Staminali del liquido amniotico - UILDM · Lui è Paolo De Coppi, chirurgo pediatra e ricercatore...

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DM 179 MARZO 2013 38 o avevamo intervistato in DM 174 (luglio 2011, pp. 38-39), a proposito della possibi- lità di rigenerare un muscolo lesionato tramite l’introduzione di cellule staminali programmate per ricostruirlo. Lui è Paolo De Coppi, chirurgo pediatra e ricercatore tra Londra e l’Università di Padova. All’epoca, la scoperta della sua équipe stava nell’utilizzo dell’acido ialuronico come “mezzo di trasporto” delle cellule staminali introdotte nel muscolo, poiché il loro semplice impianto, senza una struttura in grado di orga- nizzarle, era precedentemente risultato ineffica- ce. Ora lo ricontattiamo a proposito degli esiti di un’altra ricerca che si intreccia con la prima. Tutto nasce, in sostanza, nel giugno del 2012, dalla sua pubblicazione, nella rivista scientifica «Stem Cells», della seguente notizia: «Le cellule staminali del liquido amniotico sono particolar- mente adatte alla rigenerazione muscolare nei casi di patologie neuromuscolari». Partiamo dunque cercando di chiarire la diffe- renza tra la ricerca precedente e quest’ultima. La ricerca di cui avevamo parlato nel 2011 sfrut- tava cellule staminali del muscolo adulto di un donatore, chiamate “cellule satelliti”, che però sono difficili da coltivare, perché quando sono “fresche” - cioè appena prelevate - hanno un Staminali del liquido amniotico Una ricerca dimostra che le cellu- le staminali del liquido amnioti- co potrebbero aprire la strada anche a future terapie per le malat- tie muscolari. Ne abbiamo parla- to con Paolo De Coppi, coordi- natore dello studio L Intervista a Paolo De Coppi potere rigenerativo alto, mentre in provetta - dove vorremmo appunto coltivarle per moltipli- carle - pèrdono velocemente le loro potenzialità e quindi le loro possibilità terapeutiche sono limitate. L ’autodonazione da un altro muscolo del proprio corpo è inoltre inutile quando c’è un muscolo distrofico, perché le cellule sono tutte identiche geneticamente e quindi malate, mentre l’eterodonazione di cellule satelliti richiede la raccolta di una quantità di cellule impegnativa da raggiungere, praticamente svariati milioni. Giulio Cossu, uno dei pionieri di questo tipo di ricerca, ora è all’opera nella fase clinica di un esperimento che ricorre alle cellule staminali localizzate attorno ai vasi sanguigni e che si pensa possano formare un muscolo. Ma la nuova ricerca della sua équipe padovana su che cosa sta esattamente lavorando? Su una fonte diversa per il prelievo delle cellule staminali: il liquido amniotico. Abbiamo sco- perto, infatti, che in tale contesto esse non per- dono il loro potere rigenerativo. Durante la vita fetale, infatti, le cellule sono molto più “immatu- re” di quelle satelliti e siccome il loro scopo è for- mare appunto il corpo del feto, il loro potere generativo è molto più alto di quello di una cel- lula staminale adulta di un corpo già formato. Se questa soluzione sta risultando tanto più ef- ficace della precedente, avete bloccato l’altra ri- cerca? No. L ’aspetto positivo delle cellule satellite è che trovandosi nel muscolo, sono già programmate per diventare tali. Per far diventare muscolo quelle del liquido amniotico, occorre invece avviare un processo più complesso e non ancora del tutto chiarito. La soluzione con le cellule muscolari è vincente, se si tratta di ricostruire un muscolo danneggiato, ma sano, mentre quella di utilizzare le amniotiche potrebbe essere una buona scelta di fronte a una malattia genetica in cui le cellule muscolari siano malate. Come farete per moltiplicare le cellule satellite? Il medico giapponese Shinya Yamanaka, Premio Nobel del 2012, ha scoperto come far tornare embrionale - e quindi pluripotente - una SCIENZA&MEDICINA L’INTERVISTA

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o avevamo intervistato in DM 174 (luglio2011, pp. 38-39), a proposito della possibi-

lità di rigenerare un muscolo lesionato tramitel’introduzione di cellule staminali programmateper ricostruirlo. Lui è Paolo De Coppi, chirurgopediatra e ricercatore tra Londra e l’Università diPadova. All’epoca, la scoperta della sua équipestava nell’utilizzo dell’acido ialuronico come“mezzo di trasporto” delle cellule staminaliintrodotte nel muscolo, poiché il loro sempliceimpianto, senza una struttura in grado di orga-nizzarle, era precedentemente risultato ineffica-ce. Ora lo ricontattiamo a proposito degli esiti diun’altra ricerca che si intreccia con la prima.Tutto nasce, in sostanza, nel giugno del 2012,

dalla sua pubblicazione, nella rivista scientifica«Stem Cells», della seguente notizia: «Le cellulestaminali del liquido amniotico sono particolar-mente adatte alla rigenerazione muscolare neicasi di patologie neuromuscolari».

Partiamo dunque cercando di chiarire la diffe-renza tra la ricerca precedente e quest’ultima.La ricerca di cui avevamo parlato nel 2011 sfrut-tava cellule staminali del muscolo adulto di undonatore, chiamate “cellule satelliti”, che peròsono difficili da coltivare, perché quando sono“fresche” - cioè appena prelevate - hanno un

Staminali del liquido amniotico

Una ricerca dimostra che le cellu-le staminali del liquido amnioti-co potrebbero aprire la stradaanche a future terapie per le malat-tie muscolari. Ne abbiamo parla-to con Paolo De Coppi, coordi-natore dello studio

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Intervista a Paolo De Coppi

potere rigenerativo alto, mentre in provetta -dove vorremmo appunto coltivarle per moltipli-carle - pèrdono velocemente le loro potenzialitàe quindi le loro possibilità terapeutiche sonolimitate. L’autodonazione da un altro muscolodel proprio corpo è inoltre inutile quando c’è unmuscolo distrofico, perché le cellule sono tutteidentiche geneticamente e quindi malate, mentrel’eterodonazione di cellule satelliti richiede laraccolta di una quantità di cellule impegnativada raggiungere, praticamente svariati milioni.Giulio Cossu, uno dei pionieri di questo tipo diricerca, ora è all’opera nella fase clinica di unesperimento che ricorre alle cellule staminalilocalizzate attorno ai vasi sanguigni e che sipensa possano formare un muscolo.

Ma la nuova ricerca della sua équipe padovanasu che cosa sta esattamente lavorando?Su una fonte diversa per il prelievo delle cellulestaminali: il liquido amniotico. Abbiamo sco-perto, infatti, che in tale contesto esse non per-dono il loro potere rigenerativo. Durante la vitafetale, infatti, le cellule sono molto più “immatu-re” di quelle satelliti e siccome il loro scopo è for-mare appunto il corpo del feto, il loro poteregenerativo è molto più alto di quello di una cel-lula staminale adulta di un corpo già formato.

Se questa soluzione sta risultando tanto più ef-ficace della precedente, avete bloccato l’altra ri-cerca?No. L’aspetto positivo delle cellule satellite è chetrovandosi nel muscolo, sono già programmateper diventare tali. Per far diventare muscoloquelle del liquido amniotico, occorre inveceavviare un processo più complesso e non ancoradel tutto chiarito. La soluzione con le cellulemuscolari è vincente, se si tratta di ricostruire unmuscolo danneggiato, ma sano, mentre quella diutilizzare le amniotiche potrebbe essere unabuona scelta di fronte a una malattia genetica incui le cellule muscolari siano malate.

Come farete per moltiplicare le cellule satellite?Il medico giapponese Shinya Yamanaka,Premio Nobel del 2012, ha scoperto come fartornare embrionale - e quindi pluripotente - una

SCIENZA&MEDICINA L’INTERVISTA

cellula adulta già definita. Questa tecnologiapotrebbe essere applicata anche alle cellule satel-liti, per “ringiovanirle” ed espanderle. Tale ripro-grammazione - questo il termine scientifico chedescrive il riportare le cellule adulte a uno statoprimordiale - richiede l’inserimento nella celluladi materiale genetico che la “indirizzi” verso unacellula primordiale.

Ma cosa si intende per “materiale genetico”?Significa che per far tornare una cellula al suostato embrionale si ricorre a un virus o a un vet-tore che porta un gene con questo tipo di ordinealla cellula stessa. È però possibile che non sianecessario, se si utilizza una cellula più primor-diale come quella amniotica. Abbiamo recente-mente dimostrato, infatti - in uno studio cui èstata dedicata la copertina della rivista scientifica«Molecular Therapy» -, che le cellule amniotichepossono essere riprogrammate come cellulesimil-embrionali, semplicemente utilizzando deisegnali chimici.

Quando è iniziata la ricerca sul liquido amniotico?Nel 2007. All’epoca avevamo conquistato lacopertina di un’altra prestigiosa rivista, «NatureBiotechnology», perché per primi avevamo sco-perto la presenza nel liquido amniotico di cellu-le staminali.

Chi compone il gruppo di lavoro?A Padova lavoro con Michela Pozzobon,Martina Piccoli e alcuni giovani entusiasti ricer-catori che, a dispetto della cronica mancanza difondi e di strutture, dedicano tempo ed energieaffinché gli esiti delle nostre ricerche arrivinopresto alle persone malate cui sono destinati. Ilnostro gruppo si interfaccia con quello guidatodalla pediatra Marina Cavazzana Calvo, chelavora all’Ospedale Necker di Parigi.

Chi finanzia la ricerca? Il laboratorio in Italia è finanziato principalmen-te dalle Fondazioni Città della Speranza eCariparo. Ma ora che questa fase è terminata,con la dimostrazione che le cellule staminali pre-levate dal liquido amniotico si integrano a quel-le di un muscolo malato, sostituendo le cellulemalate e allungando la sopravvivenza del musco-

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lo stesso, dalla sperimentazione sui topi voglia-mo passare a quella sui cani affetti da distrofia, estiamo cercando nuovi fondi per procedere.

Non è possibile evitare di coinvolgere gli animali?Cerchiamo di limitarne l’utilizzo al minimo. Maal momento - quando si lavora con le cellule sta-minali e la rigenerazione tessutale - è troppopericoloso agire direttamente sull’uomo e non cisono simulazioni in provetta che permettano dieliminare completamente l’utilizzo animale.Stiamo anche noi lavorando in modo da ridurrequesti esperimenti, ricreando in provetta situa-zioni sempre più simili all’uomo e speriamo chein futuro si possa eliminare la ricerca negli ani-mali da esperimento.

È possibile formulare un’ipotesi plausibile suquanto tempo ci vorrà prima di arrivare all’uo-mo?Potrei dire cinque anni, ma in realtà la rispostadipende anche da quanto tempo ci metteremoa reperire i fondi, da quanti ne reperiremoeffettivamente e da quante persone saranno allavoro contemporaneamente in questa fase delprogetto. ■

L’équipe di PadovaIl gruppo di lavoro coordinato da Paolo De Coppi (secondo da destra)

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om’è ben noto, l’atrofia muscolare spinale(SMA) viene considerata come una malattia

del motoneurone nella quale il muscolo è secon-dariamente atrofizzato per mancanza di innerva-zione. Recentemente, però, una nuova ipotesi diricerca - secondo la quale l’alterazione riguarde-rebbe più precisamente la giunzione neuromu-scolare, anziché il motoneurone - è stata per laprima volta confermata sull’uomo da un gruppodi studiosi spagnoli, diretto da Eduardo Tizzano.

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Come avevamo dunque anticipato in DM 178,abbiamo approfondito la questione - grazie anchealla collaborazione di Cira Solimene - insieme alcoordinatore di tale studio.

Che cosa ha dimostrato esattamente questa ri-cerca?Ha dimostrato che nella SMA la giunzione neu-romuscolare tra l’assone [conduttore di impulsi,N.d.R.] e i recettori muscolari comincia a mo -strare difetti sin dalle prime fasi dello svilup-po fetale, fasi in cui i motoneuroni risultanoancora normali. Questo significa che la forma-zione del motoneurone e la sua prima essenzia-le funzione - quella cioè di arrivare al muscolo- non sono originariamente compromessi. Èinvece proprio l’incapacità della giunzione neuro-muscolare a mantenere il contatto tra l’assone e irecettori, nel corso dello sviluppo, che la rendeinstabile e che successivamente provoca la mortedel motoneurone, nel momento in cui quest’ulti-mo riceve l’informazione dell’assenza di contattomuscolare. Di conseguenza, anche i muscoli cre-scono di meno, durante le fasi dello sviluppo,proprio per un’immaturità dovuta alla mancanzadello stimolo dal motoneurone al muscolo, attra-verso la giunzione difettosa.

Tutte le forme di SMA, dalle più gravi a quellemeno gravi, sono interessate dai risultati di que-sta ricerca?Noi ci siamo basati sulle forme più gravi (tipo 1)e lo stesso studio, esteso a forme meno gravi, haindicato che la giunzione muscolare, nelle primefasi di sviluppo, si mantiene ancora normale, con-fermando che quello che succede in utero, rispet-to al difetto di contatto tra assone e recettori, èpraticamente riferito solo alle forme più gravi.Quindi, molto probabilmente, nelle forme croni-che meno gravi, il difetto comincia a creare dannidopo la nascita e ciò implica che le SMA piùgravi avrebbero bisogno di una terapia molto piùprecoce, sin dall’epoca prenatale. Sebbene questopossa sembrare ovvio, il merito della nostra ricer-ca dimostra per la prima volta che nella SMA 1 c’èun’alterazione prenatale che non si osserva nella

Eduardo TizzanoIl ricercatore argentino, insieme alle collaboratrici Laura Alias e Rebeca Martínez-Hernández

SCIENZA&MEDICINA APPROFONDIMENTI

Al lavoro sulle giunzioni

neuromuscolariSecondo una recente ricerca,l’alterazione presente nell’atrofia mu-scolare spinale (SMA) non riguardail motoneurone, ma la giunzioneneuromuscolare. Ne parliamocon il coordinatore dello studio

Intervista a Eduardo Tizzano

SMA 2 o 3, a parità di epoca di sviluppo fetale.

Come possono cambiare le ricerche sulla malat-tia dopo questa scoperta e in che modo potreb-be aprirsi un’ulteriore strada per la ricerca dinuove terapie?Si dovrà innanzitutto studiare più dettagliata-mente quali siano i fattori che provocano la“destabilizzazione” della giunzione neuromusco-lare e anche scoprire le ragioni che facilitano lamaturazione del muscolo, per limitare al massi-mo il danno.In questi ultimi anni, si è sempre più concordi

nel ritenere che la SMA sia più che solamenteuna malattia del motoneurone. Infatti, la ricercasul topo ha dimostrato che la terapia periferica sugiunzioni neuromuscolari, muscoli e altri organi,quella cioè non limitata al sistema nervoso centra-le, possa essere efficace. Si sa che nelle SMA piùgravi (quelle che si manifestano sin dalla nascita),sono frequenti problemi di malformazione cardia-ca, del sistema vascolare, articolare e osseo.Pertanto, la nostra ricerca può aiutare a individua-re meglio la “finestra terapeutica”, ovvero ilmomento ideale per un intervento terapeutico che

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sia il più precoce possibile, ma anche gli altri set-tori del corpo da cui cominciare. Tra questi, sicu-ramente la giunzione neuromuscolare è tra i piùimportanti.

Quali saranno i prossimi passi del vostro gruppodi ricerca?Da una parte, continuare ad approfondire laricerca sulla giunzione neuromuscolare, per sco-prire quali siano le sostanze compromesse nelladiminuzione della quantità di proteina SMN,responsabile della malattia. Dall’altra, individua-re le prime alterazioni nelle forme meno gravi,come la SMA 2 o 3.A questo punto stiamo lavorando con cellule

pluripotenti (iPSC), quelle per le quali nel 2012 èstato assegnato il Premio Nobel per la Medicina aShinya Yamanaka. In altre parole, da campioni dicellule prelevate dalla pelle di pazienti con SMA 3,abbiamo differenziato dei motoneuroni, per stu-diare la loro capacità di formare giunzioni neuro-muscolari, confrontandoli con quelli provenientida pazienti affetti dalle forme più gravi. Questosistema è molto utile anche per testare farmaci chepossano aiutare a migliorare il problema. ■

GLI OBIETTIVI DI FSHD EUROPE“Voce europea” delle persone con distrofia facio-scapolo-omerale (FSHD), l’organizzazione ombrelloFSHD Europe è nata per volontà di alcune associazioni nazionali - tra cui la UILDM - che sul proprio terri-torio rappresentano persone colpite da questa forma di distrofia. Gli obiettivi sono quelli di sensibilizzare,accrescere consapevolezza, comprensione e conoscenze sull’FSHD, condividendo le buone pratiche in àmbi-to di diagnosi, cura e assistenza, oltreché promuovendo la ricerca e raccogliendo fondi.

Circa una volta all’anno, i referenti di FSHD Europe e i maggiori esperti in materia a livello internaziona-le si incontrano e fanno il punto della situazione, cercando di delineare con la massima chiarezza possibilele prospettive future riguardanti questa patologia. Ed è accaduto anche all’inizio di febbraio, dapprima aMilano e poi a Modena, con la partecipazione - insieme a ricercatori e specialisti - del presidente diFSHD Europe Kees van der Graaf, della vicepresidente e coordinatrice per la UILDM e per l’ItaliaFabiola Bertinotti, di Alberto Fontana, presidente nazionale UILDM e di Marco Rasconi, presi-dente della Sezione di Milano.

«Ritengo - ha dichiarato Bertinotti per l’occasione - che questi momenti di confronto siano molto impor-tanti poiché trasmettono la sensazione tangibile a pazienti e famiglie che le cose si muovono, come ineffetti è! Se invece la situazione sembrasse loro immobile, le persone vivrebbero un senso di abbandonoe isolamento, condizione che io reputo quasi peggiore della malattia stessa e che con FSHD Europe voglia-mo combattere in ogni modo». ■ C.N.

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opo avere presentato in DM 178 (pp. 48-49), assieme a Vincenzo Nigro, lo studio

dedicato alla diagnostica genetica delle varieforme di distrofie dei cingoli, continuiamo a darespazio ad alcuni tra i più recenti progetti cliniciapprovati dalla Fondazione Telethon, nell’àmbi-to del Bando Telethon-UILDM, concernente

Un registroper le congenite

Sono sempre di più le forme didistrofie congenite, e per questo siè reso necessario creare unregistro italiano di tali malat-tie. Ci sta lavorando un progettofinanziato all’interno del BandoTelethon-UILDM

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Intervista a Eugenio Mercuri

appunto la ricerca clinica.Ricordando quindi che su tutti questi lavori, si

possono trovare ampie notizie anche nella Se zioneMedicina e Ricerca del sito UILDM (www.uildm.org),ci occupiamo questa volta dello studio multicentri-co denominato Sviluppo di un database sulle distrofiemuscolari congenite, nel contesto di un network colla-borativo nazionale per ricostruire elementi di storianaturale di queste malattie. A coordinarlo è EugenioMercuri, neuropsichiatra infantile del PoliclinicoGemelli di Roma.

Che cosa si intende esattamente oggi, anche alla lu-ce di quanto emerso negli anni più recenti, per di-strofie muscolari congenite?La definizione di distrofia muscolare congenitainclude un numero sempre crescente di formediverse tra di loro, sia dal punto di vista genetico checlinico. Esse hanno per altro in comune la presenta-zione alla nascita con debolezza e retrazioni artico-lari e segni di interessamento muscolare (general-mente di tipo distrofico) alla biopsia muscolare.Oggi siamo ormai in presenza di almeno dieci

diverse forme, con differenti sviluppi, variando daforme con andamento più benigno e scarsa progres-sione dei segni clinici, a forme più gravi, che coin-volgono anche l’occhio e il cervello.

Perché si è presentata la necessità di un registrospecificamente dedicato a queste forme di distro-fie muscolari?Proprio perche negli ultimi anni - come detto - sonostate identificate tante nuove forme di distrofie con-genite ed è opportuno riuscire a catalogarle, percapire quanto siano frequenti, quale sia la loro evo-luzione e conoscere i rischi delle possibili compli-canze associate a ciascuna forma.Avere un registro significa anche avere la possibi-

lità di sapere quanti pazienti siano disponibili pereventuali possibili trial di ricerca. Inoltre, il registroaumenterà anche la possibilità di studi clinici, peraccertarsi degli standard di cura o per cercare i modipiù opportuni per valutare soggetti con diverseforme. Questo appare necessario, visto appunto chel’evoluzione dei segni, il tipo o la gravità della debo-lezza non sono uguali nelle varie forme.

SCIENZA&MEDICINA PROGETTI

Policlinico GemelliNella struttura romana agisce EugenioMercuri, che coordina il registro per ledistrofie muscolari congenite

Tutte queste informazioni saranno collegate a unregistro internazionale con base negli Stati Uniti,sviluppato da CMD Care (http://curecmd.org),l’associazione americana delle famiglie di pazienticon distrofia congenita.

Quali prospettive vi sono per la ricerca in questo àm-bito e in che modo, rispetto a tali prospettive, il re-gistro potrà essere di aiuto?Vi sono delle prospettive di ricerca legate ad alcuneforme di distrofia congenita, soprattutto per quelleriguardanti il deficit di collagene 6 e di merosina. Sitratta per altro di studi che sono ancora nelle fasi ini-ziali. Il registro permetterà di sapere quanti soggettisiano potenzialmente disponibili per tali ricerche.Più in generale, queste informazioni serviranno

anche ad altre aziende o gruppi di ricerca che voglia-no assicurarsi dei potenziali numeri di soggetti datrattare, prima di decidere se investire su questogruppo di malattie.

Come procede il lavoro del progetto e quali sarannoi prossimi passi?Innanzitutto, nella prima fase è stato tradotto il regi-

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stro americano, adattandolo alle realtà italiane. Contemporaneamente i clinici dei dodici centri

che aderiscono al progetto hanno identificato isoggetti affetti da distrofia congenita, in modo dapoter essere pronti a promuovere la loro iscrizionenel registro, non appena questo sarà disponibile.L’iscrizione al registro stesso avverrà per via tele-matica, usando il computer, e ogni famiglia dovràiscriversi e immettere le informazioni più semplici,che saranno trattate con la massima riservatezza ein maniera anonima. Saranno poi sempre le fami-glie a identificare anche uno o più medici di riferi-mento, che completeranno i dettagli più tecnici,come quelli relativi alle mutazioni genetiche o allabiopsia muscolare, nel caso le famiglie non fosseroin grado di fornirli.I prossimi passi riguarderanno quindi proprio la

partenza del registro online e una riunione in cuisperiamo di coinvolgere quante più famiglie possi-bili, per lanciare l’iniziativa e cercare di promuovereun’associazione di famiglie coinvolte nelle distrofiecongenite, che in Italia non esiste. ■

IL CONGRESSO SULLE BETA-SARCOGLICANOPATIE«Siamo un gruppo di genitori di ragazzi affetti da beta-sarcoglicanopatia, una rara forma di distrofia musco-lare, che si è costituito da pochi mesi in Lombardia. Da alcuni anni siamo soci attivi della UILDM, nelle Sezionidi Sondrio, Lecco e Bergamo e ogni anno partecipiamo alla raccolta fondi Telethon».Avevamo cominciato così, in DM 175 (p. 57), alla fine del 2011, la nostra presentazione del Gruppo

Familiari Beta-Sarcoglicanopatie, nato a fianco della UILDM, per mettere in comunicazione tutte le per-sone coinvolte da questa forma di distrofia - pazienti, familiari, medici, ricercatori e operatori sociali - con la con-sapevolezza degli scarsi studi finora dedicati ad essa. E ora, dopo l’avvio di un documentato sito internet(www.beta-sarcoglicanopatie.it) e la pubblicazione di una newsletter periodica, è in programma anche -per il 19 aprile a Milano - il Primo Convegno Nazionale, «con l’obiettivo - come viene spiegatodall’Associazione - di far conoscere e approfondire tutte le problematiche connesse alla distrofia dei cingoli condeficit di beta-sarcoglicano (LGMD2E), diffondere la cultura scientifica sui sarcoglicani, stimolare settori di inte-resse e di collaborazione in questo campo, definire strategie collettive».La prima sessione del convegno - dedicata per lo più alla terapia genica - potrà contare su un ospite d’ecce-

zione, quale Jerry R. Mendell del Nationwide Children’s Hospital di Columbus in Ohio (USA), che illustreràle esperienze di terapia genica realizzate in quella struttura d’avanguardia. La seconda sessione, invece, saràcentrata sui temi della terapia cellulare e farmacologica e vi verranno esposti i progetti finanziati da Telethon e iprimi risultati finora ottenuti. Nella sessione conclusiva, infine, vi sarà spazio soprattutto per gli aspetti clinici eper la creazione di una community per i sarcoglicani, ma anche per le esperienze di alcune famiglie di pazientiaffetti da beta-sarcoglicanopatia. ■ S.B.

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stituito a Parigi nel 1989, grazie alla lungi-miranza di Ysbrand Poortman, allora pre-

sidente dell’EAMDA (l’Alleanza Europea delleAssociazioni contro le Distrofie Muscolari), diGiovanni Nigro (Università di Napoli) e diReinhold Rudel (Università di Ulm, Germania),con il supporto di Bernard Barataud e dell’AFM(Association Francaise contre les Myopathies),l’ENMC (European NeuroMuscular Centre) èun’organizzazione internazionale nata dallapartnership tra associazioni di pazienti e chari-ties neuromuscolari, per promuovere attività diricerca per conto dell’EAMDA stessa (il sitointernet è: www.enmc.org).Successivamente, nel 1992, l’organismo è

diventato un vero e proprio Consorzio delle prin-cipali associazioni europee di pazienti con malat-tie neuromuscolari, che annualmente concorronoa finanziarne le attività. Proprio questo fondamen-tale passaggio ventennale si è voluto festeggiare loscorso anno, attraverso due momenti di incontro,il primo a fine 2011 in Olanda, con i “PadriFondatori” e la Commissione Scientifica, l’altrocon le varie organizzazioni che operano in camponeuromuscolare, in Danimarca nel 2012.Presente dapprima con figure accademiche

come Giovanni Nigro e Gian Antonio Danieli, la

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UILDM - promotrice sin dai primi passi dell’ini-ziativa - ha successivamente delegato a Telethonla rappresentanza nell’ENMC, la cui missione èquella di sostenere iniziative di studio in ambitointernazionale, facilitando la collaborazionesoprattutto tra i ricercatori clinici. Anche se lasede di riferimento è a Baarn, in Olanda,l’ENMC può essere meglio considerato come uncentro “virtuale” internazionale, un terrenocomune di confronto per le varie associazionineuromuscolari e i ricercatori che si occupano diqueste patologie.Il ventennale è stato ufficializzato anche con

un articolo in pubblicazione sulla rivista interna-zionale «Neuromuscular Disorders», a firma diBaziel van Engelen, Daniel Zollinger, MaritaPohlschmidt, Anna Ambrosini e Jes Rahbek(rappresentanti del Comitato Esecutivo), testodel quale proponiamo qui di seguito una nostratraduzione.

Da «Neuromuscular Disorders»L’ENMC, Consorzio Europeo delle organizzazionidi pazienti neuromuscolari, ha compiuto vent’an-ni di lavoro, con circa duecento workshop all’at-tivo. Un meeting strategico con le associazioni deipazienti e altri rappresentanti della comunità neu-romuscolare si è avuto in Danimarca nel giugnodel 2012, mentre in precedenza una celebrazionespeciale del ventesimo anniversario si era tenutain Olanda nell’ottobre del 2011.All’incontro celebrativo organizzato ad

Amsterdam a fine 2011, hanno partecipato imembri del Comitato Esecutivo e dellaCommissione Scientifica, insieme ad alcune altrepersonalità che, negli anni scorsi, hanno dato illoro prezioso contributo alle attività delConsorzio. In particolare, gli organizzatori del-l’evento sono stati onorati della presenza di alcunidei “Padri Fondatori” e membri onoraridell’ENMC, quali i professori Dubovitz, Emery,Fardeau, Rudel e Urtizberea.L’incontro è iniziato con una presentazione con-

giunta di Baziel van Engelen, direttore scientifi-co, e di Anna Ambrosini, in quel momento pre-

SCIENZA&MEDICINA RICORRENZE

ENMC: il concetto e la

visione

Divenuto nel 1992 il Consorzio del-le principali associazioni euro-pee di pazienti con malattie neuro-muscolari, l’ENMC (European Neu-roMuscular Centre) ha festeggiato ilventennale di quel fondamentalepassaggio

a cura di Renato La Cara

sidente del Comitato Esecutivo, che hanno ripre-so i temi principali della missione dell’ENMC, apartire dalla visione di chi volle la nascita dell’or-ganizzazione, e dalle loro linee strategiche,seguite nel corso degli anni.Una straordinaria condivisione di intenti e

un’atmosfera positiva hanno rafforzato l’intesa tratutti i soggetti coinvolti sull’originale visione degliobiettivi proposti dall’ENMC e sui percorsi piùconsoni per realizzarla. Sensazione condivisa èstata che il Consorzio possa continuare a giocareun ruolo specifico e preminente all’interno dellacomunità internazionale neuromuscolare.

L’ENMC è stato costituito per incoraggiare e faci-litare la collaborazione sulla ricerca delle malat-tie neuromuscolari. Nel corso dei suoi vent’an-ni di attività, il Consorzio ha sviluppato un net-work di più di 2.500 persone, tra clinici e ricer-catori, provenienti da oltre 20 Paesi. In media,ogni anno, vengono finanziati 9 workshop, aiquali partecipano, in totale, circa 170 tra ricerca-tori e clinici, principalmente europei, ma nonsolo. Si tratta di incontri tra esperti, per creareconsenso su temi specifici, per costituire nuovigruppi di ricerca e network attivi su specifichemalattie neuromuscolari. In questo 2013 verrà

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organizzato il duecentesimo workshop.In aggiunta a queste attività, nell’ultimo decen-

nio l’ENMC ha sviluppato altre iniziative strategi-che, quale la costituzione nel 2004 del ClinicalTrial Network, un gruppo di lavoro con competen-ze sulla metodologia degli studi clinici, che haofferto supporto e strumenti per l’analisi dellepubblicazioni scientifiche, lo sviluppo e l’avvio diprotocolli clinici in specifiche aree neuromuscola-ri. Questo lavoro ha anche gettato le basi per ilsuccesso ottenuto dal Progetto TREAT-NMD(www.treat-nmd.eu), finanziato dall’UnioneEuropea negli anni 2007-2011, una rete di eccel-lenza in ambito neuromuscolare, che ha coinvoltonumerosi ricercatori di preclinica e clinica, nellapreparazione della piattaforma per studi clinicimulticentrici internazionali e che ha permesso ditradurre in pratica molti degli obiettivi delineati inprecedenza dall’ENMC. Quest’ultimo, tra l’altro, èstato anche uno dei partner di TREAT-NMD, conl’obiettivo di promuovere l’integrazione delle asso-ciazioni dei pazienti e dei referenti clinici deiPaesi dell’Est Europa, favorendo la diffusionedelle conoscenze scientifiche e delle linee guidasulla gestione clinica delle persone, attraversopiani di formazione professionale e incontri con leassociazioni.

Giugno 2012 I partecipanti all’incontro organizzato in Danimarca dall’ENMC

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Dopo vent’anni di attività, quindi, l’ENMC conti-nua ad esprimere i suoi valori chiave: uguaglian-za e rispetto delle posizioni dei diversi partner;indipendenza della governance e neutralità in rife-rimento alle sollecitazioni accademiche e dell’in-dustria; trasparenza e rigore nel processo di valu-tazione dei workshop da finanziare.Questi punti di forza fanno sì che l’organizzazio-

ne possa posizionarsi sulla scena europea neuro-muscolare come piattaforma e luogo di incontro“virtuale”, non solo per i ricercatori, ma ancheper le associazioni, incluse quelle focalizzate suuna singola malattia o su un gruppo di malattieneuromuscolari. Per questo, nel giugno 2012,l’ENMC ha organizzato un workshop strategico,ospitato dal Musholm Holiday Centre dellaMuskelsvindfonden (l’Associazione Neuromu -scolare Danese, che attualmente presiede il Comi -tato Esecutivo), dedicato alle principali associa-zioni di pazienti neuromuscolari attive in ambitointernazionale, per definire insieme le strategied’azione per i prossimi anni. A tale evento hannopartecipato anche clinici e rappresentanti di azien-de farmaceutiche, portando la loro visione riguar-do agli obiettivi e alle aspettative nei vari àmbiti econtribuendo a definire nuove linee di lavoro.Nel futuro, l’ENMC continuerà a promuovere

rigorosi studi sui problemi clinici, inclusi queicampi della medicina dove raccogliere l’evidenzadi efficacia è molto difficile, come, ad esempio, lariabilitazione e le cure palliative. Soprattutto,l’intenzione è quella di continuare a supportareiniziative per cercare nuove modalità di intera-zione tra le persone con malattie neuromuscola-ri e i clinici, atte a valorizzare al meglio l’espe-rienza del paziente.

La voce di Anna AmbrosiniA rappresentare Telethon (e la UILDM)nell’ENMC, è Anna Ambrosini che, comedetto, ne è stata anche presidente del ComitatoEsecutivo dal 2009 al 2011. Questa è la suatestimonianza.«Faccio parte del Comitato Esecutivo del -

l’ENMC dal 2004 e da subito ho percepito il gran-de valore di questa organizzazione e l’importanzadel ruolo che può avere all’interno della comunità

neuromuscolare, per cui ho lavorato con entusia-smo negli anni, affinché le attività fossero svoltesempre in maniera efficace e innovativa.Anche se il mio ruolo è quello di contribuire a

un’iniziativa internazionale, senza essere diparte, ho avuto modo di apprezzare nel tempo ilcontributo dei numerosi clinici italiani chehanno partecipato agli incontri dell’ENMC, avolte anche come promotori/coordinatori.Considero inoltre di particolare rilievo il fattoche la presenza italiana sia stata spesso in rappre-sentanza di un network e non solo a titolo indi-viduale. Sono convinta che questo sia anchemerito dell’investimento della UILDM, attraver-so il finanziamento dei progetti di ricerca clinicaTelethon-UILDM.I vantaggi di questa presenza italiana sono a

mio avviso i seguenti: a) portare in ambito inter-nazionale idee ed esperienza dei clinici italianigià elaborate e, in alcuni casi, verificate in studinazionali; b) condividere le novità e, possibil-mente, integrarle nell’attività quotidiana, avvici-nando i pazienti italiani al golden standard dellagestione/terapia della malattia; c) condividerel’esperienza di una rete clinica che abbia già otti-mizzato gli approcci diagnostici e gli standard dicura per una determinata patologia (questoaspetto è già una realtà per alcuni àmbiti, più unatendenza in divenire per altri). Tutto ciò non puòche favorire la partecipazione italiana a studiinternazionali, consentendo l’accesso dei pazien-ti del nostro Paese anche a sperimentazioni clini-che su terapie innovative, come di fatto già acca-de per le persone con distrofia di Duchenne ocon amiotrofia spinale (SMA).Nel periodo 2009-2011, ho avuto l’onore di

ricoprire il ruolo di Presidente del ComitatoEsecutivo, coordinando lo staff operativo aBaarn, in Olanda, coinvolto nelle attività di base(l’organizzazione dei workshop) e nello sviluppodelle iniziative, come partner del networkTREAT-NMD. Questa attività è stata per me unmomento di forte crescita professionale e umana,che mi ha messo a confronto con realtà anchemolto difficili in cui vivono le persone conmalattie neuromuscolari, particolarmente neiPaesi dell’Est d’Europa». ■

SCIENZA&MEDICINA RICORRENZE

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stata presentata a Roma, all’inizio di que-sto mese di marzo, la prima Carta dei

Diritti delle Persone con Disabilità inOspedale, iniziativa curata dalla cooperativasociale capitolina Spes contra Spem (sito inter-net www.spescontraspem.it), in collaborazio-ne con l’Università Cattolica di Roma.L’iniziativa si è avvalsa, tra l’altro, del patroci-nio di Federazioni come la FISH (FederazioneItaliana per il Superamento dell’Handicap) eFantasia (Federazione Nazionale delle Asso -ciazioni a Tutela delle persone con Autismo eSindrome di Asperger) e di associazioni comel’ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi),l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) eParent Project.

«Tutto è partito - spiegano i promotori - dalnostro Progetto H, nato dall’esperienza concretadelle difficoltà cui vanno incontro le persone condisabilità e gli assistenti di cura (caregivers), incaso di necessità di ricovero ospedaliero. Si è for-temente sentita, infatti, l’esigenza di intraprende-re azioni volte a favorire una permanenza inospedale a misura delle persone con disabili-tà, i cui diritti - per essere pienamente fruiti intale contesto - necessitano di accorgimenti estrumenti particolari, che devono essere messi incampo dalle strutture sanitarie. Proprio a talescopo, un gruppo di persone provenienti da vari

Idirittiin ospedale

È stata presentata a Roma laprima Carta dei Diritti delle Perso-ne con Disabilità in Ospedale, frut-to del prezioso lavoro di un Co-mitato Scientifico, condiviso da va-rie associazioni di persone condisabilità

ambienti si è mensilmente incontrato, per avvia-re un ragionamento e creare questa Carta deiDiritti, che prende come base di partenza laCarta Europea per i Diritti del Malato. Laredazione del documento è stata affidata a unComitato Scientifico e condivisa da numeroseassociazioni di persone con disabilità».

Dopo l’“anteprima” di Roma, quindi, la nuovaCarta verrà diffusamente presentata al mondosanitario, all’associazionismo, alla cooperazionesociale, alla dirigenza politica e amministrativadel Sistema Sanitario Nazionale (e di volta involta di quelli Regionali), oltreché all’opinionepubblica tutta. Il tutto nel quadro di una seriedi incontri in diverse città italiane, e presumi-bilmente all’interno di strutture ospedaliere.In parallelo prenderà il via un percorso di for-

mazione del personale sanitario, perché l’abbat-timento delle barriere culturali - spesso legate“semplicemente” alla scarsa conoscenza di que-ste realtà, da parte di medici e infermieri - è unaltro degli obiettivi prioritari del progetto.È infine prevista anche l’istituzione, all’inter-no delle strutture ospedaliere, di percorsi assi-stenziali dedicati alle persone con disabilità,avvalendosi delle positive esperienze già pre-senti sul territorio nazionale. ■

DIRITTISCIENZA&MEDICINA

E’

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emellata con la UILDM già dal 2008,l’Associazione Famiglie SMA - Genitori

per la ricerca sull’atrofia muscolare spinale(www.famigliesma.org) è nata nel 2001 ed èpresieduta da Daniela Lauro, protagonista diquesta nostra intervista.

Come nasce l’Associazione Famiglie SMA?Nasce nel 2001, a Roma, per volontà di un grup-po di genitori di tutta Italia, che volevano racco-gliere fondi per promuovere la ricerca e la cono-scenza dell’atrofia muscolare spinale (SMA). Og-gi raggruppa alcune centinaia di famiglie ed è di-ventata la principale associazione di riferimentotra quanti si occupano di SMA, per motivi per-sonali o professionali.

Gli scopi principali sono quelli di informare lefamiglie sugli sviluppi della ricerca, promuoven-do e finanziando - anche in Italia - gli studi sul-la SMA e sulle possibili terapie, l’eventuale orga-nizzazione di sperimentazioni cliniche di farma-ci e di altri trattamenti, stimolando la partecipa-zione degli enti di ricerca italiani agli studi cli-nici realizzati all’estero.

In un momento in cui si sente troppo spesso par-lare in maniera scorretta di queste malattie e dipossibili terapie per esse, è importante sottolinea-re che la nostra Associazione ripone grande fidu-

Il cammino diFamiglie SMA

Gemellata con la UILDM e «amicadi Telethon», l’Associazione Fami-glie SMA è oggi la principale or-ganizzazione italiana di riferi-mento, per coloro che si occupano,a vario titolo, di atrofia musco-lare spinale

G

Intervista a Daniela Lauro

cia sui diversi studi clinici in stato avanzato e infase di imminente sperimentazione sull’uomo e -tramite il proprio Comitato Scientifico Nazionalee Internazionale - continua a fare il massimo affin-ché si avvicini sempre più la possibilità - contem-poraneamente, nel mondo - che i farmaci “giusti”siano fruibili al più presto per tutte le persone af-fette. E tuttavia, ci teniamo anche a ricordare cheun trial è un esperimento e non una terapia in at-to e che ha dei tempi e delle modalità che non pos-sono essere alterati in alcun modo.

Essendo un’associazione di genitori che vivo-no quotidianamente il rapporto con queste ter-ribili patologie, siamo vicini alle numerosefamiglie che vivono grandi difficoltà e siamoconsapevoli che i ricercatori faranno il possibi-le per trovare la terapia più sicura per la curadella SMA, trasformando le nostre speranze inrealtà e assicurando un futuro migliore amigliaia di pazienti e ai loro cari.

Che cos’è e che cosa rappresenta per Famiglie SMA,la Federazione SMA Europe?Per contribuire a una maggiore informazionesulla SMA, e soprattutto per dare un maggiorecontributo alla ricerca, dal 2008 la nostra Asso -ciazione è tra i partner di SMA Europe, un pro-getto federativo sostenuto da nove associazionidi pazienti e fondazioni che si occupano diatrofia muscolare spinale in Europa (Italia,Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania,Olan da e, da poco, anche la Svizzera).L’obiettivo è quello di fornire una piattaformadi confronto, volta a stimolare la cooperazionetra le organizzazioni, ad accelerare i percorsi diricerca traslazionale [il passaggio dalla ricerca dibase alla fase clinica, N.d.R.] in ambito di SMAe a promuovere la cura dei malati. Grazie aifondi investiti dai vari componenti, SMAEurope ha finanziato numerosi progetti diricerca, selezionati - a fronte di un bando uffi-ciale - da una commissione internazionale diesperti. Ogni chiarimento e approfondimento èdisponibile nel sito internet della Federazione(www.sma-europe.eu).

Ebbene, a questa importante attività ha dato

SCIENZA&MEDICINA ASSOCIAZIONI

un significativo contributo anche FamiglieSMA, devolvendo in circa cinque anni oltre500.000 euro, una somma per noi veramenterilevante, che speriamo possa far comprenderequanto crediamo nel lavoro svolto dallaFederazione e nelle potenzialità del progetto,oltre che nella ricerca in generale. Recen -temente, inoltre, ci siamo anche resi disponibi-li ad offrire il supporto logistico ed economiconecessario alle attività correlate all’avvio deitrial clinici e all’organizzazione di eventi e wor-kshop per la formazione dei professionisti, alfine di standardizzare la gestione quotidiana deipazienti.

Già nel 2004, tra l’altro, promuovemmo,insieme ad altre associazioni, la prima speri-mentazione clinica dedicata alla malattia, pertestare l’efficacia del fenilbutirrato, in collabo-razione con l’Università Cattolica di Roma e iprincipali centri clinici italiani per le malattieneuromuscolari. La ricerca, conclusasi dopo unanno e mezzo, pur con i suoi pregi e difetti, haposto le fondamenta per l’organizzazione dellostudio dei farmaci, ponendo l’Italia all’avan-guardia internazionale nella ricerca di un far-maco per la SMA e rendendo i medici del nostro

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Comitato Scientifico un punto di riferimentointernazionale in tale àmbito.

Quali sono i vostri rapporti con la UILDM e conTelethon?Siamo gemellati dal 2008 con la UILDM, con laquale condividiamo le finalità di intenti e gliscopi statutari di supporto alle famiglie. Insiemeabbiamo dato vita anche al Numero verde Stella(800 589738), servizio di supporto alle famiglie,che sta tra l’altro per essere implementato connuove iniziative per gli associati.

Siamo poi tra le associazioni “amiche diTelethon” e in tal senso abbiamo anche noi col-laborato ad avviare il Registro dei Pazienti conMalattie Neuromuscolari, che raccoglie datianagrafici, genetici e clinici di persone affetteda malattie neuromuscolari, a scopi epidemio-logici e di ricerca, per una migliore conoscenzadi queste patologie e per accelerare lo sviluppodi nuovi trattamenti.

Abbiamo infine aderito, come Socio Parte -cipante, all’apertura del Centro Clinico NEMOdi Milano e tra breve entreremo a far parte delCentro NEMO SUD di Messina.

E per il futuro?Intendiamo consolidare la crescita della credibi-lità e della forza dell’Associazione, che in questiultimi anni è aumentata in maniera esponenzia-le, cercando di dare, in un tempo che ci augu-riamo brevissimo, le necessarie risposte alleaspettative delle nostre famiglie.

Nell’attesa dei risultati dei vari trial clinici, pro-seguiremo con l’attività di sensibilizzazione e diconoscenza della malattia, riproponendo unagiornata di formazione medica al nostro congres-so nazionale, per informare sempre più gli opera-tori e arrivare via via a una standardizzazionedella presa in carico dei pazienti, oltreché allacreazione di una rete assistenziale in tutta Italia.Infine, ancora una volta, organizzeremo in otto-bre la Giornata di Sensibi lizzazione Nazionaleper la SMA, che nel 2012 ci ha permesso di par-lare in maniera corretta di atrofia muscolare spi-nale e di avvicinare a noi numerose realtà privatee imprenditoriali. ■

Daniela LauroÈ presidente dal 2010dell’Associazione Famiglie SMA