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21/10/2017 1 Storia della filosofia antica Maddalena Bonelli a.a. 2017-2018 Introduzione Materiale da consultare per questa prima parte del corso (obbligatorio) L. Perilli e D. Taormina (a cura di): La filosofia antica. Itinerario storico e testuale, UTET 2012, capitoli 1-5 Un po’ di storia della filosofia Prima di affrontare il tema di questo corso, è utile fare un po’ di storia della filosofia antica. Questo per inserire gli autori di cui parleremo nel loro contesto storico, geografico, culturale, filosofico. E anche per familiarizzarvi con il testo di storia della filosofia antica che avete in programma: La filosofia antica, a cura di L. Perilli e D. Taormina, UTET 2012 Paradigmi settecenteschi che hanno influenzato le storie della filosofia antica (cap. 1 Perilli- Taormina) La concezione che ha influenzato, e che ancora influenza, le s. della f.a. (vedi per esempio Giovanni Reale, la cui storia della filosofia antica ha influenzato gli studi di filosofia antica dagli anni ‘80 fino ad oggi) è quella di una visione sostanzialmente «eurocentrica» (quindi, occidentale) della Grecia, come luogo in cui si sono create le premesse per il distacco dalla religione e dal mito, e per lo sviluppo della razionalità e del progresso . In questo modo, vengono escluse (o relegate a un ruolo trascurabile) possibili influenze delle civiltà orientali ed egizia. Paradigmi settecenteschi che hanno influenzato le storie della filosofia antica Responsabili di questa concezione sono le storie della filosofia pubblicate alla fine del ‘700 in Germania . Tale concezione si accentua con le Lezioni sulla storia della filosofia di Hegel, pubblicate per la prima volta nel 1833, lezioni che hanno a loro volta profondamente influenzato quasi tutte le storie della filosofia antica scritte nel XX secolo (seppur con qualche eccezione). 1) La concezione evoluzionistica del pensiero greco . La filosofia è concepita come un progresso, in cui i singoli sistemi filosofici vengono considerati in base agli stimoli che forniscono ai pensatori successivi. 2) La concezione classicistica del pensiero greco . Il mondo greco è visto come isolato geograficamente da altre aree limitrofe, e il «pensiero greco» come caratterizzato da progressiva astrazione, indipendente dalle coordinate storico-geografiche. Due presupposti per la concezione «eurocentrica» della Grecia

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Storia della filosofia anticaMaddalena Bonelli

a.a. 2017-2018

Introduzione

Materiale da consultare per questa prima parte del corso (obbligatorio)

L. Perilli e D. Taormina (a cura di): La filosofia antica. Itinerario storico e testuale, UTET 2012, capitoli 1-5

Un po’ di storia della filosofia

• Prima di affrontare il tema di questo corso, è utile fare un po’ di storia della filosofia antica.

• Questo per inserire gli autori di cui parleremo nel loro contesto storico, geografico, culturale, filosofico.

• E anche per familiarizzarvi con il testo di storia della filosofia antica che avete in programma:

• La filosofia antica, a cura di L. Perilli e D. Taormina, UTET 2012

Paradigmi settecenteschi che hanno influenzato le storie della filosofia antica (cap. 1 Perilli-

Taormina)

La concezione che ha influenzato, e che ancora influenza, le s. della f.a. (vedi per esempio Giovanni Reale, la cui storia della filosofia antica ha influenzato gli studi di filosofia antica dagli anni ‘80 fino ad oggi) è quella di una visione sostanzialmente «eurocentrica» (quindi, occidentale) della Grecia, come luogo in cui si sono create le premesse per il distacco dalla religione e dal mito, e per lo sviluppo della razionalità e del progresso. In questo modo, vengono escluse (o relegate a un ruolo trascurabile) possibili influenze delle civiltà orientali ed egizia.

Paradigmi settecenteschi che hanno influenzato le storie della filosofia antica

Responsabili di questa concezione sono le storie della filosofia pubblicate alla fine del ‘700 in Germania. Tale concezione si accentua con le Lezioni sulla storia della filosofia di Hegel, pubblicate per la prima volta nel 1833, lezioni che hanno a loro volta profondamente influenzato quasi tutte le storie della filosofia antica scritte nel XX secolo (seppur con qualche eccezione).

1) La concezione evoluzionistica del pensiero greco. La filosofia è concepita come un progresso, in cui i singoli sistemi filosofici vengono considerati in base agli stimoli che forniscono ai pensatori successivi.

2) La concezione classicistica del pensiero greco. Il mondo greco è visto come isolato geograficamente da altre aree limitrofe, e il «pensiero greco» come caratterizzato da progressiva astrazione, indipendente dalle coordinate storico-geografiche.

Due presupposti per la concezione «eurocentrica» della Grecia

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Sulla base di questi presupposti, la cosiddetta «filosofia barbarica» (orientale e egiziana) vienebandita, poiché

(a) non avrebbe fornito stimoli (o ne avrebbe forniti di irrisori, com’è il caso dell’Egitto) ai primi filosofi (successivi)

(b) non si sarebbe liberata dall’ «utilitarismo» delle sue conoscenze, per giungere a quel livello di astrazione che caratterizza la filosofia «greca» (vedi la teoria di Aristotele, Libro Alpha della Metafisica).

ConseguenzeLo scetticismo sulla possibilità di provare i

contatti tra pensiero greco e «barbari»

Un motivo che ha impedito il riconoscimento dei «contatti» tra Oriente e Occidente è la difficoltà di individuarli con chiarezza, e quindi il conseguente scetticismo. L’autrice che, nel volume di storia della filosofia che stiamo considerando, si occupa appunto del Primo capitolo, quello su «Oriente e Occidente» (e cioè, M. Laura Gemelli Marciano), contesta sia i due presupposti che l’atteggiamento scettico che deriva dalla difficoltà di individuare i contatti Oriente-Occidente.

Critica al primo presupposto

Contro 1) (la concezione evoluzionistica della filosofia), Gemelli afferma che i) il fatto che civiltà come quella babilonese o egizia non abbiano considerato le scienze come fini a loro stesse (ma utili ad altro) o isolate dal contesto religioso, e ii) il fatto che suddette civiltà non abbiano sviluppato una filosofia speculativa, non è di per sé indizio di inferiorità o superiorità (vedi p. 5), ma di diversità;

Critica al secondo presupposto

Contro 2) (la concezione classicistica), ovviamente Gemelli ha ragione nel ritenere impossibile che la Grecia potesse essere completamente isolata dalle aree limitrofe.

Critica allo scetticismo circa i contatti tra Oriente e Occidente

Contro lo scetticismo, invece, presenta un argomento a mio parere debole (p. 4). Pur riconoscendo che non è possibile dimostrare indiscutibilmente contatti e influssi tra Oriente e Occidente, Gemelli Marciano sostiene che la stessa cosa valga per la storia della filosofia greca standard (di influenza aristotelica).

Critica allo scetticismo circa i contatti tra Oriente e Occidente

Mentre infatti si cercano prove dettagliate a supporto dei contatti oriente-occidente, si accetta, pur in mancanza di riscontri concreti, la relazione di continuità tra Talete, Anassimandro, Anassimene perché tutti sono di Mileto e perché Teofrasto (discepolo e successore di Aristotele) instaura una relazione di discepolato tra loro basata su modelli esegetici aristotelici.

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Critica allo scetticismo circa i contatti tra Oriente e Occidente

Ma i riscontri ci sono: Gemelli curiosamente ignora la sostanziali continuità di pensiero tra i tre filosofi, impegnati tutti a rispondere alle medesime questioni con metodi simili e nuovi. Lo vedremo più avanti.

Contatti tra Oriente e Occidente

Come che sia, il concetto di una Grecia culla isolata della filosofia è poco convincente e oggi superato. Quindi, l’impostazione di Gemelli (per altro, allieva dell’illustre Walter Burkert, studioso che, tra i primi, ha dimostrato innegabilmente influssi delle sapienze orientali sulla «filosofia greca») è convincente.

Contatti tra Oriente e Occidente

L’impostazione è la seguente: l’analisi dei rapporti oriente-occidente non è condotta secondo il modello evoluzionistico, ma secondo una linea di discontinuità attenta alle differenze (di luoghi, tempi e temi). Si cerca quindi di evidenziare «aree di contatto» tra gruppi e tra territori, presentando il tema del contatto in tre varianti.

Temi di contatto

1) trasmissione di contenuti in campo matematico e astronomico. Questo tipo di contatto è il più facilmente identificabile in base al criterio dell’antichità (es. l’astronomia babilonese, più antica, ha sicuramente influenzato le altre culture limitrofe, greca, egiziana, indiana)

Temi di contatto

2) trasmissione di modelli culturali e ideologie. Qui iniziano i problemi, ma Gemelli si mostra fiduciosa di poter rintracciare le influenze, individuando particolari temi in un’area specifica in cui si intensificano i contatti a seguito di determinate vicende storiche…

Temi di contatto

3) trasmissione di modelli cultuali e immagini. Questa trasmissione è individuabile quando nuovi elementi appaiono improvvisamente in concomitanza con avvenimenti specifici.

Esempio: la penetrazione di culti orientali grazie a «purificatori» che giravano in territorio greco.

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Le città dove nasce la filosofiaLa prima osservazione da fare è che le città in cui nasce la filosofia antica (le cosiddette colonie ioniche, cioè città greche che si trovano in Asia, come Mileto (Talete, Anassimandro, Anassimene), Samo (Pitagora), Efeso (Eraclito), Elea (Parmenide)) subiscono influssi importanti.

NB: questo è il contesto in cui nasce la filosofia presocratica. Oramai è un fatto riconosciuto che essa abbia subito influssi importantissimi dalle culture orientali.

Le città dove nasce la filosofia

Esse, infatti, sono inquadrate in un contesto storico, geografico, politico e culturale che comprende a pieno titolo le civiltà orientali (impero assiro, babilonese, egizio, persiano), e in cui sia gli Ioni (cioè, i greci fondatori o rifondatori di queste città) che la Grecia continentale hanno un ruolo marginale. Solo dopo le guerre persiane (V sec. A.C.) questi territori verranno attratti nell’orbita della Grecia continentale, in particolare Atene.

Documentazione della presenza di greci sul suolo orientale

A partire dalla metà del VII secolo a.C., la presenza dei Greci sul suolo orientale diviene chiaramente documentabile attraverso fonti epigrafiche (iscrizioni su pietra) e letterarie greche (es. Erodoto).

Documentazione della presenza di greci sul suolo orientale

1) Mercenari greci combattono per Lidi, Assiri, Egizi (troviamo iscrizioni che lo attestano). Comandanti e funzionari di origine greca che servivano nell’esercito greco riportano in patria la cultura egizia (es. dello sgabello cubico di foggia egizia con un’iscrizione greca che dichiara che è stato portato dall’Egitto), ed è plausibile che abbiano portato con loro stimoli culturali provenienti dai paesi che avevano servito. Contingenti di Ioni combattono poi per i persiani.

Documentazione della presenza di greci sul suolo orientale e viceversa

2) Anche i mercanti si configurano come mediatori culturali, trasmettendo non solo manifatture e prodotti, ma anche usi e costumi.

Documentazione della presenza di greci sul suolo orientale e viceversa

3) Altri mediatori culturali sono artisti, artigiani, medici, purificatori. Questi personaggi migrano in territorio greco e si fanno conoscere, introducendo pratiche orientali di vario tipo (esorcismi, guarigioni, purificazioni). In particolare, i guaritori itineranti sono variamente stigmatizzati da Eraclito e Platone, mentre Aristotele (lo troviamo in un frammento) fa predire a Socrate una morte violenta da un mago assiro. Dopo le guerre persiane i contatti con l’Oriente diventano sistematici.

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La lingua

Uno degli ostacoli agli scambi culturali tra Grecia eOriente è sempre stato considerato quello linguistico. Ilcelebre storico Alberto Momigliano, seguito da altri, haper esempio sostenuto la teoria di una mancanza diinflusso della cultura persiana su quella greca per duemotivi:

1) il monolinguismo dei Greci, restii ad imparare lelingue barbare;

2) la scarsa considerazione della cultura greca da partedei Persiani.

La lingua

Gemelli ammette che questo sia vero in generale, manon in particolare. Presenta però esempi di orientaliche conoscevano il greco e non viceversa (documentiufficiali redatti in più lingue; popolazioni a contatto coni Greci che conoscevano il greco; interpreti), e ingenerale è costretta ad ammettere che i Greci inmaggioranza non conoscevano ad esempio il Persiano.Insomma, la documentazione è deludente, ma non sipossono negare a priori, almeno nella vita quotidiana,scambi linguistici.

Influssi delle civiltà orientali sulla filosofiagreca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)

Secondo le testimonianze e i testi greci giunti fino a noi, possiamo distinguere tre fasi di penetrazione di motivi esterni da culture altre nella filosofia antica:

Influssi delle civiltà orientali sulla filosofiagreca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)

1) Prima metà del VI secolo: emergono, in particolare in Talete e Anassimandro di Mileto metodi, misurazioni e immagini di carattere astronomico e modelli aritmetici e geometrici provenienti dalla cultura babilonese ed egizia. Ciò mette in discussione la classica dicotomia tra mito e logos, basata sulla convinzione che i Milesi per primi abbiano rotto con il mito delle civiltà e concezioni precedenti per passare al logos.

Influssi delle civiltà orientali sulla filosofiagreca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)

Di fatto i Milesi non si confronterebbero coi miti, ma introdurrebbero per interessi loro tecniche desunte dalle civiltà mesopotamiche, iraniche ed egizie. Gemelli si impegna a trovare influenze orientali sui primi «filosofi» (Talete, Anassimandro, Anassimene) per sconfessare la testimonianza di Aristotele (forse troppo filosofico), e sottolineare la continuità con le civiltà precedenti.

Influssi delle civiltà orientali sulla filosofiagreca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)

Inutile dire che un tale approccio, utile nello spezzare certi luoghi comuni, può a sua volta diventare di parte (Gemelli accetta i contenuti delle testimonianze di Aristotele, ma non l’interpretazione).

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Influssi delle civiltà orientali sulla filosofiagreca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)

2) Una nuova penetrazione massiccia di materiale babilonese si verifica dopo la conquista di Babilonia da parte di Ciro (539/538 a.C.) e Dario (522 a.C.).Una coagulazione di stimoli culturali di provenienza persiana e babilonese si avverte nei frammenti di Eraclito e Senofane (VI-V a.C.).

Influssi delle civiltà orientali sulla filosofiagreca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)

Contemporaneamente, si assiste a una certa elaborazione sincretistica, in particolare nell’orfismo e nel pitagorismo, che trovano terreno fertile soprattutto in Magna Grecia, di elementi provenienti da varie culture e da quella egizia. Parmenide ed Empedocle sono manifestazioni di questo particolare contesto religioso-culturale.

Influssi delle civiltà orientali sulla filosofiagreca (VII a.C. fino ad Alessandro Magno)

3) Dopo le guerre persiane (490-479 a.C.) influenze babilonesi penetrano fino ad Atene, dove era già arrivata la cultura egizia. I frammenti di Democrito (V a.C.), gli aneddoti biografici di Socrate, Platone e l’Accademia, Aristotele, mostrano influenze e parlano di incontri con i Magi persiani e la teologia astrale.

La trasmissione dei testi filosofici antichi (cap. 2 Perilli-Taormina)

La maggioranza dei testi filosofici antichi è andata

perduta. Abbiamo però la fortuna di possedere le opere più o meno complete di filosofi illustri quali Platone, Aristotele, Sesto Empirico, Plotino, Lucrezio, Cicerone, Seneca. Non dobbiamo pensare che la sopravvivenza o meno dei testi sia un fatto casuale.

La trasmissione dei testi filosofici antichi

I testi, come sapete, sono stati trascritti, e sicuramente le varie élites intellettuali hanno deciso cosa dovesse essere preservato e cosa no (sulla base sostanzialmente del successo dei filosofi in questione).

Come sappiamo, quasi tutti i testi ci sono stati trasmessi da manoscritti medievali (databili tra il IX e il XIII secolo d.C.).

La trasmissione dei testi filosofici antichi

Molto pochi i testi sono stati trovati trascritti su papiri (a volte molto antichi):

es. una lunga sezione del poema di Empedocle trovata in un papiro posseduto dalla biblioteca di Strasburgo;

oppure

passi di scritti di Epicuro che si sono conservati nei papiri ercolanesi.

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La trasmissione dei testi filosofici antichi

Ci sono alcuni testi che addirittura sono conservati sotto forma di iscrizioni su pietra (vedi il capitolo 3, dedicato a questo).

Esempi:

le massime dei Sette Sapienti, uomini politici e legislatori vissuti tra il VII e il VI secolo a.C., le cui massime sono state iscritte su pietra anche in luoghi dell’estremo oriente;

La trasmissione dei testi filosofici antichi

oppure

il famoso portico di Diogene di Enoanda, in Turchia, che ha fatto trascrivere massime e trattati di filosofia epicurea su un portico di pietra, utilizzato successivamente per costruire una fortificazione. Dal 1884 (anno dei primi ritrovamenti) a oggi, si continuano a trovare pietre con le iscrizioni, con cui via via si completano le colonne scritte).

Scomparsa dei testi filosofici antichi

Ma la maggior parte dei testi presocratici, socratici e ellenistici non sono sopravvissuti, sebbene numerosi passi siano stati citati da altri autori antichi.

Scomparsa dei testi filosofici antichi

In realtà, la maggior parte dei testi filosofici scompare già prima della fine dell’Antichità (V-VI secolo d.C.) perché pochi, nell’antichità greco-romana, si sono interessati alla filosofia. Basti pensare alla differenza con i testi letterari (Omero, Esiodo, i poeti, le tragedie), che invece si sono conservati molto di più.

Scomparsa dei testi filosofici antichi

Ciò è avvenuto perché la filosofia era praticata nei ginnasi, negli spazi pubblici e nelle case dei privati, e non in istituzioni dedicate all’insegnamento, salvo eccezioni: l’Accademia platonica, il Liceo aristotelico, il Giardino di Epicuro.

Scomparsa dei testi filosofici antichi

Tuttavia, ad eccezione dei dialoghi platonici (scritti espressamente per un pubblico esterno alla scuola), non sembra che i testi scritti abbiano giocato un ruolo significativo nell’attività filosofica.

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Scomparsa dei testi filosofici antichi

Già a partire dal II secolo a.C. troviamo testimonianze secondo le quali i testi filosofici divennero molto difficili da reperire.

Esempi:

1) lo studioso ateniese Apollodoro trovò per caso una copia del libro del filosofo Anassimandro (testimonianza di Diogene Laerzio, II 2);

Scomparsa dei testi filosofici antichi

2) Sempre Diogene Laerzio (III 66) sostiene che i dialoghi di Platone non fossero più facilmente accessibili cent’anni dopo la sua morte; per ciò che riguarda Aristotele, sebbene alcuni testi fossero accessibili in età ellenistica, la maggior parte del corpus aristotelico scomparve per riapparire molto dopo, nel I secolo a.C. con l’opera di Andronico di Rodi (I sec. A.C.) (Strabone e Plutarco, Vita di Silla).

Scomparsa dei testi filosofici antichi

Ricordiamo anche che, nel caso ci si fosse imbattuti in testi filosofici antichi, le copie che si trovavano non erano perfette. Da qui il lavoro di Andronico di Rodi, che dovette mettere insieme vari trattati aristotelici e discutere sull’autenticità o meno di alcuni di essi; o quello del grammatico Trasillo (I secolo d.C.) sui dialoghi di Platone o i lavori di Democrito. Da allora i testi di questi autori cominciano a ricircolare, anche se non massicciamente (restano sempre interesse di pochi intellettuali).

Scomparsa dei testi filosofici antichi

Invece, verso il IV d.C. l’imperatore Giuliano lamenta la scomparsa dei testi epicurei e scettici, mentre Simplicio (VI d.C.) dichiara esplicitamente di voler trascrivere lunghi passi del poema di Parmenide e di altri «Presocratici» perché i testi erano ormai difficilmente reperibili.

Insegnamento della filosofia antica

Solo dal II-III secolo d.C. in poi, troviamo prove dirette dell’utilizzo di testi filosofici per l’insegnamento.

Intanto ricordiamo che nel 176 d.C. l’imperatore Marco Aurelio istituisce ad Atene quattro cattedre di filosofia (platonica, aristotelica, epicurea, stoica). Uno dei primi docenti (di filosofia aristotelica) è Alessandro di Afrodisia (II-III d. C.), che ci ha lasciato commenti alle opere aristoteliche, sicuramente traccia delle sue lezioni.

Insegnamento della filosofia antica

Abbiamo poi le scuole neoplatoniche (III-VI secolo d.C.), dove vengono studiati i testi di Aristotele e di Platone, seguendo un iter curriculare che diventa sempre più preciso. Aristotele era considerato inferiore e preliminare a Platone, e di esso si leggevano soprattutto le cosiddette opere logiche (Categorie, De interpretatione, Analitici), considerate preparatorie al ‘divino’ Platone, tant’è vero che rimangono commenti neoplatonici soprattutto a queste opere. Poi si passava alla lettura della «vera» filosofia, quella appunto dei dialoghi platonici.

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Insegnamento della filosofia antica

Il fatto che la filosofia in quest’epoca coincidesse essenzialmente con lo studio dei testi di Aristotele e Platone è la ragione per cui tanti frammenti dei filosofi presocratici sono giunti fino a noi dai commentatori neoplatonici, in special modo Simplicio.

Insegnamento della filosofia antica

In effetti spesso, nelle sue opere, Aristotele fa precedere le sue discussioni filosofiche da una rassegna delle opinioni dei predecessori. E, al fine di comprendere il testo di Aristotele, era necessario conoscere i nomi e le dottrine dei filosofi precedenti, cui Aristotele fa riferimento.

Storia della filosofia

Il concetto di «storia della filosofia»nell’antichità non esisteva.

I filosofi si rivolgevano alle teorie deipredecessori o per criticarle, o per trovareconferma alle loro proprie teorie. E’ importantetener conto di questo aspetto quando siconsiderano i cosiddetti «frammenti» dei filosofi(siano essi presocratici o stoici).

Storia della filosofia

E’ importante considerare il contesto di questi«frammenti», tenendo anche presente chespesso è difficile stabilire con certezza se sitratta proprio di frammenti, cioè citazioni direttedei testi, oppure di parafrasi, o di personaliinterpretazione dei testi.

Storia della filosofia

I filosofi manifestano molto presto la consapevolezza della presenza «filosofica» dei loro predecessori e contemporanei (si veda ad esempio Eraclito che, nel frammento 40 DK mostra un evidente disprezzo nei confronti di Esiodo, Pitagora, Senofane, dicendo che il loro sapere è vasto ma privo di intelligenza. Oppure Platone (seguito in questo da Aristotele), che nel Fedone si mostra deluso nei confronti di Anassagora, colpevole di non aver dato all’Intelletto cosmico il ruolo che si merita).

Storia della filosofia

Tuttavia, un reale interesse per la filosofia del passato si intreccia e si sviluppa soprattutto grazie alla concezione aristotelica della filosofia.

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Storia della filosofia

Un esempio: Metafisica Alpha. Qui Aristotele presenta una concezione della filosofia come conoscenza delle quattro cause delle cose. Le dottrine dei predecessori vengono analizzate in quanto «adombranti» la sua teoria. In particolare, il resoconto delle dottrine dei presocratici e di Platone serve ad Aristotele per mostrare che essi hanno intravisto parzialmente e in maniera oscura l’ una o l’altra delle quattro cause aristoteliche.

La dossografia

E’ all’allievo e continuatore del liceo di Aristotele, Teofrasto, che si fa risalire l’inizio della tradizione dossografica. Teofrasto ha scritto un’opera di 18 libri sulle Opinioni dei fisici, di cui resta un libro (Sulla sensazione) e qualche estratto in Simplicio. Questi resti dimostrano che le sezioni sui filosofi greci da Talete a Platone nelle fonti dossografiche risalgono in ultima istanza a Teofrasto.

La dossografia

Il termine, «dossografia» (che significa resoconto delle opinioni (doxai) dei filosofi, fu coniato nel XIX secolo e reso famoso dal filologo tedesco H. Diels, che pubblicò nel 1879 i Doxographi Graeci, in cui raccolse una varietà di testi, ognuno dei quali riportava le opinioni dei filosofi greci da Talete al I secolo a.C.

La dossografia

Non c’è dubbio che gli antichi venissero a conoscenza della filosofia più attraverso questi resoconti che non leggendo direttamente le opere filosofiche in questione, eccezion fatta per i dialoghi di Platone e per quelle opere aristoteliche studiate dai commentatori peripatetici (tipo Alessandro di Afrodisia, II-III secolo d.C.) e neoplatonici in epoca imperiale romana.

Testi dossografici

I due testi che costituiscono i principali esempi di dossografia sono

1) l’Epitome delle opinioni dei filosofi (chiamata anche Placita philosophica) dello pseudo-Plutarco, risalente al II secolo d.C., in parte ricopiata da Eusebio di Cesarea nella sua Praeparatio Evangelica, libri 14-15, nel IV secolo, e tradotta in arabo verso il 900 d.C.;

Testi dossografici

2) Gli estratti anonimi che si trovano nell’Anthologion (Ecloghe e Florilegio) di Giovanni Stobeo (I, 1-46; IV, 36-7; 50a30), nel V-VI secolo.

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Testi dossografici

Questi testi sono molto simili tra loro e derivano chiaramente da una fonte comune. In essi le opinioni dei filosofi (selezionati in modo arbitrario) sono presentate come semplici affermazioni prive di contesto e di argomentazioni.

Testi dossografici

Stando a Diels, la fonte comune dei due testi sarebbe Aezio, che sarebbe l’autore, altrimenti ignoto, di un’opera dossografica, collocabile intorno al 100 d.C. Quest’opera sarebbe stata a sua volta basata su opere analoghe risalenti al I secolo a.C.

Testi dossografici

Un diverso genere di dossografia è quello che troviamo in Ippolito (padre della chiesa, I libro della Confutazione di tutte le eresie, in cui si dimostra che ogni eresia riprende una teoria filosofica pagana antica), in Diogene Laerzio (Vite e dottrine dei filosofi illustri), e negli Stromateis (Miscellanea) di pseudo-Plutarco.

Testi dossografici

Queste dossografie differiscono da quelle del primo tipo perché presentano le opinioni di ciascun filosofo in capitoli separati (uno per filosofo), corredati anche di aneddoti e notiziebiografiche (nel caso almeno di Diogene Laerzio), e anche citazioni. Resta però il fatto che anche in queste opere le opinioni vengono presentate in modo dogmatico, senza argomentazioni.

Testi dossografici

In generale queste dossografie non criticano né discutono le opinioni presentate, e sono resoconti spesso piatti e imprecisi. Tuttavia a volte ci restituiscono citazioni altrimenti perdute (es. Ippolito ci restituisce 17 estratti di Eraclito, di cui la maggior parte sarebbe altrimenti sconosciuta).

Le biografie

Gli antichi greci e romani furono affascinati dalle vite dei filosofi e personaggi illustri, e produssero una gran quantità di biografie, anche di filosofi. Queste biografie, abbastanza inutili per reperire informazioni «accertate» sulla vita e gli sviluppi dei personaggi in questione (data anche l’estrema difficoltà di reperirle), sono basate su aneddoti e detti famosi (le famose sentenze gnomiche o apophthegmata).

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Le biografie

Purtroppo anche questi aneddoti e detti famosi spesso non sono storicamente corretti. Molti sono i casi in cui per esempio uno stesso aneddoto o sentenza vengono attribuiti a più personaggi (es dell’episodio della lingua, attribuito sia a Zenone di Elea sia a una filosofa donna, Timica).

Le biografie

Uno dei problemi della biografia è quello di determinare la durata della vita del personaggio. Siccome gli antichi non disponevano di una cronologia assoluta, le date venivano stabilite tramite «coincidenze sincroniche», con eventi a tutti noti come le Olimpiadi, oppure con i nomi di chi ricopriva cariche pubbliche. Per esempio, gli ateniesi datavano gli anni facendo riferimento a uno dei nove arconti (che governavano la città).

Le biografie

Altro aspetto: si stabilisce il floruit (o l’acmé, in greco) di qualcuno a quarant’anni, e da questo si risale per stabilire la data di nascita. Sempre al quarantesimo anno si ricorreva per stabilire la data di due filosofi quando si pensava che uno fosse l’allievo dell’altro. Es: Democrito parla del suo essere giovane in concomitanza con la vecchiaia di Anassagora, e poiché si supponeva che il rapporto che li legava fosse quello di maestro-allievo, la nascita di Democrito fu collocata nel 460 a.C., anno del floruit di Anassagora.

Le biografie

In alcuni casi era nota l’età di un filosofo al momento della morte. Ad esempio, Socrate aveva 70 anni quando fu condannato a morte, il che avvenne nel primo anno dell’Olimpiade 95 (= 399 a.C.), e dunque egli dovette nascere nel 469 a.C. (quarto anno dell’Olimpiade 77).

Le biografie

Il più importante esempio biografico (oltre che dossografico) è la raccolta delle vite e delle opinioni dei filosofi di Diogene Laerzio. L’autore non è altrimenti noto, non si sa esattamente quando visse (è collocato verso il 200 d.C.).

Le biografie

L’opera si articola in dieci libri, la maggior parte dei quali dedicata a un singolo filosofo a libro (Platone, Aristotele, Zenone di Cizio, ecc.), e si configura come una compilazione di estratti derivanti da molte fonti, di valore diseguale. Resta un testo fondamentale, vera miniera di informazioni e a volte di dottrine filosofiche.

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Le biografie

Altre biografie furono scritte più tardi su Pitagora (Porfirio e Giamblico, II d.C.), Plotino(premessa da Porfirio alle Enneadi, scritti plotiniani da lui organizzati) e sui neoplatonici(Marino, che scrisse una vita di Proclo nel V d.C.; Damascio che scrisse una Historia philosophache copre le ultime due generazioni di filosofi platonici ad Atene).

Contesto storico (capitolo 4 Perilli-Taormina)

La fase nel corso della quale si forma la civiltà greca è l’età arcaica. Dopo il fiorire della civiltà minoica a Creta (2000-1380 a.C. circa) e della civiltà micenea nel Peloponneso e poi in altre aree del mondo greco (1700-1100 a.C. circa), si assiste a una fase oscura, che dura circa fino al 1000 a.C., chiamata «Medioevo ellenico».

Contesto storico (capitolo 4 Perilli-Taormina un po’ approfondito…)

Tra il IX e l’VIII secolo a.C., si assiste in Grecia ad una ripresa, che segna l’inizio della cosiddetta fase dell’ «alto arcaismo». In questa fase, troviamo il territorio greco fortemente frazionato e diviso in tre differenti stirpi:

Contesto storico

1) I Dori, stanziati nel Peloponneso (parte meridionale della penisola greca), dove sorgevano le loro più importanti città: Sparta, poi Corinto e Argo;

2) gli Ioni, stanziati sin dall’età micenea sulle coste dell’Asia Minore (detta appunto «Ionia»); alla stessa stirpe appartenevano gli abitanti dell’Attica, la cui capitale era Atene;

3) gli Eoli, che popolavano alcune isole del mar Egeo e in particolare Lesbo; di stirpe eolica era anche la Beozia, la cui capitale era Tebe.

Contesto storico

L’alto arcaismo è la fase in cui progressivamente si affermò l’influenza dell’aristocrazia.

Contesto storico

Nel contesto fortemente frazionato ogni realtà, autonoma, si diede una struttura sociale che vedeva alla base l’assemblea degli uomini in armi (uomini liberi) con scarso potere e al vertice il re (basileus), con funzioni militari, giudiziarie e religiose.

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Contesto storico

Il re era affiancato dal consiglio degli anziani costituito dal ceto nobiliare, riunito in casate (ghene) e fratrie (phratriai). Tale ceto trovava il sostentamento economico nella lavorazione della terra dei grandi latifondi e aveva uno stile di vita basato sulla guerra e sulla vita politica.

Contesto storico: l’età arcaica

Nell’VIII-VII secolo a.C., questo equilibrio si ruppe per una serie di fattori socio-economici: innanzitutto una rivoluzione agraria (nelle tombe greche databili a partire dall’850 a.C. sono stati trovati modellini di terracotta di nuovo tipo di granaio in cui conservare meglio il grano), che diede luogo a un notevole effetto demografico.

Contesto storico: l’età arcaica

Una conseguenza fu la nuova ondata di colonizzazioni a partire circa dal 750 a.C., che fondò colonie in Sicilia, Francia meridionale, Mar Nero, Cirenaica (attuale Libia). La colonia era politicamente del tutto svincolata dalla madrepatria.

Contesto storico: l’età arcaica

Altro fattore fu la cosiddetta «riforma oplitica». Questa riforma, che di fatto è progressiva, si riferisce a un cambiamento nel modo di combattere: al duello eroico tra aristocratici, dipinto nei poemi omerici, si sostituisce via via il combattimento ordinato delle schiere di soldati, formate da uomini liberi (per esempio, i contadini).

Contesto storico: l’età arcaica

Ciascuno mantiene il proprio posto, consapevole del dovere di proteggere il compagno accanto. Si crea e si salda così un forte spirito di gruppo, un ideale comune, che mira alla difesa del proprio territorio e della libertà. Dall’oplitismo si generò una società più coesa, non più basata sull’appartenenza al ceto, ma sul ruolo di ciascuno nella difesa dello stato.

Verso la Polis

La rivoluzione agraria, la crescita demografica e lo sviluppo di nuove tecniche di combattimento concorsero alla nascita di un nuovo tipo di entità politica (la polis) e di nuove forme di potere. In particolare, crebbe la consapevolezza del popolo (demos) e conseguentemente si crearono motivi di conflitto con l’aristocrazia dei pochi, che condussero a una sorta ridimensionamento del potere arbitrario con una conseguente democratizzazione di esso.

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La Polis

Nacque dunque la polis, che come sappiamo non è unicamente un concetto di natura urbana, sebbene l’aspetto territoriale fosse importante (acropoli, destinata all’uso religioso; il centro cittadino; la campagna coltivata, la zona di confine, destinata al pascolo).

Nei poemi omerici la polis indicava la città alta, al cui interno si trovava il palazzo del re e il tempio dedicato alla divinità protettrice.

La Polis

Originariamente, quindi, la polis non indicava il luogo dove viveva il popolo, che invece abitava nella città bassa.

Col passare del tempo, grazie allo sviluppo dell’agricoltura e del commercio, la città bassa divenne più grande e più ricca. La distinzione tra città alta e città bassa perse senso e la polisassunse, a partire dall’VIII secolo a.C., un significato nuovo: quello di città stato, unità politica autonoma.

La Polis

Al netto di tutte le differenze (infatti non vi fu un unico e indistinto tipo di polis), l’elemento che caratterizzava la polis era il principio secondo il quale all’esterno essa era libera da qualunque ingerenza, mentre all’interno la sovranità spettava a tutti i membri della polis, cioè ai cittadini.

La Polis

La polis, quindi, si configurava come un’organizzazione politica, in cui i cittadini si riconoscevano, regolata da leggi e culti comuni, e in cui il potere era esercitato secondo regole condivise e criteri di turnazione. Accanto alle formazioni cittadine (Atene, Sparta, Corinto), il mondo greco conobbe anche le federazioni di stati (come ad esempio la Tessaglia), che avranno però un ruolo di secondo piano nell’età classica.

La Polis

Il mondo greco quindi era politicamente frammentato, anche se ci furono organismi sovranazionali di carattere religioso, come le leghe sacre (i cui centri furono ad esempio il santuario di Apollo a Delfi) o di carattere militare.

Atene in età arcaica

Nell’età più antica, Atene era retta da una monarchia, alla quale successe l’epoca degli arconti(suprema magistratura) (vitalizi, decennali e poi, a partire dal 682/1, annuali). Vi erano, poi, un consiglio di rango più elevato, l’Areopago, e l’assemblea dei cittadini. Qui si situa il periodo della legislazione di Dracone (621/620), di cui sono note soltanto le norme relative ai processi per omicidio, importanti perché sottraggono l’omicidio alla vendetta privata e lo assegnano allo stato.

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Atene in età arcaica

Dal VI secolo in poi, sono tre i momenti importanti della storia politica di Atene (che vedono anche una articolazione progressiva sociale e costituzionale):

i) l’arcontato di Solone (594/3 o 592/1);

ii) la tirannide di Pisistrato e dei suoi figli (561/0-511/0);

iii) la riforma di Clistene (508/7), considerato il padre della democrazia (per i dettagli, vi studiate le pp. 64-65 del manuale).

Il V secolo (capitolo 8 Perilli-Taormina)

L’età classica si divide in tre tappe:

(1) Le guerre persiane (490-478 a.C.)

(2) La pentecōntentia (478-431 a.C.)

(3) La guerra del Peloponneso (431-404 a.C.).

(1) Guerre persiane (490-478 a.C.)

La premessa alle guerre persiane è la rivolta delle colonie greche dell’Asia minore, sempre più vessate dalla Persia di Dario (499-494). Tale insurrezione verrà soffocata nel sangue e fornirà prima a Dario e poi a Serse il pretesto per intervenire in Grecia con spedizioni punitive. Dopo alterne vicende (Maratona (490) vinta dai Greci; Termopili (480) vinta dai Persiani, ecc.), inaspettatamente i Greci ebbero la meglio e cacciarono i Persiani nel 478, con la presa di Sesto.

(1) Guerre persiane (490-478 a.C.)

Le guerre persiane fanno maturare il concetto di appartenenza alla civiltà greca da parte di tutti i greci, sia delle colonie che della terraferma.

(2) Pentecontetia (478-431 a.C.)

Nel cinquantennio successivo («pentecontetia»,), iniziarono gli attriti tra Sparta e Atene, le due principali poleis della Grecia. All’inizio inquadrate nel modello della «doppia egemonia» (esercitata per mare da Atene e per terra da Sparta), presto entrarono in competizione, soprattutto per colpa di Atene, che fondò la lega Delio-attica (478) all’inizio con l’intenzione di continuare la lotta contro la Persia per liberare i Greci delle colonie, ma in seguito di fatto per arricchirsi notevolmente grazie ai tributi pagati dagli alleati.

(2) Pentecontetia (478-431 a.C.)

Per ciò che riguarda la politica interna, Atene in questo periodo è segnata principalmente dall’età di Pericle (462-429), in cui raggiunse il massimo del suo fulgore e democratizzazione. Pericle usò il denaro della lega, tra le altre cose, per monumentalizzare l’Acropoli e costruire il Partenone.

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(3) La guerra del Peloponneso (431-404 a.C.)

Lo scontro con Sparta diventò inevitabile. La guerra del Peloponneso vide fasi alterne (importante in questo periodo è la figura di Alcibiade ad Atene, che però cadde in disgrazia perché coinvolto in uno scandalo religioso di matrice oligarchica), ma si concluse con la vittoria di Sparta e un periodo di crisi per Atene. La vittoria di Sparta a Egospotami(405) e il trattato di pace del 404 comportarono tra le altre cose l’imposizione ad Atene del regime dei trenta tiranni, che però venne rovesciato l’anno dopo.