Speciale ASH ad Orlando Il Waldenström fa meno pauradi pazienti e aziende di Giuliana Muti 4 focus...

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SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 2 DCB MILANO MARZO 2011 • numero 016 • anno VII Periodico di A.M.S. onlus Divisione di Ematologia Ospedale Niguarda Ca’ Granda • Milano www.ams-onlus.org focus meeting sulla leucemia linfatica cronica a Milano dedicato al paziente la mediazione conciliativa 016 Il Waldenström fa meno paura Speciale ASH ad Orlando PERIODICO DI INFORMAZIONE E DIVULGAZIONE MEDICA DELL’ASSOCIAZIONE MALATTIE DEL SANGUE

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MARZO 2011 • numero 016 • anno VIIPeriodico di A.M.S. onlus Divisione di EmatologiaOspedale Niguarda Ca’ Granda • Milanowww.ams-onlus.org

focusmeeting sulla leucemia linfatica cronica a Milano

dedicato al pazientela mediazione conciliativa016

Il Waldenströmfa meno paura

Speciale ASH ad Orlando

PERIODICO DI INFORMAZIONE E DIVULGAZIONE MEDICA DELL’ASSOCIAZIONE MALATTIE DEL SANGUE

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A.M.S.ASSOCIAZIONE MALATTIE DEL SANGUE Per la promozione della ricerca e per il progressonel trattamento delle leucemie e delle altre malattie del sangueONLUS D.L. 04/12/97 n. 460/97 art. 10 comma 8Iscritta al Registro Generale del Volontariaton. 703/2806 - Sezione A - Sociale

C/o Divisione di Ematologia - Ospedale di Niguarda - Ca’ Granda - Piazza Ospedale Maggiore, 3 - 20162 MILANO - Tel./Fax 02/64.25.891 - C.F. 97225150156 C/C POSTALE 42.49.72.06 - BANCA INTESA SAN PAOLO Filiale 2100 Mi - IBAN: IT 73 C 03069 09400 000048982157

BANCA POPOLARE DI MILANO Ag. 15 Mi - IBAN: IT 63 D 05584 01615 000000043254

ANCHE NELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI DELL’ANNO 2009

SOSTIENICI CON IL 5 X MILLE Se hai un reddito imponibile, puoi aiutarci senza che ciò ti costi un euro.

Il 5 per mille è una parte delle imposte che devi comunque pagare. Oggi puoi decidere di donarlo all’

A.M.S. - ASSOCIAZIONE MALATTIE DEL SANGUE - ONLUSDivisione di Ematologia - Ospedale Ca’ Granda - Piazza Ospedale Maggiore, 3 - 20162 Milano

che dal 1998 si occupa di migliorare le possibilità di guarigione e la qualità della vita dei pazienti affetti da malattie del sangue e del sistema linfatico (leucemie, linfomi, mielosi, anemie, malattie emorragiche, malattie trombotiche).

Il 5 per mille funziona in modo simile all’8 per mille.

dichiarazione dei redditi 2009

97225150156

TI CHIEDIAMO DI AIUTARCI DESTINANDOLA A NOI

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Anche nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2010

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sommarioA.M.S. onlusOspedale NiguardaCa’ GrandaPiazza Ospedale Maggiore 320162 – MilanoCod. Fiscale: 97225150156telefono: 02.6444-2668telefono e fax: 02.6425-891

Redazione [email protected] [email protected]@ams-onlus.org

www.ams-onlus.org

Direttore Responsabile:Michele Nichelatti

Direttore Scientifico:Enrica Morra

Redazione:Silvia CantoniFrancesco BaudoRomina GalimbertiAntonino GrecoGiuliana MutiAnna Maria NosariAlessandra Trojani

Grafica e impaginazione:Andrea Albanese

Foto:istockphoto.comStampa: Maingraf srlVicolo Ticino, 9 - 20091 Bresso (Mi)www.maingraf.itEditore:AMS – Associazione Malattiedel Sangue ONLUSRegistro periodicidel Tribunale di Milanon.646 del 17 novembre 2003Rivista periodica pubblicata daA.M.S. onlusStampata in Italia - 30/07/2005Copyright©2005 by A.M.S.Piazza Ospedale Maggiore 320162 – MilanoSped.in Abb.Post. D.L. 353/2003 (conv.in L.27/02/2004n.46) Art. 1 comma 2 DCB Milano

sommario

i farmaci nel trattamento della macroglobulinemia di

Waldenströmdi Francesca Ricci

2

1415

16dedicato al paziente

la mediazione conciliativaun nuovo strumento

a disposizionedi pazienti e aziende

di Giuliana Muti4

focusmeeting sulla leuce mia linfatica cronica a Milanothe times they are a-changin' di Marco Montillo3

uno sguardo sul mondoe scorreranno fiumi di porpora...quando il sangue nasce... dalla pelle! di Valentina Torchia

trapianto di midollo osseodi Giovanni Grillo

mielomadi Paola Brasca 8

sindromi mielodisplastichedi Alfredo Molteni 10

leucemia mieloide acutadi Anna Nosari11leucemia mieloide cronica

di Carlo Gambacorti Passerini10

storia della scienzala genetica

nascita e principi di Alessandra Trojani 6

7linfomidi Vittorio Ruggero Zilioli9

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rubriche

editorialeil percorso a ostacoli del 5 per milleOgni volta una battagliadi Elisabetta Soglio

5juxta propria principiaPM10cosa sta succedendo veramente?di Michele Nichelattia

18 lo sport nel sanguela corsa del Caballodi Walker

6° Workshop internazionale sulla Macroglobulinemia di Waldenström

nuove frontiere di Alessandra Trojani

fa meno paura la «malattia dei prìncipi»

di Paola D’Amico

dossier

n°016 MARZO 2011

news dal 51° Congresso della Società Americana di Ematologia (ASH)

pag. 7-11

AMS news / a cura di Marco Brusati• Natale in palestra• ringraziamenti• prossimi appuntamenti AMS

12 report Waldenström

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È il titolo del terzo album ufficialedella discografia di Bob Dylan. Èstato pubblicato nel 1964 dopoil long playing di debutto che por-ta il nome del “menestrello”di Du-luth (Bob Dylan, 1962) e dopo TheFreewheelin' Bob Dylan (1963). Ilbrano che dà il titolo all’album,scritto poco tempo prima del-l'assassinio di John Kennedy, TheTimes They Are A-Changin' sareb-be arrivato a significare semprepiù nei mesi e negli anni che segui-rono. "Questa era decisamenteuna canzone con uno scopo",disse Dylan. "Sapevo esattamentecosa volevo dire e per chi lo vo-levo dire...”

Equesto, malgrado le assicurazioni dei politici di una e dell'altra parte che ogni

anno si impegnano a "stabilizzare" questo istituto introdotto nel 2005 da

un'idea dell'attuale ministro Giulio Tremonti, ripresa dal Governo Prodi prima e

dal terzo Governo Berlusconi poi. Ma, come si diceva, ogni volta è una battaglia.

Intanto perchè i soldi arrivano sempre in ritardo rispetto ai tempi. Per intenderci: il

contribuente ha messo la firma sulla dichiarazione dei redditi del 2009 per destinare

il 5 per mille delle sue tasse ad una onlus a lui cara. Ma quei soldi non sono ancora ar-

rivati a destinazione. Perchè? Perché una volta i controlli sulla regolarità della docu-

mentazione; un'altra i tempi lunghi della burocrazia; un'altra ancora i ritardi nelle as-

segnazioni dei soldi all'interno delle leggi finanziarie rendono l'iter tortuoso e molto

lento.

Prendiamo il caso di quest'an-

no. La Finanziaria aveva taglia-

to i fondi destinati al 5 per mille,

rispetto ai 400 dell'anno prece-

dente. Tutto il mondo del no

profit si è scatenato per denun-

ciare il danno che questa scelta

avrebbe comportato, compro-

mettendo la vita di tante onlus.

I politici da una parte e dall'altra

si sono mossi, sollecitati anche

da opinione pubblica, giornali e volontari . E alla fine è arrivato, a metà febbraio, il de-

creto Mille proroghe approvato in Senato che in extremis ha riportato il tetto a quota

400. "Ma solo in apparenza", come spiega Marco Granelli presidente di CSVnet. "Cento

milioni - puntualizza - restano vincolati alle associazioni che garantiscono sostegno

e assistenza ai malati di SLA. Peccato che questi 100 milioni a favore di questi malati

fossero già presenti nella legge si stabilità approvata a dicembre: ma, soprattutto, si

snatura il senso del 5 per mille, limitandone in parte ed arbitrariamente l'entità e la de-

stinazione". Insomma, ogni volta una battaglia. E le associazioni hanno sempre più il

fiato corto. (Copyright A.M.S.)

Ogni volta una battaglia. I soldi del 5 per mille, l'ossigeno che

rende possibile la sopravvivenza di moltissime associazioniin tutta Italia, non è mai una certezza.

il percorso a ostacolidel 5 per mille

di Elisabetta Soglio

editoriale

di Marco Montillo

focus

i ritardi nelle assegnazioni

dei soldi all'interno delle leggi

finanziarie rendono l'iter

tortuoso e molto lento

the times meeting sulla leuce

Ematologo, Dirigente Medico - SC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

giornalista del Corriere della Sera

Ovviamente non è un caso che questo bra-no mi sia tornato in mente pensando allaorganizzazione del Meeting sulla leuce-mia linfatica cronica a Milano. Primo, fa in-tuire il mio anno di “fabbricazione”, ahimè;

secondo, è il primo LP del mio amato Bob Dylanche ho acquistato; terzo, questo titolo si adattabene, a mio avviso, al periodo di profondo muta-mento che stiamo vivendo nella storia di questamalattia. Gli ultimi dieci anni hanno significatomolto nella comprensione dei meccanismi biolo-gici della leucemia linfatica cronica. Una grandequantità di dati sono stati prodotti ma non sem-pre questi si sono rivelati facilmente interpretabilied in grado di fornire informazioni utili in grado diguidare le scelte terapeutiche. Per cercare di inquadrare meglio le problematichee cercare di dare delle risposte, almeno alla luce diquanto noto sinora, abbiamo cercato di mettere

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3 ematos • 016

tori come età, patologie concomitanti, risposta etipo di trattamento iniziale spetterà ad AlessandraTedeschi.Negli ultimi anni la ricerca clinica si è rivolta princi-palmente a pazienti con LLC con età inferiore ai 65anni e privi di patologie concomitanti. Alla lucedei risultati ottenuti si è reso necessario rivolgerel’attenzione ai numerosi pazienti con età superio-re ai 65 anni, che rappresentano la grande mag-gioranza dei pazienti affetti da LLC, ed a quei sog-getti che arrivano ad ammalare quando già altriproblemi clinici compromettono il loro stato di sa-lute. Per questi soggetti è necessaria una strategiaparticolare che possibilmente eviti le strade note,percorse fino a pochi anni fa, ma individui nuovifarmaci in grado di essere tollerati raggiungendouna efficacia il più possibile assimilabile a quella distrategie terapeutiche più aggressive. Sarà mio ilcompito di spiegare come individuare i problemie spiegare come si sta cercando di gestirli in que-sta categoria di pazienti.Il trapianto di midollo non ha mai goduto di un fa-vorevole impatto sulla strategia terapeutica dellaLLC. Il trapianto autologo considerato oggettiva-mente privo di una capacità curativa viene spessoscartato a priori come una delle scelte terapeutic-che praticabili. Il trapianto allogenico sia per ragio-ne della frequente età avanzata dei pazienti masoprattutto per l’ elevato impatto di tossicità èspesso stato considerato un tentativo in extremis

e mai una opzione nel-la fase precoce.Compito di Peter Dre-ger sarà quello di illu-strarci che cosa di nuo-vo sta accadendo inquesto settore. I quesitia cui dobbiamo rispon-dere sono ancora mol-ti: esiste una terapiache vada bene per tuttii pazienti con LLC equesta è l’FCR? che co-sa dobbiamo sommini-strare a pazienti chenon traggono vantag-gio dall’FCR? la che-mio-immunoterapia èin grado di guarire unpaziente con LLC? Inquali pazienti dobbia-mo somministrare lamigliore terapia possi-bile già al primo tratta-mento oppure riservar-ci questa carta per le

successive ricadute? L’eradicazione della malattiaè una strategia da applicare in ogni caso? Esistonopazienti candidati a trapianto nella fase iniziale deltrattamento?Al termine di questa giornata ci affideremo alla ca-pacità di sintesi di John Gribben che cercherà dispiegarci a che punto siamo nella capacità di ri-spondere a questi quesiti e quali siano le reali pro-spettive per compiere quel passo che ci portereb-be verso il più radicale dei cambiamenti ovvero laguarigione di questa malattia.

(Copyright A.M.S.)

risposta ma in termini di sopravvivenza complessi-va. Potrebbe apparire come un punto di arrivo main realtà rappresenta solamente una nuova sfida.Partiremo dall’esperienza del gruppo tedesco edalla forza dei suoi risultati per capire come si ègiunti a centrare questo obiettivo che fino a pochianni fa appariva lontano. Clemens Wendtner cer-cherà di darci l’idea di come si muove ora la ricercanel settore delle combinazioni chemio-immuno-terapiche per cercare di raggiungere risultati an-cora migliori. Come ormai dimostrato da molti studi nelle emo-patie maligne la eradicazione della alterazionemolecolare della malattia porta ad un migliora-

mento della prognosi ed in alcuni casi alla suaguarigione. Questo settore resta ancora da esplo-rare nella LLC anche se dati importanti vanno ac-cumulandosi con l’uso di anticorpi monoclonali edi molecole con differenti meccanismo di azione.Peter Hillmen tenterà di spiegarci se e quandoquesto obiettivo è ragionevole illustrandoci i risul-tati raggiunti finora.Ma malgrado la dimostrazione di un impatto sullasopravvivenza la LLC continua purtroppo ad esse-re una malattia non guaribile e quindi soggetta arecidiva. Il compito di introdurci al tema di comegestire questa fase tenendo in considerazione fat-

insieme un pannello di esperti che ne discutessea Milano. La LLC è una emopatia eterogenea. In al-cuni soggetti mostra un andamento indolenteche non richiede trattamento per anni, mentre inaltri la crescita del clone leucemico è relativamen-te rapida, con una sopravvivenza di pochi anni.Compito di Enrica Morra sarà quello di introdurciai temi della giornata. La definizione alla diagnosidel profilo clinico-biologico, predittivo dell’evolu-zione nel tempo della malattia, costituisce oggiuna base essenziale per l’inquadramento progno-stico. Appare realistico immaginare che dal datobiologico si possa risalire al miglior trattamentopossibile. Gianluca Gaidano ci aiuterà a percorrerele tappe fondamentaliche ci hanno rivelato imeccanismi principalidella malattia e comequesti influiscano sullaefficacia del trattamento.Le nuove tecnologie e laloro applicazione allostudio della LLC si stan-no adoperando nel ten-tativo di individuare del-le molecole che siano ingrado di agire su unaprecisa alterazione mo-lecolare della malattia.Paolo Ghia ci introdurràa questo tema che rap-presenta la sfida deiprossimi anni. Per molti anni l’approc-cio terapeutico al pa-ziente affetto da LLC èstato essenzialmentepalliativo associato aduna bassa percentuale dirisposte, per lo più tran-sitorie, e senza alcun impatto obiettivo sulla so-pravvivenza. Negli ultimi 15 anni la disponibilità dichemioterapici ad elevata efficacia quali gli analo-ghi delle purine, l’utilizzo di nuove combinazionichemioterapiche, nonché l’introduzione nella pra-tica clinica degli anticorpi monoclonali hanno ra-dicalmente modificato lo scenario terapeuticodella LLC. Inoltre qualche cosa di inatteso si è avverato inquesti ultimi mesi; ovvero per la prima volta unostudio di fase III in LLC è riuscito a dimostrare unvantaggio di una terapia verso un altro trattamen-to non solo in termini di risultato e di durata della

they are a-changin' mia linfatica cronica a Milano

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Parallelamente, si riscontra una crescita deipremi assicurativi pagati da ASL, Aziendeospedaliere e medici, che sono passati ne-gli ultimi 15 anni, da circa 35 a circa 453 mi-lioni di euro del 2007 (un incremento di ol-

tre il 1000%). In realtà, di tutti i sinistri assicurativigiunti a conclusione, mediamente solo circa il50% si risolve con un risarcimento danni al pazien-te, e, dei medici portati in giudizio per presuntamalpractice, il 90% viene assolto. L’andamento complessivo dei sinistri in ambito sa-nitario grava enormemente sul sistema, non solosul piano economico, per gli elevatissimi costi so-stenuti dalle strutture sanitarie per i premi assicu-rativi, ma soprattutto sul piano della relazione fi-duciaria tra pazienti e medici, che inevitabilmenteviene incrinata dal dilagare delle denunce, giusteo pretestuose. Dal 2011, nel sistema legislativo si affaccia un nuo-vo istituto, quello della “mediazione conciliativa”,con l’obiettivo di contenere e risolvere le contro-versie tra pazienti e strutture sanitarie. Per sapernedi più, abbiamo intervistato l’avvocato Anna D’An-drea, che nell’ambito dell’A.O. Niguarda, si occupadei contratti assicurativi e della relativa attività dicarattere legale, per spiegarci di cosa si tratta:

LA NOVITÀ

Ad oggi, un paziente che intende agire nei con-fronti di una struttura sanitaria, può scrivere unalettera e tentare una definizione bonaria oppure,trascorso del tempo senza ottenere risposta, nelcaso ritenga di avere diritto ad un risarcimento perun danno subito, può, tramite il suo legale, notifi-care un atto di citazione ed iniziare una causa.A partire dal 20 marzo 2011, invece, il paziente do-vrà, prima di iniziare la causa, convocare l’Ospeda-le ed eventualmente i medici davanti ad un Orga-

nismo di mediazione, per tentare di definire laquestione.

L’ORGANISMO DI MEDIAZIONE

Il paziente potrà scegliere un Organismo, tra quel-li pubblici e privati, che svolge tale attività.Per ottenere che l’Organismo si attivi, occorre cheil paziente versi l’importo proporzionale al valoredella causa stabilito dall’Organismo; identico im-porto sarà a carico di tutti i partecipanti.

LA RAPIDITÀ

La procedura prevede che l’Organismo sceltoconvochi tutti i soggetti interessati in presenza diun mediatore, professionista che ha dovuto acqui-sire delle conoscenze specifiche inerenti la tecnicadi risoluzione delle controversie, che aiuterà leparti a raggiungere un accordo (laddove sia possi-bile).

COME SI SVOLGE LA MEDIAZIONE

Il mediatore ascolta le parti che raccontano la lorostoria e fanno le loro richieste. In seguito, il media-tore convoca separatamente le singole parti, al fi-ne di raccogliere eventuali elementi che non sonocondivisibili tra i soggetti in causa, per identificarequali possano essere gli spazi di trattativa possibili.Se la mediazione non riesce, sarà necessario rivol-gersi al giudice.

GLI ELEMENTI POSITIVI DEL NUOVO ISTITUTO

Un elemento positivo dell’Organismo di media-zione è costituito dalla possibilità di risolvere lacontroversia in tempi più brevi rispetto al giudiziodel tribunale: il percorso della mediazione conci-

liativa dovrebbe generalmente chiudersi nell’arcodi 4 mesi. L’aspetto più importante, è l’incontro tra medico epaziente, che offre loro la possibilità di chiarire ecomprendere le cause e il decorso degli eventi.

LE CRITICITÀ

Per le Aziende, soprattutto quelle pubbliche, po-trà essere oneroso, sia in termini di energie sia intermini economici, essere convocate sul territorionazionale per affrontare le mediazioni. Infatti, qua-lora l’intervento di una compagnia assicurativaterminasse la controversia a favore del paziente,l’Azienda dovrebbe farsi carico del risarcimento.

ASPETTATIVE

La possibilità di aprire un dialogo tra paziente eazienda è certamente un aspetto positivo: il nuo-vo istituto di mediazione conciliativa, se costituitoda personale competente in questa particolare edelicata materia, rappresenta la nascita di una cul-tura di confronto volta ad appianare e risolvere iconflitti.

(Copyright A.M.S.)

4 ematos • 016

di Giuliana Muti

dedicato al paziente

Ematologo, Commissione Qualità - Risk ManagementRete Ematologica Lombarda

la mediazione conciliativa:un nuovo strumento a disposizione di pazienti e aziendeDa diversi anni stiamo assistendo ad un progressivo aumento del con-

tenzioso in ambito sanitario: se nel 2001 le richieste di risarcimentodanni, avviate dai pazienti nei confronti dei medici, erano 12.000/an-

no, oggi le denunce sono circa 30.000/anno, con un trend di crescita del

150%

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ematos • 0165

Più che fare un commento politico, è sicura-mente più interessante capire quali siano irischi cui va incontro chi è esposto alle pol-veri sottili, cioè al famigerato PM10. Si trat-ta di particelle microscopiche con diame-

tro inferiore a 10 μm (10 millesimi di millimetro),che si muovono nell’aria e vengono inalate con ilrespiro. Le loro ridotte dimensioni consentono dipenetrare in profondità nell’albero respiratorio, fi-no alle cellule degli alveoli, dove queste particelleiniziano a produrre dei veri e propri disastri. Usarele solite mascherine bianche antiparticolatonon serve a nulla: queste particelle, infatti, passa-no agevolmente attraverso le maglie del filtro, equindi bisogna affidarsi a mascherine studiate ap-positamente per queste polveri, che si possonotrovare in alcune farmacie ben fornite, facendo at-tenzione che siano prodotte da aziende serie, eche sulla confezione sia riportata con evidenza in-dicazione all’uso per i PM10.I PM10 sono prodotti da varie fonti, alcune delle qua-li legate ai processi di combustione: originano tan-to dalle eruzioni vulcaniche quanto dalle caldaieusate per il riscaldamento domestico o dai barbe-cue presenti su certi terrazzi, ma tra i PM10 trovia-mo anche pollini di fiori e piccolissimi cristalli disale marino, e quindi la loro origine è estremamen-te varia.

LIMITI MASSIMI

In particolare, i PM10 vengono prodotti anche daltraffico automobilistico, attraverso i fumi di scaricodei motori, e l’usura sia delle pastiglie dei freni, siadegli pneumatici. In base a quanto stabilito dal D.L.Nr. 60 del 2 aprile 2002, i limiti massimi di PM10 nel-l’atmosfera devono essere tali da non superare perpiù di 35 giorni all’anno la concentrazione di 50μg/m³ (50 milionesimi di grammo per metro cubodi aria) misurata come media sull’arco delle 24 ore,e comunque da non oltrepassare la concentrazionedi 40 μg/m³ come media delle misure per tutti i gior-ni dell’anno.Per questi motivi, quando nelle città queste sogliedefinite dalla legge vengono superate (il che acca-de molto spesso), vengono imposti dei blocchi to-tali del traffico automobilistico (il che accade talvol-ta), in generale durante i fine settimana. In realtà, il

traffico veicolare pare contribuire per non più del30% alla formazione del PM10, mentre la gran partesembra dovuta all’inquinamento industriale e ai fu-mi degli impianti di riscaldamento. Quindi, i blocchidel traffico vanno benissimo, ma dovrebbero esse-re imposti più frequentemente, cercando di scorag-giare quotidianamente, il più possibile, l’uso dell’au-tomobile, e di incentivare quello dei mezzi pubblicie della bicicletta: una campagna pubblicitaria in-tensa e martellante aiuterebbe probabilmente lagente ad assumere un atteggiamento più consape-vole nei confronti dell’uso (spesso stupido) dell’au-to. Ma questo forse non è ancora sufficiente.Occorre fare in modo che i consumi energetici si ri-ducano: ad esempio, è inutile (e dannoso perl’ambiente) tenere il riscaldamento di casa oltrei 18 °C. Questa è la temperatura ottimale da tenerein appartamento per la gran parte delle persone, mase qualcuno avesse ancora freddo, basterebbe in-dossare un maglione di lana, e il problema sarebberisolto.

I DANNI

D’altra parte, quello del PM10 non è argomento dilana caprina. I danni che causa sono evidentissimi eormai scientificamente dimostrati, come si può leg-gere da un rapporto di 147 pagine edito da WHO(World Health Organization, l’organizzazione mon-diale della sanità) dal titolo “Health Impact of PM10and Ozone in 13 Italian Cities” (“Impatto Sanitario diPM10 e Ozono in 13 Città Italiane”). Chi fosse interes-sato a leggerlo per intero, lo potrà liberamente sca-ricare dalla rete all’indirizzo:www.euro.who.int/do cument/e88700.pdfQuesto rapporto valuta l’impatto del PM10 (e del-l’ozono) su morbilità e mortalità dei cittadini resi-denti in 13 grandi città (per la precisione, Torino,Genova, Milano, Verona, Padova, Venezia, Trieste,Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catania e Palermo),tutte con più di 200 mila abitanti, e la cui popolazio-ne complessiva è di 9 milioni di abitanti, che rappre-sentano il 16% di tutta la popolazione italiana: uncampione molto ragguardevole, quindi. Lo studio ha analizzato il triennio dal 2002 al 2004,un periodo in cui i livelli medi di PM10 nelle città stu-diate sono oscillati tra 26.3 e 61.1 μg/m3. L’impattosanitario del PM10 è stato valutato in termini di nu-

mero di decessi e di anni di vita persi in base ai valo-ri reali di PM10, e rispetto a una serie di scenari alter-nativi (riduzione in ciascuna città della concentra-zione media del PM10 a 20, 30 o 40 μg/m3 o di alme-no del 10%). L’impatto sanitario determinatodall’inquinamento da polveri sottili è risultatomolto forte, e soprattutto inquietante: infatti, leconcentrazioni di PM10 superiori a 20 μg/m3 hannocausato un numero medio di decessi pari a 8220 al-l’anno. In pratica, i valori elevati di PM10 hanno di-mostrato di essere associati a circa il 9% di tuttele cause di morte nella popolazione oltre i 30 an-ni di età, escludendo gli incidenti stradali. Lamortalità a breve termine, sempre dovuta a PM10oltre la soglia di 20 μg/m3, è risultata invece pari a1372 decessi, rappresentando quindi l’1.5% dellamortalità per tutte le cause nell’intera popolazione.Più nello specifico, l’impatto sulla mortalità a lun-go termine si è manifestato principalmente co-me infarto miocardico acuto (in media, 2562 casiall’anno), tumore polmonare (742 casi all’anno), eictus (329 casi all’anno), mentre l’impatto sulla mor-talità a breve termine si è manifestato principalmen-te come malattia cardiovascolare (in media, 843 ca-si l’anno) e malattia respiratoria (186 casi all’anno).

IMPATTO SANITARIO

La grandezza (per molti versi sorprendente e ina-spettata) dell’impatto sanitario osservato nelle 13città italiane campione rende importante la messaa punto di strategie tanto urgenti quanto chiare edinequivocabili per ridurre gli effetti sulla salute de-terminati dall’inquinamento dell’aria dovuto allepolveri sottili. Sostanzialmente non si tratta solo diridurre il traffico automobilistico e di incentivare iltrasporto pubblico o con mezzi ad impatto ambien-tale nullo (la bicicletta su tutti); si tratta di sceglierepolitiche strategiche di risparmio energetico, in-centivando le fonti rinnovabili. In attesa che i politi-ci facciano qualcosa, cominciamo noi, tenendo il ri-scaldamento il più basso possibile, ed usando i mez-zi pubblici per muoverci in città. La rete dei traspor-ti urbani, sotterranei e di superficie, a Milano, con-sente di attraversare la città da un capo all’altro inmeno di 50 minuti. E allora usiamola.

(Copyright A.M.S.)

juxta propria principia

Biostatistico e Dottore di Ricerca in Sanità Pubblica;SC di Ematologia - Ospedale Niguarda Ca' Granda, Milano

PM10:cosa sta succedendo veramente? I provvedimenti di blocco del traffico adottati di recente a Milano ed in altre città italiane hanno susci-

tato commenti di vario tipo: c’è chi li saluta con soddisfazione, e chi li considera totalmente inutili,o – tutt’al più – dei pannicelli caldi.

di Michele Nichelatti

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6 ematos • 016

Dall’osservazione delle varie caratteristichedelle piante, ottenute dagli incroci median-te l’impollinazione, come il colore verde ogiallo dei semi lisci o rugosi, il colore rosso obianco dei fiori, l’altezza del fusto, Mendel

riuscì ad intuire i primi concetti fondamentali dellagenetica e dell’ereditarietà, riassumendoli in tre leg-gi: la legge della dominanza, la legge della segrega-zione e la legge dell’assortimento indipendente. Prendendo come esempio la legge della dominan-za, si è venuti a conoscenza che i geni sono costitui-

ti da due copie chiamate alleli, che sono ereditati daun individuo, uno da ciascun genitore. Gli alleli sonodefiniti dominanti o recessivi, e l’allele dominante èquello che ha la capacità di esprimere il suo caratte-re. Per esempio, consideriamo l’allele marrone e l’al-lele azzurro del gene del colore degli occhi. Una per-sona che possiede entrambi gli alleli per il coloremarrone o un allele per il marrone e uno per l’azzur-ro, ha gli occhi marroni, mentre una persona con en-trambi gli alleli per l’azzurro ha gli occhi azzurri. Daquesto esempio, comprendiamo che l’allele domi-nante è il marrone e quello recessivo è l’azzurro.Agli inizi del 900, lo scienziato statunitense ThomasHunt Morgan indirizzò i suoi studi verso la compren-

sione della teoria cromosomica dell’ereditarietà. Morgan comprese che i geni si trovano sui cromoso-mi, e che esistono i cromosomi sessuali che determi-nano geneticamente il sesso di un individuo (nellafemmina xx e nel maschio xy), conclusioni che lo por-tarono a ricevere il Premio Nobel nel 1933. Morganarrivò alle sue scoper-te nel suo piccolo e po-co luminoso laborato-rio chiamato la stanzadelle mosche, osser-vando come la muta-zione genica (altera-zione in un gene) checausava la presenza diocchi bianchi nel mo-

scerino della frutta(Drosophila melanoga-ster), fosse trasmessa inmodo differente tra ma-schi e femmine, poiché ilgene mutato si trova sulcromosoma x. La “storia” della genetica, a partire Mendel, conside-rato il padre della genetica, è caratterizzata da moltescoperte che si sono susseguite con ritmo incalzan-te fino ad oggi, epoca in cui si continua a studiare edindagare in maniera sempre più approfondita. La seconda puntata della rubrica sarà dedicata allagenetica dei nostri tempi, dove scopriremo come la

genetica si è evoluta, differenziandosi in varie disci-pline con caratteristiche e finalità molto interessan-ti e differenti tra loro.

(Copyright A.M.S.)

di Alessandra Trojani

storia della scienza

Biologo, Specialista in Genetica Medica - SC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

la geneticanascita e principi (prima puntata)

• Gene: unità ereditaria fondamentale degli organismi viventi • Allele: la diversa forma di un gene; per esempio il gene per il

colore degli occhi può avere un allele per il colore marrone eun allele per il colore azzurro

• Linea pura: è di individuo o cellula che, per un determinatocarattere mendeliano, possiede una coppia di alleli identici,siano essi dominanti o recessivi; per esempio una pianta dipiselli con i fiori rossi con alleli uguali AA o una pianta con ifiori bianchi con alleli uguali aa

• Ibrido: un individuo generato dall'incrocio di due organismiche differiscono per più caratteri (piselli lisci o rugosi, piselliverdi o gialli)

glossario

La genetica è la scienza, brancadella biologia, che studia i geni, icaratteri ereditari e la variabilitàgenetica degli organismi viventi.Già Aristotele nel 300 a.C. si inter-rogava su argomenti riguardantila biologia e l’ereditarietà, ma èstato necessario attendere finoal XIX secolo, quando il monacoceco Gregor Mendel, ne scoprì iprincipi incrociando piante di pi-sello, ottenendone sette varietà di-verse.

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7 ematos • 014

Medico, Contrattista EmatologoSC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

dossier

In particolare: Velcade-Talidomide-Desameta-sone (VTD); Revlimid-Desametasone a bassedosi (Rd); Revlimid-Velcade-Desametasone(RVD). Ottimi risultati sono stati ottenuti anchecon Revlimid nella terapia di induzione per

pazienti non candidabili a trapianto.

I risultati presentati sul confronto tra trapianto au-tologo e trapianto allogenico, non hanno dimo-strato una significativa superiorità, in termini di so-pravvivenza, dell’allotrapianto.

La terapia di mantenimento nel paziente con mie-loma, è stato sicuramente è stato il tema più di-battuto del congresso. Sono stati presentati nu-merosi studi sulla terapia di mantenimento conRevlimid, tutti con risultati incoraggianti in terminidi sopravvivenza libera da malattia. Buoni risultatianche in studi sulla terapia di mantenimento conVelcade .

E’ stata ribadita l’efficacia della terapia di supportocon Zometa nel ridurre le complicanze a livello os-seo. Zometa sembra anche associato a miglior ri-sposte alla terapia e a una maggior sopravvivenza.

Le nuove frontiere, dibattute durante il Congressosono state principalmente

1) VELCADE SOTTOCUTE: dagli studi eseguiti èrisultata un’efficacia simile al Velcade ev , macon minor effetti collaterali, soprattutto perquanto riguarda la neuropatia periferica;

2) CARFILZOMIB (stessa classe del Velcade): è ri-sultato efficace per pazienti con recidiva, indi-pendentemente dalla presenza di anomaliecromosomiche sfavorevoli; caratterizzato da un’incidenza inferiore di neuropatia periferica; uti-lizzabile per lunghi periodi di tempo senza ef-fetti collaterali correlati al trattamento;

3) POMALIDOMIDE (stessa classe di Revlimid e

Talidomide): è risultata efficace in pazienti chehanno eseguito più linee di trattamento (anchepazienti già trattati o refrattari a Revlimid e Vel-cade) ed è ben tollerata (nessun peggioramen-to della neuropatia periferica, né trombosi);

4) ZOLINZA (vorinostat) e PANOBINOSTAT (ini-bitori dell’ iston-deacetilasi): valutati in pazienticon MM recidivato/refrattario come agenti sin-goli o in associazione ad altri farmaci (per es.Velcade), con risultati incoraggianti;

5) ELOTUZUMAB (anticorpo monoclonale): è sta-to somministrato in associazione a Revlimid eDesametasone a basso dosaggio nei pazienticon MM recidivato/refrattario;

6) TREANDA (bendamustina) in combinazionecon REVLIMID e desametasone in pazienticon MM recidivato/refrattario (studio di fase 1):potrebbe essere una combinazione particolar-mente adatta per i pazienti più anziani o conneuropatia periferica.

Pertanto,vista la molteplicità di schemi terapeuticie di nuovi farmaci emergenti, è sempre più neces-sario studiare i meccanismi biologici di queta va-riegata patologia per poter diversificare l’approc-cio terapeutico in base alle caratteristiche del sin-golo paziente.

(Copyright A.M.S.)

Numerosi studi hanno confermato l’efficacia di Velcade eRevlimid nella terapia di induzione pre-trapianto, con unamiglior qualità delle risposte e una maggiorsopravvivenza libera da malattia.

mielomadi Paola Brasca

news dal 51° Congresso della SocietàAmericana di Ematologia (ASH)

La terapia di mantenimento nel

paziente con mieloma, è stato si-

curamente è stato il tema più di-

battuto del congresso.

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dossier news dal 51° Con

8 ematos • 016

Ematologo, Dirigente MedicoSC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

di Giovanni Grillo

Assodato che il trapianto allogenico èuna strategia terapeutica efficace nelcurare alcune malattie ematologichealtrimenti inguaribili, in questi ultimitempi si è cercato di definire un ap-

proccio che bilanci i rischi e i benefici del trapiantoin modo da ottimizzare le probabilità di cura e glieffetti collaterali dello stesso.Durante il congresso della Società Ameri-cana di Ematologia (ASH) tenutosi a Di-cembre si è puntata l’attenzione non tan-to sui risultati del trapianto quanto piutto-sto sul suo costo e impatto biologico nellavita quotidiana del paziente anche a di-stanza di anni. L’argomento della discus-sione non è stato più il trapianto quantopiuttosto il paziente trapiantato.Le complicazioni legate al trapianto (latecomplications), che possono colpire leghiandole endocrine, il fegato, lo scheletro, i pol-moni, gli occhi i reni e il cuore, sono raggruppabiliin eventi ritardati (se si verificano dai tre mesi aidue anni post trapianto), tardivi (qualora si presen-tino tra i due anni e i dieci anni post trapianto) emolto tardivi (se compaiono dopo i dieci anni daltrapianto).

Risulta sempre più evidente che il rischio e il tipodelle complicazioni dipendono da vari fattori: laterapia pre trapianto ricevuta, il tipo di condizio-namento, l’età del paziente al trapianto, la presen-za di malattia associate (comorbidità), l’aver svi-luppato o meno GVHD cronica…L’Indice di Comorbidità (un’ analisi pre trapianto del-

la funzionalità degli organi) permette di definiremeglio quale tipo di trapianto eseguire (full doseo a ridotta intensità) e che farmaci utilizzare delcondizionamento.La sempre miglior definizione di queste complica-

zioni e la loro associazione con i fattori di rischiodel paziente (indice di comorbidità) o della tra-pianto ci permette da una parte di identificare lastrategia trapiantologia migliore per ogni singolopaziente (maggior rischio di guarigione con minorcarico di complicazioni a lungo termine), e dall’al-tra parte di poter offrire ai nostri pazienti trapian-

tati la possibilità di prevenire, inqua-drare e gestire le eventuali problema-tiche a lungo termine dal medico tra-piantologo supportato da una seriedi specialisti “organo specifici”in unambulatorio dedicato.

(Copyright A.M.S.)

trapianto di midollo osseoper molti anni le discussioni riguardo il trapiantoallogenico cui si assisteva ai vari congressinazionali e internazionali, avevano come scopoquello di chiarire e determinare il ruolo che questacomplessa e affascinante procedura potesse averenel trattamento di questa o quella malattiaematologica.

L’Indice di Comorbidità permette di definire me-

glio quale tipo di trapianto eseguire (full dose o a

ridotta intensità) e che farmaci utilizzare del con-

dizionamento.

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9 ematos • 016

gresso della Società Americana di Ematologia (ASH)

Medico, Contrattista EmatologoSC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

La presenza di alcuni fattori con significatonegativo in termini di risposta alla che-mioterapia e di possibilità di cura potreb-be permettere di disegnare percorsi ditrattamento “personalizzati” per il singolo

paziente. Tra tutti, una particolare attenzione è sta-ta riservata all’importanza del contenuto in ma-crofagi delle biopsie linfonodali nei linfomi diHodgkin (e non solo) e ai markers tissutali ad essicorrelati, come l’espressione dell’antigene CD68.

Ampia, inoltre, è stata la discussione sulla terapiaottimale del LH sia negli stadi più precoci sia neglistadi più avanzati, con un continuo e serrato con-

fronto tra il sempre attuale cardine diterapia tradizionale (il famoso cicloABVD storicamente radicato in Italia) eterapia più intensive ma a volte piùtossiche (come il ciclo BEACOPP caroai colleghi tedeschi). Ma al di fuori de-gli schemi, la tendenza a una terapiasempre più “personalizzata” è ben pre-sente in tutti gli Ematologi!

Nuovi farmaci per i linfomiLo studio più approfondito del micro-ambiente e dei diversi meccanismi diattivazione delle cellule linfomatose è alla base

anche dell’impiego di nuo-vi farmaci “mirati” (solo percitarne alcuni: lenalidomi-de e panobinostat), allostudio dei quali ha contri-buito in questi anni ancheil nostro Centro nell’ambitodi protocolli clinici di tratta-mento.Tra le molte novità spicca-no i nuovi agenti per il trat-tamento del linfoma folli-colare. Di grande rilievo iprimi risultati ottenuti con inuovi anticorpi monoclo-nali “discendenti” da Rituxi-mab, il farmaco che ha rap-presentato il cambiamentoepocale nel trattamentodei Linfomi non Hodgkin B!Una menzione particolare,tra questi, merita GA101.Ma sempre alla famiglia de-gli anticorpi monoclonaliappartengono altre mole-cole scoperte in modo ra-pidamente crescente negliultimi anni, rivolte contro

altre strutture delle cellule malata; vale la pena diricordare almeno l’anticorpo Galiximab, rivoltocontro l’antigene CD80.

Linfoma a grandi cellule B, buone notizie perl’anziano: l’età non è un problemaMenzione d’onore per uno studio del gruppo fran-co-belga, che ha riportato la giusta attenzione sulpaziente anziano affetto da Linfoma non HodgkinB diffuso a grandi cellule: la metà dei casi di DLBCLcolpisce infatti persone con più di 65 anni di età!Centocinquanta pazienti con una età mediana di84 anni sono stati trattati con immunochemiote-rapia con Rituximab e CHOP a dosi corrette perl’età. Il cosiddetto “miniCHOP” rappresenta una te-rapia efficace e complessivamente ben tollerata,che permette di ottenere alti tassi di remissionicomplete e di guadagnare molti anni di vita in sa-lute.

Solo brevi news, ma che raccontano di un lavorodietro le quinte che tutti noi svolgiamo con i no-stri pazienti, che sempre più spesso accettano dipartecipare a “protocolli di studio” sempre megliostrutturati e definiti, che sono finalmente percepitinon come un “terreno in cui sperimentare”, ma incui, curandosi, poter costruire.

(Copyright A.M.S.)

linfomidi Vittorio Ruggero Zilioli

la ricerca clinica in corso da molti anni hapermesso di identificare nuovi “fattori dirischio” (presenti alla diagnosi di malattia oalla recidiva) che possono essere d’aiuto nelpianificare la terapia.

Lo studio più approfondito del microam-

biente e dei diversi meccanismi di attiva-

zione delle cellule linfomatose è alla base

anche dell’impiego di nuovi farmaci “mi-

rati”

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mancanza di un pezzo (braccio lungo) del cromosoma 5, detta “del(5q)”.Sono ormai note le modalità di utilizzo, gli effetti collaterali attesi e il buontasso di risposta a questa terapia. Sono state presentate anche alcuneesperienze in pazienti con “del(5q)” ad “alto rischio”: ne deriva che i pazien-ti che hanno maggior probabilità di trarre beneficio sono quelli con piastri-ne maggiori di 100.000/mm3 e senza alterazioni citogenetiche aggiuntive.

3) Ruolo del trapianto di midollo da donatore: il trapianto di midollo vieneancora considerata l’unica strategia che possa veramente curare la mielo-displasia. Dibattuto molto è quando sottoporre un paziente a trapianto.Secondo le ultime analisi di dati emerge che i pazienti a “basso rischio”dovrebbero aspettare fino alla comparsa di segni di progressione, mentre ipazienti ad “alto rischio” no non dovrebbero ritardare la procedura. Tuttaviaanche tra i pazienti a basso rischio ci possono essere candidati a trapiantoimmediato se c’è presenza di fabbisogno trasfusionale, storia di infezionifrequenti, diatesi emorragica da piastrinopenia. In particolare la necessitàdi essere sottoposti a lungo a trasfusioni di globuli rossi può esitare in unsovraccarico di ferro che potrebbe ridurre l’efficacia del trapianto. L’utilizzodi trattamento con Azacitidina prima del trapianto resta di incerta utilità edovrebbe essere valutato all’interno di studi clinici.

(Copyright A.M.S.)

La conseguenza è la riduzione quan-titativa e qualitativa degli elementicellulati del sangue periferico. Taleriduzione si definisce con il nome di“citopenia”. La citopenia può dun-

que essere a carico dei globuli rossi (ane-mia), a carico delle piastrine (piastrinopenia)o a carico di un tipo di globuli bianchi, dettigranulociti neutrofili (neutropenia). Le sin-dromi mielodisplastiche sono anche dette“sindromi pre-leucemiche” in quanto posso-no evolvere verso forme di leucemia acuta.L’esame del midollo (osservazione al micro-scopio) di un paziente affetto da sindromemielodisplastica, oltre a mostrare alcune al-terazioni morfologiche indicative delle diffi-

coltà maturative delle cellule progenitrici, mostra anche la presenza di alcunecellule completamente immature. Tali elementi vengono contraddistinti conil termine di “blasti”. La quantità dei blasti è uno dei criteri che contraddistin-gue le diverse forme di sindrome mielodisplastica e costituisce un importantecriterio di rischio di evoluzione leucemica. Un altro importante esame diagno-stico è l’analisi dei cromosomi delle cellule del midollo osseo, detta analisi “ci-togenetica”, che è in grado di dimostrare alterazioni evidenti del DNA dellecellule mielodisplastiche. Alcune di queste alterazioni sono associate a mag-gior rischio di evoluzione leucemica; altre invece sono considerate prognosti-camente favorevoli.A Orlando, in Florida, si è svolto, dal 4 al 7 dicembre, il 52° Meeting annualedell’”American Society of Hematology (ASH)”. Tra le più importanti novità in materia di questa patologia sono emersi iseguenti punti focali:1) Gli indici prognostici: esistono diversi metodi per valutare l’entità del

rischio di trasformazione leucemica nei pazienti con sindrome mielodispla-stica. Quello attualmente più utilizzato è stato pubblicato nel 1997 e pren-de il nome di “International Prognostic Scoring System” o IPSS. Si basa sullavalutazione di tre variabili (numero dei blasti midollari, tipo di alterazionedel cariotipo, numero di citopenie del sangue periferico), cui viene asse-gnato un punteggio, e la cui somma dà un valore corrispondente all’entitàdel rischio. All’ “MD Andrson Cancer Center” di Huston è stato raffinato que-sto indice prognostico all’interno delle classi a rischio più basso, tenendoconto anche dell’entità della citopenia, e dell’età dal paziente. Inoltri sonostati proposti modelli prognostici per forme rare di mielodisplasia (le formeipoplastiche e le forme secondarie) e per entità nosologiche simili alle sin-dromi mielodisplastiche ma che sono state definitivamente separate daquesto dal punto di vista classificativo (per esempio la Leucemia Mielo-Monocitica Cronica). Particolare importanza è stata data alla scoperta dimutazioni geniche nelle cellule mielodisplastiche. Si tratta piccolissimealterazioni della catena del DNA cellulare vengono valutate in laboratoriocon delle metodiche più complesse rispetto all’analisi dei cromosomi, cheprendono il nome di “biologia molecolare”. Esse potrebbero ricoprire infuturo un ruolo prognostico importante.

2) Alla luce dell’ormai frequente utilizzo di nuovi farmaci come l’Azacitidina ela Lenalidomide, durante il congresso sono state elaborate nuove lineeguida per il trattamento delle malalttie mielodisplastiche. In particolare iltrattamento con Azacitidina viene riservato ai pazienti con mielodisplasiaad “alto rischio”: i dati disponibili sono sufficiente per dimostrare l’efficaciadi questi farmaci nel miglioramento della sopravvivenza dei pazienti e glieffetti collaterali sono normalmente ben tollerabili. La ricerca si orienta neldefinire quali marcatori di “citogenetica” o di “biologia molecolare” possonofar prevedere una migliore probabilità di risposta. La Lenalidomide è riser-vata ai pazienti a “basso rischio” con necessità di fabbisogno trasfusionale,che possiedono una particolare alterazione “citogenetica” consistente della

sindromi mielodisplasticheLe sindromi mielodisplastiche sonoun gruppo di malattie del midolloosseo che si presentano solitamentedopo i 60-70 anni caratterizzate dallaincapacità delle cellule progenitrici dimaturare normalmente.

dossier news dal 51° Con

leucemia mieloide Mai come ora i pazienti affetti daLeucemia Mieloide Cronica hannoavuto a disposizione un numeroelevato di farmaci specifici, diretticioé contro la proteina Bcr-Abl,responsabile della insorgenza eprogressione della loro malattia.

Ematologo, Dirigente MedicoSC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

di Alfredo Molteni

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11 ematos • 016

leucemia mieloide acuta

Ematologo, Dirigente MedicoSC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

La risposta alla chemioterapia standard (ilcosiddetto”3+7” costituito da antraciclineed ARA-C) nella popolazione “giovane”,ossia inferiore a 60, si aggira intorno al 50-70% ed è inferiore nei pazienti più anziani.

Tra gli anziani solo il 10% sopravvive a 5 anni. Inquesto scenario è possibile che le attuali strategiecurative abbiano espresso le loro migliori poten-zialità ed è quindi indispensabile trovare nuovi far-maci che procurino remissioni più durature conpoca tossicità, in particolare negli anziani. Emergequindi la necessità di nuove molecole capaci dipotenziare l’azione delle terapie convenzionali oche da sole possano essere comunque efficaci. Un

Aimantinib, storico farmaco sviluppato 10 anni fa e che rappresentail riferimento di ogni altra terapia, si affiancano ora altri tre farmaci, icosiddetti inibitori di seconda generazione, di cui due (nilotinib edasatinib) giá registrati ed uno (bosutinib) in fase di registrazionema disponibile come uso compassionevole.

L'attivitá di questi composti nei pazienti resistenti a imatinib é giá nota, men-tre la novitá é rappresentata dal confronto tra imatinib e bosutinib, nilotinib edasatinib come farmaci di prima linea (cioé in pazienti alla diagnosi).Sono stati presentati degli aggiornamenti (a 18-24 mesi di follow up) riguar-danti nilotinib (T. Hughes, Adelaide) e dasatinib (N. Shah, San Francisco), men-tre i dati di confronto tra bosutinib e imatinib (Gambacorti, Monza) sono statipresentati per la prima volta e comprendono un follow up di 12 mesi.Tutti questi farmaci hanno mostrato di diminuire la percentuale di progressio-ne della malattia verso la fase accelerata o la crisi blastica, di 2-4 volte; é peróimportante considerare che le progressioni avvengono, nella peggiore delleipotesi nel 4% dei pazienti trattati con imatinib e pertanto, la riduzione otte-nuta non riguarda più del 3% dei pazienti. Va poi considerato che in tutti i casialmeno il 20% dei pazienti deve smettere il trattamento, o per tossicitá (chesono diverse da farmaco a farmaco) o per scarsi risultati terapeutici; quindi ladisponibilitá di diverse molecole rappresenta un indubbio vanataggio per ipazienti, nei quali non é attualmente prevedibile a priori la risposta o la tollera-

bilitá ad ciascun farmaco.Da ultimo é importante notare come tutti inuovi inibitori abbiano determinato maggio-ri percentuali di risposte molecolari rispetto aimatinib. Andrá verificato in studi futuri sequeste risposte si tradurranno in un maggiornumero di pazienti negativi in PCR ed alla fi-ne in un maggior numero di pazienti in cui laleucemia é stata definitiviamente eradicata.

Una novitá importante é stata infine presen-tata per i pazienti con mutazione T315I, chedetermina resistenza a tutti gli inibitori disponibili fino ad ora. Il dr. Cortes(Houston) ha presentato i primi dati di uno studio di fase I con ponatinib, unnuovo inibitore in grado di bloccare anche questa temibile mutazione. Anchese ottenuti in un numero limitato di pazienti (38), ponatinib ha ottenuto il 95% di remissioni ematologiche complete ed il 53 % di remissioni citogenetichecomplete in questi pazienti notoriamente assai resistenti. Uno studio di fase IIsi aprirá anche in Italia nel mese di Febbraio.

(Copyright A.M.S.)

moderno approccio terapeutico può essere mira-to verso marcatori genetici o molecolari di mali-gnità della cellula leucemica, ricercando farmaci“intelligenti” che vadano a colpire la cellula leuce-mica proprio nelle sue alterazioni molecolari. Iprincipali marcatori molecolari della cellula leuce-mica sono stati introdotti nella nostra Divisionenella normale pratica clinica: poter avere dei far-maci efficaci direttamene contro questi marcatoripermette una terapia mirata e “tagliata su misura”sulle diverse forme di leucemia. uesti marcatri mo-lecolari della cellula leucemica vengonoA questofine sono stati presentati all’ASH diversi studi in fa-se iniziale, che testano nuove categorie di farmaci“intelligenti” sia in termini di efficacia che di tossici-tà. Tra gli inibitori delle tirosinchinasi, in particolareutilizzati contro FLT3, che è un marcatore moleco-lare associato a prognosi sfavorevole, è stata stu-diata la midostaurina, che stiamo utilizzando nelnostro reparto in uno studio internazionale ameri-cano ed europeo, o le molecole PKC-412 o CEP-701. Contro le mutazioni di RAS, altro marcatoremolecolare di malignità, vengono sperimentati gliinibitori delle farnesil-transferasi quali tipifarnib,mentre promettenti studi sono in corso con la te-

rapia epigenetica , di cui 5-azacitidina e decitabinarappresentano i farmaci più usati. Infine sono incorso studi che utilizzano farmaci che si sono mo-strati attivi nei linfomi e nei mielomi, quali lenali-domide e bortezomib. Sembra evidente quindiche i protocolli terapeutici di nuova generazionesi stiano confrontando con le accresciute cono-scenze biologiche di recente acquisizione e conl’aumentata disponibilità di nuovi agenti ad azio-ne mirata.Nelle relazioni educazionali dell’ASH è stato in par-ticolare trattato l’approccio più corretto alla tera-pia dell’anziano: conoscere la biologia della malat-tia e i fattori prognostici, pesare correttamente lepatologie associate ci consente di identificarequali pazienti possano beneficiare di una terapiastandard più aggressiva e quali richiedano inveceapprocci alternativi con nuovi farmaci. In partico-lare , se la chemioterapia aggressiva permette diaumentare la sopravvivenza, queste terapie “a bas-sa intensità” consentono spesso una buona quali-tà di vita e risultano comunque superiori in termi-ni di sopravvivenza alla sola terapia palliativa.

(Copyright A.M.S.)

Nonostante i progressi degli ultimi anni i limiti dellachemioterapia nella leucemia mieloide acuta sono tuttoraben presenti.

gresso della Società Americana di Ematologia (ASH)

di Anna Nosari

cronica di Carlo Gambacorti Passerini

Professore di Medicina InternaUniversità di Milano-Bicocca

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12 ematos • 016

Produrre sangue a partire dalla

pelle: è questo il sorprendente ri-

sultato raggiunto da un gruppo

di ricercatori canadesi, capeggiati

dal biologo molecolare Mickie

Bhatia. E stavolta, le cellule stami-

nali non c'entrano. Infatti, gli

scienziati sono riusciti a ripro-

grammare cellule estratte dalla

pelle, e a trasformarle direttamen-

te in cellule del sangue: globuli

rossi, piastrine e globuli bianchi.

Fino a oggi, si pensava che l'unico modo ditrasformare una cellula in un'altra, com-pletamente diversa, fosse quello di utiliz-zare le cellule staminali: si tratta di ele-menti cellulari "neonati" che non hanno

ancora imboccato una strada definitiva. In altreparole, come un bambino, queste cellule hannola potenzialità di diventare qualsiasi elementocellulare "adulto", a patto che vengano "indirizza-te" verso una strada ben precisa. Cosa che accadesolo in presenza di un cocktail di specifici fattorichimici, diversi a seconda di quale cellula si vuoleottenere: per diventare un neurone, infatti, saran-no necessari segnali chimici diversi da quelli uti-lizzati per, ad esempio, una cellula ematica.

Gli scienziati canadesi, al contrario, hanno dimo-strato che non è necessario passare attraverso lecellule staminali, ma si può "riprogrammare" unacellula già adulta. "Puoi produrre qualsiasi cosa apartire da qualsiasi cellula": sono queste, infatti, le

parole con cui Ian Wilmut, ricercatore di Edimbur-go, ha salutato la pubblicazione su Nature del la-voro di Bhatia e colleghi.

Sono i fibroblasti, cellule che si trovano nella no-stra epidermide, i protagonisti della storia che stoper raccontarvi. Queste cellule sono state estrat-te da pelle umana, e modificate in vitro per "con-

vincerle" a diventare cellule ematiche.I ricercatorisi sono serviti di un particolare gene, denominatoOCT4, che hanno inserito nei fibroblasti.

L'OCT4 è un frammento di DNA che funge da"chiave d'accensione" del processo di ematopoie-si: ovvero, fa partire tutta quella serie di reazionicellulari che hanno come ultimo risultato lo svi-

BHATIA LABORATORY/EVA SZABO - jem.rupress.org

e scorreranno fiumi di porpora...quando il sangue nasce... dalla

di Valentina Torchia

uno sguardo sul mondo

Dottore in Biotecnologie MedicheUfficio Stampa, Assessorato alla Sanità Regione Lombardia

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13 ematos • 016

luppo di una cellula delsangue "adulta". Questoprocesso normalmente sisvolge nel midollo osseo, apartire da cellule denomi-nate "staminali ematopoie-tiche".

I ricercatori hanno quindicercato di "ingannare" i fi-broblasti, inducendo l'atti-vazione del programmaematopoiesi.

I fibroblasti con OCT4 sonostati poi coltivati in vitro, e

stimolati con specifici fattori di crescita, chiamaticitochine. Si tratta di particolari segnali chimici ingrado di aiutare il processo di ematopoiesi, spin-gendo la cellula a diventare uno degli elementi ti-pici del sangue; ovvero globuli rossi, piastrine oglobuli bianchi.

Dopo qualche settimana, le cellule in coltura so-no state analizzate. Effettivamente, i fibroblasti sierano trasformati in tutti e tre i principali compo-nenti del sangue. Non solo, queste nuove celluleerano perfettamente in grado di svolgere la lorofunzione. Infatti, i globuli rossi ottenuti dall'esperi-mento, erano capaci di produrre emoglobina,una proteina che permette il trasporto dell'ossi-geno nel sangue.

A questo punto, occorreva un'ultima, cruciale ve-rifica: come si sarebbero comportate le celluleprodotte dall'esperimento in un organismo vi-vente? Per scoprirlo, i ricercatori hanno raccolto ifibroblasti modificati, che ormai erano diventaticellule ematiche, e li hanno trasfusi nei topi.

Un risultato molto interessante consisteva nel fat-to che, non solo le cellule sperimentali erano ingrado di sopravvivere e di assolvere la loro natu-rale funzione, ma erano anche sicure per il topo.Non sono infatti emersi effetti collaterali, come in-vece spesso accade quando si utilizzano cellulestaminali.

Nel prossimo futuro, sarà quindi una pratica co-mune ottenere dalla propria pelle il sangue di cuiavremo bisogno? Potremo davvero dire addio allastorica carenza di componenti ematici negliospedali?

Per ora, si parla ancora di fase sperimentale. civorranno sicuramente anni prima che questa tec-nica possa essere applicata all'uomo. Ma ogniviaggio inizia con il primo passo!

(Copyright A.M.S.)

• Cellule staminali: cellule primitive non specializzate dotate della sin-golare capacità di trasformarsi in diversi altri tipi di cellule del corpo.

• Citochine: proteine prodotte da vari tipi di cellule, modificano ilcomportamento di altre cellule inducendo rescita, differenziamen-to e morte.

• Coltura cellulare: tecnica usata per mantenere in vita in vitro celluleottenute da tessuti animali o vegetali. Queste, per sopravvivere han-no bisogno di essere mantenute "in gruppo" e circondate da fattorichimici e proteici adatti al loro benessere.

• Ematopoiesi: processo di formazione e maturazione di tutti i tipi dicellule del sangue, a partire dai loro precursori.

• Fibroblasti: cellule presenti nel derma della pelle; producono il colla-gene, che danno consistenza ed elasticità al tessuto connettivo dellacute.

• Gen e: sequenza di DNA che porta in sè le istruzioni di produzioneper una singola proteina presente nell'organismo.

piccolo glossario del sangue

Mickie Bhatia - (jem.rupress.org)

BHATIA LABORATORY - (jem.rupress.org)

pelle!

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14 ematos • 016

Uno dei farmaci con maggiori potenzialitànel trattamento della MW è Bortezomib, far-maco appartenete alla classe degli inibitoridel proteosoma, un gruppo di enzimi pre-senti in tutte le cellule del nostro organismo

e deputati al controllo della proliferazione e dellamorte cellulare. Bortezomib il cui impiego è stratogià approvato nel trattamento del MielopmaMultiplo (MM) ha permesso di ottenere buoni risul-tati anche nel trattamento della MW. L’associazionedi Bortezomib, Rituximab e Desametasone (BDR) hamiglioratore ulteriormente questi risultati permet-tendo di ottenere risposte rapide, di buona qualità edurature nel tempo.

IMMUNOMODULATORI

Per quanto riguarda i farmaci immunomodulatoriLenalidomide e Talidomide sicuramente i risultatipiù promettenti sono stati os-servati con Talidomide tutta-via a dosaggi particolarmenteelevati rispetto a quelli di co-mune impiego nel trattamen-to del MM. L’utilizzo diLenalidomide è invece grava-to da una eccessiva tossicitàsoprattutto a livello ematolo-gico. Particolare interesse ha susci-tato negl i ult imi anniEverolimus, farmaco agente con meccanismo diblocco sulla proteina mTOR la cui presenza nelle cel-lule ha un ruolo importante nella regolazione dellacrescita cellulare. La sua efficacia nel trattamentodella MW è stata recentemente segnalata. Il suo uti-lizzo permette infatti di ottenere buone risposte in

una elevata percentuale di pazienti. La tossicità ema-tologia è l’effetto collaterale più importante di que-sto farmaco.

RISULTATI PROMETTENTI

Tra i farmaci appartenenti alla classe degli deacetila-si inibitori promettenti risultati sono stati ottenuticon Panobinostat. Si tratta di un farmaco che svolgela sua attività antitumorale riattivando la trascrizionedi geni soppressori tumorali. Tra le molecole testate in vitro ma con limitatissimi

dati clinici va menzionato Resveratrolo: agente an-tiossidante capace di inibire la proliferazione e di in-durre apoptosi in linee cellulari di MW. La dimostra-ta attività antitumorale di questa molecola ne giu-stifica il suo utilizzo in un prossimo futuro all’internodi studi clinici.

Infine negli ultimi anni è stato reintrodotto nel trat-tamento dei linfomi indolenti e quindi nella MW laBendamustine, vecchio farmaco con caratteristichemiste tra agenti alchilanti e analoghi purinici.L’associazione di Rituximab e Bendamustine ha di-mostrato una maggior efficacia a una minor tossici-tà rispetto all’associazione classica R-CHOP nel trat-tamento dei linfomi indolenti, tuttavia analisi piùspecifiche sono necessarie nei pazienti con MW, peri quali è richiesto un lungo follow-up.

FUTURO PROSSIMO

La disponibilità di una così vasta gamma di moleco-le e i continui studi hanno reso possibile un notevo-le progresso nel trattamento e nella cura dei linfomie in particolare della MW. In un prossimo futuro sirenderà necessario individuare all’interno di studi cli-nici le combinazioni di farmaci a maggior potenzia-le curativo e con profilo di tossicità più favorevolecon l’obiettivo di raggiungere a breve un controlloottimale della malattia.

(Copyright A.M.S.)

di Francesca Ricci

Medico, Contrattista EmatologoSC di Ematologia - Ospedale Niguarda Ca' Granda, Milano

i farmaci nel trattamento della macroglobulinemia di Waldenström

Negli ultimi dieci anni notevoli progressi sono stati compiuti nello stu-

dio e nella cura della Macroglobulinemia di Waldenström (MW). Ac-

canto ai trattamenti convenzionali che prevedono l’impiego di agen-

ti alchilanti, analoghi delle purine e dell’anticorpo monoclonale Rituxi-

mab (anti CD20), è stata testata, all’interno di studi clinici, l’efficacia e

la tollerabilità di una vasta gamma di nuove molecole target.

La disponibilità di una così vasta gamma di mo-

lecole e i continui studi hanno reso possibile un

notevole progresso nel trattamento e nella cura

dei linfomi

report Waldenströmreport Waldenströmreport Waldenströmrepo

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15 ematos • 016

Questa patologia è stata chiamata “la malat-tia dei principi”, poiché ha ucciso l’ultimoSha di Persia Reza Pahlevi e il presidentefrancese George Pompidou. Il congressoè stato organizzato da Steve Treon, diret-

tore del Bing Center del Dana Farber Cancer Insti-tute di Boston per la terapia della WM, e da EnricaMorra, direttore della Divisione di Ematologia del-l’Ospedale Niguarda di Milano, e Giampaolo Merli-ni, direttore del Laboratorio di ricerca e del Centroper la cura delle Amiloidosi Sistemiche dell’Uni-versità di Pavia.

90 RELATORI DA 12 PAESI

Al congresso hanno partecipato novanta relatoriprovenienti da dodici paesi del mondo, tra cuiSteve Treon, Robert Kyle, Roger Owen, PierreMorel, Bart Barlogie, Mathias Rummel e VeroniqueLe Blond. Gli studi riportati dagli esperti intervenu-ti al congresso, hanno aperto promettenti oriz-zonti sul fronte di strategie terapeutiche innova-tive, i cosiddetti farmaci “intelligenti”, che colpis-cono in maniera mirata le cellule tumorali. Lecombinazioni di farmaci vecchi e nuove molecole,da utilizzare in base alle caratteristiche cliniche ebiologiche di ciascun paziente, hanno consentitodi raddoppiare la sopravvivenza mediana dei pazi-enti da 5 a 10 anni.

L’IDENTIKIT DELLE POPOLAZIONI CELLULARI

Anche nell’ambito della ricerca genetica e biologi-ca, risultati promettenti sono emersi al fine didefinire l’identikit delle popolazioni cellulari coin-

volte nello sviluppodella malattia, sia nelLaboratorio di ricercadell’Ematologia del-l’Ospedale Niguarda,sia al Dana Farber Insti-tute di Boston. Studi diespressione genicahanno messo in luce,non solo numerosigeni e meccanismi bi-ologici alterati nellecellule B e nelle plas-macellule tumorali, maanche il coinvolgimen-to del microambiente,che aiuta le cellule tu-morali a crescere inmodo esponenziale, ea sopravvivere. Una sessione del congresso è statadedicata alle presentazioni di 15ricercatori, impegnati in studi clini-ci e biologici della malattia, cui èstato attribuito il premio “YoungInvestigator Award”, e tra questi, 3ricercatori appartenenti alla Divi-sione di Ematologia dell’OspedaleNiguarda di Milano: AlessandraTrojani genetista biologo, e gliematologi Francesca Ricci e An-tonino Greco.

(Copyright A.M.S.)

Biologo, Specialista in Genetica Medica - SC di EmatologiaOspedale Niguarda Ca' Granda, Milano

6° Workshop internazionale sulla Macroglobulinemia di Waldenström

nuove frontiere Dal 6 al 10 ottobre 2010, si è tenuto a Venezia il 6° Workshop interna-zionale sulla Macroglobulinemia di Waldenström (WM), una ma-

lattia ematologica rara che comporta l’accumulo nel sangue di unaproteina gigante, provocando svariati sintomi fra cui disturbi al cervel-

lo, nervi e vista. La WM rappresenta l’1-2% di tutte le emopatie mali-gne, e colpisce prevalentemente i maschi con un’età media di 65 anni.

Una sessione del congresso è stata dedicata

alle presentazioni di 15 ricercatori, impegnati

in studi clinici e biologici della malattia, cui è

stato attribuito il premio “Young Investigator

Award”

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16 ematos • 016

La chiamavano “malattia deiprincipi”, perché tra gli altri ha

ucciso il presidente francese Ge-orge Pompidou e l’ultimo Shahdi Persia, Reza Pahlevi. La Ma-

croglobulinemia di Waldenström,

dal nome del medico svedeseche per primo la descrisse nel

1944, osservando due pazienti

che avevano emorragie dalla

bocca, dal naso e dai vasi sangui-

gni della retina oltre ai linfonodi

ingrossati, è stata a lungo consi-derata una malattia rara esconosciuta.

Èun tumore del sangue tra i più insidiosi,

perché cresce lentamente e, quando se nemanifestano i sintomi, la sopravvivenza delmalato può essere ormai irrimediabilmentecompromessa. Oggi, però, non fa più paura.

A sessant’anni dalla sua scoperta, a otto dalladefinizione dei criteri per la diagnosi, il 6° Work-shop internazionale sulla Macroglobulinemia diWaldenström che si è recentemente tenuto aVenezia ha aperto un nuovo e importante capito-lo sul fronte delle strategie terapeutiche. «Sappi-amo come trattarla e probabilmente come vincer-la», è il messaggio dei novanta esperti provenientida dodici paesi del mondo che hanno partecipatoa un’intensa tre giorni di lavori. Le nuove armi indotazione sono molecole innovative e farmacivecchi: ingredienti da shakerare in combinazionidiverse per i diversi stadi della malattia.

«COCKTAIL»

Stiamo parlando dei cosiddetti farmaci “intelligen-ti”, che colpiscono al bersaglio la cellula malata,come l’anticorpo monoclonale rituximab. E dimolecole più recenti come il bortezomib, o piùdatate come la bendamustina, un antitumorale

che era in uso nella Germania dell’Est degli anniSessanta e che è stato svelato all’Occidente solodopo la caduta delMuro di Berlino.Mix di molecoleche, come è emer-so dal meeting,hanno già consen-tito di vedere rad-doppiare la soprav-vivenza medianada cinque a diecianni nei pazientitrattati in quei cen-tri più esperti neltrattamento delWaldenström. Ma stiamo parlando anche di re-centissimi studi, in corso nei laboratori dell’Ema-tologia dell’Ospedale milanese Niguarda e al DanaFarber Cancer Institute di Boston, che stanno sve-lando l’identikit delle cellule maligne. Si tratta deicosiddetti “studi di espressione genica» che hannoconsentito di iden-tificare non soloimportanti geni e imeccanismi bio-logici del tumore,ma anche il cosid-detto “microambi-ente” che, comefosse un terrenofertile, aiuta le cel-lule tumorali primaa crescere in modoesponenziale ed inseguito a sopravvivere. La malattia di Walden-ström è un tumore “bifronte”: appartiene infatti al-la famiglia dei linfomi di tipo B ma ha analogie conun altro tumore del sangue, il mieloma, perchéproduce una proteina gigante (detta proteinamonoclonale IgM) che aumenta la viscosità delsangue, e perché invade il midollo emopoietico.

DIAGNOSI

La diagnosi è spesso occasionale, in seguito adesami di routine. I sintomi, quando presenti, pos-sono essere molto diversi: cefalea, confusione, dis-turbi visivi, sintomi emorragici, ma anche necrosidelle parti più esposte al freddo come la punta delnaso e le dita di mani e piedi (da iperviscosità delsangue), perdita di peso, pallore e astenia da ane-

mizzazione, ingrossamento della milza o dei lin-fonodi. Malattia non rara come si credeva. In Italia

l’incidenza delWaldenström (nel20% con caratteris-tiche di predispo-sizione familiare) è diun nuovo pazienteall’anno ogni 200mi-la abitanti e 1.500dovrebbero essere imalati nel Paese. Madal confronto nellaSerenissima è emer-so con evidenzacome il dato sia sot-

tostimato. Molte persone, che restano asin-tomatiche anche per decenni, non sanno di averela malattia. Solo al Dana Farber, il principale centrodi riferimento degli USA, si diagnostica un nuovocaso al giorno. La “stratificazione” dei pazienti inbase al rischio di progressione e i nuovi protocolli

di trattamento sonostati discussi e messia punto nel corsodel meeting, la cuiorganizzazione è sta-ta affidata oltre che aSteven Treon, delDana Farber CancerInstitute di Boston, aEnrica Morra, diret-tore della divisionedi Ematologia del-l’Ospedale milanese

Niguarda e a Giampaolo Merlini del Policlinico SanMatteo di Pavia, nei cui centri si sono recente-mente avuti risultati fra i migliori al mondo.

FARMACI

I nuovi farmaci, ha spiegato Veronique Leblonde,ematologa del Pitié-Salpetrière di Parigi, “non rap-presentano la soluzione ma certamente sono unarivoluzione del trattamento”. Dal “Let well do” diWaldenström, si sono fatti passi da gigante, nonsolo per individuare il paziente da trattare, ma an-che sul come trattarlo in base alle caratteristichebiologiche e cliniche della sua malattia. Dallachemioterapia tradizionale uguale per tutti si èpassati cioè a terapie “tagliate su misura” per il sin-

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fa meno paura la «malattia un mix di farmaci controlla molto meglio che in passato la

pubblichiamo integralmente un articolo del Corriere della Sera

Le nuove armi in dotazione sono mol-

ecole innovative e farmaci vecchi: in-

gredienti da shakerare in combi-

nazioni diverse per i diversi stadi della

malattia

Recentissimi studi, in corso nei labora-

tori dell’Ematologia dell’Ospedale mi-

lanese Niguarda e al Dana Farber

Cancer Institute di Boston, stanno sve-

lando l’identikit delle cellule maligne

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golo paziente e basate sul rischio individuale diprogressione della malattia. Oggi “ci sono anchefattori che permettono di capire chi è a rischionella fase di anticamera della malattia, così daseguirlo da vicino per essere pronti a cominciareil trattamento nel momento più giusto”, ha con-cluso la professoressa Morra. Tre dei quindici gio-vani ricercatori cui a Venezia è stato attribuito il 'Y-oung Investigator Award’ appartengono al suogruppo. A guidare la pattuglia italiana (gli altripremiati sono francesi, greci, americani, canadesi)è la biologa genovese Alessandra Trojani. Con leila milanese Francesca Ricci e il palermitano An-tonino Greco.

Paola D’Amico (Copyright Corriere della Sera)

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dei principi»macroglobulimenia di Waldenström

Aldo Roccaro

Antonino Greco

Francesca Ricci

Alessandra Trojani

Enrica Morrae Steven Treon

Enrica Morra

Marzia Varettoni

Giampaolo Merlini

Luca Arcaini

Alessandra Tedeschi, Alessandra Trojani, Enrica Morra

Alessandra Tedeschi

Robert A. KyleSteve Treon Christopher Patterson

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18 ematos • 016

Qui, nella finale olimpica di Montreal, a cau-sa del boicottaggio dei paesi africanimanca il keniano Mike Boit che ha realiz-zato i tempi migliori nell’anno, e mancaanche Fiasconaro, sparito dalle platee del-

l’atletica a causa di problemi ai tendini ormai cro-nicizzati. Ma ci sono lo statunitense Rick Wohlhu-ter, due volte record del mondo sulle 880 yarde, ilbelga Ivo Van Damme (che morirà esattamente 5mesi più tardi in uno stupidissimo incidente stra-dale) e lo jugoslavo Lucian Sušanj, vincitore deiCampionati Europei del 74. Certo, c’è anche Alber-to Juantorena, cubano, soprannominato “el cabal-lo”, ex giocatore di pallacanestro di 26 anni, 192 cmper 85 kg (era arrivato anche ad un posto da titola-re nella Nazionale di basket del suo paese), ma luiè un quattrocentista. Ha appena vinto due ori, ap-punto, nei 400: uno alle Universiadi di Mosca, el’altro ai Giochi Panamericani di Città del Messico,e lo sanno anche i sassi che gli 800 li corre solo persfizio, o quasi; anzi, giusto il giorno prima ha vintola batteria di semifinale dei 400, conquistandosi ilruolo di favorito per l’oro di questa specialità. Saràstanco, ovvio. Se poi è arrivato anche alla finale de-gli 800, è segno che è in gamba, ma questa – adetta di tutti – è la gara di Wohlhuter. Si parte: l'indiano Singh fa la lepre e detta il rit-mo nel primo giro, corso in 50”85; Juantorena losegue a 50”90, e poi, appena inizia il secondo giro,lo passa e va in testa, tenendosi alle spalle l’ameri-cano, che lo tampina da vicino, ma che non riescea reggerne il ritmo, così el Caballo vola solitarioverso il traguardo, che taglia fissando il nuovo re-cord del mondo a 1’43”50 e sbalordendo tutti(non male per il quattrocentista), mentre Wohlhu-ter si fa fregare l’argento da Van Damme, ed arrivasolo terzo. Medaglia di legno per il tedesco WilliWülbeck, quinto l’inglese Steve Ovett (vinceràl’oro nelle prossime olimpiadi di Mosca); sorpren-dentemente solo sesto, invece, Sušanj, settimoSingh e ultimo il nostro Carlo Grippo, che comun-que ha disputato un’ottima olimpiade, dato chenessuno si aspettava che arrivasse in finale. Pecca-to davvero che non ci fosse Boit, perché questa fi-nale degli 800 sarebbe stata di livello stellare. Inci-

dentalmente, il keniano si vendicherà da par suonei mesi successivi, vincendo tutte le gare in cuiincrocerà i finalisti di Montreal, tranne Juantorena;i due si ritroveranno alle Universiadi di Sofia del 77,

quando el Caballo dimostrerà di essere il più forte,migliorando il suo record del mondo, che sarà ab-bassato a 1’43”44.Passano appena tre giorni dalla finale degli800, ed è già ora di quella dei 400. Juantorena ciarriva da superfavorito, anche se nessuno al mon-do è mai riuscito a vincere l’oro negli 800 e nei 400nella stessa Olimpiade. E poi ci sono gli americaniFred Newhouse, Herman Frazier, and Maxie Parks:questi qui lavorano in team e sono affiatatissimi(vinceranno l’oro nella staffetta 4×400); al belgaFons Brijdenbach, all’australiano Rick Mitchell, al-l’inglese David Jenkins (argento alle Olimpiadi diMonaco nel 72) ed al polacco Jan Werner resteran-no solo le briciole, c’è da scommetterci.Si parte, e gli americani fanno il ritmo; corrono

per Newhouse, che passa davanti a tutti e li staccadi 3 metri buoni: un abisso, per una gara sui 400.Ma Juantorena ha un grosso vantaggio che gli de-riva dai sui 192 centimetri: è “di coscia lunga”, di-rebbe qualcuno, quindi può permettersi un passopiù lento, e appena alza un po’ il ritmo, saluta ilgruppo e va a prendere Newhouse, che raggiun-ge a 20 metri dal traguardo, e che poi supera dislancio, vincendo l’oro in 44”26, con un metro ab-bondante di vantaggio sullo statunitense. Fraziersi prende il bronzo battendo in volata il belga,mentre Parks arriva quinto, seguito rispettivamen-te dall’australiano, dall’inglese e – ultimo – dal po-lacco, che di lì a poco si consolerà vincendo l’ar-gento nella staffetta a squadre.Dunque, è incredibile, ma el Caballo è stato ilprimo atleta (ed è tuttora l’unico) capace di aggiu-dicarsi l’oro nei 400 e negli 800; questo ha sovver-tito tutte le convinzioni precedenti, perché i 400 egli 800 erano considerate specialità incompatibili,almeno da certi livelli in su. Infatti, la gara dei 400 èessenzialmente di velocità (quindi forza esplosiva),con parte di sforzo anaerobico, mentre gli 800 era-no classificati come mezzofondo puro, quindi ga-ra essenzialmente aerobica: Juantorena ha fattocambiare idea a tutti. Anzi, la sua impresa è statagiudicata dallo storico dello sport Cordner Nelsoncome “the greatest exhibition of speed and dura-

bility in history of mankind”. Dopo Montreal, Juantorena continua a gareg-giare, vincendo l’oro in varie competizioni inter-nazionali, ma cominciando a soffrire per proble-mi a un piede, al punto che si renderà necessariaun’operazione al tendine di Achille. Partecipa alleOlimpiadi di Mosca (arriva quarto nella finale de-gli 800 vinta da Ovett), ma i problemi fisici nonsono superabili, e lo costringono al ritiro definiti-vo. Attualmente vive e lavora a Cuba, presso l’Isti-tuto Nazionale per lo Sport e l’Educazione Fisica;è stato Ministro dello Sport nel suo Paese, ed almomento è Presidente della Federazione di Atle-tica, e membro del Comitato Olimpico Interna-zionale.

(Copyright A.M.S.)

di Walker

lo sport nel sangue

la corsa del CaballoIl 25 luglio 1976, giusto pochi istanti prima della finale olimpica degli

800 metri, il record mondiale della specialità è ancora nelle mani del-l’italiano Marcello Fiasconaro, che lo ha conquistato all'Arena di Mi-

lano il 27 giugno di tre anni prima, correndo in 1'43"7 dopo una gara

condotta in testa dal primo all’ultimo metro, fregandosene se in scia

c’era anche il ceco Plachy, dominatore delle piste dell’epoca.

Olimpiadi di Montreal, 1976: Alberto Juantorena mentre taglia il traguardo degli 800m. Sarà oro anche nei 400.Foto: George Herringshaw

Nom de plume per onorare il neozelandese John Walker (nomen omen),oro nei 1500 alle Olimpiadi di Montreal FO

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AMS news

Natale in palestra

Q uest'anno ci siamoscambiati gli auguri diNatale in una meravi-gliosa palestra, non cer-to con l'obbiettivo di te-

nerci in forma per le feste.

L'idea è stata della proprietà dellePalestre Down Town , offrire una cenacon lo scopo di raccogliere fondi per lanostra Associazione.Accogliendo gli inviti di molti dei nostrisostenitori , che chiedevano un mo-mento d'incontro per un cordiale augu-rio, abbiamo accettato la proposta.

La cena, che ha visto coinvolte circa150 persone, è stata animata dalla tradi-zionale tombolata natalizia e la venditadi panettoni e gadget na-talizi. Il tutto ci ha permesso diraccogliere circa 10.000euro.

Grazie a Barbara e allasua famiglia per la bellis-sima occasione di incon-tro e per il sostegno, chequotidianamente, offro-no alla nostra associazio-ne.

a cura di Marco Brusati

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AMS news

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Da lungo tempo, gli amici di Intesa Vita (Gruppo In-tesa Sanpaolo) ci stanno aiutando nella raccoltadei tappi di plastica. A loro, il mio più sentito rin-

graziamento per quanto hanno fatto e per quanto ancorafaranno a sostegno dell’A.M.S.

Enrica Morra

ringraziamento

6 MaggioCena Annuale AMS

12 MaggioSpettacolo “Amori e brillantina”, compagnia “dagli 8 agli anta”, al TeatroFranco Parenti (500 posti), via Pier Lombardo, 14 - Milano. E’ obbligato-ria la prenotazione all’indirizzo mail: [email protected]

29 MaggioCamminata del sorriso, vari comuni della Lombardia. Sul sito AMS iluoghi e tutte le informazioni

22 GiugnoRistorante Saint George Premiere (Parco di Monza): Festa AMS di inizioestate (h. 20 circa), con happy hour.

prossimi appuntamenti ams

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Via __________________________ n._______ CAP________________ Località __________________ Prov. ____

Tel. _______/ __________________ Professione _________________ Data di nascita _______________________

C.F./P.I. ________________________/ ___________________________ e-mail ___________________________

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