Storia della Chiesa I

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FACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO - CATANIA - Ignazio Coco, Giuseppe Agatino Scrivano _______ _______ Chiar.mo Prof. GIOVANNI MAMMINO ANNO ACCADEMICO 2001 / 2002 STORIA DELLA CHIESA I Dalle origini a S. Gregorio Magno APPUNTI DELLE LEZIONI

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Storia della Chiesa I

Transcript of Storia della Chiesa I

FACOLTÀ TEOLOGICA DI SICILIA

STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO

- CATANIA -

Ignazio Coco,

Giuseppe Agatino Scrivano

_______

_______

Chiar.mo Prof. GIOVANNI MAMMINO

ANNO ACCADEMICO 2001 / 2002

STORIA DELLA CHIESA I

Dalle origini a S. Gregorio Magno

APPUNTI DELLE LEZIONI

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PROGRAMMA DEL CORSO DI STUDI1

Introduzione metodologica generale alla storia della Chiesa. I cri-

stiani di fronte al mondo giudaico e al mondo pagano. La Chiesa e l'im-

pero romano: 1. L'espansione del cristianesimo e la nascita dell'apologe-

tica cristiana. 2. Le persecuzioni. 3. Il vissuto del popolo cristiano. La

Chiesa e le insidie interne: Il pericolo delle eresie. La Chiesa si struttura:

1. Le chiese episcopali del III secolo. 2. La posizione preminente di Ro-

ma. La svolta costantiniana: dalla tolleranza ad una situazione di privile-

gio. La "Chiesa imperiale" sotto i successori di Costantino. La Chiesa e

le popolazioni barbariche. Il contesto storico della controversia ariana e i

concili di Nicea e Costantinopoli. Le dispute teologiche fino alla metà del

quinto secolo: 1. Le "scuole teologiche" di Antiochia e Alessandria. 2. I

concili di Efeso e Calcedonia. Il monachesimo: 1. Monachesimo orienta-

le. 2. Monachesimo occidentale. La Chiesa al tempo di Giustiniano I: la

nascita delle chiese nazionali. Gregorio Magno: La Chiesa in un'epoca di

transizione.

TESTI

Storia della Chiesa, diretta da H. Jedin, I-III, Jaca Book, Milano

19922; J. DANIELOU - H. MARROU, Nuova storia della Chiesa. I. Dalle

origini a S. Gregorio Magno, Marietti, Torino 1994.

1 annuario 2001 / 2002, Istituto Teologico S. Paolo, Catania, 2001, 44

- 3 -

SABATO 16 FEBBRAIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

L'oggetto della Storia della Chiesa è la crescita nel tempo e nello

spazio della stessa Chiesa fondata da Gesù Cristo. La sua ragione di vita

scaturisce dal fatto che «il Verbo si è fatto carne»2 ed è entrato nella sto-

ria umana. Ha voluto una Chiesa che dipendesse da azioni umane, ma

non l'ha abbandonata a sé stessa. Ha mandato lo Spirito Santo perché la

guidasse nei secoli.

Il compito dello storico della Chiesa è quello di ricostruire il pas-

sato delle comunità cristiane e la loro evoluzione attraverso i secoli con

metodi rigorosamente scientifici. Tale ricostruzione viene realizzata rive-

lando le tracce che questo passato ha lasciato nei documenti scritti e

quant'altro passa al vaglio della critica storia (Es: fonti archeologiche,

ecc).

C'è una differenza tra teologo e storico: il primo ci parla della

Chiesa dal punto di vista divino e di salvezza, lo storico, invece ci descri-

ve le esperienze, le vicende concrete, i fatti della storia della salvezza

senza alcun intento apologetico. Non è da ricercare principalmente nella

storia della Chiesa un carattere edificante, sono fatti storici in sé stessi, la

morale è un aspetto secondario. Lo storico della Chiesa vuole solamente

dimostrare ciò che è avvenuto in passato; vuole conoscere i fatti per po-

terli valutare e dimostrare.

� Epoca antica

� Epoca medioevale

� Epoca moderna

Divisioni convenzionali

Cronologiche ����

� Epoca contemporanea

Il Periodo di cui ci occuperemo in questo corso sarà quello antico

e medioevale che va dalle origini a S. Gregorio Magno.

2 Gv 1,14

- 4 -

MARTEDÌ 19 FEBBRAIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15

Il periodo della Storia della Chiesa antica va dall'anno 6 a.C., al-

l'anno 70 d.C. Perché iniziamo dal 6 e non dall'anno 1 d.C.? Perché la na-

scita di Cristo viene fatta risalire intorno al 5-6 a.C., visto che Dionigi il

Piccolo sbagliò il computo della nascita di Gesù.

TESTIMONIANZE E FONTI SUL CRISTIANESIMO DEGLI ALBORI

Nel primo secolo gli autori pagani parlano molto poco del Cri-

stianesimo perché ancora è formato da una sparuta minoranza e perché

ancora non aveva raggiunto una propria identità all'interno delle comuni-

tà giudaiche. Solo Tacito e Svetonio parlano dei Cristiani.

Tacito racconta dell'incendio di Roma imputato ai Cristiani. Taci-

to però non conosce l'ideologia dei Cristiani, ne parla infatti in modo ap-

prossimativo. Svetonio, nella "Vita di Claudio" parla della espulsione dei

Giudei da Roma, perché creavano dei tumulti e non partecipavano alle

attività organizzate dall'Imperatore. Scacciavano i Giudei da Roma per-

ché creavano tumulto in nome di un certo Cristo; «perché Claudio aveva

ordinato che tutti i Cristiani partissero da Roma»3.

Un'altra testimonianza è di Giuseppe Flavio: Giacomo, il fratello

del Signore, fu ucciso a Gerusalemme nell'anno 62 d.C. Le fonti ebraiche

e pagane offrono pochissimo su tutto ciò che potrebbe aiutarci nel nostro

lavoro di ricerca del Cristianesimo delle origini4.

Le altre fonti cristiane sono i Vangeli sinottici Matteo, Marco e

Luca: sono i documenti più significativi per la storia del Cristianesimo

delle origini insieme alle Lettere Paoline. Fra gli studiosi, già nel 19° se-

colo, si afferma la teoria delle due fonti; il primo Vangelo fu quello di

Marco, gli altri due (Mt. e Lc.) utilizzano il primo come fonte ed ebbero

una seconda fonte: la fonte dei detti o fonte Q. Questa fonte Q è stata rac-

3 Cfr. Atti 18,2

- 5 -

colta tra il 30 e il 60 d.C.: questa raccolta all'inizio orale e poi scritta, è il

tentativo, non solo di raccogliere la tradizione di Gesù, ma anche di in-

terpretarla in qualche modo. Lo scopo è quello di salvaguardare la tradi-

zione di Gesù nella Chiesa.

I Vangeli non possono essere intesi come delle biografie: non era

questo l'intento degli autori. Si presentano, invece, come scritti teologici

impiantati alla fede della prima comunità cristiana. I Vangeli sono anche

l'insieme di pezzi distinti di tradizioni che furono poi inseriti in una cor-

nice istituzionale. Questa tradizione della fede della Chiesa era prima

orale, il termine stesso Vangelo indica una trasmissione orale dell'annun-

cio. Gli autori non vogliono scrivere una biografia, ma la vita e le opere

di Gesù che è il Salvatore, vogliono comunicare la fede nella buona no-

vella. Questi testi erano utilizzati come catechesi e predicazione, sbaglia

chi prende questi libri come testi storici, la cosa che volevano trasmettere

era l'annuncio del Kerigma.

La stessa cosa vale anche per il Vangelo di Giovanni, che esprime

le sue visioni teologiche con nuove rielaborazioni, inserisce il patrimonio

come tradizione. Nel Vangelo di Giovanni troviamo molte immagini, una

forte carica simbolica. Anche se può sembrare una interpretazione simbo-

lica, molti dati sono riscontrabili realmente. Il Vangelo di Giovanni è l'ul-

timo cronologicamente, è stato scritto intorno all'anno 100 d.C.

Negli Atti degli Apostoli si descrive il periodo tra l'Ascensione di

Gesù e l'arrivo di Paolo a Roma, comunque Luca, l'autore, fa intravedere

una dimensione dinamica: lo Spirito Santo viene accentuato. Nella rap-

presentazione degli inizi del Cristianesimo, Luca vuole dimostrare, che la

storia della Salvezza non si è interrotta, non ha avuto alcuna frattura,

quindi indica una continuità.

Le tredici lettere giunte nel Nuovo Testamento sotto il nome di S.

Paolo rappresentano una fonte di particolare rilevanza nella Storia della

4 W. SCHNEEMELCHER, Il Cristianesimo delle origini, Il Mulino, Bologna, 1987

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Chiesa degli albori. Ci fa capire la situazione delle prime comunità cri-

stiane soprattutto nella area geografica dell'Asia Minore.

Altre fonti sono i Vangeli Apocrifi, ma non è opportuno tenerli

molto in considerazione per la loro poco attendibilità, perché seguivano

idee di raggruppamenti di Cristiani con varie ideologie, anche gnostiche.

I dati sulla figura di Gesù non superano quelli del N.T., dobbiamo allora

stare attenti ad interrogare le fonti, proprio perché gli autori non avevano

inteso di comunicare notizie per lo storico, ma l'annuncio della buona

Novella.

LA SITUAZIONE POLITICA E RELIGIOSA AL TEMPO DI GESÙ

Situazione Politica � Israele è uno "Stato cuscinetto" perché ap-

parentemente autonomo, ma sottoposto alle autorità imperanti romane. I

Giudei avevano continuamente la paura dei Romani e non sopportavano

il loro dominio

Situazione Religiosa � I Romani erano di una religiosità politei-

stica, i Giudei aspettavano il Messia e questa attesa era interpretata come

attesa di un leader politico, questo elemento crea problemi a Gesù stesso.

Poi c'è il ruolo importante del Tempio di Gerusalemme, vi erano a quel

tempo diverse corrente religiose che applicavano in diverso modo la leg-

ge. I Sadducei riconoscevano solo il Pentateuco, non credevano per nien-

te alla resurrezione dei corpi e alla immortalità dell'anima; erano molto

aperti all'ellenismo, erano cioè mondanizzati. I Farisei erano per una me-

ticolosa osservanza della Legge, e per questo venivano accusati di ipocri-

sia, erano molto influenti politicamente, curavano molto l'aspetto morale

in modo esagerato. Gli Zeloti erano quasi un partito politico, non tollera-

vano il governo straniero, per questo provocavano diverse insurrezioni

(come ad esempio quelle di Barnaba e di Giuda). Gli Esseni; il culto del

Tempio si era ormai contaminato, non restava altro che ritirarsi in silen-

zio, vivevano una vita comunitaria molto rigida nell'osservanza dei pre-

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cetti del Signore. I Giudei della diaspora fuori dalla Palestina mantene-

vano forte il loro credo e la loro lingua pur essendo stati ellenizzati; si

trovavano in Asia Minore e in Egitto. È nell'ambito di quest'ultimo rag-

gruppamento che nasce "la settanta", è la prima interpretazione della

Bibbia di filone alessandrino.

GLI INIZI DELLA CHIESA

Con la Crocifissione di Cristo per i discepoli fu la fine di ogni

speranza, il fallimento. Ma presto si riunirono per annunciare che Gesù è

vivo e Risorto! Con la Resurrezione di Gesù Cristo si sono adempiute le

Scritture, la Storia della Salvezza non ha avuto interruzioni5. I Cristiani

annunciano la Resurrezione, non si interessano del come, ma del fatto

che è Risorto, come aveva promesso; la testimonianza del Risorto segna

l'inizio della Chiesa. Dalla fuga si ha nuovamente una Comunità compat-

ta a Gerusalemme per annunziare la Resurrezione. Questa Comunità era

uno dei tanti raggruppamenti sopracitati. Si chiamavano loro stessi: "i

Santi", "gli eletti", ma anche "la Chiesa".

Pian Piano questa Comunità dei dodici acquista una identità pro-

pria, anche se ancora non era stato coniato il nome di cristiani. Si raduna-

vano per celebrare il memoriale della morte di Cristo e Battezzavano per

portare la Salvezza a tante altre persone.

Chi sono i dodici? Sono i testimoni della Resurrezione, e fra i do-

dici, Pietro è la persona più autorevole perché ha visto il Signore, è in se-

guito che si sviluppa il termine di "apostoli" per indicare i dodici, che

racchide in sé il significato missionario. Apostolo=inviato (dal greco:

���������). Successivamente si attenua questa dimensione missionaria.

Dopo Pietro successe Giacomo che diede una impronta stretta col

giudaismo, andavano come i giudei al Tempio a pregare, non sussisteva-

no grosse differenze col giudaismo "a parte l'appartenenza a Cristo".

5 Cfr 1 Cor

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Più legati alle

prescrizioni della Torah

NASCONO

���� DUE CORRENTI ���� Più mondanizzati,

legati all'ellenismo

Giudeo-Cristiani di

lingua aramaica

Leader

���� Giacomo - Stefano ����

Giudeo-Cristiani di

lingua greca

Le differenze sono solo di tipo teologico: dobbiamo restare dentro

al giudaismo o fuori? Restare nel popolo eletto (i Giudei) o essere annun-

ciatori verso tutti i pagani? Giacomo era appunto a capo dei Giudeo-

Cristiani di lingua aramaica, Stefano, invece, era il leader dei Giudeo-

Cristiani di lingua greca. Solo il secondo gruppo riesce a continuare a

vivere ed a espandersi fuori di Gerusalemme. Questa non fu una spacca-

tura all'interno della Chiesa, ma una divisione col Giudaismo ufficiale, ed

è così che il Cristianesimo si apre a nuovi ambiti e nuove strade, diventa

così missionario, aperto al mondo ellenizzato, e autonomo dal Giudai-

smo.

S. Paolo con la sua conversione avverte questo suo mandato mis-

sionario, la sua conversione è una svolta perché annuncia il Vangelo fuo-

ri dal Giudaismo ai "Gentili". Annunciava il Vangelo nei capoluoghi e

fondava comunità che poi camminavano autonomamente, lui era il fon-

datore o la guida spirituale di quelle comunità, ma poi delegava una gui-

da per ogni singola comunità, ha aperto più di ogni altro la missione del

Vangelo, ha disancorato la Chiesa dalla Legge, ha dato una chiara diffe-

renziazione dalla cultura giudaica.

- 9 -

SABATO 23 FEBBRAIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

LA CHIESA DI FRONTE AL MONDO PAGANO

In contrasto con l'unità politica e culturale imposta dall'Impero, i

romani lasciavano liberi i popoli assoggettati di professare la propria re-

ligione. L'Imperatore Augusto voleva ricostruire l'unità dell'Impero, ma

non si interessava della religione e dei culti praticati all'interno dell'Impe-

ro perché erano molteplici. La situazione religiosa era piuttosto variegata,

le reazioni dei militari romani sul popolo d'Israele avvenivano solo quan-

do sorgevano dei reali problemi come delle insurrezioni, c'era massima

autonomia religiosa.

IL TRAMONTO DELLA ANTICA RELIGIONE GRECA E ROMANA

C'era una svalutazione del politeismo greco e dell'Impero romano,

da parte di stoici, epicurei, ecc… Gli stoici non accettavano un dio tra-

scendente e personale. Per gli epicurei il mondo è governato da leggi fi-

siche, dunque non c'è spazio per gli dei o per un unico Dio, qualora ci

fosse un dio esso non si interessa del mondo. L'Emanerismo, invece, è

una divinizzazione dei miti del passato.

In ambiente romano, fin dal tempo della seconda guerra punica, si

era diffusa una ellenizzazione del culto romano. Penetrano idee filosofi-

che elleniche che influenzano anche il mondo romano: lo scetticismo, lo

stoicismo, l'epicureismo. L'Imperatore Augusto cercò con tutti i mezzi di

fermare il disfacimento delle autorità romane, per l'autorità che ricopre

decide di ripristinare dei culti per mezzo della costruzione di santuari,

templi, ecc., Augusto viene così denominato "Pontefice Maximus", ma

questo suo tentativo risulta un fallimento perché l'ellenizzazione sul

mondo romano ha la meglio.

- 10 -

IL CULTO AGLI IMPERATORI

Augusto impone anche il "culto all'Imperatore", porta a Roma

questa pratica, perché tenta di creare unione nelle diversità religiose dei

culti imponendosi con autorità come oggetto di venerazione. Per questo

l'imperatore veniva chiamato: "���" (salvatore), "�� ��" (signore),

"�� ��� " (manifestato), ecc… nomi poi assunti dal cristianesimo per

dare valori attributivi a Dio. Nel sovrano si manifesta direttamente la di-

vinità, l'Imperatore vuole assodare il suo potere paragonandolo al culto di

una divinità. Venivano anche eretti dei templi alla dea Roma e all'impera-

tore Augusto perché aveva costituito questo culto che fu il principale

punto di attrito e di rottura tra l'impero Romano ed i Cristiani che si rifiu-

tavano di praticare il culto all'imperatore.

I CULTI MISTERICI ORIENTALI

Mentre il culto dell'imperatore era di carattere pubblico ed ufficia-

le, esistevano dei culti di tipo privato denominati misterici-orientali. Per-

ché si diffondevano questi culti privati? Perché davano agli adepti delle

risposte sull'aldilà, ricercavano la salvezza nella soteria.

Questi culti si diffondevano maggiormente nei luoghi di commer-

cio e nell'incontro dell'esercito romano con le popolazioni orientali. Vi

era quasi come una sorta di sincretismo religioso di stampo ellenistico.

Questi culti misterici provenivano dall'Egitto, dall'Asia Minore, dalla Si-

ria, dalla Persia, ecc.

Dall'Egitto proveniva il culto di Iside e di Osiride (dea della vege-

tazione) entrambe legate all'agricoltura;

dall'Asia Minore la dea Cibele, dea della fecondità, a chi aderiva a

questi culti vi era una "promessa di salvezza";

dalla Persia ed a Roma si diffonde il culto di Mitra, culto pretta-

mente riservato ad uomini, si diffonde per lo più nell'esercito romano.

- 11 -

LA RELIGIONE POPOLARE

La grande massa del popolo si rivolgeva alle sfere più basse della

superstizione, soprattutto alla credenza astrologica, che attribuiva alle

stelle un particolare influsso sul destino umano; questo culto proveniva

dalla Babilonia. Anche la filosofia stoica ammetteva o accettava l'astro-

logia. Venivano interrogate le stelle per verificare, ad esempio, se un la-

voro che si stava per iniziare sarebbe andato a buon fine o meno.

Si diffonde anche la pratica della magia. Si cercava di assoggetta-

re gli astri ed i poteri buoni e cattivi della natura per utilizzarli a proprio

vantaggio. Si inizia a credere all'esistenza di spiriti cattivi governabili so-

lo con la magia.

Si diffonde anche la fede verso i miracoli e la interpretazione dei

sogni. In conseguenza di tutti questi fenomeni c'era una spaventosa ca-

renza di senso morale, sussistevano forme di depravazione e di orge giu-

stificate dal culto. Alla base di questa tendenza alla formazione di diversi

culti stava di fondo una diffusa superficialità religiosa.

TERRENO FERTILE PER IL CRISTIANESIMO

In questo contesto dove si avvertiva un profondo senso di vuoto

emergono aspetti favorevoli per il possibile innesto della cultura cristia-

na: c'era nella gente un profondo anelito di redenzione, una sete di sal-

vezza; anche se i culti erano diversi di numero e tra loro si era ormai indi-

rizzati verso il monoteismo.

Questo è il terreno fertile nel quale può attecchire il seme della

predicazione cristiana. Siamo al tramonto della antica religiosità greca e

romana, ormai sostituite da vari culti misterici, dal culto dell'imperatore e

dalla religiosità popolare, si ha il desiderio di ricercare un unico Dio e di

avere un ordine nella propria vita.

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MARTEDÌ 26 FEBBRAIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15

LA CHIESA E L'IMPERO ROMANO

L'ESPANSIONE DEL CRISTIANESIMO

Il Cristianesimo uscendo gradualmente dal Giudaismo si immette

nel contesto dell'Impero Romano. Non fu facile per i primi cristiani aprir-

si all'annuncio verso i pagani. I fedeli di Cristo (li denominiamo così per-

ché ancora al tempo non esisteva l'epiteto "Cristiani", ed è improprio uti-

lizzarlo riferendosi a quel periodo storico) non si ponevano dapprima

neppure il problema di annunziare il Vangelo ai pagani.

Il fatto più eclatante di conversione di pagani fu quello dell'apo-

stolo Pietro che battezzò il Centurione Cornelio e la sua famiglia a Cesa-

rea. Pietro doveva giustificarsi di fronte alle comunità di fronte a questo

gesto e lo fa descrivendo questa visione: 1 C'era in Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte Italica, 2 uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pre-gava sempre Dio. 3 Un giorno verso le tre del pomeriggio vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: «Cornelio!». 4 Egli lo guardò e preso da timore disse: «Che c'è, Signore?». Gli rispose: «Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, in tua memoria, innanzi a Dio. 5 E ora manda degli uomini a Giaffa e fà venire un certo Simone detto anche Pietro. 6 Egli è ospite presso un tal Simone concia-tore, la cui casa è sulla riva del mare». 7 Quando l'angelo che gli parlava se ne fu an-dato, Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un pio soldato fra i suoi attendenti e, 8 spiegata loro ogni cosa, li mandò a Giaffa. 9 Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. 10 Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in e-stasi. 11 Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. 12 In essa c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. 13 Allora risuonò una voce che gli diceva: «Alzati, Pietro, uc-cidi e mangia!». 14 Ma Pietro rispose: «No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo». 15 E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano».6

6 Atti 10, 1-11

- 13 -

Per quanto sia stato un gesto importante non ebbe un grande rilie-

vo; l'impulso alla vera apertura al paganesimo fu dato da un gruppo di

giudeo-cristiani di stampo ellenico che si dirigeva ad Antiochia di Siria,

questa fu la prima volta nella storia che un gruppo di seguaci di Cristo

vengono denominati Cristiani, questa comunità è come una "succursale"

della Chiesa di Gerusalemme. Ad Antiochia vi è la prima grande Comu-

nità attiva di Cristiani provenienti dal paganesimo:

22 La notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, la quale mandò Barna-ba ad Antiochia. 23 Quando questi giunse e vide la grazia del Signore, si rallegrò e, 24 da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a persevera-re con cuore risoluto nel Signore. E una folla considerevole fu condotta al Signore. 25 Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e trovatolo lo condusse ad An-tiochia. 26 Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gen-te; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani.7

ATTIVITÀ MISSIONARIA DELL'APOSTOLO PAOLO

Come Barnaba che viene inviato ad Antiochia, anche Paolo pro-

viene dalla diaspora giudaica, nasce infatti a Tarso in Cilicia. Paolo è i-

dentificato come cittadino romano, si appella di fronte alle autorità roma-

ne e chiede di essere giudicato da loro. Paolo parla il greco della Koinè il

che fornisce l'apertura al mondo ellenico. Paolo è anche legato alla cultu-

ra giudaica per giunta di stampo farisaico rigorista. Dopo la morte di Ge-

sù, Paolo va a Gerusalemme per la sua formazione dal fariseo Gamadie-

le: 3 che conosci a perfezione tutte le usanze e questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza. 4 La mia vita fin dalla mia giovinezza, vissuta tra il mio popolo e a Gerusalemme, la conoscono tutti i Giudei; 5 essi sanno pure da tempo, se vogliono renderne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto nella setta più rigi-da della nostra religione.8

Partecipa Paolo anche alle prime persecuzioni dei Cristiani (Saulo

era presente anche alla martirizzazione di Stefano).

7 Atti 11, 22-26 8 Atti 26, 3-5

- 14 -

Nella lettera ai Galati Paolo parla della sua vita prima della con-

versione e della persecuzione ai cristiani: 13 Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi,14 superando nel giu-daismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel soste-nere le tradizioni dei padri.15 Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque16 di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo,17 senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ri-tornai a Damasco. 18 In seguito, dopo tre anni andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni;19 degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore.20 In ciò che vi scrivo, io attesto davanti a Dio che non mentisco.21 Quindi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia.22 Ma ero scono-sciuto personalmente alle Chiese della Giudea che sono in Cristo;23 soltanto avevano sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, va ora annunziando la fede che un tempo voleva distruggere» 24 E glorificavano Dio a causa mia.9

È fortemente legato all'ambiente giudaico e alla cultura rigorista

dei farisei. Il fulmineo e radicale cambiamento di Paolo fu dovuto ad una

diretta apparizione di Gesù che Paolo ebbe sulla via di Damasco, avviene

una svolta nella sua vita, viene battezzato e inizia la sua missione prima

nelle sinagoghe a Damasco e poi a Gerusalemme. Poi tornò a Tarso, do-

po qualche anno di silenzio torna ad Antiochia e lì comprende che la sua

missione deve rivolgersi ai popolo pagani. Prima incontra le comunità so-

lo nella sinagoga, adesso il campo di missione di Paolo diviene l'impero

dove comunica con il greco della Koinè.

Il punto di partenza della attività missionaria di Paolo è nelle si-

nagoghe delle città giudaiche, Paolo non si limitava ad annunciare la

buona novella ai giudei osservanti, ma anche ai giudei della diaspora e ai

pagani convertiti al cristianesimo. Il racconto degli Atti ci fa capire che

gradualmente i giudei della diaspora rifiutano il messaggio di Paolo, le

controversie si trasformavano spesso in tumulti.

Paolo soprattutto insiste sulla libertà dalla Legge per i neoconver-

titi pagani, per questo fu aspramente respinto dalla corrente estremista

9 Gal 1, 13-24

- 15 -

giudeo-cristiana della Palestina che imponeva ai pagani convertiti la cir-

concisione. Per la salvezza basta Cristo e la sua Grazia, dice Paolo.

Così Paolo e Barnaba furono inviati per ovviare questa contro-

versia a Gerusalemme (Concilio di Gerusalemme 49-50 d.C.). Fu accetta-

to il principio della tesi di Paolo secondo il quale la Legge di Mosè non

doveva avere nessun potere vincolante per i pagani convertiti al cristiane-

simo. Viene data piena libertà a Paolo riguardo la sua missione ai pagani.

10

L'APOSTOLO PIETRO A ROMA

La tradizione "del soggiorno di Pietro a Roma" e del suo martirio

è molto forte. Si sa che fu martirizzato a Roma, abbiamo notizie poco

certe sul tragitto che fece per arrivare a Roma, sulla durata del suo sog-

giorno a Roma. Partecipò al Concilio di Gerusalemme nel 49 d.C., fu poi

ad Atene ed a Roma. Le date non sono certe quindi il fondamento per cui

la Chiesa Romana si edifica su Pietro trova ragione su alcune testimo-

nianze storiche cronologicamente vicine:

10 La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna, 199916

I Viaggi di San Paolo 10

- 16 -

1- Epistola di Clemente ai Corinti. Clemente parla di avvenimenti per cui i Cristiani furono perseguitati tra cui Pietro e Paolo. Probabilmen-te è una allusione al martirio dei Cristiani sotto Nerone nel 64 d.C.;

2- Epistola di Ignazio di Antiochia ai Cristiani di Roma. Dice loro di non interferire sulle autorità che devono condannare Pietro e Paolo, sottolinea "non vi comando come loro" (riferendosi alla autorità di Pietro e di Paolo).

3 - L'Ascensione di Isaia. Scritta circa nel 100 d.C., è di autore anonimo. "Ecco, a te Pietro ho rivelato tutto, a Roma berrai il calice del-la persecuzione".

4 - Anche nel Vangelo di Giovanni vi è allusione al martirio di Pietro:

18 In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e anda-vi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». 19 Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi».11

Questa tradizione, inoltre, non è stata rivendicata da nessuna altra Chiesa di altra confessione. A Roma si pensa che ci sia l'edicola di Gaio: "se volete venire a vedere il trofeo di Gaio"12 (per trofeo ci si riferisce al-la tomba di Pietro).

SISTEMA DI COMUNICAZIONE DELL’EPOCA

Espansione del Cristianesimo alla fine del primo secolo.

Esaminando la cartina possiamo notare la diffusione che ebbe il cristianesimo nel primo secolo. (Cesarea di Palestina: porto, centro com- 11 Gv 21, 18-19 12 Il martirologio Ieromilianum

- 17 -

merciale, centro politico; Antiochia: fiorente comunità cristiana). Tale diffusione avviene pertanto progressivamente. In un testo contemporaneo di Siniscalco, viene sottolineato come la diffusione del cristianesimo av-viene grazie alle reti stradali e viarie costruite dai Romani. Le vie di co-municazione dell’epoca erano formate dalla rete stradale e dalla rete marittima

1) rete stradale: strade erano molto efficienti (percorsi più agevoli) e quelle più importanti si trovavano nei pressi delle coste e suc-cessivamente si inoltravano verso l’entroterra. Lungo le strade vi erano delle STAZIONI dove si poteva pernot-tare, mangiare, etc.; attorno alle stazioni si formavano delle citta-dine. Con le strade si potevano percorrere circa 50 km al giorno.

2) rete marittima: via mare era più facile muoversi nel periodo che va dalla primavera all’autunno. Si percorrevano mediamente 70 km al giorno. (Anche Paolo si avvalse di tale via)

I mercanti ebbero un grande beneficio dall’uso delle vie stradali e

marittime. Il cristianesimo si diffuse dalla città alle campagne perché le città erano centri di irradiazione culturale e commerciale. L’area cittadina è dunque la prima ad essere evangelizzata. La cultura cristiana espanden-dosi venne a scontrarsi con altre culture, in modo particolare con quella pagana, intrisa di filosofia. Grandi città costiere ed interne: Antiochia, Efeso, Smirne, Filippi, Tessalonica, Atene, Corinto, Alessandria, Roma ed altre ancora. Anche i Giudei si trovavano nelle città per commerciare e divulgare la loro cultura.

IL CRISTIANESIMO IN SICILIA

Non abbiamo fonti scritte riguardo l'insediamento della fede cri-stiana nel primo secolo in Sicilia, sappiamo solo dagli Atti degli Apostoli che Paolo passò da Siracusa per tre giorni, dove probabilmente vi era una comunità di Giudei non necessariamente cristiani. Si pensa che la Sicilia orientale fu cristianizzata dalla Palestina e dell'Asia Minore, la Sicilia occidentale fu successivamente cristianizzata da cristiani africani alla fi-ne del II secolo secondo fonti archeologiche.

Nei libri di Storia della Chiesa Siciliana viene riportata una le-genda secondo la quale Pietro mandò tre suoi discepoli in Sicilia: Mar-ciano a Siracusa, Berillo a Catania e Pancrazio a Taormina, ma non ci sono prove di questa "legenda apostolica". Il cristianesimo è arrivato in Sicilia presto, ma ci vuole prudenza nel parlare di queste leggende, per-ché non abbiamo un fondamento storico. Più certe sono invece le testi-monianze sul martirio di Sant'Agata datate intorno al III secolo. Succes-sivamente si hanno notizie su l'esistenza di alcune diocesi in Sicilia tra il III e il IV secolo.

- 18 -

SABATO 02 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

LA CHIESA E LE INSIDIE INTERNE: IL PERICOLO DELLE ERESIE

GIUDEO-CRISTIANI ETERODOSSI

Le loro ideologie si concentravano su due questioni di particolare

importanza: la Cristologia (teologia intorno la figura di Gesù, vero uomo

o vero Dio, o entrambe?) e la validità normativa della legge mosaica.

CERINTO13 sosteneva che Gesù era il figlio naturale di Maria e

Giuseppe, e siccome si distinse per virtù e sapienza, sarebbe divenuto il

Cristo solo dopo il suo battesimo con la discesa dello Spirito Santo. Dopo

la morte in Croce il Cristo avrebbe lasciato Gesù, chi muore in Croce è

solamente Gesù e non Cristo. Questa immagine di Gesù è fortemente co-

lorata di Docetismo, Adozionismo e Millenarismo, dottrine respinte dal-

l'Asia Minore.

GLI EBIONITI (radice etimologica dal greco �� �� � povero, umi-

le) vogliono osservare la legge nella sua purezza e interezza. Anche per

loro Gesù era il figlio naturale di Maria e Giuseppe. Vi è una concezione

dualistica della origine del mondo, vi è un principio buono (Cristo, il

profeta messianico) e un principio cattivo (ciò che domina il mondo pre-

sente). C'è un anti-paolinismo, per loro Paolo aveva falsato il vero pen-

siero di Gesù. In Cristo vogliono negare il valore salvifico della sua mor-

te opponendosi all'insegnamento di Paolo, snaturando il messaggio cri-

stiano. Essendo adozionisti non concepiscono il discorso trinitario, l'arte-

fice principale è il Padre.

GLI ELCESAITI O ELCASAITI nel III secolo avevano raggiunto una

certa diffusione soprattutto nell'area geografica tra i Siri e i Patti. Hanno

come punto fondamentale la legge. Continuano ad obbligare i loro adepti

alla circoncisione. Anche loro rigettano l'insegnamento di Paolo, e consi-

- 19 -

derano Cristo come un semplice uomo e/o profeta. Fondamento della loro

predicazione era un libro sacro a cui si attribuiva una origine soprannatu-

rale. Avevano una parte importante nel loro libro sacro due esseri celesti:

uno femminile (lo Spirito Santo), ed uno maschile (Cristo). Sostenevano

che il Cristo era già venuto nel mondo in ripetute incarnazioni.

ETERODOSSIA PROPRIAMENTE CRISTIANA: IL FENOMENO DELLO GNO-

STICISMO

LO GNOSTICISMO

Nei primi secoli la Chiesa si trovò a fronteggiare lo gnosticismo

cristiano perché divenuto pericoloso, è la manifestazione del sincretismo

religioso della tarda antichità. Sulla base di un dualismo, lo gnosticismo

univa ad alcune concezioni religiose del tardo giudaismo alcuni elementi

travisati dalla cultura cristiana. Le comunità cristiane subivano una forte

contaminazione dello gnosticismo perché aveva la presunzione di dare

risposte pronte sulla creazione, e su domande esistenziali. All'interno

delle comunità cristiane gnostiche veniva adoperato un ricco simbolismo,

si servivano della letteratura e di inni sacri, attirando così gente assetata

di verità soprattutto penetrando nella Chiesa per svuotarla dal di dentro.

Vi è una sconcertante abbondanza di bizzarre e peregrine idee re-

ligiose. Come si può trovare la vera conoscenza per risolvere l'enigma del

mondo, del male, dell'esistenza dell'uomo? Le risposte vengono date at-

tingendo a varie tendenze religiose. L'uomo tende all'unione col Dio Ve-

ro, cerca di conoscerlo sempre più, però l'uomo che cerca Dio è stato

"mandato" in questo mondo non creato da Dio e dominato dalle presenze

cattive, per risalire a Dio -affermano gli gnostici- deve conoscere prima

se stesso liberandosi dalle presenze cattive. Notiamo tendenze dualisti-

che: luce e tenebre; bene e male, ecc. Nello gnosticismo troviamo conce-

13 Cfr. Storia della Chiesa, diretta da H. Jedin, I-III, Jaca Book, Milano 19922, cap. 11°,

- 20 -

zioni filosofiche elleniche di stampo religioso, molto sincretismo, la figu-

ra di Cristo viene inserita in questo mondo gnostico-concettuale-

sincretista.

Il nuovo messaggio di salvezza per l'uomo si presentava in un cul-

to attraente in cui l'esacerbato mistero era garante della salvezza. Molti

maestri gnostici trovavano nelle comunità cristiane degli adepti che ave-

vano sete di salvezza. Questi maestri predicano la vera gnosi in cui vi è

la vera sorgente della conoscenza nella successione apostolica e nelle ri-

velazioni private. Le rivelazioni private potevano essere comprese solo

dai cristiani di grado superiore, gli illuminati o spirituali, i cristiani di

grado inferiore venivano denominati psichici. Così si creava una spacca-

tura "tra cristiani di serie A e cristiani di serie B". Giustificavano questa

loro dottrina con un brano dal Vangelo di Marco:

33 Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi disce-poli, spiegava ogni cosa.14

Tra questi maestri i più importanti sono Marcione, Valentino e

Montano che promuovono diverse dottrine gnostiche:

MARCIONE era un facoltoso armatore cioè possedeva delle navi,

era di Sinope e andò a Roma per divulgare l'annuncio. Rifiutava l'Antico

Testamento, asserendo l'antagonismo tra il Dio Misericordioso del NT e

il Dio spietato e giudice del VT, vietava il matrimonio ai suoi adepti.

Questa dottrina era di stampo docetista.

VALENTINO era Platonico e Gnostico. L'umanità ha elementi pro-

venienti da Dio, ma è decaduta perché è materia, la materia viene di-

sprezzata perché deriva dal male, bisogna liberarsi dalla materia per rag-

giungere l'Uno (dottrina platonica: il corpo tomba dell'anima).

pagg. 201 e seguenti 14 Mc 4, 33-34

- 21 -

MONTANO si distingue per la vita morale, praticava un forte asce-

tismo e rigorismo nella vita morale, sentiva in sé il dono della profezia e

predicava l'imminente fine del mondo.

La Chiesa allora dovette prendere dei provvedimenti di fronte al-

l'insorgere di queste eresie, molte di queste correnti eterodosse venivano

così escluse, venivano denominati eretici. Si incominciò a sentire l'esi-

genza di elaborare i "simboli della Fede" rappresentanti il patrimonio del-

la nostra fede. Si sentì la necessità di ribadire l'importanza della tradizio-

ne apostolica. Si sviluppò il lavoro dei primi "teologi", nasce una lettera-

tura capace di contestare le molteplici eresie gnostiche (Es: Ireneo di

Lione nello scritto apologetico Adversus Haerases).

- 22 -

SABATO 09 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

LA NASCITA DELLA APOLOGETICA CRISTIANA (II SECOLO)

FORME TEMATICHE ATTEGGIAMENTI

� discorso apologeti-

co

� pagani

� Gesù e il Messia

� giudaismo

� Positivo

� la ricerca religiosa

dei pagani si compie

nel cristianesimo

� dialogo

� giudei

� Tematiche varie

contro le "dicerie"

� pagani

� Negativo

� scherno per la

cultura greca

I padri apostolici nei primi nei primi secoli si rivolsero ai membri

delle comunità cristiane per comunicare loro le basi della fede. Ma ades-

so gli scrittori cristiani, nel periodo apologetico, trovano ostilità sempre

crescenti, non si scrive più per un ambito "ristretto" e forse "chiuso".

Vengono indotti a scrivere al mondo non-cristiano che li circonda, per far

conoscere la fede cristiana, intorno a certe "dicerie".

È così che nascono delle opere letterarie: le Apologie. Si contrad-

distinguono nella forma, nello stile, nel genere letterario: è un discorso di

difesa simile e analogo a quei discorsi che si tenevano davanti alle autori-

tà giuridiche per difendersi. Gli esponenti apologisti scrivevano per con-

trobattere la cultura pagana, scrivevano anche ai giudei, ma miravano più

al dialogo (un esempio di apologia per i giudei è "Il dialogo con Trifone

l'Ebreo" di Giustino). In contrapposizione al giudaismo presentano Gesù

come il Messia, il Salvatore, non come profeta. È in Gesù che si compie

il V.T.

I cristiani in contrapposizione ai pagani ed agli ellenisti, respin-

gono le "dicerie" che attribuivano ai cristiani le seguenti calunnie: empie-

- 23 -

tà, non partecipazione alla vita pubblica, ecc. Il cristiano non si oppone

alla ricerca religiosa dei pagani, anzi il cristianesimo è il coronamento di

questa ricerca. Anche se c'era una certa ostilità con i pagani, il cristiane-

simo integrava del mondo ellenistico ciò che c'era di buono, il cristiane-

simo cerca di incarnarsi nella storia di quel tempo.

I pagani allora cercano di dialogare, il cristianesimo inizia a per-

meare sempre di più nella cultura ellenistica entrando in dialogo, prima

con i giudei, e successivamente con i pagani.

Queste opere letterarie hanno causato nella coscienza del cristia-

nesimo una auto-comprensione, una chiarificazione della propria identità

e un progresso della dottrina con lo sviluppo della ricerca teologica.

Alcuni nomi: Quadrato (Apologia all'Imperatore Adriano); Ari-

stone di Pella; Melitone di Sardi; Aristide di Pella (utilizza una termino-

logia specificatamente pagana, scrive anch'egli una "Apologia all'Impera-

tore Adriano"); Giustino (scrive "le due apologie", "il dialogo con Trifo-

ne l'Ebreo"); Taziano (scrive il "discorso ai greci"); Anatagora di Atene;

Teofilo di Antiochia; Milziade; Lettera a Diogneto.

LE PERSECUZIONI

PRESUPPOSTI GENERALI: GIUDEI E PAGANI CONTRO I CRISTIANI

Il cristianesimo si presenta come religione assoluta e universale

scavalcando i singoli culti e quell'equilibrio stabilito dallo Stato. Il cri-

stianesimo minava lo Stato nelle sue basi. I cristiani venivano accusati di

lesa maestà allo Stato per il rifiuto di culto all'Imperatore. I cristiani si

dissociavano dai momenti forti di socialità e di unità dello Stato, non par-

tecipavano ai culti pubblici, agli spettacoli, e a spedizioni militari.

Circolavano inoltre false accuse sui cristiani: ateismo perché non

hanno Tempio, immagini e statue. La Croce inoltre scandalizzava i paga-

ni, li accusavano di banchetti tiestici (antropofagia perché si cibavano del

- 24 -

corpo di Cristo), di vita licenziosa, di immoralità e di odio verso il genere

umano (visto che si dissociavano dai pagani). I ceti colti prendevano in

giro questa "superstizione" del cristianesimo. I cristiani divenivano così i

"capri espiatori". I pagani credevano che siccome i cristiani non venera-

vano più le divinità, queste ultime si vendicavano verso l'Impero Roma-

no, da qui scaturivano le sommosse popolari e le prime persecuzioni.

- 25 -

MARTEDÌ 12 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 12,15

LE PERSECUZIONI

PRESUPPOSTI GENERALI: GIUDEI E PAGANI CONTRO I CRISTIANI

I cristiani si tenevano in disparte dai costumi pagani ed erano e-

sclusi dai pagani come i giudei. Vengono ritenuti: atei, perché senza Dei

e senza Templi, rifiutavano la religione ufficiale, sono da bandire, immo-

rali e impudici.

LE PERSECUZIONI DEL PRIMO SECOLO

Inizia il contrasto tra i cristiani e l'Impero (inteso come la popola-

zione pagana). Il primo ad iniziare il dialogo è l'apostolo Paolo che nel-

l'anno 59 è chiamato a comparire davanti al procuratore Porcio Festo,

Paolo si appella come cittadino romano all'imperatore Cesare e viene

condotto a Roma per essere sentenziato.

L'IMPERATORE CLAUDIO (42 D.C.)

Vi sono fonti che documentano alcuni fenomeni sotto l'imperatore

Claudio: Svetonio e Cassio citano nelle fonti Claudio che fece un ordine

per espellere i cristiani da Roma per causa di un certo "�ρηστος" (sem-

bra attendibile pensare che col nome "Crestos" si voglia identificare

"Cristos"). Ne parlano di questa espulsione gli Atti degli Apostoli: 18,1 Dopo questi fatti Paolo lasciò Atene e si recò a Corinto. 2 Qui trovò un Giudeo chiamato Aquila, oriundo del Ponto, arrivato poco prima dall'Italia con la moglie Pri-scilla, in seguito all'ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. Paolo si recò da loro15.

Vengono espulsi i Giudei e tra di essi i Cristiani

15 Atti 18,1-2

- 26 -

L'IMPERATORE NERONE (64 D.C.)

Degli avvenimenti che coinvolsero le comunità cristiane di Roma,

in seguito all'incendio dell'anno 64, ce ne parla Tacito. L'imperatore (che

era ritenuto colpevole) ha avuto un capro espiatorio: i cristiani. Molti fu-

rono giustiziati, alcuni appesi su pali e bruciato, altri uccisi con sopra pel-

li di animali ed altri ancora nell'arena circense. Nella città di Roma vi era

una comunità cristiana e il loro comportamento faceva notizia. Nerone si

servì delle ostilità del popolo verso i cristiani per scaricare su di loro la

sua colpa. Non soltanto Pietro e Paolo, ma una grande moltitudine di cri-

stiani, subirono tormenti e martirizzazioni.

L'IMPERATORE DOMIZIANO (95 D.C.)

Molte più scarne sono le notizie sulle persecuzioni dei cristiani

sotto Domiziano. I cristiani vengono accusati di ateismo perché in con-

trapposizione col politeismo pagano, vengono anche accusati di "lesa

maestà". Domiziano comincia a consolidare il suo potere assoluto e ad

esigere il culto verso la sua persona. Ci sono delle fonti storiche bibliche

che lo attestano: l'Apocalisse di Giovanni dove si vedono le allusioni di

una lotta tra il culto dell'imperatore e il cristianesimo. 20 Il resto dell'umanità che non perì a causa di questi flagelli, non rinunziò alle opere delle sue mani; non cessò di prestar culto ai demòni e agli idoli d'oro, d'argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare; 21 non rinunziò nemmeno agli omicidi, né alle stregonerie, né alla fornicazione, né alle ruberie16.

Con Domiziano le persecuzioni iniziano a coinvolgere le altre zo-

ne dell'Impero anche fuori Roma (come in Asia Minore). Vi erano nello

stato delle leggi che tutelavano le associazioni. I cristiani erano conside-

rati come una associazione clandestina, questo fu l'appiglio per l'inizio

delle persecuzioni.

16 Apocalisse 9,20-21

- 27 -

IMPERATORI ROMANI TRA IL PRIMO E IL SECONDO SECOLO D.C.

→ Claudio 41-54

→ Nerone 54-68

→ Galba - Ottone - Vitellio 68-69

Dinastia dei Flavi

→ Vespasiano 69-79

→ Tito 79-81

→ Domiziano 81-89

Dinastia degli Antonini

→ Nerva 96-98

→ Traiano 98-117

→ Adriano 117-138

→ Antonino Pio 138-161

→ Marco Aurelio 161-180

→ Commodo 180-192

LE PERSECUZIONI DEL II SECOLO

PERSECUZIONE DELL'IMPERATORE TRAIANO (98-117 D.C.)

Sappiamo qualcosa di Traiano dalle fonti cristiane (riportati da

Eusebio e Giustino). Un governatore della provincia della Bitinia, Plinio

il Giovane (111-112 d.C.), scrive all'imperatore Traiano per avere delle

direttive sul modo come trattare i cristiani in casi limiti. Il cristianesimo

si diffuse non solo nelle città, ma anche nelle campagne. Al governatore

arrivavano molte denunce anonime contro i cristiani dettate da uno spiri-

to di vendetta, alcuni allora dichiaravano di essere cristiani, altri invece

no. Ma solo per il fatti che i cristiani erano malvisti dal popolo erano

condannabili. Plinio chiedeva all'imperatore se era sufficiente perseguita-

re i cristiani solo per il nome che portavano oppure dovevano essere tro-

vati altri delitti? Traiano rispose: "i cristiani non vanno ricercati, e le de-

nunce anonime non vanno prese in considerazione, chi viene denunziato

ufficialmente deve essere interrogato, e se afferma di non essere cristia-

no deve essere rilasciato. Soltanto se nell'interrogatorio si professa cri-

stiano va punito"17. Il semplice fatto di essere cristiani, per Traiano, è

fonte di condanna, perché sono visti come sovvertitori. Il "Rescritto di

- 28 -

Traiano" resta come punto di riferimento per il governatore Plinio. Que-

sto provvedimento tende ad arginare il fenomeno dei tumulti popolari. È

vista positivamente anche dai cristiani perché adesso non vengono de-

nunciati anonimamente. Anche le fonti cristiane parlano del Rescritto di

Traiano: La storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea.

ADRIANO (117-138 D.C.)

Non esiste una legge uniforme per tutto l'Impero che regolasse la

questione verso i cristiani. Pian piano si forma l'idea nei pagani, che l'es-

sere cristiano è inconciliabile con le consuetudini dell'impero romano,

questa concezione "popolare" fa pressione verso le autorità romane.

Quindi le persecuzioni di questo periodo hanno un carattere locale e spo-

radico, e le persecuzioni sono rivolte ai singoli cristiani . Adriano formu-

la anch'egli un rescritto: "Il Rescritto di Adriano", che è in perfetta conti-

nuità col Rescritto di Traiano.

In questo periodo vi furono diversi martiri a Roma e nell'Asia

Minore. Ne "Gli atti e le persecuzioni dei martiri" si raccolgono le loro

testimonianze, i cristiani raccoglievano gli atti ufficiali romani dell'inter-

rogatorio del processo dei cristiani. Oggi sono giunti a noi queste fonti e

sono pubblicate anche le edizioni critiche.

MARCO AURELIO

Col suo avvento al trono si verifica una grande novità, i cristiani

vengono ricercati per volontà dell'imperatore. Melitone di Sardi nel 176

scrive una testimonianza che si riferisce a queste persecuzioni che av-

vengono in Asia e di questo nuovo provvedimento imperiale. Il pagano

Celso riconosce che l'iniziativa parte dall'imperatore, gli stessi funzionari

locali possono e devono ricercare soprattutto coloro che si macchiano del

peccato di sacrilegio, gli impostori, e in questa categoria vengono inclusi

17 Rescritto di Traiano (nella seconda metà del II secolo)

- 29 -

anche i cristiani. Questi reati riguardano un abito molto ampio di persone,

ma soprattutto ai cristiani si poteva imputare il delitto di sacrilegio. I sa-

crilegi sono visti nel linguaggio giuridico romano; per sacrilego si inten-

de: colui che distruggeva e saccheggiava le cose sacre dello stato.

Poi da parte dei cristiani c'erano delle esagerazioni come le sette

dei montanisti, dei rigoristi ed erano visti come capri espiatori per il loro

eccessivo fanatismo, si distaccavano totalmente dal mondo pagano per

l'ascesi.

COMMODO

Commodo continua nella stessa linea, i cristiani vengono ricercati

e portati a itribunali e se confessano di essere cristiani vengono condan-

nati.

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SABATO 16 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

LE PERSECUZIONI DEL TERZO SECOLO

IMPERATORI ROMANI TRA DEL TERZO SECOLO D.C.

Dinastia dei Severi

→→→→ Settimo Severo 193-211

→ Caracalla 211-217

→ Geta 211-212

→ Macrino 217-218

→ Elagabalo 218-222

→ Alessandro Severo 222-235

Anarchia Militare

→→→→ Massimo il Trace 235-238

→ Gordiano I 238

→ Gordiano III 238-244

→→→→ Filippo l'Arabo 244-249

→→→→ Decio 249-251

Nel III secolo la Chiesa si sviluppa sempre di più, si consolida al

suo interno, aumenta il numero delle comunità cristiane, si intensifica lo

sforzo missionario, viene organizzato il culto e la liturgia, si incrementa e

sviluppa la scuola teologica (Es: L'Exsapla di Origene).

SETTIMIO SEVERO (202 D.C.)

Nel suo primo periodo di impero il suo atteggiamento verso i cri-

stiani era di apertura perché nella sua corte imperiale molti erano cristia-

ni, era ancora in vigore il "Rescritto di Traiano", ma c'era una certa tolle-

ranza verso i cristiani. Le cose cambiano circa dieci anni dopo, nel 202

viene pubblicato un editto di Settimio Severo che annuncia gravi pene a

chi aderisce al Giudaismo e al Cristianesimo, per allontanare gli adepti.

Cercavano di distruggere gradualmente lo spirito missionario delle co-

munità cristiane. Adesso, non è il singolo cristiano ad essere perseguitato,

ma tutta la Chiesa veniva punita se accoglieva o evangelizzava nell'Impe-

ro per "reclutare" gli adepti. La persecuzione colpì maggiormente i cate-

cumeni e i neofiti che si inserivano nelle comunità, venivano martirizzati

- 31 -

e uccisi (Cfr. Libro II, cap I di Eusebio di Cesarea - Testimonianza dei

Cristiani). I più importanti martiri furono in Africa (07 Marzo 203 d. C. a

Cartagine) e ad Alessandria (martirio di Perpetua e Felicita).

CARACALLA

Con Caracolla, il successore di Settimio Severo, vi fu un certo pe-

riodo di tolleranza religiosa, anche se qualche piccola persecuzione a li-

vello locale avvenne, soprattutto per i cristiani che si rifiutavano di arruo-

larsi per l'Impero romano.

MASSIMINO IL TRACE

Massimino il Trace colpisce soprattutto i cristiani che erano a cor-

te e i capi della Chiesa, il vescovo di Roma, Ponziano e il presbitero Ip-

polito, vengono portati in Sardegna, condannati ai lavori forzati.

FILIPPO L'ARABO

Fu particolarmente benevolo verso i cristiani, uno dei suoi consoli

era cristiano, ma neppure questa sua benevolenza poté fermare le insurre-

zioni locali verso i cristiani. Cosa accomuna tutti questi interventi? Una

incertezza e una asistematicità verso la problematica religiosa affrontata

dall'Impero.

- 32 -

SABATO 23 MARZO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

DECIO (249-251)

Decio perseguita i cristiani coi soliti metodi anche se non in modo

sistematico, l'imperatore si lascia persuadere dal furore popolare e puni-

sce i cristiani che divengono i capri espiatori. Nel 249 la persecuzione è a

Roma e nel 250 viene giustiziato il vescovo Fabiano di Roma. Decio nel

250 emana un editto che non è giunto fino a noi, ma che ricaviamo da al-

cune fonti: "a tutti gli abitanti dell'impero fu imposto di prendere parte a

una supplicatio" (cioè a un sacrificio agli dei). Si credeva che con la im-

plorazione unanime degli dei si potesse risollevare l'impero. Furono crea-

te delle commissioni di ispettori che sorvegliavano le applicazioni dell'e-

ditto, e rilasciavano dei certificati: i libelli. Alla fine di questo periodo di

culto venne richiesto di esibire i libelli alle autorità, chi ne era sfornito

veniva carcerato e torturato. I cristiani hanno visto questo editto come il

più grave attacco che la Chiesa aveva subito fino ad allora. L'editto fu

applicato particolarmente in Africa settentrionale e in Egitto. Le persecu-

zioni di Decio furono il banco di prova della fede dei cristiani: molti

compiono il rito sacrificale, molti altri che dapprima accettarono il carce-

re poi si pentirono e compirono il rito sacrificale, altri ancora ebbero il

libello senza aver compiuto il rito sacrificale corrompendo gli ispettori,

questi furono chiamati: i libbellatici. I sacrificati erano invece quelli che

offrivano il culto sacrificale nella sua interezza. I thurificati si limitavano

ad un minimo atto di culto: mettere l'incenso nella statua degli dei. I lapsi

che sono coloro che hanno rinnegato la fede, volevano successivamente

rientrare nella Chiesa e si poneva dappertutto il problema. In Africa set-

tentrionale, sotto il vescovo Cipriano (vescovo di Cartagine), si poneva

questo problema. In una lettera di Cipriano si fa citazione anche di una

Chiesa di Sicilia. La triplice divisione dei lapsi (libellatici, sacrificati e

- 33 -

thurificati) fu elaborata dalla chiesa. Molte persone subirono il martirio

ma poi superando la prova furono liberati, questi si chiamano "confesso-

res". Dovevano compiere tre gesti davanti alla commissione: incensazio-

ne, libagione, cibarsi delle carni sacrificali. La persecuzione di Decio fu

particolarmente dura soprattutto in Africa, Egitto, Roma e in Sicilia, dove

ricordiamo il martirio di Agata. Abbiamo fonti epigrafiche (cioè iscrizio-

ni sepolcrali) ritrovate all'isola di Ustica e attribuite al terzo secolo: "Lu-

cifera è morta il giorno di Agata", che vuol dire? Che già si era diffuso il

culto. Un'altra iscrizione di Iuria Fiorentina è del quarto secolo, è stata

seppellita nel foro dei martiri a Catania. "A Iuria Fiorentina, fatta cri-

stiana col battesimo, il padre pose questa lapide, morì a Ibla, vicino a

Catania con appena quattro ore di battesimo…" è certo allora che Agata

morì a Catania sotto Decio, e anche Euplo il diacono sotto Diocleziano.

Con la persecuzione di Decio fu impegnata tutta la commissione

dello stato per controllare il rilascio dei libelli e la per persecuzione pian

piano si affievolì. Questo danno alla Chiesa non fu persistente nel tempo.

La grande massa dei lapsi fece grande pressione per tornare nella Chiesa,

lo Stato non raggiunse il suo obiettivo: aumentare i fedeli alle divinità. La

persecuzione di Decio suscitò una riflessione profonda. Cipriano scrive

un vero e proprio trattato sui lapsi.

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MARTEDÌ 09 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 12,15

VALERIANO (253-260)

Dal 250 al 256 d.C., dopo la persecuzione di Decio, si ebbero anni

di tranquillità per la Chiesa. L'imperatore Trebioniano Gallo però fece

arrestare Cornelio e lo mandò in esilio a Civitavecchia (ma furono fatti

sporadici in quel periodo). A Trebioniano Gallo succede Valeriano dal

253 al 260 d.C. I primi ani di Impero furono tranquilli, ma bene presto si

passa alla persecuzione nel suo quarto anno di regno, intraprese una dura

e cruenta persecuzione sistematica come quella di Decio. Il loro obiettivo

era quello di perseguitare i cristiani per confiscargli i beni per rimediare

alla situazione economica precaria dell'Impero. Nel 257 vi fu il primo e-

ditto di Valeriano, l'intenzione era quella di colpire il clero a questi veni-

va imposto di fare il sacrificio agli dei, veniva proibito di celebrare il

proprio culto. Nell'Africa settentrionale, in Egitto, furono arrestati il ve-

scovo Cipriano e Dionigi, molti cristiani venivano condannati ai lavoro

forzati e all'esilio. Cipriano si convertì al cristianesimo nel 245 e affrontò

la prima persecuzione di Decio nel 249, ma scampò il martirio rifugian-

dosi, successivamente subì il martirio nella persecuzione di Valeriano.

A Roma subì il martirio Papa Sisto II, con i suoi diaconi nel 257-

258 nella stessa persecuzione subì il martirio S. Lorenzo. Nel 259 l'impe-

ratore Valeriano fu imprigionato dai persiani e morì poco dopo.

GALLIENO (260-268)

Gallieno era il figlio di Valeriano, non soltanto fa cessare la per-

secuzione, ma emana un editto a favore dei cristiani, inoltre restituì parte

dei beni confiscati ai cristiani dal padre Valeriano e fece riaprire i loro

luoghi di culto. L'editto di Gallieno favorì un periodo di pace di oltre

quaranta anni che favorì la diffusione del cristianesimo in piena libertà.

In questo periodo storico, al tempo di Diocleziano, inizia la prima tetrar-

- 35 -

chia formata da due Augusti (solitamente uno per l'Oriente e l'altro per

l'Occidente) e due Cesari.

Questa riforma istituzionale era stata stabilita dalla riforma am-

ministrativa di Diocleziano.

2 AUGUSTI

Diocleziano (284-305)

Iovis, figlio di Giove

ORIENTE con sede a Nicomedia

Massimiano (285-305)

Erculeo, figlio di Ercole

OCCIDENTE con sede a Milano

2 CESARI (dal 293)

Galerio

Zona di Il lirico, Macedonia e Gre-

cia, con sede a Sirnio

Costanzo Cloro

Zona di Spagna, Francia, Britannia,

con sede a Treviri.

DIOCLEZIANO (284-305)

Si rende conto che i cristiani assumono grande influenza e crede

che creino opposizioni alle riforme amministrative della società. Nel 295

pubblicò un editto sul matrimonio. Fece pulizia all'interno dell'esercito

che doveva essere fedelissimo all'imperatore estirpando i cristiani dall'e-

sercito. Emanò quattro editti di persecuzione: 1 - il primo è generale ed è

del 303, veniva ordinata la distruzione di tutte le chiese cristiane e la con-

fisca di tutti i libri sacri. Venivano vietate le riunioni cultuali cristiane e

vengono dichiarati incapaci di compiere atti giuridici validi. Diocleziano

incominciò nell'Asia Minore da Nicomedia, di ciò ne parla "De mortibus

persecutorum" di Lattanzio; 2 - il secondo editto sempre nel 303 pro-

muoveva la persecuzione della gerarchia della Chiesa e dei pastori, Euse-

bio di Cesarea ce ne parla ne "la storia ecclesiastica"; 3 - nel terzo editto

sempre del 303 ci sono istruzioni dettagliate per procedere contro il clero;

4 - il quarto editto, nel 304 prescrive a tutti senza eccezioni il sacrificio

agli dei (come aveva fatto Decio).

- 36 -

In quel periodo nel 304, in occasione della "festa dei decennalia",

i vent'anni dell'impero, Diocleziano andò a Roma per festeggiare, ma non

fu accolto molto bene e tornò a Nicomedia. Nel 305 ci fu l'abdicazione

all'impero con la sostituzione di altri Augusti. La parte orientale subì tutta

la persecuzione dal 303 fino all'editto di tolleranza di Galerio del 311.

Risale a questo periodo la persecuzione di Sant'Euplo di Catania

nel 303 che si rifiutò di consegnare i libri sacri. Continua la persecuzione

anche con Galerio, ma con l'editto del 311, ordinava la cessazione delle

persecuzioni dei cristiani, su tutto il territorio dell'impero; morì nel 311.

L'Editto di Galerio è un atto di resa verso i cristiani, purché questi ultimi

per lo meno siano fedeli allo Stato e alle sue leggi, per la prima volta un

editto imperiale riconosceva i cristiani. Veniva equiparato il loro culto

agli altri culti dell'impero, non era più ritenuta una "superstitio".

Ormai per il cristianesimo si apriva una nuova strada, il pieno ri-

conoscimento del cristianesimo all'interno dell'Impero.

- 37 -

SABATO 13 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 11,15

IL VISSUTO DEL POPOLO CRISTIANO

L'AMBIENTE

L'ambiente è quello delle caste del mediterraneo, soprattutto delle

città portuali, in seguito, il messaggio cristiano si allarga nell'entroterra

dell'impero. Il centro del cristianesimo nel secondo secolo è Antiochia,

anche Roma è un centro importante. In questo periodo si creò una rete

stradale dell'Impero che era efficiente e che favoriva lo spostamento delle

legioni ed erano protetti militarmente per evitare saccheggi. Anche via

mare c'era il commercio dell'impero che era fermo nel periodo invernale

a causa del tempo non favorevole.

Vi era fra i cristiani un forte senso di fraternità in questi viaggi, e

vi erano anche delle lettere di presentazione fra di essi, per chi non aveva

una dimora fissa vigeva molta ospitalità. Quando c'era un nuovo vescovo,

un nuovo martire, o una notizia importante venivano comunicate tra di

loro. Intanto il cristianesimo si diffondeva in tutti i ceti sociali e questo

destava meraviglia nei pagani. Nella comunità cristiana c'erano anche i

padroni oltre che gli schiavi, colti e incolti. Nella epigrafe (iscrizione

tombale) cristiana non c'erano preferenze o distinzioni. Nella cultura pa-

gana vi era disprezzo per coloro che svolgevano attività lavorative mano-

vali, quindi non capivano la fraternità cristiana. La Chiesa, invece, di-

sapprovava coloro che lavoravano nel settore della astrologia, della ma-

gia, dei spettacoli circensi.

Nella comunità cristiane le "grandi novità" erano l'uguaglianza

tra la donna e l'uomo e l'importanza della verginità e della moralità, il

rispetto della vita e la disapprovazione verso l'aborto.

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LA PRESENZA NEL MONDO

I cristiani per comunicare utilizzavano la lingua dall'aramaico al

greco attraverso l'evangelizzazione che non partiva dalla gerarchia, ma

dalla gente semplice e comune, lo stile che si diffondeva era per "conta-

gio", semplice, modesta, fatta in sordina, sottovoce, nell'ombra del silen-

zio. I cristiani erano inseriti ovunque senza far rumore (medici, commer-

cianti, mogli, mariti, figli, ecc… senza distinzioni). Le conversioni al cri-

stianesimo potevano anche essere totali nelle famiglie, se il padre di fa-

miglia diventava credente, o la madre, spesso, tutta la famiglia veniva

coinvolta. Le donne hanno un ruolo importante per la conversione. In O-

riente la Chiesa diede alle donne anche il diaconato. Anche nell'esercito il

cristianesimo si diffondeva.

IL VOLTO DELLA CHIESA

Davanti alla società pagana la Chiesa si poneva in un modo nuo-

vo. La fraternità, l'accoglienza, l'unità cristiana, era uno stile nuovo. La

cura delle vittime della legge, la prigionia dei fratelli cristiani si svolgeva

con la dedizioni spirituali e materiali e questo era anche per le vedove e

gli orfani.

Lo Stato si disinteressava di queste realtà, della cura dei poveri e

di malati, soprattutto dei malati schiavi. La sepoltura degli emarginati e

dei poveri, la solidarietà verso i condannati ai lavori forzati erano il pri-

mo interesse dei cristiani. Questi aiuti erano possibili anche grazie ai cri-

stiani facoltosi.

Ireneo di Lione fu un grande divulgatore della parola e della con-

cretezza materiale.

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EROISMO QUOTIDIANO

Non solo le persecuzioni, ma anche la vita quotidiana era un eroi-

smo dall'alba al tramonto scandita dalla preghiera e dalle opere buone.

Per molti cristiani anche la notte era un momento di preghiera.

Origene sosteneva che i cristiani dovevano fare la preghiera prima

dei pasti e durante la giornata. Il sabato sera veniva accesa una lampada

che anticipava il giorno del Signore: la Domenica.

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MARTEDÌ 16 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 12,15

DALLE PICCOLE COMUNITÀ ALLE CHIESE EPISCOPALI

Nelle lettere di Paolo si incomincia a intravedere l'importanza del-

le comunità. Allora il vescovo non esisteva, ma comunque le comunità

avevano a capo dei sorveglianti.

Ignazio di Antiochia insiste sull'unità della Chiesa, questa si mani-

festa nella Eucaristia. Il pericolo delle eresie e dello scisma è sempre die-

tro l'angolo, e per questo le guide delle comunità organizzano la difesa a

questi attacchi con l'unità delle comunità. Nelle lettere di S. Ignazio si

vedono tre ministeri: vescovi, presbiteri e diaconi. Nel secondo decennio

del secondo secolo si forma l'episcopato monarchico che è un'unica figu-

ra a capo delle comunità, coordinato dal collegio dei presbiteri. Il vesco-

vo diventa il garante di questa comunità, quindi dalla gestione di molte

persone, i cosiddetti sorveglianti, si passa alla guida di una: "il Vescovo";

si cerca un legame tra il vescovo e gli apostoli e questo è lo Spirito Santo.

I Chierici portano avanti la guida delle comunità e il sostentamen-

to viene dalle comunità stesse e dal lavoro dei vescovi.

Il Concilio di Elvira in Spagna, però, vieta ai vescovi, ai presbiteri

e ai diaconi lavorare, perché devono concentrare le loro forze solo sulle

comunità. Le guide furono obbligate a soddisfare queste richieste, inoltre

potevano sposarsi una sola volta. Col tempo vedremo che le guide saran-

no scelte fra persone non sposate avviandoci così al celibato. Pian piano

si diffonde la scelta del celibato e dell'ascetismo .

LE CATEGORIE: CONFESSORI DELLA FEDE & IL CLERO

Questi sono i cristiani valorosi che hanno sofferto per la fede du-

rante le persecuzioni, senza aver perso la vita. Venivano tenuti in alta

considerazione, si arrogavano il diritto di assolvere i lapsi, cioè coloro

che avevano rinnegato la fede. I lapsi dovevano scontare delle penitenze,

- 41 -

ma grazie alle raccomandazioni dei confessores venivano assolti. Questa

situazione diede molto fastidio ai vescovi, quindi ci furono alcune di-

scordie con i confessori. Alla fine prevalse il pensiero dei vescovi, Ci-

priano scrisse diverse lettere su questa situazione sostenendo che solo i

vescovi oggettivamente avevano il diritto di assolvere i lapsi, infatti scri-

ve il "De unitate Ecclesiae" sottolineando tutto ciò.

Nel terzo secolo il vescovo si afferma nelle città con la collabora-

zione dei presbiteri. Poi pian piano anche le periferie sono guidate da

questi ultimi. A Roma nel secondo secolo si organizza una divisione in

settori, i "Tituli", nelle varie comunità si costruiscono chiese dette "Titu-

li", cioè erano case vere e proprie che divenivano chiese. Queste case-

chiese venivano affidate erano affidate ai vescovi ed ai presbiteri. I dia-

coni erano i collaboratori più stretti del vescovo gestivano l'economia del

clero e avevano il ruolo di dare i soldi ai più bisognosi.

La città di Roma si divideva in quattordici regioni a livello civile,

mentre a livello ecclesiale in sette. A ciascuna venivano affidati i diaconi,

le singole diaconie assistevano i poveri delle città con viveri, alimentari,

e con soldi, in questo periodo storico il rapporto con lo Stato è altalenan-

te. Il principale collaboratore del Vescovo è l'arcidiacono che poteva di-

venire vescovo dopo la morte di quest'ultimo.

Nel terzo secolo si istituirono nuovi ministeri, come i lettori. I

diaconi avevano i suddiaconi, a questo erano subalterni gli accoliti, poi vi

erano gli esorcisti e infine gli ostieri. Quest'ultima categoria erano come i

sacristi di oggi, chiudevano le chiese. Un'altra categoria erano i fossaris,

che si incaricavano delle catacombe.

LA DIVISIONE TERRITORIALE DELLE CHIESE

Le piccole comunità in ambito cittadino erano guidate dal vesco-

vo, da queste parte una vera e propria ramificazione, o nuove diocesi, o

nel caso dei sobborghi, chiese guidate dai presbiteri che potevano rima-

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nere stabili o essere itineranti. Le diocesi a loro volta fondavano altre

diocesi.

In Oriente dalla grande città venivano mandati i "Corepiscopi"

che erano veri e propri vescovi dei villaggi, ma ben presti questi villaggi

scomparvero, formandosi vere e proprie diocesi. In Italia questo passag-

gio non ci fu, perché in ogni villaggio c'era un vescovo, non il presbitero

come in Oriente. Si crea così la diocesi metropolita che ha le diocesi suf-

fraganee. Il vescovo metropolita presiedeva alle ordinazioni episcopali

dei nuovi vescovi, ma le suffraganee avevano la loro autonomia. In Italia

le diocesi dipendevano da Roma, ed era Roma che si occupava dell'ele-

zione del vescovo nel momento in cui non si mettevano d’accordo sul

nome del nuovo vescovo e l'eletto andava a Roma per essere ordinato.

Nel quinto-sesto secolo al di sopra delle diocesi metropolite sor-

gono i patriarcati, cioè le grandi città e sono cinque: il patriarcato di

Roma, di Costantinopoli, di Antiochia, di Gerusalemme e di Alessandria.

Il Africa vi era il "Primate" che era il vescovo più anziano e lo stesso era

per Alessandria. Ogni patriarcato era autonomo da Roma, vi era una u-

nione ecclesiale, ma nell'ambito organizzativo si governavano da sole.

All'interno delle metropoli provinciali si formavano dei concili o sinodi

che parlavano della fede e della organizzazione delle Chiese.

LA POSIZIONE PREMINENTE DI ROMA

Le Chiese guardavano Roma con ammirazione, difatti Roma at-

traeva le altre chiese in modo quasi sentimentale. Cipriano nelle sue let-

tere accentua l'importanza dell'unità delle chiese col vescovo di Roma,

anche se non vi era stato un Concilio su questo, tutto ciò nasceva sponta-

neamente. Questo si spiega perché Pietro e Paolo morirono a Roma.

Roma era considerata la cattedra di Pietro ed era esempio di fede

e carità, sosteneva spiritualmente ed economicamente anche le altre chie-

se. Chi era in difficoltà faceva capo a Roma. Il successore di Pietro in ca-

- 43 -

rica era il principale interlocutore dell'imperatore. Con la tradizione ro-

mana la Chiesa rappresentava la continuità apostolica.

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VENERDÌ 19 APRILE 2002 - ORE 08,30 / 09,15

LA "SVOLTA COSTANTINIANA":

DALLA TOLLERANZA AD UNA SITUAZIONE DI PRIVILEGIO

ACCORDO DI MILANO NEL 313

Con Costantino cominciano a cambiare sul serio le cose. Adesso

si passa ad un riconoscimento vero e proprio della religione cristiana ed

anche di privilegio. Col Cesare dell'Oriente Massimino Daia continua la

persecuzione nonostante l'editto di tolleranza di Galerio. Quindi mentre

in una parte dell'impero si applica la tolleranza, dall'altra continua la per-

secuzione. Continua la tetrarchia: i due augusti sono Galerio e Costanzo

Cloro:

Il 28 ottobre del 312 ne "La battaglia del ponte Milvio" costò a

Massenzio l'impero e la vita, cos' l'Italia e l'Africa divennero imperate da

Costantino che in questa battaglia si è affidato al Dio dei cristiani, che fe-

ce apporre sullo scudo dei soldati del suo esercito il "segno di Dio" cioè

la "Chi - χ" e la "Ro - ρ" di "Cristos - Χριστοσ".

- 45 -

Costantino attribuisce questa vittoria al Dio dei Cristiani.

Costantino nacque nel 285 da Costanzo Cloro e da Elena (che era

una serva che conviveva con l'imperatore). Già nella famiglia imperiale

di Costanzo Cloro si respirava una certa tolleranza religiosa, Costanzo

Cloro era molto predisposto al monoteismo, credeva ad una sola divinità

"Sole invitto", era inoltre aperto e tollerante verso i cristiani. Di tutto que-

sto ce ne parla Eusebio Di Cesarea in "La Storia Ecclesiastica".

Nel 313 si giunge ad un accordo in materia religiosa tra Oriente e

Occidente tra Costantino e Licinio che si incontrarono a Milano nel feb-

braio del 313 e decisero di mettere in esecuzione l'editto di Galerio in

tutto l'impero e di ampliarne il contenuto verso la tolleranza religiosa.

Con questo accordo ciascun cittadino può avere piena facoltà di seguire

la religione che vuole seguire, ai cristiani vengono restituiti i loro beni,

chiese, cimiteri, ecc… I cristiani vengono riconosciuti come persone giu-

ridiche capaci di produrre atti giuridici e quindi di possedere dei beni.

In Africa si creò una divisione tra le chiese, ci fu uno scisma do-

natista, ci furono dei "traditores" e quindi si ripresentò il problema che si

era presentato coi lapsi. Ci si chiedeva se il sacramento celebrato era va-

lido in sé stesso o se la validità del sacramento dipendeva dalla persona

che lo celebrava. Questo problema scoppiò nel 312 lungo l'ordinazione

episcopale del vescovo Ceciliano di Cartagine. Costantino volle mettere

pace tra i due raggruppamenti.

La legislazione di Costantino emana leggi ispirate al pensiero cri-

stiano, al rispetto della persona umana, da anche ai cristiani la facoltà di

ridare la libertà ai propri schiavi. Nel 321 emana una legge che implica al

cristiano di non eseguire lavori manuali la domenica per poter celebrare il

giorno del Signore.

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MARTEDÌ 23 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 12,15

LA "SVOLTA COSTANTINIANA": DALLA TOLLERANZA AD UNA SITUA-

ZIONE DI PRIVILEGIO

Il cristianesimo veniva riconosciuto alla pari delle altri confessio-

ni pagane, c'è una equiparazione. Successivamente dalla situazione di

equiparazione si passa alla benevolenza, cioè ci sono delle preferenze

verso il cristianesimo.

Nella battaglia contro Licinio la lotta è "per così dire" dei pagani

contro il cristianesimo e vince così Costantino, dalla parte dei cristiani,

divenendo l'unico imperatore. Costantino si dichiara "l'eletto di Dio", lui

sentiva per sé questa missione di propagare il culto per l'Unico Vero Dio,

inoltre l'unico imperatore sulla terra doveva essere l'immagine dell'unico

Vero Dio. "Dio ha voluto la mia opera al suo servizio per far sì che le

opere di Dio si compiano sulla terra", dichiara Costantino. Inoltre si ri-

veste di autorevolezza anche all'interno della gerarchia della Chiesa, par-

tecipa ai problemi della Chiesa insieme ai vescovi.

Dal 324 Costantino in diversi modi manifesta questa condizione

di privilegio verso i cristiani. A partire dalla legislazione, quest'ultima ri-

sente dell'influsso cristiano, ci sono leggi in cui si vieta il divorzio e il

concubinato, non era più possibile vendere schiavi sposati ai diversi ac-

quirenti, perché sono una famiglia, si proibivano i giochi dei gladiatori

per il rispetto della vita umana, viene abolita la pratica della crocifissione

come pena di morte, se una persona si convertiva dal giudaismo al cri-

stianesimo veniva aiutata e protetta, ai vescovi veniva riconosciuta dallo

Stato la competenza giuridica nel giudicare o condannare (Episcopalis

Audentia). Altri disposizioni sono contro gli eretici o scismatici, viene

anche pubblicato un editto in merito, c'è una persecuzione contro l'eresia

non verso il singolo, ma verso le comunità eretiche. Costantino vuole pa-

ce nella Chiesa, se c'è pace nella Chiesa ci sarà anche la pace nell'Impero.

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Anche se ancora i pagani non sono in netta minoranza, sono ormai desti-

nati a scomparire e ad essere messi da parte. Vengono emanati alcuni de-

creti ed editti che mirano al progressivo disfacimento del mondo pagano,

molti templi venivano abbandonati e molti materiali venivano portati a

Costantinopoli e venivano utilizzati per costruire delle Chiese. Costantino

intraprende una attività edilizia di costruzione di nuove chiese, in Pale-

stina fa costruire la Basilica del Santo Sepolcro, la Rotonda attorno al

Santo Sepolcro vuoto, e al calvario di Cristo. A Bethlemme costruì la Ba-

silica della Natività del Signore Gesù. A Roma costruisce la Basilica del

Santissimo Salvatore dapprima dedicata ai Santi Giovanni Battista e Gio-

vanni Evangelista, e dopo fu chiamata "San Giovanni in Laterano", fu la

prima Basilica cristiana a Roma, la cattedrale del papa di Roma, è la

Chiesa Madre di tutte le Chiese. Successivamente fece costruire a Roma

pure la Chiesa di San Pietro.

Costantino fece costruire una nuova capitale dell'Impero: "Co-

stantinopoli", la concepisce come città cristiana, libera dalle influenze

pagane, viene chiamata "la nuova Roma" perché la concepisce ad imma-

gine di Roma. Costantinopoli fu inaugurata con grandi feste l'undici

maggio del 330.

Costantino rimandò sempre il proprio battesimo. Nel 337 quando

si aggravarono le sue condizioni di salute convocò a sé alcuni vescovi,

chiese loro il battesimo, e divise il regno ai suoi tre figli: Costatino II,

Costanzo II, e Costante. Eusebio di Cesarea ci dice che da quel giorno in

poi rinuncia alla veste di porpora per indossare solo una veste bianca,

morì il 22 maggio del 337 e fu sepolto a Costantinopoli. Entrò nell'im-

magine popolare come il "grande imperatore" e fu anche visto come

"santo".

Costantino affrontò due grandi questioni: nel nord-Africa lo sci-

sma donatista e in occidente la controversia ariana. Erano le divisioni

più grosse in quel periodo tra i cristiani.

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A Roma, vicino al Colosseo, c'è "l'arco di Costantino", è un arco

di trionfo per l'ispirazione della divinità che vincerà con questo segno.

LA CONTROVERSIA ARIANA

Tutto sorge all'interno della comunità di Alessandria in Egitto nel

quartiere Bacauli da alcune dottrine del presbitero Ario di formazione

Antiochena, il suo maestro era stato Luciano di Antiochia. Ario si vanta-

va di essersi formato ad Antiochia, nella predicazione attirava a sé molte

persone, aveva una vasta cultura ed una buona capacità dialettica, attirò a

sé molta parte del clero e molte vergini consacrate. Predicava la sua con-

cezione del "Logos" e la sua concezione del Figlio in rapporto con il Pa-

dre: in che rapporto stanno? Lui sostiene che il Figlio è subordinato al

Padre. Sostiene che il Figlio non è esistito da sempre, è stato fatto da nul-

la e c'è stato un tempo in cui non è esistito; queste dottrine sono esposte

nella sua opera "Talio". "Il Dio diede vita ad una realtà che chiamò Ver-

bo, il Verbo non è vero Dio anche se egli è chiamato Dio, gli fu data una

divinità dal Battesimo e con la sua morte la perse". Queste idee nasceva-

no dall'adozionismo Antiocheno e dal subordinazionismo origeniano.

Da un lato ad Alessandria c'era Ario che diceva che il Figlio di

Dio fu creato dal nulla, dall'altro lato c'erano molti del clero che respin-

gevano questa dottrina dicendo che il Figlio è consustanziale al Padre ed

è eterno. L'eresia di Ario si diffondeva a macchia d'olio, la questione fu

affrontata dal vescovo Alessandro di Alessandria che espulse Ario e

quella parte di clero che aderì alla sua dottrina.

Ario si spostò a Palestina in Cesarea; lì incontrò dei sostenitori

perché legati alla formazione Antiochea: Eusebio di Nicomedia e Eusebio

di Cesarea. Ad Alessandria si indisse, allora, un sinodo dove partecipa-

rono cento vescovi, le conclusioni furono quelle di espellere Ario e i suoi

seguaci dalla Chiesa perché eretici, in quanto scardinano in centro della

Fede e della stessa dottrina cristiana.

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Si creano così due partiti o schieramenti: gli ariani e gli antiariani:

ARIANI ANTIARIANI

Ario

Eusebio di Nicomedia

Eusebio di Cesarea

Teognide di Nicea

Marcello di Ancira

Macerio di Gerusalemme

Alessandro di Alessandria

Eustazio di Antiochia

Atanasio di Alessandria (dopo)

Costantino volle affrontare questa questione: mandò una lettera ad

Alessandro e ad Ario per cercare di mettere pace. Costantino si avvale del

suo consulente vescovo Osia di Cordova per quanto riguarda le lettere di

tipo dottrinale, fu lo stesso vescovo a consegnare le lettere.

Già mezzo secolo prima di Ario, il rapporto tra il Padre ed il Fi-

glio era stato discusso dai teologi, e vi furono vivissimi contrasti. Paolo

di Samoseta in ambiente Antiocheno fu un precursore, aveva professato il

monarchianismo cioè esasperava l'aspetto umano di Gesù. L'arianesimo

viene da diverse tendenze: dal monarchianismo e dal subordinazionismo

di stampo origeniano.

CONCILIO DI NICEA

Si apre un sinodo per discutere questa questione dottrinale e altre

questioni (la data della Pasqua, lo scisma Veneziano in Egitto, ecc…). La

sede fu Nicea in Bitinia nel maggio del 325. Costantino voleva favorire

in tutti i modi la partecipazione dei vescovi e offrì loro i servizi dello Sta-

to: il vitto, il viaggio e l'alloggio gratuito. Molti vescovi parteciparono a

questo Concilio, anche il vescovo di Roma a cui si attribuiva già molta

autorevolezza. Tra i padri conciliari vi erano personalità autorevoli: Ales-

sandro di Alessandria (il capo della lotta contro Ario), Eustazio di Antio-

chia, Marcello di Ancira, Macerio di Gerusalemme, ecc…

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L'Occidente latino era poco rappresentato (5 rappresentanti) in

quanto il viaggio era difficoltoso. Erano presenti soprattutto i vescovi più

esperti in materia teologica. Vi erano anche diaconi e molti dotti laici che

assistevano i vescovi.

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SABATO 27 APRILE 2002 - ORE 10,30 / 11,15

IL CONCILIO DI NICEA (325)

LA FEDE IN CRISTO, CONSUSTANZIALE AL PADRE

Chi è il Cristo? Contro le idee di Ario, l'imperatore Costantino

convoca il Concilio che si apre il 20 maggio del 325. l'intento di Costan-

tino è quello di suscitare la pace tra i vari vescovi. Anche Eusebio ci par-

la di questo Concilio, lui addirittura è un "addetto ai lavori".

Dopo il discorso introduttivo, Costantino lasciò liberi i vescovi di

esporre le loro dottrine. Gli ariani espongono le loro dottrine con lo scrit-

to di Ario: "Talia", tutti gli antiariani reagiscono e si oppongono, ma non

si riesce ad arrivare ad una soluzione. Interviene allora Eusebio di Cesa-

rea, che avanza un compromesso, proponendo il "Simbolo della Fede"

della Chiesa di Cesarea. Ci forno delle integrazioni in questo "Simbolo

della Fede" viene introdotta la parola "���������" che significa consu-

stanziale, anche se non c'è molto accordo tra gli occidentali che l'accetta-

no e gli orientali che sono un po’ scettici, infine con l'apporto di Costan-

tino si arrivò all'accordo della dottrina della consustanzialità.18

Una volta giunti all'accordo, Costantino chiede che i documenti

del Concilio vengano sottoscritti e firmati da tutti i vescovi. Soltanto due

non firmarono: Secondo e Teonato, i quali vengono allontanati.

LA DATA DELLA PASQUA

L'altra questione era quella della data della Pasqua da stabilire:

La data della Pasqua

Oriente Occidente

14 del mese lunare di Nisan (è l'usanza della Pasqua ebraica)

La Domenica successiva al 14 di Nisan (Vangelo di Gv.: il giorno dopo il Sabato c'è la Resurrezione del Signore)

18 Cfr. Conciliorum Oecumenorum Decreta - tutti i documenti dei Concili Ecumenici da Nicea a Vaticano II.

- 52 -

Si scelse di celebrare la Pasqua la Domenica successiva al primo

plenilunio dopo l'equinozio di primavera del 21 marzo.

QUESTIONI DISCIPLINARI, "LA CONTROVERSIA ARIANA"

Il Concilio di Nicea, rappresenta un incontro di importanza capi-

tale, è il primo concilio "ecumenico", l'intenzione fu quella di pronunzia-

re una sentenza definitiva riguardo a delle dottrine "incerte", discusse e

personali. Lo scopo del concilio fu raggiunto, nonostante le miserie uma-

ne. Ritornati, però, alle loro sedi, diversi vescovi ci ripensarono: Eusebio

di Nicomedia e Teognide di Nicea comunicarono all'imperatore, dopo un

anno, che ritiravano la loro professione di fede stabilita a Nicea. Costan-

tino manda in esilio questi vescovi e ne manda due nuovi.

Nel 328 si presentò un mutamento dell'atteggiamento dell'impera-

tore verso i filo-ariani che riescono ad accattivarsi le sue simpatie, tant'è

che l'imperatore ritira il loro esilio e avvicinano i loro contatti con l'impe-

ratore. Eusebio di Nicomedia, riprese la condizione di guida del "partito

ariano". Gli ariani mettevano in cattiva luce la contrapposizione, Eusta-

zio di Antiochia venne screditato di fronte allo stesso imperatore. Eusta-

zio e Atanasio vennero deposti dall'imperatore. Sembra proprio allora che

il partito ariano abbia avuto la meglio, adesso vuole puntare alla reinte-

grazione di Ario, quest'ultimo viene convocato dall'Imperatore nel 334

per uno scambio di idee. A Gerusalemme si convocarono nuovamente i

vescovi che, dichiararono le dottrine di Ario, ortodosse, anche se era già

morto qualche anno prima. Successivamente morì anche Costantino, i

problemi sorsero dopo.

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GIOVEDÌ 02 MAGGIO 2002 - ORE 08,30 / 10,15

LA LOTTA SUL SIMBOLO NICENO SOTTO I FIGLI DI COSTANTINO

Costantino fu arrestato ed ucciso nel 340 d.C. ad Aquileia. Nel

340 restano due Augusti Costantino II in Oriente e Costante in Occiden-

te. Ora si passa da una tolleranza ai culti pagani ad una intolleranza che

spinge gli imperatori a chiudere i templi. A Treviri c'era Sant'Atanasio in

esilio e Costanzo II lo libera dall'esilio per farlo rimpatriare ad Alessan-

dria.

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Ci sono due schieramenti politici:

Gli Eusebiani credevano che il rientro di Atanasio ad Alessandria

era illegittimo. Atanasio indice un sinodo dei vescovi in Egitto che rico-

noscono in lui la legittimità di essere vescovo in Alessandria. Gli Euse-

biani chiesero allora di eleggere un nuovo vescovo: Gregorio di Cappa-

docia, con questa scelta Atanasio dovette scappare da Alessandria nel de-

serto. A Roma, mentre Gregorio di Cappadocia era già vescovo di Ales-

sandria arrivò la decisione del sinodo romano sulla scelta del nuovo ve-

scovo di Alessandria. Roma aveva scelta Atanasio, ma ormai era troppo

tardi.

La questa dottrinale ancora non era stata chiarita e si sentì l'esi-

genza di fare un sinodo. Papa Giulio nel 342 convoca il Concilio di Sar-

dica in Bulgaria e in questo sinodo appare lo schieramento dei vescovi

occidentali (circa 90) e dei vescovi orientali (circa 80). Gli orientali si

impongono: non partecipano alla seduta del concilio se ad essa parteci-

pano i vescovi occidentali precedentemente esiliati. I vescovi orientali

tornano nelle loro sedi senza riuscire ad arrivare ad un compromesso. Gli

occidentali portarono avanti il concilio pur senza gli orientali, fu sancito

il pieno disaccordo ai vescovi orientali. Il sinodo di Sardica, fu un falli-

mento, con la scomunica dei vescovi guida di oriente, l'atmosfera si av-

velenò e si incominciò a vedere la rottura tra la chiesa d'oriente e la chie-

sa d'occidente.

Costante fece richiesta al fratello maggiore Costanzo II di far ri-

conoscere i diritti legittimi dei vescovi atanasiani anche in oriente, chie-

deva di far tornare Atanasio dall'esilio nella sua sede di Alessandria. L'in-

flusso di Costante fu importante, dopo la morte di Gregorio di Cappado-

Eusebiani (Arianesimo moderato)

ariani seguagi di Eusebio di Nicomedia

Atanasiani

fedeli al simbolo di Nicea

- 55 -

cia, Costanzo II richiamò Atanasio per tornare ad Alessandria, dove fu

accolto trionfalmente. Ormai la strada verso la pacificazione era stata a-

perta, ma arrivò un'altra disavventura. Nel 350 ci fu una insurrezione nel-

l'esercito d'occidente e Costante dovette fuggire, fu ucciso nei pirenei e fu

eletto dal popolo Magnanzio, un usurpatore. Costanzo II, però, fece vale-

re i suoi diritti e vi prese l'impero usurpato al fratello. Costanzo II diven-

ne nel 350 unico imperatore d'oriente e occidente.

Atanasio perde così l'appoggio dell'imperatore Costante. Gli av-

versari di Atanasio incominciarono a screditarlo di fronte all'imperatore

Costanzo II. Si indisse a Milano un altro sinodo dove il volere dell'impe-

ratore diventava legge, il papa Liberio non accettò questi concili indetti

dall'imperatore, quest'ultimo mandò anche il papa in esilio e ne mise uno

nuovo di stampo ariano, per poter mettere a tacere tutte le voci "ribelli"

all'imperatore. Atanasio scappa nuovamente nel deserto dove scrive le

sue apologie più importanti, oggi è un dottore della chiesa.

In tutti questi problemi l'oggetto dei contrasti non è per l'ortodos-

sia, ma questioni personali tra vescovi, sulle scomuniche, su Atanasio,

ecc… Ci si sofferma solo su questioni personali, e la vera fede, l'ortodos-

sia non è più argomento di cui vale la pena parlare.

Atanasio fu santo perché campione dell'ortodossia.

Nasce un triplice schieramento dottrinale nel ceppo delle eresie

ariane:

ANOMEI o Eunomiani o Aeziani

Ariani radicali

OMOUSIANI Ariani più vicini ai niceni

OMEI Ariani moderati

����� ���Il Figlio è dissimile al Padre�

��� ���� ���Il Figlio è simile al Padre

nella sostanza Il Figlio è simile al Padre

(non interessa la sostanza)

• Eunomio di Cirico

• Eudossio di Antiochia

• Giorgio di Alessandria

• Macedonio di Costan-

tinopoli

• Silvano di Tarso

• Acacio di Cesarea

• Aezio • Basilio di Angira • Valente e Eursacio

- 56 -

Nel 256 inizia ad avviarsi un certo dibattito teologico-dottrinale,

stavolta non basato su questioni personali.

Aezio fu l'estremista della corrente ariana degli Anomei, che af-

fermava che il Figlio non è né della sostanza, né della stessa materia del

Padre.

Basilio di Angira riproponeva un nuovo termine, ��� ��� ��,

che riconosceva una similitudine della sostanza del Figlio con quella del

Padre, questa terminologia ottiene un certo consenso da parte di molti

perché questa definizione sembrava ortodossa. Basilio di Angira propose

all'imperatore di fare un doppio sinodo contemporaneamente uno ad O-

riente (a Selencia nell'Asia Minore) ed uno ad Occidente (a Rimini).

Il sinodo partì nel 359, in questo contesto fu elaborato un nuovo

termine "Il Figlio è simile al Padre" coniato da Valente e da Eursacio e-

sponenti del'arianesimo omeo.

- 57 -

SABATO 04 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

IL TENTATIVO DI RESTAURAZIONE PAGANA

SOTTO L'IMPERATORE GIULIANO "L'APOSTATA" (361-363)

Giuliano è detto "l'apostata" perché era colui che aveva rigettato

la religione cristiana. L'esercito acclama Giuliano imperatore, e invece di

andare dal cugino Costanzo per aiutarlo, marcia verso di esso per attacca-

re il suo esercito. Giuliano ha una certa nostalgia della cultura pagana,

per questo vuole cercare di farla rivivere. Era uno dei pochi superstiti del-

la famiglia imperiale. Quando salì al potere disse chiaramente che non gli

interessava niente del cristianesimo e che voleva ripristinare il culto pa-

gano. Fece riaprire i templi e i luoghi di culto pagani, emanò delle leggi

di riforma distruggendo così l'operato di Costantino.

Non scatenò la persecuzione contro i cristiani, perché lui stesso

era contro la violenza. Emanò una legge nella scuola dove vietava ai do-

centi cristiani di insegnare dottrine religiose. Di fronte a queste decisioni

il popolo rispose con una certa apatia. Giuliano escluse i cristiani dalle

responsabilità imperiali, fece tornare Atanasio perché credeva di aumen-

tare le divisioni nella Chiesa, invece Atanasio favorì l'unione nella Chie-

sa. Il tentativo di Giuliano l'apostata si rivelò un fallimento perché il cri-

stianesimo ormai si era diffuso e consolidato, difficilmente si riusciva a

fare attecchire la cultura pagana. Il suo impero durò appena due anni.

Tavola Cronologica degli Imperatori

Costanzo (350-360)

Giuliano "l'apostata" (361-363)

Gioviano (364)

Valentiniano I (364-375) Occidente - Niceno

Valente (364-378) Oriente - Filoariano

- 58 -

Nel 364 diventa imperatore Valentiniano I e divide l'impero col

fratello Valente a cui affida l'Oriente.

Valentiniano I segue la teologia Nicena, mentre Valente è per l'a-

rianesimo. In occidente, soprattutto i niceni si organizzano, nella Gallia il

rappresentatnte niceno è il vescovo Ilario di Poitiers. Le fratture all'in-

terno dell'arianesimo aumentavano sempre più, soprattutto tra gli omou-

siani e gli omei. Gli omousiani si avvicinavano sempre di più ai niceni e

si discostavano dagli omei.

In Oriente Valente propende per gli ariani. Gli omoiusiani rifiuta-

vano tutto ciò che era stato stabilito nel concilio di Rimini, si avvicinava-

no ai niceni ed erano contro gli omei.

Anche se ci sono questi avvicinamenti nella Chiesa nasce un nuo-

vo problema quello sullo "Spirito Santo"…è una persona divina?. E in

che rapporto sta col Padre e col Figlio?. Il simbolo di Nicea non trattava

questo problema.

I Pneumatomachi erano omousiani e credevano che lo Spirito

Santo non era una persona divina; i maggiori rappresentanti sono: Eusta-

zio di Sebaste, Basilio di Angira, Eulesio di Cizio e Maratonio.

Valente l'imperatore continua a sostenere gli omei, e comincia a

perseguitare tutti gli altri. Inizia il lavoro dei padri neo-niceni (vescovi):

Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo. Si avvia la

ricerca teologica, i padri neo-niceni si adoperavano per arrivare alla u-

nione dei gruppi che aderivano al credo di Nicea. Chiarirono a livello

dottrinale la questione della Persona dello Spirito Santo con una corretta

terminologia, precisarono l'unità e l'individualità dello Spirito Santo, ha

una sostanza divina. Parlarono di tre ipostasi e di una sostanza divina.

��� ��Una sostanza divina

������� ��tre sostanza individua

��������persona

- 59 -

MARTEDÌ 07 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15

LA TEOLOGIA DEI PADRI NEO-NICENI

� ������� ������ ���������� ��(oppure �������) una sostanza - tre persone

I padri neo-niceni iniziano un dibattito teologico, per chiarire il

rapporto tra il Padre e il Figlio. Cominciano ad elaborare un linguaggio

teologico preciso, prima non c'era chiarezza dei termini, per questo prima

nascevano controversie. Alcuni omousiani credevano che lo Spirito Santo

non era una divinità, erano dei pneumatomachi o macedoniani. I padri

neo-niceni risolveranno anche questo problema. "Una sostanza, tre per-

sone", i padri neo-niceni sono portati ad asserire la consustanzialità delle

tre persone, lo Spirito procede dal Padre attraverso il Figlio, si arriva ad

una chiarificazione della teologia trinitaria perché più elaborata, questa

teologia anche se innovativa è in piena continuità con il concilio di Nice-

a. Si arriva alla unanimità della teologia di Nicea.

Anche se c'è da dire che tutte le scelte teologiche dipendono an-

che dagli imperatori in carica.

Occidente Oriente

Valentiniano I (364-375)

Graziano (375-383)

Valente (364-378)

Teodosio I (379-395)

Teodosio I (392-395) 380 - Editto CUNCTOS POPULOS

Valentiniano I chiese aiuto al nipote Graziano. Valente, annullò i

decreti contro l'esilio dei vescovi cattolici. Valente nel 378 morì, nel 379

Graziano affidò alla parte orientale Teodosio I. Ambedue riconoscevano

- 60 -

il concilio di Nicea e questo faceva ben sperare. Lo schieramento dei ve-

scovi ortodossi fedeli a Nicea cominciarono a divenire la maggioranza.

Il 28 febbraio del 380 Teodosio I emanò un editto per tutto l'impe-

ro che dichiarava la religione cristiana come religione di Stato (cunctos

populos).

IL CONCILIO DI COSTANTINOPOLI (381)

Teodosio I si orienta a convocare un grande concilio dove trattare

le questioni dello scisma di Antiochia e la questione pneumatologica a

partire dal simbolo di Nicea, questo concilio doveva iniziare nella prima-

vera del 380, ma il concilio di Costantinopoli inizia nel 381.

I vescovi al solito vennero agevolati nel viaggio, nel vitto e nel-

l'alloggio. La maggior parte erano vescovi orientali, in questo concilio c'è

finalmente piena libertà dei vescovi. I pneumatomachi che erano in mino-

ranza andavano via a priori, per partito preso. Chiarirono la questione

sullo scisma di Antiochia e quella sullo Spirito Santo. Viene affrontata la

dottrina dei padri neo-niceni: Basilio di Cesarea, Gregorio di Nissa, Gre-

gorio di Nazianzo. Viene riconosciuta la divinità dello Spirito Santo.

Nel 381 fu approvato un simbolo in parte nuovo, ma che riprende

quello di Niceo. "Credo nello Spirito Santo che è Signore e da la vita,

che procede dal Padre, che insieme al Padre e al Figlio deve essere ado-

rato e glorificato, e che ha parlato per mezzo dei profeti".19

Col simbolo di Costantinopoli del 381 venne riconosciuta l'o-

moiusia, e venne accolto lo Spirito Santo come consustanziale, porta a

conclusione in maniera efficace la problematica legata alla Trinità, favo-

rendo così la definitiva affermazione della Teologia Nicena. Da quel

momento in poi (381), all'interno della Chiesa Imperiale, l'arianesimo

non rappresenta più alcun pericolo. Dopo il simbolo, il Concili emanò

19 Simbolo di Fede Costantinopolitano

- 61 -

una lettera "noi abbiamo sopportato da parte degli eretici prove e perse-

cuzioni, ma coloro che sono rimasti fedeli a Nicea hanno vinto!".

Il Concilio di Costantinopoli deliberò anche altri canoni: piena

continuità con Nicea (can.1), ordinamento territoriale delle diocesi, molto

importante è il canone 3 "il vescovo di Costantinopoli avrà il primato

d'onore dopo il vescovo di Roma, perché Costantinopoli è la nuova Ro-

ma". Questo anche per l'antagonismo che c'era tra Alessandria e Costan-

tinopoli. Il canone parla però solo di un primato di onore e non giurisdi-

zionale. Con Nicea (325) e Costantinopoli (381), si ha finalmente una vi-

sione globale sulla Trinità. I concili successivi tratteranno le questioni

Cristologiche.

I RAPPORTI TRA CHIESA E STATO NEL IV SECOLO

Gli imperatori cercavano di imporre le loro decisioni sulla Chiesa,

si era prospettata la "Chiesa Imperiale", cioè l'impero che subordina la

Chiesa. Anche l'impulso missionario della Chiesa era pilotato dallo Stato;

"fede-organizzazione-missione" i tre punti pilotati dall'impero.

COSTANTINO: IL RICONOSCIMENTO DELLA CHIESA

Costantino aveva una piena coscienza della "propria missione".

Cercò di favorire la pace e l'unità della Chiesa, fu lui stesso per questi

motivi a convocare i vescovi a Nicea. Finché visse Costantino il diritto

dell'imperatore a convocare sinodi non fu mai messo in dubbio.

Eusebio di Cesarea nelle sue opere concepisce idee e dottrine su

come deve essere il rapporto tra l'Impero e la Chiesa: "come il potere ce-

leste viene da Dio, così l'Impero deve avere solo un imperatore eletto di-

rettamente da Cristo Logos. L'Imperatore è il rappresentante di Dio sulla

terra. È il nuovo Mosè, medico delle anime e padre, è un vescovo dei ve-

scovi, un vescovo dei tutti, universale". "�� ����������������� - Ve-

scovo di tutti".

- 62 -

COSTANZO E VALENTE: UNA CHIESA SUBORDINATA ALLO STATO

È una teologia pericolosa, quella di Eusebio di Cesarea, perché

successivamente a Costantino la Chiesa viene subordinata allo Stato. I

vescovi venivano messi a tacere, scomunicati, allontanati, condannati

eretici, ecc… come Atanasio. Si pretendeva la totale sottomissione della

Chiesa allo Stato.

Nonostante ciò nacquero un gruppo di oppositori che difendevano

la libertà della Chiesa dallo Stato. Forze esterne non dovevano intromet-

tersi nell'assegnazione di cattedre vescovili, il pensiero di Atanasio era

contrario a quello di Eusebio.

Valente proibì le riunioni dei vescovi fedeli a Nicea. Lo scontro

più forte si ebbe tra il vescovo Ambrogio di Milano e l'imperatore Teodo-

sio I, e tra Ambrogio e Valentiniano II.

In Occidente c'è una Chiesa più "libera", in Oriente la Chiesa è

più sottomessa allo Stato: Cesaropapismo.

- 63 -

SABATO 11 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

LA CONTROVERSIA CRISTOLOGICA FINO AL CONCILIO DI EFESO (431)

ALESSANDRIA ANTIOCHIA

Logos - Sarxs - ����Dio si è fatto carne e non uomo completo

Logos - Antropos - ��������Dio si è fatto veramente uomo

UNA NATURA DUE NATURE Accertazione divinità Accertazione umanità

• Pietro di Alessandria • Didimo il Greco • Cirillo di Alessandria (succes-

sore di Atanasio)

• Diadoro di Tarso • Giovanni Crisostomo • Teodoro di Mopsuestia • Nestorio

Contemporaneamente al dibattito trinitario di Nicea-

Costantinopoli incomincia il dibattito Cristologico.

Nascono in merito due correnti: Alessandrina e Antiochena. Gli

alessandrini erano più vicini al pensiero neo-platonico col razionalismo,

gli antiocheni invece erano legati all'aristotelismo.

Gli alessandrini sostengono che nell'Incarnazione il Verbo assume

solo la carne dell'uomo, ma non un anima umana, perché il Logos la so-

stituisce. Al posto dell'anima razionale, il Logos ha preso solo un corpo.

Dunque sostengono che Cristo ha assunto solo una natura, perché quella

umana è stata solo "presa in prestito", Cristo non è un "uomo completo",

c'è una esaltazione della divinità. Gli alessandrini sono molto legati all'a-

rinesimo, la dottrina del Logos-Sarxs porterà al monofisismo. In questa

corrente c'è Apollinare di Audicea, come Eudossio di Costantinopoli che

asserisce: "noi crediamo in un unico signore Gesù visto che si è fatto

carne ma non uomo".

Gli antiocheni sostengono che il Logos assume una natura umana

completa, Dio si è fatto veramente uomo, c'è una natura fisicamente divi-

na e una natura fisicamente umana, due nature riconosciute in Gesù.

- 64 -

Questa dottrina del Logos-Antropos porterà al bifisismo. A questa corren-

te aderiscono i padri Cappadoci o neo-niceni, affermano l'esistenza in

Cristo di un anima umana integra ma divinizzata, vi è una commistione

delle due dottrine.

Cirillo di Alessandria della scuola alessandrina e Nestorio della

scuola antiochena arrivano ad un conflitto. Dopo la nomina a vescovo di

Costantinopoli, nel 328, Nestorio, si accorse di un dibattito che sorse su

Maria Santissima. Alcuni la chiamavano "Madre di Dio - ��������", al-

tri "Madre dell'uomo". Nestorio cominciò a dire che Maria non può esse-

re chiamata Madre di Dio, al massimo "Madre di Cristo". Questo schie-

rarsi di Nestorio genera delle insurrezioni nel popolo e tra i monaci, per-

ché ormai il termine "��������" era anche inserito nella liturgia.

Iniziò così la polemica: Cirillo mandò una lettera a Nestorio di-

cendo di essere di scandalo per il popolo di Dio. Le cose precipitarono,

Nestorio cominciò a divulgare le sue idee e informò di questa discussione

papa Celestino di Roma, questa disputa arrivò fino in Francia a Marsiglia

dove Giovanni Cassiano scrisse il "De incarnatione Domini" approfon-

dendo il tema.

Nestorio rifiuta l'appellativo Teotokos di Maria Santissima perché

suscita l'idea che la stessa natura divina sia nata con Maria e sia morta.

Si additava Nestorio, in contrasto alla tradizione cristiana perché sminui-

va Cristo, vedendo in Lui solo la natura umana. Invece il contenuto della

lettera di Cirillo fu ritenuta anche dal papa celestino ortodossa.

Anzi Cirillo fu investito dal papa di scrivere dodici anatematismi,

in contrapposizione alle dottrine di Nestorio. Si arriva al Concilio di Efe-

so, perché la questione si diffonde a macchia d'olio. È l'imperatore Teo-

dosio II, col consenso dell'altro imperatore Valentiniano, a indirre il Con-

cilio a Efeso, dove c'è una cattedrale dedicata alla "dormizione della Ma-

donna". Il papa delegò Cirillo come suo pieno rappresentante al Concilio,

Cirillo godeva dell'appoggio dei padri occidentali e raggiunse la maggio-

- 65 -

ranza nel Concilio. Ma gli Antiocheni non arrivavano, allora Cirillo ini-

ziò ugualmente il Concilio a giugno, senza l'arrivo dei vescovi antiocheni

e della delegazione papale. Nestorio non intervenì al Concilio e disse che

avrebbe partecipato solamente quando sarebbero arrivate le delegazioni

antiochene. Fu resa nota la seconda lettera di Cirillo a Nestorio, fu ap-

provata dalla maggioranza e fu condannato il pensiero di Nestorio. Ne-

storio fu privato della dignità di vescovo, fu chiamato il "nuovo Giuda" e

nemico della fede. Nestorio si lamentò contro questo modo di procedere,

nel frattempo arrivarono gli Antiocheni che indissero un altro Concilio

con Nestorio che fece un'altra scomunica a Cirillo. Si scomunicarono a

vicenda.

L'imperatore mandò una delegazione che annullò tutte queste de-

cisioni. Il Concilio di Efeso pur tra meschine lotte umane porta ad una

svolta teologica: Maria Teotokos, Logos con due nature e la "communi-

catio idiomatum", le due nature sono unite intrinsecamente, i termini ve-

nivano ulteriormente chiariti con il Concilio di Calcedonia.

- 66 -

MARTEDÌ 14 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15

DA EFESO A CALCEDONIA

LA RICONCILIAZIONE TRA ANTIOCHENI E ALESSANDRINI (433)

Papa Celestino era convinto di aver risolto tutte le questioni, ma

invece si erano accentuate le fratture. Gli antiocheni chiedevano al papa

che Cirillo doveva ritirare i dodici anatematismi. Cirillo, però pretendeva

in cambio dagli alessandrini di firmare la condanna di Nestorio. Tra que-

sti due partiti i mediatori erano: l'imperatore Teodosio II, il vescovo Aca-

cio di Beria e San Simeone lo Stiita. Avvenne che il Vescovo Giovanni di

Antiochia inviò a Cirillo e ad altri vescovi alessandrini un documento in

cui veniva accettato il simbolo di fede, elaborato ad Efeso nel 431 e ve-

niva accettato il titolo di "Maria Teotokos". Inoltre approvava la deposi-

zione di Nestorio e disapprovava la dottrina di quest'ultimo. Cirillo ri-

sponde favorevolmente e rinuncia ai dodici anatematismi.

La notizia della raggiunta unione fu comunicata all'imperatore

Teodosio e a papa Sisto III. L'unione tra alessandrini e antiocheni fu san-

cita nel 433. A portare avanti la riflessione teologica fu un teologo antio-

cheno: Teodoreto di Ciro. Le sue riserve contro Cirillo si basavano sulle

esagerazioni dei dodici anatematismi, contestava a Cirillo il discorso del-

le due nature di Cristo fuse (crasis) tra di loro - mischiate, così si rischia

di cadere nel monofisismo (una sola natura - �� ��natura ��������� �

sostanza o persona).

ANTIOCHENI ALESSANDRINI

Logos - Antropos - ��������Dio si è fatto veramente uomo

Logos - Sarxs - ����Dio si è fatto carne e non uomo completo

Difisismo Accertazione umanità

Monofisismo Accertazione divinità

Calcedonia (451) Una ipostasi in due nature distinte

- 67 -

Per Teodoreto ( �� �!� natura e (������� ) sostanza-persona

non sono sinonimi, ma ci sono in Cristo due nature e una persona.

EUTICHE E IL MONOFISISMO

Nel 446 riprese di nuovo la discussione sulla cristologia, ma nel

frattempo erano cambiate le tre guide delle tre città più importanti del-

l'impero: Costantinopoli, al vescovo Proco succede Flaviano; Antiochia,

a Giovanni d'Antiochia succede Domno; Alessandria, a Cirillo succede

Dioscoro.

A Costantinopoli in questo periodo si fa avanti una personalità

che mette in discussione tutto: il monaco Eutiche, si professava fedele al

simbolo di Nicea, accettava Efeso, la formula di unione, ma professava

idee sospette, idee di ambito alessandrino, monofisite, sosteneva che c'è

una sola natura in Cristo. Così diceva:"io professo che Nostro Signore

prima dell'unione consisteva di due nature ma dopo l'unione ipostatica

ha assunto una sola natura". Eutiche inoltre aveva un esercito di monaci

a suo seguito e riusciva a farsi valere. Eutiche era molto legato a Crisafio,

un ministro dell'imperatore. Teodoreto di Ciro reagì al monofisismo di

Eutiche e scrisse un opera per confutare le sue tesi: "Eramistes - il men-

dicante" è un dialogo.

IL "LATROCINIO" DI EFESO (449)

Dioscoro, vescovo di Alessandria, appoggia Eutiche e si riaccen-

dono i contrasti. La questione fu portata al vescovo di Costantinopoli,

Flaviano, che dapprima non prese delle posizioni, poi convocò un sinodo

dove Eutiche venne deposto perché dichiarò l'unica natura di Cristo.

Eutiche cercò l'appoggio del ministro Crisafio per essere riam-

messo nella Chiesa. Crisafio pensò di convocare un concilio ad Efeso,

per poter riabilitare Eutiche e destituire Flaviano. Crisafio fece pressione

all'imperatore Teodosio che l'appoggiò. Papa Leone I, inviò dei delegati

- 68 -

all'imperatore per cercare di convincerlo di convocare un altro sinodo,

mandò una lettera a Flaviano: "Tonus Leonis" o "epistola dogmatica ad

Flavianus". L'imperatore affida la presidenza del sinodo al vescovo di

Alessandria, Dioscoro, e Eutiche viene riabilitato, il concilio era pilotato.

Subito fu affrontata la questione della ortodossia di Eutiche che fu riabili-

tato e Flaviano e Eusebio furono destituiti. Invano furono sollevate prote-

ste da alcuni vescovi sul modo di procedere, inoltre la moltitudine dei

monaci seguaci di Eutiche erano minacciosi contro chi non approvava la

riabilitazione di Eutiche; il monofisismo esce vincente nel 449 nel "latro-

cinio" di Efeso.

Il papa Leone Magno non accettò questo imbroglio. Flaviano e

papa Leone chiedevano la convocazione di un concilio "sul serio", ma

l'imperatore non ne voleva sentire.

IL CONCILIO DI CALCEDONIA (451)

Pulcheria, la sorella di Teodosio II si sposa con Marciano, che di-

viene imperatore alla morte di Teodosio II. Con Marciano tutto si rimette

in discussione, fa tornare i vescovi che erano stati deposti, Eutiche viene

mandato in esilio, l'imperatore Marciano fu favorevole alla convocazione

di un nuovo Concilio nel 451 a Nicea, ma fu poi spostato a Calcedonia.

Al Concilio di Calcedonia partecipavano 350 vescovi e delegati.

Papa Leone I mandò una delegazione altamente qualificata. Nella prima

seduta prese la parola il vescovo Pascasino di Libeo (vescovo siciliano di

Marsala). Pascasino disse che per ordine del papa si vietava il diritto di

parola e di voto a Dioscoro. Flaviano e teodoreto di Ciro furono riabilitati

e Dioscoro fu deposto con l'unanimità dell'assemblea. Ci fu una sommos-

sa dei monaci che si calmarono dopo una minaccia di deposizione. Mar-

ciano voleva elaborare un nuovo simbolo di fede, ma i vescovi dissero

che già il concilio di Nicea era stato sufficiente. Alla fine, però, si optò di

integrare alcuni pezzi della "Tonus Leonis" al simbolo di fede già esisten-

- 69 -

te. I vescovi orientali approfittarono dell'assenza del papa per approvare

il canone 28 che rendeva Costantinopoli sede metropolita di tutto l'orien-

te, si ribadisce il potere di Costantinopoli su tutto l'oriente, questo fu l'i-

nizio dei dissapori per lo scisma d'Oriente. Finalmente con Calcedonia si

arriva all'equilibrio tra monofisismo e bifisismo.

- 70 -

SABATO 18 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

IL IV SECOLO: ETÀ D'ORO DEI PADRI DELLA CHIESA

I PADRI CAPPADOCI

- 71 -

Quali sono le caratteristiche che accomunano questi padri dell'età

aurea? Intanto tutti erano di origine borghese, tranne qualcuno, come san-

t'Agostino. Avevano una elevata formazione culturale, non importava se

erano cristiani o pagani. Erano colti, studiavano retorica e filosofia, colti-

vavano l'arte oratoria. Avevano un ambiente familiare favorevole, le loro

famiglie educavano cristianamente. Molti di essi intrapresero anche l'in-

segnamento, alcuni furono anche vescovi, ciò vuol dire che sceglieva per

l'episcopato persone ben preparate e colte. Veniva riconosciuta in loro

non solo la cultura, ma anche le caratteristiche ad essere pastori. Tutto

cìò accomunava i padri della Chiesa dell'età aurea.

In questo grande periodo di fermento e di progresso teologico, si

insinuano anche nuove eresie, perché spesso si volevano chiarire delle

questioni dottrinali esagerando.

SCISMI E CONTROVERSIE TEOLOGICHE

DONATISMO

I donatisti osservavano che qualora un vescovo "indegno" avesse

ordinato un altro vescovo, quella ordinazione non era valida. La vera

chiesa, allora, per i donatisti, era quella che non si contaminava con i lap-

si, la vera chiesa erano loro. C'era anche una frangia estremista dei dona-

tisti "circumceliones" che propagandavano un certo estremismo religioso,

erano in un certo senso sia dei martiri che dei terroristi. Questa corrente

si espandeva soprattutto nell'Africa settentrionale.

Nel 347 Costante promulga un editto che obbliga l'unione delle

due chiese, cattolica e donatista, sotto un vescovo cattolico, intanto veni-

va scomunicato Donato. Con l'imperatore Giuliano l'apostata, la situa-

zione peggiorò, perché rimuoveva l'obbligo istituito da Costante. I dona-

tisti credono allora di essere la vera Chiesa, nel nord-Africa ci fu questa

divisione della Chiesa con Parmeniano Vescovo. A Parmeniano succede

- 72 -

Primiano, pian piano il donatismo si intrecciò a dei movimenti di som-

mossa contro lo Stato, e lo Stato dovette agire contro i donatisti, anche

perché in Africa il cattolicesimo si era fortemente indebolito. Nel 403 vi

fu un dialogo pubblico per chiarire le questioni, soprattutto quella del'ef-

ficacia del battesimo. Inoltre, ci si chiedeva quale rapporto ci fosse tra

ministro e Sacramento. I donatisti sostenevano che un sacramento impar-

tito da un ministro indegno non era valido, mentre i cattolici sostenevano

che il Sacramento non dipendeva dal ministro, e che aveva una efficacia

in sé stessa. S. Agostino distingue tra "l'atto sacramentale del ministro" e

la "Grazia santificante", che agisce comunque indipendentemente dalla

santità del ministro. Agostino riconosceva la Chiesa così com'era: i buoni

e cattivi vivevano insieme fino alla fine dei tempi, dopo ci sarebbe stata

la separazione.

PRISCILLANISMO

Era una eresia che si insinuò in Spagna, simile al donatismo, l'i-

spiratore di questo movimento fu Priscilliano. I vescovi spagnoli si inso-

spettirono di questo movimento perché erano eccentrici e fanatici. Si

staccavano dalla comunità per condurre una vita ascetica, perché si rite-

nevano superiori agli altri, erano gli eletti di Dio. C'erano anche dei ve-

scovi spagnoli che appoggiavano il presbitero Priscilliano, che addirittura

lo consacrarono vescovo. C'erano però anche altri vescovi che non ap-

provavano questo movimento come Idacio di Merida. I vescovi si schie-

rarono da una parte e dall'altra, la questione arrivò anche a Roma e anche

lo Stato intervenne. Priscilliano fu condannato a morte perché accusato di

riti magici, la questione causò scandalo a tutte e due le fazioni per la pena

inflitta. Quindi anche in Spagna ci fu un atteggiamento di un rigorismo

esagerato.

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PELAGIANESIMO

Il Pelagianesimo si diffuse a Roma, in Sicilia, e in Oriente. A

Roma giunse il monaco asceta Pelagio, che propagandò alcune idee per

una vita pura ed integra in contrapposizione al cristianesimo mediocre.

Credeva che con la sola volontà è possibile raggiungere la salvezza. Ago-

stino li combatté proprio perché avevano escluso il ruolo fondamentale

che ricopriva la "Grazia di Dio".

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MARTEDÌ 21 MAGGIO 2002 - ORE 10,30 / 12,15

IL MONACHESIMO ORIENTALE

ELEMENTI ESSENZIALI

Il IV e V secolo possono essere considerati l'epoca d'oro dei padri

della chiesa. Nascono anche dei movimenti eretici, causati dal voler met-

tere in pratica il cristianesimo in modo sempre più autentico, prendono

alla lettera il Vangelo, divenendo estremisti; questi gruppi sono il Dona-

tismo, Priscillanismo e Pelagianesimo.

Nello stesso periodo nasce anche il monachesimo: è vero che non

è una novità, perché esisteva già nelle altre religioni, ma quello cristiano

ha delle caratteristiche proprie, c'era una tendenza a ritirarsi. Il Monache-

simo è una creazione genuinamente cristiana e non ha senso cercare ori-

gini anteriori nelle altre religioni.

In Egitto nascono i primi anacoreti, cioè coloro che si ritirano nel

mondo per fuggire le tentazioni. Il termine anacoreto in questo periodo,

indicava coloro che fuggivano per non pagare le tasse, il termine adesso

acquista un nuovo significato, colui che si ritira per vivere nell'ascetismo.

* Imitazione di Cristo e distacco dal mondo

Il monaco vuole percorrere la via stretta, l'imitazione del Signore

colloca il monaco sotto la Croce

* Ritorno all'ideale primitivo cristiano

* Martirio incruento: la via della Croce

I martiri hanno lasciato una identità profonda nella vita dei cri-

stiani, il martire è il modello da seguire. Però visto che il martirio non era

più possibile, si scelse il martirio bianco o incruento, è una lotta alle pas-

sioni, al mondo, all'egoismo, ecc…, che merita comunque la corona di

gloria del martirio. È il martirio della testimonianza, dell'ascesi (che vuol

dire lotta)

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* Vita angelica - anticipo del paradiso

è il raggiungimento della vita interiore, attraverso le mortificazio-

ni e la penitenza, con l'esercizio della carità si arriva ad una apertura a

Dio, ad una vita di comunione con gli angeli, non è altro che un anticipo

delle realtà ultime.

* Atteggiamento escatologico: spiritualità dell'attesa

Tra i monaci, infatti, vi è una forte realtà escatologica, una forte

attesa del ritorno del Signore

* Vivere nell'Amore di Dio

è l'Amore di Dio il nutrimento per poter vivere l'ascesi.

Monachesimo Orientale Abbiamo diverse categorie di Anacoreti

Anacoreti

• della seconda metà del III secolo, si ritirano in solitudine temporanea per fare vita asceti-ca;

• che dimorano nei dintorni dei paesi di origi-ne;

• che vanno nel deserto (nel periodo della per-secuzione di Diocleziano) soprattutto in E-gitto.

Semi-Anacoreti • comunità di anacoreti attorno ad un Abate

Monachesimo in Egitto

• Anacoreti / semi-anacoreti • Antonio • Cenobiti : Pacomio e Scenute • Macario

DESERTO: Nitria Schetis Tebaide

IL MONACHESIMO IN EGITTO

ANACORETISMO

Il monachesimo si è sviluppato soprattutto in Egitto. Aumentando

gli anacoreti si crea sempre più l'esigenza di stare assieme. Attorno ad un

anacoreta si aggiungono dei seguaci con i quali mantiene dei rapporti

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sporadici; l'anacoreta è co-

me un padre spirituale. S'in-

crementa così l'anacoreti-

smo e nasce il semi-

anacoretismo in forme va-

rie. In questo periodo nasce

l'esperienza di Sant'Antonio Abate, che sarebbe rimasto uno sconosciuto

se Atanasio non avrebbe parlato di lui nei suoi scritti. Atanasio con le sue

continue peregrinazioni ha esportato il monachesimo d'Egitto in Occiden-

te. Sant'Antonio nasce intorno al 251 e muore intorno al 356, fu presenta-

to come modello di vita monastica. Si dedicò al lavoro manuale, preghie-

ra e lettura della Sacra Scrittura, ma soprattutto l'elemento che contraddi-

stingue la sua vita è la lotta con il demonio, cioè la lotta interna contro le

passioni. Antonio dopo aver vissuto nei sepolcri, si ritirò per venti anni

nel deserto in un castello abbandonato, ma siccome spesso lo andavano a

trovare si ritirò nel deserto successivamente a quel periodo ci fu la perse-

cuzione di Diocleziano, Antonio tornò per un periodo ad Alessandria, per

confortare coloro che sono nella sofferenza, e perché anche lui ambiva al

martirio. In seguito tornò nel deserto dove divenne un grande padre che

istruì i discepoli a vivere il semi-anacoretismo. Infine nell'ultima fase

della sua vita si inoltrò nel deserto per poter vivere solo.

CENOBITISMO

Un'altra forma di vita monastica è il cenobitismo. Il padre di que-

sta forma può essere considerato Pacomio (287), siamo nella Tebaide,

nell'alto Egitto. Pacomio, intanto, nel 320-325 forma la prima comunità

monastica cenobitica, (nello stesso periodo cronologico delle persecuzio-

ni di Diocleziano) ed elabora una regola monastica per vivere la vita a-

scetica in comune, sotto la guida di un superiore. Nella Regola, Pacomio,

concepiva anche la struttura del monastero (cittadella): alte mura e un'u-

L'alto Egitto è diviso dal basso Egitto dal Fiume Nilo. Nell'alto Egitto c'è la zona di Tebe det-ta "Tebaide". Nel basso Egitto c'è il deserto di "Ni-tria" e di "Schetis"; in questa zona è an-che collocata Alessandria d'Egitto.

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nica porta che sottolineavano il distacco dal mondo. La sala centrale era

la "Sunaxis", attorno alla quale c'erano le stanze dei monaci. Ognuno di

loro aveva un incarico, e all'interno della loro cittadella si gestivano da

sé, il numero dei monaci aumentava sempre più e nascevano anche nuove

cittadelle monastiche.

Pacomio nella sua regola insisteva sulla Sacra Scrittura, gli orien-

tamenti per dirigere i monaci li attingeva da essa, voleva che tutti i mo-

naci fossero educati alla familiarità con la Bibbia. Lo stile di vita è quello

dell'uguaglianza per tutti i monaci. Con la morte di Pacomio si assiste ad

un certo affievolimento di questo stile di vita, perché ci sono troppe ric-

chezze e perché aumentando il numero dei monaci si abbassa la qualità.

Nella Nitria c'è la zona delle "celle", così come anche nel deserto

di "Schetis" dove operava il monaco Macario.

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SABATO 25 MAGGIO 2002 - ORE 08,30 / 09,15

IL MONACHESIMO ORIENTALE

Come abbiamo visto il monachesimo parte dall'Egitto e si propa-

ga in tutto l'oriente.

IN PALESTINA

In Palestina un insediamento monastico importante è quello del

"Monte Sinai". Abbiamo anche delle fonti "l'itinerario di Egeria" di una

nobildonna, Egeria, in viaggio per la Palestina. Ci sono degli insediamen-

ti monastici, chiamati anche "laura", costituite da tante piccole casette

abitate dai monaci.

In Terra Santa, in Palestina, c'erano anche dei monasteri latini,

fondati da Occidentali trasferiti in Palestina. Molti occidentali di circoli

ascetici erano spinti ad andare in Terra Santa.

San Girolamo, istituì a Roma un circolo di nobildonne romane,

dedite alla vita ascetica. San Girolamo, che aveva visitato la Terra Santa

incoraggiava queste donne alla vita monastica. Una di queste è Melania

Maggiore, che nel 372 intraprese il viaggio verso l'Egitto. Conobbe lungo

il pellegrinaggio, ad Alessandria, Rufino di Aquileia che condivideva l'i-

deale monastico. I due fondarono "all'orto degli ulivi", un doppio mona-

stero (per doppio monastero si intende sia l'ordine maschile che quello

femminile).

In un viaggio in Terra Santa San Girolamo partì con Paola Mag-

giore, e nel 376 fondarono un doppio monastero a Bethlemme e un ospi-

zio per pellegrini (questo ospizio è chiamato: "#�$�� �).

Pian piano questi monasteri latini divengono un punto di riferi-

mento per tutti gli occidentali, con i quali avevano uno scambio culturale.

Anche Piniano e Melania Minore, dopo la morte dei loro figli, si

dedicarono alla vita ascetica e fondarono un monastero a Gerusalemme.

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IN SIRIA

La popolazione si mostrò molto favorevole all'ideale ascetico e la

gente accoglieva coloro che si insediavano per fondare dei monasteri.

Una particolare forma di vita monastica è lo "Stilitismo", fondato da "Si-

meone lo Stilita". Viveva su una capanna edificata sopra una colonna per

non essere disturbato, spesso si affacciava solo per illustrare le omelie al

popolo.

Allora, i monaci godevano di un alta stima presso il popolo più

dei vescovi e dei presbiteri. Molti monaci spesso venivano prescelti come

vescovi, proprio per l'autorevolezza che ricoprivano.

IN ASIA MINORE

Uno dei primi esponenti fu "Eustazio di Sebaste", che con i suoi

discepoli gli "eustasiani", andavano oltre l'ortodossia perché praticavano

"l'Encratismo", una corrente che disprezzava il matrimonio e vivevano

nella miseria.

Un altro esponente del monachesimo in Asia Minore è Basilio di

Cesarea di Cappadocia, che subito dopo essere stato battezzato, decise di

intraprendere la vita ascetica. Fonda anche una "regola" dove parla di

una rinuncia al mondo, ma non esasperata come quella encratista, scrive

del lavoro manuale e dell'esercizio della carità in cittadelle monastiche.

Questa regola ha influenzato in modo preponderante tutto il monachesi-

mo orientale, tant'è vero che viene anche chiamato impropriamente "mo-

nachesimo basiliano".

Anche a Costantinopoli, sorsero dei monasteri tra il IV e il V se-

colo. Il più importante è quello degli "Aceneti" fondato da Alessandro.

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IL MONACHESIMO OCCIDENTALE

In Occidente molti si esaltano di fronte a questo ideale di vita

monastica. Pian piano anche in occidente si diffondono i monaci itineran-

ti.

IN ITALIA

San Girolamo divenne il propagatore ufficiale della vita monasti-

ca, tra il 381 e il 384, specialmente alle nobildonne vedove. Alcune di

queste nobildonne si ritirano nella vita monastica, altre vanno in Palestina

iniziando uno stile itinerante.

San Martino da Tour, ad esempio, si ritirò in Italia prima di anda-

re in Gallia. Molti andavano nelle isole come Sant'Agostino che si ritirò

per un periodo in Sardegna.

Eusebio di Vercelli, vescovo, riunisce il suo clero per fare vita

monastica, così nasce il primo "monastero clericorum"; la stessa cosa fa

Agostino a Ippona e a Tagaste, è una vita comunitaria del clero, ma con

caratteristiche monastiche.

IN GALLIA

A Martino di Tour si imputa il monachesimo martiniano che ha

caratteristiche missionarie e pastorali.

Vincenzo di Lerino, giovane aristocratico, va a Lerino che è una

isoletta dove si stabilisce. Questo stile monastico di Vincenzo è di stam-

po egiziano.

Giovanni Cassiano fondò a San Vittore in Marsiglia un doppio

monastero, dove si dedicò allo studio.

IN NORD-AFRICA

C'era uno studio approfondito della Sacra Scrittura.

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IN SICILIA

Alcune nobildonne romane, discepole di San Girolamo, che erano

dirette in Palestina, si fermarono, lungo il viaggio, per un periodo, in Si-

cilia, nei loro possedimenti fondando dei monasteri. Pliniano e Melania

Minore fondarono un monastero a Messina. Ilarione sbarcò a Pachino e

si addentrò nell'entroterra.

Verso il VI secolo gli insediamenti monastici aumentarono verti-

ginosamente.

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SABATO 01 GIUGNO 2002 - ORE 10,30 / 11,15

V & VI SECOLO D.C.

I "NUOVI POPOLI" INVADONO L'IMPERO

In questo periodo storico nuove popolazioni invadono l'Occidente

romano, questi popoli vengono denominati impropriamente "Barbari",

perché di cultura differente. Questa invasione non è una grande novità

perché già in passato delle piccole comunità sono immigrate nell'impero

Romano, ma adesso l'invasione è più massiccia. Questi popoli provengo-

no da tutte le parti: dai Balcani, gli Unni, i Persiani, i Longobardi, ecc…

Questi popoli premono dai confini non solo perché vogliono e-

spandersi e conquistare nuove terre, ma soprattutto per ragioni migratorie

e climatiche, tutti preferivano l'Europa. Questa migrazione influisce a li-

vello culturale ed economico… alla fine questi popoli riescono ad entrare

e sconvolgono tutti gli equilibri culturali-politici-religiosi. L'impero ro-

mano fa un patto con queste popolazioni: da loro accoglienza purché

questi ultimi si organizzino come "popolo federato" in zone geografiche

prestabilite nei confini per difendere i confini da ulteriori invasioni. Ciò

causò il progressivo indebolimento delle milizie romane e la fortificazio-

ne delle milizie dei popoli "barbari".

Nel 302 c'è l'invasione dei "Goti" di Alarico, nel 306 quella degli

Ostrogoti. Contro di loro lotta il comandante federato Stiligone che alla

fine stipula un contratto con Alarico senza il permesso delle autorità del-

l'impero romano e viene bandito da quest'ultimo come traditore. Nella

parte alta dell'impero entrano i Germanici.

Nel 410 avviene in saccheggio di Roma, "il sacco di Roma", di

Alarico, un fatto grave perché si credeva che Roma fosse inespugnabile,

una istituzione eterna. Molti aristocratici lasciarono Roma per andare a

Costantinopoli (la nuova capitale dell'Impero) o nell'Africa romana, o in

Sicilia dove avevano i loro possedimenti e dove ancora non si subiva l'in-

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flusso dell'invasione. Nel 411 entrarono i "Burgundi" in Gallia, e i "Van-

dali" e gli "Svevi" in Spagna; di fronte a tutte queste popolazioni alcune

sono federate, altre no, si sperimenta la fragilità dell'Impero di Occidente,

soprattutto perché la capitale è in Oriente, a Costantinopoli, lontana dal-

l'Occidente. I Vandali nel 429/430 vanno anche in Africa Settentrionale e

in Sicilia (nel periodo in cui muore S. Agostino).

Si sgretolava così la cultura e la civiltà romana; anche il cristiane-

simo corre il rischio di sgretolarsi. Spesso sono anche i popoli locali ad

acclamare questi popoli "esterni" perché l'impero romano era divenuto

insopportabile per le troppe tasse. Queste popolazioni arrivavano in un

periodo di forte decadenza dell'Impero romano. Salviano si scaglia contro

l'aristocrazia e contro lo sfruttamento dei poveri e dà maggiore credibilità

ai popoli "barbari".

L'impero romano va verso il tramonto tra il 395 e il 430, ma l'an-

no convenzionale della fine dell'impero romano è il 476 con la deposi-

zione di Romolo Augusto.

GIUSTINIANO I: IL GRANDE IMPERO

Con Giustiniano I vi è un desiderio di una restaurazione dell'anti-

co impero che apre le porte anche ai monofisiti dell'Egitto e della Siria e

vuole riconquistare l'Italia che ormai era suddivisa in tante regioni auto-

nome federali. Il papa ormai era rimasto da solo ed era il rappresentante

dell'imperatore in Occidente, e anche se a Ravenna c'era l'esarca il papa

era il rappresentante più autorevole. Ecco come nasce lo Stato del Vati-

cano, il papa si trova a gestire dei territori (Patrimonio Sancti Petri) per-

ché il popolo bizantino è assente.

Giustiniano fu imperatore dell'impero d'Oriente dal 527 al 565

nella prima metà del VI secolo. Nel 535 il generale Belisario sbarca a

Catania e conquista la Sicilia; per Giustiniano questo fu un trionfo perché

credeva che adesso era possibile ricostruire l'Impero. Giustiniano faceva

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il doppio gioco sia con i cristiani ortodossi e quindi col papa di Roma e

sia con i monofisiti. Fa elaborare il "codice Justinianum" e organizza tut-

ta una legislazione perfetta per quanto riguarda l'amministrazione eccle-

siastica, perché vuole essere in perfetta continuità con la chiesa costanti-

niana, divenne intollerante verso i pagani.

Diverse di queste popolazioni "barbare" erano cristiane, ma di

stampo ariano, come i Longobardi e i Goti, diedero quindi per un verso,

nuovo vigore alla cultura romana che stava decadendo.

GREGORIO MAGNO: PAPA IN UN EPOCA TRAVAGLIATA E DI TRANSIZIONE

Papa Gregorio venne chiamato "Magno" proprio perché fu un

grande papa in un epoca travagliata e di transizione. Appartiene ad una

ricca famiglia senatoriale romana, avanzò sempre più nella carriera poli-

tica fino a divenire prefetto della città, poi si ritirò a vita privata ascetica.

Nei suoi appartamenti della sua stessa casa fondò un monastero vicino

alla Basilica dei Santi Giovanni e Paolo.

Papa Pelagio II lo chiamò per svolgere mansioni delicate, cono-

scendo le sue doti a livello politico, lo mandò a Costantinopoli come "a-

pocrisario" (che corrisponde all'attuale Nunzio Apostolico, cioè rappre-

sentante delegato dal papa). Alla morte di papa Pelagio II fu prescelto

Gregorio a succedergli.

Fronteggiò il rapporto con gli ariani longobardi. Il re Autari, lon-

gobardo, vietava ai suoi sudditi di farsi battezzare dalla Chiesa Cattolica.

I longobardi temevano l'impero e il papa a Roma, i longobardi facevano

scorrerie in Italia e devastavano le città.

Gregorio dovette far fronte a tutte queste situazioni, ebbe un opera

missionaria in Britannia, ecc…

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I PRIMI QUATTRO CONCILI ECUMENICI20

Nel trattare la problematica delle eresie trinitarie e cristologiche si è

più volte accennato ai Concili ecumenici che, di volta in volta, hanno precisato la dottrina cattolica sui misteri principali della fede. Vogliamo qui riprendere in forma sistematica, e secondo l'ordine cronologico, la tematica dibattuta nei primi quattro Concili, considerati specialmente dal punto di vista storico-religioso.

Gli orientali separati da Roma riconoscono come «ecumenici» soltan-to i primi sette concili, mentre gli anglicani solo i primi quattro. Nella Chiesa cattolica i primi quattro Concili godono di una particolare venera-zione: san Gregorio Magno li paragona ai quattro Vangeli, sant'Isidoro di Siviglia ai quattro fiumi del Paradiso terrestre. La loro importanza sta nell'aver definito la fede nei suoi dogmi fondamentali la Trinità e la Cri-stologia, e nell'aver dato una coscienza ecclesiale al Cristianesimo delle origini.

I Concili sono perciò storicamente sentiti come manifestazione solen-ne e visibile dell'unità e della vitalità della Chiesa, la quale con l'assisten-za dello Spirito Santo e attraverso il libero confronto delle umane passio-ni, propone ai fedeli l'insegnamento di Cristo e ne esercita il supremo po-tere pastorale. Per brevità tratteggiamo solo le vicende dei primi quattro Concili ecumenici, celebrati a Nicea nel 325, a Costantinopoli nel 381, a Efeso nel 431 e a Calcedonia nel 451. IL CONCILIO DI NICEA (325)

Il primo dei Concili ecumenici dell'antichità cristiana fu convocato dall'imperatore Costantino nel 325 allo scopo di condannare l'eresia di Ario, il prete alessandrino che negava la divinità della seconda persona della SS.ma Trinità, il «Logos», come veniva detto nell'ambiente teologi-co di lingua e cultura greca.

Scomunicato dal suo vescovo Alessandro, Ario trovò rifugio, appoggi e sostenitori nei meleziani e nei seguaci della dottrina subordinazionista di Luciano di Antiochia, fra cui gli influenti vescovi Eusebio di Nicome-dia ed Eusebio di Cesarea (lo storico ecclesiastico). In tutto l'Oriente su-scitò vasti consensi, ma anche accese opposizioni, rivelando un appassio-nato interesse all'interno della Chiesa per le «cose di Dio».

Fallito un tentativo di pacificazione da parte di Osio, vescovo di Cor-doba e consigliere spirituale di Costantino, poiché altre questioni turba-vano la pace (per es. lo scisma di Melezio in Egitto e la controversia sulla data della Pasqua), l'imperatore, con il consenso di papa Silvestro I, con-vocò tutti i vescovi dispersi nelle regioni dell'impero. Le condizioni poli-

20 Storia della Chiesa, Elledici

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tiche erano mutate grazie alla vittoria su Licinio e alla riunificazione del-l'Oriente con l'Occidente nel 324, sicché Costantino poté mettere a dispo-sizione dei «Padri» i mezzi di trasporto riservati agli alti funzionari dello Stato.

Dapprima fu scelta come sede la città di Ancira (Ankara), successi-vamente si trasferirono a Nicea, città più vicina a Nicomedia, sede della corte imperiale. Vi parteciparono circa trecento vescovi, nella stragrande maggioranza orientali. Dall'Occidente arrivarono sette persone solamen-te: dall'Italia, i due presbiteri romani Vittorio e Vincenzo, in qualità di Legati di papa Silvestro I, di età avanzata, e un vescovo calabrese; dalla Spagna, il vescovo Osio di Cordoba; dall'Africa, Ceciliano di Cartagine; un vescovo dalla Gallia e uno dalla Pannonia.

Dall'Oriente, invece, ne giunsero moltissimi dall'Egitto e dalle provin-ce ecclesiastiche suffraganee (lì era nata l'eresia); molti dalla Siria, Pale-stina e Bitinia (dove si teneva il Concilio); in numero discreto dalla Gre-cia; non mancarono rappresentanti delle regioni più lontane e oltre i con-fini dell'impero (Armenia e Persia) e perfino il vescovo Teofilo, missio-nario tra i Goti. Geograficamente era presente l'intera cristianità nei suoi più qualificati pastori: era anche un successo politico di Costantino.

Alcuni di questi vescovi erano anziani e venerandi, altri giovani e da poco saliti alla cattedra; alcuni erano celebri per la loro dottrina, altri mo-desti d'ingegno; alcuni ieratici e fastosi, altri umili e modesti nel porta-mento e nell'abito; parecchi portavano nelle loro membra i segni delle torture e delle mutilazioni subite durante le recenti persecuzioni...

Non si conosce con certezza chi abbia presieduto il concilio: forse il vescovo Osio, il primo a sottoscrivere il simbolo niceno, seguito dai Le-gati papali, e uomo di fiducia di Costantino. Ma fu l'imperatore a volere l'assise ecumenica, a organizzarla, a dare forza di legge ai suoi decreti. Egli fu anche personalmente presente, circondato dai suoi dignitari e fun-zionari, impegnati a mantenere l'ordine, a facilitare le discussioni e ad ar-rivare a una conclusione senza eccessivi indugi.

Non è certa la partecipazione di Ario: se vi presenziò, lo fece in veste di imputato. Presente invece fu sant'Atanasio, come consigliere del suo vescovo Alessandro: benché semplice diacono, esercitò un influsso note-vole sui lavori dell'assemblea.

Del concilio non ci sono rimasti gli atti ufficiali, ma soltanto la profes-sione di fede, venti canoni e una lettera dei Padri al clero egiziano sugli argomenti e le deliberazioni prese.

I lavori ebbero inizio il 20 maggio 325, in una sala del palazzo impe-riale di Nicea, con un discorso ufficiale di Costantino. Le discussioni si-nodali furono spesso lunghe e agitate, tanto che l'imperatore dovette in-tervenire per raccomandare moderazione e concordia ai Padri.

L'assemblea si divise in due partiti: quello ortodosso e quello ariano. Il partito ortodosso era guidato da Alessandro di Alessandria (con Atana-sio), Eustazio di Antiochia e Marcello di Ancira, con l'appoggio di Osio e

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dei Legati pontifici; il partito ariano era capeggiato dall'abilissimo vesco-vo di corte Eusebio di Nicomedia.

Prendendo come base il simbolo battesimale della Chiesa di Palestina, si arrivò alla formulazione del simbolo di fede nicena che condannava in modo inequivocabile sia la dottrina di Ario, sia qualunque subordinazio-ne del Logos al Padre.

La redazione finale del «Simbolo niceno» avvenne il 19 giugno 325. con queste parole: il Figlio di Dio è della «natura del Padre», «Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della iden-tica sostanza del Padre (consostanziale, homousios)...». In seguito ven-nero espressamente condannate le tesi di Ario, secondo cui «ci fu un tempo in cui il Figlio di Dio non era»; «egli proviene dal nulla»; «è di una sostanza o essenza diversa da quella del Padre»; «egli è creatura mu-tabile».

L'inserimento del termine homousios rappresenta una vittoria della te-ologia occidentale, soprattutto romana, perché in Oriente non si era anco-ra raggiunta la chiarezza del suo significato. Questa incertezza termino-logica e il trionfo della teologia occidentale spiegano come mai, dopo la definizione di Nicea, anche vescovi ortodossi nella fede non volessero accettare l'homousios: in questo fatto c'è già, in germe, una tensione fra Oriente e Occidente.

La confessione di fede fu dunque sottoscritta da 220 vescovi presenti e promulgata da Costantino come legge imperiale; due soli vescovi rifiuta-rono di firmarla; essi, come Ario, furono esiliati.

Il Concilio niceno deliberò su due altre questioni: la data della Pasqua e lo scisma di Melezio in Egitto. Per la prima si adottò l'uso alessandrino e romano della domenica successiva al plenilunio di primavera (14° gior-no del mese di Nisan); per la seconda, si intimò al clero meleziano di ri-conoscere l'autorità del patriarca di Alessandria. IL CONCILIO DI COSTANTINOPOLI I (381)

Come la dottrina del «Logos» non era ancora ben chiarita in tutti i suoi aspetti, così la dottrina dello Spirito Santo era esposta a deviazioni. L'esistenza di tre Persone nella SS.ma Trinità era stata riconosciuta uffi-cialmente nelle ripetute condanne contro i modalisti e i sabellianisti, ma sussistevano tendenze subordinazioniste, per esempio in Origene (il Fi-glio è inferiore al Padre e lo Spirito Santo è inferiore al Figlio).

Per gli ariani, che consideravano il Figlio come creatura del Padre, era logico dichiarare lo Spirito Santo creatura del Figlio. Questo problema non fu oggetto di studio fino alla metà del IV secolo, perché la riflessione teologica si era concentrata quasi completamente sul Logos.

Quando anche gli ariani (omeusiani) sostennero che lo Spirito Santo era uno degli spiriti servienti «incaricati di un ministero» (Eb 1,14), di-

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verso dagli angeli solo per grado, sant'Atanasio scrisse quattro lettere a un vescovo in difesa della divinità della Terza Persona della Trinità. Nel 362, poi, presiedette un sinodo ad Alessandria che proclamò lo Spirito Santo «della stessa sostanza e divinità del Padre e del Figlio».

Successivamente, altri sinodi ad Alessandria e a Roma si pronunciaro-no contro questo errore, e soprattutto i tre grandi «Padri cappadoci» (san Basilio di Cesarea, san Gregorio di Nazianzo e san Gregorio di Nissa) lo confutarono acutamente con i loro scritti.

La condanna ufficiale venne nel 381 dal Concilio Costantinopolitano I (secondo Concilio ecumenico) composto da 150 vescovi, dopo che 36 «Padri», seguaci di Macedonio, vescovo di Costantinopoli, si erano al-lontanati.

Nel primo e nel secondo articolo (sul Padre e sul Figlio) venne ricon-fermato quasi alla lettera il Simbolo di Nicea, mentre l'art. terzo (sullo Spirito Santo) fu precisato con l'aggiunta antipneumatomaca «...Signore e Vivificatore, che procede dal Padre e che, insieme col Padre e il Figlio, è adorato e glorificato».

Quando il concilio venne riconosciuto «ecumenico» in Oriente e in Occidente, questa formula dommatica entrò a formare il «Simbolo nice-no-costantinopolitano». Più tardi, nella Chiesa greca divenne l'unica pro-fessione di fede ammessa nel battesimo e nella celebrazione della Eucari-stia.

Dal punto di vista politico, questo concilio era stato convocato dal-l'imperatore Teodosio, il quale sostenne sempre l'ortodossia cattolica e l'unità religiosa dell'impero.

Rimaneva un'ultima questione e cioè la relazione tra lo Spirito Santo e il Figlio: essa fu risolta diversamente in Oriente e in Occidente quanto al-la terminologia, ma ugualmente quanto alla sostanza. Nella Chiesa greca si insegnò che lo Spirito Santo procede dal Padre attraverso il Figlio per Filium); in quella latina si disse: «Dal Padre e dal Figlio» (Filioque).

Nella storia dello scisma fra le due Chiese, la questione del «Filioque» assumerà un'importanza decisiva. IL CONCILIO DI EFESO (431)

Il terzo dei Concili ecumenici venne convocato dall'imperatore Teo-dosio II per due motivi: condannare gli errori attribuiti a Nestorio e com-porre il dissidio fra i due patriarchi di Alessandria e di Costantinopoli.

Nestorio era un monaco antiocheno, famoso per la sua eloquenza e au-sterità di vita, chiamato da Teodosio II alla sede patriarcale di Costanti-nopoli. Si segnalò subito nel combattere gli ebrei e gli eretici, ma anche nel proteggere i pelagiani; polemizzò quindi nelle sue prediche con i ve-scovi che chiamavano Maria «Theotokos», cioè madre di Dio, sostenen-do che il vero titolo spettante alla Madonna era «Christotokos», cioè ma-

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dre di Cristo, in quanto ella aveva generato l'uomo-Gesù, nel quale la se-conda persona della SS. Trinità abitava «come in un tempio».

Tale predicazione suscitò in mezzo al clero e al popolo una viva agita-zione e una fiera opposizione, perché il titolo mariano di Theotòkos era molto antico e caro ai fedeli. Nella lotta intervenne il patriarca Cirillo di Alessandria, uomo pieno di energia e di zelo per la ortodossia. Il dissidio era di natura teologica, politico-ecclesiastica e personale: Teologica: Nestorio apparteneva alla scuola antiochena, preoccupata soprattutto di affermare che Cristo era vero uomo; mentre Cirillo appar-teneva alla scuola alessandrina, preoccupata di sottolineare in Cristo l'u-nità della persona divina. Politico-ecclesiastica: la rivalità fra i patriarchi di Alessandria e di Costantinopoli aveva portato quest'ultime, dal 381, a conquistare la su-premazia in Oriente, mentre il vescovo di Alessandria, Teofilo (412), zio di Cirillo, ambizioso e astuto, aveva umiliato e fatto esiliare il patriarca di Costantinopoli, Giovanni Crisostomo (407). Personale: sia Nestorio che Cirillo erano estremisti e le loro tendenze portavano a errori opposti: verso la negazione della divinità di Cristo, l'u-no; verso la negazione dell'umanità di Cristo, l'altro. Ambedue decisero di ricorrere al papa Celestino I, il quale nel sinodo romano del 430 con-dannò le idee di Nestorio, incaricando Cirillo di intimargli la ritratta-zione, pena l'esilio. La scelta non fu psicologicamente felice, tanto più che Cirillo inviò all'avversario anche dodici «anatematismi». Nestorio si rifiutò e ricorse all'imperatore per la convocazione di un Concilio ecume-nico.

Il concilio doveva aprirsi a Efeso, sulle coste dell'Egeo, il giorno di Pentecoste del 431: il papa inviò i suoi Legati e nominò presidente Ciril-lo. Ma prima della inaugurazione si verificò una situazione singolare: Nestorio si presentò con sedici vescovi e Cirillo con 50 suffraganei; il terzo patriarca, Giovanni di Antiochia, ritardò il suo arrivo, mentre i Le-gati pontifici erano trattenuti da una traversata burrascosa. Al concilio non poterono partecipare i vescovi dell'Africa del Nord, prigionieri dei Vandali dal 429; particolarmente dolorosa l'assenza di sant'Agostino, morto il 28 agosto del 430.

Nonostante la proposta del Commissario imperiale Candidiano e di ol-tre 60 vescovi di aspettare l'arrivo imminente di Giovanni con i suoi ve-scovi filo-nestoriani e dei Legati papali, Cirillo d'Alessandria, nella sua qualità di rappresentante pontificio, aprì il concilio il 22 giugno nella grande chiesa di S. Maria, presenti 198 vescovi (un centinaio dell'Asia Minore, sotto la guida di Mennone di Efeso; una cinquantina dell'Egitto con a capo Cirillo; una quindicina della Siria e Palestina con Giovenale di Gerusalemme; altri gruppi dall'Oriente).

Lo stesso giorno, nella sessione inaugurale, il concilio dimostrò la ve-rità del titolo mariano di «Theotòkos» e della reale unione delle due natu-re in Cristo; condannò Nestorio, il quale, benché citato, non si era presen-

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tato, e fu deposto come «novello Giuda»; i dodici anatematismi furono letti e allegati agli atti; non si definì un nuovo simbolo di fede, ritenendo sufficiente il Credo di Nicea. Al termine della giornata, la popolazione efesina organizzò una gioiosa fiaccolata, accompagnando i Padri conci-liari alle loro residenze, al grido di «Maria Theotòkos».

Quattro giorni dopo (26 giugno), giunse Giovanni con una quarantina di vescovi della Siria, che tennero per proprio conto, insieme con Nesto-rio e i suoi amici un altro concilio; successivamente arrivarono i tre Le-gati papali, che invece parteciparono al concilio di Cirillo. Si avevano dunque, contemporaneamente, due sinodi, l'uno contro l'altro: autentico e legittimo è considerato il primo, mentre il secondo è piuttosto un anti-concilio, un controsinodo.

Nella II e III sessione, Cirillo e i Legati approvarono a nome del Papa la sentenza di deposizione di Nestorio; nella IV-V sessione vennero sco-municati Giovanni e i suoi seguaci; nella VI e VII si stabilì di attenersi fedelmente al simbolo niceno con l'esplicita proibizione di formularne al-tri. A sua volta, l'anticoncilio aveva proceduto a deporre Cirillo e Men-none.

La situazione si fece ancora più confusa e tesa: per qualche settimana i protagonisti furono messi agli arresti dai funzionari imperiali. L'impera-tore approvò le delibere dei due sinodi. poi convocò le parti per una con-ciliazione. Risultando impossibile l'accordo, Teodosio II congedò il con-cilio con parole di deplorazione, rimandando ciascuno alla propria sede. Soltanto Nestorio fu sostituito sulla cattedra episcopale e rimandato nel suo monastero di Antiochia; quattro anni dopo verrà relegato nel penoso esilio del deserto egiziano, dove concluderà la sua vita verso il 450.

Nel frattempo, Cirillo aveva intrigato a corte, mandando ricchi doni a Pulcheria, la pia e influente sorella maggiore di Teodosio, e aveva con-quistato la folla di Efeso che rumoreggiava e premeva contro Nestorio.

Il papa Sisto III, successo nel 432 a Celestino I, tentò di sanare la scis-sione che perdurava fra i vescovi; dopo lunghi negoziati, Cirillo d'Ales-sandria e Giovanni di Antiochia raggiunsero nel 433 un accordo o com-promesso, sulla base di reciproche concessioni: Alessandria rinunciava a imporre il proprio Credo e gli anatematismi; Antiochia accettava la con-danna di Nestorio e sottoscriveva la formula di fede con il Theotokos. Il papa, a ricordo dell'evento, fece costruire a Roma la basilica di S. Maria Maggiore.

Già i contemporanei parlarono di «tragedia di Nestorio» e alcuni auto-ri moderni (Duchesne) difesero la sua persona e la sua dottrina, accusan-do Cirillo: la sua condanna sarebbe stata frutto di rivalità, malintesi e ca-lunnie, piuttosto che di eterodossia verso la fede. In realtà, la teologia delle due persone in Cristo, il titolo «esclusivo» di Theotokos spettante alla Madonna, nonché la «communicatio idiomatum», non possono essere giudicati ortodossi, anche se Nestorio si mostrò più moderato di altri an-tiocheni.

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IL CONCILIO DI CALCEDONIA (451)

Cirillo, in polemica con i seguaci di Nestorio, aveva sottolineato l'uni-tà di persona in Cristo con una formula ortodossa, ma un po’ ambigua perché non distingueva bene tra «natura» e «persona»: «una sola è la natura incarnata del Verbo di Dio». In mano a certi suoi discepoli incau-ti, la frase diede origine all'eresia monofisita.

L'occasione prossima fu la lotta scatenata da Eutiche contro i nesto-riani: il vecchio archimandrita, infatti, sosteneva che in Cristo c'era una sola natura (divina), pur ammettendo che fosse veramente uomo, nato da Maria Vergine. Condannato da un sinodo a Costantinopoli nel 448, egli ottenne da Teodosio II la convocazione di un nuovo concilio a Efeso per rivedere la sua causa: aveva l'appoggio del patriarca di Alessandria, Dio-scoro, e di un potente ministro di corte. Papa Leone Magno inviò i suoi Legati con alcuni messaggi, fra cui il celebre Tomus ad Flavianum, un testo dommatico di grande importanza, che Roma mandava ufficialmente al patriarca di Costantinopoli Flaviano.

Il concilio si aprì ad Efeso nell'agosto del 449 e fu presieduto da Dio-scoro, il quale negò la presidenza ai Legati pontifici, impedì la lettura del «Tomo», fece riabilitare Eutiche e condannò Flaviano (che mori pochi giorni dopo a causa delle percosse subite) con tutti i suoi seguaci. Ma pa-pa Leone cancellò le decisioni e definì il concilio «latrocinium ephesi-nium». La morte improvvisa dell'imperatore Teodosio II nel 450 e l'asce-sa al trono di Marciano e Pulcheria, devoti a Roma, permisero la celebra-zione di un altro concilio a Calcedonia, presso Costantinopoli, celebrato dall'8 ottobre al 1 novembre 451. È il quarto Concilio ecumenico: di esso ci sono rimasti gli atti ufficiali con i nomi degli oltre 500 partecipanti, tutti orientali, eccetto due vescovi africani e i quattro Legati papali, il ca-po dei quali - il vescovo Pascasino - presiedette il concilio. Tra i «Padri», oltre ai vescovi e con gli stessi diritti di voto e di precedenza, c'erano co-repiscopi, presbiteri, arcidiaconi e diaconi, in qualità di Legati episcopali. C'erano, inoltre, 18 commissari imperiali che, a nome dei due sovrani, praticamente presiedettero e diressero le discussioni, senza votare né sot-toscrivere gli atti.

Nella seduta inaugurale, assai tumultuosa, furono condannati Dioscoro e gli atti del «latrocinium ephesinum»; nella seconda, venne acclamato il «Tomo a Flaviano» con la famosa espressione: «Petrus per Leonem locu-tus est»; nella terza, i vescovi e i Legati papali scomunicano Dioscoro e lo destituiscono dalla dignità patriarcale; nella quarta, vengono riammessi al concilio i responsabili minori del «latrocinium», ma scoppiano seri in-cidenti provocati da monaci introdottisi con la prepotenza; nella quinta, un'aspra polemica minacciò di far naufragare il concilio: fu nominata una commissione di 23 membri, di varie regioni e tendenze teologiche, per la redazione di un nuovo Simbolo di fede; nella sesta, si approvò il testo che riprendeva essenzialmente i concetti del «Tomo a Flaviano» e delle lette-

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re di Cirillo a Nestorio e a Giovanni di Antiochia. In esso si confessa «un solo e medesimo Cristo, Figlio, Signore, Unigenito; le due nature sono unite senza divisione (indivise), senza separazione (inseparabiliter), sen-za mutazione (immutabiliter) e senza confusione (inconfuse); la differen-za delle due nature non viene soppressa dalla loro unione, anzi le pro-prietà di ciascuna vengono salvaguardate e riunite in una sola persona (prosopon) e in una sola ipostasi».

Questo Simbolo di fede fu proclamato il 25 ottobre del 451 in una se-duta solenne, presieduta dalla coppia imperiale, salutata con acclamazio-ni del tipo: «Voi siete le fiaccole della fede ortodossa», «grazie a voi la pace regna nel mondo»; «Marciano novello Costantino, Pulcheria nuova Elena». Iperboli del genere erano in uso corrente durante il basso impero, ma la storia avrebbe smentito quell'ingenuo entusiasmo, aprendo una lunga crisi e una estesa opposizione anti-calcedonese.

In pratica, il concilio era terminato. Nelle successive sessioni vennero affrontate questioni personali, tra cui la riabilitazione dei vescovi antio-cheni che avevano accettato la condanna di Nestorio. Uno strascico po-lemico si ebbe nella penultima sessione con la promulgazione di 28 ca-noni, l'ultimo dei quali riproponeva il discusso canone tre del Concilio Costantinopolitano I del 381, che riconosceva un primato di onore al ve-scovo di Costantinopoli dopo il vescovo di Roma, poiché Costantinopoli era la «nuova Roma». Tale canone era stato rifiutato dal sinodo romano del 382, il quale aveva proclamato il primato della Chiesa romana e stabi-lito l'ordine gerarchico delle sedi vescovili per la loro speciale relazione con l'apostolo Pietro: 1a Roma; 2a Alessandria; 3a Antiochia di Siria. An-che ora, questo can. 28 viene disapprovato dai Legati pontifici e cancella-to da papa Leone con l'autorità che gli proveniva dall'essere il successore di Pietro.

I contrasti suscitati, comunque, accentueranno il senso di distacco fra Roma e l'Oriente e la loro progressiva separazione, preludio allo sci-sma definitivo del 1054.