STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE L’INTELLIGENZA …servizi all’ingrosso, sfruttando una rete...

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STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE 16 SPECIALE STORAGE Le architetture ibride e software defined trainano un mercato che, almeno in Italia, risulta però in leggera flessione. FENOMENO FINTECH Le banche sono pronte alla rivoluzione della finanza digitale? Lo scenario e l'impatto della tecnologia. 23 42 NUMERO 24 | OTTOBRE 2016 CANDY La storia del gruppo brianzolo raccontata per immagini: dalla prima lavatrice agli elettrodomestici connessi. Distribuito gratuitamente con “Il Sole 24 ORE” L'analisi delle informazioni di nuova generazione al servizio delle infrastrutture di rete. L'esperienza di successo di Tim Wholesale Market. L’INTELLIGENZA DEI DATI PER LE TLC

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STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE

16 SPECIALE STORAGELe architetture ibride e software defined trainano un mercato che, almeno in Italia, risulta però in leggera flessione.

FENOMENO FINTECHLe banche sono pronte alla rivoluzione della finanza digitale? Lo scenario e l'impatto della tecnologia.

23 42

NUMERO 24 | OTTOBRE 2016

CANDYLa storia del gruppo brianzolo raccontata per immagini: dalla prima lavatrice agli elettrodomestici connessi.

Distribuito gratuitamente con “Il Sole 24 ORE”

L'analisi delle informazioni di nuova generazione al servizio

delle infrastrutture di rete. L'esperienza di successo di

Tim Wholesale Market.

L’INTELLIGENZADEI DATI

PER LE TLC

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Non si tratta semplicemente di un’altra stampante laser monocromatica, ma di un

nuovo modo di pensare. Nuova gamma laser monocromatica. Possibilità inaspettate, soluzioni infinite.

**

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STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE

N° 24 - OTTOBRE 2016

Periodico bimestrale registrato

presso il Tribunale di Milano al n° 378

del 09/10/2012.

Direttore responsabile: Emilio Mango

Coordinamento: Gianni Rusconi

Hanno collaborato: Alessandro Andriolo,

Piero Aprile, Valentina Bernocco, Roberto

Bonino, Carlo Fontana, Paolo Galvani,

Claudia Rossi, Ezio Viola

Progetto grafico: Inventium Srl

Foto e illustrazioni: Istockphoto, Adobe

Stock images, Martina Santimone

Editore, redazione, pubblicità: Indigo Communication Srl

Via Correggio, 48 - 20149 Milano

tel: 02 36505844

[email protected]

www.indigocom.it

Stampa: Ciscra S.p.A. - Arcore

© Copyright 2016

Indigo Communication Srl

Tutti i diritti di proprietà letteraria

e artistica riservati.

Il Sole 24 Ore non ha partecipato alla realizzazione di questo periodico e non ha responsabilità per il suo contenuto.

Pubblicazione ceduta gratuitamente.

SOMMARIO 4 STORIE DI COPERTINA L’intelligenza delle informazioni per le Tlc

9 IN EVIDENZA Da industry 4.0 al commissario digitale

Blackberry, Nokia, Google: chi viene e chi va nei telefonini

L’opinione: Apple può ancora cambiare le regole del gioco?

Pseudonimizzazione, questa sconosciuta

Più tutela per i dati nel cloud degli utenti europei

Le small cell per le poste

L’intelligenza artificiale al centro dei pensieri dei big

16 SCENARI La rivoluzione Fintech è ora: banche, siete pronte?

La moneta legale vivrà oltre le valute virtuali

Dalle banche a industria 4.0, l’universalità del blockchain

La nuvola spinge dati e robotica in fabbrica

23 SPECIALE STORAGE L’avanzata delle nuove architetture

La digital economy orienta l’evoluzione

Obiettivo condivisione, passando per il cloud

33 ECCELLENZE.IT Bauli - Citrix

Noberasco - Elmec

36 ITALIA DIGITALE Industria 4.0, il piano c’è. La vera sfida è attuarlo

L’innovazione fa tappa al salone

Un ecosistema aperto che fa scuola

42 OBBIETTIVO SU Candy

47 VETRINA HI-TECH Stampanti multifunzione

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4 | OTTOBRE 2016

STORIA DI COPERTINA | PerpiciatisSTORIA DI COPERTINA | Telecom Italia Wholesale

La Business Intelligence di nuova generazione al servizio dello sviluppo delle infrastrutture di accesso e della governance dei dati. L’esperienza di successo della divisione Wholesale del Gruppo Telecom Italia.

Miliardi di informazioni da

gestire ogni mese. Enormi

volumi di dati struttura-

ti e non, dai quali trarre

indicazioni utili ai processi decisionali

e utili a raccontare al meglio esperienze

funzionali alle strategie dei clienti. Big

Data insomma, perché quelli raccolti

e distribuiti sui sistemi della divisione

Wholesale del Gruppo Telecom Italia

hanno tutte le caratteristiche per essere

definite tali: la varietà, in quanto prove-

nienti da molteplici ed eterogenee fonti;

il volume, perché siamo in presenza di

grandi quantità in continua espansione;

la velocità, e quindi l’esigenza di compri-

mere i tempi di gestione e analisi dei dati

per un tempestivo utilizzo degli stessi.

La sfida da vincere, quindi, è di quelle

importanti ed è comune a ogni grande

organizzazione: governare la quantità e

l’eterogeneità dei dati a supporto delle

decisioni. Una sfida che diventa ancora

più difficile se, come dice Walter Felice

Ibba, senior vice president di Wholesa-

le, la base di partenza è segnata da una

stratificazione di più sistemi informativi

e conseguentemente da una molteplici-

tà di fonti. “Una corretta gestione del-

le informazioni”, spiega il manager a

L’INTELLIGENZA DELLEINFORMAZIONI PER LE TLC

Technopolis, “è sinonimo di uniformità

del formato dei dati e della possibilità di

farli confluire in un unico ambiente di

elaborazione”.

L’esigenza in seno all’azienda che si muo-

ve alle spalle di Tim e di altri operatori

di telecomunicazione era, quindi, chiara

e per il 2016 è diventata un vero e pro-

prio obiettivo da raggiungere, quello di

migliorare i processi decisionali e opera-

tivi. “Per farlo”, aggiunge Ibba, “stiamo

realizzando un sistema software che ci

permetta la gestione completa dei nostri

Big Data, aumentando l’efficienza e l’ef-

ficacia operativa, da una parte, e suppor-

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UNA MISSIONE POSSIBILE: GARANTIRE AI CLIENTI SERVIZI DI QUALITÀ

All’interno del Gruppo Telecom Italia, Wholesale è la divisione di Tim che unisce la parte tecnica di Open Access e quella commerciale di Wholesale Market. Il suo compito è quello di offrire ai propri clienti (di-verse entità interne di Tim operanti nel mercato retail, ma anche altri operatori di telecomunicazioni) infrastrutture e un’ampissima gamma di servizi all’ingrosso, sfruttando una rete di proprietà estesa su tutto il territorio nazionale e tecnologie hardware e software di ultima gene-razione. In Wholesale Market lavorano quotidianamente oltre 250 pro-fessionisti impegnati nello sviluppo di soluzioni a supporto di attività “core” delle aziende clienti, quali le relazioni commerciali e la gestione amministrativa e della contrattualistica. L’attività è definita in stretto raccordo con le funzioni operative respon-sabili delle performance e con le direzioni competenti, con l’obiettivo ultimo di garantire la totale compliance alle regole del proprio settore. Wholesale Market opera rispetto ai requisiti del “modello di equiva-lence” di Tim, pratica che garantisce le medesime condizioni (prezzi e prestazioni) di accesso ai servizi sia ai clienti interni sia a quelli esterni. Alla guida di questa divisione c’è Walter Felice Ibba, manager con una lunga esperienza sia in ambiti tecnici (è stato, fra i tanti incarichi svolti, responsabile dello sviluppo del Progetto Socrate di Telecom Italia) sia in ambiti regolamentari e commerciali.

tando tempestivamente le nostre deci-

sioni strategiche, dall’altra. Per realizzare

questo progetto avevamo bisogno di uno

strumento che si integrasse facilmente e

velocemente con i nostri sistemi e con i

nostri processi, superando la complessità

e la varietà dei nostri dati, e che ci garan-

tisse una governance e una semplicità di

realizzazione delle soluzioni in linea con

il nostro time to market”.

La soluzione che ha trasformato la prac-

tice di far confluire i dati elaborati in un

foglio di Excel, liberando gli addetti dal

vincolo di un supporto tecnico dedica-

to, non arriva dalla Silicon Valley e non

è il classico strumento di analytics di

uno dei colossi dell’informatica di clas-

se enterprise. Arriva dalla provincia di

Avellino, dove ha sede Datonix, realtà

altamente specializzata nel campo delle

applicazioni software per la gestione dei

dati. “Abbiamo effettuato un’indagine

di mercato”, ricorda, in proposito, Ibba,

“e ritenuto interessante la loro soluzio-

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6 | OTTOBRE 2016

STORIA DI COPERTINA | Telecom Italia Wholesale

ne perché offre una nuova visione della

Business Intelligence, molto più vicina al

business che all’It e basata su un accesso

a dati multistrutturati in modalità self

data preparation”.

Gli ambiti di applicazioneAttualmente l’utilizzo della soluzione

Datonix è concentrato nelle aree Ac-

counting e Marketing rispetto a una

duplice finalità: migliorare sia gli aspet-

ti operativi sia il processo decisionale.

Nell’ambito della prima funzione, il sof-

tware ha permesso di creare un sistema

di reportistica utile per il controllo delle

prestazioni economiche di Wholesale

Market. “In particolare”, precisa Ibba,

“abbiamo integrato e migliorato l’atti-

vità di reporting a supporto del nostro

ciclo di fatturazione attivo e passivo e

della gestione finanziaria. Nell’ambito

del marketing, invece, avevamo la neces-

sità di tracciare, analizzare e raccontare

in modo semplice, ma allo stesso tem-

po con un livello di approfondimento

adeguato rispetto alle varie situazioni,

l’enorme investimento che Tim ha av-

viato per lo sviluppo delle piattaforme

innovative, in particolare in ambito ul-

trabroadband”.

L’esigenza, infatti, era quella di passare

da numeri di copertura aggregati a livello

nazionale (Tim lavora con circa 10mila

centrali e 150mila armadi stradali) a una

visibilità locale e disaggregata, fino al

dettaglio di regione, città e quartiere, per

far comprendere a ciascun cliente le spe-

cifiche opportunità di business. Come?

Storicizzando i dati di consumo e quelli

di copertura della rete, rilevando tutte le

dinamiche di acquisizione e migrazione

tra servizi e, infine, offrendo indicazioni

di priorità sulle aree di intervento.

“Una soluzione completa, in grado di

correlare tecnologia, servizi e prospetti-

ve di business con una vista semplice ma

molto precisa”, assicura Ibba, sottoline-

ando come fra i pregi più importanti di

Datonix ci sia quello dei tempi di imple-

mentazione. “In poche settimane siamo

riusciti a portare in produzione il softwa-

re e il motore che estrae i dati dai nostri

database”, ha aggiunto il manager. E tale

caratteristica ha già convinto Wholesale

ad ampliarne l’utilizzo a tutti quei dati

aziendali, disponibili all’interno della di-

visione, per i quali la tecnologia di self

data preparation può semplificare e velo-

cizzare il processo di analisi e di rappre-

sentazione anche in chiave grafica.

Gianni Rusconi

SEMPLICE È MEGLIO

La soluzione di Datonix adottata da Telecom Italia Wholesale si basa su un accesso a dati multistrutturati in modalità self data preparation. Si tratta di uno strumento di prepara-

zione dei dati i cui pregi principali sono la velocità (quella con la quale definisce le applicazioni da mettere in campo), la flessibilità e la sempli-cità d’uso. È infatti utilizzabile (dagli utenti autorizzati) attraverso i classi-ci software di Office Automation e garantisce una notevole compres-sione dei tempi di esercizio, assicu-rando la possibilità di gestire senza problemi la complessità dei dati de-rivanti da fonti diverse (sistemi infor-matici di tipo legacy, file di svariati tipi, email, ecc.), in un unico sistema di raccolta e conservazione degli stessi. Un suo ulteriore pregio? La possibilità di modificare le informa-zioni, conservandone la storia, e di integrare tali dati direttamente ad opera dell’utente business, nonché quella di aumentare la granularità di analisi grazie a funzionalità che per-mettono di passare dal dato aggre-gato alle singole informazioni più dettagliate.

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Mettere a fattor comune i dati per creare valore Capitalizzare le informazioni esistenti, grazie a tecnologie all'avanguardia, è un modo di fare innovazione in chiave business.Ci spiega come il senior vice president di Wholesale, Walter Felice Ibba.

I l software Datonix ha portato in

dote a Wholesale diversi benefici,

alcuni dei quali decisamente a ele-

vato valore aggiunto. Non parlia-

mo, come spesso capita, di ritorno degli

investimenti ma di un salto in avanti

sostanziale in termini di efficienza ope-

rativa. Partendo da una risorsa vitale e

disponibile, i dati.

Proviamo a sintetizzare i principali van-taggi ottenuti.Abbiamo ridotto i tempi di elaborazione

delle informazioni per migliorare le atti-

vità di reportistica dipartimentale, auto-

matizzato fasi manuali della preparazio-

ne delle stesse, superato la complessità

dell’integrazione dei dati, strutturati e

non, provenienti da più fonti. E abbia-

mo costituito un ambiente di analisi

centralizzato, utilizzando un sistema di

reporting semplice e flessibile.

La scelta di puntare su un software “indipendente” è legata ai costi?Sicuramente i costi di questa soluzione

non sono paragonabili con quelli delle

piattaforme software dei grandi vendor

informatici, perché decisamente infe-

riori. Posso solamente dire che tali costi

sono stati contenuti in fase di sviluppo

e si sono rivelati nulli o quasi in fase di

esercizio. Ma nella nostra selezione ha

molto influito anche il fatto che fosse

una soluzione applicativa non vincolan-

te ed estremamente flessibile.

Sulle prestazioni avete accettato dei compromessi?Se mi chiede se il software sia il più per-

formante del mondo, la risposta è “non

lo so”. Di certo soddisfa pienamente le

nostre esigenze di gestione e governance

dei dati, garantendoci tutti gli strumen-

ti necessari per operare.

Anche sotto il profilo della sicurezza?Abbiamo la garanzia dell’integrità del

dato, la certezza che il sistema vada a

estrarre ed elaborare informazioni dai

nostri database e dai nostri sistemi le-

gacy. Ovviamente gli accessi alla piat-

taforma sono selezionati per ridurre i

rischi di corruzioni e violazioni.

Come si può leggere questo progetto in termini di innovazione?Tim è una società che vive di innova-

zione e crediamo fermamente che ge-

stire i dati prodotti dalla nostra stessa

compagnia sia il primo passo per evitare

di disperdere valore per l’azienda. Non

è teoria, è business. Si può fare quindi

molta innovazione sui dati in termini di

costi operativi e di efficientamento dei

processi strategici e decisionali: capita-

lizzare le informazioni esistenti con una

tecnologia all’avanguardia è fare inno-

vazione nei Big Data.

Senza alcuna resistenza al cambiamento da parte degli addetti?Se le persone lavorano bene e ottengono

risultati e se non intercorrono turbative

dovute a errori tecnici o di processo, si

crea un effetto domino dell’esperienza

d’uso che diventa sinonimo di miglio-

ramento per tutti i componenti dell’or-

ganizzazione. Nel nostro caso possiamo

tranquillamente parlare di replicabilità

di un modello virtuoso per la gestione

dei dati. G.R.

Walter Felice Ibba

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9OTTOBRE 2016 |

l’analisi

DA INDUSTRY 4.0 AL COMMISSARIO DIGITALE:IL SISTEMA ITALIA PROVA A CORRERE

Del piano Industry 4.0 avevamo an-

ticipato le linee guida sullo scorso nu-

mero di Technopolis, confermandone

(erroneamente) il varo il 10 settembre.

Carlo Calenda e Matteo Renzi l’hanno

presentato a Milano il giorno 21: le in-

discrezioni raccolte al momento della

chiusura della rivista ci hanno indotto

in fallo. Ce ne scusiamo con i lettori.

La sostanza del piano, invece, non si

discosta troppo da quanto scrivevamo

un mese e mezzo fa. La vera sfida è ora

quella della sua attuazione (ne parlia-

mo a pag. 36): i proclami sulla valenza

della strategia che dovranno aiutare la

manifattura a cambiare passo dovrà

tradursi in progetti concreti, e risul-

tati. Il contesto in cui il piano entra

in gioco ci dice che la produzione in-

dustriale, secondo gli ultimi dati Istat,

è calata del 22% dal 2007 al 2016 e

l’entità di tale flessione non è spiega-

bile (forse) solo con l’indifferenza di

governi e imprese verso il digitale.

Invertire la tendenza, non solo nella

manifattura, è l’obiettivo che Renzi

si è posto ma la storia recente insegna

che i piani perfetti sulla carta (vedi l’A-

genda Digitale) non sempre, anzi qua-

si mai se guardiamo al nostro apparato

pubblico, si traducono in realizzazioni

altrettanto lodevoli. Il piano Industria

4.0 da 13 miliardi di euro di risorse

allocate, in ogni caso, è stato accolto

in modo positivo da più parti. Anche

dagli esponenti dell’industria, che

puntualmente (e per certi versi para-

dossalmente) non hanno mancato di

ricordare come il ritardo delle imprese

sia elevato e come sia necessaria una

forte accelerata. Varata la strategia,

che si accoppia a quella sull’ultrabro-

adband, ora tocca al tessuto imprendi-

toriale dimostrare di saper cogliere le

opportunità (incentivi in primis) per

rinnovarsi, fermo restando che al Go-

verno rimane il compito di rendere più

efficiente e produttiva, grazie al digita-

le, la Pubblica Amministrazione.

Nel frattempo è ufficialmente iniziata,

con tanto di Decreto della presidenza

del Consiglio, l’era di Diego Piacentini

in veste di Commissario straordinario

per l’attuazione dell’Agenda Digitale.

L’incarico del senior vice president di

Amazon durerà due anni e sarà a costo

zero per le casse pubbliche; la strut-

tura commissariale prevede oneri per

un massimo di sette milioni di euro

l’anno. Gli obiettivi del mandato li ha

così sintetizzati a Repubblica lo stesso

Piacentini: “Rendere i servizi pubblici

per i cittadini accessibili nel modo più

semplice possibile attraverso i dispo-

sitivi mobili e far sì che la macchina

statale sia in grado di usare le tecno-

logie come accade in Gran Bretagna o

negli Stati Uniti”. Il manager lavorerà

in tandem con il consigliere di Palazzo

Chigi, Paolo Barberis, e il loro operato

troverà ispirazione nel “Manifesto di

principi tecnologici e operativi”. Una

sorta di decalogo che spazia dalla sicu-

rezza alla privacy, dal mobile all’open

source, dal cloud al machine learning.

Per metterlo in pratica si cercano ta-

lenti (una ventina) con cui dare vita al

“team per la trasformazione digitale”.

Un’ultima curiosità: la figura a suo

tempo incensata del Digital Cham-

pion è attualmente scoperta dopo le

dimissioni di Riccardo Luna. Visti i

pochi progetti concretizzati, forse non

se ne sentirà la mancanza.

Gianni Rusconi

Il piano per la manifattura ha trovato il plauso degli addetti ai lavori e nel frattempo si è aperta l’era di Diego Piacentini come Commissario per il digitale. Basteranno per invertire la tendenza dell’economia reale?

IN EVIDENZA

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10 | OTTOBRE 2016

IN EVIDENZA

Dal welfare aziendale al mercato auto-

mobilistico. È ampia e diversificata la

strategia di investimento di Zucchetti, che prosegue con l’espansione del pro-

prio portafoglio di offerta attraverso due

distinte operazioni. La prima riguarda

l’acquisizione della quota di maggioran-

za di Doubleyou, società specializzata

in soluzioni di welfare management, e

ha portato alla nascita del servizio Zwel-

fare per la gestione di forme alternative

di retribuzione (Flexible Benefits). La

seconda mossa della società lodigiana ha

avuto come obiettivo Visual Software,

azienda che sviluppa applicazioni per

concessionarie auto, officine e ricam-

bisti, gestendone tutti i processi. L’in-

gresso nel capitale di Visual Software

consentirà a Zucchetti di integrare le

proprie soluzioni Crm, Business Intel-

ligence e archiviazione documentale,

aprendo il proprio orizzonte applicativo

anche al mondo dell’automotive.

ZUCCHETTICONCEDE IL BIS

Per un’azienda che dice addio, altre

tornano o esordiscono sulla scena degli

smartphone. Un mercato ancora dina-

mico e attrattivo per i produttori, ma

che quest’anno mostra chiari segni di

rallentamento, specie in Europa e in

Nord America. Secondo le stime di

Idc, infatti, nel 2016 la crescita di uni-

tà vendute rispetto all’anno precedente

sarà limitata all’1,6%, registrando un

vero e proprio crollo dall’incremen-

to del 10,4% del 2015 (versus 2014).

Si acquisteranno, in ogni caso, circa

1,46 miliardi di telefonini nell’arco

dei dodici mesi, e quindi un numero

ancora molto appetibile per i vecchi e

nuovi attori dell’universo mobile. Fra i

vecchi c’è, o meglio c’era, Blackberry:

dopo anni di vendite in calo, di conti

in rosso per la divisione Mobility e di

progressivo spostamento verso il busi-

ness del software e dei servizi, l’azienda

canadese ha annunciato la decisione di

rinunciare a sviluppare e produrre in-

ternamente modelli a marchio proprio.

Il nome Blackberry non scomparirà dal

mondo smartphone, ma sarà apposto

sui terminali di aziende partner della

ex Research In Motion (come peraltro

già avvenuto con il recente Dtek50,

prodotto da Tcl). Scelta opposta è

quella di un altro nome storico del-

la telefonia mobile, e cioè Nokia, che

tornerà a produrre e commercializzare

smartphone. Dopo aver abbandonato i

Lumia (venduti a Microsoft nel 2014)

e dunque il sistema operativo Win-

dows Phone, la strategia della società

finlandese è ora quella di puntare su

Android, a cominciare dai due modelli

attesi sul mercato entro la fine dell’an-

no. Nessun annuncio ufficiale, al mo-

mento, ma indiscrezioni che descrivo-

no due terminali di fascia media o alta.

Ci vorrà tempo per capire se si possa o

meno parlare di una risurrezione della

casa finlandese, un tempo dominatore

del mercato delle telefonia che però ora

deve prepararsi ad affrontare uno sce-

nario affollato di concorrenti.

Fra quelli più agguerriti, capaci di sfida-

re le proposte di fascia alta di Samsung,

Apple e Huawei, c’è Xiaomi. I nuovi

Mi 5s e Mi 5s Plus (commercializzati

al momento solo in Cina) stupiscono

per il design, per il comparto fotografi-

co e per la presenza di un lettore d’im-

pronte digitali a tecnologia ultrasonica;

sono ambiziosi quanto un iPhone o un

Galaxy, ma più economici. Da registra-

re, infine, c’è l’esordio di un “nuovo”

e assai noto attore, Google. L’azienda

di Mountain View aveva cominciato

la sua avventura nell’hardware con i

telefonini e i tablet Nexus, realizzati a

quattro mani di volta in volta con Asus,

Htc, Huawei, Lg, Samsung. Ora però

BigG ha fatto un passo ulteriore pre-

sentando i suoi due primi modelli pro-

dotti in proprio, Pixel e Pixel XL, di-

versi per formato e specifiche tecniche e

accomunati dalla presenza di Android

7.0 Nougat. V.B.

BLACKBERRY, NOKIA, GOOGLE: CHI VIENE E CHI VA NEI TELEFONINIIl mercato degli smartphone rallenta e la guerra fra i vendor registra novità importanti. L'ex Rim abbondona il campo. Fastweb e Huawei Italia hanno siglato

di recente un accordo per lo sviluppo di

soluzioni e servizi innovativi nel mercato

della convergenza fisso-mobile e dei ser-

vizi wireless. Il primo progetto che sarà

avviato riguarda proprio l’utilizzo della

tecnologia small cell nei servizi mobili

di quinta generazione, grazie agli asset

tecnologici di Fastweb e a porzioni di

spettro radio, sia licenziato sia non anco-

ra soggetto a licenze. Ognuna delle due

aziende metterà a disposizione risorse

umane, tecnologiche e conoscenze che,

attraverso un team dedicato, consenti-

ranno lo sviluppo di nuovi prodotti e

servizi targati Fastweb.

ITALIA E CINA INSIEME NEL 5G

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11

l’opinione

Il recente annuncio dell’iPhone 7 è

stato un capolavoro di marketing: per

un modello esattamente uguale nel de-

sign alla serie precedente, è stato fatto

di tutto per stupire clienti e consuma-

tori. Il nuovo smartphone è sì più po-

tente, ma l’unica vera novità – incredi-

bile a dirsi – è l’eliminazione del jack

audio per collegare auricolari e cuffie,

che d’ora in avanti saranno wireless e/o

utilizzeranno lo slot per la ricarica del

telefono. L’aspetto più bizzarro è che

tutto ciò sia stato presentato come una

“coraggiosa” mossa innovativa di Ap-

ple: restiamo quindi in attesa di vedere

che cosa ci riserverà la user experience

“wireless only” in futuro.

Qui non si vuole commentare se iPho-

ne 7 sarà un successo o meno (anche

se pensiamo che, dal punto di vista dei

numeri di vendita, lo sarà e darà soste-

gno ai ricavi di Apple), oppure se sia

migliore di altri smartphone: vorrem-

mo cercare di capire se questo lancio

è l’ultimo segnale che dovrebbe farci

dubitare della capacità innovativa di

Apple in generale, e non solo per i tele-

APPLE PUÒ ANCORA CAMBIARE LE REGOLE DEL GIOCO?Il lancio dell'iPhone 7 riaccende la questione sulla capacità di innovare della casa della Mela. Ecco perchè i dubbi sono leciti.

fonini. Pensiamo al progetto Titan per

le auto driverless, di fatto cancellato, o

alla Apple Tv, che non è una “compel-

ling proposition” rispetto ai prodotti

concorrenti. O ancora all’assenza di

nuovi annunci di peso nel campo della

realtà virtuale e aumentata, del machi-

ne learning e dell’intelligenza artificiale

(oltre le funzionalità di Siri).

Tornando agli smartphone, le aspetta-

tive dei media e dei consumatori sul

fatto che prima o poi verrà introdotta

un’innovazione radicale da parte di Ap-

ple, magari con l’ottava generazione,

sono forse illusorie. Non è sicuramen-

te prevedibile una radicale discon-

tinuità, come lo è stato per il primo

iPhone circa nove anni fa. La crescita

dell’azienda sarà quindi sempre di più

legata alla sua capacità di inventare

nuovi servizi abilitati dall’ecosistema

software, che gli utenti del melafonino

potranno utilizzare per la musica, l’in-

trattenimento, i pagamenti elettronici

e altro ancora.

Alla fine, quindi, la principale doman-

da è se Apple per il futuro dei suoi pro-

dotti non abbia di nuovo bisogno di

qualche visionario, con l’autorevolez-

za di alcuni dei fondatori che stanno

guidando Tesla, Google, Netflix, Ama-

zon e Facebook, verso un’innovazione

molto più audace. Tim Cook ha gesti-

to la transizione del dopo Steve Jobs in

modo eccezionale se si guarda al bilan-

cio, ma forse nella cabina di comando

occorre avere anche qualcuno che pre-

pari Apple a creare il suo futuro.

Ezio Viola, amministratore delegato

di The Innovation Group

Ezio Viola

ACCORDO CON DELOITTE: CUPERTINO CALA IL TRIS Nuovo passo in avanti di Apple verso

la clientela di classe enterprise. Dopo lo

storico accordo stretto nel luglio 2014

con Ibm per lo sviluppo di applicazioni

di analytics e per i Big Data (basate su

piattaforma iOs) da rendere disponibili

agli utenti di iPhone e iPad, e dopo quel-

lo firmato con Sap lo scorso maggio, fi-

nalizzato alla creazione di app mobili da

combinare con le funzionalità della piat-

taforma proprietaria Hana Cloud, ora è

il turno di Deloitte. E più precisamente

della sussidiaria Deloitte Consulting.

Perché una delle maggiori aziende al

mondo nel campo dei servizi di consu-

lenza professionali stringe una partner-

ship con Apple? Per monetizzare, sotto

il cappello della “digital transformation”,

il brand della Mela aiutando le aziende

ad adottare soluzioni iOs destinate a

vari settori e attività: dalla gestione del

punto vendita alla selezione del persona-

le, dal controllo dell’inventario ai siste-

mi di back office. Il sodalizio fra le due

aziende sfrutterà l’esperienza di oltre cin-

quemila consulenti Deloitte per creare

un pacchetto di “best practice” dedicato.

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12 | OTTOBRE 2016

In Europa oltre due terzi delle aziende

non sono in linea con il nuovo rego-

lamento sulla privacy, che dovrà esse-

re recepito dagli Stati membri entro

il 2018, e in Italia si arriva all’80%.

Solo un’organizzazione europea su due

è in grado di cancellare tutti i dati di

un individuo che ne faccia richiesta

esercitando il diritto all’oblio. Il 58%

delle aziende italiane mette a rischio la

privacy dei clienti non mascherandone

PRIVACY E DIRITTO ALL’OBLIO: NON SIAMO PRONTI

La privacy è un tema caldo del dibatti-

to tecnologico di questi anni. Eppure

le aziende appaiono piuttosto disinfor-

mate a riguardo. Lo scorso maggio l’U-

nione Europea ha approvato il nuovo

Regolamento per la Protezione dei Dati

Personali (Gdpr), che dovrà essere rece-

pito dalle legislazioni degli Stati mem-

bri entro quattro anni. Fra i suoi prin-

cipi, in parte derivati dalla precedente

direttiva 95/46/CE, spiccano il diritto

all’oblio, l’obbligo di comunicare entro

72 ore avvenute violazioni informati-

che o incidenti, l’obbligo della traspa-

renza (per cui le informazioni di utilità

pubblica o individuale devono essere

facilmente accessibili e comprensibili) e

l’istituzione della figura del Responsa-

bile della protezione dei dati.

Al centro del nuovo Regolamento c’è,

inoltre, un concetto difficile da pro-

nunciare ma essenziale nella sostanza:

la pseudonimizzazione, ovvero il prin-

cipio per cui le informazioni di profila-

zione debbano essere conservate in una

forma che impedisce l’identificazione

dell’utente. Secondo un recente stu-

dio di Delphix, sono davvero basse le

percentuali (tra il 20% e il 40% circa)

di aziende italiane, francesi, tedesche

e britanniche che dichiarano di aver

PSEUDONIMIZZAZIONE, QUESTA SCONOSCIUTA

Il nuovo Regolamento per la Protezione dei Dati Personali approvato dalla Ue introduce alcuni obblighi per il mascheramento dei dati. Ma fra le aziende prevale la confusione.

compreso questo concetto. “La legge

prevede una severa disciplina di prote-

zione dei dati, con rigide sanzioni che

possono raggiungere il 4% del volume

globale di affari”, sottolinea Mauro

Trione, vice president sales Southern

Emea di Delphix. “È necessario da

subito un adeguamento nel modo in

cui si gestiscono e si proteggono i dati,

con tecnologie e processi compliant”.

Come? “Quando si parla di protezione

dei dati personali, il mascheramento e

l’hashing rappresentano lo standard

de facto per ottenere la pseudonimiz-

zazione”, spiega Trione. “Prendiamo

come esempio i dati personali non

protetti spesso liberamente disponibili

negli ambienti di non produzione uti-

lizzati per sviluppare e testare software,

oltre che per formazione, rapporti e

analytics. Sostituendo queste informa-

zioni sensibili con dati fittizi ma rea-

listici, le aziende possono annullare i

rischi per i dati preservandone al tempo

stesso il valore. Il mascheramento tra-

sforma in maniera irreversibile i dati

sensibili, in modo tale da eliminare i

rischi e consentire alle organizzazioni di

dimostrare la conformità con i requi-

siti di pseudonimizzazione del Gdpr”.

Al di là degli obblighi, l’applicazione

di queste procedure su larga scala ga-

rantirà alle aziende alcuni vantaggi, per

esempio mettendole al riparo dai danni

(economici e di reputazione) creati da

incidenti informatici e hackeraggi.

Valentina Bernocco

i dati nella fase di test delle applicazio-

ni. Sono alcuni dei numeri emersi da

un’indagine commissionata da Com-

puware a Vanson Bourne, eseguita su

quattrocento chief information officer

di grandi aziende italiane, francesi, te-

desche, spagnole, britanniche e statu-

nitensi. Dalle risposte dei Cio sembra

emergere una generale difficoltà delle

imprese a governare i dati, e più nello

specifico una scarsa capacità di deter-

Mauro Trione

minarne l’ubicazione. Le ragioni sono

diverse: si citano (il 68% dei Cio eu-

ropei e il 56% di quelli italiani) l’ec-

cessiva complessità dei servizi It ado-

perati, l’utilizzo dei dispositivi mobili

come fonte di “dispersione” dei dati

(63% e 60%), ma soprattutto il ricor-

so all’outsourcing (81% Europa, 88%

Italia). I dati, insomma, si “perdono”

tra risorse on premise, dispositivi mo-

bili e cloud più o meno identificati.

IN EVIDENZA

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13

LE SMALL CELL PER LE POSTE

PIÙ TUTELA PER I DATI NEL CLOUD DEGLI UTENTI EUROPEI Arriva il Codice di Condotta che regola l'archivio delle informazioni personali online. Gli obblighi per i provider.

Era probabilmente questo il momen-

to più propizio perché si adottasse

un codice univoco per i provider

di infrastruttura di tipo IaaS, Infra-

structure as a Service. Ormai tutta

l’Europa si è accorta di come per il

cloud serva una tutela “formale” per

chi usufruisce di questi servizi, anche

al di fuori del proprio Stato.

Da questi presupposti è nato il Ci-

spe (Cloud Infrastructure Services

Providers in Europe), una coalizione

di aziende tecnologiche la cui attività

riguarda la fornitura di servizi cloud

in una decina di Paesi europei oltre

all’Italia. L’obiettivo è quello di cre-

are il primo Codice di Condotta che

garantisca ai cittadini la tutela dei

propri dati personali, che semplifichi

il contesto normativo e che regolari

le attività di data mining e traccia-

mento dei profili digitali dei clienti

a scopi di marketing, di pubblicità,

personali o per la rivendita a terzi.

La partecipazione al Cispe è aperta a

qualsiasi provider i cui servizi soddi-

sfino i requisiti di privacy e di sicu-

rezza nel trattamento dei dati. Tutti

i membri della coalizione si sono

impegnati a condividere l’impegno

della Commissione Europea per

migliorare l’accesso ai beni e servizi

digitali e creare un ambiente dove

questi possano svilupparsi.

Stefano Cecconi, amministratore

delegato di Aruba, una delle società

che hanno partecipato alla nascita del

progetto, ha sottolineato che da un

punto di vista pratico “non si tratta

di un grande cambiamento per i no-

stri clienti, che già vedono applicata

la normativa italiana in materia. Ci

saranno ugualmente dei vantaggi,

in quanto tutti potranno disporre

delle stesse regole in tutta Europa e

di conseguenza sarà possibile offrire

ai consumatori la scelta del Paese in

cui devono essere processati i propri

dati”. Si tende quindi a una norma-

tiva unica, secondo cui tutti i dati sa-

ranno gestiti e stoccati esclusivamen-

te in area Ue. Un passo in avanti con

il quale, conclude Cecconi, “si dice

addio a quell’atteggiamento poco

trasparente per cui non si sa esatta-

mente dove siano conservate le infor-

mazioni personali dei clienti”.

Il traffico dati in ambienti chiusi rap-

presenta oggi il 70% del totale, secondo

le stime del ConsumerLab di Ericsson.

Ecco perché Postemobile, per la propria

sede centrale di Roma, ha deciso di mi-

gliorare l’esperienza di navigazione (e di

telefonia) delle persone che transitano

nei propri uffici. Una collaborazione tra

Ericsson e Wind (sulla cui rete Postemo-

bile eroga i propri servizi di operatore

mobile virtuale) ha portato all’installa-

zione della small cell Radio Dot System

per fornire una migliore copertura 3G e

4G Lte indoor. La soluzione incorpora

l’omonima tecnologia di Ericsson e una

sottile antenna montata a muro, men-

tre il software può essere aggiornato da

remoto. Il sistema si integra con la rete

Wind, coprendo grandi distanze all’in-

terno dell’edificio e garantendo una mi-

gliore esperienza sia per il traffico voce

sia per quello dati.

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14 | OTTOBRE 2016

Microsoft, Ibm, Google, Face-

book, Apple: non c’è quasi colosso

tecnologico che oggi non stia inve-

stendo pesantemente sull’intelligen-

za artificiale. Il pensiero va subito ai

robot, ma questo universo compren-

de soprattutto algoritmi di machine

learning, riconoscimento vocale,

chatbox, threat intelligence (cioè in-

telligenza applicata alla scoperta del-

le minacce informatiche), computing

cognitivo (come quello di Watson, il

“cervellone” di Ibm), servizi di tra-

duzione simultanea come quelli di

Google e di Skype. Lo scorso ago-

sto Apple ha acquisito Turi, startup

di Seattle la cui tecnologia permette

di creare app “intelligenti” al servi-

zio del marketing. A settembre, nel

corso dell’evento “Microsoft Ignite”

di Atlanta, l’amministratore delegato

della società di Redmond Satya Na-

della ha fatto una promessa: “Infon-

deremo intelligenza in tutta la nostra

offerta”, ha detto il Ceo, riferendosi

a prodotti come Office 365 e Dyna-

mics Crm, ma anche ai data center

dell’azienda di Redmond. Si seguirà

forse l’esempio di Google, che con

gli analytics e gli algoritmi è già ri-

uscita a ridurre i consumi energetici

delle proprie server farm. E di fine

settembre sono altri due annunci. Il

primo riguarda un’alleanza stretta fra

Microsoft, Google, Ibm e Facebook

per la creazione della Partnership on

Artificial Intelligence to Benefit Pe-

ople and Society, un’iniziativa non-

profit che lavorerà alla definizione di

standard, tecnologie interoperabili e

best practice. Le tecnologie di intelli-

genza artificiale”, spiega una nota di

Ibm, “hanno un enorme potenziale

di migliorare molti aspetti della vita,

dalla sanità alla scuola, passando per

INTELLIGENZA ARTIFICIALE AL CENTRO DEI PENSIERI DEI BIG

Microsoft, Ibm, Facebook e Google stringono un'alleanza, Apple punta sulle acquisizioni.

la manifattura, l’automazione delle

case e i trasporti”.

Il secondo annuncio riguarda nel-

lo specifico Microsoft. Accanto alle

divisioni aziendali già esistenti (in-

centrate su Windows, su Office e sul

cloud) è nata una quarta business

unit in cui confluiranno le attività ri-

guardanti Skype Translator, il moto-

re di ricerca Bing, gli analytics della

Cortana Intelligente Suite, i proget-

ti di robotica e altro ancora. Nella

nuova divisione lavoreranno oltre

cinquemila persone, tra informatici,

ingegneri e altre figure qualificate.

La strategia sembra quella di creare

maggiore coordinamento e standar-

dizzazione per progetti in precedenza

disaggregati, così come già Microsoft

aveva fatto negli anni Novanta con la

tecnologia allora emergente di Inter-

net. Se le premesse sono queste, forse

l’intelligenza artificiale è destinata ad

andare molto lontano. E chissà che

non diventi una vera nuova rivoluzio-

ne, paragonabile a quella del Web.

Valentina Bernocco

Nuovo round di investimento per la

startup italiana del Fintech salita alla

ribalta lo scorso novembre per aver rac-

colto un finanziamento da 16 milioni

euro dai venture capital United Ventu-

res e Cabot Square. A entrare con una

quota di minoranza in MoneyFarm, da

febbraio attiva anche sul mercato inglese,

è il Gruppo Allianz, prima compagnia

assicurativa al mondo e fra i principali

operatori del risparmio gestito. L’inve-

stimento, secondo il Financial Times, è

stimabile nell’ordine dei sette milioni di

dollari. Allianz, porterà un suo consiglie-

re nel Consiglio di Amministrazione e

sfrutterà la piattaforma di “robo adviso-

ry” di MoneyFarm come testa di ponte

per distribuire sul mercato i propri fondi.

ALLIANZ ENTRAIN MONEYFARM

Dopo due anni di sperimentazione, Fa-

cebook at Work è pronto al debutto.

Secondo varie indiscrezioni, il colosso

di Mark Zuckerberg dovrebbe lanciare

la propria piattaforma “professionale”

entro la fine di ottobre. Una soluzione

che mira a far concorrenza non tanto a

LinkedIn, bensì a servizi come Micro-

soft Yammer, Salesforce Chatter, Slack e

Convo, con i quali gli addetti aziendali

o i membri di un team possono colla-

borare a distanza e restare aggiornati su

progetti condivisi. Già testato da realtà

come Heineken e Royal Bank of Scot-

land, Facebook at Work è strutturato in

modo simile al social network che tut-

ti conosciamo: ha la pagina del “work

feed” (il corrispettivo del “news feed”), i

profili personali e di gruppo, i messaggi

privati di Messenger (da cui si possono

inoltrare anche chiamate voce e video).

FACEBOOK VA AL LAVORO

IN EVIDENZA

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16

SCENARI |

| OTTOBRE 2016

Il mondo finanziario vive una fase di cambiamento epocale, guidato dalle tecnologie. Il ruolo delle startup e il nuovo approccio degli attori tradizionali.

Secondo una recente stima di

Goldman Sachs, gli effetti del-

la rivoluzione Fintech saranno

estremamente rilevanti. Quan-

to? Le società che operano nei servizi fi-

nanziari rischiano di perdere 4,7 miliar-

di di dollari di ricavi l’anno a favore dei

“new comer”. Per questo i grandi attori

del settore, dalle banche ai fondi d’inve-

stimento per arrivare ai colossi della ge-

stione del risparmio, hanno iniziato ad

adattarsi al nuovo verbo. Poco meno di

un terzo degli istituti, secondo una re-

cente indagine di Price Waterhouse Co-

opers, ha già in corso una partnership

LA RIVOLUZIONE È ORA: BANCHE, SIETE PRONTE?

SCENARI | Fintech & Blockchain

con startup Fintech, mentre il 22% ne

ha comprata o venduta una e il 15% ha

creato programmi di incubazione. Sia-

mo solo all’inizio, è vero, ma la strada è

tracciata e il passo forse più innovativo

in questo percorso di cambiamento è la

possibilità di annullare le distanze tra il

risparmiatore e i mercati finanziari, di

disintermediare il mondo del lending

attraverso sistemi e servizi alternativi a

quelli dei grandi operatori.

Si parla dunque di banca agile, della

necessità di far evolvere il mondo tra-

dizionale e farlo convergere con quello

innovativo delle Fintech. Si cerca la “ri-

cetta” per massimizzare i benefici della

trasformazione digitale, che le banche

italiane, secondo molti addetti ai lavori,

dovrebbero mettere in atto con urgenza

per recuperare il tempo perduto. Signi-

ficative, in tal senso, le parole spese da

Silvio Fraternali, direttore area strategie

operative integrate di Intesa Sanpaolo,

al recente Banking Summit 2016 orga-

nizzato da The Innovation Group (Tig)

a Milano. “La vera sfida”, ha detto il ma-

nager, “consiste oggi nel trasformare il

modello di generazione di valore con il

digitale. La parte sommersa dell’iceberg

della trasformazione è il cambiamento

dei processi interni. Il digitale implica

la revisione profonda del sistema infor-

mativo e l’azienda non deve perdere le

competenze architetturali per governare

la rapida obsolescenza delle tecnologie. E

rompere le barriere per aprirsi al digitale

richiede l’impegno anche operativo del

top management”.

Una frontiera a cui tutto il settore fi-

nanziario sta guardando con estrema

attenzione è sicuramente la tecnologia

blockchain, cioè il registro distribui-

to per gestire le monete virtuali come i

Bitcoin, che ha ricevuto pochi mesi fa

il disco verde per la sperimentazione da

parte della Banca d’Italia. Le sue pecu-

liarità sono quelle di velocizzare i paga-

menti e ridurre i costi e gli oneri delle

transazioni. Una cinquantina di banche

internazionali (fra cui Unicredit e Intesa

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TUTTI I NUMERI DEL FINTECH

BLOCKCHAIN: MASS MARKET IN TRE ANNI

Gli investimenti nelle compagnie tecnologiche della finanza a livel-lo globale sono calati nel secondo trimestre del 2016 rispetto ai pri-mi tre mesi, ma il consuntivo a fine anno dovrebbe essere superiore a quello del 2015, quando si toc-carono complessivamente i 19,1 miliardi di dollari (13,8 dei quali a firma dei fondi di venture capi-tal), doppiando la cifra registrata nel 2014. A scattare la fotografia del Fintech sono i dati di Cb In-sights e Kpmg, secondo cui da marzo a giugno scorsi sono state completate dai venture capital 195 operazioni, per un valore to-tale di 2,5 miliardi di dollari. Circa la metà, 1,3 miliardi, sono andati alle startup nordamericane, 400 milioni sono finiti in Europa e il doppio in Asia. Il 2015 ha segnato il boom di questo nuovo settore, con l’introduzione di modelli di business, prodotti e servizi “alter-

La corsa all’adozione delle soluzioni di blackchain nei mercati bancari e finanziari si sta rivelando più rapi-da di quanto inizialmente previsto: lo dicono due nuovi studi condotti dall’Ibm Institute for Business Va-lue. Il 15% delle banche e il 14% delle istituzioni finanziarie intervi-state intendono impiegare su larga scala questa tecnologia già entro il 2017, mentre per parlare di adozio-ne di massa si dovrà forse aspettare solo tre anni, quando circa il 65% delle banche campione si attende di avere in produzione soluzioni di questo tipo. Molto indicativo è, inoltre, il dato che conferma come il

nativi” a quelli tradizionali, subito entrati nel radar dei fondi di ven-ture. Solo nel Vecchio Continente i finanziamenti sono cresciuti di oltre il 30%, superando quota 1,5 miliardi di dollari. Quest’anno, poi, diversi fattori macroeconomici, la mancanza di significative Ipo e un rientro del-la bolla delle “super valutazioni” delle startup tecno-finanziarie stanno portando gli investitori a procedere con maggiore cautela, soprattutto negli Usa. Ma parlia-mo di un fenomeno che in tempi brevi, secondo vari addetti, potrà arrivare a muovere globalmente fra i 30 e i 40 miliardi di dollari di finanziamenti all’anno per le nuo-ve imprese. E che ha già dato vita a una ventina di “unicorni”, cioè startup con all’attivo round oltre il miliardo di dollari, 14 delle quali operano nei settori dei pagamenti e dei prestiti.

70% degli “early adopter” (le azien-de bancarie più innovatrici, dunque) stia attualmente dando priorità all’implementazione del “registro crittografato”: potranno così cadere alcune barriere che oggi ancora non consentono la creazione di nuovi modelli di business e il raggiungi-mento di nuovi settori di mercato. Tra le istituzioni finanziarie oggetto di indagine, sette su dieci stanno concentrando i propri sforzi in ambi-to blockchain in tre aree principali: i meccanismi di compensazione e re-golamento, il collocamento di titoli azionari e trading, e infine i paga-menti all’ingrosso.

Sanpaolo) hanno dato vita nel 2015 a

un consorzio, R3, per definirne modali-

tà d’uso e standard. Nel frattempo si os-

servano investimenti milionari: anche, se

non soprattutto, in direzione delle star-

tup che popolano a vari livelli l’universo

del Fintech.

Nei primi sei mesi del 2016, lo dice uno

studio di Juniper Research, gli investi-

menti dei venture capital destinati alle

nuove imprese innovative dei Bitcoin e

della blockchain hanno sfiorato i 300

milioni di dollari. L’anno passato il va-

lore dei 131 round di finanziamento re-

gistrati nel mondo ha sfiorato i 500 mi-

lioni di dollari (la fonte è Cb Insights),

mentre il volume delle risorse erogate

dai venture capital alle startup dal 2012

a fine giugno scorso ha superato quota

1,2 miliardi.

Ezio Viola, amministratore delegato

di Tig, ha confermato che “l’interesse

per il blockchain non è solo di banche,

aziende finanziarie e società hi-tech che

hanno sviluppato e stanno sviluppando

prototipi di soluzioni e prodotti, ma an-

che di alcune banche centrali. Questo

perché diverse analisi evidenziano come

questa tecnologia possa cambiare il siste-

ma con cui si gestiscono le transazioni

finanziarie e come darà luogo a oppor-

tunità di sviluppo anche radicali in futu-

ro”. Ipotesi suffragata da alcuni numeri.

Stando al “Fintech 2.0 Paper” redatto da

Santander InnoVentures, il solo settore

del banking potrebbe ridurre i costi in-

frastrutturali delle transazioni interban-

carie di 15-20 miliardi di dollari all’an-

no a partire dal 2022, mentre secondo

il World Economic Forum il 10% del

Pil mondiale entro il 2025 transiterà at-

traverso una soluzione blockchain. E c’è

un’ultima proiezione, alquanto indica-

tiva, estratta da una recente indagine di

Deloitte (“Out of the blocks: from hype

to prototype”): lo sviluppo di prodotti e

servizi finanziari basati su questa piatta-

forma è stato inserito nella lista dei “to-

do” dal 92% degli istituti di credito.

Gianni Rusconi

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18 | OTTOBRE 2016

Un nuovo studio dello Swift Institute ha analizzato il livello di accettazione del Bitcoin da parte della comunità finanziaria globale. Ridimensionando, in parte, il fenomeno.

SCENARI | Fintech & Blockchain

LA MONETA LEGALE VIVRÀ OLTRE LE VALUTE VIRTUALI

Le cripto valute possano provo-

care una riduzione nell’utilizzo

di quelle tradizionali? Il pensie-

ro comune è per una risposta

affermativa. In realtà, e a dirlo sono

degli esperti in materia, questa ipote-

si è da considerarsi improbabile. Uno

studio dello Swift Institute (“Virtual

currencies: Media of exchange or spe-

culative assets?”) ha analizzato la rela-

zione in essere tra le monete virtuali,

come il Bitcoin, e quelle a corso legale.

Diverse le evidenze emerse, e la princi-

pale suona come una sorta di bocciatura:

è improbabile, si legge nell’abstract del-

lo studio, che le valute virtuali possano

avere un impatto sul denaro in forma

tradizionale, riducendone l’impiego. I

fenomeni di speculazione che interessa-

no le prime pregiudicano, infatti, la loro

utilizzabilità come mezzo di scambio e

rendono improbabile l’ipotesi di una so-

stituzione di valute legali come il dollaro

americano. La ricerca ha quindi preso in

considerazione (e di mira) il Bitcoin.

L’analisi empirica dei valori e dei “wal-

let” della cripto valuta per eccellenza

conferma come essa sia usata principal-

mente come investimento speculativo e

non come mezzo di scambio.

Non esiste, secondo gli esperti, alcuna

correlazione tra i rendimenti dei Bitcoin

e gli strumenti di investimento tradizio-

nali (di tipo azionario, per esempio). Le

valute virtuali, per contro, non rappre-

sentano un rischio per la stabilità mo-

netaria ed economica. Almeno nell’im-

mediato. Rimane il fatto che “sono le

monete tradizionali a scoraggiare l’u-

tilizzo dei Bitcoin e non il contrario,

come si crede comunemente”, sottolinea

KiHoon Hong della Hongik Univer-

sity College of Business, uno degli au-

tori della ricerca. “Ed è lo stesso mercato

del Bitcoin a impedire a questa valuta di

divenire un effettivo mezzo di scambio”.

Erika Toso, head of Italy and South

East Europe di Swift, è dell’idea che

siamo in uno stadio ancora iniziale,

in cui “gli operatori tradizionali devo-

no capire velocemente come evolvere,

mentre i new-comer del Fintech devono

raggiungere massa critica per diventare

realmente competitivi sul mercato”.

Il settore dei servizi finanziari come

l’abbiamo conosciuto finora, spiega la

manager, “sta profondamente cam-

biando perché nuove tecnologie stanno

mettendo in discussione modelli di bu-

siness consolidati, aprendo a nuove op-

portunità. Crediamo che blockchain e

gli strumenti distributed ledger rappre-

sentino una grande risorsa nella defini-

zione dell’offerta di servizi di domani.

Però occorre investire metodicamente

ed evitare di farsi trascinare da facili

entusiasmi, perché si tratta di tecnolo-

gie non ancora mature”.

La strada è dunque tracciata anche se,

conclude Toso, “ci sono molte com-

plessità da risolvere e domande a cui

occorre dare risposta prima che sistemi

come blockchain possano trovare appli-

cazione su scala industriale nei mercati

finanziari”. P.A.

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19

DALLE BANCHE A INDUSTRIA 4.0, L’UNIVERSALITÀ DEL BLOCKCHAIN

volmente attendere per il retail, che ri-

chiede masse critiche e opzioni di scala

molto maggiori. Partendo da un’eco-

nomia di filiere globali specializzate e

Pmi come quella italiana, lo spazio per

il “corporate Fintech”, e quindi per ap-

plicazioni di gestione del rischio data-

driven, o di financial supply chain per

l’Industry 4.0, è già oggi molto vasto,

specie per le banche tradizionali più

attente.

Le startup italiane della blockchain troveranno spazi e soprattutto finan-ziamenti così come quelle del Fintech? Le nostre startup, innanzitutto, fa-

rebbero bene a superare ogni residuo

di provincialismo, sia di mercato sia

di capitale. Il limitato contesto italia-

no potrebbe talvolta non garantire di

raggiungere le economie di scala ne-

cessarie per alcuni progetti Fintech, in

particolare se parliamo di protocolli

tipo blockchain. Il territorio ottimo

minimo per l’innovazione finanzia-

ria si chiama quindi Europa. Ed è in

Europa che le startup italiane devono

cercare, nell’ordine, clienti e capitali.

Gianni Rusconi

Un’architettura distribuita di co-

ordinamento e certificazione

informativa, un nuovo para-

digma destinato a rivoluzionare pro-

fondamente il sistema economico, i

concetti di transazione, proprietà e fi-

ducia. Questa è la natura, trasversale

a più settori, della blockchain secon-

do Carlo Alberto Carnevale Maf-

fè, docente di strategia d’Impresa ed

Economia Aziendale in Sda Bocconi.

Che per Technopolis traccia un quadro

ampio e diversificato dell’evoluzione

di questa tecnologia in Italia.

Il blockchain è associata ai Bitcoin. Le sue applicazioni vanno però oltre…La Germania ha già avviato progetti di

utilizzo della tecnologia in diversi am-

biti industriali. Noi dobbiamo ancora

cominciare a studiare. Il modello di

controllo decentralizzato e autonomo

basato sulle blockchain è una compo-

nente fondamentale per le soluzioni

dell’industrial Internet of Things. Le

associazioni settoriali sono il terreno

ideale per la definizione dei protocolli

di controllo distribuito di filiera e per

mettere a sistema le tecnologie, sia fra

di loro sia con i partner tecnologici.

Ci spieghi meglio…In una rete degli oggetti, le piattafor-

me basate su blockchain possono ge-

stire i flussi di dialogo e interscambio

tra dispositivi intelligenti. La grande

opportunità nel campo delle soluzio-

ni IoT è ben lungi dall’essere solo un

esercizio teorico. Confindustria po-

trebbe guidare il processo di rivoluzio-

ne di uno scenario fatto di piattaforme

sistemiche centralizzate in Italia. Una

delle sfide sarà scrivere le specifiche

degli smart contract (forme di con-

tratti scritti in modalità algoritmica,

in grado di essere eseguiti e controllati

automaticamente al verificarsi di con-

dizioni specificate, ndr) che garantisca-

no il dialogo tra le macchine, i processi

industriali e i mercati a valle.

Guardiamo al mondo finanziario: il via libera della Banca d’Italia di qualche mese fa per la sperimentazione sul Bit-coin ne favorirà l’adozione?Finché le banche saranno convinte di

dover aspettare il permesso del regola-

tore per fare innovazione, rimarranno

sempre parecchi passi indietro. Il caso

di Bitcoin è paradigmatico: se da un

lato le cripto valute sono ancora una

scommessa complicata, non neces-

sariamente lo sono la tecnologia o il

protocollo logico/organizzativo sotto-

stante. Se nel 2016 una banca non ha

ancora capito le opportunità che può

cogliere con i blockchain e gli smart

contract, il problema è nell’inadegua-

tezza del management, non nei per-

messi di Bankitalia.

Unicredit e Intesa Sanpaolo si sono mossi con decisione in questo campo: lo faranno anche altri gruppi? Le due banche si sono mosse per pri-

me perché hanno risorse e competenze

in grado di cogliere e accettare la sfida,

sia pure con molte resistenze interne.

Altre banche più piccole, ma più im-

prenditoriali e veloci, hanno fatto im-

portanti tratti di strada sul fronte Fin-

tech. Come molti altri analisti, vedo

più opportunità di sperimentazione

e di risultati a breve termine sul mer-

cato del credito e dei servizi business,

di quanto invece ci si possa ragione-

Carlo Alberto Carnevale Maffè

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20 | OTTOBRE 2016

L’industria connessa e intelligen-

te piace sempre di più. Anche

in Italia. Tant’è che nel 2015

gli investimenti in soluzioni e

tecnologie in chiave smart manufactu-

ring e per sostenere la cosiddetta quarta

rivoluzione industriale sono arrivati a

1,2 miliardi di euro. Pari, cioè, a circa

un decimo della spesa complessiva del

settore. E per il 2016, stando alle rile-

vazioni dell’Osservatorio del Politecnico

di Milano, si prevede addirittura una

crescita del 20%.

Ma qual è la tecnologia che risiede al

cuore di questa profonda trasformazio-

ne del tessuto industriale? Una ricerca

commissionata da Oracle (“Cloud:

Opening up the road to Industry 4.0”)

non ha molti dubbi in proposito: è il

cloud. L’indagine in questione, con-

dotta su oltre 1.200 decisori aziendali

di una ventina di Paesi ha confermato

che la maggior parte delle imprese pun-

ta oggi principalmente sulla nuvo-

la per tessere le strategie e definire gli

investimenti in innovazione tecnologi-

ca nell’ambito della robotica e dell’in-

telligenza artificiale.

La maggior parte delle aziende, nello

specifico, riconosce come un’infrastrut-

tura in cloud sia necessaria per poter di-

sporre di queste tecnologie, che alcune

realtà italiane stanno già implementan-

do. Il 55%, infatti, ha in essere progetti

legati alla robotica e il 57% a qualche

forma di intelligenza artificiale. Sei im-

prese su dieci ritengono inoltre che una

piattaforma cloud di livello enterprise

offra l’opportunità di capitalizzare gli

investimenti sull’innovazione. Percen-

Per sei imprese italiane su dieci, il cloud permette di capitalizzare gli investimenti sull’innovazione in ambito smart manufacturing. Oltre la metà delle aziende è però ancora legata a infrastrutture informatiche troppo rigide.

LA NUVOLA SPINGE DATI E ROBOTICA IN FABBRICA

tuali importanti, ma che sottolineano

comunque come una larga parte di

aziende debba ancora esplorare il poten-

ziale del paradigma Industria 4.0.

In Italia, lo dice ancora l’Osservatorio

Smart Manufacturing del Politecni-

co, il 38% delle realtà non conosce il

tema, mentre i progetti sono spesso in

fase pilota e le piccole e medie impre-

se mancano quasi del tutto all’appello.

Una possibile spiegazione, a detta del-

la ricerca, è data dal fatto che in molte

organizzazioni (il 60% nel complesso,

il 62% in Italia) manchi un’adeguata

infrastruttura informatica, prevalendo

invece rigide soluzioni legacy non adat-

te alla trasformazione digitale.

Per gestire applicazioni e piattaforme

obsolete, il 9% delle imprese della Pe-

nisola ha integrato un modello basato

SCENARI | Industry 4.0

Page 21: STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE L’INTELLIGENZA …servizi all’ingrosso, sfruttando una rete di proprietà estesa su tutto il territorio nazionale e tecnologie hardware e software

21

su cloud (un dato più elevato rispetto

alla media degli altri Paesi), il 38% lo

sta implementando quest’anno e il 35%

prevede di farlo nel 2017. La nuvola

vista come un modello da adottare per

riuscire a connettere vecchie e nuove

piattaforme, molto diffuse in ambito

industriale, rappresenta una tendenza

molto chiara.

Il 48% delle imprese della Penisola di-

chiara infine che i modelli di integrazio-

ne delle varie applicazioni e tecnologie

di cui oggi dispongono crea inefficienze,

soprattutto per i tempi di introduzione

delle innovazioni, e ostacola anche la

capacità di sfruttare al meglio funzio-

ni chiave per l’industria del futuro. In

particolare l’analisi di grandi quantità di

dati. In sintesi, un’infrastruttura cloud

integrata sta rendendo più economico,

facile e veloce diventare ed essere com-

petitivi. Ma non solo: l’innovazione in-

trodotta da Industry 4.0 potrebbe crea-

re, secondo i dati di Boston Consulting

Group, le condizioni per 400mila nuovi

posti di lavoro nella sola Europa, deter-

minando nei prossimi 15 anni un incre-

mento della produttività tra il 5 e l’8%.

Piero Aprile

MANUTENZIONE PREDITTIVA SUI BINARI

La tecnologia tedesca permetterà ai treni italiani di viaggiare meglio, scongiurando malfunzionamenti e guasti. Parliamo nel dettaglio delle soluzioni Internet of Things di Sap, scelte da  Trenitalia  per rendere più efficiente, efficace e dinamica la manutenzione della sua flotta di circa 30mila locomotive. La società del Gruppo FS Italiane e il colosso tedesco hanno avviato il progetto nel 2014, annunciandolo poi uffi-cialmente a fine settembre in un evento tenutosi al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa (Napoli).La soluzione adottata da Trenitalia (Predictive Maintenance and Servi-ce) permette di raccogliere e ana-lizzare in tempo reale i dati che rive-lano la buona o cattiva salute di un veicolo. Il tutto grazie ai sensori in-stallati a bordo treno su freni, mo-tori e batterie, nonché dai software di analytics che processano l’intero flusso di informazioni. E non solo: al crescere della quanti-tà di dati analizzati, la soluzione svi-luppa dei modelli predittivi sempre più precisi e attendibili, finalizzati a intuire in anticipo la necessità di eseguire interventi di manutenzio-ne e prevenire quindi l’insorgere di problemi. Trenitalia, infine, può anche mettere in relazione i dati relativi alle varie componenti (mo-

tori, batterie, freni) con il loro ciclo di vita, con l’utilizzo e con altri in-dicatori di performance. A sancire la valenza del progetto c’è l’assi-curazione, a firma dei manager di Trenitalia, che il programma, verrà esteso progressivamente a tutti i treni, compresi quelli regionali, ed è unico nel suo genere in Europa. Ai benefici per i passeggeri (per cui si prospettano migliori esperienze di viaggio) si aggiungono quelli di ordine economico, corrispondenti a una riduzione dei costi di manu-tenzione calcolabile in una percen-tuale compresa fra l’8% e il 10%. Un impatto quindi molto significati-vo, che va nel solco della promesse del Gruppo Fs Italiane per il lungo periodo: sui binari italiani dovrà viaggiare sempre più tecnologia. Il piano industriale 2017-2026 del gruppo contiene, infatti, diversi progetti innovativi, fra cui lo svilup-po di app dedicate alla pianificazio-ne del viaggio e strumenti di analisi avanzati, oltre a iniziative volte al miglioramento della relazione con i clienti e alla gestione dei Big Data. Sap, dal canto suo, ha appena annunciato un piano d’ la solu-zione investimento quinquennale nell’ambito dell’Internet of Things, per un valore di circa due miliardi di euro.

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22

TECHNOPOLIS PER RICOH

MEDIE AZIENDE UE PENALIZZATE, MA LA TECNOLOGIA AIUTA

Le aziende di dimensioni medie sono un importante motore dell’economia europea. Eppure sembrano soffrire di una sorta di “sindrome del figlio di mezzo”, cioè di una serie di circostanze che le svantaggiano sia rispetto alle grandi imprese sia alle più agili startup. A queste realtà spesso manca il supporto necessario per sostenere investimenti, strategie di crescita e innovazione. È quanto emerge da un’indagine commissionata da Ricoh Europe a Coleman Parkes Research, che ha interpellato 1.650 medie aziende (comprese fra i cinquanta e i cinquecento dipendenti e con un fatturato fra i 3 milioni e i 130 milioni di euro) di 20 Paesi europei. Un dato, quasi plebiscitario, colpisce: il 93% degli intervistati si sente penalizzato da barriere che impediscono all’impresa di raggiungere il suo pieno potenziale. Quali barriere? Innanzitutto, i requisiti normativi troppo complessi e che comportano ingenti investimenti: li cita il 31% degli in-terpellati, ma la percentuale sale al 38% nel campione italiano. Seguono, fra i problemi, la difficoltà di attrarre nuovi talenti (citata dal 27% delle aziende e dal 24% di quelle nostrane) e la difficoltà nell’ottenere finanzia-

menti per nuove tecnologie (27% in Europa e 31% in Italia). Eppure gli investimenti in tecnologie e innovazione sono cruciali per con-tinuare a competere. Restringendo lo sguardo alle sole aziende tricolori, si osserva come il 42% consideri una priorità di business di medio termi-ne (due anni) lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, mentre il 38% cita l’innovazione dei processi e l’uso della tecnologia come leve competitive e il 35% desidera poter investire nell’Ict per realizzare una vera trasfor-mazione del business. Se questi sono i desideri e le intenzioni, la realtà appare ben diversa. Sul totale degli intervistati dei venti Paesi, infatti, un buon 30% non ha nemmeno cominciato a sfruttare le tecnologie digitali con l’intento di far crescere l’azienda. E sale al 70% la percentuale di chi si sente vittima della “sindrome del figlio di mezzo”. Le conseguenze economiche di tutto ciò sono preoccupanti: secondo l’analisi di Coleman Parkes Research, il giro d’affari potenziale e non concretizzato dalle im-prese europee di dimensioni intermedie ammonta a 433 miliardi di euro all’anno, che si traducono in 5,7 milioni di euro ad azienda. La tecnologia, però, può aiutare. La missione di Ricoh è quella di aiutare le imprese a mettere l’innovazione al primo posto e a superare le sfide di business ottimizzando i propri processi. Davide Oriani, Ceo di Ricoh Italia, commenta: “Le realtà che vogliono puntare alla crescita dovreb-bero concentrarsi sulle tecnologie per la digitalizzazione, implementando ad esempio fatturazione elettronica e flussi di lavoro automatizzati. Per queste aziende è arrivato il momento di dare priorità all’innovazione per affrontare le sfide poste dal mercato”. Per le medie imprese il “salto” verso la digitalizzazione è fondamentale per riuscire a realizzare il fatturato che stanno potenzialmente perdendo ogni anno e per ottenere miglioramento del customer service, riduzione dei costi e ottimizzazione delle comunicazioni con i clienti. Tutti vantaggi messi in evidenza dalle aziende coinvolte nella ricerca che hanno già im-plementato tecnologie per la digital transformation.

Un’indagine di Coleman Parkes Research svela che, in venti Paesi dell’Ue, il 70% delle

imprese da 50-500 dipendenti si sente vittima della “sindrome del figlio di mezzo”.

Ricoh PJ WX4152N è un videoproiettore a ottica ultra corta,con cui è possibile realizzare presentazioni interattive

su superfici sia verticali sia orizzontali.

Davide Oriani,Ceo di Ricoh Italia

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23OTTOBRE 2016 |

Gli analisti evidenziano un fenomeno di rottura con il passato, con nuove soluzionihybrid cloud e di archiviazione a oggetti capaci di intercettare le maggiori esigenze di agilità e scalabilità manifestate dalle aziende. Il mercato italiano, intanto, è in leggera flessione alla fine del primo semestre dell’anno.

L’AVANZATA DELLE NUOVE ARCHITETTURE

SPECIALE | Storage

In tutto il mondo entro il 2020 sa-

ranno stati generati oltre 44 Zet-

tabyte di dati, l’80% dei quali in

forma non strutturata. Questa

l’ultima stima rilasciata da Idc, che pa-

rallelamente all’esplosione dei dati pre-

vede un’attenzione crescente da parte

delle aziende nei confronti di tutte le

tecnologie in grado di gestirli, conser-

varli e analizzarli. Big Bata, computing

cognitivo, storage e cloud diventeran-

no dunque componenti essenziali della

“data-driven economy”, un’economia

digitale in cui le organizzazioni sono

obbligate a prendere decisioni consa-

pevoli nel minor tempo possibile per

poter restare competitive.

“In questo contesto stiamo osservando

un progressivo spostamento d’attenzio-

ne delle aziende verso nuove architettu-

re storage e nuovi modelli di erogazio-

ne, in rottura con il passato e a favore

di una maggiore agilità, scalabilità e

facilità di gestione”, puntualizza Sergio

Patano, research & consulting mana-

ger di Idc Italia, sottolineando come

gli stessi fornitori, riconoscendo il cam-

biamento in atto, abbiano avviato una

profonda trasformazione del proprio

portafoglio d’offerta. Una trasforma-

zione che sta già portando nuova linfa

a un settore complessivamente in calo a

Page 24: STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE L’INTELLIGENZA …servizi all’ingrosso, sfruttando una rete di proprietà estesa su tutto il territorio nazionale e tecnologie hardware e software

OTTOBRE 2016 |24 | OTTOBRE 2016

SPECIALE | Storage

Il grafico nella pagina accanto illu-stra come l’archiviazione costituisca la destinazione d’uso più tipica per i servizi di storage cloud pubbli-ci. Idc ritiene che questo indichi un forte orientamento delle organizza-zioni europee all’impiego di servizi di data storage più convenienti per la conservazione dei “dati freddi”: una scelta che permette di liberare spazio all’interno delle infrastrutture on-premise a favore di primary data utilizzati dalle applicazioni critiche.

CLOUD STORAGE PUBBLICO PER UN’AZIENDA EUROPEA SU TRE

Circa il 31% dei rispondenti ha dichia-rato di avere un piano per l’archivia-zione che prevede il ricorso a servizi di cloud pubblico entro dodici mesi. Altri casi d’uso europei includono la protezione di workload aziendali e la data protection per sistemi de-sktop e laptop (49% dei rispondenti). Anche l’adozione di servizi di cloud pubblico per finalità di disaster reco-very è una delle principali applicazio-ni, citata dal 44% degli intervistati. Per le aziende che non hanno una

specifica soluzione per il backup di desktop e laptop, i servizi cloud of-frono una veloce risposta a questo problema. Preoccupazione costan-te delle organizzazioni europee è il disaster recovery: da questo punto di vista, i servizi nella nuvola di tipo pubblico si rivelano un’interessante opzione per disporre di un sito se-condario per il “piano di recupero del disastro”, a una frazione di costo rispetto alla realizzazione di un se-condo data center.

causa della sua stessa maturità.

“In termini di valore, il mercato dell’en-

terprise storage soffre principalmente a

causa di una flessione costante dei suoi

prezzi medi, che non viene controbi-

lanciato dalla crescita dei terabyte con-

segnati”, commenta Patano. “Fanno

eccezione gli All Flash Array (Afa), un

segmento d’offerta che continua a rega-

lare risultati molto buoni tanto a livello

mondiale quanto italiano, e che trova

sostegno proprio nella caduta del prez-

zo medio per terabyte”.

Secondo gli ultimi dati rilasciati da Idc,

con un valore complessivo del primo se-

mestre 2016 pari a 18,7 miliardi di dol-

lari, il mercato mondiale dell’enterprise

storage è complessivamente calato del

3% rispetto allo stesso periodo del 2015,

mentre gli Afa hanno fatto registrare

una crescita superiore al 90%.

In Italia la situazione è abbastanza si-

mile in termini di trend: confrontando

i primi semestri del 2016 e del 2015, il

mercato presenta una contrazione del

4%, con un valore complessivo nell’or-

dine dei 180 milioni di euro. Il segmen-

to All Flash Array, invece, ha registrato

una crescita del 100%, raggiungendo

un valore di poco inferiore ai 20 mi-

lioni di euro. A differenza del mercato

globale, però, si registra anche una forte

crescita (pari al 40%) del segmento de-

gli Hybrid Flash Array.

Sbocciano i progetti all’insegna del software-defined“Oggi i principali casi d’uso che guida-

no gli investimenti delle aziende in te-

matiche storage sono relativi al backup

& recovery, all’archiving, alla data go-

vernance e al disaster recovery” afferma

Patano, precisando che dal un punto

di vista infrastrutturale, invece, sono

numerose le aziende che stanno espan-

dendo l’approccio software-defined

allo storage. Un’apertura principal-

mente legata al percorso di trasforma-

zione digitale che molte aziende hanno

intrapreso o stanno intraprendendo.

A investire di più in questa direzione

sono soprattutto le realtà che devo-

no quotidianamente confrontarsi con

grandi volumi di dati e che sono attrat-

te da tecnologie alternative, robuste e

reattive, oltre che accessibili in termini

di costo. Sono principalmente società

appartenenti al settore dei media, fi-

nanziario, dei trasporti, della distribu-

zione e delle utility. “Il loro obiettivo

primario è creare un’infrastruttura

storage altamente automatizzata, agile

e software-driven per poter rispondere

più velocemente alle esigenze del bu-

siness, contenendo i costi”, prosegue

l’analista. Patano sottolinea come non

esista una ricetta unica per abbraccia-

re con successo le nuove architetture

storage, avvantaggiandosi da subito

dei benefici che sono in grado di offri-

re: “Come per qualunque progetto, le

aziende devono partire da un corretto

assessment dell’esistente e pianificare

meticolosamente gli step successivi, in

modo da preservare e valorizzare gli

investimenti passati e stabilire quali

debbano essere gli obiettivi di medio e

lungo termine. Il nostro suggerimento

è quello di cominciare a sperimentare

con un piccolo gruppo di utenti interni

e creare dei business case che possano

essere facilmente replicabili anche in

altre strutture e che, soprattutto, pos-

sano facilmente dimostrare i vantag-

gi derivanti dall’implementazione di

soluzioni innovative”. Un’indicazione

che, in generale, non vale solo per l’in-

Sergio Patano

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25

Secondo la società di analisi Idc, il segmento Flash nelle sue diverse declinazioni è sicuramente quello che sta facendo assistere alle in-novazioni più interessanti nel set-tore dell’enterprise storage. L’ulti-ma novità annunciata in ordine di tempo è firmata Fujitsu e riguarda i nuovi Eternus AF, sistemi pensati per rendere definitivamente main-stream l’opzione All Flash all’inter-no dei data center aziendali.Disponibili in due versioni (AF250 e AF650), i nuovi sistemi consento-no di incrementare le prestazioni di tutti i carichi di lavoro azienda-

LA TECNOLOGIA FLASH ALLA GUIDA DELL’INNOVAZIONE

li, modificando radicalmente gli economics delle infrastrutture per l’archiviazione. Grazie a nuove ed efficaci funzionalità di deduplica e compressione in linea, gli Eternus AF sono, infatti, in grado di taglia-re notevolmente i costi che vengo-no tradizionalmente associati agli array All Flash riducendo al minino le capacità Ssd necessarie. I nuo-vi modelli offrono, inoltre, opzioni di configurazione flessibili, assicu-rando in questo modo il mirroring della totalità dei dati critici azien-dali all’interno dell’intera offerta di storage Eternus.

frastruttura storage, ma per tutto quel-

lo che riguarda l’approccio alla trasfor-

mazione digitale.

Archiviazione nella nuvolapronta al boom“Oggi lo storage in cloud è una delle

opzioni che sta attraendo maggiormen-

te l’interesse, l’attenzione e gli investi-

menti delle aziende”, afferma Patano.

“A spingerle verso questo nuovo model-

lo di archiviazione giocano più fattori,

tra cui la crescita continua dei dati da

conservare, la necessità di un adegua-

mento normativo e la sua promessa di

contenimento dei costi”. Il cloud-based

storage offre, infatti, alle aziende un in-

teressante approccio “pay as you go” che

piace molto ai Cfo, poiché non richiede

enormi investimenti tecnologici inizia-

li, e che contemporaneamente viene in-

contro alle esigenze dei Cio in termini

di flessibilità e scalabilità. Pressioni in

questa direzione provengono anche dal

fronte applicativo, sempre più orienta-

to a uno sviluppo in cloud per favorire

una nuova cultura basata sul “data-as-

a-service”.

Per le sue stesse caratteristiche, con-

ferma ancora Patano, “il cloud storage

è in grado di supportare una miglio-

re scalabilità delle risorse rispetto a

infrastrutture on-premise e non è un

caso che molte aziende stiano valutan-

do questa opzione per l’archiviazione

a lungo termine dei cosiddetti ‘cold

data’, oltre che per le attività di disaster

recovery”.

Esistono, tuttavia, ancora degli ostaco-

li da superare prima della sua definitiva

consacrazione. Fra questi, la normativa

sulla sovranità del dato e la sua loca-

lizzazione: due problematiche che la

crescente offerta di servizi di storage

su nuvola erogati da service provider

europei (o, comunque, con data center

localizzati in Europa) sta ormai risol-

vendo, rendendo questi servizi molto

più attrattivi e fruibili. Non è un caso

che Idc stimi un incremento medio an-

nuo tra il 2014 e il 2019 pari all’11,6%

per questo tipo d’offerta, proiettando

il giro d’affari globale del 2018 a quo-

ta 20 miliardi di dollari, mentre nello

stesso periodo quello dell’enterprise

storage crescerà a livello mondiale solo

dello 0,4%.

Claudia Rossi

ADOZIONE PIANIFICATA ENTRO DODICI MESI

ATTUALMENTE IN USO

ARCHIVIAZIONE

DATA PROTECTION PER CARICHI DI LAVORO ENTERPRISE

DATA PROTECTION PER DESKTOP/LAPTOP

DISASTER RECOVERY

DATA PROTECTION PER SEDI REMOTE/FILIALI

CAPACITÀ DI RAW STORAGE

PEAK STORAGE

PIATTAFORME DI SVILUPPO

EDISCOVERY

Fonte: Idc 0 30% 60% 90%

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26OTTOBRE 2016 |26

SPECIALE | Sed ut perspiciatis

| OTTOBRE 2016

SPECIALE | Storage

L’oceano di dati generato dalla nuova economia digitale necessita di un’infrastrutturasempre più veloce e performante. Ma la tecnologia non è l'unico ingrediente da includere nelle strategie di trasformazione.

Le esigenze di trasformazione

digitale del business, combi-

nate con la crescita inarrestabi-

le dei dati e con una gestione

infrastrutturale sempre più complessa,

stanno portando un maggior numero

di aziende a riformulare la propria stra-

tegia storage. Un ripensamento profon-

do, che non punta solo a implementare

i ciclici rinnovamenti tecnologici e ar-

chitetturali, ma che spinge anche ad ab-

bracciare nuovi modelli di servizio, più

rispondenti ai requisiti di agilità e scala-

bilità dettati dalla digital economy.

“Il mondo digitale sta ormai generando

oceani di dati e le organizzazioni devo-

no poter pescare questi dati in modo

selettivo, estraendo la conoscenza e le

informazioni funzionali al business.

Questo significa che tutti i dati dispo-

nibili devono essere efficientemente

memorizzati, gestiti e protetti per poter

essere utilizzati dalle applicazioni giu-

ste al momento giusto. L’infrastruttura

deputata a governarli, quindi, non può

che essere flessibile, sicura e capace di

LA DIGITAL ECONOMY ORIENTA L’EVOLUZIONE

adattarsi velocemente ai cambiamenti:

non tutti i dati, infatti, sono uguali o

hanno lo stesso valore, ma tutti possono

diventare vitali per il business”, afferma

Francesco Casa, manager of storage

solutions di Ibm Italia. Che puntualiz-

za anche un altro aspetto del problema:

l’importanza di disporre di differenti

tipologie di storage per poter gestire in

maniera diversificata i dati aziendali e

garantirsi contemporaneamente la li-

bertà di adattarsi a nuove esigenze. Una

linea di pensiero, questa, condivisa an-

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27

che da Andrea Sappia, sales consultant

manager di Fujitsu Italia, che sottolinea

come oggi sia importante per le imprese

ricorrere “a tutte le tecnologie storage

disponibili sul mercato per rispondere

in modo adeguato ai differenti carichi

di lavoro dei servizi e delle applicazio-

ni, assicurandosi il miglior total cost of

ownership”.

Per raggiungere questo obiettivo, secon-

do Roberto Patano, senior manager sy-

stems engineering di NetApp Italia, è di

fondamentale importanza misurare la

convenienza delle soluzioni in funzione

della reale “bottom line” aziendale (che

comprende processi, tecnologie e per-

sone) e non fermarsi alla valutazione di

singoli Kpi (Key performance indicator)

semplificati e spesso fuorvianti, come il

semplice costo per terabyte.

I pilastri delle infrastruttureMa quali sono le componenti tecnologi-

che che un’azienda non può permettersi

di trascurare se desidera infrastrutture

capaci di reagire in modo dinamico e

tempestivo al variare delle esigenze di

business? “Innanzitutto è importante

poter contare su un ambiente software-

defined, in grado di recepire tutte le

possibili innovazioni. E, poi, poter far

leva su funzionalità software avanzate,

come il tiering, la compressione e la

deduplica, capaci di rendere efficiente

l’infrastruttura storage e offrire valore

a prescindere dalle scelte tecnologiche”,

commenta ancora Casa di Ibm, sotto-

lineando come l’adozione dei servizi

cloud richieda, invece, un’infrastruttura

ibrida solida e aperta, basata su tecno-

logie mature e con una roadmap certa.

“Il portfolio storage Eternus di Fujitsu

spicca sul mercato per l’ampia dispo-

nibilità di soluzioni ibride, capaci di

risolvere contemporaneamente proble-

matiche di performance e di conteni-

mento dei costi”, afferma Sappia. “Oltre

a queste disponiamo di una gamma di

sistemi All Flash, recentemente este-

sa con l’annuncio della nuova famiglia

Eternus AF, una linea che rappresenta

un’importante evoluzione di prodotto

in termini di scalabilità e prestazioni”.

Contemporaneamente ai nuovi sistemi

AF, Fujitsu ha anche annunciato una

soluzione di deduplica e compressione

compatibile con tutta la famiglia Eter-

nus e capace di ottimizzare l’occupa-

zione dello spazio su qualsiasi storage,

dischi Ssd e All Flash compresi.

“Grazie agli standard di efficienza rag-

giunti dai nuovi livelli di compressio-

ne/deduplica e compattazione del dato,

i drive Flash stanno diventando ormai

economici come i drive tradizionali”,

afferma Patano di NetApp. “Un aspet-

to importante, che assieme all’incre-

mento delle prestazioni spingerà sem-

pre più l’adozione di questa tecnologia

da parte del mercato”. A detta del ma-

nager, nel rinnovamento delle archi-

tetture storage aziendali è necessario

prestare molta attenzione agli aspetti

di flessibilità operativa, adottando tec-

nologie compatibili con quelle già in

usate dai cloud service provider e dagli

hyperscaler, le cui offerte sono ormai

mature e ben si prestano a gestire servi-

zi come il backup, il disaster recovery o

gli ambienti di test e sviluppo.

Sottolinea l’importanza della tecnolo-

gia Flash anche Yari Franzini, count-

ry manager converged infrastructure

Italy di Hpe, convinto che l’All Flash,

in particolare, rappresenti la pietra

angolare delle moderne infrastrutture

storage: “Il forte sviluppo della tecno-

logia Flash e di sistemi storage sempre

più efficienti sta inducendo le organiz-

zazioni a ripensare i meccanismi di ap-

provvigionamento e i fattori di scelta

delle soluzioni da adottare per imple-

mentare architetture altamente perfor-

manti, non solo in caso di specifiche

applicazioni ma per tutte le esigenze

aziendali”.

L’approccio dell’All Flash data center

secondo Franzini non permette solo di

semplificare la gestione dell’infrastrut-

tura, ma è anche in grado di garantire

maggiore flessibilità, più elevati livelli

di performance e un migliore Tco.

Compatibilità e flessibilità, il nuovo mantra Le esigenze di agilità e scalabilità detta-

te dall’economia “data driven” stanno

spingendo quasi tutti i principali for-

nitori storage a riformulare i portafogli

d’offerta in un’ottica sempre più orien-

tata alla flessibilità, concetto chiave per

garantire un adattamento estremamen-

te veloce a esigenze di business in conti-

nua evoluzione.

Nel caso di Ibm, la flessibilità si concre-

tizza in un’offerta declinata da tempo in

tre modalità: come soluzioni integrate,

come software e come servizi cloud.

Tre alternative che lasciano ai clienti la

possibilità di scegliere l’opzione a loro

più adatta in funzione dei requisiti di

business e del budget a disposizione.

“Aver concepito fin dall’inizio lo sto-

rage NetApp come doftware-defined

ci permette di garantire la massima

libertà nell’implementazione dei siste-

mi”, afferma Patano, “cioè come solu-

zioni software-defined storage su server

open, come macchine virtuali o come

sevizi su hyperscaler e service provider.

Si tratta di un ecosistema d’offerta che

ci consente di proporre soluzioni on

YARI

FRA

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ROBE

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28OTTOBRE 2016 |28

SPECIALE | Storage

premise, cloud ibride e nel cloud, co-

prendo l’intero ventaglio delle richie-

ste del mercato”. Il manager sottolinea,

inoltre, come fattore differenziante di

NetApp sia la possibilità di assicurare

ai clienti che hanno adottato il Data

Fabric un’evoluzione dei servizi senza

disruption, assecondando in manie-

ra dinamica e conveniente le esigenze

aziendali.

La capacità di rispondere velocemen-

te alle necessità del business, viene

sottolineata anche da Fujitsu, che evi-

denzia come la piena compatibilità di

“Il public cloud giocherà un ruolo sempre più importante nella defini-zione dello storage, ma non ritenia-mo che possa diventare il reposito-ry di grossi volumi di dati utilizzati dagli applicativi più performanti”: questa l’analsi di Andrea Sappia di Fujitsu Italia, che addita le pro-blematiche di banda come princi-pale responsabile. “Considerate le limitazioni in essere, le aziende tenderanno ad appoggiare su si-stemi Flash locali tutte le applica-zioni che necessitano di un accesso alle informazioni in tempo reale, riversando invece in cloud i dati di cui devono avere copie di backup

LA NUVOLA PUBBLICA È UN’OPZIONE. CON QUALCHE RISERVA

per soddisfare esigenze di disaster recovery”. Più ampi i vantaggi ri-conosciuti alla nuvola pubblica da NetApp, che vi intravede non solo benefici economici ma anche di flessibilità. Il cloud permette, infat-ti, di usufruire temporaneamente di servizi forniti da hyperscaler e cloud provider, senza dover implementa-re infrastrutture dedicate. “Questo comporta un vantaggio operativo, poiché è possibile implementare velocemente servizi in cloud in gra-do di accelerare il time to market di una soluzione, per poi riportarla magari on-premise in un secondo momento”, chiarisce Roberto Pa-

tutti i suoi sistemi rappresenti uno de-

gli aspetti più apprezzati da parte del

mercato. “Nessuno dei nostri sistemi

storage è frutto di acquisizioni o di

sviluppi esterni, questo significa che

tutte le nostre soluzioni fanno parte

nativamente di un’unica famiglia e che

i loro strumenti di gestione e replica

sono pienamente compatibili. Ciò non

solo ne velocizza l’implementazione,

ma ne semplifica al massimo anche l’u-

tilizzo”, dichiara Sappia.

Semplice e concreta è la strategia stora-

ge di Hpe, calata in un’unica soluzione

sia nel caso di un approccio All Flash

data center sia nel classico general pur-

pose: in sostanza, l’azienda propone

un solo sistema operativo e una sola

architettura condivisa per garantire i

più alti livelli di performance e tutte

le funzionalità tipiche degli storage

enterprise, a costi di acquisto e di ge-

stione competitivi. “Il nostro storage si

distingue sul mercato per la capacità

di adattarsi con successo a tutte le esi-

genze, rivelandosi efficace in qualsiasi

organizzazione, dalle piccole e medie

fino alle grandi imprese”, conclude

Franzini. C.R.

tano. Ma se il public cloud stora-ge può offrire nuove opportunità d’efficienza alle aziende, affinché queste non rimangano sulla carta è importante prestare particolare attenzione nella scelta dell’infra-struttura. “Le aziende che scel-gono di affidarsi al cloud devono implementare un’infrastruttura It adeguata”, afferma Yari Franzini di Hpe. “Non solo capace di inte-ragire con le risorse nella nuvola, ma che sia anche in grado di adat-tarsi alle nuove esigenze (cloud e on-premise) con estrema facilità, semplicità di gestione e in piena trasparenza”.

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29OTTOBRE 2016 |

SPECIALE | Storage

Si moltiplicano sul mercato le offerte appoggiate sulla nuvola e dedicate al mondo business. Funzionalità, livelli di sicurezza e localizzazione dei data center le variabili per scegliere il servizio più adatto per la propria azienda.

OBIETTIVO CONDIVISIONE,PASSANDO PER IL CLOUD

La mole crescente di dati da ar-

chiviare, abbinata alla necessi-

tà di disporre di infrastrutture

velocemente scalabili, sta spin-

gendo molte organizzazioni a valutare

i servizi storage in cloud come valida

alternativa alle tradizionali soluzioni

on premise. Si tratta di offerte molto

differenti da quelle dedicate al mondo

privato, poiché alla semplice opzione di

repositoring dei dati abbinano spesso

servizi evoluti, particolarmente interes-

santi per la clientela aziendale. Tra que-

sti spicca la disponibilità di spazi colla-

borativi in grado di svincolare gli utenti

dai luoghi fisici di lavoro, oltre a utili

strumenti di revisione e sincronizzazio-

ne dei documenti. Aggiornati in tempo

reale, i dati sono inoltre accessibili tra-

mite qualunque dispositivo, azzerando

tutte le limitazioni legate all’archivia-

zione locale. Dal punto di vista econo-

mico, poi, lo storage sulla nuvola offre

alle aziende importanti opportunità di

risparmio. A fronte di una tariffa (men-

sile o annuale), le organizzazioni posso-

no liberarsi, infatti, dei costi d’acquisto

e di manutenzione delle infrastrutture,

focalizzando le attività dei propri re-

parti It solo su progetti a valore per il

business. Non tutti i servizi di storage

in cloud, tuttavia, si equivalgono: per

identificare il più adatto alla propria

organizzazione è importante studiare le

offerte in modo approfondito, prenden-

do in considerazione non solo le fun-

zionalità supportate, ma anche il livello

di sicurezza garantito e la localizzazione

geografica dei server.

“Sempre più spesso le aziende mani-

festano la necessità di poter archiviare

grandi quantità di dati destrutturati

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30OTTOBRE 2016 |30 | OTTOBRE 2016

SPECIALE | Storage

a costi sostenibili, mantenendo le in-

formazioni disponibili in real-time e

rendendole accessibili anche a utenti

poco tecnici”, afferma Andrea Ayme-

rich, head of cloud platform Italy and

Spain di Google for Work. “Con la

Google Cloud Platform siamo in gra-

do di rispondere efficacemente a tutte

queste esigenze, aggiungendo aspetti

importanti come la capacità di suppor-

tare gli utenti ovunque nel mondo, la

scalabilità illimitata e un taglio netto

alle attività di gestione e manutenzio-

ne delle infrastrutture”. L’offerta della

società di Mountain View consente di

evitare il lock-in tecnologico e mette

a disposizione diversi elementi chiave,

che spaziano dal cloud storage (per l’ar-

chiviazione di grandi volumi di dati

destrutturati a costi accessibili) ai da-

tabase NoSql (adatti a gestire applica-

zioni con necessità di caricamento dati

in streaming, per esempio in ambito

IoT), fino agli ambienti completamente

gestiti e orientati all’analisi real-time.

“Un ultimo componente è rappresenta-

to dal servizio CloudSql fully managed

per la gestione dei database relazionali”,

aggiunge Aymerich. Per tutte le real-

tà che intendono conservare parte dei

propri dati in locale, Google ha messo,

poi, a punto un modello ibrido, capace

di integrare facilmente le infrastrutture

aziendali con le proprie.

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Un approccio, quello ibrido, pienamen-

te sposato anche da Microsoft, che al

mondo delle aziende non offre servizi di

storage sotto forma di memorizzazione

“cloud only”, ma anche di archiviazio-

ne ibrida attraverso Storsimple, una

soluzione pensata per aiutare i clienti

a spostare più facilmente i dati verso

la nuvola. “Un aspetto estremamente

importante della nostra offerta è l’inte-

grazione dei servizi storage all’interno

di prodotti come Windows Server e Sql

Server, non solo per le funzionalità di

backup e disaster recovery, ma anche

per garantire l’integrazione con i ser-

vizi IaaS e l’analisi dei dati di Micro-

soft Azure”, precisa Roberto Andre-

oli, direttore della divisione cloud &

enterprise di Microsoft Italia. “Questi

due aspetti sono peculiari del nostro

approccio al cloud, in quanto intendia-

mo continuare a supportare i clienti che

vogliono spostare i propri dati sulla nu-

vola seguendo il loro piano di adozione.

Questo è ancora più vero con le ultime

versioni di Windows Server 2016 ed

Sql Server 2016 e con le loro funzio-

nalità semplificate di integrazione dei

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31

Anche se la maggioranza delle aziende non utilizza il cloud solo per archiviare i dati, non poche sono interessate alla nuvola esclu-sivamente per disporre di un re-pository sicuro o per rispettare la normativa sul trattamento dei dati. Esigenze diverse, che hanno dato origine a due filoni d’offerta attigui ma distinti: i servizi di cloud stora-ge, da una parte, e quelli di backup

DESTINAZIONE STORAGE O SEMPLICE BACKUP?

dati presenti nel cloud e nei servizi in-

house”. Ai clienti che scelgono, invece,

da subito un approccio al cloud di tipo

“all-in”, Microsoft non garantisce solo il

supporto di sistemi storage ad altissime

prestazioni, ma anche servizi di data wa-

rehouse e analytics basati su Sql Server e

tecnologie open source, come Hadoop,

Spark, Hbase e Storm.

Punta tutto sulla flessibilità anche Ama-

zon Web Services, impegnata a consen-

tire alle aziende di comporre in modo

estremamente dinamico le proprie solu-

zioni, scegliendo da un’offerta sempre più

estesa e ricca di capacità. “In dieci anni

Aws ha aggiunto ai propri servizi mol-

tissime funzionalità grazie ai feedback

dei clienti, che ormai contribuiscono per

il 90-95% allo sviluppo delle nostre ro-

admap”, afferma Danilo Poccia, tech-

nical evangelist di Aws. Attraverso il ser-

vizio di storage a oggetti, Amazon S3, è

possibile connettere dischi alle macchine

virtuali gestite da Amazon EC2, mentre

con Amazon Efs è possibile creare un file

system distribuito, collegabile a più mac-

chine virtuali contemporaneamente. “In

caso di dati strutturati”, specifica Poccia,

“offriamo invece servizi per la gestione

di database relazionali, come Amazon

Aurora, o NoSql, come Amazon Dyna-

moDB: servizi che, come sempre, i

clienti possono assemblare liberamente,

costruendo velocemente le soluzioni più

adatte alle proprie necessità”.

Sicurezza e privacy,le due priorità Il tema della sicurezza rappresenta

senza dubbio uno dei principali freni

tirati nell’adozione dei servizi di public

cloud storage da parte delle aziende.

Eppure molti di questi servizi offrono

ormai livelli di protezione che soddi-

sfano i massimi standard, per esempio

eseguendo la crittografia delle infor-

mazioni non solo a riposo ma anche in

fase di trasmissione.

“La sicurezza rappresenta da sempre

una priorità per Aws. D’altra parte, la-

vorando da anni con clienti come Ban-

ca Popolare di Sondrio e Vodafone,

abbiamo dovuto sviluppare strumenti

in grado di gestire i dati in modo as-

solutamente sicuro. Oltre a verificarne

accuratamente l’accesso, forniamo per

esempio strumenti di crittografia, in

grado di proteggere le informazioni

anche in fase di transito”, puntualizza

ancora Poccia, sottolineando quanto

le aziende si sentano tranquillizzate

anche dall’opzione di disaster reco-

very offerta da Aws. Ogni regione in

cui opera il provider, infatti, conta più

data center aggregati in “zone di di-

sponibilità” e strutturati per replicare

automaticamente i dati e mantenerli

sempre all’interno della medesima re-

gione.

“Grazie a oltre cinquecento ingegneri

costantemente dedicati ad aspetti di

security e privacy, i nostri clienti sono

i primi a riconoscere che le loro infor-

mazioni più preziose sono molto più al

sicuro nei data center di Google piut-

tosto che nelle loro infrastrutture lo-

cali”, precisa invece Aymerich. “Tutti

i dati, infatti, non sono solo crittogra-

fati in transito e a riposo, ma sono ul-

teriormente salvaguardati dalle Custo-

mer Encryption Keys, chiavi personali

con cui gli utenti possono cifrare i dati

e di cui rimangono gli unici possesso-

ri. Una volta arrivati nei nostri data

center, i file sono poi sottoposti alle

più avanzate tecniche di offuscamento

e frammentazione così da aumentarne

al massimo la protezione”.

Forte anche l’impegno di Microsoft

in tema di sicurezza, sviluppata sui tre

pilastri della trasparenza, della privacy

e della compliance. “Oggi le maggiori

incertezze che ostacolano l’adozione

del cloud pubblico sono la sicurezza

e la localizzazione dei dati. Sul primo

fronte Microsoft vanta un forte posi-

zionamento di mercato attestato da

una serie di certificazioni Eu Model

Clauses (le Clausole del modello Ue),

mentre su quello della disponibilità

integriamo nei nostri servizi di public

storage la possibilità di avere fino a sei

repliche di ogni dato, distribuendole

su più data center nella stessa area geo-

grafica”, conclude Andreoli.

Claudia Rossi

in cloud, dall’altra. I primi, molto più estesi, permetto-no agli utenti di archiviare, accede-re, modificare e condividere i file. I servizi di backup su nuvola, invece, consentono la semplice custodia della copia di sicurezza, con possi-bilità di accesso in caso di ripristino dei sistemi o qualora i dati debba-no essere cancellati per raggiunta obsolescenza o inutilità.

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TECHNOPOLIS PER WOLTERS KLUWER TAX AND ACCOUNTING ITALIA

GENYA, L’INTELLIGENZA NEL CLOUD

Il digitale non è soltanto ciò che aiuta il professionista nel suo lavoro attuale: nella visione di Wolters Kluwer Tax and Accounting Italia, il digitale è molto di più. L’intelligenza del nuovo software Genya è ciò che trasforma il professionista del terzo millennio in un consulente più libe-ro, più organizzato, più concentrato sulle problematiche dei suoi clienti e non più solo sugli adempimenti.Si è mai pensato alla possibilità di elaborare un bilancio in trenta minuti in modo facile e intuitivo, senza fare ricorso alle istruzioni? Probabil-mente no. Ma ci ha pensato Wolters Kluwer Tax and Accounting Italia, che ha spezzato le consuetudini e che con un software davvero inno-vativo consente al professionista di non occuparsi più prevalentemente degli adempimenti, ma di essere un consulente che ha nel suo cliente la centralità.Genya nasce dalla capacità degli sviluppatori della software factory di Wolters Kluwer Tax and Accounting Italia di vedere oltre, di ingegneriz-zare un prodotto digitale che non solo risolve il problema odierno ma che, cambiando i paradigmi professionali, consente la riorganizzazione delle attività del domani. La prima suite di Genya rilasciata, il Bilancio, consente ad esempio la gestione di tutta la pratica integrando strumenti di Business Intelligence e collaborazione, per fornire in modo semplice il massimo del valore e del servizio. Non soltanto per i professionisti ma anche per le aziende che predispongono la pratica del bilancio al loro interno.Nello sviluppo del progetto Genya sono stati presi in considerazione cinque concetti: integrazione, analisi, previsione, riduzione dei tempi, mobilità. Il professionista può oggi davvero trasformare il proprio profilo grazie alla digitalizzazione e all’accessibilità dell’intelligenza operativa

nel cloud. In modo semplice e innovativo, Genya Bilancio di Wolters Kluwer Tax and Accounting Italia consente di svolgere diverse operazio-ni: di caricare i dati sia dalla situazione contabile sia dal bilancio riclas-sificato; di accedere ai Kpi automaticamente, perché forniti nel normale svolgimento delle attività; di creare fascicoli simulati per il calcolo del bilancio e delle imposte, con la possibilità di renderli poi definitivi; di redigere la nota integrativa e gli altri documenti di bilancio in modo guidato attraverso l’utilizzo di modelli e formulari preimpostati e per-sonalizzabili. Dunque più produttività, più velocità nel comunicare, più valore nelle consulenze ai clienti.“Digitalizzazione significa aggiungere del propellente alla redditività. Sviluppare software e tecnologia innovativa significa creare strumenti di evoluzione aziendale che consentano l’ottimizzazione del lavoro e, contemporaneamente, il recupero del tempo da destinare a valorizza-re le risorse e le loro capacità consultive verso la clientela”. Parole di Pierfrancesco Angeleri, managing director di Wolters Kluwer Tax and Accounting Italia, che ben conosce la potenza delle innovazioni che l’azienda propone senza sosta alla clientela dei professionisti italiani.Con Genya nasce un’innovazione digitale che enfatizza i concetti di con-divisione e di collaborazione tra studio e cliente. Si può pensare a uno studio aperto e accessibile ai clienti 24 ore al giorno, 365 giorni all’an-no? Con Genya è permesso, perché la soluzione consente di snellire e velocizzare il flusso di comunicazione tra il professionista e la sua clien-tela, di offrire servizi per una raccolta veloce, precisa e tempestiva dei dati, oltre a fare della condivisione la base strategica per una rinnovata alleanza tra professionisti e clientela.

Pierfrancesco Angeleri, managing director di Wolters Kluwer Tax and Accounting Italia

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33OTTOBRE 2016 |

ECCELLENZE.IT | Bauli

IL BUSINESS LIEVITA MEGLIO CON LA VIRTUALIZZAZIONELa storica industria di prodotti da forno, oggi proprietaria di numerosi marchi, ha adottato

diverse tecnologie di Citrix per semplificare la gestione delle applicazioni e alleggerire la rete.

Il nome Bauli non necessita di pre-sentazioni: campeggia su un quarto delle confezioni di pandori, panet-

toni e colombe pasquali vendute ogni anno dalla grande distribuzione italiana. Non tutti forse sanno, però, che l’azien-da fondata nel 1922 a Verona dal pa-sticcere Ruggero Bauli dal 2004 è anche proprietaria dei marchi Bucaneve, Atene e Doriano, dal 2009 di Motta e Alema-gna e dal 2013 di Bistefani. Acquisizioni che hanno contribuito a far crescere il business fino ai 460 milioni di euro di fatturato odierni. Da quattro stabilimen-ti escono ogni anno circa sette milioni di pandori, otto di panettoni tradizionali, quattro di colombe e altrettanti di uova di cioccolato, oltre a 180 milioni di cor-netti e a decine di milioni di altre bontà.Dal 2010 Bauli ha intrapreso un percor-so di evoluzione tecnologica. Diversi i problemi di partenza: i software azien-dali risultavano complessi da installare, configurare e aggiornare, anche a causa dell’elevato numero di computer in uso e del notevole flusso di dati gravante sulla rete. L’impiego di smartphone e tablet da parte dei dipendenti, inoltre, richiedeva ulteriori procedure di configurazione e, in molti casi, costose operazioni di re-

styling delle applicazioni. A tutto questo si sommavano i noti problemi di sicurez-za associati ai terminali mobili. Per i de-positi e magazzini periferici, collegati in Multi Protocol Label Switching (Mpls) e usati soprattutto nei periodi di picco della domanda, si presentava l’ulteriore necessità di una continua connessione con l’ufficio centrale.Da questo punto di partenza si è arriva-ti ad adottare diverse tecnologie Citrix, nell’arco di cinque anni e con il supporto dell’integratore di sistemi Personal Data. La prima tappa, nel 2010, è rappresen-tata dall’infrastuttura di virtual desktop incentrata su XenDesktop e XenApp, con cui è stato possibile centralizzare l’installazione e configurazione degli applicativi su un ristretto numero di macchine, a cui tutti i terminali possono collegarsi sia via Mpls sia via Internet. Nel medesimo anno sono stati adotta-ti alcuni terminali Praim con a bordo Citrix Receiver. Nel 2014, in seguito all’acquisizione di Bistefani, 70 nuovi utenti sono stati collegati in pochi giorni all’infrastruttura It di Bauli sfruttando XenDesktop. L’anno seguente, poi, sono state adottate per 150 utenti le soluzio-ni XenMobile e XenMobile Advanced

Edition, mettendo al sicuro lo scam-bio di dati da mobile con la tecnologia NetScaler. La collaborazione con Citrix ha, così, permesso di “risolvere una se-rie di problemi sulla gestione delle realtà periferiche che, fino a qualche anno fa, erano ben presenti nella nostra struttura It”, come spiega Pierangelo Chiappini, direttore dei sistemi informativi di Bauli. Ha permesso, inoltre, di semplificare la gestione dei sistemi con uno strumento affidabile e scalabile, nonché di erogare facilmente (anche ai magazzini periferici e agli stabilimenti produttivi) l’applica-zione Sap Hana. E non è finita: si sta attualmente realiz-zando il passaggio alla versione 7.8 di XenDesktop, che permette la creazione dinamica di macchine virtuali in base ai picchi di domanda. Sono in program-ma, inoltre, l’estensione di XenMobile a un centinaio di altri utenti (addetti alle vendite) e l’adozione di Citrix AppDisk, con cui sarà possibile installare le ap-plicazioni direttamente all’interno di “dischi virtuali” dedicati. In vista di un ulteriore allargamento internazionale, l’infrastruttura It permetterà a Bauli di ottimizzare l’occupazione di banda e la velocità della rete.

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35OTTOBRE 2016 |

prosegue il responsabile It. Una sfida che ha riguardato soprattutto la crea-zione di un’infrastruttura di rete affi-dabile e sempre operativa. Ed esisteva una difficoltà specifica: nel magazzino merci il sistema di scaffalatura per i pallet è mobile, e questo elemento ha condizionato la realizzazione della rete WiFi. In quest’area di stoccaggio cir-colano soltanto i robot, che ogni notte portano fuori dal magazzino le materie prime necessarie per la produzione del giorno successivo. Anche il processo di lavorazione e confezionamento della frutta è altamente automatizzato, dun-que si comprende come il circolo vir-tuoso di stoccaggio, produzione e logi-stica funzioni solo se la rete non “cade”.Il system integrator Elmec ha dunque progettato e implementato (con “batte-simo” nella notte di Capodanno 2015) un’architettura di rete basata su switch Cisco, ridondante e suddivisa in Vlan, in modo da assicurare il trasporto iso-lato dei servizi.“Li abbiamo scelti perché li conosce-vamo da precedenti esperienze, ma ha pesato anche l’affidabilità del marchio Cisco”, racconta il responsabile It di Noberasco. Elmec si occupa anche di monitorare da remoto il funzionamen-to della rete e di intervenire in caso si verifichino problemi. I vantaggi otte-nuti riguardano sia l’aumentata capaci-tà di stoccaggio, sia i risparmi ottenuti. È vero che i robot hanno sostituito par-te degli addetti al lavoro manuale ma sono anche stati creati nuovi ruoli più tecnici, tant’è che il numero di dipen-denti è salito. “Noberasco sta crescendo di circa il 20-25% all’anno”, sottolinea Battistoni. “Se non avessimo compiuto queste scelte tecnologiche non avrem-mo potuto assecondare le richieste del mercato”.

Il primo produttore italiano

di frutta secca e disidratata

ha aumentato la capacità di

stoccaggio e tagliato alcuni costi

grazie all’automazione e a una

connettività perfetta, garantita

da Cisco. Il progetto è firmato

Elmec.

LA SOLUZIONE

Nel sito di Carcare sono stati re-

alizzati due data center intercon-

nessi con un doppio anello in

fibra ottica a 10 Gbit. In ciascun

armadio di distribuzione (una de-

cina in tutto) opera una coppia di

switch Cisco 3850x. Il sistema ga-

rantisce ridondanza degli apparati

per ogni zona, per esempio grazie

a doppi alimentatori che creano in

ogni armadio un pool energetico

condiviso tra gli switch. Un Net-

work Operations Center monito-

ra costantemente il funzionamen-

to della rete.

Più di cento anni di storia in-dustriale, segnati recentemente da alcuni progressi tecnologici

all’insegna dell’e-commerce e dell’au-tomazione. Fondata nel 1908, la ligure Noberasco è oggi il primo produttore di frutta secca e disidratata in Italia. Negli ultimi anni l’azienda ha diver-sificato i canali di vendita debuttando nell’online, ma soprattutto ha inaugu-rato un nuovo stabilimento a Carcare, nel savonese: un sito esteso su 70mila metri quadri, che comprende gli im-pianti (da cui possono uscire fino a 150 tonnellate di frutta al giorno) ma anche i magazzini per le materie prime e i prodotti finiti. A questo risultato, Noberasco è giunta sulla spinta di una doppia esigenza, strategica e tecnolo-gica. “Volevamo poter seguire al me-glio l’evoluzione del mercato”, spiega il responsabile sistemi informativi, Ruggero Battistoni. “Per fare ciò era necessario disporre di una certa capaci-tà produttiva e di immagazzinamento delle materie prime, considerata anche la stagionalità di molte di esse”. Come i datteri, che vengono raccolti una sol-ta volta all’anno e poi vanno conservati in speciali celle frigorifere. “La sfida è stata quella di utilizzare dei robot”,

MENO FERMI E MASSIMA EFFICIENZA GRAZIE AI ROBOT

ECCELLENZE.IT | Noberasco

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36 | OTTOBRE 2016

Le risorse economiche messe in campo dal governo per favorire il nuovo corso del settore produttivo italiano sono decisamente importanti. Ma le incognite, come sempre, non mancano: dalla governance istituzionale, al ruolo che giocheranno concretamente le imprese.

Sul piano Industria 4.0 si è

detto e scritto di tutto. L’argo-

mento, del resto, si presta mol-

to alla discussione perché tocca

aspetti di diversa e complessa natura:

economici e fiscali, di politica industria-

le, sociali (nuove professioni e posti di

lavoro), istituzionali e territoriali.

In una delle sue ultime uscite post varo

del piano, il ministro dello Sviluppo

Economico, Carlo Calenda, ha con-

fermato l’intenzione di utilizzare, in

aggiunta al budget già definito, ulte-

riori sette miliardi di euro di fondi del

Mise. Soldi finora mai toccati e destina-

ti a progetti pregressi, alcuni dei quali

risalenti addirittura agli anni Settanta.

Un’ulteriore mossa, sempre che si con-

cretizzi (su questi fondi pendono di-

versi contenziosi), per ribadire quanto

la nuova rivoluzione industriale sia un

tema sensibile per l’esecutivo presiedu-

to da Matteo Renzi. Calenda ricorda

giustamente che il governo ha preso di

petto questa sfida, mettendo a disposi-

zione con Industria 4.0 circa 13 miliar-

di di euro di incentivi automatici agli

investimenti. Ulteriori 700 milioni di

denaro pubblico serviranno invece per

implementare il piano nazionale Scuo-

la digitale e l’alternanza Scuola-lavoro

sui percorsi coerenti col progetto, per

sostenere la formazione specialistica e

il potenziamento dei cluster tecnologi-

ci e per istituire i centri di competenza

nazionali.

Sull’entità degli investimenti che do-

vrebbero arrivare direttamente dai pri-

vati (circa 10 miliardi in più solo nel

2017, per passare da 80 a 90 miliardi)

è invece più difficile condividere le cer-

tezze del ministro. Sarà una sfortunata

coincidenza, ma una presa di posizione

ufficiale da parte delle imprese su questo

impegno non c’è stata. Il piano, in ogni

ITALIA DIGITALE

INDUSTRIA 4.0, IL PIANO C’È. LA VERA SFIDA È ATTUARLO

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37

caso, può essere considerato una call to

action in piena regola per il tessuto in-

dustriale italiano. Le imprese manifattu-

riere devono, cioè, cambiare pelle e ren-

dere sistemici sia la collaborazione con

le università e le startup, sia il lancio di

nuovi progetti, sia l’assunzione di figure

con profili elevati. E, naturalmente, an-

che il processo di innovazione tecnolo-

gica delle infrastrutture, soprattutto nel

cuore delle Pmi, là dove il rischio di es-

sere tagliati fuori dal cambiamento è più

elevato. Servono quindi apparecchiatu-

re moderne, perché l’ultima indagine

di Ucimu-Sistemi (l’associazione delle

imprese produttrici di macchine utensi-

li e robot) ha lanciato un allarme sull’età

media del parco impianti in esercizio: è

aumentata di due anni e arrivata a 12

anni e otto mesi, la più alta di sempre.

Considerato poi che la quota di mac-

chine utensili più vecchie di vent’anni è

pari al 27% del totale installato, la rivo-

luzione digitale auspicata dal piano deve

superare uno stallo non indifferente.

La questione della governanceLa cabina di regia di Industria 4.0 sarà

composta dalla presidenza del Consi-

glio dei ministri, dai dicasteri dell’Eco-

nomia, dello Sviluppo, dell’Istruzione,

L’APPELLO DI FEDERMECCANICA: BISOGNA ACCELERARE

“Il ritardo delle imprese italiane sul tema Industry 4.0 resta significati-vo, soprattutto perché le intenzioni di investimento nei prossimi anni sono mediamente basse, in parti-colare tra le aziende non-adopter”. Le conclusioni a cui è giunta un’in-dagine condotta da Federmecca-nica, presentata a Roma nel giorno del varo del piano Industria 4.0, parla chiaro. Il sistema manifattu-riero della Penisola, dal punto di vista dell’adozione degli strumenti digitali, è indietro. E lo conferma-no alcune percentuali: solo il 64%

del campione ha dichiarato di avere adottato almeno una delle undici tecnologie individuate come “abi-litanti e qualificanti” (dalla robotica all’Internet of Things, dai Big Data al cloud computing, dalla sicurezza alla stampa 3D fino alle nanotec-nologie) mentre il restante 36% (le “non-adopter”) dice di non averne utilizzata alcuna. Per Federmeccani-ca, insomma, il percorso da fare è ancora lungo, perché la conoscen-za di Industry 4.0 c’è ma “le appli-cazioni sono ancora in fase iniziale al cospetto di una competizione

internazionale che ci impone una forte accelerazione”. L’allarme, for-te e chiaro, lanciato in direzione del Governo non si è fatto dunque attedere: “In assenza di azioni cor-rettive, il divario tra le imprese più avanzate e quelle più arretrate è destinato ad accentuarsi”. Timori eccessivi? Forse no, visto che oltre il 50% delle imprese manifatturiere italiane non ha intenzione di dirot-tare risorse sul digitale e visto che il valore medio dell’investimento in soluzioni Ict è pari a 200mila euro, cioè l’1,5% del fatturato. 

del Lavoro, delle Politiche Agricole e

dell’Ambiente, oltre che da una rappre-

sentanza degli atenei tecnici, dei centri

di ricerca, dell’imprenditoria e delle or-

ganizzazioni sindacali. Successivamente

entreranno in gioco anche le Regioni.

Sintomatica e condivisibile, in propo-

sito, la riflessione del titolare del Mise:

“L’Italia è il Paese della non-governan-

ce”, ha detto Calenda. “Un piano di

questo genere deve invece evitare di

generare energie centrifughe e, soprat-

tutto, rispettare le peculiarità del nostro

tessuto imprenditoriale. Non possiamo

imporci il modello tedesco o quello

americano o francese, ma cogliere il me-

glio degli altri approcci e specialmente

continuare a utilizzare gli strumenti che

hanno già dimostrato di saper funziona-

re”. Approccio condivisibile, quello di

Calenda, ma se l’efficienza si lega all’es-

senzialità delle figure preposte a prende-

re decisioni, il descritto modello a più

“teste pensanti” forse non soddisfa tali

requisiti. Eppure l’esperienza negativa

dell’attuazione dell’Agenda digitale do-

vrebbe aver insegnato qualcosa.

La quantità di risorse messe a disposizio-

ne ha sicuramente incontrato i favori di

molti addetti ai lavori (anche se non di

tutti) fra rappresentanti dell’industria,

economisti e accademici. E conferma, se

mai ce ne fosse stato bisogno, la portata

e l’urgenza della manovra. Ma i soli fi-

nanziamenti, come detto, non bastano:

come giustamente osserva qualcuno,

serve soprattutto una progettualità con-

vinta e strutturata della classe imprendi-

toriale e servono linee guida ben definite

per indirizzare correttamente gli investi-

menti in macchinari e automazione.

Se è vero che gli incentivi a pioggia sono

stati banditi dal nuovo piano, c’è co-

munque il rischio che, senza una visione

strategica e una conoscenza delle reali

opportunità tecnologiche, si disperdano

le grandi risorse allocate per l’innova-

zione. E anche questa è una questione

di governance, come lo è quella della

necessaria connessione, grazie alle tec-

nologie digitali, fra le piccole e medie

aziende dei distretti e le filiere che co-

stituiscono l’ossatura del sistema indu-

striale italiano.

Il piano Industria 4.0, l’hanno detto in

molti, per alcuni aspetti è l’ultima chia-

mata: o le imprese, grandi e meno gran-

di, digeriscono in fretta i tempi, le lo-

giche e le opportunità della rivoluzione

digitale, oppure lo spettro dell’ennesima

occasione sprecata diventerà reale.

Gianni Rusconi

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38 | OTTOBRE 2016

La contaminazione tra aziende e startup, per rendere competitive le imprese consolidate e far crescere quelle appena nate, è uno dei temi centrali di Smau 2016. Ecco i protagonisti di questa edizione.

L’INNOVAZIONEFA TAPPA AL SALONE

ITALIA DIGITALE | Startup

Fra i tanti temi che caratteriz-

zeranno l’edizione numero 53

di Smau, in programma a Mi-

lano Fieramilanocity dal 25 al

27 ottobre, quello dell’open innovation

è sicuramente centrale. Le imprese devo-

no rispondere alle esigenze di ricerca e

sviluppo in linea con il “time to market”

richiesto dall’attuale contesto compe-

titivo, e per farlo, spesso, non bastano

più le risorse interne o le relazioni con

il sistema universitario. La soluzione è

l’incontro con attori esistenti sul terri-

torio: le startup innovative (oltre 6.400

quelle iscritte nell’apposito Registro, in

cui hanno creduto circa 5mila investitori

corporate) e il sempre più ricco universo

fatto di incubatori e acceleratori sono i

“nuovi” candidati a ricoprire il ruolo di

generatori di innovazione. Al tema, non

a caso, è dedicato un nuovo Osservato-

rio realizzato da Smau, Assolombarda

e Italia Startup in collaborazione con

Ambrosetti e Cerved, con l’obiettivo

di “supportare l’adozione di tecniche di

innovazione aperta nell’ecosistema, in-

dividuando gli strumenti e i processi in

corso e valutandone l’impatto per estra-

polare modelli basati su casi concreti di

utilizzo”, dice Alvise Biffi, presidente

Piccola Industria di Assolombarda.

La finalità ultima del processo di conta-

minazione e integrazione tra il fessuto

industriale e le startup tricolori è quello

di rendere più competitivo il Made in

Italy sui mercati internazionali. Per arri-

varci attraverso il rilancio dell’innovazio-

ne, come recita la nota introduttiva della

guida di Assolombarda, serve un nuovo

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39

A un quarto delle nuove imprese in-

novative va quasi il 90% dei finanzia-

menti raccolti. La maggior parte delle

startup (il 95%) ha tra i soci fondatori

persone fisiche, mentre appena il 5%

è partecipata da venture capital o fon-

di di private equity. Sono le caratte-

ristiche salienti del mercato italiano,

mappate da uno studio dell’Univer-

sità Bocconi di Milano, che ha ana-

lizzato gli investimenti effettuati nel

nostro Paese nel corso del 2014.

In quell’anno nelle casse delle startup

sono finiti 149 milioni di euro, di cui

93 milioni in capitale e 56 milioni in

debito (prestiti da parte dei soci, dalle

banche o altri tipi). Il primo dato che

balza all’occhio è quindi il seguente:

poche e selezionate realtà ricevono fi-

nanziamenti molto alti (450mila euro

POCHE LE ELETTEIn Italia gli investimenti si concentrano su appena un quarto delle imprese innovative. Scarso il ruolo di venture capital e private equity. Lo dice uno studio dell’Università Bocconi.

in media) mentre la maggior parte

dell’ecosistema raccoglie ben poco.

In secondo luogo, il limitato apporto

dei venture capital può confermare da

una parte la tesi della scarsità di risor-

se di questa categoria di investitori,

e dall’altra indicare l’esiguo numero

di startup ritenute appetibili per tali

operatori.

Fra le altre evidenze emerse spicca la

tendenza che vede la comunità degli

“investor” (business angel compresi)

dimostrare concreto interesse verso

le startup che offrano condizioni per

smobilizzare a distanza di pochi anni

il proprio investimento tramite una

exit, vale a dire la vendita dell’azienda

o della propria quota ad altri soggetti.

Difficilmente si registrano round di

finanziamento per progetti appena

avviati e con pochi risultati all’attivo,

tanto che la raccolta del capitale passa

spesso da operatori tradizionali, ban-

che in primis. Da qui l’esigenza per le

startup di rendersi subito “appetibili”

a finanziatori con elevate capacità di

investimento.

VENTURE CAPITAL IN CERCA DI OCCASIONINel 2015 gli investimenti del private equity e del venture capital hanno registrato una crescita significativa, raggiungendo il secondo valore più alto di sempre: merito anche del contributo di molti operatori internazionali, che sono tornati a guardare con grande interesse alle imprese italiane. È la fotografia scat-tata da  Aifi  (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt) sullo stato dell’arte del mercato italiano, che ha visto l’anno passato 89 società oggetto

di finanziamenti early stage, per un totale di  74 milioni di euro eroga-ti. Un movimento, è risaputo, che deve ancora crescere e che avrà in Smau un’occasione di confronto im-portante. A Smau saranno presenti più di sessanta investitori interna-zionali, provenienti da oltre 20 Pa-esi. Incontreranno oltre 300 startup del “Made in Italy” all’interno della terza edizione di ItaliaRestartsUp, evento organizzato da Ice in col-laborazione con il Ministero per lo Sviluppo Economico.

approccio mentale, e più precisamente

“una cultura pronta a intraprendere que-

sto nuovo percorso”. Se le startup – que-

sto il messaggio chiave – sono nella loro

essenza frutto di questa cultura, nelle

grandi aziende prevale ancora una men-

talità poco orientata all’innovazione.

“Rapidità di risposta, velocità nel saper

cogliere le opportunità, snellimento dei

processi, sperimentazione di nuove idee

non avendo paura del fallimento sono

solo alcuni degli aspetti fondamentali

che dobbiamo trasferire agli imprendito-

ri”, rimarca Pierantonio Macola, presi-

dente di Smau. Gli esempi a cui riferirsi

per capire da vicino che cosa significhi

fare “open innovation” fortunatamente

non mancano, e anche nell’ambito della

tre giorni milanese saranno rappresen-

tate dai nomi di Barilla e Electrolux. La

prima ha di recente avviato un progetto

di “design thinking” mettendo al centro

del prodotto le esigenze del cliente e svi-

luppando un approccio multidisciplinare

che richiede la stretta collaborazione di

numerosi attori interni e esterni all’azien-

da. La seconda, invece, ha focalizzato la

propria attenzione nel risolvere la pro-

blematica del “fish scaling”: un difetto

del materiale metallico per cui strati di

smalto si distaccano dalla superficie e

portano allo scarto dell’intero batch di

produzione. Insieme all’Università di

Pisa e allo spin-off Letomec, Electrolux

ha individuato una soluzione innovativa

che permette di effettuare specifici test di

qualità in soli trenta minuti.

Quanto al ruolo degli incubatori, Smau

conterà sulle presenze di alcuni dei più

attivi attori di questo sistema, da H-

Farm (con le startup oggetto dei pro-

grammi di accelerazione portati avanti

con Cisco e Technogym) a Intesa San-

paolo (con le imprese innovative selezio-

nate e formate tramite la piattaforma di

accelerazione del Gruppo), fino all’acce-

leratore d’impresa di casa Telecom Italia

(TIM #Wcap) e agli incubatori Como-

next, Digital Magics, Filarete, The Hub

e Bergamo Sviluppo.

Piero Aprile

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40 | OTTOBRE 2016

Da Trentino Sviluppo alla Fondazione Bruno Kessler: fra incubatori e centri di eccellenza, l'offerta di servizi alle imprese è il punto forte della cultura tecnologica della Provincia.

L‘innovazione in Trentino è

una cosa seria: la regione

punta senza falsa mode-

stia ad essere un model-

lo di eccellenza e prova a cavalcare in

modo strutturato, come ancora troppo

raramente accade in Italia, il concetto

di ecosistema. Cioè prova a mettere a

fattor comune risorse e competenze per

UN ECOSISTEMA APERTOCHE FA SCUOLA

ITALIA DIGITALE | Innovazione

raggiungere obiettivi che sono quelli di

creare nuova imprenditoria sostenibi-

le, nuovi servizi per i cittadini, nuove

opportunità di sviluppo e di crescita

per il territorio. Non si può parlare di

modello perfetto, certo, ma la cultura

del “nuovo” che si professa fra Trento e

Rovereto è sicuramente un esempio per

l’intero Paese. Anche le esperienze nega-

tive (e il riferimento va a Trento Rise,

il centro di innovazione compartecipato

dalla Provincia che ha chiuso lo scorso

31 dicembre dopo sei anni di attività, in

seguito a varie inchieste della Procura su

spese fantasma e consulenze milionarie)

sono parte integrante di questo processo

di crescita. Ne è convinto Mauro Ca-

sotto, direttore operativo di Trentino

Sviluppo e vicepresidente di Hit (Hub

Innovazione Trentino). Trento Rise ha

pagato il prezzo di “una gestione sbaglia-

ta, ma ha avuto il merito di portare alla

luce un modello virtuoso di coinvolgi-

mento delle imprese e di accelerazione

delle startup tecnologiche”, dichiara Ca-

sotto. Hit, società consortile avviata nel

settembre del 2015 e in cui convergono

Università di Trento, Fondazione Bruno

Kessler, Fondazione Mach e Trentino

Sviluppo, nasce in effetti dalle ceneri del

Mauro Casotto

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consorzio che ha cessato di esistere. E

si affianca alle attività di una struttura,

Trentino Sviluppo, che opera da incu-

batore di impresa sin dal 1992 e che si è

focalizzata da metà anni Duemila in poi

sulle nuove tecnologie al servizio della

manifattura, dell’efficienza energetica e

dell’agroalimentare. “Alla base di tutto”,

conclude Casotto, “ci devono essere le

capacità di fare formazione e ricerca,

di attrarre aziende di elevato profilo,

di offrire a queste realtà servizi a valo-

re aggiunto e di fare reale trasferimento

tecnologico sul territorio. La chiave per

migliorare ulteriormente il modello?

Fare innovazione in modo partecipato e

collaborativo”.

Quando l’innovazione fa rimacon collaborazioneAnche Paolo Traverso, direttore del

Centro per l’Information Technology di

Fondazione Bruno Kessler, è convin-

to che la strada maestra sia quella della

collaborazione. “Oggi stiamo spingendo

forte sui laboratori congiunti per por-

tare i frutti della ricerca scientifica sul

mercato nel campo dei Big Data e della

semantica, dell’intelligenza artificiale e

del deep learning”. Migliorare ulterior-

mente l’ecosistema si può, sottolinea

Traverso, e per farlo “serve coinvolgere

tutta la filiera puntando a un disegno

unico dell’innovazione, che abbracci na-

turalmente anche le aziende, perché la

buona ricerca, a mio parere, deve avere

la possibilità di scaricare a terra tutti i

suoi effetti e nasce dall’incrociarsi di di-

verse matrici”.

Il modello Trentino, in ogni caso, già

funziona e vanta asset importanti. A co-

minciare dai due principali incubatori

di Trentino Sviluppo, cioè Polo Mecca-

tronica e Progetto Manifattura. Il pri-

mo si candida a essere uno dei più im-

portanti hub produttivi italiani nel suo

genere: su di lui la Provincia autonoma

di Trento sta investendo oltre 80 milioni

di euro, e al suo interno si muove l’acce-

leratore di startup Industrio Ventures.

Presto l’hub avrà il suo fiore all’occhiello

nel nuovo laboratorio di prototipazio-

ne per l’additive manufacturing e l’in-

dustrial Iot, costato cinque milioni di

euro e che aprirà i battenti nel marzo

del 2017. Il secondo, Progetto Manifat-

tura, ospita oggi più di 50 realtà (una

ventina le startup) e oltre 200 addetti;

fra un paio d’anni punta ad accogliere

complessivamente 110 nuove imprese,

per oltre 1.200 nuovi posti di lavoro. La

Fondazione Bruno Kessler, da parte pro-

pria, è prossima a festeggiare il decimo

anno di vita, avendo in organico oltre

350 ricercatori e vantando collaborazio-

ni e contratti in essere con realtà come

Boeing, Poste Italiane, eBay e Gruppo

Telecom Italia.

Gianni Rusconi

LA MISSIONE DI FARE NUOVA IMPRESA

Ci sono tante anime che concorrono a dare lustro al Trentino in termini di innovazione, e una di queste sono le grandi aziende che chiedono sem-pre più spesso “ospitalità” da que-ste parti per presentare iniziative volte alla selezione di startup e di ta-lenti. Lo hanno fatto di recente (tro-vando la collaborazione di Hit) Cisco Italia e il venture capital  LVenture Group  per il lancio del program-ma “Security Challenge”,  gestito dall’acceleratore romano  Luiss En-labs. E poi ci sono realtà come Indu-strio, acceleratore di stanza al Polo Meccatronica di Rovereto. “Questo progetto”, spiega Jari Oribeni, che di Industrio è il Ceo, “nasce per ri-spondere alla carenza di esperienza e know-how nel fare nuova impresa,

di capitali e di infrastruttura tecnolo-gica. Componenti che esistono sul territorio da tempo, ma non erano in-tegrati e proposti nel modo adegua-to”. Il carattere distintivo di Industrio, rispetto ai tanti acceleratori che ope-rano in Italia, sta tutto in un modello molto legato allo sviluppo del pro-dotto e articolato su una settantina di partner italiani e internazionali. “Sia-mo una facility distribuita per il test e la prototipazione, che punta allo stretto legame fra l’azienda, grande o piccola realtà che sia, e la startup”, aggiunge Oribeni. I nomi sono per esempio quelli del gruppo lecchese Elemaster, di St Microelectronics e di Bikee Bike, startup incubata da In-dustrio e punta di diamante trentina di un fenomeno in fortissima ascesa

Jari Oribeni

come quello della “bike economy”. Alla base di questa scommessa ci sono pochi ma essenziali ingredien-ti: competenze specifiche, ricono-scibilità, unicità locale, verticalità industriale e – naturalmente – talen-ti. In poche parole, come dice il fon-datore di Industrio, “un ecosistema difficilmente replicabile, da imitare ma non da copiare”. G.R.

L'acceleratore Industrio è una delle tante realtà che si muovono in Trentino per favorire l'innovazione. Con un modello da imitare.

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42 | OTTOBRE 2016

OBBIETTIVO SU | Candy

La storia di Candy nasce settant’anni fa a Monza con la prima lavabiancheria tutta italiana. Oggi il Gruppo è uno dei principali fornitori di piccoli e grandi elettrodomestici in Europa. Grazie a cultura industriale e innovazione tecnologica.

DESIGN E TRADIZIONE PER LA CASA SMART

Era il 1945 quando le Officine Meccaniche Eden Fumagalli di Monza davano vita alla “Mo-dello 50”, prima lavabiancheria

completamente Made in Italy, presen-tata al pubblico alla Fiera di Milano del 1946. E così nasceva la Candy. Dall’in-tuizione di puntare agli elettrodome-stici alla virata strategica sulle soluzioni per la casa intelligente e connessa, in mezzo ci sono settant’anni di vita indu-striale e una strategia di espansione che ha toccato prima l’Europa e poi il mon-do intero. Ci sono tappe fondamentali come il lancio nel 1950 della Bi-Matic, la prima lavatrice italiana semiautoma-tica (capostipite di una generazione di prodotti che ha visto all’opera designer quali Marco Zanuso, Rodolfo Bonet-to e Giorgetto Giugiaro). E risultati all’avanguardia, come il primato del la-vaggio rapido più efficace, ottenuto nel 2014 dalla lavatrice GrandÓ Vita.Oggi Candy Group è una società a totale capitale privato, di proprietà della fami-glia Fumagalli, che conta 4.100 addetti, sei centri produttivi fra Europa, Turchia e Cina e una cinquantina di consociate nel mondo. Un’azienda a forte vocazio-

ne internazionale, dunque, ma dall’ani-ma totalmente italiana e che conserva quartier generale, fabbrica e centro di ricerca e sviluppo alle porte di Milano, a Brugherio. L’innovazione, diretta sia all’ammodernamento di ogni linea di produzione sia allo sviluppo dei prodot-ti, ha accompagnato l’azienda brianzola fino alla sfida della smart home. Sfida che Candy vuole vincere con la ricetta che l’ha portata al successo: prodotti facili da utilizzare e concepiti per sem-plificare la vita dei consumatori.

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NEL 2015 NASCE CANDY SIMPLY-FI, LA PRIMA FAMIGLIA DI ELETTRODOMESTICI CONNESSI E GESTIBILI VIA SMARTPHONE E TABLET.

LA FABBRICA ALLE PORTE DI MILANONel 1961 Candy si sposta a Brugherio, nella nuova sede direzionale che si affianca ai laboratori di ricerca e sviluppo, allo stabilimento e al magazzino ricambi.

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44 | OTTOBRE 2016

OBBIETTIVO SU | Candy

IL CENTRO DELL’INNOVAZIONE,IL CUORE DELLA RICERCA E SVILUPPO, È SEMPRE RIMASTO IN ITALIA.

Quella di Candy è una storia fatta anche di acquisizioni. Si parte nel 1971 con Kelvinator Italia e si prosegue due anni dopo con La Sovrana di Sorbolo, società di Parma e marchio storico nel campo della cottura. Negli anni Ottanta vengono acquisite Zerowatt (lavabiancheria e asciugabiancheria), Gasfire e Rosières (cottura e sistemi a incasso), mentre nel 1992 entra nel Gruppo la spagnola Mayc-Otsein. Nel 1995 è la volta di Hoover European Appliances. Degli anni 2000 sono le operazioni per inglobare la russa Vesta, la cinese Jinling e la turca Doruk.

IL FORNO È TATTILECandy Wtc (Watching, Touching, Cooking) cambia l’esperienza del cucinare sfruttando un condensato di tecnologie: connettività wireless, luci Led e telecamera integrata fanno il paio con lo schermo da 19 pollici con interfaccia touch applicata al frontale, da cui supervisionare lo stato di cottura in ogni suo momento. Anche tramite app.

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NEL 2009 ESCE IL CENTOMILIONESIMO ELETTRODOMESTICO PRODOTTO A PARTIRE DAL 1945.

Il 1966 è l’anno della Stipomatic, lavastoviglie automatica a doppio scomparto con lavaggio differenziato, e della lavabiancheria Superautomatic.

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brandyspace.com

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47OTTOBRE 2016 |

I multifunzione, soprattutto se laser, continuano a piacere alle aziende: grazie al poker di funzioni di stampa, scanner, copia e fax.

LA POTENZA DEL QUATTRO IN UNO

Il mercato del printing non sembra

passarsela molto bene, eppure stam-

panti e dispositivi multifunzione

sono ancora oggi soluzioni indi-

spensabili per le aziende di qualsiasi di-

mensione. Soprattutto se concepite in

un’ottica differente rispetto al passato.

A fronte, infatti, di un secondo trime-

stre del 2016 in contrazione del 3,8%

anno su anno (dati Idc), per un totale

di 23,1 milioni di unità consegnate, si

è registrato un costante aumento del

segmento dei servizi di stampa gesti-

ti che ha caratterizzato tutta la prima

metà dell’anno in corso. La domanda

complessiva è stata trainata dalle solu-

zioni laser a colori (con velocità oltre le

21 pagine per minuto) e monocromati-

che (tra le 21 e le 30 ppm). Tra le più

recenti proposte dei produttori rientra

nella prima categoria il Cx310dn, mul-

tifunzione A4 di Lexmark con velocità

di stampa fronte-retro fino a 23 ppm

e tempo di produzione della prima pa-

gina a colori di 12,5 secondi. La riso-

luzione massima è di 1.200 per 1.200

dpi, che garantisce immagini e grafiche

sempre nitide. La velocità di acquisi-

zione tocca invece le 32 facciate massi-

me al minuto, ma la Cx310dn presenta

scansione solo fronte. La soluzione di

Lexmark ha un display a colori da 2,4

pollici, una porta Usb 2.0, connettivi-

tà Ethernet Gigabit e un kit server di

stampa wireless opzionale (MarkNet

N8352 802.11b/g/n). Il multifunzione

VETRINA HI-TECH

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48 | OTTOBRE 2016

VETRINA HI-TECH

HPPAGEWIDE PRO 477DW

Tecnologia: pagewide

Velocità stampa: 55 ppm

Fronte/retro: sì

Connettività: Usb 2.0/Lan/WiFi

PREZZO: 549,90 EURO

CANONI-SENSYS MF410/MF510

Tecnologia: laser

Velocità stampa: 44 ppm

Fronte/retro: sì

Connettività: Usb 2.0/Lan/WiFi

PREZZO: DA 376 EURO + IVA

BROTHER DCP-L5500DN

Tecnologia: laser

Velocità stampa: 40 ppm

Fronte/retro: sì

Connettività: Usb 2.0/Lan

PREZZO: 521,11 EURO

consente di stampare fino a cinquemila

pagine al mese e dispone di un alimen-

tatore da 250 fogli (con vassoio dop-

pio opzionale da 550) e raccoglitore di

uscita da 150 pagine. Il dispositivo pre-

senta infine 512 MB di memoria Ram,

espandibile però fino a un massimo di

2.560 MB.

Appartiene invece alla famiglia dei

multifunzione laser monocromatici il

Dcp-L5500Dn di Brother, con veloci-

tà massime di stampa di 40 pagine per

minuto (fronte-retro automatico) e una

notevole capacità di gestione della car-

ta, che può raggiungere anche i 1.340

fogli. Il vassoio standard ne contiene

però 250. La risoluzione massima è di

1.200 per 1.200 dpi e il multifunzio-

ne è in grado di stampare fino a venti

immagini al minuto. L’elaborazione di

file inviati da mobile è garantita dalla

compatibilità con diverse tecnologie,

tra le quali spiccano Apple Airprint,

Android Print Service Plugin, Goo-

gle Cloud Print 2.0 e Mopria. Ma è il

supporto a un ricco ecosistema di so-

luzioni di terze parti a rendere ancora

più versatile il il Dcp-L5500Dn di Bro-

ther: la macchina è, infatti, in grado di

stampare documenti prelevandoli dalle

principali piattaforme di cloud storage

come Box, Google Drive e Microsoft

Onedrive. Tra i principali punti di

forza del Sp C252Sf di Ricoh si trova

invece la connettività wireless di serie,

a cui si aggiunge l’applicazione mobi-

le proprietaria Smart Print & Scan.

La soluzione del vendor giapponese è

un multifunzione a colori in grado di

stampare un numero massimo di 20

pagine per minuto, con disponibili-

tà della prima in 14 secondi. La riso-

luzione è di 2.400 per 600 punti per

pollice e il “duty cicle” mensile tocca le

65mila pagine. Il vassoio di serie per il

caricamento della carta contiene fino a

250 fogli, ma grazie al contenitore ex-

tra è possibile arrivare a 750. Il trayer

di raccolta tocca invece le 150 pagine.

Un valore Tec (consumo elettrico setti-

manale tipo) di 1,6 kWh e la modalità

Economy Colour garantiscono al con-

tempo anche costi di funzionamento

e di gestione ridotti, limitando così il

più possibile l’impatto ambientale delle

operazioni di printing.

Canon ha svelato di recente una coppia

di nuove soluzioni della serie i-Sensys:

si tratta dei multifunzione laser Mf510

e Mf410, ideali per gruppi di lavoro in

HP-SAMSUNG: I MOTIVI DEL DEALA settembre Hp Inc. ha messo sul piatto 1,05 miliardi di dollari per rilevare tutte le attività di stampa di Samsung Electronics, metten-do così a segno la sua maggiore acquisizione in ambito printing. L’accordo, che deve ancora essere approvato dal regolatorio, punta soprattutto a espandere il presidio dell’azienda di Palo Alto nel mer-cato dei dispositivi di stampa a ele-vato volume. Ma non solo. Hp Inc. è oggi una realtà completamente focalizzata sulla produzione e vendi-ta di stampanti e Pc, ma continua a

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LEXMARKCX310DN

Tecnologia: laser

Velocità stampa: 23 ppm

Fronte/retro: no

Connettività: Usb 2.0/Lan/WiFi

(opzionale)

PREZZO: 599,00 EURO

crescita e alla ricerca di dispositivi che

consentano la stampa in bianco e nero

di grandi volumi a costi operativi com-

petitivi. La velocità di elaborazione va-

ria da 33 a 44 pagine per minuto, con

alimentazione fronte-retro automatica.

Per ottimizzare la produttività sul po-

sto di lavoro i Mfp offrono funziona-

lità di gestione remota, riducendo così

al minimo il bisogno di interventi da

parte del team It. Inoltre, con il sup-

porto nativo di standard come Pcl5e/6

e Adobe Postscript, i dispositivi Mf510

e Mf410 di Canon possono essere in-

tegrati nelle reti It aziendali gestite. Il

supporto completo alla piattaforma di

print management Uniflow offre infine

funzionalità enterprise a tutti i gruppi

realizzare i suoi maggiori profitti dalla vendita di consumabili. Pur detenendo una leadership incontrastata nel prin-ting (con una quota di mercato a livello globale che, secondo Idc, ha superato il 36% nel primo trimestre 2016), ha recentemente registrato una pesante battuta d’arresto al proprio business, causata dal generale calo di pagine stampate. I numeri sono contenuti nei risultati del trimestre fiscale chiuso a luglio, in cui la società ha confermato un crollo del fatturato generato dalla vendita di consumabili del 18% rispet-to allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre i dispositivi di stampa hanno segnato una flessione di dieci punti percentuali. In passato il Ceo di Hp Inc,

Dion Weisler, aveva dichiarato di voler stimolare la crescita dei ricavi della so-cietà, estendendo il portfolio d’offerta nella direzione delle macchine multi-funzione A3, un segmento presidiato soprattutto da Xerox, Canon, Ricoh e Konica Minolta. Con l’acquisizione di Samsung, Hp Inc. prova dunque a cre-scere in questa direzione, mettendo le mani sull’offerta del vendor sudco-

XEROX WORKCENTRE 3335/3345

Tecnologia: laser

Velocità stampa: fino a 40 ppm

Fronte/retro: sì (3345)

Connettività: Usb 2.0/Lan/WiFi

PREZZO: 336 EURO + IVA

RICOHSP C252SF

Tecnologia: laser

Velocità stampa: 20 ppm

Fronte/retro: sì

Connettività: Usb 2.0/Lan/WiFi

PREZZO: PAY PER USE

reano. Ma non è solo una questione di quote di mercato. Oltre a portarsi in casa la produzione dei motori di stampa, prima affidata a terzi, Hp entrerà in possesso anche di circa 6.500 brevetti registrati da Samsung: una proprietà intellettuale che con-tribuirà a espandere le attività core della compagnia, diversificando ulte-riormente la linea dei suoi prodotti.

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50 | OTTOBRE 2016

Trenta pagine al minuto con risolu-zione massima di 1.200 per 1.200 dpi e un tempo di uscita del primo foglio di 7,5 secondi. Sono i dati salienti della recentissima propo-sta di Oki, il multifunzione a colori Mc573dn pensato per Pmi e gruppi di lavoro di medie e piccole dimen-sioni. La Smart Extendable Platform (Sxp) di Oki consente al dispositivo di collocarsi al centro dei flussi di la-voro documentali grazie a un touch screen a colori da 7 pollici e grazie all’accesso, senza costi aggiuntivi, a Sendys Explorer Lite, il software di gestione documentale del vendor giapponese. La piattaforma, basa-ta completamente su servizi Web, consente la perfetta integrazione del multifunzione sia con sistemi personalizzati sia con soluzioni di terze parti, come per esempio i sof-tware Papercut Mf e Drivve Image. La stampa e l’acquisizione dei docu-menti sono in fronte-retro di serie e il cassetto della carta standard con-tiene fino a 350 fogli. Ma la sua ca-pacità può essere espansa con due vassoi opzionali, raggiungendo così i 1.410 fogli. Il Mc573dn presenta 1 GB di memo-ria Ram eMmc espandibile fino a 3 GB. Il reparto connettività è com-posto da un dispositivo e due host

di lavoro, funzionalità accessibili anche

grazie all’ampio pannello touch screen

a colori da 3,5 pollici.

Tutto sempre sotto controlloHa deciso di puntare molto sulla sem-

plicità d’uso anche Xerox: presentando

i multifunzione laser in bianco e nero

Workcentre 3335/3345, l’azienda ha

voluto lanciare dispositivi che facili-

tano l’installazione e la connessione

a dispositivi mobili. Il modulo WiFi

integrato e la tecnologia Nfc “tap-to-

pair” consentono di collegare da remo-

to smartphone e tablet, stampando così

in modo più agevole da luoghi diversi.

Altre caratteristiche, come la configu-

razione guidata del WiFi e la rubri-

ca integrata, rendono più intuitiva la

connettività wireless e permettono di

produrre documenti più velocemente.

Xerox ha inserito il 90% delle funzioni

fondamentali sulla schermata principa-

le, così da accelerare il lavoro. I multi-

funzione sono in grado di stampare da

33 a 40 pagine al minuto, con una ri-

soluzione massima di 1.200 per 1.200

dpi. Le soluzioni possono essere dotate

anche di un secondo vassoio opziona-

le da 550 fogli, che porta la capacità di

carico a 800 fogli totali. La Workcentre

3345 presenta anche un alimentatore

automatico fronte-retro da 50 pagine e

il ciclo di vita mensile tocca le 80mila.

Entrambi i modelli sono compatibi-

li con Apple Airprint, Google Cloud

Print e Xerox Print Service Plug-in per

Android e Mopria, programmi che per-

mettono la stampa da dispositivi mobili

di diversi marchi.

Le piccole imprese e i gruppi di lavo-

ro che stampano fino a 4.500 pagine al

mese possono puntare sulla Pagewide

Pro 477dw di Hp, con una velocità di

elaborazione massima di 55 pagine al

minuto. Come suggerisce il nome, la

macchina è dotata della nuova tecno-

logia del produttore statunitense, che

consente di ottenere soluzioni con un

minor numero di parti in movimento.

La barra di stampa fissa che copre l’in-

tera larghezza della pagina aumenta la

velocità, per una maggiore affidabilità

e un’usura dei componenti ridotta. Il

Pagewide Pro 477dw è dotato di con-

nettività wireless di serie e di un pan-

nello touch a colori e personalizzabile

da 4,3 pollici. La velocità di acquisizio-

ne tocca le 26 impressioni per minuto

in bianco e nero e a colori. La capaci-

tà di input arriva fino a 1.050 fogli e

AL CENTRO DEI FLUSSI DI LAVORO

Usb 2.0 e da una porta Ethernet 10/100/1000Tx. Il modulo wireless 802.11a/b/g/n è però opzionale. La stampa da mobile è garantita dalla compatibilità con diverse applica-zioni indipendenti, tra cui Google Cloud Print 2.0 e Apple Airprint. Il multifunzione, basato sulla storica tecnologia di stampa Led digitale di Oki, è venduto a un prezzo suggeri-to di partenza di 620 euro più Iva. Il produttore offre una garanzia di tre anni senza costi aggiuntivi ottenibile registrando il prodotto entro trenta giorni dall’acquisto.

quella di alimentazione a 500, mentre

l’output massimo è di 300 pagine. Il

multifunzione dispone di due host e

di un dispositivo Usb 2.0 e presenta

diverse tecnologie per la gestione della

sicurezza, tra cui autenticazione Ssl/Tls

(Https), Ldap, sistemi opzionali di Hp

e di terze parti (come i lettori di badge),

cablaggio Wpa2-Enterprise e il blocco

del pannello di controllo.

Alessandro Andriolo

VETRINA HI-TECH

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