Storia dei metodi e delle forme di rappresentazione · del Museo Galileo - Istituto e Museo di...

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Storia dei metodi e delle forme di rappresentazione 1

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Storia dei metodi e delle forme di rappresentazione

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Jean François NiceronProspettiva, catottrica & magia artificiale

Agostino De Rosa

con saggi di

Francesco Bergamo

Alessio Bortot

Cristian Boscaro

Cristina Càndito

Isabella Friso

Nicoletta Lanciano

Gabriella Liva

Cosimo Monteleone

Ilaria Rizzini

Elena Trevisan

Copyright © MMXIIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

isbn 978–88–548–6032–2

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre 2013

Il volume accompagna la mostra:

Jean François NiceronProspettiva, catottrica e magia artificiale

a cura di Agostino De Rosa

& Imago rerum

Università Iuav di Venezia

22 aprile-31 maggio 2013

Spazio espositivo “Gino Valle”

Dorsoduro 2196,

3013

Venezia

Collana di Storia dei metodi e delle forme di rappresentazione

Direttore scientifico Agostino De Rosa, Università Iuav di Venezia

Comitato scientifico Vito Cardone, Università di Salerno; Andrea Giordano, Università degli Studi di Padova; Riccardo

Migliari, Università degli Studi di Roma "La Sapienza"; Rossella Salerno, Politecnico di Milano.

Comitato di redazione Giuseppe D’Acunto, Università Iuav di Venezia

La collana intende introdurre il lettore italiano nell'ambito degli studi storici dedicati ai metodi e alle forme di rappresentazio-

ne, la cui evoluzione - dai primitivi approcci intuitivi fino alle rigorose elaborazioni incardinate su coerenti conoscenze di otti-

ca e di geometria - esibisce i forti legami intercorrenti tra l'esperienza artistica e l'elaborazione scientifica del problema. I testi

raccolti in questa collana offriranno un'ampia panoramica sullo 'stato dell'arte' relativo agli studi critici di settore condotti sia

in Italia che all'estero, sottolineando come le attuali tendenze della ricerca si stiano orientando verso un approccio multi-disci-

plinare ai temi di indagine.

Introduzione

All’ombra del domani XI

Agostino De Rosa

Parte I

L’oblio del visibile, la memoria dell’invisibile:Jean François Niceron taumaturgo ottico 3Agostino De Rosa

In a land I never saw: ricostruzione digitale e interpretazione delle anamorfosi niceroniane a Place Royale 87Elena Trevisan

Dove lo sguardo si ricompone e s’acquieta.Immaginario scientifico e contestualità storica nei giochi ottici di Jean François Niceron 125Alessio Bortot

Passi nell’infinito:le opere dei Padri Emmanuel Maignan e Jean François Niceron a Trinità dei Monti, Roma 153

Agostino De Rosa

Tot habet sacramenta quot delineationes: il San Giovanni Evangelista di Jean François Niceron a Roma 167

Cosimo Monteleone

L’ordine geometrico del tempo: Emmanuel Maignan e le sue meridiane a Roma 195Nicoletta Lanciano

Lo spazio anamorfico dell’alpha: Emmanuel Maignan e il San Francesco di Paola in preghiera a Roma 213Cristian Boscaro

Jean François Niceron: catottrica e anamorfosi 237Cristina Càndito

Terra incognita: carteggi e fonti niceroniane 251Gabriella Liva

Sommario

Parte II

I trattati di Jean François Niceron 271Agostino De Rosa

La struttura dei trattati 289

a cura di Agostino De Rosa

Il cardine proiettivo: sul Primo Libro de La Perspective curieuse e del Thaumaturgus opticus 303Gabriella Liva

De proiectionis in planis obliquis: il Secondo Libro de La Perspective curieuse e del Thaumaturgus opticus, tra vocazione pratica e regole scientifiche 323Cosimo Monteleone

Dal Terzo Libro de La Perspective curieuse: sulla riflessione, sulla catottrica e sugli specchi 351Isabella Friso

Sullo Scenografo Cattolico o Strumento Universale

di Jean François Niceron 381

Isabella Friso

Le pli dans la vision, la diottrica tra naturale e artificiale:sul Quarto Libro de La Perspective curieuse 391

Francesco Bergamo

Skiagrafia, cosmologia kepleriana e anamorfosi dell’umano.Sull’Appendice sulla Luce e le Ombre nel Thaumaturgus opticus 409

Francesco Bergamo

Il Thaumaturgus opticus di Jean François Niceron:appunti in margine alla traduzione dal Latino 431Ilaria Rizzini

Parte III

Bibliografia 445

Indice dei nomi 459

Introduzione

È possibile tramandare ai posteri la nostra bio-grafia in modo obiettivo, senza i rischi dell’agio-grafia e dell’autocelebrazione, fornendo unritratto della propria vita e del proprio operatoche rechi, come firma curatelare, il nostro auto-grafo? Sembra bizzarro formulare una similedomanda in un’epoca, come quella contempora-nea, in cui i sistemi di comunicazione multime-diale e i social network seguono in modo osses-sivo le tracce lasciate – in maniera anche invo-lontaria – dalle nostre esistenze nel maremagnum della rete, garantendo a ciascuno laricostruzione del proprio e dell’altrui profilo bio-grafico secondo schemi associativi impensati ecriteri di selezione storiografica non canonici:ora le fonti si dilatano, le certificazioni del fattosi liquefano nella ridondanza del dato, l’immagi-ne si sgrana nella bassa risoluzione, necessariaalla sua trasmissibilità. Così nell’epoca dell’in-formazione e della sua riproducibilità digitale lacertezza sembra perdere terreno e i contorni‘delle cose e delle parole’ sembrano farsi più fra-gili, sino a raggiungere la soglia della sparizione.Si tratta di un rischio, quello dell’estinzione delsé, che fu presente anche allo scrittore statuniten-se Henry James (1843-1916), allorché allestì, trail 1907 e il 1909, quella che poteva ritenersi,all’epoca, come l’edizione completa delle sueopere, intitolandola The New York Edition: unaoperazione editoriale, articolata in ben 24 volu-mi, che nelle intenzioni dell’autore doveva forni-re the collective edition dell’intera produzionejamesiana. Come osserva Donata Meneghelli,1 èsignificativo come l’autore abbia scelto accura-tamente l’aggettivo collective e non collected, adindicare un’azione inclusiva e non esclusiva, nonrelegabile dunque ad un passato storico iposta-tizzato, nella raccolta dei materiali per una delleoperazioni di autorappresentazione più contro-verse nella storia della letteratura occidentale.James scrisse infatti una prefazione a ciascunvolume, editò compulsivamente i materiali dellaraccolta, escluse opere non conformi alla crea-zione di un ‘canone’ jamesiano, selezionando

con molta cura anche l’autoritratto che dovevaadornarne il frontespizio, eseguito dal celebrefotografo statunitense Alvin Langdon Coburn(1882-1966): l’autore trasmetteva così alle futu-re generazioni di lettori non solo la versioneautorizzata dei suoi romanzi, racconti e saggi,ma anche l’iconografia con la quale egli volevapassare alla storia.2 Henry James ebbe il tempobiologico di organizzare questa titanica selezio-ne e revisione della sua produzione, ove l’inte-grità delle singole opere venne sacrificata ‘allaforma che include il tutto’, ad un’idea di autoria-lità che globalmente vedeva in prospettiva i suoiframmenti come tasselli di un mosaico anamor-fico, i cui contorni tornavano riconoscibili seosservati dal punto di vista previsto da Jamesstesso. La stessa fortuna non toccò a JeanFrançois Niceron (1613-1646), il Frate apparte-nente all’Ordine dei Minimi alla cui vita e allacui produzione scientifica e artistica questo volu-me è dedicato. Come il lettore avrà modo diappurare, se avrà la pazienza di leggere i moltisaggi che lo compongono, si tratta di una vitache si espresse in un arco temporale assai breve– solo 33 anni –, ma denso di eventi politici eculturali, riflessi in opere che si offrono oggi agliocchi dell’osservatore contemporaneo comestraordinarie sciarade, in biblico tra rigore mate-matico e gusto per il meraviglioso e lo stupefa-cente: sono questi i documenti – randomici pervarietà, non sistematici per organizzazione ‘les-sicale’, segnati da incompletezza compositiva,eppure ammalianti come pochi – involontaria-mente lasciati in eredità da Niceron ai posteri perricomporne, non senza difficoltà, la biografia.Autore di due trattati (il secondo dei quali editopostumo) che sono divenuti pietre miliari neglistudi sulla prospettiva seicentesca – LaPerspective curieuse (Parigi 1638) e ilThaumaturgus opticus (Parigi 1646) –, il nostrosviluppò sin da giovanissimo un suo mondoespressivo che si tradusse in opere dai forti con-notati decettivi: anamorfosi catottriche (alcunedelle quali conservate presso la Galleria

Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Barberini, aRoma; un’altra presso gli ArchivesDépartementales du Cantal, a Aurillac), giochirifrattivi (un esemplare si trova nella collezionedel Museo Galileo - Istituto e Museo di Storiadelle Scienze, a Firenze) e anamorfosi murarie acolori (l’unica sopravvissuta, ritraente SanGiovanni Evangelista che scrive l’Apocalisse inPathmos, è ora visibile presso il Convento dellaSS. Trinità dei Monti, a Roma; le altre due a luiattribuite, andate perdute a seguito delle distru-zioni connesse alla secolarizzazione degli Ordinireligiosi voluta da Napoleone Bonaparte, ador-navano i corridoi del Convento di Place Royale,a Parigi), per citarne solo alcune tipologie. Labiografia dell’autore delinea una vita, sospesa traFrancia e Italia, impegnata sia nei dibattiti che sisvilupparono nei più importanti circoli culturalie scientifici dei due paesi, che nelle incombenzeteologiche e religiose previste dal suo Ordinereligioso di afferenza: tra queste, vanno sicura-mente ricordati i continui spostamenti tra le pro-vincie francesi cui lo obbligò il suo ultimo ruoloistituzionale di collega del Visitatore ausiliariodell’Ordine, Padre François de La Nouë (1597-1670). Ricoprendo questa carica e contraendo‘una febbre maligna’ in ‘un oscuro borgo’ dellaProvenza, Niceron abbandonò la sua vita terrenanel 1646, tramandando alle future generazioni ilacerti di un’esistenza vissuta in modo intenso eproduttivo, e di opere che nascondono, al di sottodi un rigoroso carapace scientifico, uno striscian-te messaggio, intimo e carsico, di vanitas.L’autore fu affascinato per tutta la sua esistenzadall’idea che nella natura si nascondesse uncodice segreto divino di cui la matematica, e inprimis l’ottica, potevano farsi succedanei inter-preti, elaborando un lessico espressivo che attra-verso la magia artificiale ne riproducesse lasegreta natura configurativa, le leggi formantidel suo farsi e del suo divenire. Il suo percorsognoseologico attraversò i sentieri del pensierocartesiano e hobbesiano, le sue opere spessodivenendo uno specchio fedele di coeve posizio-

XI

L’OMBRA DEL DOMANIAgostino De Rosa

"I don’t use memory… I make constructions."H. Brodkey, The Art of Fiction No. 126, in “The Paris Review”,Inverno 1991, No. 121.

ni filosofiche, pur tuttavia conservando una loroautonomia stilistica, sia nei contenuti che nellaforma. L’approfondimento ossessivo, teoretico eapplicativo, sull’anamorfosi delinea così unapersonalità attenta al dato fenomenico, all’im-pressione percettiva, ma anche al suo disgregar-si in molteplici direzioni, ottiche e semantiche,offrendo una dialettica in opere tra ragione eintuizione che gli autori dei saggi che seguonohanno cercato di ricostruire attraverso un’analisimolto dettagliata – ci auguriamo, onesta intelle-tualmente – di tutte le sue immaginabili declina-zioni. Sarà così possibile per il lettore accederead una panoramica completa sulla vita e le operedi Jean François Niceron nel contesto artistico-culturale e politico-religioso (francese e romano)del XVIII secolo; seguire l’affascinante esegesidegli schemi retorici presenti nelle due edizioni(in volgare e latina) del suo trattato, analizzatecapitolo per capitolo in forma sinottica; percor-rere virtualmente il complesso dei tre corridoipinciani che ospitano le anamorfosi ‘gemelle’ deiPadri Niceron e Maignan (nonché la meridianacatottrica delineata da quest’ultimo), compren-dendone il valore iniziatico; avventurarsi neisentieri della corrispondenza romana e francesedell’autore, che comprende alcune rare cartegalileiane conservate presso la BibliotecaNazionale di Firenze, e il carteggio con il celebrePadre Marin Mersenne (1558-1648); indagare isegreti politici e ottico-geometrici dei suoi gio-chi, inquadrabili nella poetica del dubbio dimatrice cartesiana; e così via enumerando.Insomma, attraverso la lettura di questo volumesarà possibile ripercorrere un periplo umano escientifico senza precedenti, avvicinandosi ad unautore che nelle sue opere inoculò il germe del-l’incompletezza e dell’instabilità, ottica e cogni-tiva, assai prossima a quella che Joseph Conrad(1857-1924) riconobbe, nel 1905, proprio nellaopera dello scrittore newyorkese: “Perché nonc’è, in tutta l’opera di Henry James, nessunindizio di conclusione, non c’è nell’autore ilminimo accenno alla volontà di arrendersi (o allapossibilità di arrendersi) alle proprie vittorioseimprese nel campo in cui è maestro. James, for-tunatamente, non potrà mai accampare nessunapretesa di completezza.”3

Prima di congedarmi dal lettore, con questabreve premessa, vorrei qui approfittare ancoradella sua pazienza per ringraziare alcune dellenumerose persone e istituzioni che hanno resopossibile questo progetto, prima umano e scien-tifico, e poi editoriale: il prof. Renzo Dubbini(Università IUAV di Venezia) per aver sostenutosin dall’inizio questo lavoro; Caterina Perre,Giancarlo Bisazza (Università IUAV di Venezia)per l’indispensabile aiuto nel reperimento deitesti e dei materiali bibliografici; Don Domenico

Carbone, (Diocesi di Cerignola, FG); Mons.Giuseppe Fiorini Morosini, Vescovo di Locri-Gerace, nostro Padre Spirituale in questo lungocammino di avvicinamento a Jean FrançoisNiceron; Padre Bernard Ardura, presidente delPontificio Comitato di Scienze Storiche (Cittàdel Vaticano), per la fiducia concessaci e per losguardo ‘oltre la siepe’; Suor Ida Dovy,Presidente dell’Associazione Trinità dei Monti(Roma), per l’accoglienza e la disponibilità infi-nite; S.E. Stanislas de Laboulaye, ex-Ambasciatore di Francia preso la Santa Sede(Roma), per aver concesso all’Università IUAVdi Venezia il ‘primo ingresso’ ufficiale al SanGiovanni Evangelista di J. F. Niceron; PadrePatrick O’Mahony, ex-Rettore della SantissimaTrinità al Monte Pincio (Roma); Martín M.Morales Poirirer Lalanne S.J., responsabiledell’Archivio Storico della Pontificia UniversitàGregoriana (Roma); Padre Paolo Raponi,responsabile dell’Archivio Generale dei Minimi(Roma) per la sua gentilezza e competenza stori-co-archivistica; Padre Rocco Benvenuto,Correttore Provinciale della Provincia Monasticadi S. Francesco di Paola; Filippo Camerota, ViceDirettore-Responsabile delle collezioni delMuseo Galileo (Firenze), per i preziosi suggeri-menti, la disponibilità all’ascolto e l’aiuto in fasedi stesura del lavoro; Joe Frawley, per la suamusica incredibilmente niceroniana; Padre LuigiLia, parroco di Sant‘Andrea delle Fratte (Roma),per l’accoglienza; Mons. Antonio Silba, respon-sabile dell’Archivio storico diocesano di AscoliSatriano (FG); Mauro Tosti, per l’aiuto, il sosteg-no, la logistica e la bellissima ‘serata aziendale’;Stefano Sangiorgio, per le consulenze relativealle vicende storiche seicentesche e alla filosofiacartesiana; prof. Mauro Di Giandomenico(Dipartimento di Filosofia e Letteratura, Storia eScienze Sociali-Università degli Studi di BariAldo Moro); a Giuseppe D’Acunto per il prezio-so aiuto fornito in fase di edizione del volume edi allestimento della mostra. Un sentito ringra-ziamento va anche allo studio Be. Fa. Na.(Venezia) per aver fornito l'attrezzatura relativaalle operazioni di laser scanning; e all'aziendaMenci Software (Arezzo) per l'attrezzatura relati-va al sistema di rilievo fotogrammetrico. E infine un grazie speciale ad AlessandraFerrighi e Anna Sgrosso che hanno riletto partisignificative del volume, ma soprattutto adAndrea Giordano, amico e collega, per averavuto il coraggio di revisionare amabilmentel’intero volume, apportartandovi notevolimiglioramenti. Resta inteso che tutti gli errori ele imprecisioni sono imputabili al sottoscritto.

Venezia/Napoli, luglio 2013

Note

1 Cfr. D. Meneghelli, Una forma che includetutto. Henry James e la teoria del romanzo, IlMulino, Bologna 1998.2 Cfr. D. McWhirter, Henry James’s New YorkEdition. The Construction of Authorship,Stanford University Press, Stanford 1998.3 J. Conrad, Henry James - An appreciation, inId., “Notes on Life and Letters”, J. M. Dent edi-tion, Londra 1921, p.8.

XII

Parte I

Fig. 1. M. Lasne, R. P. Joannes Franciscus Niceron ex Ordine Minimorum, egregiis animi dotibus et singulari matheseos peritia celebris, obiit Aquis Sextiis 22 septem-bris an. Dni 1646, Aetat 33. Incisione. Parigi prima metà del XVII sec.

L'ObLiO DeL ViSibiLe, LA MeMORiA DeLL'iNViSibiLe:JeAN FRANçOiS NiCeRON TAuMATuRgO OTTiCOAgostino De Rosa

"L'obiettivo delle scienze naturali non è semplicemente accettare ledichiarazioni [narrate] degli altri, ma investigare le cause che sonoall'opera in natura" Alberto Magno, De Mineralibus, Libro II, tr. ii, i, Venezia 1495.

P. IOANNIS FRANCISCO NICERONO. GENI DEL MIRABILIBVS SVI OPERIBVS

Il ritratto (fig. 1) mostra un giovane Frate dalviso emaciato, delineato da una barba appenaaccennata, che indossa la tunica con cappucciotipica dell’Ordine religioso dei Minimi,1 mentresorregge con la mano la planche di uno dei suoitrattati, quello più prossimo alla data della suamorte, il 22 settembre 1646. L’incisione, esegui-ta da Michel Lasne,2 appare come un paradossospazio-temporale, soprattutto dal momento che ilsoggetto del ritratto non avrà il tempo materialedi vedere pubblicata la sua ultima opera, chepure stringe tra le sue mani nell’immagine e che,dunque, verrà edita postuma. Se il corpo è rivol-to al testo, il viso e soprattutto lo sguardo sonorivolti altrove, oltre i limiti della pagina illustra-ta, verso la sorgente di luce che si riflette nellesue terse pupille, orientate al di fuori dei cenaco-li religiosi e scientifici – romani e parigini – incui il giovane Frate minimo visse per gran partedella sua breve esistenza. Jean François Niceronmuore infatti ad Aix-en-Provence all’età cristo-logica di 33 anni, avendo speso la sua giovinez-za tra l’esercizio della fede, la ricerca scientificae le sperimentazioni applicative di una bizzarra,ma affascinante teoria della magia artificiale, almondo delle immagini e della percezione. Letracce di questa esistenza sono rarefatte, comesentieri dispersi in una radura improvvisamenteavvolta dalla nebbia, e dunque difficile risultaper lo studioso avvicinarsi a lui con così pochipunti di riferimento. Scarsi i documenti diretti,molti invece i riferimenti indiretti alla sua vita;una stima incontrastata dalle menti più notevolidell’Europa della prima metà del ‘600, e poi ilcorpus della sua opera scientifica e artistica,spesso negletta e trascurata: queste le coordinateche si offrono a chi affronti la descrizione del‘continente Niceron’, riecheggiate nei versi cele-brativi che accompagnano il suo ritratto:

“R. P. Joannes Franciscus Niceron ex

Ordine Minimorum, egregiis animi dotibuset singulari matheseos peritia celebris, obiitAquis Sextiis 22 septembris an. Dni 1646,

Æat 33.Ære micat mentis vis ignea, vultibus ore:Ars tibi, quid fingis? Suæ Niceronis erat.”

Già l’esame della sua unica effige ufficiale,come si diceva, solleva alcune osservazioni chein qualche modo ricapitolano il tracciato carsicoe obliquo della breve vita di Padre Niceron. Purrientrando nel trend stilistico dei ritratti di stu-diosi tipici della prima metà del XVII sec.,3 cheanticipano la memorializzazione iconografica delsoggetto prima della sua morte, l’immagine deli-neata dal Lasne, nel suo apparentemente asciuttoe ascetico approccio fisiognomico, offre alcuneincongruenze di natura ottico-prospettica, ilcampo di studi di cui proprio Niceron fu campio-ne. Il drappo alle spalle del Padre minimo è sol-levato, al fine di lasciarci intravedere, da unvano-finestra, il paesaggio romano del Pincio e,soprattutto, il convento della SS. Trinità deiMonti – dove Niceron soggiornò –, orientatoaccidentalmente rispetto al piano dell’immagine:ne scorgiamo appena l’attacco al suolo, in partevediamo la doppia rampa che consente l’accessoalla chiesa conventuale che si staglia in tutta lasua elegante simmetricità, con in evidenza le duetorri campanarie di gusto francese. Sulla plache che Niceron sorregge in posizioneverticale leggiamo in calce:

“F. Iaon Franciscus NiceronDelinea Romæ ano Sal. 1642

Ætatis Suæ 29”

Se ne deduce che essa fu redatta durante il secon-do soggiorno romano di Niceron (post gennaio1641- aprile 1642) e che, in quel lasso di tempo,l’autore stesse elaborando l’edizione latina e lerelative tavole del suo La Perspective Curieuse(1638), un’opera dedicata a svelare i segreti delleprospettive aberrate, note come anamorfosi, e

che l’uso della lingua francese aveva sottratto aduna più ampia diffusione tra gli studiosi di tuttaEuropa. La tavola selezionata da Niceron (fig. 2)è la n°13 raffigurante la Propositio Trigesima(30) (fig. 3) e dedicata alla rappresentazione pro-spettica di un “...un solido stellato sfericamentecon piramidi a basi quadrate.”4 La scelta di que-sto soggetto fu probabilmente legata alla novitàtematica che esso simboleggiava, suggerendocosì, per via grafica, l’ampliamento dell’edizio-ne latina rispetto a quella francese. Ritornandoall’immagine del cenobio romano raffigurato dalLasne, l’immagine della chiesa appare legger-mente compressa in altezza rispetto alle vedutestereotipate, cui l’incisore dovette probabilmen-te ispirarsi: forse la Vue de Rome (1632; NationalGallery, Londra) (fig. 4) di Claude ‘Lorrain’Gellée (1600-1682) che accostava ad una parte‘archeologica’ di totale invenzione, posta sulladestra del quadro, uno scorcio di Trinità deiMonti, probabilmente ripreso dal terrazzo supe-riore della casa dell’artista, all’epoca in viaMargutta.5 L’immagine del Lorrain, purmostrando il medesimo fianco dell’edifico, non èsovrapponibile a quella di Lasne, che appare ese-guita da una posizione più prossima al monu-mento. A quest’ultima sono invece decisamenteavvicinabili alcune vedute del complesso con-ventuale di incisori anonimi, risalenti alla primametà del XVII sec., in cui il punto di vista appa-re meglio compatibile con quello di Lasne e cheprobabilmente ispirarono, a loro volta, la celebreacquaforte della Chiesa della SS. Trinità de’Monti6 (1669) di Giovanni Battista Falda (1643-1678) (fig. 5). Al fine di comprendere la strategiaesecutiva del ritratto si è proceduto ad una cali-brazione, in ambito di fotomodellazione, tra leimmagini fotografiche attuali del complesso e lasua restituzione fornitane dal Lasne (figg. 6a, b):il risultato di questo processo di accoppiamentodelle coordinate spaziali del monumento agliomologhi punti rappresentati nelle immagini –grafiche e fotografiche –, indica che il punto divista assunto dal ritrattista sarebbe stato colloca-

3

Fig. 2. M. Lasne, R. P. Joannes Franciscus Niceron ex OrdineMinimorum. Dettaglio.

Fig. 4. C. ‘Lorrain' Gellée, Veduta di Trinità dei Monti, 1632. Olio su tela. National Gallery, Londra (Inv. 1319).

Fig. 3. J. F. Nicéron, ioannis Francisci Niceronis... Thaumaturgus opticus,Francisci Langlois, Parigi 1646. Tav. 13.

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Fig. 5. G. B. Falda, La SS. Trinità de' Monti e Villa Medici, 1669. Incisione. Collezione privata.

Figg. 6a, b. 6a) Calibrazione degli elementi omologhi per la determinazione delpunto di vista da cui la facciata della chiesa della SS. Trinità dei Montiè stata rappresentata nell’incisione di M. Lasne. Elaborazioni digitali:C. Boscaro/Imago rerum.

6b) Il punto di vista riportato nella Nova pianta et alzata della cittàdi Roma (1676) di G. B. Falda, con una vista della nuvola di punti.Elaborazioni digitali: C. Boscaro/Imago rerum.

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Figg. 7a, b. 7a) Confronto fra le vedute di Trinità dei Monti fornite da Niceron e dal Falda.

7b) Confronto fra le vedute di Trinità dei Monti fornite da Niceron e dal Falda (speculare).

to a circa -16.00 ml dal sagrato della chiesa, dun-que alla quota dell’attuale piazza di Spagna, e inprossimità dell’attuale via di San Sebastianello,al termine della quale si inerpica una delle rampeche raggiungono proprio il colle Pincio. Questodato confermerebbe che l’originario incisore,con tutta probabilità, eseguì il ritratto da unapostazione remota rispetto allo scenario delinea-to, cioè da Parigi dove la prima edizione delThaumaturgus opticus (1646) fu edita, venendoincorporata al suo interno.Lasne non poteva conoscere la topografia dellascena fondale da porre alle spalle del ritratto, nonessendo mai stato a Roma, e per eseguirla dovet-te basarsi su una incisione o uno schizzo – forsedi mano dello stesso Frate minimo? – ritraente ilConvento romano dei Minimi, centro devoziona-le e di ricerca scientifica del XVII secolo, chevide Niceron protagonista con le sue opere siateoriche che decorative. Oppure è ipotizzabileche il set scenografico corrispondesse ad unavera stanza sita probabilmente al piano terra, inun immobile appartenente all’Ordine deiMinimi, nei pressi della futura Piazza di Spagna.Nel caso prevalesse questa ipotesi o quella del‘plagio’ iconografico, rubricabile come praticaassai comune all’epoca, sorprenderebbe accor-gersi che invece la veduta della Chiesa minimi-tana sia offerta al nostro sguardo in modalitàspeculare rispetto alla realtà fenomenica dei luo-ghi: così che l’ala del Convento appaia a sinistradella chiesa e l’area, ancora libera, all’epoca,dall’ingombro di fabbricati, taumaturgicamentemigri alla sua destra, mostrando un muro diruto(un contrafforte, come nell’incisione di Falda) e

una vegetazione selvaggia che ne invada la som-mità (figg. 7a, b). Le fronde di un albero, collocato idealmente trala stanza che avrebbe ospitato Niceron e la colli-na del Pincio, sono disposte ad arte per nascon-dere alla vista porzioni urbane dei dintorni cheavrebbero lasciato immediatamente intuire iltrucco ottico ad un osservatore più smaliziato. Ma si trattava di un gioco illusionistico? ForseLasne e Niceron volevano divertirsi con il letto-re – coevo e futuro – del Thaumaturgus opticussin dal suo incipit, offrendo una sciarada graficadi gusto barocco che mostrasse come anche il piùaustero e quaresimale autoritratto potessenascondere un segreto – Vexierbild – dal quale losguardo del protagonista, diretto altrove, volessedistrarci o al quale, con la sua ostentata disatten-zione, suggerirci di prestare maggiore attenzio-ne, poiché la vista, tra i sensi tutti, è più fallace.Inizia dunque con un piccolo mistero questa sto-ria che ha per protagonista un geniale Padredell’Ordine dei Minimi, vissuto tra Parigi eRoma in anni mirabolanti e complessi (la primametà del XVII secolo), sia dal punto di vista cul-turale-scientifico che politico e la cui immagineè affidata a quest’unico ritratto, ben presto dive-nuto un modello per altri ritratti di suoiConfratelli, in primis per quello agiografico del-l’amico e maestro E. Maignan7 (1601-1676) (fig.8), e che forse descriveva in tralice la difficiledialettica esistenziale di una vita compressa frale esigenze di preghiera, morigeratezza e rinun-cia, tipiche della Regola dell’Ordine cui egliapparteneva, ed invece il continuo contatto mon-dano con il milieu scientifico e patrizio dei più

importanti cenacoli culturali dell’Europa. Sonoquesti i due poli, rappresentati nell’illustrazionerispettivamente dagli strumenti della conoscenzascientifica e prospettica – un compasso, unasquadra e un regolo –, e dal simbolo di vita reli-giosa e penitenziale – l’abito sacerdotale –, tra iquali oscillò l’opera di Jean François Niceron,immaginiamo non senza difficoltà, squadernan-do un universo fatto di visioni apocalittiche emeravigliose. La storia inizia così… Niceron8

era nato a Parigi il 5 luglio 1613 da ClaudeNiceron e Reneé Barbièr – residenti in RueSaint-Denis, parrocchia di Saint-Leu-Saint-Gilles – che lo battezzarono con il nome diFrançois: maggiore di due fratelli e due sorelle,dopo aver condotto i suoi primi studi presso ilCollège de Nevers9 (Parigi), all’età di 19 anni,nel 1632, orfano di padre, entra a far partedell’Ordine dei Minimi,10 presso il convento diNigeon-Chaillot11 (l’attuale Passy) (fig. 9a),dove svolge il noviziato. Il 26 gennaio 1632, ter-minato questo periodo di apprendistato, vieneammesso alla professione e poi al Convento diPlace Royale (Parigi) (fig. 9b) nel medesimoanno.12 Niceron è accompagnato da una renditaannua di 200 livres, frutto di una donazionematerna di ben 12000 livres in vista della profes-sione del figlio, attesa per il 7 marzo di quell’an-no.13 È in questa sede che assume il secondonome, Jean, in omaggio allo zio paterno,anch’egli ordinato Minimo.14 Al momento del-l’ingresso del giovane Niceron, l’Ordine fondatoda San Francesco di Paola15 (1416-1507, cano-nizzato nel 1519) contava in Europa ben 457monasteri (150 dei quali in Italia e 156 in

6

Francia), e il passaggio dalla parrocchia diNigeon al prestigioso convento di Place Royale16

– fondato da Maria de’ Medici (fig. 10) nel 1605,all’epoca non ancora completato – costituiva unacertificazione delle potenzialità scientifiche delgiovane devoto che, in ossequio della Regolapaolotta, riusciva a contemperare l’eserciziodella carità cristiana con la pratica degli studi.17

Durante il noviziato nel 1631, a 18 anni, Niceronaveva già concepito la sua prima opera artistica,un ritratto anamorfico di Jaques d’Auzolles deLapeyre18 (1571-1642) (fig. 11), celebre autoredel Mercure charitable,19 che proprio in que-st’opera la inserisce, fornendone dettagli crono-logici sul suo retro:20 si tratta di un’immagineaberrata, delineata e incisa da J. Picard, che siirradia su di una superficie orizzontale e siricompone qualora se ne osservi il riflesso su diun cilindro trattato a specchio, posto al suo inter-no, esattamente nell’area dell’immagine indivi-duata da un ritratto ‘rettificato’ dello scrittore –eseguito in foggia di medaglione –, definito dallostesso Niceron, “princeps chronographorum”.21

Secondo Frédéric-Charles Baitinger, l’applica-zione , da parte di Niceron, della tecnica anamor-fica catottrica al ritratto di Jaques d’Auzolles, èun esplicito indizio che oramai “…venendoassociata alle ultime scoperte scientifiche e tec-nologiche del suo tempo – l’ottica e la cameraoscura –, l’immagine dipinta aveva subito unavera rivoluzione, passando dal mondo incerto ecaotico dell’effigie, al mondo finito e sistemati-co della costruzione.”22 Introducendo uno iatotra l’idea di natura e suggerendo come se nepotessero imitare i princìpi operativi, l’anamor-

fosi catottrica in questione reifica “…il gestocartesiano del dubbio costringendo chi la con-templa a abbandonare l’immediatezza della pro-pria percezione per elevarsi ad un atto di giudi-zio senza il quale la forma che gli viene mostra-ta non resta che un simulacro.”23 Pochi anniseparano la realizzazione di questo ritratto catot-trico (1631) dalla pubblicazione della sua primaopera teorica, La Perspective Curieuse (1638) dicui tra poco diremo, ma già in quel periodo diformazione doveva essere ben chiaro al giova-nissimo Niceron che la sua predilezione perimmagini dalla forte caratura geometrica avessecome logica premessa un anti-platonismo difondo. Com’è noto, per il filosofo greco (427-347 a.C.) – Sofista (236 C6, 264 C4) – l’arte diprodurre immagini può condurre l’artista a duepossibili tipologie di rappresentazioni: quelleiconiche che tentano di replicare mimeticamente,in proporzioni e configurazione, il modello origi-nale (eikón), e quelle che ne riproducono l’appa-renza illusoria (phántasma) da un preciso puntodi osservazione. Così “all’arte che riproduceapparenza, ma non la somiglianza”,24 cioè all’ar-te pittorica, si dovrebbe attribuire più coerente-mente la definizione di arte fantastica, venendoquella inquadrata in un sistema rappresentativo‘illusorio’, che assecondi la fallacia dei nostrisensi, perpetrando in tal modo un duplice ingan-no nel mostrarci parvenze di parvenze. Ancorapiù rilevante è che, per Platone, “…l’immagine,sia essa iconica o illusoria parvenza, si frapponecome un doppio dell’oggetto reale, col quale nonpuò identificarsi, sebbene nel primo caso si sfor-zi di imitarlo approssimativamente, e nel secon-

Figg. 9a, b.9a) Portale della chiesa e ingresso del Complesso Conventuale deiMinimi di Nigeon. Incisione. A.-L. Millin, Antiquités Nationales, t. II,ch. XII, pl. 1, Parigi 1790.

9b) il Complesso Conventuale dei Minimi di Place Royale, primametà del XVII sec. Incisione. Bibliothèque Nationale de France, Est.,Va 244d.

Fig. 8. J. Michael, Ritratto del Padre emmanuel Maignan, 1669.Incisione. Parigi seconda metà del XVII sec.

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Fig. 10. F. Pourbus il Giovane, Maria de' Medici in abiti vedovili,1613. Olio su tela. Museo Nacional del Prado, Madrid (Inv. P01624).Dettaglio

Fig. 11. J. F. Niceron, ritratto anamorfico catottrico di Jaques d'Auzolles de Lapeyre, 1631. Incisione. Archives Départementales duCantal, Aurillac Cedex (Auvergne).

Fig. 12. F. Hals, Portret van René Descartes, 1649 ca. Olio sutela. Musée du Louvre, Departement des Peintures, Parigi (Inv.1317).

Fig. 13. C. Duflos, incisore, Ritratto del Padre Marin Mersenne,prima metà del XVII sec.

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Fig. 14. S. Vouët, Scena allegorica con anamorfosi catottrica, 1625ca. Incisione di H. Tröschel.

do caso si tratti di un inganno illusorio o, persi-no, di un’usurpazione.”25 Dunque proprio a quel-le apparenze illusorie, dalla natura fantasmatica,si rivolge precocemente il giovane Niceronquando realizza la sua prima anamorfosi catottri-ca che inibisce nell’osservatore la capacità dicomprendere se “… l’immagine non sia altro cheun’immagine, e quindi di farlo credere nella real-tà stessa. Lo scopo del simulacro in definitiva èquello di rimuovere se stesso dalla sua funzionerappresentativa, rendendo impossibile identifica-re l’immagine in quanto immagine”.26

L’anamorfosi catottrica costituisce una sorta dimeccanismo sensorio a cui, vicario, si avvicinalo sguardo, irreggimentato nella sua fissità, per-ché la meraviglia della ricomposizione parastati-ca dell’immagine si compia. E proprio nelSeicento l’ottica, traduzione in termini matema-tico-geometrici dei processi che sovraintendonoalla visione, si configura come sommo strumen-to, non solo di conoscenza scientifica dei proces-si illusori della percezione visiva, ma di ricrea-zione in vitro degli stessi. Risulta evidente che,all’epoca del ritratto di Jaques d’Auzolles,Niceron non potesse ancora aver letto alcuneopere seminali di René Descartes27 (1596-1650)(fig. 12), come La Dioptrique (1637) o lagéométrie (1637) che, proprio sul tema dellapercezione e degli errori cui i sensi inevitabil-mente ci condannano, si incardineranno. Ad esseavrà accesso sicuramente poi, frequentando siala babelica Biblioteca del Convento dell’Ordinedei Minimi di Place Royale (Parigi) che riunivaoltre ai preziosi volumi e incunaboli28 (ben ven-

timila opere censite all’epoca della Rivoluzionefrancese, aperta ‘al pubblico’ dei ricercatorialmeno dal 1639 al 1689,29 per consultazionequattro giorni alla settimana), anche i molti stu-diosi, tra i quali lo stesso Descartes (che perònon incontrò mai di persona), Claude Mydorge(1585-1647), Claude Hardy (1598-1678),Etienne de Villebressieu (*-1653) e FlorimondDebeaune (1601-1652), che frequentavano il cir-colo intellettuale di Padre Marin Mersenne30

(1588-1648) (fig. 13), secrétaire de l’europesavante, e che si riunivano nella sua cella ognisabato.31 Gli scienziati ivi convenuti – comequelli che corrisposero con lui da tutta Europa –erano prevalentemente interessati a questionifilosofico-matematiche e soprattutto alle impli-cazioni che l’idea di meccanismo poteva com-portare nell’analisi e nella riproduzione dei feno-meni naturali: non bisogna infatti dimenticareche Padre Mersenne fu promotore di un’accezio-ne anti-tomistica dell’idea di meccanismo, deltutto opposta a quella sostenuta ufficialmentedalla Chiesa, e dunque oggetto di ampio dibatti-to anche nel suo stesso cenacolo parigino. Lariconducibilità a meccanismo a cui i sensi tutti,in primis la vista, ma in generale le strutture vita-li possono essere ricondotte, scatenarono fortiripercussioni anche in ambito metafisico: in unsimile orizzonte ontologico, non è chi non vedail rischio di assimilare l’uomo a parte, frammen-to riducibilissimo di quella res extensa cuiDescartes dedicò tanta attenzione speculativa.L’opera di Niceron, sin da questa prima esperien-za artistica e scientifica, costituisce un tentativo

di sfuggire a questa inesorabilità meccanicista, diindividuare “…una strategia per evitare la ridu-zione delle apparenze alle leggi della materiainerte, o meglio, trovare il modo grazie al quale,di per sé, le apparenze dei corpi materiali fosse-ro riconoscibili e si rivolgessero allo spirito,riflettessero la loro alterità e il loro principio, pernon essere ridotte alle dimensioni della resextensa, al rigoroso modello meccanicistico espaziale di partes extra partes.”32 L’anamorfosiniceroniana si delinea come “….il luogo in cuil’ottica denuncia se stessa quale arte della finzio-ne”,33 sfuggendo alla omertà dei phántasma pla-tonici. Inoltre, “…invertendo il rapporto cosìstretto tra, da un lato, il punto di vista dello spet-tatore e, dall’altro, l’effetto del simulacro – nellamisura in cui il simulacro non è nulla senza ilpunto di vista per il quale e dal quale emerge –,l’anamorfosi allora protegge come il suo piùcaro segreto l’immagine che egli rappresentasolo per far vedere prima i suoi resti sfigurati.”34

Il ritratto mostruosamente deformato di Jaquesd’Auzolles è presente contemporaneamente allasua immagine rettificata, così che della sciaradavisiva sia fornita, dal suo stesso autore, anche lasoluzione, senza creare dubbi interpretativi nel-l’osservatore. Lo specchio assume qui un ruoloscientificamente cartesiano, evitando la sua tipi-ca funzione magica.35

È probabile che Niceron avesse visto le primeanamorfosi catottriche nel 1627 a Parigi: si trat-terebbe di alcuni esotici esemplari importati inFrancia dal pittore Simon Vouët (1590-1649)(fig. 14) al suo rientro da un viaggio a

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Costantinopoli, e lì acquistati tra il 1611 e il1612.36 Comunque, l’opera sembra fosse stataeseguita senza alcuna consapevolezza ‘proietti-va’ da parte del giovane Niceron, ma con risulta-ti così convincenti che lo stesso Jaquesd’Auzolles lo definisce

“…très-excellent esprit et très-savant homme(si alors on le devait appeler homme, n’ayantque quelque dix-huit ans) en tout ce quidépend de l’optique; ce gentil esprit lors quemoins j’y pensais s’avisa de faire de monportrait la suivante figure, laquelle sembleplutôt un monstre qu’un homme, mais yappliquant un cylindre et le mettant sur lerond qui est marqué cela me représente sinaïvement bien, qu’il ne s’est fait portrait demoi soit plus semblable.”37

Queste espressioni di stima trovano una sorta direciprocità nel fatto che lo stesso Niceron avreb-be poi realizzato il disegno per un monumentoequestre commemorativo per Jaques d’Auzolles,oggi andato perduto. Secondo il Whitmore, “…ilritratto di Auzolles eseguito da Niceron risulta[...] in linea con l’interessante e inedita speri-mentazione in una forma d’arte che era diretta-mente collegata a problemi di decorazione d’in-terni, mentre l’opera teoretica che egli [Niceron,n.d.R.] redasse implicava un perfezionamentodella tecnica di proiezione cartografica rispettoalla quale esistono prove di un suo interesse per-sonale”,38 come poi vedremo.A questa categoria di immagini, inserite in dispo-sitivi catottrici rigenerativi, appartengono anchei quattro oli su tela (eseguiti a Parigi nel 1635circa; figg. 15a-c),39 di dimensioni contenute (50x 66,5 cm), rettificabili attraverso la loro rifles-sione su cilindri tirati a specchio, visibili oggipresso la Galleria Nazionale d’Arte Antica inPalazzo Barberini (Roma), e ritraenti rispettiva-mente: Ludovico Xiii davanti a un crocefisso,Luigi Xiii, San Francesco di Paola e una Scenadi vita matrimoniale.40

J. Bousquet,41 citando un inventario dellaCollezione Barberini risalente al 1631, attribui-sce a Niceron anche due ritratti ‘in scorcio’, davedersi con l’ausilio di ‘un cannoncino d’accia-ro’, rispettivamente di enrico iV di Francia eLuigi Xiii, oggi andati perduti. L’autore conclu-de, sulla base di quel documento, che essi fosse-ro stati realizzati in quella data, e tuttavia l’in-ventario, cui fa riferimento, risulta copia di unoantecedente,42 risalente al 1627, allorchèNiceron avrebbe avuto solo 14 anni. Pertanto ledue anamorfosi catottriche in questione sarebbe-ro state donate a Francesco Barberini dalCardinale Bernardino Spada, Nunzio Apostolicoalla corte di Francia fino all’inizio del 1627. Èdunque possibile che il Cardinale, nominato dal

Papa Urbano VIII protettore di alcuni Ordinireligiosi – tra i quali il cistercense, il premostra-tense, il cappuccino, ma soprattutto quello deiMinimi43 –, avesse portato con sé, al suo rientroin Italia, alcuni esempi delle straordinarie capa-cità inventive, in ambito anamorfico-catottrico,del precocissimo Jean François. Nonostante unodei soggetti di queste due anamorfosi catottricheperdute – segnatamente il ritratto di Luigi Xiii –coincida con uno degli esemplari conservatipresso la collezione di palazzo Barberini, nondovrebbe esserci alcuna relazione fra i due gio-chi catottrici oggi esposti nella collezione roma-na, essendo stati acquisiti dal Ministerodell’Educazione italiano solo nel 1937.44

L’effetto stupefacente di ricomposizione perriflessione di queste immagini deformi è ottenu-to da Niceron applicando le costruzioni geome-triche poi presenti nel trattato ‘in volgare’ del1638 – riviste e affinate nell’edizione postumacui si faceva dianzi riferimento –, che si basava-no a loro volta su quelle elaborate dal matemati-co francese Jean-Louis Vaulezard (*-*), nellaPerspectivae cilindrique et conique ou traictédes apparences vuës par le moyen des miroirs45

(Parigi 1630; fig. 16), ad uso dei suoi studenti,che furono i primi a fargliene richiesta: esse pre-vedevano un’iniziale deformazione in anamorfo-si piana della figura, per passare poi alla sua ‘tra-sformazione’ catottrica. È interessante notarecome il procedimento proposto dal Vaulezard sibasasse sull’impiego simultaneo delle due proie-zioni ortogonali – pianta e prospetto – dell’og-getto dato, compresenti nella tavola preparatoria,e come tale scelta costituisca una delle anticipa-zioni di quello che noi oggi conosciamo comemetodo di Monge. Tale metodo, codificato soloalla fine del XVIII secolo, era già impiegato danumerosi trattatisti ed architetti, in assenza diuna completa consapevolezza proiettiva, che quiappare invece interamente intuita.46

Gli schemi elaborati in maniera geometricamen-te coerente da Niceron costituiranno, dal 1638 inpoi, il punto di riferimento obbligato per gli ope-ratori che si sarebbereo cimentati con il comples-so mondo delle anamorfosi catottriche, la cui dif-fusione è attribuibile, oltre che a Jean Dubreuil(1602-1670; fig. 17), anche a Mario Bettini(1584-1657; fig. 18), Athanasius Kircher(1602–1680; fig. 19) e Gaspar Schott (1608-1666; fig. 20), quest’ultimo pupillo diMersenne.47

Intanto, Reneé Barbièr segue amorevolmente lacarriera ecclesiastica del figlio Jean François:dagli Annales de l’Ordre des religieuxMinimes relativi al Convento parigino, appren-diamo di una sua donazione di 600 livres per unornamento rosso,48 avvenuta nel 1635, lo stessoanno in cui (14 dicembre 1635) Niceron venneammesso all’Ordine del Diaconato insieme ad

Figg. 15 a-c. J. F. Nicéron, anamorfosi catottriche, 1635 ca. Olio sutavola. Galleria Nazionale d'Arte Antica in Palazzo Barberini, Roma.a. Ludovico Xiii davanti a un crocefisso (Inv. 1953); b. Ritratto di Luigi XiiI (Inv. 1954);c. San Francesco di Paola (Inv. 1955);d. Scena di vita matrimoniale (Inv. 1956).

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altri Confratelli.49 Risale al 1638 un’ulterioreofferta, in occasione della prima messa celebratadal figlio, di “…un très beau calice, burettes,cuvette, un grand plat, un aiguière, le tout d’ar-gent bien ciselé, pesants trente mars.”50 Pursenza tralasciare lo studio delle discipline teolo-giche e filosofiche, il giovane Jean Françoisnutriva una particolare inclinazione per gli studimatematici e un notevole interesse per l’ottica, lacatottrica e la diottrica, che convogliò nella suaprima opera trattatistica: proprio in quell’annofatidico infatti il venticinquenne Niceron pubbli-ca a Parigi, presso Pierre Billaine, LaPerspective curieuse, ou magie artificiele deseffets mervellieux…51 (1638; figg, 21a, b), operainfluenzata dai testi di Salomon de Caus (LaPerspective, Londra 1612; fig. 22) e del già cita-to Jean-Louis Vaulezard (Abrégé… de la per-spective par l’imitation, Parigi 1635), e tuttaviaoriginale anche rispetto a più celebri predecesso-ri.L’opera in-folio – dedicata a monsignor GiorgioBolognetti,52 Vescovo di Ascoli Satriano – con-sta di 20 pagine non numerate (comprendentil’epistre, la Permission du R.p. Provincial del’Ordre des Minimes en la Province de France, ilSommaire de ce qui est contenu e la Preface etadvertissement), 120 numerate (comprendenti iPreludes géométriques, le Definitions necessai-res e i libri i-iV),53 due ancora non numerate e 25tavole, le cui illustrazioni furono incise da Joan

Blanchin54 ma su disegno dello stesso Niceron,la cui abilità grafica pare fuori discussione, cometestimoniano le già citate sue prime prove incampo artistico.Consapevole del grado di raffinatezza cui erapervenuta la tecnica prospettica nel corso delCinquecento e all’inizio del Seicento, Niceronaffronta il problema delle deformazioni con unapproccio che oggi si potrebbe definire ‘proietti-vo’ ante litteram, abbandonando gli espedientipratici ormai ampiamente sfruttati,

“…poiché si tratta di una cosa di poco peso eper la quale non è necessario avere alcunaconoscenza della prospettiva.”55

Nel suo trattato il Padre Minimo, mostrando unaprofonda conoscenza delle teorie prospetticheformulate dai suoi predecessori, sia italiani chefrancesi e tedeschi, assume un ruolo di primopiano nello sviluppo della disciplina, sterzandoverso un approccio ‘archimedeo’ piuttosto che‘platonico’ nelle questioni espositive, in cui cioèè privilegiato il versante applicativo di un temarispetto a quello astrattamente speculativo. Il pri-mato dell’ottica è subito stabilito, in quanto, tra isensi, domina proprio la vista, come lo stessoDescrates sosteneva nella sua premessa a LaDioptrique. Con linguaggio chiaro e rigoroso,Niceron propone e risolve numerosi problemi diprospettiva lineare, accompagnando la spiega-

Fig. 16. J.-L. Vaulezard, Perspectivae cilindrique et conique ou traic-té des apparences veuës par le moyen des miroirs…, Parigi 1630.Frontespizio.

Fig. 17. J. Dubreuil, La Perspective practique, Parigi 1642. Antiporta.

Fig. 18. M. Bettini, Apiaria universae Philosophiae Mathematicae, Bologna1642. Antiporta.

Fig. 20. G. Schott, Magia universalis naturae et artis…,Parigi 1657-1659.Frontespizio.

Fig. 19. C. Bloemart, Ritratto di Athanasius Kircher, in A. Kircher,Mundus Subterraneus, Amsterdam 1664. Incisione.

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Fig. 21a. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, ou magie artificiele des effets mer-vellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Antiporta.

Fig. 21b. J. F. Niceron, La Perspective curieuse, ou magie artificiele des effetsmervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Frontespizio.

Fig. 21b. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, Parigi 1638. Tav. 2r: Premiere pro-position un point essant donné au plan....

Fig. 22. S. de Caus, La Perspective, avec la raison des ombres et miroirs,Londra 1611. Frontespizio.

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zione teorica con le splendide tavole incise dalBlanchin. Tra i numerosi contributi offerti dalPadre parigino, è interessante notare come egli, adifferenza dei suoi antesignani, preferisca nellesue costruzioni l’impiego del ‘punto di distanza’(fig. 23), rimanendo del tutto estraneo alla con-suetudine del cosiddetto ‘punto di concorso’, edunque optando per un procedimento cheall’epoca si riteneva introdotto nella pratica arti-stica da Baldassarre Peruzzi, ma poi ampiamen-te diffusosi in nord Europa56 (figg. 24a, b).Sicuramente Niceron dovette riferirsi all’impie-go intensivo fàttone da Daniele Barbaro nellecostruzioni prospettiche presenti nel suo La pra-tica della prospettiva (Venezia 1569), grazie allequali dalla vera forma di un quadrato, tracciata aldi sotto della linea di terra (perfetto), era possibi-le ottenerne lo scorcio (degradato) attraverso ilribaltamento sul quadro del punto di vista (figg.25a, b). Quest’ultimo, migrando dalla sua posi-zione frontale, collocata nello spazio fisico del-l’esperienza percettiva, al foglio da disegno finoa divenire parte di esso, garantiva in un’unicatavola sintetica tutte le costruzioni necessarie pereseguire prospettive coerenti di figure piane:Niceron intesifica retoricamente questa consu-stanzialità tra osservatore – monoculare e adi-mensionale – e piano della rappresentazione,evitando di delineare il quadro di profilo e assi-milando il punto di distanza laicamente alla figu-ra di un uomo in panni borghesi. Il metodo adot-tato da Niceron quindi mitigava l’eccessiva rigi-dità costruttiva del Barbaro, integrandolo con imetodi proposti da Jean Cousin (1490-1560/61;

fig. 26), Jacopo Barozzi detto il Vignola(1507–1573; fig. 27) – soprattutto la sua secon-da regola – e Salomon de Caus (1576–1626; fig.28) – regolarizzandone proiettivamente l’uso deipoinct d’eslongment – nei rispettivi trattati.57 Ilricorso a continui ribaltamenti in situ degliaggetti relativi ai punti notevoli delle figure darappresentare, impiegando archi di circonferenzee non semplici diagonali lineari a 45° (fig. 29),esprime inoltre una scelta grafico-espressiva alcontempo elegante e rigorosa, in linea con ilcoevo sviluppo degli strumenti per il disegnotecnico, in primis del compasso, ma anche conl’alto tasso di eloquente didascalicità affidatoall’illustrazione. Questa sensibilità orientata arendere sempre intellegibile al lettore, con unaligne claire, sia l’aspetto astratto delle costruzio-ni prospettiche, che il risultato finale cui essedevono tendere nella pratica pittorica, è ben evi-denziata anche da altre due caratteristiche meta-narrative delle planche che illustrano il trattato:da un lato, la costante presenza di una sinteticaimmagine finale, in cui si restituisce opacità allesupefici studiate, che vengono rivestite di ombreproprie e che proiettano spesso realistiche ombreportate;58 dall’altro, l’impiego di piani ausiliarinon ortogonali al quadro su cui delineare lequote, se non addirittura i prospetti interi deisolidi o delle superfici rappresentate (fig. 30):l’introduzione di queste immagini oblique con-tribuisce non solo a liberare l’immagine dall’af-fastellarsi di troppe linee convergenti nel classi-co punto principale, dispiegando così sul pianoausiliario costruzioni altrimenti eccessivamente

Figg. 24a, b. J. Pelerin detto il Viator, De artificiali perspectiva, Toul1521, pp. 8, 9.

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scorciate, dunque poco utili didatticamente; maintroduce anche, in maniera subliminale, il temadelle anamorfosi dirette, sviluppato nel SecondoLibro de La Perspective Curieuse, mentre nelTerzo e Quarto l’autore affronta e risolve i pro-blemi posti rispettivamente dalle immaginicatottriche e da quelle distorte per effetto dellarifrazione, di cui parleremo più avanti. Introducendo i contenuti nel Secondo Libro,l’autore precisa che in esso

“…sono dichiarati i modi di costruire nume-rosi tipi di figure appartenenti alla visioneretta, le quali fuori dal loro punto [di osserva-zione] sembreranno deformi e senza senso, eviste dal loro punto [di osservazione] appari-ranno ben proporzionate.”59

L’intenzione di Padre Niceron non è quella dicurare un regesto critico dei migliori trattati a luiprecedenti, ma di occuparsi delle

“…gentilezze della prospettiva curiosa, lequali, come hanno divertito lui e distrattolodalla serietà degli studi teologici, potrannonon essere sgradevoli ai curiosi.”60

Niceron, con l’ausilio di numerose incisioni,descrive in maniera molto dettagliata la genesidel processo anamorfico, seguendo un procedi-mento, chiaro e sequenziale, per la distorsionegeometrica di semplici figure piane: assegnata lafigura da deformare in un reticolo a maglie qua-drate, stabilisce la posizione del punto di vista

dal quale l’immagine dovrà apparire rettificata.La distanza dell’osservatore dall’ideale reticolo,il cui bordo inferiore si sceglie coincidente conquello deformato, fornisce la posizione delcosiddetto ‘punto di distanza’, mediante il qualeè possibile verificare la correttezza degli scorcidelle suddivisioni trasversali (fig. 31). Uno deglielementi critici che emergono dalla trattazioneniceroniana dell’anamorfosi è l’inedito sovverti-mento ontologico del set scenico previsto dallaprospettiva comune, che classicamente contem-plava il piano figurativo disposto tra l’occhiodell’osservatore e l’oggetto da rappresentare:Niceron scardina questa liturgia, ammettendoche l’oggetto possa essere disposto accidental-mente tra gli altri due elementi,61 così da produr-re ulteriori distorsioni in fase proiettiva, in pri-mis l’effetto che l’immagine anamorfica aggettiverso l’osservatore, una volta rettificata. I pro-dromi di questo approccio proiettivo devono rin-tracciarsi in Piero della Francesca, segnatamentenella sua prospettiva di un rinfrescatoio con pie-distallo, oggetto della fig. LXXIX (fig. 32) delsuo De Prospectiva Pingendi (1482 ca.): qui iparalleli della coppa, rappresentata in alzato,vengono sottoposti ad un’intensa azione di pro-iezione prospettica da un punto di vista che esor-bita dai limiti dell’illustrazione, e le cui immagi-ni circolari, ribaltate in situ, sono accolte dallasuperficie di una tavola-quadro orizzontale.Piero ottiene così il contorno della figura – perinviluppo di cerchi – che è interpretabile comel’ombra portata della coppa o, ancora meglio,come sua anamorfosi: per la prima volta, nella

Figg. 25a, b. D. Barbaro, La pratica della perspettiva di monsignorDaniel barbaro, Venezia 1569, Parte Seconda, pagg. 32, 33.a. Modo di ridurre in quadro il piano degradato.b. Divisione del quadro digradato in perfetto.

Fig. 26. J. Cousin, Jean, Livre de perspective, Parigi 1560, f. A5:Règle ou figure par laquelle la source et l'origine de l'art de perspec-tive nous peut être déclaré.

Fig. 27. J. Barozzi detto il Vignola, Le due regole della prospettiva pratica di M.J.b. da V.,Bologna 1582: Annotazione prima. Come si debba collocare il punto di distanzia.

Fig. 28. S. de Caus, La Perspective, avec la raison des ombres et miroirs, Londra 1611. Chapitredeuxiesme, Autre façon pour mettre un carré en raccourcissement.

Fig. 29. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificiele des effetsmervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 3r: Proposition iiii. un cer-cle essant donné en un plan...

Fig. 30. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificiele des effets mer-vellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 6r: Proposition X. Mettre un cubeen perspéctive...

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Fig. 31. J. F. Niceron, La Perspective Curieuse, ou magie artificieledes effets mervellieux…, chez Pierre Billaine, Parigi 1638. Tav. 13r:Proposition ii. Donner la methode de... Corollaire ii.

storia della trattatistica prospettica, l’oggetto darappresentare non è più dietro il rassicurantelimite del piano iconico, bensì è posto dall apar-te dell’osservatore, sovvertendo la classicadisposizione del riferimento prospettico rinasci-mentale.Più avanti Niceron insiste nel ricordare di avereimpiegato la parola magia non per alludere a pra-tiche proibite, rubricabili come esoteriche ooccultiste, ma per riferirsi, sull’esempio diGiambattista della Porta,62 a quegli effects mer-veilleux che saranno mostrati grazie alla prospet-tiva, questa sì una magie artificielle; secondo lostorico Amodeo,63 fu proprio a causa del terminemagia incluso nel titolo della sua opera, che lecopie della prima edizione del trattato di Niceronscomparvero in breve tempo, ritirate forse dalleautorità ecclesiastiche perché ritenute eretiche.L’opinione dello studioso non sembra però suf-fragata da alcuna prova documentaria, né daldibattito teologico, coevo di Niceron, circa l’ideadi magia che il suo testo esibiva e invocava, giànel titolo. L’esperienza prospettico-anamorficaseicentesca deve infatti essere inquadrata in unasorta di preparatio animi, di impronta agostinia-na, attraverso la quale gli studiosi tentavano difornire del mondo fenomenico una possibilespiegazione – e forse rispetto ad esso ancheun’elevazione spirituale –, grazie ai princìpidella matematica e della geometria. Il primato diquest’ultima disciplina, che fa il paio con quellodell’ottica, è di palese stampo platonico, costi-

tuendo una dissonante contraddizione nell’appa-rato teorico-filosofico dei trattati specialistici delXVII secolo (Kircher, Schott, Bettini), spessocaratterizzati da premesse dichiaratamente archi-medee. Queste scienze erano però qui orientate allo stu-dio ed alla riproduzione controllata degli effettimeravigliosi, dei fenomeni decettivi e curiosi(mirabilia), così collocandosi in prossimità del-l’arte della magia artificiale. Sia GiovanniBattista della Porta (1535-1615; fig. 33) cheGirolamo Cardano (1501-1576; fig. 34) avevanodimostrato nei loro scritti di magia naturale unospiccato interesse per lo studio dell’ottica, assun-ta con un valore demiurgico e rivelatore, capace,nelle mani di un mago dalle conoscenze enciclo-pediche, di svelare verità superiori e ascose agliocchi dei più. Si tratta di una pratica inoffensiva, come ricorda-va Gabriel Naudé (1600-1653; fig. 35), la qualeconsentirebbe di giungere

“…à se Paradis terrestre de la contemplationde causes. Et parvenir enfin à ce suprêmedegré de félicité, qui seul permit à l’hommed’habiter ce lieux tant vantés par Lucréce:edita doctrina sapientum templa serena.”64

Gran parte dei teologi dell’epoca concordavanocon questa presunta innocenza della magia arti-ficiale, accostata a quella naturale,65 chiaramen-te distinta da quella nera o diabolica, dalla quale

Fig. 32. Piero della Francesca, De Prospectiva Pingendi, 1482 ca. Fig.LXXiX: prospettiva di un rinfrescatoio con piedistallo.

Fig. 33. G. B. Battista della Porta, De Distillatione Lib. iX. Quibuscerta methodo, multiplicique artificio, penitioribus naturae arcanisdetectis, cuiuslibet mixti in propria elementa resolutio, perfecte doce-tur, Roma 1608. Ritratto di G. B. della Porta.

Fig. 34. G. Cardano, Hieronimi C. Cardani medici Mediolanensis,practica arithmetice, & mensurandi singularis, Milano 1539.Frontespizio con ritratto di Girolamo Cardano.

Fig. 35. Claude Mellan, Ritratto di gabriel Naudé, 1648. Incisione.The Metropolitan Museum of Art, New York (Inv.: 41.57.17).

Fig. 36. D. Henrion, J. Leurechon, C. Mydorge, Les recreationsmathematiques avec l'examen de ses problemes. Premierement reveupar D. Henrion. Depuis par M. Mydorge..., Parigi 1661 (Cinquiesmeet derniere edition). Frontespizio.

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