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CENTRO STUDI MILITARI AERONAUTICI “GIULIO DOUHET” Via Marcantonio Colonna 23/25 00192 Roma (RM) TEL. +39 06 3214879 / 3215145 FAX. +39 06 3214879 HTTP : // www.cesmamil.org MAIL [email protected] TEL +39 06 3214879 / 3215145 MOB +39 334 9162105 FAX +39 06 3214879 Direttore Gen Isp (r) Nazzareno Cardinali [email protected] Vice direttore Gen. B.A. (r) Gaetano Battaglia [email protected] Gruppo di Comunicazione Dr. Gustavo Scotti di Uccio [email protected] FILIPPINE E IL CASO “HUKBALAHAP” Strategie di contro-insurrezione nel secondo dopo guerra : Malesia, Filippine (1946-1955) 1/19 GEN. ISP. BASILIO DI MARTINO Subito dopo la conclusione della 2° Guerra Mondiale si sviluppò nelle Filippine un movimento insurrezionale che, sfruttando le particolari condizioni politico-sociali, caratterizzate da forti diseguaglianze e da una organizzazione statale inefficiente, minacciò di distruggere la fragile democrazia nata con la dichiarazione d’indipendenza del 4 luglio 1946. La campagna di contro-insurrezione che consentì al governo di Manila di riprendere il controllo della situazione impedendo l’instaurazione di un regime comunista, rappresenta un caso di studio esemplare sia per gli errori della prima fase, sia per la strategia utilizzata nella seconda, con l’efficace combinazione di riforme sociali e di misure militari, in larga parte riconducibili all’ambito delle “Information Operations”. CONDIZIONI AMBIENTALI Le Filippine sono un arcipelago vulcanico di oltre 7.000 isole, delle quali meno di 500 misurano più di un chilometro quadrato ed ancor meno sono quelle abitate, con una superficie totale di circa 300.000 km2 equivalente a quella dell’Italia. Il grosso della popolazione, che all’epoca era di circa 20 milioni, si concentra in una decina di isole delle quali le maggiori sono Luzon a nord e Mindanao a sud. Il clima è tropicale con una stagione secca che dura da novembre a giugno ed una stagione delle piogge, da luglio a ottobre, nella quale le precipitazioni assumono caratteristiche torrenziali, anche per effetto dei frequenti tifoni che investono l’arcipelago. Il terreno, prevalentemente montuoso, era in larga parte ricoperto da una fitta foresta, con la notevole eccezione della regione pianeggiante al centro dell’isola di Luzon, densamente coltivata, che era ed è il cuore agricolo del paese. Abitate da popolazioni maleo-polinesiane, con una significativa presenza cinese in Luzon e minoranze autoctone come i pigmei negritos, le Filippine erano entrate nell’orbita della Spagna nel 1565, quando i primi esploratori vi avevano messo piede battezzandole nel nome del re Filippo II. La struttura sociale era basata sul rapporto di tipo clientelarepaternalistico, datuk, tra i proprietari terrieri, datu, tali soprattutto per diritto ereditario, e i contadini, tau, che ne lavoravano le terre come fittavoli. Era un rapporto assimilabile alla relazione esistente nell’Europa medievale tra il signore e i suoi vassalli, e lo status di un datu era quindi determinato non tanto dalla produttività delle sue terre quanto dal numero dei tau che vi vivevano e lo servivano lealmente, cedendogli il 50% di quanto producevano e venendone ripagati con una forma di protezione che si estendeva a tutte le possibili minacce al loro benessere, dagli attacchi di pirati e predoni ai cattivi raccolti.

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Strategie di contro-insurrezione nel secondo dopo guerra : Malesia, Filippine (1946-1955)

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GEN. ISP. BASILIO DI MARTINO

Subito dopo la conclusione della 2° Guerra Mondiale si sviluppò nelle Filippine un movimento insurrezionaleche, sfruttando le particolari condizioni politico-sociali, caratterizzate da forti diseguaglianze e da unaorganizzazione statale inefficiente, minacciò di distruggere la fragile democrazia nata con la dichiarazioned’indipendenza del 4 luglio 1946. La campagna di contro-insurrezione che consentì al governo di Manila diriprendere il controllo della situazione impedendo l’instaurazione di un regime comunista, rappresenta un casodi studio esemplare sia per gli errori della prima fase, sia per la strategia utilizzata nella seconda, con l’efficacecombinazione di riforme sociali e di misure militari, in larga parte riconducibili all’ambito delle “InformationOperations”.

CONDIZIONI AMBIENTALI

Le Filippine sono un arcipelago vulcanico di oltre 7.000 isole, delle quali meno di 500 misurano più di unchilometro quadrato ed ancor meno sono quelle abitate, con una superficie totale di circa 300.000 km2equivalente a quella dell’Italia. Il grosso della popolazione, che all’epoca era di circa 20 milioni, si concentra inuna decina di isole delle quali le maggiori sono Luzon a nord e Mindanao a sud. Il clima è tropicale con unastagione secca che dura da novembre a giugno ed una stagione delle piogge, da luglio a ottobre, nella quale leprecipitazioni assumono caratteristiche torrenziali, anche per effetto dei frequenti tifoni che investono l’arcipelago.

Il terreno, prevalentemente montuoso, era in larga parte ricoperto da una fitta foresta, con la notevole eccezionedella regione pianeggiante al centro dell’isola di Luzon, densamente coltivata, che era ed è il cuore agricolo delpaese. Abitate da popolazioni maleo-polinesiane, con una significativa presenza cinese in Luzon e minoranzeautoctone come i pigmei negritos, le Filippine erano entrate nell’orbita della Spagna nel 1565, quando i primiesploratori vi avevano messo piede battezzandole nel nome del re Filippo II. La struttura sociale era basata sulrapporto di tipo clientelarepaternalistico, datuk, tra i proprietari terrieri, datu, tali soprattutto per dirittoereditario, e i contadini, tau, che ne lavoravano le terre come fittavoli. Era un rapporto assimilabile allarelazione esistente nell’Europa medievale tra il signore e i suoi vassalli, e lo status di un datu era quindideterminato non tanto dalla produttività delle sue terre quanto dal numero dei tau che vi vivevano e lo servivanolealmente, cedendogli il 50% di quanto producevano e venendone ripagati con una forma di protezione che siestendeva a tutte le possibili minacce al loro benessere, dagli attacchi di pirati e predoni ai cattivi raccolti.

Questa organizzazione si adattava perfettamente al modello spagnolo delle encomienda che videperciò i tau cambiare semplicemente padrone lavorando per i coloni ai quali la corona diMadrid aveva trasferito la proprietà dei terreni più produttivi. I vecchi signori locali furonoa loro volta integrati nel sistema con il compito di gestire le piantagioni o come mezzadri,soprattutto nelle vaste proprietà della Chiesa

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Questa organizzazione si adattava perfettamente al modello spagnolo delle encomienda che vide perciò i taucambiare semplicemente padrone lavorando per i coloni ai quali la corona di Madrid aveva trasferito la proprietàdei terreni più produttivi. I vecchi signori locali furono a loro volta integrati nel sistema con il compito di gestire lepiantagioni o come mezzadri, soprattutto nelle vaste proprietà della Chiesa.

Questa trasformazione portò peraltro un peggioramento delle condizioni di vita, conseguente anche al sistema ditassazione imposto dalla Spagna, originando un malcontento che, già a partire dal 1583, sfociò di quando in quandoin rivolte subito represse dalla piccola guarnigione a presidio delle isole con il concorso di milizie locali reclutatesfruttando con abilità le rivalità esistenti tra le diverse componenti della popolazione filippina. Con l’eccezione diMindanao, dove l’elemento mussulmano predominante, i moros, oppose sempre una fiera resistenza al governospagnolo e alla penetrazione della Chiesa Cattolica, dando vita ad una incessante guerriglia, la situazionenell’arcipelago rimase relativamente stabile per oltre tre secoli con il risultato che, nel bene e nel male, il dominiodi Madrid lasciò una traccia profonda, facendo delle Filippine l’unico paese asiatico di cultura occidentale e nelcontempo autenticamente cattolico.

Sul finire del XIX secolo, quando si era ormai formata una borghesia locale costituita dagli amministratori delleproprietà terriere e da funzionari dell’amministrazione coloniale, l’aspirazione a una maggiore partecipazione algoverno e in prospettiva all’indipendenza, nonché la mancata attuazione delle riforme promesse dalla Spagna,determinarono l’esplosione di una serie di moti insurrezionali che nel 1898, con lo scoppio della guerra ispano- americana, da Luzon si diffusero alle altre isole. Nel 1899 la decisione degli Stati Uniti di assumere almenotemporaneamente, il controllo dell’arcipelago, nel timore che il crollo del dominio spagnolo potesse lasciarespazio all’iniziativa di altre potenze, fu poi all’origine di un aspro conflitto che nel 1902 vide la definitiva sconfittadegli insorti. Questa conclusione, che nel segnare la fine delle speranze di un’immediata indipendenza lasciò inmolti filippini una profonda amarezza, poneva Washington di fronte al non facile problema di una riforma agrariain grado di risolvere la complessa situazione sociale. Il primo passo fu quello di confiscare e porre in vendita lamaggior parte delle terre della Chiesa, un’opportunità di cui peraltro poterono giovarsi in pochi. L’obiettivo ditrasferirne la proprietà ai contadini non venne quindi raggiunto e, complice anche l’elevato livello di corruzionedell’amministrazione locale, ad avvantaggiarsene furono i proprietari terrieri che poterono ampliare ulteriormentei loro latifondi. Da decenni ormai il termine datuk, con ciò che implicava, non aveva più significato. Nel corsodell’Ottocento, con il passaggio da un’economia destinata a soddisfare in primo luogo le esigenze del mercatointerno ad un’economia di tipo capitalistico finalizzata all’esportazione ed al profitto, l’interesse dei proprietariper le condizioni di vita dei contadini era progressivamente svanito.

Si perpetuava così nel modo peggiore quel rapporto tra proprietari e fittavoli che da secolicaratterizzava la società filippina accentuando uno squilibrio nella distribuzione dellaricchezza ormai insostenibile. Mentre i primi diventavano sempre più ricchi, i secondi eranosempre più in difficoltà nel pagare l’affitto e nel restituire i prestiti chiesti per acquistareattrezzi e sementi. Si calcola che nel 1941, alla vigilia dell’invasione giapponese, l’80% deicontadini di Luzon fosse pesantemente indebitata con i proprietari dei terreni chelavoravano, e la mancanza di prospettive per il futuro alimentava sfiducia e risentimentonei confronti di un governo che, affidato ad amministratori locali, era inefficiente ecorrotto.

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Si perpetuava così nel modo peggiore quel rapporto tra proprietari e fittavoli che da secoli caratterizzava la societàfilippina accentuando uno squilibrio nella distribuzione della ricchezza ormai insostenibile. Mentre i primidiventavano sempre più ricchi, i secondi erano sempre più in difficoltà nel pagare l’affitto e nel restituire i prestitichiesti per acquistare attrezzi e sementi. Si calcola che nel 1941, alla vigilia dell’invasione giapponese, l’80% deicontadini di Luzon fosse pesantemente indebitata con i proprietari dei terreni che lavoravano, e la mancanza diprospettive per il futuro alimentava sfiducia e risentimento nei confronti di un governo che, affidato adamministratori locali, era inefficiente e corrotto.

I successi ottenuti dagli Stati Uniti in altri campi, ad esempio nella lotta all’analfabetismo e nella sanità, e lapromessa della piena indipendenza, che nel 1934 il congresso americano, con il Tydings-McDuffie Act, fissò per il4 luglio 1946 stabilendo che nel frattempo il cosiddetto Philippine Commonwealth avrebbe avuto piena autoritànella politica interna, potendo anche eleggere un proprio presidente e un proprio parlamento sul modellostatunitense, non potevano modificare una realtà sociale in cui trovò modo di radicarsi il partito comunista, oPartido Komunista ng Pilipinas (PKP), costituito nel 1930 sulla base del preesistente Partito del Lavoratori.

La corte suprema di Manila dichiarò illegale il PKP nel 1932, con l’accusa di operare nell’ombra per rovesciare ilgoverno legittimo, ma questa mossa ottenne solo l’effetto di aumentare il numero degli attacchi organizzati daisuoi militanti contro i proprietari terrieri e delle manifestazioni di protesta ispirate dagli agitatori del partito.

A nulla valse il tentativo di riforma agraria voluto dal presidente Manuel Quezon, fissando tra l’altro a un massimodel 30% la percentuale del raccolto che poteva essere pretesa dal proprietario, anche perché queste misurerimasero per lo più inapplicate. Ancora una volta i contadini non videro alcun miglioramento nella loro condizionee, nonostante il rispetto e la stima per la figura di Quezon, la sfiducia nei confronti del governo aumentòulteriormente.

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GLI HUKBALAHAP

L’invasione giapponese del dicembre 1941 creò le condizioni affinché un movimento ancora diviso e disorganizzatosi trasformasse in un efficiente esercito di guerriglieri. I combattenti comunisti avevano le loro basi operative nellaregione del Monte Arayat e delle paludi di Candaba, a cavallo delle provincie di Pampanga, Tarlac, Nueva Ecija eBulacan, una vasta regione preminentemente agricola a nord di Manila, al centro dell’isola di Luzon, delimitata aovest dai Monti Zambales e ad est dalla Sierra Madre. Protetti dalla giungla e dalla palude gli uomini del PKP, cheil 29 marzo 1942 diedero vita ufficialmente all’Esercito Popolare Anti-Giapponese, Hukbo ng Bayan Laban saHapon, o più semplicemente Hukbalahap, furono inizialmente la componente più attiva e numerosa dellaresistenza, arrivando a schierare tra il 1944 e il 1945 un massimo di 15.000 combattenti. Il movimento, che nonpoteva contare sul supporto di cui godevano le formazioni guerrigliere facenti capo alle U.S. Army Forces FarEast (USAFFE) ed era anzi spesso in aperto contrasto con queste, sul finire del 1944, quando le sorti della guerraerano ormai segnate, si impegnò soprattutto a consolidare le sue posizioni e ad espandere l’area sotto il suocontrollo nelle regioni centro-meridionali di Luzon. A tal fine poteva valersi di un’organizzazione politico-militareche, alle dipendenze di un quartier generale strutturato in cinque dipartimenti, addestramento, rifornimenti,informazione e propaganda, comunicazioni, intelligence, vedeva cinque comandi regionali, agli ordini dei qualierano le pedine operative, “squadron”, della forza di un centinaio di uomini, e le unità di difesa locale, composteda membri del partito, che ne concretizzavano la capillare presenza nei villaggi costituendone la strutturaamministrativa. Il presidente del comitato militare, che dal 1942 si identificava con il quartier generale, era LuisTaruc, uno dei fondatori del PKP, e il carattere politico dell’organizzazione era sottolineato dalla presenza dicommissari politici a tutti i livelli di comando, con competenza specifica sull’indottrinamento e sugli affari civili.Le sue difficile relazioni con le formazioni di USAFFE, e la crescente diffidenza per un movimento che miravaapertamente all’instaurazione di un regime comunista, portarono i comandi statunitensi a trattare gli Hukbalapcome potenziali avversari e quando le forze americane sbarcarono a Luzon il 9 gennaio 1945 la situazione eraormai compromessa. In un contesto che risentiva materialmente e moralmente delle devastazioni della guerra, enel quale ulteriori tensioni nascevano dall’esigenza di reintegrare nella struttura amministrativa i molti cheavevano collaborato con l’occupante, la decisione di Washington di mantenere la data del 4 luglio 1946 perl’indipendenza totale delle Filippine, senza però promuovere nel frattempo alcun serio tentativo di riforma elimitandosi a ripristinare lo status quo ante, diede nuovo slancio al movimento, tanto più che i programma diaiuti economici ed alimentari avviati nel 1945 naufragavano nella corruzione imperante.

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Nonostante lo stesso generale Douglas MacArthur ne comprendesse le motivazioni, arrivando a dichiarare che luistesso, se fosse stato filippino e avesse dovuto lavorare nelle piantagioni sarebbe stato uno di loro, politici ediplomatici statunitensi non riuscirono a cogliere la natura del fenomeno degli Hukbalahap, un movimentorivoluzionario di matrice comunista alimentato dalle condizioni socioeconomiche, e si ostinarono a trattarli comebanditi, sottovalutandone il supporto popolare. L’insensibilità dei decisori statunitensi fu sottolineata dal rifiutodel Congresso di estendere ai combattenti filippini i benefici previsti per i reduci dal G.I. Bill, una decisionerivista soltanto in parte negli anni seguenti, e dall’approvazione nell’aprile del 1946 del Philippine Trade Act che,nell’intento di facilitarne la ripresa economica, finiva nei fatti con il sancire l’egemonia di Washington nel paese,fissando un tasso di cambio e un regime di libero commercio che favorivano gli interessi americani.

Il PKP fu pronto a cogliere l’opportunità offerta da queste decisioni per ampliare la sua base di consenso,riuscendo poi a riunire sotto la sua guida le principali organizzazioni sindacali ed a costituire così in vista delleelezioni generali del novembre 1946 un nuovo soggetto politico di sinistra, l’Alleanza Democratica. Nellaconsapevolezza che ben difficilmente avrebbe potuto scalzare il Partido Nacionalista dal governo, il movimentomirava alla conquista del potere con un processo articolato in tre fasi : rafforzare la presenza nelle istituzioniconquistando il supporto e la rappresentanza delle classi lavoratrici, dei contadini e degli intellettuali, in unsecondo tempo, a partire dal 1949, lanciare un’“offensiva politica” attaccando le istituzioni sia dall’interno chedall’esterno, con l’entrata in campo della struttura militare degli Hukbalahap, per creare le premesse per il terzo

tempo, l’insurrezione popolare che nel 1952 avrebbe dovuto dare la spallata decisiva. In settembre una serie didimostrazioni indussero l’allora presidente Sergio Osmena a rilasciare Taruc e il suo vice, Casto Alejandrino,arrestati in aprile dagli statunitensi. I due, una volta liberi, si impegnarono a fondo nel preparare le elezionicapitalizzando l’ansia di riforme sociali con slogan tanto semplici quanto efficaci come “terra per i senza terra” e“prosperità per le masse”. Data l’impossibilità di un successo elettorale, l’Alleanza Democratica decise di sostenerela candidatura alla presidenza di Osmena, ritenuto più sensibile a questi temi del rivale Manuel Roxas, capo delpartito liberale nato da una scissione del partito nazionalista, e di presentare propri candidati per il Congressonelle province centrali di Luzon. Le elezioni, che si svolsero in un clima di violenza generalizzata e di assolutaillegalità, con centinaia di morti, videro la vittoria di Roxas, ma l’Alleanza Democratica ebbe un ottimo risultato in“Huklandia”, aggiudicandosi sei seggi nelle province di Nueva Ecija, Tarlac, Pampanga e Bulacan. Il primo passosembrava fatto ma il nuovo presidente negò ai sei eletti, uno dei quali era Taruc, la possibilità di prenderepossesso dei loro seggi, dichiarando guerra aperta agli Hukbalahap. Nel maggio del 1947 Taruc tornò così tra isuoi uomini nella zona del Monte Arayat e con il supporto degli abitanti dei villaggi riprese la lotta.

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GLI INSORTI ALL’ATTACCO

Nel 1947 gli Hukbalahap potevano schierare circa 15.000 combattenti, in buona parte veterani della lungaguerriglia contro i giapponesi, con armamento leggero della più varia provenienza ma comunque idoneo per untipo di lotta fatto di rapide incursioni seguite da altrettanto rapide ritirate, imboscate, omicidi mirati e rapimenti.

La mancanza di rifornimenti dall’esterno di armi e munizioni, le cui scorte potevano essere rimpinguate solo conquanto veniva catturato o sottratto all’avversario o acquistato sul mercato nero, fu sin dall’inizio uno dei puntideboli del movimento la cui vera forza era l’ampio sostegno di cui godeva tra le masse contadine ridotte alladisperazione. Si calcola che oltre ai combattenti vi fossero non meno di 250.000 sostenitori attivi, una parte deiquali, oltre a prendere all’occorrenza le armi, svolgeva compiti che si potrebbero definire di “combat support”,agendo come esploratori e guide, mentre il grosso svolgeva funzioni di “service support”. Questa componentegarantiva il supporto logistico con la raccolta di fondi e viveri, dava rifugio ai combattenti e soprattutto fornivastaffette e informatori, rappresentando gli occhi e gli orecchi dei guerriglieri. A questa funzione di importanzavitale concorreva anche il terzo livello costituito dai semplici simpatizzanti, calcolati nel 1950 in oltre un milionee presenti non solo nei distretti rurali ma anche nei quartieri più degradati di quella che una volta era “la perladell’oriente”, Manila, una città distrutta dalla guerra e oggetto di un troppo rapido processo di urbanizzazione.

A rafforzare la presa degli Hukbalahap sulla popolazione rurale, oltre a una propaganda che sfruttava in modoquanto mai efficace la situazione sociale, la corruzione dilagante e l’illegalità diffusa basata su un’amministrazionearbitraria della giustizia, contribuiva il comportamento delle forze governative. Nel 1946 queste ultime, malpagate,mal equipaggiate e mal guidate, contavano circa 37.000 uomini, dei quali ben 24.000 inquadrati nel MilitaryPolice Corps (MPC) a cui spettò inizialmente il compito di reprimere l’insurrezione considerata un problema diordine pubblico. Fin dai primi scontri, già nel maggio del 1946, era emersa la tendenza di questi reparti ainterpretare in modo statico il loro ruolo, rimanendo a presidio delle istallazioni e dei punti sensibili, incluse leresidenze dei maggiorenti locali, cedendo l’iniziativa all’avversario. Dopo una pausa che aveva coinciso con leelezioni inducendo in gennaio il nuovo presidente a dichiarare che il problema era in via di soluzione, il fenomenosi ripresentò con un susseguirsi di incursioni e imboscate nelle province centrali di Luzon che spinse Roxas aordinare nel marzo del 1947 una massiccia operazione di rastrellamento nella zona del Monte Arayat, conl’impiego di circa 2.000 uomini. L’operazione si protrasse per due settimane e si concluse con un sostanzialefallimento potendo segnare all’attivo soltanto l’uccisione di 21 guerriglieri e la cattura di qualche piccolo depositodi riso e di armi.

Di contro, come era loro costume, le forzegovernative si comportarono in modo tale da alienarsi del tutto le simpatie degli abitantidei villaggi, I loro metodi brutali, che includevano la tortura come mezzo per ottenereinformazioni e il saccheggio e la devastazione dei villaggi come strumento di pressionefinalizzato anche ad integrare le magre razioni, ricordavano i momenti più buidell’occupazione giapponese, e la posizione degli Hukbalahap ne uscì se possibilerafforzata.

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Di contro, come era loro costume, le forze governative si comportarono in modo tale da alienarsi del tutto lesimpatie degli abitanti dei villaggi, I loro metodi brutali, che includevano la tortura come mezzo per ottenereinformazioni e il saccheggio e la devastazione dei villaggi come strumento di pressione finalizzato anche adintegrare le magre razioni, ricordavano i momenti più bui dell’occupazione giapponese, e la posizione degliHukbalahap ne uscì se possibile rafforzata.

Nel tentativo di renderne più efficace l’azione, all’inizio del 1948 Roxas riorganizzò l’MPC dando vita al PhilippineConstabulary, (PC), riesumando con mossa poco felice la denominazione delle forze di polizia che avevano operatoaffianco e per conto dei giapponesi, e affidandone per di più il comando ad Alberto Ramos, un ufficiale che neaveva fatto parte. Le operazioni di controguerriglia continuarono così a essere condotte con gli stessi metodi,interrompendo la routine del compiti di presidio solo per azioni di rastrellamento condotte secondo la tattica “azone” già utilizzata dagli occupanti, che prevedeva l’isolamento ora di questo ora di quel villaggio per ispezionarnele abitazioni e interrogarne gli abitanti, considerati tutti potenzialmente ostili.

Nell’aprile del 1948 l’improvvisa morte di Roxas per un attacco di cuore mentre era in visita alla base statunitensedi Clark Field portò alla presidenza Elpidio Quirino che tentò di assumere un atteggiamento più conciliante. Unatregua di quattro mesi avrebbe dovuto favorire un accordo, ma al tavolo dei negoziati Taruc e Alejandrino sipresentarono con richieste irricevibili e del resto i leader della rivolta ritenevano di non aver motivo per scendere apatti. Nel corso del 1947 e dei primi mesi del 1948 l’insurrezione si era infatti estesa alle province di Zambales eBataan e formazioni ribelli operavano anche nel sud dell’isola di Luzon e alla periferia stessa di Manila.

Qualche problema c’era semmai all’interno del movimento per il contrasto tra la componente “politica” del PKP,di ispirazione marxistaleninista, e la componente “militare” degli Hukbalahap, di ispirazione maoista. In futuroquesti attriti, che animavano la discussione all’interno del Congresso Nazionale e del Comitato Centrale,avrebbero indebolito la compattezza del movimento ma per il momento a prevalere era la seconda che aveva ilcontrollo dell’organo esecutivo, il Politburo. Non a caso nel novembre del 1948 la struttura militare assunse ilnome di Esercito Popolare di Liberazione, o Hukbong Magalapaya ng Bayan, a sottolinearne il collegamentoideale con la rivoluzione cinese. Per tutti gli insorti continuarono però ad essere gli Hukbalahap, o “Huk”, con unulteriore abbreviazione del complesso acronimo.

Di contro, come era loro costume, le forzegovernative si comportarono in modo tale da alienarsi del tutto le simpatie degli abitantidei villaggi, I loro metodi brutali, che includevano la tortura come mezzo per ottenereinformazioni e il saccheggio e la devastazione dei villaggi come strumento di pressionefinalizzato anche ad integrare le magre razioni, ricordavano i momenti più buidell’occupazione giapponese, e la posizione degli Hukbalahap ne uscì se possibilerafforzata.

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FILIPPINE E IL CASO “HUKBALAHAP”

Strategie di contro-insurrezione nel secondo dopo guerra : Malesia, Filippine (1946-1955)

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Il 28 novembre 1948, scaduta la tregua, le ostilità ripresero con gli insorti ormai convinti di poter passare alla fasedue, caratterizzata da operazioni su vasta scala, ma il 28 aprile 1949, quando la loro ascesa sembrava inarrestabilee le forze governative erano ovunque costrette sulla difensiva, commisero un grave errore attaccando su una stradadella Sierra Madre, nella provincia di Nueva Ecija, il convoglio con cui viaggiava Aurora Quezon, vedova del primopresidente delle Filippine. La morte della signora Quezon, molto amata dal popolo e insieme al marito emblemadella resistenza contro l’invasore nipponico e dell’unità nazionale, fu un duro colpo per il prestigio del movimento.

L’accaduto spinse poi Quirino ad ordinare nella Sierra Madre un’altra massiccia operazione di rastrellamento conl’impiego di due battaglioni del PC e uno dell’esercito che si concluse l’11 settembre con l’uccisione del comandanteAlexander Viernes, alias Stalin, che aveva guidato l’attacco al convoglio. Nell’arco di cinque mesi i regolari avevanoucciso 146 insorti, ne avevano catturati 40 e, almeno temporaneamente, ne avevano scompaginato l’organizzazionenella regione della Sierra Madre. Conclusa l’operazione le forze governative tornarono però al loro stato di apatia einefficienza, senza fare alcun tentativo per accattivarsi le simpatie dei contadini e abbandonandosi anzi asanguinose rappresaglie caratterizzate anche da esecuzioni di massa.

Gli Hukbalahap erano ovunque ancora all’offensiva e giocarono un ruolo importante nelle elezioni presidenzialidel novembre 1949, in cui il Politburo, l’ufficio politico del movimento, decise di sostenere la candidatura diQuirino nei confronti del candidato del Partido Nacionalista, José Laurel, già a capo del governo collaborazionistadurante l’occupazione giapponese. In una tornata elettorale ancora una volta caratterizzata da violenze,intimidazioni e brogli che segnò il punto più basso della storia della giovane democrazia, Quirino si aggiudicò lavittoria mentre gli attacchi della guerriglia si intensificavano e nel gennaio del 1950 il Politburo avviva la fase dueproclamando l’esistenza di una “situazione rivoluzionaria”, destinata a concludersi con la presa del potere. Ilpresidente decise allora di abbandonare qualunque tentativo di conciliazione, di affidare la responsabilitàprimaria della contro-insurrezione all’esercito e di rilanciare la strategia del terrore già utilizzata dal suopredecessore. Il risultato fu soltanto quello di rinsaldare il supporto popolare per gli “Huk” che nel frattempo,coerentemente con le indicazioni dell’ufficio politico, affiancavano alle azioni terroristiche dirette contro singoliindividui, operazioni su vasta scala contro guarnigioni e presidi condotte da centinaia di guerriglieri e azioni didisturbo, come imboscate e blocchi stradali, intese a ribadire il controllo del territorio. Le forze armate filippine,continuando a comportarsi più come un esercito di occupazione che come un esercito nazionale, sembravanoinesorabilmente destinate alla sconfitta. Alla mancanza di una strategia adeguata si accompagnava ai livelli dicomando inferiori una totale mancanza di iniziativa ed a peggiorare le cose era l’assenza di motivazioni nellatruppa, che non capiva per chi o per cosa stesse combattendo. Tutto questo si traduceva in un atteggiamentopassivo, ben evidente nella tendenza delle pattuglie inviate in ricognizione a rimanere nelle vicinanze degliaccantonamenti ed a rientrare prima del tramonto.

Di contro, come era loro costume, le forzegovernative si comportarono in modo tale da alienarsi del tutto le simpatie degli abitantidei villaggi, I loro metodi brutali, che includevano la tortura come mezzo per ottenereinformazioni e il saccheggio e la devastazione dei villaggi come strumento di pressionefinalizzato anche ad integrare le magre razioni, ricordavano i momenti più buidell’occupazione giapponese, e la posizione degli Hukbalahap ne uscì se possibilerafforzata.

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IL PROTAGONISTA : RAMON MAGSAYSAY

In una situazione che sembrava senza speranza, l’autunno del 1950 portò una svolta inattesa, non tanto conl’arresto degli 11 membri del Politburo che in ottobre fu un duro colpo per la struttura politica del movimento efruttò la cattura di importanti documenti, quanto per la nomina di Ramon Magsaysay a Segretario di Stato per laDifesa, chiamato da Quirino a sostituire Ruperto Kangleon, dimissionario per divergenze sulla strategia daadottare.

Figlio di un falegname della provincia di Zambales, Magsaysay lavorava come meccanico in una compagnia ditrasporti pubblici di Manila quando lo scoppio della guerra lo aveva spinto ad arruolarsi. Dopo la caduta dellapenisola di Bataan, ultimo bastione statunitense nell’arcipelago, si era dato alla guerriglia con le formazioni diUSAFFE facendosi rapidamente apprezzare fino ad avere il comando dei 10.000 uomini che operavano nellaprovincia di Zambales, di cui era poi stato nominato governatore militare da MacArthur. In questo ruolo si erafatto notare per la dedizione al bene comune e per l’integrità morale, tanto che nel 1946 Roxas gli aveva chiestodi candidarsi per un seggio al congresso nelle elezioni di novembre. Puntualmente eletto, si era battuto per idiritti dei veterani ed era entrato a far parte della Commissione per la Difesa Nazionale di cui aveva assunto lapresidenza dopo le elezioni del 1949. Come tale aveva avviato la riorganizzazione dell’esercito in BattalionCombat Team (BCT), con una forza di 1.047 uomini l’uno, equipaggiati in modo da enfatizzarne mobilità eflessibilità operativa, e si era adoperato affinché la responsabilità della lotta agli Hukbalahap passasse dalPhilipine Constabulary all’esercito. Nell’aprile del 1950 si era recato a Washington dove aveva ottenuto le risorsefinanziarie necessarie per aumentare la paga dei soldati, eliminando una delle cause di corruzione e dellemotivazioni al saccheggio, ricompensare adeguatamente gli informatori ed avviare una efficace campagna di“Cash for Guns”, nonché la promessa di ulteriori aiuti nell’ambito del Military Assistance Agreement del marzo1947. Nell’occasione aveva conosciuto il tenente colonnello Edward G. Lansdale, un ufficiale dell’USAFspecializzato in operazioni di guerra psicologica destinato a diventare un suo amico personale e il suo più strettoconsigliere nell’ambito del Joint US Military Advisory Group (JUSMAG), attivo a Manila dal 1° novembre 1947.

Di contro, come era loro costume, le forzegovernative si comportarono in modo tale da alienarsi del tutto le simpatie degli abitantidei villaggi, I loro metodi brutali, che includevano la tortura come mezzo per ottenereinformazioni e il saccheggio e la devastazione dei villaggi come strumento di pressionefinalizzato anche ad integrare le magre razioni, ricordavano i momenti più buidell’occupazione giapponese, e la posizione degli Hukbalahap ne uscì se possibilerafforzata.

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Non c’è alcun dubbio sul fatto che Magsaysay avesse sin dal primo momento le idee chiare sul da farsi, e in primoluogo sulla necessità di una profonda riforma delle forze armate con l’obiettivo di eliminare corruzione eincompetenza, diffuse a tutti i livelli, e di modificarne l’immagine, avvicinandole alla popolazione e inquadrandonel’azione in un programma di riforme sociali. Cominciò quindi con il dare l’esempio, rifiutando qualunque regalia ecomparendo sempre in pubblico in una tenuta molto semplice, camicia bianca senza cravatta e un paio di comodipantaloni. Nel contempo rimosse il capo di stato maggiore, generale Castaneda, e il capo della PhilippineConstabulary, Alberto Ramos, trasferì ad incarichi operativi molti degli ufficiali che prestavano servizio negliorgani centrali e fece congedare all’istante quelli sui quali gravavano pesanti sospetti di corruzione e di praticheillegali. Inoltre selezionò personalmente i comandanti di battaglione, scegliendoli tra gli ufficiali più giovani edinamici, e si preoccupò di assegnare ai reparti nuove aree di operazione, facendoli ruotare periodicamente perallentare le tensioni che si erano create con le popolazioni ed evitare nel contempo l’instaurarsi di relazioni localitroppo strette. In questo modo riuscì a scardinare il sistema di potere esistente all’interno della struttura ed acontrastare l’influenza degli “Huk” su alcune delle sue componenti.

Dopo i primi venti giorni l’impatto della sua azione era già evidente, accentuata dall’abitudine, che avrebbe sempremantenuto, di condurre continue e frequenti ispezioni anche nei più remoti avamposti, punendo inesorabilmentei negligenti e gli inetti e premiando all’istante i meritevoli. Come ebbe a dire uno dei comandanti di battaglione dalui selezionati, il colonnello Napoleon Valeriano del 7th BCT, nessun ufficiale, anche nel distaccamento più isolato,poteva coricarsi la notte con la certezza di non essere svegliato all’alba da un furioso Magsaysay. La sua azione fufavorita anche dal fatto che a Washington l’importanza del tema delle riforme e la natura politica del problemaerano ormai ben chiare. Il 10 novembre 1950 il presidente Truman approvò infatti il memorandum NSC 84/Ccon cui, sulla base di un puntuale apprezzamento della situazione, il National Security Council, pur soffermandosipiù sulla matrice comunista del movimento che sulle ragioni del suo successo, individuava la soluzione soprattuttoin riforme di natura politica e sociale. Tenuto conto del fallimento della politica del pugno di ferro del presidenteQuezon nel 1939, della strategia dei rastrellamenti “a zona” giapponesi tra il 1942 e il 1944 e dell’azione repressivaordinata da Roxas nel 1946, il documento concludeva pragmaticamente: “To accomplish objectives, the UnitedStates should … persuade the Philippine Government to effect political, financial, economic and agriculturalreforms in order to improve stability in the country”. In linea con questo obiettivo nel 1951, sulla scia del MutualDefense Assistance Act approvato dal Congresso il 4 luglio 1951, il JUSMAG venne potenziato e posto non più alle

dipendenze del comandante in capo del Pacifico ma dell’ambasciatore a Manila, pur rimanendo unorganismo militare. Inoltre tra il 1951 e il 1954 le Filippine ricevettero quasi 95 milioni didollari in aiuti di carattere non militare, mentre tra il 1947 e il 1954 gli aiuti di caratteremilitare ammontarono a 87 milioni di dollari, coprendo buona parte delle spese necessariea far fronte all’insurrezione e permettendo così a Manila di spendere per la difesa menodel 50% del proprio bilancio.

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dipendenze del comandante in capo del Pacifico ma dell’ambasciatore a Manila, pur rimanendo un organismomilitare. Inoltre tra il 1951 e il 1954 le Filippine ricevettero quasi 95 milioni di dollari in aiuti di carattere nonmilitare, mentre tra il 1947 e il 1954 gli aiuti di carattere militare ammontarono a 87 milioni di dollari, coprendobuona parte delle spese necessarie a far fronte all’insurrezione e permettendo così a Manila di spendere per ladifesa meno del 50% del proprio bilancio.

dipendenze del comandante in capo del Pacifico ma dell’ambasciatore a Manila, pur rimanendo unorganismo militare. Inoltre tra il 1951 e il 1954 le Filippine ricevettero quasi 95 milioni didollari in aiuti di carattere non militare, mentre tra il 1947 e il 1954 gli aiuti di caratteremilitare ammontarono a 87 milioni di dollari, coprendo buona parte delle spese necessariea far fronte all’insurrezione e permettendo così a Manila di spendere per la difesa menodel 50% del proprio bilancio.

IL RIFLUSSO DELLA MAREA (1951 - 1955)

Dal punto di vista della tattica Magsaysay, in un primo momento favorevole alle grandi operazioni dirastrellamento, cambiò rapidamente parere dopo aver riflettuto sulla sua personale esperienza di guerrigliero. Siorientò così verso l’impiego di piccole unità costantemente impegnate in un pattugliamento aggressivo, asaturazione d’area, con l’obiettivo di negare libertà di movimento agli “Huk” e di far sentire con continuità lapresenza del governo anche nei più remoti villaggi. Come ebbe a dire in una conferenza tenuta allo stato maggiore,gli ufficiali dovevano dimenticare quanto avevano appreso nelle accademie e nelle scuole militari, in patria e negliStati Uniti. L’avversario combatteva una guerra non convenzionale e doveva essere combattuto con metodialtrettanto non convenzionali: “ciò che più mi ha ferito come guerrigliero, è ciò che noi faremo agli “Huk”.

Per dare concretezza a questi piani, entro il 1951 Magsaysay portò a 26 i BCT distribuiti in quattro areed’operazioni, schierandone ben 23 nelle due aree che comprendevano le isole di Luzon, Mindoro e Palawan, e duesoltanto nelle isole più meridionali, trattenendone uno a Manila come unità addestrativa. Inoltre, con l’obiettivodi rilanciarne l’azione, il 23 dicembre 1950 i reparti del Philippine Constabulary vennero posti sotto il controllodell’esercito, affidando a questo la responsabilità dell’addestramento e dell’impiego e attribuendo a suoi ufficiali iposti di comando.

L’iniziativa, certo non accolta di buon grado dalla polizia, forte del suo status di più antica forza paramilitare delleFilippine nata nel 1901, era in linea con la volontà di riforma di Magsaysay che incise rapidamente sulla strutturadelle forze armate filippine. Alla fine del 1951 queste contavano in tutto 53.700 uomini e ai 26 BCT si affiancavano91 compagnie della PC, oltre ad una serie di reparti di supporto, ad una piccola marina e a una piccola aeronautica.

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Sempre nel dicembre del 1950 Magsaysay lanciò un progetto di cooperazione civile-militare parte integrante dellasua strategia di contro-insurrezione. La conoscenza della realtà del mondo rurale gli aveva suggerito che, fino aquando i contadini non avessero sentito alcun obbligo nei confronti del governo, i guerriglieri avrebbero potutocontare sulla loro complicità. Frutto di questa consapevolezza fu l’Economic Development Corps (EDCOR), unainiziativa che, sotto la diretta responsabilità del capo di stato maggiore, vedeva i militari intervenire per migliorarele condizioni di vita degli abitanti dei villaggi con la costruzione delle necessarie infrastrutture. Componente nonsecondaria del progetto era il ricollocamento in altre zone dell’arcipelago di quei guerriglieri, o loro simpatizzanti,che decidevano di abbandonare la lotta e di accettare l’offerta del governo di stabilirsi su appezzamenti di terrenodestinati a diventare di loro proprietà. Era una misura che si inquadrava in un più vasto progetto di riforma agrariainteso a garantire ai contadini la proprietà delle loro terre e ad annullare quindi la forza di uno dei messaggi piùossessivamente utilizzati dalla propaganda del PKP e degli Hukbalahap. Per i guerriglieri “pentiti” nel febbraio del1951 fu attivato nell’isola di Mindanao un primo sito di ricollocamento, per il quale l’esercito, utilizzando risorsefornite dagli Stati Uniti, realizzò le necessarie opere civili, disboscò il terreno e aiutò i nuovi coloni a costruirsi unacasa e ad avviare l’attività agricola. A ogni famiglia veniva assegnato un appezzamento di dimensioni variabili dai 6ai 10 ettari, erano garantiti i servizi di base, scuola, assistenza sanitaria, elettricità, acqua potabile, ed era data lapossibilità di ottenere a credito bestiame, sementi e attrezzi da lavoro, in cambio dell’impegno a non vendere osubaffittare la terra.

Inizialmente accolto con qualche perplessità dalle autorità di Manila e dal presidente Quirino, il programma ebbeun grande successo, potendo sfruttare l’attaccamento alla proprietà della terra tipico dei contadini filippini. Nelnovembre del 1951 fu necessario aprire un secondo sito, sempre a Mindanao, e nel 1954 altri due nella stessaLuzon, in aree lontane da “Huklandia”. Più di 1.200 famiglie e oltre 5.200 persone vennero trasferite in questiinsediamenti, e si valutò che non meno di 1.500 guerriglieri avessero rinunciato alla lotta per sfruttarel’opportunità offerta da EDCOR. Il programma suscitò un forte interesse anche al di fuori delle Filippine e astudiarne contenuti e modalità furono soprattutto i britannici che in Malesia erano alle prese con un problemaanalogo.

dipendenze del comandante in capo del Pacifico ma dell’ambasciatore a Manila, pur rimanendo unorganismo militare. Inoltre tra il 1951 e il 1954 le Filippine ricevettero quasi 95 milioni didollari in aiuti di carattere non militare, mentre tra il 1947 e il 1954 gli aiuti di caratteremilitare ammontarono a 87 milioni di dollari, coprendo buona parte delle spese necessariea far fronte all’insurrezione e permettendo così a Manila di spendere per la difesa menodel 50% del proprio bilancio.

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In tutto questo un ruolo importante lo ebbe Lansdale, al quale va riconosciuta la capacità di aver saputo svolgere lasua azione di consigliere in modo quanto mai discreto, rimanendo costantemente in secondo piano e lasciando chefosse sempre Magsaysay ad occupare la scena. Lansdale trattò con i filippini da pari a pari, lasciando che, una voltaindividuato il problema, sulla base dei suoi suggerimenti fossero loro stessi a definirne la soluzione e soprattuttoad averne il merito. Inoltre, mentre altri membri del JUSMAG non andavano oltre le rituali riunioni presso ilquartier generale, Lansdale accompagnava Magsaysay nelle quotidiane visite in zona d’operazioni, aiutandolo adindividuare punti deboli e carenze del dispositivo schierato sul terreno. Da queste visite, e dal continuo dialogo trai due, scaturirono iniziative come l’EDCOR e misure che oggi definiremmo di “Information Operations”, centralinella strategia di contro-insurrezione non convenzionale di Magsaysay. Il pattugliamento aggressivo, condotto dapiccole unità che operavano spingendosi per più giorni lontano dalle loro basi e dalle vie di comunicazioni, edanche le azioni intraprese a vantaggio delle popolazioni, non potevano infatti prescindere sia da un’accurataattività di intelligence, sia dalla capacità di neutralizzare le analoghe potenzialità dell’avversario riuscendo nelcontempo ad indurlo in errore con l’obiettivo di disseminare nel suo campo sfiducia e insicurezza. In altre parolesi trattava di attaccare il “sistema” nemico agendo non tanto sulle unità operative quanto sulla rete che permettevaa queste di agire in modo coordinato, per minarne la coerenza e disarticolarlo. Prima ancora di “trovarli edistruggerli” bisognava “ingannarli”, inducendoli in errore o accecando la loro struttura informativa e di sicurezza”.

Come è noto l’attività di “Military Deception” (MILDEC) è finalizzata a fornire all’avversario informazioni tali daspingerlo ad agire secondo le nostre intenzioni. Questo tipo di misure fu largamente utilizzato dalle forze regolarifilippine quando, sotto la direzione di Magsaysay, cominciarono a prendere con decisione l’iniziativa dando benpresto risultati che le operazioni convenzionali non avevano mai dato. Oltre a ricorrere all’aiuto di quelleminoranze che come i Negritos, i pigmei delle montagne, erano spesso maltrattate dagli “Huk”, traendone guidee informatori, i plotoni esploratori dei BCT vennero addestrati ad agire come i loro avversari e addirittura a vestirsied a comportarsi come loro per sviluppare un’attività di “controbanda”. Camuffati, penetravano in profondità in“Huklandia” e, dopo essersi finti per qualche tempo semplici contadini raccogliendo così le informazioninecessarie, entravano improvvisamente in azione organizzando imboscate, sistemando trappole esplosive neidepositi di viveri e munizioni, eliminando membri dell’organizzazione e, in un’ultima analisi, generando un diffusostato di insicurezza e diffidenza che in qualche caso portò gli insorti a giustiziare alcuni dei loro compagni eaddirittura alcune formazioni Hukbalahap a scontrarsi tra loro, ritenendo di avere di fronte soldati regolari sottomentite spoglie.

Un’altra tecnica di inganno era mirata a compromettere con false informazioni laposizione di simpatizzanti dal movimento, tanto da indurli a fornire informazioni di ognigenere pur di avere la possibilità, per loro stessi e le loro famiglie, di essere trasferiti inun’altra isola nell’ambito del programma EDCOR. Gli abitanti di un villaggio furono adesempio convocati nella piazza dove il loro sindaco fu pubblicamente ringraziato per averpermesso l’eliminazione di un corriere della guerriglia. La cosa non era vera ma il sindaco,noto simpatizzante degli Hukbalahap, nel timore di rappresaglie nella notte si presentò alcomando disposto a parlare pur di essere portato al sicuro con la famiglia.

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Un’altra tecnica di inganno era mirata a compromettere con false informazioni la posizione di simpatizzanti dalmovimento, tanto da indurli a fornire informazioni di ogni genere pur di avere la possibilità, per loro stessi e leloro famiglie, di essere trasferiti in un’altra isola nell’ambito del programma EDCOR. Gli abitanti di un villaggiofurono ad esempio convocati nella piazza dove il loro sindaco fu pubblicamente ringraziato per aver permessol’eliminazione di un corriere della guerriglia. La cosa non era vera ma il sindaco, noto simpatizzante degliHukbalahap, nel timore di rappresaglie nella notte si presentò al comando disposto a parlare pur di essere portatoal sicuro con la famiglia.

L’esito delle operazioni di infiltrazione e di inganno non fu e non avrebbe potuto essere sempre clamoroso e nonmancarono gli insuccessi, anche perché non esisteva una specifica dottrina e molto era lasciato allaimprovvisazione ma nel complesso raggiunsero lo scopo di minare le certezze dei guerriglieri e di radicare l’ideadi una onnipresenza delle forze governative, rovesciando la situazione preesistente. A questo risultatocontribuirono anche tattiche meno sofisticate come quella che vedeva le forze governative abbandonare altramonto l’area pattugliata durante il giorno per tornarvi improvvisamente nella notte, cogliendo di sorpresa gli“Huk” che avevano commesso l’imprudenza di farvi ritorno. I guerriglieri si videro costretti a muoversi concircospezione, con un impatto negativo sulle caratteristiche di agilità e flessibilità della loro azione, e ad adottaremisure di sicurezza più stringenti, cosa che, insieme a crescenti difficoltà nel procurarsi viveri, li portò spesso adagire brutalmente nei confronti della popolazione alienandosene progressivamente le simpatie.

Se nei primi tre anni di campagna si può parlare di operazioni di guerra psicologica a senso unico, con gli Hukcostantemente all’offensiva anche in questo campo, dopo il 1950 le cose cambiarono e una campagna di PSYOPdiretta sia verso la popolazione che verso i combattenti avversari e non soltanto, come avevano fatto gli “Huk”,verso la prima, diede risultati significativi. Magsaysay, proponendo in diverse forme un unico messaggio, checioè il governo avrebbe combattuto senza quartiere chi avrebbe persistito nella lotta ma accolto e aiutato chi sifosse arreso, “All-out Force or All-out Friendship”, sviluppò una strategia che considerava diversi “gruppiobiettivo”, i militanti comunisti, i semplici combattenti, i contadini che in qualche modo li sostenevano, il grossodella popolazione, tendenzialmente neutrale, e le stesse forze armate. Dal momento che, almeno in parte,alcuni “gruppi-obiettivo” erano mescolati fra loro, il messaggio doveva essere veicolato a tutti indistintamente elo strumento più idoneo erano proprio le forze armate, le quali dovevano però essere intrinsecamente convinte,a tutti i livelli, della sua utilità. A tal fine, nel mantenere nelle sue mani la direzione strategica delle PSYOPs,Magsaysay istituì nel 1952 il Public Affairs Office (PAO) quale organo intermedio, a livello operativo, con ilcompito di indirizzare l’azione a livello tattico dei team di 8-10 specialisti integrati nelle compagnie dei BCT ecostituiti da dattilografi, disegnatori, e tecnici con una dotazione di macchine da scrivere, ciclostili, sistemi didiffusione sonora, cineprese.

L’impiego di questielementi era lasciato alla discrezione dei comandanti di compagnia in funzione dellasituazione locale e del loro estro creativo.

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L’impiego di questi elementi era lasciato alla discrezione dei comandanti di compagnia in funzione della situazionelocale e del loro estro creativo.

Le “Information Operations” nelle loro diverse forme risultarono determinanti per la sconfitta degli Hukbalahap.Le misure di inganno permisero di sconvolgere l’organizzazione di supporto del movimento insurrezionale e neminarono coesione e capacità operativa, mentre le operazioni di guerra psicologica, insieme con una benorchestrata campagna di interventi a favore degli abitanti delle zone rurali, capovolgendo l’immagine negativa deimilitari e quindi del governo, ne accelerarono la disgregazione, alienandogli il sostegno della popolazione einducendo un numero crescente di combattenti ad arrendersi. Nel 1954 l’operazione Thunder-Lightining, checon l’impiego di oltre 5.000 uomini fu l’ultima vera operazione di rastrellamento, si sviluppò tra febbraio esettembre nell’area ad ovest del Monte Arayat annullando la residua capacità operativa degli “Huk”. Il 17 maggioLuis Taruc venne catturato e le rese in massa che seguirono segnarono la fine del movimento. Anche le perdite incombattimento erano state fortissime, in linea con un’altra parte del programma di Magsaysay: dare la caccia agli“Huk” e ucciderli. Tra il 1946 ed il 1954 sembra che siano stati uccisi circa 12.000 guerriglieri, mentre altri 4.000furono catturati e 16.000 si arresero spontaneamente. Nel 1955 restava alla macchia meno di un migliaio diuomini, con una base di simpatizzanti che dai 250.000 del 1949 era scesa a meno di 30.000, e un anno dopol’emergenza poteva dirsi conclusa. Ramon Magsaysay era stato nel frattempo eletto alla presidenza dellarepubblica nelle prime elezioni, quelle del novembre del 1953, che si svolsero senza il consueto contorno di broglie violenze. La sua popolarità era alle stelle e il programma di riforme da lui fortemente voluto stava modificandoradicalmente la società filippina. Purtroppo per la giovane repubblica e per il suo popolo sarebbe morto il 17marzo 1957 nello schianto del C-47 presidenziale contro una montagna dell’isola di Cebu.

L’impiego di questielementi era lasciato alla discrezione dei comandanti di compagnia in funzione dellasituazione locale e del loro estro creativo.

IL RUOLO DEL POTERE AEREO

Un embrione di forza aerea era stato creato il 2 gennaio 1935, nell’ambito delle forze paramilitari incaricate dimantenere l’ordine interno, con la costituzione del Philippine Constabulary Air Corps (PCAC). Poco più di unanno dopo, il 23 dicembre del 1936, mentre sul Pacifico cominciavano a soffiare venti di guerra, gli Stati Unitiautorizzarono la

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formazione di un esercito nazionale e il PCAC diventò il Philippine Army Air Corps (PAAC). Forte di circa 1.800uomini con una dozzina di velivoli da osservazione 0-1, altrettanti bombardieri B-10 e una mezza dozzina di cacciaBoeing P-26, il PAAC operò alle dipendenze di USAFFE durante l’invasione delle Filippine uscendo rapidamentedi scena sopraffatto dalla superiorità numerica e tecnica dell’aviazione giapponese. Nel dopoguerra il corpo aereofu riattivato con la costituzione nel settembre del 1945 sull’aeroporto di Lipa, nella provincia di Batangas, del 1stTroop Carrier Squadron, montato su C-47 con personale addestrato negli Stati Uniti. Il 1° luglio 1947, sulla sciadell’USAF, il corpo aereo dell’esercito si trasformò nella Philippine Air Force (PAF), con lo status di forza armataindipendente. Nel frattempo, con l’insorgere dell’emergenza Hukbalahap, e a seguito dell’attivazione del JUSMAG,ai C-47 cominciarono ad affiancarsi dei biposto North American T-6, velivoli da addestramento tuttofare, e deibimotori Vultee BT-13, ma il ruolo principale nell’attività di contro-insurrezione, lo ebbero i velivoli dacollegamento Piper L-4 Grasshoppers e soprattutto Stinson L-5. Disponibili in gran numero, queste semplici erobuste macchine furono impiegate in ogni sorta di ruolo, dal collegamento al trasporto leggero, dalla ricognizionealla guerra psicologica, sfruttando il fatto che le loro caratteristiche di atterraggio e di decollo permettevano dioperare a stretto contatto con i reparti dell’esercito.

In un primo tempo non c’era alcuna forma strutturata di aerocooperazione e tutto dipendeva dai rapportipersonali tra gli ufficiali e dalle relazioni che si erano stabilite durante il tempo trascorso insieme all’AccademiaMilitare o all’università nei ranghi del Reserve Officer Training Corps. A partire dal 1950 le cose cambiarono epresso i comandi dell’esercito fino al livello di battaglione venne attivata una struttura di collegamento conpersonale della PAF specificamente addestrato e dotato di mezzi di trasporto e di comunicazione. Ai comandi deisettori in cui erano divise le quattro aeree d’operazione, in ciascuno dei quali operavano tre o più BCT, furonoaggregati dei “gruppi di controllo aereo tattico”, mentre “squadre di controllo aereo tattico” erano presentipresso i BCT, svolgendo all’occorrenza funzioni di Forward Air Controller. I battaglioni avevano poi una propriacomponente aerea, costituita da qualche L-5, per soddisfare con immediatezza le esigenze di collegamento esoprattutto di ricognizione. A sottolineare l’importanza del contributo dell’aeronautica in questo campo, e più ingenerale all’attività di “Information Operation”, quando i BCT ruotavano da un settore all’altro, secondo la prassiinstaurata da Magsaysay, lasciavano sul posto la loro aliquota di aviazione e la sezione intelligence, due elementiper i quali era considerata assolutamente prioritaria una perfetta conoscenza dell’ambiente e della situazionelocale.

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Gli L-5 furono utilizzati anche per missioni di attacco al suolo, impiegando come proiettili di caduta bombe dimortaio da 50 mm, rappresentando l’unica effettiva capacità in questo campo fino all’arrivo nel 1950 di 34 cacciaF-51 Mustang, seguiti da altri 50 l’anno dopo.

L’impiego di questi velivoli fu comunque soggetto a forti restrizioni dal momento che gli “Huk” operavano anchein zone fittamente abitate nelle regioni centrali e meridionali di Luzon e il governo intendeva evitare “dannicollaterali” che avrebbero potuto rendere ancora più difficile il rapporto con le popolazioni. Quando però iguerriglieri cominciarono ad essere progressivamente sospinti al fuori di queste aree verso il Monte Arayat, lepaludi di Candaba e la Sierra Madre le cose cambiarono, e nell’estate del 1952 gli F-51 appoggiarono per la primavolta in forze un’operazione di rastrellamento proprio nei pressi del Monte Arayat, nel cuore di “Huklandia”.

Nel complesso le operazioni di attacco al suolo furono però una componente secondaria dello sforzo della PAF,sia per esplicita volontà del governo, sia per la limitata disponibilità di velivoli, piloti e soprattuttomunizionamento di caduta. Nell’ottica di Magsaysay questa fu probabilmente una fortuna, come lo ful’impossibilità degli Stati Uniti, all’epoca duramente impegnati in Corea, di sopperire a questa mancanza. Ilcontributo maggiore fu dunque fornito dagli L-5, in grado tra l’altro di garantire la necessaria autonomia logisticaai reparti impegnati in missioni di pattugliamento a lungo raggio, grazie alla possibilità di portare oltre duequintali di rifornimenti, rendendoli così indipendenti dalle basi e dalle vie di comunicazione, e nel contempo dipermettere ai comandanti, e soprattutto al Segretario di Stato per la Difesa, di essere continuamente ecostantemente presenti nel teatro d’operazioni. Le sue frequenti visite ai villaggi più remoti davano per la primavolta ai contadini la sensazione che il governo si preoccupasse di loro, ed essendo di solito seguite da misureimmediate per la soluzione di specifici problemi locali, non ultimi quelli derivanti dalle cause in corso con iproprietari terrieri, furono determinanti ai fini del processo di pacificazione.

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ALCUNE CONSIDERAZIONI

Se la campagna di contro-insurrezione condotta dalle forze armate filippine contro il movimento di ispirazionecomunista degli Hukbalahap può essere senz’altro interpretata come una campagna di “Information Operations”,il ruolo del potere aereo deve essere valutato più in funzione dei suoi effetti psicologici che in termini di potenzadi fuoco. Il successo della campagna fu il risultato dell’integrazione di misure di carattere civile e militare in unpiano d’azione finalizzato in primo luogo ad allontanare la popolazione dai guerriglieri e in secondo luogo adannullarne le capacità operative. In questo contesto, se le missioni di ricognizione armata e di attacco al suolovalsero a limitare la capacità di movimento degli “Huk” e a impedire che si raggruppassero in grosse formazioni,l’ossessiva presenza degli L-5 e le azioni di guerra psicologica opportunamente mirate valsero a minarne il morale.

Le lezioni che si possono trarre da quel conflitto lontano nel tempo e nello spazio, sono innanzitutto relative allanecessità di impiegare in modo integrato tutti gli strumenti, civili e militari, a disposizione dell’autorità nazionale.Il secondo insegnamento scaturisce proprio da questo aggettivo, “nazionale”. Una campagna di contro -insurrezione può avvalersi del supporto di forze esterne ma deve essere condotta primariamente da forze locali,allo scopo di non mettere a disposizione degli insorti un’altra potente arma, quella del sentimento patriottico. Sequesto è possibile o meno dipende dalla situazione contingente ma è comunque un fatto che il fattore patriotticoe quello religioso, là dove entrano in gioco, rendono molto più difficile il compito della contro-insurrezione. Inogni caso, ed è questa la terza lezione, è fondamentale la presenza di una leadership ispirata, in grado di dare unascossa all’ambiente e di lasciar intravvedere la possibilità di un futuro migliore, assicurandosi la lealtà delle forzearmate e il convinto supporto della maggioranza della popolazione. Infine la campagna deve essere condotta conun “end state” ben chiaro e soprattutto definito in termini politici e non puramente militari. Per quanto riguardal’uso del potere aereo, questo deve concorrere a creare nei guerriglieri una permanente sensazione di insicurezzae, con il localizzarne e colpirne le strutture logistiche, contribuire a indebolirne il morale. Le forze aeree possonoscoprire e attaccare le formazioni combattenti autonomamente o in cooperazione con i reparti dell’esercito, aiquali può assicurare una maggiore flessibilità operativa.

Di tutto questo avrebbe potuto e dovuto far tesoro gli Sati Uniti nel non lontano Vietnam, dove la situazionecominciava a farsi difficile, cosa che invece non avvenne. L’importanza di un programma organico di riforme nonvenne compresa come non lo fu il ruolo di una valida leadership locale. Distratto dagli eventi di Corea, e assorbitodalla prospettiva di un possibile conflitto in Europa, il mondo militare statunitense prestò poca attenzione aquanto avveniva nelle Filippine, dove forse non a caso il ruolo principale fu svolto da una figura atipica come

quella di Lansdale, un ufficiale dell’aeronautica lontano dalle stanze delpotere, e si apprestò ad affrontare in termini convenzionali e nel rispetto del dogma dellapotenza di fuoco il problema Vietcong

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quella di Lansdale, un ufficiale dell’aeronautica lontano dalle stanze del potere, e si apprestò ad affrontare intermini convenzionali e nel rispetto del dogma della potenza di fuoco il problema Vietcong.

BIBLIOGRAFIA

Bridgewater, L. Grant, “Philippine Information Operations during the HukbalahapCounterinsurgency Campaign”, Iosphere, Joint Information Operations Center, 2003.Joes, Anthony James, “Counterinsurgency in Philippines1898-1954”, in Marston, Daniel eCarter, Malkasian (a cura di), Counterinsurgency in modern warfare, Osprey Publishing, 2008, pp. 39-56.Corum James & Johnson Wray R., Air Power in Small Wars. Fighting insurgents andterrorists, University Press of Kansas, 2003, pp. 110-138.Greenberg, Lawrence M., The Hukbalahap Insurrection. A case study of a successful antiinsurgencyoperation in the Philippines, 1946-1955, Historical Analysis Series, U.S. ArmyCenter of Military History, 1987.Moyar, Mark, A question of Command. Counterinsurgency from the Civil War to Iraq, YaleUniversity Press, 2009, pp. 89-108.