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Storia della Città Utem Montebelluna Il Medioevo © Lucio De Bortoli 2012

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Storia della Città Utem Montebelluna Il Medioevo

© Lucio De Bortoli 2012

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La Pieve e il castello (XI-XV secolo)

•  Montebelluna viene indicato per tutto il XII secolo come pieve ecclesiastica e castello dell’episcopato (Bolla di papa Eugenio III del 3 maggio 1152 a Bonifacio Vescovo di Treviso nella quale la protezione apostolica si estende anche alla “plebem Sanctae Marie de Montebelluna cum castro ed pertinentiis suis)

•  Attenzione: Pieve e Castello sono però entità distinte e separate

• 

•  Rationes decimarum 1297: la Pieve è costituita dalla chiesa battesimale di Santa Maria e dalle cappelle con cura d’anime di San Marco di Caerano, San Teonisto di Trevignano, San Giacomo di Caonada e Santa Lucia di Biadene

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•  Una delle pievi più importanti della diocesi, retta da un praepositus che partecipa all’elezione del vescovo (prebendato del duomo di Treviso e un canonico) e che scalzerà presto l’arcipretato di Cornuda da cui dipendeva segnando il crescente ruolo dell’episcopato sulla componente rurale del clero diocesano; un castello, come vedremo di proprietà vescovile ma affidato a una comunità in forte crescita.

•  I rapporti stretti tra la comunità e il capitolo del duomo è anche testimoniato dal fatto che a metà del ‘300 la chiesa di S.Maria viene definita collegiata (chiesa importate con un capitolo di canonici e/o prebendati della cattedrale che designavano i preti mansionari a cui veniva affidata la cura animorum) e con una sua canonica, dotata di suo patrimonio fondiario: il tutto riceveva il nome di decanìa.

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•  Il capitolo di Santa Maria di Montebelluna era formato da canonici e prebendati della cattedrale di Treviso, cioè da un insieme di beneficiari di prebende della canonica ed erano costoro che designavano i preti mansionari a cui veniva affidata la cura delle anime.

•  Nel 1344 i preti del capitolo erano ben 9, tra cui il preposto. Va notato che i canonicati di MB erano piuttosto ambiti (liti).

•  Nel ‘300 I mansionari (detti anche socii o pievani) di S.M. erano due, come per San Giovanni a Treviso e a Castelfranco. Nello stesso periodo gli altari sono 6, dedicati a Santa Maria, S.Giovanni Battista, San Giorgio, Undicimila Vergini, Sant’Omobono e Santa Croce. Nel 1372 Si costruì l’altare di San Pietro (legato).

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•  Come detto il vescovo esercitava il diritto di signoria anche sul castello. Si tratta di una signoria estesa su un territorio notevolmente più ridotto di quello della pieve: in sostanza, gli abitanti della pieve riconoscevano l’autorità del vescovo nella sua funzione religiosa, ma solo una parte lo accettava anche come proprio signore nell’ambito del rapporto di dipendenza feudale (diritti e obblighi).

•  La forte presenza del vescovo era inoltre richiamata dalla villa residenziale dello stesso a Guarda, costituita dal palazzo e dalla cappella di San Vigilio (1124). Accanto alla chiesetta sorgeva il primo ospedale di MB ricordato a partire dal 1221 e retto da un priore. Sempre nel ‘300 avremo la prima profonda ristrutturazione della palazzo di Guarda (chiamato palaciun novum)

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"   La centralità della pieve di MB venne ribadita nel ‘400 attraverso il riconoscimento della congregazione del clero che comprendeva più pievi e chiese (prepositura Sancte marie Montisbellunae) e con propri statuti.

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• Il territorio era costellato di oratori, senza rettori, ma stabili.

• A partire almeno dal 1244 esistono:

• San Giacomo di Caonada con la sua cortina (area recintata che racchiudeva chiesa, camposanto e case e magazzini)

• San Vigilio di Guarda

• Santa Lucia di Biadene

• San Vito del Castello

• S’Andrea di VIsnà di sotto

• San Benedetto di Posmon

• San Martino di Posmon

• San Marco di Caerano

• San Raffaele di capodimonte

• All’elenco va agggiunta anche le più tarde Santa Giuliana de castro Montisbellunae, San Teonisto di Trevignano e San Girolamo di Falzè.

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•  Scuole e confraternite: istituzioni nate per la manifestazione di pubbliche devozioni che diventano momenti di aggregazione, socializzazione e soprattutto di mutuo aiuto, di solidarietà tra i vivi e luogo di ricordo per i soci defunti. Esse assicuravano continuità nell’osservanza delle consuetudini e svolgeva un ruolo fondamentale di fronte ai fenomeni di grande mobilità sociale.

•  Scuola di Santa Maria (Piccola) Pieve (Nel Musile-prato- del castello si svolgeva la grande fiera annuale in concomitanza con la festività di Santa Maria in settembre) con scopi devozionali

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"   Scuola di Santa Maria dei Battuti a scopo caritativo-assistenziale

"   Confraternite di San Giovanni e San Benedetto (fine ‘200)

"   Scuola di San Vigilio a Guarda

"   Scuola di Sant’Andrea a Visnà

"   Scuola di San Raffaele a Capodimonte

"   Scuola di Santa Maria e Santa Lucia a Biadene

"   Scuola di San Giacomo a Caonada

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Chiesa di San Biagio - Sito dei Battuti

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"   Testamenti. Loro importanza.

"   La morte. Momento centrale anche sul piano sociale. Il Libro dei morti (per MB esiste il Liber Anniversariorum datato primo Quattrocento) era un registro che conservava i nome dei testatori a favore della chiesa (legati, rendite o beni immobili) per la celebrazione di messe e di preghiere nel giorno dell’anniversario della morte, momento che si trasformava in un’occasione di caritas pubblica attraverso la distribuzione di generi alimentari consumati in chiesa o in cimitero.

"   Va anche precisato che erano numerosi anche i legati aventi come scopo il concorso alle spese di manutenzione e di restauro degli edifici parrocchiali. Una fonte anche questa notevole di notizie.

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"   Il 3 maggio 1157 Federico I concede al fidatissimoVescovo Ulrico tutto il teloneo del castello di Montebelluna: Federico concede cioè tutto il reddito del foro privilegiato o, come dir si voglia, la riscossione del movimento merci (mercato) al suo feudatario.

"   La storia comincia nel quadro di quel vasto e capillare processo di disgregazione di beni e diritti regali e fiscali del patrimonio pubblico che coincide con buona parte dell'Europa carolingia e imperiale (iura regalia) di quasi tutta la Valpadana.

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"   Il nome Montebelluna compare per la prima volta nel 1000 in un documento pubblico quando Ottone III concede a Rambaldo II conte di Treviso la proprietà pubblica di tutta la terra racchiusa dalla Via Postumia, dal Piave, dalla via di Asolo, da Musano, Montebelluna e Rovigo (di Piave): "sicut Postumia firmat in Plave….et de Musano usque in Capite Montis Belluni et de Monte Belluni ver viam de Ruvigo firmantem Piave".

"   Poi nel 1047 sarà Rotario II ad ottenere da Enrico III la conferma dei beni e nel 1065 Volframmo farà lo stesso con Enrico IV. Vescovi titolari, dunque, di dominio signorile, estensori di minuziose convenzioni con il contado dei beni, in particolare con i vicini e i comuni di contado coincidenti con la presenza di un castrum.

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"   In una di queste, siglata nel 1129, il vescovo Gregorio concede a livello ventinovennale agli uomini di Montebelluna l'intera struttura difensiva del castello, concede loro di darsi autonomamente gastaldi, giurati e laudatores, diritti di custodia e amministrazione propria con potere di pronuncia di sentenze (facere laudamentum), diritti di composizione sui reati minori (mittere compositiones de scandalis et furtis) e la divisione dei proventi delle multe.

"   Tutto ciò dimostra una condivisione delle mansioni di governo e, di fatto, il possesso collettivo della struttura difensiva; ma, soprattutto la rilevanza sociale raggiunta dalla collettività di Montebelluna, una rilevanza che impone una convenzione che prevede forme di autogoverno.

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"   Inoltre, la "scomposizione dei diritti di proprietà in dominio e possesso" e che si esprime attraverso l'investitura a livello, sottende la centralità commerciale raggiunta dai vicini montebellunesi e ciò spiega la ratifica dell'esistente teloneo da parte di Federico I.

"   Quali sono i rapporti tra l’area legittimata del castello (al cui interno si svolge il mercato) con il comune di contado e con la curia (la pluralità di ville) che la circonda, tra l'area circoscritta e protetta e la circoscrizione plebana circostante?

"  

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"   Nel 1170 l’atto di rinnovo dell’investitura livellario del vescovo Ulrico vede la presenza di un molteplicità di presenze: il reddito derivante dal mercato del castello (ad affictum et censum reddentum libellario nomine) con le sue mura, fosse e fratte e di tutti i diritti di comunione del bene, di banno e di autoverno precedenti, viene fatta ai due gastaldi Trevisio e Monbluno e ai giurati Viperto da Caerano, Ardengo di Posbon (de Puteobuono), Stabolo da Visnà, Simone di Pieve, Romerio da Guarda e Biadene per Biadene, e sono presenti altri 18 castellani.

"   Siamo, come si può notare, ben oltre il castello; siamo al riconoscimento dei rappresentanti di quelle che il rinnovo del 1292 definirà regule, dotate di meriga proprio.

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"   L'insieme dei fatti porta a riconoscere pertanto che la collettività del castello di Montebelluna qualificava, in realtà, sin dall'inizio, un'area ben più vasta e un popolamento ben più esteso. Ciò ci dice che se è vero che a Montebelluna c'era un castello e un mercato, ciò non significa che i montebellunesi vivessero tutti lì.

"   Infatti nel documento del 1170 compaiono, infatti, sia i gestori del castello (gastaldi) che i rappresentanti dei riferimenti territoriali. Compaiono assieme perché il vescovo li ritiene all'evidenza "un'unica forma vicinale", accomunati nel godimento dei diritti collettivi sul castello.

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"   In altri termini, l'insieme dei diritti di autonomia amministrativa, di autogoverno e di possesso concentrati sull'aerea del castello e, dopo la distruzione di quest'ultimo, del mercato, diventerà, dopo l'uscita di scena degli attori signorili, patrimonio comune della comunità rurale e dei cinque "communi" della Pieve di Montebelluna.

"   Ciò spiega la paternità genetica del marcà sulla storia Montebelluna e, soprattutto, la costruzione di un'identità locale attorno alle sue vicende.

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"   Durante le tumultuose vicende del '200 il il castrum, ormai sotto la tutela del Comune di Treviso e gestito dai regolamenti statutari, subirà le rovinose conseguenze della drammatica escalation delle lotte per il potere tra Ezzelini (bruciato nel 1240) , Caminesi (verso la fine del ‘200) e Scaligeri (anni venti del ‘300) e verrà più volte manomesso e altrettante ricostruito, sino alla fine decretata nel 1339.

"   Il controllo pieno del Comune di Treviso si ebbe dopo gli Ezzelini, quando i beni dei da Romano vennero di fatto acquisiti dal comune; ciò tolse all’episcopato possesso e giurisdizione sull’area, salvo il godimento del censo livellario.

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"   Il castello, dunque: com’era?

"   Le indicazioni, generiche nel 1100, si fanno più precise grazie alla documentazione del XIII e XIV secolo.

"   Si trattava di una struttura convenzionale, spazio racchiuso da muro al cui interno si trovano case d’abitazione, mentre altre si trovavano tra mura e cerchie.

"   Dalla documentazione notarile (erano numerosi i notai operanti nel castello) emerge quanto segue:

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"   platea castri – Piazza del Castello. Si trovava davanti alle porte d’ingresso nella parte superiore del castello (antes portas de supra)

"   piazza delle cerchie (actum in circha Montisbellunae in platea)

"   dongione e fossato – ridotto fortificato all’interno del castello e che conteneva una pluralità di edifici. Vi è la residenza del signore o la sede del potere militare (capitano), anche sede amministrativa e giudiziaria.

"   Dopo gli ezzelini il termine viene sostituito da altre espressioni (çironus castri, castrum çironi) anche per motivi di ampliamento. In sostanza pare vi sia equivalenza tra dongione e girone

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"   domus comunis – sede dell’assemblea di vicinato e dei merighi delle ville

"   loça comunis – accanto alla domus c’era una loggia, costruzione di forte significato simbolico

"   beccherie – appena all’interno della cinta del castello, nello spazio tra due porte d’ingresso

"   chiesa di S. Vito (eclesia Sancti Viti de Castello), situata vicino a un terreno umido chiamato laguna

"   burgus castri – borgo del castello

"   cerchie – circa castri. Delimitavano lo spazio esterno alle mira ed erano circondate da un fossato

"   bagnalaseno – contrada posta nello spazio tra il muro del castello e le cerchie

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Il sito del Castello di Montebelluna

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"   La documentazione, a partire dal ‘200, segnala il passaggio del castello da luogo di rifugio in castello di popolamento.

"   Catastico delle strade 1316

"   Prima una via publica, la qual si appelada contrada maor, e comenza alla porta de san Christopholo, e va per lo dicto castello e finisse alla porta de soto dal ziron.

"   Item una via publica, la qual si appellada contrada da san Vido, e comenza sotto el ziron della Cisterna, e va per lo dicto castello, e finisse al ziron del Capitano per lo Commun de Treviso in dicto castello.

"   Item una via publica la qual comenza alla fossa del ziron della Cisterna e va per lo dicto castello, e finisse alla legnara de S. vido.

"   Item una via publica per la qual se va a torno a torno al Castel predicto.

"   E tutte le dicte se in lo dicto Castello, e per li homini del Castello, e delle Cerche da montebelluna, die fir tignude in conzo. [segue la manutenzione di due ponti, tra cui quello di san Cristofolo]

"   Item una via publica, la qual si appelada strada de bagnalasen e comenza alla porta de bagnalasen, e finisse alla plaza della cerca predicta, et per li Commun e homini della dicta pleve, e delle regule de quella, die le dicte vie, e ponti fir tignu in conzo.

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Toponomastica urbana " Contrada Maggiore

" Contrada di San Vito

" Porta di San Cristofaro

" Porta de sotto

" Porta de Bagnalasen

" Girone della Cisterna

" Girone del Capitano

" Legnara de San Vito

" Piazza delle Cerchie

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Tracciato mura - ipotesi

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Insediamento: alcuni esempi.

"   Nell’area del castello lavorano notai, Senzabriga, Aslino, Giacomino da Alano, Ugerio da Costa, Rolando del fu Enselmino delle cerchie (presenza molto fitta).

"   Composizione sociale del castello

"   Famiglie: Da Costa (piccola nobilità rusticana), Tommasino Vallerani (possidente), Sara Guidotti, vedova di Ansedisio, nipote di Ezzelino, Rosa vedova di dominus Paganotto da Costa

"   Zambono e Gordiano del Maschio, Marino. Martino, Pizzolo (calzolai), Giovanni (ciabattino) abitanti cerchie

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"   Maestro Giovanni (medico), Zanetto delle Cerchie del fu Bianco (cuoco), Corrado (sarto), Giacomo (beccaio), Silvestreo (lanaiolo), Giovanni del fu Simone (pellicciaio)

"   Pietro da Sedico, Giacomo di Ivano Mazzolato, Odorico da Caneva, Simone, de castro (fabbri)

"   Giacomino (spadarius, casa con podium, elemento diffuso nelle cerchie), Lusio, poi Riprando (speziale)

"   Pietro di Bono, Guarniero, Giovanni Fassetta, delle cerchie, Giuliano, Finomo (tavernieri)

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Abitanti vari

"   Pietro di Viviano di Altermanno, domina Tommasina di dominus Giovanni da Costa (casa con portico), Mombelluno del Pozzo (Laguna di San Vito), dominus Morfino, dominus Bartolomeo, nipote di Tonso da Alano, Benvenuta del fu Martino (cerchie), dominus Gerarduccio da Onigo, Artico della Rosa degli Azzoni in contrada Bagnalaseno, casa con tettoia (cerchie)

"   Fiorentino Lapo, toscano, figlio di dominus Ymbonus dei Medici, Salvo degli Armati di Firenze, Bonaccorso degli Alfieri di Firenze, Bindo di Tingo Lazzaro (prestatori di denaro)

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Conclusioni

"   Una grande densità e molteplicità di artigiani e professionisti caratterizza dunque il castello nel ‘200. La crisi comincia sin dall’inizio del Trecento con la diminuzione dei fuochi. Nel 1307 le abitazioni o fuochi della regola del Castello sono 23 contro i 57 della precedente rilevazione.

"   Il 13 marzo 1339 il Senato veneto ordina la demolizione del castello. L’11 febbraio Marin Faliero era stato nominato podestà e rappresentante di Venezia in Treviso (la dedizione ufficiale avverrà solo nel 1344