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Per avvicinare gli allievi a qualsiasi rappresentazione grafica, è importante creare le condizioni perché quel contenuto possa trasformarsi in una attività laboratoriale del gruppo classe. In relazione agli studi sul quadraturismo e la pittura illusiva, nasce l’idea di un laboratorio sulla decorazione parietale, finalizzato, innanzitutto, ad applicare “sul campo” le regole ed i canoni della prospettiva studiati dai discenti nella disciplina di disegno, e, in secondo luogo ma non meno importante, poter vivere un’esperienza estetica entusiasmante, sulle orme dei grandi del passato. Questa fase, redatta a mo’ di manuale, illustrerà tutte le tappe progettuali ed esecutive del laboratorio sulla “quadratura” e sarà corredata da schemi e disegni illustrativi.

Il rilievo della stanza La prospettiva studiata teoricamente “sul foglio di carta”, ed applicata a forme geometriche solide o piane più o meno complesse, è riducibile ad una serie consequenziale di regole e postulati, che molto si discostano da un impianto prospettico finalizzato alla decorazione a “quadrature” di una parete. È altresì importante conoscere comunque bene le regole della prospettiva, affinché queste si “tramutino” in metodologie pratiche e scientifiche per l’attuazione dell’impianto decorativo. Il punto di partenza univoco è il rilievo del luogo nel quale bisogna dipingere la “quadratura”. Questa fase è importantissima e se non eseguita a “regola d’arte”, pregiudica il buon risultato dell’opera. Oltretutto, da un rilievo ben fatto, si capisce se la parete da decorare è perfettamente piana ed a “squadro” con la successiva oppure, al contrario, è curva e non a squadro. In questo caso, se la “forzatura” del muro è fortemente evidente, oltre all’esecuzione dell’impianto prospettico, bisognerà studiare un’adeguata distorsione anamorfica.

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Prospettiva e anamorfosi Una volta portato a termine il rilievo della stanza, si può passare di conseguenza alla progettazione dell’impianto illusivo. Importanti prerequisiti, per questa fase del laboratorio, sono la conoscenza dell’impianto prospettico con fuga centrale e cerchio di distanza e l’utilizzo della strumentazione per la realizzazione grafica. Un valido aiuto può venire dal sapiente utilizzo del software AutoCAD, che, surclassando l’utilizzo delle righe e delle squadre e velocizzando di conseguenza i tempi di realizzazione del progetto senza compromettere la matematica precisione dell’elaborato, permette di fare stampe in scala 1:1 già pronte per lo spolvero. Il laboratorio diventa, quindi, anche laboratorio di informatica, per poter apprende i rudimenti di questo particolare software tuttora molto richiesto in ambito lavorativo84. Verranno, di seguito, riportate le fasi procedurali del progetto.

Prima fase: costruzione in pianta dell’impianto illusivo Ho personalmente ipotizzato un ambiente tipo e stabilito la parete che dovrà accogliere il dipinto.

È necessario ora impiantare sul progetto la restituzione prospettica dell’apparato illusivo. Come già detto in precedenza, prerequisito fondamentale per questa fase, è la conoscenza della prospettiva con fuga centrale e cerchio di distanza: questo, per il semplice fatto che l’osservatore che si relaziona visivamente con l’opera, si presuppone, si ponga sempre parallelamente al quadro e l’oggetto presente al di là di quest’ultimo sia, come l’osservatore, allo stesso modo, parallelo; indi per cui, unico punto di fuga plausibile è quello che si ottiene dall’intersezione del Punto di Vista

84 Le tavole che corredano questo capitolo, sono state realizzate oltre che con AutoCAd 2007, anche con software Adobe (Illustrator CS e Photoshop CS2)

Parete destinata ad accogliere il dipinto

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(gli occhi dell’osservatore) con la linea di orizzonte85. L’ulteriore ausilio, ci viene dato dal cerchio di distanza, circonferenza che ha per raggio la distanza che c’è tra l’osservatore e il quadro ed il suo centro nell’intersezione che sussiste tra l’osservatore e l’orizzonte; questa circonferenza, intersecando quest’ultimo, individua i due punti di distanza e, omologamente, le fughe prospettiche di tutte le rette che formano un angolo di 45° con la linea di terra. Queste fughe, saranno ulteriormente utili, nel momento in cui si debba approntare una “anamorfosi” perchè costituite da quegli elementi altresì chiamati punti misuratori.

85 Nel caso in cui l’oggetto non risulti più in parallelo con il Quadro, ma mostri uno spigolo all’osservatore, non è più applicabile questo metodo: si dovrà necessariamente adottare un impianto prospettico a due punti di fuga.

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Questo schema assonometrico, mostra nello specifico, come impiantare la quadratura: l’osservatore è posto sull’uscio della porta d’ingresso, e l’altezza dei suoi occhi, determina sul quadro, la linea dell’orizzonte, sul quale si individua il punto principale V° (proiezione del punto di vista V). La distanza V-V°, come precedentemente accennato, costituisce anche il raggio del cerchio di distanza, che ha centro in V°. I due punti di distanza (Dd e Ds) permettono di conseguenza di stabilire la “luce” del finto arco: individuato il punto di inizio della quadratura (Z) e deciso che lo spessore del muro è di cm 50, si riporta tale misura sulla linea di terra a partire dal punto in questione (Z-K). L’intersezione tra le fughe Z_V° e K_Dd, determina sul quadro l’aggetto aberrato prospetticamente del segmento K-Z . Tutta la consequenziale costruzione dell’arco, avviene attraverso l’intersezione delle parallele verticali e orizzontali che costituiscono il contorno del disegno con le tracce prospettiche, che ne costituiscono l’illusiva profondità.

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Questo schema, riproduce in pianta, quanto descritto precedentemente in assonometria. Le fasi successive, sono relative alla concezione ed alla realizzazione dello spazio illusorio al di là dei contorni fisici.

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La costruzione di figure anamorfiche

Il termine anamorfosi, dal greco ana (all'indietro, ritorno verso) e morphe (forma), compare per la prima volta nel trattato "Magia Universalis naturae et artis", pubblicato da Gaspard Schott tra il 1657 e il 1659 a Wurtzburg. In questo trattato vi è un capitolo intitolato: "De Magia Anamorphotica, sive de arcana imaginum deformatione ac reformatione ex optices atque Catoptrices". Esso sta ad indicare un particolare tipo di immagine prospettica ottenuta per proiezione su un piano fortemente inclinato rispetto all'osservatore. Ciò causa una deformazione dell'immagine tanto più evidente quanto maggiore è l'inclinazione del quadro e quanto minore è la distanza del punto di vista contenente il quadro stesso. Ne consegue che le immagini anamorfiche risultano comprensibili solo se si pone l'occhio nel punto di vista esatto dove la deformazione scompare per lasciare il posto ad una immagine perfettamente chiara e proporzionalmente esatta, nonché dotata di una forte carica illusiva. I riferimenti al fenomeno delle aberrazioni prospettiche si ritrovano andando anche molto più indietro nel tempo. Tralasciando i riferimenti latini di cui ci parla Baltrusaitis86 iniziamo a scorgere delle indicazioni precise già nel 1400, quando la scienza prospettica trova le sue prime applicazioni geometricamente corrette a partire dalle famose “tavolette” di Filippo Brunelleschi, passando per la “Trinità” di Masaccio a S.Maria Novella in Firenze per arrivare alle rigorose rappresentazioni di Paolo Uccello e Piero della Francesca. Nel paragrafo 17 del Libro Primo del DE PICTURA, opera compilata nel 1435 in latino dall’artista Leon Battista Alberti, pubblicata a stampa per la prima volta a Basilea nel 1540, nella versione tradotta in volgare dallo stesso, vi è un passo in cui Corrado Verga rileva la possibilità che venga descritto il fenomeno dell'anamorfosi come aberrazione prospettica. Se l'interpretazione del passo fosse esatta si tratterebbe in senso assoluto della prima esposizione scritta del “rischio” anamorfotico. Nel seguito del trattato non si accennerà più a queste alterazioni, il che è perfettamente logico in quanto il testo mirava all'esaltazione dell'arte pittorica come imitazione della natura da realizzarsi attraverso la conoscenza scientifica delle leggi naturali; d'altra parte proprio il timore di far incorrere i propri lettori in “eccessi” prospettici spingeva l'Alberti a parlarne, anche se solo per un breve, distaccato accenno. Con la figura di Leonardo da Vinci, a cavallo tra questo secolo e il precedente, lasciamo decisamente il campo delle supposizioni e delle ipotesi per approdare a quello delle certezze, in quanto sia i suoi appunti che alcuni suoi disegni dimostrano la perfetta acquisizione del principio anamorfotico. Un foglio del Codice Atlantico, il 35 verso-a, contiene due disegni anamorfici di Leonardo, rappresentanti la testa di un bambino e un occhio: tali disegni risultano inscritti in un fascio di linee, riconoscibile solo nell'originale, testimonianza della presenza di una costruzione geometrica alla base degli schizzi.

86 Cfr. J. Baltrusaitis , Anamorfosi o thaumaturgus opticus, Milano 2004

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Il XVII secolo si apre con la pubblicazione di un trattato di grande valore scientifico, il "Perspectivae Libri Sex" di Guidubaldo del Monte, per merito del quale la prospettiva si scuote decisamente di dosso tutte le incertezze e le inesattezze che in misura più o meno evidente avevano pesato sulla trattatistica precedente, assumendo finalmente i connotati scientifici che fin dal primo momento si era inteso darle. Per tutto il Seicento la prospettiva, e accanto ad essa l'anamorfosi, saranno oggetto di sempre più numerose trattazioni, quasi sempre per mano di matematici e geometri ormai impadronitisi della materia in maniera pressoché definitiva. Quanto verrà spiegato nelle pagine seguenti, è il metodo per poter ricavare, attraverso costruzione geometrica, una figura anamorfica piana, inserita in un contesto architettonico non illusorio. Anche in questo caso, ho ipotizzato un ambiente voltato di mt. 7x3. Per poter inserire l’anamorfosi comodamente, ho accorciato la distanza tra l’osservatore e il quadro, in modo tale da ottenere delle pareti molto aggettate. Per la costruzione dell’ambiente architettonico mi sono avvalso del software AutoCAD 2007, mentre l’anamorfosi è stata eseguita con Adobe Photoshop CS2.

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La scelta del soggetto da raffigurare, è caduta su Michelangelo, ed in particolare il profeta Ezechiele. L’immagine è stata importata in AutoCAD e con appositi strumenti, ricalcata nel contorno87.

87 Questi ed altri passaggi, possono comunque essere fatti “a mano” e con strumentazioni molto meno tecnologiche. Nulla toglie comunque alla consecutio che in entrambe i casi resta invariata.

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Una volta ricalcata la parte che ci interessa anamorfizzare, possiamo eliminare la foto di sussidio, e quadrettare l’immagine.

La quadrettatura ci sarà di grande aiuto per la deformazione anamorfica: di conseguenza, più è fitta, più semplice sarà la ripresa dei contorni. Come già detto, l’ambiente in questione, non è un ambiente illusorio ma fisico; è comunque fondamentale, una volta eseguito il rilievo (per i motivi spiegati all’inizio di questo capitolo), approntare una veduta prospettica a fuga centrale che ci servirà, attraverso il cerchio di distanza e le tracce che partono dal disegno anamorfico, a ricostruire geometricamente l’aberrazione grafica.

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Il grafico di questa pagina, mostra l’impianto prospettico della stanza voltata e sulla parete destra, è stata posizionata la figura. Come si può riscontrare, questa, non segue le linee prospettiche della parete: ciò non vuol dire che non possegga i criteri prospettici applicati alla stanza; tutt’altro! Esaminiamola graficamente: si ribalta sulla linea di terra il segmento OZ e, sul prolungamento di quest’ultimo, KZ: con questo passaggio, abbiamo ribalato e proiettato geometricamente in pianta, la parete che accoglie l’anamorfosi.

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Nominiamo il rettangolo grigliato che racchiude l’anamorfosi abcd. Proiettando i lati ad e bc sulla fuga V-Z, otteniamo le proiezioni a≡d e b≡c. Proiettando questi punti sulla diagonale K1-Z, otteniamo i punti f e g, che congiunti con la fuga V e prolungati sulla linea di terra, ci danno i punti f1 e g1. Otteniamo così su quest’ultima, la restituzione geometrica della larghezza del dipinto. Per proiettare questa larghezza all’interno della parete restituita non si deve far altro che individuare sul segmento KK2 le tracce di f1 e g1 (f2 e g2)e proiettarle ortogonalmente al segmento ZK2. Lo stesso procedimento viene applicato a tutte le verticali che costituiscono il disegno.

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Come dicevamo precedentemente, le altezze del disegno, contrariamente a quanto sembra, seguono le fughe dell’impianto prospettico: rintracciare la loro effettiva misura, di conseguenza, è molto meno difficoltoso rispetto alle larghezze; in effetti, per riportare sul quadro la misura del segmento ad, basta congiungere questi due punti con la fuga V e prolungare queste ultime, fino ad intersecare il segmento OZ (che rappresenta anche il limite fisico della stanza) nei punti a1 e d1; con il compasso, tracciamo quindi degli archi di circonferenza rispettivamente di raggio Zd1 e Za1, fino ad incontrare il segmento ZO2 nei punti d2 ed a2. Prolungando queste due tracce sulla semiretta f2 (punti d3 ed a3), abbiamo restituito la geometrica misura dell’altezza aberrata ad. Lo stesso procedimento, viene applicato a tutti i vertici del disegno omologamente a quanto finora fatto.

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La figura della pagina precedente, mostra la restituzione di tutti i vetrici e le verticali del disegno e, chiaramente, il reticolato, che nella stanza in prospettiva sembrava regolare, ma sul geometrale risulta completamente deformato. È interessante cogliere questo aspetto: la prospettiva ci insegna che un oggetto, più è lontano dall’osservatore e più, all’occhio di quest’ultimo, risulta piccolo; nell’esperimento anamorfico, avviene l’esatto contrario: più la forma si allontana dal punto di vista più questa si ingrandisce. Si spiega così anche l’etimologia della parola anamorfosi: ritorno alla forma.

In ultima analisi vediamo come l’immagine risulta all’interno del quadrettato anamorfizzato.