Strade del Meridione - Aprile 2011

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S trade del M eridione Rivista dei Capi Calabresi dell’AGESCI aprile 2011 CONVEGNO CRESCERE 2.0 ________________ JAMBOREE 2011 SVEZIA ________________ CENTRO NAUTICO FATA MORGANA ________________ CONTAMINA ZONE ________________ SPECIALE: IL CAPO GRUPPO -Il tessitore -la storia -A ciascuno.. -Il diario -Le rape -La carota Le Buone Prassi “Noi, per dire le cose, le facciamo” Educare alla Fede Abitare la Terra Preghiera del Capo gruppo Reggio non tace grazie al MASCI Il Capo gruppo LE RUBRICHE

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La rivista dei Capi Calabresi dell'AGESCI

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StradedelMeridioneRivista dei Capi Calabresi dell’AGESCI aprile 2011

CONVEGNOCRESCERE 2.0________________JAMBOREE 2011SVEZIA________________CENTRO NAUTICOFATA MORGANA________________CONTAMINAZONE________________SPECIALE:IL CAPO GRUPPO

-Il tessitore

-la storia

-A ciascuno..

-Il diario

-Le rape

-La carota

Le Buone Prassi

“Noi, per dire le cose, le facciamo”

Educare alla Fede Abitare la Terra

Preghiera delCapo gruppo

Reggio non tacegrazie al MASCI

Il Capo gruppo

LE RUBRICHE

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SdM L’EDITORIALEGli articoli sono arrivati quasi tutti, le mail e le telefonate di Gino si fanno sempre più frequenti, è tempo che mi metta a scrivere l’editoriale. E’ l’ultimo che scrivo da Responsabile regionale.Scorro l’indice, mi immergo nella let-tura degli articoli, sono interessanti e nel complesso viene fuori una gran bella vitalità. Avete presente il dipinto di Bruegel il vecchio “giochi di bambi-ni”? Una scena di grande dinamismo, brulicante di personaggi colorati, tut-ti contemporaneamente in attività, in movimento, variamente coinvolti, operosi. Ecco, è questa l’immagine che associo alla vivacità espressa dal-le narrazioni delle diverse esperienze vissute in quest’ultimo periodo nella nostra regione che contribuiranno a rendere ricco e vario questo numero.Uno spazio di tutto rispetto viene ri-servato alla figura del Capo Gruppo. Daniele Campolo ci racconta il campo per Capi Gruppo, la bella esperienza frutto di confronto e collaborazione con la Formazione Quadri Toscana vissuta nel dicembre ’09 e riproposta dalla Fo.Ca. regionale nell’anno scout in corso. Marco Colonna si sofferma su una delle caratteristiche principali del Capo Gruppo, quella cioè di esse-re facilitatore di relazioni all’interno della Comunità Capi. Sandro Repaci ci propone un excursus storico sul Capo Gruppo, figura delineata già a partire dagli anni ’60 sia in ASCI che in AGI (Capo Ceppo) anche se con caratteristiche differenti, e ripercorre l’evoluzione di questo ruolo fonda-mentale per il funzionamento dell’as-sociazione.

Nuovi nell’approccio, avvincenti nel-la trattazione gli articoli dei nostri va-lenti Incaricati regionali alle Branche: Topper, Sergio e Gianfranco. Hanno tutti e tre immaginato di rivolgersi ad un Capo Gruppo ed in maniera originale ognuno di loro ha illustrato situazioni, casi, problematiche, pecu-liarità, contenuti pedagogici, emer-genze educative, proiezioni future, speranze, che la vita delle singole branche esprime. Rosanna Silvaggio Responsabile di Zona dei Normanni e Matteo Puglie-se, componenti il “Labozone”, descri-vono il percorso che ci condurrà il 13-14 e 15 maggio 2011 a vivere l’ormai imminente Incontro regionale per Consigli di Zona. I contenuti del per-corso hanno accompagnato la vita dei nostri Consigli durante il corso dell’anno senza sovrapporsi ai pro-grammi che ogni Consiglio di Zona aveva ipotizzato, piuttosto offrendo spunti che, seguendo le cadenze or-dinarie, le tematiche attinenti agli scopi statutari propri del livello zo-nale, hanno supportato le normali attività. L’obiettivo di fondo di tutto percorso, come è ormai noto, trae origine dal nostro Progetto regionale che ha recepito, tra le altre, l’esigen-za di “superare le situazioni di auto-referenzialità presenti sia all’interno dell’Associazione che nei confronti della realtà esterna, valorizzando la dimensione comunitaria negli aspet-ti: relazionali; progettuali; di apparte-nenza sia sociale (politica) che asso-ciativa. L’incontro si propone come momento privilegiato di confronto e opportunità per irrobustire e dare slancio alla vita delle nostre Zone, ef-fetto collaterale: ricaduta positiva sul-le Comunità Capi rappresentate dai loro Capi Gruppo, primi protagonisti dell’evento. Quando un manifesto si scolla dal muro può capitare che le parole co-mincino a viaggiare per le strade e divengano incontro, festa, preghiera. Se poi il manifesto in questione è il nostro “Manifesto culturale” succede che ci si guarda intorno e prendono l’avvio in diverse Zone e Gruppi le at-tività più varie che testimoniano una presenza della nostra Associazione più aperta al dialogo con altre re-altà, più responsabile e attenta nei

SOMMARIO2 - EDITORIALE4 - EDUCARE ALLA FEDE rubrica Preghiera del capo gruppo5 - ABITARE LA TERRA rubrica8 - CHI HA PAURA DELL’ACQUA?9 - SPECIALE: IL CAPO GRUPPO 10 - IL TESSITORE 12 - LA FIGURA 13 - L/C 14 - E/G 15 - R/S 16 - DAL CAMPO PER CG17 - JAMBOREE 201118 - LE BUONE PRASSI rubrica 19 - REGGIO NON TACE20 - DAL CONVEGNO CRESCERE 2.022 - CONTAMINA ZONE

Reg. Trib. di Lamezia Terme n° 68/87C/o AGESCI CalabriaVia Trento, 47 Lamezia Terme ( CZ)

Direttore Responsabile: Labate Mangiola BrunaRedazione: Gino Arcudi Stefania Grasso Marco Colonna Antonio D’Augello (web) Vincenzo Baglio (foto) Pasquale Topper Romeo (foto) Gaetano Spagnolo (grafica)Stampa RubbettinoSTAMPATO SU CARTA RICICLATA100%

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in fondo sempre nella ricerca condi-visa di un superamento. Impagabile l’esercizio continuo e autentico di una diarchia sperimentata giorno per giorno come incontro di sensi-bilità differenti “costrette” a misu-rarsi, capaci proprio per questo di individuare in maniera creativa so-luzioni condivise, più ricche, nel ri-spetto reciproco e della “congiunta” responsabilità associativa. Fraterna, intensa, feconda, la vita di comitato, una squadra fortunatamente etero-genea e coesa, quanto lavoro! Ma che soddisfazione riuscire insieme a tirare fuori nuove proposte, ad elaborare, a non accontentarsi dei risultati raggiunti ma a guardare sempre in avanti con fiducia ed entusiasmo. Quanta strada fatta in Consiglio regionale per affermarne la centralità, la dignità di “motore” associativo, la bellezza di “luogo del discernimento e della profezia”!Infine, positiva, arricchente, la di-mensione nazionale, importante il confronto allargato, paritario con le altre regioni, significativo il rap-porto con i Presidenti, i Capi Scouts, l’Assistente Generale. Il mandato che è giunto a compi-mento, lascia in me una sensazione di pienezza per tutto quello che ho ricevuto, per il resto mi vengono in aiuto le parole di Mons. Oscar Ar-nulfo Romero:[…] noi piantiamo semi che un gior-no nasceranno. Noi innaffiamo semi già piantati, sa-pendo che altri li custodiranno. Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà.Non possiamo fare tutto, però dà un senso di liberazione l’iniziarlo. Ci dà la forza di fare qualcosa e di far-lo bene. Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino.Un’opportunità perché la grazia di Dio entri e faccia il resto.

È stato per me un privilegio poter servire e rappresentare la nostra Associazione, grazie, un abbraccio e buona strada a tutti, Mafalda

confronti dei contesti territoriali di appartenenza, maggiormente impe-gnata ad affermare il bene comune, ad “abitare la terra con fede”.Il nostro Progetto regionale affida alla stampa associativa il compito di: approfondire le tematiche contenute nel “manifesto”, anche partendo dalle concrete esperienze vissute a livello regionale, ed è quanto si è appena presentato; consolidare la dimen-sione cristiana nella scelta di essere educatori col metodo scout; diffon-dere le buone prassi associative. Per rispondere ad ognuno dei tre obiet-tivi è prevista una “rubrica” ad hoc su Strade del Meridione. La rubrica fede, in linea con i con-tenuti del numero, propone una Preghiera particolare. Immagina un Capo Gruppo che legge le Lettere di San Paolo, la lettura si trasforma poi in dialogo e il dialogo in preghiera.La nostra cara Stefania Grasso, refe-rente regionale Agesci di LIBERA, ci offre un contributo dal titolo: “Buone prassi, si, grazie!” attraverso il quale ci invita a valorizzare e propagandare le buone prassi associative che han-no prodotto risultati significativi ed a metterle a servizio di tutti. Gionata Fragomeni, Capo Contin-gente del prossimo Jamboree che si svolgerà in Svezia dal 27 luglio al 7 agosto 2011, gioca con le parole chiave: Meetings (incontro), Natu-re (vita all’aria aperta), Solidarity (il tema del buon cittadino), per intro-durci nei contenuti e nello stile di fondo di questo bellissimo evento internazionale. Il 15 e 16 gennaio presso il Semina-rio arcivescovile di Reggio Calabria si è tenuto il previsto convegno “Cre-scere 2.0 - Sfide e frontiere dell’edu-cazione nel nostro tempo”. Carmelo Trunfio ci racconta lo svolgimento dei lavori soffermandosi sui contenu-ti principali affrontati dai tre relatori: Maddalena Colombo, che ha traccia-to un quadro dello scenario giovani-le odierno; Fabrizio Coccetti, che ha analizzato in particolare l’evoluzione dei social network e le interazioni che queste hanno nel mondo giovanile; Ludovica Scarpa, che ha suggerito al-cune piste di lavoro per migliorare la relazione educativa. Il Convegno ha

registrato una buona partecipazione di Capi Agesci e si è rivelato una oc-casione interessante per contribuire alla formazione degli adulti che han-no oggi responsabilità educative.Diamo poi ben volentieri voce a Peppe Angelone, Magister della co-munità Masci di Reggio Calabria, componente del Comitato Esecutivo Nazionale che, a seguito dell’attenta-to alla Procura Generale della Repub-blica di Reggio Calabria (genn. 2010), ha promosso la costituzione del Mo-vimento “Reggio-non-tace” che uni-sce uomini e donne disposti a lottare per liberare la loro città dall’oppres-sione della ‘ndrangheta e delle sue molteplici connivenze, coperture e complicità. Buona lettura!

A questo punto non rimane che sa-lutarci. Colgo l’occasione per ringra-ziare tutti voi per l’affetto, la fiducia e la stima che mi avete sempre ma-nifestato. Sei anni in comitato regio-nale, i primi due come Incaricata alla Formazione Capi, poi come Respon-sabile regionale, sono stati per me un’esperienza straordinaria di cre-scita, un’occasione di incontro uma-no prima che associativo di grande importanza. Ho avuto l’opportunità di confrontarmi, gioire delle tante risorse che riusciamo ad esprimere, cogliere le povertà, condividerle fino

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EDUCARE ALLA FEDE

Un invito alla Preghiera e visto che non esiste una Preghiera del Capo Grup-po proviamo a immaginare un Capo Gruppo che legge le Lettere di San Pa-olo e la lettura si trasforma in dialogo e il dialogo in preghiera. E’ un dialogo “personale” perché la Parola di Dio ad ognuno di noi suggerisce cose diverse e sarebbe bello poter ospitare sul pros-simo numero di Strade del Meridione il vostro dialogo che diventa preghiera. Dalla Lettera ai Romani - Cap. 12

Vi esorto dunque, fratelli, per la mi-sericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale.Signore, ti offro il mio tempo e le mie energie per riuscire a comunicarti la mia passione verso il servizio educativo che ho accolto nel tuo Nome.

Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rin-novando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Fa che il mio sguardo vada oltre le fac-cende quotidiane e aiutami a discerne-re quello che la tua volontà desidera.

Per la grazia che mi è stata concessa, io dico a ciascuno di voi: non valuta-tevi più di quanto è conveniente va-lutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Aiutami ad avere di me una giusta va-lutazione e donami la capacità di com-prendere come servire gli altri attraver-so i doni che hai voluto affidarmi.

Poiché, come in un solo corpo abbia-mo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzio-ne, Aiutami a comprendere che da solo non basto a me stesso ma è insieme agli altri che ….

così anche noi, pur essendo molti, sia-mo un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri. Aiutami a considerare gli altri Capi come parte di me stesso e senza i quali poco avrei potuto fare per i ragazzi che ho scelto di servire.

Abbiamo pertanto doni diversi se-condo la grazia data a ciascuno di noi. Chi ha il dono della profezia la eserciti secondo la misura della fede;chi ha un ministero attenda al mini-stero; chi l’insegnamento, all’insegna-mento; chi l’esortazione, all’esorta-zione. Chi dá, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le com-pia con gioia. Dammi la capacità di riconoscere i doni che tu hai dato agli altri Capi perché insieme possiamo partecipare alla co-struzione del tuo Regno

La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fra-terno, gareggiate nello stimarvi a vi-cenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, for-ti nella tribolazione, perseveranti nel-la preghiera, solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell’ospitalità. Aiutami ad abbandonare ogni tipo di bugia e rendimi forte per abbandonar-mi alla tua Verità perché il male non entri nei rapporti della Comunità Capi che mi hai affidato. Rendimi capace di avere sempre una parola di affetto ver-so tutti, di non rinunciare mai ad avere stima verso gli altri Capi, di rinunciare

all’approssimazione a favore dello zelo verso gli impegni che l’Associa-

zione mi chiede.

Dammi modo di esprimere spe-ranza anche quando è forte la tribolazione, di legare la mia vita alla preghiera quotidiana per raccomandare me e i miei fratelli

Capi alla tua Misericordia.Rendimi capace di saper essere sollecito verso le necessità dei miei fratelli Capi anche quando non vengono espressi.Fa che la mia vita sia abitata dalla vita degli altri Capi della Comunità

Dalla Prima Lettera ai Corinzi – Cap. 14

Quindi anche voi, poiché desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza, per l’edificazione della comunità. Fà che non rinunci mai ad un momento formativo perché da questo possa trar-re una migliore conoscenza delle capa-cità di cui tu hai voluto farmi dono.

Perciò chi parla con il dono delle lin-gue, preghi di poterle interpretare. Quando infatti prego con il dono del-le lingue, il mio spirito prega, ma la mia intelligenza rimane senza frutto. Che fare dunque? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’in-telligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l’intelligenza. Al-trimenti se tu benedici soltanto con lo spirito, colui che assiste come non iniziato come potrebbe dire l’Amen al tuo ringraziamento, dal momento che non capisce quello che dici? Tu puoi fare un bel ringraziamento, ma l’altro non viene edificato. Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue molto più di tutti voi; ma in assem-blea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue. Dammi la capacità di comprendere e di essere compreso.

Fratelli, non comportatevi da bam-bini nei giudizi; siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi quanto ai giudizi.Manifestati nella mia vita ogni volta che sto per esprimere giudizi su qualcu-no dei miei Capi perché possa ricordar-mi che sono qui per costruire la Comu-nità e non per dividerla.

Sta scritto nella Legge: Parlerò a que-sto popolo in altre lingue e con lab-bra di stranieri, ma neanche così mi ascolteranno, Fammi parlare con la testimonianza più che con le parole.

PREGHIERA dELCAPO GRUPPO

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ABITARE LA TERRAUna rubrica pensata dal Progetto Regionale e che ha l’ambizione di vei-colare le “parole buone” del nostro Manifesto culturale per sostenere le nostre esperienze e… per dirla in scoutese:“Noi, per dire le cose, le facciamo”

Quando un manifesto si scolla dal muro e le parole cominciano a viag-giare tra strade della nostra Regione e diventano incontro, festa, preghie-ra, succede che:

Nella Zona dei Gelsomini ci si mette in testa di “Valorizzare le doti di ragazzi e ragazze per cambiare il mondo”

Ecco il titolo che ci siamo dati per la giornata del pen-siero di Zona 2010-2011 noi Clan della Zona Costa dei Gelsomini, preso dal tema Na-zionale e in linea con quello della precedente (2009-2010) che ci invi-tava a conoscere il territorio per poter intervenire.

Ma per poter cam-biare il mondo bisogna un po’ co-noscerlo e vedere ciò che deve essere cambiato, ecco perché siamo partiti nelle nostre sedi, nel lancio del tema buo-ni cittadini di B.P. (stralci della sua 26 a chiacchierata ) col far analizzare un po’ il territorio circostante chie-dendo ai ragazzi, nelle scuole da loro frequentate, nelle loro famiglie, nel sociale…quale male li affligge: “ I mali della nostra Terra”. Ogni ragazzo individuandone uno, il più evidente dal suo punto di vista, e motivandone perché era tale, lo scri-veva su un cartoncino colorato, che sarebbe diventato un anello di una catena, a simboleggiare che, ciò ci

opprime, ci lega, non ci rende liberi.In un secondo momento, nella mat-tinata della giornata del pensiero, veniva analizzata da alcuni esterni la realtà letta dai ragazzi: un politico, il sindaco del paese che ci ospitava, e un ispettore di polizia che da anni si adopera a far passare tra i giovani, con progetti nelle scuole o spettacoli vari, quel concetto di legalità e giusti-zia tanto cari per la nostra terra. Il tutto si concludeva con un video dove intervallati da piccole riflessioni venivano ricordate persone significa-tive, soprattutto giovani, che hanno dato la loro vita pur di diffondere e portare avanti quel senso di legalità e giustizia nel nostro paese.

Il pomeriggio all’inizio del terzo mo-mento, la canzone di Fabrizio Moro: Pensa (Ci sono stati uomini….) ci ha permesso di riallacciarci al lavoro pre-cedente e ripartire per…I rover e le scolte rompendo l’anel-lo con il male individuato (bullismo, individualismo, poco senso civico, vandalismo….) e presentandolo sin-teticamente suggerivano, qualora ritenessero ci potesse essere, ciò che secondo loro avremmo potuto fare,

nel nostro piccolo, per eliminare to-talmente o in parte quella negativi-tà. Gli anelli slegati, in quel senso di ottimismo di rompere e spezzare il male, sono stati incollati su un car-tellone, in un altro sono stati scritti i suggerimenti: “I buoni propositi” a ricordo, il primo di una lettura più approfondita e meno superficia-le del nostro territorio e l’altro per vedere in una verifica futura se un piccolo impegno è stato messo in atto da parte di tutti noi, se uomini e donne della nostra zona riescono a spendere quei pochi talenti che Dio ha messo loro a disposizione per lasciare questo mondo “un po’ mi-gliore di come l’abbiamo trovato.” “sapendo reagire al pessimismo ed alla voglia di tirare i remi in bar-ca”. (Come si legge nel messaggio

congiunto di Capo scout….in oc-casione della giornata del pen-

siero. La lettura di alcuni pen-sieri tratti da tale messaggio

e l’intonazione dell’inno di Mameli hanno concluso l’at-tività ) E ci si finge anche Magi per cercare la Stella (quella che l’8 Marzo 2011 ha brillato so-pra il cielo di Bovalino) e che può orientare e confortare la

nostra vocazione di Capi.Come ogni anno, in prepara-

zione del natale, i capi della Zona Costa dei Gelsomini si in-

contrano per pregare e riflettere sul significato della venuta di Gesù Bambino.Quest’anno, anche in considera-zione del percorso che i Consigli di Zona stanno seguendo, abbiamo deciso di prendere a nostro riferi-mento il verbo “orientare” per per-corsi significativi. Ed allora, considerato che per noi la veglia doveva costituire appunto un’occasione concreta per proporre e percorrere percorsi significati ver-so luoghi e persone che lasciano o hanno lasciato segni

COS’ È QUESTA RUBRICA?

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ABITARE LA TERRAcon la loro costante testimonianza, abbiamo cercato un vero punto di riferimento, una stella, e allora quale stella se non quella del “Centro Padre Puglisi di Bosco S. Ippolito a molti capi ancora sconosciuto?A S. Ippolito ci ha accolto “Suor Ca-rolina” che con Padre Puglisi, ha percorso tanta strada e condiviso momenti di gioia e di dolore. Suor Carolina, responsabile del centro che raccoglie i ragazzi della zona, ci ha accolto con grande gioia e ci ha parlato a lungo della storia e della fi-gura di Padre Puglisi.Un prete che ha scelto la “Strada” quale luogo privilegiato per vivere il Vangelo, il luogo dove incontrare i “piccoli”, gli adulti, gli anziani, quan-ti avevano bisogno di aiuto e quanti con la propria condotta , si rendeva-no responsabili di illegalità, di sopru-si e di violenze.Ma questo suo modo di vivere il “Vangelo” risultava per altri assai pericoloso e allora la sentenza: “deve essere eliminato!”, nell’illusione che spegnendo lui si sarebbe spenta quella presenza fatta di ascolto, di denuncia, di condivisione.Sempre animata dal desiderio di condividere con noi il percorso di Padre Puglisi” ci ha fatto toccare con mano le esperienze vissute,da quel prete, in quel rione “Brancaccio” di Palermo, dove ha incarnato piena-mente la povertà, la fatica, la libertà e la gioia di vivere, nella speranza di contribuire a sostenere quanti vivo-no quella stessa realtà con una pre-senza fatta di impegno e silenzio. Più volte ci veniva incontro la frase dell’Evangelista Matteo (Mat 5,10) “Beati i perseguitati a causa della giustizia perché di esse è il Regno dei cieli” come per affermare ed invita-re noi e la Chiesa tutta ad alzare lo sguardo per perseguire la strada del-la legalità e della misericordia.E’ stata una testimonianza che ha coinvolto, anche emotivamente tut-ti, ma che ha lasciato un segno pal-pabile di come affrontare il nostro quotidiano e come testimoniare nel-la nostra vita e con i nostri ragazzi, quei valori di libertà, giustizia sociale, amore.

Ma si sa che le parole si aggrappano ai nuovi media e arrivano a noi por-tate da popoli lontani come il popolo dei Normanni: Ecco il racconto fatto dal Clan Harvest del Gruppo Tropea I

Capitolo anno scout 2009/2010.Il nostro è stato un capitolo che ab-biamo condiviso con la Zona dei Nor-manni alla quale apparteniamo; si è trattato di un tema che ci tocca da vicino: la MAFIA. Abbiamo deciso di affrontare questo argomento per ac-quisire maggiore consapevolezza ed infine prendere una posizione pro-prio per migliorare il nostro ambiente (o almeno tentare di farlo) mantenen-do fede alla Promessa scout. Il Capi-tolo prevedeva un’inchiesta (curata da tutti i novizi della zona) ricavata da un questionario cartaceo all’interno del quale venivano poste diverse do-mande. Quattro i gruppi che hanno rivolto le domande in quattro am-bienti di vita differenti: Amministra-zione Comunale; Giovani dai 12 ai 14 anni; Giovani dai 15 ai17 anni; Com-mercianti.Contemporaneamente all’inchiesta i ragazzi dei vari Clan hanno organiz-zato diversi incontri con: testimoni di giustizia come Pino Masciari Impren-ditore, con Giudici e con un Capitano dei carabinieri. Strada facendo (ed è proprio il caso di dirlo) è nata l’idea di formulare una CARTA ETICA dove, tramite un codice, venivano mes-si in risalto alcuni comportamenti che,secondo noi, vanno assunti per poter ,anche se nel nostro piccolo, “lasciare il mondo un pò migliore di come l’abbiamo trovato”. A ciò ha fat-to seguito l’esperienza concreta rea-lizzatasi con la “Valle del Marro”, una cooperativa sociale nata dal progetto di Libera. La Valle del Marro è stata un’esperienza meravigliosa! A con-clusione del capitolo è stato realizza-to un video, proiettato poi all’Agorà dei Giovani, evento al quale hanno partecipato tanti ragazzi di diverse diocesi della regione. Per conclude-re crediamo che questo capitolo ci ha dato molto: l’aver approfondito un tema che ci tocca così da vicino,

ci ha fatti crescere e,soprattutto, ci ha portati a prendere coscienza di questo maledetto cancro che divora da sempre il Sud Italia, ma abbiamo imparato parole nuove per riuscire a combattere per il bene difficile con-tro il male facile.

E le parole attraversano mari e monti ma non disdegnano di fermarsi nella Zona dei Tre Colli dove i Responsabili di Zona, Rosalba e Luigi ci dicono:“Abbiamo fatto nostro, letto e riletto più volte il Salmo “Abita la terra e vivi con Fede” salmo che ciha permesso di capire ancora di più quanto sia bello sporcarsi le mani, af-fidandosi soprattutto con gioia al Si-gnore che è stato il nostro riferimen-to in tutte le sfide e gli impegni che ci hanno vistopartecipi nel nostro territorio. Sicu-ramente gli eventi più significati-vi da citare, per il grande impegno manifestato, sono stati: il Capitolo di Zona sulla Cittadinanza, che ha comportato alcuni approfondimenti in sottogruppi animati dai Clan quali Ambiente, Protezione civile, i giovani e le loro problematiche e il servizio. Il tema del lavoro ha trovato molta attenzione ed è stato affrontato con l’impegno di tutti i clan della Zona. Inoltre quest’anno con i più grandi della branca L/C abbiamo deciso di puntare anche su questa tematica riassunta dallo slogan “Io bambino...Cittadino del Domani”. Se andate sul sito www.catanzaroinforma.it, tro-verete un bell’articolo realizzato dai Vigili del Fuoco in merito ad un’atti-vità fatta con loro e con la Polizia di Stato, qualche settimana fa. Un’altra attività significativa che si può legare bene ai primi due punti del manifesto culturale è la campagna fatta in Zona, insieme ad altre associazioni. contro la privatizzazione delle acque e che ci ha visti partecipi nella raccolta di fir-me per indire il referendum. Il lavoro quest’anno in merito a questo conti-nua anche in vista del referendum di Giugno”. Ecco che la parole varcano i confini dei nostri quadrati e dei nostri cerchi

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ABITARE LA TERRAe arrivano sulla soglia di frontiere pri-ma considerate lontane. Ed è Anto-nella, Responsabile di Zona dei Due Mari che racconta: “Quanto tempo e quante occasioni abbiamo perso! Mi domando il per-ché e non riesco a trovare una risposta che appartenga al nostro modo di essere e di sentire. Stili diversi nel fare comuni-tà, carismi differenti, storie e culture che hanno, però, un posto d’onore nella no-stra chiesa. Eppure non ho difficoltà a ricordare ragazzi scout che nutrono ataviche antipatie per i ra-gazzi dell’AC, competizioni silenziose, scherzi e difese del “territorio”.Quanti anni per com-prendere che gli obiettivi che portiamo avanti sono i medesimi: educare per la gloria di Dio e far crescere ragazzi che pos-sano diventare adulti felici, capaci di operare scelte e di testimoniarle, in-tegrati nel territorio in cui vivono.È così semplice… ma abbiamo avuto bisogno di un tempo che ci aiutasse a comprendere che da carismi diversi può nascere una proposta ancora più efficace.Ricordo quanto condiviso in regione nel “Manifesto culturale del 2008”: “…impegnarsi per affermare una presenza della nostra Associazione più aperta al territorio…” ; oggi, a di-stanza di quasi tre anni, aggiungerei: “…capaci, quindi, di mettere insieme le agenzie educative per convoglia-re le migliori energie verso obiettivi chiari e condivisi”.All’ultima assemblea dell’Azione Cat-tolica Diocesana di Reggio Calabria, i Responsabili AGESCI della Zona dei Due Mari, non solo erano presenti, ma hanno anche avuto l’opportunità di lanciare un invito a camminare in-sieme; e così è stato: nel programma dell’Assemblea di Zona del 20 mar-zo, tra i vari interventi previsti leggia-mo: saluti della Presidente Diocesana dell’Azione Cattolica.E allora, è proprio un tempo fatto

nuovo; il tempo in cui è arrivato il de-siderio di sentirsi, insieme, comunità educante, testimone dell’essere Chie-sa ed ecco che le due Associazioni fi-nalmente per mano: Azione Cattolica e Agesci Camminano insieme!E mentre camminate, in una sere-

no pomeriggio di un 18 dicembre, potreste imbattervi in una sorta di pellegrinaggio strano, dove bambini, ragazzi, giovani e loro rispettive fami-glie si muovono dentro una piccola città entrando e uscendo dalle Chie-se e magari tutto questo movimento ci fa capire che tra qualche giorno è Natale! Questo è quanto successo nella Piana degli Ulivi proprio il 18 di-cembre del 2010.La Veglia di Zona natalizia quest’anno è stata svolta in due momenti. Nella prima parte le diverse Unità hanno celebrato il loro momento secondo lo stile della Branca e in tre Chiese diverse, mentre la seconda parte e la Messa conclusiva sono state vissute da tutti in una unica Chiesa. La Veglia della Branca L/C si è svolta presso la Chiesa della Maria Santis-sima del Rosario in Palmi. La strada, illuminata da lumini guidava i lupetti e le lupette sul luogo dell’incontro. I Capi, avevano il compito di rappre-sentare la storia del Natale e, men-tre si svolgeva il racconto, i bambini portavano i personaggi del presepe nella capanna. La preparazione della veglia, svolta nei giorni precedenti, ha evidenziato soprattutto i momen-ti dell’Annunciazione, del sogno di

Giuseppe e la partenza per Betlem-me, la nascità di Gesù e l’Annuncio ai pastori. Ai bambini sono state ri-volte parole significative, sul senso del Natale, da parte di Don Giorgio Mare che ha guidato la riflessione.La Veglia della Branca E/G si è svol-

ta presso la Chiesa del Crocifisso in Palmi. Gli Esploratori e le Guide sono stati accolti dai Capi con canti della tra-dizione natalizia e subi-to dopo sono iniziate le rappresentazioni curate dai ragazzi. Il Brano del Vangelo di MATTEO 25,1-13 ci ha consentito di affrontare argomenti come il “Natale nell’era del consumismo”, “La so-lidarietà’”,. “Tutti diversi, tutti uguali, tutti uniti dal

Natale”.La Veglia della Branca R/S si è svol-ta presso la Chiesa dell’Immacolata in Palmi con un momento iniziale di accoglienza fatto da canti e preghie-re della tradizione natalizia. Succes-sivamente i Clan hanno proposto la loro rappresentazione del Natale. Don Giuseppe Francesco Francone ha aiutato i ragazzi, nello stile della catechesi, a recuperare il vero signi-ficato del Natale.Finita la prima parte della Veglia tutti verso la Concattedrale di Pal-mi dove, ad accogliere i circa 300 scouts della Zona e le loro famiglie, c’erano Alberto Marafioti, Responsa-bile di Zona e Don Giancarlo Musicò A.E. di Zona. Alle ore 20.00 la Mes-sa conclusiva celebrata, oltre che dall’A.E. di Zona, da Don Giuseppe Francesco Francone. L’Augurio del Responsabile di Zona, alla fine della Messa, ha fatto riferimento ad una frase di B.P.: “Essere buoni è già qual-cosa, fare il bene è molto meglio”. A tutti i Capi Gruppo è stata conse-gnata una composizione in argilla, creata per l’occasione e raffigurante la natività.

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La branca E/G è indubbiamente l’ambito privilegia-to per proporre le attività nautiche ai ragazzi.Ma già in età L/C, e particolarmente nell’anno di C. di A., i ragazzi possono essere avvicinati all’ambien-te marino o lacustre come avviene in quei gruppi che praticano la nautica come proposta prioritaria delle attività . Inoltre molte delle proposte del set-tore, corsi, ateliers e attività di avvicinamento alla nautica sono ad esclusivo indirizzo di rover, scolte e capi. Risulta quindi esplicito che la proposta educa-tiva attraverso le tecniche nautiche sia rivolta anche alla branca R/S. Di fatto, non dovrebbe essere ne-cessario relegare ad una fascia d’età o ad un’unica branca, l’attenzione all’acqua. Come la terra e l’aria con il bosco e il cielo, l’acqua con mari e fiumi e laghi, completa e costituisce l’ambiente naturale che proponiamo ai ragazzi di vivere, attraverso la vita all’aria aperta. Il tutto non è poi così automatico come si potrebbe pensare, nonostante la situazione ideale delle nostre coste (la Calabria a quasi 800 Km di costa pari al 19% del totale italiano), la ricchezza di laghi (una decina di laghi per lo più artificiali sparsi lungo tutta la regio-ne), corsi d’acqua e il clima mite del sud (le cui tem-perature nei mesi da Maggio ad Ottobre oscillano dai 20° ai 40°, ideali per fare attività nautiche), e no-nostante moltissimi gruppi calabresi hanno le loro sedi a due passi dal mare, sono ancora troppo po-chi quelli che utilizzano, per scelta, l’acqua o che ne considerano la potenzialità educativa per arricchire la loro proposta scout. Da un’analisi interna all’associazione, è emerso che i nostri capi non conoscono le attività nautiche, ignorano le proposte del settore e quindi non le uti-lizzano come strumento educativo nelle loro unità. Corriamo il rischio di fornire, ai giovani capi, esem-

pi di scoutismo “disidratato’ disattendendo anche le indicazioni e le intuizioni di B.P. Poiché mancano le indicazioni ad utilizzare “l’acqua” e a viverla come ambiente educativo, entra in gioco la proposta del Settore Nautico a considerare l’ambiente naturale in tutta la sua completezza, valorizzando l’acqua e la potenzialità di questo elemento. Tante le iniziative in cantiere da parte del settore (Campetti di specialità, Attività del Centro Nautico, Protocollo Lega Navale, ecc.) a supporto di tutti i capi della regione prota-gonisti in prima linea della proposta scout rivolta ai ragazzi.

L’ invito dunque, per tutti i capi gruppo calabresi è quello di portare in Coca queste riflessioni, e propor-re ai capi di utilizzare l’ambiente acqua, seppur negli aspetti più semplici, come complemento all’andar per boschi e montagne con spirito di apertura ed accettazione totale del creato e della natura, senza il timore di bagnarsi.Buona rotta e buon vento!Massimo Galante (Inc. Reg. Settore Nautico)Cell:328-9215578 – Email: [email protected]

VITA ASSOCIATIVA“CHI HA PAURA dELL’ACQUA?”

Centro NauticoFATA MORGANAReggio Calabria

http://agescifatamorgana.weebly.com/

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StradedelMeridioneRivista dei Capi Calabresi dell’AGESCI

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Prima di parlare della figura del capo gruppo credo che sia utile soffermarsi su un piccolo aspetto, una base comu-ne di partenza per poi riflettere insieme.

La riflessione parte dalle parole del vangelo “Seguitemi, vi farò pesca-tori di uomini” Marco 1:17 queste parole mi hanno portato a riflettere sulla forza che riveste questo “segui-temi”. Si potrebbe pensare l’invito a seguirmi come ad una chiamata,una chiamata all’amore. Dove amore è il paradigma di Gesù. Dopotutto non è così astratto questo pensiero se pen-siamo che, in virtù di questa chiama-ta, lo scoutismo è una scelta d’amore, e l’invito a pescare non è altro che un invito ad accogliere la chiamata all’amore. Vi starete chiedendo cosa possa centrare tutto questo con la fi-gura del capo gruppo? Ebbene se proviamo a pensare al pescatore, come una persona che quotidianamente vive all’aria aperta che conosce la natura, sa riconoscere quando è tempo di fermarsi, sa dove andare a pescare insomma se non fosse che ci stiamo riferendo ad un pescatore sembrerebbe tanto che si stia parlando di uno scout. Ma in fon-do il pescatore è anche una persona così come lo è anche il capo con tutte

le sue potenzialità e le sue debolezze. Credo che tra le potenzialità il cuore (un impasto di attitudini,sentimenti che fa muovere quel nucleo caldo che è il cuore) e la volontà (intesa come la capacità di agire, di progetta-re..) costituiscono le radici comuni di chi ha scelto di seguire questo invito a pescare.Ciò che accomuna gli adulti di una Co-munità Capi è il riconoscersi pescatori che, udita e accolto questa chiamata d’amore, si impegnano a realizzarla quotidianamente nel servizio.Questa piccola premessa era per ri-cordare che alla fine vi è un legame per ogni membro della comunità capi che ha scelto di seguire la chia-mata all’amore a prescindere se sia fatta da un aiuto di branca E/G o dal tirocinante o dal capo gruppo. Parlia-mo di un legame che diventa radice comune che trova forza quando si trasforma nella capacità di progetta-re insieme.Perciò la Co.Ca. è una comunità di pescatori dove il capo gruppo non è altro che un pescatore tra i pescatori. Credo che questo sia un punto di par-tenza importante per fare una rifles-sione sulla figura del capo gruppo. Un aspetto importante del ruolo è principalmente quello di favorire un

clima di confronto sereno e di verifica costruttiva, con l’accortezza di pro-porre attività e modalità piacevoli e formative, gestendo il confronto con la consapevolezza che è una tappa necessaria per giungere ad una con-divisione più ampia e profonda.Questo perché la Comunità Capi è una comunità di adulti, è un insieme di singole persone in relazione tra loro che ottiene risultati quando trova delle radici comuni in un lavoro con-creto, quando cerca di dare risposta a domande che interpellano tutti. È una comunità vera dove si vive una dimensione di comunione e di amore reciproco. E’ una“comunità educan-te”, luogo di corresponsabilità educa-tiva e di progettazione educativa in un determinato territorio, ma sopra-tutto luogo in cui maturare progres-sivamente un’adesione al Vangelo e un’appartenenza ecclesiale sempre più adulte e mature. Si tratta quindi di una comunità che per realizzarsi ha bisogno primariamente di intessere relazioni.Se è vero quanto detto finora sulle relazioni in Comunità Capi, appaiono come particolarmente significative le relazioni che il Capo Gruppo deve sa-per creare. Questa figura sta progres-sivamente emergendo nel vissuto

SPECIALE: IL CAPO GRUPPO

IL CAPO GRUPPO;UN BRAVO TESSITORE DI RETI UTILI PER TIRARE IN BARCA DEGLI UOMINI

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dell’Associazione come un elemento chiave in ordine alla formazione per-manente. Il suo ruolo dovrebbe es-sere non tanto o non solo quello di animatore inteso come conduttore di attività(la Comunità Capi è infatti una comunità di adulti corresponsabili) o di insegnante, ma quello di facilita-tore, che consentono alle persone di esprimersi, di confrontarsi, di condi-videre le mete del cammino e la veri-fica del tratto di strada percorso, in un clima di confronto e di dialogo adul-to. Si tratta di un ruolo che, inteso in questo modo, si scontra con le diffi-coltà di attuazione che tutti conoscia-mo e che richiederebbero specifici percorsi formativi che ancora faccia-mo fatica ad individuare e a proporre.In mancanza di questo è normale pensare erroneamente al capo grup-po come ad un mediatore, come una persona che è posta lì per trovare un compromesso quando il confronto si trasforma in un inutile giro di parole laddove prevale l’egoismo di una pre-sa di posizione , di chiusura mentale, facendo perdere la bontà del con-fronto.Sembra strano dover sottolinea-re questo aspetto ma a volte i capi gruppo dimenticano che la comunità è un luogo di relazioni che trova nel confronto ma sopratutto nel proget-tare il momento più importante, più vero della coerenza rispetto a ciò che deve muoverlo; ovvero l’intenzionali-tà educativa.Mi domando come può un capo gruppo progettare, formare, interagi-re con i membri di una co.ca. se non è in grado di creare queste relazioni? Mi domando inoltre se questo sia solo un’attenzione del capo gruppo?È inevitabile assistere allora a situa-zioni in cui i capi gruppo fanno fatica a progettare. Magari sono quelle co-munità capi in cui il capo gruppo è lo stesso da almeno 10 anni o se non è lo stesso è un capo gruppo che gira in zona da almeno 30 anni che ha ri-coperto quasi sempre lo stesso ruolo,

o ancora è un capo che non avendo trovato un “clima” felice lascia un gruppo con l’intento di crearne un altro “a sua immagine e somiglianza.” Una volta ho sentito che il capo grup-po deve guadare al profitto, quasi come un’azienda. Non so quanto questo sia corretto o meno però se dovessi immaginare una situazione del genere mi viene da pensare il ri-schio che si potrebbe correre magari con un attività di gruppo in cui la fase di progettazione si traduce solo ad una distribuzione di chi fa cosa. Alla faccia dell’attenzione costante ai perché, ai sensi educativi, all’oppor-tunità degli strumenti pedagogici, come l’unico approccio valido da pro-porre ai capi per “imparare ad impa-rare” da ogni situazione.Ora riflettendoci non è così strano do-ver sottolineare questo aspetto!L’associazione ha investito molto sia nel capo gruppo che nella comunità capi (ne è un esempio il patto asso-ciativo). Al capo gruppo l’associa-zione chiede innanzitutto di saper essere un bravo regista, capace di va-lorizzare gli attori protagonisti, cioè i capi della comunità capi che, insie-me ai capi gruppo sono i veri artefici dell’azione educativa nel territorio.(PE 06-2009)Qui siamo nel campo della valoriz-zazione delle risorse: riconoscere le capacità e le attitudini delle persone e fare in modo che queste, ragione-volmente siano utilizzate e stimolate.Ciò richiede la disponibilità di tutti a mettere a disposizione i propri talen-ti, e la capacità del capo gruppo di individuare ambiti ed occasioni in cui questi talenti possano svilupparsi ed essere utilizzati.Ma non solo, il capo gruppo dovreb-be essere capace di sostenere i capi nella scoperta dei bisogni ed essere un facilitatore nella costruzione di percorsi di crescita personali e comu-nitari. Quel pescare insieme che di-venta voglia di navigare insieme.Perciò nel cammino del singolo il

Capo Gruppo deve avere a cuore due dimensioni fondamentali dell’itinera-rio di crescita di ogni capo:- l’ambito del servizio educativo con le sue problematiche.- l’ambito della maturità umana, in particolare le relazioni interpersonali in staff e CoCa.Questi due ambiti dovrebbero essere oggetto di verifica periodica (all’in-terno di un’attenzione al Progetto del Capo) non solo in Comunità Capi, ma anche in un rapporto di confronto franco e sincero con il Capo Gruppo, “a tu per tu” non necessariamente come figura di riferimento ma come “accompagnatore”. È uno dei concet-ti più ricchi espressi da Baden-Powell, ed è il senso completo dell’educatore scout: «non spinge, guida».Insomma a guardar bene possiamo dire che occorre aiutare concreta-mente il Capo Gruppo ad assumere atteggiamenti più che a svolgere compiti. Una figura di Capo Gruppo che stimola, coordina, sprona, ricor-da, riporta,….Ma per funzionare i Capi Gruppo do-vrebbero sapere qual è la loro fun-zione e imparare ad usarla al meglio. Di certo un pescatore non lancia un amo senza un’esca e né tanto meno lancia la rete se prima non l’ha ricu-cita. Se il capo gruppo riesce a rinsal-dare il clima di “comunità” e , là dove si affievolisce, a far riscoprire la chia-mata all’amore di ciascun capo allora ,il confronto, le relazioni e sopratut-to il progettare insieme, non assu-me tanto un aspetto utopistico ma quanto una normale vita di comunità in cammino. Si potrebbe dire tanto del capo grup-po toccando vari temi e vari aspetti. Mi è sembrato opportuno soffermar-mi su un aspetto, quello delle relazio-ni che spesso si può dare per sconta-to, ma che in fondo è il primo passo per ogni capo che prima o poi sarà chiamato a ricoprire questo ruolo.Marco Colonna

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La storia di questa figura tracciata con dovizia storica per comprendere da dove nascono e che carattere hanno le re-sponsabilità che l’Associazione, oggi, affida ai Capi Gruppo.

Francesco Guccini sostiene che” Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull’età, dopo l’estate porta il dono usato della perplessità “. E poi, come se fosse cre-sciuto nell’Agesci , continua … “Ti siedi e pensi e ricomin-ci il gioco della tua identità, come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità “. Non c’è che dire, una perfetta metafora del clima nel quale le Comunità Capi si apprestano a definire i nuovi quadri del gruppo. E fra questi, croce e de-lizia di questa complessa (e non sempre pacifica) partita a scac-chi è quasi sempre l’incarico di Capo Gruppo. Il solo fatto che venga quasi spontaneo decli-nare al singolare questo ruolo la dice lunga sulla pericolosa tendenza a ritenere la diarchia in questo servizio un optional e non una necessità educativa, tratto distintivo di una associa-zione che ha scelto questa modalità trentasei anni fa non certo per equilibri derivanti dalla fusione ASCI-AGI, quan-to per fare sintesi di due preziose esperienze educative che benchè ispirate ad una matrice comune, conteneva-no in se differenze non solo formali. E certamente anche il ruolo del Capo cui era affidata , con modalità diverse e che si sono evolute nel tempo in entrambe le associazio-ni, la direzione del Gruppo nell’ASCI e del Ceppo nell’AGI conteneva in se delle differenze sostanziali. Senza ricor-rere ad una noiosa esegesi statutaria, possiamo sicura-mente affermare che il Capo Gruppo e la Capo Ceppo erano espressione di una esigenza di coordinamento, di amministrazione e gestione, di armonizzazione fra i pro-grammi delle varie branche ,fermo restando che l’ampia autonomia delle unità rendevano il Capo Unità l’unico vero responsabile dell’applicazione del metodo. Sta il fatto che nel 1964 le Norme Direttive dell’ASCI recitano che “ Il Capo Gruppo ha la responsabilità del Gruppo nei confronti del competente Commissario e del Consiglio di Gruppo: coordina l’attività e i programmi delle singo-le Unità, assicurando la necessaria unità d’indirizzo e il rispetto del metodo.” , mentre le norme direttive AGI del 1969 indicano che “La Capo Ceppo ha funzione di co-ordinamento e di appoggio … e svolge questi compiti: alimentare tra le Capo un rapporto di serena amicizia; promuovere tra le stesse un continuo scambio d’idee ed esperienze; organizzare alcune attività in comune.” . Quella del Capo Gruppo appare quindi più una funzio-ne di controllo e garanzia rispetto alla figura della Capo Ceppo, nella quale si intravede già un ruolo di animazio-ne di una comunità di adulte che hanno necessità di un

dialogo e di uno scambio continuo di esperienze. No-nostante tutto anche il primo statuto AGESCI del 1974 è ancora molto cauto sulla figura del Capo Gruppo al quale vengono affidati, ovviamente in una dimensione di diarchia, i rapporti con gli altri gruppi e con l’Associa-zione, la gestione organizzativa ed amministrativa e la rappresentanza legale del Gruppo. Ma è dopo la Route delle Comunità Capi di Bedonia, nella quale per la prima volta i capi dell’ASCI e dell’AGI si incontrano, che la figura del Capo Gruppo assume una fisionomia molto vicina a quella attuale, nel ben più ampio e rivoluzionario quadro del consolidamento dei punti di forza di quella che sarà la Comunità Capi : necessità di una più ampia formazio-

ne del Capo e di una formazione permanente; visione critica del metodo; confronto continuo tra i Capi; sostegno di una comuni-tà; continuità dell’azione educa-tiva; limiti del branchismo; co-munità di Fede come segno. In questa dimensione fortemente innovativa e ricca di intuizioni geniali la figura del Capo Grup-po stenta in un primo tempo a trovare una sua collocazione precisa, tant’è che fra gli anni 80 e 90 si fa strada l’idea dell’Anima-tore di Comunità Capi, persona

che può coincidere o meno con il Capo Gruppo e per la cui formazione vengono addirittura introdotti nel Rego-lamento di Formazione Capi i Campi di Formazione As-sociativa con il successivo conseguimento della Nomina a Capo. Dai primi anni novanta la figura del Capo Gruppo assume la fisionomia di oggi, nella sua triplice dimensio-ne di Capo, Quadro e Formatore . Capo perché è innan-zitutto un educatore e presta un servizio educativo in quanto in possesso dell’esperienza e delle competenze necessarie ad un capo scout,quadro perché gli sono af-fidati compiti di “governo” di una realtà associativa com-plessa, la più importante, il Gruppo, con responsabilità di gestione patrimoniale, rappresentanza legale, compiti di collegamento con i vari livelli associativi, con enti ed istituzioni, e formatore perché dalle sue capacità di ge-stione e di facilitazione delle relazioni fra adulti in una condizione di “ primus inter pares “ favorisce la forma-zione permanente e continua all’interno della Comunità Capi. Ma sia pur ampiamente codificato, il ruolo del Capo Gruppo nell’Agesci rimane comunque, come tutti i ruo-li , un patrimonio di competenze, sensibilità,attenzioni, esperienze,doti personali fortemente embricato con la personalità di coloro ai quali la Comunità Capi affida questo delicatissimo compito. Vale a dire che le eredità che ci vengono dalle esperienze dell’ASCI, dell’AGI e dei trentasei anni di Agesci vanno valorizzate da uno sforzo interpretativo personale, si leggero, ma anche attento e non corrivo di questo compito, che rimane cruciale non solo nella struttura associativa ma anche nel quotidiano educativo dello scautismo. Sandro Repaci

LA FIGURA dEL CAPO GRUPPO:dUE EREdITÀ UN PATRIMONIO

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La Branca L/C Regionale indica, con una serie di riflessioni, ciò che è irrinunciabile avvenga nei Gruppi e che noi “giria-mo” attraverso queste pagine ai Capi Gruppo perché sappia-no garantire un’applicazione del metodo sempre più rispon-dente alle esigenze dei bambini. Uno degli assiomi dell’educazione scout in particolare è che non si cresce da soli ma in relazione ad altri. L’educa-zione non è un processo che prescinde da un contesto, ma è influenzato e continuamente dall’ambiente che cir-conda i soggetti che ne sono protagonisti. Lo scoutismo ha da sempre attribuito grande importanza al “contesto” all’interno del quale si svolge il processo educativo.Un contesto che diventa quindi “ambiente tipico” della proposta scout, in grado di saper coinvolgere tutte le sfere della personalità (emotivo-affettiva, intellettiva e pratico-manuale) ed in grado di permettere un’azione educativa davvero globale, dove ogni esperienza è arricchente per il proprio cammino di crescita.Il contesto sociale necessita di essere conosciuto, compre-so o (in termini tipicamente scout) esplorato (scouting); tale è l’atteggiamento di esplorazione e proiezione verso l’ignoto.Nella Branca L/C questo immette il/la bambino/a su un cammino di ricerca all’interno di due grandi realtà, la co-munità e l’ambiente.Ai lupetti ed alle coccinelle sono, dunque, proposte esperienze che li accompagnano ad osservare, dedurre e agire, di-ventando loro stessi protagonisti della loro crescita.Le attività a tema (art. 32 del Reg. Met.) sono uno degli strumenti con cui questo atteggiamento viene loro proposto ed in rela-zione a quanto ci viene richiesto per la buona riuscita della nostra azione educativa è opportuno conoscerle a fondo e saperle utilizzare.Cosa sono: sono “una tecnica di animazione per stimolare la continuità dell’impegno e l’abitudine alla collaborazione tra i gruppi” e che permette di acquisire un valore grazie al raggiungimento di un obiettivo concreto scelto dalla Comunità e condiviso con ciascun Lupetto e Cocci-nella. Le attività a tema mirano a presentare e a fare acqui-sire alcuni valori al Branco/Cerchio, tenendo conto delle

capacità e possibilità di tutti i Lupetti/Coccinelle. Ogni bambino/a è chiamato/a a svolgere un ruolo ben preciso e utile nel contesto di quest’azione e consentono alla Co-munità di lavorare insieme con uno stesso scopo.La struttura: sono scelte dalla Comunità di B/C in clima di Famiglia Felice e pertanto devono essere proposte solo nel momento in cui tale clima si sia consolidato. Il tema deve essere coerente con le esigenze ed i bisogni della Comunità, l’obiettivo finale è concreto e noto a tutti. All’in-terno delle attività a tema convivono proposte di natura diversa tra cui i bambini sono chiamati a scegliere; la par-tecipazione ai diversi gruppi è occasione di crescita perso-nale e quindi momento importante nella pista/sentiero.Un’attenzione particolare dev’essere posta nella compo-sizione dei gruppi, questi infatti non devono essere trop-po numerosi poichè è da privilegiarsi il protagonismo del bambino. I/Le VV.LL./CC.AA. vigilano affinchè non si perda di vista l’obiettivo finale ma non si sotituiscono ai bambini nel loro impegno, anche perchè con tale strumento si of-fre un’opportunità di acquisire o affinare una competenza che potrà essere spesa per la Comunità di B/C e possono essere l’occasione per avvistare prede e impegni (sinergie con la Progressione Personale).Il clima di Famiglia Felice ed i valori che entrano in gio-co (la democrazia nella scelta dell’attività, il superamento dell’individualismo, l’acquisizione di una mentalità pro-gettuale) saranno occasione certa di acquisizione delle virtù del buon cittadino e di formazione dello spirito cri-tico.

Buona caccia/Buon voloLa Pattuglia Reg.le L/C

A CIASCUNO È CHIESTO IN MISURA dI CIÒ CHE GLI È STATO ASSEGNATO dI dARE ...

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Novembre 2010

Non solo “gestione” di un Gruppo ma soprattutto “relazio-ne”. Una relazione che un Capo Gruppo cerca, incoraggia e sostiene, nello spirito del fratello maggiore, con tutti i Capi del proprio Gruppo e che gli consente di intercettare esigenze non manifestate. E qui il Capo Gruppo cosa fa?

Ieri sera abbiamo avuto il temutissimo incontro con i ge-nitori del reparto: non mi aspettavo tanti sguardi nuovi e vispi, forse più di quelli dei loro figli! Ma è stato quando la mamma di Bruno, appena passato dal branco, mi ha chie-sto dov’era Akela che ho capito perché Gennaro, il capo gruppo, aveva insistito tanto per vedersi con noi qualche sera fa. A pensarci, non capita così spesso di sederci di staff attorno al tavolo e avere ben chiaro un unico obietti-vo come in questa occasione: bisogna spiegare ai genitori (e, prima ancora, a noi stessi) perché mai loro e i loro figli dovrebbero investire tempo e denaro con noi. Una delle rare volte in cui abbiamo tutti qualcosa da dire, eccome …E così ci ritroviamo davanti a questi genitori scatenati. Cer-chiamo di prenderli di sorpresa con un giochino: divisi in squadre devono correre a recuperare “le occupazioni che riempiono il tempo dei loro figli”. Poi gli chiediamo di in-serirle in una classifica, da quelle meno impor-tanti a quelle che val-gono la pena. Non dimenticherò facilmente, caro dia-rio, la mamma che ha proposto di inserire in coda alla classifica “la riunione di squadri-glia”, perché “intanto a che serve? Si vedono solo per messaggiare” e poi “devo accompa-gnare due figlie in sede in due sere diverse, ol-tre che in palestra e a danza e fuori dalla sede non c’è mai parcheggio” . Come facciamo a spiegarle il “protagonismo dei ragazzi” (ne ho sentito parlare l’altra sera in Comunità Capi)? Dovremmo ricordarle che la sua figliola grande non sapeva compilare il bollettino postale per i campi per capi squadriglia? Forse potrebbe tornarle utile, alla mamma, vedere come la stes-sa figliola si attiva quando c’è da verificare i pullman e da preparare e i canti per la sua uscita di squadriglia!Non è stata male neanche la mamma che ci ha intratte-nuto lungamente sul “fare ordine sulla scrivania”. In effet-

ti, nella legge scout c’è tutto eccetto un “sono ordinati e non ricomprano ogni anno le stesse cose”. Però a pensarci a mente fredda, caro diario, questa mamma potremmo provare a accontentarla: con l’incarico di squadriglia di magazziniere e con uno di noi che faccia battute periodi-che sulla puzza (scientificamente provata) che viene dalle casse di squadriglia.Quasi tutti si lamentano per il profitto a scuola (almeno la metà motivatamente, aggiungo io) ma noi, in reparto, cosa possiamo fare oltre a correggere nottetempo con l’uniposca gli albi di “scuadriglia”? Possiamo continuare a mettere nel sentiero degli E/G impegni come: “studierò meglio la matematica”? A me viene già complicato ricor-dare che classe frequentano … Ovviamente, quando si apre l’argomento “facebook” scop-pia il putiferio: tutti contrari i genitori a perdere tempo davanti al PC. Io, che rimango un post-adolescente e mi diverto a sbirciare nei profili degli E/G per vedere con chi flirtano o quali nuove parolacce hanno imparato, mi pre-occupo di più per la versione mobile, quella che gira sul telefonino. Grazie a quella, l’altra sera, due o tre ragazzini del reparto sono rimasti in sede seduti e zitti per più di mezzora, ognuno davanti al proprio cellulare. Noi una ri-sposta ce l’abbiamo già da un po’: i telefonini sono vietati alle riunioni e alle uscite, così ci leviamo il problema di tor-no. Mmh, forse …Alla fine l’incontro è andato avanti fino alle 20:52, ben ol-

tre l’orario previsto, e non siamo nemmeno riusciti a parlare delle idee che abbiamo per il campo di Natale. Ma a ripensarci adesso (sarò inesperto?Non cono-scerò il Metodo a me-moria?) questi mi sem-brano solo dettagli. Questa mezza serata, a parte le risate e le storie da raccontare, ha a mio avviso diversi risultati: primo, aver intuito che le nostre priorità e il no-stro modo di pensare

sono un po’ diversi da quelli dei genitori, e forse serve che ci incrociamo e ci spieghiamo di più; secondo, secondo, il fatto che molte delle esigenze quotidiane dei ragazzi pos-sono essere intercettate e focalizzate nella vita di reparto, ma forse non tutte; terzo, l’aver cercato una buona risposta alla domanda di Gennaro dell’altra sera. E la cosa bella è che comincio anche io ad avere in mente qualche nuova sfida per me e per i nostri E/G per l’anno scout che sta co-minciando.Sergio Polito

dAL dIARIO dI UN GIOVANEAIUTO CAPO REPARTO CALABRESE

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prospettive di coltivazione, raccolta e spremitura di creature in età R/S

Un Capo Gruppo guarda alla Branca R/S con tanta simpa-tia ma anche con tanta cura perché sa che da quei ragazzi dipende il futuro del mondo e tante volte anche quello del proprio Gruppo.

Non tragga in inganno il titolo di vaga e sempre attuale ispirazione ortofrutticola: le rape resteranno sullo sfondo, pur essendo l’elemento cardine delle nostre riflessioni. Non so se vi sia mai capitato di spiegare ad un incolpevole extra associativo la tipologia di servizio che svolgete in as-sociazione? Finché provi ad illustrare le imprese di lupetti e coccinelle ed esploratori e guide si può ragionare, ci arrivi anche, male che vada, per facili abbinamenti iconografici, ma quando parli di quegl’altri? Quelli grandi e grossi che non si capisce cosa facciano oltre a camminare in schiera-mento caprino da mane a sera? Qualche tempo fa con la mia amica Roberta ci siamo in-terrogati sul significato delle parole Rover e Scolta. Non è stato particolarmente complicato effettuare una rapida ricerca per venire a capo di una definizione dotata di un suo senso. Rover è l’uomo di strada, il viaggiatore, un tizio colto da un’ansia di ricerca e scoperta (questo il dizionario non lo diceva, ma lo inseriamo pretestuosamente). Scolta è chi… ascolta, la sentinella, la vedetta che sta a guardia di un qualcosa, presumibilmente qualcosa di prezioso o importante.Cosa ce ne facciamo allora di questi manipoli informi di viaggiatori e sentinelle? E perché mai dovremmo darci da fare nel dedicarci ad individui che rispondano a tali carat-teristiche… in buona sostanza, cosa mai potremmo cavar-ci di buono da un Clan/Fuoco?

Se provassimo a rintracciare il senso ultimo della vita di Branca RS, a cogliere il nucleo e la radice dell’impatto edu-cativo che la proposta esercita sul ragazzo in formazione, potremmo immaginare che essa si realizzi nell’accompa-gnare i suddetti ragazzi nella definizione di una propria specifica identità, come se, giunti a tale passaggio del proprio cammino, li si invitasse ad uno sforzo di sintesi, un tirare le fila e trarre delle conclusioni da quanto sperimen-tato negli anni di formazione scout. Già posta così la que-stione appare indigesta, pensa un po’ se tale esercizio lo sperimenti confrontandoti con questo modello di vedet-ta-camminatrice, che si fa carico di una inquietudine da pellegrino e dello scrupolo responsabile della sentinella (!).Questo senso di gioiosa inquietudine e di scrupolosa re-sponsabilità sono quindi le cifre di un agire che vale se ri-porta alla realtà, alla città, ai luoghi dove si esercita la pro-pria funzione di uomini e donne di questo tempo. Ogni attività propria della Branca vorrebbe ispirarsi a questo

tipo di dinamica, che richiede di avere a che fare con in-dividui aperti al desiderio della scoperta, alla necessità della consapevolezza, alla responsabilità dei propri atti. Ragionare di capitoli, inchieste, Carte di Clan, servizio può anche suonare superfluo in questa sede, allorquando si colga pienamente l’idea che il nucleo di quel fare è legato alla prospettiva della piena fioritura della persona, intesa come soggetto che si prende a cuore una porzione rap-presentativa di mondo e la fa fruttare con passione e sen-so dell’orizzonte.

In questi mesi la Branca RS sta preparandosi a lanciare a rover e scolte, Capi Clan e Capo fuoco un tema suggesti-vo, sul quale provare a coinvolgere in un dialogo a più voci le comunità di tutto il territorio nazionale. Si tratta di una riflessione sulla virtù del Coraggio, da intendere come lo stile di chi vuole abitare responsabilmente e con-sapevolmente i propri luoghi ed il proprio tempo, non rinunciando all’ambizione di aprire strade nuove. È un richiamo, come associazione e come Branca, alla neces-sità di ritagliarci uno spazio preciso ed identificabile dove esercitare una concreta aspirazione al cambiamento con contributi originali ed appassionati. Ed è forse il senso vero della presenza di un Clan/Fuoco in un quartiere o una città: ricordarci che la responsabilità non ci limitiamo ad assaggiarla ma la esercitiamo. Le attività di rover e scolte potrebbero quindi essere im-maginate come un succedersi di atti visibili e riconoscibili, che diano a noi e agli altri il senso del nostro essere per-sone di spessore, tirate su a forza di fatica evidentemente. Viaggiatori e sentinelle hanno per noi un senso perché sono effettivamente necessari, non sono un lusso che ci concediamo ma una risposta a bisogni reali, il nostro con-tributo alla risoluzione dell’“emergenza educativa” che più o meno sappiamo dove riconoscere.

In conclusione, proprio in riferimento alle possibili rispo-ste alle emergenze educative cui accennavamo, provia-mo ad alzare il livello della conversazione citando Saint-Exupéry, il quale ci propone un definizione alquanto chiara di cosa sia una persona retta: « … si sente respon-sabile nei confronti di quanto si va edificando di nuovo laggiù, nel mondo dei vivi, avendo egli il dovere di pren-dervi parte; e, nei limiti del suo lavoro, si sente un poco responsabile del destino degli uomini. Appartiene al no-vero di quegli esseri d’ampia levatura che consentono a coprire col loro fogliame ampi orizzonti. Essere uomo significa appunto essere responsabile. Significa provare vergogna in presenza d’una miseria che pur non sembra dipendere da noi. Esser fieri d’una vittoria conseguita dai compagni. Sentire che, posando la propria pietra, si con-tribuisce a costruire il mondo».L’idea di fare il nostro nel coltivare uomini e donne anima-ti dal senso della rettitudine sa di risposta forte.Gianfranco Schirripa

PERCHÈ CAVARE IL SANGUE dALLE RAPE: SPECIALE: IL CAPO GRUPPO

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“Il campo per Capi Gruppo ha lo scopo di aiutare il Capo Gruppo a prendere coscienza dei propri compiti istituzio-nali; sia verso la Comunità Capi che gli altri ambiti associa-tivi; sia verso la realtà civile ed ecclesiale del proprio territo-rio e ad acquisire conoscenze e competenze in ordine alle modalità ed alle tematiche dell’educazione; della anima-zione degli adulti e della loro formazione.”

“Ragazzi quest’anno cerchiamo di non ripetere gli stes-si errori dello scorso anno: la formazione prima di tutto! Non ricordo più l’ultimo anno in cui non siamo stati cen-siti sotto agli articoli 14 e 14 bis …” Queste, probabilmen-te, le parole di un giovane capo gruppo, al secondo anno del suo mandato, che come tanti altri, giovani e meno giovani, si trova a dover “combattere” nella sua co.ca. per la formazione dei nuovi staff, cercando di non disillude-re i giovani capi con tanta voglia di fare (ma che ancora non hanno completato l’iter di formazione); cercando di stimolare i vecchi capi (che ancora, magari, l’iter …non lo hanno proprio iniziato), cercando di non dovere fare l’ennesima brutta figura con il responsabile di zona che ogni anno ci rinnova la fiducia. “Certo, è facile per te, ma tu non devi implorare le ferie per fare il campo di formazione, che si aggiunge ai cam-pi con le unità, e dopo che finalmente sei riuscito a far coincidere tutto quanto …ti mettono in lista d’attesa!” Queste le risposte che penso si sentano in qualunque co.ca. E proprio questa risposta mi ha dato da pensare …e se anche io, che ci tengo tanto alla formazio-ne e che dovrei essere il “primo formatore” della mia coca, fossi nelle loro stesse condizioni? Come mi comporterei?Così è nata la sfida di partecipare al campo, certo a pen-sarci bene, come motivazione, non è tra le più nobili, ma ha prevalso in me la necessità di dare l’esempio, di far vedere che nonostante le competenze acquisite, la con-tinua ricerca di eventi formativi in regione, in pattuglia e nella formazione capi, anche io mi rimettevo in cam-mino alla ricerca di un evento che potesse dare maggio-re autorevolezza al mio ruolo in co.ca. e che mi potesse dare nuovi stimoli per svolgerlo nel migliore dei modi.Si parte! Questa nuova avventura ha preso forma sul Re-ventino nella Base Scout “Don Saverio Gatti” a Platania (CZ) dal 06 all’08 Dicembre 2009, dove capi gruppo di tutta la regione si sono incontrati per confrontarsi con l’obiettivo di “rendere più efficace il nostro agire” soprat-tutto migliorando la proposta educativa.Inutile sottolineare la bellezza del momento di forma-zione e di confronto in cui, capi di esperienza come Ma-ria, Fabio (importato direttamente dalla fo.ca. toscana)

ed il nostro A. E. regionale Don Massimo, ci hanno coin-volto come piccole formichine operose a misurarci con l’importanza del confronto e del costruire relazioni tra persone all’interno della co.ca. attraverso un clima sereno e positivo che possa favorire l’ascolto e l’allontanamento dei pregiudizi.Gli Obiettivi formativi del campo sono stati suddivisi in tre aspetti:1. Coscienza dei compiti istituzionali a vari livelli (figura e ruolo del Capo Gruppo)2. Riflessione sulla centralità della co.ca. e della fo.ca.3. Tecniche di animazione di adulti attraverso dinamiche di animazione/confrontoDa tutto ciò è emerso che il capo gruppo:• deve essere una persona in cui la co.ca. riconosca una sua autorevolezza;• conosce la realtà educativa in cui la co.ca. opera e riesce a farla cogliere ai capi;• ha una esperienza “maturata” di servizio con conoscenza metodologica ed esperienza sul campo delle tre branche; • possiede capacità di lavoro con gruppi di adulti nella co-municazione (verbale e non verbale), nelle relazioni inter-personali e nella gestione della co.ca.;• Richiama, alla fedeltà al patto associativo ed al progetto educativo.• Assume il ruolo di “facilitatore” e non di mediatore, per-ché l’importante non è trovare un compromesso ma rag-giungere un obiettivo comune per il bene di tutti. Ma la carota? Vi starete domandando “…e la carota che

c’entra?” Non lo so… o meglio, è stato un altro dei tanti stimoli lanciati al campo: per la verifica di fine cam-

po ci hanno chiesto di verificarci attraverso una carota per capire quanto, raggiungen-do o meno i nostri obiettivi formativi del campo, eravamo usciti da sottoterra! E da qui un’altra miriade di pensieri e di riflessio-

ni … ma noi capi gruppo quanto realmente siamo sopra la terra per vedere i ragazzi che ci vengono affidati e quanto riusciamo ad essere di supporto ai nostri capi che si fanno in quattro per svolgere al meglio un servizio educativo? Quanto questa carota ci permette di avere una “vista lun-ga” che riesca a cogliere le diverse sfaccettature della re-altà che viviamo?Educare è una cosa seria e diventa fondamentale appro-fondire le problematiche educative, leggere i bisogni del territorio, dei capi e dei ragazzi che vivono insieme a noi il grande gioco dello scoutismo, e per farlo diventa fonda-mentale ritornare a casa e far fruttare le esperienze vissute e mettersi di impegno, con responsabilità ed il sorriso che ci contraddistingue, in modo che le nostre comunità capi possano riuscire ad essere maggiormente “intenzionali” nell’azione educativa.Daniele Campolo

IL CAMPO PER CAPIGRUPPO E LA CAROTA!

SPECIALE: IL CAPO GRUPPO

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VITA ASSOCIATIVA

Facciamo un gioco: io dico una parola e voi rispon-dete con ciò che essa vi fa venire in mente!La parola è: Jamboree! E’ facile, a cosa avete pensato? Provo ad indovina-re: qualcuno avrà pensato Svezia, Inghilterra, Thai-landia… e poi? Sicuramente sarà venuta in mente la multiculturalità, l’incontro, la condivisione… In-somma tutto ciò che ha a che fare con la dimensio-ne internazionale.Ed è così, non a caso le parole chiave del prossimo Jamboree sono: Meetings, Nature, Solidarity.La possibilità di nuovi incontri (Meetings). Dietro a qualsiasi avvenimento che cambia lo stato prece-dente delle cose, c’è sempre un “incontro” di storie: personali, tra comunità, tra popoli. Il cambiamento avviene quando si spende tempo per andare in-contro gli altri. Gli incontri sono indispensabili per arricchire le relazioni umane, per costruire rapporti interpersonali, per superare la solitudine della vita urbana con la bellezza dell’incontro e della convi-vialità.La vita all’aria aperta (Nature) è uno dei 4 punti fon-damentali del nostro metodo educativo. Il Jambo-ree in Svezia è occasione topica dell’esperienza gra-zie alla natura ancora vergine e selvaggia, in cui si “incontrerà la fraternità mondiale degli scout”.Una fraternità di uomini e donne (ragazzi e ragazze) che si sentono parte di un mondo, di un creato che ha la sua origine in Dio. Il motto è: SimplyScouting! Qual è l’unico luogo dove vivere lo scouting nella sua to-talità?Il buon cittadino è in grado di agire locale pensando globale. Saranno le esperienze di intervento sul ter-ritorio (Solidarity) che consentiranno di lasciare un segno del nostro passaggio.

Ma…pensiamoci bene, forse qualcosa in più c’è! Qualcosa che ci permette di rendere questa espe-rienza unica non solo per un singolo esploratore o guida, ma una grande ricchezza per un’intera comu-nità: una squadriglia, un reparto, e se siamo capaci di esagerare anche un intero territorio.Sembra difficile, come fare a trasformare un’espe-rienza di un singolo in una ricchezza per tanti? Il segreto è quello di coinvolgere tutti fin dal primo momento, di non limitarsi semplicemente a fare “raccontare” un’esperienza. Partecipare alla fase di preparazione, sentirsi coinvolti in un percorso,aiuta a sentirsi protagonisti, corresponsabili di ciò che succederà. Colui che partecipa al Jamboree deve es-sere l’ambasciatore della propria realtà.Pensiamoci bene, cosa significa ambasciatore, chi è questa figura?Andando a spulciare sul dizionario: ambasciatóre (ant. ambasciadóre) s. m. (f. -trice) [dal provenz. am-baissador]. –Chi si reca o risiede per conto o in nome di uno stato o di una comunità presso un altro stato o presso un’autorità politica o religiosa per eseguirvi una missione diplomatica. (Dizionario Treccani)

Quindi è chiaro: chi parteciperà al Jamboree non lo farà per un tornaconto personale, ma rappresenta tutta la comunità di riferimento (squadriglia, repar-to, gruppo, zona e regione)Le occasioni per rimarcare questo aspetto saranno tantissime, basta saperle cogliere, ed in questo noi capi siamo dei maestri. Si può partire dalle piccole cose, come nel contribuire alla raccolta de materia-le necessario alla vita di campo per la Squadriglia/Reparto di formazione, fino alla realizzazione di im-prese che contribuiscano a preparare chi partecipa all’evento.Gionata Fragomeni

VAdO AL JAMBOREE!MA MI dIVERTO SOLO IO?

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Come spesso capita, nell’uso quotidiano, diamo per scon-tato il significato di alcune parole o di alcune frasi senza soffermarci sul senso vero che le stesse hanno. In questo periodo, intenso per me di impegni, culminati nella gior-nata del 19 marzo a Potenza, “Giornata nazionale della memoria e dell’impegno”, spesso mi è capitato di ragio-nare insieme a molti ragazzi e adulti con i quali mi sono confrontata, su cosa possiamo davvero fare per cambiare la società in cui viviamo, per costruire oggi il nostro do-mani o, per dirla nel nostro linguaggio, come possiamo lasciare il mondo un pò migliore di come lo abbiamo tro-vato. Fin da piccoli educhiamo i nostri ragazzi alla “buo-na azione”… con essa si vuole trasmettere l’importanza di pensare agli altri come a se stessi; è il buon aiuto e la buona disponibilità verso le persone che incontriamo per permettergli di superare le difficoltà, di qualunque natura, che essi incontrano. Ma riflet-tendo bene, per noi adulti, la buona azione diventa “buona prassi” quando questa azione individuale produce la riorganizzazione di un percorso istitu-zionale che tiene conto di tutti, quin-di con una valenza politica che non possiamo non considerare. Ed allora mi sono soffermata sul significato di buona prassi, frase che spesso usiamo, ma della quale forse troppo spesso ci sfugge il senso vero. Per buone prassi si intendono in ge-nere le esperienze più significative, o comunque quelle che hanno permes-so di ottenere migliori risultati, relati-vamente a svariati contesti. Il termine è usato per esempio nella direzione aziendale, in medicina, nelle orga-nizzazioni aziendali o governative. A seconda dell’ambito, le “buone prassi” possono essere definite come raccolta di esempi, che vengono opportuna-mente formalizzati in regole che pos-sono essere osservate.E nello scoutismo?? Anche nel nostro campo non vi è dubbio che la nostra azione è migliore se ha alle spalle buo-ne pratiche, quindi non solo buone azioni o azioni migliori, ma piuttosto una logica che va nella linea di favo-rire un’assunzione di responsabilità di ciascuno; la costruzione di un modello che si perfeziona via via con il coinvol-gimento di tutte le persone interessa-

te. Abituarci alla buona prassi significa operare secondo modalità di lavoro che si vanno progressivamente defi-nendo nel tempo e sono in grado di fornire risposte positi-ve, strutturate, integrate e quindi come tali maggiormente finalizzate al raggiungimento degli obiettivi che ci siamo previsti. E poi?? E poi dobbiamo assolutamente valorizzare le buone prassi che hanno prodotto risultati significativi. La vera chiave di svolta sta proprio in questo: mettere a servizio di tutti le buone prassi che si sono create nei nostri gruppi. Non è forse questo un buon modo di fare qualcosa verso la “comunità”, verso il cambiamento, verso il futuro?Diceva Don Lorenzo Milani: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politi-ca. Sortirne da soli è avarizia.”Stefania Grasso

BUONE PRASSI? SI GRAZIE !LE BUONE PRASSI

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Lo scoutismo si muove anche vie “trasversali” ma custodisce saldamente i propri principi, semplicemente li applica in altri contesti. Questo ci fa capire che lo Scoutismo non abita solo nelle nostre sedi o solo dentro “camicie azzurre” ma si incarna e si manifesta nelle situazioni più varie e soprattutto quando è necessario “lottare per il bene difficile contro il male facile” Ed è il Magister del Masci Di Reggio Calabria che ci racconta come è nato un organismo sociale e civile che prende il nome di “Reggio non tace”

La mattina di domenica 3 gennaio 2010, alle prime luci dell’alba un ordigno è esploso davanti alla Procura Gene-rale della Repubblica di Reggio Calabria.Una bomba confezionata con una bombola di gas che, per fortuna, non ha liberato tutta la sua devastante forza, altrimenti i danni sarebbe stati ben più gravi di quelli pro-vocati.Quella stessa mattina, nell’attigua chiesa degli Ottimati ci siamo ritrovati in molti scout adulti della città per la s. mes-sa e, prima della celebrazione, siamo andati davanti alla Procura, quasi in processione, a manifestare solidarietà e vicinanza ai magistrati che in quel momento si trovavano lì per una prima ricognizione.Successivamente abbiamo pensato di ritornare a manife-stare una muta protesta nel pomeriggio e, così, abbiamo chiamato a raccolta, amici e conoscenti con un tam tam fatto di mail, sms, ecc.Alle 18.00 di quel giorno, con un po’ di sorpresa, ci siamo ri-trovati in centinaia di persone, cosa affatto usuale a Reggio per questo tipo di manifestazioni.Siamo stati in silenzio per più di un’ora lì davanti, un silen-zio che “urlava” la nostra rabbia e il nostro “basta” a tutto ciò che ci ha condotto fino a questa che è un’ estrema sfida della ‘ndrangheta allo Stato, ma anche l’ennesimo, intolle-rabile sfregio alla nostra città.Per amore di Reggio e dei suoi abitanti non possiamo e non vogliamo più tacere!!!

Basta con il falso quieto vivere e con l’assuefazione che fa passare inosservati un’esplosione o un incendio ogni notte, che ci rende complici di chi intende vivere e pro-sperare affogando l’economia della città e taglieggiando gli operatori onesti che vengono lasciati soli di fronte ad un nemico forte e subdolo, basta con l’illegalità diffusa.C’è un numero crescente di persone, di cittadini, di giova-ni che non vogliono più tacere.Uomini e donne di Reggio Calabria disposti a lottare per liberare la loro bella città dall’oppressione della ‘ndran-gheta e delle sue molteplici connivenze, coperture e complicità.Disposti a tenere alta la guardia, a sostenere quelle isti-tuzioni e quei servitori dello Stato che compiono fino in fondo il loro dovere, ma anche a denunciare quanti, al contrario, per connivenza o incompetenza, vi hanno ri-nunciato da tempo, pur ricoprendo incarichi pubblici di rilievo.Un’aspirazione di libertà più che legittima, un diritto sa-crosanto ma che richiede un cammino faticoso di impe-gno e di vigilanza.Infatti da quel giorno continuiamo a ritrovarci il 3 di ogni mese per mantener viva la tensione, per raggiungere pian piano i più intimoriti, soprattutto nei territori caldi, per allargare il fronte della partecipazione: più diventere-mo, più incoraggeremo ma anche perché potremo avere più credibilità e capacità di fare pressione perché le no-stre proposte si realizzino.Il 3 marzo 2010 durante un’assemblea pubblica abbiamo anche approvato il Manifesto del Movimento Reggio-non-.tace.Credo che tutti i cittadini di buona volontà debbano sen-tirsi chiamati, nel loro stesso interesse, a fare la propria parte, vincendo la paura ed unendosi a quanti, obbeden-do alla propria coscienza, non possono più tacere.Sono felice e onorato che tra questi, e per primi, ci siano gli adulti scout del MASCI di Reggio Calabria. Peppe Angelone - MasciComitato Esecutivo Nazionale

NESSUNO VUOLE PIÙ TACERE,SOPRATTUTTO LA CITTÀ dI REGGIO

LE BUONE PRASSI

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Sabato 15 e Domenica 16 gennaio presso il Seminario arcivescovile di Reggio Calabria si è tenuto il previsto convegno “Crescere 2.0 - Sfide e frontiere dell’educazio-ne nel nostro tempo”. Con oltre centosessanta iscritti, l’appuntamento propo-sto dal Centro studi “don Lembo”, dall’Agesci Calabria e dalla Comunità scout Brutia, in collaborazione con Masci Calabria, Convitto Nazionale di Stato “Tommaso Campa-nella”, Agiduemila e Sied Associazione per l’Ict, ha coin-volto educatori di estrazione scout, ma non solo, da tutta la regione.I lavori di sabato pomeriggio sono stati introdotti dal prof. Mario Caligiuri nella duplice veste di assessore re-gionale alla Cultura, istruzione e ricerca e di docente

universitario sensibile ai temi della media education e del rapporto fra democrazia, educazione e tecnologie in-formatiche.

Un’ampia panoramica dei termini più attuali della “que-stione educativa” è stata tcon grande competenza da Maddalena Colombo, docente di sociologia dell’educa-zione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, la sua relazione ha tracciato un quadro dello scenario giovanile odierno caratterizzato dalla frammentazione dell’esperienza umana, che fa scattare un bisogno di identificazione negli altri, nel gruppo, quasi per non sen-tirsi soli, ma occorre registrare anche un positivo bi-sogno di individualizzazione caratterizzato da una certa ansia di distinguersi, di stare nel gruppo ma senza confondersi, di prendere le proprie distanze e quindi di fare selezione delle alternative, esser quindi capaci di azione cogliendo-ne il significato intrinseco della scelta (acquisività).Fabrizio Coccetti, che lavora come fisico al Cern di Gine-

Dopo una prima risonanza sul contenuto delle relazioni pomeridiane, i partecipanti hanno rilanciato la riflessione comune attraverso le loro proposte sul ruolo dell’adulto nella relazione educativa. Dopo cena i convegnisti han-no partecipato ad una coinvolgente sessione di studio teatrale animata da Enzo De Liguoro attraverso alcuni estratti del suo spettacolo “Rose rosse”, che sta portando in giro per i teatri italiani per la regia di Sista Bramini.

Domenica mattina, dopo la messa celebrata nella cap-pella del seminario, è giunto a portare il suo saluto l’arci-vescovo mons. Vittorio Mondello; sono seguiti i saluti dei responsabili dell’Agesci calabrese Mafalda Cardamone e Fabio Caridi, del segretario regionale del Masci Elisabetta Mercuri, di Vittorio Alfieri per la Comunità scout Brutia. Particolarmente caloroso il messaggio portato da Carmi-ne Gelonese a nome dell’Azione Cattolica calabrese. I la-vori sono poi ripresi con il resoconto dei gruppi di lavoro del sabato.

VITA ASSOCIATIVAvra, ha poi analizzato l’evoluzione delle piattaforme tec-nologiche del Web 2.0 in particolare l’evoluzione dei so-cial network e le interazioni che queste hanno nel mondo giovanile, sottolineando le opportunità e le sfide che ne derivano sul piano educativo. La relazione ha posto l’ac-cento sul Web 2.0, sulla grande potenzialità insite in esso, basti pensare all’Effetto Small World (il mondo è piccolo), e alla possibilità del singolo individuo di interagire con la rete immettendo lui stesso informazioni, notizie, co-struendo in qualche modo SAPERE. Gli adulti devono provare anche a non demonizzare esperienze come “facebook” dove la dimensione virtuale non sostituisce quella faccia a faccia ma è solo un modo per dilatare lo spazio-tempo dell’incontro con gli altri.I lavori di gruppo sono stati animati da alcuni rappresen-tanti dei soggetti promotori del convegno e dai corsisti del Laboratorio di partecipazione sociale della diocesi di Reggio Calabria-Bova.

“CRESCERE 2.0 - SFIdE E FRONTIERE dELL’EdUCAZIONE NEL NOSTRO TEMPO”.

panoramica dei partecipanti il lavoro ferve nelle cucine del Seminario;

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VITA ASSOCIATIVASubito dopo è stata la volta di Ludovica Scarpa, docente di Tecniche di comunicazione e trattativa all’Iuav di Vene-zia che ha suggerito alcune piste di lavoro per migliorare la relazione educativa lavorando “con sguardo etnografi-co” sulle proprie modalità di comunicazione. Ludovica Scarpa ha messo l’accento sugli aspetti di rela-zionalità odierni, mettendo in guardia dal trasferire nel linguaggio con i ragazzi le preoccupazioni di noi adulti. Un adulto deve si, presentare i problemi, ma nel contem-po invitare i giovani a fare un sforzo di fantasia, nel cer-care nuove soluzioni. La fantasia serve a capire che tipo di competenza sociale formarsi al fine di costruire il bene sociale, il bene non esiste se non lo fai. Ciò potrebbe servire a combattere quell’ansia nel futuro molto avvertita oggigiorno, e verrebbe da dire non solo dai giovani.Sandro Repaci, Presidente del Centro Studi Lembo, ha tratto le conclusioni delle due giornate, ringraziando co-

loro che hanno reso possibile il realizzarsi dell’evento, dal Rettore del Seminario don Demetrio Sarica, la cui gene-rosa ospitalità è venuta incontro ampiamente alle com-plesse esigenze organizzative dell’evento, al lavoro dietro le quinte svolto con grande dedizione e competenza, da coloro che si sono adoperati, scout giovani e meno gio-vani, incaricati della logistica, dell’accoglienza dei parte-cipanti e della refezioneNel complesso il Convegno si è rivelato una buona oc-casione per contribuire alla formazione degli adulti che hanno oggi responsabilità educative, e inoltre ha per-messo al Centro Studi Lembo di affermare ancora una volta la sua funzione di luogo per pensare per chi si occu-pa di educazione in Calabria nella complicata realtà post-moderna che il Paese sta attraversando.Carmelo Trunfio

Sara Bottari introduce l’intervento dellaprof ssa Maddalena Colombo;

la locandina del Convegno;

l’Aula magna del Seminario;

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(13-15 maggio 2011)

Dal Taccuino di Marcia… a piccoli passi stiamo giungendo al fatidico ap-puntamento dell’Incontro Regionale per Consigli di Zona e, certamente, già tutti noi siamo stati “conta-minati” a piccole ma concrete “dosi”. Infatti in ogni zona il proprio “angelo custode” (membro del “Labozone”) ha proposto, animato, so-spinto la propria zona lungo questo percorso.L’occasione che ci viene presentata è di quelle da non lasciarsi scappare: produrre cambiamento, essere “portatori sani di un mandato” e saperlo far fruttare al meglio delle nostre risorse. Ecco, quanto ne siamo consapevoli?Ma andiamo per gradi. L’intero cammino, inizia-to al consiglio regionale del febbraio 2010, trae origine dal nostro Proget-to Regionale che individua fra le priorità quella di: ”… Superare le situazioni di au-toreferenzialità, presenti sia all’interno dell’Associazione che nei confronti della realtà esterna, valorizzando la di-mensione comunitaria negli aspetti: relazionali; progettua-li; di appartenenza sia sociale (politica) che associativa”.Lungo questo procedere siamo stati accompagnati dalla rifles-sione di Don Massimo sul brano evangelico tratto dalla Prima Lettera ai Corinzi “Il corpo e le membra”: la teologia del corpo esplicita indicazioni chiare per la nostra associazione e tutti siamo chiamati ad in-teragire per il raggiungimento del bene comune.Allora, guidati da questa esortazione paolina a non vivere nell’individualismo, è iniziato nelle singole zone il confronto e lo sforzo a non accogliere i cin-que verbi individuati come meri slogan, ma quale opportunità per costruire un nuovo modo di essere.A partire da ottobre 2010, utilizzando i verbi acco-gliere ed accompagnare, nel senso di dare ospita-

lità, di far posto dentro di sé, di assumersi la respon-sabilità della relazione che si è “innescata”, facendosi compagni di strada, mettendosi al fianco dell’altro in maniera discreta ma autorevole, si è tentato di “costruire relazioni significative”. Successivamente, (da gennaio-febbraio 2011) ogni consiglio di zona ha provato a “costruire percorsi si-gnificativi”, precisamente sostenendo la progettua-lità, sviluppando un clima di fiducia per una mag-giore corresponsabilità e solidarietà tra i gruppi (ad es. ai gruppi in difficoltà), ovviamente sostenuti dai verbi orientare ed allenare.La ricchezza, la diversità e l’originalità di ogni capo, pur nell’unità di intenti, ha dato vita nelle diverse zone ad intense e peculiari attività di incontro, con-sigli di zona appositi, laboratori di fede sui verbi sopra indicati che hanno consentito

una circolazione di idee, di contenuti, di stimoli, di costruzione di eventi di zona, che riteniamo siano quel patrimonio di buone prassi asso-ciative da barattare nel prossimo Incontro Regionale e da cui ri-partire per scrivere il futuro della nostra associazione in Ca-labria. L’incontro del pros-simo maggio 2011 da vivere a Roc-celletta di Borgia

(Catanzaro) nelle adiacenze dell’incantevole cornice del

Parco Archeologico della Roccelletta, è stato pro-grammato e strutturato per affrontare il tema dell’ “appartenenza associativa e sociale”, il cosiddetto lavoro in rete e in questo contesto il verbo da usare sarà ovviamente donare speranza: l’amore gratuito di Dio per ognuno di noi è un dono. Averne consa-pevolezza suscita in noi il desiderio di una risposta di impegno per il cambiamento di noi stessi e della nostra terra…… un testo incompleto, il cui seguito lo scriveremo, insieme, ritrovandoci all’appuntamento regionale dei Consigli di Zona dal 13 al 15 maggio 2011!

…dIFFUSIONE dEL “VIRUS” IN ATTESAdELL’EFFETTIVA “CONTAMINAZONE” !!!

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PROGRAMMA

VENERDÌ 13 Pomeriggio1 (15.00-18.00) Strada. Si partirà da 3-4 punti diversi (per zone gemellate) per convergere, allafine,nelpostocheaccoglieràl’evento Pomeriggio2 (18.00-20.00) Arrivo e sistemazione Allestimento degli Stand delle esperienze (per zona) Serata (21.30-23.30) Festa e stand con Baratto delle esperienze

SABATO 14 Mattina(9.00-13.00) Gruppi di lavoro Azimuth:approfondimentodi“tematiche fondamentali” legate alla vita di zona Pomeriggio(15.00-19.00) Gruppi di lavoro Agorà:“quale zona per la nostra regio ne?”.Individuazionedipercorsi,esfideperlenostrezone. Serata (21.00-23.00) Veglia

DOMENICA 15 Mattina1 (9.00-11.00) Sintesi dei lavori, relazione e “punti di partenza” Mattina2 (11.00-13.00) S. Messa e mandato Pomeriggio(15.00-17.00) Conclusione e partenza

Di seguito, in appendice, trovate il programma di massima di quello che sarà il nostro appuntamento.Fin da ora siamo certi che vi lascerete “contaminare” completamente, con la speranza che questo “virus” dell’appartenenza possa crescere sempre di più af-finché il servizio che svolgete nelle vostre zone sia sempre più entusiasmante e produttivo.Buona strada a tutti voi!Rosanna e Matteo (Labozone)

VITA ASSOCIATIVA

Page 24: Strade del Meridione - Aprile 2011

Come il secondo alpinista...

Se dovessi suggerire un motto per aiutare i capi nel nostro lavoro, potrebbe essere “Guarda lontano e sorridi”. Ci sono due modi per scalare una montagna. C’è chi sale diritto seguendo il sentiero fatto dagli altri o indicato nella guida; tiene gli occhi fissi su quel sentiero, per non perderlo; la sua idea fissa è di farcela ad arrivare in cima. C’è invece un altro tipo di alpinista che è ugualmente ansioso di arrivare in cima, ma che guarda più lontano. Guarda avanti a sé ed in alto e vede le varianti che, a causa di fra-ne ecc., si possono fare rispetto al sentiero preesistente, e varia il suo per-corso in conseguenza. Di quando in quando si ferma a guardare attorno a sé per rendersi conto della vita spettacolosa che ad ogni passo si apre e si dispiega dinanzi a lui; e così il suo animo si riempie di gioia ed entusiasmo, che rendono leggero il suo compito e gli danno una rinnovata spinta per continuare. Inoltre, guardando indietro, si rende conto che le colline che ha tanto faticato per superare sono ormai semplici monticelli di talpe, ed ha la possibilità di far segnali agli altri ancora impegnati nella prima parte della scalata, per dar loro indicazioni e incoraggiamento. Così il secondo alpinista compie la sua scalata con gioioso entusia-smo, anziché, come l’altro, con un’ascensione tenace, ma seria e faticosa. Dunque nel nostro lavoro - come del resto in ogni altra attività - dovremmo guardare avanti, molto avanti, con grande speranza ed obiettivi elevati, e guardare attorno a noi con gioia e buona volontà; guardare indietro con gratitudine per ciò che è stato compiuto, e quindi continuare con rinnovato vigore, con pronto spirito d’iniziativa e con più larga veduta sulla meta ulti-ma che vogliamo raggiungere, aiutando nel contesto gli altri sul cammino. Ma quando guardate, guardate lontano, e anche quando credete di star guardando lontano, guardate ancor più lontano!

Robert Baden-PowellHeadquarters Gazette, novembre 1920

Grazie a Mafalda per aver camminato con noi, in questi anni, con lo spirito del secondo alpinista, spronandoci a guardare sempre più lontano! Il Comitato Regionale