Stefano Magnani, Una geografia fantastica? Pitea di Massalia e l'immaginario antico

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 Estratto da RIVISTA STORICA DELL ANTICHITÀ DIRETIORE GIANCARLO SUSINI CONDIRETIORE GIOVANNI BRIZZI ANNO XXII- XXIII 1992-1993 PÀTRON E ITORE B O L O G N A 1994

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Esame dell'influenza esercitata dai resoconti di viaggio di Pitea di Marsiglia sulle descrizioni romanzesche di terre lontane e favolose in epoca ellenistica e del conseguente discredito della sua opera dal punto di vista scientifico.

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  • Estratto da:

    RIVISTA STORICA DELL'ANTICHIT

    DIRETIORE GIANCARLO SUSINI

    CONDIRETIORE GIOVANNI BRIZZI

    ANNO XXII-XXIII/ 1992-1993

    PTRON EDITORE B O L O G N A 1994

  • STEFANO MAGNANI

    UNA GEOGRAFIA FANTASTICA? PITEA DI MASSALIA

    E L'IMMAGINARIO GRECO

    Sul finire dl IV secolo a.C. le imprese di Alessandro Magno e dei suoi successori in Oriente ed il viaggio atlantico di Pitea in Occi-dente determinano un'espansione degli orizzonti geografici ed et-nografici che trova immediata eco all'interno della produzione let teraria, offrendo al mondo greco materia inesauribile per la specu-lazione scientifica e l'invenzione di fantasia. questa, per il mondo classico, l'epoca delle grandi scoperte 1, del raggiungimento di con-fini che solo in et imperiale saranno di nuovo avvicinati e talvolta superati.

    Se l'influenza esercitata dalle imprese e dalla figura di Alessan-dro sulla produzione culturale ed artistica, in particolare letteraria, nei secoli a seguire ha lasciato evidenti tracce, ben diverso il caso del massaliota Pitea, la cui fortuna fu enorme presso Timeo, Erato-stene, Ipparco e Posidonio2, ma fin poi per perdere ogni reale con-tomo nella successiva tradizione, e fu sospettato talvolta di aver fatto ricorso alla menzogna e all'invenzione fantastica3

    Astronomo e matematico, Pitea comp una straordinaria navi-

    1 L'importanza dell'et di Alessandro, per quanto concerne il progresso nel-l'esplorazione del mondo abitato, era chiara gi ad Eratostene (Strab., l, 3, 3).

    2 Vedj, fra gli altri, gli studi di H. Berger, Die geographischen Fragmente des Eratosthenes, Leipzig 1880, rist. Amsterdam 1964; D.R. Dicks, The geographical fragments of Hipparcus, London 1960.

    3 Su tale giudizio, espresso da Polibio e da Strabone, ci si soffermer in se-guito.

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    gazione al di l delle Colonne d'Eracle, alla ricerca delle terre da cui provenivano lo stagno e l'ambra. Partito da Massalia, egli soggiorn a Cadice5, per poi intraprendere il vero e proprio tra-gitto oceanico, toccando il promontorio Sacro, il Finisterre ibe-rico, e addentrandosi nel golfo di Guascogna lungo il litorale degli Artabri e l'Aquitania6 Dopo aver fatto sosta nel porto celtico di Corbilo7, alla foce della Loira, Pitea prosegu lungo la costa bre-tone fino all'isola di O~tcr

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    avendone seguito la costa fino al promontorio Kantion e al capo Orcas 13

    da questo promontorio proteso nell'Oceano settentrionale, tuttavia, che ebbe inizio la parte pi straordinaria del suo viaggio. Navigando per sei giorni oltre la Britannia, in direzione Nord, Pitea giunse in vicinanza di Thule, l'ultima delle terre che avessero un nome, oltre la quale si diceva che il mare fosse congelato o coagu-lato (n:EnTJyuta 8aana) 14 Probabilmente egli si spinse fino alla Norvegia meridionale, forse nei pressi dell'attuale Bergen 15, ove os-serv la straordinaria durata del giorno al solstizio estivo 16 e gli ef-fetti provocati dalla vicinanza della zona glaciale sulla flora e la fauna; e, di conseguenza, sui modi di vita e sull'economia delle popolazioni locali 17 Dalla costa norvegese Pitea penetr nel Bai-

    tJ Skymn., frg. 9; Gisinger, Skymnos, n. l , PW, III, AI (1927), coli. 670-671; Diod., V, 21-22; Strab., IV, 5, 1-2; l, 4, 3; Il, 4, l; Plin., N.H., IV, 102; n, 217

    14 Strab., l, 4, 2-4; n, 4, l ; n, 5, 8; Il, 5, 43; IV, 5, 5; Mela, Chor., III, 57; Plin., N.H., Il, 186-187; Il, 246; IV, 104; Kleom., Meteora, l , 4, 194-231. Sui di-versi e vani tentativi di identificare la Thule piteana con una reale localit nordica cf. Dion, Aspects politiques de la gographie antique, Paris 1977, pp. 191-196 e 200-207; Id., Pythas explorateur, Rev. Philol., 40 (1966), pp. 209-213; P. Fabre, Les Massaliotes et l'Atlantique, in

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    tico 18 superando l'insidia del x.EUf.u.ov 6aMinto, il miscuglio degli elementi nel quale non era possibile n camminare n navigare 19, e raggiunse l'isola sulla quale si raccoglieva e si commerciava l'am-bra20, da identificarsi probabilmente con un'odierna penisola, quella del Sanand 21, tra le foci della Vistola e del Niemen, in una vasta laguna che potrebbe corrispondere all' aestuarium Metuonis menzionato dalle fonti 22

    A questo punto del viaggio, giunto a quella che egli ritenne la

    risentono del benefico influsso della Corrente del Golfo). Collocando il limite del-l'abitabilit in prossimit di Thule, a 66N, Pitea andava contro le teorie antiche che ponevano tale limite a 54N (cf. Arist., Meteo., Il, 5, 362b, 4-9).

    18 La critica moderna divisa tra quanti ipotizzano l'ingresso di Pitea nel Bal-tico (Dion, O Pythas voulait-il aUer?, in Melanges A. Piganiol, III, Paris 1966, p. 1326 ss.; Fabre, Les Massaliotes, cit., p. 40 ss.; C. F. C. Hawkes, Pytheas: Eu-rope and the Greek Explorers, Oxford 1975, p. 7 ss. ), e quanti invece ritengono che egli si sia arrestato nel mare del Nord, alla penisola dello Jutland (A. Grilli, La do-cumentazione sulla provenienza dell'ambra in Plinio, Acme, ~ 1983, pp. 5 ss.; R. Wenskus, Pytheas und der Bernsteinhandel, in K. Duewel (a cura di), Untersu-chungen zu Handel und Verkehr der vor-und frluhgeschichtlichen Zeit in Mittel und Nordeuropa, Goettingen 1985, p. 84 ss.; J. Kolendo, la recherche de l'am-bre baltique. L'expdition d'un chevalier romain sous Nron, in Studia Antiqua, Warszawa 1981, pp. 76; Gisinger, Pytheas, cit., coli. 347-349; H.E. Burton, The discovery of the ancient world, Freeport-New York 1932, rist. 1969, p. 44). Ovvia-mente, dipende dalla soluzione di tale questione anche la localizzazione dell'isola dell'ambra alla quale pervenne l'esploratore massaliota. La menzione di popola-zioni quali Teutones e Gutones (Plin., N.H., XXXVTI, 35) o rmnwvE (Strab., VII, l, 3), e la connotazione scitica dell'isola dell'ambra, sia in Diodoro (V, 23, 1), sia in Plinio (N.H., IV, 94-95) (cf. anche Tac., Germ., 45, 2 ss., sugli Aestii raccoglitori di ambra), rendono preferibile l'ipotesi baltica; cf. Plin., N.H., IV, 100; Mela, Chor., 32-33 e 36; Tac., Germ., 44-46; che collocano i Teutones nel-l'area dello Jutland, e i Gutones-Gothones in territori pi orientali, ai confini tra Germania, Sarmazia e Scizia, in prossimit della Vistola.

    19 Strab., Il, 4, l ; sul cui significato cf. Dion, Aspects politiques, cit.) pp. 197-198; Fabre, Les Massaliotes, cit., pp. 40-41. Le diverse opinioni in proposito sono riassunte e commentate da Gisinger, Pytheas, cit., coli. 343-344; Whitaker, op. cit., pp. 160-161 e 164, nota 103.

    20 Diod., V, 23; Plin., N.H., XXXVII, 35-36; IV, 94; da confrontarsi con Tac., Germ., 45, 2 ss.

    21 Sull'ambra del Samland vedi, Kolendo, op. cit., pp. 63-66 e 76, il quale ri-tiene tuttavia che l'ambra segnalata da Pitea sia da localizzare nello Schleswig occi-dentale. A favore dell'identificazione dell'isola piteana col Samland Dion, O Pythas voulait-il aller?, cit., p. 1334. Fra coloro che ipotizzano il raggiungimento del Baltico, il Fabre, Les Massaliotes, cit., p. 45, identifica l'isola dell'ambra con l'odierna Bomholm, mentre Hawkes, op.cit., p. 9, ipotizza Vendsyssel.

    22 Plin., N. H., XXXVTI, 35.

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    foce settentrionale del Tanais o della sua controparte nordica, ed esaurite le ricerche sulle aree di produzione e smereio dello stagno e dell'ambra, Pitea fece ritorno a Cadice seguendo probabilmente la costa europea. In seguito a ci egli pot pertanto giustamente af-fermare di aver percorso xaoav tfJv xagooxeavi'ttv til EugoomJ ut rabetQOOV oo Tav6.LOo23.

    Durante il viaggio Pitea svolse numerose osservazioni, organiz-zando in una tabella le latitudini delle localit raggiunte 24, calcolate tramite il computo della durata del giorno e della notte solstiziali, dell'altezza del sole al solstizio invernale, o attraverso l'utilizzo dello gnomone25 Fissando in prossimit di Thule il limite dell'abita-bilit, a 66N, in corrispondenza dell'attuale Circolo Polare Artico, egli forn una risposta in chiave astronomica alla questione della di-visione in zone della sfera terrestre 26, dimostrando inoltre di essere a conoscenza dei pi recenti sviluppi della teoria della sfera elabo-rata da Eudosso di Cnido27, che egli corresse circa l'esatta localizza-zione del Polo celeste settentrionale28 Pitea studi poi le maree atlantiche 29, straordinarie per chi arrivasse dal Mediterraneo, giun-gendo alla conclusione che esse dipendevano dal moto lunare30; e osserv con attenzione gli effetti che esse provocavano sulla confor-mazione di alcune regioni costiere31 Primo mediterraneo ad essersi spinto nelle estreme regioni occidentali e settentrionali dell'Eu-

    23 Strab., Il, 4, l. 24 Cf. G. Aujac, Strabon et la science de son temps, Paris 1966, pp. 166-167;

    Ead. (d. et trad.), Strabon, Gographie, Il, Paris 1969, p. 25, nota 5; Ead., L 'ile de Thul, mythe ou realit, Athenaeum,., 66 (1988), p. 335.

    25 Strab., l , 4, 4; Il, l , 12-13 e 18; II, 5, 8; Il, 5, 41-43; VII, 2, 4; Gemin., Ei-sag., VI, 8-9; Plin., N.H., Il, 186-187; IV, 104; VI, 219-220; Kleom., Meteora, l, 4, 194-231; Il, l , 443-444;

    26 Aujac, L'ile de Thul, cit., pp. 330-334; Ead., Strabon, Gographie, Il, cit., p. 56, nota 5, e pp. 179-180.

    27 Aujac, L 'ile de Thul, cit., pp. 330-334; Ead., La gographie dans le monde antique, Paris 1975, p. 12; Ead., Astronomie et gographie scientifique dilns la Grce antique, BAGB (1973), 4, p. 444; Ead. (d. et trad.), Gminos, Jntroduction aux Phnomnes, Paris 1975, pp. LXVI-LXVIII; Dicks, Early Greek Astronomy to Aristotle, Lo n don 1970, p. 153 ss.

    28 Hipp., Exeg., IV, l = frg. l , Mette, Pytheas von Massalia , Berlin 1952, p. 17.

    29 Strab., III, 2, 11; Plin., N.H., Il, 217; cf. anche Tac., Agric., 10, 7. 30 Aet., Plac., III, 17, 3, in H. Diels, Doxographi graeci, Berlin 1879, rist. Ber-

    lin 1965, p. 383. 31 Diod., V, 22; Strab., VII, 2, 1-3; cf. Mela, Chor., Ill, 31 e 55.

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    ropa, egli raccolse una vasta messe di dati di carattere geografico ed etnografico sull' Armorica 32, le isole Britanniche, Thule, la penisola dello Jutland 33 e la costa nordeuropea 34

    Le sue opere, una llEQtobo fi) 35 e il llEQl QxEavou36 all'in-temo del quale era inserita la relazione di viaggio, andarono per rapidamente perdute37, e lo stesso curiosamente accaduto agli scritti degli studiosi che ebbero modo di utilizzarle direttamente 38, con la sola eccezione del breve passo di Ipparco.

    La critica moderna, pur con la sopravvivenza di testimonianze scarse e indirette, ne ha rivalutato il ruolo nello sviluppo delle scienze antiche39, ma si raramente addentrata nell'analisi di un eventuale ascendente piteano all'interno della produzione lettera-ria antica di natura non scientifica. Nonostante il rilievo dato alle suggestioni piteane all'interno di opere poetiche e romanzesche40, manca ancora una vera e propria analisi comparata dei diversi testi che ne hanno subito fascino ed influssi. da tempo accertato infatti

    32 Della quale segnal la sporgenza verso Occidente: Strab., l , 4, 5; Mela, Chor., III, 16 e 23.

    33 Risale probabilmente a lui la descrizione della popolazione dei K(J.L~QOL-KLJ.LI'fQCOL e delle maree fenomenali del Nord che Strabone (VII, 2, 1-3) riprende da Posidonio.

    34 Sono particolarmente interessanti le notizie su diverse popolazioni germani-che da lui incontrate; oltre ai Cimbri, i Teutones (Piin., N.H., XXXVII, 35), i rou-trovE (Strab., VII, l, 3) o Gutones (Plin., N.H., XXXVII, 35}, gli Henniones (Mela, Chor., m, 32-33; Plin., N.H. , IV, 100}, gli . OO'tLiL- 'OO'tUoVE (Strab., I, 4, 3; Steph. Byz., Ethn. , s. v. 'OO'trovE} o Jstuaeones (Piin., N.H., IV, 100) (cf. F. Lasserre, Ostiens et Ostimniens chez Pythas, Mus. Helvet., 20, 1963, pp. 107-113}, e la menzione di un popolo di fQJ.LaQa (Steph. Byz., Ethn., s. v. fQJ.LaQa) nel quale forse da vedersi la prima notizia sui Germani (S. Mazzarino, La pi an-tica menzione dei Gennan4 SCO, 6, 1957, pp. 76-81).

    3s Schol. Apoll. Rhod.,Arg., IV, 761-765a = frg. 15, Mette, op.cit. , p. 35. 36 Gemin., Eisag., VI, 9. 37 L'ultimo studioso che sembra averle utilizzate direttamente Posidonio di

    Apamea, autore, tra l'altro, di un'opera intitolata nEQl ' OxEavou, che fin dal titolo rivela la forte influenza degli studi piteani; cf. Aujac, Les traits Sur l'Ocan et /es zones terrestres, Rev. tud. Anc., 74 (1972), pp. 74-85.

    38 Dicearco, Timeo, Eratostene, Ipparco, Polibio, Posidonio. La scomparsa delle loro opere fa s che le testimonianze su Pitea (raccolte e commentate dal Mette, op. ci t.) siano assai scarse e di seconda mano.

    39 Astronomia, geografia, geometria, fisica, esplorazione del globo. 40 Da ultimo, M. Mund-Dopchie, La survie littraire de la Thul de Pythas. Un

    exemple de la pennanence de schmas antiques dans la culture europenne, L'An-tiquit aassique, 59 (1990), pp. 79-97.

  • Una geograjz fantastica? Pitea di Massalia e l'immaginario greco 31

    che alcuni echi da Pitea sono presenti in opere come Le meraviglie al di l di Thule di Antonio Diogene, le Argonautiche orfiche, Io scritto Sugli Iperborei di Ecateo di Abdera, il mito di Crono raccon-tato da Plutarco; ma ci non ha condotto ad una analisi complessiva di tali testi, n al tentativo di risalire agli originali contesti entro i quali gli elementi piteani furono recepiti o ai motivi che condussero a tale ricezione.

    Lo stato di sopravvivenza di queste opere -va detto - non fa-cilita il compito, trattandosi di brevi riassunti, di frammenti, di cita-zioni e revisioni di materiale molto pi antico.

    Il testo di Antonio Diogene, per esempio, che rivela fin dal ti-tolo la suggestione della Thule piteana, noto principalmente gra-zie al riassunto realizzato da Fozio41 (IX secolo d.C.), compendio al quale si aggiungono solo alcuni frammenti originari papiracei 42 e due brani di Porfirio43 Quanto alla datazione della vita e dell'opera dello stesso Diogene, alcuni elementi autorizzano una sua colloca-zione tra I secolo a.C. e I secolo d.C., ma per sua stessa ammissione parte del materiale utilizzato risale ad autori precedenti. L'unico di costoro ad essere esplicitamente nominato Antifane, un autore di storie meravigliose. Si tratta quasi certamente di Antifane di Berga, vissuto alla fine del IV secolo a.C. e pi volte associato a Pitea da Strabone44 La sua fama nell'antichit in quanto scrittore di btLO'ta era proverbiale45 A lui si devono probabilmente non solo i dati pi strabilianti, ma gran parte delle nozioni geografiche ed etnografi-che presenti nel romanzo, oltre ai precisi riferimenti storico-crono-logici che inquadrano una parte della vicenda all'epoca dell'assedio di Tiro da parte delle truppe di Alessandro.

    La cornice geografica dell'opera lascia intravvedere una forte impronta piteana, non solo perch Thule il centro dell'azione principale, ma perch negli itinerari fantastici seguiti dai personaggi traspare l'eco del viaggio di Pitea. Numerosi riferimenti compaiono

    41 Biblio., 166. L'opera di Antonio Diogene stata edita ultimamente da M. Fusillo (a cura di), Antonio Diogene, Le incredibili awenture al di l di Thule, Pa-lermo 1990.

    42 Papiro Societ Italiana 1177, e Papyrus Oxyrinchus 3.012, in Fusillo, op. cit., pp. 68-71.

    43 Pythag., 10-14; 32-36. 44 l , 3, l ; II, 3, 5; Il, 4, 2. 45 Pseudo Skymn., Perieg., w . 653-655, in GGM, l, p. 221; Steph. Byz., Ethn.,

    s. v., BQY11

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    nel resoconto delle peripezie di Derkyllis. Bench i ripetuti pas-saggi della tradizione non consentano grande precisione nei detta-gli, cominciando dal soggiorno nella citt degli Iberi, per passare poi fra i Celti, gli Aquitani, gli Artabri e gli Asturi fino a giungere a Thule, l'eroina del romanzo ripercorre infatti le tappe del viaggio atlantico del Massaliota. Lo stesso pu dirsi del viaggio di Deinias, il narratore del romanzo, che dal mar Nero raggiunge il marCa-spio, i monti Ripei, e le foci settentrionali del Tanais46, sull'O-ceano, ove regna un freddo intenso. Ma la pi piteana delle espe-rienze, per quanto esagerata nel contesto, quella che conduce Deinias ed altri compagni nelle regioni oltre Thule, dove essi rac-contano di aver visto ci che anche gli astronomi espongono con zelo, che possibile che qualcuno viva sotto il polo artico e che la notte duri almeno un mese, e per lo pi sei mesi, e anche un anno. Non solo la notte raggiunge una tale durata, ma anche il giorno su-bisce un analogo fenomeno 47 Altre meraviglie ancora, che non ci dato di conoscere dal breve riassunto di Fozio, attendono Deinias in queste regioni au bout du monde in cui ancora vivono esseri umani 48; ma la pi grande di tutte che, dirigendosi verso nord,

    46 R. Henry (d. et trad.), Photius, Bibliothque, n, Paris 1960, p. 141, nota l , seguito anche dal Fusillo, op. cit., p. 53, traduce t txpo). come sorgenti del Tanais; Ce qui est plus rationnel, mais sans doute inexact. En tout cas, le terme est quivoque, F. Vian (d. et trad.), Argonautiques orphiques, Paris 1987, p. 30, nota 3. Se si tiene in debito conto la convinzione piteana del raggiungimento della foce nordica del Tanais viene meno anche la razionalit di tale traduzione.

    47 "A xat ot 'til atQoOea~o 'tXV'l onou&latai 1tot(Oevta&., otov at~v tvCo&.

    &1vatv xm XOQU

  • Una geografia fantastica? Pitea di Massalia e l'immaginario greco 33

    essi giunsero in prossimit della luna 49, che assomiglia ad una terra pi luminosa 50.

    Le Argonautiche, il cui ignoto autore si spaccia per Orfeo, ap-partengono ad una redazione della seconda met del V secolo d.C., all'interno della quale sono per inseriti ampi stralci di tradizioni pi antiche. Se ne trova conferma in Timeo51 e Scimno di Chio52, la cui testimonianza fa risalire alla fine del IV o all'inizio del III secolo a.C. la versione del ritorno degli Argonauti accolta nell'opera, che registra un incredibile viaggio dal mar Nero all'Oceano settentrio-nale, risalendo il Tanais fino alla sua sorgente e discendendo un fiume dal corso specu1~ue, e proseguendo poi fino a Cadice, lungo le coste settentrion~li ed occidentali dell'Europa 53; ovvero se-guendo quello che er~ stato precisamente il percorso di Pitea. Que-sta versione circa il ritorno degli Argonauti si inserisce pertanto nel fetvido contesto di una revisione del mito ellenico sulla base delle nuove scoperte geografiche del IV secolo a.C.

    Al mito risale la presenza dei monti Ripe i 54 e degli Iperborei, ma da Pitea dipende la presenza della foce nordica del Tanais, o del suo corrispondente, cos come la descrizione dell'Oceano setten-trionale, che gli Iperborei chiamano Kg6vLo n:6vto e vexg 6a-.aooa 55, a causa dei bassi fondali e della mancanza di vento che co-stringono gli Argonauti a trainare la nave. Altrettanto si pu dire

    l, 13; Il, 5, 8 e 42-43; IV, 5, 5. Cf. invece il resoconto piteano in Gemin., Eisag., VI, 8-9; Kosm. Indikopl., Chr. top., Il, 80; Strab., IV, 5, 5.

    49 Non un caso che nel romanzo la luna sia situata nell'estremo Nord, dove Pitea rilev che i suoi influssi sulle maree erano maggiori.

    50 Kat 't 1tQV't(l)V MLO'tOta'tOV, on 1tOQEU6J.lEVOL ng Boggciv tn. OEtlVfiV, oo tn( 'tLVa yi\V xa8anOO'ta'tT)V, 1t110LOV tyVOV'tO, txEt.

    51 Apud Diod., IV, 56, 3 = F.Gr.Hist. 566 F 85. Sull't;ooxEaVLOJ.l6 di Giasone in Timeo, e la versione di Apollonio Rodio, vedi S. Bianchetti, TI.OO't xa. MQEtrea. Sulle tracce di una Periegesi anonima, Firenze 1990, p. 136 ss.

    52 Skymn. (III-II secolo a.C.), frg. 5, Gisinger, Skymnos, cit., coli. 666-667, ci-tato dallo Schol. Apoll. Rhod., Alg., IV, 282-291.

    53 Pseudo Orph., Atg., vv. 1065-1246. 54 Qui menzionati come gole o burroni: 'Pma(ou a.CiJva. 55 Cf. Eustath., Comm. Dion. Per., 311 e 663, in GGM, Il, pp. 272-273 e 237,

    e le osservazioni di J. Ramin, Mythologie et Gographie, Paris 1979, p. 63 ss. Sulla problematica relativa al mare Cronio vedi H. Treidler, KQ6vLOv nt).ayo (KQ6vLO 1t6V'to, KgovC11 O

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    sia a proposito del promontorio abitato dai Cimmeri, che rimanda allo Jutland abitato dai Cimbri, per la confusione che gli antichi fa-cevano tra questi due popoli, sia delle isole oceaniche. IEQvt al-lude qui alle isole Britanniche; mentre l'isola di Demetra, nella quale nessun uomo pu giungere per mare, e l'isola di Circe, tro-vano, per le loro caratteristiche magico-religiose, interessanti ri-scontri nelle fonti, le quali, rifacendosi ad una matrice piteana ulte-riormente mediata, riferiscono delle isole allargo della costa cel-tica56.

    Alcune delle localit e dei popoli incontrati dagli Argonauti ri-velano, per la loro derivazione omerica, l'influenza di una delle cor-renti revisioniste, che ebbe come principale esponente Cratete di Mallo. Nella prima met del II secolo a.C., sulla scorta delle descri-zioni piteane relative all'estremo Nord dell'ecumene, questi prov-vide a trasferire in ambito oceanico i popoli e le localit dell'Odis-sea 51 il caso, gi citato, dell'isola di Circe e dei Cimmeri, ma an-che quello dei Macrobi 58 e probabilmente della polis EQJn6vua, si-tuata vicino all'ingresso dell'Ade 59

    Ad un diverso ambito revisionista, la cui influenza si intuisce sia nel testo delle Meraviglie che nelle Argonautiche orfiche, si collega l'opera di Ecateo di Abdera, vissuto nella seconda met del IV se-colo a.C60 Derivati dal suo scritto Sugli Iperborei, oltre al breve riassunto diodoreo61, sono alcuni passi di Strabone 62, di Plinio63 e di

    56 Strab., l, 4, 5; III, 5, 11; IV, 4, 6; Mela, Chor., III, 47-48. 51 Vedi Gemin., Eisag., VI, 9-21; Strab., l, l, 6; l, 2, 24-25; l, 2, 31; III, 4, 3-4. 58 Cf. Plin., N. H ., VII, 28. 59 L'esistenza reale della popolazione germanica degli Henniones, segnalata da

    Mela (Chor., III, 32-33; ma cf. anche Plin., N.H., IV, 100) in riva all'Oceano, ol-tre le terre dei Cimbri e dei Teutoni, ai confini tra Germania e Sarmazia, prima del Tanais (Chor. , l, 8), potrebbe indicare l'esattezza della localizzazione, per quanto alterata da Cratete. D'altra parte si inserisce in un ambito vicino a Cratete la men-zione della popolazione dei rtQJ.UlQa ed il suo rapporto con i Lotofagi, in un'edi-zione perduta del neQ. 8aU11QOLow xoual1'toov pseudO aristotelico databile al 200 a.C. ca. (cf. Mazzarino, op. cit., pp. 79-80). Menzione che, forse gi attestata all'i-nizio del Ili secolo a.C. nell'opera di Eudosso di Rodi (F.Gr.Hist., 19 F 2), risale probabilmente a Pitea, al quale erano note alcune popolazioni germaniche.

    60 Lo Jacoby, Hekotaios, n. 4, PW, VII, 2 (1912), col. 2751, lo colloca tra il 336/5 e il 290 a.C. ca. Tuttavia, secondo Hawkes, op.cit., p. 38, l'opera di Ecateo sugli lperborei sarebbe stata composta attorno al315 a.C.

    61 Il, 47. 62 VII, 3, l ; VII, 3, 6; 63 N.H., IV, 94.

  • Una geografia fantastica? Pitea di Massalia e l'immaginario greco 35

    Stefano di Bisanzio64 L'antico mito degli Iperborei da lui rivisi-tato per il tramite della descrizione piteana della Britannia e di Thule65 Ne sono una chiara indicazione sia la forma triangolare, si-mile alla Sicilia, dell'isola Elissoia da essi abitata, sia la sua colloca-zione xa't 't agx'tou, sia, infine, l'indicazione dei modi ospitali usati dagli indigeni verso gli stranieri; elementi che trovano una precisa corrispondenza nella descrizione della Britannia in Dio-doro66. Della Thule piteana sono invece riprese la collocazione agli estremi limiti dell'ecumene, in vicinanza della luna, e la caratteriz-zazione magico-astronomica dell'isola 67, col richiamo al culto di Apollo e il preciso riferimento alla riforma astronomica del calen-dario realizzata da Metone e Euctemone nel433 a.C68 Che la com-binazione di questi elementi denoti l'influsso dei resoconti piteani confermato dalla localizzazione dell'isola degli lperborei agli estremi confini settentrionali di Asia ed Europa, ovvero in vici-nanza della foce nordica del Tanais, vicino ai monti Ripei, nell'O-ceano settentrionale che secondo lo stesso Ecateo, probabilmente ancora da Pitea, era chiamato Amalchium dagli Sciti69, ovvero con-gelatum 70.

    Quanto al testo di Plutarco71, un parallelo con le due opere pre-cedenti, nelle quali le nuove scoperte geografiche sono utilizzate al fine di ridisegnare la geografia del mito, risulta evidente dalla loca-lizzazione, a cinque giorni di distanza dalla Britannia, in direzione dell'occidente, dell'isola di Ogigia, chiaro sinonimo di Thule. Da questa identificazione pu forse proporsi anche una pi precisa col-locazione cronologica della fonte di Plutarco, che potrebbe essere

    64 Ethn., s. v. 'E..Ll;ma. Altre testimonianze dell'opera di Ecateo sono raccolte dallo Jacoby, F.Gr.Hist., 264, F 7-14.

    65 Sul mito degli lperborei vedi Dion, La notion d'Hiperborens, ses vicissitu-des au cours de l'AntiquiJ, BAGB (1976), 2, pp. 143-157.

    66 V, 21-22; descrizione risalente a Pitea per il tramite di Timeo. 67 L'interessante parallelo con la Thule delle Meraviglie, sia per i connotati

    astronomici, sia per il legame tra l'isola e la luna, evidenzia la presenza di un'unica matrice comune alle due opere.

    68 Gemin., Eisag., VIII, 50 ss.; cf. Aujac, Gminos, cit., p. LXXVIII, e p. 56, nota 2.

    69 Altro popolo tradizionalmente collocato ai confini tra Asia ed Europa. 70 Plin., N. H ., IV, 94. 71 De facie quae in orbe lunae apparet, 26; vedi anche De defectu oracolonun, 2

    e 18. Su queste opere vedi il commento di Y. Vemiere, Symboles et mythes dans la pense de Plutarque, Paris 1977, pp. 272-284.

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    lo stesso Cratete di Mallo. L'opera di questi era nota e discussa nel contesto del De facie quae in orbe lunae apparet (25) da Plutarco, cui offre spunto per l'invenzione del lontano continente 72 posto ol-tre Ogigia; e di altre tre isole, fra cui quella in cui vive Crono, im-prigionato da Zeus in una caverna. L'isola di Crono un'isola del-l'abbondanza e del sapere; vi si studiano astronomia, geometria, fi-losofia. Crono assistito da demoni dotati di virt profetiche, ma egli stesso il profeta pi grande in quanto sogna ci che Zeus pre-medita.

    Resa possibile proprio dall'impresa compiuta da Pitea, si ha ora un'ambientazione oceanica e settentrionale anche per l'antico mito delle isole dei Beati, sulle quali regna Crono esiliato da Zeus 73 Ai limiti del soprannaturale, fra isole in cui avvengono fenomeni astronomici straordinari, come il fatto che per trenta giorni in estate il sole scompaia alla vista solo un'ora, sede di dei e semidei, luogo di magici eventi e di iniziazione, la collocazione della vicenda agli estremi confmi del mondo indica in lui la fonte per tale di-slocazione. Oltre alla connotazione geografica, concorre a rendere esplicito il raffronto con la Thule di Pitea anche la descrizione del mare che separa queste isole dal lontano continente; un mare la cui traversata lenta a causa del fango riversatovi dai fiumi e che, perci, alcuni hanno ritenuto congelato 74 E, a questo proposito, evidente che la localizzazione dell'isola di Crono sottintende l'i-dentificazione del mare Cronio con la 3tE1tTiyuia 66.J..ana, che altri

    72 Cratete fu autore di un celebre globo terrestre di grandi dimensioni (Strab., Il, 5, 10), sul quale, riprendendo e sviluppando il tema platonico degli civtL3tol~E, aveva collocato quattro aree abitate, in forma di isole o continenti divisi tra loro dagli Oceani; due continenti per ogni emisfero (Strab., l, 2, 24-25; III, 4, 4). Si veda lo studio di G. Moretti, Vwggi verso l'imlggiungibile, notizie dall'altro mon-do. Le comunicazioni con gli antipodi fra dottrina, mito e letteratura, in G. Ca-massa, S. Fasce (a cura di),

  • Una geograjl fantastica? Pitea di Massalia e l 'immaginario greco 37

    hanno chiamato Amalchium o congelatum, e vExQ eaJ..aooa o KQ6-vLO n6vto 75

    Queste opere apparentemente eterogenee e distanti sembrano per, dalla prima sommaria analisi, possedere una comune caratte-ristica, quella cio di risalire alla fine del IV secolo a.C., o apparte-nere a una produzione letteraria, riconducibile a tale periodo, che ha subito almeno in parte l'influsso esercitato dai resoconti del viag-gio piteano, e li ha utilizzati per rielaborare la pi antica geografia mitica alla luce delle nuove scoperte. In esse sono individuabili tut-tavia anche altre costanti e tipologie comuni che, accompagnate a notizie presenti in diverse fonti, conducono ad ulteriori considera-. .

    ZIOnl. Innanzitutto condivisa una complessa ambientazione geogra-

    fica, all'interno della quale si articola gran parte se non la totalit delle vicende narrate. L'azione si svolge di norma nelle estreme re-gioni nordiche ed occidentali dell'ecumene, in isole o terre remote e difficili da raggiungere a causa dei pericoli offerti dall'Oceano che le separa dal continente. Si tratta di un Oceano dal nome straniero e premonitore, nel quale i normali pericoli e le difficolt della navi-gazione sono incrementati dal verificarsi di particolari fenomeni ambientali: mancanza di vento, congelamento o solidificazione del mare; e dalla conseguente impossibilit della navigazione.

    L'estraneit dell'ambientazione geografica accresciuta poi dall'accadere di straordinari eventi, interpretabili di volta in volta in senso magico, religioso, o pseudo-scientifico, che pongono gli av-venimenti narrati ai limiti non solo del mondo abitabile, ma del x6-0J.Lo stesso, labile confine tra la sfera umana e quella divina o tra il mondo terreno e l'aldil. E una delle costanti delle narrazioni de-terminata proprio dal tentativo, che i personaggi compiono, di su-perare tali limiti, col raggiungimento talvolta di terre o di mondi che sono ben al di l di essi; e che pertanto non appartengono pi alla sfera umana.

    Il luogo di incontro tra le due distinte realt dato di norma, nelle diverse opere, dalle isole dell'Oceano, che condividono tra loro l'ambientazione nordica, la connotazione magico-religiosa, un

    15 Una interessante esposizione degli appellativi dell'Oceano settentrionale in Plin., N.H., IV, 94-95 e 104; ma cf. anche Dion., Perieg., vv. 30-32, in GGM, D, p. 106; Eustath., Comm. Dion. Per., 32, in GGM, II, pp. 223-224; Anon., Pa-raphr., 27-35, in GGM, Il, p. 409.

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    clima felice in aperto contrasto con la loro posizione geografica76, e l'onnipresente rapporto con la luna. Isole dell'aldil e isole del sa-pere o iniziatiche ad un tempo, esse risentono di una originaria identificazione con le isole occidentali celtiche: mitiche terre dei morti e reali spazi per iniziati. Realt, queste, ben distinte, ma la cui diversit sfuggiva evidentemente al mondo greco77, ed in parti-colare a colui che per primo si trov a contatto sia con l'immagina-rio celtico, sia con le reali isole celtiche dell'Oceano. Ed anzi pos-sibile che risalga gi a lui un primo tentativo di interpretazione di alcuni aspetti della religiosit e della sacralit celtica attraverso il ri-corso al patrimonio culturale greco, di volta in volta con riferimenti al pitagorismo, all'orfismo, o all'ambiente iniziatico-misterico a questo connesso 78.

    All'interno di tale contes~o dai toni straordinari ed insoliti sono inseriti, o comunque supposti, percorsi geografici, marini e fluviali, il cui indirizzo prevalente quello del periplo, dall'andamento alta-lenante tra realt e fantasia; concepita inoltre la possibilit di un tragitto che attraverso il Tanais collega il mar Nero all'Oceano set-tentrionale ed altres la possibilit di compiere un periplo completo delle regioni oceaniche dell'Europa da Cadice al Tanais, con tappe sia lungo la costa, sia nelle numerose e favolose isole dell'Oceano.

    A questa ambientazione geografica com.une si unisce poi la spic-cata e caratteristica attenzione per le peculiarit etnografiche, per i costumi, i riti, le tradizioni, in particolare per quelle pi strava-

    76 Anche tale contrasto risente della descrizione piteana delle regioni nordiche, in cui egli osserv l'esistenza di popolazioni e di modi di vita evoluti ben oltre quello che era precedentemente ritenuto il limite dell'abitabilit (54N).

    77 F.M. Le Roux, Les iies au Nord du Monde, in M. Renard (a cura di), Hom-mages Albert Grenier>>, II, coll. Latomus, 58, Bruxelles-Berchem 1962, pp. 1051-1062. Vedi inoltre il confronto tra le isole plutarchee, l'isola degli lperborei di Eca-teo, la Thule di Antonio Diogene, e la Thule piteana in Vemiere, op. cit., pp. 272-284. Anche le isole di Demetra e di Circe nelle Argonautiche orfiche si inseriscono in questo contesto, non solo per la loro localizzazione celtica, confermata dal con-fronto con Strabone e Mela, ma per il fatto che dell'una precluso l'accesso ai mortali, e l'altra invece isola della veggenza.

    78 La caratterizzazione pitagorica, fortissima nelle Meraviglie, tuttavia pre-sente anche nel testo di Plutarco ed in quello di Ecateo, trovando poi conferma nella riduzione geometrica triangolare della Britannia risalente a Pitea. Quanto al-l'orfismo ed all'ambito misterico, il parallelo tra le isole delle Argonautiche orfiche e le isole celtiche in Strabone e Mela, la cui descrizione risale a Pitea, sembra testi-moniare a favore di una mediazione piteana tra l'immaginario celtico e quello greco.

  • Una geografia fantastica? Pitea di Massalia e l'immaginario greco 39

    ganti, diffuse presso le diverse popolazioni nordiche e occidentali; il che testimonia di una precisa e condivisa attenzione nei confronti delle informazioni di tipo etnografico, filtrate ed interpretate per attraverso l'ottica greca.

    Sempre legato all'ambito geografico, che indubbiamente costi-tuisce la vera cornice all'interno della quale si muove la narrazione, anche un ulteriore denominatore comune forse inaspettato: la presenza di una componente astronomica, che riceve ampio risalto, denotando da parte degli autori la precisa conoscenza dei risultati ottenuti in questo campo.

    Questi diversi elementi sono tutti strettamente connessi tra loro, sia perch i dati astronomici contribuiscono e dipendono dalla localizzazione geografica, sia perch il dato etnografico vincolato a sua volta a quello geografico-astronomico. soprattutto il loro straordinario intreccio a determinare una atmosfera magica, nella quale si sviluppa la narrazione; un incanto che sembra nascere dalla fresca ricezione di questi dati all'interno di un mondo letterario greco che tenta di interpretarli in chiave religiosa o pseudo-scienti-fica.

    Oltre ad evidenziare una contemporanea collocazione cronolo-gica e l'appartenenza ad un medesimo genere letterario,' l'esistenza di questi tratti comuni suggerisce che le opere in questione risen-tano di stimoli derivanti dall'esplosiva diffusione di nuove cono-scenze sulle regioni e sui popoli dell'Occidente e del Settentrione. Questa si produsse sul finire del IV secolo a.C.; ovvero pochi anni prima che venissero redatti gli originali dai quali dipendono i testi pi tardi, come nel caso di Antonio Diogene e dell'anonimo autore delle Argonautiche orfiche. La suggestione, gi raccolta, dell'esi-stenza di elementi piteani all'interno di queste opere trova pertanto ulteriore conferma nella considerazione che fu al viaggio di Pitea ed alle ricerche svolte durante il suo corso che il mondo greco dovette la totalit o quasi delle conoscenze occidentali e nordiche, mentre and perduto il ricordo di pi antiche esplorazioni79, e l'esempio di Pitea non fu raccolto se non in et augustea80, senza peraltro che pi se ne raggiungessero i limiti.

    79 Come nel caso dell'antico periplo massaliota confluito nell'Ora maritima di Avieno.

    80 Res gestae div. Aug., XXVI, 4; Plin., N.H. , II, 167; Tac., Germ., l, l; 34, 2-4. Sul tentativo augusteo di un periplo settentrionale si veda Dion, La gographie d'Homre inspiratrice de grands desseins impriaux, BAGB (1973), 4, pp. 473-485.

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    Non pertanto casuale rinvenire traccia di Pitea in autori con-temporanei che si interessarono della sua opera con intenti ben di-versi: affrontandola dal punto di vista scientifico come fece Di-cearco81, l'allievo di Aristotele; saccheggiandola alla ricerca degli elementi pi straordinari e fantastici, che fossero in grado di incu-riosire e stupire il lettore, come sembra essere il caso di Antifane; usufruendo della nuova geografia che essa permetteva di immagi-nare per la revisione del mito operata sia da Ecateo di Abdera sia dall'autore della versione del ritorno degli Argonauti, e poi ripresa oltre un secolo dopo da Cratete di Mallo.

    Pitea era dunque l'unico testimone al quale riferirsi per quanti fossero in qualche modo interessati all'Occidente ed al Setten-trione. Che lo schema sopra tracciato, rinvenibile all'interno di una parte almeno della produzione lelferana antica di tipo fantastico, dipenda dai resoconti del Massaliota testimoniato dal confronto con quanto sopravvive dell'opera sua all'interno della produzione di tipo storico-geografico o scientifico; una connessione che non si limita solo ai tratti generali, ma che trova anche singole e precise conferme. In modo particolare chiaro che l'inusuale presenza della comune componente astronomica trovava origine proprio nel-l'opera di Pitea, ove costituiva una costante delle sue ricerche.

    Questi scritti testimoniano, inoltre, il permanere inalterato delle suggestioni provocate dal viaggio piteano fino alla tarda anti-chit, costituendo una vera e propria tradizione letteraria che ha probabilmente le sue origini in Ecateo di Abdera, Antifane, e nel-l'ignoto autore della versione relativa al ritorno degli Argonauti poi confluita nelle Argonautiche orfiche. Tale tradizione, lungi dall'e-saurirsi perdura nel III secolo a.C. con l'opera di Eudosso di Rodi e con la fonte dell'anonimo autore della versione del llEQt eauJ.lao(oov xouoJ.la'toov pseudo aristotelico, noto a Stefano di Bisanzio82 Nel II secolo a.C. essa rivitalizzata dal contributo di Cratete di Mallo, il quale svolge una funzione rilevante nel processo di trasferimento dei dati piteani al patrimonio dell'immaginario e nella loro trasfor-mazione in senso fantastico. Attraverso Antonio Diogene, Plu-tarco, e lo pseudo Orfeo tale tradizione lascia tracce, fino al V se-colo d.C._, dell'immutato fascino che le avventure di Pitea continua-rono ad esercitare sull'immaginario greco e poi su quello romano.

    81 Strab., Il, 4, 2. 82 Ethn., s. v. rtQ~aQa.

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    La frammentariet, lo stato e le modalit di conservazione di questi testi consentono solo di intravvedere la perdita di un ben pi vasto patrimonio di scritti, nei quali erano condensati la suggestione, lo stupore ed il sogno che i confini dell'immaginario raggiunti da Pitea suggerivano 83.

    La contemporaneit della stesura degli scritti di Ecateo, di An-tifane, e dell'antica versione del ritorno nordico degli Argonauti ri-vela il forte impatto ed il successo che ebbe la diffusione dei reso-conti piteani non solo a livello della ristretta cerchia degli studiosi in grado di recepirne la portata scientifica, ma anche sul pi ampio pubblico che era piuttosto colpito dall'estraneit del nuovo mondo in essi descritto. Un'accoglienza tale da dare origine e influenzare decisamente la produzione letteraria in diversi generi: la raccolta di meraviglie, il primo romanzo ellenistico, la revisione degli antichi miti e delle epopee dell'immaginario greco. La codificazione di tale tradizione fantastica negli ultimi decenni del IV secolo a.C., di poco successiva alla pubblicazione e alla diffusione del lltQ. Qxea-vou, e databile pertanto al periodo 325-315 a.C. ca., in quanto il viaggio di Pitea era ancora ignoto ad Aristotele84

    La diffusione delle nuove idee geografiche, etnografiche, ed astronomiche avvenne rapidamente anche e soprattutto per il tra-mite di queste opere, che divulgarono le grandi scoperte piteane, anche se in modo spesso distorto e colorito. L'innesto dei resoconti piteani e la loro fortuna all'interno della tradizione fantastica eb-bero tuttavia l'effetto di minarne la credibilit sul piano scientifico, contribuendo anche alla rapida scomparsa dell'opera originaria, mentre il suo nome e le sue imprese vennero relegate nel mondo dell'immaginario e dell'utopia. Questo fattore, unito ad altri dina-tura politica e personale condusse al rifiuto totale verso le ricerche

    83 Ne testimone non ultimo lo storico Procopio di Cesarea, che ancora nel VI secolo d.C., sub il fascino piteano, non solo identificando Thule con la Scandina-via (Bella, VI, 15, 4 ss.; VIli, 20, 6), ma anche rinnovando il difficile contatto con l' immaginario nordico e le favolose isole oceaniche dell'aldil nella descrizione dell'isola di Brittia (VIII, 20, 47 ss.).

    84 impro~abile infatti che lo Stagirita si accontentasse di un silence mpri-sant (Fabre, Etude sur Pythas le Massaliote et l'poque de ses travaux, Les tu-des Classiques, XLIII, 1-2, 1975, p. 33), rifiutando a priori non solo l'opera di Pi-tea, ma anche la sua discussione, qualora fosse stata a lui nota. In essa infatti erano trattati temi astronomici, geografici ed etnografici dei quali egli si era pi volte occupato.

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    piteane opposto sia da Polibio85, sia da Strabone86 Costoro infatti, pur motivati da gelosie personali verso lo studioso ed esploratore massaliota, e da ragioni di stato, erano giustificati nella loro critica dal rinvenire i suoi resoconti inseriti all'interno di storie romanze-sche, in c.UttO'ta, o in antiche leggende, e non si fecero scrupolo di tacciare Pitea di menzogna e di inganno.

    85 Apud Strab., Il, 4, 1-2; IV, 2, l. Pitea rappresentava un pericoloso rivale per la presunzione di Polibio che si vantava di avere aperto ai Greci la conoscenza del-l'Occidente (III, 59, 3-9; III, 58, 5-9}. Bisognava poi, per Polibio, giustificare lo smacco al quale egli e Scipione Emiliano erano andati incontro allorch avevano tentato di raccogliere informazioni sulla Britannia a Massalia e presso informatori provenienti da Corbilo e Narbo (Strab., IV, 2, 1).

    86 l , 4, 3; l, 4, 5; Il, 4, 1-2; II, 5, 8; III, 2, 11; III, 4, 4; IV, 2, l; IV, 4, l; IV, 5, 5; VII, 3, l. Anche in Strabone, la rivalit nei confronti di un predecessore capace non solo di studi teorici, ma anche di una loro attuazione, si unisce al dovere poli-tico di difendere il disastroso tentativo augusteo di raggiungere ed assoggettare le regioni settentrionali dell'Europa.