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STORIA E METODO DELLE SCIENZE SOCIALI Filosofia della scelta e metodologia della causa: Max Weber Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale CoRiS

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    STORIA E METODO DELLE SCIENZE SOCIALI

    Filosofia della scelta emetodologia della causa:

    Max Weber

    Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale

    CoRiS

  • Weber e il problema critico

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    In continuità con lo storicismo di Dilthey e il neokantismo, l’intento di Weber (Erfurt, 21 aprile 1864 – Monaco di Baviera, 14 giugno 1920)è quello di esaminare e fondare le potenzialità e i limiti delle scienze storico-sociali, i termini della loro autonomia dalle scienze naturali, la validità e specificità delle relative procedure di analisi – interrogativo di natura critica: il giudizio nelle scienze della cultura vale come verità universale? – Problema della costruzione dei concetti, quale tensione selettiva propria dell’impegno cognitivo individuale che dà senso al mondo, stante il fondamentale ruolo svolto dal valore. Diversamente da Rickert, sul piano metodologico viene del tutto rigettato l’assunto metafisico dell’assolutezza e universalità dei valori, mentre, invece, viene conferito spazio al principio della soggettività e della limitazione della scienza.

    Nesso inscindibile per W., pur nella rigorosa distinzione di ambiti, tra conoscenza storico-sociale e impegno civile e politico. Le scienze della cultura sono indispensabili all’azione, poiché mettono in luce i «costi» connessi alla realizzazione di fini liberamente scelti e indicano gli strumenti idonei a tale realizzazione.

  • I tratti del sapere scientifico

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    Conoscenza scientifica come professione e come Beruf (vocazione). Caratteristica decisiva della scienza è il suo essere «la sede in cui si cerca la verità», la sua vocazione a produrre una conoscenza oggettiva e indubitabile, universalmente valida. Il tentativo è quello di precisare «in che senso vi sono verità oggettivamente valide (anche) sul terreno delle scienze che studiano la vita culturale».

    La distinzione tra scienze della natura e scienze storico-sociali non rinvia ad un piano ontologico, ad una diversa qualità dell’oggetto di studio, ma a due diverse strategie cognitive, tendenti l’una a ordinare il piano generale delle osservazioni empiriche mediante un sistema di leggi generali virtualmente dotate di validità incondizionata, l’altra a cogliere la singolarità del significato attribuito a specifici eventi del mondo umano, la loro connessione situata, le condizioni che determinano il loro prodursi. Ciò che unisce metodologicamente i due livelli è la comune necessità del più rigoroso accertamento empirico e la comune esigenza di oggettività, nonché di strumenti analitici e inferenziali capaci di garantire la correttezza procedurale.

  • L’oggettività della conoscenza storico-sociale

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    Problema della costruzione dei concetti (Begriffsbildung): si dà la «circostanza che nelle scienze della cultura la formazione dei concetti dipende dalla posizione dei problemi, e quest’ultima varia con il contenuto della cultura. Il rapporto tra il concetto e il suo contenuto nelle scienze della cultura comporta la transitorietà di ogni sintesi siffatta». L’errore degli esponenti della scuola storica risiede nel ritenere che lo scopo dei concetti sia la «riproduzione rappresentativa della realtà» (riferimento a Kant: concetti come mezzi del pensiero foggiati allo scopo di dominare spiritualmente il dato empirico).

    I concetti costituiscono semplici strumenti, «non già fine, bensì mezzo in vista della conoscenza delle connessioni significative sotto punti di vista individuali». Essi sono risorse della cultura finalizzate a dare senso al mondo e all’esperienza. Il contenuto dei concetti storici è necessariamente mutevole, per il mutare dei criteri culturali in relazione ai quali si attribuisce senso al divenire (libertà di assumere punti di vista valutativi diversi che danno senso al divenire).

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    Inevitabilità di un’ermeneutica senza fine, che, in relazione a punti di vista diversi, continuamente riconosce nella realtà altri significati e altre connessioni possibili. Nella rinuncia a ogni prospettiva metafisica, i valori costituiscono il fondamento storico di attribuzione di senso alla realtà. La scienza non può aspirare alla conclusività e all’esaustività, ma solo impegnarsi, attraverso la ricerca metodologicamente corretta, al controllo empirico rigoroso delle proprie intuizioni.

    L’inesauribile molteplicità del reale esige la costruzione di concetti mediante i quali ordinare in quadri di senso il divenire storico-sociale. «La cultura è una sezione finita dell’infinità priva di senso del divenire del mondo, alla quale è attribuito senso e significato dal punto di vista dell’uomo». I punti di vista valorizzati rappresentano i criteri di selezione che orientano l’attribuzione di senso e – sulla base dei concetti – trasformano quest’ultima in problema cognitivo. I valori giocano un ruolo fondamentale ai fini della conoscenza del mondo storico-sociale. La relazione al valore costituisce la nostra condizione esistenziale, poiché «noi siamo esseri culturali, dotati della capacità e della volontà di assumere consapevolmente posizione nei confronti del mondo e di attribuirgli senso».

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    «Non c’è alcuna analisi scientifica puramente oggettiva della vita culturale o dei fenomeni sociali, indipendentemente da punti di vista specifici e unilaterali secondo cui essi sono scelti come oggetti di ricerca».

    L’oggettività nelle scienze sociali è doppiamente situata: 1. riguarda specifiche individualità, singolarità determinate, investite di senso a partire da punti di vista particolari; 2. rinuncia all’ambizione di cogliere l’intero piano della realtà relativa alla stessa singolarità eletta a oggetto di indagine, pur restando in piedi il proposito di attingere frammenti di verità(oggettività locale).

    Il riferimento al valore è un’operazione soggettiva che, orientando teoreticamente il percorso analitico, è inevitabilmente operata da un interprete. I valori in cui ha fede tale interprete possono essere diversi dai valori, anch’essi legittimi, di altri osservatori, così come non pretendono di coincidere con i valori dell’attore, del soggetto storico oggetto dell’indagine.

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    La soggettività del processo di selezione non interferisce con l’oggettività delle relazioni individuate. Essa investe la determinazione dell’oggetto di indagine, non le modalità di conduzione della ricerca corretta.

    Giudizio di valore: criterio valutativo dell’agire, che si pone come istanza normativa in rapporto alla valutazione di ciò che deve essere.

    Relazione al valore (Wertbeziehung): criterio di delimitazione dell’indagine empirica, volto alla determinazione rigorosamente empirica di ciò che è vero.

    Principio della avalutatività (raccomandazione metodologica che investe il concreto procedere dell’indagine). Una volta che sia stato selezionato l’oggetto di studio, l’unico criterio da seguire è quello dell’accertamento empirico delle asserzioni. L’indagine non può essere pilotata dall’esterno da assunzioni normative relative a ciò che giusto, buono o desiderabile. La ricerca deve possedere una sua autonomia e porsi come unico obiettivo il raggiungimento della verità scientifica (funzione laica della scienza). La scienza ha il compito di esaminare le conseguenze concrete delle scelte di valore; è una «scienza di realtà», che si pone sul piano dell’essere e non del dover essere.

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    «Una scienza empirica non può mai insegnare ad alcuno ciò che egli deve, ma soltanto ciò che egli può e – in determinate circostanze – ciò che egli vuole» (scienza come strumento tecnico indifferente ai fini da realizzare).

    Politeismo dei valori: una delle caratteristiche del mondo moderno secondo W. è la liquidazione di ogni ideologia totalizzante, la sua frammentazione in una molteplicità di valori e di prospettive in competizione. La compresenza di criteri diversi di attribuzione di significato al divenire, definiscono il nostro essere nel mondo come una concorrenza non arbitrabile dalla scienza. Il tramonto dell’omogeneità culturale e delle certezze etico-religiose dell’Occidente cristiano è alla base del disincanto del mondo (Entzauberung), del progressivo prevalere della razionalità formale. Il senso del mondo è una costruzione dell’uomo in quanto essere culturale, non il riflesso di un ordine metafisico (la stessa verità è un valore tra gli altri).Insieme al disincanto del mondo, la modernità implica il disincanto della scienza.

  • La logica della spiegazione

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    Nucleo metodologico del sapere valido: la nozione di avalutatività è una delle condizioni dell’oggettività della conoscenza. La seconda è costituita da una logica della spiegazione, volta a dar conto delle singolarità oggetto di indagine mostrandone la connessione e il prodursi nella realtà.

    «Il significato della configurazione di un fenomeno culturale non può essere derivato, fondato e reso intellegibile in base ad alcun sistema di concetti legali, poiché esso presuppone la relazione dei fenomeni culturali con idee di valore». «Il numero e il tipo delle cause, che hanno determinato qualsiasi avvenimento individuale, è sempre infinito».

    Imputazione causale: procedura che consente la formulazione e il controllo empirico delle inferenze causali. Il lavoro del sociologo e dello storico, come quello del giudice, consiste nell’imputare «conseguenze concrete a cause concrete», storicamente situate (non nel determinare astratte uniformità legali).

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    La molteplicità inesauribile dei punti di vista suggerisce infiniti percorsi causali possibili: quello prescelto dovrà essere controllato sul piano empirico, sapendo che nessuna analisi può originare senza questo iniziale atto interpretativo.

    Selezionato il percorso analitico, l’imputazione causale relativa alla singolarità osservata si svolge attraverso un processo concettuale che implica una serie di astrazioni. Supponiamo che, nella sua configurazione A, il fenomeno selezionato sia caratterizzato dagli elementi A1, A2,…, An. La prima astrazione consiste nel domandarsi «cosa sarebbe avvenuto» nel caso in cui uno o più di tali elementi si fosse dato in forma diversa o non si fosse dato affatto. Applicare tale ragionamento controfattuale equivale secondo W. a «costruire quadri fantastici, formati prescindendo da uno o da vari elementi della ‘realtà’ esistenti di fatto, e mediante la costruzione concettuale di un processo mutato in rapporto ad una o ad alcune ‘condizioni’».

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    La risposta all’interrogativo sollevato richiede la formulazione di un «giudizio di possibilità oggettiva», che corrisponde ad una valutazione di quanto sarebbe accaduto in un’ipotesi controfattuale. «La considerazione del significato causale di un fatto storico comincerà con la questione seguente: se escludendolo dal complesso dei fattori assunti come condizionanti, oppure mutandolo in un determinato senso, il corso degli avvenimenti avrebbe potuto, in base a regole generali dell’esperienza, assumere una direzione in qualche modo diversamente configurata nei punti decisivi per il nostro interesse». Un giudizio di questo tipo viene formulato sulla base di regole di esperienza, «regole del divenire» elaborate in relazione al «sapere nomologico» stabilito per generalizzazione da casi simili.

    L’importanza causale di un elemento assume un valore che si colloca all’interno di un continuum i cui estremi sono la causazione adeguata (con ogni probabilità l’evento, in assenza dell’elemento considerato o del suo prodursi in modo diverso, non si sarebbe dato) e la causazione accidentale (l’avvenimento si sarebbe comunque prodotto con tutta probabilità in modo identico).

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    Tale rappresentazione della causalità è significativamente diversa da quella che W. ritiene propria delle scienze naturali, avendo essa definitivamente rinunciato ad ogni pretesa di esaustività. Non è in discussione l’intento di mettere in evidenza ogni elemento causalmente rilevante in ordine ad un dato accadimento, ma soltanto la possibilità di valutare empiricamente l’adeguatezza causale che gli elementi suggeriti da progetti cognitivi e punti di vista ispirati da valori ogni volta diversi consentono di isolare. Non quindi tutta la causa, ma aspetti possibili di un quadro causale che, nella sua interezza, costituisce un’indefinibile aspirazione metafisica.

    La relazione causale risulta indissolubilmente legata ad un’operazione interpretativa, ad un’ermeneutica (carattere parziale e probabilistico - di possibilità - della spiegazione storico-sociale). La spiegazione può prendere in considerazione solo una parte dei fatti e seleziona determinati antecedenti dell’oggetto di studio in base ad uno specifico interesse cognitivo (insostenibilità di ogni spiegazione monocausale). L’interesse e la curiosità scientifica del ricercatore influenzano la direzione del regresso causale e la sua stessa estensione, la sua profondità.

  • Il problema della comprensione

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    La specifica funzione che il sapere nomologico riveste nelle scienze storico-sociali è sintetizzata nella teoria weberiana del tipo ideale, uno strumento euristico attraverso cui il ricercatore organizza l’esperienza in quadri unitari di connessioni di senso intellegibili. Esso non si propone di riprodurre la realtà e non coincide con essa. Esso «serve né più né meno come schema in cui la realtà deve essere sussunta come esempio». Possiede il carattere di un’utopia, perseguita attraverso l’accentuazione concettuale di determinati aspetti della realtà. Come ogni utopia, non può essere rintracciato empiricamente nella sua purezza, ma consente al ricercatore di valutare quanto una data realtà se ne discosti, e la misura di questa deviazione (es. del tipo ideale di «capitalismo occidentale»). La sua funzione è quella di porsi come guida nel processo di imputazione causale.

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    Dal punto di vista metodologico la sociologia è caratterizzata da un intreccio di Verstehen e di Erklären, di comprensione e di spiegazione. W. evidenzia una profonda esigenza per le scienze sociali di «comprensione» delle attribuzioni di senso costitutive delle singolarità oggetto di indagine (distanza di W. da ogni rappresentazione intuizionistica della conoscenza scientifica). Il lavoro scientifico non può essere inteso come una semplice riproduzione della percezione in ordine a una data realtà, ma comporta un processo selettivo di rielaborazione. È il processo di imputazione causale che trasforma l’interpretazione soggettivamente evidente in conoscenza scientifica che può «pretendere di valere come verità». Le interpretazioni dotate di senso, anche nel caso della massima evidenza, non sono che ‘ipotesi di imputazione’.

    L’esigenza della comprensione non pertiene unicamente alla fase privata e indisciplinabile della scoperta; anche il processo di imputazione è legato alla necessità di comprendere specifiche attribuzioni di senso, singolarità determinate, nel loro unico e irripetibile significato culturale. La sociologia di W. si qualifica come comprendente in relazione al criterio decisivo di interpretare l’agire individuale nella specifica connessione di senso in cui si colloca.

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    Due tipi di Verstehen (co-essenziali, parti costitutive di un unico processo): 1. il comprendere attuale: comprensione del significato che un agire assume in una determinata cultura o forma di vita (immedesimazione culturale); 2. il comprendere esplicativo: ricostruire, su base tipico-ideale, le motivazioni di X nel produrre un dato gesto in una data circostanza.

  • Le opere principali di Weber

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    • L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, 1904-5

    • Studi critici sulla logica delle scienze e della cultura, 1906

    • Su alcune categorie della sociologia comprendente, 1913

    • Il significato della avalutatività delle scienze sociologiche ed economiche, 1917

    • La politica e la scienza come professioni, 1919

    • La scienza come vocazione, 1919

    • Il metodo delle scienze storico-sociali, 1922 (postumo)

    • Economia e società, 1922 (postumo)