Strage di Bologna, 2 agosto 1980

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Numero 8 agosto 2012 2 Agosto 1980

Transcript of Strage di Bologna, 2 agosto 1980

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La redazione:

[email protected]

http://www.diecieventicinque.it/ 1968

Pag. 3 E’ nel cuore torbido delle istituzioni che vanno ricercati i mandanti. di Salvo Ognibene

Pag. 4 - 5 Intervista a PAOLO BOLOGNESI, Presidente dell’associazione delle vittime della strage di Bologna di Beniamino Piscopo e Salvo Ognibene

Pag. 6 - 7 La verità, quella giudiziaria. di Valeria Grimaldi

Pag. 8 2 Agosto 1980. In attesa della storia di Danilo Palmeri

di Salvo Ognibene

Stazione di Bologna: 2 agosto 1980, ore

10:25, nella sala d'aspetto di 2ª classe

della stazione di Bologna, un ordigno a

tempo, contenuto in una valigia

abbandonata, esplose.

Un boato , 85 morti, 200 feriti e le

lancette di quell’orologio che si

fermarono.

Per la Strage politica di Bologna esiste

una verità giudiziaria. Condannati come

autori materiali della strage i terroristi di

destra Giuseppe Fioravanti, Francesca

Mambro e Luigi Ciavardini, che, ad ogni

modo, continuano a dichiararsi innocenti.

Sui mandanti, invece, non esistono

certezze.

“E’ nel cuore torbido delle istituzioni che

vanno ricercati i mandanti” recita il

manifesto dell’associazione delle vittime

del 2 agosto per il 32° anniversario

ricorso ancora senza verità.

L’associazione dei parenti delle vittime

nata con lo scopo di "ottenere con tutte le

iniziative possibili la giustizia dovuta”.

DIECIeVENTICINQUE a Bologna vuol

dire qualcosa.

E’ un simbolo, un orologio interrotto con

quelle ferme lancette che stiamo provando

a rimettere in moto. Quell’orologio è il

simbolo di una storia, che ci unisce e che

da nord a sud ci rende uguali.

Bologna come Palermo. Palermo come

Bologna. Due città tanto vicine quanto

lontane, vicine come le verità mancanti,

lontane come quell’aereo che non arrivò

mai a destinazione ma che si squarciò in

volo e scomparve in mare, nei pressi di

Ustica.

Verità che mancano, troppe. Pezzi dello

Stato che segnano la storia,

negativamente, tra depistaggi, servizi

segreti , piani oscuri e un popolo, un

paese, da sud a nord che lotta insieme

ricercando sempre la pubblica verità.

Nord e sud, partigianeria e rivoluzione

antimafia, unite da un’unica resistenza.

Pertini, che in quel tragico sabato si recò

subito nella città felsinea, in lacrime

affermò: “non ho parole, siamo di fronte

all’impresa più criminale che sia avvenuta

in Italia”.

Dopo due anni di assenza, le istituzioni

nazionali tornano a Bologna ma soltanto

in parte.

Non si presenteranno sul luogo della

strage ma presenzieranno soltanto alla

ricorrenza in Comune.

Come a dire, lo Stato c’è ma non troppo.

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Da allora la fiducia nello Stato nel corso

degli anni è diminuita o aumentata?

Per quanto riguarda noi, senza fiducia

nelle istituzioni non avremmo nemmeno

un senso da dare a quest’associazione.

Con la nostra presenza e la nostra ricerca

noi vogliamo dare una mano alle

istituzioni. Un conto è lo Stato, fare

valutazioni su chi ne ricopre le cariche è

un altro.

Qualcuno dice cinicamente che lo Stato

non può condannare se stesso. Lei è

d’accordo con questa affermazione?

Questa è un’affermazione generica che

semplifica troppo le cose. Ricollegandomi

periodo della strage di Bologna, tutti i

vertici dei servizi fossero iscritti alla P2.

Chi è stato?

Facciamo un discordo molto chiaro. In

Italia ci sono state tredici stragi, escluse

quelle di mafia. In tutte non si è arrivati

ai mandanti, in tutte abbiamo avuto i

servizi segreti che hanno cercato di

depistare, proteggendo gli esecutori

materiali. In alcuni casi si è arrivati a

trovare gli autori materiali attraverso i

collaboratori di giustizia. Una sola volta

per via giudiziaria: nel caso della strage di

Bologna. Ora, i vertici dei servizi sono

nominati dalla presidenza del consiglio,

quindi è lì che bisogna cercare i mandanti,

quelli che hanno la responsabilità politica

delle stragi. Una prova che non si sta

parlando di fantapolitica ne è la trattativa

tra Stato e mafia nei primi anni novanta,

che oggi è ormai un fatto indiscutibile.

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di Beniamino Piscopo e Salvo Ognibene

La domanda che credo tutti si siano fatti

ripensando al 2 Agosto è “perché?”.

Tutti gli atti, anche i più brutali, hanno

uno scopo o una logica seppur orribile.

Qual è il senso di quella bomba?

Creare una situazione di tensione,

affinché l’opinione pubblica fosse

orientata verso un blocco moderato. Noi

abbiamo avuto un periodo piuttosto lungo

in cui il regolare corso democratico del

nostro paese è stato condizionato da stragi

e terrorismo. Prima c’è stata la strategia

della guerra rivoluzionaria promossa

dall’istituto Pollio, quella che considerava

qualsiasi metodo, anche il più

riprovevole, lecito e giusto purché il

partito comunista non andasse al governo

. Poi c’è stata la strategia della loggia P2

che prevedeva lo svuotamento

dall’interno delle istituzioni attraverso il

controllo di quest’ultime: il cosiddetto “

piano di rinascita”. Non è un caso che nel

Jose

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Tu

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Intervista aPAOLO BOLOGNESIPresidente dell’associazione delle vittime della strage di Bologna

ha dato il suo impegno nell’associazione? Vedere che l’associazione è diventata un punto di riferimento a livello internazionale, anche per studiosi esterni. A volte capita che le ambasciate che hanno visto i propri concittadini coinvolti in incidenti qui in Italia, chiamino prima noi e poi il ministero degli interni. Questo giornale si chiama Diecieventicinque perché crediamo che il modo migliore per evitare che simili fatti si ripetano sia conservarne la memoria. Lei vede questa consapevolezza nelle nuove generazioni? Si, la vedo. Facciamo molta attività nelle scuole ed è bello vedere i ragazzi reagire con partecipazione alle nostre iniziative. Penso anche alle commemorazioni che ogni anno celebriamo il 2 Agosto qui a Bologna in ricordo della strage. Ogni anno di giovani ne vedo sempre di più e sempre più consapevoli. Lo considero un segnale importante: vuol dire voler esserci.

al discorso di prima, io credo nelle istituzioni, la valutazione su chi ricopre le cariche è un altro conto. Crede che un periodo difficile, pieno di tensioni sociali come questo, possa ricreare le condizioni che portarono alle stragi? Oggi sarebbe possibile un nuovo 2 Agosto?

È un momento che può portare a rivivere situazioni molto tragiche. Ovviamente il quadro è molto diverso da allora, tuttavia oggi c’è un movimento tra i partiti e un rimescolamento che può scombussolare le carte, creare dei vuoti di potere a cui bisogna stare molto attenti. Inoltre oggi con la rete è molto più semplice organizzarsi. Qual è lo scopo dell’associazione? Avere giustizia, che per noi significa sapere la verità. Conoscere gli esecutori materiali è importante ma il cerchio si chiuderà quando e se si arriverà ai mandanti. O arrivi a svelare e punire determinate azioni in via giudiziaria, oppure sei condannato a riviverle

La Corte definisce la sentenza pronunciata dalla Corte d'Assise di Bologna quale "illogica, priva di

coerenza, non ha valutato in termini

corretti prove e indizi, non ha tenuto

conto dei fatti che precedettero e

seguirono l'evento, immotivata o

scarsamente motivata, in alcune parti i

giudici hanno sostenuto tesi inverosimili

che nemmeno la difesa aveva sostenuto".Il nuovo processo d'appello, con sentenza del 16 maggio 1994, conferma l'impianto accusatorio ricostruito nel processo di primo grado, salvo l'assoluzione degli

costantemente, senza arrivare alla parola fine su questa strategia che ha frenato lo sviluppo democratico del nostro paese.

Dopo dieci anni è arrivata la sentenza definitiva della cassazione sui fatti della Diaz, che ha decapitato i vertici della polizia. È un segnale positivo? Può fare da caso apripista per avere in Italia una giustizia vera e terza?

Certo, secondo me si. È solo un fatto positivo che ci sia stato un riconoscimento delle responsabilità di alti vertici delle istituzioni. Anche qui però mancano i politici. Crede sul serio che potrà mai venire a galla la verità sulle stragi?

Perché no? Noi ci proviamo. Ci impegneremo affinché si rendano pubblici i documenti dei tribunali e continueremo a portare avanti la nostra battaglia per l’abolizione del segreto di Stato. Sono sfide proibitive ma se non ci provi non potrai mai vincerle. Qual è la soddisfazione più grande che le

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all’isolamento: è una castrazione, è la

rinuncia a una parte importante dei

sentimenti e della vita di relazione.

Alla luce di tutto questo vi starete

chiedendo: lo rifaresti? Sì, lo rifarei.

E il mio gesto è la mia eredità per i miei

figli, i miei genitori, i miei amici. Io sono

un uomo onesto. Incensurato, se questo

serve per confermare il mio stato. Non

sono diventato testimone di giustizia

masticando certe terminologie, certi

codici, stringendo talvolta o per sbaglio

qualche mano collusa. Non avevamo in

famiglia nessun mafioso.

Ecco perché quando nel gennaio del 1995

mi han chiesto di sottoscrivere il docu-

mento per la richiesta di un protocollo

definitivo, sono rimasto senza parole.

Anzi, a bocca chiusa. Come quando

non si ha nemmeno più la forza di

controbattere. Il documento era lo stesso

che usavano i pentiti. Il primo punto

richiedeva di impegnarsi a non commet-

tere più reati. Reati, ma quale reati? Li ho

denunciati, non commessi. Per non

rimanere senza protezione ed essere

costretti a tornare a casa con tutti i rischi

che ciò avrebbe comportato, fui costretto

a firmare, ma con un senso di nausea.

Giuro che questa è stata tra le peggiori

cose che mi sono capitate.

La domanda di protezione firmata

avrebbe dovuto avere una durata annuale

anche'essi parte del movimento "Ordine

Nuovo"; Sergio Picciafuoco, un

pregiudicato per delitti comuni, da più

anni latitante, legato ai movimenti di

destra eversiva, in particolare al

movimento dei NAR e all'organizzazione

denominata "terza posizione".

Il primo grado, con sentenza dell'11 luglio

1988 porta alla formula dubitativa dei

maggiori imputati in relazione ai delitti di

costituzione, organizzazione e

partecipazione relativa ad un’associazione

con fine di terrorismo ed eversione (art.

270 bis c.p.); alla condanna degli imputati

Fachini, Fioravanti, Mambro, Signorelli,

Cavallini e Giuliani, Picciafuoco e Rinani

in relazione ai delitti di costituzione,

organizzazione e partecipazione relativi a

una banda armata (art. 306 c.p.);

all'assoluzione con formula dubitativa gli

imputati Signorelli e Rinani e alla

condanna di Fachini, Fioravanti, Mambro

e Picciafuoco in relazione al reato di

strage; alla condanna di Gelli, Pazienza,

Musumeci e Belmonte in relazione al

delitto di calunnia, con l'aggravante della

finalità di eversione e terrorismo.

Però, davanti alla Corte d'Assise di

Bologna, il quadro dell'esito cambia:

vengono assolti tutti gli imputati dal reato

di costituzione, organizzazione e parteci-

pazione ad un'associazione con fine di

terrorismo ed eversione; assolti per il

delitto di banda armata gli imputati

Signorelli, Picciafuoco, Melioli, Rinani e

Fachini; assolti per il reato di strage per

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di Valeria Grimaldi

L'iter giudiziario della Strage alla stazione

di Bologna fu tutt'altro che fluido e

lineare.

La condotta delle indagini si mosse su tre

filoni: il primo riguardante l'evento

bolognese, la bomba esplosa alle 10:25 di

sabato 2 agosto 1980, provocando 85

vittime e 200 feriti; il secondo riguardante

il depistaggio che ha coinvolto le

indagini; il terzo riguardante

l'accertamento di una strategia

eversivo-terroristica dispiegatasi nel corso

di più anni. Sin dalle prime fasi subito

dopo la tragedia, si cercano di raggirare

sul vero movente e sui soggetti che

l'avevano messo in atto. Si era cominciata

ad avvallare l'ipotesi di un caso fortuito,

lo scoppio di una caldaia, ma a seguito

delle dovute ispezioni e rilievi effettuati,

la natura dolosa dell'atto prende corpo

palesando la natura terroristica. Le

indagini si indirizzano verso l'area del

terrorismo nero: il lavoro svolto dalla

Procura della Repubblica di Bologna

aveva portato, già a fine Agosto, ad un

quadro accusatorio verso ideatori e

depistatori; ma l'indagine viene trasferita

all'ufficio istruzioni e da lì spezzata, con

una parte dell'inchiesta (quella relativa

all'indagine sull'associazione eversiva)

inviata per competenza a Roma. Si cercò

di depistare ulteriormente le indagini

seminando l'ipotesi, ripresa anche dalla

stampa nazionale, della pista

internazionale: il più grave atto di

depistaggio fu quello messo in atto dai

vertici del SISMI che fecero porre in un

treno a Bologna una borsa contentente lo

stesso esplosivo utilizzato per la strage del

2 agosto e oggetti personali di due

estremisti di destra, uno francese e uno

tedesco.

Il 19 gennaio 1987 comincia il processo

di primo grado: i maggiori imputati

dell'intero processo sono Giuseppe

Valerio Fioravanti e Francesca Mambro,

neofascisti dei NAR (Nuclei Armati

Rivoluzionari); Licio Gelli, ex capo della

P2; Francesco Pazienza, ex capo del

Sismi; gli ufficiali del servizio segreto

militare Pietro Musumeci e Giuseppe

Belmonte; Paolo Signorelli, Massimiliano

Fachini, esponenti di spicco del

movimento eversivo "Ordine Nuovo";

Roberto Rinani e Giovanni Melioli ,

Jose

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, U

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Nella foto: Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti

La verità, quella giudiziaria.

non aver commesso il fatto tutti gli

imputati; assolti con stessa formula dal

reato di calunnia gli imputati Gelli e

Pazienza, ed invece vengono confermate

le responsabilità degli imputati Musumeci

e Belmonte, escludendo però l'aggravante

della finalità terroristico-eversiva.

La Corte di Cassazione, ultimo grado di

giudizio, respinge l'esito del processo

d'appello: con sentenza del 12 febbraio

1992 annulla e rinvia gli imputati per i

reati di strage e loro connessi, per il reato

di banda armata e per il reato di calunnia,

compresa l'aggravante della finalità

terrosistico-eversiva.

La Corte definisce la sentenza

pronunciata dalla Corte d'Assise di

Bologna quale "illogica, priva di

coerenza, non ha valutato in termini

corretti prove e indizi, non ha tenuto

conto dei fatti che precedettero e

seguirono l'evento, immotivata o

scarsamente motivata, in alcune parti i

giudici hanno sostenuto tesi inverosimili

che nemmeno la difesa aveva sostenuto".

Il nuovo processo d'appello, con sentenza

del 16 maggio 1994, conferma l'impianto

accusatorio ricostruito nel processo di

primo grado, salvo l'assoluzione degli

imputati Massimiliano Fachini e Roberto

Rinani per il reato di banda armata e

strage.

La Cassazione, con sentenza del 23

novembre 1995, chiude il difficile ed

altalenante iter giudiziario riguardante la

strage alla stazione di Bologna del 2

agosto 1980, confermando il quadro

costruito nel processo di primo grado e

confermato dal processo di rinvio della

Corte d'Assise di Bologna.

Nonostante questa vittoria (se così

possiamo definirla), della giustizia contro

uno dei momenti più bui della nostra

storia, purtroppo il processo della Strage

di Bologna costituisce uno dei rari spiragli

di luce all'interno del quadro che ha

caratterizzato quegli anni. Insieme a

questo, sono state pronunciate condanne

definitive solo per la strage alla Questura

di Milano e per la strage del rapido 904.

Le stragi che hanno caratterizzato la

cosidetta strategia della tensione,

rimarranno senza colpevoli?

"Una delle cause, per cui i processi nelle

altre stragi si sono chiusi con un nulla di

fatto, è da ascriversi ai depistaggi che

hanno avuto successo e ai collegi di

difesa che si sono divisi affermando,

molte volte, convinzioni di singoli

avvocati. I depistaggi arrivarono a volte a

provocare perfino la divisione all'interno

dei collegi di difesa delle parti civili."

Associazione tra i familiari delle vittime

della strage alla Stazione di Bologna del 2

agosto 1980

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destra Giuseppe Fioravanti, Francesca

Mambro e Luigi Ciavardini, che

continuano a dichiararsi innocenti.

Sui mandanti, invece, come spesso accade

in Italia, non esistono certezze. In

compenso, non mancano supposizioni,

dichiarazioni, depistaggi che si

susseguirono dal giorni dopo la strage e

non intendono fermarsi.

E pensare che c’è chi, come

L’Associazione delle vittime delle stragi,

si batte per ottenere la “giustizia dovuta”.

C’è stato pure chi, come Cossiga, in una

lettera al Corriere della sera del 2008, ha

dichiarato convinto che la strage non

sarebbe imputabile al terrorismo nero, ma

ad un “incidente” di gruppi della

resistenza palestinese operanti in Italia.

Tesi demolita dal “comandante Carlos”

che tira in ballo in ballo addirittura la Cia.

Anni di fango. Così vennero ribattezzati

gli anni che seguirono gli anni di piombo.

E dal fango di quegli anni un’altra

vittima, la più illustre, si aggiunge alle 85

che provocò quella bomba: la verità.

Perché a più di 30 anni di distanza non si

riesce a far luce, fino in fondo, su questa

brutta vicenda. La parola fine a questo

caso tutto italiano la porrà la Storia. Storia

che di certo non disdegnerebbe un aiuto

da parte dello Stato, per chiarire le zone

d’ombra. Stato che troppo spesso ha

preferito, tradendo un principio

evangelico, tacere. Perché la verità rende

liberi. Non sia mai.

tendeva a controllare e condizionare la

politica, tramite una drammatica sequenza

di eventi. Roba vecchia, storia del secolo

scorso.

Obiettivo delle stragi che falcidiarono

l’Italia dal 1969 era quello di turbare

l’ordine pubblico per poi trovarsi

legittimati nel ristabilirlo con metodi poco

ortodossi e ancora meno democratici. A

conferma di tale ipotesi nei primi mesi di

marzo del 1981, veniva a galla la storia

della Loggia Massonica Coperta

Propaganda 2. Licio Gelli si

materializzava al grande pubblico. Un

pubblico fatto di sudditi, impotente. Gente

poco importante. Di persone importante,

invece, Gelli ne conosceva tante. Da

tempo. Negli elenchi della P2 c’erano i

nomi di Magistrati, alti ufficiali,

parlamentari, ministri. E poi:

imprenditori, direttore di giornali,

giornalisti ecc. Scusate se è poco.

Per la Strage politica di Bologna esiste

una verità giudiziaria. Condannati come

autori materiali della strage i terroristi di

08

di Danilo Palmeri

Il 2 agosto 1980 un’Italia ancora scossa

dalla strage aerea di Ustica si preparava

alle immeritate vacanze. Radio Vaticana

passava la voce di un Papa giovane e

straniero, eletto due anni prima, dopo 456

anni di privativa italiana. Pertini era

Presidente della Repubblica. Cossiga

presiedeva il suo secondo governo

sostenuto da DC, Psi e PRI. Alle 10.25 un

ordigno a tempo, piazzato nella sala

d’aspetto di seconda classe della stazione

di Bologna, compiva un atroce dovere.

Nel pomeriggio, l’onnipresente Pertini,

visitava l’ospedale Maggiore dove era

stata allestita una delle tre camere

mortuarie. Applauditissimo, naturalmente.

In quei momenti concitati Pertini

dichiarava: "Signori, non ho parole, siamo

di fronte all'impresa più criminale che sia

avvenuta in Italia". Impresa criminale, è

vero. Ma non unica. Infatti la strage di

Bologna può essere inquadrata in una

prospettiva che porta il nome di strategia

della tensione. In un’epoca in cui il

mondo era diviso in due blocchi, esisteva

un meccanismo, non sempre univoco, che

Jose

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, U

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Nella foto: Francesca Mambro e Giuseppe Valerio Fioravanti

2 Agosto 1980. In attesa della storia

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Stazione Bologna Centrale

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Copertina: Flavio Romualdo GarofanoSito web: Salvatore Naso Impaginazione e grafica: Ida Maria Mancini

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