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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 12-13 gennaio 2021) L ’O SSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt Anno CLXI n. 8 (48.631) martedì 12 gennaio 2021 Città del Vaticano y(7HA3J1*QSSKKM( +#!z!=!#!% LA BUONA NOTIZIA Il Vangelo della II domenica del tempo ordinario (Giovanni 1, 35-42) Il coraggio di porre domande di FRANCESCO COSENTINO D opo aver ricevuto il battesi- mo nel fiume Giordano, Gesù inizia il suo ministero e incontra i primi discepoli. Questo primo incontro, secondo l’e- vangelista Giovanni, inizia con una domanda che Gesù rivolge ad Andrea e all’altro “che cercate?”. L’inizio della fede, cioè della nostra relazione con Cristo, non è una legge a cui obbedire, un dovere religioso da portare a termine o una risposta conso- lante, ma una domanda che ci rimanda a noi stessi, che ci scava dentro, che ci chiede il coraggio e la fatica di scoprire la verità di chi siamo e i nostri desideri più profondi. Spesso cadiamo nella tentazione di cercare una fede “facile”, che attutisce gli enigmi della vita con facili risposte. Gesù, invece, ci presen- ta un Dio appassionato di domande, che si fa interprete del nostro più pro- fondo desiderio di vita, di gioia e di amore, per suscitare la nostra ricerca di Lui. Le domande hanno il potere di di- sarmarci e di mettere in crisi quelle si- curezze e quegli schemi in cui spesso abbiamo racchiuso la nostra vita, tra- scinandola nell’abitudine e costrin- gendola alla prigione dell’immobilità. Dio, come un “incendiario” ( Pa p a Francesco) ci chiede di non vivere in superficie, ma di ritornare al cuore, fer- mando la nostra corsa e interrogandoci sul senso del nostro cammino: che cosa stai cercando davvero? Cosa desidera il tuo cuore? Qual è la sete che ti porti dentro? Cosa ti appassiona? Cosa ti muove? La nostra società dei consumi e la dittatura dell’esteriorità in cui sia- mo immersi, ci convincono che basta poco: presentarci con una certa imma- gine, avere successo, vincere, guada- gnare, e così via. Ma su questa strada, i nostri veri bisogni e il desiderio di vita che Dio ha messo da sempre nel nostro cuore vengono tacitati, mentre le sedu- centi risposte della pubblicità spengo- no la nostra immaginazione. E, invece, Gesù chiede anzitutto di non mortificare ciò che siamo e di ave- re il coraggio di porre quelle domande che non ci parcheggiano in piccoli ap- pagamenti terreni. Gesù dice: tu sei di più, tu desideri altro, tu sei affamato di vita, di senso, di amore. E Dio vuole essere per te l’infinito orizzonte della tua sete di felicità. I discepoli chiedono allora “dove abiti?”. Non cercano evidentemente un luogo fisico — Gesù era in realtà un “senza fissa dimora” — ma, piuttosto, gli chiedono: dove sei? Dove possiamo trovarti per saziare e dissetare questa nostra ricerca? E Gesù propone loro un’esperienza, un incontro, uno “sta- re” con Lui che è un “rimanere ” nel suo amore: venite e vedrete. Vanno e si fer- mano presso di Lui. Poi, lo annuncia- no ad altri discepoli. Così, il Vangelo ci presenta in una scena un vero e proprio itinerario di fe- de: guardarsi dentro per scoprire il de- siderio di vita che Dio ha seminato in noi, fare il cammino della vita con il cuore in ricerca e accompagnati dalle domande giuste, vivere la gioia dell’in- contro e della relazione con Lui perché senza esperienza non c’è fede vera e, infine, portarlo e annunciarlo agli al- tri. Charles de Foucauld Per diventare il fratello di tutti di BERNARD ARDURA P apa Francesco, con- cludendo l’enciclica Fratelli tutti, ci presen- ta il beato Charles de Foucauld come modello di vi- ta cristiana e modello di fra- ternità universale (n. 287). Già san Paolo VI ha consa- crato, in un certo senso, Char- les de Foucauld come «Fratel- lo universale», proponendolo, nell’enciclica Populorum progres- sio, come esempio di donazio- ne personale e carità missiona- ria: «Basti ricordare l’esempio del padre Carlo de Foucauld, che fu giudicato degno d’esse- re chiamato, per la sua carità, il “Fratello universale”, e al quale si deve la compilazione di un prezioso dizionario della lingua tuareg» (n. 12). Papa Francesco ha seguito l’intuizione del suo santo Pre- decessore, quando, durante il suo viaggio in Marocco, ha in- contrato sacerdoti, religiosi, persone consacrate e il Consi- glio Ecumenico delle Chiese. Dopo aver ricordato san Fran- cesco d’Assisi, ha detto: «E come non citare il beato Char- les de Foucauld che, profon- damente segnato dalla vita umile e nascosta di Gesù a Nazareth, che adorava in si- lenzio, voleva essere un “fra- tello universale”?» (31 marzo 2019). A Nazareth, Charles divie- ne più consapevole che Gesù è diventato un uomo come noi, un povero lavoratore di Naza- reth, e che, perciò, è diventato nostro fratello nell’umanità. Là, scopre che il Tutt’Altro è diventato uomo, superando «la differenza tra il Creatore e la creatura, tra l’oceano e la goccia d’acqua», e vivendo in mezzo a noi come «il fratello SEGUE A PA G I N A 3 ALLINTERNO Da oggi in libreria il saggio di Johan Ickx La lista di Pio XII MAT T E O LUIGI NA P O L I TA N O NELLE PA G I N E 2 E 3 In Bosnia ed Erzegovina Ue: «Subito interventi per i profughi» PAGINA 4 Prioritario investire risorse nella cura e nell’assistenza Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del malato Prioritario investire risorse nella cura e nell’assistenza Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del malato navirus, l’appuntamento di que- st’anno offre al Pontefice l’occasione per riflettere sulle conseguenze che derivano «dalle scelte politiche, dal modo di amministrare le risorse e dall’impegno di coloro che rivestono ruoli di responsabilità» in ambito sa- nitario. L’appello di Francesco è a investire di più «nella cura e nell’as - sistenza delle persone malate»: si tratta, incalza il Papa, di «una priori- tà legata al principio che la salute è un bene comune primario». PAGINA 8 «L’ attuale pande- mia ha fatto emergere tante inadeguatezze dei sistemi sanitari e carenze nell’as - sistenza alle persone malate»: so- prattutto «agli anziani, ai più deboli e vulnerabili non sempre è garantito l’accesso alle cure, e non sempre lo è in maniera equa». La denuncia di Papa Francesco è contenuta nel mes- saggio diffuso oggi, 12 gennaio, in vista della XXIX Giornata mondiale del malato che ricorre il prossimo 11 febbraio. In piena emergenza coro-

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  • Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 12-13 gennaio 2021)

    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

    Unicuique suum Non praevalebunt

    Anno CLXI n. 8 (48.631) martedì 12 gennaio 2021Città del Vaticano

    y(7HA

    3J1*QS

    SKKM(

    +#!z!=!#

    !%

    LA BUONA NOTIZIA • Il Vangelo della II domenica del tempo ordinario (Giovanni 1, 35-42)

    Il coraggio di porre domandedi FRANCESCO COSENTINO

    Dopo aver ricevuto il battesi-mo nel fiume Giordano,Gesù inizia il suo ministeroe incontra i primi discepoli.Questo primo incontro, secondo l’e-vangelista Giovanni, inizia con unadomanda che Gesù rivolge ad Andreae all’altro “che cercate?”.

    L’inizio della fede, cioè della nostrarelazione con Cristo, non è una legge acui obbedire, un dovere religioso daportare a termine o una risposta conso-lante, ma una domanda che ci rimandaa noi stessi, che ci scava dentro, che cichiede il coraggio e la fatica di scoprirela verità di chi siamo e i nostri desideripiù profondi. Spesso cadiamo nellatentazione di cercare una fede “facile”,che attutisce gli enigmi della vita con

    facili risposte. Gesù, invece, ci presen-ta un Dio appassionato di domande,che si fa interprete del nostro più pro-fondo desiderio di vita, di gioia e diamore, per suscitare la nostra ricerca diLui.

    Le domande hanno il potere di di-sarmarci e di mettere in crisi quelle si-curezze e quegli schemi in cui spessoabbiamo racchiuso la nostra vita, tra-scinandola nell’abitudine e costrin-gendola alla prigione dell’immobilità.Dio, come un “incendiario” ( Pa p aFrancesco) ci chiede di non vivere insuperficie, ma di ritornare al cuore, fer-mando la nostra corsa e interrogandocisul senso del nostro cammino: che cosastai cercando davvero? Cosa desiderail tuo cuore? Qual è la sete che ti portidentro? Cosa ti appassiona? Cosa timuove? La nostra società dei consumi

    e la dittatura dell’esteriorità in cui sia-mo immersi, ci convincono che bastapoco: presentarci con una certa imma-gine, avere successo, vincere, guada-gnare, e così via. Ma su questa strada, inostri veri bisogni e il desiderio di vitache Dio ha messo da sempre nel nostrocuore vengono tacitati, mentre le sedu-centi risposte della pubblicità spengo-no la nostra immaginazione.

    E, invece, Gesù chiede anzitutto dinon mortificare ciò che siamo e di ave-re il coraggio di porre quelle domandeche non ci parcheggiano in piccoli ap-pagamenti terreni. Gesù dice: tu sei dipiù, tu desideri altro, tu sei affamato divita, di senso, di amore. E Dio vuoleessere per te l’infinito orizzonte dellatua sete di felicità.

    I discepoli chiedono allora “doveabiti?”. Non cercano evidentemente

    un luogo fisico — Gesù era in realtà un“senza fissa dimora” — ma, piuttosto,gli chiedono: dove sei? Dove possiamotrovarti per saziare e dissetare questanostra ricerca? E Gesù propone loroun’esperienza, un incontro, uno “sta-re ” con Lui che è un “r i m a n e re ” nel suoamore: venite e vedrete. Vanno e si fer-mano presso di Lui. Poi, lo annuncia-no ad altri discepoli.

    Così, il Vangelo ci presenta in unascena un vero e proprio itinerario di fe-de: guardarsi dentro per scoprire il de-siderio di vita che Dio ha seminato innoi, fare il cammino della vita con ilcuore in ricerca e accompagnati dalledomande giuste, vivere la gioia dell’in-contro e della relazione con Lui perchésenza esperienza non c’è fede vera e,infine, portarlo e annunciarlo agli al-tri.

    Charles de Foucauld

    Per diventareil fratellodi tutti

    di BERNARD ARDURA

    Papa Francesco, con-cludendo l’enciclicaFratelli tutti, ci presen-ta il beato Charles deFoucauld come modello di vi-ta cristiana e modello di fra-ternità universale (n. 287).

    Già san Paolo VI ha consa-crato, in un certo senso, Char-les de Foucauld come «Fratel-lo universale», proponendolo,nell’enciclica Populorum progres-sio, come esempio di donazio-ne personale e carità missiona-ria: «Basti ricordare l’esempiodel padre Carlo de Foucauld,che fu giudicato degno d’esse-re chiamato, per la sua carità,il “Fratello universale”, e alquale si deve la compilazionedi un prezioso dizionario dellalingua tuareg» (n. 12).

    Papa Francesco ha seguitol’intuizione del suo santo Pre-decessore, quando, durante ilsuo viaggio in Marocco, ha in-contrato sacerdoti, religiosi,persone consacrate e il Consi-glio Ecumenico delle Chiese.Dopo aver ricordato san Fran-cesco d’Assisi, ha detto: «Ecome non citare il beato Char-les de Foucauld che, profon-damente segnato dalla vitaumile e nascosta di Gesù aNazareth, che adorava in si-lenzio, voleva essere un “fra-tello universale”?» (31 marzo2019).

    A Nazareth, Charles divie-ne più consapevole che Gesù èdiventato un uomo come noi,un povero lavoratore di Naza-reth, e che, perciò, è diventatonostro fratello nell’umanità.Là, scopre che il Tutt’Altro èdiventato uomo, superando«la differenza tra il Creatore ela creatura, tra l’oceano e lagoccia d’acqua», e vivendo inmezzo a noi come «il fratello

    SEGUE A PA G I N A 3

    ALL’INTERNO

    Da oggi in libreria il saggiodi Johan Ickx

    La lista di Pio XII

    MAT T E O LUIGI NA P O L I TA N ONELLE PA G I N E 2 E 3

    In Bosnia ed Erzegovina

    Ue: «Subito interventiper i profughi»

    PAGINA 4

    Prioritario investire risorsenella cura e nell’assistenza

    Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del malato

    Prioritario investire risorsenella cura e nell’assistenza

    Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del malato

    navirus, l’appuntamento di que-st’anno offre al Pontefice l’o ccasioneper riflettere sulle conseguenze chederivano «dalle scelte politiche, dalmodo di amministrare le risorse edall’impegno di coloro che rivestonoruoli di responsabilità» in ambito sa-nitario. L’appello di Francesco è ainvestire di più «nella cura e nell’as -sistenza delle persone malate»: sitratta, incalza il Papa, di «una priori-tà legata al principio che la salute èun bene comune primario».

    PAGINA 8

    «L’ attuale pande-mia ha fattoemergere tanteinadeguatezzedei sistemi sanitari e carenze nell’as -sistenza alle persone malate»: so-prattutto «agli anziani, ai più debolie vulnerabili non sempre è garantitol’accesso alle cure, e non sempre lo èin maniera equa». La denuncia diPapa Francesco è contenuta nel mes-saggio diffuso oggi, 12 gennaio, invista della XXIX Giornata mondialedel malato che ricorre il prossimo 11febbraio. In piena emergenza coro-

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 martedì 12 gennaio 2021

    di MAT T E O LUIGINA P O L I TA N O

    Trasgredire gli ordini superiorimuta l’antico adagio latinonel suo contrario: ubi minormaior cessat. Un esempio para-dossale di ciò è proprio nellecarte vaticane. Durante la se-conda guerra mondiale amonsignor Ján Voitaššak, ve-scovo di Spiš di simpatie na-ziste, il governo slovacco offrela carica di consigliere di Sta-to. Per il suo ruolo il vescovodovrebbe rifiutare; e inveceaccetta, chiedendo l’assensodi Pio XII solo ex post.

    Non è che uno degli episo-di consegnatici dal volumePio XII e gli Ebrei (Milano, Riz-zoli, 2021, in libreria da oggi)scritto da Johan Ickx, diretto-re dell’Archivio storico dellaSezione Rapporti con gli Sta-ti della Segreteria di Stato va-ticana. Il volume apre unanuova stagione di studi sulpontificato di Pio XII, conuno spaccato di quello cheIckx chiama Le Bureau (titolo

    dell’edizione francese del li-bro), ossia la prima Sezionedella Segreteria di Stato re-sponsabile non solo dei rap-porti internazionali ma anche,in via sempre più densa edrammatica, delle vicende deimoltissimi ebrei che nel corso

    della seconda guerra mondia-le si rivolsero al Vaticano perottenere aiuto, sostegno, con-siglio e protezione.

    Un primo dato è evidentedalle carte: la conversione alcattolicesimo per Hitler e peri suoi emuli non mutava ilsangue giudaico; convertirsiper essere considerati “nonariani” non era una garanzia.Il B u re a u queste cose le sape-va, e sapeva che la Germaniavantava numerose imitazioni.La Slovacchia, per esempio,aveva scelto la strada totalita-ria: «Battezzati o no — disseinesorabile il ministro Mach— tutti gli ebrei dovranno an-darsene». Le pressioni germa-niche inducevano poi gli un-gheresi a consegnare ai tede-schi quegli ebrei che cercava-no di varcare il confine pro-prio dalla Slovacchia. I vesco-vi slovacchi scrissero una de-nuncia collettiva pienamenteappoggiata dal Papa. Ma, an-che in questo caso, valeva ilcontrario dell’antico adagio:«Il guaio è che il presidentedella Slovacchia è un sacerdo-te — scrisse monsignor Tardi-ni —. Che la Santa Sede nonpossa far stare a posto Hitler,tutti lo capiscono. Ma chenon possa tener a freno unsacerdote, chi lo può capi-re?». Ubi minor maior cessat.

    Si trattava di situazionigravissime nelle quali «c’eraben poco che i membri delBureau potessero fare per pu-nire i rei». Lo vediamo dai di-spacci di monsignor Burzio,chargé a Bratislava, sui suoicolloqui con il p re m i e r Tu k a :«Vale la pena che io continuia riferire a Vostra Eminenza ilseguito della mia conversazio-ne con un demente?». Le sto-rie narrate in questo libro de-vono pertanto intendersi co-me storie di persone in fuga,ma anche come storie di ten-tativi, compiuti con umaneforze e umani limiti, per sal-vare queste vite in fuga. Si facosì giustizia di alcune super-ficiali tesi, anche recenti, circal’antisemitismo della curia diPio XII.

    “E b re i ” è il nome della se-rie dei documenti racchiusi in170 posizioni alfabeticamenteordinate, per un totale di cir-

    ca 2.800 casi. Nel B u re a u «ilcardinale Maglione aveva ilcomando generale di entram-be le sezioni. Non si puòescludere che l’altra sezionedisponesse del proprio regi-stro o sistema di archiviazio-ne, il che vorrebbe dire chealtri archivi della Santa Sede,come per esempio l’A rc h i v i oApostolico, custodiscano ma-teriale simile riguardante gliebrei». L’esistenza della Serie“E b re i ”, che Ickx chiama “lalista di Pio XII”, è «la provatangibile dell’interesse mo-strato nei confronti di perso-ne che, a causa delle leggirazziali, non erano considera-te comuni cittadini, sia chefossero ebrei o ebrei battezza-ti». Non è possibile qui citaretutti i “casi ebraici” notificatial Vaticano. Ma si può direche i documenti mostranochiaramente, come scriveIckx, che gli sforzi vaticanierano rivolti «a salvare ognisingolo essere umano, a pre-scindere dal colore e dal cre-do». Due episodi assai signi-ficativi lo provano, fra quellienumerati dall’autore del li-b ro .

    Il primo è nelcapitolo intitolatoBreve storia di un pie-tosissimo caso. Si trat-ta dei coniugiOskar e MariaGerda Ferenczy,cattolici austriacid’origine ebraica,emigrati dall’Au -stria dopo l’An -schluss. Essi, con laloro figlia ManonGertrude, si trasferiscono aZagabria, assistiti dall’arcive -scovo della città, monsignorStepinac. Ma nel 1939 le auto-rità locali, già vicine al nazi-smo, respingono tutti gli ebreistranieri, convertiti o no, versola frontiera italiana. I Feren-czy vanno ad Abbazia, nella

    provincia di Fiume. Al colmodella miseria e della dispera-zione, Maria Gerda scrive aPio XII una prima lettera incui gli confessa d’aver vendu-to la Bibbia per un pezzo dipane, e della fallita ricerca diun passaporto per emigrare.Le carte ci informano che PioXII lesse personalmente la let-tera. Ma come aiutare la don-na e la sua famiglia? Lei nonaveva manifestato dei desidera -ta. Monsignor Dell’Acqua fuinvestito del «caso pietosissi-mo» e il vescovo di Fiume,monsignor Camozzo, pregatodi interessarsi dei Ferenczy. Lasituazione peggiorò a fine1939, quando i Ferenczy ri-schiarono di essere consegnatialle autorità tedesche e depor-tati in Polonia. In una secon-da lettera al Papa, Maria Ger-da lo scongiurava di sventareil pericolo, e rinnovava la ri-chiesta d’aiuto per emigrare.Ancora una volta Dell’Acquafu investito della questione euna seconda volta fu scritto aCamozzo, che misteriosamen-te non aveva risposto alla pri-ma lettera. Ora gli si ordinavadi chiedere alle autorità italia-

    ne un permesso di soggiornoprolungato per i Ferenczy. In-spiegabilmente Camozzo tac-que ancora. Presentendo latragedia, Maria Gerda scrisseuna terza lettera al Papa, rin-novando i suoi appelli. «Dal-l’Archivio Storico — ci infor-ma Ickx — emerge che il Bu-

    reau non smise di seguire ilsuo caso». La situazione pre-cipitò con l’arresto di OskarFerenczy e con la sua tradu-zione in carcere a Fiume. Ap-prese queste novità, il Vatica-no incaricò Dell’Acqua di pre-parare una lettera per il gesui-ta Tacchi Venturi, interlocuto-re privilegiato delle autoritàitaliane. Intanto, il 7 agosto laFerenczy seppe dalla superio-ra delle suore di Nostra Si-gnora di Sion che forse in Va-ticano erano disponibili deivisti per il Brasile. Maria Ger-da allora pregò per lettera ilPapa di ottenerne per la suafamiglia. La cosa andò nuova-mente sul tavolo di Dell’Ac -qua. Nell’emergenza fu intan-to inviato ai Ferenczy un sus-sidio di ottocento lire. Maspettava all’ambasciata brasi-liana presso la Santa Sedel’ultima parola sui visti. Il Bu -re a u intervenne e finalmente,il 19 agosto 1940, il cardinaleMaglione poteva annunciare aMaria Gerda Ferenczy che ivisti erano stati concessi. Sem-brava fatta; senonché, unavolta a Rio De Janeiro, fu im-pedito lo sbarco al capofami-glia Oskar Ferenczy, il cui vi-sto era considerato non vali-do. Fu il cappellano della na-ve a telegrafare la notizia alB u re a u , chiedendogli d’inter -venire. Dalla Santa Sede partìimmediatamente un cablo-gramma confermando alle au-torità brasiliane la validità deivisti. Iniziava così per i Feren-czy una nuova vita.

    Il caso è sintomatico «dicome gli ebrei battezzati si ri-trovarono letteralmente in-trappolati e schiacciati tra leloro due identità» dato che,man mano che le leggi razzia-li s’inasprivano, «veniva amancare la distinzione traebrei ed ebrei battezzati».

    Un altro episodio-simboloè nel capitolo intitolato B re v e

    Nei documenti della Segreteria di Stato durante gli anni della seconda guerra mondiale

    La lista di Pio XII

    IL VOLUME DA O GGI IN LIBRERIA

    Le cartedel Bureau

    Pio XII e gli Ebreicon questo titoloJohan Ickx, re-sponsabile del-l’Archivio storicodella Sezione peri Rapporti con gliStati della Segre-teria di Stato, affi-da il suo lavoro diricostruzione dellevicende che vide-ro protagonistiPapa Pacelli e isuoi più stretticollaboratori du-rante gli anni ter-ribili in cui la fol-lia nazista ideò eperpetrò lo ster-minio del popoloebraico. Il volume— da oggi, 12 gennaio, in libreria (Milano, Rizzoli, 2021,pagine 416, euro 22) — apre una nuova stagione di studi sulpontificato di Pio XII, indagando sull’attività di quello chel’Autore chiama Le Bureau , ossia la prima Sezione della Se-greteria di Stato, responsabile non solo dei rapporti inter-nazionali ma anche delle vicende dei moltissimi ebrei chenel corso della seconda guerra mondiale si rivolsero al Vati-cano per ottenere aiuto e protezione.Pacelli è al centro di uno dei più controversi casi della sto-riografia contemporanea, salutato — si legge nella presenta-zione del libro — «come il salvatore di Roma dallo scempiodell’occupazione nazista», è stato poi oggetto, di una vio-lenta campagna denigratoria nel dopoguerra, quando «co-minciò a serpeggiare la cosiddetta “accusa del Silenzio”,che voleva Pio XII omertoso rispetto all’orrore dei campi diconcentramento e in buona sostanza complice dei nazisti».Un contributo alla ricostruzione della verità è venuto loscorso 2 marzo, con l’apertura dell’Archivio Apostolico Va-ticano e degli altri archivi della Santa Sede alla consulta-zione degli studiosi dei documenti del pontificato di Pacel-li (1939-1958). Cosa dicono le carte? Cosa emerge dai docu-menti? A quasi un anno di distanza giunge in questo sensoil lavoro di Ickx, che, come recita il sottotitolo del libro,punta a definire «finalmente il ruolo di Papa Pacelli duran-te la seconda guerra mondiale» affidandosi «alle sole testi-monianze documentali autentiche» e facendo emergere do-cumenti inediti sulla figura e l’opera di un Pontefice cheha incrociato anni tra i più terribili della storia contempo-ranea.

    Il “pietosissimo caso” dei coniugiOskar e Maria Gerda Ferenczy,cattolici austriaci d’origine ebraica,e della loro figliolettaManon Gertrude

    Minutadi una letteradel cardinale

    Ma g l i o n ea padre Tacchi

    Venturi, inviatail 23 settembre

    1942

    Questo libro è viaticod’una nuova stagione di studiche spazza pregiudizi ideologicipassati e recenti e smonta l’ideache Pio XII fosse all’o s c u ro ,e non invece al vertice,di una rete di aiutiin favore di ebrei e di rifugiati

  • L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 12 gennaio 2021 pagina 3

    storia di un uomo comune e di unabambina di otto anni. L’uomocomune (così amava definirsi)era Mario Finzi, impegnatonella sezione bolognese dellaD elasem (Delegazione perl’assistenza degli emigrantiebrei). Nell’agosto del 1942Finzi scrisse direttamente aPio XII, chiedendogli d’inter-venire con cristiana carità«salvando una povera creatu-ra d’otto anni minacciata dal-l’odio e dalla ferocia degli uo-mini». Si trattava di MajaLang, una bambina jugoslavache aveva un fratello dicias-settenne, Wladimir, agli arre-sti domiciliari in una villa del-l’immobiliarista Alfonso Ca-nova, a Sasso Marconi. Wla-dimir aveva chiesto a Finzi disalvare la sorellina. La fami-glia era stata arrestata inCroazia e la piccola, con unpermesso ormai a scadenzaper stare in Ungheria con unazia, rischiava di essere riac-

    compagnata al confine croato.Conscio dei rischi che Majacorreva, Finzi elaborò un pia-no che sottopose direttamenteal Papa: far sì che la bimbaraggiungesse l’Italia per ri-

    congiungersi al fratello Wla-dimir. Ma per ottenere ciò oc-correva che la Santa Sede simuovesse direttamente pressoil ministero degli Esteri italia-no, che avrebbe potuto inte-ressare la sua legazione a Bu-dapest. «Santo Padre, io soche non è poco ciò che oso

    chiederVi — scrisse Finzi aPio XII — ; ma operare cristia-namente in un mondo che incosì gran parte è la negazionedi Cristo non è impresa facileper gli uomini comuni». IlVaticano non perse tempo.Ricevute le debite istruzioni,nel gennaio 1943 padre TacchiVenturi riuscì a ottenere dalministero dell’Interno italianoil permesso d’ingresso e disoggiorno a Sasso Marconiper la piccola Maja e per isuoi genitori. L’ordine delleautorità italiane sembra giun-to in tempo per salvare la vitadell’intera famiglia. Ma a uncerto punto le tracce dellapiccola Maja si perdono. Pur-troppo morta nei Lager, stan-do agli archivi di Yad Va-shem. «A ogni modo — scriveIckx — il suo caso getta lucesu una prospettiva interessan-te», e cioè sul fatto che «ildottor Finzi di Bologna con-siderasse Papa Pio XII l’unicaautorità ancora in grado d’in-tervenire con successo in uncaso umanitario così comples-so e sorprendente». MarioFinzi, questo giovane «uomocomune» dal cuore d’o roavrebbe conosciuto l’arresto ela deportazione ad Au-schwitz, la liberazione e infi-ne la morte precoce per unamalattia contratta nel Lager. ILang sarebbero tornati in Ju-goslavia nel 1945, per poi tra-sferirsi in Israele tre anni do-po. «Insieme agli eroi localidi Sasso Marconi, la cui Me-moria è onorata dallo Yad Va-shem [Alfonso Canova è Giu-sto tra le Nazioni, ndA], e aun comune ebreo, Mario Fin-zi, vittima del terrore nazista,Pio XII e il Bureau salvaronouna famiglia».

    Questo libro è dunque via-tico d’una nuova stagione distudi che spazza pregiudiziideologici passati e recenti esmonta l’idea che Pio XII fos-se all’oscuro, e non invece alvertice, di una rete di aiuti infavore di ebrei e di rifugiatiassai complessa ma dai con-torni nitidi. Un grande passo,insomma, verso quella “de-mocrazia storiografica” damolti auspicata.

    Per diventare il fratello di tuttidevi essere

    il fratello di qualcuno

    Nei documenti della Segreteria di Stato durante gli anni della seconda guerra mondiale

    L e t t e radi raccomandazionedel Comitatocattolicoper i rifugiatidi Zagabria,4 settembre 1939

    La vicenda di Mario Finziimpiegato bologneseun “uomo comune” che sottoposedirettamente al Papa il suo pianoper salvare la vita della piccola Maja

    CO N T I N UA DA PAGINA 1

    amato». Pensando ai suoi PiccoliFratelli, che sogna di riunire, Char-les scrive che dovrebbero essere rap-presentanti di Nostro Signore, cioè«salvatori universali, amici univer-sali, fratelli universali».

    Quando Charles scrisse al vesco-vo del Sahara, nel 1901, con l’inten-zione di raggiungere la Prefetturaapostolica del Sahara, il suo idealedi vita era quello di praticare versotutti, cristiani e musulmani, la caritàuniversale del Cuore di Gesù. Allo-ra come possiamo sorprenderciquando chiama la sua casetta a Be-ni-Abbes «La fraternita del SacroCuore di Gesù»?

    Charles de Foucauld è per noimolto prezioso per tanti motivi, masoprattutto perché la sua esperienzaspirituale, almeno quella che pos-siamo cogliere a partire dai suoiscritti, è quella di un uomo diventa-to, negli anni, sempre più realistico.Egli sa che per amare tutti, devi ini-ziare amando qualcuno; per diven-tare il fratello di tutti, devi essere ilfratello di qualcuno.

    Naturalmente uomo di re-lazioni personali, amico sin-cero e fedele, Charles ha sa-puto fare amicizia e ha colti-vato le sue amicizie fino alpunto di superare ogni osta-colo. Dalle profondità delSahara, si unì così a tutti isuoi amici e mantenne rap-porti fraterni con tutti loro.

    La sua corrispondenza of-fre numerosi esempi delle suerelazioni con molte personesenza distinzione di lingua,nazionalità o religione. Scrivenei suoi Carnets de Tamanrasset:«Farmi tutto a tutti: riderecon chi ride; piangere con chipiange, per portarli tutti aGesù. Mettermi con disponi-bilità, alla portata di tutti perattirarli tutti a Gesù. Metter-mi con condiscendenza allaportata di tutti, per attirarlitutti a Gesù».

    Charles de Foucauld è passatocosì da una concezione astratta,ideale di imitazione di Gesù, aun’incarnazione concreta, «per es-sere un amico e un fratello universa-le». Riesce a vivere la fraternità at-traverso rapporti concreti di amici-zia.

    Ci ha lasciato, come testamentospirituale della fraternità universale,queste poche righe tratte dal Regola-mento e Direttorio per i Piccoli Fratelli:

    Risplenda come un faro la lorocarità universale e fraterna; che nes-suno in un ampio raggio intorno,che sia anche un peccatore o un in-fedele, ignori che essi sono gli amiciuniversali, i fratelli universali, checonsumano la loro vita pregandoper tutti gli uomini senza eccezioni,e facendo loro del bene, che la lorofraternità sia un porto, un asilo incui ogni essere umano, soprattuttose povero e infelice, è, in ogni mo-mento, fraternamente invitato, desi-derato e accolto, e che è, come indi-ca il nome, la casa del Sacro Cuoredi Gesù, dell’amore divino diffusosulla terra, dell’ardente Carità, delSalvatore degli uomini.

    Diventare «fratello universale»non era solo il desiderio forse unp o’ ingenuo di un santo sacerdote.In tal modo, Charles de Foucauldanticipò ancora una volta i tempi inuna visione molto più in anticipo,anzi profetica, rispetto alla sua epo-ca.

    Charles visse durante il periododella più grande espansione colo-niale dell’Europa contemporanea.

    E la Francia contava tra gli Stati chene furono i protagonisti. In questocontesto coloniale, Charles dichiaròche voleva essere «fratello universa-le». È noto che le motivazioni allabase del colonialismo non erano,certamente, ragioni umanitarie o fi-lantropiche. Non sono questi i sen-timenti che gli Stati europei hannomanifestato nei confronti dei popolisottoposti alle loro conquiste. Tuttala cultura europea del tempo erafortemente intrisa di una presuntasuperiorità ed era opinione diffusache tutta l’umanità sarebbe stata ri-modellata sul modello dell’O cci-dente. Lo stesso Hegel giunse ad af-fermare «un’indiscutibile ed evi-dente superiorità dell’O ccidente».

    Sulla base di queste premesse,sembrava logico considerarsi «de-stinatari di un dovere di civiltà» neiconfronti di altri popoli, che dove-vano accettare, volenti o nolenti,questa superiorità e quest’opera ci-vilizzatrice.

    È quindi in questo particolarecontesto che Charles de Foucauldconcepisce il ruolo a cui lo chiama ilsuo appassionato desiderio di imita-

    re Gesù di Nazareth: lavorare in si-lenzio per superare questa soglia disfiducia e inimicizia, attraverso unapresenza fraterna, amichevole e dicondivisione sincera. In concreto, lasua vita, fatta di sempre più vici-nanza alle persone, di rapporti diuguaglianza e fraternità, è una sfidaanche all’interno della conquistacoloniale. Poco prima di morire,riassume così il suo stile di vita fra-terna: «Amore fraterno per tutti gliuomini... vedere in ogni uomo unfiglio del Padre che è nei cieli: esse-re caritatevole, pacifico, umile, co-raggioso con tutti, per pregare pertutti, per tutti gli esseri umani, peroffrire le proprie sofferenze per tut-ti».

    Charles de Foucauld ci aiuta cosìa capire che vivere l’universalitànon significa perdere se stesso, matrovare se stesso, non certo impove-rirsi, ma arricchirsi. Vivere ogni re-lazione come un percorso di amici-zia che ci rivela la fratellanza, usciredai nostri confini e avventurarci interre sconosciute, lottare insiemecontro l’esclusione, la violenza e l’e-marginazione. Essere fratello uni-versale significa essere fratello ditutti, senza eccezioni né distinzioni,senza escludere nessuno, attento aciò che l’altro ha di bene, e tuttoquesto senza perdere la propriaidentità. Non basta fare una profes-sione di fraternità universale, ma,come ci insegna Charles de Fou-cauld, dobbiamo imparare a vivere,giorno dopo giorno, questa frater-nità perfino nel profondo del nostroessere, nel profondo del nostro cuo-re .

  • L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

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    L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 martedì 12 gennaio 2021

    Vertice One Planet Summit a Parigi

    Impegno per proteggerela biodiversità

    Non sarà comunque raggiunta l’immunità di gregge nel 2021

    L’Oms accelera sui vaccini

    DAL MOND O

    Inviati dell’Ecowas in Maliper colloqui sul nuovo Governo

    I tre inviati della Comunità economica degli Stati dell’Africaoccidentale (Ecowas) sono da ieri nel Mali per colloqui sullatransizione del Paese verso un Governo civile. Nel Mali cresco-no le preoccupazioni relative alla capacità del Governo di tran-sizione — istituito il 5 ottobre dopo il golpe militare del 18 ago-sto — di portare avanti il programma di riforme costituzionaliper le elezioni da tenere entro 18 mesi. Il colpo di Stato militareha avuto luogo dopo settimane di proteste contro l’ex presi-dente Ibrahim Boubacar Keita, accusato anche di incapacitànel reprimere il fenomeno islamista. In risposta al golpe, l’Eco -was ha imposto delle sanzioni rimosse soltanto dopo la creazio-ne di un Governo ad interim guidato da Bah Ndaw, un civile.

    Nigeria: 13 soldati uccisiin un’imboscata jihadista

    Tredici soldati nigeriani sono morti in un’imboscata di milizia-ni jihadisti dell’Iswap, (Provincia dell’Africa occidentale del-l’Is), un gruppo terroristico operativo nel nord-est del Paeseafricano. Lo hanno confermato fonti dell’esercito di Abuja,precisando che numerosi colpi di arma da fuoco e granate arazzo hanno colpito un convoglio militare nei pressi del villag-gio di Gazagana, a circa trenta chilometri da Damaturu, capo-luogo dello Stato di Yobe. Il convoglio era diretto alla base mi-litare di Buni Yadi, poco distante da Damaturu. Nella successi-va sparatoria sono rimasti uccisi un numero imprecisato di jiha-disti, hanno riferito fonti militari.

    In Bosnia ed Erzegovina

    Ue: «Subito interventiper i profughi»

    SA R A J E V O, 12. Le autorità del-la Bosnia ed Erzegovina fan-no sapere di avere messo al si-curo in tende riscaldate tutti i900 profughi del campo di Li-pa, andato a fuoco il 23 di-cembre. Ma l’Unione europeanon considera chiuso il casodei profughi in arrivo dallarotta balcanica e condannati avagare da settimane lungo ilconfine chiuso fra Croazia eBosnia ed Erzegovina.

    Non ci sono infatti solo i900 di Lipa, il campo dovevenivano concentrati i richie-denti asilo ed i profughi pri-ma del 23 dicembre, ma alme-no altre duemila persone allamacchia nel gelo, in cerca diriparo nei boschi in condizio-ni proibitive.

    L’alto rappresentante per la

    politica estera e la sicurezzadell’Unione, Josep Borrell, èintervenuto con grande chia-rezza. La Bosnia ed Erzegovi-na, ha detto, rischia «graviconseguenze» se non verràfornita assistenza urgente a1.700 migranti rimasti senzarifugio da più di tre settima-ne. Le autorità del paese extraUe ma in attesa di entrarvi,devono «intensificare rapida-mente le loro azioni per af-frontare la grave situazioneumanitaria» ha detto al mem-bro serbo della presidenzacongiunta della Bosnia, Milo-rad Dodik.

    Le autorità — ha detto —dovrebbero «assumersi la pie-na responsabilità, un’azioneurgente e fare il necessario perfornire assistenza immediata elavorare su soluzioni a lungotermine». Il messaggio è chia-ro: l’assistenza dell’Unione ègarantita e continuerà ad es-serlo. Ma se la Bosnia ed Er-zegovina vuole sperare nellapositiva valutazione del suodossier da parte degli statimembri, deve dimostrarsi al-l’altezza di soluzioni «a lungotermine». Dimostrandosi,quindi, all’altezza della gestio-ne della bomba umanitaria esociale che la questione diquei tremila disperati fermi al-le porte dell’Europa, rappre-senta. L’incendio di Lipa, ap-piccato nella disperazione daprofughi che pensavano di es-sere trasferiti per un’espulsio-

    ne, è stato preceduto e segui-to, infatti da episodi di intol-leranza sempre più evidentidelle amministrazioni locali.Basti ricordare che il tentativodi trasferire i profughi di Lipaall’ex campo di Bira, nel cen-tro abitato di Bihac, e in unacaserma a Bradina a sud diSarajevo era stato fermato dal-la sollevazione dei residenti edei sindaci . Una situazionesulla quale la Caritas — chedal 2015 presidia la rotta bal-canica — aveva lanciato un al-larme preciso: si rischia nonsolo la castrofe umanitaria maanche l’accendersi di violenza,per di più a sfondo razziale,in un contesto delicatissimo esegnato dalla memoria storicadella guerra.

    La Ue ha finora messo a di-

    sposizione della Bosnia ed Er-zegovina oltre 90 milioni dieuro per l'assistenza ai mi-granti. Le tende ricostruite aLipa non sono sufficienti.

    GINEVRA, 12. «Un anno fa èstato segnalato il primo de-cesso per covid-19 nel mondo.Un anno dopo, sono quasi 2milioni i morti per il virus ementre siamo pieni di speran-za verso vaccini sicuri ed effi-caci che vengono lanciati, vo-gliamo vedere accelerare tuttoquesto e vogliamo vedere chei vaccini vengano distribuitiequamente nelle prossime set-timane». Così si è espresso ie-ri il direttore generale del-l’Organizzazione mondialedella sanità (Oms) TedrosAdhanom Ghebreyesus nelcorso del consueto briefingsulla pandemia in cui ha chie-sto ai produttori di vaccinianti-covid di tutto il mondodi «muoversi rapidamenteper fornire i dati necessari checi consentiranno di prenderliin considerazione per glielenchi di uso di emergen-za».

    Il numero uno dell’O msha rimarcato come sia impor-tante, in questo momento,contenere la trasmissione diSars-CoV-2 per «limitare lapossibilità di sviluppare nuo-ve varianti pericolose». Perpoter scoprire e comprenderemeglio quando vengonoidentificate varianti che de-stano preoccupazione, Adha-nom Ghebreyesus ha chiestoa tutti i Paesi «di aumentare ilsequenziamento del virusSars-CoV-2 per integrare glisforzi di sorveglianza, moni-toraggio e test in corso e con-dividere questi dati a livellointernazionale». Per ora lenuove varianti avrebbero di-mostrato una maggiore capa-cità di trasmissione ma nonsembrerebbero, eccetto rareeccezioni, esser caratterizzateda una maggiore carica virale.In questo momento «l’asp et-to più cruciale è che si se-

    quenzi il virus in modo effica-ce così da sapere come stacambiando, e come risponde-re. Ad esempio, mentre la dia-gnostica e i vaccini sembranoancora essere efficaci contro ilvirus attuale, potremmo averbisogno di modificarli in fu-turo», ha concluso il direttoregenerale dell’O ms.

    Durante la conferenza ladottoressa dell’Oms, SoumyaSwaminathan, ha affrontatola problematica sull’immunitàdi gregge. «Non raggiungere-mo alcun livello di immunitàdella popolazione o immuni-tà di gregge nel 2021» ha di-chiarato Swaminathan, purevidenziando gli «incredibiliprogressi» compiuti dagliscienziati, che hanno svilup-pato diversi vaccini anti-co-vid-19 sicuri ed efficaci controun virus nuovo in meno di unanno. Per avere risultati im-portanti in termini di immu-

    nità, e per la produzione dimiliardi di dosi, servirà tem-po ha aggiunto il funzionariodell’Oms che, invitando adessere pazienti, ha assicuratoche alla fine «i vaccini arrive-ranno e andranno in tutti iPaesi». Swaminathan ha riba-dito, al tempo stesso, l’imp or-tanza del rispetto delle misu-re sanitarie e sociali che si so-no dimostrate valide nella lot-ta alla diffusione del virus,sollecitando il mantenimentodel distanziamento sociale edell’uso delle mascherine pertutto l’anno ancora.

    Intanto ieri, sul fronte deivaccini, l’azienda biotecnolo-gica tedesca BioNTech, asso-ciata al colosso statunitensePfizer, ha stimato di essere ingrado di produrre 2 miliardidi dosi di vaccino entro la fi-ne del 2021, molto più dellaprecedente stima di 1,3 miliar-di di dosi.

    PARIGI, 12. La Francia ha or-ganizzato e presieduto, ieri aParigi, il vertice One PlanetSummit, dedicato alla biodi-versità, con l’obiettivo dichia-rato di rilanciare la diploma-zia “v e rd e ”, ferma per il co-vid-19. La pandemia dimostrain modo netto le conseguenzedegli squilibri dell’ambiente.

    Sono intervenuti una tren-tina di personalità — fra i capidi Stato e di Governo, per lopiù in videoconferenza, visti ilimiti imposti dalla crisi sani-taria — che hanno presentatoiniziative e assunto impegniconcreti sui 4 temi della con-ferenza: protezione degli eco-sistemi terrestri e marini, pro-mozione dell’a g ro - e c o l o g i a ,mobilitazione dei finanzia-menti, legame fra deforesta-zione, protezione delle speciee salute umana. Un ultimo te-ma scottante, proprio in piena

    pandemia, riguarda la preoc-cupante moltiplicazione dellemalattie che passano dall’ani -male all’uomo, in particolareper i contatti più frequenti frale specie causati dalla distru-zione degli habitat selvatici.

    Al vertice hanno preso par-te anche il segretario generaledell’Onu, António Guterres, ipresidenti della Banca mon-diale, della Bce e della Com-missione europea, DavidMalpass, Christine Lagarde eUrsula von der Leyen, e il di-rettore generale dell’Oms, Te-dros Adhanom Ghebreyesus.

    Nel suo intervento, von derLeyen ha detto che «l'Europaè pronta a fare da apripista»,auspicando che «altri si uni-ranno a noi in questo sforzosull'ambiente». «Entro la finedel 2021 — ha aggiunto — saràproposta una nuova normati-va per ridurre al minimo il ri-

    schio di immissione sul mer-cato dell’Ue di prodotti legatialla deforestazione globale».

    «Essere una grande econo-mia e una superpotenza com-merciale comporta delle re-sponsabilità. È nostro doveregarantire che il nostro merca-to unico non guidi la defore-stazione nelle comunità localiin altre parti del mondo», haevidenziato il presidente dellaCommissione europea.

    Tra pochi mesi, il mondo siriunirà a Kunming, in Cina,per la Cop15. Una riunione,ha specificato von der Leyen,«che deve essere come quellaCop21 per il clima di Parigidel 2016». «Abbiamo biso-gno che la Cop15 sia accom-pagnata da un accordo ambi-zioso, globale e rivoluziona-rio come quello siglato a Pari-gi», ha concluso il presiden-te.

  • L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 12 gennaio 2021 pagina I

    Qquattro pagineA P P R O F O N D I M E N T I D I C U L T U R A S O C I E T À S C I E N Z E E A R T EIl talento di mescolare

    parole e colorimemoria e forma

    A colloquio con il pittore Sandro Trotti

    Nato nel 1934 a Monte Urano (Ascoli Piceno), nel 1949 SandroTrotti si trasferisce a Roma dove si iscrive al Liceo artistico e iniziaa frequentare i più importanti artisti del tempo, tra i quali Domeni-co Purificato, Giuseppe Capogrossi, Pericle Fazzini, Sante Mona-chesi, Corrado Cagli e Lugi Montanarini. Al 1954 risale la sua pri-ma personale a Porto San Giorgio e da allora ha esposto nelle prin-cipali gallerie e nei musei di numerose città in Italia e all’estero (trale altre Philadelphia, Creta, Atene e San Pietroburgo). Nel 1972 di-viene titolare della cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti diRoma e 1999 viene chiamato in Cina a inaugurare l’Art Fair diShanghai e successivamente a insegnare nelle Accademie di Pechi-

    no, Guangzhou, Wuhan, diventando cosìuno dei maggiori rappresentanti in Cinadella cultura artistica italiana. Nel 2006gli è stata dedicata una grande retrospet-tiva al Museo Nazionale di Pechino e nel2018 tre grandi mostre rispettivamente aPechino, Guangzhou e Zhuhai. Oggi èprofessore onorario nelle Accademie diPechino, Guangzhou e Hubei.

    Vis

    ti da

    vic

    ino

    di FRANCESCA ROMANADE’ ANGELIS

    Uno sguardo gentile e vivacissimoprecede la voce, ferma e rapida co-me quella di un ragazzo. Raccontaper il piacere di raccontare e mesco-la ricordi, aneddoti, descrizioni,saggezze di vita con straordinariamemoria. Torna spesso al passatoma all’apparenza senza alcuna com-mozione, come se di ciò che è statosi fosse portato dietro solo il bello,l’allegro, l’istruttivo. Sorridente,ironico, talvolta dissacrante, alternaun italiano privo di cadenze a unostretto dialetto marchigiano. Del re-sto, Trotti è tante cose insieme. Delpittore ha il talento di mescolare leparole come i colori sulle tele; delmaestro l’abitudine alla chiarezza,l’intuito nel rendersi conto se chiascolta comprende e la rapidità nel-l’adattare il tono del discorso. Ci in-contriamo nella sua casa di PortoSan Giorgio. Un giardino ombreg-giato, un tavolo e intorno tante se-die per gli amici sempre benvenuti,un cavalletto con un dipinto cheraffigura il mare, che è proprio lì apochi passi dal cancello di ferro.Chi lo va a trovare ne sente il rumo-re e il profumo, Trotti riesce a veder-lo con gli occhi della mente e delcuore e a restituirlo sulla tela conquei colori che ne catturano tutta lamagia.

    Il primo ricordo della tua vita?La gioia di disegnare, di mescola-

    re colori sul bianco di un foglio, ditirar fuori immagini da una matitanera. Ai miei genitori e soprattutto amio padre dovevo sembrare un fi-glio incomprensibile. Lui era capo-mastro, tirava su case, qualcosa disolido, di concreto, che serve alla vi-ta. Pittore non era un mestiere, mauna stravaganza da cui non si rica-vava il pane. Ti racconto questo epi-sodio. Ero ormai diplomato quan-do mio padre mi chiese di fargli unquadro. In un primo momentoquella richiesta mi fece felice, comese finalmente fossi riuscito a convin-cerlo del mio talento. Poi mio padreaggiunse «grande» e quella richie-sta mi insospettì. «Perché?» glichiesi. «Per coprire i buchi del con-tatore della luce» mi rispose. Cono-scevo quello che pensava, ma a sen-tirlo dire così provai una fitta di di-spiacere che si sciolse subito dopoin un sorriso.

    Ti condizionò questo atteggiamento?No. Mio padre certo non mi in-

    coraggiò, ma neanche mi ostacolònell’intraprendere gli studi che de-sideravo. Nel 1949 arrivai a Roma emi iscrissi al Liceo artistico. Non tiracconto i sacrifici, abitavo lonta-nissimo e mi svegliavo ogni mattinaalle 5 come se dovessi andare a lavo-rare la terra, non in una scuola perimparare a disegnare. I sacrifici co-munque non mi pesavano, tanta erala mia determinazione. E poi ebbi lafortuna di innamorarmi subito diRoma e di entrare in contatto con

    artisti che non solo mi accolsero emi aiutarono, ma che col tempo sa-rebbero diventati amici fraterni. Permantenermi agli studi facevo perqualcuno di loro piccoli lavoretti.Parlo di Domenico Purificato, cheallora era assistente di Capogrossi,di Corrado Cagli e di miei due con-terranei, Pericle Fazzini e SanteMonachesi. Discorso a parte perquel geniale artista che è stato LuigiMontanarini, che mi fece posare peril Cristo lavoratore destinato allagrande mostra di Assisi. Più tardi fului a presentarmi in occasione dellamia prima personale nel 1954 e nellaprima mostra romana finché nel1956 mi scelse come suo assistente inAccademia. A quel tempo mi attrae-vano lo studio del colore — che eraallora concitato e aggressivo — e laricerca sui supporti, vetro e cello-phane ad esempio, mezzi fragilissi-mi che esaltavano il segno.

    Classicità e sperimentazione, come ti ponitra questi due estremi?

    A Roma, che come ti ho detto di-venne subito la mia città, tra gli anniCinquanta e Settanta si respiravaun’aria di grande fermento: era unacittà cosmopolita, ricca di avan-guardie artistiche. Mi lasciai sedur-re dalle sperimentazioni, deciso ainterpretare con la mia pittura lacultura del momento. Poi un giornoSante Monachesi mi disse: «Ti staiintristendo, stai diventando un arti-giano di te stesso a forza di guardar-ti dentro. Alza lo sguardo e osservala natura». Fu un buon consiglio.Nella mia vita di pittore ho fattotanta sperimentazione, ma oggi cre-do di non aver osato abbastanza.Per andare oltre la forma sono ne-cessari un’incoscienza certa e unacoscienza incerta. La prima pensache due più due fa cinque, la secon-da sa bene che il risultato non è cin-que, anche se questa idea la infasti-disce. Avrei dovuto avere in pitturail coraggio o meglio la sfrontatezzadi dire che due più due fa cinque.Un coraggio che non ho avuto.

    E la classicità?La classicità per me è spiritualità

    e nasce con Giotto. Luce senza om-bre come in Beato Angelico, purez-za del colore come in Kandisky,paesaggio contemplativo degli Im-pressionisti e dei Macchiaioli sonoalcuni esempi di spiritualismo in ar-te. Fino ad arrivare a Giorgio Mo-randi la cui pittura-poesia nascedalle minime cose quotidiane e si faconsunzione del colore.

    Vederti disegnare sembra quasi una magia.La mano corre sicura, rapidissima e la ma-

    tita non si allontana mai dalla carta, comese tu seguissi il filo continuo dei tuoi pensierie i singoli tratti fossero già immagine.

    Forse è così. Tutto resta dentro epoi si libera in un filo di matita nerao in un’esplosione di colori. Il testa-mento spirituale del maestro Mon-tanarini diceva: «C’è una vita pro-pria che conduce all’arte. Bisognatrovarla, ma non basta. Bisognapercorrerla. Soffrire senza doman-dare perché. Felici del privilegio diviverla». Sono sempre rimasto fede-le a queste parole.

    Hai dipinto molti soggetti come se la tuaimmaginazione fosse un cantiere sempreaperto. Amo molto il tuo informale: i cerchi,gli “assi cartesiani”, le strisce, i chicchi di ri-so, gli intrecci, così come amo il tuo astratto-figurativo con quei meravigliosi paesaggiurbani, Roma e le sue cupole, Venezia e lasua laguna e tanti angoli della tua amataterra marchigiana.

    Il grande Pericle Fazziniun giorno mi disse che la miapittura sapeva di barche, dimare, di cielo là dove comin-cia e finisce l’orizzonte. Credosia vero. Cominciai adole-scente a dipingere il mare diPorto San Giorgio e forse nonho mai smesso anche se ritrae-vo forme diverse. Ricordo chenelle mie marine comparivaspesso una barca a strisce ne-re, gialle e rosse. Quei colori fortiavevano acceso la mia fantasia. Ungiorno mentre dipingevo sullaspiaggia si fermò un pescatore e midisse «dipingi la mia barca, è piùbella». La guardai, era di un grigioche sfumava nel celeste. Mi sembrò

    un cromatismo troppo debole etroppo simile ai colori del mare. An-ni dopo in Cina senza pensarci di-pinsi un Budda con gli stessi coloridi quella barca della mia giovinez-za. Anche quegli intrecci, che il cri-tico Emilio Villa chiamò c ra t e s , sonoforse vele, reti, conchiglie. Insom-ma, profumano di mare.

    Alla fine degli anni Novanta vieni invitatoa inaugurare l’Art Fair di Shangai e iniziacosì la tua avventura cinese. Oggi nel mondoartistico cinese ti definiscono il terzo italianopiù famoso in Cina dopo Marco Polo e pa-dre Matteo Ricci. L’Accademia di Belle Artidi Canton ha istituito un Centro di ricercasull’arte contemporanea che porta il tuo no-me.

    È una parte molto importantedella mia vita di uomo e di pittore.L’accoglienza fu straordinaria findall’inizio e il mio insegnamentopresso varie Accademie cinesi è stato

    accompagnato da diverse mostre dicui la più importante fu la grande re-trospettiva al Museo Nazionale diPechino nel 2006. L’Oriente è unmondo che mi affascina perché èluogo di mistero, di incantamento,come se tutto fosse coperto da un

    velo d’ombra. Nellostesso tempo è unmondo dove è diffici-le insegnare pittura.La loro cultura pitto-rica è soprattutto rac-conto che si svolge at-torno a un centro rap-presentato dalla figu-ra umana. Per noi oc-cidentali è l’inverso:

    ogni angolo della tela è importanteperché la pittura viene prima delracconto. Quel mondo in un certosenso ha confermato una mia con-vinzione. Un’opera d’arte ha biso-gno di tempo e di disponibilità all’a-scolto per essere decifrata; se si ha lapretesa di guardarla e comprenderlasubito l’opera si chiude in sé stessa enon comunica. Il grande criticod’arte Lionello Venturi amava ripe-tere che doveva veder lavorare unpittore, osservare addirittura il versodelle sue pennellate per poterlo ca-pire ed entrare in un angolo di lettu-ra della sua opera.

    Nel 1972 sei diventato titolare della catte-dra di Pittura presso l’Accademia di BelleArti di Roma e ancora oggi sei professoreonorario presso le Accademie di Hubei,Guangzhou e Pechino. Che ruolo ha avutoper te l’insegnamento?

    Ho sempre amato insegnare, al-meno quanto ho amato im-parare. Perché si impara datutto. A questo proposito c’èun episodio che mi piace ri-cordare. Protagonista ancorauna volta Montanarini chestava dipingendo una stazio-ne della Via Crucis per laChiesa di Arcumeggia nelvaresotto con Cristo che ca-de e la croce che gli scivolaaddosso. Montanarini aveva

    dipinto un angioletto che tentava ditrattenere la croce. Due frati osser-varono il dipinto e poi con aria con-trariata uno dei due disse: «Mae-stro dove sta scritto che un angelointerviene per aiutare Gesù?».Montanarini calmo rispose: «NelVangelo Gesù dice che a un suocenno una schiera di angeli sarebbeintervenuta in suo aiuto. Si vedeche questo è un angioletto disubbi-diente». Questo aneddoto parladella strada che ciascun pittore de-ve trovare e percorrere. Mi piacel’insegnamento, ma non mi piaceessere chiamato professore, forseperché è più facile essere un buonpittore che un buon maestro. Inse-gnare è un compito di grande re-sponsabilità e non sempre si è all’a l-tezza. C’è un detto in Cina moltobello che richiama l’importanza delvincolo che stringe maestro e allie-vo: «Chi ti insegna un giorno ti èpadre per tutta la vita».

    È cambiato nel tempo il tuo legame con lap i t t u ra ?

    Si è evoluto, modificato, ma nel-la sostanza è rimasto lo stesso. Di-pingere mi ha regalato i momentipiù belli della vita, quando hai un’e-tà che non sai di avere.

    Mio padre mi chiesedi fargli un quadroMa solo «per coprire i buchidel contatore della luce»

    Un giorno Sante Monachesi mi disse«Ti stai intristendo,alza lo sguardo e osserva la natura»Fu un buon consiglio

    In un volume oltre trecento immagini dall’archivio dell’agenzia Magnum

    Seguendo il ritmo delle strade

    GA E TA N O VALLINI ALLE PA G I N E II E III

    Ufficio oggetti smarriti

    Si è spenta la televisione

    CRISTIANO GOVERNA A PA G I N A III

    Sandro Trotti«Roma»

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina II martedì 12 gennaio 2021 martedì 12 gennaio 2021 pagina III

    Q Qquattro pagine quattro pagine

    di GA E TA N O VALLINI

    Molti fotografi hanno raccontatociò che intendevano per s t re e tp h o t o g ra p h y, fotografia di strada.Una delle spiegazioni più inte-ressanti è quella di Alex Webb:«Il miglior modo per conoscereun posto è camminare. Perchéun fotografo di strada può sola-mente camminare e guardare,aspettare e parlare, e poi guarda-re e aspettare ancora, cercandodi restare fiducioso che l’inatte -so, l’ignoto, o il cuore segretodella conoscenza lo attenda pro-prio dietro l’angolo. Il mio mo-do di fare la fotografia di stradaè piuttosto semplice. Percepi-sco, quasi “fiuto” la possibilitàdi una fotografia. Cerco di se-guire il ritmo delle strade, talvol-ta immergendomi nelle situazio-ni, altre volte restandone al difuori. Tutto dipende da quelloche il mondo vuole offrirmi inquel determinato momento».Ma, quali che siano l’appro ccioe la modalità, è il risultato checonta. E nel corso dei decenni ifotografi ci hanno regalatoistantanee eccezionali rubate al-la strada, alcune delle quali sonodiventate immagini iconiche,perché in quell’attimo immorta-lato sono riuscite a cogliere lospirito del tempo, a rappresenta-re la condizione di una società.

    Pur essendo un genere a sé, lastreet photography ha un fascinoparticolare, tanto che quasi tuttii fotografi, dai grandi maestri aisemplici appassionati, vi si sonocimentati almeno una volta, an-che per puro divertimento. Per-ché la strada è una riserva ine-sauribile di situazioni, da quellepiù normali alle più inverosimi-

    li. La bravura del fotografo stanel saper cogliere sia nella nor-malità — che ai suoi occhi è sem-pre apparente e suscettibile diimprovvisi mutamenti — sia nel-l’imprevedibilità quella partico-lare situazione capace di con-densarsi in un singolo scatto,consegnandolo a un significatofino a un momento prima inim-maginato. Ambientazioni e cast

    sono praticamente senza limiti.Come affermava Elliott Erwitt,un altro maestro del genere,«una buona immagine puoi tro-varla ovunque, basta notare lecose e organizzarle. Devi solointeressarti al mondo intorno ate, all’umanità e alla commediaumana».

    L’editrice Contrasto offreun’opportunità ghiottissima perimmergersi in questo genere at-traverso una raccolta intitolataMagnum sulla strada (Roma, 2020,

    pagine 384, euro 29,90), un viag-gio attraverso le immagini, lepratiche e i fotografi dell’agen -zia più famosa al mondo che coni loro scatti hanno definito e resopopolare la street photography. Conoltre trecento fotografie il volu-me curato da Stephen McLarenconsente un interessante sguar-do di insieme sul genere, contri-buendo alla sua comprensione.

    Del resto quell’impulso che si hanel catturare al volo, negli spazipubblici, immagini non studiatefa parte fin dalle origini del Dnadella Magnum Photos, nata nel1947. E fu lo stesso Henri Car-tier-Bresson, uno dei fondatori,a elaborare i principi della s t re e tphotography prima che questaavesse un nome. E lo fece appe-na ventenne, quando con la suaLeica attraversò l’Europa e ilMessico realizzando fotografieconsiderate tuttora i cardini delg e n e re .

    Dopo di lui ciascun fotografoentrato nella Magnum portanon solo il proprio talento, maun modo originale di intenderele immagini di strada che così,come un filone inesauribile, at-traversano tutta la produzionedell’agenzia. Non si tratta solodel lavoro di maestri riconosciu-ti del genere — come Elliott Er-witt, Martin Parr, Alex Webb,Bruce Gilden, Richard Kalvar,Sergio Larraín — ma anche delleimmagini di autori che, pur con-centratisi sul fotogiornalismo,sul reportage, non hanno man-cato di dare il loro importantecontributo e tra questi RobertCapa, Abbas, Susan Meiselas,Peter van Agtmael.

    McLaren non solo delinea unprofilo degli autori più rappre-sentativi del genere, ma si soffer-ma su alcuni dei filoni più segui-ti, dalla documentazione deltempo libero alla brulicante vitadei mercati, dall’interazione de-gli individui sui mezzi pubbliciai luoghi di passaggio nelle città,alcune delle quali, come NewYork, Parigi, Londra e Tokyo,

    di SI LV I A GUSMANO

    Maghita innanzitutto osser-va. Osserva il fiume largo elento vicino a casa sua; os-serva l’acqua che scorresempre nella stessa direzione, osserva ipesci, che invece vanno a zonzo. Maghi-ta osserva, poi inizia afare domande al non-no, finché un giornodecide di partire: navi-gando sul fiume, vuoleandare a vedere il mare.Prende allora una dellesue barche giocattolo,la porta a riva e la mettein acqua. «“Più gran-de, per favore”, e la bar-ca s’ingrandì – raccontaRoberto Piumini – p er-ché questa è una fiaba,e nelle fiabe si può».Imbarcandosi, la bam-bina decide di portarecon sé una serie di og-getti a lei molto cari (la tazza per il lattecon i biscotti, l’orsacchiotto Pilù e il suovasino da notte). Con lei si imbarca an-

    che il nonno; è stato lui a chiederle di po-tersi aggregare perché si annoia un po’.

    Il viaggio è bellissimo: non c’è moltoda fare se non continuare in quell’artedell’osservazione in cui Maghita è cosìbrava. Il paesaggio da guardare, «moltecose da vedere, profumi da annusare,

    vivere in loro, che aiutano i destinatari,che ridanno loro il sorriso.

    Eccoli dunque, Maghita e l’anzianoin viaggio, protagonisti de Il nonno e labambina (Milano, 2020, pagine 48, euro14,90), l’ultimo libro della collana «GliAquiloni» che le Edizioni Terra Santadedicano ai piccoli lettori. Il racconto

    del viaggio si articola in avventure forie-re di meraviglia e conoscenza, di dono,ma anche di separazione dalle cose e da-gli affetti. Anche da ciò che non si vor-rebbe mai lasciare.

    Perché a un certo punto Maghita devesepararsi anche da lui, da quella presen-za saggia e tanto amata che l’ha intro-dotta nell’avventura, cioè nella vita. «Seisicuro, nonno, di voler restare qui?»,chiede la bambina quando la barca toccala riva. «Come sono sicuro di volerti be-ne, Maghita!», risponde lui. Cominciala grande avventura di crescere.

    Roberto Piumini, noto autore perl’infanzia (dopo tanti anni dedicati al-l’insegnamento e al teatro) firma questopoetico racconto insieme a Cecco Mari-niello, illustratore di fama internaziona-le (e per due volte vincitore del PremioAndersen). Racconto che non è altro cheuna delicata rappresentazione della vitatra realtà e fantasia, scoperta e condivi-

    sione, gioia e dolore. E tante, tantissimedomande in cerca di risposta.

    L’ultimo grande passo Maghita locompie quando — «con gli occhi e il cuo-re pieni di bellezza» — capisce che è arri-vato il momento di tornare. Tornare perraccontare ciò che ha visto, ciò che haimparato. «La barca non era un salmo-ne, ma risaliva lo stesso la corrente, per-ché questa è una fiaba, e nelle fiabe sipuò».

    L’avventura della crescita nell’ultimo libro di Roberto Piumini

    Il viaggiodi Maghita

    In un volume oltre trecento immagini dall’archivio dell’agenzia Magnum

    Seguendoil ritmo delle strade

    Un generea lungo considerato minore

    ma in grado di coglierelo spirito del tempo

    persone da salutare». E poi ci sono tan-tissimi incontri: spesso, infatti, la bambi-na decide di attraccare, conoscendo cosìtante realtà diverse. Sono incontri che latrasformano, e che le richiedono anchedi separarsi dai suoi oggetti; separazionidolorose ma costruttive. I regali che faMaghita, infatti, sono regali che arric-chiscono chi li riceve, che continuano a

    Il tramontotra Kent Avenue

    e South 3rd Street,Williamsburg, Brooklyn,

    New York,Stati Uniti, 2016© 2019 Thomas

    Dworzak/Magnum Photos

    Art

    e

    La data prevista era il 2020 ma a causa dellapandemia l’inaugurazione avrà luogo nel 2021:aprirà presto i battenti l’Imago Museum, ilnuovo museo di arte contemporanea di Pescara.Il polo museale è tra i progetti più importantirealizzati negli ultimi anni dalla FondazionePescarabruzzo. Avrà sede nell’ex palazzo del

    Banco di Napoli, in corso Vittorio Emanuele II.Il museo nasce dalla donazione di 130 opered’arte del ventesimo secolo appartenenti allacollezione di Alfredo Paglione e dal nucleo diopere di Mario Schifano (Homs, 1934 – Roma,1998) della Fondazione Pescarabruzzo. Le operedi Paglione, centrate sul tema della «realtàstorica» (materialismo, realismo esistenziale,neoromanticismo e altri movimenti afferenti aquesta corrente) saranno esposte al primo pianodi Imago Museum, mentre il secondo pianoaccoglierà la vasta collezione delle opere di

    Schifano. Il prezioso repertorio si dispiegherà sucirca 1.200 metri quadrati di superficieespositiva, dove si saranno anche spazi permostre temporanee, nell’ambito delle qualisaranno coinvolti artisti contemporaneinazionali e internazionali. Proprio a Schifano ealla pop art sarà dedicata la prima esposizione,intitolata Andy Warhol e Mario Schifano tra Pop Art eClassicismo per la quale arriveranno a Pescaraopere inedite. Schifano è stato un appassionatostudioso di nuove tecniche pittoriche. Fu tra iprimi a usare il computer per creare opere e dal

    computer riuscì a elaborare immagini eriportarle su tele emulsionate. L’esposizione suWarhol e Schifano sarà la prima occasione —misure restrittive legate all’emergenza covidpermettendo — per percorrere le sale di ImagoMuseum, i cui spazi, spiega la FondazionePescarabruzzo, «sono stati realizzati, fin dalladefinizione progettuale, prestando la massimaattenzione all’interazione tra luce, spazio e opered’arte, quali elementi fondamentali cheesprimono il carattere del nuovo poloespositivo». (gabriele nicolò)

    L’Imago Museum

    Foto

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    «La barca non era un salmonema risaliva lo stesso la correntePerché questa è una fiabae nelle fiabe si può»

    Con la bimba c’è il nonno,presenza saggia e amatache l’ha introdotta nell’avventuraFinché arriva il momentodella separazione«Sicuro di voler restare qui?»«Come sono sicurodi volerti bene, Maghita!»

    Particolari da due tavole di Cecco Mariniello

    Passeggiata serale, Jerez de la Frontera, Spagna, 1954© 2019 Inge Morath/Magnum Photos

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina II martedì 12 gennaio 2021 martedì 12 gennaio 2021 pagina III

    Q Qquattro pagine quattro pagine

    sono state fonte di particolareispirazione. Ma al di là delle tec-niche e degli sviluppi tecnologi-ci, come l’avvento del colore edel digitale, è la comune sensibi-lità dei singoli fotografi a fare ladifferenza e a definire che cosavuol dire essere un fotografo distrada.

    Gli street photographer conosco -no, infatti, il cuore della città,com’è organizzata la vita al suointerno; sanno come mescolarsial flusso urbano, sono in gradodi intuire il modo in cui le perso-ne si rapportano fra loro. Adesempio, leggono in anticipo leintenzioni di un pedone, se staper attraversare una strada, se si

    fermerà o meno a un semaforo;riconoscono le abitudini di ungruppo di persone, intuendo see quando vale la pena avvicinar-si con discrezione a una scenapotenzialmente interessante perpoi dileguarsi altrettanto discre-tamente dopo lo scatto deside-rato. Ma sanno anche da che la-to tramonterà il sole in autunnoa Central Park, quale strada diManhattan è più affollata il ve-nerdì sera. Tutto per esserepronti a cogliere il momento de-cisivo, quello in cui accadrà

    qualcosa che vale la pena di im-m o r t a l a re .

    Secondo McLaren, più cheun genere, la fotografia di stradapuò essere considerata una tra-dizione, «una combinazione distrumenti improvvisati da usarequando il momento lo richiede,come un musicista jazz che inse-gue un riff. Di fron-te alla migliore s t re e tp h o t o g ra p h y ci apria-mo a tutta una seriedi stati d’animo,talvolta con la cau-stica ironia di unElliott Erwitt, maanche con empatia,fascinazione e in al-

    cuni casi inquietu-dine». Di sicuro èuna tradizione chenon conosce crisi,soprattutto oggi,con l’avvento deglismartphone, grazieai quali tutti si sen-tono un po’ foto -grafi di strada. Enel mondo dei veriappassionati oggic’è un rinnovato in-teresse per il gene-re. A testimoniarlo,

    ad esempio, il successo dei libri edelle mostre della tanto prodi-giosa quanto sconosciuta, fino aqualche anno fa, Vivian Maier, odel ben noto Martin Parr. Eppu-re, chiosa però il curatore del vo-lume, «nella prima età dell’o ro ,tra gli anni Cinquanta e Sessan-ta, la street photography era a mala-pena “qualcosa”. Chi avessechiesto al grande pubblico il no-me di un suo esponente impor-tante, avrebbe ricevuto di ri-mando degli sguardi vuoti, per-ché non era un’attività culturaledi tendenza. La sua popolaritàattuale, tuttavia, è stata un’armaa doppio taglio, poiché postmo-dernisti, curatori di gallerie d’ar -te e critici vari si sono tutti augu-rati che fosse morta, affinché sipotesse affermare una fotografiapiù concettuale, che si elevassesopra gli sforzi più modesti de-gli street photographer».

    Magnum per strada sgombe-ra il campo da ogni fraintendi-mento o colpevole diminuzione.Il libro è infatti uno scrigno diperle rubate alla vita di ognigiorno, un’occasione per im-mergersi in un genere popolarema tutt’altro che minore. So-prattutto è una lente che aiuta aleggere la storia, quella più re-cente.

    E proprio in un tempo in cuisovrabbondano le immagini ge-nerate e messe in rete da milionidi improvvisati reporter, è tantopiù necessaria la presenza di fo-tografi in grado di leggere e do-cumentare i mutamenti in atto.E nulla è più interessante di unapiazza del centro città o di unastrada di periferia, di un trenodella metropolitana carico dipendolari, di un mercato affolla-to, di una spiaggia d’estate o diuna festa popolare per racconta-re dal basso come cambia unaso cietà.

    In un volume oltre trecento immagini dall’archivio dell’agenzia Magnum

    Seguendoil ritmo delle strade

    Si è spentala televisione

    Mus

    ica

    Rafael Payare è stato nominato nuovodirettore principale dell’O rchestreSymponique de Montréal a partire dallastagione 2022-2023. Ha una memoriaprodigiosa, è di bassa estrazione sociale, cosache per studiare musica ad alti livelli non èraccomandato, ed è venezuelano. Grazie alpassaporto ha potuto accedere al «Sistema»,

    un programma «di riscatto sociale eprofonda trasformazione culturale per tuttala società, senza restrizioni ma con un’enfasisui gruppi sociali più fragili e a rischio».L’idea è di José Antonio Abreu, per tutti “ilM a e s t ro ”, che ha dedicato la vita allarealizzazione di un progetto pubblico dieducazione musicale, diffuso e capillare, conaccesso gratuito e libero. A partire dal 1975ha adottato un metodo pedagogico capace dicoinvolgere poco meno di un milione diragazzi e oltre 10.000 insegnanti, portando

    alla creazione di più di 1.500 orchestre e cori.Il progetto, sopravvissuto al fondatorescomparso nel 2018, vanta tentativi diimitazione in almeno 50 Paesi. Forse ilsegreto è stato quello di rispettare i “p overi”.Di solito ci si accontenta di portare i “ragazzip ro b l e m a t i c i ” lontano dalla strada sperandoche a forza di ripeterglielo capiscano che alchiuso si sta meglio. Abreu ha tentato dicambiare la vita alle persone con un’offertacredibile. Se la musica può veramente aiutarea guardare il mondo da un’altra prospettiva

    allora bisogna regalare ai più sfortunati lapossibilità di studiare con i migliori el’orgoglio di affrontare il repertorio vero,quello classico, quello che in occidente èriservato ai ricchi. Insomma nientecanzoncine strimpellate per passare il tempo,ma un percorso artistico autentico. E certonon saranno tutti dotati come Payare, ma iriformatori hanno perso parecchi ospitipotenziali. (marcello filotei)

    Abreu colpisce ancora

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    riti

    di CRISTIANO GOVERNA

    La televisione, intesa comemedia che produce e trasmetteprogrammi è, forse, avviata aspegnersi. Nella migliore delleipotesi diciamo che haurgentemente bisogno di unavisita di controllo. Come ognimedia che sembravaimmortale sta invecerinascendo in altre forme,ricalibrandosi in base altempo e ai linguaggi che manmano prendono piede nellasocietà. E passa dal nostrocomputer. Il nostro ormaivecchio «Cos’hai visto ieri serain tv?» si è trasformato nel piùmoderno «Che serie staiseguendo su internet?». Non ènecessariamente un male o unbene, più semplicemente ècosì. Per una serie di motivi(che non avremo tempo disviscerare ma solo di lambire)la televisione ha perso moltodella sua ingenuità e dellosmalto con il quale l’avevamoconosciuta. Si è spesso sentitodire che la tv avevacontribuito a costruire, nutriree far crescere (culturalmente ecivilmente) il nostro Paese.Diversamente da altre coseche sentite dire, questa era laverità. Una fetta del processodi alfabetizzazionegrammaticale, culturale edemotiva della nostra nazionesi deve a quella scatola ormaispenta (anche quando èaccesa) che abbiamo in casa.Davanti a quel piccoloelettrodomestico sonocresciute generazioni efamiglie, in quello schermoormai muto sul tavolino delsalotto, sono passati i volti e lestorie che ci “riferivano” ilmondo. Da schermo, diquando in quando, quellostrumento si trasformava inspecchio e quello chevedevamo, se volevamovederlo, non era del tuttomale. Cosa è successo allatelevisione? Si è dimenticatadei bambini. Ma non quelliche lo sono anagraficamente,bensì di come si crescono.Stimolandone curiosità,intelligenza e capacità digiudizio. Informandoli emettendoli in contatto con ilmondo e con gli altri. La tv hacresciuto un Paese trattandolo(e lo dico nella sua accezionepiù nobile) da bambino.Insegnandogli le cose anche, esoprattutto, attraverso il giocoe il divertimento. I quiz peresempio, i giochi televisivi.Molti di voi avranno nel cuoree nella memoria il vecchiocaro «Giochi senza frontiere»,il format che univa idealmentetutta l’Europa in una sorta diolimpiade a squadre perpiccoli paesini (che a loro

    volta rappresentavano la loronazione). Olimpiade nellaquale le discipline erano sìfisiche ma non esattamentequelle dell’atletica leggera. Ilrisultato, sia pur in modoindiretto, era quello di farconoscere ai cittadini europeipiccole realtà locali di tutto ilcontinente, comunità chedecidevano di infilarsi unatutina da atleta e giocare.Pochi sanno che il “papàputativo” di tale esperimentoè stato, sotto diversi aspetti,un programma italiano:«Campanile Sera». Un giocotelevisivo andato in onda dal1959 al 1962 sul ProgrammaNazionale. Era condotto daMike Bongiorno, RenatoTagliani (poi sostituito daEnza Sampò) ed EnzoTortora. Si trattò del primoesempio di gioco collettivo, inquanto veniva data lapossibilità di giocare alpubblico che partecipava allatrasmissione e a quello dacasa. Ispirata al programmaradiofonico «Il Gonfalone»,la trasmissione si fondava suuno dei caratteri principalidella nostra nazione: la suaframmentazione in entitàgeografiche dotate dipeculiarità linguistiche eculturali tutte da scoprire. Ilmeccanismo del gioco erapiuttosto semplice quantoefficace. Si trattava in praticadi un quiz, con domanderivolte a concorrenti di unpaese del Nord Italia e di unalocalità del Sud, alle qualivenivano abbinate ancheprove atletiche. In questomodo il pubblico veniva aconoscenza della realtà deipiccoli paesi italiani perché ilfilmato che dava inizio allapuntata del quiz descriveva ilpaesaggio e la realtàproduttiva dei comuni in gara.Il programma ebbe enormesuccesso tanto che vennetrasmesso per oltre centopuntate. Questo successo fecesì che il format venissevenduto in Francia, dove furibattezzato «Intervilles» dalquale, a sua volta, derivòappunto «Giochi SenzaFrontiere». Giochi, domande,prove di abilità alternate aprove sportive: «CampanileSera» era tutto questo(cercatene traccia in rete onegli archivi televisivi). Masoprattutto quel programmaera la tv in piena forma, quellache (sera dopo sera) sgobbavanei salotti di casa nostra o neibar illuminati dal suoschermo. In quella luce serale,fra le bottiglie di Sambuca e ilprofumo del caffè, cresceva unpaese che non aveva ancoraperduto la curiosità el’inno cenza.

    Un fotografo può solo camminare,fiducioso che l’inatteso,il cuore segreto della conoscenza,lo attenda proprio dietro l’angolo

    Messico, 1963 © 2019 Henri Cartier-Bresson/Magnum Photos

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina IV martedì 12 gennaio 2021

    Qquattro pagine«Borgo Sud» di Donatella Di Pietrantonio

    Anche soloun aggettivo

    A lezionedi rinascita

    «Il teatro ai tempi della peste» di Oliva

    Breve storia della caritàA Roma, ormai non più sede imperiale, la tradi-zione delle antiche frumentationes fu mantenuta dal-le frequenti elargizioni di derrate alimentari daparte di veri difensori della città e padri dei povericome Leone Magno e Gregorio Magno. Era que-sta ferma convinzione di Gregorio, il quale impie-gava costantemente le proprietà della sua gens Ani-

    cia per alleviare le pene dei meno fortunati e consi-derava tutte le sue risorse utilitates pauperum, al ser-vizio degli indigenti. Tuttavia, nel corso dei primisecoli, il modello del Cristo povero presentato dalVangelo andò perdendo peso ufficiale dinanzi aquello del Cristo Re e Giudice, vittorioso, trion-fante e giudicante, mentre i sovrani se ne procla-mavano vicari e loro figura in terra. Ma con il mo-nachesimo si andava affermando anche il fenome-no della paupertas spontanea, la povertà volontariaaccompagnata dal desiderio di sperimentare l’u-miltà della vita apostolica. Essa in un primo tem-

    po riguardava solo gli anacoreti spesso nomadi,ma ben presto si affermò anche in più disciplinateforme monastiche cenobitiche, nel mondo occi-dentale essenzialmente rappresentate dall’o rd i n ebenedettino e dai nuovi ordini che sorsero come«riforma» di esso: fra loro, principalmente, i clu-niacensi e poi i cistercensi, mentre ad esempio icamaldolesi tesero a recuperare esperienze diffusenelle Chiese orientali e caratterizzate da una com-presenza di eremitismo e di cenobitismo, come siriscontra nelle l a v re ortodosse. Nemmeno l’autori -tà temporale, del resto a sua volta investita di au-

    torità sacrale, era assente dal problema della cari-tà, l’esercizio della quale era eccellente comple-mento all’azione di governo. Il capitolare di Ni-mega, dettato da Carlo Magno, fissava norme pre-cise in materia di doveri nei confronti dei poveri,mentre si preoccupava dell’accattonaggio ramin-go come di un fattore di disordine. Sinodi e conci-li del tempo mostrano come, al riguardo, le deci-sioni delle autorità politiche e di quelle ecclesiasti-che andassero di pari passo. (franco cardini)

    • CO N T I N UA

    di GIULIA ALBERICO

    T orna tra noi l’Arminu -ta. Sono passati glianni, come recita la fa-scetta di copertina diBorgo Sud (Torino, Einaudi,2020, pagine 168, euro 18), lei èdiventata grande ma dovrà an-cora fare i conti con la famigliada cui proviene, un padre e unamadre che paiono murati al ge-sto gentile, al sorriso, al calore,all’accoglienza. Prime vittime disé stessi ma soprattutto tremen-di come genitori, per la figlia unfardello pesante di parole nondette, di abbandoni, di un ruvi-do modo di stare al mondo.

    La protagonista l’avevamolasciata adolescente, felice esalva per il rapporto intenso evero con la sorella Adriana.

    L’Arminuta ha studiato, hacercato e ottenuto una emanci-pazione dalle radici familiariprimitive, scabre, ormai lonta-ne anni luce da lei che è cre-sciuta. Si è laureata, si è sposa-ta, ha insegnato all’universitàdi Chieti.

    Nel momento in cui la ritro-viamo vive e lavora all’e s t e ro ,all’università di Grenoble. Edè qui che la raggiunge una no-tizia, voce di sirena, che laspinge a tornare in fretta e furiaa Pescara: la sorella Adria-na è ricoverata in condi-zioni gravissime in ospe-dale.

    Nei giorni e nelle notti,pressoché insonni, la pro-tagonista ricorda. Si trattadi frammenti in apparen-za sparsi ma che poi il let-tore mette insieme e vienefuori un puzzle completodi quello che è stato neglianni di lei, del suo rappor-to con Adriana, con i ge-nitori, col marito Piero.Adriana è quella che hasalvato l’Arminuta dallosprofondare in un vuotosiderale per gli abbandoni su-bìti e una tagliente mancanzad’amore, ora spetta alla vocenarrante raccontare come iruoli si siano a lungo invertiti.

    Adriana non ha studiato, èrimasta una che «cambia umo-re da un momento all’altro conleggerezza» una che ha sceltodi vivere una vita «scandalosa epulsante» con quel che ne è de-rivato in esperienze e incontri

    amorosi che non l’hanno certoaiutata. Adriana ha il vizio dialzare le mani e in qualche mo-do consente che gli uomini fac-ciano altrettanto con lei. «Leusa dove non arriva con le pa-role». Adriana era stata male-detta dalla madre, una madre“fero ce”, prigioniera dell’inca -pacità di esprimere sentimentioltre che parole.

    Donatella Di Pietrantoniocon Borgo Sud completa un rac-conto iniziato con L’Arminutae lo fa con una scrittura chegronda di grazia e di precisionechirurgica, senza cedere mai acorde sentimentali, ma precisa,fotografica, attenta alla parolanitida come cristallo.

    Racconta come sia impossi-bile recidere radici doloroseanche quando si siano prese di-

    stanze geografiche eculturali enormi, di co-me sia difficile dire cherazza di famiglia ci hamesso al mondo. Pure,nei momenti estremi, sifa strada nella narrazio-ne, una sorta di pietas,una capacità di coglierebarlumi di fragilità e dipentimento in perso-naggi duri e amari.

    L’abilità dell’autricesta molto nei dettagli, in quel-l’affiancare a una scena un par-ticolare, una eco in apparenzadi sottofondo ma che, invece,dà forza e significato alla stessascena.

    In un momento difficile delrapporto con il marito, dopouna giornata di imbarazzi escontrosità, l’autrice dice chesono rimasti insonni, nel letto,voltati di schiena uno control’altro. E aggiunge: «Era quasil’alba quando è arrivato dal bo-

    sco il verso angoscioso di unanimale predato». Bene, il ver-so dell’animale predato è esat-tamente la cassa di risonanzadi quello che la protagonistasente di essere o potrà essere.L’uso della lingua per Dona-tella Di Pietrantonio ha a chefare con le sue prove in verso,dove l’arte sta nel dire ma so-prattutto nell’evocare. Anchesolo con un aggettivo.

    All’alba arriva dal bosco«il verso angosciosodi un animale predato»,eco di quello che sta vivendola protagonista

    di SI LV I A GUIDI

    La storia è piena di persone che hannovissuto situazioni simili a quelle chestiamo vivendo adesso; Alberto Oli-va disinnesca alla radice il grido didolore e le lamentazioni (legittime,per carità; ma non devono restarel’ultima parola) che si alzano dai tea-tri di tutta Italia sbarrati dalla pande-mia. Invece di fissare il nostro ombe-lico e impantanarci nello smarrimen-to, guardiamo, piuttosto, suggerisceOliva — regista, scrittore e giornalistagiovane per l’anagrafe ma già onustodi premi e riconoscimenti — a quelloche hanno fatto i nostri trisavoli tea-tranti in tempore pestis, per imitarne latenacia, la creatività, e l’arte di arran-giarsi, abilità da non sottovalutaremai, nemmeno in tempi di vacchegrasse e benessere diffuso, perché se-gno di appassionato amore alla vita,oltre che all’arte della scena. Aggiun-giamo pure un pizzico di incoscien-za, perché a volte pensare troppo, co-me insegna Amleto, non aiuta, e «ilcolore naturale della risolutezza vie-ne reso malsano dalla pallida cera delpensiero; imprese di grande altezzaper questa ragione deviano dal lorocorso e perdono il nome di azione»(siamo nel cuore della prima scenadel terzo atto, il celeberrimo monolo-go del To Be or Not To Be, “Essere o none s s e re ”).

    Per rendere ancora più efficace eduratura quest’opera di disinnesco, econtribuire, concretamente, a bonifi-care i campi del nostro futuro dalle

    mine vaganti degli o tempora, o mores! fi-ne a se stessi, Alberto Oliva ha scrittoun libro, Il teatro al tempo della peste. Mo-delli di rinascita (Milano, Jaca Book,2020, pagine 224, euro 18), mettendoa frutto la pausa forzata delprimo lo ckdown, esploran-do il passato remoto e il fu-turo anteriore. Un esempiotra i tanti possibili: l’Inghil-terra fra Cinquecento e Sei-cento fu devastata da dueondate di epidemie; ma èstato anche il secolo dell’af-fermazione internazionaledel teatro elisabettiano; «èquindi di enorme interesse— chiosa l’autore del libro —ricostruire questo periodocosì turbolento, per cercaredi capire come sia potutocoincidere con una fiorituracosì incredibile di bellezza, proprionel settore dello spettacolo dal vivo,che soffre sempre più degli altri du-rante le epidemie».

    Shakespeare era nato da pochimesi — nota Oliva — quando la suapiccola città natale, Statford-unpon-Avon, fu decimata da una terribilepestilenza, nell’estate del 1564.Quando i teatri vennero chiusi, du-rante un’ondata successiva, Shake-speare, ebbe l’intuizione di reinven-

    tarsi, scrivendo i poemetti Venus andAd o n i s e The Rape of Lucrece, entrambidedicati al conte di Southampton,che probabilmente gli aveva già of-ferto la sua protezione. Andrew Di-kson, autore di The Globe Guide to Shake-s p e a re , sulle colonne del «Guardian»,è convinto che due fra i massimi ca-polavori della maturità del Bardo,Macbeth e King Lear sono stati concepi-ti proprio durante la peste, in unaquarantena simile alla reclusione for-zata che abbiamo vissuto a causa delcoronavirus la scorsa primavera. An-che la scienza, in tempore pestis, ha spes-so raggiunto dei risultati sorprenden-ti. Nell’Inghilterra decimata dallemalattie, mentre i ciarlatani affolla-vano le piazze (celebre il caso del pre-dicatore Salomon Eagle che si aggi-rava seminudo per le città con unpentolino di carbone acceso sulla te-sta, con cui era sicuro di tenere lonta-no il morbo) il giovane Isaac Ne-wton, nel 1666, durante i mesi più vi-rulenti dell’epidemia, si ritirò nellasua tenuta di Woolsthorpe in unaquarantena volontaria che rivoluzio-nò per sempre il mondo della scien-

    za, poiché fu allora che compì gliesperimenti che portarono alla for-mulazione delle rivoluzionarie teoriesulla luce e sul movimento. A questoperiodo risale la leggenda della melacaduta dall’albero, che diede alloscienziato lo spunto per studiare piùa fondo, e da una prospettiva diversa,le leggi del movimento gravitaziona-le.

    «Tutte le epidemie hanno sconvol-to il mondo che hanno trovato — con-

    tinua Oliva, intervistato da Tea-tri.online — la mancanza di memoriadi quello che è accaduto in passato —quando le epidemie erano assoluta-mente all’ordine del giorno e capita-vano a tutte le generazione che vive-vano — ci ha completamente diso-rientati. Penso davvero che la storiapossa essere un modo per riconosce-re che non siamo i più sfortunati delmondo, anzi. Possiamo invece fare dinecessità virtù. Approfittiamo diquesta crisi e di questa mancanza diobiettivi per ritrovarci e ritrovare unsenso, magari facendoci aiutare daquello che è successo nel passato. Vidico per esempio che William Shake-speare è passato attraverso tre epide-mie di peste bubbonica nella sua vita.Tre, non una. Quindi si può. OppureCechov: ci sono delle lettere bellissi-me di Cechov che cito nel libro. Eramedico in un piccolo villaggio sper-duto della Russia, che durante l’epi-demia di colera si lamentava del fattoche non gli mandavano le mascheri-ne. Quindi gli stessi problemi che vi-viamo noi oggi e che abbiamo vissutoa marzo li ha vissuti Cechov e li ha

    raccontati. Dunque nonsiamo così soli. Questo èun po’ il messaggio chevorrei dare».

    In tempi non sospetti(nel 2015 tre anni primadell’arrivo della sindro-me da covid-19) Oliva siera già occupato di questitemi mettendo in scenaDon Giovanni. Festino ai tem-pi della peste di AlexandrSergeevič Puškin, utiliz-zando l’epidemia come ilreagente chimico che evi-denzia il cupio dissolvi di unOccidente sazio e dispe-

    rato. Dalla grande letteratura russaarriva il monito a vedere la circostan-za come un’occasione, a prescinderedalla sua “stranezza” o difficoltà:«Ma se uno, Dostoevskij — scriveOliva — a cui stavano per sparare intesta perché voleva la libertà, poi gli èvenuta l’epilessia, era sempre indebi-tato e tanto altro, ha avuto voglia discrivere che “la bellezza salverà ilmondo”, noi possiamo permettercidi essere tristi?».

    Una scena dellospettacolo teatrale«Don Giovanni.Festino ai tempi

    della peste»d i re t t o

    da Alberto Oliva

    Cechov era medicoin un piccolo villaggio russo sperdutoDurante l’epidemia di colerasi lamentava del fattoche non gli mandavanole mascherine anti-contagio

    È una scritturache gronda di graziae di precisione chirurgicasenza cedere maia corde sentimentaliMa precisa, fotograficaattenta alla parolanitida come cristallo

    Alberto Oliva (foto di Francesco Tadini)

  • L’OSSERVATORE ROMANOmartedì 12 gennaio 2021 pagina 5

    Gibilterraentra nell’a re a

    Schengendi COSIMO GRAZIANI

    Raggiunto l’a c c o rd oper la Brexit, chedovrà essere ratifi-cato attraverso untrattato nei prossimi mesi,l’attenzione di Londra e Bru-xelles si sposta su Gibilterra,per la quale il Regno Unitoha dovuto intavolare con laSpagna delle trattative separa-te da quelle che si sono con-cluse il 24 dicembre.

    Gibilterra è un territoriod’oltremare del Regno Unitosulle coste atlantiche dell’An-dalusia fin dal Trattato diUtrecht del 1713, firmato inseguito alla guerra di succes-sione spagnola. In questi ulti-mi tre secoli, il tema della so-vranità sulla “Ro cca” (nomi-gnolo con il quale è famoso ilpossedimento) è stato uno deipunti di scontro tra la Spagnae il Regno Unito, scontri chenon si sono mai del tutto so-piti neanche quando i duepaesi sedevano insieme a Bru-xelles.

    L’accordo relativo al terri-torio è stato raggiunto nel pe-riodo compreso tra il 24 e il 31dicembre con un enorme sol-lievo delle parti coinvolte: nelraggiungimento dell’a c c o rd odel 24 dicembre ogni aspettorelativo al confine, allo statuse al flusso di beni e personetra la Spagna e la “Ro cca” erastato tralasciato per accelerarei tempi. Se non si fosse trova-to un accordo prima della fi-ne dell’anno, Gibilterra sareb-be stato l’unico territorio delRegno britannico in Europain cui vi sarebbe stata in vigo-re una “h a rd ” Brexit. Per Gi-bilterra sarebbe stato un col-po durissimo, visto che primadella pandemia circa trenta-mila persone varcavano quoti-dianamente il confine (di que-sti la metà erano lavoratoritransfrontalieri, scrive il quoti-diano inglese «The Guar-dian») e che nel corso degliultimi quarant’anni si è creatauna forte interconnessioneeconomica con le provincieandaluse confinanti. Ora l’ac-cordo deve essere trasformatoin un trattato e ratificato conle stesse tempistiche per l’ac-cordo sulla Brexit.

    Allo stato attuale, il confinetra Gibilterra e la Spagna rap-presenta il confine esternodell’Unione europea, ma unavolta ratificato l’accordo traSpagna e Regno Unito, la“Ro cca” entrerà nell’a re aSchengen rafforzando il lega-me economico con la Spagna.Questa soluzione ha sollevatoalcune domande: chi control-lerà il confine? Dove sarà po-sto? Il confine sarà non più laVerja (il termine spagnolo perindicare l’attuale linea diviso-ria) ma il porto e l’aerop ortone prenderanno il posto,mentre l’agenzia europeaFrontex ne prederà il control-lo come confine Schengen.Chi atterrerà (o arriverà viamare) a Gibilterra verrà con-trollato dalla polizia locale,dall’agenzia Frontex, che col-laborerà con la polizia spa-gnola per un periodo di quat-tro anni, scrive il settimanale«The Economist».

    Proprio sull’impiego di

    Frontex e della polizia spa-gnola sono sorti i primi dis-sensi tra il governo locale e ilgoverno di Madrid. Il mini-stro degli esteri spagnoloArancha González Laya hadichiarato durante un’intervi-sta rilasciata al quotidiano«El País» che allo stato attua-le, al paese iberico spetteràdecidere chi entra a Gibilterraperché la frontiera sarà di fat-to unica. Queste sue dichiara-zioni sono state accompagna-te dalla precisazione che ilproblema non riguarda le ri-vendicazioni sulla sovranitàsul territorio, ma il semplicefatto che i database dell’a re aSchengen e dell’agenzia Fron-tex sono accessibili solo attra-verso la partecipazione dellapolizia spagnola alle opera-zioni di controllo. GonzalezLaya ha anche fatto intendereche la scelta più naturale do-po la fine del mandato Fron-tex sia un passaggio di com-petenze alla polizia spagnola.

    La risposta da parte del go-verno di Gibilterra è arrivatain un’intervista che il suo pri-mo ministro, Fabian Picardo,ha rilasciato allo stesso quoti-diano. Picardo ha dichiaratoche le frontiere continuerannoad essere due, quella di Gibil-terra e quella Schengen, e cheil porto e l’aeroporto non sa-ranno la frontiera. Ha inoltreprecisato che coloro che arri-vano nel territorio potrannoaccedere agli altri paesiSchengen solo una volta otte-nuto l’ok da Frontex. Riguar-do alla possibilità di un pas-saggio di competenze al ter-mine del mandato di Frontex,Picardo ha dichiarato che èsolo una delle opzioni, e chela migliore sarebbe un’esten-sione dello stesso.

    Trump verso la messain stato d’accusa

    DAL MOND O

    Israele annuncia nuove costruzioninei Territori palestinesi

    Israele «porterà avanti» la costruzione di circa 800nuovi alloggi in Palestina. Lo ha annunciato ieri ilpremier israeliano Benyamin Netanyahu spiegandoche le nuove costruzioni sorgeranno nell’i n s e d i a m e n-to di Tal Manashe, Itamar, Beit El, Shavei Shomron,Oranit e Givat Zeev , tutti nell’area di Gerusalemmeest. Inoltre, il piano riguarderà anche l’avamposto diNofei Nehemia che diventerà un insediamento a tuttigli effetti. L’annuncio arriva a giorni dell’ingresso diJoe Biden alla Casa Bianca. Non sono mancate ov-viamente le proteste palestinesi. Critica anche l’opp o-sizione israeliana, che ha parlato di «una mossa irre-sp onsabile».

    Pakistan: bambina di 7 anni violentatae strangolata a morte

    Nuovo orrore in Pakistan. Una bambina di 7 anni èstata rapita, violentata e uccisa in un’area rurale dellaprovincia meridionale di Sindh. Stando a quanto ri-porta la stampa locale, la piccola, Momina Larik, la-vorava come domestica nella casa di un proprietarioterriero locale. Secondo la famiglia, la bambina èscomparsa tre giorni fa mentre stava tornando a ca-sa. Il suo corpo senza vita è stato trovato oggi neicampi. Stando all’autopsia, è stata violentata e stran-golata a morte. Purtroppo, il numero di bambiniviolentati e uccisi è in aumento in Pakistan. Il Parla-mento ha recentemente approvato una legge che ina-sprisce le pene per gli abusi sessuali sui minori e cherafforza gli strumenti per salvare e proteggere i bim-bi rapiti.

    WASHINGTON, 12. I demo-cratici, con la speaker dellaCamera dei rappresentantiNancy Pelosi, procedono sul-la via dell’impeachment diDonald Trump per «incita-mento all’insur