SPECIALE IL COMMENTO Contrattare Si torna ai fondamentali …€¦ · terziarizzazione si torna ai...

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Il Forum nazionale dell’industria, del lavoro e dell’innovazione che si è svolto a Torino lo scorso 21 settembre, è stato un successo di partecipazione, sia quantitativamente – erano presenti ben 400 persone – sia qualitativamente, con una discussione ampia e costruttiva. Cosa porta a casa e cosa consegna la Cgil al dibattito del G7? A Torino la Cgil ha determinato le condizioni per passare da una stagione informativa-formativa sull’innovazione, la digitalizzazione, il futuro tecnologico, a quella del che fare. La Cgil è un sindacato confederale che non partecipa all’inutile disputa tra pessimisti e ottimisti sul ruolo e le ricadute dell’innovazione tecnologica, ma propone e determina come affrontare il nuovo e contrastare le diseguaglianze e le polarizzazioni che l’acritica assunzione dell’oggettività della tecnica può determinare. Quella discussione consegna alla Cgil un’idea e, con essa, la conseguente necessità di contrattare scelte tecnologiche, investimenti, formazione continua, inclusione. Consegna, cioè, la necessità di non subire la polarizzazione. Una confederazione per definizione non può sottovalutare effetti di divaricazione del mondo del lavoro, meno che mai in una stagione che già vede profonde divisioni e a maggior ragione quando, esplicitamente, il futuro prospetta convivenza di vecchio e nuovo, di continuo sviluppo della digitalizzazione, di importanti ricadute sulla trasformazione della società e indifferenza da parte dei detentori delle tecnologie sulle diseguaglianze che possono generarsi. Al G7 la Cgil ha consegnato le sue valutazioni sul ritardo del nostro paese e dell’Europa nell’affrontare il tema del cambiamento tecnologico come opportunità per costruire uno sviluppo sostenibile per qualità dell’ambiente, clima, e per modello sociale e di formazione permanente. È un’opportunità che si presenta alla politica e ai governi per essere guida dei processi e non solo notai impotenti come lo furono durante la crisi finanziaria. Ed è essenziale che si assumano questo ruolo perché se la digitalizzazione informa la società, allora il lavoro, il suo tempo e la sua qualità, il welfare, la formazione non possono essere delegate alle imprese. IDEA DIFFUSA INSERTO DI INFORMAZIONE SUL LAVORO 4.0 / sett-ott 2017 Contrattare l’algoritmo Susanna Camusso, Segretario generale Cgil L’INTERVISTA di ALESSIO GRAMOLATI responsabile del Coordinamento politiche industriali e dell'Ufficio progetto lavoro 4.0 I l G7 a Torino ha rappresentato una novità per le grandi potenze globali nel dibattito sullo sviluppo. Si può mettere in discussione l’attualità della formula o la correttezza di affidare a un nucleo ristretto di paesi il compito di decidere su questioni che coinvolgono i popoli del mondo; ma non si può nascondere che i temi proposti e l’impostazione emersa rappresentano un fatto politico nuovo. Dopo decenni dominati da finanziarizzazione e terziarizzazione si torna ai fondamentali: industria, tecnologia, lavoro. Non è una cattiva notizia. Soprattutto per un paese come il nostro, che ha vissuto per lungo tempo la vocazione manifatturiera come un difetto da correggere, cercando nella “competizione implicita” – come l’economista Leonello Tronti l’ha definita in un suo articolo sull’inserto di Idea diffusa di luglio – la risposta al deficit di produttività che andavamo cumulando. Da alcuni decenni, ormai, si cerca di fare fronte alle difficoltà competitive da una parte con politiche di incentivazione non selettive verso le imprese, dall’altra con l’attacco alle regole del mercato del lavoro. Appare del tutto evidente che queste politiche – dispendiose e dannose per le condizioni sociali del lavoro – hanno fallito il loro primario obiettivo. Cercare una nuova strada su un altro terreno, quello degli investimenti e dell’innovazione tecnologica, suona oggi come la sconfessione di quanto si è fatto sinora, in ultimo con il Jobs Act. Si sono persi 30 anni, adesso c’è solo da recuperare e non sarà semplice: il nuovo paradigma SEGUE A PAG. 2 Si torna ai fondamentali SEGUE A PAG. 2 SPECIALE IL COMMENTO L’innovazione è un’opportunità. La politica e i governi devono guidare i processi e non essere solo notai impotenti come durante la crisi

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Il Forum nazionale dell’industria, dellavoro e dell’innovazione che si è svolto aTorino lo scorso 21 settembre, è stato unsuccesso di partecipazione, siaquantitativamente – erano presenti ben400 persone – sia qualitativamente, conuna discussione ampia e costruttiva.Cosa porta a casa e cosa consegna laCgil al dibattito del G7? A Torino la Cgil ha determinato lecondizioni per passare da una stagioneinformativa-formativa sull’innovazione,la digitalizzazione, il futuro tecnologico, aquella del che fare. La Cgil è un sindacatoconfederale che non partecipa all’inutiledisputa tra pessimisti e ottimisti sul ruoloe le ricadute dell’innovazione tecnologica,ma propone e determina come affrontareil nuovo e contrastare le diseguaglianze ele polarizzazioni che l’acritica assunzionedell’oggettività della tecnica puòdeterminare. Quella discussioneconsegna alla Cgil un’idea e, con essa, laconseguente necessità di contrattarescelte tecnologiche, investimenti,formazione continua, inclusione.Consegna, cioè, la necessità di non subirela polarizzazione. Una confederazione perdefinizione non può sottovalutare effetti

di divaricazione del mondo del lavoro,meno che mai in una stagione che giàvede profonde divisioni e a maggiorragione quando, esplicitamente, il futuroprospetta convivenza di vecchio e nuovo,di continuo sviluppo delladigitalizzazione, di importanti ricadutesulla trasformazione della società eindifferenza da parte dei detentori delletecnologie sulle diseguaglianze chepossono generarsi. Al G7 la Cgil haconsegnato le sue valutazioni sul ritardodel nostro paese e dell’Europanell’affrontare il tema del cambiamentotecnologico come opportunità percostruire uno sviluppo sostenibile perqualità dell’ambiente, clima, e permodello sociale e di formazionepermanente. È un’opportunità che sipresenta alla politica e ai governi peressere guida dei processi e non solo notaiimpotenti come lo furono durante la crisifinanziaria. Ed è essenziale che siassumano questo ruolo perché se ladigitalizzazione informa la società, allorail lavoro, il suo tempo e la sua qualità, ilwelfare, la formazione non possonoessere delegate alle imprese.

IDEA DIFFUSAINSERTO DI INFORMAZIONE SUL LAVORO 4.0 / sett-ott 2017

Contrattarel’algoritmo

Susanna Camusso,Segretario generale Cgil

L’INTERVISTA

di ALESSIO GRAMOLATIresponsabile del Coordinamento politicheindustriali e dell'Ufficio progetto lavoro 4.0

Il G7 a Torino ha rappresentatouna novità per le grandi potenzeglobali nel dibattito sullo

sviluppo. Si può mettere indiscussione l’attualità della formulao la correttezza di affidare a unnucleo ristretto di paesi il compitodi decidere su questioni checoinvolgono i popoli del mondo; manon si può nascondere che i temiproposti e l’impostazione emersarappresentano un fatto politiconuovo. Dopo decenni dominati dafinanziarizzazione eterziarizzazione si torna aifondamentali: industria, tecnologia,lavoro. Non è una cattiva notizia.Soprattutto per un paese come ilnostro, che ha vissuto per lungotempo la vocazione manifatturieracome un difetto da correggere,cercando nella “competizioneimplicita” – come l’economistaLeonello Tronti l’ha definita in unsuo articolo sull’inserto di Ideadiffusa di luglio – la risposta aldeficit di produttività cheandavamo cumulando. Da alcunidecenni, ormai, si cerca di farefronte alle difficoltà competitive dauna parte con politiche diincentivazione non selettive versole imprese, dall’altra con l’attaccoalle regole del mercato del lavoro.Appare del tutto evidente chequeste politiche – dispendiose edannose per le condizioni sociali dellavoro – hanno fallito il loro primarioobiettivo. Cercare una nuova stradasu un altro terreno, quello degliinvestimenti e dell’innovazionetecnologica, suona oggi come lasconfessione di quanto si è fattosinora, in ultimo con il Jobs Act. Sisono persi 30 anni, adesso c’è soloda recuperare e non sarà semplice: ilnuovo paradigmaSEGUEA PAG. 2

Si torna aifondamentali

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SPECIALE IL COMMENTO

L’innovazione è un’opportunità. La politica e i governi devono guidare i processi e non essere solo notaiimpotenti come durante la crisi

DALLA PRIMA Camusso

DALLA PRIMA Gramolati

Restiamo per un attimo sul pianonazionale. Come valuti i risultati delPiano Industria 4.0 e, soprattutto, cosachiede la Cgil per il rilancio del pianoImpresa 4.0?Valuto positivamente il piano perl’effetto di accelerazione degliinvestimenti in automazione, viste letante risorse distribuite alle imprese aquesto scopo che hanno avuto un effettodi ripresa degli investimenti privati. Erastato “promesso” un report sullericadute delle singole misure pervalutare come proseguire e, potremmodire, che una sua sintesi è rintracciabilein quello che è stato escluso o inseritonelle bozze della legge di bilancio che sileggono in queste ore. Sono piùperplessa rispetto alla modalità sceltaper finanziare una formazione chedovrebbe avere peculiari caratteristiche.È vero che viene assunta la necessitàdell’accordo sindacale, ed è un passoavanti, ma sarebbe molto negativo se laformazione permanente dei lavoratoridiventasse sempre dipendente dalfinanziamento pubblico e non dallescelta di investimento delle imprese.Il Gruppo dei Sette ha quest’anno decisodi riunire i G7 su Industria e Ict, Scienza e Lavoro in una Innovation week.

Che cosa significa? Perché affrontarequesti tre settori simultaneamente?Spero sia una scelta che nasce dallaconsapevolezza che i processi didigitalizzazione informano tutta lasocietà, che hanno bisognod’investimenti industriali, ma anche esoprattutto di ricerca a tutto campo e dinuovi processi di conoscenza. Intuizionegiusta, dunque, anche se ad essereprecisi, forse, manca il welfare. Per la prima volta è stato formalizzatol’incontro con le parti sociali al G7Lavoro, che potrebbe estendersi al G20,e il governo ha proposto un forumpermanente. La Cgil punta su unagovernance condivisa. La possiamoconsiderare una prima vittoria?Se pensiamo alla lunga stagione delladisintermediazione, alla difficoltà diregolazione “mondiale” dei processi, ilsolo decidere che l’incontro con le partisociali – organizzazioni sindacali esistema delle imprese – e degliorganismi internazionali quali Ilo e Ocse,è già una straordinaria innovazione dicui si deve dare atto al Ministro Poletti.Spiace che questo metodo non sia statoesteso anche agli altri incontri del G7. Sitratta comunque di un passo avantiimportante, ancor più se lo colleghiamo

all’idea di un forum che rendacontinuativo questo confronto. Inparticolare si è trattata di un’occasioneper condividere le scelte sul lavoro checaratterizzano i diversi paesi. Se gli StatiUniti hanno manifestato tutto il loroimbarazzo per la scelta di ascoltare leparti e tentato di affermare chelavoratori e imprese eranosovrapponibili nei loro contenuti edobiettivi, altri paesi, in particolare ilCanada, hanno parlato di comepredisporre una nuova legislazione delmercato del lavoro in grado dicontrastare le nuove polarizzazioni. Laparte del leone, sia negli interventi dellaConfindustria (mondiale, europea eitaliana), sia dei governi, l’ha fatta laformazione. Non sono mancati da partenostra gli interventi sul modello disviluppo e sulla contrattazione,indubbiamente raccolti da Guy Ryder,direttore generale dell’Ilo. Si tratterà oradi tradurre questo spiraglio inun’opportunità effettiva. Per questo ilpasso successivo sarà determinare nellaCes e nell’Ituc un comune orientamentoe una scelta verso la contrattazionecollettiva che, troppo spesso, non è lapriorità delle organizzazioni sindacalisovranazionali. ■

2 settembre-ottobre 2017

tecnologico è difficile da perseguirecon un sistema produttivo fatto dipiccole e medie imprese e con unsistema bancario ripiegato su se stesso. E non piccole sono le contraddizioni cheesso comporta, sul frontedell’occupazione, della polarizzazioneprofessionale, sui problemi di controllosul lavoro e sulla vita delle persone.Tutto ciò ci responsabilizza nel governarequesti processi. La digitalizzazionechiede infatti maggiore responsabilità allavoro, nei termini di creatività,autonomia, collaborazione. Unaresponsabilità che pare allontanare ladisumanità imposta dal fordismo, con laseparazione tra mente e gesto e il suocorredo di autoritarismo gerarchico chegenerava nei processi organizzativi.Conla digitalizzazione dovremo ripensare dacapo il lavoro così come lo abbiamoconosciuto nella seconda e anche nellaterza rivoluzione industriale. Serviràscrivere un nuovo compromesso socialebasato non solo su una logica risarcitoriache agisce esclusivamente sul welfare esulla redistribuzione, ma anche su un

coinvolgimento ex ante nella definizione,ad esempio, del modello di sviluppo e deimetodi produttivi. Avremo bisogno diuna nuova governance di questi processi,di una nuova co-determinazione cheinsieme a chi riveste incarichi pubblici, aigoverni, alle parti sociali si apra allapartecipazione della società civile, alleassociazioni dei consumatori, al mondodei saperi e della conoscenza, rifuggendoogni chiusura corporativa.Per questo la Cgil si è sentita chiamata incausa ed ha deciso di accettare la sfida,organizzando a Torino un Forumnazionale dell’industria, del lavoro edell’innovazione in vista della successivaG7 innovation week, una riflessionecollettiva che ha coinvolto oltre al mondodel lavoro, anche quello accademico-scientifico. “Torino 2” ha rappresentatouna novità anche per noi: a un anno da“Torino 1” – il primo evento (R)EvolutionRoad organizzato dalla Cgil il 24 e 25ottobre 2016 –si è passati da una faseformativa e divulgativa su questi temi auna fase di confronto che ha vistol’organizzazione dibattere sul che fare. Il

Forum, infatti, ha visto la partecipazionedi ben 400 persone e decine di interventiattivi, che si sono avuti con due modalità:nei tavoli tematici organizzati intornoalle tre direttrici del G7 e anche online,sulla piattaforma Idea diffusa. Un mix trail vecchio e il nuovo, perché maggiorepartecipazione equivale a maggiorequalità del confronto. Al termine dellagiornata, questo imponente lavoro congli stakeholder è stato sintetizzato in unatavola rotonda con il segretario generaledella Cgil Susanna Camusso e un gruppodi qualificati rappresentanti del sistemadelle imprese, coordinata dalvicedirettore del Sole 24 Ore. Quello chela Cgil ha messo in campo a Torino provaquindi ad andare proprio nella direzionedi una governance condivisa delletrasformazioni in atto. Il fatto che il G7,nonostante le resistenze delladelegazione del governo Trump, abbiainfine scelto di proseguire la discussioneaprendo alla partecipazione delle partisociali, è un primo risultato che ci devedare il coraggio di osare ancora per ilbenessere comune. ■

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SPECIALE

di CHIARA MANCINIcoordinatrice della piattaforma Idea Diffusa

I l Forum nazionale dell’industria, dellavoro e dell’innovazione che si èsvolto a Torino lo scorso 21

settembre, oggetto di questo numerospeciale, non è stato solo un evento diuna giornata. Una parte significativadel lavoro di elaborazione e riflessione èiniziata ben prima, ed è stata portataavanti online su Idea Diffusa. I lettoridell’inserto la conoscono già: IdeaDiffusa è una piattaforma collaborativaonline che la Cgil ha creato per ospitarel’elaborazione sui temi delladigitalizzazione dell’economia e quindidel suo impatto sulle politicheindustriali, sul lavoro e sul ruolo che ilsindacato e la contrattazione possonogiocare in questa fase, con un’ottica dimedio-lungo periodo. Idea Diffusa, nataa maggio 2017, ha coinvolto esperti delmondo accademico e delle imprese,nonché molti sindacalisti dellecategorie e dei territori in un laboratoriodi partecipazione orizzontale ecreazione di intelligenza collettiva incui la rete non è il luogodell’atomizzazione e delladisintermediazione, ma uno strumentoper l’azione collettiva.Dopo i primi mesi di rodaggio, l’eventodi Torino ha rappresentato unastraordinaria occasione persperimentare quello che avevamoteorizzato con la costruzione di IdeaDiffusa: un ponte tra partecipazionefisica e virtuale, e soprattutto lavalorizzazione di uno scambio di

esperienze e conoscenze tra personecon profili e culture anche moltodiversi. Idea Diffusa ci ha infattipermesso di aprire le discussioni deitavoli tematici coordinati dai tresegretari confederali della CgilVincenzo Colla, Maurizio Landini eTania Scacchetti nelle settimaneprecedenti, a partire da una relazioneintroduttiva di ciascun segretariopubblicata online. I contributi arrivatiprima dell’evento su Idea Diffusa sonostati consegnati sottoforma di reportriassuntivo ai segretari stessi, chequindi li hanno tenuti inconsiderazione durante la discussione“fisica” a Torino. Ma il forum non harappresentato la fine dell’interazione.Le call sono poi rimaste aperte perqualche giorno a disposizione di coloroche – vista l’ampia partecipazione – nonavevano fatto in tempo a intervenire, eanche per raccogliere le ulterioririflessioni stimolate dalla discussionein presenza. I report finali riassuntividelle call sono stati poi consegnati ai tresegretari e ai rapporteur per integrare icontributi che troverete in questonumero dell’Inserto. Parallelamente, abbiamo lavorato a unaprofilazione più puntuale deicomponenti della nostra ConsultaIndustriale, che lanciamo sul sito dellaCgil insieme a questo inserto. Ciò hapermesso di integrare il lavoro sullapiattaforma con un coinvolgimentoindividuale e costante di ciascuncomponente della Consulta. I risultatiquantitativi sono stati evidenti. Neiprimi venti giorni di settembre, quelli incui si è svolto il lavoro preliminare alForum, hanno utilizzato Idea Diffusa171 persone, di cui 50 nuovi utenti. Se sipensa che nel periodo da giugno adagosto l’avevano usata in 183, ilmiglioramento appare significativo. Mail dato più interessante è lapermanenza sulla piattaforma, ben 10minuti in media, che per unostrumento online sono davvero molti,segno di grande interesse per ildibattito in corso.Si tratta di dati incoraggianti, macomunque non sufficienti a raccontare

l’atmosfera di interesse e la voglia dicontribuire che tutti i partecipantihanno espresso, sia nella giornatatorinese sia online. Con le tre callrelative ai tavoli tematici del Forum,Idea Diffusa ha fatto un primo salto diqualità: i contributi giunti sul sito,generalmente molto pertinenti e di altolivello, hanno arricchito anche il lavorodei tavoli tematici “fisici” del 21settembre e in generale l’elaborazioneche stiamo portando avanti. Indefinitiva, abbiamo inaugurato esperimentato un metodo da affinare,ma che davvero può rappresentareun’opportunità per allargare ilcoinvolgimento e la partecipazione. ■

3settembre-ottobre 2017

■ Tavolo di lavoro coordinato da Vincenzo Colla,

Contrattazione motore diinnovazione e di sostenibilità(prima parte e seconda parte)

■ Tavolo di lavoro coordinato da Maurizio Landini,

L’industria europea nella sfidadella sostenibilità: tra ‘ecologiaintegrale’, protezionismo eglobalizzazione(prima parte e seconda parte)

■ Tavolo di lavoro coordinato da Tania Scacchetti,

Diritti universali e protezionisociali per il lavoro che cambia:formazione, saperi e conoscenzaper il lavoro di qualità(prima parte e seconda parte)

■ Report in plenaria dei risultati dei tre tavoli di lavoro, con Colla,Landini e Scacchetti (podcast)

■ Tavola Rotonda (podcast)

■ Consulta industriale(schede profilo dei componenti)

I PODCAST SU RADIOARTICOLO1

I COMPONENTI DELLACONSULTA INDUSTRIALE

Un ponte trapartecipazionefisica e virtuale

IDEA DIFFUSA

Dopo i primi mesi di rodaggio, l’evento di Torino harappresentato unastraordinaria occasioneper sperimentare quello che avevamo teorizzatocon la costruzione di Idea Diffusa

SPECIALE

diMAURIZIO LANDINI*ePAOLO TERRANOVA**,*Segretario confederale della Cgil**Presidente di Agenquadri Cgil

Se la diffusione delle tecnologiedigitali rappresenta la novità concui fare i conti, rimangono in piedi

i vecchi problemi globali e locali, apartire dai cambiamenti climatici, dalledinamiche socioeconomiche edemografiche. Il contesto rimane quellodella globalizzazione, con tutte le suecontraddizioni e con la capacità deipiccoli Stati di incidere, resa ancora piùesigua dalla diffusione di tecnologie cherendono poco significativi ed efficaci iconfini amministrativi, difficilmenteregolabili dagli attori pubblici(soprattutto se piccoli e deboli) sia per laloro natura sia per il loro esseregovernate da grandi corporation,proprietarie di piattaforme digitali cheoperano a livello globale e spesso inregime di tendenziale monopolio. È in questo contesto che la dimensioneeuropea diventa imprescindibile per unapolitica industriale efficace. L’ austeritànel periodo della crisi (2008-2015) hainasprito le diseguaglianze, tra chi èstato costretto a ridurre gli investimentipubblici (Italia -23%, Spagna -48%) e ipochi che gli investimenti pubblici lihanno aumentati anche in manierasignificativa (Germania +24%). Il PianoJuncker è stato sicuramente inadeguatoper la scarsità di fondi e mancanza divisione e applicazione strategica ma haaperto la strada alla possibilecostruzione di una politica industrialeeuropea. D’altro canto, in una fase comequesta, con tassi di interesse prossimi

allo zero, sarebbe assurdo continuarecon le restrizioni sugli investimentipubblici, soprattutto quelli performazione, infrastrutture, ricerca esviluppo. Il piano proposto dall’Etuc puòessere un punto di partenza, ma perevitare distorsioni deve essere forte ilragionamento sui territori didestinazione. La politica industrialeeuropea dovrebbe essere parte diun’azione più ampia di rafforzamentodell’Unione e dei meccanismi disolidarietà che la sostengono, adesempio tramite l’introduzione di unsistema di garanzia europeo dei debitipubblici nazionali.

Due espressioni ormai caratteristichedel dibattito politico e industriale alivello continentale sono sostenibilitàambientale e green economy. Eppure,non sempre le scelte di policy, né leelaborazioni, anche sindacali, sonoriuscite a trovare la giusta coerenza traeconomia, impresa e ambiente. Servedunque un investimento, ancheculturale, di conoscenza e competenza,per rafforzare la capacità diragionamento in termini integrati. Se in

questi anni l’Europa, e in particolarel’Italia, hanno fatto grandi passi avantisul tema della produzione di energia dafonti rinnovabili e generazionedistribuita, dimensioni molto rilevantisono invece rimaste sostanzialmente inombra: vedi la capacità di ragionare perfiliere, il rapporto tra produzione edevoluzione della domanda nei mercatidi riferimento, la riduzione dei consumienergetici. Esempio tipico del primocaso, in negativo, è l’Italia, sia con gliinvestimenti (pubblici e privati) inproduzione da rinnovabili utilizzati peracquistare tecnologia prodotta extra-Italia e extra-Ue, sia di recente con gliinvestimenti che alcuni Comuni stannofacendo sull’acquisto di bus elettrici. E lamobilità è settore esemplare anche delsecondo tema: mentre la Cina ponelimiti minimi alla presenza di autoelettriche in listino, le caseautomobilistiche europee faticano e lastessa Cina punta dichiaratamente allaleadership nel settore energy storage,considerato uno dei settori a più fortecrescita nei prossimi anni. In una regione del mondo altamenteurbanizzata e antropizzata comel’Europa, quello dell’efficienzaenergetica e della riduzione deiconsumi è un settore dalle enormipotenzialità. Le stime presentatesostengono che il passaggio da pratichedi efficientamento leggero, come quelleattuate in questi anni, verso pratichecosiddette di “innovazione profonda”possono ridurre i consumi energeticidegli edifici fino al 60-70%. Unaprospettiva di risparmio

Ci sarebbe bisogno di un piano diinvestimenti di politicaindustriale europeo,anche considerando la ridefinizione dei nuoviequilibri mondiali

L’industria europeanella sfida della

sostenibilità

4 settembre-ottobre 2017

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TAVOLO TEMATICO | INDUSTRIA

SPECIALE©

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ABAY

di TANIA SCACCHETTI* e LORENZO FASSINA**,*Segretaria confederale della Cgil**responsabile della Consulta giuridica Cgil

Veniamo da anni in cui i modellieconomici e di sviluppoaffermatisi sotto le bandiere della

globalizzazione e del mercato hannomostrato evidenti limiti. Anni che ciconsegnano una società fortementepolarizzata in termini di opportunità edi accesso al sapere, per varie cause:condizioni del sistema produttivo e dilavoro; divari territoriali; involuzione delsistema regolatorio. Si è in questo modoallargata la forbice della disuguaglianza,il lavoro è stato svilito e privato di diritti,nella logica che questa fosse l’unica viaper competere nei mercati globali. Intale contesto storico-politico, assieme altema dei sistemi di tutela, ci dobbiamoporre il problema della riconoscibilitàdel lavoro, troppo spesso gratuito o

invisibile. Perciò il nostro obiettivo ècostruire un punto di vista autonomo sucui fondare una capacità di azionesindacale nelle trasformazioni delmodello produttivo, per governare insenso inclusivo e progressista questetrasformazioni affinché ladisoccupazione e la riduzione del lavoronon diventino elementi strutturali nellanuova era tecnologica. Occorre quindi ridurre gli aspetti chegenerano insicurezza, garantendo nuoveprotezioni sociali, innalzando epotenziando le competenze deilavoratori. Per raggiungere questiobiettivi, tre strade possono esserepercorse, con il prezioso supporto delleelaborazioni contenute nel Piano dellavoro e nella Carta dei diritti:legislazione, contrattazione einnovazione organizzativa della praticasindacale. Quella che stiamo vivendo

può essere certo definita l’era dellainnovazione continua, ma ilcambiamento non è univoco, néomogeneo. Il passaggio dall’economiafordista a quella della conoscenza vamolto a rilento nel nostro paese. Tuttavia,nei processi del lavoro che mettono alcentro la persona, cambia la stessa ideadi lavoro. Se Impresa 4.0 è un brandattraente, certamente non è ancora unsistema sociale stabile: accanto a unindubbio sviluppo delle alteprofessionalità e di un ruolo cooperativoforte dei lavoratori, rischiamo infatti diassistere a una progressivapauperizzazione di una parte del lavoro.Una nuova forma di alienazionederivante dal fatto che sempre di più laconoscenza si sposta dall’uomo allamacchina. Per questo occorre un sistemadi compensazioni, e occorre occuparsianche della fase di

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TAVOLO TEMATICO | LAVORO

settembre-ottobre 2017

Diritti universalinel lavoro che cambia

DA PAG. 4 Landini - Terranova

enorme. Per farlo, però, occorrerebbecambiare logica e strumenti diintervento, ad esempio incentivando gliinterventi su interi edifici, creando fondidi rotazione per investimenti privati,dando profondità strategica con unachiara politica di indirizzo. Rilevante inquesta dimensione è anche il tema dellamanutenzione del territorio. Unadiscussione non nuova – che ha trovatogià ampio spazio nel Piano del lavorodella Cgil – ma sempre più attuale,anche rispetto alle tragedie che hannocaratterizzato la nostra storia recente.Tutti questi potrebbero essere temi sucui indirizzare un piano di politicaindustriale. Politica industriale che nonpuò non considerare i fenomeni diinnovazione tecnologica: macchine che

comunicano con altre macchine e conl’ambiente fisico, algoritmi e robot dinuova generazione, capaci di svolgereoperazioni finora riservate agli esseriumani; big data e cloud computing;industry servification e mass customization.Ma Industria 4.0 non è la descrizioneneutra di una trasformazione, ma lostrumento che imprenditori e governihanno messo in piedi per affrontare latrasformazione. Il piano industria 4.0del governo italiano è caratterizzato dascarsità di risorse e di strategia,andrebbe ripensato sia rispetto allafocalizzazione dei settori e della spesa,sia rispetto agli impattisull’occupazione e sulla qualità deirapporti e delle condizioni di lavoro.Infine, una parte delle difficoltà di

attuazione e dell’inefficacia dellepolitiche pubbliche è dovuta ainadeguatezze dei sistemi digovernance. Senza voler riesumareantiche pratiche, è indispensabileragionare su come si costruiscono e siattuano le decisioni, sul monitoraggio alivello europeo e territoriale, sulcoinvolgimento delle organizzazionisindacali e degli stakeholder. Unaprospettiva come quella delineatanecessita di passi avanti anche da partedelle organizzazioni sindacali. Pergiocare un ruolo significativo bisognainvestire su conoscenza e cambiamentoculturale. E rafforzare un’elaborazionecaratterizzata da un chiaro punto divista sindacale, autonomo e che guardialla pratica della contrattazione. ■

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6 settembre-ottobre 2017

Un motore perl’innovazione

TAVOLO TEMATICO |CONTRATTAZIONE

di VINCENZO COLLA* e CHIARA MANCINI,*Segretario confederale della Cgil

Nei processi di innovazione edigitalizzazione che stiamovivendo, il sindacato non deve

essere solo l’organizzazione chefronteggia le emergenze e aiuta aconservare il tessuto sociale in tempo dicrisi, funzioni che pure sono statefondamentali in questi anni: vogliamoinvece confrontarci su un’idea di paesee di sviluppo, con un’ottica di lungoperiodo, e all’interno di questa ideacapire quale ruolo può svolgere lacontrattazione. All’indomani dellagrande crisi del 2008, i processi diinnovazione ridisegnano il quadrocomplessivo delle aziende italiane. Lagrande impresa internazionale statramontando attraverso la progressivadislocazione nel mondo, fuori dall’Italia,dei centri direzionali e di SEGUEA PAG. 7

passaggio e delle ricadute che essastessa potrà determinare – e sta giàdeterminando – nel mondo del lavoro,rafforzando la capacità di condividere iprocessi e i cambiamenti. In talecontesto è necessario sviluppare undibattito sulla necessità di nuovi sistemidi welfare che sappiano affrontare lericadute di una disoccupazionetecnologica strutturale e i momenti dinon lavoro. Chi decide e chi subisce lenuove regole? È questo un puntocentrale, non solo dal punto di vista dellecondizioni del lavoro, ma anche per ilrispetto delle regole democratiche. Il mondo ci propone sfide nuove come iprocessi nelle economie dellepiattaforme, a maggior ragione in unsistema in cui i confini di spazio e ditempo in cui si svolge la prestazionelavorativa sempre saranno più labili. Itemi dell’accesso al sapere e dei diritti diinformazione su organizzazionimultiformi diventano decisivi percomprendere se il sindacato sarà ingrado di contrattare nel futuro checambia. Uno dei compiti piùimpegnativi che ci attendono saràquello di contrastare la tendenziale nonriconoscibilità del lavoro, impegnandosiaffinché prevalga la cultura dellaprogrammazione e non quella dell’ora esubito, intervenendo su alcuni profiliregolativi per evitare il diffondersi della

concorrenza al ribasso fra lavoratori,rafforzare il sistema di welfare,ricostruire forme nuove diresponsabilità dei datori di lavoro eaffermare diritti nuovi come quello alladisconnessione e alla contrattazionedell’algoritmo (altro non è che unaforma di organizzazione del lavoro). Imutamenti nella organizzazione dellavoro, che vedono da un lato rafforzarsii modelli di condivisione e la riduzionedelle gerarchie, presuppongono anchenuova capacità di apprendimentocollettivo e di lettura dei processi nellefiliere sempre più interconnesse. Nellavoro che cambia, inoltre,fondamentale è la centralità dellaconoscenza e della formazione: vafavorito il diritto all’inclusione neiprocessi di digitalizzazione e dispecializzazione. Non basta, quindi,anche se è decisivo, alzare i livelli diistruzione; ciò va accompagnato da una

visione complessiva della strategia dellecompetenze, valorizzando ambiti formalie non formali dell’apprendimento,certificazione delle competenze e lorospendibilità. Sarà quindi fondamentalel’investimento in capitale umano perridurre i tempi per l’accesso al mercatodel lavoro e le disparità. Un capitolo chechiama in causa il forte gap del nostropaese nella partecipazione a percorsiformativi extrascolastici. Va recuperatoun ritardo nella contrattazione dellaformazione continua, contrattazione chedeve acquisire forza e consapevolezza,così come va superata la tendenza delleistituzioni formative a offrire modellisperimentati e standardizzati,scommettendo di più sulla costruzionedi moduli formativi adatti alle esigenzespecifiche delle imprese. Ai lavoratorisarà chiesto di essere sempre piùpolivalenti, cooperanti e partecipativi.Pertanto, decisiva in questo contesto èla valorizzazione delle pratichepartecipative, puntando sulla libertà esulla responsabilità dei lavoratori perridurre il rischio di controllo digitale. Inun mondo che cambia, il sapere saràsempre più organizzato per filiere e nonper mestieri: questo significa averecapacità di intervento su orari di lavoro,inquadramenti, nuove mansioni,valorizzando la capacità contrattualepiù innovativa.■

DA PAG. 5 Scacchetti - Fassina

Gli assi su cui puntaresono due: ridurrel'insicurezza nel mondodel lavoro e innalzaree potenziare lecompetenze per unosviluppo di qualità

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ricerca. La media impresa – forsequella più in grado di adattarsi a questafase – è protagonista di un processo diconvergenza che rende marginali eanacronistiche vecchie differenze traNord-Ovest e Nord-Est, che hannoprocessi simili e in qualche modoconvergenti con il Centro (Emilia eToscana). Tuttavia, questo tipo diripresa, che rende nuovamentecompetitive alcune aziende a livellointernazionale, non è, né potrà maiessere il driver, la locomotivadell’economia italiana come fu inpassato la grande azienda del nostropaese. Il divario Nord-Sud cresce e gliindicatori economici generali, conl’eccezione di quello relativo allaproduttività per addetto, rimangononegativi tanto al Sud, quanto al Nord.Né tantomeno questo trend potràgenerare una crescita dell’occupazionee dei salari. È l’inevitabile risultatodell’assenza di qualsiasi politicaeconomica e industriale di ieri, di cuinon c’è più traccia a livello nazionaledalla fine delle partecipazioni statali,ma anche della totale assenza di unsistema di governance condivisodell’innovazione e del suo impattosull’occupazione e sui salari. Ad oggi leretribuzioni in Italia, oltre a esseremolto diseguali, sono anche basserispetto a quelle dei paesi del G7 esostanzialmente stabili da 26 anni. Ilrecupero della dinamica salariale èimportante per diverse ragioni: ilmantenimento della quota del lavorosul reddito distende le relazioniindustriali in azienda ed è condizioneper una crescita economica bilanciata.Inoltre, ma è questo il punto per noicentrale, la crescita della produttivitàdipende dalla crescita dei salari e nonviceversa, perché i consumi bloccatiprovocano la crisi delle imprese el’assenza di investimenti. In questocontesto, il sindacato e lacontrattazione possono svolgere unruolo di primo piano nel riattivare ladinamica salariale, allo stesso temporaggiungendo i benefici indicati sopra eincentivando le imprese a cogliere lasfida dell’innovazione, contrattandovalori-obiettivo di aumento delprodotto e/o della produttività e dicrescita salariale reale in linea con essie in relativa indipendenza temporalerispetto ai risultati effettivi, come nel sistema proposto da Leonello Tronti su Idea Diffusa.

La politica industriale attuata dal Misecon il piano Industria 4.0 e poi Impresa4.0 rappresenta sicuramente un fattoredi accelerazione, ma non è in grado diindirizzare questo sviluppo, crearereddito e occupazione e diminuire lediseguaglianze. Anche perché lapolitica industriale non avviene nelvuoto: ha bisogno di un ambientefavorevole fatto di coesione epartecipazione, che a loro volta sisviluppano con l’azione contrattualenei luoghi di lavoro e nei territori. Lacontrattazione è motore di sviluppo,ma perché sia tale va collocatad’anticipo, affinché riesca a interveniresulle scelte di business esull’innovazione di prodotto e diprocesso, e non solo sugli effetti ex postche si hanno sul lavoro. Dalladiscussione sono dunque emersialcuni ambiti d’intervento in cui lacontrattazione d’anticipo devecimentarsi: contrattare i softwareaperti e il ruolo dell’intelligenzaartificiale nell’organizzazione dellavoro; introdurre elementi premialiper l’innovazione di prodotto, chetutela maggiormente i livellioccupazionali e favorisce la qualitàanche dei processi (energia, ciclo dei

rifiuti, riciclo); evitare distorsioni oeffetti indesiderati della gig economy edella sharing economy.La conferma di questo bisogno di unapolitica che interagisca con le impresee le organizzazioni sindacali è datadalla buona pratica di contrattazioneterritoriale che, andando oltre le nostrepratiche tradizionali, ha visto losviluppo di tavoli negoziali ‘trilaterali’,con la partecipazione del sistema delleaziende, delle organizzazioni sindacali,degli enti locali e delle Regioni. Data lastruttura del sistema industriale,costituito in larghissima parte dapiccole imprese, la contrattazioneterritoriale si rivela uno strumentoimportante per creare ecosistemiterritoriali o filiere capaci di competeresulle catene globali del valore: ilsindacato nello specifico può mettere adisposizione la propria conoscenza delsistema produttivo per contribuire adefinire le grandi direttrici sulle qualiconcentrare gli sforzi e gli investimenti.Se del player pubblico non si può piùfare a meno per gli investimenti, per laformazione, le politiche del lavoro e pergli assetti strategici nel territorio, sitratta di estendere e generalizzarequeste buone pratiche, eprobabilmente di costruire unastrategia rivendicativa nazionale chesu tali temi costringa il governonazionale a regolare e indirizzare ilcambiamento in atto. A nostro avviso, infatti, l’innovazionenon può che essere generata da unprocesso collaborativo che include illavoro, anche nel definire il modello disviluppo. Non è una rivendicazione diruolo per il sindacato, ma c’è unavisione partecipativa (nel senso di unacodeterminazione 4.0) per promuovereuna crescita sostenibile. Individuare unprocesso di governo del cambiamentodi questo stampo non è scontato ed èsicuramente in controtendenzarispetto al modello delladisintermediazione. Tuttavia non èsufficiente. È una base di partenza, unadefinizione di principio e didisponibilità, che però poi pone il tema di come il sindacato affrontaquesto ruolo: con quali idee e con quali strumenti abbiamo iniziato adefinirlo in questo tavolo di lavoro, maanche con quale organizzazioneinterna e preparazione del sindacatostesso, tema che ci appassionerànei mesi a venire. ■

7settembre-ottobre 2017

L'innovazione impone un nuovo modello e una nuova cultura delle relazioni sindacali e della contrattazione, che deve essere vistacome modo perpartecipare alla crescitadell'impresa e per redistribuire. Una nuova idea di partecipazione impone anche il riconoscimento della rappresentanza:laddove c'è la cesura del riconoscimento della rappresentanza,prima o poi hai un problema di lavoro e di diritti

DA PAG. 6 Colla - Mancini

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SPECIALE

di GIUSEPPE BERTAProfessore di Storia all'Università Bocconi

Quali sono le direttrici strutturalisu cui oggi è prioritario unimpegno per assicurare un

futuro al sistema industriale italiano?La prima riguarda il consolidamentoulteriore della posizione competitivadelle imprese migliori di cuidisponiamo. Mi riferisco in primo luogoalle imprese di dimensioni intermedie(cioè più grandi delle medie in sensostretto, senza essere delle grandiimprese nell’accezione correntedell’espressione) che racchiudonoil nucleo di quello che, sulla scia dello studioso americanodell’imprenditorialità William J. Baumol,potremmo definire il “capitalismoimprenditoriale”, orientato a unadinamica innovativa. Ma nel noverorientrano di sicuro anche parecchiedelle medie imprese propriamentedette, che hanno rappresentato ilsegmento più vitale del sistemaimprenditoriale. Nel loro complesso,queste organizzazioni d’impresasvolgono una funzione estremamentedelicata e sofisticata nellastrutturazione di filiere, coinvolgendocosì nelle loro operazioni uno sciame diaziende minori, che vengono resepartecipi di approcci e modelli dai qualisicuramente non sarebbero toccate oveagissero isolatamente.La realtà delle filiere è tale daconfigurare aggregazioni d’impresadotate di un potenziale superiore aquello delle singole unità che lecostituiscono. La loro integrazione

genera quindi una capacità operativaaumentata. Ciò si rivela una chanceimportante anche nella prospettiva diIndustria 4.0, nel senso che l’impresacapofila assolve a un compitoimportante nell’azione di spingere leimprese fornitrici e sussidiarie adadottare tecnologie per le qualialtrimenti troverebbero una piùdifficile soglia d’accesso. Del resto, leimprese minori non avrebbero aditosovente ai mercati internazionali, ovenon lavorassero in sintonia conun’impresa maggiore giàinternazionalizzata. Sembra perciòvenuto il momento di pensare a unapossibile politica industriale “dalbasso”, volta a valorizzare le filiere e acreare per esse condizioni divantaggio, fino a configurare modelli direlazione più strutturati ed efficaci frale imprese che le compongono. Sonomolteplici i versanti che si potrebberochiamare in causa in questa logica. Ilprimo, come si è accennato, èindubbiamente quello deltrasferimento tecnologico. Occorronostrumenti per favorirne la diffusioneall’interno delle filiere, cercando ilsostegno e l’apporto di centri dispecializzazione tecnologica dimatrice universitaria. Correlata altrasferimento tecnologico è laquestione dell’investimento nelcapitale umano, cioè nelle competenzedei lavoratori e nella qualità del lavoro.Un terreno, questo, dove occorreincentivare la partecipazionesindacale, anche nel senso dellosviluppo di esperienze contrattuali che

si misurino direttamente con lerelazioni di filiera. Il tema del credito e,ancor più, del potenziamento delcapitale di rischio delle impresedovrebbe essere affrontato mettendo apunto strumenti di natura legislativache facilitino il rafforzamento deilegami di filiera. Ciò potrebbecostituire un contributo originale enon secondario al problema dellacrescita dimensionale delle imprese. Gli esempi che ho richiamato hannocome fondamento l’idea che le filiereproduttive esercitino una parteimportante all’interno del sistemaimprenditoriale italiano e, anzi,costituiscano una sorta di fattorepeculiare di sviluppo sul quale sarebbeun errore non investire. È chiarotuttavia che il mio ragionamentopotrebbe facilmente essere accusato diessere riduttivo, in quanto muove dauna peculiarità italiana ma che di persé non possiede di certo la forza pertrasformare radicalmente l’attualeassetto produttivo, invertendone larotta. Ed è altrettanto evidente cheresta il problema di salvaguardare inuclei sopravvissuti della grandeimpresa italiana, soprattutto pubblica,ponendola nella condizione di operaremeglio di quanto ha fatto nel passato,anche grazie a una rete più estesa dialleanze internazionali. Tuttavia,rimango persuaso che, in ogni analisidi prospettiva dell’industria italiana,occorra partire dai suoi punti di forzaeffettivi, per fare in modo che essiliberino tutto il loro potenziale. Allostesso modo, non voglio celare il fattoche quanto è andato disperso bendifficilmente potrà essere ricostituito.Ecco perché, in ultima analisi, èprioritario assumere un punto di vistaispirato al realismo sulla situazionedell’industria italiana. L’Italia, cosìcom’è oggi, ha soprattutto bisogno dimantenere i contatti con la dinamicadello sviluppo mondiale, guidato daforze che non ha certo il potere diinfluenzare. ■

Occorre investire sulle filiere, una parteimportante all’interno del sistemaimprenditorialeitaliano

8 settembre-ottobre 2017

Una via italiana allo sviluppoindustriale

TAVOLA ROTONDA

SPECIALE©

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Top-IX è un consorzio di natura pubblico-privata nato inPiemonte nel 2002 su impulso della Regione. Tra i suoimembri, quasi tutti i provider del mondo della

comunicazione, Banca Intesa Sanpaolo, il Politecnico el’Università di Torino, l'Istituto nazionale di metrologia Inrim.“È nato per garantire ad alcuni soggetti locali l’accesso allafibra ottica che rappresentava un’opportunità ma avevabarriere di accesso piuttosto alte, con l’idea di mettere unbene comune al servizio del territorio”. A spiegarlo è ilpresidente del consorzio, Davide Calonico: “Questo era unvantaggio non solo per i più piccoli, ma anche per i providerpiù grossi perché si realizzava anche un internet-exchange, cioèla possibilità di far incontrare provider diversi su unapiattaforma comune su cui scambiare traffico e agevolare ilbusiness. Oggi abbiamo 85 consorziati e una reputazione dilivello internazionale, tanto che nel 2014 abbiamo vintol’advisory di Word Bank nell’ambito del bando europeochiamato Connected community in cui venivano scelte storiedi eccellenza nella connettività”.

Torniamo su un punto: l’infrastruttura è fondamentalesoprattutto per le Pmi che da sole non ce la farebbero, mapuò non bastare. Cos’altro serve per sostenere queste realtànel processo di digitalizzazione? Innanzitutto è indispensabile fare sistema. Un tessuto di Pminon è disposto o non è in grado di fare ricerca e sviluppo, ma cisono forme di collaborazione che possono essere vincenti,soprattutto nel mondo digitale. Un esempio è quello dellepiattaforme: digitalizzare significa anche avere accesso allepiattaforme a costi contenuti e questo è possibile se sipossono utilizzare in forma condivisa. Top-IX ad esempiomette a disposizione piattaforme di cloud o di streaming. Masoprattutto è necessario puntare sulla formazione. Occorredigitalizzare la scuola a partire dalla primaria – e su questo noisiamo impegnati – ma anche la secondaria, con laboratori dirobotica e altre esperienze interattive in cui gli studentientrano hands on nella materia, costruiscono e siappassionano e poi alla fine del percorso si ritrovano a saperprogrammare una macchina e monitorarla da remoto. Alleimprese per crescere servono queste competenze,

sostanzialmente. A volte le confondiamo con conoscenzeultra-specifiche, invece servono per imparare i linguaggi delle piattaforme tecnologiche che abbiamo a disposizione.Oltre agli incentivi per software e macchinari, dobbiamo avere chi sa usarli.

Nel nostro paese c’è un forte digital divide non solo tra alcunearee delle regioni settentrionali e meridionali, ma anche trale zone più facilmente raggiungibili e le aree interne. Come sipuò sviluppare l’infrastruttura per colmare questo divario?Top-IX ha scelto di non creare un nodo principale in una città,ma di svilupparsi in maniera diffusa sul territorio: questo hapermesso di far crescere le realtà imprenditoriali presenti nelconsorzio e anche di dare una risposta concreta al digital divideinterno alla nostra regione, caratterizzata da unaconfigurazione “a case sparse” e quindi con alcune zoneparticolarmente difficili da raggiungere con le infrastrutture. Ifattori che incidono sulla possibilità di diffondere leinfrastrutture in tutto il territorio sono di natura politica.Tecnicamente si può fare e tra l’altro ci sono regioni delCentro e del Sud che hanno anche presenze interessanti,come le Marche, la Calabria o la Puglia. Ma è la politica chedeve investire innanzitutto con la sua autorevolezza,portando una visione e una progettualità e facendo lo sforzodi creare i consorzi pubblico-privati. Gli stessi amministratorilocali devono essere sensibilizzati: è assurdo che tante volte sifacciano gli scavi per altri lavori infrastrutturali e non siinstalli la fibra ottica.

Lei ha avuto modo di partecipare alla nostra discussione alForum nazionale dell’industria, del lavoro e dell’innovazione.Che idea si è fatto di quello che potrebbe essere il ruolo delsindacato nel definire una via italiana allo sviluppo?Ci si divide tra tecno-entusiasti e tecno-apocalittici, ma latecnologia non è neutra nelle mani di chi la usa, quindi sono iprocessi che devono essere governati. Questo approccio erapresente al Forum. Il sindacato deve governare questi processi,soprattutto dal basso, ma bisogna essere in grado di capiredove stiamo andando, le opportunità e i correttivi necessari,pur nella velocità che è la cifra del cambiamento in corso. ■

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Il caso del Consorzio Top-IX, nato in Piemonte nel 2002 e cheoggi gode di una reputazione internazionale. Parla il presidenteDavide Calonico: “Fondamentale puntare sulla formazione”

Quandol’infrastrutturafa sistema

9settembre-ottobre 2017

Davide Calonico,Presidente del

Consorzio Top-IX

L’INTERVISTA

SPECIALE

di FAUSTO DURANTEresponsabile Area Politiche europee e internazionali della Cgil

Si è svolta il 29-30 settembre,presso la reggia di Venaria Reale aTorino, la riunione dei ministri del

Lavoro dei paesi del G7. Il vertice si ètenuto in un contesto segnato, a livellotanto europeo quanto internazionale,da disuguaglianze crescenti e da unattacco generalizzato alla qualità dellavoro e alle sue condizioni, allacontrattazione collettiva, ai dirittisindacali. Il tutto in una congiunturadominata dalle sfide portate alle societàe ai sistemi economici dai grandifenomeni delle migrazioni, dei processidemografici, del cambiamentoclimatico, della green economy, delladigitalizzazione e della nuovarivoluzione industriale.Il principale compito dei sindacati, inquesta situazione di difficoltà delmondo del lavoro in tutto il pianeta, èquello di battersi affinché il futuro dellavoro si realizzi senza che il prezzodelle trasformazioni globali sia pagatodai lavoratori e affinché il principio diuna giusta ed equa transizione siaffermi nelle scelte e nelle politiche

dei governi nazionali e delle istituzioni internazionali.Il programma di lavoro del G7 ha visto la consultazione delle partisociali sulle tematiche del vertice. In preparazione della consultazione,la Confederazione sindacaleinternazionale e il Tuac (il comitatosindacale consultivo presso l’Ocse)hanno predisposto un documento con le richieste del movimentosindacale ai ministri del Lavoro dellesette principali economie.Noi pensiamo che il lavoro debba esseredifeso e valorizzato attraverso il rilanciodella contrattazione collettiva, degliaumenti salariali e delle politiche diredistribuzione della ricchezza. Questainiziativa deve realizzarsi attraverso laripresa del dialogo sociale e dellerelazioni industriali ad ogni livello(nazionale, settoriale, aziendale), perfare in modo che i lavoratori sianopartecipi e coinvolti nei processi diinnovazione tecnologica e possanocontribuire, anche mediante l’accessoalle necessarie attività di formazione eriqualificazione professionale, allagestione e all’approccio non passivorispetto all’introduzione di nuovi

sistemi nell’organizzazione del lavoro enella produzione.Ciò richiede che vengano garantiti idiritti fondamentali del lavoro (a partiredal diritto alla libertà di associazionesindacale e al diritto alla contrattazionecollettiva), un salario dignitoso e unaadeguata protezione sociale a tutti ilavoratori del digitale e dellepiattaforme, quali che siano le tipologiedei loro contratti. Per fare in modo che illavoro del futuro non sia un lavoropovero e dequalificato, rischiofortemente presente nelle attualicondizioni, occorre favorire la diffusionedelle competenze e delle abilitàprofessionali, incoraggiare gliinvestimenti pubblici e privati e favorirela creazione di posti di lavoro stabili e di qualità nei settori innovativi, nelletecnologie dell’informazione e dellaconoscenza, nelle attività legate allecosiddette competenze Stem (scienza,tecnologia, ingegneria, matematica).È evidente come il successo di questa strategia necessiti di unmaggiore coinvolgimento nel mercato del lavoro delle donne e dei giovani, assicurando politicheattive del lavoro adeguate, misure

Cambiare stradaverso un mondo più giusto

10 settembre-ottobre 2017

G7 DEL LAVORO

Affermiamo il principio di una equa e giusta transizione:puntare su contrattazionecollettiva, aumenti salariali,redistribuzione della ricchezza

SPECIALE

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11settembre-ottobre 2017

ict&industria lavoroscienza

Il progresso scientifico e tecnologico devono avere come obiettivo

primario quello di apportare benefici

a ciascun cittadino e alla società nel suo insieme.

Siamo impegnati nell’adattamento dei nostri

mercati del lavoro, delle politiche e delle istituzioni

sociali affinché siano pronti per affrontare le nuove sfide e per cogliere le opportunità

di questi trend globali, per far sì che i benefici di una crescita

sostenibile e guidata dall’innovazione siano

condivisi da tutti.

La trasformazione digitale potrebbe contribuire ad

innalzare il benessere economico e sociale, ma può

anche portare rischi. Attraverso la cooperazione internazionale, il nostro obiettivo è trasformare

i rischi in opportunità e le disuguaglianze in crescita

inclusiva, per servire il progresso umano: economico, sociale, ambientale.

TORINO, 25-26 SETTEMBREINNOVATION WEEK

ecosistemi territorialiformazione

sistemi aperti

ricerca&sviluppo

infrastrutture digitali

cybersecurity

proprietà intellettuale

SI È PARLATO DI

THE NEXT PRODUCTION REVOLUTION

Investimenti pubblici in ricerca di base per lo sviluppo di tecnologie dirompenti e in trasferimento tecnologico

Accesso a una formazione di qualità e per tutti lungo tutta la vita, attenzione alla formazione sul campo

Favorire l’innovazione attraverso l’interazione di imprese, amministrazioni, ricercatori in “spazi ibridi”

Preservare la natura di Internet, un ambiente libero, aperto e sicuro. Fare innovazione nel paradigma Open Science

Diffusione della banda Ultralarga, di framework tecnologicamente neutri, di tecnologie mobile avanzate come il 5G

Nell’ambito dell’Open Science, assicurare protezione dellaprivacy e sicurezza ai cittadini, alle imprese, alla società

Proteggere e rafforzare i diritti di proprietà intellettuale e la confidenzialità

di superamento del gender pay gap,apprendistato di qualità. E, su unadimensione più generale, intervenendocon maggiore efficacia rispetto a quantofatto sinora su due temi fondamentaliper il futuro: la gestione del fenomenodelle migrazioni e il rispetto dei dirittiumani e del lavoro nelle catene globali di fornitura, per eliminaredefinitivamente il lavoro schiavo, illavoro forzato, il traffico e losfruttamento di esseri umani.La sera del 29 settembre la delegazionesindacale internazionale ha dialogatosu questi temi con i ministri del Lavorodel G7. Per i sindacati italiani, il

segretario generale della Cgil SusannaCamusso ha presentato le posizioni e lerichieste condivise dallaConfederazione sindacaleinternazionale e dalla Confederazioneeuropea dei sindacati. Prendere inconsiderazione l’agenda sindacale, unaagenda alternativa a quella dellepolitiche economiche e sociali attuate inquesti anni su scala globale, è il modoper provare a cambiare strada rispettoalla globalizzazione non governata, aldominio della logica del profitto e deibilanci delle imprese come stella polare,al riequilibrio nei rapporti di forza perun mondo più giusto. ■

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Direttore responsabile Guido IoccaInserto a cura di Maurizio MinnucciEditore Edit. Coop.società cooperativa di giornalisti,Via delle Quattro Fontane, 109 - 00184 RomaReg. Trib. di Roma n. 13101 del 28/11/1969Proprietà della testata Ediesse SrlGrafica e impaginazione Massimiliano Acerra

A cura di Chiara ManciniUfficio Progetto Lavoro 4.0, Cgil nazionaleCorso d’Italia 25 - 00184 RomaTel. [email protected] Idea Diffusaa cura dell’Agenzia Lama

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