la sua intenzione surrettiziaera stata di contestare, attraverso uno stratagemma, non una pratica specifica, bensì preAndriolico stesso per la funzione di controstregoneria da questi svolta, attività che eglisentiva evidentemente in forte e minacciosa concorrenza, dato che erano numerose lepersone che richiedevano un intervento al reverendo di Barbeano. Pre Rossetis avvertiva cheil proprio ruolo di guida, stabilito dalla medesima carica religiosa di pievano di Spilimbergoche rivestiva, si era indebolito o andava affievolendosi, sentiva minacciata la propriasupremazia all'interno della comunità, sia dal punto di vista ecclesiastico-sociale sia daquello terapeutico-controstregonesco, a causa della competizione interna all'ambito clericalecon altri religiosi, in particolare da parte di un prete di rango inferiore e per giunta di unvillaggio limitrofo, Barbeano.

La diffusa attività di controstregoneria di pre Andriolico e pre Gallia venne confermataad esempio da Daniele Romano, il quale aveva affermato che in relazione a quelle indagini«per Spilimbergo si parla de religiosi», e inoltre si diceva che essi fossero stati convocatidall'Inquisizione per le loro pratiche antistregonesche123. Pre Tommaso Fannio124, in undiscorso con il reverendo di Barbeano, aveva lasciato intendere un malessere sotterraneo traquesti ed altri ecclesiastici della zona125, una parte dei quali forse, al pari del pievano,

117 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 21r.118 Ivi, Deposizione di Rosanna Romano, cit., cc. 18r-18v.119 Ivi, Deposizione di pre Tommaso Fannio, cit., c. 13r; Deposizione di Antonia Francischin, cit., c. 15v.120 Ivi, Deposizione di Daniele Romano, cit., c. 9v.121 Ibidem.122 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., c. 27r.123 Ivi, Deposizione di Daniele Romano, cit., c. 8v.124 «Fra le famiglie spilimberghesi con cui si imparentarono i Romano» quella dei Fannio «compare già neidocumenti del Cinquecento». Per quanto è noto, sembra «che i Fannio abbiano acquistato fama e notorietà nonsolo nel campo della medicina ... ma soprattutto in quello letterario». L. SERENI, Cenni storici su alcune famiglie"ragguardevoli" di Spilimbergo, in N. CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di), Spilimbèrc, 61° Congresso della S.F.F. -23 settembre 1984, Udine, Società Filologica Friulana, 1984, pp. 130-131.125 Dopo aver discorso della liberazione attuata da pre Andriolico nei confronti di una donna ossessa, pre Fannioaveva dichiarato che «per questo effetto si crede che questi reverendissimi sian qua», vale a dire per le loro pratiche

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soffriva la competizione con pre Andriolico e pre Gallia, un'altra parte avvertivaverosimilmente il pericolo insito nello svolgere attività antistregonesche praticate anche daoperatori laici e popolari, che dalle autorità ecclesiastiche ufficiali potevano venireconsiderate poco ortodosse e perciò perseguibili126.

La situazione di contrasto interna al clero spilimberghese si evince dalle stesse paroledi pre Fannio: «Interrogatus se sa la causa per la quale sii stato chiamato, o se la possiimaginare, et se sa la causa del presente essami, rispose: "Del certo io non so, se non perquanto vien detto che si essamina per stregamenti et per reverendi".

[...] Ei dictum habetur in processu che voi havete detto che per questo effetto sianoquesti reverendissimi qua contro detti reverendi et che vi dispiace di esser essaminato perquesta causa, et anco che il reverendo padre Biasio habbia liberato una serva del signorcancelier127, rispose: "Signor sì che ho detto che questi reverendissimi sian qui contro ilreverendo di Barbeano et padre Biasio et che non vorei esser essaminato contro alcuno. Etanco ho detto che il reverendo Galia ha liberato una serva del signor cancelliere, quale essam'ha detto haverli lui benedetto olio et pane, et rimasta libera".

Interrogato se sa che detti reverendi attendino a questi essercitii, rispose: «Signor sì,ché tutti vano, per quanto pubblicamente vien detto, così dall'uno come dall'altro di loro doia farsi liberare».128

Una tipologia risolutiva, attestata marginalmente, consisteva inoltre nella possibilità diintervenire da lontano e in maniera indiretta, guarendo così misteriosamente gli ammaliati,senza che vi fosse la necessità per l'operatore di recarsi a casa loro.

Pre Nicola Andriolico agì addirittura da Barbeano, liberando Daniele Romano «senzavenir a Spilimbergo», dove del resto quest'ultimo dimorava129. Pre Biagio Gallia, dopo essersifatto mandare un segno dell'abito di Rosanna Romano, l'aveva guarita dal maleficio «solohaver veduta detta pezza, qual ritene»130.

Il fatto che il prete-controstregone attuasse una procedura non tanto diagnosticaquanto soprattutto taumaturgico-liberatoria contro il presunto maleficio, evitando di portarsifisicamente al domicilio dell'affatturata, o comunque senza intervenire in maniera direttasulla persona sofferente e sul suo corpo/parte malata-maleficiata, induce a due ordini diconsiderazioni, non autoescludentisi a priori: da un lato indica come il religioso, in quantorappresentante ufficiale del clero, ritenesse di possedere un potere evidentemente piuttostoforte, trans-spaziale, la cui efficacia terapeutica si poteva espletare anche indirettamente eda lontano (si ricordi in quest'ottica la forza della strega, che poteva in alcuni casi lanciarestrali ad ampia gittata e da distanze ragguardevoli); dall'altro rivela il fatto che l'ecclesiasticoin alcuni casi poteva comportarsi in tale maniera forse per assecondare la persona che siriteneva maleficiata, esprimendo un atteggiamento se non di scetticismo riguardo allacredenza nella stregoneria e all'efficacia, concreta e simbolica, di misure terapeutichemagico-religiose, perlomeno di velata diffidenza, incertezza e cautela riguardo ad alcune di controstregoneria. «Et poi sogiunse detto pre Tomaso, dicendo: "Mi dispiace di dover esser essaminato perquesta causa"». AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Daniele Romano, cit., c. 8v.126 In questa direzione vanno collocate, ad esempio, le parole di pre Biagio Gallia, il quale nel corsodell'interrogatorio negò in toto, evidentemente a scopo cautelativo, la propria attività di esorcista e dicontrostregone più in generale, rispondendo alle precise domande del giudice di fede con dinieghi decisi:«Interrogato se mai esso habbi benedetto, segnato, essorcizato alcuno huomo o ver dona di questo loco o verd'altri, rispose rispose: "Signor no". Ei dictum quod cogitet dicere verum, rispose: "Signor, vi dico, ma la fé, no perDio che non ho signato, benedetto né essorcizato alcuna credetura, né in questo loco né fuori". Ei dictum che circal'anno 1641, ut appar[et] in processo, esser stata nelle vostre mani la signora Thadea Romana per un anno etsospetta di esser stata stregata, rispose: "Io mai mi son essercitato in cosa alcuna con la signora Tadea Romana,né essa in casa mia né io in casa sua, né in chiesa né in altro loco".Ei dictum se la moglie de messero Zuane Colomba sea stata da vui signata, rispose: "Signor no, che io non ho l'honé segnata né benedetta né essorcizata, né per tal causa passata per le mie mani. È ben vero che monsignorpiovano ha detto già cinque sei anni, che ciò è cosa vecchia, che questa dona haveva un humor malinconico"». Ivi,Deposizione di pre Biagio Gallia, cit., cc. 7v-8r. Con la medesima prudenza si comportò pre Nicola Andriolico, che aiprecisi riferimenti del giudice ecclesiastico rispose affermando ripetutamente di non rammentare nulla inproposito: «Signor, le cose che mi ricercate non mi ricordo, se mi ricordasse lo direi». Deposizione di pre NicolaAndriolico, cit., cc. 10r-12r.127 Si veda anche: Ivi, Deposizione di Daniele Romano, cit., c. 8v.128 Ivi, Deposizione di pre Tommaso Fannio, cit., cc. 12v-13r.129 Ivi, Deposizione di Daniele Romano, cit., c. 9v.130 Ivi, Deposizione di Rosanna Romano, cit., cc. 18r-18v.

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situazioni specifiche di maleficio presunto. A questo proposito rammento nuovamente chel'interpretazione medico-naturale della malattia coesisteva con altre spiegazioni, quellasovrasensibile, quella extranaturale e con la teoria esplicativa in termini di stregoneria.

Un ulteriore episodio mostra come le attività magiche avessero influssi talvolta stabilinella vita del clero. Pre Biagio Gallia aveva una concubina fissa, una donna di nome Maria,abitante a Pinzano, i cui rapporti con il prete vennero spiegati nelle deposizioni di Angela diBattista131, di Rosanna Romano132 e di Giacoma di Bastiano133, quest'ultima sorella di Mariastessa e, prima del matrimonio, serva di Claudia Romano, cognata di Rosanna. Secondo letestimoni Marcolina Stella un giorno aveva ordinato a Maria di prendere alcuni dei propricapelli e metterli nel «sechial»134 dell'acqua santa, con l'accortezza di svuotarlo se pieno,quindi di affidare il tutto alla Stella, che a sua volta l'aveva consegnato al sacerdote. A causadi ciò, dopo che le furono restituiti i capelli, Maria si era sentita «necessitata»135 a recarsi incasa di pre Gallia, a Spilimbergo, con il quale era poi sempre stata per gli ultimi dieci annicirca come sua concubina e dal quale aveva avuto tre figli136.

L'atto magico attribuito alla Stella era di tipo amoroso, visto il risultato finale cheaveva legato in maniera indissolubile Maria a pre Gallia. In questo caso la fattura per mezzodei capelli137 si era rivelata uno strumento efficace, da un lato per spiegare agli occhi dellacomunità una situazione di fatto, il concubinaggio con un sacerdote, condizione che, se pureandava contro le norme religiose, era ampiamente tollerata sia all'interno delle comunità divillaggio di epoca moderna che dalla gerarchia ecclesiastica ufficiale, dall'altro perderesponsabilizzare dai sensi di colpa e la giovane donna e lo stesso sacerdote, che avevanoinfranto quelle regole, accusando un'altra persona per quella trasgressione138.

131 Ivi, Deposizione di Angela di Battista, Spilimbergo, 24 settembre 1644, cc. 16r-16v.132 Ivi, Deposizione di Rosanna Romano, cit., cc. 17v-18v.133 Ivi, Deposizione di Giacoma di Bastiano, cit., cc. 22r-23r.134 Ivi, Deposizione di Giacoma di Bastiano, cit., c. 22r. Si veda il vocabolo friulano secièl, il secchiello d'ottone oargento utilizzato dal chierico o dal sacrestano per portare l'acqua santa dietro al prete che benedice: G. A.PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 1002.135 AAUD, S. Officio, Deposizione di Giacoma di Bastiano, cit., c. 22r.136 Si veda anche: Ivi, Memoriale di Leonardo Cisternini, cit., c. [1r].137 Riguardi ai capelli tagliati come strumento per compiere il maleficio e, in generale, ai residui della persona chesi intende affatturare (unghie, avanzi di cibo, indumenti, urina, feci, sangue mestruale e non, sperma ed altro), milimito a ricordare: A. PAZZINI, Storia, tradizioni e leggende, cit., pp. 38-41, 49-50. Le fatture d'amore, il cui fine èprovocare la passione o il disinnamoramento, intervengono sull'«assetto psicoaffettivo dell'individuo, le sue scelte eil suo comportamento nei rapporti sentimentali». P. BARTOLI - P. FALTERI, Il corpo conteso, cit., p. 58.138 La convivenza extramatrimoniale non era sempre tollerata in epoca moderna, nel caso specifico qui in esameGiacoma, sorella di Maria, aveva palesato una forte contrarietà. Così dichiarò Angela di Battista: «vene questaMaria in casa mia in tempo di note, una sera ch'io non voleva sottetarla, ma mio marito m'essortò a tenerla sin ameza note, dicendomi a detto tempo si saria partita. Et a meza note vene padre Biasio qua di Spilimbergo et lacondusse via. Et di poi, la matina seguente, ritornò in casa mia, il che presentito da Iacoma sudetta, sua sorella,vene con un cortello per darli, ma io li dissi che in casa mia non voleva che li dasse et che andassero fuori di casaet che facessero quello che volevano. Et, contrastando fra loro, detta Maria disse a detta Iacoma che non havevapotuto far di meno di non andar col prete, perché lei diceva che la Marcolina li haveva detto che li dasse certi suicapelli al prete, et così gli li diede, et che perciò non poteva far di meno di non andar con lui, et che dovesse tacere.Et così, doppo criato, si partirno l'una dall'altra». AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Angela diBattista, cit., c. 16r. Per la spia linguistica friulana sotetâ, mettere al coperto, sotto tetto, si veda anchel'espressione a sotèt: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 1076.«Dopo il Concilio di Trento e la vigorosa riproposizione del celibato ecclesiastico, le condotte licenziose e ilconcuninato venivano severamente perseguiti dalle autorità religiose attraverso un irrigidimento del controllo, unapiù attenta sorveglianza dei costumi, un moltiplicarsi di procedimenti giudiziari, nel tentativo di sconfiggere quelladissolutezza e quella radicata abitudine ad intrattenere rapporti con donne che avevano caratterizzato ilcomportamento del clero lungo tutto il 1500. ... In virtù della loro posizione sociale, del loro prestigio, dell'indubbiaautorità esercitata, i sacerdoti potevano facilmente irretire donne e giovani, le quali spesso erano sottoposte aduna serrata sollecitazione in confessionale. Le relazioni amorose, i rapporti sessuali che conseguentemente sistabilivano, le convivenze abituali con donne che generavano figli erano tuttavia accettati dalle comunità, le qualisembravano acconsentire a tali pratiche, legittimandole sulla base della consuetudine e dell'assunzione di preciseresponsabilità da parte dei preti, i quali finivano con il garantire alle loro previde (termine con cui si indicavano lecompagne dei preti, n. d. l.) un aiuto economico, un'assistenza, un riconoscimento ai figli nati dalle loro unioni, aiquali peraltro venivano assicurati l'educazione, l'avviamento al lavoro ed in alcuni casi la stessa eredità.Agli occhi dei fedeli risultava sicuramente più scandaloso il comportamento disordinato del sacerdote chemolestava ripetutamente le parrocchiane, che seduceva le giovani o che, ancor peggio, intratteneva relazioni condonne già maritate. La continuità e la stabilità di certi rapporti, l'esistenza "di fatto" di nuclei familiari costituiti daisacerdoti, erano al contrario riconosciuti, nell'ambito di una mentalità che poteva ritenere naturale l'unione fra un

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Molti altri preti, all'interno della documentazione da me esaminata, svolgevanofunzioni controstregonesche. Pre Salvatore Reggio, curato di Frisanco, era noto per curare lepresunte vittime di maleficio per mezzo di orazioni e benedizioni. Con queste parole lodescriveva il suo pievano: «et credo ch'esso reverendo saprà molte particolarità, perchéricorrono alle sue orationi et benedicioni tutti di quel loco che sospetano essere faturati»139.

Caterina di Pitrucco aveva ricevuto da Agnese Doz della polenta, una gatta ne avevamangiata e subito dopo aveva iniziato a contorcersi dai dolori: chiamato pre Reggio, questiaveva messo del sale benedetto in bocca all'animale, che tuttavia era morto lo stesso140.

Osvaldo di Luisa, minacciato da Lorenzo Doz, aveva perso conseguentemente le forze esi andava consumando a letto: la madre aveva contattato immediatamente pre Reggio, cheera intervenuto con preghiere, benedizioni, leggendo alcuni esorcismi, «esortandolo araccomandarsi al Signore e benedicendolo con l'acqua santa». Il giovane si era poi rimesso insalute141.

Alla stessa maniera Giovanni di Beltrame si era rivolto al sacerdote, perché il suobestiame aveva perso il latte in più occasioni nel corso degli ultimi anni: pre Salvatore alloraaveva benedetto gli animali più volte «con l'acqua santa, dicendo alcune orationi et evangelii»ed il latte riappariva142.

Anche pre Domenico Segala, pievano di Fanna e Cavasso, svolgeva il medesimo ruolo.Era stato lui ad intervenire, secondo le testimonianze, per evitare che il bimbo Mattiacontinuasse a recarsi al sabba e lo aveva fatto benedicendo il bimbo, del pane, recitandosalmi, il Vangelo, orazioni e con l'ausilio di Agnus Dei143. Grazie anche alla collaborazione deigenitori, che avevano tenuto il piccolo sveglio per tutta la notte, si era ottenuto l'effettovoluto144.

A Maniago pre Giuseppe Lovisato aveva scoperto che Nicolosa Campolino era vittima diun maleficio, leggendo i segni sulla persona145. Similmente pre Cosimo Rossetis avevaliberato da una presunta fattura Domenico del Bertolo146.

Gli abitanti di un villaggio inoltre non si rivolgevano necessariamente a membri delclero appartenenti alla loro stessa comunità, a volte potevano chiedere l'aiuto di sacerdotiesterni, o perché gli interventi dei loro preti non avevano raggiunto il risultato sperato,oppure perché li ritenevano più potenti. Maria di Luisa da Frisanco, sospettando di esserestata affatturata, «si fece benedire dal signor pievano di Maniaco, al quale portò unagnello»147. Alla stessa maniera abbiamo visto che in molte situazioni gli abitanti diSpilimbergo si rivolgevano anche al prete di Barbeano e a quello di Tauriano.

Riconoscere i sospetti maleficiati, così come tentare di neutralizzare le presunte malie,erano procedure di antistregoneria che i documenti riferiscono come potenzialmenteattuabili in due maniere, differenti per natura e per operatore, ma spesso commiste tra diloro: sensibile e sovrasensibile.

Gli affatturati, s'è visto dianzi, potevano essere individuati, in specie dai religiosi,tramite la lettura di segni dei loro indumenti o di segni sulla persona, simboli che, codificati

uomo e una donna, essendo tradizionalmente quest'ultima concepita come portatrice di servizi, di sostegno e dicure». A. COMUZZI, «Fu nel mese di Ravador...», cit., pp. 43-45 (e bibliografia citata alla n. 37 a p. 44).139 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processoper stregoneria, cit., p. 124.140 Ivi, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 125. Peralcuni casi di terapia su animali ritenuti maleficiati, rimando indicativamente a: G. LEVI, L'eredità immateriale, cit.,pp. 19, 30.141 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Secondo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processoper stregoneria, cit., p. 124; Ivi, Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., in G. PLATANIA, Un processo perstregoneria, cit., p. 136.142 Ivi, Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., pp. 136-137.143 Sul ruolo attivo di pre Segala e sull'azione di contro maggiormente cauta, in specie nella vicenda di Mattia, dipre Reggio si veda: G. P. GRI, Val Colvera, cit., pp. 210-211, 214-215.144 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Primo memoriale di pre Domenico Segala, [Fanna], 29 giugno 1648, in G.PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 122; Ivi, Deposizione di Osvaldo e Mattia di Bernardon, cit., in G.PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 130.145 Ivi, b. 39, fasc, 299, Deposizione di Giacomo Campolino, cit., c. [4r].146 Ivi, c. [4v].147 Ivi, b. 31, fasc. 28, Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p.137.

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all'interno dei manuali, fornivano un responso determinato ed immediato.Anche gli operatori laici erano in grado di riconoscere attraverso i segni gli individui

affatturati. Dorotea Bordona aveva così riconosciuto la condizione di Claudia Romano148.Inoltre vi erano situazioni in cui l'operatore ecclesiastico assumeva il ruolo di

intermediario a livello terreno della potenza celeste149. Così i maleficiati potevano esserericonosciuti attraverso la benedizione.

5. La funzione controstregonica-devozionale della Madonna

La terapia del corpo malato, o di una sua componente, consisteva a volte nellasomministrazione di preparati concreti e rimedi tradizionali, nella distruzione-eliminazionedel maleficio per mezzo del fuoco purificatore, ancora nella minaccia diretta, fisica e/overbale, nei confronti della strega. Parimenti s'è visto che i maleficiati venivano curati daisacerdoti, oltre che con l'esorcismo, attraverso benedizioni, anche iterate, della personastessa che si riteneva vittima di stregoneria, con la consacrazione di pane, acqua, vino, olio,sale, oppure con l'offerta di cibi benedetti, o attraverso la lettura di preghiere indirizzate aDio, la Madonna, i santi, orazioni, salmi, Vangelo150, o ancora tramite l'imposizione di AgnusDei, con percosse violente per mezzo della stola sacra, infine attraverso la confessionesacramentale dell'ammaliato o la sua segnatura.

In alcuni casi l'individuo stesso, che si riteneva stregato, invocava le potenze celesticon preghiere a scopo terapeutico-liberatorio: Daniele Romano, mentre si trovava in chiesa,aveva pregato Dio ed invocato la Madonna, con il risultato che la sventura si era risolta ed ilviaggio a Valvasone, che in precedenza non aveva potuto attuare, era riuscito151.

Ma la Vergine poteva essere invocata anche come strumento per chiedere vendetta.Così affermò Aurizia Patavina, che si reputava danneggiata da Marcolina Stella: «Come ancodisse haversi veduta deendeta del signor Daniel Romano che, per haverla guardata con cieraoscura, cascò di cavallo, che si poteva amaciare: "Havendo io prigato alla messa la MadonnaSantissima, che Dio lo pagasse conformi che lui mi haveva guardato!"»152.

In altre situazioni alla Madonna venne attribuita una funzione più diretta ed attiva,senza bisogno di preghiere o suppliche da parte del malato-devoto.

Dalle testimonianze da me esaminate relative ai presunti interventi della Vergine Marianei fatti delle possedute di Andreis e Barcis153, la presenza mariana assume una duplicenatura, a seconda che sia attribuita una partecipazione diretta da parte della Madonnaoppure un suo intervento indiretto: nel primo caso tramite visione e/o rivelazione, comeaccadde ad esempio a tre persone di Andreis, due bimbe di otto e dodici anni, Osvalda, figliadi Nicolò Salvador, e Ursula di Giacomo Vittorello, e ad una donna adulta, Maria, moglie diGiovanni Maria di Padova154; nel secondo caso mediante svenimento, come ad esempioavvenne a Osvalda Corradini155 e Caterina, moglie di Fiorito Zamora156.

Le pretese manifestazioni mariane dal punto di vista dello scopo finale risultano 148 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Claudia Romano, cit., cc. 21r-21v.149 «Il sacerdote è l'uomo della mediazione cultuale. L'elemento fondamentale del sacerdozio consiste nel dirittoalla rappresentanza sacrale. Si tratta di una rappresentanza ambivalente che consente al sacerdote dirappresentare il suo gruppo alla divinità, e la divinità al suo gruppo». B. BERNARDI, Uomo cultura e società.Introduzione agli studi etno-antropologici. Antropologia culturale e sociale, Milano, Angeli, 1989, p. 382.150 L'implorazione rivolta a Dio, la Madonna, i santi, apparteneva alla pratica esorcistica, in cui rientravano diversevarianti e livelli terapeutici (dalla benedizione al pellegrinaggio collettivo); il ricorso alla componente religiosa nelleterapie si situava a vari livelli, parimenti al grado di carisma e autorevolezza dell'operatore: A. M. di NOLA, Leterapie magico-religiose, cit.; R. LIONETTI, Religione e guarigione, cit.151 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [51r].152 Ivi, Deposizione di Aurizia Patavina, cit., cc. 26r-26v.153 Ivi, b. 42, fascc. 392 e 395; b. 73, fasc. 44.154 Ivi, b. 42, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, Andreis, 23 agosto 1663, c. 2r. Nel precisare inominativi delle tre persone, pre Tommaso Biasi affermò tuttavia che la bimba più giovane aveva dieci anni: Ivi,fasc. 395, Primo Memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 8r-8v.155 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, [Udine], 27 settembre 1663, cc. 2r-3r.156 Ivi, Primo Memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 4r.

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parimenti disomogenee: da un lato il diavolo, o lo spirito possedente, accusava, per boccadella indemoniata, la strega responsabile del maleficio-possessione, come avvenne nei casi diOsvalda Salvador157, Ursula Vittorello158, Maria di Padova159, Osvalda Corradini e CaterinaZamora160; dall'altro si aveva la richiesta da parte della Madonna, riferita dalla donna cui siera manifestata, di instaurare ad Andreis un culto a lei consacrato, oppure di uccidere lestreghe presunte responsabili, o ancora di liberare le indemoniate, come nei casi di Maria diPadova161 e Domenica Corradini162.

Tali componenti risultano ricorrenti nella vicenda di Andreis e Barcis e diversamentecombinantesi tra loro. Così, indicativamente, nei casi di Osvalda Corradini e di CaterinaZamora, appare rilevante il cambiamento di stato dallo svenimento al rinvenimento, simbolodella transizione dalla possessione passiva alla possessione attiva con funzioni diantistregoneria163, che si esplica da un lato in un ruolo non statico del soggetto posseduto edall'altro nella funzione antidiabolica della Madonna, ispiratrice dell'attività dicontrostregoneria delle indemoniate.

L'indemoniata se da un lato era strumento passivo, mezzo terreno attraverso cui simanifestava il diavolo, dall'altro era un soggetto attivo attraverso cui si rivelava la Madonna,nel senso che agiva, ispirata dalla Vergine, identificando non solo le altre possedute maaddirittura le streghe responsabili della possessione e infine le accusava pubblicamente,svolgendo in conclusione la funzione antidiabolica di controstrega. In alcuni casi inoltre chivedeva la Madonna si scopriva poi vittima di possessione, come Domenica Corradini eMaddalena Tinor164.

Il ruolo attribuito alla Vergine in questa vicenda valcellinese seicentesca di presuntestreghe e indemoniate appare inscritto in una decisa direzione antidiabolica eantistregonesca. Le apparizioni-rivelazioni della Madonna assumevano un ben definito ruolosociale165, funzionavano non solo come attenuante all'identificazione delle streghe da partedelle ossesse, come tecnica di deresponsabilizzazione dell'io, oppure come stimoloall'instaurazione di un culto ufficiale mariano ad Andreis (riunendo in un certo senso sottol'aspetto devozionale-religioso e genericamente antidiabolico le due comunità da pocoseparatesi, Andreis e Barcis, nella devozione indirizzata verso un unico santuario), masoprattutto assumevano la finalità sociale di giustificare nell'ambito della comunità le azionidelittuose ed omicide delle ossesse contro le sospette streghe, nonché di legittimare e darecredibilità alle accuse-rivelazioni delle possedute medesime in funzione antidiabolica e direpressione della stregoneria. Infatti se l'indemoniata, che accusava le streghe, parlava soloper bocca dei diavoli o spiriti maligni che la occupavano, poteva anche non essere credutada parenti e compaesani, ma se l'ossessa esplicava questa medesima funzione grazieall'ispirazione ricevuta dalla Madonna, ecco che gli eventuali dubbi svanivano e le suedichiarazioni-accuse acquistavano un'enorme valenza all'interno della collettività, che leaccettava e condivideva proprio perché parole della Vergine.

L'effigie di qualsiasi Madonna, che fosse dipinta su tela o rappresentata in un affresco,conservata in casa o in un edificio sacro, rivestiva nella vicenda di Andreis e Barcis lamedesima valenza: sia l'immagine della Madonna delle Grazie custodita nella chiesa diAndreis, sia quella della Madonna del Carmine presente nell'abitazione di Domenica

157 Ivi, b. 42, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, cit., c. 2r. Nel precisare i nominativi delle trepersone, pre Tommaso Biasi affermò tuttavia che la bimba più giovane aveva dieci anni: Ivi, fasc. 395, PrimoMemoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 8r-8v.158 Ivi, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, cit., c. 2r. Nel precisare i nominativi delle tre persone,pre Tommaso Biasi affermò tuttavia che la bimba più giovane aveva dieci anni: Ivi, fasc. 395, Primo Memoriale dipre Tommaso Biasi, cit., cc. 8r-8v.159 Ivi, Primo Memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 8r-8v.160 Ivi, Primo Memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 4r.161 Ivi, Primo Memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 8r-8v.162 Ivi, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., cc. 2r-3r.163 Ivi, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, Andreis, 26 agosto 1663, c. 4v. Riguardo allapossessione attiva con funzioni di controstregoneria e sulle considerazioni riguardanti in particolare le vicende diManiago, Andreis e Barcis, si veda il capitolo IV di questo studio.164 Ivi, fasc. 395, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., cc. 2v-3r.165 Medesimo ruolo sociale secondo Thomas assumevano le apparizioni degli spettri nell'Inghilterra dell'etàmoderna: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 673.

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Corradini a Barcis166, come anche le differenti e varie raffigurazioni mariane sparse sulterritorio in cappellette votive167 in corrispondenza di crocicchi, sentieri montani, confinicomunitari, acquistavano un evidente valore simbolico, devozionale e taumaturgico, inrelazione alla definizione dell'identità e del ruolo reciproco tra collettività e chiese. In speciel'immagine della Madonna delle Grazie, conservata nella chiesa di Andreis, assumeva unaforte carica simbolica, grazie alla quale il patrimonio di fede, tradizione e autorità chesosteneva l'identità collettiva si materializzava nell'icona della Vergine, che diveniva segno,simbolo efficace della fede e della tradizione168. Il complesso della figura della Madonna, deipellegrinaggi e della terapia viene stabilito come prova della credenza e della realtà-efficaciadel valore taumaturgico-liberatorio dell'icona mariana169: era l'immagine della Vergine checurava e che guariva, sottesa da un fondo comune di fede e devozione religiosa.

La Madonna era apparsa in più occasioni alle devote, generalmente in chiesa, dopomessa, o mentre costoro la stavano pregando, anche nelle proprie abitazioni, e avevaordinato che, per ottenere delle grazie, la sua immagine venisse venerata in manieraappropriata e a tal fine fosse trasferita in un luogo posto alla vista di tutti170.

In buona sostanza, nella credenza popolare, era la Vergine ad ispirare l'attività dicontrostrega delle possedute, a legittimarne la funzione sociale in direzione antidiabolica e direpressione della stregoneria. La sua figura era fondamentale ed assumeva un ruolodecisamente attivo: la Madonna, per virtù propria171, faceva in modo che le posseduterivelassero il loro stato, identificando le indemoniate e costringendo il demone o spiritomaligno occupante a manifestarsi; consentiva loro di palesare la attività di controstreghe,sembrando in alcune situazioni addirittura essere la causa principale, l'agente catalizzatoredelle loro capacità antistregoniche; ordinava loro di punire le streghe, di ucciderle,divenendo così istigatrice di repressione violenta172.

La Madonna da un lato ispirava nelle indemoniate l'attività di controstregoneria,dall'altro esplicava senza intermediari il ruolo di controstrega, da un altro ancora legittimavacon il proprio intervento la funzione antidiabolica e antistregonesca delle possedute, nonsenza rivelarsi strumento di propaganda religiosa173.

6. Simbologia della guarigione e protezione magico-religiosa

L'evento negativo nei casi di risoluzione assumeva una valenza sul piano simbolico.

166 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Deposizione di Sebastiano Corradini, cit., c. 2r.167 Ibidem.168 G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, Relazione ufficiale al 69° Congresso della S.F.F., in Sot la Nape, XLIV, 1992, 4, p.10.169 D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, in M. MICHELUTTI (a c. di), Âs. Int e Cjere. Il territorio dell'anticapieve d'Asio, Numero unico per il 69° Congresso della Società Filologica Friulana, Udine, Società FilologicaFriulana, 1992, p. 461.170 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Primo Memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 8v.171 Ivi, Primo Memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 8r.172 Ivi, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, cit., c. 10v.173 La Vergine si era manifestata, parlando, a Maria di Padova, indemoniata, liberandola in seguito dall'entità chene occupava il corpo: «"Se fossi donzella, come sei donna, ti vorei fare godere la gloria dongia mi con tre gottined'acqua il dì et tre porcine di pan". Ei io allora mi pareva non esser più in questo mondo. Et questo mi disse inchiesa, mentre facevo oratione avanti quell'immagine, quale mi disse anche che la facessi pore in un luogo più invista; doppo puoi mi disse che fossero distrutte le strighe et che la giustitia abbi il suo luogo. [...] Et più mi disseche non ero degna d'essere liberata tutta in una volta, ma la domenica seguente mi dovessi confessare etcommunicare, che puoi mi avrebbe fornito di liberare. [...] et la domenica sudetta, quando fornì di liberarmi, micomandò che, fornita la messa, io dovessi domandare perdono a tutto il popolo se li avevo offesi in quel tempo cheero stata inspiritata, et che perdonassi a quella che mi aveva fatto quel male et l'amassi come amavo essa BeataVergine. [...] Di più commandò che tutta la cristianità si dovesse astenere dalla biastema et che il primo sabbato sidovesse digiunare pane et acqua, et che beati quelli quali facevano li sabbati, perché tutti questi li riceveva essaBeata Vergine; et che le guerre fossero lassade come commanda Dio et la Beata Vergine; et finalmente disse che asuo tempo voleva liberare tutti quelli faranno ad essa ricorso». Ivi, fasc. 395, Primo Memoriale di pre Tommaso Biasi,cit., c. 8v. Si vedano le trascrizioni dal friulano dòngie, presso vicino, gòte, goccia: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G.B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., pp. 265 (dòngie), 396 (gòte).

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Segno dell'avvenuta guarigione o neutralizzazione del maleficio-malattia poteva essere adesempio il suonare delle campane o l'espulsione del male tramite il vomito174.

Il piccolo Mattia di Bernardon aveva mostrato di essersi liberato dall'influsso malefico,che lo aveva portato a recarsi al sabba, subito dopo aver dato di stomaco: «et la mattinavomitò cose di maraviglia»175, «gli si voltò lo stomaco, e vomitò quanto havea mangiato»176.

Parimenti Osvaldo di Luisa aveva manifestato l'avvenuta guarigione attraverso ilcontrostomaco: «haveva vomitato quantità di sporchezze, come razatura177 di budella, edoppo il vomito era restato libero per grazia di Dio»178.

Claudia Romano soffriva di bruciori localizzati nel petto e nella gola, che le duravanofintanto che non vomitava il cibo179.

Il raggiungimento dello stato di salute dopo la malattia, di un nuovo equilibrio a livellobiochimico, psicologico e sociale, rappresentato simbolicamente con la cacciata fisica dellamalia, era stato rivestito in maniera emblematica nella vicenda spilimberghese del 1644: unafiglia di Cecilia Cenerina era gravida da qualche mese, contemporaneamente la madrepresumeva che fosse vittima di un maleficio, che l'aveva resa triste, se ne era liberata permezzo del parto. Quest'ultimo aveva assunto la medesima valenza segnica del vomito, ossiail ritorno allo stato antecedente di salute. La avvenuta gravidanza aveva indicato che, con lafuoriuscita del feto, vi era stata anche l'espulsione del male e che la risoluzione dell'eventonegativo era ormai vicina: «Et nel giorno che detta creatura morì, detta mia figlia era di bonavoglia»180.

Medesimo discorso per Claudia Romano. Così ebbe a dichiarare Marcolina Stella:«Potrei agg[i]ungere molte cose circa le imputacioni che mi si danno et circa gli imbasti181 etsincope che venivano a madona Claudia, moglie del Romano, mentre era gravida, cheimportava a me che la faturassi. Et tuttavia, partorito che hebbe, fu libera d'oggi male,ecceto però che della borsa, del quale stimo non sia mai per guarire»182.

Ma controstregoneria significava anche protezione dagli atti malvagi, che la strega sidiceva avesse il potere di compiere.

La Chiesa ufficiale forniva tutta una serie di mezzi difensivi concreti: acqua santa,Agnus Dei, oggetti benedetti, crocifissi, medaglie della Madonna o di qualche santoparticolare, oggetti da indossare o portare comunque con sé, o sistemare in qualche puntoparticolare della casa, sulla porta d'ingresso, sul letto. Inoltre suggeriva parallelamentealcuni comportamenti particolari, da attuare per preservare e salvaguardare la propriapersona: devozione, preghiere, andare in chiesa e partecipare alla messa, confessarsi, fare lacomunione, essere pii, seguire in altre parole i dettami dell'ortodossia religiosa cattolica.

La croce che Daniele Romano raccontò di avere trovato per terra, mentre un giornopasseggiava in un campo183, è un esempio significativo degli scopi magico-religiosi a cui unodei segni cristiani più importanti poteva essere piegato. Si trattava di una croce di carta condelle parole scritte su entrambe le facciate, conservata tra l'altro all'interno del fascicoloprocessuale184. Sulla facciata anteriore è presente il testo: «Iesus, Maria» sul braccioorizzontale, il testo: «Tetragrammaton + Franciscus + Bruno + Clara + Daniel» su quello

174 «La fattura è male: il male è sudiciume, è sporcizia da cui si è stati investiti e da cui ci si deve liberare, comedalla sporcizia del corpo, dalle secrezioni e dagli escrementi»: G. P. GRI, Val Colvera, cit., p. 206 e n. 26. Riguardoalla valenza concreta, non solo simbolica, dell'espulsione del maleficio (applicabile anche alla possessione tramitestregoneria), del vomito e dello sputare fuori la malia e/o le entità possedenti: D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâzdi Clauzetto, cit., pp. 479, 481, 483.175 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Primo memoriale di pre Domenico Segala, cit., in G. PLATANIA, Un processo perstregoneria, cit., p. 122.176 Ivi, Deposizione di Osvaldo e Mattia di Bernardon, cit., in G. PLATANIA, Un processo per stregoneria, cit., p. 130.177 Si veda il friulano rassadùre, raschiatura: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit.,p. 853.178 AAUD, S. Officio, b. 31, fasc. 28, Deposizione di pre Salvatore Reggio, cit., in G. PLATANIA, Un processo perstregoneria, cit., p. 136.179 Ivi, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 20v.180 Ivi, Deposizione di Cecilia Cenerina, cit., c. 17r.181 Si veda il friulano imbàst, svenimento: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p.419.182 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Marcolina Stella, cit., c. [61r].183 Ivi, Memoriale di Daniele Romano, cit., cc. [48v-49r]; Deposizione di pre Nicola Andriolico, cit., cc. 11r-11v.184 Ivi, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [48v].

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verticale; sulla facciata posteriore invece il testo: «Daniel. Crux Christi. Victoria vincit» sulsolo braccio verticale185. Il Romano l'aveva mostrata ad Agrippa Cisternini, avvocato epersona di una certa cultura186, che però non era stato in grado di dare una rispostaesauriente sulla natura dell'oggetto, anche se aveva teso ad escludere che avesse valorenegativo. Successivamente aveva chiesto un parere al reverendo di Barbeano, il qualerispose di avere riconosciuto una duplice valenza: da un lato negativa, ritenendola unafattura, aggiungendo che se il Romano l'avesse calpestata, oppure avesse oltrepassato ilconfine magico che essa segnava, sarebbe accaduto qualcosa di sinistro187; dall'altropositiva, stimandola un oggetto protettivo, sebbene ciò fosse una credenza superstiziosa.Tuttavia la deposizione rilasciata dal prete di Barbeano aveva solo in parte confermatoquesta versione188: pre Andriolico infatti asserì trattarsi di parole ebraiche e latine, inoltreche quella croce non poteva avere decisamente alcun potere nefasto, trattandosi di «parole diDio»189.

Il simbolo della croce assumeva, nell'ortodossia cattolica come nella tradizionepopolare, una valenza senza dubbio positiva, anche se bisogna tenere conto che, nei loropresunti rituali magico-diabolici, alcune streghe solevano utilizzarla come elemento malefico,deformandone e capovolgendone, anche fisicamente, il significato religioso (si pensi a taleproposito alla simbologia negativa connessa al filo intrecciato a forma di croce, che si dicevafosse stato ritrovato dentro al cuscino di Aurizia Patavina190). In secondo luogo le paroleimpresse erano, come affermò lo stesso pre Andriolico, parole divine. La terminologiatrascritta sulla croce non lascia alcun dubbio sul suo valore beneaugurante: «Iesus», «Maria»,«Tetragrammaton», «Franciscus», «Bruno», «Clara», «Daniel», «Crux Christi. Victoria vincit»191.Verosimilmente quella croce fungeva come protezione da portare sempre con sé, forseappesa addosso in qualche involucro, o magari inserita in un libricino di preghiere.192

185 Ibidem.186 Sull'avvocato Agrippa Cisternini, figura centrale nella vita politico-amministrativa di Spilimbergo nella primametà del Seicento, deputato eletto da parte dell'assemblea popolare nel 1624, che ebbe un ruolo di primo pianonel gestire le ultraventennali e aspre contese tra consorti, deputati del popolo, feudatari e popolani: A.STEFANUTTI, Consorti feudali, "cittadini" e "popolani" a Spilimbergo. Spunti per la storia di una società tra XVI e XVIIsecolo, in N. CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di), Spilimbèrc, cit., pp. 95-108, in particolare pp. 96, 98-100, 104.Su un Agrippa, parimenti eletto deputato popolare nel 1624, che esercitò l'arte medica: L. SERENI, Cenni storici,cit., pp. 124-125. Inoltre Agrippa Cisternini fu lettore di libri proibiti e per questo motivo processatodall'Inquisizione: R. PELLEGRINI, Aspetti del Seicento spilimberghese, in N. CANTARUTTI - G. BERGAMINI (a c. di),Spilimbèrc, cit., pp. 267-278. Indicativamente sulla pratica della lettura di libri proibiti e sulla rete di prestiti, più omeno sotterranei, e rapporti personali nel Friuli del Seicento: S. CAVAZZA, Inquisizione e libri proibiti in Friuli e aGorizia tra Cinquecento e Seicento, in Studi goriziani, XLIII, gennaio-giugno 1976, pp. 29-80; E. KERMOL, La rete diVulcano. Inquisizione, libri proibiti e libertini nel Friuli del Seicento, Trieste, Dipartimento di Scienze Politiche, Collanadi studi storici, 1990 (e ampia bibliografia citata).187 G. P. GRI, Cjèrmiz. Confini, fra paesaggio naturale e paesaggio simbolico, in Sot la Nape, XLVI, 4, 1994, pp. 23-30.188 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di pre Nicola Andriolico, cit., cc. 11r-11v.189 Ivi, Deposizione di pre Nicola Andriolico, cit., c. 11v. Lo scarto tra le affermazioni che il Romano attribuì a preAndriolico e la deposizione dello stesso religioso, si indirizza verosimilmente nella tendenza del Romano a costruireindizi o prove artificiose contro Marcolina Stella, come si è avuto modo di vedere nel capitolo 3 di questo lavoro,per interessi personali.190 Ivi, Deposizione di pre Carlo Rossetis, cit., c. 7r.191 Nello specifico la parola «Tetragrammaton» è una voce latina dotta, tetragrammatos-on, a sua volta derivante dalgreco tetragrámmatos = di quattro lettere (tetra + grámmata), che sta ad indicare il nome di Dio presso gli Ebrei,appunto di quattro lettere, Yhvh. «Franciscus» va con ogni probabilità collegato a San Francesco d'Assisi, mentre«Bruno» e «Clara» vanno riferiti ai rispettivi santi. «Daniel», visto l'autore del ritrovamento, fa pensare alla possibilitàdi un amuleto ad personam, ma non è da escudersi che rimandi al santo. «Crux Christi. Victoria vincit» sonotermini che rimandano alla religione, a carattere beneaugurante-apotropaico, che si connettono decisamente allaforza attiva e positiva insita nelle parole medesime. Riguardo al Tetragrammaton connesso alla credenza nel poteremagico dei nomi santi: K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 204.192 La croce di carta recante delle parole scritte rinvenuta dal Romano (Thomas cita il caso di una donna con «unfoglio di carta recante croci e lettere che essa avrebbe dovuto portare su di sé»: K. THOMAS, La religione e il declinodella magia, cit., p. 207), si riallaccia in parte alla tipologia del breve medioevale, così come si evince da uno studiodi Cardini relativo all'Italia del Trecento e Quattrocento, il quale definisce con quel termine «l'amuleto costituitoessenzialmente d'una striscia di carta o materiale simile e d'una formula su di essa scritta [...] una formula disolito molto breve». La croce cartacea cui si fa qui riferimento, presenta alcune caratteristiche comuni allatradizione del breve medioevale italiano: è una striscia di carta, doppia e intrecciata a forma di croce; presentadelle scritte, presumibilmente fatte con inchiostro, di argomento religioso o tratte dalle Scritture, a scopo

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Vi erano altre situazioni in cui il simbolo della croce veniva utilizzato per scopi magici.Basti pensare al segno della croce193, oppure ad altri oggetti con quella forma, di legno o dialtri materiali, che venivano portati addosso oppure appesi in punti strategici della casa, oancora sistemati in luoghi specifici, bivi, trivi, quadrivi, crocicchi, mulini e così via194.

Claudia Romano, moglie di Daniele, ogni volta che incontrava Marcolina Stella erasolita farsi il segno della croce più volte, in maniera tale da proteggersi contro l'influssomalefico che riteneva emanasse dalla strega. Nonostante la donna si segnasse in manieraveloce, per non farsi vedere, la Stella un giorno se ne era accorta ed aveva esclamatoironicamente se la Romano non avesse paura di essere portata via dal demonio inpersona195.

Ancora si era imbattuta in pre Biagio Gallia «et li dissi che costei mi guardava con unaguarda dura, bruta, onde lo pregai mi volesse dar qualche cosa a fin che non restasse offesada lei, onde lui mi disse che io, incontrandola, non la guardassi, come ho fatto»196.

Alla stessa maniera il parroco della chiesa di San Giacomo197 in Udine, dopo aver

profilattico, apotropaico, terapeutico e difensivo (l'efficacia della croce è legata alla potenza del testo); non è noto setali scritte fossero destinate ad essere lette oppure a rimanere segrete, anche se sembra più probabile la secondaipotesi, e parimenti non è noto se la croce dovesse non essere vista, oltre che letta, da alcuno (pena la perdita dellavalenza magico-religiosa) e conservata al chiuso, piegata, arrotolata, cucita, sigillata, indossata appesa al collo o sualtre parti del corpo, oppure custodita in altra maniera. «Un rapporto abbastanza stretto sembra configurabilealmeno fra esso (il breve, n. d. l.) e la preghiera-scongiuro usata contro certe malattie ... "breve" e preghiera-scongiuro hanno un preciso potere profilattico, sono armi di difesa» (così anche la croce di carta, nonostante lapreghiera presentasse un testo più lungo ed articolato, specificamente destinato alla lettura, n. d. l.). Parimentisembra esservi relazione anche con il phylacterium ed il volumen medioevali, il primo amuleto protettivo con «formacaratteristica di striscia cartacea o meglio pergamenacea ... caricata di una scritta», il secondo rotolo scritto dipergamena avvolto in giro. «La Chiesa naturalmente ostacolò con decisione questa pratica, ritenuta pagana, anziaddirittura sacrilega quando includesse l'uso di passi scritturali o coinvolgesse comunque simboli e riti religiosi». Ilriferimento esplicito al valore di fattura della medesima croce cartacea risulta un pericolo codificato ed accettatodalla tradizione: «nella Firenze del Trecento, la confezione dei "brevi" era proibita in quanto essi erano ritenutisempre e comunque un veicolo di maleficia: e ciò tanto più in quanto ... la loro funzione non doveva esaurirsinell'ambito profilattico-apotropaico». Come il breve veniva considerato efficace in una moltitudine di settori, «quellidelle malattie o delle disfunzioni e malformazioni fisiche, della sterilità e dei dolori delle partorienti, degli incidenti»,così la croce di carta risulta un oggetto dalla tipologia e funzione illimitate ed in parte indefinite, che ponesimilmente la sua efficacia in un ambito ambiguo ed «assai ampio, nel quale sono ritenuti validi anche altri rimedia carattere religioso o magico (reliquie e preghiere da un lato, amuleti e scongiuri di vario tipo dall'altro)». Tuttavia,«più che dinanzi a un tipo determinato di scrittura magica, ci si trova dinanzi a una costellazione di tipi affini mariconoscibili e collegati fra loro, con un'ampia possibilità di varianti e con legami flessibili ma profondi con altri tipidi scritture magiche («legature», lettere-scongiuro, «scritture costrittive»). F. CARDINI, Il "breve" (secoli XIV-XV):tipologia e funzione, in G. R. CARDONA (a c. di), La scrittura: funzioni e ideologie, in La ricerca folklorica. Contributiallo studio della cultura delle classi popolari, 5, Brescia, Grafo, aprile 1982, pp. 63-73 (e relativa bibliografia). Sullatipologia degli amuleti scritti indicativamente: G. R. CARDONA, Gli amuleti scritti: un excursus comparativo, in T.SEPPILLI (a c. di), La medicina popolare in Italia, cit., pp. 91-97 (e ampia bibliografia); A. M. di NOLA, Il diavolo. Leforme, p. 297; ID., Il diavolo, la sindrome, cit., p. 75; G. LEVI, L'eredità immateriale, cit., pp. 18-19, 30; K. THOMAS,La religione e il declino della magia, cit., pp. 203-207, 229, 253-254, 290-291. Sulla tipologia degli amuleti nelsenso più ampio, indicativamente: G. BELLUCCI, Amuleti italiani antichi e contemporanei, Palermo, Il Vespro, 1980;ID., Un capitolo di psicologia popolare. Gli amuleti, Perugia, 1910; A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, pp. 140, 157,159, 162, 283, 304; G. P. GRI - N. CANTARUTTI, La collezione Perusini. Ori, gioielli e amuleti tradizionali, Udine,Casamassima, 1988; G. LIENHARDT, Il ruolo della morte: un aspetto della filosofia Anuak, in M. DOUGLAS (a c. di),La stregoneria, cit., p. 354; M. MAUSS, Saggio di una teoria generale, cit., pp. 74-75; A. PAZZINI, I talismani magico-terapeutici, cit.; ID., Storia, tradizioni e leggende, cit., pp. 74-121; G. PERUSINI, Diffusione diacronica e sincroniadegli amuleti in Italia, in Ricerca scientifica e mondo popolare, Palermo, Manfredi, 1973, pp. 299-311; B. SPOONER,Il malocchio in Medio Oriente, cit., pp. 382, 385; K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., pp. 253-254.193 Indicativamente: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, pp. 190, 292-298, 302, 319.194 «C'è il confine che separa da quello a rischio lo spazio garantito dall'azione malefica. ... Mai uscire, cioé, dalconfine tracciato dal displuvio del proprio tetto dopo il suono della campana serale, se si vogliono evitare i cattiviincontri con gli "altri", con gli esseri della notte, con il diavolo [...] Le streghe e le loro operazioni (e le nostreoperazioni di controfattura)hanno a che fare con gli ingressi e con gli angoli delle case, con i bivii, i trivii, i crocicchie i confini del paese. [...] Affreschi devozionali, maine (cappellette isolate lungo le strade o i sentieri in montagna, n.d. l.) e croci, con rogazioni questue e processioni sacre e profane, testimoniano di una sacralizzazione del territorioche aveva a riferimento proprio ingressi, percorsi e confini». G. P. GRI, Cjèrmiz. Confini, cit., p. 25.195 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Claudia Romano, cit., c. 21r196 Ivi, Deposizione di Claudia Romano, cit., cc. 20v-21r.197 Riguardo all'attività di esorcista intorno alla metà del Seicento del prete di San Giacomo: C. GINZBURG, Ibenandanti, cit., pp. 162, 169, 179.Nel Friuli di fine XVI secolo un sacerdote, detto il prete di Bannia (località nei pressi di Pordenone), era noto per le

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esorcizzato dal maleficio Daniele Romano, gli aveva consigliato, tra le altre pratiche volte allaneutralizzazione della fattura, di farsi ogni giorno il segno della croce198.

Parimenti valore protettivo aveva la «croce piena di reliquie» che Daniele Romanoaffermò portare addosso, con ogni probabilità una custodia dalla forma apotropaica199.

Anche le preghiere, come indicò lo stesso Romano, avevano una funzione difensiva.Era stato soltanto grazie alle «letanie della Madona», che aveva recitato prima di montare acavallo, ma successivamente al presunto maleficio della Stella, che era restato in vita dopoche la bestia si era imbizzarrita e gli era andata addosso: «che la Beata Vergine mi aiutete,ché non restai morto»200.

7. La pratica esorcistica: la terapia della possessione e del

maleficio

Tra i rimedi contro la stregoneria messi a disposizione da parte della Chiesarientravano i sacramenti della confessione e della comunione, il segno della croce, gli oggetticonsacrati (ostia benedetta, acqua santa, Agnus Dei, candele, vino, olio, sale, pane) e labenedizione delle persone, preghiere, orazioni, letture di salmi e del Vangelo, le reliquie e leimmagini dei santi, il potere dei nomi201. Reliquie ed immagini in particolare erano custoditedi solito all'interno di santuari202, che divenivano meta di frequenti pellegrinaggi, luoghi ove ipresunti indemoniati si recavano con la speranza di venire liberati dal diavolo che si ritenevali opprimesse203.

sue qualità di esorcista, così potenti da entrare in concorrenza e sovrastare la fama di Giacoma Pittacola, una trale più note controstreghe della zona: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p. 153.198 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [49r].199 Ivi, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [50r]. Un caso simile venne riferito da Cecilia Cenerina, che raccontòcome sua figlia fosse rimasta offesa da Marcolina Stella unicamente perché sprovvista dei suoi oggetti santiaddosso: Deposizione di Cecilia Cenerina, cit., c. 17r.«La tendenza cristiana ufficiale era ... quella di sostituire gli amuleti con le reliquie, ma ciò comportava un nuovopericolo, che cioé col tempo si cominciassero a considerare le reliquie alla stregua di amuleti»: F. CARDINI, Il"breve" (secoli XIV-XV), cit., n. 11 p. 73. Sulla questione della progressiva sostituzione in area occidentale degliamuleti scritti con le reliquie e altri oggetti similari si veda anche: G. R. CARDONA (a c. di), La scrittura, cit.200 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [50r].201 Riguardo a nomi e lettere potenti: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 142, 158-160, 292-298, 302-306.202 Il termine santuario indica il luogo sacro ove si custodiscono delle reliquie, centro di particolari devozioni epellegrinaggi, dei santi o della Vergine (santuario mariano). R. ZOFF, E qui mi costruirete una chiesa. Leggende esantuari mariani nel Friuli-Venezia-Giulia, Gorizia, Editrice Goriziana, 1991 (e ampia bibliografia ivi citata); EAD.,Santuari mariani e leggende di fondazione, in P. GOI (a c. di), Religiosità popolare nel Friuli Occidentale, cit., pp. 39-56 (e bibliografia).203 Generalmente si riteneva che le reliquie dotate di maggiore efficacia fossero quelle appartenenti ai santi. Il loropotere taumaturgico, così come quello delle immagini, era diffuso sia a livello di letteratura scritta (scrittiagiografici, biografie, cronache, ex-voto scritti) che di tradizione orale (racconti, storie, miti). Il modello del santovenne utilizzato dalla religione cristiana come esempio di vita e di purezza, come stimolo a seguire ed imitare unacondotta pia e austera. I santi assunsero il ruolo di intercessori tra l'uomo e Dio. In questo senso furonoconsiderati i dispensatori delle sue grazie, ruolo che a livello umano veniva svolto dall'operatore religioso,mediatore ad un livello inferiore. In quanto individui esemplari nella loro condotta devota, i santi vennero soventeutilizzati con lo scopo di liberare i posseduti dai diavoli. I miracoli che si ritenevano attuati dai santi, al pari degliinterventi taumaturgici mariani, «premiano la fede più che liberare dalle possessioni demoniache e forsepropongono in modo un po' paradossale un modello causale più duraturo e sopravissuto fino a noi, perché, purconvivendo con sistemi prevalentemente naturalistici, non combattono direttamente le forze demoniache,responsabili delle malattie, ma si rivolgono ad esseri soprannaturali che, come avvocati per l'uomo, possonointerrompere l'ordine naturale per aiutare il sofferente». G. LEVI, L'eredità immateriale, cit., p. 40.Sul valore delle reliquie, simboli taumaturgici, di fede, tradizione ed autorità, dei santi e dei pellegrinaggi: S.BOESCH GAJANO - L. SEBASTIANI (a c. di), Culto dei santi, cit.; P. BROWN, Il culto dei santi, cit.; D. COZZI - E.ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., pp. 459-498, in particolare le pp. 467-474; M. CRAVERI, Sante e streghe.Biografie e documenti dal XIV al XVII secolo, Milano, Feltrinelli, 1981; G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit., pp. 9-10; A.I. GALLETTI, «Infirmitas» e terapia sacra, cit., pp. 17-34; A. J. GUREVIC, Contadini e santi, cit.; R. LIONETTI,Religione e guarigione, cit., pp. 137-140; L. M. LOMBARDI SATRIANI, Santi, streghe e diavoli. Il patrimonio delletradizioni popolari nella società meridionale e in Sardegna, Firenze, Sansoni, 1971; A. PAZZINI, I santi nella storiadella medicina, Roma, 1937; ID., Storia, tradizioni e leggende, cit., pp. 121-134; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e

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Il santuario era uno spazio considerato sacro, per il fatto che, si diceva, vi si fosserivelata o riconosciuta presente una potenza sovrannaturale, superiore, alla quale veniva poitributato un culto specifico (la Vergine, i santi). La presenza dell'entità veniva ricollegata ingenere a fenomeni naturali o a esperienze personali, apparizioni, visioni, audizioni, cosìcome la tradizione tramandava nei racconti popolari. Il santuario era un crocevia ove lepersone si incontravano, un punto di aggregazione non solo religiosa ma anche sociale, unluogo dove si comunicava con il sacro tramite orazioni, canti, voti, offerte, doni e dove ci siattendeva un intervento sovrasensibile. I pellegrinaggi, spontanei o in parte favoritidall'autorità ecclesiastica, consentivano a intere comunità, a volte a singole famiglie opersone, di recarsi in tali località, per appellarsi alla Madonna o ai santi, oppure per farricorso ad esorcisti, affinché intercedessero in loro favore o dei propri cari contro le disgraziepiù varie, pestilenze che colpivano persone o bestiame, agenti atmosferici dannosi per ilraccolto, malattie, possessioni204. Le fonti da me esaminate documentano questo ricorso alsantuario, in particolare contro la possessione: così Nicolosa, la presunta indemoniatamaniaghese, si recò nel mese di maggio del 1655 al santuario di Madonna di Rosa pressoSan Vito al Tagliamento205, con la speranza di essere liberata dagli spiriti maligni206. Allastessa maniera diverse ossesse giunsero davanti all'immagine della Madonna delle Graziecustodita nella chiesa di Andreis nell'estate del 1663207. Parallelamente attraverso ilpellegrinaggio i devoti esprimevano riconoscenza per la grazia ricevuta e lasciavanoall'interno dell'edificio gli ex voto208, testimonianza della loro fede e gratitudine. Inteso comespazio sacro, tale luogo non doveva necessariamente consistere materialmente in un edificiovero e proprio, era sufficiente un segno del miracolo, la notizia ad esempio dell'apparizionedella Vergine presso una sua immagine dipinta209. Così era accaduto ad Andreis e Barcis.

streghe, cit., pp. 240-241; J. SUMTION, Monaci, santuari, pellegrini. La religione nel Medioevo, Roma, Editori Riuniti,1981; G. ZARRI, Finzione e santità, cit.; EAD., Le sante vive, cit.; EAD., Le sante vive: Profezie di corte, cit.204 Riguardo alla valenza di «celebrazione, glorificazione, commemorazione» del pellegrinaggio, viaggio e visita dipenitenza, devozione o speranza verso i luoghi sacri, nonché alla funzione riattualizzante del rito, simbolo di unavvenimento già accaduto in passato a carattere sacro-divino e per questo di propiziazione taumaturgica delladisgrazia: A. M. CIRESE, «La cerimonialità: celebrazioni, operazioni, riproduzioni», in Oggetti, segni, musei, Torino,Einaudi, 1977, pp. 62-67. «Accanto alla spiegazione personalistica della causazione del male, vi era quella che imali fisici avessero cause spirituali. La malattia non era solo provocata dal maleficio, ma anche dal peccato: lapenitenza al santuario e la fiducia riposta nelle qualità terapeutiche della reliquia potevano cancellare il peccato ela malattia». D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., p. 486.205 Riguardo al santuario di Madonna di Rosa: L. PRODOMI, Santuario della Madonna di Rosa, San Vito alTagliamento, 1983; G. SCALETTARI, Storia della miracolosa immagine di Maria vergine che si onora in San Vito alTagliamento sotto il titolo di Madonna di Rosa [etc.], 1805. Sui santuari si vedano anche, indicativamente: G.CRACCO, Dai Santi ai Santuari: un'ipotesi di evoluzione in ambito veneto, in G. CRACCO - A. CASTAGNETTI - S.COLLODO, Studi sul Medioevo veneto, Torino, 1981, pp. 24-42; L. DE BIASIO, Credenze ed atteggiamenti religiosinel mondo contadino friulano del Seicento. Un singolare rito battesimale amministrato nel santuario di Trava in Carnia,in L. CICERI (a c. di), La religiosità popolare in Friuli, cit., pp. 39-53; G. P. GRI, Il Santuario della Santissima Trinità diPolcenigo, in G. BERGAMINI (a c. di), Civiltà friulana di ieri e di oggi, Udine, Società Filologica Friulana, 1980; R.ZOFF, E qui mi costruirete una chiesa, cit.; EAD., Santuari mariani e leggende di fondazione, cit.206 È verosimile che quel viaggio fosse andato comunque a buon fine, come sembra di poter arguire dal fatto che,«ritornati che fossimo da San Vito, non si parlò mai di niente»: AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, Deposizione diGiacomo Campolino, cit., c. [3v].207 Ivi, b. 42, fascc. 392 e 395, citt. «Il fallimento, la mancata efficacia terapeutica, il reiterarsi dei segni della crisi,certe sue tutte anomale declinazioni e manifestazioni, tra le quali spiccano i perturbamenti nei confini tra il puro el'impuro, tra il sacro e il profano, tra il non umano e l'umano ... orientavano la ricerca di salute/salvezza lungo levie sicure della devozione, lungo quegli itinerari che conducevano a provati, potenti, luoghi di taumaturgicarisoluzione». Il santuario «era il punto di arrivo di un percorso a tappe che toccava altri luoghi, riconosciuti forsemeno funzionali alla crisi da risolvere, ma non meno soccorritori e partecipi al disegno globale di celebrazione,guarigione e risoluzione della crisi». D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., p. 462.208 Dal latino ex voto suscepto, per un voto fatto, il termine indica un oggetto offerto a chiede o ad altari per graziericevute: DOGLIOTTI M. - ROSIELLO L. (a c. di), Lo Zingarelli 1996. Vocabolario della lingua italiana di NicolaZingarelli. Dodicesima edizione, Zanichelli, Bologna, 1996, p. 648. Sulla tradizione e tipologia degli ex voto mi limitoa segnalare il seguente studio: M. LUCCHETTA, Gli "ex-voto" del Friuli Occidentale, Udine, Società FilologicaFriulana, 1972 (e bibliografia ivi citata).209 I culti terapeutici in luoghi specifici sono correlati «con lo spazio fisico e geografico in cui essi si inseriscono estrutturano». Infatti «una delle caratteristiche fondamentali della cultura rurale è la tendenza a proiettare sul suolole proprie pratiche e credenze». Vi è una vera e propria «relazione tra la malattia ed il luogo investito del poteretaumaturgico, evidenziata dal fatto che «i pellegrini memorizzino in genere con maggior precisione la coppiamalattia-luogo, che quella malattia-santo. Attraverso queste corrispondenze fra le malattie e i punti del territorio,

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Qualunque fosse il luogo ove si verificava l'evento prodigioso, tutti gli spazi assumevano lamedesima caratteristica: si trattava in ogni caso di una zona ben delimitata, all'interno dellaquale era possibile la comunione fra umano e divino.

Ogni santuario meta di pellegrinaggi possiede una leggenda di fondazione210,tramandata lungo i secoli per via orale o scritta, che ne costituisce una indispensabile fontedi documentazione, relativa ai motivi ed episodi che furono alla base dell'edificazione delluogo di culto stesso. Nelle leggende dei santuari la narrazione dei prodigi garantival'accorrere delle folle di devoti, il racconto della fondazione diveniva così un efficacestrumento propagandistico nelle mani della Chiesa, in quanto modello di comportamentietici e religiosi corrispondenti ai dettami dell'autorità ecclesiastica211. I motivi presentiall'interno di tali racconti sono classificabili in tre gruppi: una traslazione miracolosa, cheportò in una sede più adatta l'immagine sacra o tutto il tempio; prodigi di luce o coriangelici, che rivelarono il desiderio soprannaturale che una determinata immagine venissericonosciuta con un culto pubblico; un miracolo, o una serie di miracoli, che evidenziòun'immagine particolare all'attenzione pubblica e poi alla venerazione.

La vicenda di Andreis e Barcis sembra iscriversi parzialmente in questo orizzonte disenso. Nel 1663 infatti la Madonna era apparsa ad alcune fedeli ed aveva parlato loro,chiedendo che la sua immagine venisse venerata in un luogo più alla portata di tutti. Oltre areclamare l'instaurazione di un culto mariano pubblico ed ufficiale in quei villaggi212,secondo le testimonianze la Vergine aveva compiuto una serie di miracoli, vale a dire il farpalesare le indemoniate ed il riconoscere per mezzo di loro le streghe responsabili213, oancora il rendere innocua una coltellata sferrata da una donna ad un'altra, rispettivamentesospetta strega e presunta indemoniata214, eventi che avevano contribuito ad attirare unamoltitudine di devoti alla sua venerazione anche dalle zone limitrofe e ad alimentare altresìla fama delle guarigioni miracolose.

Per ciò che concerneva i rimedi particolari contro la possessione, essi vanno identificatinelle pratiche esorcistiche215. L'esorcismo in senso stretto era quella pratica che l'operatore,propriamente ecclesiastico ma anche laico216, esercitava, in particolari condizioni217 e

si realizza così una spazializzazione del corpo sofferente, o, se vogliamo, una sua proiezione mitico-simbolicasull'insieme del territorio». Gli stessi pellegrinaggi non fanno altro che, come le processioni, mettere «nuovamentein relazione il corpo del malato con lo spazio. [...] una stretta correlazione lega le devozioni anche al tempo:l'efficacia taumaturgica ... è subordinata infatti non solo al luogo, ma anche al giorno dell'invocazione: laguarigione miracolosa viene così a coincidere con un preciso punto spazio-temporale». R. LIONETTI, Religione eguarigione, cit., pp. 139-140.210 R. ZOFF, E qui mi costruirete una chiesa, cit., pp. 65-71, 97-100.211 EAD., E qui mi costruirete una chiesa, cit., p. 63.212 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Primo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 8v; Deposizione di SebastianoCorradini, cit., c. 2r.213 Ivi, 392 e 395, citt.214 Ivi, fasc. 392, Pre Lucio d'Alberto a fra Angelo Gherardini, cit., c. 4r.215 Il termine esorcismo, dal greco dotto exorkismós, a sua volta dal verbo exorkízein, composto da ex, rafforzativo,e horkízein = giurare, assume un triplice significato: a) far giurare, imporre un giuramento; b) scongiurare,domandare con insistenza; c) purificare, liberare dallo spirito maligno, dal demonio, dal male un corpo. È inquest'ultima accezione che il termine viene inteso in senso tecnico, anche se il significato principale va connessocon la costrizione nei confronti di qualcuno a fare qualche cosa tramite l'invocazione di un'autorità sovrasensibile.Gli esorcismi possono allora definirsi come degli scongiuri, delle pratiche liberatorie volte a comandare al diavolo oa uno spirito, in nome di Dio, di uscire da un determinato corpo. Riguardo all'etimologia ed al significato deltermine: M. DOGLIOTTI - L. ROSIELLO (a c. di), Lo Zingarelli 1996, cit., p. 630; D. P. WALKER, Possessione edesorcismo, cit., pp. 8-9. Nel riprendere l'origine classica del termine, di Nola definisce l'esorcismo, «dallo strettopunto di vista della tipologia storico-religiosa», come un «rito difensivo o apotropaico, squisitamente magico, amezzo del quale si eliminano dalle persone e dalle cose le situazioni negative che ostacolano la pienezza vitale». A.M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 295-296 (la citazione è a p. 295).216 «Le fonti del tardo Cinquecento e del primo Seicento ci mostrano ... - accanto a quella alta, regolamentata econtrollata dal centro - la progressiva diffusione capillare di una pratica esorcistica bassa (quotidiana, marginale,tollerata, motivata spesso dal bisogno di guadagno)»: G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit., p. 8. Per le medesimeconsiderazioni: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., n. 14 p. 151.«Le fonti documentano anche la progressiva contrapposizione fra esorcisti e guaritrici/guaritori tradizionali proprioin riferimento alla capacità di individuare cause e responsabilità di malie e fatture (e possessioni). Quanto più siestende l'interpretazione della sventura in termini di possessione diabolica, quanto più si estende la credenza nellacapacità delle streghe di indurre la possessione, tanto più la diagnosi e la cura vengono a rientrare nell'ambito delsacro, ora affermato con forza come dominio esclusivo del clero»: G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit., p. 8.

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modalità, su individui che erano ritenuti posseduti dal diavolo o spirito maligno al fine diliberarli nel nome di Dio, in privato oppure in pubblico218. Tuttavia, nonostante il riferimentoesplicito all'elemento divino, l'efficacia del rituale non era data a priori, esisteva infattisempre la possibilità che esso non andasse a buon fine, poiché secondo la dottrina cristianail potere degli ecclesiastici sui demoni non era assoluto ed inoltre in alcuni casi poteva nonrisultare produttivo a causa della peccaminosità della vittima o della carenza di fede degliastanti219. Così vi furono episodi in cui il presunto posseduto venne esorcizzato in piùoccasioni prima di ristabilirsi, o da parte del medesimo operatore oppure di esorcistidifferenti220. Parallelamente l'esorcista era colui che ordinava al diavolo, in nome di Dio ecome suo intermediario terreno221, di abbandonare il corpo di un individuo, o comunque dicessare di esercitare il suo malefico influsso su cose o persone o animali222, e che pertantoattuava gli esorcismi223. Inoltre vi furono casi in cui vennero organizzate con fraudolenza daparte di alcuni esorcisti, laici ed ecclesiastici, delle false liberazioni di false possedute, inmaniera tale da convincere i presenti dell'abilità particolare di certuni terapeuti224.

217 Gli esorcismi venivano compiuti di solito «di preferenza attorno al santuario, e comunque all'interno del recintosacro, contrassegnato dal perimetro cimiteriale, o nella sua dilatazione e declinazione simbolica, nel villaggio» inmomenti specifici, connessi con le feste religiose e devozionali: D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit.,p. 466. Romeo tuttavia menziona «un doppio regime delle sedute» esorcistiche, pubbliche per i posseduti, private ea domicilio per i maleficiati: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p. 148Così un esorcista laico napoletano di fine Cinquecento, Giangiacomo Marsicano detto Cirignolo, attribuiva «ilgrande privilegio di cacciare gli spiriti agli esorcismi praticati nelle notti di Natale e Capodanno, notti "janaresche",così le chiamava. E in esse fissava ora di preferenza le sue sedute esorcistiche, specialmente quando non gliriusciva di cacciare gli spieiti con i sistemi "ufficiali". [...] E infatti, quando si rende conto che anche in mano a luil'esorcismo è una tecnica lenta e faticosa, se non del tutto improduttiva, pensa di potenziarne le capacità,innestandolo sul tronco della tradizione, dei poteri che essa attribuiva ai nati nelle notti "janaresche" di Natale eCapodanno. Era una pratica rischiosa, che giudici di fede più occhiuti avrebbero potuto severamente condannare,e in rapporto al significato religioso di quelle giornate, e, soprattutto, per il sospetto di stregoneria implicito in essa.... La collocazione delle sedute esorcistiche nelle notti "janaresche" era perciò nella sua situazione il compromessopiù spinto che egli potesse realizzare tra le vecchie tradizioni e i nuovi poteri». ID., Inquisitori, esorcisti e streghe,cit., pp. 128, 133.218 «Ho ricavato l'impressione che nell'area e nel periodo considerati (Inghilterra e Francia in particolare, tra XVI eXVII secolo, ma il discorso sembra applicabile, con le dovute cautele, anche per l'Italia del medesimo periodo, n. d.l.) i casi di possessione fossero relativamente rari, e comunque assai meno frequenti dell'altra tra le grandi attivitàdiaboliche, la stregoneria. Forse anche per questo motivo i casi di possessione potevano essere utilizzati con tantaefficacia dalla propaganda religiosa: erano abbastanza diffusi perché la gente comune li comprendesse e vicredesse ... e abbastanza rari da costituire un'eccitante novità, attirando così un pubblico numeroso». D. P.WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., p. 6. Riguardo alla funzione di propaganda religiosa dell'esorcismo,nonché alla stretta correlazione di questo con l'accusa di stregoneria, in specie davanti alle folle: G. ROMEO,Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 109-168, in particolare pp. 154-160; R. MANDROU, Magistrati e streghe nellaFrancia del Seicento. Un'analisi di psicologia storica, Roma-Bari, Laterza, 1979; D. P. WALKER, Demonic Possession,cit. Peraltro, come ricordano Romeo e lo stesso Walker, nell'Italia dell'età moderna i resoconti a stampa degliesorcismi pubblici, o comunque la letteratura di propaganda religiosa inerente quelle possessioni-liberazioni,furono assenti: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., n. 19 p. 115; D. P. WALKER, Possessione edesorcismo, cit., p. 6.219 K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 531.220 Riguardo a casi di esorcismi plurimi e iterati, orientativamente: A. DEL COL, Streghe e bestemmiatori neiprocessi dell'Inquisizione, cit., pp. 198-200.221 Sulla figura dell'esorcista, laico ed ecclesiastico, come mediatore non solo del sovrannaturale ma anche a livelloculturale: P. BURKE, Scene di vita quotidiana, cit., pp. 259-277; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., inparticolare pp. 151-168.222 In relazione ad esorcismi (e anche processi) contro animali, invasioni di bruchi, vermi, o lumache sui campicoltivati, oppure animali presunti posseduti dal diavolo: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, pp. 190, 305-306.223 Al contempo tuttavia il complesso sistema delle pratiche esorcistiche e dei rituali cerimoniali ad esse associati(pellegrinaggi, preghiere, partecipazione alle funzioni religiose e così via) potevano avere di contro un ruolo noninsignificante a livello di «suggestione collettiva» e di «diffusione del contagio». La folla di pellegrini, devoti, presunteindemoniate e loro parenti o amici, «attirata dall'aria di mistero» che circondava gli esorcisti e gli esorcismi, sientusiasmava ed infervorava con estrema facilità. D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., pp. 482-483.224 D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., p. 479.Sulla questione degli abusi e sulle contromisure adottate dalla Chiesa a partire dal tardo Cinquecento si soffermanel suo studio Romeo, il quale rammenta come il IV concilio, nel 1576, avesse stabilito «precise forme di selezionee di controllo degli esorcisti, attraverso la concessione di una apposita licenza». Inoltre numerose indicazionidocumentarie convergono a testimoniare «la strettissima correlazione tra diffusione dei moderni trattati esorcistici,e di quelli del Menghi in primo luogo, ed espansione delle relative pratiche. ... la fase di maggiore diffusione dei

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La soluzione positiva del rituale esorcistico contro la possessione, vale a dire laliberazione del presunto indemoniato, poteva essere rivestita simbolicamente in manierediverse: si andava dalla confessione dei diavoli o spiriti maligni che ne occupavano il corpo,all'emissione di umori dalla bocca, ad urla acute e grida stridule, ad una iperazione delcorpo dell'individuo, che veniva descritto trovarsi solitamente in uno stato sovraeccitato, o dicontro ad un rilassamento totale dello stesso, in alcuni casi simile alla morte. Talimanifestazioni da parte del posseduto venivano riferite anche in varia associazione tra diloro. Si trattava comunque di segni che indicavano o avvertivano della imminente o giàavvenuta liberazione, come anche le campane che suonavano per segnalare la fuoriuscitadelle entità maligne, simboli che significavano la partecipazione dell'ossesso, e dell'esorcista,alla teatralizzazione dell'evento225.

Delle pratiche esorcistiche cui le persone ritenute possedute venivano sottoposte,anche all'interno di santuari, le fonti documentarie esaminate in questo studio rivelanopoco226.

Per ciò che concerne i casi di possessione per stregoneria da me considerati, pre NicolaAndriolico aveva «liberato una dona che, in cambio di esser stregada, era inspiritada»227.Nicolosa Campolino era stata esorcizzata nella chiesa di San Rocco a Maniago con esitonegativo, come è presumibile dal fatto che si fosse poi recata al santuario mariano diMadonna di Rosa. Così dichiarò infatti Pirina Taier: «Un giorno venendo da tavella228 insiemea Menega di Iacomo di Candido et li dissi che la nora del Campolino era stata schongiuratanella chiesa di San Rocco, la quale disse che li è intrato per invidia»229. E ancora aggiunse«che havevano scongiurato Nicolosa Campolina alla chiesa di San Rocco et che il spiritodiceva che era intrato per invidia»230.

Sappiamo che ad Andreis il pievano aveva tentato di liberare dal diavolo Maria diPallua231. L'esorcismo era avvenuto nelle necessarie condizioni, vale a dire in un luogo sacroed in un momento particolare: «e questo è successo in chiesa, in tempo che si celebrava la

testi esorcistici presso i religiosi italiani si può fissare attorno al 1590. Non si discostano di molto da questa data iprimi processi inquisitoriali intentati ad esorcisti per abusi connessi alle loro attività». G. ROMEO, Inquisitori,esorcisti e streghe, cit., in particolare pp. 29, 133-137, 145-160, 162-165, 229, 257-259, 263 (la citazione è a p.135).225 «Che il prete, attraverso lo scongiuro, abbia il potere di costringere il diavolo a dire la verità risulta sottintesonei manuali cattolici di esorcismo, che gli insegnano a interrogare il diavolo, a chiedere il suo nome, se abbia deicompagni, quando sia entrato in quel corpo, per quale motivo, quando se ne andrà e quale segno darà della suadipartita. Il Rituale Romanum, però, e altri trattati cattolici, avvertono il prete di non porre al diavolo domandeinutili o curiose, e a non consentirgli di offrire spontaneamente informazioni». Tuttavia spesso i preti o gli esorcistiascoltavano fin troppo le rivelazioni dei presunti demoni e «questa mancanza di cautela nel trattare con il padredella menzogna aveva importanti conseguenze pratiche quando il diavolo dichiarava di essere stato inviato nelcorpo dell'indemoniato da una particolare persona. Se si dava credito a questa dichiarazione, la persona sarebbestata accusata di stregoneria». D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo, cit., p. 11.226 «Le formule esorcistiche erano sviluppate secondo uno schema più o meno consolidato. Contenevanoun'invocazione ai nomi potenti, una ingiunzione al demonio di abbandonare la vittima, una minuta indicazionedelle varie parti del corpo che si presumevano invasate e, in alcuni casi, il riferimento a precisi passi evangelici chenarravano esorcizzazioni compiute da Gesù o da santi». A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 294-295.227 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Deposizione di Daniele Romano, cit., c. 8v.228 Il termine rimanda all'antico sinonimo femminile friulano tavèla o tavèle, oggi tavièle, tuttora usato nella zona diManiago per indicare la parte coltivata del terreno comunale. A Maniago il vocabolo risulta attestato dal 1308 eattualmente indica una zona territoriale compresa tra Maniagolibero e Fratta. G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B.CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 1178; per la presenza del vocabolo a Maniago un accenno in A. OLIVETTO - M.BALDI - A. TOMÉ, Voltapicara, Blecs di Manià. Ricerca storica e popolare sulla toponomastica di Maniago, Comune diManiago - Assessorato alla cultura, Maniago-Pordenone, Lema, 1993, p. 76. Riguardo alla devozione di San Rocco,in specie relativa al Friuli: F. METZ, Santi Rocco e Sebastiano: devozione ed immagini, in P. GOI (a c. di), Religiositàpopolare nel Friuli Occidentale, cit., pp. 151-192 (e relativa ampia bibliografia ivi citata). A San Rocco si ricorreva disolito in occasione di epidemie: A. GIACINTO, La «pieve» di San Mauro, in C. G. MOR (a c. di), Maniago. Pieve,Feudo, Comune, Maniago, Comitato per il Millenario 981-1981, 1981, p. 192.229 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, Costituto di Pirina Rampon, Maniago, 13 ottobre 1655, c.[5v].230 Ivi, c. [6r]. «Si noti la funzione ambigua dell'esorcismo: libera ... dal diavolo, ma ne amplifica il potere e rendepiù temibili le streghe»: A. DEL COL, Streghe e bestemmiatori nei processi dell'Inquisizione, cit., pp. 198-200.231 Tra posseduto(-malato) ed esorcista(-guaritore) viene a stabilirsi un rapporto costante: il primo accusa unaserie di sintomi precisi, codificati e stereotipi, il secondo propone e applica parallelamente una medesima serie dimedicamenti ed interventi risolutori. A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., pp. 277-278.

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santa messa o si diceva il vespero»232. Tuttavia aveva assunto un andamento poco ortodosso,il pievano infatti, oltre ad «averla più volte benedetta alla presenza del popolo»233 ed allaimposizione addosso alla presunta posseduta della stola sacra, aveva utilizzato quest'ultimain una maniera particolare: «et essendo anco stata più volte benedetta dal reverendopievano, subito che egli ha percossa la donna con la stola sacra, è caduta in terratramortita»234.

Parimenti il pievano aveva agito pubblicamente anche nei confronti di altre donne: «Vene sono alcune altre, ma non si sa per opra di chi siano state affatturate, et il reverendopievano le benedice e scuopre in esse li medesimi effetti che si vedono in Maria suddetta»235.

La medesima procedura era stata utilizzata anche nei confronti delle ossesse di Barcis:«Di più quando sono travagliate et fanno gran rumore, se un sacerdote le percuote con lastola, quale chiamano pezzotta236, o corda o cattena, et li asperge con aqua benedetta, siaquietano alquanto et, seguitando a dir li Evangeli et altre orazioni, in breve tempo ildemonio va giù et la persona torna in sé»237.

Non sempre però la terapia contro la possessione risultava efficace. Così il pievano diAndreis aveva benedetto in più occasioni la figlia di Cristoforo della Stella, che avevamanifestato i sintomi della possessione, ma la giovane non era stata liberata238.

Inoltre l'esorcismo poteva essere utilizzato contro il maleficio239, il che da un latomostrava come a livello ecclesiastico si ritenesse che la strega fosse intervenuta con l'aiutodel diavolo, dall'altro esemplificava ulteriormente il procedimento di commistione trastregoneria e possessione, che si era verificato ed evidenziato in particolar modo nel corsodel XVII secolo. Infatti la dottrina cristiana del tempo in base alla teoria demonologica dellastregoneria riteneva qualsiasi maleficio come opera del diavolo. Parallelamente anchel'attività dell'esorcista era progressivamente mutata, diventando egli in grado di riconoscerela strega e le malie, nonché di neutralizzare quest'ultime.240

232 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., c. 6v.233 Ibidem.234 Ibidem. Riguardo al costume di picchiare gli ossessi con calci, pugni e bastoni o altri oggetti, utilizzando unestremo grado di violenza non solo verbale ma soprattutto fisica, procedura utilizzata anche da parte di esorcistiecclesiastici, in maniera tale da far uscire i presunti demoni-spiriti, oppure anche solo come strumento dipersuasione ad adottare una certa terapia: D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., pp. 476, 479, 481,496 n. 37.235 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., c. 7v.236 Si veda il termine friulano pezzòt, cencio, straccio, brandello; in tono dispregiativo per qualunque capo divestiario od altro panno logoro o anche solo sgualcito. In Val Cellina, a Claut, è attestata la voce pethòt, coprispallecon schiena. G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., pp. 744 (pezzòt), 1580 (pethòt).237 AAUD, S. Officio, b. 42, fasc. 395, Secondo memoriale di pre Tommaso Biasi, cit., c. 11r.238 Ivi, fasc. 392, Deposizione di Osvaldo della Stella, cit., c. 8v.239 «Allo spirito maligno, affermava la Chiesa, si poteva imporre di andarsene nel corso di un esorcismo formalecompiuto da un sacerdote agente nel nome di Dio e della Chiesa, cerimonia che del resto faceva parte del ritobattesimale. I santi della Chiesa primitiva erano celebri per la loro capacità di scacciare diavoli e, verso la metà delIII secolo d. C., l'ufficio di esorcista era stato riconosciuto come uno degli ordini minori. Il rituale relativo, checomportava il segno della croce, l'insufflatio (vale a dire l'alitazione simbolica), l'uso di acqua benedetta e l'ordineimpartito al diavolo di andarsene in nome di Dio, venne ulteriormente sviluppato dalla Chiesa controriformistica intutta una serie di manuali prescrittivi di esorcismi da applicarsi non solo a persone possedute, ma anche nel casodi poltergeister (fenomeno che si riteneva si verificasse, e da alcuni lo si ritiene tuttora, in presenza di unindividuo, spesso adolescente, con facoltà medianiche, vale a dire un rumore improvviso o un movimento dioggetti, n. d. l.), di abitazioni infestate e di animali o esseri umani in preda a tormenti di origine soprannaturale».K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit., p. 531. In relazione all'utilizzo dell'esorcismo non solo contropresunte possessioni, ma anche contro il maleficio e le infermità naturali: D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz diClauzetto, cit.; G. P. GRI, Spiritâz a Clausìet, cit., pp. 5-15, in particolare le pp. 6-9; G. LEVI, L'eredità immateriale,cit., in particolare pp. 13-43; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 109-168.240 Il «complesso culturale della fattura/possessione/esorcismo» adottava delle «funzioni nuove»: «non solo curarela possessione-malattia, non solo confermare la realtà del diavolo e la superiorità di Dio, non solo confermare ilruolo dominante dell'esorcista-prete su ogni altro terapeuta laico, non solo confermare la validità degli strumentiutilizzati (il valore dell'acqua santa, del segno di croce, dell'Agnus Dei, della stola, del prete stesso, il potere delleparole, ecc.); ma anche trasformarsi in canale sicuro di denuncia delle streghe, essere momento di estrinsecazionenon punibile della rete di sospetti all'interno delle comunità e delle maglie dei conflitti interpersonali». G. P. GRI,Spiritâz a Clausìet, cit., p. 9. Durante il Seicento «nella lotta contro la magia e la stregoneria ... oltre allo strumentorepressivo giudiziario, la Chiesa italiana utilizzò come mezzo alternativo l'esorcismo ... con gli stessi effetti ambiguiche aveva nel Cinquecento: l'esorcismo contribuiva a controllare la stregoneria diabolica, ma contemporaneamenterinvigoriva credenze che la repressione cauta della stregoneria metteva in discussione», dimostrando

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Tra ultimo quarto del Cinquecento e metà Seicento la struttura di controllo organizzatadalla Chiesa ufficiale con il Concilio di Trento si definì in particolar modo in Italia e Spagnacome particolarmente cauta e moderata, lontana dagli eccessi sistematici di altre zoneeuropee. Gli elementi che concorsero a ciò furono differenti: l'incredulità sul potere dellestreghe e sulla realtà del sabba presente negli ambienti curiali romani (e la conseguenteparziale depenalizzazione di quest'ultimo); l'affinamento, in direzione dei diritti e della tuteladegli imputati, delle procedure nei tribunali inquisitoriali (ad esempio, la spontaneacomparitio); la capillarizzazione del controllo religioso attraverso i confessionali (il binomiorifiuto dell'assoluzione sacramentale e comparizione spontanea), i vicari foranei e le visitepastorali; la lotta alle superstizioni connessa alla diffusione di culti devozionali (anche inFriuli si assisté alla nascita di nuovi santuari); la proposta rinnovata dell'arte esorcistica edil nuovo ruolo assunto dagli esorcisti.241

Il procedimento di riforma della pratica esorcistica, verificatosi in Italia tra fine '500 einizi '600, si evidenzia in particolar modo nell'attività del francescano fra GirolamoMenghi242, che divenne uno dei punti fermi di questa nuova tendenza. Nonostante i suoiprimi scritti risentissero ancora dell'impostazione classica della problematica esorcistica, inseguito l'atteggiamento nuovo assunto dai tribunali inquisitoriali fu ascrivibile in buonaparte anche all'opera del francescano. Il Flagellum daemonum (1578) offriva in sostanza dellesoluzioni ancora legate alla tradizione (purificazione rituale dell'esorcista e dell'indemoniato,lettura dei segni dell'invasione diabolica, condizioni da osservare con rigore per la buonariuscita dell'esorcismo e così via), rinviando spesso per l'utilizzo delle formule all'antecedenteCompendio dell'arte essorcistica (1576). Quest'opera, sulla base della manualistica piùrigorosamente antistregonesca, confermava la realtà del sabba (attraverso una soluzione dicompromesso, possibile in corpo e in spirito) e della possessione, rafforzando così lacredibilità dell'arte esorcistica come strumento da utilizzare anche in ambiti nonesclusivamente legati ad essa, per liberare dal diavolo gli ossessi e per combattere le vittimedella stregoneria243. Il Compendio in sintesi proponeva una doppia strategia: repressionegiudiziaria della stregoneria, liberazione delle vittime della stregoneria e della possessioneper mezzo degli esorcismi. Gli esorcisti dunque assunsero il compito di intervenire alcontempo sia sugli affatturati che sugli indemoniati, anche se soltanto nella Parte secondadel Compendio dell'Arte Essorcistica (1601) Menghi stabilì con forza l'interdipendenza trastregoneria e possessione, elaborando la convinzione che la società cristiana e l'autoritàecclesiastica erano ormai preparate a lottare contro diavoli e streghe, instaurando così unlegame netto tra riorganizzazione dell'arte esorcistica e rilancio della persecuzione contro lestreghe in funzione antibiabolica.

Le prime forme documentate di dissenso alla rifondazione dell'arte esorcisticamenghiana si ebbero a partire dalla fine del '500. Fatta eccezione per una serie di divergenzegeneriche di opinione sulla realtà dell'evento della possessione, presentate nell'edizione del1576 del Compendio, vere e proprie critiche dirette in prima persona a Menghi iniziarono adiffondersi. Esemplare in questo senso l'avvenimento del 1585, in cui riconobbe lo stato diposseduto di una autorevole persona in Lombardia e procedette al suo esorcismo, in ciòperaltro sostenuto dal riscontro di altri esorcisti. Come ricordò lo stesso Menghi nella Parteseconda del Compendio, in quell'occasione un gruppo di medici stabilì che la persona cheegli aveva definito ossessa in realtà non lo era, né lo era mai stata, ma soffriva unicamentedi una malattia naturale. Fu lo stesso Menghi a chiarire l'origine di opposizioni così ampie,provenienti dall'ambito medico: egli veniva accusato non tanto di affermare la realtà della

implicitamente l'esistenza e il potere delle streghe e di Satana. A. DEL COL, Streghe e bestemmiatori nei processidell'Inquisizione, cit., pp. 198, 204 e n. 15 a p. 205.241 G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit.242 In relazione alla figura ed al ruolo di Girolamo Menghi (Viadana, 1529 - Viadana, 1609) rimando alla studiocitato ed alla bibliografia ivi indicata: ID., Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., in particolare pp. 109-143, 145-150,152-154, 156, 161-163, 167, 245, 249, 258, 264-265.243 «L'unica occasione di contatto che c'era stata sino a quel momento tra esorcisti e streghe era nella possibilità diutilizzare sul piano giudiziario le risposte cavate ai diavoli annidati negli ossessi e nel possibile effetto di ritornodella repressione sugli indemoniati». Tuttavia «di quelle connessioni non c'era traccia nel Menghi: egli non accennamai né alla caccia alle streghe come rimedio né a possibili utilizzazioni dell'esorcismo in quella prospettiva». ID.,Inquisitori, esorcisti e streghe, cit. p. 117.

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possessione diabolica, quanto di aver sconfinato nella medicina, particolarmentelegittimando l'uso di sciroppi, pillole ed altri preparati concreti244. Nonostante egli si fossedifeso affermando che i suoi testi non giustificavano affatto l'utilizzo indiscriminato di talipratiche da parte degli esorcisti senza previa approvazione medica, inoltre che laresponsabilità era da addebitarsi ai singoli operatori e non all'arte esorcistica nel suocomplesso, in ambito medico si fece strada un movimento d'opinione nettamente contrarioagli esorcisti ed alle loro applicazioni. Le accuse principali consistevano nel fatto che essiesercitavano interventi medici mascherati da esorcismi, adoperando sostanze assaipericolose, che prescrivevano senza competenza e con grande pericolo per chi le avrebbeassunte, sconfinando così in un terreno non di loro conoscenza245.

Raimondo Lullo (1232-1316), con la sua opera De quinta essentia, aveva definito lapossessione in senso naturale, come una cattiva disposizione dell'umore melanconico,sostenendo la legittimità e l'efficacia del solo intervento medico attraverso sostanze sensibili(senza mai accennare ed esorcismi e rimedi spirituali). La questione dell'efficacia di talimedicine sui diavoli, entità spirituali, trattata da Lullo, era stata rielaborata dallo stessoMenghi, il quale aveva convalidato ed ammesso l'utilizzo di preparati concreti da parte degliesorcisti nei casi di possessione diabolica246. Come apparve nelle edizioni degli anni settantae ottanta del XVI secolo del Flagellum e del Compendio, ogni riferimento a Lullo venneeliminato dalla censura dell'Inquisizione247, lasciando tuttavia intatta l'idea dell'utilità dellesostanze sensibili per limitare le sofferenze degli indemoniati248.

La dilatazione di competenze della tecnica esorcistica e dei suoi operatori era ormai undato di fatto, e si situava a due livelli: i mediconi-esorcisti operavano, per mezzo di ritualimagico-religiosi nonché attraverso medicine e rimedi concreti, da un lato sia per liberare ipresunti posseduti che i sospetti affatturati, dall'altro per guarire i malati d'ogni genere, nonsanati dai medici o non in grado di rivolgersi loro per motivi economici o d'altro tipo249. Leautorità ecclesiastiche centrali giudicarono del resto in maniera decisamente soddisfacentela nuova arte esorcistica rifondata da Menghi, strumento di promozione delle idee cattolichenonché di ampliamento del controllo ecclesiastico sulla società italiana, anche se non neadottarono l'invito ad una repressione dura della stregoneria250.

244 Riguardo alla polemica della classe medica contro l'arte esorcistica rifondata da Menghi, Romeo ricorda inparticolare un testo di fine Cinquecento, ad opera di Scipione Mercuri, intitolato Degli errori popolari d'Italia, edito aRoma nel 1599: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 137-143.245 Nei manuali per esorcisti «i limiti fra dottrina esorcistica della Chiesa cattolica e tecniche magico-popolari eoccultistiche di medicina divengono molto incerti, poiché gli autori, nella preoccupazione di fornire mezziterapeutici e antidemoniaci particolarmente efficaci, sono ricorsi alle più disparate fonti estranee alla tradizionecanonica medievale»: A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, pp. 296-298 (la citazione è a p. 297); ID., Il diavolo, lasindrome, cit., pp. 74-76.246 Riguardo alla rielaborazione menghiana della prospettiva di Lullo in materia di intervento medico nei casi dipossessione diabolica: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 140-141.247 «Se gli atteggiamenti delle autorità ecclesiastiche locali verso il Menghi e i nuovi sviluppi dell'esorcisticasembrano prevalentemente favorevoli, o comunque largamente tolleranti, gli interventi della Congregazione delSant'Ufficio non si discostano di molto da queste linee di tendenza. Riguardo al Menghi e alle sue opere, l'episodiodi censura al quale si è accennato rimase isolato; non furono messi in discussione i nuovi sviluppi teorici da luidati all'arte esorcistica né, ovviamente, la sua campagna per un ritorno alla caccia alle streghe. [...] Non stupiscequindi che la tendenza prevalente negli interventi dei supremi inquisitori in materia di attività esorcistiche sospettesia quella di irrogare il divieto di esorcizzare, anche senza processo, come unica pena». ID., Inquisitori, esorcisti estreghe, cit., pp. 154-160 (la citazione è a p. 154; per alcuni casi friulani di esorcisti cui le autorità ecclesiastichevietarono di esorcizzare, si veda n. 1 p. 145).248 Soltanto «nell'edizione del Flagellum del 1584 egli accennò per la prima volta all'obbligo per l'esorcista diconsultarsi con il medico prima dell'applicazione dei rimedi - dovendosi essi adeguare alla complessione dei malati[...] Ma ai primi del '600 il Porri e il Visconti, rispettivamente con una dotta disquisizione e con un elenco di ricettee dosaggi per preparare oli, suffumigi, bagni, emetici, clisteri, a sollievo degli indemoniati, toglievano ogni residuodubbio agli esorcisti: era non solo lecito, ma anche doveroso, lottare contro i demoni a quel modo».»: G. ROMEO,Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 142-143 (per il riferimento alle opere dei due trattatisti: A. Porri, Antidotariocontro li demonii nel quale si tratta come entrano ne' corpi humani, ove in quelli stiano, come da quelli si scacciano, etaltre cose degne di sapersi, Venezia 1601; Z. Visconti, Complementum artis exorcisticae cui simile nunquam visumest: cum litaniis, benedictionibus & Doctrinis novis, Exorcistis efficacissimis, ac remediis copiosis in Maleficiatisexpertis, Venetiis, 1600: G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 121, 142-143, 151).249 In relazione all'ampliamento di competenze degli esorcisti (gli esorcismi erano volti in alcune situazioni anchealla ricerca di tesori nascosti o perduti): G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 145-153, 161.250 «Chiesa e Inquisizione furono dunque sostanzialmente concordi, nell'Italia del tardo '500, nel valutare

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La nuova tendenza nell'utilizzo dell'esorcismo251 e la trasformazione dell'attivitàdell'esorcista252, sono verificabili in alcuni dei documenti qui considerati. Così aveva agito ilpievano di Spilimbergo pre Carlo Rossetis, ad esempio, nei confronti di Daniele Romano, chesi riteneva affatturato da Marcolina Stella, la quale lo aveva fatto «lambicare»253: «et ilreverendo signor pievano mi disse: "Compadre dimani dopoi mesa alla mia casa, che faròquanto occore". Andai di matina, come ordene, et messo cominciò ad exorcisarmi. Et a mezol'esorcismo mi messe la mano alla testa et subito cominciai a gridare, con dire: "Mi sento amorire!". Mi fece apoggiare al leto con un fastidio grande. [...] e andato come dico in quelgiorno che vado dal signor pievano subito detto li esorcismi con alegreza. Dapoi passato ilfastidio mi pare di proveder alli fatti miei»254.

Alla stessa maniera si comportavano anche altri due sacerdoti, pre Biagio Gallia255 epre Nicola Andriolico256. Il pievano medesimo ricordò che Orazio ed Antonio Businollo, duefratelli «che habitan a Barbeano, per quanto m'han detto, han osservato che signorreverendo fa professione d'essorcizare et che si serve de libri in stampa, ma non saper di chené di che autore»257.

Daniele Romano raccontò poi di un altro esorcismo al quale era stato sottoposto aUdine, da parte del prete di San Giacomo: «La sera seguente l'eccellentissimo signor zio mitrovò et mi disse: "Nepote, credo che sete perseguitato. Venite con me a Udine, che faremovedere di quel religgioso così valento homo". Et io risposi al mio solito: "Non posso venire".La matina seguente tornò a dire: "Bisogna venire", et io resposi: "Vedrò". Così con il nome diDio andai. La causa che mi resolsi [fu] che il dì avanti discoperse che quella donamaldadetta non era in Spilimbergo. Subito gionto a Udine andassimo dal reverendo di SanGiacomo et subito conobbe che era in male mani, et disse: "Venite di matina, subito [dopo]messa, che farò quelle beneditione che sarano oportune". La matina andassimo per tempo,perché l'eccellentissimo Cisternini haveva di andar più oltre et haveva gusto di esserpresente. Si condusse in sacristia et subito che scominciò ad esorcizarmi, subito messo lamano sopra la testa, cominciai a chiamar: "Giesus, mi sento a morire!". Così il reverendo mi

positivamente, o nel tollerare, un'attività esorcistica rinnovata nelle tecniche, ampliata nelle competenze,suscettibile di una molteplicità di usi, dalla cura delle malattie di uomini e animali nelle città come nei villaggi piùsperduti alla liberazione spettacolare di indemoniati nei più prestigiosi luoghi di culto. [...] La battaglia di GirolamoMenghi era da questo punto di vista molto limpida. Egli vedeva nella pratica esorcistica un importante strumentodi lotta ai poteri malefici di diavoli e streghe, ma era anche convinto che solo punizioni esemplari dei responsabilidi atti di stregoneria potevano condurre alla vittoria finale sull'esercito di Satana. Rispetto a questi obiettivi,sensibilità e partecipazione della chiesa italiana rimangono per lo più nell'ombra», tanto che Romeo parla di uno«scarso successo degli inviti menghiani alla repressione dura della stregoneriatra i religiosi italiani che lessero» imanuali di Menghi. G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., pp. 161-162.251 Dai documenti inquisitoriali gli esorcisti italiani di fine '500 inizio '600 paiono essere spinti in particolar mododall'idea di facili guadagni. «Per molti ecclesiastici italiani del tardo '500 i libri di Girolamo Menghi furonosoprattutto questo, un insperato contributo all'arte di arrangiarsi. Né l'entusiasmo né le tecniche raffinate delViadana (lo stesso Menghi, dal nome del villaggio che gli diede i natali, n. d. l.) passano negli esorcisti italiani chesi possono vedere in azione in questi anni. Da come li descrivono i loro clienti, paramenti religiosi, formulari,rituali, erano quasi sempre messi da parte. E a ben pensarci, la lettura dei formulari, con i complessi rituali che laintervallavano, avrebbe richiesto la perdita di ore, un lusso che forse pochi di loro potevano permettersi. Le fasidegli interventi descritte nei processi di questi anni (come confermano in parte i documenti da me esaminati, n. d.l.) sono invece rapide, essenziali, a cominciare dalla diagnosi. Una malattia diabolica non si negava a nessuno,specialmente dopo che i medici non avevano avuto successo; e spesso si accettava senza discutere la decisionematurata in tal senso nell'ammalato e nei suoi parenti. Quanto poi alle tecniche adottate, molti si limitavano a"segnare", a benedire, a leggere qualche preghiera, in modo non molto dissimile da quelle operazioni magiche cheessi avrebbero dovuto combattere». G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., p. 152.252 L'esorcista, laico o ecclesiastico, «opera, perciò, nei riguardi di situazioni presenti negli uomini (malattie,impotenza sessuale, sterilità, disgrazia, rischio di morte, perdita di fortuna relativa a determinate imprese), o neglianimali (morie, sterilità, difetto di crescita e moltiplicazione, insufficiente resa dei prodotti, azione negativadeterminata da animali con catatteristiche demoniache, o nelle cose (situazioni che impediscono il pienogodimento delle cose; impurità della terra, del fuoco, dell'acqua, dell'aria; cariche negative connesse agli alberi, aifiumi, al mare, ai corsi d'acqua, ai commestibili, alle bevande)». A. M. di NOLA, Il diavolo. Le forme, cit., p. 296.253 Si veda il verbo friulano lambicâ, propriamente distillare, qui nel senso di tormentare, molestare, affliggere,penare, dolorare: G. A. PIRONA - E. CARLETTI - G. B. CORGNALI, Il Nuovo Pirona, cit., p. 498.254 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [49v].255 Il sacerdote, tuttavia, nel corso della sua deposizione negò di aver mai esorcizzato, benedetto o segnatoqualcuno: Ivi, Deposizione di pre Biagio Gallia, cit., cc. 7v-8r.256 Ivi, Deposizione di pre Biagio Gallia, cit., c. 7r.257 Ivi, Deposizione di pre Carlo Rossetis, cit., c. 7r.

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fece sentare et mi disse: "Subito son inacorto, perché ho sentuto il boto alla mano"»258.Come per la possessione, anche nei casi di maleficio non sempre la pratica esorcistica

risultava efficace, come si evince dalle parole del prete di San Giacomo: «Per una volta tantonon si potrete liberare»259. Terminato l'esorcismo, il prete aveva poi consegnato al Romano«un boconcino di ostia benedeta», ordinandogli di ungersi «con oglio nelli polsi» edinvitandolo a recarsi dal pievano del proprio villaggio ogni giorno, affermando infine che lapratica di neutralizzazione del maleficio era in quel caso particolarmente complessa, dalmomento che la strega responsabile era ancora in vita, circostanza aggravata dal fatto cheabitava vicino a lui. Infine gli aveva consegnato «un olgio con 36 ingredienti per onzeri lipolsi et un oglio di tuor la matina, se anco un boconcino di ostia di torla qualche giorno indietro l'altro, come anco un'acqua di torne un poca per bocca, et poi farsi il segno dellacroce». Dopo qualche tempo il Romano aveva ottenuto qualche risultato: «Dapoi che fuivenuto di Udine, continuato quelli ordini con quelli ogli et altri, andai alla confessione, cheavanti, doppo che sono in queste mani, non haveva potuto andare, benché il mio solito eraalmeno ogni 6 mesi andare alla santa confessione»260.

Di più lo stesso pre Carlo Rossetis interrogato dal giudice di fede «se questi tali sifacino essorcizare da altri sacerdoti o altri seccolari o chiamati ben andanti, rispose: "Si fanoessorcizare dal reverendo di Barbeano et dal reverendo padre Biasio Galia, per quanto m'hareferto il signor Daniel Romano, d'haversi lui et dall'un et dall'altro fattosi essorcizare. Etl'istesso signor Daniel Romano mi ha detto che sa dove vi sia uno di questi ben andanti"»261.

L'attività esorcistica dei benandanti nel corso del Seicento non è ancora studiata262. Sipuò tuttavia osservare che il problema degli esorcisti laici263 e del divieto ad esorcizzare chevenne imposto loro dalle autorità ecclesiastiche, fu uno degli aspetti della riformapostridentina; attraverso la delegittimazione del loro intervento, la Chiesa ufficiale affermòprogressivamente la tendenza verso un processo di separazione tra questi e gli ecclesiastici,fondamentale all'interno della nuova strategia di autorevolezza e controllo. Le tecniche disvolgimento del rituale esorcistico da parte di operatori laici o ecclesiastici erano, eccettoqualche caso, sostanzialmente omogenee, tanto che a volte si assisteva, dall'una parte odall'altra, a forme di commistione sincretistica magico-religiose264. La pratica esorcistica nonera esclusiva del versante ecclesiastico ortodosso, ma anche appannaggio di tutti quei laiciche operavano con tecniche magico-terapeutiche. L'attività esorcistica venne così adavvicinarsi ad un vero e proprio mestiere: liberare un ossesso dal demonio oppure guarireuna giovane da una malattia era un'operazione che poteva comportare una ricompensa, senon in danaro perlomeno in qualche altra forma concreta, anche se in molti negarono diaver mai richiesto o percepito alcunché tranne vitto o alloggio265. Inoltre, in confronto allestreghe, l'esorcista laico poteva tentare di risolvere un maleficio senza correre il rischio diessere accusato al contempo di stregoneria: egli era un guaritore non una strega, il suounico scopo era liberare posseduti ed affatturati dall'intervento diabolico.

258 Ivi, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [49r].259 Ibidem.260 Ivi, Memoriale di Daniele Romano, cit., c. [49v].261 Ivi, Deposizione di pre Carlo Rossetis, Spilimbergo, 23 settembre 1644, cc. 7r-7v.262 Riguardo ai benandanti-esorcisti nel XVII secolo in Friuli: F. NARDON, Benandanti e inquisitori nel Friuli delSeicento, Pordenone, Biblioteca dell'Immagine, in corso di stampa, cap. III, paragrafo Esorcismi di benandanti (testoinedito e segnalato in: A. DEL COL, Streghe e bestemmiatori nei processi dell'Inquisizione, cit., n. 17 a p. 205).263 Su esorcismi praticati da laici: D. COZZI - E. ZANNIER, Gli spirtâz di Clauzetto, cit., in particolare pp. 464, 479,490 n. 14; L. D'ORLANDI, Gli elementi magici e religiosi, cit.; G. ROMEO, Inquisitori, esorcisti e streghe, cit., inparticolare pp. 131, 136, 145-146, 151-152, 182, 234. Si veda inoltre il caso del già citato Giangiacomo Marsicano,fratello di un presunto posseduto e processato per esorcismi abusivi e sospetto d'eresia nel 1580: ID., Inquisitori,esorcisti e streghe, cit., pp. 127-133, 162, 208, 215.264 Sul rapporto tra esorcisti, laici ed ecclesiastici, terapeuti, maghi e benandanti: P. BURKE, Scene di vitaquotidiana, cit., pp. 259-277.265 La questione della «diffusa venalità degli esorcisti», ecclesiastici o laici, preoccupò non poco lo stesso Menghi, ilquale, «per eliminare alla radice ogni commercio sugli indemoniati», elaborò «il progetto di un nucleo di sacerdotistipendiati addetti esclusivamente agli esorcismi, che prevedeva per di più un sistema di raccolta delle loroelemosine controllato dal vescovo e da lui redistribuito ad ossessi ed esorcisti poveri». G. ROMEO, Inquisitori,esorcisti e streghe, cit., pp. 136, 151-152 (la citazione è a p. 136).

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APPENDICE

1. Descrizione degli atti giudiziari del Sant'Ufficio friulano

sui fatti di Spilimbergo (1625, 1644) e Maniago (1655)

Processo per stregoneria contro Anna Sguma da Spilimbergo (1625)La documentazione è inclusa nella busta 24, fascicolo II-830 e riguarda atti compresi

in un periodo che va dal 12 agosto 1625 al 19 ottobre 1626. Il fascicolo consta di carte I +26, non numerate e disposte soltanto parzialmente secondo un ordine cronologico, bianchele carte 1r-3v, 19v, 20v-21r, 22r, 24v-26r. Il foglio di guardia riporta la sola data iniziale delfascicolo: «N° 830. Die 12 augusti 1625». Sono legate le carte 1r-18v e 19r-22v, sciolte lecarte 23r-25v. Sono venticinque documenti di varia natura, che possono essere cosìsuddivisi: denuncia presso l'autorità ecclesiastica locale del 12 agosto 1625, denuncia edeposizione testimoniale presso l'autorità inquisitoriale del 17 settembre 1625, diecideposizioni testimoniali del 17 e 18 settembre 1625, schema per l'interrogatoriodell'imputata senza data ma anteriore al 17 ottobre 1626, tre costituti dell'imputata del 16,17 e 19 ottobre 1626, cinque deliberazioni ufficiali del tribunale inquisitoriale del 15 e 20settembre 1625, 12, 17 e 19 ottobre 1626, sentenza del 19 ottobre 1626, memoriale inaccusa del 23 agosto 1625, due lettere del 2 settembre 1625 e del 16 ottobre 1626. Infine visono delle porzioni di testo che, seppur trascritte, non hanno alcun riferimento diretto con lavicenda in oggetto. A c. 21v è presente, di traverso: «Pre Antonio Gamba, curato di Vivaro»; ac. 23v viene citata una tale «Dominicam Blancuzzam di Rovereto».

Processo per stregoneria contro Marcolina Stella da Spilimbergo (1644)Gli atti sono inseriti nella busta 27, fascicolo II-939 e coprono un intervallo tra l'1

maggio e il 28 ottobre 1644. Il fascicolo consta di carte I + 78, presenta una numerazioneparziale delle cc. 3-31, non numerate le carte 1r-2v e 32r-78v, bianche le carte 32r-47v, 54v,55v, 57v, 58v, 59v, 62v, 63v, 64v-68r, 69r-73r e 74r-78v. Similmente anche l'ordinecronologico risulta frammentario. Il foglio di guardia risulta titolato: «N° 939. Concordia.Processo informativo contro Marcolina Stella da Spilimbergo, 1644, et cetera». Inoltre porta ilregesto aggiunto di mano di fra Antonio Dall'Occhio1: «Die prima maii 1644. Delata fuitSancto Officio supradicta Marcolina, eius denunciationem nondum inveni ego fraterAntonius a Ferraria inquisitor. Tandem post multum temporis illam inveni suoque locoreposui». Le carte sono sciolte ma raccolte in tre gruppi, 1r-3v, 4r-47v e 48r-78v. Presentanodue linee diagonali che le attraversano le carte 3r e 5v; scritte di traverso le carte 3v e 68v. Iquarantatré documenti, disposti solo in parte secondo un ordine cronologico, sono cosìsuddivisi: denuncia e deposizione testimoniale presso l'autorità inquisitoriale del 6 settembre1644, ventotto deposizioni testimoniali del 23, 24, 25, 26 settembre, due memoriali inaccusa dell'1 maggio e del 16 settembre2, memoriale a discarico senza data3, sette lettere del4 giugno, 15 e 23 agosto, 9, 10 e 13 settembre, 8 ottobre, quattro deliberazioni o documenti

1 L'inquisitore in carica durante il 1644 era fra Lodovico Sillani da Gualdo, che ricoprì tale funzione dal 13 febbraio1636 al 30 gennaio 1645 (la sua nomina risaliva al 3 gennaio 1636). Fra Antonio Dall'Occhio (4 settembre 1677 - 4aprile 1692) nel corso del suo mandato riordinò l'archivio del Sant'Ufficio, precisamente tra gli anni 1677 e 1679,posteriormente al trasferimento da Portogruaro degli incartamenti ivi custoditi. Per un elenco degli inquisitori cheoperarono in Friuli si veda: A. DEL COL, L'inventariazione degli atti processuali dell'Inquisizione romana, in A. DELCOL - G. PAOLIN (a c. di), L'Inquisizione romana in Italia nell'età moderna. Archivi, problemi di metodo e nuovericerche, Atti del seminario internazionale. Trieste, 18-20 maggio 1988, Roma, Ministero per i beni culturali eambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991, p. 104.2 Nel memoriale del 16 settembre sono presenti una croce di carta, allegata al documento, e il disegno di uncerchio.3 Il documento non riporta alcun riferimento temporale, tuttavia è possibile collocarlo all'interno di due estremi:posteriore al 26 settembre (Marcolina nella sua deposizione accennò ad una scrittura a suo discarico), anterioreall'8 ottobre (fra Francesco da Udine scrisse di aver inviato in quel giorno all'inquisitore il memoriale della Stella).

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ufficiali del tribunale inquisitoriale del 26 settembre, 15, 19 e 28 ottobre.

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Denunce presso l'Inquisizione per possessione diabolica tramite stregoneria contro PirinaRampon, detta Taier, Maria Fabbruzzi, detta Tavana, e sua figlia Domenica, tutte da Maniago(1655) - Procedimento civile per diffamazione presso i consorti di Maniago intentato da MariaFabbruzzi contro Pirina Rampon (1655)

La documentazione si trova nella busta 39, fascicoli II-293, II-299 e Querela civile,concerne scritture comprese tra il 15 giugno ed il 6 novembre 1655. Le carte non risultanonumerate, tuttavia sono disposte in ordine cronologico4.

Il fascicolo 293 consta di carte I + 7, bianche le carte 2v-4v. Il foglio di guardia è datatoe reca il regesto: «293. Die 16 iunii 1655, die 28 augusti 1655 et die 18 iunii 1655.Spontaneae comparitiones et denuntiationes factae in Sancto Officio Utini ab UsvaldoCampolino, rustico de Maniaco, dioecesis Concordiae, Jacobo Campolino de dicta villa,domino Bartolomeo de Maniaco, nec non a Ioanne Baptista Fanio, eius cancellario, contraPerinam Taglieri et Mariam Tavanam uti lamias suspectas, et cetera. Ac resolutiocongregationis habita super duabus primis denuntiis»5. Le carte sono sciolte. Il fascicolocontiene: una denuncia e deposizione testimoniale del 16 giugno, due lettere entrambedatate 15 giugno.

Il fascicolo 299 consta di carte I + 6, bianche le carte 1v e 2r. Il foglio di guardiaappare soltanto datato: «299. Die 28 augusti 1655». Le carte sono sciolte. Il fascicolo include:due deposizioni testimoniali del 28 agosto e del 6 novembre, un provvedimento del tribunaleinquisitoriale datato 10 settembre, una lettera del 26 agosto.

Il fascicolo Querela civile6, vale a dire il processo consortile per diffamazione, vieneconsiderato come entità a sé stante, in quanto slegato fisicamente dal fascicolo 299 che locontiene. Consta di I + 9, bianche le carte 8r-9v. Il foglio di guardia porta data e regesto: «D.A dì 18 giugno 1655. Maria Fabruzza da Maniago querela Pirina Rampona di detto loco perhaverla imputata da striga. Processus formatus in foro saeculari in castro Maniaci,Concordiensis dioecesis, adversus Perinam Ramponam quod Mariam Fabruzzam e dictocastro gravi iniuria affecerit, illam appellando lamiam, exhibetur et consignatur SanctoOfficio sub die 6 novembris 1655, uti continens materiam ab eodem Sancto Officioiudicandam. Ioannes Baptista Fannius, cancelliero». Le carte risultano legate. Ilprocedimento è composto da quattordici documenti: una denuncia presso l'autorità deiconsorti del 18 giugno, nove deposizioni testimoniali del 24 giugno, 29 e 30 luglio, del 9, 10 e28 ottobre, infine del 2 novembre, due deliberazioni o provvedimenti del tribunale civileambedue del 13 ottobre, un costituto comprendente l'ordine di carcerazione dell'imputatadatato 13 ottobre, una supplica con incluso il successivo ordine di scarcerazione del 20ottobre.

2. Norme di trascrizione

I principali criteri per la trascrizione osservati sono i seguenti:1) tutte le abbreviazioni vengono sciolte;2) l'interpunzione e la maiuscolatura seguono l'uso attuale;3) le parole mancanti perché inintelligibili vengono indicate con puntini ...;4) i passi non intelligibili vengono segnalati con puntini tra parentesi quadre [...];5) l'integrazione di lettere o parole omesse per manifesto errore del notaio viene posta

tra parentesi quadre [ ];6) gli spazi lasciati bianchi nel testo sono indicati con tre asterischi ***;7) ogni fine carta viene indicato con due barrette oblique //;8) le carte non numerate vengono per comodità ricomputate, seguendo la disposizione

4 Nel fascicolo 299, la lettera di pre Bernardino Vittori a fra Bonaventura Ripa, datata Maniago, 26 agosto 1655,segue la deposizione testimoniale di Giacomo Campolino del 28 agosto, unicamente perché sul foglio di guardiaindicante il medesimo fascicolo viene riportata anche la data: «299. Die 28 augusti 1655».5 Il foglio di guardia tuttavia fa riferimento anche a documenti contenuti nel fascicolo 299.6 Il fascicolo viene così designato per comodità, nonostante esso non sia numerato né titolato.

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originaria all'interno del fascicolo, i numeri sono inseriti tra parentesi quadre [ ], il foglio diguardia non viene tuttavia numerato, secondo l'uso del tempo.

Per tutto il periodo della trascrizione la lampada di Wood non è stata disponibile.Gli atti del fascicolo di Frisanco (1648), considerati in questo lavoro, non sono riportati

in appendice perché già editi integralmente da: G. PLATANIA, Un processo per stregoneria nelFriuli del XVII secolo, in Quaderni utinensi, 1-2, 1983, pp. 117-139; G. P. GRI, Val Colvera,nel "nido particolar delle strege". 1648-1650, in N. CANTARUTTI (a c. di), "Commun diFrisanco". Frisanco - Poffabro - Casasola, edito dal Comune di Frisanco, 1995, pp. 187-225(nuova edizione, anche se parziale, a causa dei gravi errori e lacune dell'edizione di Platania).Per quanto concerne gli atti di Andreis e Barcis (1663), si veda: P. DI LENA, Andreis (Pn)estate 1663. Streghe, spiritate, apparizioni mariane, Tesi di laurea in storia delle tradizionipopolari, Università di Trieste, a.a. 1985-1986, relatore prof. G. P. Gri.

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PROCESSO PER STREGONERIA CONTRO ANNA

SGUMA DA SPILIMBERGO (1625)1

N° 830.Die 12 augusti 1625. //

1625, addì 12 agosto.Iacomo Molinaro di Spilimbergo denuncia che Anna Sguma di Spilimbergo ha detto

che tutti quelli di casa di detto Iacomo non potrano arrivar in capo dell'anno et in effettotutti sono stati male a morte. Testimonii: Diana Pezzara et donna Camilla Gastalda di dettoloco.

Questo non sa scrivere, sì che mi ha bisognato far questo officio.

Memoriale di Giovanni Battista Cleano.Spilimbergo, 23 agosto 1625

Laus Deo, 1625 addì 23 agosto.1. Misir Iosefo Cisternino fa fede che Ana Sguma di Spilimbergo ha faturata sua molgie

et, per la minacia dil dito messer Iosefo, la liberata. Et questo alla presenza di Anna diLibera.

2. Antonia Malagina fa fede che abi faturato la molgie di messer Anzolo Lorenzino etaltre, come nel suo costituto farà.

3. Zanmaria Pilizaro fa fede che abi faturato sua molgie.4. Menega, sua filgiolla, li a dito st[r]iga et altre parole con provarli alla presenza di

Zanmaria Pilizaro et altri testimonii.5. Il signor Zacomo Balzaro fa fede che abi faturato un suo filgiolo et, per le percose

date et minacie, l'abia subito liberato.6. At io Giovanni Battista Cleano facio fedi che abi faturata mia molgie. Testimonio:

Antonia di Vitor et Marsilia Fabra di deto loco, et come nel mio costituto più difusamentedico il fato. // [20r]

Pre Carlo Rossetis a fra Domenico Vico da Osimo.Spilimbergo, 2 settembre 1625

1625, li 2 settembre.Al reverendissimo et patron mio osservandissimo il signor padre inquisitore. Udine, a

San Francesco, et cetera. // [22v]Reverendissimo signor mio osservandissimo.Per scaricar la conscientia sua messer Giovanni Battista Cleano, come nella sua

pollizza vedrà vostra signoria, denuncia questa Anna Sguma, pubblicamente tenuta stregada questi di Spilimbergo. Però si supplica che non ritardi a castigar costei, acciò non facciamaggior male che ha fatto.

Et a vostra signoria, pregandoli il colmo di ogni bene, le bacio le mani.Spilimbergo, il dì 2 settembre 1625.Di vostra signoria reverendissima affezionatissimo servo, il piovano di Spilimbergo. //

[19r]

1 AAUD, S. Officio, b. 24, fasc. 830, cc. 26 non numerate.

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Die lunae 15 mensis septembris 1625, Portusgruarii.Congregatione facta in palatio episcopali, intervenientibus illustri admodum reverendo

et excellentissimo domino Donato Casella theologo, vicario generali Concordiae proillustrissimo et reverendissimum domino domino Mattheo Sanuto episcopo, admodumreverendo patri magistro Bernardino Fortuna Fannensi, ordinis minorum conventualiumSancti Francisci, vicario generali in dioecesi Concordiae, assistente illustrissimo dominoPhilippo Salamono, pro serenissimo ducali dominio Venetiarum potestate huius loci,praesente quoque ... et admodum reverendo ac excellentissimo domino Dominico Marinotheologo, consultore, praefatus admodum reverendus pater vicarius mandavit legere per mecancellarium indolentiam praesentatam parte Iacobi molendinarii de Spilimbergo factamcontra Annam Sgumam de Spilimbergo, qua lecta et intellecta requisitus ipse dominusconsultor, decrevit quod deveniatur ad formationem processus contra ... Annam, ut etcetera.

Die mercurii 17 septembris 1625.In convento Sancti Panthaleonis fratrum ordinis Sancti Augustini de Spilimbergo

coram admodum reverendo patre magistro Bernardino Fortuna Fanensi, ordinis minorumconventualium Sancti Francisci, vicario generali dioecesis Aquileiae et Concordiae,assistente admodum illustri domino Fantino ex dominis consortibus dicti loci, et admodumreverendo domino Carolo Rosseti plebano eiusdem loci pro illustrissimo et reverendissimoConcordiensi, comparuit suptadictu Iacobus molitor, qui affirmavit se dedissecommissionem praedicto reverendo plebano scribendi suprascriptam denuntiam suo nomineet praedictus reverendus plebanus attestavit manu propria scripsisse supradictamdenuntiam in praesentia mei notarii Petri Stellae, // [4r] cancellarii Spilimbergi, nuncsumpsi per officio sanctissimae Inquisitionis et quia nesciebat scribere fecit idem Iacobussignum crucis, †.

Io pre Carlo Rossitis, piovano, affermo quanto ho scritto.Quibus habitis delatum fuit iuramentum praedicto Iacobo de veritate dicenda ac

silentium servando, quo praescripto interrogatus ut infra.Interrogatus an vera sint quae denuntiavit, prout denuntiavit, respondit: «Signor sì,

che tutto è vero quanto ho denonciato».Interrogatus an sciat aliquem alium qui posset informare melius Sanctum Officium

Inquisitionis, respondit: «Potrà vostra paternità essaminare quei testimonii che io ho prodottinella denoncia et essaminando troverà molte altre cose».

Interrogatus an odio vel malevolentia supradicta dixerit, respondit: «Io non mi sonomosso per odio alcuno ma solo per scarrico della mia conscienza, †, et però confirmando feciquesto segno di croce alla presenza delli oltrascritti molto reverendo signor piovano et moltoillustre signor Fantino».

Io pre Carlo Rossitis, piovano, fui presente.Et io Fantin dilli Conpiedi fui presente.Et io Pietro Stella, cancelliero di Spilimbergo, ho scritto ho scritto di ..., et cetera. //

[4v]

Ea die.Comparuit coram et cetera dominus Ioseph Cisterninis de Spilimbergo, testis ex officio

citatus per Bernardinum Arbanum officialem Spilimbergi prout ibidem nominatus, iuratus,monitus, examinatus et interrogatus, etatae suae annorum 38 incirca (ut dixit).

Interrogatus an sciat causam suae citationis sive praesumat, respondit: «Signor no».Interrogatus an sciat in hoc loco ... aliquas maleficas mulieres, respondit: «Signor sì».Ei dicto ut dicat quam nam sit, respondit: «È Anna Sguma, perchè havendo mia moglie

partorito l'anno 1618 un putto, questa venne, in vece di sua madre che era comadre, afassare il putto. Mia moglie non haveva all'hora late per otto giorni continui. Et doppo livenne et li durò 4 giorni incirca et poi cessò. Et lamentandomi io con mia sorella Lutia chebisognava dar il putto a lattare, del che maravigliatasi mi disse: "Chi è stato in casa vostra?",io risposi: "È stata Anna Sguma", et lei disse: "Bisogna parlare con lei con le brutte et poicon buone parolle condurla alla casa", come io feci.

Et, dopo haver serrata la porta della sua habitatione con gran furia, se ne venne a

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casa mia et, girata alla porta della camera dove era mia moglie in letto con donna Paola,[disse]: "Corpo di Sant'Antonio che non havete latte! Mostratemi un poco le vostre tette". Etposta la bocca sua a un capitello di quelle, tirò il late di qui a là. Et per questo io facciogiudizio che sia una strega et che habbi impedito il late a mia moglie in questo fatto».

Interrogato se sappi che detta Anna habbi strigato altra // [5r] persona, responde: «Lamoglie di messer Giovanni Battista Cleano Barbiero, che così lui stesso mi ha detto. Che cosìl'habbi fatto non lo so».

Interrogato che quanto ha detto per odio o malevolenza, responde: «Non l'ho detto peraltro se non per iscarico della mia conscienza et si dia rimedio a questo inconveniente».

Et tactis et cetera. Ad generalia recte, relectum confirmavit, delato ei iuramento desilentio.

Et io Iosuffo Cisternino afermo quantto di sopra.

Comparuit coram supradictis et cetera Camilla, uxor quondam Ioannis BaptistaeCisilatti, gastaldi Spilimbergi, aetatis suae annorum 50 incirca, citata ut supra, iurata,monita, examinata et interrogata ut infra.

Interrogata se sappi la caggione perché sia stata citata o pure se la vadi imaginando,respose: «Signor no».

Interrogata se sappia che in questa terra sia alcuna donna che sia strega o faccistrigarie, respose: «Signor sì, una certa donna per nome chiamata Anna Sguma, quale ètenuta da tutto Spilimbergo per una strega. Che facci poi strigarie me le ha fatte a me,perché già sei anni incirca, al tempo delle puine, stando alla mia porta facendo il filo, mifurono portate due ricotte. In questo tempo passò di là via detta Anna, addimandandomi unpoco di ricotta et anco un poco di pane, dicendomi se io l'havevo nella sacchetta. Risposi deno. Lei, non volendo credere, mi fece voltare la sacchetta. Quando vidde che io non havevopane, con un coltello in mano mi disse: "Va' via, va' via, che non la voglio". Subbito partita,entrando in // [5v] casa mangiai un poco di quella ricotta et subbito mi venne unosvenimento grandissimo et una comutione di corpo, che io non sapevo quello io mi facessi.All'hora Diana Pezzara mi disse: "... che Anna Sguma haverà fatto a voi quello che ha fatto aVignuda Zuvata".

In oltre parlando io un giorno con domino Giovanni Paolo, figlio di domino GiacomoBalzaro, allegrandomi seco di quello che era guarito, passò per di là Lutia, figlia de essaAnna, dicendo: "Non cessano mai costoro di parlar de strigamenti, che bisogna far tagliar ilmostazzo a qualche d'uno!", ma io veramente non parlavo di stregamenti. All'hora et d'indi apoco dopo ritornata essa Lutia a casa, venne Anna sudetta sua madre dicendo: "Io ho piùvoglia di farne una un giorno a una, che non ho voglia di havere 4 botte di vino nella miacàneva". Il giorno seguente mi vene una grandissima infirmità, che io steti 4 giorni agitatada continui imbasti senza febre, ma però io non hebbi medico. Venendo poi detta Anna avisitarmi, toccandomi il polso, le tempie, andando dentro e fuori della camera, disse alle miefigliole: "Dateli da magnare, che mangiarà tanto pur li desti", et così mi diedero da magnareet mangiai allegramente. Et per questo io m'imagino che lei ne fosse caggione della infermitàet sanità».

Interrogata se sappia che Anna sudetta habbi minacciato ad alcuna persona con direche non passarà l'anno che morirà, respose: «Padre sì, l'ho disse al quondam messerAlessandro Carbo, qual morì in quell'anno appunto che ciò le disse, et questo fu già anni 9incirca. Disse ancora a Giacomo Molinaro che quelli che fossero andati ad habitare in quellacasa che lei prima habitava, che è di raggione di messer Giovanni Antonio // [6r] Balzaro,che non sariano vissuti un anno, come è avvenuto a esso Giacomo Monaro con tutti quelli dicasa sua, che non morti ma tutti in pericolo di morte sono stati».

Interrogata se altra cosa ha da dire attorno questa ..., responde: «Molte cose si dicanodi questa donna, ma però io non le ho vedute, ma solo quello che ho diposto, che di certascientia è successo a me». Et aliud et cetera.

Interrogata se per odio, respondit: «Per scarico della mia consienza».Ad generalia recte. Relectum confirmavit, signo crucis quia ne sciebat scribere, †.

Eodem die, coram et cetera.

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Comparuit Diana, uxor quondam Osvaldi Pezzari de Spilimbergo, annorum 40 incirca,testis ut ante producta, citata, giurata, monita, examinata et interrogata ut infra.

Interrogata se sa la caggione per la quale è stata citata, responde: «Padre sì, m'imaginoche sia per conto d'una donna per nome chiamata Anna Sguma detta Muschiara, qual è datutti tenuta per stregha».

Interrogata se sappia che habbi fatto strigamento alcuno, responde: «Padre sì. Già 12anni incirca un giovane d'età d'anni 23 incirca della villa di Valariano, ...ante qui inSpilimbergo, per nome chiamato Tomaso di Lena Pinzana, qual un giorno, non so se fosseubbriacco, alla presenza mia che stavo vicino a Anna sudetta, disse voltandosi verso dettaAnna: "Sono", talis et qualis, "che mi vogliono far daro vinticinque stiletate; si faccino hora,qua". Et all'hora Anna predetta mordendosi un dito disse: "Sta' cheto, che io ti voglio farlambicare!". Non so come // [6v] fosse, nel dimani, ritornando questo Tomaso dalladevotione di San Severo, se ne andò in letto et in quello stete lambicandosi circa mesi undeciet poi morì.

Inoltre Vegnuda Zuvata, andando a pigliar acqua, per strada incontrò Anna predetta,qual toccò Vegnuda nella musa dicendoli che: "Basta già". Subbito Vignuda si sentì venirmeno, che non poteva caminare né entrar in casa sua, che mo' Giacoma sua sorella, giàmorta, che la condusse in casa et raccontatoli chi l'havea toccata per strada gli disse: "AnnaSguma". Et lei gli disse: "Va là, se tu hai qualche cosa da impegnare dammi, che io andarò avedere di trovar d'aiutarla". In quel tempo uscì detta Anna dall'hosteria che lei teniva, dovehora habita il Spadaro, et disse che: "Basta! Vegnuda, camina con me!", et, presela per lamano, la condusse su per il portico, verso la casa d'essa Anna, et per spatio di doi hore, chegià la viddi inferma, era sana. Non so che cosa li facesse, perché non l'addimandai».

Interrogata se sappi che habbi detta Anna maliata altra persona, responde: «Io non loso del certo, ma so ben questo, che già otto anni incirca il quondam domino Andrea Balzarodi questa terra diede un schiaffo a Menega, figlia dell'antedetta Anna, qual, vedendola apiangere, dissegli: "Che ti ha dato alla cea?", rispose: "Mi ha dato quel panzonatto!",intendendo d'esso Balzaro. All'hora rispose Anna madre verso la figlia: "Lascia pur ch' 'lvada, che al corpo di Santo Antonio non ti darà mai più!". Et così il sudetto Balzaro in quelgiorno istesso s'amallò et di quella infermità morì, essendo stato in letto circa un mese. Etquesto io ho veduto, ma non so cosa che gl'habbi fatto, nè che di certo sia // [7r] statacausa lei».

Subdens ex se: «Circa otto anni [fa], ritrovandomi sotto il portico del Spadaro incompagnia di donna Camilla Gastalda et d'un altra donna, che non mi ricordo, venne Annasudetta con brovada, dandone una parte a quella, l'altra voleva dar a me, ma io non la volsi.All'hora essa donna Camilla disse: "Datela a me", gliela diedi. Subbito mangiata li saltò unmale sì grande che credeva esser morta et bisignò che andasse a casa a gettarsi in letto. Etvedendola io così affannata le diedi dell'acqua santa a doso, et lei cridava dicendo: "Ahassassina, ah traditora, che m'hanno assassinata!", con parolle anco dishoneste. Et inquesto mentre giunse detta Anna con dire verso detta donna Camilla che non dovesseaffanarsi tanto, dicendo anco alle altre donne che si ritrovavano ivi che non latravagliassero, perché non havea male, né che haverà havuto male, et mentre queste parolledicea passeggiava per la camera. Che cosa si facesse non lo so, so bene che in dimani essadonna Camilla restò sana».

Interrogata se sappi che la sudetta Anna habbi detto a chi habbita in quelle case dovelei è stata scacciata che non vi finirà l'anno, responde: «In spetie al quondam dominoAlessandro Carbo disse e così mancorono 3 o 4 giorni dell'anno che morse, otto anni faincirca. Et a Iacomo Monaro, che al presente habita nella casa dove lei prima habitava, hadetto il simile, onde non sono morti, ma sono stati tutti malamente. In oltre un giorno, già 3anni incirca, essendo sotto il portego dove io vendeva il pane, sentendo endar in casa d'essaAnna, essa Anna mi disse, uscita di casa: "Hastu visto che Giacomo Balzaro m'ha preso peril collo?", et io dissegli de no. Poi il sudetto Balzaro, dimandato // [7v] da me, disse che lihavea fatto cacciar la lingua fuora della bocca, havendola presa per il collo, et ciò fattoperché li dava la colpa che havesse stregato Horatio, suo figlio, che perciò disfacendo il lettod'esso Horatio trovarono molti invoglimenti di pezze, quale esso Giacomo, suo padre, et ilquondam domino Giulio Monaro le andavano portando et mostrandole a questi della terra.Et questo è tanto quanto so».

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Interrogata se quello che ha detto per odio, malevolenza o per interesse mondano,responde: «Io ho detto per dir la verità et scaricar l'anima mia», et cetera.

Ad generalia recte. Relectum confirmavit, delato iuramento de silentio servando,signavit signum crucis nesciabat scribere, †.

Comparuit Antonia, uxor Petri Gutti de Spilimbergo, testis ut ante praedicta, citata,iurata, monita, examinata et interrogata, annorum 50 incirca.

Interrogata se sa la causa perché sia stata citata a informar la giustizia o pure se lavadi imaginando, respose: «Io m'imagino che sia per quella Sguma».

Dettoli: «Per quale Sguma?», respose: «Per Anna, che sta là di fuori».Interrogata per che tenghi detta Anna, respose: «Io la tengho per una stregha, per voce

del volgo».Interrogata se habbi fatto alcuna strigaria, respose: «Non so altro che mo' un anno,

andando madonna Lucretia, moglie di messer Anzolo Lorezzino, alla messa a San Roccofuori delle porte, fu incontrata dalla sudetta Sguma, dicendoli con minacciarla: "Tacci, tacci,che non passarà un anno che voglio che tu sccholi il sangue, in sino che ne hai una goccia!".Et nel dimani cominciò con dolori a scollarli per la parte a // [8r] latto».

Interrogata come sappia che ciò gl'avvenisse, responde: «Perché dopo otto giorni,sapendo ch'ella stava male, l'andai a visitare et mi raccontò l'infermità et viddi con li propriocchi. Et così, mossa a compassione, andai a ritrovare il signor pievano qui presente,pregandolo per l'amor di Dio che mi dasse qualche rimedio, [il quale] rispose: "Non so altrorimedio darvi, che benedirvi pane et vino". Et così li portai un fiaschetto di vino et doi panni,quali, benedetti, comenciandoli a mangiare, la sudetta inferma cominciò a guarire».

Interrogata da chi habbi inteso dir le sopradette parolle della Sguma, responde: «Io nonle ho intese da lei, ma so ben che mi sono state dette».

Monita che guardi bene a dir la verità, perché non si può capire che non havendoleintese lei non si ricordi chi gli habbi dette, responde: «Ma alla fé no che non mi ricordo, se miscorticasti et picchasti».

Interrogata se sappi che habbi maliate altre persone, responde: «Ma alla fé no che nonso, ma solo per fama pubblica è tenuta strega».

Interrogata se per odio o malevolenza ha detto quanto ha detto, responde: «Solo perverità et scaricar la conscienza mia».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit, delato ei iuramento de taciturnitate etsignavit signum crucis quia nesciabat scribere, †. // [8v]

Ea die, coram et cetera.Comparuit magister Ioannes Maria Pellicarius de Spilimbergo, testis ut ante

praedictus, citatus, iuratus, monitus, examinatus et interrogatus ut infra.Interrogato se sappia la causa per la quale sia stato citato a comparer al Santo Offitio

o se la possi imaginare, responde: «Io m'imagino che sia per conto della Sguma».Interrogato come si chiami et per che la tenghi, responde: «Ha nome Anna et io la

tengo per una strega».Interrogato che dica la caggione perché la tenghi tale, responde: «Perché essendo io

infermo, già tre mesi sono, di male al collo et febre, venne messer Cecco Murador, miocompadre, a visitarmi et mi addimandò quello che io havevo fatto a Anna Sguma, al cuirisposi che io non li havea fatto alcun torto. Et egli, repplicandomi, disse che Anna sudetta lihavea detto che la mi voleva far marzire sul letto, per il che mi messi in spavento, sapendodi non haverli fatto alcun dispiacere».

Interrogato ove stia questo suo compadre al presente, responde: «È verso Morteano,all'...».

Interrogato se sappi che detta Anna habbi strigato alcun altro in questa terra o altrove,responde: «Messer Giovanni Battista Cleano Barbiero m'ha detto che ha stregata sua moglie,ma non mi ha detto il modo».

Interrogato se quanto ha diposto l'habbi detto per odio, malevolenza o pur per qualcheodio mondano, responde: «Io non l'ho detto per odio che li porto né per malevolenza, ma chéla giustitia la castigasse conforme ai suoi demeriti», et cetera.

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Ad generalia recte. Relectum confirmavit, ei delato iuramento de servando silentio etquia ne sciebat scribere fecit signum crucis, †. // [9r]

Ultrascripta die, coram ut ultra.Comparuit excellentissimus dominus Iacobus Cima, phisicus Spilimbergi, testis ut

ante nominatus, citatus, iuratus, monitus, examinatus et interrogatus, aetatis annorum 28in circa.

Interrogato se sappi o possa imaginarsi la causa perché la giustitia l'habbi fatto citare,responde: «Signor no, se non fosse per l'arte mia di medicamenti».

Interrogato se habbi mai medicato Giovanni Maria Pellizzaro, responde: «Signor sì chel'ho medicato, circa 3 mesi sono».

Interrogato ut dicat infermitatem, respondit: «Quella infermità era di infiamatione nellefauci, spetie di scarantia, caggionata per disordini, per esser egli di natura calido et nontroppo parco nel bevere. Et perciò li venne tal infermità, quale curai, con l'aiuto del Signore,mediante cavarli sangue et darli medecine. E questo è verità».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit, ei delato iuramento de silentio et manupropria subscripsit.

Io Giacomo Cima, sono dottor fisico, confermo ut supra. // [9v]

Eodem die, coram.Comparuit Marsilia, uxor magistri Dominici Forgarini de Glemona, incola Spilimbergi,

aetatis annorum 40 incirca, testis ex offitio assumpta, citata ut supra, iurata, monita,essaminata et interrogata.

Interrogata se sappia la caggione o se la presuma ché la giustizia l'habbi fatta venirqua, responde: «Signor sì, credo che sia per la Muschiara, detta Anna Sguma».

Interrogata per che tenghi essa Anna, responde: «Io la tengo per quello che il vulgo latiene, cioé per una strega».

Interrogata se habbi veduto a far strigarie o se sappi che l'habbi fatte ad alcuno,responde: «Io non ho veduto mai a far strigaria alcuna, perché non ho pratica con lei. Se nonche fui una volta, il mese di maggio prossimamente passato, mandata da madonna Angelica,moglie di messer Giovanni Battista Cleano Barbiero, a chiamar detta Anna, acciò venisse aveder essa madonna Angelica che era inferma, dicendomi che detta Anna l'havea strigata. Etcosì andai, feci l'imbasciata et con parolle ingiuriose, minacciandomi anco di dare, miscacciò di casa sua, dicendomi che non sapeva far strigarie, ma se havesse saputo farle chel'haveria voluto farla crepare et che andasse alle forche, et che non mandasse altro achiamarla che al conspetto è ..., et altre parolle sporche, che voleva amazzar chi fosseandata là. Et così mi partii tutta pressa di timor, né mai più son stata in casa sua, né hoparlato con lei».

Interrogata se per odio o per qualche dispetto mondano ha diposto quello che ha detto,responde: «Signor no, ma per dir il vero et scaricco della mia conscienza, per haver mi dato ilgiuramento a dir la verità».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit, ei delato iuramento de silentio et cetera, etquia ne sciebat scribere fecit signum crucis, †. // [10r]

Ea die, coram et cetera.Comparuit Domenica, uxor Iacobi Andea, officialis Spilimbergi, testis ut ante

nominata, citata, iurata, monita, examinata et interrogata se sappi la caggione o presupongala causa perché la giustizia l'habbi fatta venir qua, responde: «Mio marito mi ha detto checrede che sia per causa di mia madre».

Interrogata come si chiami sua madre, se sa ove habiti, responde: «A nome AnnaSguma e sta fuori delle porte qui della terra et tiene hosteria».

Interrogata per che tenghi essa sua madre, responde: «Io la tengo per poca devota et ètenuta, per quanto si dice, da strega».

Interrogata se habbi mai veduto o sappia del certo che habbi fatto mai alcunastrigaria, responde: «Io non ho mai veduto a fare strigonaria alcuna, né manco so del certo,

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ma sì bene per esser donna altiera, di lengua longa et talhora minacciando con il dire: "Tifarò, ti dirò", et alle volte succede quello dice. Non so mo' se sia lei o Dio».

Interrogata che dica chi habbi minacciato con il suo dire, responde: «Non so altro, soloche una volta mia madre questo estate mi disse, andando io a casa sua: "Tu non sai chequella poltrona della Barbiera va dicendo che io l'habbi strigata, ma non dice la verità. M'hamandata a chiamare più volte, ma io mai non son andata con dire che fin tanto che non midia li miei 30 soldi che io habbia detto che non possi caccare né pisciare!". In quell'istantevenne un figlio d'essa Barbiera per una bozza di vino, qual mia madre glielo diede in unainghistara, // [10v] dicendo: "Io non voglio danari, ma dì a tua madonna madre che lo beviper amor mio et che Dio li dia la sanità et la guarischi, che per me io non li ho fatto cosaalcuna di male, come dice la gente". Et così il putto partì con il vino et per quanto ho inteso,cominciato a bere il vino, cominciò a guarire et è guarita».

Interrogata se habbi mai ingiuriata Anna sudetta sua madre et chiamatala per nome distrega alla presenza d'altri, responde: «Dio guarda che io havessi detto simil parolle alla suapresenza, perché m'havrebbe dato. Mi sono ben lamentata con molta gente chiamandolastrega essa mia madre, che avesse strigato miei figli».

Monita che dica la verità, perché se ha nel processo che lei, alla presenza di GiovanniMaria Pellizzaro, l'habbi chiamata strega, responde: «Io non ho mai parlato alla presenza diGiovanni Maria Pellizzaro et detto che mia madre sia strega. Anci molte volte ho cridato conle persone per causa di questo et non so, se Dio m'aiuti per verità, che habbi fatto male adalcuno, né che io habbi veduto. È ben vero con la sua lingua maladice et biastema queireligiosi che aiutono li strigamenti, il che sentendo l'ho molte volte ripresa amorevolmente,esortandola a frequentare li santissimi sacramenti, perché mi spiace sentire diri di lei malein questo genere di strigamenti».

Interrogata se per odio o malevolenza et cetera, responde: «Io quello che ho detto hodetto per verità et non per odio che li porto, perché li sono figlia», et cetera.

Ad generalia recte et cetera. Relectum et cetera. Delatum iuramentum ei non fuit quiafilia et pregnans, et quia ne sciebat scribere fecit signum crucis, †. // [11r]

Iovis 18 septembris 1625.Coram ut ultra.Comparuit dominus Iacobus Balzarus de Spilimbergo, testis ut ante nominatus,

citatus, iuratus, monitus, examinatus et interrogatus, annorum 53 incirca.Interrogato se sappi la causa per la quale sia stato chiamato o se la vada imaginando,

responde: «Io mi vo imaginando, per quello che si dice, per una certa donna che è tenutastrega, chiamata Anna Sguma».

Interrogato se sappia cosa per la quale si possi venir in cognitione ch'ella siaunanimemente striga, responde: «Non so altro che dire se non per bocca di Menega sua figliache, mentre era donna di partito inanci che si maritasse, mi disse che Anna sua madre eraunanimemente una strega et che l'havea veduta una notte, vicino al focolare, in terra quasimorta et che in quell'instante anco havea sentito rumore sopra il focolare».

Interrogato de loco, tempore et quibus presentibus, respondit: «Me lo disse inTaureano, nella mia casa, già 6 anni incirca et non era alcun altro che noi doi presenti».

Interrogato qua occasione, respondit: «Essendo che un mio figlio, chiamato GiovanniPaolo, era amallatto, che non poteva mangiare né bere, et così s'andava consumando. Venneda sua porta essa Anna in casa mia a dimandar da bere, facendo un brindise al sudetto miofiglio; partita, il medesimo giorno s'ammallò. Questo io raccontavo alla sua figlia et questa fula caggione che mi disse che sua madre era una strega. Onde // [11v] ritornato a casa dopoalquanti giorno, andai a ritrovare essa Anna nel suo magazeno, che vendeva vino, et conminaccie et ... le messi le mani alla golla facendoli uscir un dito di lingua, dicendoli che seesso mio figlio morirà che volevo suffogarla. Ella rispose: "Non morirà no!", et io risposi:"Basta pur che la sia così", et subbito ritornai a casa et trovai che detto mio figlio cominciò astar di meglio, et magnò et beve et quasi in poco tempo. Et per questo io tengo che lei siastata caggione con li suoi strigamenti che l'havesse redotto a quei termini.

In oltre la buona memoria del signor quondam mio padre da otto anni incirca dandoun plataz a Menega, figlia della sudetta Anna, sotto il portego della mia habitatione.Vedendola a piangere la dimandò chi li havesse dato et Menega rispose che quel panzonatto

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di Andrea Balzaro li havea datto. All'hora la madre rispose: "Tacci che non ti darà più, chenon passarà un anno che sarà morto!". Et così, circa 8 giorni doppo, s'ammalò et non gionsel'anno che morse. Et questo melo dissero alcune donne et in spetie Diana Pezzara et CamillaGastalda.

Di più dico che essendo essa Anna scacciata da una casa, entrandovi il quondamdomino Alessandro Carbo, questa, havendosi a dispiacere, disse alla mia presenza et dellesupradette Pezzara et Gastalda, sotto il portico: "Già che tu m'hai discacciata di casa, nonpassarà un anno che sarai portato fuori di là con li piedi avanti!", come sucesse. Et questofu circa anni XII».

Subdens ex se: // [12r] «Sentite la mala vita di questa donna, che, una volta cridandocon le oltrascritte Diana Pezzara et Camilla Gastalda, quale dicevano che le figlie d'essaAnna erano puttanne et lei insieme, qual gli rispose arrogantemente: "Voi mentite per lagolla che mie figlie sono donne da bene et pure come la Verzine Maria". Et pur sono tenutepublicamente, et madre et figlie, per meretrici, come tutta la terra lo sa et tra le altre cosequesta Anna è una indevota, biastematrice et sporca nel parlare».

Interrogato se habbi mai veduto essa Anna a far strigaria alcuna, responde: «Io mail'ho veduta con gl'occhi proprii, ma dagl'effetti non posso argumentar altro, se non che siauna strega. Mi soviene poi che già 2 anni incirca, andando mia moglie la prima volta amessa dopo il parto, incontrandosi nella sudetta Anna, salutandola, ritornata a casa subbitoperse il latte. Per il che andai a ritrovare a casa detta Anna, chiamandola da parte et li dissi:"Di ... non me ne far più, lasciami stare, né travagliar casa mia, se non t'amazzo!". Et questoperché mi raccontò mia moglie che andando a messa s'incontrò in lei et che dubbitava che lifacesse qualche danno, come gl'avvene la perdita del late. Raccontando questo a Anna, mirispose ch che il late va alle volte a passone, ma tornerà bene. Et tornato a casa trovai cheera ritornato il late a essa mia moglie, sì che la tengo per una gran striga et però degnad'esser castigata, acciò non // [12v] facci male alle creature».

Interrogato se mentre era amalatto il suo figlio fosse stato veduto da medici, responde:«Signor sì, dal medico di San Daniele, qual, visitandolo et non ritrovandoli febre, nemenodarli medecine perché non le poteva ricevere, per sentirsi l'infermo gravezza grande distomacco, con vomito. Et havendo quelli di casa disfatto il capezale, trovandovi dentro palledi piume varie, ligate con seta di varii colori, quale portai per Spilimbergo mostrando allepersone. Per tanto dissi al medico che fosse faturato, onde il medico rispose che si potria farvedere che queste cose si fanno, non però lui disse che fosse veramente faturato».

Interrogato che quanto ha dipposto per odio, malevolenza o per qualche altro odiomondano, responde:

«Io non l'ho detto per odio o malevolenza ma per iscarco della mia conscienza et acciòsia castigata conforme ai suoi demeriti».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit, ei delato iuramento de silentio et manupropria confirmavit.

Io Iacomo Balzaro affermo come sopra mia propria mano.

Comparuit Antonia, uxor quondam Victoris de Barbeano, incola Spilimbergi, testis utante nominata, citata, iurata, monita, examinata et interrogata, annorum 64 incirca.

Interrogata se sappi o presuma la causa perché la giustizia l'habbi chiamata,responde: «Io m'imagino che sia per la Sguma, perché mia figlia ier sera mi disse che io erastata citata». // [13r]

Interrogata se sappi che in questa terra di Spilimbergo vi sia alcuna striga, responde:«So per voce comune che la sudetta Sguma sia strega».

Interrogata da chi l'habbi inteso, respose: «Da madonna Angelica, moglie di messerGiovanni Battista Barbiero, quale mi chiamò con dire che non poteva urinare né andar delcorpo, et che credeva che la Sguma l'havesse faturata, pregandola che dovesse andare dadetta Sguma acciò l'aiutasse. Andai et li raccontai l'infermità, lei ordinò che pigliasse dellam...ella, uva passa et onto et herbette, et che le mangiasse. Feci quanto mi disse, non perquesto andò del corpo, né meno orinò. All'hora et perché doveva detta donna Angelica darealla Sguma soldi 30, perché il suo infante havea mangiato alla sua hosteria, fece un pegno etmandò li danari per il suo putto, quali non volse altrimente ma, rimandandoli in dietro, li

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mandò una mezetta di vino bianco, dicendoli che lo bevesse per amor suo, del qual vino nebevete ancor io. Et mi raccontò essa donna Angelica che, mentre il suo putto andò a ritrovaressa Sguma, lei orinò et così anco del corpo, et si guarì. Et questo è quanto so in questofatto, perché vado ogni giorno fuori delle porte a guadagnarmi il pane et non mai ho vedutodetta Sguma a fare cosa alcuna di strigarie, ma solo ho inteso dal vulgo che sia striga. Se lasia o no, io non so».

Interrogata se per odio, malevolenza o per altro interesse habbi detto quello che hadetto, responde: «Io l'ho detto non per odio o malevolenza, ma per scaricco della miaconscienza», et cetera.

Ad generalia recte. Relectum confirmavit, ei delato iuramento de silentio et cetera,nescians scribere signavit signum crucis, †.

Et io Pietro Stella, cancelliero, ho scritto e notato il tutto fidelmente di mia propriamano, et cetera. // [13v]

Die sabbati 20 mensis septembris 1625, Portusgruarii.In congregatione habita in palatio ubi supra, praesentibus dominis, quibus lecto

processu, fuit terminatum vocandam Annam Sgumam de Spilimbergo pro habendo illiusconstituto.

Die martis 12 octobris 1626.Admodum reverendus pater vicarius Sancti Officii relaxari ... citatio contra Annam in

termino tridui in forma.Prout sic factum fuit.

Pre Carlo Rossetis a fra Domenico Vico da Osimo.Spilimbergo, 16 ottobre 1626.

Ottobris il dì 17 ottobre 1626.1626 alli 16 ottobre.Io pre Carlo Rossitis, piovano di Spilimbergo, confesso che questo anno presente Anna

Sguma è communicata nella mia parochial chiesa et ciò ha fatto in ciascun anno da che iomi ritrovo in Spilimbergo, et cetera.

Spilimbergo, il dì sopradetto.Io come di sopra di propria mano et cetera. // [24r]

Die veneris 16 octobris 1626.Actum Portusgruarii in palatio episcopali.Coram admodum reverendo patre magistro Bernardino Fortuna vicario suprascripto,

assistentibus illustri et admodum excellenti domino vicario pro illustri et reverendissimodomino, illustri domino Ioanne Duedo, potestate Portus Gruarii pro serenissimo ducalidominio Venetiarum, et illustri et admodum reverendo et excellenti domino Dominico Marinotheologo consultore ut supra. Comparuit personaliter domina Anna Sguma de Spilimbergoantescripta, et delato iuramento ipsi, quod prestitit et cetera, monita et interrogata se sa lacausa per la quale [è] citata a questo Sancto Officio, respondit: «Signor no».

Interrogata se sa d'esser stata denontiata al Sancto Officio, respondit: «Signor no, senon per quanto mi ha detto ... marito, disse: "Bisogna che andiamo per causa distrigamenti"». // [14r]

Interrogata se habbi fatto mai strigamento alcuno o lo sappi fare, respondit: «Io non hofatto né so far cosa alcuna di strigamenti».

Interrogata se mai ha fatto l'officio di comadre, respondit: «Signor no».Interrogata se sua madre l'ha fatto, respondit: «Signor sì».Et [interrogata] se voi haveti fatto in vece della madre, respondit: «Signor no».Interrogata se mai è stata in casa di una donna del Barbiero ma che fusse di parto,

respondit: «Signor no».

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Interrogata se lei sia stata in casa d'un domino Iseppo Cisternino a visitar sua moglie,respondit: «Signor no».

Dictum: «Non è stato questo domino Iseppo a gridar in casa vostra et minaciarvi diadmazzare se non restituite il late a sua moglie?», respondit: «Signor no».

Dicens: «Fui una volta, che mi chiamò a lavarli panniselli, come andai».Interrogata se è passata per strada et veduta una donna con ricotta et dimandatine,

respondit: «Signor no».Interrogata se conosce una madonna Camilla, vedova, respondit: «Signor sì, che ho

parlato molte volte con lei. Non però mai gli ho dimandato puina et pane».Et quia ... nox fuit dimissam, examen ad crastinam de mane, et cetera.

Interrogata2 si mai li sia stato detto da Lucia sua fia che Camilla Gastalda sudettadicissi lei una striga, di però andandola a ritrovar la minaciasse di volergline fare un giornogiorno una. Respondit.

Interrogata s'habbia visitato la sudetta Camilla in letto amalata, toccandogli il polso, litempie, dicendo alle sue figlie: "Dateli da ma[n]g[i]ari". Respondit.

Diana Pezzara. Interrogata s'habbi, minaciando, detto ad alcuno che non passarà unanno che morirà, come a messer Alessandro Carbo, e ditto [a] quelli ch'entrarano in quellacasa che lei habbitava, et cetera. [Respondit.]

Interrogata s'habbi conosciuto Tomaso di Lena Pinzana da Valariano, habitante già 12anni in Spilimbergo, giovine di anni 29, se l'habbi minacciato mordendosi il dito dicendo:"Sta' cheto, ti voglio fare lambicare", quale poco dopo questo in letto in capo di 11 mesi morì.Respondit.

Interrogata se conoschi Vegnuda Zuvata, se veduta andare per acqua, se toccata infaccia per..., se mai veduta inferma, conduta per mano sotto il portico verso casa sua.Respondit.

Interrogata se Menega sua fia li sia stato dato mai schiaffi, se da chi, se habbiconosciuto il signor Andrea Bazaro, quanto tempo sia morto (8 anni), che dicesse: "Lasa purch' il vada alcuno di Sant'Antonio, non ti darà più", e in termine d'un mese morì. Respondit.

Interrogata se Spelimbergo hai portici se mai habbi magniato la sbrovada, se sotto ilportico del Spadaro l'habbi data a mangiare a donna Camilla Gastalda, se l'habbi fatto male,di andandola a visitare, pasegiando, la risanassi. Respondit.

Giacomo Bazaro. Interrogato se conossie madonna Lucrezia di messer AnzoloLorenzion, se l'habbi minacciata andando a San Roccho a messa con dirgli: "Taci, taci, chenon passarà un anno che voglio scoli il sangue sino si habbi una coccia" (un anno), comecominciò nel dimani. Respondit.

[Interrogata] se conoschi messer Iacomo Bazaro da Spelimbergo, se habbi mairagionato o trattato con lui, se habbi figli, come si chiamano (Giovanni, Paulo), se sappisiano stati amalati, se sia stata offesa da lui et cetera, presa per il collo per la malatia delfiglio, minacciata per la perdita del latte della moglie. [Respondit.]

Interrogata ut dicat cursum vitae suae, di patre nomini, età, confessata quale sia statoil suo confessore, d'onde nasca che sia tenuta per strega da tutti et cetera, se sia stata altrevolte essaminata da nostro tribunale del Santo Officio, et cetera. [Respondit.] // [23r]

Die sabbati 17 dicti [mensis 1626].Retulit commilito citasse suprascriptam Annam Sgumam ut in citatione.

Die sabbati de mane 17 dicti.Coram antelato admodum reverendo patre vicario et illustri et admodum reverendo et

excellentissimo domino vicario Concordiensi, et cetera, comparuit Anna Sguma antescriptaet admonita ad dicendam veritatem super ab ea requisitis et in processu contra eamapparentibus ipsi explicatis.

2 Si tratta di uno schema preliminare per il secondo interrogatorio dell'imputata.

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Interrogata ut supra et primo // [14v] se mai gli è stato detto da sua filia che Camillasudetta Gastalda mormorasse di lei intorno a stregamenti, che però, andandola a ritrovare acasa sua, la minaciasse di volergline far un giorno una, respondit: «Io ho tre figlie: una pernome Menega, l'altra Lucia et la terza Iustina. Né mai alcuna di esse mi ha detto che aSpilimbergo da alcuna mi sia detto strega. È ben vero che ho gridato con Camilla, perchéhaveva in casa li drappi di mia figlia Menega, che fu menata via da messer Iacomo Balzaro,et però io dalla perdita della figlia et della robba gridai con Camilla».

Interrogata se habbia mai visitato detta Camilla inferma in letto, toccato il polso, ilfronte et detto alle sue figlie: "Dateli da mangiare, tanto ne havete quanto mangiarà",respondit: «Questa donna sta un giorno sì et un giorno no amalata. Doppo ch'io la conoscol'ho visitata in letto ma non so che infirmità sia la sua, alla quale mai ho insegnato recetaalcuna, né detto a sue figlie che gli faccia cosa alcuna».

Interrogata se habbia minacciato ad alcuno col dire che non passarà un anno che saràportato fuori di casa con li piedi avanti, respondit: «Ma alla fé no».

Interrogata se conosceva messer messer Alessandro Carbo, respondit: «Signor sì ch'iolo conoscevo, che era vecchio, al quale però mai ho detto cosa alcuna. È ben vero che,habitando nella sua casa abasso, perché tenevo hosteria, mi licenziò di casa, havendo eglifigliole».

Ei dictum ut dicat veritatem quia constat in processu, ut verba praelata, respondit:«Signor no, non è vero se fussero cento testimonii che lo dicessero».

Interrogata che parole havesse detto a quelli che intrarono nella casa dala quale fuscacciata, [respondit]: «Io dissi che non ... fino ... l'anno, ma in nome del diavulo sono treanni che l'ha ..., ma però mai ho fatto male alcuno».

Interrogata se ha conosciuto Thomaso di Lena Pinzana da Valeriano, respondit:«Signor sì, che era mio compadre».

Interrogata di che età era, respondit: «Era giovane, di 25 anni et sono // [15r] circa didui anni che è morto».

Interrogata se mai ha gridato seco, respondit: «Signor no».Interrogata di che malatia morise, respondit: «Io non so».Interrogata se questo Thomaso si ubriacava et ha gridato seco, respondit: «S'ubriacava,

ma mai ha gridato meco, né io con lui».Interrogata se conosce Venuta Zuvata, respondit: «No l'havess'io mai veduta, che è

stata ruffiana di Menega mia figlia, la quale ho veduta andar ad acqua et ho ... a lei et lei ame, facendo pane, che aiutava farlo a me, che ne facevo a vendere et hostiria».

Interrogata se mai sia dato schiaffo a Menega sua figlia et da chi, respondit: «Non vi sodire».

Dicens: «Fu vero che havendo menato due botte di vino del cavalier ... da vendere,messer Andrea Balzaro ne cavò otto dieci boccali dalle mani di mia figliuola a credenza etperché io bravai con lei et gli diedi, detto messer Andrea gli diede più schiaffi. Non però dissiche non gli haverebbe dato più, ma solo dissi: "Non si provede così a dar a mia figliuola" ettacei, perché il pesce grande mangia il piculo».

Interrogata quanto tempo doppo morse messer Andrea, respondit: «Io non so, visseperò più di tre anni doppo, di qual tempo non mi raccordo».

Interrogata se conosce madonna Lucretia, moglie di Angelo Lorencino, respondit: «Cosìnon l'havess'io conosciuta, perché suo marito ha menato via mia figlia Iustina».

Interrogata se mai ha gridato o minacciato a essa donna Lucretia male alcuno, mentreandasse alla chiesa di San Rocco, respondit: «... permetto cosa che non mai ho gridato, négli ho augurato male et meno so che habbia patito infirmità di sangue».

Interrogata se conosce messer Iacomo Balzaro, col quale ha ragionato et trattato seco,respondit: «Non volete ch'io habbi ragionato con lui, se ha menato via una mia figlia? Et hagridato con me et presa per il collo, perché io voleva dar a un figliuolo di Sergio, suo nipote.Et andai per andar in castello a querelarlo, ma lui stete ad inspettarmi con un legno perdarmi et così non andai».

Interrogata se questo Balzaro, // [15v] respondit: «Signor sì che ha havuto dui figli,uno Horatio, che è morto, et l'altro Giovanni Paolo, che vive».

Dictum: «Ma perché esso vi diede, voi havete fatto malia a suoi figliuoli?», respondit:«Non è vero, et se lo mente per la gola, ch'io mai gli habbi fatto alcun male».

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Interrogata se lei sia stata a visitar la moglie di detto Balzaro, respondit: «Signor no, néquando era in parto né in altro tempo, et meno so che habbi perso il late, né detto a suomarito che tornarà perché suole andare a passone».

Interrogata ut dicat corsum vitae suae, respondit: «Io non so quanti anni posso havere,ma circa 50, et mia madre era di Maniago et mio padre di Spilimbergo».

Interrogata se in questo tempo è stata solita a messa, confessata et comunicataogn'anno, respondit: «Signor, io son stata solita et sono andar a messa quasi di ..., etogn'anno confessata et comunicata, et li miei confessori sono stati il signor piovano, fraSimon et ... Domenego Muratoribus di Spilimbergo. Et perché adesso non ho fazzuolo, chel'ho impegnato già tre mesi, sto a messa alla chiesa di San Rocco fuori in .... Di che potitivedere dalla presente ..., quale ivi presento di mano del signor pievano».

Dictum: «Da che avviene che voi havete fama di strega in Spilimbergo?», respondit: «Selo mentono per la gola, una volta che haveva robba ero favorita et hora che non ne ho niunomi vuol vedere».

Interrogata se ha inimici a Spilimbergo, respondit: «Signor no, ch'io sappi».Interrogata se mai qui è stata essaminata in questo Santo Officio, respondit: «Signor

no, mai qui a questo tribunale, ma sì bene ad altri per altre cose».Interrogata se quanto ha deposto ha detto da sé o pur stata informata, respondit: «Io

ho detto la verità, né alcuno mi ha informato di cosa alcuna».Quibus habitis dimissa fuit hac conditione quod non discedat e terra hac sub paene

excommunicationis et aliis arbitrio, prout ei in faciem fuit intimatum et quoti die sepraesentet in palatio episcopali ad presentiam curialium, et cetera. // [16r]

Die lunae 19 mensis octobris 1626.Coram ut supra in episcopali palatio constituta iterum domina Anna Sguma, monita et

interrogata quod narret veritatem, non pertinasset in negativis, respondit: «Io ho detto l'altrogiorno che non sapevo la causa per la quale ero citata, ma meglio considerando dico che sonstata citata per imputazione di strega, per quanto mi ha detto il Balzaro vecchio, che fraSimon gli diede segno».

Interrogata se conosce la moglie di messer Iseppo Cisternino, respondit: «Signor sì etsuo marito venne a trovarmi un giorno, ché andassi a lavarli paniselli».

Interrogata se detto messer Iseppo è stato a casa sua a minacciarla che dovesse tornaril late a sua moglie et andata, presa la tetta, spruzzò il late, respondit: «Se lo mente per lagola».

Interrogata se conosce Camilla Gastalda, respondit: «Così non l'havessi conosciuta,che è stata ruffiana [di] mia figlia».

Interrogata se mai ha dimandato ricotta a quella Camilla ... et pane, respondit: «Signorno, non è vero».

Et [interrogata se] sia stata a comprare del pane da lei, respondit: «Non è vero, némeno ch'io habbi minacciato di farne una a ..., perché non ho sentito Lucia, mia figliuola,dirmi che Camilla havesse detto strega a me. Ma a Spilimbergo non si parla d'altro che distreghe et stregoni».

Interrogata se lei è nel numero di questi stregoni et streghe, respondit: «Al sangue diSant'Angelo, se me lo dicessero sul viso vorei darli con un cortello o loro a me!».

Interrogata se ha conosciuto messer Alessandro Carbo, respondit: «Signor sì et sonocirca X anni che è morto, che stavo abasso in casa sua et uscii di questa perché lui havevatre o quatro pute da maritare, né voleva ch'io stassi a far hosteria. Né è vero ch'io gli habbidetto che prima passi l'anno sarà portato con li piedi inanzi, che morise circa tre o quatroanni doppo». // [16v]

Interrogata chi andasse a star in quella casa, respondit: «Il Mulinaro et possa haverdetto che prima passi un anno muirano tutti, ma non mi raccordo, et pur sono vivi tutti».

Interrogata se conosce una Diana Pezzara, respondit: «Signor sì, che la conosco perdonna di mal fare, che ha ... due badande et una mandata via et è stata ruffiana d'una miafigliuola, che sono quatro anni il Natale passato, che era in casa sua levata il giorno di SanThomaso da Agnolo ... detto Lorencino».

Interrogata se conosce Thomaso di Lena di Valeriano, respondit: «Signor sì che l'hoconosciuto et era mio compadre, al quale mai ho fatto parole».

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Ei dicto ut dicat veritatem, quia apparet in processu ..., respondit: «Non è vero ch'iohabbi detto di volerli far alcun male et se si amalò et stete assai il pa... della madre è lacausa che molte volte l'ha bastonata, né poteva star in piedi che nel capo haveva un verme,per quanto si diceva. Et Dio guardi ch'io havessi gridato con lui».

Interrogata se conosce Venuda Zuvata, respondit: «Dio volesse che non l'havessiconosciuta, perché ha ruffianata una mia figlia. È vero che l'ho veduta andar per acqua, hoparlato con lei et aiutava farmi del pane, et in quel far di pane poteva haverla trovata,portava la spesa».

Interrogata se il signor Andrea Balzaro habbia dato a sua figlia Menega di schiaffi,respondit: «Signor sì che gli diede, perché haveva tolto vino a credenza et voleva esserpagata, et quando gli diede io tiravo vino, che fui per darli del boccale dicendoli:"Sant'Antonio, non si provede // [17r] così, voler il vino senza soldi!". Et dissi alla putta chegli stava bene et che doveva lasciar a me. Né è vero ch'io havessi detto: "Taci figlia, che nonti darà più", anci io gli diedi perché non volevo gli dasse il vino senza soldi. Et vise più diquatro cinque anni doppo, alla fé».

Dettoli: «Avertite che si può andar a veder il libro della casa, però dite la verità»,respondit: «Son buona d'andar a far cavar sola il tempo della sua morte».

Interrogata se si racorda haver dato da mangiare a donna Camilla sotto il portico delSpadaro, respondit: «Io non gli ho dato bruvada, che non la posso vedere et se lo mente perla gola. Una che non ne ho et l'altra che non ho da comprarne per dar a lei».

Interrogata se conosce madonna Lucretia, moglie di messer Anzolo Lorencino,respondit: «Signor sì che la conosco, poi che suo marito rubò una mia figlia il giorno di SanThomaso, saran quatro anni, con la quale mai ho gridato, solo che un venere santo laincontrai che andava a San Zuanne et la salutai, né lei mi respose. Né è vero ch'io gli habbiaugurato mal alcuno, né so che lei sia stata agravata d'uscita di sangue».

Interrogata se conosce messer Iacomo Balzaro ..., respondit: «Diavolo se lo conosco etlo tengo per homo da bene. Se è stato troppo là mi ha dato d'un buon schiaffo, perché iovolevo dar a suo nipote, et anco mi ha preso due volte per il collo, che menò via mia figlia, etvolendo andarlo a querelare in castello stete ad aspettarmi con un boccon di legno et restai.// [17v] Né è vero ch'io habbi fatto malia alcuna né al figlio né alla moglie, non mi ha offesoper questo rispetto, ma perché volsi dar a un suo nipote et menò via la figlia».

Interrogata se ha per suoi amici li sopra nominati, respondit: «Li ho per miei inimicicapitali, rubelli di Domenidio, che mi hano assassinato, come ho detto».

Dictum: «Da dove nasce che a Spilimbergo tutti dicono che seti strega?», respondit: «Selo mentono per la gola, doppo che non ho robba tutti mi vogliono male».

Interrogata se sappia far rizzetta o rimedio a infermi, respondit: «Ai putti con l'oglio dimandola dolce et bianca, ungendoli le tempie per i vermi, et ungerli con l'onto le coste perfarglile tornar su quando sono cascate».

Interrogata, respondit: «Io non so che in Spilimbergo sia strega alcuna, ma io sonoinocente, sebene io biastemo il Diavulo, al sangue di Sant'Angelo, et alle volte dico paroledishoneste et posso dar scandalo alle persone».

Interrogata se si confessa come christiana et è debito suo, respondit: «Signor sì che miconfesso a domenicca, ogn'anno et anco due volte all'anno et quando vengono i perdoni, etmiei confessori sono il reverendo signor pievano, fra Simon et il reverendo ... GiovanniDomenico, et sono nella terra del santo corpo di Christo et de San Rocco».

Interrogata se mai prima è stata chiamata a questo Santo Officio, respondit: «Signorno, né mai son stata essaminata circa questi stregamenti se non ad egli», et cetera.

Quibus habitis, recte et cetera, et delatum fuit iuramentum // [18r] de taciturnitate,nec sciens scribere fecit signum crucis, †.

Die ***.In congregatione habita in palatio episcopali Portusgruarii, coram reverendo patre

fratre Bernardino Fortuna, artium et sacrae theologiae magistro, vicario generali SanctiOfficii, assistentibus pro illustri episcopo admodum illustri ac reverendo domino Casella,vicario Concordiensi, et illustrissimo potestate domino *** pro Serenissimo Venetiarumdominio praesenti domino ***, theologo consultore, determinatum fuit vocandam esseDominicam Blancuzzam di Rovereto pro eius costituto accipiendo et sic demandatum fuit

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militone N. eam citari deberi, prout retulit citasse die et cetera.

Die lunae 19 ottobris 1626.In congregatione habita loco, coram et presentibus ut supra, decretum fuit ipsam

Dominicam dimittendam esse, prout reverendus pater vicarius charitative admonendodimisit, et cetera.

Eodem die in congregatione praedicta.Fuit determinatum Annam Sgumam de Spelimbergo relaxari deberi cum hoc ut

admoneat et aliquid sibi imponatur pro salutari poenitenti, prout reverendus pater vicariuspatris inquisitoris, qui benigne ac charitative eam admonendo effecit, et cetera. // [23v]

Eodem die.In congregatione in qua interfuerunt admodum reverendus pater vicarius Sancti Officii

suprascriptus, assistentibus admodum illustri et admodum reverendo domino vicarioConcordiae, pro illustri et reverendo domino episcopo, illustri domino Ioanne Riedo, proSerenissimo dominio Venetiarum potestati Portusgruarii ... illustrissimo, et admodumreverendis et excellentissimis dominis domino Marino theologo et Ioanne Baptista Merano,canonicis consultoribus in palatio episcopali, lecto praesenti processu, terminatum fuitAnnam Sgumam dimettendam esse hac conditione quod moneatur et aliquid sibi prosalutari poenitentia iniungatur, prout idem admodum reverendus vicarius Sancti Officii, quibenigne ac caritative eam monendo effecit, et cetera.

Et ego ... Dominicus Cimeta omnia fideliter uti cancellarius Sancti Officii fideliterscripsi, et cetera. // [18v]

Pre Antonio Gamba, curato di Vivaro. // [21v]

1626.Contro Anna Sguma da Spelimbergo, Concordia, Porto Gruaro. // [26v]

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PROCESSO PER STREGONERIA CONTRO MARCOLINA

STELLA DA SPILIMBERGO (1644)1

N° 939.Concordia.Processo informativo contro Marcolina Stella da Spilimbergo, 1644, et cetera.Die prima maii 1644.Delata fuit Sancto Officio supradicta Marcolina, eius denunciationem nondum inveni

ego frater Antonius a Ferraria inquisitor. Tandem post multum temporis illam inveni suoqueloco reposui. //

Memoriale di Leonardo Cisternino.Spilimbergo, 1 maggio 1644

Originale.Adì primo maggio 1644, per inspiratione del Spiritto Santto.Se denunttia al Santo Offitio sopra di aquisitione Marcullina Stella.In questa povera et miserabile terra di Spilimbergo si vedon effetivi tanti et tanti

stregamentti, dalli qualli ne restano poi esterminate molte et honorate famiglie. Et per taleffetto si suplica et si fa riverente instanzza et cetera, che siano esaminati il reverendo signorpiovano di Spilimbergo et il reverendo di Barbeano et il reverendo domino Biasio Gallia,come testimonii nel generalle et in oltre:2

α- D'un stregamento fatto alla figlia di madona Cecillia Cinirina, circa tre mesi;β- Madona Cecillia Cinirina et figliolla et genero messer Paolo ..., che porttò le malie.α- Del 1634 in circa.Un altro stregamentto a una povera giovane che per aver autto d' suoi capelli anno

causatto che mai questa talle a potutto separarssi, come dalli contrascritti testimonii autanela real informatione;

β- Sua sorella Giacoma moglie di Bastiano già stava con il signor Bianco et ....α- Il nobile signor Abatte Spilimbergo sa che per causa di questa persona hora tante

povere donzielle anno persso l'honor suo per suoi vituperosi incanti et fatuchierie;β- Il medesimo signor Abbatte.α- Del 1638 in circa.La signora Rosana Romana sopra un capittollo perché volleva che facesse un circollo

con parolle, che facendollo entrava nella scolla diabolica;β- La contrascritta signora Rosana.α- Dona Dorotea Bordona et suo maritto in materia di dui porzi, che ***;β- Dona Dorotea et maritto.α- Del 1641 circa.Il signor Daniel Romano sopra un capittollo, che comparsse in casa sua essendo

seratte le porte;β- Dal ...trascritto et consortte intedarano il tuto.α- Madona Martta Mazolenis fu stregata dalla scelleratta dona con un ovo, come ha

detto suo cognatto messer Giaronimo Mazolenis;β- Dall'istessa madona Martta et da messer Giaronimo suo cognatto.α- Del 1641 circa.

1 AAUD, S. Officio, b. 27, fasc. 939, cc. 78 parzialmente numerate.2 Il testo appare diviso nel manoscritto in due colonne adiacenti: quello contenuto nella posizione di sinistra vienequi contrassegnato con la lettera α, l'altro di destra con la lettera β.

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Dalla signora Claudia Romana, la quale è stata un anno et più in tal mani, intedarano;β- Dalla medesima et dal reverendo domino Biasio Gallia il n' disffa tantti.α- Già mesi n° 3.Li poveri et miserabilli ebrei di Spilimbergo, che non avevano altro altro che un

maschio senzza altra speranzza et da maritto, et perché non li avevano datto quantto liavevano promesso l'ha fatto morire;

β- Tutti li hebrei sano come è passatto tal acordo, come anco il signor ciroicho diSpilimbergo, qual abitava in casa.

α- Già mesi n° 3.Il signor Giacomo Caligaris dice che questa talle comparssa in casa delli detti ebrei

senzza saper di che banda venisse;β- Dal medesimo signor Calligaris che è degno di fede.α- L'ano presente et passato voltte avanti.La signora Auritia Patavina sia esaminatta per tante stregarie fatte ad essa et alli suoi

animalli;β- Di magio 1643 et avanti.Dalla medesima et ... come nel generalle il domino di Barbeano.α- Fu stregata una figlia del signor Bernardino Piazza;β- Sia essaminatta la signora Sabeda et sua sorella la signora Catarina Cleana.Con giuramento che tutti li sopra nominati ano et causano Marchulina Stella.La molgie di messero Giacomo Antonio Segatto, che li strigò li cavalieri. // [1r]α- Fu faturatto il quondam Santto del Negro et perché avevano suspetto in questa in

sta talle et batterno li pani del giovane et essa restò machiatta la vitta circa duoi mesi;β- Testimonio messer Piero Modozetta et messero Lorenzzo Cargnello, sua moglie et

Lisabetta Beltrame, qual stava con essi Modozetti, et donna Catarina del Negro.α- Dona Fior, figliolla di Pietro detto Verzza, sia esaminata sopra un capittollo che fece

morir una gallina con tre parolle;β- La detta dona Fior et la signora Aurittia Patavina.α- Madallena, già stava con la signora Martia Spilimberga, sopra un capitollo delle

ingistare et fama;β- Dalle contrascritte, cioè Madallena et signora Martia.α- Dona Caterina di messero Goio, sua parentte, sia esaminata sopra il generalle et

fama;β- Dalla contra nominata et altri nel generalle, et cetera.Questa talle dona diabolica bisogna che sia di quel medesimo talle che l'ecellentissimo

signor dotor Romano fece sententiar a morte sotto sotto l'illustrissimo signor AlviseFoscarini.

La moglie di messero Zuan di ... si trova machiata che sono anni sette, et per talfatoria si trovano duoi spiritti nel letto. Et questo si dice per bocha del reverendo dominoBiasio et la bocha del reverendo signor piebano.

Io Lenardo Cisternino di mano propria. // [1v]α- Doppo la prima di ....Messero Anttonio Goio ha hautto a dire che quando era per morire messer Faustino,

maritto di questa dona diabollica, si lamenttò che non vedeva suo figliollo Eusebio, che errasoldatto lonttano, et essa disse et lo fece venire in quella notte;

β- Il medesimo et la moglie.α- Dona Camilla Campanera detta Cavedotti le disse un giorno a sta talle: "Vollette che

andiamo giobbia insieme?", et cetera;β- Dalla contrascritta et altri.α- Il giorno di Santo Zuane le figlle del illustrissimo signor Alffonso Spilimbergo

andorno a Santo Zuane insieme con altre gentildone et questa perverssa andò con esse. Ettre giorni doppo bisognò chiamar il signor piovano et subitto nelle benidittioni li viensefastidii grandi;

β- Il reverendo signor piovano, la illustrissima signora Angallice et il signor Mataio, suosoldatto, che andò a prottestar a sta talle, et cetera.

α- La massera dil signor cancilliero ha ditto che il reverendo padre Biasio, che la

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liberatta, disse: "Quella dona che la fatturatta, venirà tre voltte a batter alla portta". Cosìviense la sudetta;

β- La masera et altri, il signor cancilliero.α- Adì 16 luglio.Madona Cecillia Cinirina fu a messa et si sconttrò in questa talle. Et, tornatta di

messa, mandò a chiamare il signor piovano per confesarssi et trovò che erra mallimatta;β- Il reverendo signor piovano.α- Adì 3 agosto.Fu faturatta la signora Aurittia Pattavina Spilimberga ...;β- Il reverendo signor piovano che la liberatta.Io Lenardo Cisternino. // [2r]α- Adì 23 overo 24 agosto.Iacoma moglie di Bastiano, già stava con il signor Biancho, andò a tior uva in la casa,

asentte detta dona. Et, essendo, la vide inpartte di questa dona. Da quel pontto inanzzi siandava lambicando, se non erra l'aiutto del signor piovano;

β- La detta Giacoma et il reverendo signor piovano.α- Il molto illustre et ... signor Aggippa Cisternino non volleva far contra sta dona, ma

fu sfforzatto li giorni passati far una termine contra avantti li arbittri. Dal qual pontto unsuso si andava lambicando, che sia che gli haveva presentatto pocho inanci un pezo dimazapane;

β- Il reverendo signor piovano lo libera con l'aiuto di Dio. // [2v]

Denunzie o scritture di Spilimbergo, et cetera. // [3v]

Pre Carlo Rossetis a fra Lodovico da Gualdo.Spilimbergo, 4 giugno 1644

Reverendissimo signor mio colendissimo.Quando io havessi saputo alcun particolare di questa dona Marcolina Stella, io sarei

stato de primi a denontiarla a vostra signoria reverendissima, se bene da molti et molti hopiù volte sentito dire che ella maleficia chi vuole, ma però mai ho potuto haver testimonii diqueste sue malie. Io ho ben liberate assai persone col favor di Dio et l'authorità concessamidalla Santa Sede, et molte di queste hanno havuto il sospetto sopra di questa donazza, maperò non mi assicuravan con testimonii. Hoggi ho veduto una lista di malie fatte da costei inmano del signor Daniel Romano di questa terra, et vi sono li testimonii. Et perciò, citrapoenam sanguinis, aviso vostra signoria della mala qualità di questa maledetta donna. Etsenza più faccio riverenza a vostra signoria reverendissima, col pregarle dal cielo ogni suodesiato bene.

Spilimbergo, li 4 di giugno 1644.Di vostra signoria reverendissima affezionatissimo servo, Carlo Rossitis, pievano di

Spilimbergo. // [54r]

Fra Lodovico da Gualdo al vescovo Benedetto Cappello.Udine, 15 agosto 1644

Molto illustre et eccellentissimo signor patron colendissimo.Nel medesimo tempo che monsignor illustrissimo vescovo partì da Cordovado, io

havevo destinato il mio padre vicario acciò andasse colà a ritrovarlo et esporgli alcuni affaridell'Offitio, ma intesi ch'era partito per Venetia. Io ho differito fin'hora a scrivere quanto glisoggiungerò, credendo che fusse di ritorno quanto prima, ma presento che sia per star

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ancora un pezzo. Pertanto vostra signoria eccellentissima restarà servita di voler deputareun assistente in suo luogo nella terra di cotesta diocese ove io devo andare, o mandarequanto prima il mio padre vicario, a formar un processo contro una donna di quel luogo,denunciata al Santo Offitio per malefica. E perché monsignor piovano di quella terra è citatoper testimonio, potrà deputare qualche altro prete a questa funtione. E starò attendendograta risposta. E per fine a vostra signoria eccellentissima bacio le mani, et cetera.

Die Udine, 15 agosto 1644.Di vostra signoria molto illustre et eccellentissima affezionatissimo servitore, fra

Lodovico, inquisitore d'Aquileia e Concordia. // [55r]

Pietro de Vareschi a fra Lodovico da Gualdo.Portogruaro, 23 agosto 1644

23 agosto 1644.Reverendissimo padre et patron mio osservandissimo.Hoggi solamente, 23 del corrente, ricievo le littere di vostra paternità reverendissima et

hoggi medesimamente vengo da Spilimbergo informato di molti particolari circa l'affare chemi scrive. Et parendomi il negotio urgentissimo per altre cose accessorie, lodo che lei viassista personalmente et se ne venga quanto prima che, avertato del giorno preciso della suavenuta, forsi ancor io mi ritroverò personalmente o deputarò soggietto che vi assista in mioloco, poco lontano da Spilimbergo. Lasciarò la cura a lei di cancelliero et di dar parte a chis'aspetta per il seccolare, che crederò si doverà fare a sua eccellenza, acciò mandi per fare lecose con buon ordine et legitimamente conforme alle comissioni che tiene in questiparticolare. Et sopra il tutto veda di non farmi venir in darno, né si deve trascurare inalcuna maniera questi negotii, perché in questa diocese crescono ogni giorno li abbusa,stimo perché non si fa mai cosa alcuna. Attenderò suoi avisi et del sicuro aprontato potràsua dare le sue // [56r] littere al signor pievano di Spilimbergo, che havrà cura d'inviarmelesicure. Ma essendo questa mia per altro con il fine, a vostra paternità reverendissima baciole mani.

Portugruaro, li 23 agosto 1644.Di vostra paternità reverendissima affezionatissimo servo, Pietro de Vareschi ...,

cancelliero, vicario generale di Concordia. // [56v]

Die martis 6 septembris 1644.Compareat sua sponte coram admodum reverendo patre inquisitore, existente Utini in

palatio patriarchali, dominus Leonardus Cisterninus de Spilimbergo quondam dominiGibilini, aetatis suae annorum 32 in circa et presentavit scripturam subsequenti tenoris,quam dixit esse sua propria manu conscriptam, petendo et instando ut in ipsa scriptura.Qua lecta per admodum reverendum patrem inquisitorem et si, et in quanto admissa, detulitcomparenti iuramentum de veritate dicenda, prout tactis Scripturis iuravit in forma.

Interrogatus an ea quae exposuit in sua scriptura sint vera et pro veritate exposuerit,respondit: «Per quanto ho presentito et mi è stato riferito, io tengo che le cose contenutenella scrittura da me presentata siano vere, ma di mia scienza non posso attestar cosaalcuna».

Interrogatus qua de causa comparuerit ad exponendum ea quae sibi sunt ignota et exrelationibus aliorum affert, respondit: «Io son comparso perché son stato suplicato a venire».

Interrogatus a quo seu quibus fuerit supplicatus ad praemissa agendum, respondit:«Io son stato supplicato a far questo dalla signora Claudia Romana di Spilimbergo et dalsignor Daniel Romano suo marito, principalmente interessati poiché per causa di questadona vano di male, a quanto loro dicono, et della vita et della robba».

Interrogatus an ipse ductus fuerit non solum persuasione // 4r/ supradictorum,verum etiam odio quo persequitum mulierem denuntiatam, respondit: «Signor, io soncomparso persuaso come ho detto, ma anco perché io vedo et sento che questa donna ètanto mal sentita che tutti di lei malamente ne parlano in Spilimbergo et dicono che se non

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si proccede sarà la ruina del loco. Et tutti esclamano, che nel resto io non ho con lei né odioné rancore, solo che non mi piaciono li suoi costumi».

Interrogatus, dixit: «Io ho esposto non solo quanto si contiene nella prima scrittura maanco in questa, che presento scritta et sottoscritta di mia mano. Il tutto per verità, et acciòsia proveduto da questo Santo Offitio, et non per altra causa. Et si venirà a esaminar aSpilimbergo, si ritroverà assai più di quel che dico», et cetera.

Super qualibus recte et cetera. Relectum confirmavit et subscripsit et fuit delatumiuramentum de silentio, et cetera.

Io Lenardo Cisternino confermo come di sopra.Battista Amutiero cancellarius Sancti Offitii, et cetera. // 4v/

Pietro de Vareschi a fra Lodovico da Gualdo.Portogruaro, 9 settembre 1644

Molto illustre et reverendissimo padre et patron osservandissimo.Ricevo le littere di vostra paternità reverendissima che mi appuntano il giorno della

sua venuta a Spilimbergo. Et perché non è possibile ch'io per detto giorno vi possi essere et ènecessaria la mia persona, sì per le conmissioni che tengo da monsignor illustrissimo miosignore, come per altri interessi pur d'Inquisitione, che a bocca discorerò con vostrapaternità reverendissima, è necessario differire almeno sino al giorno seguente alla festa diSan Matheo, sarà li 22 del corrente, che io, se non ho altro in contrario da lei, saròinfalibilmente a Spilimbergo la sera delli 22 o la mattina delli 23 a buonisima hora, perchémi portarò vicino a Spilimbergo la sera delli 22. Restarà dunque appuntato per il dettogiorno, mentre non mi scriva in contrario. Et qui con il fine a vostra paternitàreverendissima bacio le mani.

Portugruaro, li 9 settembre 1644.Di vostra paternità molto illustre et reverendissima affezionatissimo servo, Pietro de

Vareschi ..., cancelliero et vicario generale di Concordia. // [57r]

Pietro de Vareschi a fra Lodovico da Gualdo.Portogruaro, 10 settembre 1644

Molto illustre et reverendissimo padre et signor osservandissimo.Non potendo ritrovarmi a Spilimbergo per il giorno delli 12 del corrente, come mi scrive

vostra paternità reverendissima per il capitanio de Capelletti, hieri rescrissi pregandoladifferire la sua venuta sino li 22 del corrente, che sarà il giorno seguente la festa di SanMatheo, che io partirò di qui infalibilmente, mentre non ho altro da lei in contrario, dovendoasistere di commissione di ... illustrissimo mio ... in persona per altri interessi di ..., cheesponerò a boca a vostra paternità, pregandola esser ancor lui in persona. Et suplico questeacciò se non le fossero capitate quelle di hieri, almeno capitino queste, perché non facia ilviaggio in darno. Per il presente latore, se si conpiace, può significarmi il suo ..., essendoquesta per altro. A vostra paternità reverendissima bacio le mani.

Portogruaro, li 10 settembre 1644.Di vostra paternità molto illustre et reverendissima affezionatissimo servo, Pietro de

Vareschi ..., vicario generale di Concordia. // [58r]

Andrea Bragadino ai consorti di Spilimbergo.Udine, 13 settembre 1644

Die 23 septembris 1644. ....

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Andrea Bragadino luogotenente generale della Patria del Friuli.Spp. ... dil ... nos ....Se ne viene costà questo padre inquisitore per affari della sua carica contro una

strega. Vi commettemo che ad ogni richiesta di esso padre dobbiate uno di vui in nomenostro assistervi a gl'essami et altro che occoresse in questo proposito, per non appurtarincommodo né dispendio a ... quando convenissero trasferirsi sin in questa città. Siatteocculati ad ogn'operacione d'esso padre inquisitore, portandocene l'aviso ben pontuali convostre lettere. Et così esseguirete.

Udine, a dì 13 settembre 1644.Andrea Bragadino, luogotenente.T.° ... alli spp. ... dil nos ... li signori consorti di Spilimbergo. // 5r/

Memoriale di Daniele Romano.[Spilimbergo,] 16 settembre 1644

1644, a dì 16 septembris, col nome de Idio et della Beata Vergine.Con l'a...to come di sopra a ... detto che ... in nacorto, con occasione della visita dell'...

eccellenza illustrissima in Spilimbergo, che il mio advocato non posse prononciar quantodoveva, né mostrar sententie seguite, danari et restò in mobile. ... eser Marcolina Stellapresente, †.

Dipoi seguito tal mancamento atrovai il signor pievano et gli racontai il successo. Etdimandai se una dona, che io ho suspeto, possa con le sue cative arti diaboliche, che erapresente, impedire che non possino andar più oltra gli avocati, rispose: "Signor sì, quandohano tempo di dir certe parolle et lasciano confusi, che non sano che partito pigliare", giustoil sucesso.

Dapoi tal caso mia moglie mandi dal reverendo padre Biasio Galia senza miacomissione et esso rispose che li mandasse una camisa havuta in dosso, che saprà dire seson in cative mani o non. Così li fu ... con la camisa ... Caterina de messero Antonio Goi. Etil dì seguente mandò a dire per la detta dona che son in cative mani, ma che è assai tempo,et che vuol del tempo a liberarmi, ma che senza altro ssarò liberato. Così mi trovò il sudettoreligioso et mi disse le simili parole. Io mi però gedi trovare il signor pievano et li dissi ilcasso che il reverendo padre Biasio haveva ... et il reverendo signor pievano mi disse:"Compadre dimani dopoi mesa // [48r] alla mia casa, che farò quanto occore". Andai dimatina, come ordene, et messo cominciò ad exorcisarmi. Et a mezo l'esorcismo mi messe lamano alla testa et subito cominciai a gridare, con dire: "Mi sento a morire!". Mi feceapoggiare al leto con un fastidio grande. Et li adì ... similmente, il 3° dì similmente, il 4°similmente; il 5° giorno, andando alla braida, trovai la presente corose. La mostraiall'eccellentissimo Argrippa Cesternino et esso mi respose: "Dubito che siano cative parolle,ma saria bene ..., che avendo occasione, di poterla mostrare all reverendissimo padreinquisitore nel giorno istesso"3. // [48v]

Trovandosi il reverendo di Barbeano di Spilimbergo et esso mi respose: "Io credo chesia una fatoria, che se voi facevi il passo per sora era cativo incontro. Et che credo sia ancobuona per diffesa, benché è superstitione".

La sera seguente l'eccellentissimo signor zio mi trovò et mi disse: "Nepote, credo chesete perseguitato. Venite con me a Udine, che faremo vedere di quel religgioso così valentohomo". Et io risposi al mio solito: "Non posso venire". La matina seguente tornò a dire:"Bisogna venire", et io resposi: "Vedrò". Così con il nome di Dio andai. La causa che miresolsi [fu] che il dì avanti discoperse che quella dona maldadetta non era in Spilimbergo.Subito gionto a Udine andassimo dal reverendo di San Giacomo et subito conobbe che era inmale mani, et disse: "Venite di matina, subito [dopo] messa, che farò quelle beneditione che

3 La croce suddetta è allegata a fine pagina. Sulla facciata anteriore è presente il testo: «Iesus, Maria» sul braccioorizzontale, il testo: «Tetragrammaton + Franciscus + Bruno + Clara + Daniel» su quello verticale; sulla facciataposteriore invece il testo: «Daniel. Crux Christi. Victoria vincit» sul braccio verticale (il nome Daniele, forseindicante lo stesso Romano, a differenza degli altri termini, è riportato in orizzontale sul braccio verticale, con leprime due lettere in maiuscolo, le seguenti in minuscolo e sottostanti).

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sarano oportune". La matina andassimo per tempo, perché l'eccellentissimo Cisterninohaveva di andar più oltre et haveva gusto di esser presente. Si condusse in sacristia etsubito che scominciò ad esorcizarmi, subito messo la mano sopra la testa, cominciai achiamar: "Giesus, mi sento a morire!". Così il reverendo mi fece sentare et mi disse: "Subitoson inacorto, perché ho sentuto il boto alla mano". Finito mi diede un boconcino di ostiabenedeta, con ongermi con oglio nelli polsi et poi mi disse: "Per una volta tanto non sipotrete liberare, ma andate dal signor pievano ogni giorno, ma é difficultosa perché, sequesta è viva chi havette il suspetto et essendo vicina solo un passo lontano, sarà grandifficultà, come vedo in fatto". Et mi diede un olgio con 36 ingredienti per onzeri li polsi etun oglio di tuor la matina, se anco un boconcino di ostia di torla qualche giorno in dietrol'altro, come anco un'acqua di torne un poca per bocca, et poi farsi il segno della croce.

In quel giorno che era a Udine mi pare di esser un altro, che non possi star a Udine,benché il signor mio fratello mi fece gran forza, che mi pareva un'hora cento ani il nonnegotiare come quando era libero et sinciero della mia libertà. Dapoi che io ho discoperto talnegotio, che mi pareva incredibile, ho messo memoria coll'aiuto della Beata Vergine.

Essendo che quella donna non si trova in Spilimbergo, che è circa però circa un annoet mezo, quella pessima donna disse in casa del nobile signor Otaviano mi // [49r] disse: "Viarecordo che vi mettarò un adosso che vi farà fillare et lambicare!". Et io, non considerandoil suo fine diabolico, risposi: "Non ho paura", venendo in facia et io credendo che dicesse delsignor conte, per esser una sua figlia per serva in detta casa, [credendo che] dicesse deldetto li dissi: "So che il signor conte è cavalier honorato, che non fa sassinar alcuno, et sondi quella casa più di voi". Et lei mi respose: "Non parlo del signor conte!", come in fatto adetto la verità, che quelle parolle di lambicarmi a mantenuto la parolla che doppo in qua sonandato lambicando in casa mia, che mai son nacorto se non il giorno della visita, che havevatanto credito che io voleva et negotii di ..., considerate per sostentar casa mia con li mieipoveri figli. Et doppo queste parolle tutto mi è andato al contrario perché mai son stattopadrone della mia libertà et sempre in dubio con andar perdendo hogi un mercante di ...,benché si havessi potuto far come si fa tutta volta, essendo privo della mia libertà e andatocome dico in quel giorno che vado dal signor pievano subito detto li esorcismi con alegreza.Dapoi passato il fastidio mi pare di proveder alli fatti miei, ma subito quella donna maladetatrova strada di incontrarmi, vada per qual porta vado in casa.

Dapoi che fui venuto di Udine, continuato quelli ordini con quelli ogli et altri, andaialla confessione, che avanti, doppo che sono in queste mani, non haveva potuto andare,benché il mio solito era almeno ogni 6 mesi andare alla santa confessione. Andai dalreverendo padre fra Giovanni Maria baciliere et nella confessione mi dimandete in chi iohaveva il sospeto, et io resposi: "In Marcolina Stella, perché mi era detto più volte in facia".Et in quel giorno che vado dal signor pievano, che essa non sia in Spilimbergo, facio etprovedo alli miei interessi et sua paternità mi respose che poco fa questa tale viense allaconfessione et, per inditii grandi che haveva di essa, non la voleva confessare, ma checominciò a gridare et piangere et così la ascoltò. // [49v]

Contarò alquanti casi che di presente mi vengono a memoria in ... che se volessicontarli tutti se mi venisse una memoria bisgnaria stare 3 giorni a racontare. Circa 3 aniche tolsi in casa una tal dona per carità che quella dona maladeta mi perseguita per questo,perché prendei la sua protezione acciò la robba andasse a chi a di andare. A quel tempo ioportava adosso una croce piena di reliquie et a quel tempo non mi sentiva fatorià, solo lanote mi veniva fato un circolo, come si vedrà qui sotto4. La matina mi sentiva un pocomachiato, come assai volte l'ho mostrato al signor Giuliano Cleiano, cirugico di Spilimbergo.Tal circolo mi veniva fatto qualche volta su un brazzo et alle volte su una cossa ... non fulevato quelle reliquie da adosso, cosa imposibile. Da po in qua, son nel statto che sono.

Il primo, che Dio mi fa inspirare di recordarmi, fu che io haveva comprato un puledro,che quando lo conprai ogni puto montava suso. Un giorno lo feci menare qua, avanti la casa,et quella dona mostrò di andar a messa et, traverso il cavallo, messe il pie in staffa et Dio etla Beata Vergine mi fece che io non montasse se prima non diceva le letanie della Madona.Tirai giù il pie della staffa, vense su la porta et dissi le letanie della Madona et poi montai acavallo. In cambio di caminare, pareva che andasse in aiere et mi vense adosso, che la Beata

4 Sul manoscritto è riportato uno schizzo di tale «circolo».

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Vergine mi aiutete, ché non restai morto. Et essa, che era andata alli padri a messa, che nonhaveva visto, andò subito una sua parente in chiesa, chiamata donna Tadea de Rigo et gidisse: "Il Romano poteva morire benché alcuno ...". // [50r]

Un giorno che andava a San Martino di Campagna et quando fui per montar a cavalloquella dona mi viense subito sotto il portico, come fa sempre quando vado et vengo. Quandofui a San Martino, nell'occasione poco doppo, et luceva come giorno, mai fu posibile di trovarla porta dove voleva andare, che mi bisognò stare 4 in 5 hore di notte vagando. Et chiamaiun'altra volta andando a San Martino, chiamai con me Daniel Vociter et li dissi: "Li primipassi mi è sucesso il tal caso, però voglio che andiamo a San Martino, a Dio piacendo, et nona Santo Advoca, perché non voglio andare di quel Selva", lui mi respose: "Andamo". Di giornosi partimo et quando fossimo alle Fornasate, lontano di San Martino un miglio, era nella AveMaria, et quando fossimo nella tavella mai fu pusibile che io potessi obedire il conpagno nélui me. Et ultimamente andassimo alla voce delli cani e si trovassimo lì del Selva, dovehaveva destinato che non voleva andare, et partito con tal pensiore, che era 5 hore di noteincirca.

Questa Quadragesima vado a Glemona insieme con il signor Horatio Augustinis, chefeci venir per mia conpagnia, vedendo li casi che mi sucede nel partirmi. Quella donamaladetta subito vense sul suo lavadore, in facia io la vidi. In quel instante mi vense inpensiero, passato poi mai vense più. Andai per tratar con il signor Locatello un negotio diqualche benefitio di casa mia. Subito g[i]onto in Glemona, si scontrassimo nelli signoriLocatelli et mi offerirno che ocorendo qualche negotio che sarano prontissimi. Et io nonpossi mai venir al tratacto et il signor Augustinis mi diceva: "Parlate adesso". La matina poiandassimo a messa et poi si scontrassimo da novo nelli detti signori et pur il signorAugustinis mi teniva detto: "Adesso, che essi vengono // [50v] a noi, sbrigatevi!". Et iorisposi: "Non posso parlare, andiamo a messa da novo che poi li resolvarò". Andassimo poidoppo messa risoluto per parlargli di tal negotio alla casa et, nel ussir di casa, liscontrassimo et mai fu possibile di prononciar parolla. Quando fui a casa mostrai di havertrovato una letera a casa et del negotio che tratava, in quel ... che ... in quel instante conaltri.

Vado un giorno a Casteo di Portia da messer Francesco Marceloto et trovai il figlio diquella dona, che alla ciera non bona. Montai a cavallo per andar a San Zuane, per ritornarpoi alli ... della visita di sua eccellenza illustrissima. Mai fu pusibile di trovar la strada diandar a San Zuane, benché là zò tanto che andar alli miei campi mi bisgnò tornar indrio etmandar il nepote del sudetto Marceloto. La sera vado a San Zuane con il signor GiacomoAltano. La matina quella dona haveva a far un ... a Valvasone et mai fu posibile che iopotessi venire, in cambio di venire bisgnava andare nella giara. Et si lassò tanto che andarin chiesa, che ... ogni giorno a messa, cominciai a chiamar Idio et la Beata Vergine. Cosìandai poi a Valvasone, trovai una dona la quale e per quel ... che si haveva da fare conquella dona per carità. Andassimo dell'eccellentissimo signor Sclavinari per fare unascrittura, per portarla poi a sua eccellenza illustrissima, acciò non li fosse dato alcunsuffraggio o fundi. Ma, perché si tratava di altri et non di me, tutta volta doi o tre voltebisognò tornar a far la scrittura, perché sempre mai ... detta scrittura. Avanti che portarla fuprotestato a un cognato di quella dona che non doveva parlare con essa Marcolina,altramente il negotio andarebe in fumo. Questo tale // [51r] non restò, che volse parlare.Quando hebbe la scrittura in mano tornò tre volte indrio, che mai si resolveva di portarla.Fece che quelle donne andassino inssieme da sua eccellenza illustrissima, ma la tardanza lihaveva bel concesso et li rispose questo senatore: "Bisgnava venir avanti", et così fuimpedito, che non posse andar quando voleva.

Li giorni passati mi retrovava havere alquante bote di vino bianco et per cativa fortunala caneva è in facia di quella dona. Il ... viense un tal mercante di legnami et cercò il vino etli piaceva di tutta bontà. Remesso l'acordo in messero Lorenzo Chargnelo, da lì 8 giorni danovo vense et disse: "Servo, qui presto et cargari il vino", et mai più a potuto venire.

Un altro chiamato Giustin di Cargna medesimamente il vino di sua satisfatione etsimilmente remesso anco il pretio nel detto messero Lorenzo, con promessa di menare tantatella che havea a Santo Daniele, et mai più è venuto in queste parti.

Vense il portiero di Guricizzo con pensiere fermo. Da poi cercato il vino mi mandò ilsuo cavallo nella mia stalla, che mi voleva dare in cambio del vino. Remesso il tutto

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similmente in messero Lorenzo Cargnel et un conpagno, discuemo tal negotio et arivò persaldar il negotio della porta di casa. Non in facia di quella dona mostrò di passare per altriinteressi et subito passata andò tutto al solito, così restò in dubio et si partì. // [51v]

Circa a mezo il mese di luglio, il giorno tale che il signor Giovanni Battista Oliva,soldato dal nobile signor Alfonso Spilimbergo, andò da quella cativa dona a protestargli anome della illustrissima signora Impolice Savorgnana et Spilimberga dovesse tornargli lasanità alla signora Lugretia, sua figlia, se voleva vivere. Circa doi o 3 hore doppo vense in lafenestra verso la mia corte, cominciò a gridare et chiamare il Diavolo più e più volte, chevengi in casa di Daniel Romano. Et io, che era nella corte che si faceva trazer setta, andaiverso la tiradrezza et li dissi: "Sentite quella dona maladeta che modo che chiama il Diavoloche vengi in casa di Daniel Romano". Et qui vado su la porta dell'altra stantia, che eramadonna Caterina, moglie di messero Antonio Goi, et li dissi anco essa il simile. Subitofinito, sentì che detta donazza vense zò della scalla con li sechi. Subito gionta da basso, silevete un tempo sì cativo che le tole dil coperto fatto di tolle, per le brente della aqua dellasetta, in parte si levorno et andavano per sora le mie creature, che erano nel cortivo. Ma pergratia di Idio non sucesse male, se non un poco di tempesta nella mia braida, come si puòvedere.

Circa poi di consumarmi, ha trovato una strada che va impidendo, come in fato è, etha mantenuto la parolla che ha detto zà tre mesi, che facia quanto voglio che venirò preso.

Il signor Zuane Galina mi dimandava ducati 100, benché, se fosse venuto alli conti,non sariano né anco 70. Tutta volta mi lascirà poco fa sententiare, benché haveva lacomodità di mandargi tante telle. Dapoi sententiato, li ho inviato doi pezze di tella, che iodisse al eccellentissimo Beltrami che di quel poco di resto mi aspetarebe alla mia venuta.Tutta volta anco questo é sucesso // [52r] come al solito. Li consegnai a messero DomenicoMartinis et il Martinis, desideroso di farmi servitio, tutta volta me le lasciò a Porto. Conhaver dimenticato il mandato che andava alla sanità, subito havuto suo aviso, andai a Portoet messi in barcha le dui pezze di tella, ma senza lettera perché non haveva la memoria dinessuna sorte. Riturnato messer Domenico Martinis di Venetia, ho dimandato se è giontoquelle dui pezze di tella a Venetia, mi rispose: "Sì, ché ho visto il giovine del signor Galinache le ha liberate della dovana". Non questo mi bastava, che dimandai messer ZanmariaLorencino et il simile mi ha detto: "Tutta volta è stato scritto al signor Canciano a Udine chenon ha havuto le telle, benché è duoi testimonii de visu". Tutta volta mi è venuto la spesadella cartolina, benché haveva mandato il pagamento promesso. Et quella tale, per artediabolica, a circa 3 mesi che aspetava quello, come ha detto a a donna Casandra Buiò, chefacia quanto voio che mi venirà la retentione. Et più di 2 mesi che ho alquante pezze di tallain casa, per mandar all'illustrissimo signor Antonio Barbarigo, et mai le ho potute mandare,se non dopoi che quella dona non è in Spilimbergo, che così le ho inviate.

Ricercai l'eccellentissimo signor Agrippa Cisternino venisse avanti l'illustrissimo signorZuane Savorgnano et conte Antonio di Fana per disputare una sententia ...tiaria remessa indetti signori. Et essendo presente la detta dona, il eccellentissimo Cisternino si andavaconsumando se il reverendo signor pievano non lo liberava. // [52v]

L'ano passato vense un mio amico, disse: "Il signor Giacomo Visentino ha ricercato duipestoni da messer Zuane detto Visentino", che, se li li imprestava, li toleva per amazzarmi. Ilquale, essendo maritato, detto signor Giacomo per arte diabolica gli era entrato in pensiero ilfalso, come è stato liberato di tal fatoria dal reverendo di Barbeano. La conto acciò si veda lamia persecutione et facia sua ecellentia per non andar più oltre».

Testimoni cilcha il tempo cativo quando ... il ...: ... donna Nosenzia di messero ...Dioneio, ... donna Catarina di ... Antonio Goi.

Testimonii sopra il consumarmi o labicarmi: l'eccellentissimo Trotta, l'eccellentissimoBalzaro suo advocato, il signor canceliero di Spilimbergo, messer Giulio Augustin di ..., etanco li detto a donna Zuana Trevisana detta Fornara che mi consumarò.

Circa la cartolina l'ha detto tre mesi avanti a dona Casandra Buiò.Circa il tratato del vino è stato sempre presente messero Lorenzo Cargnel, habitante in

Spilimbergo. // [53r]Già tre giorni, cavalcando con detto messero Lorenzo, mi hebbe a dire che quando fu

maridata madonna Andriana, moglie del quondam messer Lorenzo Madoneta, andorno aBarbeano et il reverendo curato li disse: "Conosco chi è statto, Marcolina Stella!".

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L'ano passato di questo mese andai in casa del reverendo sudetto, con occasione chemi haveva promesso un caratello di vino. Disnando, mi disse, parlando, che io era stato aSanto Osvaldo con mia moglie, perché quando fu st[r]igata la detta mia moglie feci avodo etpromissi al Signor Idio et della Beata Vergine di andare. Così adesso un ano andai, credendoche fosse causa il non haver suplito l'avoto avanti andasse tutto alla roversa. Il reverendosudetto mi rispose: "L'illustrissimo signor Giovanni Battista Spilimbergo mi ha scritto che iodebba liberare la signora Euritia, come l'ho liberata", che haveva un strigamento simile amia moglie. Ma, per esser sì valenthomo della professione, la liberete subito et mi disse: "Ildetto signore voleva che io li sapesse dire chi è statto che l'havesse faturata. Non l'ho volestodire, perché conosco troppo colerico detto signore. Ma al cospetto che quella MarcolinaMarcolina Marcolina Stella starebbe ben bruggiata!"».

Lecta fuit dicta scriptura et confirmata per dictum dominum Danielem coram ut ante.Et io Daniel Romano afermo come di sopra. // [53v]

Die veneris 23 septembris 1644.Coram reverendissimo patre magistro Ludovico da Gualdo, ordinis minorum

conventualium, in dioecesibus Aquileiensi et Concordiensi inquisitore generali a Sancta SedeApostolica contra haereticam pravitatem specialiter delegato, et reverendissimo et ... dominoPetro da Vareschis, vicario in spiritualibus et temporalibus Concordiae generali, acillustrissimo domino Enea Spilimbergo, quo consortibus nobilibus nobili castri Spilimberghi,assistente vece et nomine illustrissimi et ... domini Andreae Bragadino, locustenentisgeneralis Patriae Fori Iulii, vigore literam domini suae illustrissimae diei *** hodiepresentatam, sedentibus in dicto castro Spilimberghi in reverendo conventu SanctiPantaleonis ordinis eremitanum Sancti Augustini.

Reverendus presbiter dominus Carolus Rossitis, plebanus ecclesiae parrochialisSanctae Mariae de Spilimbergo, ettatis annorum 72, testis nominatus et pro informationeSancti Officii assumptus ac examinatus. Prius ei delato iuramento de veritate dicenda, prouttactis Scripturis solemniter iuravit ad sacra Dei Evangelia veritatem dicere.

Interrogatus se sappi la causa per la quale sii stato chiamato et dil presente essame,rispose: «Appresso pocco so perché».

Ei dictum: «Perché?», rispose: «Per haver informatione se una certa donna qui siastrega».

Interrogatus chi sia questa donna, rispose: «Vien nominata donna Marcolina Stella,qui di Spilimbergo, vedova, moglie già de messer Eusebio5, salvo il vero».

Interrogatus che qualità di stregarie habbi fatto questa donna, rispose: «Che habbifatto stregarie non posso saper. Solo che tutto quello che so in questo proposito, ho intesodal signor Daniel Romano».

Ei dictum cosa habbi inteso dal signor Daniel Romano, rispose: «Non mi soviene, soloche mi mostrò una polizza che conteneva molte cose di stregarie, che io non mi raccordo».

Subdens: «Sì, mio giudicio parmi fussero vinti capitoli».Interrogatus de tempore, rispose: «Può esser circa cinque sei mesi che ciò mi disse et

me lo disse in casa mia et // 6r/ et in piazza».Interrogatus de presentibus, respondit: «Niun era presente, perché mi disse ciò in

confidenza».Interrogatus se sa che il giorno di San Giovanni le figlie dell'illustrissimo Alfonso

Spilimbergo andassero a San Giovanni con donna Marcolina, et dicat quid evenit ...,respondit: «Signor sì che il giorno di San Giovanni prossimo passato le figlie dell'illustrissimosignor Alfonso Spilimbergo andorno a San Zuane insieme con altre gentildonne et con esseera questa Marcolina sopranominata. Et tre giorni doppo fui chiamato alla casa di dettoillustrissimo signor Alfonso, perché l'illustrissima signora Lugretia, sua figlia, si sentivamale, acciò io la benedissi et nel benedirla li vene fastidio, che bisognò se sentasse et stassesentata una meza hora».

Interrogatus come sappi le cose per sé deposte, rispose: «Io so che questa donna andòcon queste signore a San Gioanni, perché la signora sua madre et signore sorelle di dettasignora inferma me lo dissero, et ancor le cameriere».

5 Lapsus calami per «Faustino» (Eusebio era invece il nome di un figlio della Stella).

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Interrogato, rispose: «Io non so per che causa venisse a detta signora, nel benedirla,fastidio. Ma la predetta signora sua madre et signore sue sorelle all'hora dissero chesuspetavano che questa donna l'havesse stregata».

Interrogatus se sappia che madonna Cecilia Cenirina li 26 luglio passato s'incontrasse,nell'andar a messa, in detta Marcolina et che tornata a casa mandasse a chiamar suasignoria reverenda per confessarsi, et che trovasse che fusse stata maliata, rispose: «Signor,fui mandato a chiamar da madonna Cecilia Cenerina a casa sua, ch'era in letto, perconfessarla, come in effetto la confessai et benedii. Et la figlia anco di questa dona volseesser benedetta, qual benedii. Et seguita la beneditione detta donna disse che non si sentivapiù male».

Interrogato per che causa si facessero bene // 6v/ dire, rispose: «Per sospeto che lorodicevan haver, di esser amaliate da questa Marcolina. Ma che fosse stata maliata, di scienzaio non so».

Interrogatus se sa che li 3 agosto passato sii stata fatturata la signora AuritiaPatavina, rispose: «Essendo questa signora in letto, fui chiamato a benedirla et così andai treo quatro volte. Et finalmente feci disfar un cossino, che si tiene sotto la testa, nel quale futrovato un viluppo grande di diverse cose et in particolare pareva come pano griso, piumepicole inserte, fil come in forma di croce, pezzi di tella et una coda d'animal non conosciuto,che somigliava una coda di simia, dura che non si poteva romper né tagliar, havendo duratofatica tagliarla con un manarino. Et vi eran anco diverse altre cose, quale tutte abruggiai».

Interrogato, disse: «Signor sì che detta signora, doppo abbruggiata questa robba, essasignora guarite».

Interrogato se sa, overo a suo indizio creda, che vi fosse malia alcuna in questo fatto,rispose: «Signor sì a mio giudicio, perché subito detta signora guarite. Et perché anco perquello posso veder dai libri, quella robba credo fussero malie».

Addens: «Fu trovato certe pene involte come occhii, belle pene che formavan bella vistaper la varietà delle pene, et la rotondità di detta involutione era maggiore d'un scudod'argento».

Interrogato nell benedire che libri adopri, et di che libri et autori si vaglia, rispose: «DelRitual del Mengo, del Compendio artis exorcismi».

Interrogato se sa che vi sia altra dona o huomo che sia sospetto di far malie nestregarie, rispose: «Chi volesse andar dietro il volgo se ne troveria molti, perché subitoamalati suspettano d'esser stati amaliati hor da questo hor da quell'altro».

Interrogato se questi tali si facino essorcizare da altri sacerdoti o altri seccolari // 7r/o chiamati ben andanti, rispose: «Si fano essorcizare dal reverendo di Barbeano et dalreverendo padre Biasio Galia, per quanto m'ha referto il signor Daniel Romano, d'haversi luiet dall'un et dall'altro fattosi essorcizare. Et l'istesso signor Daniel Romano mi ha detto chesa dove vi sia uno di questi ben andanti».

Dicens ex se: «Signor Horatio Businollo et signor ... Antonio fratelli, che habitan aBarbeano, per quanto m'han detto, han osservato che signor reverendo fa professioned'essorcizare et che si serve de libri in stampa, ma non saper di che né di che autore».

Interrogatus circa ea que dixit an deposuit in odio aut amore, respondit: «Quello hodeposto, ho deposto da me stesso, per dir il vero in conformità del giuramento datomi».

Ad generalia recte et quibus habitis fuit relectum eius dictum. Confirmavit etsubscripsit et fuit ei delatum iuramentum de silentio, et cetera.

Io pre Carlo Rossitis piovano di Spilimbergo affermo come di sopra ho detto.

Die dicta.Coram quibus et ubi supra meique infrascripti, et cetera.Reverendus presbiter Blasius Galia de Spilimbergo, testis ut ante nominatus, citatus,

monitus, examinatus et interrogatus, con suo iuramento de veritate dicenda, prout tactis etcetera, ettatis suae annorum 52, interrogatus deposuit ut infra.

Interrogato se sa la causa per la quale è stato chiamato et del presente essame,rispose: «Signor, io non so la causa per quale son chiamato et la causa del presente essameper l'Inquisitione. Credo sia per la fede».

Interrogato se sa che vi sia alcuna strega o stregone // 7v/ in questo paese, rispose:

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«Signor no».Interrogato se sa che vi sia alcuno o alcuna difamata di questo fatto, rispose: «Signor

no».Interrogato se sa che sia stato alcuno maliato o stregato in questo paese, rispose: «Di

certo io non so, ma qui vi è un paese che tutti come sono amalati dicono che son statistregati».

Interrogato se mai esso habbi benedetto, segnato, essorcizato alcuno huomo o verdona di questo loco o ver d'altri, rispose rispose: «Signor no».

Ei dictum quod cogitet dicere verum, rispose: «Signor, vi dico, ma la fé, no per Dio chenon ho signato, benedetto né essorcizato alcuna credetura, né in questo loco né fuori».

Ei dictum che circa l'anno 1641, ut appar[et] in processo in processo, esser stata nellevostre mani la signora Thadea Romana per un anno et sospetta di esser stata stregata,rispose: «Io mai mi son essercitato in cosa alcuna con la signora Tadea Romana, né essa incasa mia né io in casa sua, né in chiesa né in altro loco».

Ei dictum se la moglie de messero Zuane Colomba sea stata da vui signata, rispose:«Signor no, che io non ho l'ho né segnata né benedetta né essorcizata, né per tal causapassata per le mie mani. È ben vero che monsignor piovano ha detto già cinque sei anni, checiò è cosa vecchia, che questa dona haveva un humor malinconico».

Ad generalia recte. Relectum ei fuit eius testificatum, quem confirmavit et subscripsit.Et iuravit de silentio et fuit dimissa anima, et cetera.

Io pre Biasio Gallia de Spilimbergo affermo come di sopra. // 8r/

Il messero signor Daniel Romano, ettatis annorum 43, testis ut ante nominato,amonito, citato, giurato, essamenato et interrogato, con suo giuramento ivi prestato toccatele Scritture, deposuit ut infra.

Interrogato se sa la causa per la quale è stato quivi chiamato et del presente essame,rispose: «Signor no, mi credeva che fusse venuto per causa di Marcolina Stella, ma perSpilimbergo si parla de religiosi».

Ei dictum cosa venghi detto di questi religiosi, rispose: «Ho sentito questa matina dapadre Tomaso a dir, che parlava col reverendo di Barbeano, di quello detto reverendo diBarbeano ha liberato una dona che, in cambio di esser stregada, era inspiritada. Et che perquesto effetto si crede che questi reverendissimi sian qua. Et poi sogiunse detto pre Tomaso,dicendo: "Mi dispiace di dover esser essaminato per questa causa", et anco che il reverendopre Biasio habbia liberato una tale serva del signor canceliere, alla quale non so il nome, maancora sta con detto signor canceliere, qual non ha d'altre».

Interrogato per qual causa credeva fussero venuti per Marcolina et chi sia questaMarcolina et che eccessi habbi detta Marcolina, rispose: «Per Marcolina, che è una dona chesta un passo lontano da me, al presente vedova, che fu consorte del quondam FaustinStella. Et credevo fossero venuti per costei, perché questa è una dona che mi ha sempreperseguitato, non solamente me ma anco casa mia, come per bocca de religiosi hano dettireligiosi sospetto et hano detto che sia questa Marcolina che mi perseguita».

Ei dictum: «Che sorte de persecutione ha usato contro voi et casa vostra?», rispose: «Fucirca tre anni, mi trovava // 8v/ con una sciatica in letto et mandai un segno del miohabito, che praecise non mi ricordo, al prete di Barbeano, così comunemente praticato inquesti paesi, qual, ricevuto detto segno, respose al servitore che lo portò, qual ha nomePascut de Pascut de Roz, hora servitore del signor Caisel in Udene, detto reverendo le disse:"Il tuo padrone non è in cative mani, ma ben tu sei in cative mani". Et la matina vene incasa mia a liberarlo, quale lo liberò, che, guardandolo in viso, diceva che era stregato. Da lì acirca un mese nel tempo che levai di letto, ogni sera toleva un servicial per causa d'una doiache haveva, ciò è la siatica. ... andai da basso per veder quella pocca di vendema etserassimo la porta della strada. Quando fussimo di sopra, era detto servicial appresso ilfocco, questa dona comparse in casa mia, essendo serata la porta, et viense sopra la portadella cucina dicendo: "O là, o là, cosa volete da me?", et noi li dicessimo: "Non sapemo, nonvolemo cosa alcuna da voi". Et lei rispose: "Santo, tuo zovene di botega, m'ha detto che tu michiami". Andò poi detto Santo et li disse che ciò non è la verità et li disse villanie, et lei lidisse: "Ti farò andar in mala malora!", come in effetto è seguito, che è morto sopra le strade,

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come sa suo padre et sua madre, che non ha potuto star con essi. Doppo dette questeparole, che prima li era obediente, che basavan dove zapava, si vene poi per metter in operail servicial et mai fu possibile di poterlo meter, ché dieci gioze non andò ad effetto. Et subitointratto me sentii il corpo a sgionfar et doler et mandassimo circa tre hore avanti giorno dalreverendo di Barbeano con un segno, et lui rispose: "Sì che adesso è in cative mani". Miliberò senza venir a Spilimbergo».

Interrogatus per che persona tenghi // 9r/ detto reverendo di Barbeano, rispose: «Io lotengo per homo di valor in questa professione et ciò perché lui conosce alla vista, de segni etdella persona, le malie. Et perché in fatti chi va per le sue mano li libera. Ma doppo che hodiscorso, credo con monsignor piovan, che non mi soviene di certo, che per mandar segni etvenir così sopra quelli in cognitione dil male, ciò farsi per arte cativa, che non si può fare,non son più andato né mandato».

Subdens ex se: «Di quel che m'ha inspirato Iddio di metter queste parole in carta conla iusta verità al sacra Dei Evangelia, che qui in scritti presento in loco di depositione etracconto il tutto in parte di quanto a me è successo, affirmando anco non haver esposto iltutto in diffetto di memoria».

Et fuit recepta scriptura con admissione si et in quantum de iure et mandatum inprocessu poni debere que incipit: «1644, adì 16 settembre. Col nome di Dio et della BeataVergine», et in fine: «Marcolina Marcolina Stella staria ben abbruggiata», et fuit lecta conramquibus, et cetera.

Interrogatus an miserit aliquem ad presentandam denunciationem tali de causa,respondit: «Signor, di questo negotio ho discorso con monsignor piovano di questa terra,qual mi disse che il negotio era scabroso et che bisognava proveder, et che mi erascomunicato et tutti quelli che sano di questo // 9v/ et che non denonciano sonoscomunicati. Per il che io poi ho pregato signor Lunardo Cesternino in portar detta denunciaal reverendissimo inquisitore, sì come l'ha portata».

Interrogato perché da se stesso non l'habbi portata, toccandoci lui come quello che piùera informato et li aspettava fare, rispose: «Ciò ho fatto perché lui sa meglio poner in carta dime».

Ei dictum: «Perché non potevi voi far la scriver et portarla?», rispose: «Perché non sonpadrone della mia libertà et perché io, andando, non haverei con mia depositione potutoinformar la iustitia di tanti negotii», et cetera.

Interrogato se intende dir altro circa questi particolari et oltre quello ha deposto,rispose: «Non so altro per adesso, né per ora intendo dir altro».

Interrogatus an odio vel amore aut in seu aliquo alio quesito colore per se depositadeposuerit, respondit: «Quello ho detto, ho detto per fama che vola per la terra diSpilimbergo et per li mancamenti esperimentati in me stesso et nella mia famiglia».

Quibus habitis, et cetera. Fuit relectum eius dictum, confirmavit et subscripsit, et fuitei datum iuramentum de silentio.

Et io Daniel Romano afermo quanto di sopra.

Reverendus presbiter Nicolaus Andriolicus, curatus Barbeani, ettatis annorum 66incirca et cetera, testis ut ante nominatus, citatus, monitus, iuratus, examinatus etinterrogatus, suo iuramento per ipsum eidem prestito de veritate dicenda dixit.

Interrogatus se sa la causa per la quale è stato chiamato et del presente essame,rispose: «Signor no, non so la causa per la quale son stato // 10r/ chiamato, né meno so perche causa sia fatto il presente essame. Ma si sente a cianciare, ma di scienza io non soniente».

Ei dictum: «Cosa si sente a cianciare?», rispose: «Mi ho sentito il signor Daniel Romanoa dire che vol far essaminar contro detta Marcolina».

Ei dictum chi sii questa donna Marcolina, rispose: «Una Marcolina che quando la vedola conosco, che nel resto non la conosco».

Ei dictum: «Questa Marcolina l'havete voi veduta assai volte?», rispose: «Qualche voltache vengo a Spilimbergo».

Ei dictum che dona sii questa Marcolina, di che conditione et qualità et fama, et sapiadi che intendi signor Daniel Romano contro lei far essaminare, rispose: «Per udito so che èvedova et povera artesana. Della sua fama né sue qualità non vi so dir alcun particolare.

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Quanto poi m'habbi detto signor Daniel Romano, esso m'ha detto che vol far essaminar persuspetto di esser stato stregato da questa Marcolina. Né altro vi so dir».

Ei dictum habetur in processu che voi havete detto che Marcolina meritarebbe esserabbruggiata et per ciò ditte la verità, rispose: «Quando il signor Daniel m'ha detto questeparole: "Quando questa dona fa queste cose meritarebbe esser abbruggiata"».

Ei dictum: «Voi havete deposto che quando questa dona facesse queste cosemeritarebbe esser abbruggiata, anci soggionto che voi li haveresti dato il foco. La giustitia viricerca che cose siano quelle per le quali meriterebbe questa dona il focco et perciò dobbiate// 10v/ con sincerità dar luce, a fine che simili delitti passino con la dovuta pena», rispose:«M'ha detto il signor Romano di esser stato stregato et io risposoli: "Se ciò fa merita essercastigata"».

Ei dictum habetur etiam in processu che voi havete detto che Marcolina Stella hastregata la signora Andriana, moglie di Madonetta, et che anco voi l'havete liberata, rispose:«Io non so d'haver liberata la signora Andriana Madonetta, né meno che sia stata stregata.Potria esser ch'io havessi benedetto un pocco di pan».

Ei dictum si habbi mai ... veduta una croce di carta scritta dall'una et l'altra parte,rispose: «Signor sì».

Ei dictum: «Chi vela mostrata, con che occasione?», rispose: «Mela mostrò il signorDaniel Romano, mentre che un giorno veni a Spilimbergo per far li fatti miei. Et mi disse:"Monsignor, vedeu sta croce?", li risposi: "Sì", et li dissi: "Che croce è questa?", et lui mirispose che andando alla sua braida che l'haveva trovata in terra. Et mi disse che l'havevamostrata al signor piovano di Spilimbergo et al signor dottor Cestarnino, et che il signordottor Cesternin non sapeva cosa voleva dir quelle .... Et io li disse: "Son ... hebraiche elatine", et li dissi queste parole: "Non credo che alcuno vi possa far niente, ché son parole diDio". Et mi disse che voleva portarla a Udene a far veder».

Ei dictum: «Non li dicesti: "Credo che sia una fatturia et che se voi facevi il passo perzoisu era cativo incontro, et credo anco sia buona per diffesa, benché sia superstitione"?»,rispose: «Io li ho detto che non credo // 11r/ che si possi far alcuna cosa di mal, sendoparole di Dio».

Interrogatus se già tre anni attrovandosi in letto il signor Daniel Romano con unasiatica, habbi mandato a casa un suo servitore con un segno d'habito per conoscer se eramaleficiato, rispose: «Non mi ricordo».

Ei dictum habetur in processu che habbi mandato detto servitore con detto segno et,che da voi veduto esso segno, sii stato risposo che detto signor Daniele non era maleficiato,ma ben esso servitore et che voi, vedendolo in fronte, lo conoscessti et che la matinaseguente venisti a Spilimbergo in casa di detto signor Daniele a liberarlo, rispose: «Signor, lecose che mi ricercate non mi ricordo, se mi ricordasse lo direi. Fui a Spilimbergo et fui avisitar il signor Daniel, et il signor Daniel istesso mi disse: "Questo mio famiglio è de mal.Però di grazia vi prego, se si puol aiutarlo, aiutello". Et io li risposi: "Che aiuto vol di me?", etlui sogionse: "Ha paura d'esser stregato". Et io li disse: "A queste cose non bisogna darlifede", et lui mi disse: "Di grazia, benedissili un pocco di pan et un pocco di aqua". Et così,havendo il Ritual in scarsella, li benedii».

Ei dictum: «Ditte la verità, perché in altro modo apparisse a questo Santo Offitio»,rispose: «Quello ho detto, ho detto la verità».

Ei dictum habetur in processu // 11v/ che, havendo il detto signor Daniel Romanomale et volendosi far un serviciale, non fu possibile che dieci giozze potessero entrare etperò, accressendosi il male, mandò tre hore avanti giorno da voi con un segno, et all'horarespondesti: "Sì che adesso è in cative mani", et lo liberasti senza venir a Spilimbergo,rispose: «Di ciò non mi ricordo niente».

Ei dictum: «Guardate bene non voler con la buggia ocultar la verità patente inprocesso», rispose: «Può esser, ma non mi ricordo, che si fosse d'essenza vera, che miricordasse, lo direi».

Interrogatus habetur in processu che conoscete alla vista de segni et della persona lemalie, et che siate anco tenuto huomo di valore di questa professione et che si haveteliberato molti, rispose: «Circa alla materia dei segni alla vista, è il Sacerdotal che li descrive,ma io non son di quella pratica. Circa poi il conoscer le malie per segni ..., non è vero névien detta la verità».

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Ad generalia et relectum confirmavit, subscripsit et iuravit. Et delatum ei fuitiuramentum de silentio det dimissus animo, et cetera.

Ego presbiter Nicolaus Andriolicus affermo ut supra.Actum per me Ioannem Baptistam de Gaiardis a ..., notarium publicum ... anche et

cancellarium in dioecesi Concordiae Sancti Offitii Inquisitionis, anno, domi, mense, die etloco ut supra, et cetera. // 12r/

Die Sabbati 24 septembris 1644.Coram quibus ut ante et in dicto loco.Reverendus presbiter dominus Thomas Fanius, ettatis annorum 35, contestis

nominatus, citatus, iuratus, monitus, examinatus et interrogatus suo iuramento per ipsumsolemniter prestato.

Interrogatus se sa la causa per la quale sii stato chiamato, o se la possi imaginare, etse sa la causa del presente essami, rispose: «Del certo io non so, se non per quanto viendetto che si essamina per stregamenti et per reverendi».

Ei dictum di che stregamenti et da chi fatti si essamini, che habbi inteso, rispose: «Ionon so che stregamenti né da chi fatti».

Dicens: «Ho sentito il signor Daniel Romano a dir che è stato stregato da una donavicina, detta Marcolina Stella, dalla qual ha sospetto et ha detto che monsignor piovano l'haliberato, et che sua moglie haveva mandato senza sua saputa da padre Biasio Galia unacamisa per conoscer il stregamento, dal quale li fu risposto che era stregato. Ma lui non sivolse valer di detto padre Biasio, ché si valse del detto signor piovano. Per questo mi disse».

Ei dictum: «Non havete voi detto, parlando hieri col reverendo curato di Barbeano, diquello che haveva liberata una dona che in cambio di esser stregata era inspiritada?»,rispose: «Signor sì che l'ho detto, che ciò ho sentito a dire a Taureano in casa del signormedico Reggio et ciò già sei mesi in circa in circa».

Interrogatus chi sii questa dona, rispose: «Non so».Interrogatus, rispose: «Ciò sentii mentre si disnava dal signor ... monsignor padre

Iacomo, curato di detto loco. Ma la dona non mi ricordo se la nominassero». // 12v/Ei dictum habetur in processu che voi havete detto che per questo effetto siano questi

reverendissimi qua contro detti reverendi et che vi dispiace di esser essaminato per questacausa, et anco che il reverendo padre Biasio habbia liberato una serva del signor cancelier,rispose: «Signor sì che ho detto che questi reverendissimi sian qui contro il reverendo diBarbeano et padre Biasio et che non vorei esser essaminato contro alcuno. Et anco ho dettoche il reverendo Galia ha liberato una serva del signor cancelliere, quale essa m'ha dettohaverli lui benedetto olio et pane, et rimasta libera».

Interrogato se sa che detti reverendi attendino a questi essercitii, rispose: «Signor sì,ché tutti vano, per quanto pubblicamente vien detto, così dall'uno come dall'altro di loro doia farsi liberare».

Interrogatus an deposita per se deposuit odio aut amore, rispose: «Quello ho deposto,ho deposto per verità et vorei che tutti havessero bene».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit, subscripsit et iuravit. Et ei delatum fuitiuramentum de silentio.

Io pre Thomaso Fannio confermo ut supra.

Messer Antonio del Goio, ettatis annorum 25, testis nominato, citato, giurato, monito,essaminato et interrogato, con suo giuramento ivi solenemente prestato disse.

Interrogato se sa la causa per la quale è stato chiamato et del presente essame,rispose: «Signor, non so perché m'havete fatto chiamar, né meno perché è stato et vienessaminato».

Interrogato se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì, che sono dieci dodeci anniche la conosco et ho anco conosciuto un suo figlio et suo marito et un altro suo figlio mortoalla guerra».

Interrogato cosa havesse nome il marito di questa dona, rispose: «Messer FaustinStella».

Interrogato se sa che mentre // 13r/ messer Faustino, suo marito, fusse moribondo,

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desiderasse vedere Eusebio, suo figlio, et che inmediate gli lo facesse alla sua presenzacomparere, rispose: «Io non so cosa alcuna».

Interrogato di che fama sii questa dona, rispose: «Io l'ho per dona da bene, povera, fa lifatti sui».

Addens: «Sopra la mia botega, che lavoro di caligaro, ho sentito a dire da ZuaneZuccolaro che un servitor dell'illustrissimo signor Alfonso, che ha nome Mattia, era stato afar una romancina a detta Marcolina, perché havevase strigato una figlia del signorillustrissimo signor Alfonso».

Dicens: «Io non so che habbi nome di strega, ma da gente che li vol male essa [ha]questa fama», et hoc et cetera.

Ad generalia dixit: «Son suo parente un pocco da parte di mia moglie».Nesciens scribere fecit signum crucis, †.Relectum confirmavit et iuravit de silentio.

Signor Iacomo Calegariis, ettatis annorum 34, testis nominato, citato, giurato,amonito, essaminato et interrogato, con suo giuramento per lui prestato disse.

Interrogato se sa la causa perché sii stato chiamato et del presente essame, rispose: «Ionon so la causa per la qual son stato chiamato. Dell'essame che si fa, ho inteso a mormorarcosì alla larga».

Ei dictum: «Che si mormora?», rispose: «Che si essamini contra una tal donaMarcolina».

Ei dictum di che cosa si essamini, rispose: «Per quanto ho inteso da dinanzi, siessamina imputation di strega».

Ei dictum: «Sapete voi che questa // 13v/ donna habbi fatti stregamenti o l'haverestivoi udito dir da altri?», rispose: «Io non so di certo, ma la gente mormora».

Ei dictum che qualità di stregamenti si mormori habbi fato et contro di chi, rispose: «Ionon so che qualità di stregamenti habbi fatto, né meno da altri inteso a dire».

Dicens: «Contro il signor Daniel Romano, per bocca di lui, ho inteso sii stato stregatoda questa dona et ho inteso alla larga che è strega, ma particolari altri non vi so dir».

Ei dictum: «Sapete voi che questa Marcolina sii comparsa in casa delli hebrei, senzasaper di che strada venisse?», rispose: «Mi ritrovai per miei interessi, già sei mesi in circa,che io praecise non mi ricordo, in casa de messer Abramo, in tempo che un suo nipote, figliodi messer Moise, era infermo, che mancò di vitta di quella infirmità. Et mi fermai nella cortea piedi della sua scalla, per parlar con detto messer Abram, qual era occupato con altrepersone. Et steti in detta corte per spatio di certo quarti tre d'hora, né niuno in tanto andòdi sopra in casa, perché tutti vedendo che non potevan abbocarsi con messer Abramoritornavano indietro. Et in fin del detto spatio di tempo comparve detta Marcolinaall'improviso, sopra il pozolo che è in cima la scala, che guarda nella corte dove era io. QualMarcolina io conobbi benissimo et disse, come se all'hora all'hora fusse entrata in casa,verso le done delli hebrei: "O là, o là!". Et di certo non era intrata nel tempo che io ivi steti. Ilche vedendo io rimasi stupeffato, come atonito, et mi si riciorno li capelli, massime perchéper la terra si diceva che costei era strega. Et visto ciò // 14r/ uscii di casa senza parlar conmesser Abramo et ritrovai a caso il signor Daniel Romano, al quale conferii questo negotio,qual mi disse non esser cosa nova et che a lui era intervenuto il medesimo».

Ei dictum: «Havete voi suspettato per questo accidente che questa dona sia strega?»,rispose: «Signor sì che in quella volta assolutamente ho suspettato che sia strega».

Ei dictum: «Mentre vi ritrovasti in casa di detti hebrei, eravate solo o puraccompagnato?», rispose: «Era accompagnato, ma non mi ricordo il compagno, ma parmimesser Alberto Abertis Capellaro».

Interrogato se sa che detto puto morisse alli heb[re]i per stregamenti di questa dona etche detti hebrei habbino havuto suspetto che essa l'habbi stregato et fatto morire, rispose:«So che è morto da quell'infirmità, ma non so se dal male o per stregamento».

Dicens: «Un agente di detti hebrei, hebreo, m'ha detto che è morto quel puto perstregamenti, ma non mi ha detto chi l'habbia stregato».

Interrogato an deposita per se deposuerit odio aut amore, rispose: «Quello ho detto, hodetto la verità».

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Ad generalia recte. Relectum confirmavit, iuravit de silentio et subscripsit.Io Giacomo Calligariis affermo quanto detto sopra.

Messer Piero Madonetta, testis nominato, citato, giurato, amonito, essaminato etinterrogato se lui conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì che la conosco».

Ei dictum de che qualità et // 14v/ [fama] sii questa dona, rispose: «È una vedova,povera, che fu moglie di messer Faustin Stella et della sua fama per la terra vien detto chesia una strega».

Ei dictum sapete voi, o ver haveresti inteso, che havesse fatto detta dona alcunstregamento, rispose: «Di certo io non so, ma ho inteso alcuni a lamentarsi».

Ei dictum chi si habbi lamentato, rispose: «Io non so da chi particolarmente, solo daquelli di casa nostra della bona memoria di mio fratello».

Ei dictum cosa sia successo in casa sua o dei suoi fratelli stante questo suspetto,rispose: «Santo del Negro, garzon de mio fratello, sendo amalato, per suspetto che fussestato stregato, detto mio fratello, per saper chi fusse stata la strega, bastonò li habiti di dettoSanto. Quali bastonati, per sentir a dir di quelli di casa, che non mi soviene, detta Marcolinas'amalò, che si getò in letto, che stete per alcuni giorni. Et fu detto che restasse cosìamalata, l'han detto quelli di casa di detto quondam mio fratello, che in casa sua si ritrovavala signora Andriana, moglie di detto mio fratello, Isabetta Beltrame che serviva».

Interrogatus an deposita per se deposuerit odio vel amore, rispose: «Ho deposto laverità».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit, iuravit de silentio et subscripsit, et cetera.Io Piero Madonetta affermo quanto di sopra.

Die dicta de prandio.Actum in dicto loco Spilimberghi in sacristia Sancti Pantaleonis.Coram quibus ut ante. // 15r/Madona Marta Mazzolenis, moglie del signor Antonio, ettatis annorum 26, testis

nominata, citata, giurata, amonita, essaminata et iurata, con suo giuramento disse.Interrogata se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì che la conosco».Dettoli di che qualità sia et di che fama detta Marcolina, rispose: «È povera dona,

artesana, della sua fama non vi saprei dire, perché di lei mai ho sentito a dir cosa alcuna».Interrogata se sa et se sia vero che dalla detta Marcolina sia lei stata stregata con un

ovo, rispose: «Io mi attrovai già sei in sette anni da parto et mi furono portati da diversepersone più ovi, et, perché havevo male, mi fu detto che io ero stata stregata et così mipersuasi. È ben vero che anco detta Marcolina me ne portò, ma io non so. Ma se non miveniva detto così, io non mi persuadevo. Et mio marito perciò andò a Taureano dal prete, cheall'hora era in vitta. Né altro vi so dir».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit et iuravit.

Donna Antonia di Agieronimo Francischin, ettatis annorum 40 in circa, serva delsignor cancelliere di Spilimbergo, testis nominata, citata, giurata, amonita, essaminata etinterrogata se mai è stata amalata, rispose: «Signor sì, che non è un anno che m'amalai».

Ei dictum: «Che sorte di male havevi?», rispose: «Non so perché mi vene certo male, chepareva che li cani mi mangiassero le carni, che non poteva stare».

Interrogata come sii guarita, rispose: «Mi fu dato da bere un pocco d'aqua benedetta dapadre Biasio Galia, con quella guarii, ma non so come. Et detto prete non vol più benediraqua». // 15v/

Interrogata da chi habbi havuto sospetto sopra questo suo male, rispose: «Io nonconosco alcuno in questo loco, sendo solo un anno che son venuta qua, né so chi potessehavermi maliata».

Ei dictum che averti di dir la verità, perché quella che l'ha faturata vene tre volte abater alla porta, mentre veniva liberata, rispose: «Signor, io non so cosa alcuna».

Ad generalia recte et iuravit de de silentio et relectum confirmavit.

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Agnola di Battista ..., ettatis annorum 52, testis in processu nominata, citata, giurata,amonita, essaminata et interrogata, con suo giuramento disse.

Interrogata conoscete voi una giovane sorella di Iacoma, moglie di Bastiano, rispose:«Signor sì».

Ei dictum cosa habbi nome et dove sta, rispose: «Ha nome Maria et sta a Pinzano».Ei dictum: «Sapete voi che Marcolina Stella habbi fatto un strigamento con suoi

capelli?», rispose: «Signor vi dirò, vene questa Maria in casa mia in tempo di note, una serach'io non voleva sottetarla, ma mio marito m'essortò a tenerla sin a meza note, dicendomi adetto tempo si saria partita. Et a meza note vene padre Biasio qua di Spilimbergo et lacondusse via. Et di poi, la matina seguente, ritornò in casa mia, il che presentito da Iacomasudetta, sua sorella, vene con un cortello per darli, ma io li dissi che in casa mia non volevache li dasse et che andassero fuori di casa et che facessero quello che volevano. Et,contrastando fra loro, detta Maria disse a detta Iacoma che non haveva potuto far di meno dinon andar col prete, perché lei diceva che la Marcolina li haveva detto che li dasse certi suicapelli al prete, et così gli li diede, et che perciò non poteva far di meno di non andar con lui,et che dovesse tacere. Et così, doppo criato, si partirno l'una dall'altra».

Interrogata di che fama sia questa Marcolina et se sii avezza far fatturie // 16r/ etstregamenti, rispose: «La conosco per dona honorata et si bene a sua sorella diceva d'haverlidato questi cavelli, lei però li diede da per sé. Né vi so dir altro».

Ad generalia recte et iuravit de silentio.

Signora Cecilia Cenerina, ettatis annorum 50, testis in processu nominata, citata,giurata, amonita, essaminata et interrogata, con suo giuramento disse.

Interrogata se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì».Interrogata di che fama sia tenuta et della sua qualità, rispose: «Io la conosco per

povera et per il passato l'ho tenuta per dona da bene. Ma doppo che è intervenuto male incasa mia non la tengo più in tal concetto».

Ei dictum che male sii successo in casa sua, rispose: «Una mia figlia chiamata Vic...,che era maritata in messer Francesco Beltrame, era gravida già otto mesi in circa. Venuta incasa nostra Marcolina predetta, li diede sette cocole, le quali me le mostrò et mi disse chedetta Marcolina gli le haveva date. Et io gli prohibii che non le mangiasse, perché se ben lateneva in bon concetto, tutta volta per la cativa fama dubitai et et lei mi disse che eragrossa, che li voleva mangiare, et io li dissi: "All'hora mo' mangiatele", et così le mangiò. Etdoppo mangiate restò tutta malinconica né più di bona voglia et perse l'appetito, né piùmangiava secondo l'ordinario né più stete con cera alegra.

Vene poi il tempo del parto. Io per il passato era solita valermi di lei, Marcolina, neimiei servitii. Per questa causa non la volsi chiamar et questa mia figlia stete tre giorni chenon puoté partorir, et questa Marcolina diceva // 16v/ che haveva un cordone, che se lifusse stato ligato alla cossia haverebbe partorito. Et io, per desiderio che partorisse, mandaia pigliar detto cordone et gli lo feci ligar alla cossia, qual era di seda con un fiochetto rosso.Né per ciò partorì con detto cordone, ma partorì per l'aiuto di Dio, che fece una puta, qual incapo di tre giorni morse. Et nel giorno che detta creatura morì, detta mia figlia era di bonavoglia.

Et vene la detta Marcolina da niuno chiamata et portò a detta mia figlia tre pomi, qualidiede in mano a me et io gli li getai in leto a detta mia figlia et li dissi: "Ve' che presente daletovana ti ha portato Marcolina, ma non li mangiar!", et poi uscii di casa a compagnar lacreatura alla sepoltura. Et detta mia figlia in questo mentre mangiò un pomo et io poi,ritornata a casa, li dissi dove eran li pomi, lei mi rispose haverne mangiato uno et iosogionsi: "Ti ho pur detto che non li mangiassi!", et lei mi disse: "È pezo madonna madre chedetta Marcolina mi ha basato, che mi son sentita tutta a contaminare, perché non haveva lemie cose sante a dosso, ché se le havessi havute non haveria hauta paura". Viense poi iltempo di cenare, io le portai la sua cena ordinaria secondo si porta alle letovane et all'horaessa mi rispose che dovessi portar il tutto indietro, ché non voleva mangiare né volsemangiar cosa alcuna. Né mangiò più, né soppe né capone, ma solo panata gratata, ovifreschi et qualche calisone. Et io otto giorni doppo la pregai a dover mangiare, dicendoli: "Semi vorai bene, mangierai", et essa mi disse che li portassi da magnar. Et così si sforzò a

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mangiar un pocco di soppa et subito li vene in bastio et vomitò et mi disse: "Vedete madonnamadre, che non mi credete, se mi farete magnar, morirò". Et io // 17r/ che per l'avanti nonhaveva pensato cosa alcuna, m'imaginai fusse stregata. Onde mandai a Barbeano con unasua cordella da testa, che suo marito la portò. Et il prete, veduta detta cordella, respose cheera stata stregata a morte et che non se poteva far altro et che altri che Dio la poteva aiutar.Né altro vi so dir in questo fatto».

Interrogata se sa che questa Marcolina habbi comissi altri stregamenti, rispose: «Perpublica voce se dice ne habbi comessi molti».

Interrogata seu in ... dolo, metu, amore, odio deposuerit per se deposita, rispose:«Quello ho deposto, ho deposta la verità».

Interrogata, rispose: «Mai più detta mia figlia levò di letto, ma morse in capo quatromesi», et cetera.

Ad generalia recte. Relectum confirmavit et iuravit veritatem dixisse et de silentio.

La signora Rosana Romana, ettatis annorum 27, testis nominata, citata, giurata,amonita, essaminata et interrogata, con suo giuramento disse.

Dettoli se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì che la conosco».Dettoli di che qualità et fama sia costei, rispose: «Costei è dona povera et io ho udito

dire sia strega».Ei dictum da chi habbi udito dire, rispose: «Da Iacoma, già serva della signora Claudia

Romana, mia cognata, hora maritata, ma non mi soviene il nome de cognome di suo marito».Addens: «Ha nome Bastiano».Ei dictum: «Che stregamenti vien detto habbi fatto costei?», rispose: «Che habbi

stregato Maria, sua sorella».Ei dictum: «Che sorte di stregamento?», rispose: «Fu detto li havesse tolto alcuni capelli

et li havesse dati a padre Biasio qui di Spilimbergo, et che mediante quelli lui havessehavuta detta Maria».

Interrogata se altri stregamenti habbi // 17v/ detta dona Marcolina fatto, rispose: «Ioso che il signor Daniel, mio cognato, et la signora Claudia, sua consorte, si lamentanod'esser stati stregati».

Interrogata et detto è vero che Marcolina predetta voleva che facesti un circolo conparole, che facendolo entravi nella scolla diabolica, rispose: «Signor, vi dirò, con occasioneche Domitila Carlesca haveva perso non so che, essa vene in casa nostra in tempo di note, etmi disse che voleva che metesse una ingistera d'aqua et che impiciasse doi candelle et chedicessi io : "Angelo bianco, angelo negro, sappimi dire chi ha tolto questa cosa"; et cosìdentro l'ingistera si vedrà chi haverà rubato la detta robba, dicendomi: "Bisogna esserdongella, ma però non importa, che li farò fare comparer chi ha rubato detta robba"».

Interrogata a quanto tempo sii che ciò sii seguito, rispose: «Circa anni sette et più tostopiù».

Interrogata chi era presente, rispose: «Era lei sola et io sola».Dicens: «Io non volsi ciò fare, dicendoli: "Si fusse di giorno lo farei", ma di note hebbi

paura».Interrogata se volesse detta Marcolina persuaderla a far un circolo, rispose: «No».Ei dictum se li dicesse che a farlo entrarebbe nella scola diabolica, rispose: «Signor no».Ei dictum se sa altri mancamenti di detta Marcolina o se li sia successo altro con essa,

rispose: «Già un mese e mezo in circa io andavo a molino et quando fui per mezo la casa dilei, essa era sopra la sua porta, io la salutai et lei mi fece certa ciera scura. Et quando fui nelmolino mi sentii male et mandai da padre Biasio prima il cordone, col quale rispose che nonpoteva conoscer, et poi li mandai la mia pezza da stomaco, così da lui ricercata, onde mirispose che era stata stregata et mi liberò solo haver veduta // 18r/ detta pezza, qual ritene.Né mai me l'ha rimandata».

Dettoli per chi la mandasse, rispose: «Per la signora Claudia, mia cognata, et lei laconsignò a Caterina, moglie del Goi».

Interrogata, rispose: «Io non so altro in questo proposito».Ad generalia recte. Dicens nec odio nec amore deposuisse, sed veritatem dixisse. Et

iuravit de silentio et relectum confirmavit.

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Lorenzo Varente detto Cargnello, ettatis annorum 43, testis nominato, citato, giurato,amonito, essaminato et interrogato, con suo giuramento.

Interrogato se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì».Dettoli di che qualità et fama sia costei, rispose: «È povera et dalla gente di

Spilimbergo vien detto sia strega, ma io di scienza non so».Dettoli se sa che habbi comesso alcun stregamento, rispose: «Di certo non so, se non

per udito d'altri ..., dalli Madonetta, dal signor Daniel Romano et da altri».Interrogato se sa che da detta Marcolina sia stato fatturato il quondam Santo del

Negro, rispose: «Signor, fu detto di sì per cosa certa in casa del Madonetta che dettaMarcolina l'haveva fatturato».

Ei dictum: «Sapete voi che dal Madoneta fossero batuti li habiti di detto Santo et cheper tal causa restasse machiata la vitta a detta Marcolina, dal che si vene in cognitione chelei haveva comesso il mancamento?», rispose: «All'hora ciò fu detto che dal Madonetta ciòfosse fatto et che si vene in cognitione che detta dona haveva comesso il delitto».

Interrogato da chi ciò fusse detto, rispose: «In casa del Madonetta, da loro di casa».Interrogato de tempore, rispose: «Ciò può esser che sii seguito circa sei anni».Interrogato se sa altri mancamenti di detta Marcolina, // 18v/ rispose: «Signor, anco

già quatro anni in circa s'amalò la moglie del quondam messer Lorenzo Madonetta et fususpetato fusse stata stregata da detta Marcolina. Onde all'hora fu a Barbeano io et dettomesser Lorenzo, suo marito, dal prete, che non mi ricordo cosa li portassimo per segno, chefu portato non so che, perché lui ci rispose che era stata stregata et ci benedite aqua et unpane in tre pezzi et oglio et una zucca di vino da dar a detta inferma. Et subito zonti a casadetto messer Lorenzo et io batessimo li habiti di detta madonna Andriana, perché dicevanche bastonandosi detti habiti saria stata bastonata la strega et così conosciuta. Né altro viso dir in questo proposito, †».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit et iuravit de silentio et deposita per sedeposuisse non in metu, dolo, odio vel amore, sed veritatem deposuisse et nesciens scriberefecit signum crucis.

Il messero signor Giovanni Vittor Honesti, cancelliere di Spilimbergo, testis nominato,citato, giurato, amonito, essaminato et interrogato, con suo giuramento ut infra deposuit.

Interrogato se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì che la conosco».Dettoli di che qualità et fama sii costei, rispose: «Questa è una povera dona, vedova, ha

un figlio d'anni 16 in 18 et una figlia, ma l'ha posta a servir fuori, credo per guadagnarsi ilvetto et vestito. Quanto poi alla sua fama, essendo io sempre occupato nell'essercitio dellamia cancelleria, non ho tempo d'inquirir l'altrui fama. Ben è vero che ho sentito il signorDaniel Romano a dir pocco ben di essa dona. Non so poi se egli ciò asserisca con qualchefondamento».

Ei dictum che sorte a pocco bene di detta dona dica detto signor Romano, rispose:«Egli diceva che un giorno, non mi specificò il punto fisso, ei sentite essa dona // 19r/Marcolina che, stando sopra una delle sue fenestre, disse tali o simili parole: "Il Diavolopossa venir in casa di Daniel Romano!", tre volte. Doppo che, mi ha riferto haver sentitonella sua corte inmediate un gran strepito di vento, che la signora sua consorte tolse nellemani un Christo et segnò il tempo, né successe altro. Del resto delle sue conditioni non visaprei dir, se non tanto quanto che l'ho praticata venendo in cancelleria, che haveva una litecon lui».

Subdens: «Ho inteso anco un altro particolare, né ben mi raccordo se dal dettoRomano o da altri, per esser ciò seguito alcuni mesi sono. Et è che essa dona Marcolinas'haveva essibito risanar Benetto, figlio di messer Moese de sacerdoti, hebreo, amalatod'itroproisia, per quanto fu detto, con la conditione et patto che li fussero restituiti alcunipegni et esborsati danari per la suma in tutto de ducati cinquanta. Ma il quondam messerAbram non assentì».

Ei dictum: «Sapete voi che la vostra serva habbi detto che il reverendo padre Biasiol'habbi liberata da una fatturia fattali da detta Marcolina?», rispose: «Signor no, ... ben vero

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che l'haveva mandato a chiamar doi volte con pensiero di esser fatturata, che non volsevenir, che li mandò un pocco d'aqua benedetta».

Ei dictum: «Sapete voi, signor, che detta serva habbi detto che detta Marcolina sii stataa bater alla porta della vostra casa tre volte, mentre era, come vien detto, fatturata et che sivoleva liberare?», rispose: «Di ciò non so niente. Quanto che so è questo: d'haver sentita //19v/ una matina molto per tempo, mentre ero in camera, il giorno praecise non mi raccordo,essa dona Marcolina a bater alla mia porta doi volte, se non erro una pocco doppo l'altra.Non so dirvi mo', se fu ciò nel nel tempo che la mia serva hebbe l'aqua benedetta dalreverendo padre Biasio, o ver doppo. Può esser però che fusse venuta per sanar qualchescrittura di cancelleria, havendo lite». Et haec et cetera.

Ad generalia recte. Relectum confirmavit, iuravit de silentio, et cetera.Io Vitor Honesti, notarius et cancellarius sic ... atestatis est.

Signor Giuliano Cleian, ciruico in Spilimbergo, testis nominato, citato, giurato,amonito, essaminato et interrogato se sa che li hebrei di questo loco non havessero altro cheun maschio, senza altra speranza in ettà di maritarsi, et perché Marcolina Stella non havevaottenuto tutto quello li havevan li hebrei promesso, l'habbi fatto morire, rispose: «Signor, vidirò, io son stato a medicare nella sua infirmità messer Benetto, figlio di messer Moise,fratello di messer Abran, de sacerdoti hebrei, che stavan in questo loco. Qual messerBenetto era d'infermità incurabile di itropisia amalato et le done di detti hebrei dicevano chehavevan suspetto che questa dona Marcolina l'havesse stregato. Et poi sentii, per la terra sidiceva, che questa Marcolina Stella haveva detto che voleva farli un uncione, che sariaguarito, et che per ciò il volgo diceva che li hebrei li haverian dato pegni et altre cose. Néaltro vi so dir in questo proposito».

Interrogato se sappi la fama di costei, rispose: «Vien detto sia strega, ma io non so».Ad generalia recte. Relectum confirmavit, iuravit de silentio et veritatem dixisse.Et io Giuliano Cleian afermo come di sopra. // 20r/Idem qui supra Ioannes Baptista a Volta, notarius.

Die domenico 25 septembri 1644.Actum in sacristia ut ante, coram quibus ut ante.La signora Claudia Romana, testis in processo nominata, citata, giurata, amonita,

essaminata et interrogata se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor, io la conosco».Ei dictum di che qualità et fama sia costei, rispose: «Costei è vedova, povera et la sua

fama è d'esser strega».Interrogata, rispose: «Lei ha due figli: un maschio, qual è in casa sua, et una puta,

qual è a servire in casa del signor conte di Cavasso».Ei dictum: «Sapete voi che questa habbi comesso alcun stregamento?», rispose: «Io son

stata undeci mesi amaliata, perciò che non potevo mangiare et se mangiavo, haveva dallaparte destra nel petto et nella gola come una fiama di focco, che m'abruggiava et mi duravasin tanto che vomitavo il cibo. Et stavo come morta, senza parlare, et si parlavo pareva chela lingua mi s'abrugiasse».

Ei dictum quanto tempo sii che ciò li sia avenuto, rispose: «Deve esser dui anni etmezo».

Ei dictum come si sia curata da detto male et per mezo di chi, rispose: «Il signorpiovano m'ha diliberato doi volte, che vene lì de casa et mi signò, mi benedì. Ma poi di lì aotto dieci giorni mi tornava il male, che poi il prete di Barbeano vene in casa et mi signò, mibenedì et benedì oglio, pane, aqua et vino et andò alla fenestra verso la casa di dettaMarcolina et disse: "Adesso sa cosa diciamo". Un'altra volta io trovai questo prete et li dissiche costei mi guardava con una guarda dura, bruta, onde lo pregai mi volesse // 20v/ darqualche cosa a fin che non restasse offesa da lei, onde lui mi disse che io, incontrandola,non la guardassi, come ho fatto. Né più son stata offesa per all'hora, ma doppo tornatomi ilmale, io non credevo esser più maliata, ma vene una dona a tirrar seda et mi disse chedovesse vedere, ché ero maliata. Et così chiamai il reverendo padre Biasio, mediante unadona che li mandai a casa, qual mi fece mandarli il tovagliolo da stomaco, qual abrugiò et mi

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fece intender dovessi star riservata, sin che lui mi liberava da questa tal dona».Ei dictum quanto tempo stasse così riservata, rispose: «Steti circa vinti giorni».Addens: «Dappo andai sopra la porta dilla mia casa, per dar un mazzo di filo a una

cognata di detta Stella, et subito vedendomi essa Marcolina m'entrò tanto mal a dosso chenon parlai più sin l'alba del giorno».

Ei dictum: «Adunque voi sospettate che costei v'habbi offesa et maliata?», rispose:«Signor sì».

Ei dictum: «Sapete voi cosa costei adopri in far stregamenti o l'haveresti udito dire?»,rispose: «Io non so con che faci stregamenti, ma col guardar ho sentita che m'ha offesa».

Addens: «È venuta anco in casa mia, essendo le porte serate, come credo havessideposto il signor Daniel, mio marito».

Subdens ex se: «Mi fu insegnato quando la vedevo mi facessi il segno della crroce infreta, come lo faceva più volte, che niuno si poteva accorgere. Tutta volta, vedendomi,diceva: "Si fa il segno della croce acciò il Diavolo non la porti"».

Ei dictum: «Sapete altro?», // 21r/ [rispose]: «Signor, vi dirò, fu dona Dorotea Bordonache, avertendomi come vi ho detto di sopra, mi disse che ancor a essa è intervenuto che,havendo trattato certo negotio con detta Marcolina, li diede una fetta di pane a lei et a suomarito, qual mangiorno, et subito li entrò male a dosso a tutti doi».

Addens: «Un mio putino di mesi sette in circa in doi giorni si distrusse talmente chenon li restò carne a dosso, in modo che se io non lo faceva signar dal signor piovano mimoriva».

Ei dictum: «Come suspetate voi che in tutti questi accidenti sinistri occorsivi sia leistata l'offenditrice?», rispose: «Signor sì che tengo che lei sia stata, perché casa sua è vicinaa casa nostra, in modo che è come in casa nostra propria, sendo che stando in casa sua daper tutto ci vede. Et con noi ha lite per causa di detta casa, che perciò stimiamo ci vogliamale. Et sono circa doi anni che siamo in contesa».

Interrogata se nelle sue infermità sia passata per mano de medici dal principio sin alfine, rispose: «Signor sì che si ha adoprato medici, quello qui di Spilimbergo, quello di SanVido, quel di San Daniel, a Udene et sino a Padova, dal Sala, con spesa di più de lire 1623...di medicine, cavar sangue et altro. Et niun remedio mi giovava, anci mi pareva star peggio».

Interrogata hora come si senta, rispose: «Mi sento bene hora».Ei // 21v/ dictum da quanto tempo in qua sii sana, rispose: «Da circa otto mesi sono

che non mi sento male».Ad generalia recte.Dicens deposita per se deposuisse veritatem: «Né haver deposto cosa alcuna per alcun

interesse, ma non li poter voler bene per il male che iudico m'habbi causato».Et ei delatum fuit iuramentum de silentio et relecta confirmavit et fecit signum crucis,

†.

Iacoma di Bastian di Zulian di Pinzan, testis in processu nominata, citata, giurata,amonita, essaminata et interrogata, con suo giuramento disse.

Interrogata se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor, la conosco per dona di malavitta, che poteva far morire».

Ei dictum: «Come di mala vitta et come vi poteva far morire?», rispose: «Avanti che iomi maritassi, che stava in casa del signor Daniel Romano, mi stregò, che mi fece amalar amorte, che io non potevo né dormire né ripossar in alcun loco. Che sempre ha voluto male aquella casa, che credo per tal caus[a] facesse morir le persone».

Ei dictum quanto tempo sii di questo successo, rispose: «Sono anni sei in circa».Interrogata se li sia successo altro in casa di detto signor Romano, rispose: «Signor, vi

dirò, ho una sorella, che pareva li havesse preso benevolenza, qual ha nome Maria. QuestaMarcolina ordinò a detta Maria che tolesse capelli delli sui et che li ponesse nel sechialdell'aqua santa, ma che prima votasse l'aqua santa, se ve ne era, et poi dasse essi capelli adetta Marcolina. Quali capelli doppo restituiti da detta Marcolina, subito fu necessitata dettaMaria andar in casa d'un prete qui in Spilimbergo, detto padre Biasio Galia, in casa delquale è stata et sempre s'attrova come sua concubina, col quale ha havuto parmi // 22r/ trecreature, et che una di esse sia morta et una credo sia stata menata via et l'altra, che è la

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prima, vive et è in casa di detto padre Blasio».Interrogata dove stii, rispose: «Hora sta a Pinzano et ogni buono zorno vien in casa di

detto prete».Interrogata cosa altro li sia sucesso per causa di detta Marcolina, rispose: «Il corrente

mese havendo la consorte del signor Romano una serva, li comandò che vendimiasse non soche uva in confin di detta Marcolina, qual, temendo di lei, non volse. Io mo', che vo allalibera, ordinatomi da detta signora, la vendemai. Et dappo vendemiata mi vene male, inmodo che persi il mangiare et ero devenuta ...olida, che non dormivo né facevo cosa alcuna,né meno andavo a messa né facevo alcuna devotione, perché non potevo. Dove chevedendomi, la padrona mi disse: "Po' mangia, po' dormi", onde li risposi che non poteva némangiar né dormir, né far alcuna cosa. Lei sogionse: "Po', mi duole di te", et così andai damonsignor piovano, qual mi benedite et bendite un pane, una presuzza di vino, un poccod'oglio et dappo guarii et mangiai».

Interrogata se li sia sucesso altro per causa di costei, rispose: «Signor, vi dirò, andandoa messa, che ero con madonna Caterina, moglie de messer Zuliano Barbiero, passò questaMarcolina, né salutò né lei né me et io mi // 22v/ lamentai con detta madonna Catherina,di quello che Marcolina predetta non haveva salutato né essa né me. Et lei mi disse, et lei mirispose, che l'haveva imputata d'haver stregato una sua sorella et che li haveva risposto dino, ma che ha un figlio al quale li haveva fatto der un'oratione, con la quale li faceva fartutto quello che voleva, che io non so che oratione sia questa».

Interrogata se mai habbi criato con detta Marcolina, rispose: «Signor no. Disse beneche mi voleva riprendere, ma mai li è dato l'animo».

Interrogata se li voglia male a detta Marcolina, rispose: «Per li zorni sinistri che mi hausato, io l'haverei amaciata».

Interrogata se sa altro in questo proposito, rispose: «Signor no».Ad generalia recte. Relectum confirmavit et iuravit de de silentio et veritatem

deposuisse veritatem, nec odio aut amore deposuisse.

L'eccellentissimo signor Agripa Cesternino, testis nominato, citato, giurato, amonito,essaminato et interrogato se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì».

Ei dictum de che qualità et fama sia costei, rispose: «La sua qualità è povera, la suafama non è troppo buona, per sentir a dire».

Ei dictum cosa di mala fama habbi sentito di lei, rispose: «Venendoli adossata che siastrega».

Ei dictum: «Sapete voi che habbi fatto alcun stregamento contro alcuno?», rispose:«Non so cosa alcuna, ma quello ho detto ho inteso da diversi, in particolar dal signor DanielRomano, che si lamenta assai».

Ei dictum: «Detto signor Romano ha egli a far cosa alcuna con detta Marcolina?»,rispose: «Signor, ha secco un pucca di lite per causa di una certa casetta, che essa possedein Spilimbergo vicino all'habitatione di detto signor Romano, et per causa di una dote deducati cento, che lei pretende da esso».

Interrogato di che detto signor Romano si sii lamentato di detta dona, rispose: «Si //23r/ si duole di molte cose, che se vol viaggiare non puole, se scrive li venghino portate viale letere, che si sia amalato lui et sua consorte, et altri negotii».

Ei dictum: «Sapete voi che si sia doluto che li avocati che diffendono le sue ragionisiano rimasti, nel tempo che han voluto trattar quelle, ottusi in modo tale che, se benhavevan le scritture in mano avanti il giudice, non sapevan introdure le sue attioni, et checiò sia vero?», rispose: «Io ho sentito dire dal detto signor Romano».

Ei dictum: «L'havete voi diffeso et ciò vi è avenuto?», rispose: «Signor, l'ho diffeso et neltrattar la causa contro detta Marcolina non mai è successo cosa alcuna. È ben vero che di lìa quatro cinque giorni che habbi trattato la causa, mi vene certo accidente in casa,smontando dalle scale, che non veniva il fiato, onde mi convene ritornar di sopra etfermarmi. Qual per spacio di otto giorni steti in questo stato, che mi pareva esser statobastonato. Et poi feci ricorso a monsignor piovano che mi benedisse et mi disse certeorationi sante et con quelle mi liberai, et mi benedisse anco il vino et un pocco d'olio. Io,havendo trattato la causa contro costei et havendo lei questa cativa fama, dubitai, ben che

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non presti credenza, che essa mi havesse stregato».Interrogato se sapesse altro in questo proposito, rispose: «Signor no», et cetera.Ad generalia recte. Relectum confirmavit et iuravit de silentio et veritatem dixisse, nec

odio aut amore quicquam deposuisse.Addens: «È ben vero che il signor Romano è mio parente, // 23v/ ma ho detto la

verità».Agrippa Cisternino confirmo come di sopra et cetera.

Messer Martio Oliva di Spilimbergo, ettatis annorum 20, servitore dell'illustrissimosignor Alfonso Spilembergo, testis in processo nominato, citato, giurato, amonito,essaminato et interrogato, con suo giuramento disse.

Interrogato se conosse Marcolina Stella, rispose: «Signor, la conosco per vista».Ei dictum: «Sapete le sue qualità et sua fama?», rispose: «È di buon parenta' di questo

loco di Spilimbergo et è di buona fama».Ei dictum: «Sapete voi che si vociferi in questa terra che costei sia strega?», rispose:

«Signor, mi non so niente».Ei dictum se mai habbi havuto a far cosa alcuna con essa, se l'habbi represa per haver

stregata una figlia dell'illustrissimo signor suo padrone, rispose: «Signor no».Ei dictum habetur in processo che voi l'havete represa questa dona Marcolina d'haver

stregata l'illustrissima signora Lugretia, figlia dell'illustrissimo signor Alfonso, vostropadrone, et che doppo fatta detta reprensione sia guarita, onde dite la verità, rispose: «Non èvero niente, son bagatelle che si cavan di testa».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit. Iuravit de silentio et veritatem dixisse, necodio vel amore quicquam deposuisse et fecit signum crucis scribere nesciens, †.

Actum Spilimberghi in domo infrascriptae ....Coram reverendissimo patre inquisitore et eius admodum reverendo domino vicario

iustis de causis, et cetera.La magistra signora Aauritia Patavina, ettatis annorum 30, testis nominata, giurata,

essaminata et interrogata se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì che la conosco».Ei dictum: «Sapete di che qualità et fama sia costei?», rispose: «Questa è dona di bassa

conditione, della sua fama è tenuta in concetto di strega et anco che comette eccessi difurberie».

Ei dictum: «Sapete voi che costei habbi fatto alcun stregamento o furberia?», // 24r/rispose: «Di haver veduto non ho veduto cosa alcuna, ma di bocca di lei si sa che ne ha fattemolte et io il provo in casa mia».

Dettoli cosa habbi fatto in casa sua, rispose: «Signor, la prima fu che essendo un padrede una mia serva, che haveva in casa venuto in Spilimbergo con porci a vender, mi ricercòdoveri la note sotetare in casa. Io per l'amor che portavo a detta sua figlia, mia serva, micontentai et dissi: "Di questi porci ne voglio doi per uso di casa mia, a mia ellettione, per limiei danari", et così feci ellettione di due di loro. Vene detta Marcolina per torne uno etvoleva che io li renuncinasi uno di quelli che haveva tolto. Io gli risposi che non era cosa didimandare, né gli lo volsi dare. Lei, ciò sentito, disse: "Non me lo vol dare? Non li farano maibene detti porci!". Io, non suadendomi alcun male, li dissi: "Moia, moia!". De lì a pochigiorni, a ben che li facessi governare, uno di essi vene sopra la scalla et si copò. Et l'altro dirosso divene bianco et il mangiar che mangiava non li faceva alcun effetto et divene rabioso,occideva il polame, morsicava li cristiani. Né di quello cavai cosa alcuna, perché mai crebbe,sempre steto nel stato che si trovava, tutto che l'havessi tenuto circa mesi tre».

Interrogata se altro li è successo, rispose: «Io essendo gravida et ciò già anni undeci fa,detta Marcolina mi praticava per casa et faceva il mestiere di ostitrice, onde mi ricercò sevolevo che mi levasse dal parto. Io, che della cosa dei porci non havevo fatto alcun pensierodi mall'affetto né di stregamenti, mi contentai. Et così vene al tempo che partorii et partoriiun maschio. Costei dappo mi ricercò se volevo che essa trovasse chi lo latasse, io li dissi dino et che si contentase d'havermi levata dal parto et di esser pagata. Et, per senza suasaputa, diedi detto mio figlio a latare alla moglie di messer Simon del Negro, di questo loco.Et costei un giorno andò alla casa di detto messer Simon et, ritrovato questo mio figliolino,

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disse verso la consorte di detto messer Simon: "Po', videte che bel figlio è questo, o carro!", loprese in braccio et lo baciò più volte. // 24v/ Et di lì a pocco, la medesima sera che era digiovedì, il putino s'amalò in modo tale che, non volendo più tettare, divene in tre giorni comeuna statua, secco, magro, haveva una guardatura che faceva paura. Et poi ciò vedendo dettaconsorte di detto messer Simon mi mandò a chiamare, con dirmi se volevo veder il figliolinoche dovessi andar là, altrimente che sarebbe morto. Io, ciò sentendo, andai et lo ritrovai inquesto stato et dissi: "Come, questo figlio era tanto bello et è devenuto a questo modo, chil'ha toccato?". Mi fu risposo: "Niuno". Et anco mecco era madonna Ursola Donata et dissi:"Mo' come, bisogna ben che alcuno l'habbi toccato". Onde, sospettando di qualchestrigamento, ricorsi da madonna Anna Muschiara6, che di streghe haveva cognitione, comeessa diceva, che hora è morta. Le feci veder il putino, mi rispose che era stato stregato et chenon poteva esser che Marcolina. Dicendoli verso detta consorte di detto messer Simon: "Èstata forsi qua Marcolina?", li fu risposo de sì et lei sogionse: "Non è stato altri che dettaMarcolina che l'ha stregato!". Et ciò udito mandai a chiamar il signor piovano, qual lobenedisse et lo unse con olio benedetto, che guarì, ma però mai non caminò, ché restò privodi meza la vitta et poi li vene la varola doi mesi doppo et morì».

Dettoli: «Di che ettà era detta creatura?», rispose: «D'un anno in circa».Dettoli quanto tempo sii che ciò le sia successo, rispose: «Già dieci anni in circa».Dettoli se altro li sia successo con detta Marcolina che sappia, rispose: «Signor, già

anni cinque in circa diveni gravida d'una puta et pure, non mi volendo dar a credere chedetta Marcolina fuose strega, mi indussi di novo lassarla praticar per casa mia, dicendoli:"Signora Marcolina, se ben detta Ana Muschiara m'ha detto esser stato stregato da voi il miofiglio morto, ad ogni modo non voglio credere et mi suado che Iddio me l'habbi levato. Vedetemo' per l'avenir, se volete praticar in casa, di non cometter alcun mancamento". Costeiall'hora cominciò a giurare di non l'haver mai stregato et io li dissi: "Pur la Muschiara mel'ha detto che l'haveva baciato". Lei giurò di no con spergiuri // 25r/ et poi sogionse: "Potriaesser che io l'havessi toccato, ma non li ho fatto cosa alcuna". Io continuai la pratica et veneil tempo del parto. Costei s'offerse di levarmi dal parto, mi contentai. Partorii la creatura et,dappo partorita, nel mese che naque, mi disse: "Signora fatte quello che volete, che menonotrirete questa creatura!". Io li risposi: "Per che causa, come lo sapete?", [Marcolina:] "Io stoa aspettare che faciate di questa come del puto!". Io: "Non so come ciò sapete", lei mi rispose:"Orsù, basta giocarci il colo, che me lo lassarei tagliare, che non la notrirete!". La creaturas'amalò et visse in malitia anni quatro, nella qual infermità diventò come rabbiosa, sisgruffava le carni dalla facia con li piedi, uno con l'altro, et restò come una statua etmangiava molto, né nulla li giovava. Et mandai dal signor piovano, qual la benedisse, chel'aitò quatro o cinque volte. Et poi mandai dal prete di Barbeano, qual vene in casa mia et midisse, veduta, che dubitava fusse inspiritata, perché haveva veduta una simile a Barbana,dicendomi esser inspiritata per li stregamenti, perché un giorno per davanti io disfeci uncussino et benché monsignor piovano m'havesse detto che li mandassi li stregamenti io,quelli veduti, getai in parte di quelli sopra il focco, che vi era capelli, lana, filo, fiochi, piuma,tessiuta, striche de pani diversi, code fatte longhe non so di che, quali essendo sopra il foccoschiopavano et si emfiavano et cisavano, che si metessimo in paura io et la serva et li puti dicasa. Et alla creatura ogni qual volta in cappo dui anni li veniva un segno negro sopra laguantia et sopra la lingua, et in cappo d'anni quatro con tormenti et stridori morse. Et mortachiamai detta Marcolina et li disse: "Le parole che mi havete dette son vere, la puta è morta.L'ho però fatta aitare dal signor piovano che non è morta di stregamenti ma dall' // 25v/accidente, per non dar credito al suo detto". Lei rispose: "Ma se è ben è morta dall'accidente,le streghe possono far apparer in quello vogliono!".

Poi sepelissimo la puta, che [era] il mese di marzo del 1643. Et, dappo sepelita la puta,chiamai detta Marcolina qui di casa et le dissi: "Io non vi privato di casa, né vi privo. Voiandate dicendo che vi habbi levata fama di strega e non è vero che v'habbi difamata. È benvero quello che ho detto di voi: ho detto quel tanto che voi stessa m'havete detto et che hointeso da altri!".

Dicendoli: "Non sapete voi che donna Catherina, moglie di messer Francischin

6 «Muschiara» era il soprannome di Anna Sguma (il fatto qui riferito risale al 1633), che nel 1625 venne accusata diaver perpetrato dei malefici e per tale motivo imputata di stregoneria: Ivi, b. 24, fasc. 830, cit.

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Saciletta, dovendo partorire et che per non havervi chiamata a levarla da parte, secondo chevi haveva promesso, l'andasti a trovare et la toccasti. Et dappo toccato non volse più che suomarito entrasse in casa, che andava da smania con cigoli, scanciandolo da sé?". Lei mi negò,dicendomi chi mi l'haveva detto, io li dissi: "Lugretia Beltrame, hora sta a Fana".

Io li feci una romancina in questo proposito, sogiungendoli: "Havete fatto unstregamento in casa di Lorenzo Madonetta ad un suo garzone, et hano detto che hanobatuto li pani et voi perciò siate stata tre mesi amalata et macata la vitta!", essa mi risposeche non era vero. Io gli dissi: "È un libro di Sant'Antonio di Padova, che sono tanti miracoli,se non potete far di meno di far stregamenti, fatte a nota lì e avanti la Madonna delCarmine!". Di voltò giurando che di strigarie non sapeva cosa alcuna, ma chi l'incolpavas'haveria veduto vendeta, sì come sino hora tanti se l'han veduta.

Come anco // 26r/ disse haversi veduta deendeta del signor Daniel Romano che, perhaverla guardata con ciera oscura, cascò di cavallo, che si poteva amaciare: "Havendo ioprigato alla messa la Madonna Santissima, che Dio lo pagasse conformi che lui mi havevaguardato!".

Come anco li è avenuto al signor Romano Romano, suo fratello, che havendoli dettoche era strega et dato un pataffo a sua a matregna, perché mi difendeva, fu amaciato di là apocco. Fu amaciato et ciò fu già anni tre in circa. [Aggiunse Marcolina:] "Così volendoinferire di me se dano fide che fusse strega", et sogionse che se sarano done, se son grossenon partoriranno, et [se] son homini, veran amaciati tutti quelli che la tengano per strega.

Et il mese di maggio 1643, sendo gravida, andando la mia serva per aqua, vide la figliadi detta Marcolina, la quale disse a detta mia serva: "La signora Auritia tiene per stregafranca mia madre? Non verà troppo che si vedaremo vendetta!". Venuta a casa, la serva miracontò questa cosa et io li risposi: "Costei hala detto sopra di me questa cosa?". Etm'incominciai a tribulare et dissi a questi di casa: "Tenete a mente, che se m'intraviene cosaalcuna bisogna che costei sia una strega!". Stando così che veni sin li 7 mesi et un giornovene Marcolina a casa mia, ricercandomi che la favorisci a farli haver una casa, come ineffetto lo feci. Et stando io sopra la fenestra et lei da basso, detta Marcolina mi disse: "Po',signora, havete una bona ciera!", io li risposi: "Sia lodato Iddio, mi sento bene", et poi sipartì. Da lì a pocco mi vene un mal gaiardo, che mi sentivo a mancar, mi pareva haver unapietra nel stomaco et al fianco una fiama di focco et una corda che mi cingesse una spada alcorpo, non potevo // 26v/ parlare né stranutare. Mi durò così doi giorni, che io credevomorir. Né mi manifestai con alcuno, se non con la serva di casa. Ultimo loco lei vedendomicosì, disse: "Alla fé signora, che voglio andar da monsignor piovano". Io, ciò sentendo, li dissimai: "Va'". Et monsignor piovano, veduta detta mia serva con la mia pezza di stomaco, lidisse che si guardasse li capiciali et letto, che si sarebbe trovati molti stregamenti, et chenon si toccassero et che si portassero a lui. Così fu fatto. Fur trovato molti strigamenti didiverse cose et portate a lui, quali abbrugiò. Et, nel brugiarli, io sentii ...dolissimi dolori concigoli forti, che si sentivan per tutto Spilimbergo, et non credevo più vivere, che ordinai l'oliosanto. Vene poi monsignor piovano a casa mia, mi consolò, dicendomi che non dubitasseche era in tempo di guarirmi. Feci venire anco il medico, dubitando di qualche mal. Essonon seppe trovar alcum remedio, che poi con l'aiuto di Dio guarii, ma feci prima minaciar, etdalla serva et dal signor Giovanni Battista, detta Marcolina, che se io periva di quel partoche li volevo far getar via la testa, né che più venisse per casa, come in effetto mai è èvenuta».

Addens: «Fui risanata fin 20 giorni doppo il parto et poi mi tornai a malare con limedesimi dolori. Onde, veduta Marcolina, // 27r/ la mia serva disse: "La signora Auritia èstata stregata". [Marcolina rispose:] "Io non li pratico per casa", et lei li respose: "Se nonpraticate potete ben stregarla, ma guardate quello che fatte. Havete anco detto che essaperderà una spalla, ma voi perderete il colo!". Et dipoi mandai a chiamar il piovano, qualvene, et furno trovati medesmamente li li medesimi strigamenti et furono brugiati».

Dicendo: «Furon trovati sino ossi di morto et una camisa fetente straciata, da morto,che fu brugiata. Che dalla mia serva fu riferto a detta Marcolina, qual rispose: "Camisa damorto come da morto, come lo sai!". Et contendendo le disse che non voleva saper altro». Ethaec et cetera.

Ad generalia recte. Relectum confirmavit et iuravit de silentio, veritatem dixisse, necodio vel amore deposuisse.

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... post dixit: «Mi ricordo che donna Giulia ha detto che detta Marcolina li ha fattoandar di male li sui cavalieri. Mentre li havesse dimandato quanti cavalieri havesse et che dalei fusse stato risposto: "Non li ho contati", et così li andorno di male. Né poi ha potutotenerne, se non con discarico, ché li son di male andati.

Et donna Marsilia del Horologiero, havendo alcuni poli et dovendoli dar a Marcolinapredetta et cetera, non gli li diede, ma andò a // 27v/ comprar miglio. Et vedendo dettaMarcolina detta Marsilia comprar detto miglio, disse: "Sì non hai havuto li soldi da dar a me,ma bene da comprar miglio!". Essa Marsilia li rispose che gli haveria dati et poi subito andòa casa a dar il miglio ai poli, quali mai ne volsero mangiare et tutti moriano la noteseguente».

Ei dictum quando le sii stato detto queste cose et da chi et alla cui presenza et in cheloco, rispose: «Da due anni in qua esse me l'han detto in casa mia et ogn'altro zorno meldicono. Non mi ricordo de presenti».

Quibus et cetera.Ioannes Baptista a Volta, notarius qui supra scripsit.

Die Lune 26 septembri 1644.Actum Spilimberghi in sacristia monasterii Sancti Pantaleonis, coram quibus ut ante.Donna Giulia Segata, testis in processu nominata, citata, giurata, amonita,

essaminata et interrogata, con suo giuramento disse.[Interrogata,] rispose: «Io non so che li miei cavalieri siano andati di male per causa di

Marcolina Stella, come m'interrogate, perché mai ho presentà fede a questa cosa, nonessendomi mai praticata per casa et non salutata in strada».

Ei dictum: «Non havete voi ditto ditto alla signora Auritia Patavina che Marcolinapredetta, perché vi dimandò cosa fava li vostri cavalieri et quanti eran et perché lirispondesti che non li havevi contati, ve li fece andar di male?», rispose: «Signor sì che ciò hodetto, ma però non ho prestato fede che per sua colpa mi siano // 28r/ andati di male licavalieri predetti».

Ei dictum: «Sapete voi che questa Marcolina facia stregamenti, poiché più volte havetereplicato a detta signora Auritia che essa vi habbi fatto andar di male essi cavalieri?»,rispose: «Signor, io non so che costei facia stregamenti, né meno so che lei m'habbi fattoandar di male detti cavalieri, né io ho replicato ciò a detta signora. È ben vero che lei et lamoglie del signor Daniel Romano mi dicevano: "Vedete che bisognava risponder polito, che lihavete detto che li cavalieri non li havete contati, che vi son andati di male?"», et cetera.

Ei dictum: «Detta Marcolina è vostra parente o ver amica?», rispose: «Non è miaparente, di amica non li voglio male, non pratico secco, se la vedo la saluto».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit. Iuravit de silentio et veritatem dixisse, necodio aut amore deposuisse.

Madonna Caterina, moglie di messer Simon del Negro, testis in processo nominata,citata, giurata, amonita, essaminata et interrogata se conosce Marcolina Stella, rispose:«Signor sì che la conosco».

Interrogata di che qualità et fama sii costei, rispose: «Io la tengo per dona da bene, èpovera, vedova».

Ei dictum se sa che Santo del Negro, suo figlio, mentre stava con Lorenzo Madonetta,sendo amalato, per saper chi l'haveva stregato, se da quelli di casa del suo padrone fosserobatuti li suoi vestimenti per saper chi era la strega et che perciò detta Marcolina stasse mesitre amalata, rispose: «Di quanto mi interrogate non so cosa alcuna, se non per detto di quellidi casa di detto suo padrone, anci che io non fui n'anco a visitarlo».

Interrogata se sia parente di Marcolina o amica, rispose: «Signor, non son sua parentema ben amica, che sempre li ho voluto beni».

Ad generalia recte. Relectum confirmavit et iuravit de silentio et veritatem dixisse, necodio aut amore deposuisse. // 28v/

L'illustrissimo signor Pergonio Spilimbergo, testis nominato, citato, giurato, amonito,essaminato et interrogato, con suo giuramento disse.

Interrogato se conosce Marcolina Stella, la sua qualità et fama, rispose: «Io la conosco

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per dona povera, di fama io so che sia se non dona da bene. È ben vero che li giorni passatiil signor Daniel Romano mi disse che essa l'haveva stregato et impediti li sui avvocati chenon trattino le sue attioni».

Interrogato se sa che per causa di detta Marcolina tante povere donzele hano persol'honor suo per sui vetuperosi incanti et fatuchiarie, rispose: «Io non so niente, né lo possodir in consienza mia». Et haec et cetera.

Relectum confirmavit. Iuravit de silentio et veritatem dixisse, nec odio aut amoredeposuisse, et cetera.

Pergonea ... Spilimbergo confermo come di sopra.

Signora Caterina, consorte del signor Giuliano Cleiano, ciruico, testis nominata, citata,giurata, essaminata et interrogata se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì».

Dettoli di che qualità et fama sia costei, rispose: «Vedova, povera è, essa ha fama diesser strega per udito, ma io la tengo per dona da bene».

Ei dictum da chi habbi udito, rispose: «Dalla casa del signor Daniel Romano, né daaltri».

Ei dictum: «Sapete voi che habbi fatti detta Marcolina stregamenti?», rispose: «Signorno».

Dicens ex se: «Anco la signora Auritia Patavina si lamenta ogni volta che s'amala o lei oli puti, che detta Marcolina l'habbi stregata. Io li ho detto che non credo». Nec aliud sciredixit.

Ad generalia recte. Relectum confirmavit. Iuravit de silentio veritatem dixisse, nec odiovel amore deposuisse. // 29r/

Caterina de messero Goio, testis nominata, giurata, amonita, essaminata etinterrogata, con suo giuramento disse.

Interrogata se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì».Dettoli: «Che dona [è] questa?», rispose: «Dona povera et la tengo per dona honorata».Ei dictum: «Sapete voi che detta Marcolina sia strega?», rispose: «Le male persone

mormorono che sia strega, ma io la tengo per dona da bene».Dettoli se sa, o ver havesse inteso, che habbi detta dona fatto stregamenti, rispose:

«Signor no, che io non so. Si sente a dir, ma io non credo».Dettoli: «Da chi si sente a dir?», rispose: «Da gente che li vol male, ma non da chi non

ha inteletto».Dettoli: «Chi li vol male?», rispose: «Non so, ma ciò dico in mia conscienza».Interrogata se sia sua parente, rispose: «Signor sì, ma dico la verità, come se non fusse

mia parente».Quibus et cetera.Ad generalia et cetera. Relectum confirmavit. Iuravit veritatem dixisse, nec odio aut

amore deposuisse et de silentio.

Signora Marsilia Horologiera, testis in processo nominata, citata, giurata, amonita,essaminata et interrogata, con suo giuramento disse.

Interrogata se conosce Marcolina Stella, rispose: «Signor sì».Dettoli di che qualità et fama sia costei, rispose: «Io la conosco per dona honorata».Ei dictum: «Sapete voi che sia tenuta in concetto di strega et che habbi fatto alcun

stregamento?», rispose: «Dal popolo qua e là ho sentito dire ch'é strega, ma io la tengo perdona da bene, ché mai ho ricevuto torto da lei, né so che mai habbi fatto stregamenti, né l'hointeso da alcuno».

[Dettoli] si ha in processo che voi dovendoli ... 4 // 29v/ et ricercateveli non li dasti,ma comprasti miglio per li vostri policini, et che ditti policini non ne volsero mangiare. Ma lanotte seguente morsero et ciò perché detta Marcolina vi disse: "Sì non havevi li soldi da dar ame, ma ben da comprar il miglio!". Sì che perciò s'adirasse et per tal causa causasse lamorte a detti policini, rispose: «Sono quatro [anni] in circa che havevo detti policini, quali mimorsero forsi perché li cimisi, ma non per sua colpa».

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Ei dictum ditte la verità, perché voi di questo vi siate doluta più volte con la signoraAuritia Patavina, rispose: «Io andavo da essa et mi dimandò polastri, li dissi che non nehavevo, ché mi eran morti, ma che non credevo che questa dona me li havesse fatti morire».

Ad generalia recte. Iuravit veritatem dixisse de silentio, nec amore aut odio deposuisse.

Die 26 septembris 1644.Respose Bastian Colomba, official di Spilimbergo, haver citati tutti li sopranominati

per se medesimo et per Domenego delle Vedove, officiale di detto loco, et così esso refersefuose anotato:

Respose il signor esser stato per citar l'hebrei et trovarsi essi a Venetia et uno essermorto;

signor Francesco Dioneo esser fuori in vendema;donna Dorotea Bordona et suo marito esser a Maniago;messer Hieronimo Mazzolenis è a Taureano;signora Tadea Romana non trovarsi;madonna Isabetta Beltrame esser a Zopola;dona Fiore di Piero non attrovarsi;Madalena, stava con la signora Martia, non citata per ordine del denonciante;la serva della signora Auritia;la signora Hipolice et sua figlia non haver citate, et cetera.Et così referse signor officiale, di ordene dal quale così ho notato.Idem qui supra Ioannes Baptista a Volta, notarius. // 30r/

Die dicta et loco, et cetera.Coram quibus supra et ut ante, et cetera.Spontaneamente comparve Marcolina Stella avanti li reverendissimi et reverendissimo

padre Ludovico de Gualdo, maestro dell'ordine di minori conventuali, inquisitor apostoliconella diocesi di Concordia, reverendissimo monsignor vicario generali di Concordia et cetera,con l'assistenza dell'illustrissimo signor Enea Spilimbergo, in nome dell'illustrissimo signorluogotenente della Patria, et espose ut infra, et cetera:

«Io ho inteso che si fano alcune scritture contro di me. Onde vi dico che prima mi gettonelle bracia di Dio et della gloriosa Vergine Maria et tutti li Santi et Sante, et poi nelle braciadi vostre signorie: se sarò in colpa, che mi castighino.

Non son di razza, né mai è stato menzonato alcun de miei né de casa mia, né miopadre né mia madre, per strigoni né strighe. Né niuna persona honorata dirà che io siamenzonata per striga né che sia striga, se non gente che mi vol male et che son faliti, et checarichi di creature et che non han con che pagar le debite, et che sono mezzi matti et chedano la colpa a strigamenti.

Et questi son Daniel Romano et la sua femena, et che veniva grossa et si amalava, etdava la colpa ai strigamenti. Et per una lite che haveva con mia matregna, di voler la miadote, che mio fradre mi haveva obligato. Et con falsamente et con ingani la tirrò dongia di séquesto Daniel Romano. Promittendo di voler maritar una sua nezza, si fece far donationdetto Roman da mia matregna. Et quando li hebbe fatta la donation, mandò via a casa lapovera nezza et lì che esso è venuto per li sui sacramenti falsi di sua madre // 30v/ e nonper strigamenti. Et ha dieci anno che litighemo tra con mia matregna et con me, et l'hovadegnata et ho havuto tre sentenze in favor avanti il signor logotenente in visita, trovata lapromessa di mio padre. Et che voio far essaminar chi mi conosce: messer Gregorio, lasignora Martia, il signor medico, il Piazza, messer Andrico Campanaro, et cetera.

Signor, dicono che io son stato a pregar che non venghino qua a essaminarsi, ma nonè vero né si troverà. Et che per le parole che ha detto la massera del Signor Daniel Romano,che hora non sta secco, non son vere, che è una furfantona. Che sia fatto essaminar suasorella et padre Biasio a dir la verità, che non è vero mai che io habbi mai menzonato caveidi sorte alcuna di farli dare, né mai dati. Sapilo Dio et la Verzene Maria, et che al dispetazzosuo la mia razza è meglior della sua.

Et è più d'un mese che un gentilomo m'ha detto che Daniel Romano voleva far venirqua vostre signorie. Et havemo fatto un compromesso per le nostre dificoltà et in loco di far

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espedir ha fatto venire vostre signorie qua. Et ill illustrissimo signor Zuane Savognan facevaper esso, et l'illustrissimo signor conte Antonio di Fana per me. Et ha fatto meter mal a coreall'illustrissima signora Impolice, che io habbi stregata sua figlia, acciò tralasse li mieiinteressi. Et monsignor piovano, padre Biasio et il prete di Barbeano mettono li scropoli,pigliano li presentazzi et mettono male di me. Et così visto fusse annotato».

Subdens: «La signora Auritia, del signor Giovanni Battista, m'ha incolpata in le coseche non è verità. M'ha incolpato d'haver stregato un suo figlio et essa, et non è vero. Et cheha trovato stregamenti et una camisa da morto, così dettoli dal piovano che li haveva fattodisfar il materazzo, nella qual camisa era // 31r/ taccata la carne a torno. Et lei si è instatacon la signora Claudia Romana et m'habino incolpata di tutti li strigamenti, et anco con laCenerina, che han fatto una setta contro di me. Et di più è morta una puta alla Cenerina ...,et han data la colpa a me, benché li medici lo sappino.

Et sian essaminati il padre fra Giovanni Maria Vecchio del convento qui, che sempremi ha confessato. Et, perché non so dire, farò una scrittura, che presenterò o farò portar almolto reverendo padre inquisitore», et cetera.

Idem qui supra Ioannes Baptista a Volta, notarius. // 31v/

Memoriale difensivo di Marcolina Stella.[Spilimbergo, post 26 settembre - ante 8 ottobre 1644]

Sento raggionare per la terra di Spilimbergo che si formi processo contra l'honor mio,di miei figlioli et di tutta la casa, per calunnia adaccatami di messer Danele Romano et altrimiei nemici. Onde essendomi volontariamente venuta alla presenza di vostre signoriereverendissime per far loro conoscere mediante l'aiuto divino la mia innocenza, néparendomi haver pienamente sodisfatto alla mia riputacione, raccommandatta di novo lamia causa al Signor Iddio, alla Beata Vergine Maria, a tutta la corte celeste et alla giustiziaet prudenza di vostre signorie reverendissime, dico che:

Non poteva la malvagità et perfidia di chi m'odia, et particolarmente di messer DanieleRomano, di sua moglie, serve et dipendenti, contenersi nei limiti d'una sola ostinata eting[i]usta persecucione civile, con la quale ha procurato il Romano di spogliarmi d'unapicciola cassetta, a me spettante non solo per special riforza fattami dal quondam padre perla mia dotte, ma anco per esser stata di raggion totale della quondam mia madre. Per laquale [casa] non ostante l'infinite cavilacioni del detto Romano (otenute da me moltesentenze qui in Spilimbergo et nella visita di sua eccellenza illustrissima), perdeva horacompromesso nelle persone degli illustrissimi signori Giovani Saurgnano et Giacomo Antonioconte di Polcenico et Fanna.

Non bastava dico ad esso Romano l'havermi nel modo sudetto perseguitata etnecessitata a metter a servire una mia figliola per riccever favore in detta mia litte. Che, noncontento di questo, conoscendossi dalla parte del torto, né sapendo trovar altro scanpo allasentenza, ch'ei vedeva pessargli contra, instigato del Demonio et dal empia sua natura, haprocurato inpormi la calumnia, per la quale al presente si va inquerendo a grave pregiudiciomio, di figlioli et dell'honoratissima famiglia, // [60r] stimando forse per quella viaimpedirmi il prosegir della lite, d'intorbidare la mia inocenza et di solevar sé, con falseintimidacioni d'esser ammaliato, dagli infiniti debiti et aggravii, che, essendo imposibile ilsvilupparsene, lo rendono del continuo consumato et afflitto.

Ma che maraviglia ch'egli, per levarmi una casa, machini et tanti di levarmi l'honore,se per una sola livera di lettame, che da Giovanni Iacomo mio figliolo si voleva levare, comeadherente alla casa di giù aggiudicatasi dall'illustrissimo et eccellentissimo signorlogotenente, esso Romano ha voluto et tentato privarlo di vita.

Li debiti non si pagano col fingersi fatturati, le passioni che provengono da simili causenon si scaciano che con robba o danari. Ad homini disperati altri antidotti si vogliono chechimeriche supersticioni. Sono i travagli, le mogli giovani, la numerosità delle famiglie, ilnon poter tracanare né divorar li cibi et consuete bevande per diffetto di robba, l'inpregnar lefantesche et altri cose simili effettuati dal detto Romano, che moriono a gli huomini le

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passioni et li rendono macilenti et magri, et spesso anco li riducono a morte.S'essamini un poco attorno la qualità mia, circa li miei costumi et fama, et non solo

mia ma di tutto il mio parentato, et si ricerca in ciò il detto (non del Romano, di sua moglie,serve et altre feminelle, che come sue dependenti mi sono nemiche) da genti luomini et dapersone honorate, in casa de quali quasi di continuo io son solita pratticare, ché da quelli sicaverà se io son strega o se son donna honorata et da bene.

S'essamini il reverendo padre fra Giovanni Maria mio confessore, il reverendomonsignor padre Fominio di San Giovani et il reverendo ... priore, che in diffetto del ... fraGiovanni Maria sono soliti confessarmi, ché da questi si scoprirà qual sia la mia consienza.

S'essamini qui in casa dell'illustrissima signora Martia Spilimberga. // [60v] Sipiglieno le deposicioni dell'illustrissimi signori conti Oscalco, Martio, Giacomo Antonio, etillustrissime signore consorte sue mogli, appresso le quali mi ritrovo spessissimamente peroccasione di una mia figliola, che ho posto a servire [quelle] signorie illustrissime, come hodetto, ché da questi si conoscerà ch'io mi sia.

Si meraviglia forse messer Daniele che il Signor Iddio le voglia dar delle mortificacioni,delle infermità, delle tribulacioni. Chi vive contento in questo mondo?. Chi è non s'infermi etmuora anco pregando, piace a sua divina Maiestà. Il peccato è quello che genera la morte.Iddio forse vol castigar messer Daniele per il pocco timor ch'egli et sua moglie hebbero incongiungersi et coppularsi, essendo come erano stretissimi parenti. Vol forse Iddio coregerlo,per farlo ravedere dalla sua perfidia et malignità. Possa esser poco bon cristiano chi credealtrimenti.

Non ofra Iddio miracoli senza necesità. Ma, s'io ne son degna, Signore Iddiogloriosissimo et voi Vergine beatissima, madre sua et vucata nostra, protretice certissima degli inocenti, most[r]ate qualche segno della vost[r]a onnipotenza. S'io son rea della calumniaimpostami da mie nemici (che per altro io sono come le altre creature humane, miserabile et... pecratice), faccino pure ch'io sia castigata. Ma se al incontro io sono (come chiamo vostradivina Maestà in testa) innocente, fatte Signore che si confondano et si ravedano li mieinemici et sia conosciuta la mia inocenza.

Potrei agg[i]ungere molte cose circa le imputacioni che mi si danno et circa gli imbastiet sincope che venivano a madona Claudia, moglie del Romano, mentre era gravida, cheimportava a me che la faturassi. Et tuttavia, partorito che hebbe, fu libera d'oggi male,ecceto però che della borsa, del quale stimo non sia mai per guarire. // [61r]

S'inquerisca di gratia l'origine di costoro et delle case Stella et Romana. Mi perdoni ilSignor Iddio et vostre signorie reverendissime s'io passo un pocco il dovere al raggionare,poiché essendo tocca così nel honore, che camina del pari con la vita stessa, anci più diquella deve affrecarsi da chi ben nasse, io non posso far di meno di non slargarmi qualchepocco. Né si meravigliaro vostre ... signorie si parlo così in particolare, poiché publicamentevien detto esser statto messer Daniele che mi ha calumniata a torto. So ch'egli m'odia amorte per le dimostracioni publicamenti fatte et dichiaracioni di voler far inquerire. Vedo chelui instiga li testimoni et poi li va proponendo alle ... loro. Egli steso publicamenti confessahaver portate le lettere del signor Cisternino al reverendissimo signor vicario, aciò venga adessaminare.

Starebbe se non bene, però, il castigar certi sacerdotti, che per riverenza non nomino,li quali per qualche interesse imprimono nelle menti di certe feminelle che quelle infermità,che vengono dalla divina providenza et voluta, siano faturazioni et malicie. Iddio gli perdoni.

Stimo che le considerationi sudette et altre, che per hora si lasciano da parte, sarannosuffecienti per farmi conoscere, qual sono, inocente. Habbino riguardo, ch'io le suplico, allarealtà del fatto. Siano oculatte circa li giuramenti falsi, che ponno esser fatti da qualchetestimonio mio nemico oculto o palese. Che io, raccommandando la mia causa al SignorIddio, alla Vergine Maria et a tutta la corte celeste et alla giustizia di vostre ... signoriereverendissime, mi rimetto al suo santo volere, a laude di Dio. // [61v]

Fra Francesco da Udine a fra Lodovico da Gualdo.Spilimbergo, 8 ottobre 1644

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Il molto illustre et reverendissimo signor proveditore ....Il padre inquisitore del Sant'Officio, et cetera.Udine, San Francesco. // [68v]Molto illustre et reverendissimo mio signor patron osservandissimo.Gl'invio la scrittura datami da quella povera donna. Lì potrà vedere, se gli piace, se ...

fine quello che sua paternità ... in questo mentre si ... assieme ... suo vicario ... mi comandi.... Facendo fine riverentemente le bacio le mani supplicandola ....

Di Spilimbergo, li 8 ottobris 1644.Di vostra paternità illustrissima devotissimo servitore, fra Francesco di Udine .... //

[59r]

Veduto il processo formato contra Marcolina Stella nell'Offitio della Santa Inquisitioneet considerati li inditii et circostanze resultanti dal medesimo processo, sento che non siansufficienti a chiamar essa Marcolina, ma solamente ammonirla per via di avvertimento soprale cose contro lei introddotte.

Udine, li 15 ottobre 1644.Il inquisitor ... et ... consultore ad Santo Offitio. // [62r]

Havendo letto et ben considerato il processo formato per il Santo Offitio dil'Inquisitione contra Marcolina Stella di Spilimbergo, stimo che questa tal formatione diprocesso sia causata per mera persecutione de nominati in esso et che hessi li ano machineinventate a pregiudicio di quella povera donna senza alcun fondamento e che perciò non sidebba passar più oltri, per non fomentare la mala ... di chi ha inventato queste menzogne apregiudicio di essa Madalena7.

Udine, il dì 19 ottobre 1644, et cetera.Agustino Diana, dottore consultore nil Santo Officio, et cetera. // [63r]

1644, adì 28 ottubris.Ho veduto con diligenza il processo formato dal Santo Officio contro Marcolina Stella di

Spilimbergo e, a mio giudicio, non vi è cosa che la possino render colpevole dell'imputationiche le vingono date.

Stantibus rebus prout stant.Salutem dici.... d'Udine, consultore ... dil medesimo Santo Officio. // [64r]

Denuntiatio contra Marcolinam Stellam de Spilimbergo.1644, et cetera. // [73v]

7 Verosimile lapsus calami per «Marcolina».

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PRIMA DENUNCIA PER POSSESSIONE DIABOLICA

TRAMITE STREGONERIA CONTRO PIRINA RAMPON,

DETTA TAIER, MARIA FABBRUZZI, DETTA TAVANA, E

SUA FIGLIA DOMENICA, TUTTE DA MANIAGO (1655)1

293.Die 16 iunii 1655, die 28 augusti 1655 et die 18 iunii 1655.Spontaneae comparitiones et denuntiationes factae in Sancto Officio Utini ab Usvaldo

Campolino, rustico de Maniaco, dioecesis Concordiae, Jacobo Campolino de dicta villa,domino Bartolomeo de Maniaco, nec non a Ioanne Baptista Fanio, eius cancellario, contraPerinam Taglieri et Mariam Tavanam uti lamias suspectas, et cetera. Ac resolutiocongregationis habita super duabus primis denuntiis. //

Giacomo Campolino a fra Bonaventura Ripa.Maniago, 15 giugno 1655, allegato A

A. 15 giugno 1655.Illustrissimo et reverendissimo signor inquisitore, signore et patron mio colendissimo.La vigilia de Pasqua di maggio prossimamente passata, essendosi portata Nicolosa,

mia nora, insieme con Osvaldo, suo marido et mio figliuolo, alla terra di San Vido pervisitare la benedetta Vergine esistente nella chiesa di San Nicolò de essa terra, dove s'èscoperta essa povera Nicolosa guasta et vessata da spiriti imondi, la quale e in quel giorno,parechi giorni doppo et de presente incolpa Perina Taier, Maria Tavana et Domenega suafigliuola che l'habbino fatturata, col haverle dato in cibo un confetto. Onde comparo io,Iacomo Campolino infrascritto, mediante questa mia indolenza in scritto avanti vostrasignoria illustrissima et reverendissima, et denontio le sudette Perina, Maria et Domenegaper streghe, pregando la giustizia contro di quelle dover inquerire et, trovate colpevoli, essercastigate giusto le leggi et così et con ogni miglior modo, et cetera.

Nominans in testimonii: Domenego del Bertulo et Lucia sua consorte, et Domenegamoglie di Iacomo di Candido et altri, et cetera. // [1r]

Di Maniago a dì 15 giugno 1655.Di vostra signoria illustrissima et reverendissima devotissimo servitore, Giacomo

Campolino. // [1v]

Pre Bernardino Vittori a fra Bonaventura Ripa.Maniago, 15 giugno 1655, allegato B

B.Illustrissimo et reverendissimo signor, signore et patron colendissimo.Con l'occasione che li miei popoli di Maniago sonno stati a visitar la Madonna

Santissima di San Vido, se sonno scoperte molte donne di detta mia cura ammaliate, etsabbato ... publicamente ... in detto loco ... già ... ho usato ogni dilligenza per scoprire se èalcuno che havesse qualche inditio di ... queste che son statte nominate da spiriti. Et ècomparso a miei piedi uno nominato maestro Domenego, del quondam Domenego Bertulo, etuna detta Nadalina, fu figlia quondam Domenego ..., quali nominaro che una detta Perina,

1 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 293, cc. 7 non numerate.

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quondam Bernardino Ramponi, et una Maria, quondam Domenego Fabruzzo ..., et questetali insieme con una figlia di detta Maria siano le strige. Et se vostra signoria reverendissimasenterà questo Domenego dello Bertulo et detta Perina, le narerano inditii di qualcheconseguenza. Se esaminerà il lattor della presente le dirà tutti li successi seguiti nellapersona de madonna Nicolosa sua moglie, che sonno da anni quattro in circa, quanto che hopotutto scoprire le .... Et qui fo punto et riverente le bacio le fimbrie delle sacrate vesti,pregandoli da nostro Signore il colmo de ogni felicità.

Maniago, li 15 giugno 1655.Di vostra signoria illustrissima et reverendissima, humilissimo et devotissimo

servitore, prete Bernardin Vitori, vicario curato et foranio scrisse. // [2r]

Die 16 iunii 1655 in sero.Coram reverendissimo patre fratre Bonaventura Ripa Ferrariensi, ordinis Sancti

Francisci minorum conventualium, artium et sacrae theologiae doctore, provinciae Saxoniaeministro provinciali ab apostolica sancta Romana sede in civitatibus et dioecesibus Aquileiaeet Concordiae, contra haereticam pravitatem inquisitore generali specialiter delegato,existente in aula eiusdem Sancti Officii, sita in secundo claustro Sancti Francisci, interiorisUtini, in meique infrascripti et cetera, sponte personaliter comparuit Osvaldus Campolinus,rusticus de villa nuncupata de Maniago, uxoratus, habitans in dicta villa, dioecesisConcordiae, aetatis suae annorum viginti septem, prout dixit et ex eius aspectu apparebat,petens audiri pro opportuno remedio et exoneratione suae propriae conscientiae, cui datoiuramento ac facultate de dicenda veritate per eumque suscepta, tactis sacro sanctis DeiEvangeliis et monitus de importantia iuramenti praestiti, exposuit ut infra:

«Padre inquisitore, mio padre voleva venire da vostra signoria reverendissima ma,perchè le gambe non gli servano a caminare, fece fare una lettera acciò ch'io la portassi avostra signoria reverendissima, la quale è la presente», et hoc dicto exibuit litterampaternitati suae reverendissimae sigillatam ab ... aliquo sigillo, incipientem: «La vigilia diPascqua», et finientem: «di Maniago a dì cinque zugno 1655», subscriptam a IacoboCampolino, quae quidem epistula accepta et lecta a paternitate sua reverendissima, iussitsignari littera A, et mandavit hic apponi, prout factum fuit.

Deinde exhibens aliam consimilem epistulam paternitati suae reverendissimaedirectam subiunxit: «Quest'altra lettera è del signor piovano di Maniago, prete BernardinoVittori, il quale la diede a mio padre acciò la portasse lui o altri che venissero da vostrasignoria», et hoc dicens consignavit dictam epistulam sigillatam paternitati suaereverendissimae, cuius sigillum non bene apperebat, qua lecta a paternitate suareverendissima, iussit signari littera B, et hic // [5r] similiter apponi prout factum fuit, quaeepistula incipiebat: «Con l'occasione», et eius finis erat: «Maniago, li 15 giugno 1655»,subscripta a presbitero Bernardino Vittori vicario curato et foraneo.

Postea humiliter postulans audiri, subiunxit sibi dicto quod narret quicquid habet:«Padre, mio padre ha fatta scrivere la prima lettera, ch'io ho datta a vostra signoria, da unnottaro, per denonciare come mia moglie, essendo andata meco alla divozione dellaMadonna di San Vito, doppo esser stati vicini la chiesa della Madona, faceva forza per nonentrarvi, ma poi, entratavi et ingenocchiatassi, cominciò a gridare, far strepiti et a saltare,che non la potevamo tenere. E cominciò quattro giorni con clamori, senza dir altro, eproferendo alcune parole non s'intendevano. Finiti li quattro giorni, nella medesima chiesadella Madona cominciò a favellare chiaramente, dicendo che Perina Taglieri l'haveva faturatae, venendole alla gola certi humori, diceva: "E chi altri?", e poi rispondeva che Maria Tavanae sua filia, ancor loro l'havevano faturata in un confetto. Questo è quanto m'occore, la priegodi rimedio e saper s'è la verità, sì o no».

Interrogatus de nomine sui patris et notarii, ac cognomine huius qui scripsit epistulamrespondit: «Mio padre si chiama Giacomo Campolino, stimo che il nottaro si chiami SimonFaberio, ma nol so di certo, non so il cognome».

Interrogatus qua die discesserit de domo propria et pervenerit ad beatissimamVirginem Sancti Viti cum uxorem, et an essent associati vel soli, respondit: «Partissimoquattro giorni inanzi Pascqua di maggio, così mi pare, et arrivassimo l'istesso giorno. Vi eroio, mia moglie, una mia cognata Menia, moglie di Giuseppe Campolino // [5v] mio fratello,

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un suo figliolo di dieciotto anni chiamato Giacomo, una sua figliola picciola chiamataOsvalda Orba, et un'altra donna chiamata Vignuda».

Interrogatus ut dicat nomen uxoris suae et an ipsa unquam habuerit odium autaliquam inimiciciam cum asserta Perina Taieri, Maria Tavana et eius figlia, respondit: «Miamoglie ha nome Nicolosa. Non so che mia moglie habbia mai havuta inimicicia con le sudettetre donne. Già tre anni or sono praticava in casa nostra, ma adesso non più, la dettaPerina».

Interrogatus de fama dictarum mulierum, respondit: «Di Perina cor voce per tutta lavilla che sia stregha. Anzi, quando alcuni le hanno detto stregha, ella si è posta a ridererispondendo: "Se son io, ve ne sono anco dell'altre!". Dell'altre due donne, Maria e sua figlia,non ho sentito correre cattivo nome».

Interrogatus quis vel qui dixerint Perinae Taieri esse lamiam, respondit: «Questo nolso, non ho tenuto a mente. Nel suo cortile vi sta una hostaria, dove pratica molta gente e ledicono stregha».

Interrogatus an ipse audiverit aliquem vocantem eam lamiam, vel audiverit ab aliquoalio ipsam sic fuisse vocatam, respondit: «Io non ho inteso con mie proprie orecchie che siastata chiamata stregha, l'ho ben inteso dire che sia stata chiamata stregha d'altri, ma nonmi raccordo da chi; e se havessi saputo di dover venire qua, havrei posto mente ad ognicosa».

Interrogatus de die et hora et quoties audiverit dictam Perinam esse lamiam, // [6r]respondit: «Ma alla fé no, né anco so quante volte l'habbia inteso a dire, quasi sempre l'hosentita chiamar tale».

Interrogatus an dicta Perina habeat virum vel sit soluta, de eius aetate et habitatione,respondit: «Era maritata, ma suo marito è morto. Non so quanti anni habbia, ma è vecchia,tutta biancha grinza, sta in un luoco vicino a me, è non più lontano di cinque o sei passi».

Et sibi dicto quod nominet aliquos qui pro veritate possint dare distinctam noticiam dedicta Perina, respondit: «Non saprei particolarmente chi nominare, ognuno ne potrà dar fedee massime li testimonii nominati nella lettera».

Et eidem subiuncto quod nominet ipsos testes, respondit: «Sono Domenico del Bertolo,donna Lucia, moglie del detto Domenico, et Lina, credo di Candido».

Interrogatus quare credat nominatos testes particolariter posse dare noticiam de dictaPerina, respondit: «Mo', con questa donna chiamata Lina di Candido ha habitato e perchè colsudetto Domenico ha pure habitato la sudetta Perina».

Ex se subiunxit: «Lina di Candido ha detto che habbia ditto a lei di non haveraffatturata mia moglie, ma che sia stata Maria Tavana in un confetto».

Interrogatus an ipse sit testis de auditu proprio, de loco, tempore et coram quibusasserta Lina dixerit sibi ipsae Perinam non fassinasse suam uxorem, sed fuisse MariamTavanam dixisse, respondit: «Non so il luogo del certo, nè del tempo, non l'ho inteso io con lemie orecchie, nè so chi vi fosse presente». // [6v]

Interrogatus a quo audiverit Linam de Candido dixisse Perinam ipsi Linae dixisse nonfassinasse eius uxorem, sed fuisse Mariam Tavanam, respondit: «Io nol saprei dire, perchénon porto odio a nissuno, non ho posto mente a queste cose, né mai l'ho credute ma,havendo scoperto il fatto, son venuto per rimedio, né occorre che m'interroghi d'altro perchénon posso saper altro, né voglio dir la bugia».

Et cum nichil alium pro veritate possint haberi ab eo, de mandato eiusdemreverendissimi patris inquisitoris generalis eidem sponti comparenti, ego infrascriptus legisuam deposicionem ad affectum ut videret an ea quae sunt scripta sint eius dicta et velitaliquid addere vel demere, completa ... lectione, respondit: «Questo é quanto posso dire».

Et per reverendissimum patrem inquisitorem generalem interrogatus supergeneralibus, an ea quae dixit odio vel amore ductus deposuerit, an ad exonerandampropriam conscientiam, respondit: «L'ho detto per discargar la mia conscientia in verità».

Interrogatus an umquam habuerit aliquam inimiciciam, odium aut litem aut modohabeat cum dictis Perina Taieri, Maria Tavana et euis filia, respondit: «Mai, né mai hocreduto cosa alcuna».

Interrogatus an confiteatur et communicet quolibet anno, saltem in Paschate,respondit: «Mi confesso et communico ogni prima del mese, se non impedito». // [7r]

Quibus habitis et acceptatis in parte et partibus favorabilibus et cetera, dimissus fuit,

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animo tamen et cetera, eidem imposito silentio sub iuramento super praedictis, quodpraestitit iterum per tactum sacrarum Litterarum, et cum nesciret scribere prout dixit inhorum omnium fidem sic iussus signum crucis apposuit, †.

Quae omnia ego frater Ioannes Baptista Castellanus, pro cancellario assumptus,fideliter scripsi anno, mense, die, loco et coram ut supra. // [7v]

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SECONDA DENUNCIA PER POSSESSIONE DIABOLICA

TRAMITE STREGONERIA CONTRO PIRINA RAMPON,

MARIA FABBRUZZI E SUA FIGLIA DOMENICA (1655)1

299. Die 28 augusti 1655. //299. Die 28 augusti 1655 de mane.Coram reverendo patre baccalaureo Navarro a Ferraria, vicario generali Sancti Officii

Aquileiae et cetera, existente in aedibus Sancti Officii in interiori parte conventus SanctiFrancisci sitis meque infrascripto et cetera, comparuit homo quidam staturae mediocris,barbae coloris nigri, canescentis, capitisque canescentis, indutus subula sola coloris rubri,sub ligaculis lanae nigrae, et calceis sine tibialibus, et pilio nigro, exhibens litteras adreverendissimum patrem inquisitorem generalem, dicendo se debere cum illo pro re graviloqui. Hinc advertens praefatus vicarius Sancti Officii praedictum comparentem essetractaturum de re ad Sanctum Officium spectante, dixit sibi incumbere partes SanctaeInquisitionis ob absentiam patris inquisitoris generalis pro interesse Sancti Officii, et ob idposse libere ... narrare ad quid venerit ad Sanctum Officium, qui exposuit ut infra:

«Reverendo padre, io son venuto qua per dar conto d'un fatto sucesso in persona d'unamia nuora, la quale, essendosi scoperta guasta, andò con suo marito et mio fio alla SantaMadre di Grazie di San Vito, ove quella mia nuora fece assai strepiti per quatro o cinquegiorni senza parlare. Ma la vigilia di Pascqua di maggio, in circa a hore venti una,cominciarono a parlare i spiriti, con dire che Perina Taieri e Maria Tavana e sua filiolal'havevano guasta già quattro anni sono in un confetto. Doppoché io v'andai e colà mi fermaiper quindici giorni, e sempre per cinque o sei volte al giorno disse l'isteso in questo. Mentreche andava la nuova di questo, la putta filiola di Maria Tavana disse ch'era la verità haverledatto un confetto una certa sera, hauto da sua madre, // [3r] ma non sapeva altro. Mabensì l'istessa sera venne la madre e la filiola a domandarli se quel confetto li haveva fattoservitio. Ritornati che fossimo da San Vito, non si parlò mai di niente. In questo mentrevenne questa Maria a casa mia con dire: "Ecco la strega che vi vol strigar tutti", et io lirisposi che per l'amor d'Iddio se ne andasse fuor di casa mia e non travagliarmi. Et elladisse: "No, alla fé vi voglio andare", et io quando vidi non vi vol andare, vado da PierRigonato oste, per l'amor d'Iddio rivasse sino a casa mia, dove arrivato questo con altredonne, a quali dissi: "Siate in testimonio come questa donna ho pregato che vada fuori dicasa mia, et adesso ancora la prego". Et ella disse: "Non voglio andare", et così io li diedi unabastonata, et ella disse: "Tanto volevo", et io chiamo in testimonio quei ditti, come ella eravenuta per molestarmi».

Quibus omnibus acceptatis in parte et partibus favorabilibus et cetera, datum fuitiuramentum dicto comparenti de veritate dicenda tum super praemissis, quam super his, dequibus interrogabitur infra, quod praestitit tactis sacris Litteris.

Interrogatus an ea quae dixit et modo scripta fuerunt vera sint, et illa pro veritateconfirmet, respondit: «In mia conscientia é vero quello ho detto».

Interrogatus de nomine, cognomine, patre, patria, etate, exercitio et habitatione ipsiuscomparentis, respondit: «Io mi chiamo Giacomo Campolino, filiolo del quondam Gioseffo //[3v] Campolino da Maniago, d'età anni 68, lavorator di campagnia e sto a Maniago, e sonnasudo a Maniago».

Interrogatus de nomine nuris quae creditur vexata a daemone, respondit: «Ha nomeNicolosa, filiola di Girolamo Locatello».

Interrogatus a quo tempore citra creditur vexata, respondit: «Non si sa precisamentequanto tempo fosse vessata, ma si bene si teneva per fatturata, che sono quattro anni emezo».

Interrogatus an ipse audiverit vexatam loquentem ut supra, et ubi et quando et coramquibus, respondit: «Per quindici giorni ho sentito parlare e dire come sopra nella chiesa diSant'Antonio fuori di San Vito, dove é la sudetta Madonna, da Pasqua delle Pentecoste,

1 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, cc. 6 non numerate.

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presente tutto il populo, ma specialmente li signori piovano Manzoni, Dario suo fratello,Piero suo fratello, Giovanni Domenico suo germano».

Interrogatus quis prior dixit hanc praefatam Nicolosam esse maleficiatam et quomodocognita fuit pro vexata, respondit: «Si cominciò a vedere che pativa male quasi ogni giorno ecosì fu chiamato monsignor pre Iseppe Lovisato il quale, legendoli sopra, si vide ch'erafaturata».

Interrogatus an ante manifestationem factam, ut asseritur a demone vexante,tenebatur illas supradictas mulieres effecisse hoc maleficium, respondit: «Signor no, anzi mimarevigliai specialmente di questa Maria che fosse di quello affare».

Interrogatus an istae mulieres sint famae strigharum, // [4r] respondit: «La Perinasolamente veniva nominata per tale».

Interrogatus an plures vadant ad ipsas, vel ad harum aliquam, pro remediis incurando infirmitates, respondit: «Domenico Bertolo da Maniago ha sperimentato un remedioper guarir sua moglie e se stesso, che fu in una panada et un buzzolà, e questa fu la Perina.E questo dirà come ha inteso dalla Perina che Maria Tavana l'ha fatta spiritare».

Interrogatus an hae mulieres, vel harum aliqua, alicui nocuerit cum aliquibus mediis,respondit: «Ho inteso dal detto Domenico come una volta [sua moglie] hebbe una fritata daquesta Maria Tavana, senza volere che il marito ne mangiasse, qual, mangiata da Domenico,sentì dolori intolerabili, de quali poi si liberò per mezo di don Cosmo Rossetis».

Interrogatus super generalibus an ea quae dixit odio vel amore ductus deposuerit, autad exonerandam conscientiam et ad Dei gloriam et honorem, respondit: «Non intendo altroche la giusta giustizia».

Interrogatus an habeat aliquam inimicitiam, vel odium, vel litem, vel ante habuerit condictis mulieribus per eum denunciatis, respondit: «Io non ho mai havuto alcun odio, nérancore con niune di queste».

Interrogatus an confiteatur et communicet quolibet anno, saltem in Paschate, // [4v]respondit: «Io mi communico ogni mese, come fanno i miei di casa».

Et cum de mandato reverendi patris vicarii generalis praefati ad instantiam ipsiusdeponentis legeretur eius depositio, dixit: «Così sta e niente ho da giungere».

Quibus habitis et cetera dimissus fuit, imposito sibi silentio super praedictis subiuramento et in fidem, cum nesciret scribere, apposuit signum crucis, †.

Actum per me fratrem Ioannem Baptistam, minorem conventualem, Sancti OfficiiAquileiae pro cancellario assumptum, anno, mense, die et loco et coram ut supra, et cetera.

Deinde pater vicarius praefatus aperuit epistolam dictam ad reverendum inquisitorem,cuius superscriptio est: "Al reverendissimo signor e patron colendissimo monsignorBonaventura, inquisitore generale di Aquileia e Concordia, Udine", *** intus incipiendo:"Reverendissimo signor e patron mio colendissimo, il mese", sub datum Maniaghi 26 augusti1655, subscripto: "di vostra signoria reverendissima, humilissimo et devotissimo servitore,pre Bernardino Vitori vicario corato", et cum legeret eam, videns esse de re ad sanctumtribunal spectante iuxta denuntiationem allatam iusit hic originaliter viseri et signari litteraC.

Ita est frater Ioannes Baptista qui supra, et cetera. // [5r]

Pre Bernardino Vittori a fra Bonaventura Ripa.Maniago, 26 agosto 1655, allegato C

Al reverendissimo mio signore et patron colendissimo monsignor Bonaventura Ripa,inquisitore generale di Aquileia et Concordia in Udine. // [2v]

Reverendissimo signore, signore et patron mio colendissimo. Il mese de giugnoprossimamente passato hebbi risposta di una mia scrittale. Hora si rapresenta ocasione chese ne viene costà il padre dello giovane che portò la lettera, quale è desideroso essere uditoda vostra signoria reverendissima sopra l'istessa materia contenuta in detta lettera. Glielo

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rapresento adunque et qui fo punto et riverente le bacio le mani, pregandole che nostroSignore il colma de ogni felicità.

Maniago, li 26 agosto 1655.Di vostra signoria reverendissima humilissimo et devotissimo servitore, pre Bernardino

Vitori, vicario curato. // [1r]

Die 10 septembris 1655, hora 21.In congregatione Sancti Officii Concordiae, habita in conventu Sancti Francisci

minorum conventualium civitatis Portus Naonis, in cameris nuncupatis supra in quibushospitabatur reverendissimus pater frater Bonaventura Ripa Ferrariensis, artium et sacraetheologiae doctor, ordinis Sancti Francisci minorum conventualium, provinciae Saxoniaeminister provincialis, in civitatibus et dioecesibus Aquileiensi et Concordiensi contrahaereticam pravitatem inquisitor generalis ab Apostolica Sede specialiter delegatus, in quainterfuerunt idem reverendissimus pater inquisitor, et illustrissimus et reverendissimusdominus Dionysus Vulpinus, doctor theologiae et canonicus, in temporalibus etspiritualibus vicarius generalis reverendissimi domini archiepiscopi Benedicti Capelliepiscopi Concordiensis, assistente pro Serenissima Republica illustrissimo domino NicolaoMinio, provveditore, praesentibus per illustrissimis et admodum reverendis dominis IoanneBaptista Morandino, canonista, canonico Concordiensi, Ioanne Baptista Marignano,canonico penitentiario et utriusque iuris doctore, et admodum spectabili magistro OliverioTieghi a Ferraria, minore conventuali, vicario generali Sancti Officii Concordiae, mequeinfrascripto. Tertio loco, reverendissimus dominus inquisitor generalis praefatus mandavitper me infrascriptum legi alta et intelligibili voce has suprapositas denunciationes ut iacent.Explectaque lectione et requisitis votis, dominum consultorum omnes unanimiterconsuluerunt non adesse inditia sufficentia ad formationem processus informativi, undefideliter dictas denunciationes esse custodiendas ut advenientibus aliis inditiis et ceterapossit procedi prout de iure iustum fuerit, et ita reverendissimi iudices decreverunt.

Ita est ego frater Cornelius Navarrus Ferrariensis, vicarius generalis Sancti OfficiiAquileiensis pro cancellario. // [5v]

Die sabbati 6 novembris 1655, in sero.Comparuerunt duo homines de Maniaco, dioecesis Concordiae, in hoc Sancto Officio,

qui et dixerunt: «Vorressimo parlare al padre reverendissimo inquisitore».Unde fuerunt introducti coram paternitate sua reverendissima, existente in camera

inferiori solitae audientiae apud Sanctum Franciscum intus Utini meque cancellario eteidem reverendissimo patri inquisitori exibuerunt processum foliorum quatuordecimquorum septem tantum sunt scripta, incipientem: "A dì 18 giugnio 1655, Maria Fabruzza deManiaco querela Pirina Rampona", et finientem: "Ad generalia recte", qui processus fuitsignatus littera D, et hic originaliter appositum de mandato.

Quibus his habitis datum fuit iuramentum de veritate dicenda, quod prestiterunttactis sacris Litteris et praeviis debitis admonitionibus et cetera fuerunt interrogati denomine, cognomine et patria et exercitio, respondit primus: «Io mi chiamo BartolomeoManiaco, signore di quel luoco. Questo è il mio cancelliero, chiamato Giovanni Battista Faniodi Cavaso. Son venuto qua con il mio cancelliero perché avendo presentito che a vostrasignoria reverendissima sia stata fatta istanza contro certe streghe et essendo stataquerelata appresso di me Pirina Rampona detta Taier, come che habbia imputata MariaFabruzza detta Tavana per strega, havendo presa la querela e formato il processo sopra ilpunto di tale imputazione, dubitando che dal medemo processo possa risultar cosa spettanteal Santo Officio, son venuto per atto di reverenza et obedienza a consegnarlo».

Interrogatus dictus dominus Bartolomeus Maniacus a quibus intellexerit fuisse inSancto Officio instatum contra lamias et de nomine lamiarum, respondit: «Da un GiacomoCampolino da Maniaco e che sia già quindici carte di processo formato. Le streghe sono lenominate nel processo, cioè Pirina Rampona e Maria Fabruzza».

Interrogatus de occasione, loco, tempore, et contestibus, respondit: «L'occasione fu chehavendo hauta notitia il detto Campolino che mi fu data la sudetta querela, mi ricercò se sioperava // [6r] et all'hora mi soggionse che anco appresso a vostra signoria reverendissima

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era fatta istanza. Nella strada pubblica di Maniaco, saranno da quindici o vinti giorniincirca, vi era presente un tale di cui non mi sovviene il nome, da Cotognedo, luoco piùbasso di Conegliano».

Interrogatus an supra contentis in processu habeat aliquid dicere, respondit: «Niunacosa, se non che il volgo dice chiassosamente che sieno streghe e che le lapidariano».

Interrogatus a quo tempore citra, qua occasione habeant dictam famam, et quis vel quievulgaverint, respondit: «La Taglieri saranno da quindici o vinti anni, l'altra Tavana sarannoqualche anno, non so con che occasione, né so chi mi habbia messo la fama».

Interrogatus tam ipse quam Ioannes Baptista, eius cancellarius, qualem de dictismulieribus habeant conceptum, responderunt uno ore: «Quanto alla Tagliera anco i suoimedemi parenti, come apparisce dal processo exhibito, i quali hanno dato il giuramento,dicono che sia strega, e massime Domenico del Bertolo e Giacomo Campolino, che songermani di detta Taiera, e così la moglie di detto Bertolo, onde noi ne abbiamo formatocattivo concetto. Quanto all'altra non è gran tempo che ha la fama, ma l'habbiamo per pocodi buono».

Interrogatus super generalibus, recte responderunt. Quibus habitis et cetera, etacceptatis in parte et partibus favorabilibus fuerunt dimissi, ipsis imposito silentio subiuramento, quod praestiterunt, iterum tactis et cetera, et moniti quod caveant ad non seingerendum super aliquid spectans ad Sanctum Officium, sed statim hac ad eorum notitiamaliquid pervenerit et cetera, mittant denuntiantes, testes et quaecunquae scripturae adsanctissimum tribunal prout promiserunt iure iurando.

Barthollamio Maniaco, Giovanni Battista Fannio.Ita est frater Bernardinus a Perusio, Sancti Officii Aquileiae vice cancellarius. // [6v]

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PROCEDIMENTO CIVILE PER DIFFAMAZIONE PRESSO

I CONSORTI DI MANIAGO INTENTATO DA MARIA

FABBRUZZI CONTRO PIRINA RAMPON (1655)1

Querela per diffamazione presso in consorti di Maniago da parte diMaria Fabbruzzi a carico di Pirina Rampon e procedimento civile.

Maniago, 18 giugno 1655, allegato D

D. A dì 18 giugno 1655.Maria Fabruzza da Maniago querela Pirina Rampona di detto loco per haverla imputata

da striga.Processus formatus in foro saeculari in castro Maniaci, Concordiensis dioecesis,

adversus Perinam Ramponam quod Mariam Fabruzzam e dicto castro gravi iniuria affecerit,illam appellando lamiam, exhibetur et consignatur Sancto Officio sub die 6 novembris 1655,uti continens materiam ab eodem Sancto Officio iudicandam.

Ioannes Baptista Fannius, cancelliero. //

A dì 18 giugno 1655.Compare Maria, moglie di Domenego Fabruzzo da Maniago et gravemente dolendosi

querela Pirina, vedova di Bernardin Rampon, di quello che la sopradetta Pirina sia stata ditanta temerità a ... publicare che la sopradetta Maria, per sdegno che Osvaldo Campolinonon havesse tolto per moglie una sua figliola, habbi strigato et fatto intrar li spiriti nellapersona di Nicolosa, moglie del supradetto Osvaldo Campolino, il che causa odio etmormorationi contra la sudetta indolente, per cui fa instanzza sia castigata et condannata arestituirli la fama dando in testimonio: Domenego del Bertolo et Lucia sua moglie, Menega diZacomo di Candido. Li illustrissimi signori consorti veduta la sudetta querela quella si et inquanto hano admessa, ordinando siano esaminati li testi nominati.

A dì 24 giugno 1655.Fatto venire ser Domenego del Bertholo, testimonio nominato, citato, esaminato et con

protesto del giuramento interrogato sopra la soprascritta querela, rispose: «La seconda festadi Ressurectione di nostro Signore invitai a cena con me Pirina, vedova de BernardinRampon, la quale è mia parente. Et mentre cenavimo io mi dolevo con essa dicendo che erotravagliato, perché mia moglie non poteva mangiar né pane né menestra, che però dubitavofusse stata in male mani et dissi alla sudetta Pirina: "Tu hai mala fama, però se li // [1r] haifatto qualche cosa, va' et disfalla". Ella mi rispose dicendo che quel male era mal di mare,perchè aveva fatto assai creature et che per tal causa le donne sogliono patir tal male, et miinsegnò che li facessi delle panade per tre giorni et che in quelle li metessi dell'oglio etdell'onto, che sarebbe guarita in termine de tre giorni. Io poi andai a Udene, se ben miricordo, et nel dimani la sudetta Pirina si tornò a visitar mia moglie, et la adimandò sehaveva fatto le panade. Essa li rispose di sì, se bene non le haveva fatte. All'hora Pirina lidiede mezo un buzzolado, dicendoli: "Mangialo", la quale lo mangiò et è guarita».

Interrogato, rispose: «Nel primo discorso che facemo con la sudetta Pirina, cioè quandole diceva che haveva cativa fama, essa si escusava et mi disse che il Campolino havevasospetto che havesse fatturato sua nora, ma mi disse queste precise parole, cioè: "Io non sonstata quella, ma è stata Maria de Domenego Fabruzzo che li ha fatto intrar li spiriti aNicolosa, nora de lo Campolino, per dispetto che voleva dar una sua figliuola a OsvaldoCampolino, marito della sudetta Nicolosa, et perchè non la volse, per dispetto, essa Maria li

1 AAUD, S. Officio, b. 39, fasc. 299, fasc. Querela civile, cc. 9 non numerate.

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ha fatto intrar li spiriti". Così essa Pirina mi ha detto. Il che da me sentito io la riprese etessa mi disse che tacessi et che non lo dicessi ad alcuno».

Interrogato se essa Pirina li havesse detto come havesse saputo che la sudetta Mariahavesse fatto intrar li spiriti // [1v] a Nicolosa, rispose: «Non mi disse altro, solo che tacessiet poi essa andò per far li fatti suoi».

Interrogato se habbi sentito altre persone a discorrer di questo fatto, rispose: «Signorno, solo che essa Pirina».

Ad generalia disse: «Pirina è mia cugina, ma ho detto la verità», et iuravit.

A dì 29 luglio 1655.Fatta venire Lucia, moglie di Domenego del Bertholo, testimonio nominata, citata,

monita, esaminata et con protesto del giuramento interrogata, sopra le cose adimandate cosìrispose: «La seconda festa di santa Pasqua di Ressurrettione si attrovava a casa mia a cenaPirina di Bernardin Rampon, et mentre cenavimo la sudetta Pirina disse a Domenego, miomarito, et a me: "Non sapete chi ha fatto intrar li spiriti a Nicolosa di Osvaldo Campolino?Dicono che son stata io, ma non è vero perchè è stata Maria di Domenego Fabruzzo che li hafatto intrar li spiriti, per dispetto che Osvaldo, marito di detta Nicolosa, non haveva volutoper moglie una figliuola della sudetta Maria, avanti che tolesse la sudetta Nicolosa"».

Interrogata come sapesse essa Pirina che la sudetta Maria havesse fatto intrar li spiritia Nicolosa, rispose: «Nè io la adimandai, nemmeno essa me lo disse, et perciò di questo nonso».

Interrogata se Pirina dicesse come havesse fatto Maria a far intrar li spiriti a Nicolosa,rispose: «Nemeno di questo fu discorso cosa alcuna».

Interrogata, rispose: «Signor sì che la quadragesima io mi sentivo male et Domenego,mio marito, si doleva con essa Pirina et li diceva se sapeva qualche rimedio che loinsegnasse, la qual Pirina comenciò a guardarmi et poi disse che, // [2r] per haver io fattomolte creature, pativo mal di mare. Ma mi disse che dovessi far della panadelle con il butiroet oglio, et che per tre giorni le bevessi a digiuno, che sarei guarita. Da lì a tre overo quatrogiorni vene a ritrovarmi et mi adimandò se havevo fatto le panadelle. Io li risposi: "Sì", sebene non le havevo fatte, et mi sentiva di meglio, la quale mi diede mezo un buzzolado diquei forti. Lo mangiai et ne diedi parte ad una mia putella. Nè fu altro, nemeno mi replicòaltro di Nicolosa sudetta».

Ad generalia disse: «Pirina è cugina di Domenego, mio marito, ma ho detto la verità», etiuravit.

A dì 30 luglio 1655.Fatta venire alla presenzza dell'illustrissimo signor Silvio, Menega di Iacomo di

Candido, testimonio nominata, citata, monita, esaminata et con protesto del giuramentointerrogata, sopra le cose adimandate così rispose: «Un giorno di questa primavera, avantiche in questo locho si parlasse di strighe, essendo io andata in campagna a trovarl'habitador dell'illustrissimo domino Nicolò Giacomo, acciò mi dasse alqquanti ovi di occa dameter in covo, vi trovai lagiù Pirina di Rampon, la quale anchora essa era andata a ritrovarovi. Et, nel venire a casa, essa Pirina mi disse che Maria di Domenego Fabruzzo li havevafatto a Nicolosa Campolina et io li adimandai la causa, et essa Pirina mi disse perchè volevadar quel infante a quella puta, non facendo il nome nè dell'infante // [2v] nè della puta, et ioli risposi che non deve far una tale cosa, perchè: "A chi ha testa non mancha capello". Nè fudiscorso altro, solo che essa Pirina mi disse che era mia amica et che non vorebbe sadeghi.Ma non so quello volesse dire, se non volesse dire che non dovessi palesar ad alcuno quelloche mi haveva detto».

Interrogata se la sopradetta Pirina li dicesse come havesse fatto la sudetta Maria allasudetta Nicolosa, rispose: «Non mi disse altro».

Interrogata, rispose: «Signor sì che io ho sentito la sopradetta Nicolosa mentre siattrovava avanti l'immagine della beata Vergine a San Vido. Mentre era opressa dalli spiriti,si lamentava contra la sudetta Maria Fabruzza che essa l'haveva offesa. Et che l'ho sentitaanchora in questo locho, si lamentava della sudetta Maria et lo diceva che tutti la

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sentivano».Interrogata che cosa volesse dire la sudetta Pirina quando disse che Maria l'haveva

fatto a Nicolosa, rispose: «Stante che doppo, come ho detto, la sudetta Nicolosa si lamentaavanti la beata Vergine, credo che la sudetta Pirina volesse dire che la sopradetta Mariahavesse strigato la sudetta Nicolosa. Ma che ciò sia il vero, io non lo so».

Ad generalia recte et iuravit.

A dì 9 ottobrio 1655.Fatta venire a citazione di Anzolo officiale, donna Vegnuda, moglie di ser Pietro

Ragunatto, testimonio citata, monita, esaminata et con protesto del giuramento interrogata,alla presenza dell'illustrissimo domino Bortholamio sopra le cose adimandate così rispose:// [3r] «Può esser circa un mese, pocho più pocho meno, si attrovava Pirina di Bernardin diRampon, di questo luocho, a casa sua che scaldava il forno, che poi vene Maria di DomenegoFabruzzo detta Tavana et Paula di Luvise di Menon, le quali portavano il pane da meter nelforno. Et la sudetta Paula si partì et restorono solamente le sudette Maria et Pirina. Et io,che ho sospetto che siano strighe, me ascosi dietro il balcone del forno per sentir quello traloro discoressero et sentii la sudetta Maria che disse a Pirina: "Tu hai panderlo, nonbisognava pander al diavolo". Pirina diceva che non haveva panderlo, et Maria diceva de sì,et diceva che essa voleva farsi conoscer, et Pirina li disse che facesse quello si voleva. Ciò dame udito, mi partii, nè fu detto altro perchè anchora Maria andò via a casa».

Interrogata se sa overo se si può imaginare che cosa volesse dire la sudetta Mariaquando si lamentava che Pirina haveva panderlo, rispose: «Io non so, ma stante che Pirinaha detto a Domenego del Bertolo che non era stata essa quella che haveva fatto intrar lispiriti a Nicolosa Campolina, ma che era stata Maria // [3v] Fabruzza, perciò stimo che lasudetta Maria si dolesse di questo».

Interrogata che cosa volesse dire la sudetta Maria quando disse a Pirina che volevafarsi conoscer, rispose: «Io non so, se non volesse dire che essa volesse farsi conoscer, chenon so da che volesse farsi conoscer».

Interrogata, rispose: «Signor sì che è vero che è publica voce che Maria et Pirinasopradette siano strighe, anzi che io che fo ostaria dove capita assai gente che lo dicono».

Dicens: «Franceschina moglie di Bastiano Mazzolo quondam Leonardo, mi ha detto cheil detto Bastiano, suo marito, mentre andava a Venetia con Pirina sopradetta, la adimandò afede se sia vero che Maria Fabruzza sia striga, la qual Pirina li rispose dicendo così nonfusse».

Ad generalia recte et iuravit.

Fatto venire a citazione di Anzolo officiale il signor Lodovico, figliuolo del signorGiacomo Magnino, testimonio et cetera, citato, monito, esaminato et con protesto delgiuramento nel fine interrogato, ... sopra le cose adimandate così rispose: «Ho sentito diredalla gente, che hora non mi ricordo, che Pirina, moglier del quondam Bernardin Rampon daManiaco, ha detto che se essa veniva condotta a morte per striga, che anchor essa voràfarne abrugiar delle altre. Questo è il quanto vi posso dire in questo particolare».

Ad generalia recte et iuravit. // [4r]A dì 10 ottobre 1655.Fatto venire a citazione di Anzolo officiale Ioanne Bastiano Mazzolo, conteste nominato

in processo, citato, monito, esaminato et con protesto del giuramento interrogato, sopra lecose adimandate così rispose: «Può esser circa giorni quindeci che io andai a Muranoinsieme con Pirina di Rampon, et quando uscissimo dalla casa del Tazzarino, che era abon'hora nel far del giorno, Maria Fabruzza era sopra la sua porta, dove è una noghera perveder di nose, la quale ci adimandò dove andassimo. Io li risposi che andavimo per li fattinostri et Pirina disse: "Stimavo che alcuno ci vedesse ad andar a far li fatti nostri et ildiavolo ha portato costei a vederci, della quale non è una simil diavola dal levante alponente"».

Interrogato se nel viaggio havesse adimandato la sudetta Pirina se fusse vero cheMaria Fabruzza fusse striga et che Pirina li havesse risposto così non fusse, la rispose: «Ma

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alla fé non nemeno nel nostro viaggio non fu discorso di strighe».Ad generalia disse: «Maria è mia ameda da conto della mia moglie, ma ho detto la

verità». Et iuravit.

Fatta venire alla presenza dell'illustrissimo signor Bartholamio Franceschina, moglie diBastiano Mazzolo, conteste nominata in processo, citata, monita, esaminata et con protestodel giuramento interrogata, sopra il particolare adimandatoli così rispose: «Signor sì che //[4v] Bastiano mio marito li giorni passati andò a Murano con Pirina Rampona detta Taier, etquando fu ritornato a casa mi disse in discorso mi disse che la sopradetta Pirina li havevadetto che la sudetta Maria Fabruzza sia la magior striga che fusse al mondo. Altro io non viso dire».

Ad generalia disse: «Maria è mea ameda, ma ho detto la verità». Et dimissa fuit absqueiuramento iustis de causis, et cetera.

A dì 13 ottobrio 1655.L'illustrissimo signor Bartholamio veduto il presente processo et considerato la

continenzza di quello, ha ordinato sia citata Pirina Rampona a render informata la giustiziadi quanto et cetera, et ciò nel termine de giorni 3.

Consorti di Maniaco.... per quemlibet iuratum nuntium si cita avanti di nui et questo nostro tribunale, in

termine de giorni tre presi doppo la presentazione di questo, Pirina Rampona da questolocho per render informata la giustitia di quanto sia ricercata.

Maniaco, li 13 ottobrio 1655.

A dì detto.Riferise Anzolo officiale hoggi haver presentato il detto mandato a Pirina Rampona in

persona trovata.

A dì detto.In esecutione della sudetta citazione, venuta Pirina Rampona et constituita alla

presenza dell'illustrissimo signor Bartholamio, fu adimandata se sa che cosa la giustitiaprettenda da lei, rispose: «Io non so, ma se voi mi adimandarete vi responderò». // [5r]

Interrogata se conosce Maria Fabruzza detta la Tavana di questo locho, rispose:«Signor sì che la conosco».

Adimandata per qual causa essa Pirina imputi la sudetta Maria da striga, rispose:«Non sarà mai vero che io habbi mai imputato la sudetta Maria da striga, ma sì che la tengoper femena da bene».

Detoli: «Tu non puoi negare di non haverla imputata da striga, perchè tu sei conventada testimonio, però dirai la verità», rispose: «Un giorno venendo da tavella insieme a Menegadi Iacomo di Candido et li dissi che la nora del Campolino era stata schongiurata nellachiesa di San Rocco, la quale disse che li è intrato per invidia».

Detoli: «Queste tue bugie non sono a proposito, perchè tu hai detto a più testimoniidegni di fede che la gente diceva che tu havevi fatto intrar li spiriti a Nicolosa, nora delCampolino, ma che non eri stata tu, che era stata Maria Tavana. Perciò rissolviti di dire laverità», rispose: «Non si troverà mai che io l'habbi detto et che ... meglio che posso».

Interrogata se la seconda festa di Pasqua di Ressurectione fusse stata a cena a casa diDomenego del Bertholo et ivi haver profferito le sudette parole, rispose: «Io non mi ricordo,nè so di haverlo detto».

Detoli: «Non solo levasti la fama alla sudetta Maria, ma ancho pregasti quelli alli qualidicevi che Maria Tavana haveva fatto // [5v] intrar li spiriti a Nicolosa che tacessero, chenon volevi intrighi; perciò non puoi negare di non haverlo detto», rispose: «Non si troverà maiche io l'habbi detto».

Detoli: «Non occore a negare di non haver detto che Maria habbi fatto intrar li spiriti a

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Nicolosa, perchè sei convinta da molti testimonii degni di fede; perciò bisogna che tu sappicome essa Maria Tavana habbi fatto intrar li spiriti a Nicolosa sudetta, overo che tu li haifatti intrar con male arti. Perciò sarà bene per te che tu dichi la verità», rispose: «Una cosache io non ho detto non la posso notar et se scrivesti 300 anni mai trovarete che habbi dettoquello che voi ne interrogate».

Adimandata che cosa habbi poi detto, rispose: «Solo che quello ho detto di sopra, cioèche havevano scongiurato Nicolosa Campolina alla chiesa di San Rocco et che il spiritodiceva che era intrato per invidia. Altro non ho detto».

Detoli: «Non solo hai infamato la sudetta Maria che habbi fatto intrar li spiriti aNicolosa Campolina, ma ancho l'hai imputata che sia la magior diavola che sia al mondo»,rispose: «Quando era partita di casa mia per andar a Murano a trovar mia figliola, quandofussi ivi fuori della mia porta, che era a bon'hora, vedei la sudetta Maria sopra la sua porta.Anzi, mi feci meraviglia che ivi era a quell'hora, ma non dissi altro».

Fu amonita a racontar la verità, altramente la giustitia la farà serar in prigione // [6r]per havere da lei la verità, rispose: «Quello che non so, non lo posso dire».

Et factis interrogationem negavit.L'illustrissimo signor Bartholamio antedicto, stante che la sudetta Pirina non vole

confessar la verità, ha ordinato all'officiale che condur debba quella alle prigioni et haverlibuona custodia, donec et cetera.

A dì 20 ottobrio 1655.Conferito io Giovanni Battista Fannio, canceliero di Maniaco, alle prigioni, mandato a

chiamare da Pirina Rampona, la quale pregò me dovessi scrivere così dicendo: «Signor ...cancelliero, io prego la giustizia che vogli comiserare al mio stato nel quale mi ritrovo,essendo in età senile, povera et senza alcuno che mi soministri alcun suffraggio. Perciòsupplico la giustizia degnarsi di darmi la libertà, che io non havendo potuto ritrovare alcunoche faci sigurtà per me, prometo ritornare nelle forze di questa giustizia ad ogni minimo cenodell'illustrissimi signori consorti. Che perciò io alligo tutti li miei beni in qual si vogliaesestenti che in mancanzza di mia obedienzza, come di sopra promessa, mi contento che limiei beni restino in locho di sigurtà. Che perciò prego voi cancelliero mostrar et ...all'illustrissimi signori consorti con pregarli haver mi ... // [6v] presenti ... et Zacomo diBernardin de ..., et cetera».

L'illustrissimo signor Bortholamio, uno de signori consorti, facendo a nome suo et dellialtri consorti, veduta la sudetta instanzza, con le obbligazioni in quella fatte, ha ordinato sialasciata di prigione la sudetta Pirina, donec et cetera.

A dì 28 ottobre 1655.Fatto venire messer Giacomo Campolino et costituito all'officio della cancellaria, così

esponendo disse: «Io ho grande sospettione che Pirina Rampona sia femena che usi strigarie,poichè si dice che ha detto a Domenego del Bertholo, il quale è suo cugino, et ancho ad altri,che Maria Tavana detta Fabruzza habbi fatto intrar li spiriti a Nicolosa, mia nora. Et essaNicolosa, quando è travagliata dallo spirito, tutti la sentono che dice et si dole che la sudettaPirina, Maria Fabruzza et sua figliuola che: "Sono tre diaolone", et che: "Pirina Taier, MariaTavana et sua figluola mi hano fatto intrar qua, ma se vado fuori" et cetera, et simile parole,che poi quando è ritornata in sè non sa quello habbi detto. Che pertanto io ho grandesospetto et di costoro et tanto magiormente che Menega, figliuola della sudetta Maria, liportò un confetto, la quale Nicolosa non lo voleva, ma poi lo tolse. // [7r] Et di lì a pocoritornò la sudetta Menega insieme con Maria sua madre et la adimandarono se il confetto lihaveva fatto servitio, che non so nemeno se li rendesse la risposta, solo che dall'hora in poi èsempre andata dal mal in peggio. Che poi quando è travagliata, si duole come ho detto disopra, la quale sempre nomina le sudette Maria Tavana, sua figliuola et Pirina Taier. Anziche ritrovandomi a San Vido alla devotione della beata Vergine et Nicolosa travagliatadolendosi in chiesa di Pirina, ivi presente si attrovava il signor Dario Manzon, il qualehavendo sentito a nominar Pirina Taier, esso signor Dario disse: "Costei è quella che l'havevafatto anchora a mia sorella, moglie di ser Christofforo Fabris da Maniago". Et un'altra volta

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essendo in conversatione con ser Iacomo Magnino, esso mi disse che quando lui fusseesaminato direbbe anchor lui qualche cosa. Onde, per tutte le sudette cause, ho sospettodelle sudette Pirina, Maria et Menega».

A dì 2 novembre 1655.Fatto venire Antonio Bozzo da Maniaco, testimonio et cetera, citato, monito, esaminato

et con protesto del giuramento interrogato, sopra le cose adimandate così rispose: «Io hosentito il volgo a dire che Pirina Rampona sia una striga, ma però, o che sia o che non sia, ionon lo so».

Interrogato se sapi qualche particolare contra la sudetta Pirina o altri, rispose: «Nonper Dio, che non so altro, solo che quello ho detto di sopra». Et tactis et cetera.

Ad generalia recte et iuravit. // [7v]

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