Stara-Tedde, Giorgio - I Boschi Sacri Dell'Antica Roma - 1905

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    I BOSCHI SACRIDELL'ANTICA ROMA

    Estratto dal Bull, della Gomm. arch. comunalefascicolo 2, anno 1905.

    KOMAERMANNO LOESCHER & C.(bretschneider & regenberg)1905

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    AL MIO MAESTRODI TOPOGRAFIA ROMANA

    Prof. RODOLFO LANGIANICON GRATO ANIMO

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    Il culto dei boschi sacri, comune a tutti i popoli dell'an-tichit, fu in grande onore anche presso i Eomani e se ne tro-vano importanti ricordi fino agli ultimi tempi del paganesimo.Ed anzi tanto era esso radicato nell'animo del popolo, che se nepossono sorprendere non ispregevoli traccio persino nei primi se-coli dell'et cristiana, come dimostrer in altro mio lavoro, chefar seguito al presente. ' appena necessario ricordare che ai boschi sacri davasi daiRomani il nome speciale di Incus; nome che deve distinguersi,come ci avvertono gli antichi scrittori, da Silva e da nemus, usatiper indicare i boschi privi del carattere sacrale (^). I luci eranoin origine quella parte delle selve destinate al culto, e dove gliabitanti primitivi si radunavano per attendere ai riti religiosi.Essi devono quindi considerarsi come i primi templi: dal lucussi pass alla aedicula, o piccola cappella, costruita dinanzi adun albero sacro; dalla aedicula al sacellum, costituito, come di-cono Pesto e Trebazio (^), da un piccolo tratto di terreno, cintoda un muro, e con un'ara nel mezzo ; dal sacellum, finalmente,alla aedes sacra, o tempio (^), Ma questa trasformazione non fucos radicale, che accantoni templi non continuassero ad esistere

    (0 Cfr. Serv. ad Aen., I, .314: u Lucus est arborum multitudo cumreligione, nemus composita multitudo arborum, silva diffusa et'inculta ^r,I, 44:5 : u Ubicumque Virgilius lucum ponit, sequiiur etiam consecratio n .

    (2) Festus, ed. Mtller, pag. 319; Trebatius, ap. Geli, VI, 13.(3) Per questo passaggio progressivo dal lucus alla aedes sacra, cfr.

    Botticher Cari, Der Baumkultus der Hellenen nach den gottesdienstlichenGebruchen ecc. Berlino, 1856, pag. 152.(189)

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    / bosch sacri dell'antica Romale edicole ed i sacelli, sia in Roma, dove i sacelli compitalirinnovati da Augusto si conservarono a lungo ; sia nella cam-pagna, dove sorgevano frequenti le edicole, specialmente all'in-crocio di due pi vie campestri. Inoltre, per quello spiritodi conservazione che proprio ad ogni culto, gli antichi Romaninon soltanto piantarono alberi sacri attorno ai sacelli ed alleedicole, ma vollero che a ciascun tempio fosse unito un Incus,quasi a perenne ricordo della primitiva sede delle religioseadunanze nei boschi sacri.

    Questi luci furono in Roma assai numerosi, e si pu direanzi che non v'era tempio che ne fosse privo. Ebbero da prin-cipio una discreta estensione, ma poi a mano a mano che, .pelcontinuo aumento del fabbricato, il suolo venne acquistando sempremaggior prezzo, essi sempre di pi restrinsero i loro confini, efinirono per essere rappresentati

    fatta eccezione da quello fa-moso della dea Dia, ed in genere da quelli del suburbio e dellacampagna (^) da un piccolo gruppo di alberi. Questi gruppettiper si mantennero a lungo; erano custoditi con religiosa cura,e si solevano ripiantare quegli alberi che, o per vecchiezza oper altra cagione, venissero a perire. Ci stato luminosamenteprovato dalla epigrafe scoperta, nel 1887 in via delle Sette Sale,e pubblicata, con la consueta dottrina, dal eh. prof. Giuseppe

    (') Nella campagna romana i luci erano molto numerosi e sono spessomenzionati dagli scrittori classici, specialmente dai poeti. Non molto tmpofa, fu scoperta un'iscrizione sul colle s. Stefano presso Tivoli, comunica-tami gentilmente dal eh. prof. Lanciani. Nell'iscrizione, che parrebbe diepoca tarda, si legge: Lvcv sanctv; ed il prof. Lanciani ritiene cheforse stava sul muro, o sullo steccato di legno che recingeva qualche sacroboschetto. Vicino a Tivoli erano molti boschi sacri, tra i quali celebre illucus Dianae, sul colle detto Come, nel quale Incus si vedeva secondoPlinio un'elee, il cui tronco misurava 34 piedi di circonferenza. Cfr.Plin., Nat. hist., XVI, 91, 1. Sulla citata iscrizione ha parlato nell'Irap.Instit. Arch. Gemi., nella tornata del 31 marzo corr. anno, il eh. prof. Bad-deley, ma tanto il discorso del Baddeley, quanto l'epigrafe sono tuttorainediti. Non nascondo che pu nascere il dubbio che il lucu dell'iscrizione,anzich uguale a Incus, sia un idiotismo per locus.

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    / boschi sacri dalVdnti'ca RomaGatti nel Bull. com. di quello stesso anno; ed all'articolo delBullettino rimando chi desiderasse maggiori informazioni inproposito (')

    Ora non senza importanza raccogliere ed ordiriatamentedisporre i ricordi storici che per ciascuno dei luci di esistenzastorica ci sono pervenuti, cercando, per quanto possibile, difissarne la posizione topografica ; giacch l'unico libro che si oc-cupi diffusamente dei boschi sacri di Roma, scritto dal geologoGiuseppe Brocchi, quantunque rimanga prezioso aiuto a chi vogliaintraprendere una simile ricerca, non risponde piti all'odiernoprogresso dell'archeologia (). Come pure non pi rispondenteagli studi moderni si la carta che dei boschi sacri di Romatracci l'Agretti, e ripubblic piti tardi con aggiunte il cav. P.E, Visconti (^). N dei boschi sacri si tiene molto conto nei mo-derni trattati di topografia romana, non avendo i luci grandeimportanza per il fine cui tali opere son destinate, ad illustrarecio le rovine monumentali dell'antica citt (*).

    (') Cfr. Gatti G. in Bull. arch. com., 1887, pag. 156. Cfr. ancheHtilsen in Rom. MiUheil., IV, 1889.

    (2) Cfr. Brocchi Giuseppe, Dello stato fisico del suolo di Roma.Koma 1820. In quest'opera si riscontrano molte inesattezze, specialmenteperch l'autore fa uso di testi poscia dimostrati apocriii, p. es. del famosoRegionario di Rufo che il comm. De Eossi dimostr essere una recensioneinterpolata di Pomponio Leto. Cfr. De Eossi G. B., Note di topocjrafia ro-mana raccolte dalla bocca di Pomponio Leto in Studi e documenti diStoria e Diritto, anno III, pag. 49 e VII, pag. 129.

    (3) Cfr. Agretti G.B., Pianta dell'antica citt di Roma con i suoiboschi sacri ed i principali edifizi restituiti nella loro integrit, connuove cure ampliata, rettificata e corretta da P. E. Visconti, Eoma, 1838.Dell'Agretti ho veduto anche un opuscoletto di poche pagine: Prospettofisico-chimico-lucografico, stampato a Perugia, come saggio di un'operadi maggior mole, in cui l'autore dimostrer l'utilit dei boschi contro lamalaria . Da questo saggio apparisce che l'autore avrebbe parlato dei Zmcanche dal punto di vista storico. Ma non mi consta che l'opera promessasia stata mai pubblicata, e nemmeno se esista manoscritta in qualcheluogo.

    (*) Tra i moderni trattati di topografia romana quello che un po' pidiifusamente parla dei boschi sacri il Manuale di 0. Gilbert (Lipsia,

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    / boschi sacri delVantica RomaPremetto brevi cenni intorno alle selve primitive del suolo

    romano, delle quali ci hanno conservato la memoria specialmentei poeti, ed in seguito parler dei luci di esistenza storica conquest'ordine:

    1) Luci dell' Bsquilino.2) Luci del Poro e vicinanze, e del Campidoglio. ,3) Luci del Campo Marzio.4) Luci dell'Aventino.5) Luci del Trastevere.6) Luci extramuranei.7) Luci d'ignota o mal sicura ubicazione.

    Avverto da ultimo che mi riferir alla divisione servianadella citt in quattro regioni, sia perch i luci hanno maggiorimportanza prima di Augusto che dopo di lui, sia perch al-l'epoca repubblicana si riferiscono per lo pi i ricordi che diessi ci sono pervenuti.

    Selve primitive nel suolo romano (^).Grli antichi scrittori sono concordi nell'affermare che i sette

    colli erano un tempo ricoperti da selve (^), ed anzi Plinio dice

    1883-1890). Dei boschi sacri di Roma ha pubblicato una carta e si oc-cupato il prof. Giuseppe Finto nella sua Storia della medicina in Romaal tempo dei Re e della Repubblica, Eoma, 1879. Ma non ha fatto altro senon un magro sunto dell'opera del Brocchi, ripetendone gli errori, e ser-vendosi dei medesimi testi, che per erano stati gi riconosciuti apocrifi.

    (1) Parlando delle selve primitive del suolo romano non sar fuor diluogo riportare, a titolo di curiosit, un'ipotesi del geologo prof. G. Ter-rigi, il quale da certi avanzi fossili di rami e tronchetti d'alberi rinvenutinegli strati geologici del colle Quirinale, suppone che ivi nell'epoca qua-ternaria abbia esistito -ana. u silvestre lussureggiante vegetazione . Cfr.Terrigi Guglielmo, Il colle Quirinale. Sua flora e fauna lacustre e terrestrein Att:i deirAcc. Pontif. dei Nuovi Lincei, anno 1883, tomo XXXV, pag. 150.

    (2) Cfr. Varr, /. l, IV, 5; Dionys., II, 50; Propert., IV, 1, 2.(192)

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    / boschi sacri deWantica Rorm 9chiaramente essere la densit delle boscaglie una delle caratte-ristiche del suolo dove poi sorse Eoma, e soggiunge che di taliboscaglie era rimasta memoria in alcuni nomi locali, che si di-cevano derivati dal nome di piante che in quei luoghi antica-mente prosperavano {'). Del resto una prova evidente della pre-senza in tempi remotissimi di boschi nel suolo romano si cheappunto nelle selve la tradizione fa svolgere i fatti leggendari,che si riferiscono alle origini ed alla primitiva storia di Eoma (^).Perci di questi boschi si hanno frequenti accenni negli scrit-tori classici, accenni che esaminer brevemente, essendo essi unricordo poetico delle selve primitive, come i luci ne sono un ri-cordo di fatto.

    Varrone parla di boschi, dove i Fauni andavano cantandogli antichi versi saturnii (^).

    Sul Palatino, chiamato boscoso da Ovidio (*), si distendevauna grande selva che Vergilio menziona a propsito della venutadi Ercole nel Lazio (^), e che forse deve identificarsi col boscodi Pane, in mezzo al quale era situata la grotta del Lupercale,celebre per le leggende' dell'arcade Evandro, e di Romolo eRemo {^). Di questo bosco esisterebbe tuttora in situ un insignericordo monumentale nell'ara di Calvino, con l' invocazione sivedeo sei deivae, che, a giudizio del eh. prof. C. Pascal, si pu

    (') Plin., Nat. hist., XVI, 15, 1: u silvarum certe disLinguebaturinsignibus n .

    (2) Alle accennate prove lo Jordan {Topograph., I, pag. 146, nota 39)aggiunge quella desunta dalla gran parte che ha il lupo nelle primitiveleggende, parte che mal si comprenderebbe se non si ammettessero folteboscaglie in vicinanze deirabitato. Ma questa prova ha perduto molto delsuo valore dopo gli ultimi studi del eh. Pascal sul significato funerariodella parola lupus nelle antiche leggende. Cfr. Pascal C, Le Divinit in-fere ed i Lupercali in Rend. della R. Acc. dei Lincei, anno 1895, fase. 3 ,e poscia separatamente in Studi di antichit e mitologia, pag. 149.

    (3) Varr, /. l, VII, 36.C) Ovid., Fast., IV, 815.(^) Verg., Aeneid., YllI, 271.(0) Dionjs., I, 39, 79; Ovid., Fast., VI, 410.

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    10 / boschi sacri deWantica Romaquasi con certezza assegnare al Genio topico del Incus, che cii-condava un tempo la grotta del Lupercale ('). Lo stesso Vergiliofa parola di un sacri nemus Argileti, al quale pure si ricon-nettono molte dello antiche leggende romane (^).

    Sul Quirinale verdeggiava il bosco di Quirino, ricordato daOvidio (3).

    Ai piedi del Campidoglio era il lucus Silvani, menzionatoa proposito della leggenda di Tarpeia e dei suoi rapporti col capoSabino (*),

    Gli antichi scrittori parlano spesso di un bosco che si sten-deva alle falde dell'Aventino, al di sotto di una rupe ^chiamataSaxim{^). A questo bosco sono collegate molte delle leggendeche si riferiscono a Numa Pompilio, specialmente alle sue re-lazioni con Pico e Fauno, e con luppiter Elici us, nelle qualicampeggia la figura della ninfa Egeria ( ). In tutte queste leg-gende si parla sempre di una grotta e di una fresca sorgente,che appaiono come la caratteristica del lucus 8axi, ed attornoalle quali anzi esse leggende, per cos dire, si aggruppano C).

    (') Cfr. Pascal C, Il culto degli Dei ignoti a Roma in Bull. arch.com., 1894, pag. 200.

    (2) Verg., Aeneid., Vili, 345.(3) Ovid., Metamorph., XIV, 836.(*) Propert., IV, 4, 3-5; Ovid., Metamorph., XIV, 776.(5) Ovid., Fast.; III, 295 e seg. e 329. Al medesimo bosco deve allu-

    dere Ovidio in Fast; IV, 649 e seg. e Propert., IV, 9, 33 : vos precor oluci sacro qui luditis antro. Del Saxum parla Ovidio in Fast., V,147 e dice che di l Remo osserv 1 suoi auspicii. La stessa cosa ripete inFast., IV, 815 e seg., dove VAventinum cacumen di certo uguale alSaooum, che viene pure ricordato da Cic. pr domo, 53. Oramai tutti i to-pografi convengono nel collocare \S^^Sax m sull'Aventino, e precisamentesull'altura di s. Balbina. Presso il Saosum avea il suo tempio la Bona Dea,chiamata appunto subsaasanea anche nella Notitia Regionum, reg. XII. Peril sito preciso dell'ae^es Bonae Deae, cfr. Lanciani, Forma Urbis, tav. XXIV.

    (8) Cfr. per tutte queste leggende i luoghi citati di Ovidio, Fast.,III 295 ,e seg.; e IV, 629-676.

    (^) I dati topografici che da queste leggende si ricavano sono statiampiamente esaminati dal Gilbert, Topograph., II, pag. 155 in nota.

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    / boschi sacri deWantica Roma 11Ci posto, mi pare che spontaneo torni alla niente un altro

    lucus di esistenza storica, celebre pur esso per un antro ed unasorgente di acque freschissime e per i segreti colloqui di Numacon la ninfa Egeria, e che anzi da questa prende il nome. In-tendo alludere al lucus Egerae nella valle omonima, e mi sembraevidente che la grande analogia tra questo ed il laeus Saxi portialla seguente conclusione : o il lucus Sasci nella mente deipoeti la stessa cosa del lucus Egeriae, e ci per la non grandedistanza che passa tra questo e l'Aventino; o il primo una du-plicazione poetica del secondo.

    Porse il lucus abbracciava i luoghi di culto dell'antico pagoaventinense, come il Saxum ne sar stato il luogo di rifugioin caso di pericolo (').Da una gran selva di lauri, poscia tagliata, avrebbero presoil nome i due vici Loreta dell'Aventino (^), dei quali parlei-pili innanzi ; dalle corniole la contrada Cometa (^) ; dagli eschila denominazione del vico Aesculetum o Esculetum ('*) ; dai faggi

    (') Cfr. Gilbert, loc. cit., II, pagg. 155-158 in nota.(2) Varr, l. l, V, 151 ; Pestus, ed. Miiller, pag. 360.(3) Varr, l. l, V, 152. ' ,-() Varr, l. l, V, 152; Plin., Nat. hist., XVI, 37. Il sito del vicus

    Aesculeti stato rivelato dalla scoperta di un'ara quadrata di marmo, rin-venuta nella via Arenula, in corrispondenza dell'asse della via di s. Bar-tolomeo dei Vaccinari^ Una iscrizione, incisa sul piano di lastroni, sopracui posava l'ara, fa conoscere che questa venne dedicata dai vicomagistridel victis Aescleti, evidente contrazione di Aesculeti. La scoperta fu dotta-mente illustrata dal eh. prof. G. Gatti in Bull. arch. com., 1888, pag. 327e seg. Dall'esistenza dell'ara, appartenente probabilmente a qualche sacello,e dell'analogia con altri sacelli che sappiamo circondati da alberi comep. es. quello cui si riferisce l'iscrizione di via delle Sette Sale, gi da mericordata si potrebbe argomentare l'esistenza di un lucus accanto alvicus, anche in tempi storici. Ma di ci non avendo sicure memorie, e- po-tendo inoltre la selva di eschi che diede nome al vico mancare del carat-tere sacro proprio dei luci, mi astengo dal citare il lucus Aesculeti traquelli di storica esistenza. A ogni modo l'etimologia data da Varrone misembra molto attendibile.

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    12 / boschi sacri dell'antica Romail Fagutale (). Alcuni facevano derivare Viminalis da una granselva di vimini che un tempo avrebbe ricoperto quel colle (^);e Murcia o Myrtea vallls da un mirteto, che avrebbe dato l'ap-pellativo anche alla Venus Murcia^ che in quel luogo avea uncelebre sacello (^) ; e da un querceto la porta Querquetulana oQuerquetulariai^), donde pure avrebbe preso nome il monteCelio, chiamato prima Querquetulano (^).

    Terminer questo paragrafo ricordando che si attribuiva allostesso Romolo la istituzione di molti boschi sacri, tra i qualiprimeggiava quello .Q\V Asilo, di cui mi occuper in seguito (^).

    Luci dell' Esquilino.

    E giusto che una trattazione sui luci urbani di Roma, siincominci da quelli dell' Esquilino, essendo i boschi sacri moltonumerosi in quel colle, e tutti di grande importanza religiosa.Il mezzo principale per fissarne la posizione topografica si ilpasso di Varrone, dove si discorre della etimologia della pa-rola Esquiliae, passo che riporter per intero, quantunque no-tissimo, essendo esso la base principale della mia ricerca (''').

    Secundae regionis Esquiliae: alii has scripserunt ab esccubiis regis dictas ; ahi quod excultae a rege Tullio es- seni; \_alu db aesculetis] (*).

    (1) Varr, I.., V. 152; Plin., Nat. hist., XVI, 37; Festus, ed. Miillerpag. 348; Fpist., pagg. 87, 341.

    (2) Varr, 1 1, V, 51 ; Festus, ed. Miiller, pag. 373; Juven., Sat. IH, 71.(3) Varr, l. l, V, 154; 'FesMs, Epist., ed. Miiller, pag. 148.(4) Festus, Epist, ed. Miiller, pag. 261 ; Plin., Nat. hist, XVI, 37.

    Festo parla del querceto come d cosa non pi esistente ai suoi tempi.(5) Tacit., Ann., IV, 65.(6) Cfr. Dionys., II, 18.C) Varr, l, l, V, 49, 50, ed. Jordan, Topogr. pagg. 601, 602.(^) Le ultime parole sono un supplemento del Miiller, che lo ritiene

    necessario per la continuit logica del testo. Secondo il Miiller, Varrone(196)

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    / bschi sacri delVantica Roma 13tf Huic origini raagis concinunt loca viciniae (^), quod

    u ibi Incus dicitur Facutalis et Larum Querquetulanum sa-li cellum (^), et Incus Mephitis et funonis Lucinae. . . .

    In saeris Argeorum scriptum sic est: Oppius mons princeps Esquilis^ cis lucim Fagutalem-,

    sinistra quae secundum moerum est. Oppius mons terticeps, cis lueum Esquilinum, dexterior

    via in Tabernola est. Oppius mons quarticeps cis lucum Esquilinum, via dex-

    terior in Figulinis est. Cespius mons quinticeps cis lucum Foetelium, Esquiliis

    est. Cespius mons sexticeps apud aedem -Jmonis Lucinae,

    K ubi aeditimus habere-solet .Dal confronto della serie dei boschi sacri, quale viene ri-

    portata da Varrone, con quella che pu desumersi dal documento

    vuol dire che in favore dell'etimologia di Esquiliae dagli eschi, che untempo vi crescevano, parlano gli altri boschi di quella regione dei qualiegli cita i nomi. Ma lo Jordan (Topograph., II, pag. 261) giustamente sidomanda come mai i faggi del Pagutale e le quercie del Querquetulanopossano essere una prova della esattezza della etimologia di Esquiliaedagli eschi. Egli quindi non crede necessario e non accetta il supple-mento del Miiller, ed invece ritiene e forse con ragione che le pa-role quod excultae a rege Tullio essent si debbano intendere comeriferibili al Gultus nel riguardo sacrale, e precisamente ai molti boschisacri della regione, che il re Tullio avrebbe o istituito o religiosamenteconservato. Inutile aggiungere che tutte queste etimologie non hanno fon-damento scientifico. Forse la derivazione pi giusta della parola Esquiliae quella che fa della parola exquilinus un contrapposto ad inquilinus.

    Q) Mi attengo alla correzione dello Jordan {Topograph., II, pag. 260)che legge loca viciniae invece di loca vicini, e traduce le localitdella regione significando la parola vicinia nell'uso popolare i luoghi,dall'insieme dei quali una regione era costituita. Questa lezione pureadottata dal Gilbert, Topograph., I, pag. 174.

    (*) Il Miiller legge et Larum et Querquetulanum sacellum . Mala lezione da me adottata, sopprimendo la seconda congiunzione, la piseguita dai moderni critici.

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    14 / boschi sacri deWantica Romadegli Argei, risulta che alla enumerazione di Varrone manca illucus JUsquilinus ed il Poetelius, che forse pi non esistevanoai suoi tempi, e che invece vengono menzionati nel documentodegli Argei; mentre in questo documento non si parla del Quer-quetulano (^) e del lueus Mephitis, i quali invece sono ricor-dati da Varrone. Comincio dal notare (come del resto fu pivolte osservato, non ostante la contraria opinione del Miller) chenel documento degli Argei manca l'indicazione del secondo sa-cello, giacch dal princeps si passa al terticeps, omettendo ilbice^s 0, come altri suppliscono, il bicepsos, omissione che certonon dovea originariamente trovarsi nel documento, ma da at-tribuirsi allo stato lacuno.so in cui ci pervenuto il testo var-roniano. Sembrami perci molto probabile l'opinione dello Jordan,il quale supponendo anche la posizione del secondo sacellodeterminata dalla vicinanza di qualche sacro boschetto credefosse questo il luous Larum Querquetulanum o Querquetula-norum, che nella enumerazione di Varrone citato dopo illucuz Facutalis (^).

    Al contrario non mi sembra giusta l'osservazione delloJordan, il quale, ritenendo strano che nel medesimo lucus Esqui-linus vi fossero due sacelli, attribuisce ad errore di copisti laripetizione della frase cis lueum EsquUinum e mostra dicredere che originariamente nel testo venisse in quel luogo in-dicato il bosco di Mefite, il quale come ho gi detto ricordato da Varrone e manca nel documento degli Argei, qualea noi pervenuto (^). Infatti se si pensa che al tempo cui ildocumento risale, i boschi doveano essere abbastanza estesi, non

    (1) Quantunque nel testo non si parli espressamente di un lucus^tuttavia accanto ad ogni sacello bisogna, per i tempi antichissimi, imma-ginare un boschetto che nel caso nostro deve essere un lucus Querque-tulanus.

    (2) Cfr. Jordan, Topograph., Il, pag. 260,(3) Cfr. Jordan, 1. e.

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    / boschi sacri deWantica Roma 15fa meraviglia che in uno stesso lueus ci fossero due sacrari, pnreammettendo tra di essi una certa distanza. Il lucus Mephitis,poi, pu ritenersi una parte del lucus Esquilinus conservatasifino ai tempi di Varrone, assumendo una pi determinata de-nominazione,

    A ogni modo, partendo dal concetto che' le due liste (diVarrone, cio, e degli Argei) dei boschi sacri dell' Esquilino sidebbano completare a vicenda, si possono collocare in cotestaregione i seguenti luci : Fagutale, Qmrquetulano, Esquilinosull'Oppio; Poetelio, i Mefite e di Giunone Lucina sul Oi-spio. A questi bisogna aggiungere il lucus Libitinae, che non menzionato da Varrone, ma che, per altre considerazioni, sideve credere situato nell' Esquilino. Tratter a parte di ciascunodi essi, avvertendo prima che, per fissarne la posizione topo-grafica, d' uopo tener presente che il documento degli Argei si ri-ferisce ad una processione o corteo di vittime, che successiva-mente visitava ciascuno dei sacelli. Bisogna per ci immaginareche l'ordine con cui essi vengono indicati risponda all'ordinecon cui topograficamente si succedevano; e quindi, siccome laprocessione veniva dal Celio, devesi cercare il Fagutale, cheviene ricordato primo, in quella parte dell'Oppio piti vicina alCelio, ed il bosco di Giunone Lucina, menzionato per ultimo,nell'estremo lembo del Cispio, dove appunto passava la lineadi confine tra la seconda regione Esquilina e la terza Collina.

    Tra questi due sacri boschetti, poi, si devono collocaretutti gli altri, nell'ordine con cui li ho enumerati.

    Lucus Facutalis. Stava, come ho detto, nella partedell'Oppio che guarda il Celio. Ad ivi collocarlo induce anchela seguente considerazione: Solino, I, 25, riferisce che la casadi Tarquinio il Superbo sorgeva presso il lucus Facutalis, si-tuato, a sua volta, vicino al clivus Pullius. Da quest'ultimonome, per quanto molto trasformato, pare quasi con certezza

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    16 1 boschi sacri deWantica Romaderivi quello di ima chiesa medievale, s. Griovanai in Grapullo^

    Carapullo, che deve cosi essersi chiamata dal nome dellacontrada nella qnale sorgeva {^). E siccome, questa chiesa devecollocarsi nei pressi della basilica di s. Pietro in Vincoli (*),ivi pure si deve ricercare il clivus Pullius ed il Incus Faouta-lis che gli era attiguo.

    Non sappiamo con certezza che cosa fosse il moeriim (mu-rum) del documento degli Argei {seoundum moerum est), ameno che non si voglia indicare la cinta serviana, come pensail Canina (^).

    Nel boschetto oravi un santuario di G-iove, chiamato ap-punto Facutalis, come si apprende dallo stesso Varrone (*), daPesto presso Paolo Diacono (^), & da Plinio, che ne parla comedi cosa tuttora esistente ai suoi tempi (^). Da Pesto, poi, e dalsuo compendiatore si ricava che il Pagutale era compreso fra iluoghi nei quali si celebravano i sacrifici nella solennit delSettimonzio C).

    Il Giove Pagutale era un dio profetico che richiama loZsig di Dodona e il Faunus latino; dei quali il primo dava iresponsi per mezzo dello stormire degli alberi che circonda-vano il suo celebre tempio ; il secondo era una divivit silvestre.

    (') Ecco le probabili fasi della trasformazione di Clivus Pullius inCrafullo: Clivus Pullus, Glavus Pullus, Clapullus, Crapullu e finalmenteCrapullo Carapullo. Si pensi alla corruzione di Clivus Scauri in Cla.vusTauri per la chiesa di s. Gregorio al Celio. Anche l'Hiilsen ed il Kiepertammettono per il clivus Pullius la riferita ubicazione. Cfr. Formae UrbisRomae, tav. I (k. p.).

    (2) Il sito della chiesa ricavasi dal celebre catalogo di Torino. Cfr.Armellini, Le chiese di Roma, pag. 204, 2* ediz.

    (3) Canina, Esposizione topografica di Roma antica, distinta nelletre prime epoche. Eoma, Bertinelli, 1855, pag. 217.

    () Varr, V, 152.(5) Pestus, ap. Paul Diac, pag. 87, ed, Miiller.(6) Plinius, Nat. hist., XVI, 15, 1.e?) Festus, pagg, 340, 341, 348 ed. Miiller. Cfr, pure Bullett. Arch.

    comun., anno 1874, pag. 142 e 1875, pag. 200.(200)

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    1 boschi sacri dell'antica Roma 17Quest'analogia dimostra che i luci erano anche la sede propriadei riti inerenti alla divinazione (').

    Lucus Larum Querquetulanum. Era situato', come hogi accennato, dopo il Pagutale ; e cos pensa anche lo Jordan,il quale, per, mostra poi di dubitarne osservando che il nome diQuerquetulano, che un tempo, secondo Tacito (^), davasi almonte Celio, indurrebbe . ad ivi collocare e la porta Querque-tulana ed il Incus (^). Senza occuparmi della posizione topo-grafica della porta (essendo ci estraneo all'argomento del miostudio) noter che l'osservazione dello Jordan non mi sembra taleda far porre in dubbio ci che egli stesso ha poco prima mo-strato di ammettere. Infatti l'essersi il -Celio chiamato unavolta colle Querquetulano a cagione, senza dubbio, dei boschidi querele ivi germoglianti, non impedisce che boschi simili pro-sperassero anche nel vicino monte Oppio. E di tali boschi pri-mitivi deve certamente considerarsi un avanzo il lucus in que-stione.

    Similmente un ricordo degli antichi querceti del Celio siha forse nella denominazione inter duos lucos, applicata allacasa dei Tetrici, che nel Celio appunto sorgeva (*).

    Lucus Esquilinus. Veniva dopo il Qnerquetulano, e neldocumento degli Argei serve a determimare la posizione delterzo e del quarto sacello. Forse nel tempo cui si riferisce ildocumento, esso estendevasi dalle vicinanze del bosco Querque-

    (') Ci pure dimostrato dai numerosi passi degli scrittori ecclesia-stici, i quali parlano di sortilegi che nei primi secoli del cristianesimoontinuavano a praticarsi nei boschi.

    (*) Tac, IV, 65. Cfr. in proposito Becker, Topograph. pag. 495 eEichter, Topograph., pag. .334 e seg.

    (3) Jordan, Topograph., II, pag. 260 e seg.('') Il palazzo dei Tetrici inter duos lucos nel Celio ricordato in

    Vita trig. tyrann., XV.(201)

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    18 / boschi sacri delVantica Romatulano sino alla porta Esquilina, occupando la parte orientale delcolle. Ma ben presto dovette perdere la sua continuit e re-stringere di molto i suoi confini, giacch non ne fa menzioneVarrone. Si dovettero, per, senza dubbio, conservare con ognicura gli alberi attorno ai sacelli degli Argei, sacelli che, rin-novati da Augusto e dedicati ai Lares eompiiales, si manten-nero a lungo. Ed a qualcuno di questi sacelli compitalici del-l'antico Incus Esquilino deve certamente appartenere la celebreiscrizione scoperta a via delle Sette Sale, dottamente illustratadal eh. prof. G. Gatti, e che io ho di gi ricordato (^). Fu postar iscrizione a ricordo dell'avere i Magistri e i Flamines mon-tanorum montis Oppi chiuso il sacello (con un muro di cinta),piantandovi alberi attorno, i quali si devono perci considerarecome un ricordo e quasi direi una rappresentanza dell'anticoboschetto sacro (^).

    Lucus Poetelius. Non avendo altre notizie di questosacro boschetto, l'unico mezzo per fissarne la posizione topograficasi di ricavarla dall'ordine seguito nel documento degli Argei.Siccome, dunque, il lucus Poetelius indicato sul Cispio e men-zionato dopo il secondo sacello- del lucus Esquilinus (quartodella intera regione), lo si deve collocare in quella parte delCispio pi vicina a quest'ultimo bosco, e quindi presso a poconell'altura dove ora sorge la baslica di- s. Maria Maggiore. Aquesta ubicazione induce anche il fatto che non possiamo collo-care il Poetelius nell'altra parte del Cispio, perch ivi era cer-tamente situato come tra poco vedremo il lucus di Gi-

    (1) Cfr. Gatti G. in Bull. arck. com., anno 1887, pag. 156; e G.I.L.,VI, 32455.

    (2) Per il lucus Esquilinus, oltre lo Jordan 1. e. cfr. anche Becker,Topograph., pag. 535, nota 1126, osservando die la questione da lui sol-levata se VAesculetus di Plinio, XVI, 10, 15 si trovasse nell' Esquilino, stata risolta con la scoperta avvenuta presso la via di s. Bartolomeo deiVaccinari, gi da me ricordata.

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    1 boschi saeri delVantica Roma 19none Lucina ed il sacello che nel documento viene indicatocome vicino al tempio di questa Dea (^).

    Lucus Mephitis. Lo Jordan, come ho gi detto, suppo-nendo che al posto del lucus Esquilinus si debba nell'indica-zione del quarto sacello degli Argei sostituire il lucus Mephitis,lo vorrebbe collocare sull' Oppio, precisamente dopo il lucusEsquilinus (^).

    Ma, oltrech il supplemento dello Jordan sembra un pocoarbitrario, potendo in quel tempo il lucus Esquilinus esseretanto vasto da contenere due sacelli; alla ubicazione da lui pro-posta sembra opporsi un luogo di Pesto, dal quale si ricava cheil lucus Mephitis era situato presso il vico Patricio (^), e quindipiuttosto sul Cispio che sull'Oppio.

    Inoltre Varrone menziona il bosco di Mefite prima diquello di Giunone Lucina: ora siccome quest'ultimo bosco devecertamente collocarsi sul Cispio dopo il lucus Poetelius, cosi molto probabile che il bosco di Mefite stesse tra il Poetelio edil lucus di Giunone Lucina (*).

    La dea Mefite appartiene a quella categoria di antichissimedivinit, create dalla fantasia degli uomini per averne protezionecontro quei mali che li affliggevano con maggior frequenza edintensit. A questi numi davasi per lo pi il nome stesso delmale cui si riteneva presiedessero. Cos contro la febbre, cheinfieriva specialmente nelle plaghe malariche, fu ben presto in-vocata la dea Febris, alla quale secondo Valerio Massimo (^)

    (') Gli antichi topografi confondono il lucus Poetelius col lucus Pe-telinus, situato invece fuori della porta Flumentana, Ma di ci pi in-nanzi.

    (2) Jordan, Topograph., II, 260.(3) Festus, pag. 348, ediz. Mtller.(*) Questa ubicazione anche ammessa dal Becker^ Topograph.,

    pag. 535.(5) Val. Mas., II, 5, 6.

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    20 / boschi sacri dell'antica Romafurono dedicati in Roma tre templi; ed il pi notevole diessi era nel Palatino, il clie appunto dimostra 1' antichit diquesto culto.

    La Mefite, come indica il nome stesso, e come del restoviene chiaramente affermato da Servio, era la dea delle nociveevaporazioni deL suolo ('), specialmente di zolfo, che contrista-vano molti punti dell'Italia, a cagione della natura vulcanica dellapenisola (^). Si spiega cos la . diffusione che il culto di Mefiteebbe specialmente nell'Italia centrale, e dapp'ertutto dove similiesalazioni ammorbavano l'aria. Un'identica origine deve attri-buirsi al culto di Mefite in Roma, essendo molto probabile chetali evaporazioni si siano un tempo verificate nell' Esquilino,come tuttora si verificano in alcuni punti dei' dintorni dellacitt.

    L'aria dell' Esquilino, poi, era inoltre ammorbata dal fetorederivante dalle numerose sepolture o puticoli nei quali si get-tavano alla rinfusa i cadaveri della povera gente.

    Ben si addice, quindi, ad una siffatta divinit l'esser vene-rata in un boschetto sacro, e cio tra gli alberi ai quali gli an-tichi (come del resto molti moderni) attribuivano la virt dipurificare l'aria.

    Lucm Junonis Lucinae. Di nessun altro bosco come diquesto si in grado di meglio fissare la posizione, conoscendosicon ogni certezza quella del tempio di Giunone Lucina, e delsesto sacello degli Argei che presso il bosco era situato.

    Sorgeva il tempio, come si pu vedere nella tavola XXIIIdella F. TI. del chiaro prof. Lanciani, sull'estremo lembo delCispio, nel versante che guarda il vico Patricio, e precisamentetra le moderne vie in Selci ed Urbana, non lungi dal punto in

    (1) Servius, ad Aeneid., VII, 84: ... ut sit Mephitis dea odorisgravissimi i. e. grave olentis .

    ('^) Cfr. Wissowa, Religion und Kultus, pag. 198.(204)

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    / boschi sacri delVantioa Roma 21cui dalla via Cavour si dirama la via G. Lanza. Ci per molteragioni che non giova ripetere, potendosi leggere nei libri di

    . topografia romana (') ; ma sopratutto per essersi ivi scoperta nel1770 una iscrizione appartenente al tempio di Lucina, e ritro-vata si pu dire in situ (^). Infatti, bench la iscrizione sia tor-nata in luce, non proprio nel Cispio, ma nell' estremo confinedell'Oppio, fu per rinvenuta a cos breve distanza dal Cispio,da far credere che nell'Oppio giacesse, perch sbalzatavi nel ca-dere dall'alto di qualche parete, o perch trasportatavi pi tardidal luogo ove si trovava originariamente (^).

    L presso adunque si collocava dai topografi il Incus ed ilsesto sacello degli Argei, ci essendo pure consigliato dalla ra-gione piti volte accennata, che cio i sacrari degli Argei dove-vano anche topograficamente succedersi in quell'ordine con cui ven-gono enumerati nel testo varroniano. Pertanto, servendo il boscodi Lucina a determinare l'ultimo sacello della regione Esquilina, chiaro che tanto il sacello .quanto il bosco erano da ricercareall'estremit del Cispio, dove appunto passava la linea di con-fine tra la seconda regione Esquilina e la terza Collina.

    Orbene, questa deduzione ' stata mirabilmente confermatadalla scoperta (avvenuta nel 1888, ed illustrata con la solita eru-dizione dal eh. prof. Gr. Gatti nel Bull. com. di quello stessoanno) ('') di uno dei sacelli compitalici eretti da Augusto nelluogo medesimo dove sorgevano gli antichi sacrari degli Argei,e rispettando anzi, per quanto era possibile, come . ha pure

    (1) Cfr. p. es. Becker, Topograph., pag. 535, nota 1128. Cfr. pure:Merkel, ad Ovidii Fastos, pag. cxxvii; e Sackse, Storia della citt diRoma, I, pag. 476.

    (2j Cfi-. G. I. L. VI, 3148. L'iscrizione fu per la prima volta, pubbli-cata dal Marini: Iscrizioni Alhane, n. 2. . ,;

    '(3) Cfr. per tutto questo: Nibby, Roma Antica, II, pag. 671; e Ste-fani, in Bullett. Instit. ArcheoL, 1885.

    (*) Gatti, Di un sacello compitale delVantichissima regione Esqui-lina, in Bidlett. ardi, com., 1888, pag. 226 e seg.

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    22 1 boschi sacri deWantica Romadimostrato la scoperta di cui parlo la precedente costruzione.Il sacello tornato in luce nel 1888, a cagione del luogo in cuifa scoperto, dietro l'abside della chiesa di san Martino aiMonti altro non pu essere, a giudizio dello stesso profes-sor (ratti, se non il sesto della regione Esquilina (*).

    In quelle adiacenze, dunque, si deve collocare il sacro bo-schetto di Lucina, nel quale si sarebbe fatta udire la voceche prescrisse alle sterili Sabine di farsi battere dai Luperciper diventare feconde (^). Perci la tradizione attribuiva ladedicazione del tempio alle matrone, e se ne celebrava la ri-correnza alle none di marzo (^).

    Del progressivo sparire del luous si lamenta Varrone nelpasso che mi servito di guida principale per fissare la posi-zione dei boschi dell'Bsquilino ; e ne incolpa l'avidit dei privati,i quali pur di accrescere l'area fabbricabile non si astenevanodall'invadeve i confini del lucus (*).

    Suppone perci il Nibby che il muro, di cui parla la giricordata iscrizione a proposito di .restauri fattivi, avesse preci-samente lo scopo di proteggere il bosco dalle continue usurpa-zioni, di cui si lagna Varrone (^).

    () Osservando su di una carta topografica della citt il sito rispet-tivo dei sacelli degli Argei nell'Esquilino, si vedr che essi erano collocatiin modo che la processione o corteo di vittime (cui si riferisce comeho gi detto il documento), nel visitarli tutti e sei veniva quasi a gi-rare intorno al colle. Infatti, venendo dal Celio e visitando per primo ilFagutale, percorreva l'Bsquilino nella sua parte orientale, e poscia ne per-correva il lato che guarda il Viminale per finire nel lucus Junonis Lu-cinae, non molto lontano dal Fagutale, donde appunto aveva preso lemosse. Ricordo che il lavoro pi recente sugli Argei quello inserito dalWissowa nel suo libro: Gesammelte Abhandlungen zur rmischen Reli-gions, ecc.. Monaco, 1904.

    (^) Ovid., Fast., II, 427 e seg.(3) Cfr. Mommsen, Gomm. Diurni in C. I. L. 1^, pag. 310; Pestus,

    ap. Paul. Diac, pag. 147, ed. Mliller; Ovid., Fast., Ili, 245 e seg.('') Varr., l.l. V, 49: ... et Incus Mephitis et Junonis Lucinae^

    quorum augusti fines non mirar; jam diu late avaritiae numen est.(') Cfr. Nibby, Roma antica, II, pag. 672.

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    / boschi sacri dell'antica Roma 23E forse a questo muro si deve se qualche avanzo del incus

    si pot conservare almeno fino ai tempi di Plinio il Vecchio, ilquale riferisce che davanti al tempio di Lucina si vedevanoancora alcuni alberi di loto antichissimi, e che ad uno di questi,chiamato perci arbor cavillata, si appendevano i capelli cheil pontefice massimo 'tagliava alle Vestali (0- Questi alberi siritenevano pii antichi dello stesso tempio, la costruzione delquale si fa da Plinio risalire all'anno 379 di E,. Anche se cinon sia vero nel caso particolare, per sempre una prova del-l'anteriorit dei luci sui templi fabbricati,

    Lucus Lihitinae. Quantunque la dea Libitina vengaspesso menzionata dai classici, ed il lucus comparisca in pa-recchie iscrizioni come luogo di abitazione (^), tuttavia da questinumerosi accenni non possibile ricavare il sito preciso e delsantuario e del bosco. Lo si deve perci dedurre da varie con-siderazioni fondate sul carattere della dea, e sulla relazione cheessa pu avere con altre divinit.

    Ora Libitina ha una certa analogia con Giunone Lucina.Infatti come questa in intimo rapporto con la nascita, cos lo Libitina con la morte. Ci si rende specialmente manifesto dauna -prescrizione attribuita a Servio Tullio, in forza della qualeper ogni caso di morte si usava pagare un tributo al santuariodi Libitina {^). Ora, ammettendo che a questa relazione idealene corrisponda una topografica, si dovrebbe collocare il santuariodi Libitina non distante da quello di Giunone Luiina, o almenonella stessa regione e quindi nell'Esquilino (*).

    (1) Plinius, Nat. hist, XVI, 44, 85.(2) Due di queste iscrizioni si possoiio trovare in G. I. L. VI, 9974 e

    10022; la terza in Bull. arch. com., 1900, pag. 227.(3) Cfr. Dionys., IV, 15.('') Il Gilbert, Topograph., II, pagg. 175-76, fondandosi sull'analogia

    tra la dea Libitina e la Venus Marcia dimostrata specialmente dal-dall'avere i due santuari un identico giorno di fondazione ; e badando

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    24 / boschi sacri deWantica RomaNon bisogna per dimenticare che le conclusioni dedotte da

    ragionamenti fondati sulla mitologia sono generalmente pocosicure.

    Senoncli a fissare la posizione del Incus Libtinae nel-l'Esquilino induce anche un'altra considerazione. La dea Libitinaera in intima relazione coi funerali. Ci sicuramente dimo-strato dal fatto che il bosco era amministrato da una grandesociet di seppellimento, i cui membri si chiamavano appuntoUbitiiarii; e che dal bosco si provvedevano tutte le cose ne-cessarie ai funerali ('). Ora molto probabile che il Incus congli annessi stabilimenti dei libitinarii si trovasse nelle vici-nanze delle grandi sepolture dell'Esquilino; e forse il bosco avrpure avuto lo scopo di purificare l'aria dal fetore emanante dallesepolture stesse.

    jN altre notizie si hanno del Incus in questione (^).

    Luci del Foro e vicinanze del Campidoglio.

    Lucus Vestae. Essendo il culto di Vesta uno dei piantichi di Roma, non meraviglia che si trovi connesso con unboschetto sacro, come avviene di quasi tutti i culti primitivi.all'antica relazione di Libitina con l'acqua e la vegetazione, inclinerebbea collocare il santuario in luogo non distante da quello della Venus Murcia,e cio nella stretta valle tra TEsquilino ed il Celio, che , d'altronde,molto umida e perci abbondante di acqua e di vegetazione. La relazioneideale e toiDografica della Libitina con Giunone Lucina fu gi osservatadal Canina {Esposizione top. di Roma antica, pag. 637).

    Q-) La relazione di Libitina coi funerali si ricava specialmente daLiv., XL, 19; Fiutar., Quaest. rom., 23; Acron., f/ Horat., satyr. Il, 18.Si ritrova anche la frase Libitinam exercere nel senso di cura, ufficiodi provvedere ai funerali. Cfr. Val. Max., V, 2, 10. Cfr. per tutto questoPreller, Rum. Mythol., I, pag. 440 e seg.

    (2) Il lucus ricordato anche da Jul. Obseq., 12; e da Ascon., inJllilon., pag. 20, ediz. Kiessl. Ma da tali accenni non si ricava nulla dinuovo.

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    / boschi sacri dell'antica Roma 25Il mezzo' fondamentale per fissare la posizione topografica

    del lucus si ha in im passo di Cicerone ed in un passo di Livio,che lo menzionano a proposito della nota leggenda della, miste-riosa voce che preannunzi la prossima invasione dei Galli, eche fu dai Romani attribuita ad Ajus Looutius o Loquens. TitoLivio narra che questa voce si fece udire nella iVoya via {}).Cicerone determina con maggior precisione il sito del miracolosoavvenimento, dicendo che la voce fu intesa nel lucus Vestae,del quale cos definisce i confini : qui (lueus) a Palatii radicein Novam viam devexus est { La Nova via, della quale si scoperto un buon tratto, passava sulle pendici del Palatino,un po' al di sopra della casa delle Vestali.

    Stando, dunque, alle parole di Cicerone, il lucus Vestae erasituato, ai suoi tempi, al di l della Nova via, che ne era l'ul-timo limite, evidentemente rispetto a chi guardava dal Foro Ro-mano. Ed questa l'opinione dello Jordan e del Gilbert (^), iquali pur ammettendo da principio una coerenza locale tra VaedesVestae ed il lucus, suppongono che in seguito, a cagione appuntodel tracciamento della Nova via, tale coerenza sia venuta a man-care. Anche il eh. prof. Lanciani si mostra persuaso che la Novavia dividesse il sa-cro boschetto dal tempio (''); e d'altronde tale il senso ovvio delle riferite parole di Cicerone.

    D'altra parte. sembra un po' strano che il lucus rimanessediviso del tmpio, in modo che le Vestali, per accedervi, fosseroobbligate a traversare la strada. Ed forse per una tale consi-derazione che il eh. prof. Marucchi, supponendo il lucus una

    (1) Liv., V, 32, 50-52.(2) Cic, De Divinai., I, 45. Cfr. anche Plut., CamilL, 19 ; Idem, De fort.

    Rom, 5 ; Varr, ap. Gellinm, XVI, 17.(3) Jordan, Topocjraph., I, pag. 293 ; Gilbert, Topograph., I, 302 ; II,

    422-23; 406.{^) Cfr. Lanciani in Not. scavi 1882, pag. 283 Divideva (la Nova

    via) il tempio di Vesta dal suo lucus . La stessa opinione ripete in Not.scavi 1883, pag. 473, parlando della scoperta di un tratto della Nova via.

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    26 / boschi sacri delVantica Romaspecie di giardino interno, lo colloca dopo l' ingresso deWatriumVestae ('). Ma cotesta ubicazione non si accorda con le paroledi Cicerone e non confortata da altre testimonianze. Inoltre,se deve giudicarsi dall'odierno aspetto del luogo, n pressoVatrium Vestae, n al di qua della Nova via gl'ingombrantiedifici lasciano spazio sufficiente che permetta di collocarvi ilIncus, per quanto lo si immagini ridotto a pochissimi alberi.Probabilmente dunque, esso, dopo l' incendio Commodiano e Uricostruzione della aedes Vestae fatta da Giulia Domna, ha ces-sato di esistere. Mi pare, quindi, di dover concludere che per illucus Vestae dobbiamo contentarci di fissarne approssimativamentela posizione tra la casa delle Vestali ed il declivo del Palatino,senza pretendere una pi precisa e determinata ubicazione (^).

    Lucus Sirenuae. Era, senza dubbio, attiguo al sacellodi Strenua, che sorgeva al principio della Sacra va nel Cerio-lense, presso le Carine, e perci forse in quella specie di rialzoche trovasi di fronte alle terme di Tito. Il lucus Strenuae com-pare nelle pi antiche tradizioni romane, come si pu dedurreda Simmaco, il quale a Tito Tazio fa risalire la costumanza diprendere dal boschetto di Strenua i rami di albero felice come

    (') Cfr. Marucchi, /oro Romano. Eoma, 1895, pag. 133. La stessa cosaripete nell'ultima edizione francese del suo libro, Le Forum Romain et le Palatiti. Eoma 1903, pag. 155.

    (2) Se si accettasse l'opinione del Nibby {Analisi, I, pag. 321), e delMommsen((7. /. L., I, 682), che identificano l'ara di Calvino, tuttora in situ,con quella che i Romani innalzarono ad Ajus Locutius, bisognerebbe am-mettere che un tempo il lucus Vestae si distendesse fino alla costa del Pa-latino che guarda il Velabro. Ma questa opinione non sembra ammissibile,sia per la ragione appunto che l'ara di Calvino troppo distante dal tempiodi Vesta, sia perch dagli antichi scrittori si raccoglie che l'ara di AiusLocutius portava inciso il suo nome, e non era quindi anonima, come quelladi Calvino. Cfr. Visconti e Lanciani, Guida del Palatino, Eoma 1873, pag. 76;e Pascal C, Il culto degli Dei ignoti a Roma, in Bull. arch. com. 1894,pag. 188 e seg.

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    / boschi sacri delVantica Roma 27simbolo di augurio pel nuovo anno {}). Ma l'origine di quest'uso certo pi antica del tempo assegnato dalla leggenda a TitoTazio, e deve piuttosto considerarsi un avanzo degli usi prati-cati nei tempi primitivi, quando il bosco era la sede natm'aledei riti sacri, e gli alberi avevano una parte grandissima nelculto. Dalle citate parole di Simmaco, e da un passo di Lido (*)si ricava che l'accennata costumanza vigeva ancora ai loro tempi (^).

    Lucus Asyli. forse il pi celebre dopo quello deiFratelli Arvali, essendo connesso con le leggende riguardanti ilfondatore e le origini stesse di Roma. Se ne hanno perci fre-quenti menzioni negli antichi scrittori, i quali si accordano nel-raffermare che Romolo per aumentare la popolazione alla nuovacitt da lui fondata, apr un luogo di rifugio nell'area tra ledue cime del Campidoglio, dove riparassero gli esiliati dai luo-ghi vicini, liberi o schiavi ('*). Questo spazio da essi indicatocon la frase inter duos lueos, denominazione confermata anchedai Fasti Prenestini (^). T. Livio aggiunge che ai .suoi tempil'area inter duos lucos era chiusa: locus qui nunc saeptusdescendentibus C) ; ed Ovidio attribuisce a Romolo il muro di

    (J) Symmach., Epist., X, 35.(2)'Lydus, de mens., IV, 4.(3) Se in Varr l. l. 43 non fosse molto dubbia la lezione ammessa da

    qualche editore et unde ascendebant ad imam Novam viam lucus et sa-cellum Larum si potrebbe collocare nelle vicinanze del Poro Eomano unlucus Larum, diverso dal lucus Larum Querquetulanum dell'Esquilino. Maessendo il passo di difficile lettura ed interpretazione credo prudente l'aste-nermene. Noter soltanto che il urumam novam viam dei codici, an-zich in imam od in fimam novam viam. se potrebbe correggerein summam novam viam . Si alluderebbe in tal caso al celebre sa-cello dei Lari, vicino al tempio di Venere e Eoma, sacello che non improbabile avesse un boschetto sacro attiguo. La Nova via, difatti, ter-minava appunto in quei pressi.

    (4) Cfr. Liv.,1, 8; Dionys., II, 15; Strabo, V, 230; Velleius, I, 8, 5;All'Asilo allude anche Dio Cass., XLVII, 19 ; e Serv. ad Aeneid., VIII, 635.

    (5) Liv. loc. cit. ; Fasti Praenest. in G. L L. I, pag. 314= P, pag. 233.(6) Negli antichi topografi quest'area si trova pure chiamata inter-

    im)

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    28 I boschi sacri deWantica Romacinta che la chiudeva ('). Vi questione se la frase inter duoslucos si debba prendere nel senso letterale, come cio indicantedue sacri boschetti piantati al di qua e al di l dell'Asilo; op-pure se abbia soltanto il valore di un nome locale derivato allospazio compreso tra le due cime del Campidoglio dalle antichis-sime selve che un tempo ricoprivano il colle, ma non pi esi-stenti in epoca storica. Pur ammettendo col Gilbert (^) la de-nominazione mter duos lucos riferirsi a tutta quanta l'area, enon soltanto allo spazio riservato all'Asilo, a me preme stabilireche un gruppo di alberi sacri deve certamente essersi mantenutoin quel luogo fino ai tempi storici. A ci mi sembra indurre ilfatto che lo spazio dell'Asilo chiamato lucus dallo stesso Livio,in altro luogo delle sue storie, da Tacito, da Floro e da Ovidio;aldog da Plutarco (^) e lucus lo chiama pure Vergilio, quan-tunque, seguendo forse qualche tradizione a noi ancor ignota, locollochi presso il Lupercale (*). Credo anche poter affermare checotesto lucus rimonti ad un'epoca molto antica; e ci per leseguenti considerazioni.

    Ammetto volentieri che la prima redazione letteraria dellaleggenda dell'Asilo si debba a scrittori greci, e che greca sia come lo dimostra il nome stesso l' istituzione giuridicadel diritto d'asilo; ma ritengo pure che se la redazione cano-nica della tradizione storiografica romana, rappresentata special-mente da Tito Livio, non ha potuto ripudiare una leggenda cospoco onorifica per i Romani, come quella che li faceva discen-

    montium. Ma questa denominazione, come gi fu osservato dal Nibby(Roma Antica, I, pag. 13), deL tutto arbitraria, non trovandosi in nes-suno degli antichi scrittori, e si deve ad una erronea traduzione del voca-bolo greco fXE&Qoov, usata da Dionys. loc. cit.

    (1) Ovid., Fast., Ili, 429 e seg.(2) Gilbert, Topograph., I, pag. 331, nota 4.(3) Liv., I, 30; Tac, Ann., Ili, 70; Florus, I, 1, 9; Ovid., loc. cit.;

    Fiutar., Romul. 20,( ) Verg., Aeneicl, Vili, 342.

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    / boschi sacri deWantica Roma 29dere da un'accozzaglia di ladri e banditi, ci si debba all'esserequesta leggenda connessa con un qualche fatto che, imponendosiagli occhi del volgo, la convalidasse ..e servisse come di baseall'ulteriore sviluppo di essa. Ora questo fatto potrebb'essereprecisamente l'esistenza in quel sito di un antico luciis, che, purnon godendo di un vero e proprio diritto di asilo, godesse perdi quella inviolabilit propria di tutti i luoghi sacri. E se nontemessi di andar troppo oltre con le congetture potrei supporreche questo lucus fosse in origine dedicato non ad una. determi-nata divinit, ma a quell'indeterminato nume che i popoli pri-mitivi sentivano presente nei sacri recessi dei boschi. Di ci puessere una prova e quel carattere indeterminato del dio Vejove,il tempio del quale era, se non dentro il lucus Asyli, certo conquesto in relazione ('); e l'affermare Dionisio di non conoscerea qual nume era il tempio stesso dedicato ; e finalmente unanotizia dell'antico annalista Lucio Calpurnio Pisene, conservatacida Servio, secondo la quale l'Asilo era posto sotto la protezionedel Dio Luooris (^), nome evidentemente foggiato sulla parolalucus, quasi ad indicare il dio del bosco, come da silva si feceSilvanus, dio della selva.

    Concluder, infine, che la frase inler duos lucos pu benis-simo, come ha gi notato lo Jordan (^), alludere a due boschettiai due lati dell'Asilo; ed agli esempi che lo Jordan adduce di

    (1) Non fa meraviglia che l' ignoto dio dell'antico lucus sia stato pitardi chiamato Vejove, essendo, come ha dimostrato il Wissowa {Religionund Kultus, pag. 190 e seg.) uno dei caratteri peculiari di questa divinit,precisamente quello della protezione e &e\Vespiazione. Se pure questo ca-rattere non gli sia derivato appunto dalla sua relazione con l'Asilo. In talcaso il nome Vejovis si potrebbe spiegare come mi si permetta l'espres-sione un ripiego del popolo, che ha voluto attribuire il nome del mas-simo tra gli Dei, a quel dio, del quale veramente ignorava il nome.

    (2) L. Calpurnii Pisonis, fragment. IV: u quem iocMm (Asylum) deusLucoris, sicut Pisa ait, curare dicitur u in Peter, Historicorum Rom,fragment., pag. 77-78, oppure Serv., ad Aeneid., II, 760.

    (3) Jordan, Topograph., I, 2, pag. 115.(213)

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    30 / boschi sacri deWantica Romadue boschi ai lati di edifici, si pu aggiungere quello della casadi M. Manlio, della quale Cicerone afferma che vedevasi attor-niata da due boschetti: duobus lucis convestitam videtis (')

    Luci del Campo Marzio {Lueus Bellonae. Tre templi pare sorgessero in Roma

    dedicati a questa divinit antichissima, che fu pi tardi identi-ficata con la Dea Lunare, il culto della quale, molto diffusonell'Asia Minore, aveva il suo centro principale nella Cappadocia,e fu introdotto in Roma dopo le guerre contro Mitridate. Edappunto verso quest'epoca, quando era gi avvenuta tale identi-ficazione, fu innalzato l'ultimo dei tre accennati templi pressoil pulvinare del Circo Flaminio, donde il nome di Pulvinensisdato a Bellona nelle iscrizioni appartenenti a questo tempio,per la precisa posizione topografica del quale rimando alla FormaUrbis del eh. prof. Lanciani, tav. XXI.

    Attiguo al tempio di Bellona Pulvinensis era un Incus ri-cordato nella iscrizione 2232 del voi. VI, C. I. Z., donde si puarguire che non solo i santuari pi antichi, ma anche quelli in-nalzati in epoca relativamente recente erano forniti del lucus,il che fa supporre che non vi fosse tempio senza il lucus.

    Lucus Feroniae in Campo. Da un titoletto di colom-bario recentemente scoperto tra la via Salaria e la Pinciana,appartenente ad un Epigono Volusiano operi(s) exactori ab

    (') Cic. pr domo, 101.C) Dal seguente passo di Cicerone [Epist. ad Atticum, IV, 3): Me-

    tellus cum prima luce furtim in Campum itineribus prope deviis cut-rebat: assequitur inter lucos hominem Milo n potrebbe dedursi l'esi-stenza di parecchi boschi sacri nel Campo Marzio. Ma pare che invece diinter lucos si debba leggere inter vicos. Cfr. Jordan, loc. cit.

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    I boschi sacri delVantica Roma 81luco Feroniae si ricava l'esistenza di un bosco sacro finorasconosciuto.

    Come ha gi notato il eh. prof. Gatti (*) che per primo hapubblicato r iscrizione, non si deve pensare al famoso Incus Fe-roniae dei Capenati, troppo distante da Roma ; ma ad un Incusche fosse annesso al sacellum Feroniae in Campo., sacello lacui esistenza provata dall'Emerologio Arvalico, che ne segnala festa per il giorno 14 novembre (^).

    Luci dell'Aventino (^).Loreta. Parlando delle selve primitive che coprivano i

    sette colli ho jgi ricordato questi due vici dell'Aventino, e l'eti-mologia, riferita da Varrone, che ne fa derivare il nome da unaselva di lauri in quel luogo esistente e poi recisa. Questi duevici si trovano anche registrati nell'elenco della celebre base Ca-pitolina, dove alla reg. XIII, che comprende appunto l'Aventino,sono ricordati il Loreium majus ed il Loretum minus. Per laloro precisa ubicazione rimando ai libri di topografia romana,specialmente al Gilbert, Topograph., II, pag. 236 in nota. Ba-ster dire che il majus stava sull'altopiano del colle ; il minusal pendio, e forse estendevasi fino alla sottoposta valle (*).

    () Cfr. Gatti G. in Notizie degli scavi 1905, pag. 15, Bull. arch.comun., 1905, pag. 180.

    (2) Cfr. G. I.L., VI, 2295 = 32482 {= C.L L., l\ pag. 335).(3) Gli antichi topografi, il Brocchi a pag. 40, e perfino qualche scrit-

    tore moderno fanno parola di un lucus Dianae, annesso al celebre tempiodella Dea sull'Aventino. E veramente la grande rassomiglianza di questotmpio con quello di Diana Nemorense, di cui anzi pu considerarsi comeuna filiale, indurrebbe a credere che anche presso il tempio dell'Aventinoesistesse un lucus. Ma non se ne trova nessuna menzione negli scrittoriclassici, e neppure se ne hanno ricordi epigrafici.

    (*) Gli appellativi majus e minus si djvono probabilmente comeper la Subura major e minor ad un frazionamento della strada per edi-fici che ne abbiano interrotta la continuit.

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    .32 I boschi sacri delVantica RomaNon ostante la gi riportata notizia di Varrone circa il

    taglio della selva, .io ritengo che, almeno sino ai tempi di Servio,devono in quel Inogo essersi mantenuti parecchi alberi di alloro,riferendo questo grammatico che dal Loretum si traevano i ramidi lauro necessari ai sacra {^). Se poi questi alberi riuscirono aconservarsi fino ai tempi di Augusto, a maggior ragione dob-biamo credere siano stati rispettati nei secoli posteriori, quandol'alloi-o divenne l'albero prediletto della famiglia Giulia, e poscia,per imitazione, anche dei successivi imperatori {^).

    Luci del Trastevere.

    Lucus Furinae. La dea Purina appartiene al numerodelle pi vetuste divinit romane, come si pu ricavare da unpasso di Varrone che menziona il flamine della dea Furina insiemead altri flamini antichissimi, quali il Palatualis ed il Vulturna-lis {^). Del lucus Furinae si hanno diverse notizie (*), ma duesole possono giovare per fissarne la posizione topografica; e cioun luogo di Plutarco, ed un luogo del libro de vir ili,, che ricor-dano il bosco a proposito della morte di Caio Gracco. Fuggendoegli dai suoi avversari che, dopo aver occupato l'Aventino, loinseguivano, cerc di riparare nel Trastevere, traversando il ponteSublicio ; del quale intanto i pochi rimasti fedeli al tribuno ten-tarono impedire l'accesso ai partigiani del console Opimio, finoa che, sopraffatti dal numero, caddero uccisi . Fu, perci, il tri-

    (M Servius, ad Aeneid., YIII, 276.(2) Per la parte che aveva l'alloro nei sacra, e per la predilezione che

    per quest'albero aveva la famiglia Giulia ed in seguito gli altri impera-tori, cfr. Botticher, Der Baumkultus, pag. 382 e seg.

    (3) Varr, LI, Y, 15, 84; VII, 3, 45.(*) Varr, l L, VI, 19; Cic, Nat. Deor., HI, 16; Appian., Bel. civ.,

    I, 26, Fiutar., Quaest. rom., 51; Mart. Gap., II, 164.(216)

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    / boschi sacri ddVantica Roma 33bimo raggiunto nel lucus Farinae, ed ivi trucidato ('). Da questoracconto si deduce: 1 che il lucus Furinae era situato nel Tra-stevere; 2 che dovea trovarsi a non molta distanza dal ponteSublicio, e ci perch stante lo scarso numero dei difensoridel ponte assai breve dovette essere la loro resistenza, e.brevequindi le distanza che correva dal ponte stesso al bosco, doveCaio Gracco fu raggiunto.

    Perci il lucus Furinae, si deve quasi con certezza collo-care dietro l'odierno ospedale di s. Gallicano; la quale ubica-zione ammessa, bench dubitativamente, anche dal eh. profes-sore Lanciani (^).

    Nel lucus si celebravano . feste in onore della Dea, che sitrovano segnate nei calendari al giorno 25. luglio col nome diFurrinalia o Furrinales ferine (^). Ma presto devono esser ca-dute in disuso, affermando Varrone che gi ai suoi tempi pochine conoscevano il nome (*).

    Lucus Albionarum. ricordato soltanto in un' passo diFeste, dal quale si ricava che era situato nel Trastevere: Al-

    (') Fiutar., e. Oracch., 17; Auct. Z)e vir. ili., 65.(2) Cfr. Lanciani, Forma Urbis, tav. XXVIII.(3) Cai. Allif. Princ. Majf. Cfr. Mommsen, C. I. L., I, pag. 298 e seg.,

    Festus ap, Paul. Ciac, pag. 88, ed. Muller; Mart. Gap., II, 164. Il Gilbert,Topograph., II, 123, paragona, ma senza recare prove, le Furrinalia alleNeptunalia e Fontinalia; le considera cio come una festa speciale a qual-che pagus, prima indipendente, e poi assorbita nella unit di Koma.

    () Soltanto a cagione della rassomiglianza dei nomi, Cicerone (Denat. Deorum, III, 46), identifica la Furina con le Furie della mitologiagreca. Si sono pure riferite alla dea Purina due iscrizioni dedicate al GenioForinarum (C. I. L., VI, 422 e 10200). Ma il Wissowa {Religion uniKultus, pag. 193) ed anche il Mommsen (loc. cit.), credono che le Forinedell'iscrizione non debbano confondersi con la Furina, dalle quali le distin-gue e la forma del nome, ed il numero plurale. Potrebbe per darsi chele Forine siano una tarda trasformazione della dea Furina, tanto pi cheil luogo doVe le due iscrizioni furono trovate, cio nelle adiacenze dellachiesa dei ss. Quaranta in Trastevere, non molto distante da s. Gallicano'sito approssimativo del lucus Furinae.

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    34 I. boschi sacri deWantica Roma- ^ -' 1 -- - - ---- I- I I ir I rMona ager trans Tiberim dicitur a luco Albionarum, quo lucobos alba sacrificabatur {^).

    Luci extramuranei.

    Con questo nome voglio indicare quei luci che, pur non es-sendo dentro Koma, vi si possono per in qualche modo ricolle-gare perch situati o immediatamente fuori di qualche portadelle mura urbane, o a non grande distanza dalla citt. Si esclu-dono perci dalla trattazione i boschi sacri appartenenti pro-priamente alla campagna romana.

    Lucus Deae Biae. cos noto che mi sarei limitato aregistrarne il solo nome, se a dirne' qual cosa non mi avesse in-dotto la considerazione che in uno studio intorno ai boschi saeridi Roma non deve mancare il pi celebre tra essi, del qualepossediamo abbondanti e sicure notizie che servono a dare un'ideamolto chiara delle leggi che regolavano non solo questo lucusma anche tutti gli altri. E ci per la importantissima scopertadegli Atti dei Fratelli Arvali, collegio sacerdotale di antichis-simo origine, che appunto nel lucus Deae Diae si radunava percompiervi solenni cerimonie religiose.Ad ogni modo, per non ripetere cose notissime, baster ri-cordare che il lucus era situato sulla via Campana in prossi-mit del quinto naiglio da Roma. Ci si ricava, con ogni cer-tezza, dalle tavole arvaliche (oggi conservate nel Museo Nazio-nale delle Terme), nelle quali si legge : fratres Arval{es)in luco Deae Diae via Campana apud lap{idem) quintum con-v{eneruni) (cfr. C. I. Z., VI, 2107, lin. 3 e 10).

    (1) Festus, l. l, pag. 4, ed. Muller. N si trova menzionata al-trove.

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    I boschi sacri delVantica Rma 35E preeisamente sulla via Campana, oltrepassato di poco il

    quinto miglio, nella vigna posseduta ora dai sigg. Chiovenda, giCeccarelli, fin dal secolo XVI tornarono in luce le basi delle statuededicate agli imperatori nella loro qualit di fratelli Arvali, e pa-recchi frammenti degli atti incisi in marmo. Nel medesimo sito,essendosi negli anni 1867-69 praticati scavi a cura dell'Istitutodi Corrispondenza Archeologica, furono rinvenuti altri numerosiv-frammenti degli atti medesimi; riconosciuti gli avanzi degliantichi arvalici edifzt.

    Il bosco trovavasi nella sommit della collina, come pudedursi dagli stessi atti arvalici, nei quali detto pi volte chei sacerdoti lucum Deae Diae summoto ascenderunt (cfr. C. I. Z.,VI, 2075, 2076, 2078, ecc.). Ed appunto sull'alto della collinaavvennero le maggiori scoperte.

    Come tutti i boschi sacri, il bosco degli Arvali era rigoro-samente inviolabile: non se ne potevano abbattere gli alberi eneanche raccogliere quei rami che fossero caduti per cause natu-rali. Anzi era vietato di portare nel bosco sacro arnesi di ferro.E quando ci si rendeva necessario o per incidere le tavole mar-moree, per restaurare edifci, o per altre cagioni, si dovevaprima e dopo il lavoro offrire un sacrificio espiatorio.

    Il luous, bench negli ultimi tempi avesse perduto un pocodella primitiva importanza, . dur fino al 382, nel quale anno iCristiani, in forza della costituzione di Graziano che interdicevail culto pagano, ne poterono abbttere gli alberi, rispettandoper gli arvalici edifizi, la rovina dei quali deve credersi moltoposteriore (^).E non aggiungo altro, ma piuttosto rimando alle celebriopere del Marini e dell' Henzen, ed all'ampio articolo Arvalesdel eh. prof. Gr. G-atti, inserito nel Dizionario Epigrafico delprof. E, De Ruggiero, nel quale sono in bell'ordine compendiate

    (') Cfr. De Rossi G. B., Roma sotterranea cristiana, III, pag. 693.(210)

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    36 , / boschi sacri dell'antica Roma /tutte le notizie che si riferiscoilo al lucus, agli atti ed al col-legio dei Fratelli Avvali ('),

    Osserver soltanto che l'alta antichit del lucus Deae Diae,e la grande importanza sacrale che esso ebbe, dimostrano ancoraima volta quanto debba ritenersi antico il culto degli alberi ecome i boschi sacri siano stati veramente i luoghi primitivi dellereligiose adunanze.

    Lufius Camenarum. Si confonde generalmente col lucusEgeriae, come si confondono le due sorgnti ed i due ninfei ospechi. Ma, quantunque situati a breve distanza, bisogna distin-guere il luous, la sorgente ed il ninfeo delle Camene, da quellidi Egeria. A ci inducono, senz'altro, i famosi versi di Giovenale{Sai.y HI, 10), che riporto, bench notissimi:

    suhstitit ad veteres arcus madidamque Capenam hic ubi nocturnae Numa constituebat amicaeu nunc sacri fontis nemus et delubra locanturli Judaeis

    ed appresso soggiunge:u in vallem Egeriae descehdimus et speluncas dissiniles veri ...

    Se dunque dal lucus Camenarum per venire alla valle diEgeria si discende {descenclimus), ragion vuole che i due luoghifossero diversi e situati uno dopo l'altro.

    Le scoperte avvenute in vari tempi confermano questa distin-zione che si ricava dalle parole di G-iovenale.

    Il ninfeo delle Camene fu infatti riconosciuto negli avanzidi un antico edificio scoperto a pochi passi fuori della porta Ca-pena nel 1558; e Pirro Ligorio che lo vide, lo descrive, ne d

    (') Marini, Atti e Monumenti dei fratelli Avvali (1795); Henzen,Acta fratrum Arvalium (1874); Gatti G., articolo Arvales, in DizionarioEpigrafico di antichit romana di Ettore De Ruggiero (in corso di pubbli-cazione), voi. I, pagg. 682-710.

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    I boschi sacri. delVantica Roma 37la pianta e riporta le iserizioni che vi furon trovate, dalle qualirisulterebbe che il ninfeo venne costruito da un collegio di m-gistri et minisiris Foniis (').Le iscrizioni sono o tutte o in parte di dubbia autenticit.Ma non vi ragione per dubitare anche della scoperta del ninfeo,che, a parte le esagerazioni e fantasticherie del Ligorio, deveritenersi un fatto certissimo. Forse le acque del ninfeo furonoritrovate nel 1700, perch Alberto Cassio nei suoi due volumisul Corso delle Acque narra della scoperta di una sorgente diacqua purissima e fresca ; scoperta che sarebbe avvenuta nel me-desimo sito di quella descritta da Pirro Ligorio. Molto tepapodopo nello- stesso luogo il Parker ritrov alcuni avanzi di camereche forse appartenevano al ninfeo.

    Del resto a determinare l'ubicazione del sito delle Camenegiova moltissimo il sapere che il secondo vico a sinistra uscendodalla porta Capena si chiamava vicus Gamenarum. Ora, appimtonel sito che dobbiamo assegnare a questo vico, e cio a brevedistanza dalla porta Capena, a sinistra, avvennero le su riferitescoperte.

    In quei pressi, adunque, si deve collocare il ninfeo col suolucus, del quale parlano anche Livio e Plutarco, riportando latradizione che sia stato dedicato alle Camene dal re Numa Pom-pilio (^). Esso ricordato pure da Vitruvio, da Frontino' e daSimmaco, .il quale anzi ne parla come di cosa tuttora esistenteai suoi tempi (^).

    Nel gi citato passo, Giovenale si lamenta che il lueus fossestato concesso in affitto agli ebrei, i quali forse vi avranno eser-citato l'industria di vendere l'acqua del ninfeo, ritenuta salutaredal popolo.

    (1) Cfr. il Codice Torinese di Pirro Ligorio, 15, 65, 66, 68.(2) Liv., I, 21; Pkitarch., Numa Pomp., 18.(3) Vitruv., Vili, 3, 1; Symm., Epist. 1, 21; Front., Aquaechict.,lY.

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    38 / boschi sacri delVantica Roma.Lucus Egeriae. Era situato nella valila .Egeriae, che

    si stendeva da est ad ovest tra la falda meridionale del Celioe la settentrionale del colle oggi chiamato Monte d'Oro, dal-l'odierna villa Matte, lungo la va delle Mole di s. Sisto e dellaFerratella. Il lueus ed il ninfeo di Egeria si devono come hogi detto distinguere dal lucus e dal ninfeo delle Camene {}).

    Il ninfeo di Egeria stava infatti nella parte inferiore dellavilla Fonseoa e rest visibile fino alla distruzione di questa villa.Ancora si possono vedere le acque, che appariscono oggi nell'ortoinferiore della villa Mattei, e precisamente nel ninfeo-bagno al-l'angolo di via s. Sebastiano e via delle Mole di s. Sisto. Ivipure, quindi, si deve collocare il boschetto sacro, celebre per inotturni convegni di Numa con la ninfa Egeria.

    Nel passo gi riportato, Giovenale si lagna che alla grottanaturale posta in mezzo al bosco, avessero sostituito un bruttoninfeo artificiale (^).

    Noter da ultimo che la grotta ed il lucus di Egeria diKoma sono una evidente duplicazione, o meglio imitazione diquelli non meno celebri di Aricia, donde il culto di Egeria emigrato in Eoma.

    Lucus PeteUnv;s. menzionato da Livio e da Plutarcoa proposito del giudizio contro M. Manlio. A questo scopo sierano da prima i comizi radunati nel Campo Marzio ; ma poscia,avendo Manlio additato il Campidoglio, che dal Campo Marzio si

    C) Anche Onofrio Panvinio nel regionario da lui compilato in baseagli apocrifi regionari di S. Eufo e di P. Vittore e ad altre indicazioni, tratte,com'egli dice, dai classici scrittori, distingue il lucus Egeriae dal lucusGamenarum. Cfr. Onuphrii Panvinii, Descriptio urbis Romae nel Thesaurusdel Grevio, tomo III, col. 350 E.

    (2) A proposito del lucus Egeriae di Eoma si suole allegare un passodi Vergilio, Aeneid., VII, 763, in cui si accenna alla leggenda di Virbio.Ma evadente che Vergilio vuol parlare del lucus Egeriae di Aricia, nonmeno celebre di quello di Eoma.

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    I boschi sacri dellantica Roma 39scorgeva, e da lui salvato nella precedente invasione gallica, i tri-buni consolari, temendo che il popolo a tale ricordo si commo-vesse, giudicarono conveniente di trasportare la sede del giudizioin luogo di dove il Campidoglio non fosse visibile, scegliendocome nuova sede il bosco Petelino ('), Tito Livio determina ilsito del bosco dicendo che si trovava extra portam Flumenta-nam (^), che i topografi si accordano nel collocare presso il ForumOlitorium, e cio tra l'odierno ponte Rotto e ponte Quattro Capi,presso a poco dove ora sta la via o vicolo del Ricovero.

    Senza entrare nell'esame della leggenda, osservo che il fondotopografico di essa non pu mettersi in dubbio, e rimane quindicerta la esistenza di im lucus Petelinus fuori della porta Flu-mentana.

    certamente strano, come fu gi notato dal Becker (^), che data la cagione dalla quale i tribuni consolari furono indotti amutare la sede dei comizi li abbiano poi trasferiti in un luogomolto pi vicino al Campidoglio che non fosse il Campo Marzio.Ma d'altra parte bisogna considerare che T. Livio avea presentel'aspetto dei luoghi e la relativa posizione topografica tanto dellucus e della porta Plumentana, quanto del Campidoglio, e nonpoteva quindi cadere in contradizione con s stesso.

    Per ci mi sembra giusto conchiudere, che il lucus abbiarealmente esistito fuori della porta Plumentana, forse allo svoltodi qualche via, donde la vista del Campidoglio non fosse possi-bile : se pure come ha immaginato il Bunsen, tale vista non fossegi senz'altro impedita dagli alberi del lucus (^).

    (') Livius, VI, 20; Fiutar., Gamill. 36.(2) Oramai quasi tutti i critici si accordano nel leggere Flumentanam,

    invece di Frumentariam, che si trova nelle antiche edizioni, ed in parec-chi codici.

    (3) Becker, Tofograph., pag. 156.{^) Nella edizione di Livio del Veissemborn (Lipsia, Teubner) invece

    di luGum Petelinum si legge locum Petelinum. Ma questa lezione nonsembra giusta, perch anche Plutarco parla di un bosco Petelino come se-conda sede del giudizio. La lezione lucum Petelinum ammessa anche dal(223)

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    40 / boschi sacri dell'antica RomaLucus Robiginis. I Fasti Prenestini ne indicano il sito

    al quinto miglio della via Clodia, corrispondente presso a pocoalla localit chiamata oggi Sepoltura di Nerone ('). In questolucus che, secondo il Wissowa ed il Desjardins, rappresentava unodei limiti dell'antico ager romanus (^), il 25 aprile si solevano ce-lebrare solenni feste chiamate appunto Robigalia^ nelle quali sipregava la dea Kobigine di tener lontano dai campi la rugginedelle biade. Una processione usciva da Roma, e si recava albosco dove il flamen Quirinali^ sacrificava un cane (^). DelleRobigalia si ha forse un ricordo nella processione cristiana dis. Marco, che ha il medesimo scopo quello cio d' invocaresulle biade le celesti benedizioni, affinch vengano preservate dallaruggine e da ogni altra cota che le possa danneggiare e si pra-tica nello stesso giorno delle antiche Robigalia, cio il 25 aprile.La processione cristiana alla quale interveniva il Papa seguivain Roma quasi lo stesso itinerario dell'antica processione pagana;percorreva la stessa parte della citt, usciva fuori le mura dallamedesima porta, ed attraversava lo stesso ponte Milvio (*).eh. prof. E. Pais, Storia di Roma, l, 2, pag. 69. Del resto, siccome il Veis-semborn accetta la lezione fortam Flumentanam, la variante di lucum inlocum non fa sparire la suaccennata diificolt topografica. Gli anticM to-pografi confondono erroneamente il lucus Poetelius dell'Esquilino col Pe-telinus, e per ovviare alla -difficolt topografica correggono Veostra portamFlumentanam del testo Liviano, alcuni (p. es. il Canina: Esposizione to-pograf. di Roma antica, pagg. 211-12) in extra portam Viminalem; altri(p. es. il Nardini, Roma antica, II, pag. 56, ediz. Nibby) in extra portamNomentanam, senza pensare che questa porta del recinto aureliano nonesisteva n ai tempi di Manlio n ai tempi di Livio.

    (i) Cfr. Fasti Praenest. e Maff. in C. I. L. \, pag. 392.(2) Cfr. Wissowa, Die Religion und Kultus, pag. 162 e seg.; Desjardins

    Ernest, Essai surla topographie' du Latium, pag. 135.(3) Cfr. Fasti suddetti ; Ovid., Fast., IV, 905 ; Plin., Nat. hist., XVIII,

    285; Varr, R. rust., I, 1,6: loc. cit. VI, 16. Il Wissowa, loc. cit., ha di-mostrato che le Robigalia non si devono confondere col sacrum canarium,nella qual festa pure si sacrificava un cane, non lungi da una porta, dettaperci catularia.

    (*} Cfr. Liber. Pontificalis, vita Leonis III, ed. Duchesne, tom. II,pag. 35, nota. 17.

    (224) ,

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    / boschi sacri dell'antica Roma 41' Lucus Semeles Slimulae. Si agita la questione se

    queste due divinit debbano identificarsi, o se per lo meno iden-tiche fossero ritenute dai Romani. A ogni modo, siccome Ovidiosi mostra incerto se il lucus si dovesse chiamare di Semele op-pure di Stimula ('), sembra evidente che, almeno ai suoi tempi,un solo bosco di questo nome esistesse in Roma.

    La posizione topografica di esso la si pu ricavare dal gicitato passo di Ovidio e da un passo di Livio. Questi, che men-ziona il bosco a proposito dello scandalo dei baccanali del-l'anno 5t)8-186, lo dice situato presso il Tevere, e non aggiungealtro che valga a precisare maggiormente cotesta indicazione (^).Ma il Desjardins e con lui parecchi altri fondandosi suiseguenti versi di Ovidio {Fast. VI, 501):

    Nonium Leucothae, nondum puer illa Palaemonu-Vorticibus densis Tibrydis ora tenent Lucus eratn, ecc.

    collocano il bosco alla foce del Tevere, presso Ostia (^). Questaubicazione per del tutto erronea perch contraria a ci cheOvidio stesso poco dopo afferma, dicendo, a proposito dei bacca-nali, che nel bosco si celebravano clamor Aventini saxa pro-pinqua ferii 1 . Il senso di questi versi chiaro : l'Aventino eralimitrofo f propinquus al bosco. Questo perci si deve collocareimmediatamente al di sotto del colle, sulla riva sinistra del Te-vere. Che se poi il propinqua accennasse non ad una vera con-tiguit, ma solamente a vicinanza, si potrebbe situare il lucusanche sulla riva destra del fiume, ma in luogo non troppo di-stante dall'Aventino e quindi, sempre nelle adiacenze di RipaGrande, dalla parte ove ora sorge l'Ospizio di S. Michele. Ma

    (') Ovid., Fast., VI, 503 e seg.(=J Liv, XXXIX, 12.C) Desjardins, Topographie du Latium, pagg. 221-222. Anche il Gil-

    bert, Topographie, pag. 451, nota 2, ha la stessa opinione.(225) 4

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    42 I boschi sacri delVantica Romala prima ipotesi sembra pi consentanea al significato della pa-rola propinqua.

    Riguardo, poi, ai versi citati dal Desjardins, essi non si de-vono prendere alla lettera, e forse alludono soltanto al camminodelle acque del Tevere verso il mare.

    In una iscrizione {C. I. L. VI, 9897) il lucus apparisce comeluogo di abitazione; e di esso non si ha pi cenno altrove, sesi eccettua uno scoliaste di Griovenale, che per non aggiungenulla alle gi riferite notizie (0-

    Lucus Annae Perennae. Anna Perenna sembra fosse ve-nerata in pi di un luogo, e cio sulle rive del fiume Numicio (^),nelle vicinanze di Boville (^), e finalmente a Roma dove sullavia Flaminia ad un miglio dalla citt era consacrato un boscoalla Dea, come si deduce dal calendario Vaticano che segna lefeste che ivi si solevano celebrare alle idi di marzo (^). Ed aquesta localit si devono certamente riferire i versi di Marzialee di Ovidio, che fanno menzione del nemus Annae Perennae (S),nel quale si recavano i Romani per augurarsi reciprocamente inumi favorevoli nel perpetuo avvicendarsi degli anni, onde la voceannare, perennare per indicare appunto siffatti auguri (^).

    Ora, siccome il primo miglio della via Flaminia cade odentro la piazza del Popolo, o subito dopo l'odierna porta delPopolo, ivi pure si deve collocare il bosco.

    () Cfr. Scholia ad Sai., I, II, 3, pag. 186, ed. Jahn, Berlino, 1851.Il falso Eufo colloc il bosco fuori porta Trigemina, che stava precisamentesotto l'Aventino presso il Tevere. Ma non si sa donde Pomponio Leto, com-pilatore dell'apocrifo itinerario, abbia tratto questa notizia.

    (^) Cfr. Sii. Ital., Vili, 11-201.e) Cfr. Ovid. Fast., Ili, 647.(*) Cfr. Kalend. Vatic, in G. I. L., I, pag. 322.(=) Cfr. Martial., IV, 64, 16; Ovid., Fast., Ili, 523 e seg.C) Sul carattere di queste feste cfr. Vaccai, Feste di Roma antica,

    pagg. 47-48.(226)

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    / boschi sacri dell'antica Roma 43Lucus Lavernae. Stava sulla' via Salaria, come dice

    chiaramente Acrone {a Horat. Epod., I, 16, 60). Erroneamente,quindi, alcuni, p. es. il Brocchi, pag. 38, lo collocano vicinoall'ara di' Laverna, situata, secondo Varrone {l. L, V, 163),presso la porta Lavernale, la quale a sua volta deve collocarsisotto l'Aventino al bastione di Paolo III.

    Del lucus fa pure menziohe Varrone, senza per indicarneil sito, e riferisce che i ladri vi nascondevano le loro prede, es-sendo essi sotto la protezione di Laverna, dalla quale appuntoprendevano il nome di Laverniones (').

    Lucus permagnus inter viam Saliam et Tiberini. Cos chiamato da Feste il bosco nel quale il giorno 19 luglio sicelebravano \e Lucana {^). Se veramente il bosco non era con-sacrato a nessuna divinit speciale, da supporre che le Lucanavenissero celebrate in onore delle selve in genere, o meglio diquelle incognite divinit che gli antichi credevano presenti neipi segreti recessi delle boscaglie, quantunque non ne sapesseroprecisare il nome. Sebbene le Luearia vengano pure registratenei Calendari, non si hanno altre notizie di questo lucus (^).

    Luci d'ignota o mal sicura ubicazione.Lacus Helerni. ricordato soltanto da Ovidio nei due

    passi seguenti: Adiacet antiquus Tiberino lucus Helerni Pontifices illuc nunc quoque sacra ferunt (Fast. IV, 105). Tunc quoque vicini lucus celehratur Helerni (*) Qua petit aequoreas advena Tybris aquas

    (Fast. II, 67)..('J Festus ap. Paul. Diac, pag. 117, ed. Miiller.f) Festus ap. Paul. Diac, pag. 119, ed. Miiller.( J Cfr. Moniinsen, Comment. Diurni in C. I. L., I, pag. 397; Wissowa,

    Religion und Kultus, pag. 250.(*) Questa lezione ormai quasi da tutti ammessa, quantunque in

    (227)

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    l'I 7 l/osnhl sacri deWantica RomaLa maggior parte dei topografi, fondandosi sul verso : qua

    petit aequo''eas, ecc. , collocano , il bosco alla foce del Tevere.

    E tale sembra infatti il senso pi ovvio delle parole del poeta.Ma da ci che son per dire si vedr che cotesta ubicazione non cos certa come a prima vista sembrerebbe.

    Ed anzitutto possibile, ed anzi molto probabile, che il gicitato verso di Ovidio non indichi proprio il gettarsi delle acquedel fiume nel mare, ma semplicemente il loro -avviarsi al marestesso; e che perci la perifrasi usata da Ovidio accenni nonprecisamente alla foce, ma ad im sito qualunque nelle vicinanzedel Tevere. E si noti che l'essere nel bosco celebrate due festedentro l'anno rende poco probabile l'ipotesi che esso fosse situatoin luogo molto distante da Eoma, ed al contrario induce a col-locarlo nei pressi della citt (^).Ma vi ha un altro motivo che mi fa dubitare della ubica-zione del lucus Helerni alla foce del Tevere ; ed il seguente.Gli antichi topografi Alessandro Donato, Bartolomeo Marliani edil Panvinio, parlando dell'Aventino dicono che Komolo non per-mise che fosse abitato, perch lo volle sacro alla memoria delfratello Remo, usque ad Hilernam ; ed il Donato cita come prova

    parecchi manoscritti si legga asyli od averni invece di ffelerni. Si notielle invece di Helerni si trova usata anche la forma Hilerni ed Eterni.

    (') Anche il Merkel {ad Ovid. Fast. pag. cxlix) non prende alla let-tera le parole di Ovidio, e crede che vogliano indicare non la foce delTevere, ma il luogo dove il fiume esce dalla citt. Per certe ragioni di ca-rattere mitologico, che qui non luogo di ripetere, e che del resto nonmi semhrano molto esaurienti, vorrebbe collocare il lucus presso la regionetranstiberina. Anche il Desjardins (7'opographie du Latium, pag. 222) sicontenta di dire che il bosco era situato verso il Tevere, senza precisarneil sito. Il Brocchi, finalmente, partendo dal concetto che nei versi di Ovidio{Fast., IV, 105), alla parola Tiberino si debba sottintendere luco, e con-siderando che nessuna regione meglio del Campo Marzio che, secondo Gelilo{Noct. Alt., VII, 7, 4) si chiamava pure Campo Tiberino, pii adattataper collocarvi un lucus Tiberinus; nel Campo Marzio colloca per conse-guenza anche il luc'j,s Helerni che al Tiberino era attiguo.

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    I boschi sacri ielVantica Roma 45della sua affermazione il libro secondo di Fabio Pittore ('). Ci-tazione invero un po' curiosa, quando si pensi che di Fabio Pit-tore non esistono che frammenti e che tra quelli raccolti dalPeter non ne esiste alcuno che accenni neppur lontanamente alfatto cui alludono i tre suddetti topografi, i quali identificanoYEilerna col lucus Helerni di Ovidio.

    Ad ogni modo, qualunque sia la fonte di questa notizia, o seanche si volesse prendere come una delle tante invenzioni degliarcheologi del Rinascimento, molto probabile l'autenticit delnonje topografico, che dalla notizia si ricava, .giacch per lo pisiffatte invenzioni erano appoggiate a qualche dato certo e reale.

    Concludendo, non voglio affermare che il lucus Eelerni fossesituato sulle rive del Tevere presso l'Aventino ; ma sembrami chel'or ora riferita notizia possa per lo meno farci andar cauti nel-l'accettare per il lucus Helerni l'ubicazione pi comunementeammessa. Quindi che mi parso prudente di porre il boscotra quelli d'incerto sito.

    Ancora ai tempi di Ovidio si celebravano nel lucus le festein onore della dea Carna il 1 giugno, e feste a Giunone il1 febbraio di ogni anno (^).

    Lucus Pisonis. Lo ricorda Cicerone {ad Quinci, fratr.,II, 3) con queste parole : domus Ubi ad lucum PisonisLiciniana conducta est , donde non si pu ricavare nessunaindicazione topografica. Questo lucus non ricordato altrove.

    Le parole di Cicerone : tuam in Carinis mundi habitatoresLamiae conduxerunt , che nella medesima lettera seguono abreve distanza le gi citate, si riferiscono evidentemente ad

    (') Cfr. Donati Alesancl., De urbe Roma, lib. I, cap. IV, iu Graevii,Thesaur., Ili, pag. 559; Marliani Barth., Urbis Romae t.opographia, lib. IV,cap. II, in Graevii, Thesaur., Ili, pag. 194; Panvinii Onnphr., DescriptioUrbis Romae, in Graevii, Thesaur., Ili, pag.- 345.

    (-) Sul carattere di queste feste cfr. Gilbert, Topograph., pag. 19, innota. Anche il Gilbert crede incerto il sito del lucus.

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    46 / boschi sacri deWantica Romaun'altra casa diversa dalla domus Liciniana, e non si pu quindiin base ad esse collocare, come alcuni hanno fatto, il lucus Pi-sonis nelle Carine (^).

    Lucus Deae Satrianae. unicamente ricordato nella se-guente brevissima iscrizione: Lucus Sacer Deae S