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global unions contro la crisi speciale 4aprile 14 P ut people first è stato lo slogan della manifestazione di sabato 28 marzo a Londra, la principale di quelle convocate in concomitanza con il G20 che proprio in questi giorni si tiene nella capitale inglese. A questo appuntamento si arriva in una condizione terremotata dell’economia mondiale, in piena recessione, mentre le ricette adottate finora appaiono non risolutive del male che si vuole curare. L’opinione della gente che lavora e che vive di un reddito fisso, e di quella che un lavoro lo cerca, delinea precise responsabilità di chi si è impegnato in questi anni a proteggere i profitti più che a ridistribuirli, a far sì che gli spiriti “animali” del capitalismo si liberassero piuttosto che preoccuparsi di un processo ancorato alla qualità e in grado di dare nuove opportunità a chi ne era escluso. Dichiarazione delle Global Unions al vertice sociale del G8/G14 Roma, 29-30 marzo 2009 N ell’ultimo trimestre del 2008 si sono registrati crolli sconcer- tanti del Pil. Secondo i Conti eco- nomici trimestrali dell’Ocse, il Pil su ba- se annua si è ridotto del 6 per cento nel- l’insieme delle economie del G7, dell’U- nione europea e dell’Ocse. Si tratta delle cifre peggiori mai registrate. Il contagio si è diffuso raggiungendo le economie emergenti e in via di sviluppo in cui la cre- scita è ora stagnante e il Pil pro capite in declino. (…) Oltre 200 milioni di lavora- tori potrebbero essere spinti in condizio- ni di povertà estrema, principalmente nei paesi in via di sviluppo ed emergenti in cui non esistono ammortizzatori sociali, il che significa che il numero dei lavora- tori poveri (ovvero coloro che guadagna- no meno di due dollari al giorno per cia- scun componente della famiglia) potreb- be raggiungere la cifra di 1,4 miliardi. Que- sta situazione colpirà in modo particola- re le donne, che costituiscono il 60 per cento dei poveri del mondo. (…) Le politiche basate sulla disuguaglianza hanno svolto un ruolo importante nell’a- limentare la crisi attuale. Alcune econo- mie del G8, in particolare gli Stati Uniti, si sono ritrovate all’inizio di questa reces- sione con un livello di salari medi ancora inferiore alla media del ciclo precedente. Diretta conseguenza di queste politiche dannose del passato è stata la perdita di potere d’acquisto dei lavoratori e delle lo- ro famiglie che ha di per sé contribuito no- tevolmente alla crisi attuale e all’emer- gere di debiti non rimborsabili che, com- binandosi con l’effetto di un’eccessiva re- golamentazione finanziaria, hanno por- tato alla crisi del settore immobiliare ne- gli Stati Uniti. Ora il pericolo è che la crisi non faccia altro che accrescere le disu- guaglianze retributive già esistenti ed ero- dere la coesione sociale. Questa è la sfi- da che i ministri del Lavoro e dell’Occu- pazione del G8 e del G14 devono racco- gliere. Il movimento sindacale mondiale teme che i pacchetti di misure fiscali adot- tati dai governi per arrestare il crollo del- la domanda e salvare gli istituti di credi- to non affrontino adeguatamente proble- mi quali occupazione, lavoro dignitoso o tutela sociale. Non si concentrano sulla tutela dell’occupazione e sulla creazione di posti di lavoro a breve termine né sono riusciti a contemplare adeguate politiche attive del mercato del lavoro. Sono poche le azioni volte a sviluppare o a rafforzare la tutela sociale, tramite pensioni o soste- gno al reddito. Questi deficit di politica devono essere af- frontati, e inoltre i governi devono agire per rafforzare il dialogo sociale. In man- canza di un intervento radicale da parte dei governi, la più grave crisi economica dalla Grande Depressione degli anni 30 si trasformerà in una crisi sociale e quin- di politica. Il movimento sindacale mon- diale fa appello ai leader dei principali pae- si di tutto il mondo, che si riuniranno dap- prima a Londra il prossimo 2 aprile per il Vertice del G20 e successivamente a La Maddalena dall’8 al 10 luglio per il Verti- ce del G8, affinché adottino un piano coor- dinato internazionale per la ripresa e la crescita sostenibile. Il Vertice Sociale e del Lavoro di Roma deve fornire contribu- ti fondamentali a queste riunioni che si terranno nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, al fine di elaborare una strategia che ci faccia superare la crisi. In particolare, i ministri del Lavoro devono: far sì che le misure per la ripresa asse- gnino la massima importanza alla crea- zione di posti di lavoro, comprendano po- litiche attive del mercato del lavoro, ga- rantiscano l’estensione degli ammortiz- zatori sociali e investimenti nella cosid- detta “economia verde”, conducendo l’e- conomia mondiale verso un percorso di crescita attraverso la riduzione delle emis- sioni di carbonio; operare di concerto con gli altri ministri al fine di creare e salvaguardare i sistemi pensionistici; combattere il rischio di deflazione dei salari e invertire la crescita delle disugua- glianze di reddito ampliando la copertu- ra della contrattazione collettiva e raffor- zando gli istituti per la fissazione dei sa- lari, in modo da definire una base salaria- le dignitosa nei mercati del lavoro; sviluppino l’agenda in materia di “oc- cupazione verde” sulla quale i ministri del Lavoro si sono impegnati a Niigata (loca- lità giapponese nella quale si sono riuni- ti i ministri del Lavoro del G8 a maggio 2008, ndr) al fine di contribuire a spiana- re la strada affinché nel corso della Cop15 (Conferenza sui cambiamenti climatici, ndr) che si terrà a Copenhagen a dicem- bre 2009 si giunga a un accordo interna- zionale ambizioso e di ampio respiro; fissare un riferimento giuridico di nor- me e strumenti delle istituzioni economi- che e sociali internazionali – Organizza- zione Internazionale del Lavoro (Ilo), Fmi, Banca Mondiale, Organizzazione Mon- diale del Commercio (Omc) e Organizza- zione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) – procedendo inoltre alla riforma di queste istituzioni e alla co- struzione di una governance economica mondiale efficace e responsabile; commissionare un rapporto completo che riassuma le azioni intraprese dai go- verni del G8 e del G14, nonché dalle isti- tuzioni internazionali e dalle parti sociali, al fine di onorare gli impegni assunti a Ro- ma. Questo rapporto dovrà essere pre- sentato alla prossima riunione dei mini- stri del Lavoro “Gn”. di GIAN FRANCO BENZI Mentre si vanno chiarendo sempre più i contorni del disastro, stenta ancora ad affermarsi l’analisi delle sue ragioni e delle responsabilità, dai governi ai grandi attori economico-sociali. La ricognizione dell’innovazione economico-sociale che ciò comporta, e soprattutto delle condizioni politiche che la rendono praticabile, non viene sviluppata. Ecco perché cresce la rabbia delle persone più deboli, che continuano a pagare i prezzi delle storture precedenti e che oggi pagano più pesantemente gli effetti della crisi: da quelle che vedono drasticamente ridursi i loro standard di vita a quelle che percepiscono il venir meno di prospettive per il futuro. Le risposte seguono il cammino di quelle classiche antirecessive già conosciute e che oggi appaiono fragili e palesemente inadeguate per rispondere ai problemi sul tappeto e soprattutto prive della necessaria discontinuità e radicalità. Ecco perché il problema immediato è che il G20 sappia uscire dalle solite discussioni e fare qualcosa di utile. Si tratta di incoraggiare i governi a spendere di più per far funzionare le loro economie e di dare al Fondo monetario internazionale (Fmi) più risorse per essere più efficace nei confronti delle economie più deboli. Non è certo da temere, in questo momento, Mentre si vanno chiarendo sempre più i contorni del disastro, stenta ancora ad affermarsi l’analisi delle sue ragioni e delle sue responsabilità 2 - 8 APRILE 2009 | N. 13 l’esuberanza dei mercati, perché avanza il protezionismo. La maggior parte dei paesi del G20 ha aumentato i dazi e l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) ha previsto quest’anno il crollo di circa il 10 per cento degli scambi internazionali, che rappresenta la caduta più verticale del secondo dopoguerra. Nel mondo vi è stata un’ondata di azioni contro il dumping, che in realtà nascondono il blocco di ogni competizione sui prodotti. L’agenda del G20 prevede fondamentalmente tre obiettivi: dare più risorse al Fmi; evitare un altro disastro finanziario attraverso una regolazione più stringente e un maggior controllo internazionale; combattere la recessione attraverso lo stimolo della domanda. Mentre il primo obiettivo può essere raggiunto sulla base di maggiori disponibilità verso il Fmi, il secondo può avanzare anche grazie alla disponibilità britannica a sostenere un organismo a livello Ue. Il terzo obiettivo appare problematico, anche se è quello che più interessa l’economia reale e particolarmente la parte americana. La capacità del primo ministro inglese di scommettere su un accordo è sicuramente indebolita dall’emergente fragilità delle finanze pubbliche inglesi: il deficit arriverebbe nel 2010 all’11 per cento del Pil, diventando il più alto del G20, e la Banca d’Inghilterra sta contrastando ogni ulteriore stimolo all’economia a causa della difficoltà a emettere titoli di debito. A differenza del passato Brown intende far emergere dalla posizione inglese una volontà di cooperazione e non di isolamento. È prevedibile che ciò permetterà di celare le I SINDACATI: prima le persone Il mondo del lavoro si mobilita in concomitanza con il G20,e propone una serie di obiettivi per uscire dalla crisi ed evitare che i suoi effetti ricadano sui più deboli PIANO D’AZIONE MONDIALE PER L’ OCCUPAZIONE IL DOCUMENTO 13p14-15 30-03-2009 12:51 Pagina 14

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P ut people first è stato lo slogan dellamanifestazione di sabato 28 marzo a Londra, laprincipale di quelle convocate in concomitanzacon il G20 che proprio in questi giorni si tienenella capitale inglese. A questo appuntamento si

arriva in una condizione terremotata dell’economia mondiale, inpiena recessione, mentre le ricette adottate finora appaiono nonrisolutive del male che si vuole curare. L’opinione della gente chelavora e che vive di un reddito fisso, e di quella che un lavoro locerca, delinea precise responsabilità di chi si è impegnato inquesti anni a proteggere i profitti più che a ridistribuirli, a far sìche gli spiriti “animali” del capitalismo si liberassero piuttostoche preoccuparsi di un processo ancorato alla qualità e in gradodi dare nuove opportunità a chi ne era escluso.

Dichiarazione delle Global Unionsal vertice sociale del G8/G14

Roma, 29-30 marzo 2009

Nell’ultimo trimestre del 2008 sisono registrati crolli sconcer-tanti del Pil. Secondo i Conti eco-

nomici trimestrali dell’Ocse, il Pil su ba-se annua si è ridotto del 6 per cento nel-l’insieme delle economie del G7, dell’U-nione europea e dell’Ocse. Si tratta dellecifre peggiori mai registrate. Il contagiosi è diffuso raggiungendo le economieemergenti e in via di sviluppo in cui la cre-scita è ora stagnante e il Pil pro capite indeclino. (…) Oltre 200 milioni di lavora-tori potrebbero essere spinti in condizio-ni di povertà estrema, principalmente neipaesi in via di sviluppo ed emergenti incui non esistono ammortizzatori sociali,il che significa che il numero dei lavora-tori poveri (ovvero coloro che guadagna-no meno di due dollari al giorno per cia-scun componente della famiglia) potreb-be raggiungere la cifra di 1,4 miliardi. Que-sta situazione colpirà in modo particola-re le donne, che costituiscono il 60 percento dei poveri del mondo. (…)Le politiche basate sulla disuguaglianzahanno svolto un ruolo importante nell’a-limentare la crisi attuale. Alcune econo-mie del G8, in particolare gli Stati Uniti, sisono ritrovate all’inizio di questa reces-sione con un livello di salari medi ancorainferiore alla media del ciclo precedente.Diretta conseguenza di queste politichedannose del passato è stata la perdita dipotere d’acquisto dei lavoratori e delle lo-ro famiglie che ha di per sé contribuito no-tevolmente alla crisi attuale e all’emer-gere di debiti non rimborsabili che, com-binandosi con l’effetto di un’eccessiva re-golamentazione finanziaria, hanno por-

tato alla crisi del settore immobiliare ne-gli Stati Uniti. Ora il pericolo è che la crisinon faccia altro che accrescere le disu-guaglianze retributive già esistenti ed ero-dere la coesione sociale. Questa è la sfi-da che i ministri del Lavoro e dell’Occu-pazione del G8 e del G14 devono racco-gliere. Il movimento sindacale mondialeteme che i pacchetti di misure fiscali adot-tati dai governi per arrestare il crollo del-la domanda e salvare gli istituti di credi-to non affrontino adeguatamente proble-mi quali occupazione, lavoro dignitoso otutela sociale. Non si concentrano sullatutela dell’occupazione e sulla creazionedi posti di lavoro a breve termine né sonoriusciti a contemplare adeguate politicheattive del mercato del lavoro. Sono pochele azioni volte a sviluppare o a rafforzarela tutela sociale, tramite pensioni o soste-gno al reddito. Questi deficit di politica devono essere af-frontati, e inoltre i governi devono agireper rafforzare il dialogo sociale. In man-canza di un intervento radicale da partedei governi, la più grave crisi economicadalla Grande Depressione degli anni 30si trasformerà in una crisi sociale e quin-di politica. Il movimento sindacale mon-diale fa appello ai leader dei principali pae-si di tutto il mondo, che si riuniranno dap-prima a Londra il prossimo 2 aprile per ilVertice del G20 e successivamente a LaMaddalena dall’8 al 10 luglio per il Verti-ce del G8, affinché adottino un piano coor-dinato internazionale per la ripresa e lacrescita sostenibile. Il Vertice Sociale edel Lavoro di Roma deve fornire contribu-ti fondamentali a queste riunioni che siterranno nelle prossime settimane e neiprossimi mesi, al fine di elaborare unastrategia che ci faccia superare la crisi. In

particolare, i ministri del Lavoro devono:• far sì che le misure per la ripresa asse-gnino la massima importanza alla crea-zione di posti di lavoro, comprendano po-litiche attive del mercato del lavoro, ga-rantiscano l’estensione degli ammortiz-zatori sociali e investimenti nella cosid-detta “economia verde”, conducendo l’e-conomia mondiale verso un percorso dicrescita attraverso la riduzione delle emis-sioni di carbonio;• operare di concerto con gli altri ministrial fine di creare e salvaguardare i sistemipensionistici;• combattere il rischio di deflazione deisalari e invertire la crescita delle disugua-glianze di reddito ampliando la copertu-ra della contrattazione collettiva e raffor-zando gli istituti per la fissazione dei sa-lari, in modo da definire una base salaria-le dignitosa nei mercati del lavoro;• sviluppino l’agenda in materia di “oc-cupazione verde” sulla quale i ministri delLavoro si sono impegnati a Niigata (loca-lità giapponese nella quale si sono riuni-ti i ministri del Lavoro del G8 a maggio2008, ndr) al fine di contribuire a spiana-re la strada affinché nel corso della Cop15(Conferenza sui cambiamenti climatici,ndr) che si terrà a Copenhagen a dicem-bre 2009 si giunga a un accordo interna-zionale ambizioso e di ampio respiro;• fissare un riferimento giuridico di nor-me e strumenti delle istituzioni economi-che e sociali internazionali – Organizza-zione Internazionale del Lavoro (Ilo), Fmi,Banca Mondiale, Organizzazione Mon-diale del Commercio (Omc) e Organizza-zione per la cooperazione e lo sviluppoeconomico (Ocse) – procedendo inoltrealla riforma di queste istituzioni e alla co-struzione di una governance economicamondiale efficace e responsabile;• commissionare un rapporto completoche riassuma le azioni intraprese dai go-verni del G8 e del G14, nonché dalle isti-tuzioni internazionali e dalle parti sociali,al fine di onorare gli impegni assunti a Ro-ma. Questo rapporto dovrà essere pre-sentato alla prossima riunione dei mini-stri del Lavoro “Gn”.

di GIAN FRANCO BENZI

Mentre si vanno chiarendosempre più i contorni deldisastro, stenta ancora adaffermarsi l’analisi delle sueragioni e delle responsabilità,dai governi ai grandi attorieconomico-sociali. Laricognizione dell’innovazioneeconomico-sociale che ciòcomporta, e soprattutto delle

condizioni politiche che la rendonopraticabile, non viene sviluppata. Eccoperché cresce la rabbia delle persone piùdeboli, che continuano a pagare i prezzidelle storture precedenti e che oggi paganopiù pesantemente gli effetti della crisi: daquelle che vedono drasticamente ridursi iloro standard di vita a quelle chepercepiscono il venir meno di prospettiveper il futuro. Le risposte seguono ilcammino di quelle classiche antirecessivegià conosciute e che oggi appaiono fragilie palesemente inadeguate per rispondere aiproblemi sul tappeto e soprattutto privedella necessaria discontinuità e radicalità.Ecco perché il problema immediato è che ilG20 sappia uscire dalle solite discussioni efare qualcosa di utile. Si tratta diincoraggiare i governi a spendere di piùper far funzionare le loro economie e didare al Fondo monetario internazionale(Fmi) più risorse per essere più efficace neiconfronti delle economie più deboli.Non è certo da temere, in questo momento,

Mentre si vanno

chiarendo sempre

più i contorni

del disastro,

stenta ancora ad

affermarsi l’analisi

delle sue ragioni

e delle sue

responsabilità

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l’esuberanza dei mercati,perché avanza ilprotezionismo. La maggiorparte dei paesi del G20 haaumentato i dazi el’Organizzazione mondiale delcommercio (Omc) ha previstoquest’anno il crollo di circa il10 per cento degli scambiinternazionali, che rappresentala caduta più verticale delsecondo dopoguerra.Nel mondo vi è stataun’ondata di azioni contro il dumping, che in realtànascondono il blocco di ognicompetizione sui prodotti.L’agenda del G20 prevedefondamentalmente treobiettivi: dare più risorse alFmi; evitare un altro disastrofinanziario attraverso unaregolazione più stringente eun maggior controllointernazionale; combattere larecessione attraverso lostimolo della domanda.Mentre il primo obiettivo puòessere raggiunto sulla base dimaggiori disponibilità verso il Fmi, il secondo puòavanzare anche grazie alladisponibilità britannica asostenere un organismo alivello Ue.Il terzo obiettivo appareproblematico, anche se èquello che più interessal’economia reale eparticolarmente la parteamericana. La capacità delprimo ministro inglese discommettere su un accordo èsicuramente indebolitadall’emergente fragilità dellefinanze pubbliche inglesi: ildeficit arriverebbe nel 2010all’11 per cento del Pil,diventando il più alto delG20, e la Banca d’Inghilterrasta contrastando ogni ulteriorestimolo all’economia a causadella difficoltà a emetteretitoli di debito. A differenzadel passato Brown intende faremergere dalla posizioneinglese una volontà dicooperazione e non diisolamento. È prevedibile checiò permetterà di celare le

I SINDACATI: prima le personeIl mondo del lavoro si mobilita in concomitanza con il G20,e propone una seriedi obiettivi per uscire dalla crisi ed evitare che i suoi effetti ricadano sui più deboli

PIANO D’AZIONE MONDIALEPER L’OCCUPAZIONE

IL DOCUMENTO

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versanti: creare nuovi posti di lavoro edestendere gli ammortizzatori sociali; fareinvestimenti nell’economia verde;promuovere un accordo sui cambiamenticlimatici, che dovrà essere sancito a fineanno nel vertice di Copenaghen.Se il processo G20 può rappresentare oggi la risposta di fronte alle evidenticarenze di governance mondiale, i temidell’economia reale, della riduzione dellapovertà e della creazione di lavorodignitoso non possono restare ai margini,come oggi rischiano di restare, e con essi il ruolo dei partner socialinell’influenzare l’uscita dalla crisi. Come dapiù parti si va ripetendo, da questa crisinon si esce tornando allo statopreesistente: occorre riconoscere un ruoloal sindacato e all’Organizzazioneinternazionale del lavoro (Ilo) che devonoessere al centro di quella riforma dellagovernance mondiale che i governiintenderebbero promuovere.Dalla crisi si esce, come ricorda ladichiarazione del movimento sindacaleinternazionale presentata al vertice di Roma (vedere articolo nella paginaaccanto), solo dando vita a un nuovomodello economico, sostenibile dal puntodi vista sociale e ambientale.Per questo bisogna mobilitarsi perrealizzare un nuovo piano internazionaleche coordini e qualifichi la ripresa e la crescita sostenibile.

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I sindacati e

l’Organizzazione

internazionale

del lavoro

devono essere

al centro

di quella riforma

della governance

mondiale

che i governi

intenderebbero

promuovere

Parecchie decine di migliaiadi manifestanti hanno dato vita a Londra al cor-teo di protesta contro la crisi e gli effetti dellaglobalizzazione in vista della riunione del G 20,il vertice dei ministri delle Finanze e dei gover-natori delle banche centrali dei paesi più indu-strializzati, programmato per l’1 e 2 aprile nel-la capitale inglese, che propone le nuove rego-le dei meccanismi economici del capitalismointernazionale dopo l’uragano che ha scatena-to la recessione mondiale.Lavoro, giustizia, clima: con queste parole d’or-dine si è aperto il multicolore serpentone (alquale era presente anche una delegazione del-la Cgil con lo striscione: "Cgil Italy - Put workersfirst!") che è partito dalla Victoria Embankment,in riva al Tamigi, è sfilato davanti al Parlamen-to e, attraversando Trafalgar Square e il centrolondinese, è giunto a Hyde Park. L’appunta-mento è stato organizzato da una coalizione di150 associazioni e gruppi differenti, sindacatie studenti, ambientalisti e no global, immigra-ti e disoccupati, precari e pacifisti, associazio-ni di carità e religiose, insomma un poliedricomondo di giovani e cittadini. Nello stesso momento, in altre città europee,altre migliaia di persone hanno manifestato perle stesse ragioni. “Non vogliamo pagare la vo-stra crisi” è lo slogan che si è levato dalle stra-de di Francoforte, Parigi, Vienna, Berlino e Ro-ma. I lavoratori inglesi ed europei stanno pa-gando a carissimo prezzo gli sconsiderati ec-cessi del mondo degli affari, soprattutto dellebanche, con la disoccupazione in forte cresci-ta, la diffusione del precariato e l’ampliamen-to della povertà, la consistente riduzione delpotere d’acquisto di salari e pensioni e il pro-gressivo aumento del debito pubblico.È iniziata così una settimana di proteste chespazierà a tutto campo: dalla crisi economicaglobale agli aiuti per i paesi in via di sviluppo,dalla necessità di un capitalismo più equo allamaggiore attenzione ai cambiamenti climaticie alla tutela dell’ambiente. Altre iniziative sono in programma nei prossi-mi giorni e settimane, a partire dall’appunta-mento di Roma, il 4 aprile, fino alle manifesta-zioni programmate dalla Confederazione eu-ropea dei sindacati per metà maggio a Praga,Berlino, Madrid, Bruxelles. “L’impegno di Lon-dra continua – afferma Nicola Nicolosi, respon-sabile del Segretariato europeo della Cgil –.L’Europa del lavoro, dei giovani, l’Europa so-ciale è impegnata a non far passare la rasse-gnazione e la sfiducia, a lottare per i diritti e perun futuro migliore”. Antonio Morandi

A Londral’Europa

del lavoro

differenze tra le posizionieuropee e quelle americane edi collocare la stessa crisiinglese, che è una delle piùprofonde, nel quadro europeo.Di fronte a cesta complessitàè sicuramente importante lamobilitazione su unapiattaforma capace dirispondere alle emergenze dilavoro e di reddito, masoprattutto capace dicontrastare il rischio didepressione e di definire unquadro strutturale di azioni.La piattaforma sindacale che anima in questi giorni ilconfronto con i governi e glialtri soggetti sociali è chiara:se sono esplose ledisuguaglianze e con esse lepolitiche che le hannoalimentate, non bastano gliincentivi fiscali previsti daivari piani, che non sono ingrado di attivare una realetutela dell’occupazione, edella sua dignità, e soprattuttodi creare nuova occupazione.Il vertice sociale di Roma equello dell’8-10 luglio dellaMaddalena devono contribuire fondamentalmentea definire politiche su tre

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