Sorveglianza epidemiologica e molecolare della listeriosi ... · Il principale coordinatore di...
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
SCUOLA DI DOTTORATO Scienze biomediche cliniche e sperimentali
DIPARTIMENTO
Scienze della salute
CORSO DI DOTTORATO Sanità pubblica
TESI DI DOTTORATO DI RICERCA
Sorveglianza epidemiologica e molecolare della listeriosi in Regione
Lombardia, 2005 - 2012
DOTTORANDA: Anna Guaita Matricola: R08657 RELATORE: Chiar.ma Prof.ssa Mirella Maria Pontello
A.A.2012
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…a Lucy, Mamy, Babbo e Angelo
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RIASSUNTO
Nei Paesi industrializzati, la listeriosi invasiva, nonostante la sua bassa incidenza, è un’infezione alimentare di grande impatto per la salute pubblica, a causa della gravità delle sue manifestazioni cliniche e dell’alto tasso di letalità. In Europa, fra il 2005 e il 2009, sono stati notati incrementi statisticamente significativi delle notifiche di listeriosi in diversi Stati europei (Austria, Danimarca, Ungheria, Italia, Spagna e Svezia). In Italia le informazioni riguardo l'infezione risultano lacunose ed, in alcune Regioni, assenti. Gli obiettivi di questo studio sono: 1) descrivere la listeriosi in Regione Lombardia; 2) analizzare i ceppi di L.monocytogenes mediante sierotipia, elettroforesi pulsata (PFGE), sequenziamento (MLST); 3) incrociare le informazioni dei database in esame mediante l'utilizzo del metodo statistico "Cattura-Ricattura" e analizzare statisticamente l'andamento spazio-temporale. Lo studio analizza e compara i dati ed i ceppi raccolti dal 2005 al 2012 attraverso una Sorveglianza speciale di Laboratorio e il database regionale che raccoglie le notifiche (MAINF). Sono stati collezionati 192 ceppi di L.monocytogenes dalla Rete di Laboratorio, mentre, nello stesso arco di tempo, 366 casi sono stati notificati in MAINF. Nel 2011 si osserva un notevole aumento di casi in entrambi i sistemi di sorveglianza. I casi pregnancy-related sono stati 24. I casi non correlati alla gravidanza sono sopra i 65 anni (36%) e l'83% presenta fattori di rischio sottostanti (HIV, diabete, cancro,...). Analizzando i ceppi microbiologicamente, il sierotipo più frequente risulta essere 1/2a (59.5%), seguito da 4b (28.1%) e 1/2b (9.1%). Mediante l'utilizzo della PFGE abbiamo evidenziato 15 pulsotipi dominanti e un grande cluster costituito da 39 ceppi distribuiti tra il 2010-2011. Dodici risultano essere gli ST più frequenti ottenuti dall'MLST; dall'analisi della banca-dati dell'Istituto Pasteur, l'ST 21 è stato isolato solo in uomo e roditori. Le tecniche molecolari risultano concordi e sovrapponibili nei risultati. Incrociando i due database mediante il metodo "Cattura-Ricattura" abbiamo evidenziato una sottosima del numero di casi in entrambi i sistemi di sorveglianza, anche se vi è un miglioramento progressivo negli anni da parte della Rete di Laboratorio. L'analisi statistica spazio-temporale denota una distribuzione non casuale dei ceppi appartenenti al più grande pulsotipo riscontrato, portandoci a confermare l'ipotesi di un cluster epidemico. I risultati del nostro lavoro di sorveglianza risultano soddisfacenti. Molto utile è stato integrare i dati epidemiologici, clinici e di laboratorio provenienti dai due database presenti in Regione Lombardia. La sorveglianza della listeriosi merita un aumento della sensibilità e della tempestività dei sistemi al fine di identificare i cloni epidemici e le fonti d'infezione.
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ABSTRACT
Listeriosis is a rare but severe disease emerging especially in fragile subjects, likely due to association with deprivation. Non pregnancy-related infections, food-acquired, mainly affect immunocompromised and older subjects. Considering the aging of national and regional population and the increase of immunosupressant therapy and pathologies is crucial to increase the knowledge about Listeria monocytogenes (L. monocytogenes) infection. The objectives of this study are: 1) describe listeriosis in Lombardy Region; 2) analyze L. monocytogenes strains with serotyping, Pulsed Field Gel Electrophoresis (PFGE), and MultiLocus Sequence Typing (MLST); 3) cross-match the information with capture-recapture method and statistical analysis. We analyzed the collected data over eight years (2005-12) from special laboratory surveillance network (LSN), comparing with Lombardy database of infectious disease (MAINF) data, reported over the same period and we underlined the critical points. In 2005-2012, 192 strains of L.monocytogenes were collected from laboratory network while 366 invasive listeriosis cases were notified to MAINF surveillance system. In the 2011 we observed an increase of cases either in the MAINF (i.e 73 cases) or in the LSN (i.e. 44 L. monocytogenes strains) database. The pregnancy-related cases were 24 (only one from a mother-child pair), while the non-pregnancy related ones were 168. The 36% of these 168 were over 65 years old and 83% had underlying risk factors (HIV, diabetes, neoplastic disease,…). Analyzing the L. monocytogenes strains we found that the most common serotypes were 1/2a (59.5%), 1/2b (9.1%), and 4b (28.1%). By using PFGE we realized that collected by LSN strains were characterized by 15 pulsotypes based on the PFGE profiles; 10 clusters were identified and the largest cluster included 39 isolated strains, identified along the whole considered period. The MLST technique gave twelve sequence types (ST). In the most numerous sequence type we recognised 39 L. monocytogenes strains; the ST number 21 was found in human cases but also in rodents. We compared two surveillance systems with the estimated amount of cases noting that the observed cases were underestimated. This tells us that our surveillance systems miss information. The statistical analysis underlined that the temporal distribution of cases was not random, but instead the cases concentrated in 2010 and 2011. The results of our surveillance work are satisfactory and we think that it is useful to compare and analyze the microbiological and epidemiological data coming from two sources to increase the statistics. The laboratory-based surveillance network of listeriosis can improve in sensitivity to better and more quickly detect cases, contribute to identify epidemic clones, and investigate the infection source.
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INDICE GENERALE
*Introduzione
- Listeria
Tassonomia
Caratteristiche microbiologiche
Elementi di resistenza
Elementi di patogenicità
Reservoir
- Epidemiologia delle foodborne disease
- Listeriosi
Epidemiologia
Vie di trasmissione
Patogenesi
Fattori di rischio
Clinica
- Forme materno-fetali
- Forme non materno infantili
Diagnosi
Terapia
Prevenzione
Prognosi
Sorveglianza
*Obiettivi
*Materiali e metodi
Studio epidemiologico della listeriosi in Lombardia
- Database di raccolta delle notifiche: MAINF
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- Database di raccolta schede di dimissione ospedaliera (SDO)
- Database di raccolta degli stipiti batterici: Rete Di Laboratorio
Incrocio dei sistemi di sorveglianza per stimare l’incidenza reale di listeriosi mediante
l’utilizzo del metodo statistico Cattura-Ricattura
Tipizzazione Biomolecolare Mediante PFGE (Pulsed-Field Gel Electrophoresis)
Tipizzazione Biomolecolare Mediante MLST (MultiLocus Sequencing Typing)
Sierotipizzazione
Analisi statistica
*Risultati
Analisi epidemiologica descrittiva
Analisi statistica mediante l’utilizzo del metodo Cattura-Ricattura
Analisi biomolecolare:
- Sierotipo
- PFGE
- MLST
Analisi statistica
*Discussione
*Biliografia
*Allegati
Protocollo PulseNet
Scheda di notifica del sistema di sorveglianza basato sulla Rete di Laboratorio Scheda di notifica del sistema di sorveglianza MAINF
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INTRODUZIONE
Listeria monocytogenes
Tassonomia
Il genere Listeria fa parte della Famiglia delle Listeriaceae, che si annovera nell'ordine del
Bacillale, che rientra nella classe dei bacilli, nella divisione Firmicutres del regno dei batteri.
Ad oggi sei specie possono essere annoverate nel genere Listeria, ciascuna delle quali presenta
caratteristiche differenti di patogenicità e di specie-specificità: L.monocytogenes, patogena per
l'uomo e per gli animali, è agente eziologico della listeriosi umana, L.ivanovii patogena solo per gli
animali, mentre L.innocua, L.seeligeri, L.welshimeri e L.grayi non sono stati attribuiti finora
elementi di patogenicità (1).
Caratteristiche microbiologiche
L.monocytogenes è un bastonecello gram positivo, con dimensioni di 0.4-0.5 per 0.6-2 micron,
asporigeno, acapsulato, di colore giallo se coltivato su terreni arricchiti (Triptone Soy Agar, TSA),
ma dal caratteristico colore azzurro-grigio se coltivato su terreni specifici (Lithium Chloride-
Phenylethanolo-Moxalactam) (Figura 1) (1), dotato di numerosi elementi che ne permettono la
sopravvivenza anche in ambienti normalmente ostili alla maggior parte dei microrganismi: infatti è
aerobio-anaerobio facoltativo, crioresistente, osmoresistente, dotato di flagelli (2).
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Figura 1. Listeria monocytogenes al microscopio ottico coltivata su Lithium Chloride-
Phenylethanolo-Moxalactam.
Elementi di resistenza
L.monocytogenes è un saprofita ambientale a distribuzione ubiquitaria grazie alla presenza di
importanti elementi di resistenza, capace di provocare un ampio spettro di quadri clinici che
rappresentano un importante problema nell'ambito della sanità pubblica mediante meccanismi di
patogenicità altamente invasivi (3).
Listeria sopravvive in presenza di temperature comprese tra i 2 e i 45°C, grazie a cambiamenti a
carico dei lipidi di membrana, che permettono il mantenimento della fluidità adatta alla
sopravvivenza e soprattutto alla replicazione in presenza di basse temperature, all'espressione di
cold shock proteins o di altre proteine di stress e all'accumulo intracellulare di crioprotettori come la
carnitina. Questa caratteristica di Listeria rende quindi vano l'utilizzo della catena del freddo nella
conservazione degli alimenti, che saranno un importante veicolo di contagio. Il microrganismo è
incapace di resistere ad una temperatura di 60°C protratta per almeno 30 minuti.
Listeria monocytogenes mostra anche una grande resistenza a stress chimici, ottenuta grazie a
sofisticati meccanismi di omeostasi interna basati sulla presenza di trasportatori di membrana e di
sistemi tampone, motivo per cui è in grado di sopravvivere a pH acido quale quello che si riscontra
in sede gastrica, all'interno dei fagosomi contenuti nei macrofagi e che è largamente utilizzato
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nell'industria alimentare per garantire la sicurezza igienica degli alimenti. Inoltre, l'esposizione del
microrganismo a pH acidi induce l'espressione di geni di resistenza che potenziano la capacità del
batterio di sopravvivere anche a stimoli ambientali di diverso tipo (termico, osmotico,etc.).
Nell'ambito della resistenza osmotica, Listeria m. ha la capacità di percepire l'osmolarità circostante
e di variare quella intracellulare al fine di raggiungere uno stato di isotonicità con l'ambiente
esterno; infatti il batterio è in grado di sintetizzare e accumulare nel citoplasma proteine
elettricamente neutre, ma osmoticamente attive, impedendo così la disidratazione cellulare in
ambiente ipertonico. Per questo motivo, un altro dei metodi più antichi utilizzati per la
conservazione alimentare, la conservazione in ambiente saturo di sale, non ha effetto protettivo nei
confronti di Listeria.
Altro fattore di importanza notevole per la resistenza del microrganismo in condizioni estreme è la
produzione di biofilm, ossia una matrice composta da polisaccaridi; questo sottile strato protettivo è
una barriera contro disinfettanti e igenizzanti nella catena dell'industria alimentare, previene la
disidratazione del batterio in condizioni non favorevoli e aumenta le capacità di adesione a
differenti matrici (4).
Elementi di patogenicità.
Nell'ambito degli elementi di patogenicità, recentemente è stato possibile individuare i prodotti di
alcuni geni che, attivandosi in risposta ad uno stress, garantiscono al microrganismo non solo la
sopravvivenza, ma anche l'innesto di processi consequenziali culminanti nell'infezione
propriamente detta. L.monocytogenes. è in grado di penetrare e moltiplicarsi in una grande varietà
di cellule, compresi i macrofagi ed altre cellule con funzione fagocitica aspecifica,umane e animali,
ma è stata documentata, come per altri patogeni intracellulari, la possibilità di riprodursi anche in
protozoi, quali le amebe e alcune specie di Drosophila. Per questo motivo si pone il dubbio che, non
solo nell'individuo ospite, ma anche nell'ambiente, Listeria potrebbe essere un saprofita inerte
caratterizzato unicamente da elementi di resistenza, poiché deve combattere una battaglia
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territoriale che ne rinforza i meccanismi di patogenicità. Listeria m. è dotata di: internaline, proteine
di superficie che ne permettono l'ingresso nella cellula ospite; listeriolisine colestreolo-dipendenti,
che prevengono il contatto con il sistema vacuolare cellulare in modo tale da evitare la distruzione
litica; una proteina flagellare responsabile della motilità del microrganismo nel citoplasma e della
diffusione cellula-cellula (Figura 2).
Figura 2. Meccanismi dell'infezione cellulare di Listeria monocytogenes (Janakiraman V.
Listeriosis diagnosis, treatment and prevention).
L. monocytogenes produce alcune metalloproteasi ed un trasportatore di esosi fosfati che le
permettono di utilizzare gli zuccheri fosforilati come fonte energetica all'interno della cellula.
Recentemente è stata identificata un'idrolasi dei sali biliari, che potrebbe render conto della capacità
del batterio di sopravvivere nel piccolo intestino, così come nella vie biliari.
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Il principale coordinatore di tutti questi elementi di patogenicità sopra citati è il Positive regulatory
factro A (PrfA), che in risposta a differenti stimoli induce la trascrizione delle proteine di resistenza
appropriate al tipo di stress (ossidativo, chimico, termico,etc.).
Quando Listeria m. viene ingerita da un potenziale ospite umano, attraversa numerosi ambienti con
pH differenti; la sopravvivenza al pH gastrico è tanto più probabile quanto più il microrganismo è
virulento per sua natura e, oltrepassata la barriera gastrica, il microrganismo acquisisce un fenotipo
ancora più aggressivo; ciò è dimostrato nei modelli murini in cui il contagio enterico con questa
modalità è quello che dà forme cliniche più aggressive. Il bacillo giunto nell'intestino tenue, dove
l'ambiente risulta più idoneo, invade la cellula ospite in cui l'ambiente è per l'ennesima volta
sfavorevole, fatto che contribuisce ad aumentare la virulenza (3).
Reservoir.
L. monocytogenes è diffusa in modo ubiquitario nell'ambiente, grazie alle sue straordinarie
caratteristiche di resistenza; ampiamente presente nel suolo, nelle acque supeficiali, nei liquami, nei
concimi (5). Il batterio può esistere in condizioni del tutto asintomatiche nell'intestino di mammiferi
selvatici e uccelli, che possono così disseminarlo con le loro feci, ma anche gli animali da
allevamento possono contribuire alla contaminazione dell'ambiente, soprattutto mediante l'utilizzo
di stallatico come concime. Tra gli animali, i ruminanti sono gli animali più a rischio, mentre i suini
così come gli uccelli, pur contraendo spesso l'infezione, sviluppano raramente la malattia e per
questo possono esser definiti portatori. E' stato stimato che l'80-90% dei casi riportati in Nord
America avvengono nei bovini, mentre la restante parte quasi esclusivamente nelle pecore (6).
Vista l'enorme diffusione di L. monocytogenes nell'ambiente, è intuitivo come facilmente possa
verificarsi una contaminazione degli alimenti, che si renderà responsabile della trasmissione del
microrganismo all'uomo, a cui farà seguito o meno un'infezione conclamata; a questo proposito è
rilevante la presenza asintomatica di L. monocytogenes nelle feci dell'1-5%della popolazione sana,
ma si è riscontrata una contaminazione che raggiunge il 25% in alcuni gruppi, compresi coloro che
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si occupano di pazienti con fattori di rischio per la listeriosi manifesta (7). Alcuni studi affermano
che un individuo sano ha mediamente due episodi di infezione enterica asintomatica in un anno, che
durano circa 4 giorni e non presentano complicanze (8). La contaminazione degli alimenti avviene
con modalità diverse a seconda del cibo considerato e la comprensione completa di queste modalità
non può prescindere dalla conoscenza dell'iter a cui il prodotto è sottoposto prima di giungere
all'alimento finito così come il consumatore lo acquista (9).
Dunque è importante considerare la preparazione e il tipo di conservazione e soprattutto a fenomeni
di cross-contamination, poiché L. monocytogenes è in grado di formare biofilm che facilitano
l'adesione e la sopravvivenza del batterio. Per quanto riguarda le carni, la contaminazione avviene
mediante contatto con altri alimenti o durante la fase di lavorazione. I prodotti caseari possono
essere contaminati alla base dell'iter di lavorazione: durante la mungitura, perché il latte proviene da
mucche che hanno una mastite asintomatica o può essere contaminato da microrganismi di
provenienza ambientale, anche tramite il personale deputato al processo. Qualora il latte venga
utilizzato senza essere pastorizzato, al fine di produrre alimenti per la cui manifattura non è prevista
una successiva cottura, Listeria può proliferare e ritrovarsi nel prodotto finito, mentre, se il latte
viene pastorizzato la contaminazione non può che essere successiva al trattamento termico ed è
particolarmente favorita nei formaggi a venatura blu, a causa delle loro particolari caratteristiche
biochimiche (pH elevato, alta idratazione, ridotta concentrazione di sale). Anche il modo in cui il
prodotto viene venduto influenza nettamente le possibilità di contaminazione, per cui risultano più a
rischio gli alimenti che vengono maneggiati dall'operatore.
Anche i vegetali sono risultati un importante veicolo di contagio, tanto che una delle prime
epidemie , in particolare quella a seguito della quale è stato possibile comprendere la trasmissione
alimentare (Canada 1981), ha visto coinvolto il cavolo. Comprendere in modo esaustivo l'esatta
modalità in cui avviene la contaminazione è risultato complesso: possono essere imputati la
presenza del batterio nel suolo, la diffusione dei patogeni da parte degli animali infetti, l'utilizzo di
pratiche agricole scorrette (irrigazione con acque contaminate o fertilizzazione con concimi naturali
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non sterili), la manipolazione umana che avviene durante e in seguito alla raccolta dei vegetali e il
confezionamento di imballaggi con caratteristiche straordinariamente adatte alla proliferazione
batterica, non solo di L. monocytogenes (alto tasso di umidità), come avviene nei prodotti ready-to-
eat. E' inoltre importante notare come alimenti di per sé non permissivi alla replicazione del
microrganismo possono comunque contenere una carica batterica idonea a causare una patologia se
ingeriti da individui predisposti (donne in gravidanza, immunodepressi,...), ma anche a causare una
cross-contamination di alimenti che hanno caratteristiche tali da permettere una replicazione
importante di Listeria (9).
Per quanto riguarda la prevalenza della contaminazione degli alimenti, i dati percentuali variano a
seconda dello studio considerato, ma quello che emerge in modo univoco è che non si tratta di
valori irrilevanti, superando, in certi alimenti, il 60%.
I prodotti ready-to-eat a base di carne, come salami, prosciutti e paté, la contaminazione è risultata
molto variabile a seconda dell'area geografica considerata, per cui negli Stati Uniti la percentuale è
oscillante tra lo 0.4 e il 71%, in Canada fra lo 0 ed il 21%, mentre in Europa il dato varia a seconda
della nazione considerata, con il 27% in Spagna il 35%, in Gran Bretagna (10), il 50,4% in Italia
(11); le cause di questa variabilità sono legate a differenze negli elementi facenti parte la
sorveglianza quali l'effettiva incidenza e l'assetto dei sistemi preposti ad essa.
Nell'ambito dei prodotti ittici il 18.3% dei campioni di salmone affumicato è risultato contaminato
(10), mentre Listeria è stata isolata dal 27.9% dei prodotti ittici esaminati in Italia dal 1990 al 1999
(11); controversi sono i dati riguardanti i prodotti caseari ottenuti da latte pastorizzato, poichè in
Europa le percentuali di contaminazione sono mediamente inferiori al 3%, mentre in Italia i dati
sono superiori, con un valore del 17.4% (11). Le carni vendute crude risultano contaminate per il 1-
3%, ma in alcune casistiche si attestano intorno al 10-20%. Per quanto riguarda le verdure, in
Canada è nota la contaminazione del 10% dei prodotti crudi, mentre in Italia il microrganismo è
stati isolato nel 4.5% dei campioni di prodotti vegetali pronti al consumo, come insalate pronte e
verdure in lattina (11).
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Epidemiologia delle foodborne disease
Lo studio dell'epidemiologia delle patologie a trasmissione alimentari presenta una serie di
difficoltà, legate ad una concomitanza di fattori che rendono l'approccio complesso; innanzitutto un
alimento può essere contaminato da più agenti patogeni e questo fa si che l'indagine epidemiologica
basata sulla ricerca del prodotto implicato possa essere poco indicativa, tanto che solo il 19% dei
casi identificati come patologie a trasmissione alimentare negli USA si riesce a raggiungere una
chiara consapevolezza eziologica (10). In secondo luogo tipiche foodborne disease possono essere
contratte con meccanismi non alimentari, come attraverso il contatto diretto con animali o tramite
l'ingestione di acque alimentari; in terzo luogo il manifestarsi o meno della patologia è dipendente
da una serie di fattori legati al microrganismo e all'ospite come ultima problematica, c'è il fatto che
solo in una piccola percentuale di casi i clinici provvedono all'isolamento del patogeno e alla
successiva modifica agli enti preposti.
La world health organization (WHO) ritiene che le foodborne rappresentino la principale causa di
morte per diarrea con oltre 2 milioni di decessi nel mondo nel 2000, ed è stato stimato che il 30%
della popolazione dei paesi industrializzati contrae attualmente un'infezione o una tossinfezione
alimentare.
L'incidenza di queste patologie è andata globalmente aumentando nel corso degli anni e la loro
eziologia si è modificata radicalmente nel tempo. Infatti nel corso del XX secolo, nei paesi
industrializzati, l'epidemiologia delle foodborne disease ha subito notevoli cambiamenti, dovuti in
parte al miglioramento delle condizioni igienico sanitarie, in parte al profondo modificarsi delle
abitudini alimentari e dell'approccio al cibo della popolazione, ma anche all'aumento dei pazienti
con fattori di rischio per patologie infettive, quali gli anziani, gli immunodepressi e i pazienti
neoplastici. Patologie un tempo diffuse, come febbre tifoide, colera e poliomielite, sono ormai rare,
mentre si sono diffuse sempre più infezioni causate dai microrganismi quali i sierotipi non tifoidei
di Salmonella, i patogeni del genere Campylobacter e il parassita Cyclospora e sono emerse
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patologie dall'esito spesso grave quali la malattia prionica di Creutzfield-Jacob o l'infezione da L.
monocytogenes (12).
I fattori legati al cambiamento epidemiologico che è avvenuto nell'ambito delle foodborne disease
sono dovuti alla perdita di uno stretto rapporto tra popolazione e consumo, con l'interposizione tra
questi due elementi di una serie di tappe e processi, quali il trasporto e la conservazione, che
possono presentare punti critici nell'ambito della sicurezza alimentare. Lo spostamento delle merci
tra le differenti sedi o nazioni, lo sviluppo di scambi commerciali e d'importazioni da nazioni con
legislazioni alimentari non rigide come quelle europee, la distribuzione di prodotti su vasta scala
attraverso passaggi che possono interrompere temporaneamente la catena del freddo, espongono il
prodotto al rischi di contaminazione e sviluppo microbico (12). Le abitudini alimentari della
popolazione residente nei paesi industrializzati sono mutate in modo considerevole, con un numero
sempre più elevato di pasti procapite consumati fuori casa, per quanto esistano enti preposti al
controllo della sicurezza alimentare in ambito ristorativo, l'attenzione e l'educazione degli esercenti
e dei consumatori non devono venire meno.
Un'ultima problematica è legata all'igiene alimentare in ambito domestico, poichè il food-handler si
trova sempre più a dover provvedere alle necessità delle fasce della popolazione a maggior rischio
infettivo e ciò comporta una responsabilità anche a livello di salute pubblica.
Le infezioni acquisite durante i viaggi, soprattutto nei paesi del terzo mondo, in cui le condizioni
igienico-sanitarie sono scarse, nella valutazione globale dell'epidemiologia delle foodborne disease
rappresentano una minoranza, basti pensare che oltre il 90% delle patologie a trasmissione
alimentare negli USA si stima abbia un'acquisizione domestica (13). Negli USA è stimata
un'incidenza annua di 9.4 milioni di casi di patologie a trasmissione alimentare su una popolazione
di circa 299 milioni di persone, causate da 31 diversi microrganismi; di questi casi 5.5 milioni sono
causati da virus (59%), 3.6 milioni da batteri (39%) e 0.2 milioni da parassiti (2%) e i patogeni più
coinvolti sono risultati essere i Norovirus (58%), le Salmonelle non tifoidee (10%), Clostridium
perfringens (10%) e le Campylobacteriacee (9%).
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I patogeni coinvolti variano molto a seconda della fascia d'età, con la prevalenza di Salmonella,
Shigella e Campylobacter tra i batteri che colpiscono i bambini di età inferiore a 5 anni e
un'aumentata incidenza di listeriosi e infezioni da Vibrio spp. nella fascia d'età superiore ai 60 anni
(14). I casi annui di ospedalizzazione legati al contagio da parte dei 31 patogeni responsabili di tali
patologie sono circa 56 mila e all'origine vi è nel 64% dei casi un eziologia batterica, nel 27% di
origine virale e nel 9% parassitaria; i patogeni più coinvolti sono i sierotipi non tifoidee di
Salmonella, Norovirus, Campylobacter e Toxoplasma gondii. I decessi causati da queste patologie
sono 1300 circa all'anno e responsabili sono stati i sierotipi non tifoidei di Salmonella nel 28% dei
casi, Toxoplasma gondii nel 24%, Listeria monocytogenes nel 19% dei casi e Norovirus nell'11%
(14).
A proposito dei dati citati è sempre importante considerare che, anche se rappresentativi, non
possono essere considerati esaustivi, in quanto si basano su malattie diagnosticate e confermate
attraverso test di laboratorio, una prassi ancora non così generalizzata per le infezioni alimentari, e
spesso non vengono segnalate hai sistemi di sorveglianza epidemiologica esistenti, soprattutto
quando la forma clinica non è impegnativa.
L'epidemiologia delle foodborne disease in Europa, dai dati presenti nell'ultimo rapporto Efsa,
emerge che nel 2009 nell'Unione Europea sono stati segnalati 5550 focolai di tossinfezioni
alimentari responsabili di 48964 casi nell'uomo, 4356 ricoveri e 46 decessi. I batteri più
comunemente coinvolti sono risultati Salmonella, Campylobacter, Listeria, E.coli, Yersinia,
Shigella, Enterobacter e Citrobacter , tuttavia non mancano casi di patologie causate dall'ingestione
di tossine batteriche, come quelle prodotte da Staphylococcus aureus, dal Clostridium botulinum e
dal Bacillus cereus. Nel 2009 all'interno dell'Unione Europea è stato registrato un decremento dei
casi di infezioni alimentari dovute a Salmonella (100000 casi confermati, con una riduzione del
17.4% rispetto al 2008), e un incremento dei casi confermati di Campylobatteriosi (quasi 200000
casi confermati) e di listeriosi umana ( 1645 casi confermati, con un incremento del 19,1%) (15)
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Nel 2009 in Italia, le segnalazioni di focolai di infezioni alimentari segnalate sono state 248; per
ogni focolaio, il totale di casi è stato pari a 1451. L'Emilia Romagna è risultata essere la regione che
notifica il maggior numero di episodi (20%), seguita da Piemonte (15%), Bolzano (14%), Lazio
(10%) ed il resto delle regioni. I microrganismi implicati nell'eziologia degli episodi sono
Salmonelle spp. 45% e forme virali 17%. Campylobacter risulta essere implicato solo nell'1.2% dei
casi, al contrario di quanto osservato in altri Paesi Europei. Il 33% dei focolai epidemici non
presenta indicazione sull'eziologia o non specifica il microrganismo responsabile (12). Una seconda
problematica riguardante l'epidemiologia delle Foodborne disease è legata al fatto che le forme la
cui presentazione avviene con pattern epidemico vengono notificate in classe IV, mentre i casi
sporadici rientrano nella notifica in classe II, motivo per cui è difficile stimare l'incidenza delle
infezioni causate da ciascun patogeno. Più complesso risulta stimare l'incidenza di queste patologie
nei paesi in via di sviluppo, dove le condizioni igieniche precarie, l'assenza di prevenzione e di una
cultura di conservazione dei cibi rendono più difficile la preservazione di alimenti non contaminati.
Un obiettivo dl WHO per il futuro consiste nel cercare di raggiungere un consenso internazionale, al
fine di valutare i rischi alimentari e mettere a punto un sistema globale di sorveglianza delle
malattie alimentari che coinvolga tutti i paesi del mondo.
Gli enormi cambiamenti che hanno interessato il sistema alimentare europeo, nel quale gioca un
ruolo fondamentale la conservazione degli alimenti, ci pongono oggi di fronte a nuovi problemi e
punti critici da risolvere per garantire la sicurezza alimentare.
A questo proposito l’Europa sta introducendo nuove strutture e metodologie che garantiscano la
sicurezza degli alimenti attraverso il controllo dell’intera catena alimentare, secondo il principio
“from farm to fork”.
A livello mondiale l’organismo che più si è dedicato al tema della sicurezza alimentare è la FAO
(Food and Agriculture Organization of the United Nations), congiuntamente con la WHO (World
Health Organization); nel 1963 le due organizzazioni hanno dato vita al Codex Alimentarius,
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programma creato per sviluppare standard e linee guida orientate a proteggere la salute dei
consumatori.
In Europa il concetto di sicurezza alimentare è diventato una priorità in tempi più recenti. La
disponibilità di alimenti sicuri è stata ritenuta un diritto fondamentale nella Conferenza
Internazionale sulla Nutrizione del 1992 e nel Summit Mondiale sull’Alimentazione del 1996, in
quanto requisito fondamentale per la promozione e tutela della salute umana.
Nel Gennaio 2000 l’Unione Europea ha predisposto il Libro Bianco per la Sicurezza Alimentare,
con 84 azioni prioritarie suddivise in 19 aree strategiche di intervento (contaminanti, salute animale,
igiene, nuovi prodotti alimentari, pesticidi, nutrizione,…) per la protezione della salute del
consumatore.
Con lo scopo di adottare un piano d’azione integrato, coniugante qualità e sicurezza nel rispetto
delle produzioni tipiche, l’Europa ha costituito la European Food Safety Authority (EFSA) con sede
a Parma, che con garanzia di indipendenza scientifica ha compiti di valutazione dei rischi correlati
all’alimentazione, raccolta ed analisi di dati scientifici, valutazione di dossier prodotti dall’industria,
identificazione di rischi emergenti e comunicazione del rischio.
L’interfaccia italiana dell’EFSA è il Comitato nazionale per la Sicurezza alimentare, nato
dall’intesa tra Stato, Regioni e Province autonome il 17 Giugno 2004.
“The First Action Plan for Food Nutrition Policy 2000-2005” è un progetto dell’Unione Europea
per lo sviluppo di una politica per l’alimentazione e la nutrizione in grado di proteggere e
promuovere la salute, riducendo l’incidenza delle patologie a trasmissione alimentare.
Per garantire la sicurezza degli alimenti, a partire dal prodotto grezzo fino a quello che giunge sulla
tavola del consumatore, sono state messe a punto nel tempo strategie e metodologie di prevenzione
delle contaminazioni e di controllo della correttezza delle operazioni svolte dagli operatori del
settore. I punti critici del rischio alimentare comprendono i processi di produzione degli alimenti, i
protocolli e le procedure di controllo (tra cui LISA e HACCP), il rischio chimico in agricoltura e il
19
rischio microbiologico legato alle zoonosi (12) (16). Tra le procedure di controllo in tema di
sicurezza alimentare rivestono una grande importanza l’autocontrollo e il sistema HACCP.
Per autocontrollo si intende l’obbligo di tenuta sotto controllo delle produzioni da parte degli
operatori, e discende dal processo di responsabilizzazione dell’operatore del settore alimentare
(OSA).
L’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) è un sistema che consente di applicare
l’autocontrollo in maniera razionale ed organizzata. E’ obbligatorio per i settori post-primari. Il
sistema HACCP rappresenta uno strumento teso ad aiutare gli OSA a conseguire un livello più
elevato di sicurezza alimentare.
I principi su cui si basa l’elaborazione di un piano HACCP sono:
1. Identificare ogni pericolo da prevenire, eliminare o ridurre;
2. identificare i punti critici di controllo (Critical Control Points-CCP) nelle fasi in cui è
possibile prevenire, eliminare o ridurre un rischio;
3. stabilire per questi punti critici di controllo i limiti critici che differenziano l’accettabilità
dalla inaccettabilità;
4. stabilire e applicare misure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo;
5. stabilire azioni correttive se un punto critico non risulta sotto controllo (superamento dei
limiti critici stabiliti);
6. stabilire le procedure da applicare regolarmente per verificare l’effettivo funzionamento
delle misure adottate;
7. predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa
alimentare (17) (18).
La prima codifica normativa in Europa risale al 1993 con la Direttiva 43/93/CEE (recepita in Italia
con il Decreto legislativo 26 Maggio 1997 n. 155, ora abrogato). Questa normativa è stata sostituita
dal Regolamento CE 178/2002 e dal Regolamento CE 852/2004, e loro successive modifiche.
20
Data l’ampia gamma di imprese alimentari prese in considerazione dal Regolamento CE 852/2004 e
la grande varietà di alimenti e procedure produttive, sono state redatte dalla Commissione europea
delle Linee Guida generali sullo sviluppo e l’applicazione delle procedure basate sui principi del
sistema HACCP; tali Linee Guida si ispirano ai principi del Codex Alimentarius e forniscono
indicazioni su un’applicazione semplificata delle prescrizioni in materia di HACCP in particolare
nelle piccole imprese alimentari (19).
Listeriosi
L’epidemiologia dell’infezione da Listeria monocytogenes è cambiata radicalmente in tutta Europa
nel decennio tra il 2001-2012 rispetto ai dieci anni precedenti, sia per quanto riguarda l’incidenza,
sia per quanto riguarda i soggetti colpiti, riguardando sempre di più individui ultrasessantenni (20).
Questi cambiamenti non paiono essere artefatti correlati a modificazione dei sistemi di
sorveglianza, così come non sembrano legati ad alterazioni avvenute nella popolazione per quanto
riguarda età, sesso ed etnia, dunque è ipotizzabile che le profonde modificazioni nella diffusione e
nella presentazione di questa infezione batterica siano dovute all’aumento della popolazione che
presenta condizioni di immunodeficienza predisponenti o alla maggiore diffusione di
comportamenti a rischio.
La listeriosi, secondo la definizione della WHO, è una malattia relativamente rara, diffusa
soprattutto nei paesi industrializzati, forse per la maggiore presenza in aree di comportamenti
alimentari a rischio, come il consumo di cibi ready to eat o forse per la carenza, nei paesi in via di
sviluppo, di sistemi di sorveglianza specifici; sempre secondo la WHO si tratta di una patologia che,
per quanto rara, desta preoccupazione per l’elevata letalità che la caratterizza.
I dati pubblicati nei rapporti WHO sul rischio di contrarre un’infezione da L.monocytogenes
stimano che l’incidenza annuale della listeriosi umana nel mondo va da 0,1 a 11,3 casi per milioni
di persone, con 0,3/7,8 casi per milione di persone in Europa (nel biennio 2001-2002) e tre casi per
milioni in Australia. I dati del FoodNet, sistema di sorveglianza per le infezioni alimentari USA,
21
indicano che nel triennio (1996-1998) sono stati riportati annualmente 5 casi di listeriosi per un
milione di abitanti. Secondo il CDC, nonostante la notifica obbligatoria della malattia, vengono
registrati solitamente solo i casi acuti, che richiedono l’ospedalizzazione o l’attenzione medica, e
che rappresenterebbero il 50% del totale, dato non del tutto negativo, considerando che per quanto
riguarda le altre foodborne la percentuale d’identificazione è solo del 3%. In totale, quindi, secondo
il CDC negli USA si ammalano di listeriosi circa 2500 persone all’anno e di queste 500 muoiono.
Attente pratiche preventive e intense campagne informative sul tema della sicurezza alimentare
hanno permesso, negli USA, di vedere una riduzione dell’incidenza della listeriosi da 7,9 per
milione di abitanti a 4,4, nel quinquenni 1989-1993.
Successivamente con l’avvio del sistema di sorveglianza FoodNet si è osservata una ulteriore
riduzione del 40% dal 1996 al 2002. Sembre secondo il WHO un simile trend di riduzione si è
osservato anche in Europa in GranBretagna e in Australia. In Francia, le misure preventive,
avrebbero ridotto del 68% l’incidenza di listeriosi nel decennio 1997-2007 (21). Questidati tuttavia,
sono in contrasto con quanto rilevato da numerosi e recenti studi sull’incidenza della patologia in
Europa che ne hanno messo in luce un aumento a partire dal 2000 in numerosi stati: Danimarca,
UK, Belgio, Francia (Tabella 1).
Tabella 1. Incidenza annuale (casi/105 abitanti) di listeriosi in 8 stati europei
Stato 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 Belgio 4.07 5.06 4.03 7.03 8.06 5.09 6.04 Danimarca 7.05 7.01 5.02 5.04 7.06 8.05 10.03 Gran Bretagna 1.09 2.08 2.06 4.05 4.00 3.05 3.05 Finlandia 3.05 5.04 3.08 7.09 6.07 6.08 8.05 Germania 0 2.06 2.09 3.01 3.06 6.02 6.02 Olanda 0 0 2 3 3 5.06 3.09 Svezia 5.09 7.05 4.04 5.03 4.07 4.04 4.06 Svizzera 0 5.01 3.08 6.01 7.08 9.08 9.01
Per quanto riguarda il caso francese, gli autori ipotizzano una relazione tra il programma di
diminuzione in 5 anni del consumo di sale quotidiano rientrante a far parte della lotta contro
l’ipertensione arteriosa e la conseguente riduzione del contenuto di sale negli alimenti di produzione
22
industriale con la conseguente formazione di un ambiente favorevole alla proliferazione di
L.monocytogenes (22). Anche in ambito inglese si è cercato di spiegare questo aumento di casi, ma
tutte le ipotesi teorizzate dagli autori, quali un cambiamento della popolazione, delle tecniche
diagnostiche, delle misure di sorveglianza o del microrganismo vengono ritenute poco probabili,
lasciando aperta la questione (23).
I casi registrati in Danimarca, la possibile eziologia dell’aumentata incidenza è stata correlata ad un
aumento del consumo dei cibi ready to eat, ad un’aumentata prevalenza dei pazienti che
sopravvivono a condizioni predisponenti o ad un cambiamento nella terapia antibioptica empirica
della sepsi, che in Danimarca ha visto la soluzione dell’uso di penicillina o amino glicoside con
l’utilizzo di una cefalosporina di terza generazione, a cui Listeria monocytogenes è resistente;
tuttavia le ipotesi proposte recano con sé numerosi dubbi e quindi la problematica rimane aperta.
In ambito italiano, la listeriosi è da tempo oggetto di attenzione prioritaria, soprattutto al fine di
acquisire una consapevolezza maggiore e realistica riguardo gli aspetti epidemiologici
dell’infezione; a questo proposito dal 2002 al 2003 è stato attivato un sistema di sorveglianza attiva
che coinvolge 40 laboratori localizzati in 10 regioni, affiancato al sistema delle notifiche
obbligatorie. Questo studio ha raccolto 192 casi, con un’incidenza dell’1.3/1000000 abitanti/anno,
che contrasta con il dato in mano al Ministero della Sanità derivante dalle notifiche obbligatorie, il
quale, nello stesso intervallo di tempo, ha stimato un’incidenza di 0,8/105/anno (24).
Per quanto riguarda i dati ufficiali dell’epidemiologia della listeriosi in Europa, il bollettino annuale
delle patologie trasmissibili steso nel 2010 dall’ECDC (25) ha rilevato 1472 casi nel 2008, con
un’incidenza di 0.31 casi per 100000 abitanti nell’UE, dato inferiore rispetto all’equivalente
dell’anno precedente (0.35/105). I paesi con la maggior incidenza di notifiche sono risultati l’Islanda
(1,3/105), la Danimarca (1,1/105), la Norvegia (1,1/105), la Finlandia (0,75/105) e la Svevia
(0,60/105), a causa del consumo di pesce affumicato superiore a quello che si ha nel resto del
continente, mentre Cipro, Malta e la Romania hanno rilevato 0 casi; solo il Portogallo non ha
riportato dati.
23
Solo 13 casi degli 862 in cui erano disponibili i dati riguardanti la sede d’infezione sono risultati
acquisiti all’estero. Il 56% dei casi interessa individui di oltre 65 anni e questa fascia d’età
rappresenta quella con il maggior tasso di notifica (0,95/105), seguita dalla fascia dei bambini sotto i
5 anni (0,35/105). Il rapporto maschio-femmina è di 1,28, ma mostra una importante variabilità a
seconda della fascia d’età: fra gli anziani sono più colpiti gli uomini, mentre nelle fasce d’età più
giovani la patologia colpisce di più le donne, a causa della maggior attenzione posta alla listeriosi
quando si tratta di donne in età fertile e in gravidanza, in particolare tra i 25 e i 44 anni.
Per quanto riguarda la stagionalità, è stato riscontrato un trend stagionale con un aumento di casi in
estate e l’inizio dell’autunno; gli alimenti più coinvolti sono salmone affumicato, carne e formaggi
(25).
Nell’ambito epidemiologico, uno studio inglese ha esaminato la relazione tra listeriosi e condizioni
socio-economiche, concludendo che il rischio relativo di contrarre la patologia è maggiore e in
aumento (4,33 nel 2008) tra le minoranze etniche, a causa delle differenti abitudini alimentari tra le
diverse etnie residenti nel Regno Unito fatto a cui si aggiunge la maggior prevalenza di situazioni di
deprivazione socio economica e una minore possibilità di accedere ai servizi sanitari tra i nuclei di
immigrazione (26).
Il pattern d'incidenza della listeriosi assume spesso un andamento epidemico in seguito
all'ingestione da parte di un gruppo di popolazione di un alimento contaminato, con un tasso
d'attacco variabile e un numero di decessi che riguarda generalmente individui con fattori di rischio.
L'alimento implicato è variabile come, del resto, l'area geografica ed il microambiente (domestico,
industriale, ospedaliero) (10).
Nel 2002, negli USA, un'epidemia di listeriosi associata al consumo di carne di tacchino
contaminata ha causato 54 casi di malattia, 8 decessi e 3 morti endouterine fateli in 9 casi differenti,
mentre in Europa gli episodi epidemici sembrano essere correlati principalmente dall'assunzione di
prodotti caseari: si sono verificate epidemie ne 1983 e 1987 in Svizzera, aventi come veicolo di
contagio formaggi molli non pastorizzati, nel 1986 in Austria per il consumo di latte non
24
pastorizzato, e nel 1995 in Francia, dove un tipo di Brie, sempre a base di latte non pastorizzato, è
stato all'origine di un'epidemia. Sempre riguardo i latticini, già da tempo è nota l'associazione fra la
listeriosi e il consumo di un particolare tipo di formaggio a pasta molle ottenuto da latte non
pastorizzato,molto amato e consumato dalle popolazioni ispaniche anche quando emigrati in altri
Paesi. Occorre ricordare un'epidemia causata da questo prodotto, che ha causato 142 casi di
listeriosi negli USA nel periodo tra gennaio e agosto 1988 (27).
Tuttavia, anche prodotti pastorizzati e contaminati in seguito al trattamento termico hanno dato
origine a casi di listeriosi, come è successo in Finlandia nel 1998-1999 a causa del consumo di
burro contaminato. Naturalmente non mancano esempi di episodi epidemici causati dal consumo di
delicatessen: verso la fine di dicembre 1999, in Francia sono stati registrati 26 casi di listeriosi, con
7 morti, associati a un prodotto di gastronomia, lingua di maiale in gelatina e nel 2002 si son
registrati 211 casi in cui 197 sporadici associati a due cluster di 11 e 3 casi legati al consumo di
salumi e patè. In Italia (1997) un'epidemia di listeriosi gastroenterica derivata da insalata di mais e
tonno contaminato, ha coinvolto oltre 1500 persone, di cui oltre 300 sono state ospedalizzate; nella
maggior parte dei casi si trattava dio bambini e del personale di due scuole elementari di Torino,
mentre altri casi si sono manifestati tra studenti dell'Università della stessa città. tutte le persone
colpite dall'infezione avevano mangiato presso 2 caffetterie servite dallo stesso sistema di catering;
una analisi del DNA nei ceppi di Listeria isolati dai pazienti e nelle porzioni d'insalata ha
confermato l'origine dell'infezione (12).
I dati riportati fanno riferimento esclusivamente a realtà occidentali, USA, Canada, Europa,
Australia, mentre mancano informazioni epidemiologiche sulla listeriosi nei paesi asiatici,
dell'America Latina e Africani, a causa del diverso aspetto delle reti di sorveglianza in queste aree.
E' stato pubblicato uno studio sugli aspetti epidemiologici di L.monocytogenes in Taiwan, che
riporta i dati raccolti in 13 anni di osservazione (1996-2008) presso un grande ospedale che non
puo' essere rappresentativo di un intero paese; i risultati ottenuti hanno rivelato un aumento
dell'incidenza di listeriosi a partire dal 2005, con il passaggio da un'incidenza annua di
25
0,0287casi/1000ricoveri ad una di 0,118casi/1000ricoveri. Gli autori sottolineano la grave
mancanza di un sistema di sorveglianza su scala nazionale, affiancato ad un deficit nella rete di
controllo della sicurezza alimentare, problematiche che si riproducono in modo analogo in molti
degli stati di cui la documentazione sulla listeriosi è carente (28).
Vie di trasmissione
La via principale di trasmissione è quella per via alimentare, alla quale fa seguito un eventuale
contagio verticale se la donna è in gravidanza.
Il contagio è legato alla presenza di condizioni che permettono la replicazione del m.o. che dipende
dalla sicurezza degli alimenti a livello industriale, dall'uso a cui il prodotto è destinato e
dall'adozione di norme igieniche basilari (9).
Gli alimenti più coinvolti sono: ready-to-eat, cibi crudi o precotti, prodotti di gastronomia. A
seconda delle abitudini alimentari di un certo Paese i cibi implicati possono essere differenti: in
Francia i formaggi e il patè, nei paesi arabi la crema di ceci e sesamo, in USA hotdog e delicatessen,
mentre in Asia i prodotti ittici, in particolare salmone e frutti di mare. Largamente implicati
troviamo: gelati, cioccolato, formaggi a pasta molle da latte non pastorizzato o con venatura blu e,
infine, prodotti vegetali di vario genere sia freschi che surgelati (9).
Patogenesi
La patogenesi della listeriosi è poco conosciuta sia negli animale sia negli umani e le informazioni
disponibili sono derivate dall'interpretazione di dati epidemiologici, clinici e istopatologici
riguardanti modelli murini.
L'infezione inizia con l'ingestione di un alimento contaminato con una dose variabile di
L.monocytogenes, che giunge a livello gastrico dove, se il microrganismo è presente in qualità
elevate o se la barriera acida è deficitaria per patologie preesistenti (colonizzazione da parte
Helicobacter pilori, gastrite atrofica, ...) o per l'utilizzo di farmaci (idrogeno antagonisti, inibitori di
26
pompa,...) riesce a sopravvivere e raggiungere l'intestino. A questo livello L.monocytogenes invade
sia le cellule epiteliali, sia le cellule immunitarie del tessuto linfoide associato alle mucose (MALT),
senza essere andato incontro ad una replicazione nel lume. Gli studi murinici hanno messo in luce
come anche le specie di Listeria non patogene e quelle in cui i geni codificanti i principali fattori di
virulenza sono stati silenziati, abbiano la capacità di penetrare nelle cellule dell'intestino,
dimostrando come la traslocazione batterica sia un evento passivo e aspecifico, correlato alla dose.
Una volta penetrato nelle cellule il microrganismo dotato di emolisine inizia il suo processo
replicativo, che avviene nelle cellule immunitarie costituenti le placche di Peyer, e a cui fa seguito
la diffusione cellula/cellula, dall'altra dà luogo ad una risposta che porta alla formazione di una
memoria immunologica, la quale rappresenta un ruolo nella resistenza a infezioni successive e che è
responsabile della formazione di lesioni piogranulomatose subepiteliali, in cui si identificano
all'osservazione microscopica le cellule batteriche contenute nei mononucleati residenti permissivi,
cellule dentritiche o macrofagi non attivi. Queste lesioni sono identificabili solo quando la dose
infettante è importante e alla prima fase di colonizzazione e penetrazione quando corrisponde una
gastroenterite febbrile.
L'evento successivo nella patogenesi è la localizzazione tramite il flusso ematico portale o il
trasporto da parte di cellule dell'immunità a livello epatico, linfonodale e splenico; il 90% dei batteri
si accumula nel fegato internalizzati dalle cellule di Kuppfer, che permettono lo sviluppo di una
risposta immunitaria specifica con la proliferazione di linfociti T, la liberazione di citochine
proinfiammatorie ed il conseguente reclutamento di neutrofili; le cellule batteriche che
sopravvivono al killing macrofagico iniziano a replicarsi e diffondono da un epatocita all'altro,
coinvolgendo il parenchima epatico. Se l'immunità cellulo-mediata è attivo e efficiente, si formano
granulomi, che contengono l'infezione e portano alla guarigione, nel caso di pazienti
immunodeficienti il microrganismo prolifera in modo incontrollato e questo processo esita nel suo
riversamento in circolo. Listeria m è un patogeno capace di infettare diversi tipi di tessuti e organi,
27
localizzandosi a livello del sistema nervoso centrale e nell'utero gravido, ma potendo anche dare
luogo ad un quadro setticemico.
L'infezione verticale, L.monocytogenes è in grado di passare la barriera placentare, invadendo la
decidua basale e i villi, dove da luogo ad un infiltrato infiammatorio diffuso ed ad aree di necrosi,
che istologicamente appaiono come microascessi diffusi e foci di villosite necrotizzante. La
colonizzazione del trofoblasto determina il riversamento del microrganismo nel ciclo fetale con un
quadro settico con esiti diversi a seconda dell'età gestionale.
Clinica
La listeriosi si manifesta principalmente in due forme: una forma grave, invasiva che interessa
specifici gruppi di popolazione predisposta, ed una forma non invasiva con sintomi gastrointestinali
e lieve febbre che può colpire individui sani.
-Forme materno-fetali
L’incidenza di listeriosi nelle gestanti risulta 17 volte maggiore che nella popolazione generale; la
gravidanza è una condizione che predispone ad un’infezione da L.monocytogenes trasmessa con
l’ingestione di cibo contaminato. In vari studi i casi materno-infantili risultano un terzo del totale
(29). Durante la gravidanza, la soppressione dell’immunità cellulo- mediata che permette la crescita
e la sopravvivenza del feto geneticamente non-self rende la donna suscettibile all’infezione da
L.monocytogenes che riesce a superare così la barriere gastrointestinale. La patologia è meglio
documentata durante il terzo trimestre di gravidanza probabilmente per il maggior declino
dell’immunità cellulo-mediata che avviene dalla ventiseiesima settimana a circa la trentesima
settimana di gestazione (30)), ma non si escludono casi nel corso di settimane precedenti (31).
L.monocytogenes possiede un particolare tropismo per il tessuto placentare e l’infezione del feto
può causare morte intrauterina, aborto settico, parto prematuro, listeriosi neonatale ad insogenza
precoce o tardiva.
28
Approssimativamente il 29% delle listeriosi perinatali esita con la morte del feto: aborto (6%),
morti intrauterine (12%) o morti neonatali (11%), circa il 20% è causa di parto prematuro (32).
Tutte le madri sopravvivono; solo l’1,6% delle donne, di cui la gravidanza termina con un aborto o
come parti pre-termine, ha avuto una infezione da L.monocytogenes documentata (33). Nei due terzi
dei casi, la sintomatologia materna è completamente aspecifica: consiste in sintomi similinfluenzali
(flu-like) con febbre solitamente intorno ai 38°C, cefalea e mialgia. Meno di frequente si verificano
veri e propri sintomi gastrointestinali con diarrea e crampi addominali, e più raramente, se
l’infezione ha interessato il tratto urinario, dolori alla minzione (34). Questo quadro difficilmente
definibile consiste nella fase batteremica e rappresenta il momento in cui la placenta viene infettata.
Storia di aborti ricorrenti dovuta a L. monocytogenes non sono state documentate. La listeriosi non
trattata può non essere letale, ma certamente un trattamento specifico e mirato effettuato nella
madre aumenta la probabilità di portare a nascita un neonato sano (35).
Il target di invasione placentare sono principalmente le cellule del trofoblasto che ricoprono il lume
dei vasi che penetrano fino alla decidua basale materna. Il batterio invade queste cellule e le
strutture ad esse connesse, ma una grande quantità continua a ricircolare aumentando le probabilità
di infezione per tutta la barriera materno-fetale. Il passaggio del sincizio trofoblasto segna l’inizio
dell’infezione fetale (36). Come conseguenza di una massiva infezione della zona del labirinto, i
vasi fetali stimolati dall’infezione possono produrre sostanze procoagulanti trombotiche. La
trombosi ischemica è infatti una delle cause di aborto nei feti infetti da L. monocytogenes (37). Il
microrganismo in questa fase è presente nel sangue nel 50% dei casi, nelle secrezioni vaginali nel
34%, nella placenta nel 12%, nel fluido amniotico nell’8% e nelle urine in solo il 2%. La
progressione in amniosite esita nel giro di 3-7 giorni in morte intrauterina e aborto settico nel 20%
dei casi e la probabilità di trasmissione al bambino è molto elevata.
L’istologia della placenta mostra macroascessi parenchimali di varia grandezza; questi noduli solidi,
ben delineati, di colore bianco-grigiastro, possono però risultare indistinguibili da infarti placentari
29
di origine ischemica, villite acuta o esiti di una infiammazione acuta. L.monocytogenes deve quindi
essere ricercata nel materiale ascessuale tramite metodologia ad impregnazione argentica (38).
Per motivi non ancora risolti l’infezione della donna a livello del sistema nervoso centrale durante
la gravidanza è un evento estremamente raro in assenza di altri fattori di rischio.
All’infezione in utero segue la forma neonatale. Studi mondiali dimostrano un interessamento
neonatale da 0.6 a 4.1 casi su 104 nati vivi (39). La forma neonatale precoce è la più frequente e si
manifesta nel 45-70% dei casi di listeriosi materno-infantile. In questi casi spesso la madre ha
presentato qualche giorno prima del parto una sintomatologia flu-like, compatibile con la fase di
batteriemia sistemica che porta all’infezione uterina del prodotto del concepimento. Inoltre, la
forma precoce può presentarsi anche sotto forma di parto pretermine .
Clinicamente il neonato con listeriosi si presenta già alla nascita o entro la prima settimana di vita,
con segni di distress respiratorio, liquido amniotico tinto di meconio alla nascita, febbre, letargia,e
rash cutaneo maculopapulare e papulovescicolare al tronco e agli arti (40).
L’elevata concentrazione di L. monocytogenes trovata nei polmoni e nell’intestino suggerisce che
l’infezione può inoltre essere acquisita in utero per via inalatoria e per ingestione di liquido
amniotico infetto oltre che per via ematogena. La stima della letalità nei bambini con listeriosi a
manifestazione precoce è di circa il 25-46%. La sintomatologia insorge come detto circa dopo 24-
48 ore dopo il parto, con un quadro da sindrome settica a cui si possono aggiungere altre
manifestazioni dell’infezione come la polmonite, meningite o miocardite.
La granulomatosi settica è il quadro di listeriosi più grave in cui le lesioni di tipo ascessuale di
origine infiammatoria, sono ampiamente disseminate in vari tessuti; oltre ad essere comunemente
presenti nel fegato, nella cute, nella placenta, si presentano nel cervello, nel surrene, nella milza,
nel rene, nel polmone e nell’apparato gastrointestinale. L’aspirazione di liquido infetto peggiora
certamente l’insufficienza respiratoria e l’equilibrio emodinamico già instabile del neonato. La
mortalità e molto elevata . L’emocoltura è il metodo migliore di indagine in questi bambini che in
molti studi ha mostrato una positività prossima al 100% dei casi (40), ma data l’ingente
30
disseminazione del patogeno anche tamponi cutanei, faringei, congiuntivali e prelievi di liquido
cerebrospinale possono con probabilità inferiori, risultare un ausilio diagnostico.
La forma di listeriosi neonatale tardiva è meno frequente rispetto alla manifestazione precoce (circa
14%). E’ maggiormente caratteristica dei parti non complicati di neonati apparentemente sani. Il
neonato alla nascita è in buono stato di salute e nell’anamnesi materna non ci sono elementi che
possano fare sospettare una avvenuta infezione. La prima manifestazione compare alcuni giorni o
settimane dopo la nascita (il tempo medio di comparsa dei sintomi è di 14 giorni). La clinica in
questo caso mostra segni e i sintomi di un quadro di meningite, all’inizio possono essere molto
sfumati come febbre, irritabilità, anoressia, diarrea e letargia e successivamente mostrare segni di
rigidità meningea, stato saporoso fino al coma.
L. monocytogenes è uno dei tre maggiori microrganismi che causano meningite nel neonato. Le
manifestazioni cliniche possono essere simili a quelle associate alla meningite da streptococco di
gruppo B. L’infezione, nelle forme tardive di listeriosi neonatale, può secondo alcuni studi essere
dovuta ad una infezione non intrauterina, ma avvenuta durante il passaggio del bambino dal canale
del parto; la ricerca del patogeno però risulta raramente positiva da tamponi vaginali o rettali della
madre.
La forma di listeriosi a manifestazione tardiva è meno grave rispetto a quella precoce, ma la letalità
rimane comunque del 15-20% raggiungendo secondo alcuni autori il 30% (41). Si è visto che nelle
forme tardive il sierotipo maggiormente implicato sia il 4b.
-Forme non materno infantili
Le forme d'infezione provocate da L. monocytogenes in soggetti non legati alla gravidanza possono
essere distinte in due gruppi principali a seconda dello stato di salute del soggetto infettato e della
manifestazione clinica che provoca l'infezione in: forme invasive e gastroenteriti febbrili.
1.Forme invasive. L’incidenza della listeriosi non materno-infantile aumenta in modo proporzionale
con l’età del paziente, con un incremento dopo i 60 anni, ed è inoltre strettamente correlata ad una
deficienza dello stato immunitario. Altri fattori di rischio includono le terapie corticosteroidee o con
31
altri farmaci immunosoppressivi (31% degli adulti infetti), neoplasie e terapie correlate (27% degli
adulti infetti), infezione da HIV, diabete, insufficienza renale, insufficienza cardiaca di tipo
congestizio, trapianti d’organo, cirrosi epatica alcool e non alcool correlata, alcolismo, malattie
autoimmuni, sovraccarico di ferro da emocromatosi, carenze nella secrezione di acido gastrico
dovute sia a patologie di base che a cause iatrogene, come resezioni gastriche o trattamenti con
antiacidi quali antagonisti H2 o inibitori di pompa (42). L’incidenza di listeriosi tra pazienti HIV-
infetti e pazienti con AIDS è compresa tra 52 e 115 casi su 100.000 pazienti. Si sono osservati casi
di listeriosi in pazienti che facevano uso di droga iniettata per via intravenosa tagliata con erbe o
terra contaminata (43).
I fattori di rischio locali sono quelli già menzionati che producono lacerazioni alla mucosa
intestinale annientando la sua funzione di barriera (42).
Il batterio mostra un notevole tropismo per il tessuto nervoso, è capace infatti di superare la barriera
sangue-SNC, sia invadendo direttamente le cellule endoteliali dei vasi e successivamente la
microglia e le cellule neuronali, sia utilizzando i monociti parassitari come carriers, ed ancora
utilizzando la via neuronale in senso centripeto, a partire da lesioni periferiche.
La listeriosi non materno-infantile si manifesta tipicamente con meningite o setticemia (43). Dopo
il periodo neonatale, il 50 percento dei pazienti con listeriosi manifestano meningite.
La Listeria è seconda solo allo Streptococcus pneumoniae come agente eziologico di meningite
negli adulti sopra i 50 anni ed è la maggiore causa di meningite in pazienti con linfoma in terapia (a
causa del basso livello di linfociti), in pazienti trapiantati, in pazienti sottoposti a terapia
corticosteroidea e in soggetti anziani sopra i 65 anni di età (44).
32
Figura 3. Distribuzione delle meningiti batteriche per gruppi di età.
I sintomi classici con cui si presenta la meningite sono febbre, vomito, segni di interessamento
meningeo, alterazioni dello stato di coscienza, tremore. Possono inoltre comparire deficit multipli
dei nervi cranici, particolarmente del sesto e del settimo, emiparesi, atassia e anormalità respiratorie
che possono portare ad arresto ventilatorio. Nel 39% dei casi, quando l’infezione è molto estesa, si
producono crisi epilettiche con tremore e deficit motori. Altri deficit appaiono solitamente intorno
al quarto giorno dall’inizio dei sintomi e il 30% dei pazienti esita con sequele neurologiche.
Negli adulti, una forma particolare di encefalite che coinvolge il romboencefalo risulta simile alla
zoonosi che produce movimenti circolari continui nell’animale. La risonanza magnetica mostra
bene in questi casi l’infezione a livello del romboencefalo; meningoencefalite, encefalite, ascessi
cerebrali e ascessi spinali sono più rari.
L’analisi del liquido cefalorachidiano riflette spesso la natura intracellulare dell’infezione; a
differenza delle meningiti di altra eziologia batterica, quella causata da L.monocytogenes può
presentare nel liquor basse concentrazioni di neutrofili e nel caso di meningoencefalite la quasi
totalità di cellule presenti alla conta (dall’80% al 90%) possono essere mononucleate (pleiocitosi
con globuli bianchi >di 5 per mm3) (45). La ricerca del patogeno con la metodica di Gram in un
liquor a prevalenza monocitosico può dare esito negativo in più del 50% dei casi.
33
Nei pazienti immunocompromessi possono comparire anche lesioni focali come risultato di un
focolaio infiltratosi in una particolare sede durante la fase batteriemica iniziale, come endoftalmiti,
artriti settiche, osteomieliti, ascessi epatici o splenici, colecistiti, peritoniti, infezioni
pleuropolmonari, miocarditi, pericarditi, arteriti, congiuntiviti e infezioni cutanee.
L’endocardite interessa soprattutto pazienti con sottostanti lesioni cardiache come anomalie
valvolari o protesi, ma è clinicamente indistinguibile dalle altre cause di endocardite. Sono riportati
in letteratura anche casi di peritonite batterica spontanea (SBP) con liquido ascitico positivo per L.
monocytogenes in pazienti affetti da cirrosi epatica (46).
L’associazione con complicanze settiche gravi è molto frequente e la letalità è del 48%; sono state
osservate endocarditi, artriti settiche e osteomieliti da Listeria (45).
La presentazione più frequente dell’infezione da L.monocytogenes in pazienti immunocompromessi
è invece la batteriemia senza il riscontro di un focolaio localizzato. Le complicanze possono
consistere in coagulazione intravascolare disseminata (DIC), sindrome da di stress respiratorio o
in insufficienza renale acuta. Casi di reinfezione sono rari.
2. Gastroenterite febbrile. Circa il 6-10% della popolazione è portatore sano di L. monocytogenes
nelle feci (43).
Una manifestazione clinica di listeriosi evidenziata negli ultimi anni è la gastroenterite febbrile.
Molto si conosce riguardo alle forme invasive che spesso sono precedute da sintomi
gastrointestinali prodromici, ma ancora è poco considerato nella pratica clinica il fatto che anche la
L. monocytogenes sia tra le cause di gastroenterite febbrile non complicata (47).
La listeriosi si differenzia dalle altre patologie foodborne nelle quali la sintomatologia
gastroenterica non sistemica è ben definita.
Dai dati prodotti dopo alcune epidemie di gastroenterite, una delle quali ha coinvolto in Italia nel
1997 più di 1500 persone, si è potuto delineare meglio le caratteristiche di questo quadro
patologico. Questa forma gastroenterica si presenta nei soggetti immunocompetenti con sintomi
34
simil-influenzali (88%), dolore addominale (72%) e febbre (68%); l’incubazione media è di circa 24
ore. Il tasso di ospedalizzazione è del 20% (48).
Il 65% delle epidemie food-borne related riportate ai CDC (Centres for Desease Control and
Prevention) con un periodo di incubazione maggiore di 6 ore rimane ancora oggigiorno senza
l’identificazione del fattore eziologico; testare anche per la L.monocytogenes i campioni fecali
raccolti in queste epidemie potrebbe sostanzialmente incrementare il numero di gastroenteriti
febbrili da Listeria identificate. I sierotipi implicati sono quasi esclusivamente il sierotipo 1/2 e il
4b.
Tabella 2. Rischio Relativo per differenti sub-popolazioni (WHO/FAO, 2004) e su uno studio di H.
Hof, Immunology and Medical Microbiology, 2003.
Condizione RR
(WHO/FAO) RR
(H.Hof)
Trapianto 2584 143 Neoplasia ematica/linfatica 1364 1429 AIDS 865 857 Dialisi 476 - Cancro gastrointestinale o epatico 211 21 Patologia epatica non-neoplastica 143 - Diabete insulino-dipendente 30 - Alcolismo 18 7 Età > 65 anni 7.5 3 Età < 65 anni e nessuna condizione associata 0 1
Diagnosi
La diagnosi di listeriosi passa attraverso l’isolamento del batterio dai materiali biologici
fisiologicamente sterili, quali il sangue e il liquor e, nei casi materno infantili, il liquido amniotico,
gli annessi fetali e i tamponi superficiali alla nascita (49).
Il riscontro di L. monocytogenes nelle feci e nel tratto genitale non è diagnostico, poiché la
percentuale di portatori asintomatici è elevatala possibilità di porre diagnosi mediante tecniche
35
sierologiche (sierotipizzazione) è ormai poco significativa per la frequente presenza di antigeni
comuni a differenti batteri (50). Le metodologie sierologiche assumono importanza nell’affiancare
le più moderne tecniche di biologia molecolare nel riconoscere cluster epidemici o ceppi
particolarmente patogeni.
La diagnosi molecolare è inoltre molto utile per identificare il veicolo alimentare dell’infezione
senza alcun dubbio o incertezza. La biologia molecolare ci aiuta anche a discernere i casi sporadici
da quelli epidemici e a creare un linguaggio comune tra laboratori garantendo l’identificazione di
epidemie su larga scala, anche internazionale. La tecnica più utilizzata e considerata il Gold-
standard è la PFGE (PulseField-Gel Elettrophoresis), che rappresenta una tecnica di elettroforesi
capace di analizzare l’intero genoma del batterio in analisi grazie al costante cambiamento della
direzione del campo elettrico durante la corsa. Questo permette di ottenere la tipizzazione in base al
DNA dell’organismo con grande sensibilità rispetto alle tecniche microbiologiche (51).
Terapia
Non esistono attualmente trials controllati che stabiliscano la terapia adeguata per le varie forme di
listeriosi.
Nell’animale il trattamento è iniziato troppo tardi a causa dell’assenza frequente di sintomi, della
mancata diagnosi o del breve decorso della malattia sistemica. Nell’uomo adulto la diagnosi di
listeriosi è possibile attraverso l’isolamento di L. monocytogenes da siti normalmente sterili del
corpo: sangue o il liquido cefalorachidiano sono i tessuti utilizzati più frequentemente.
Sebbene il trattamento della listeriosi sia nell’uomo come nell’animale sia difficile e spesso poco
efficace, molte varietà patogene di Listeria siano suscettibili ad antibiotici quali l’ampicillina,
l’amoxicillina e la penicillina G, mentre la resistenza alle cefalosporine è molto diffusa (52).
In relazione alla localizzazione intracellulare del patogeno e della formazione di granulomi, il
trattamento solitamente consiste nella somministrazione di ampicillina prolungato per 3-6
36
settimane, associando empiricamente un amminoglicoside come la gentamicina. La stessa terapia è
somministrata alle donne in gravidanza.
Nei rari casi di peritonite batterica spontanea in paziente affetti da cirrosi è bene che L.
monocytogenes venga riconosciuta per impostare la terapia con ampicillina piuttosto che con
cefalosporine di terza generazione a cui risulta meno sensibile (53).
Pazienti allergici alla penicillina e senza coinvolgimento endocardio possono assumere trimetropin-
sulfametossazolo da solo. Gli esiti della terapia possono non essere soddisfacenti sia per la bassa
risposta del paziente che per la persistenza dell’infezione dopo il termine della terapia. Nel soggetto
sano con forma di gastroenterite febbrile non è prevista alcuna terapia. I CDC non raccomandano la
profilassi antibiotica o test di laboratorio nemmeno per le persone definite ad alto rischio se non
presentano sintomi compatibili sebbene alcuni studiosi ritengano che sia una posizione rivedibile
poiché nel soggetto immunocompromesso è fondamentale prevenire la forma invasiva A causa
dell’alto tasso di insuccesso della terapia, la prevenzione rimane come sempre la migliore strada per
ridurre la morbilità e la mortalità di questa malattia.
Prevenzione
La prevenzione della listeriosi, date le caratteristiche epidemiologiche, richiede sia interventi da
parte del mondo produttivo sia di grande attenzione da parte delle sanità pubbliche, soprattutto in
termini di sorveglianza. Gli Stati Uniti mantengono tuttora la politica di “tolleranza zero” per L.
monocytogenes, iniziata negli anni ’90, cioè zero isolamenti di Listeria m. da due campioni di 25g
ciascuno; molti Paesi Europei hanno stabilito limiti di rischio standard di presenza del
microrganismo negli alimenti, soprattutto per i cibi ready to eat (meno di 100 cellule/g al momento
del consumo). Inoltre i sistemi di controllo devono andare di pari passo con l’educazione di coloro
che lavorano nel campo alimentare sia a livello della produzione sia a livello della distribuzione (9).
Nonostante queste misure l’incidenza di listeriosi continua a restare pressoché invariata a
dimostrazione che le misure di prevenzione devono essere incrementate. Inoltre, la crescita sempre
37
maggiore di una popolazione ad alto rischio comprendente le categorie degli anziani, dei malati di
AIDS e di soggetti in terapia immuno-depressiva, ad esempio in seguito a trapianti, sono dei
fenomeni che pongono certamente la listeriosi come un problema di salute pubblica anche futuro.
Per ridurre l’incidenza di listeriosi è necessario il controllo della contaminazione in ogni stadio del
processo produttivo degli alimenti, iniziando dagli allevamenti e dalle coltivazioni. La listeriosi
animale può essere ridotta eliminando i fattori di rischio conosciuti come il sovraffollamento
eccessivo negli allevamenti e monitorando la qualità degli insilati. La Food and Drug
Administration (FDA) ha pubblicato un documento contenente un possibile approccio sistematico
per valutare scientificamente l’entità del problema listeriosi umana. Questo disegno valuta
l’efficacia dei programmi e delle normative attualmente in uso per sorvegliare la presenza di L.
monocytogenes e individua inoltre le aree più carenti che necessitano di ulteriori approfondimenti
(54). Gli ambienti di trasformazione-preparazione degli alimenti sono stati riconosciuti come i punti
cruciali a maggiore rischio di contaminazione, dove intervenire con miglioramenti nella
organizzazione del lavoro, con procedure operative di sanificazione standardizzata, e con un
maggiore utilizzo di programmi di analisi e controllo dei rischi Hazard Analysis and Critical
Control Point (HACCP), tenendo presente la possibilità di persistenza di Listeria monocytogenes
all’interno degli ambienti di manipolazione e confezionamento degli alimenti, e le dinamiche di
trasmissione del microrganismo da questi al prodotto finito.
I continui sviluppi dei sistemi di sorveglianza come FoodNet (Centre for Disease Control and
Prevention’s Foodborne Disease Active Surveillance Network) sono ottimi strumenti per
monitorare attivamente l’impatto della Listeria sulla salute pubblica, le caratteristiche della malattia,
e permettere di controllare questa foodborne disease. Il controllo alimentare si presenta, quindi,
come una componente fondamentale della prevenzione della listeriosi in tutte le sue forme e nei
Paesi industrializzati sono in atto controlli specifici per la prevenzione della patologia. Il tasso di
incidenza della listeriosi può inoltre essere ridotto grazie a programmi di educazione alimentare,
indirizzati maggiormente alle categorie di popolazione ad alto rischio, che permettano di evitare il
38
consumo di alimenti con alta probabilità di contaminazione; particolare attenzione, a livello
educativo, va dedicata alle donne in gravidanza.
Per tutti i consumatori la FDA e il FSIS hanno divulgato avvisi e consigli:
- informarsi sempre se il cibo è precotto o ready to eat;
- pulire il refrigeratore regolarmente;
- monitorare regolarmente la temperatura del refrigeratore.
Per le categorie a rischio sono indicati i cibi da evitare quali ready to eat, formaggi freschi e quelli
che possono essere mangiati come formaggi a pasta semi molle come la mozzarella, e nei quali sia
garantito il processo di pastorizzazione, formaggi stagionati.
Evitare pesce conservato, e meno che non sia possibile una cottura prima del consumo. Non bere
latte fresco non pastorizzato o mangiare cibo che lo contiene. Regole generali in cucina: lavarsi le
mani e le superfici di lavoro, separare le diverse tipologie di cibo (verdure dalla carne) per evitare
cross-contaminazioni, cuocere a temperature adatte, surgelare i cibi immediatamente.
Prognosi
La listeriosi invasiva è la più letale fra le infezioni batteriche conosciute (55), con una letalità
globale compresa tra il 20 e il 30%, e strettamente correlata allo stato di salute del paziente, per cui
gli individui immunocompetenti e senza fattori di rischio, generalmente hanno una prognosi
positiva, mentre fra gli individui immunodepressi la letalità si aggira intorno al 30-40%.
Nel 2010 l’ECDC ha pubblicato un bollettino da cui si evince che il 20.5% dei pazienti di cui è noto
l’outcome è deceduto (25), mentre il CDC ha messo in evidenza nei rapporti FoodNet che Listeria
m. è il patogeno alimentare con più alto tasso di ospedalizzazione (90.5% dei casi) e al secondo
posto come letalità (21%). Anche secondo i dati WHO, la letalità associata alla listeriosi è elevata e
si aggira intorno al 20-30% tra i pazienti ospedalizzati. Nei casi che non portano a decesso, la
presenza di reliquati dipende dalla forma clinica contratta e dall’adeguatezza ed efficacia
terapeutica, con una minore incidenza nei casi con coinvolgimento cerebrale e nei neonati (56).
39
Sorveglianza alimentare ed epidemiologica.
I cambiamenti nelle modalità di produzione, distribuzione e conservazione degli alimenti hanno
creato il potenziale per la diffusione e l’insorgenza di epidemie. La scoperta di contaminazione in
cibi crudi o ready to eat ha causato numerosi ritiri dal mercato con ingenti perdite economiche per
le stesse industrie alimentari oltre a timori per la salute. Gli standard di sicurezza europei devono
ancora definire modalità di controllo per la contaminazione della Listeria nei ready-to-eat food.
Strumenti necessari sono indiscutibilmente la collaborazione internazionale, con la formazione di
un database comune riguardante tutti i dati sulle analisi epidemiologiche svolte finora in ogni paese
e soprattutto la standardizzazione delle metodologie di indagine microbiologica utilizzate in modo
da ottenere risultati omogenei e utilizzabili ovunque.
I Paesi che hanno incrementato l’attività di sorveglianza, hanno definito le caratteristiche del
problema e hanno attivato una collaborazione attiva tra sanità pubblica, sistemi di controllo
alimentari e industrie alimentari, riuscendo a ridurre i livelli di contaminazione dei prodotti
commercializzati (57). In Francia e USA la riduzione dell’incidenza è attribuibile a programmi di
controllo per l’industria alimentare: Hazard Analysis and Critical Control Points (HACCP) e a
specifiche raccomandazioni a gruppi ad alto rischio. Inoltre la sierotipizzazione e la tipizzazione
molecolare con PFGE, effettuata di routine in Francia e Finlandia, dimostrano cluster di casi
associati ed epidemie con una comune causa alimentare. L’importanza della tipizzazione
molecolare di routine effettuata su isolati provenienti da epidemie è stata evidenziata da altri due
studi, in Svizzera e Regno Unito, dove è stato registrato un aumento di sensibilità (58). I dati
raccolti dall’identificazione dei cluster di ogni epidemia permettono alle successive indagini di
identificare con maggior precisione la fonte di contaminazione. Dal 2004 è stato inoltre istituito un
network per la sorveglianza di infezioni e tossinfezioni alimentari, al quale partecipano 56 istituti di
sanità pubblica e sicurezza alimentare di 29 Paesi europei, fra i quali l’Italia, che ha lo scopo di
monitorare e rilevare in tempo reale cluster di infezioni da Listeria (59).
40
Per quanto riguarda la sorveglianza epidemiologica, nel 1990 la World Health Organization (WHO)
ha lanciato un studio internazionale multicentrico sulla listeriosi al fine di creare un sistema
epidemiologico unificato e standardizzato (43). Tra il 2005 e il 2009 (ultimo report disponibile:
http://ecdc.europa.eu) l’incidenza di listeriosi riportata in Europa variava intorno al 0,3 casi/milione
di abitanti; i maggiori tassi si registravano nelle nazioni che avevano sistemi di notifica consolidati
e flussi organizzati d’informazioni dai laboratori di tutto il territorio: Danimarca (1,76), Svezia
(0,79), Belgio (0,54) e Francia (0,51) (Tabella 3).
Tabella 3. Tasso d’incidenza (casi/milione di abitanti) della listeriosi negli Stati Europei (EU) (Fonte: http://ecdc.europa.eu).
2005 2006 2007 2008 2009 Belgio 0,59 0,64 0,54 0,6 0,54
Danimarca 0,85 1,03 1,06 0,93 1,76 Francia 0,35 0,46 0,5 0,43 0,51
Germania 0,62 0,62 0,43 0,37 0,48 Grecia 0,07 0,06 0,09 0,01 0,04
Irlanda 0,29 0,17 0,49 0,3 0,22 Norvegia 0,59 0,39 0,42 0,27 0,27
Regno Unito 0,37 0,35 0,43 0,34 0,38 Svezia 0,45 0,46 0,61 0,65 0,79
Europa 0,33 0,36 0,34 0,3 0,35 Italia 0,1 0,1 0,15 0,2 0,15
Dalla Tabella 3 si evidenzia un aumento dell’incidenza nei Paesi europei, in particolare dove la
relazione tra l’investimento pubblico nel migliorare la sorveglianza e il conseguente aumento dei
casi riportati si è dimostrata valida. La tendenza all’aumento dell’incidenza di listeriosi dove anche
la prevalenza di cancro è aumentata del 40% dal 1992 al 2002, non è quindi giustificabile con
l’incremento della popolazione a rischio. Sono molti i Paesi che registrano un’alta incidenza di
listeriosi e molti quelli che non hanno sistemi di sorveglianza per stimarla; in aggiunta ai casi
sporadici anche le epidemie di Listeria che coinvolgono un numero limitato di persone, corrono il
rischio di non essere rilevate (43). Nel 2002 si è svolto in Francia un progetto coordinato da due
importanti istituti di sorveglianza che ha coinvolto epidemiologi e microbiologi allo scopo di creare
41
un network europeo in collegamento con la WHO sull’infezione da Listeria (60). La formazione di
un network di sorveglianza europeo è inoltre necessario per limitare effettivamente il tasso di
incidenza di listeriosi contrastando le tendenze che si prospettano a causa dell’aumento della
popolazione a rischio previsto per i prossimi anni.
Le fonti informative utilizzate a livello europeo sono descritte nella Tabella 4; molti Paesi
possiedono un sistema di sorveglianza per legge, in grado di rilevare la singola infezione o
l’insorgenza di un’epidemia, ma molti problemi si rilevano nel suo funzionamento. La listeriosi è
notificabile obbligatoriamente solo in dieci paesi europei. Altre modalità di sorveglianza che
possono integrare la notifica obbligatoria o costituire l’unico mezzo di indagine sono: i sistemi
volontari di raccolta dati, i Centri di Riferimento Nazionali, l’utilizzo di campioni sentinella
rappresentativi della popolazione, i sistemi di notifica che registrano esclusivamente le infezioni al
Sistema Nervoso Centrale e le batteriemie (recuperando almeno i casi di listeriosi sistemica) e
infine la rete di collaborazione tra laboratori di diagnosi del territorio e i medici di base.
La definizione di caso accertato è identica in ogni Paese e si basa sull’isolamento di Listeria m. dal
paziente, con o senza la specificazione del sito di prelievo e la sintomatologia clinica. La
considerazione della presenza di anticorpi anti-listeria per definire il caso è prevista in due Paesi ma
in pratica non viene presa in considerazione (60). Nessuna delle nazioni possiede una specifica
definizione per la gastroenterite acuta da Listeria. Teoricamente, la definizione di caso basata
sull’isolamento di L. monocytogenes da qualsiasi sito corporeo (non sterile come le feci) in presenza
di sintomi, renderebbe la gastroenterite notificabile, ma questo non avviene mai nella pratica,
sebbene alcune nazioni tra cui l’Italia (nel 1993 e nel 1997) abbiano avuto casi ed epidemie da
gastroenteriti da L. monocytogenes sia identificati sia riportati in letteratura a livello nazionale. In
generale, la notifica riporta dati relativi al paziente (sesso, data di nascita), informazioni sull’istituto
che ha riportato la segnalazione e sull’isolamento del patogeno da parte del laboratorio (data
dell’isolamento, tipo di campione analizzato). Informazioni addizionali come la diagnosi principale,
l’associazione con gravidanza, gli esiti di malattia, l’inchiesta su viaggi e alimenti possono essere
42
presenti nelle schede di notifica. Esistono inoltre Centri di Riferimento presenti pressoché in tutti i
Paesi (tranne in Irlanda) che svolgono sorveglianza microbiologica, riconoscimento delle epidemie,
ricerca sul microrganismo, consulenze diagnostiche e di indagine microbiologica. I campioni
possono essere inviati in modo sistematico come avviene i Svezia, in Svizzera o in Francia, o in
particolari situazioni come epidemie, anche se solo sospette. I Centri raccolgono inoltre tutte le
informazioni relative al campione ad al paziente oltre che gli isolati da alimenti. L’efficienza nel
riconoscimento delle epidemie è una caratteristica fondamentale di ogni sistema di sorveglianza;
reports e analisi in tempo reale, alta sensibilità, e rapidi risultati di tipizzazione sono indispensabili
per l’efficacia degli interventi. Negli ultimi venti anni si è assistito ad un aumento generale delle
epidemie, ma anche, ad un proporzionale decremento in Europa del numero di casi correlati ad ogni
evento epidemico (casi sporadici); questo fenomeno può essere la dimostrazione del fatto che
l’efficienza dei sistemi di controllo sia migliorata negli anni. Nonostante un maggiore impegno da
parte di tutti i Paesi, ad eccezione degli USA, i dati sull’incidenza di listeriosi sembrano ancora
sottostimare il problema, anche se la consistenza di questa sottostima non è conosciuta: sicuramente
i casi meno gravi, e le forme gastrointestinali restano lontani dalla ricerca laboratoristica.
43
Tabella 4. Sistemi di sorveglianza presenti in Europa; (dati raccolti dal Centro Nazionale Francese
di Riferimento per la Listeria all’Istituto Pasteur).
PAESE SISTEMA DI SORVEGLIANZA Austria Laboratori di Riferimento, Notifica obbligatoria Belgio Laboratori di Riferimento, Notifica obbligatoria Danimarca Laboratori di Riferimento, Sorveglianza Meningiti, Laboratori di Riferimento Inghilterra e Galles Referto Volontario, Notifica obbligatoria Finlandia Laboratori di Riferimento, Notifica obbligatoria Francia Laboratori di Riferimento, Notifica obbligatoria, Sorveglianza Meningiti e Sepsi Germania Laboratori di Riferimento, Referto Volontario Grecia Sorveglianza Meningiti Islanda Notifica obbligatoria, Laboratori di Riferimento Irlanda Referto Volontario, Notifica obbligatoria Italia Sorveglianza Meningiti, Laboratori di Riferimento, Sorveglianza a campione Paesi Bassi Notifica obbligatoria Norvegia Laboratori di Riferimento Portogallo Nessuna Sorveglianza Scozia Referto Volontario, Referto Volontario Spagna Laboratori di Riferimento, Notifica obbligatoria Svezia Laboratori di Riferimento, Notifica obbligatoria Svizzera Laboratori di Riferimento Repubblica Ceca Laboratori di Riferimento
In Italia nel 1990 tramite Decreto Ministeriale si è istituito un sistema informativo delle malattie
infettive e diffusive che sancisce l’obbligo di notifica da parte del medico di tutti i casi di malattie
pericolose per la salute pubblica le quali vengono suddivise in cinque classi di notifica Le regioni
sono responsabili della raccolta, dell’analisi e dell’invio al Ministero della Salute dei dati relativi
all’incidenza della malattia. Inoltre dal 2002 è stata stabilita una definizione standard dei casi ai fini
della dichiarazione delle malattie trasmissibili alla rete di sorveglianza comunitaria individuando
quali sono i casi confermati, quali i casi probabili che attendono di essere verificati dalle analisi di
laboratorio e quali i casi possibili con un quadro clinico sospetto ma non chiaro. Annualmente
viene trasmessa sulla listeriosi una relazione sulle notifiche rilevate alla Commissione Europea. Va
sottolineato come finora solo la Lombardia si sia adeguata agli standard europei, con l’adozione
delle strutture informatiche indicate e con l’adeguamento delle modalità di registrazione dei casi. E’
44
sempre questa Regione a fornire da sola quasi il 40% delle notifiche di malattie infettive nazionali
registrate annualmente (59).
Ad una sorveglianza passiva si è cercato di affiancare dal 1998, su decisione del Parlamento
Europeo, una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella
Comunità che promuove la cooperazione ed il coordinamento tra gli Stati Membri al fine di
migliorare la prevenzione ed il controllo delle malattie trasmissibili e con l’ulteriore compito di
sostenere una sorveglianza epidemiologica per l’Europa. Nel 2004 è stato inoltre istituito un Centro
Europeo con il compito di individuare, valutare e comunicare i rischi attuali ed emergenti di
malattia e assicurare la prevenzione ed il controllo delle malattie e il funzionamento integrato di una
rete di sorveglianza alla quale tutti i Paesi afferiscono. La sorveglianza nel campo alimentare ha
inoltre permesso di rilevare due epidemie di notevoli dimensioni, l’ultima in Piemonte ha coinvolto
più di 1500 persone (47); l’attuale incidenza di listeriosi si attesta su 0,2 casi per 100.000 abitanti,
ma il valore, alquanto basso, dipende da molte variabili.
Uno studio italiano (59) ha analizzato 4185 campioni alimentari di varia natura presenti in
commercio, 958 tamponi eseguiti sulle attrezzature presenti negli ambienti di produzione degli
stessi e 77 campioni clinici derivati sia da casi epidemici che sporadici, tutti raccolti nel decennio
dal 1990 al 1999. I risultati mostrano una positività per la ricerca della Listeria m. nel 12% degli
alimenti e nel 9.7% dei campioni ambientali presi in esame, soprattutto quelli relativi a carne e
derivati. La metà degli alimenti anche in questo caso è costituita dalla classe dei ready to eat foods,
tra i quali salami, formaggi e carne cruda. I sierotipi prevalenti sono il sierotipo 1/2a negli alimenti
e il sierotipo 4b nei campioni clinici. La distribuzione geografica mostra come la contaminazione
alimentare sia più elevata nelle regioni del nord Italia (79% degli isolati) e possa essere
riconducibile ad un maggiore commercio di cibi pronti, ed essere in accordo con la prevalenza al
nord delle notifiche di malattia anche tenuto conto della consistente quantità di dati non riportati.
Risultati simili ha prodotto un successivo studio dove salmone e salumi risultano positivi per L.
monocytogenes rispettivamente nel 10,6% e 4% dei campioni. In generale questi risultati riportano
45
livelli di contaminazione del cibo più bassi rispetto a quelli trovati in studi effettuati in USA sulle
stesse categorie di cibo (61). Da non dimenticare è il network del Sistema Sanitario costituito dai
laboratori veterinari altamente specializzati degli Istituti Zooprofilattici che svolgono attività
costante di monitoraggio dei rischi biologici correlati ad alimenti di origine animale e che
forniscono molti dati utili per la indagini epidemiologiche (61).
46
OBIETTIVI
Esiste una discordanza sostanziale tra l’incidenza di listeriosi registrata in Italia e quella registrata
nel resto dell’Europa, questo dato fa pensare ad una sottostima dei casi italiani. In aggiunta, gli
stessi dati italiani appaiono lacunosi e presentano una marcata disomogeneità da una regione
all’altra non spiegabile con una effettiva differenza di diffusione della malattia. Si pensa che questa
marcata disomogeneità sia dovuta a parziali carenze nei dei sistemi di registrazione italiani.
La Lombardia è attualmente la Regione che più si avvicina agli standard di controllo
epidemiologico europei e che in Italia registra da sola più del 55% di tutte le notifiche nazionali
(62). La tesi vuole fornire conoscenze più approfondite riguardo all’epidemiologia della listeriosi in
Lombardia, essendo i dati, per questa malattia, sottostimati e carenti. A tal fine si fornirà una analisi
descrittiva dei casi, attraverso l’elaborazione dei dati forniti da due diverse fonti informative
(notifiche-MAINF e Rete di laboratorio), e una stima dell’incidenza di malattia tramite
l’applicazione del metodo statistico di cattura-ricattura. Tale metodo è ritenuto da molti autori il più
idoneo allo scopo e vanta di pregressi utilizzi in importanti studi: difetti congeniti come spina
bifida, sindrome alcolica neonatale e sindrome di Down (63); per valutare la completezza dei
registri di malattia (Schouten LJ, Straatman H, Kiemeney LA, The capture-recapture method for
estimation of cancer registry completeness: a useful tool, Int J Epidemiol,1994;23:1111-1116); per
la stima della popolazione dei consumatori si stupefacenti (6); sensibilità dei sistemi di sorveglianza
svedesi per le malattie notificabili (65). Gli studi italiani pubblicati riguardano in massima parte il
diabete mellito (66), le fonti utilizzate sono di solito multiple e dipendenti e comprendono
soprattutto banche dati di prescrizioni farmacologiche, di esenzione per patologia, e dati di
dimissione ospedaliera.
L’utilizzo di due fonti attendibili ed indipendenti è una premessa irrinunciabile per l’applicazione
del metodo cattura-ricattura. Contemporaneamente all'analisi epidemiologica descrittiva e statistica,
i campioni, raccolti dal sistema basato sulla Rete di Laboratorio, sono analizzati con tecniche
47
microbiologiche (sierotipizzazione) e biomolecolari (PFGE, MLST), al fine di evidenziare cluster
epidemici e per risalire nella catena di contagio in modo da individuare il vettore d’infezione.
Abbiamo, inoltre, affiancato un ulteriore analisi statistica alle analisi genotipiche per confermare
l’ipotesi di un epidemia e per valutare l’entità del focolaio epidemico.
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MATERIALI E METODI
Lo studio della listeriosi in Lombardia si compone di tre parti principalmente:
1. studio epidemiologico-descrittivo, basato sulla consultazione, analisi e rielaborazione del
database regionale (MAINF) negli anni 2005-2012 e creazione di un database di laboratorio
costruito ad hoc;
2. studio molecolare degli acidi nucleici dei ceppi di Listeria monocytogenes mediante l’utilizzo di
tecniche di biologia molecolare;
3. studio statistico mediante l’utilizzo del metodo “cattura-ricattura” e la creazione di programmi
statistici informatizzati per l’analisi spazio-temporale di cluster epidemici.
Studio epidemiologico della listeriosi in Lombardia
- Struttura ed organizzazione del database del sistema MAINF
Nell’ultimo biennio sono state investite molteplici risorse al fine di disporre di un Sistema
Informativo delle Malattie Infettive di qualità, in grado di fornire dati epidemiologici utili alla
programmazione dei servizi e alla verifica dei risultati.
La creazione del Sistema informatizzato MAINF è il risultato di questi interventi; l’accesso al
portale permette l’analisi statistica dei dati del sistema secondo molteplici variabili, offrendo la
facoltà di studiare e monitorare l’andamento delle patologie nei diversi territori delle ASL e delle
province lombarde.
MAINF viene utilizzato per l’inserimento dei dati relativi alle segnalazioni di malattia infettiva
anche in caso di solo sospetto; il sistema consente infatti di inserire una pratica in presenza di
minime informazioni poiché l’inserimento delle segnalazioni deve essere effettuato il prima
possibile, senza cioè attendere l’avvio dell’inchiesta epidemiologica e la successiva validazione.
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Anche qualora il sospetto di malattia infettiva non venisse confermato o non fosse possibile la
validazione per la notifica, il sistema provvederà a conservare le informazioni in vista di ulteriori
approfondimenti.
Per la registrazione iniziale della scheda di malattia infettiva nel sistema MAINF sono
obbligatori i seguenti dati, tutti comunque modificabili all’acquisizione di nuove informazioni:
dati anagrafici del soggetto (nome, cognome, data di nascita, sesso); data inizio sintomi; esito
della malattia; regione di contagio; data di segnalazione; tipo di struttura che effettua la
segnalazione; stato vaccinale del soggetto. Il portale consente l’accesso alle seguenti schede:
• Scheda Anagrafica: contenente le informazioni relative all’identificativo della persona, dati
riferiti al recapito e dati socio-anagrafici;
• Scheda Dati Generali: da questa scheda è possibile inserire da un elenco la patologia del
soggetto. Vengono specificate le manifestazioni cliniche ed anche i dettagli geografici circa
luogo di contagio e struttura di ricovero ed infine la storia vaccinale del soggetto;
• Scheda Contagio: costituisce la fonte informativa atta a stabilire il collegamento
epidemiologico delle patologie, anche ai fini della validazione. Si fa riferimento alla fonte di
esposizione ed eventuali relazioni con i viaggi;
• Scheda Diagnosi: viene compilata per tutte le malattie infettive per le quali è stato
individuato l’agente eziologico isolato tramite coltura/esame di laboratorio, indicando in
particolare l’agente eziologico e il relativo fenotipo;
• Scheda Profilassi: contenente i dati relativi all’attuazione di profilassi, soprattutto in caso di
terapia antibiotica o vaccinazione;
• Scheda Fattori di Rischio: devono essere distinti dall’esposizione ed attengono a condizioni
individuali che predispongono al contagio o che possono comportare una maggiore probabilità di
sviluppo di malattia con manifestazioni cliniche;
• Scheda Esiti/ Criteri: in questa sezione vengono inseriti tutti gli esami che hanno concorso
alla definizione della diagnosi, anche quando negativi;
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• Scheda Amministrativa: contiene le informazioni relative alla validazione e assegnazione alle
ASL;
• Focolai Epidemici: sono presenti informazioni su agente eziologico, ente di riferimento e
persone a rischio (Manuale di MAINF, disponibile sul sito di MAINF
www.portalebi.regione.lombardia.it).
Per avere accesso ai dati relativi alle malattie infettive per l’esportazione su foglio di calcolo e la
successiva elaborazione dei dati è necessario accedere alla sezione Statistiche epidemiologiche e
successivamente alla sezione Analisi Malattie Infettive.
Le altre sezioni presenti nel portale includono:
• Accertamenti Agente Eziologico, per l’analisi dei casi con accertamento ed agente
eziologico;
• Contagio, per l’analisi dei casi e modalità di contagio;
• Fattore Rischio, per l’analisi dei casi e correlazione con i fattori di rischio;
• Focolai, per l’analisi dei focolai epidemici;
• TBC, per l’analisi dei casi di TBC;
• AIDS, per l’analisi dei casi di AIDS;
• Tassi Regione, per la valutazione dell’incidenza della patologia per ASL di residenza, classe
di età e sesso;
• Tassi ASL, per la valutazione dell’incidenza regionale della patologia per classe di età e
sesso.
I dati registrati all’interno del sistema sono presenti in forma di dati aggregati, senza specifiche
sui singoli pazienti; consultando la sezione Scheda Anagrafica è possibile reperire i dati
anagrafici di ciascun paziente, che offrono la possibilità di analizzare i singoli casi di malattia e
fare analisi più approfondite. Entrando nella sezione Analisi Malattie Infettive compare una
tabella illustrante i casi totali per anno per tutte le malattie infettive registrate dal sistema nel
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periodo 2000-2012, a cui vengono poi applicati gli appostiti filtri per selezionare i dati di
interesse ai fini dell’analisi.
La funzione Filtro può essere applicata per selezionare le informazioni secondo questi parametri:
inizio sintomi; patologia; ASL residenza; criterio di validazione nazionale (equivalente a
notificabile); ASL diagnosi; classificazione regionale; residenza; regione di residenza; sesso.
I dati sono stati filtrati utilizzando il filtro Patologia e analizzando di volta in volta le patologie di
interesse; le infezione da L.monocytogenes sono inserite nelle apposite sezioni. Criterio di
validazione delle malattie a trasmissione alimentare inserite nel database MAINF è
l’identificazione in laboratorio del patogeno all’esame colturale.
L’elaborazione dei dati estratti dal sistema MAINF è stata condotta mediante l'analisi dei dati
aggregati, per descrivere l’andamento e le caratteristiche epidemiologiche delle infezioni da
L.monocytogenes nel periodo 2005-2012.
-Struttura ed organizzazione del database basato sulla Rete di Laboratorio.
Il sistema basato sulla rete di Laboratori è un sistema di sorveglianza degli isolamenti di
laboratorio su base volontaria attivo in regione Lombardia dal 2005; in seguito ad ogni
isolamento, lo stipite viene inviato mediante infissione in provetta al laboratorio Enteropatogeni
per l’Italia Settentrionale dell’Università degli Studi di Milano. Qui si provvede alla
compilazione di un database interno e non disponibile online, in cui ad ogni ceppo è assegnato
un codice numerico progressivo. Le informazioni contenute nel database sono:
• iniziali nome e cognome
• Ospedale in cui è avvenuto il ricovero
• Data del ricovero
• Data di nascita
• Sesso
• Comune di residenza
• Diagnosi d’ammissione
• Diagnosi di dimissione
• Sintomatologia gastrointestinale
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• Evoluzione
• Fattori di rischio
• Sito d’isolamento di Listeria m.
• Data prelievo e isolamento
I laboratori referenti delle Asl della regione Lombardia sono tenuti ad inviare al centro di
riferimento regionale tutti i ceppi isolati di Listeria monocytogenes nel minor tempo possibile.
Il centro regionale ha il compito di espletare le analisi microbiologiche e genetiche dei ceppi e la
conservazione di tutti gli stipiti raccolti; inoltre, ogni 4 mesi, vengono svolte attività di analisi e
rielaborazione dei dati epidemiologici e clinici, e viene redatto, ed inviato a tutte le Asl
Lombarde, un bollettino informativo.
Incrocio dei sistemi di sorveglianza per stimare l’incidenza reale di listeriosi mediante
l’utilizzo del metodo statistico Cattura-Ricattura
La concordanza delle fonti è stata calcolata valutando in modo comparativo i tassi di registrazione
di due database regionali che raccolgono le schede di notifica obbligatoria delle malattie infettive
(MAINF) e dalle schede allegate agli stipiti raccolti dal Sistema di Laboratorio nel periodo preso in
considerazione, calcolati dopo avere ottenuto i casi di malattia stimati mediante metodo cattura-
ricattura.
Il metodo “cattura-marcatura-ricattura” è originariamente nato, all’inizio del Novecento,
nell’ambito dell’ecologia animale terrestre e acquatica con lo scopo di ottenere una stima delle
popolazioni dal confronto di due differenti fonti di dati. Il primo era costituito dagli animali
marchiati e rilasciati in libertà, il secondo dai nuovi capi ricatturati. Utilizzando il numero di
animali presenti in entrambi i gruppi e la grandezza di ciascun campionamento, è possibile stimare
le quantità mai catturate e la grandezza totale della popolazione (67).
I primi ad utilizzarlo in ambito epidemiologico, sono stati Sekar e Deming, nel 1949, per stimare,
negli Stati Uniti, gli indici di natalità e di mortalità e per valutare i limiti del sistema di registrazione
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e, quindi, l’applicazione è stata estesa a diversi obiettivi: stima della popolazione colpita quando
sono disponibili due o più fonti chiaramente incomplete; verifica dell’incidenza e della prevalenza
ottenute da fonti presumibilmente complete; valutazione della completezza di un registro che
raccoglie rapporti da fonti differenti.
Il modello più semplice chiamato anche metodo della registrazione duale, si inspira a quello messo
a punto da Petersen (1896) e successivamente adattato da Chapman con due campioni di
popolazione (68). L’applicazione presume che siano verificati determinati presupposti
metodologici (69). Alcuni di questi sono impliciti: la certa e corretta diagnosi, l’effettivo verificarsi
del caso nell’area geografica e nel periodo di tempo considerati, altre assunzioni necessarie sono:
1) tutti gli individui della popolazione oggetto dello studio devono avere la medesima probabilità di
essere “catturati” da ciascuna delle fonti: non ci devono essere fattori che influenzino la
distribuzione dei pazienti nelle banche dati utilizzate (ad esempio tipo di presentazione clinica,
sesso del paziente, severità del caso, luogo di residenza, ecc);
2) le due fonti devono essere indipendenti l’una dall’altra: la presenza in una lista di un paziente
non deve modificare la probabilità di comparire nell’altra. L’indipendenza delle fonti è la
condizione più importante dal momento che se si evidenzia una dipendenza, positiva o negativa, si
rischia rispettivamente di sottostimare o di sovrastimare la patologia in studio;
3) la popolazione deve essere “chiusa”: ossia la numerosità della popolazione non deve subire
variazioni importanti nel periodo di studio (es. migrazione).
4) tutti gli individui devono essere riconosciuti in maniera univoca e precisa (es. codice fiscale,
data di nascita e prime tre iniziali del nome e del cognome) per ottenere la corretta identificazione
di ogni soggetto ed eseguire un esatto “incrocio” dei casi presenti nelle diverse fonti.
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Tabella 5. Schematica descrizione del metodo cattura ricattura.
FONTE 1
registrati non registrati registrati a b N2
FONTE 2 non registrati c x
N1 N
Dove:
a=casi registrati da ambo le fonti
b=casi registrati solo da una fonte
c=casi registrati solo dall’altra fonte
x=stima dei casi non registrati da nessuna fonte (X)= bc/a
N= numero casi osservati = a+b+c
N=stima del numero di casi = [(N1+1)·(N2+1)/(a+1)] -1
Tasso di Esaustività Fonte 1 = E1= N1 / N = a / N2
Tasso di Esaustività Fonte 2 = E2= N2 / N= a / N1
Tasso di Esaustività Fonti Combinate = N1+N2 - a / N
Le maggiori difficoltà, non sempre superabili, derivano dalla non corrispondenza della realtà con
tali assunzioni; in particolar modo vanno verificati l’assunto di “indipendenza” delle fonti e di
“catturabilità” dei campioni. Con quest’ultimo termine, definito come E, si intende la probabilità di
un soggetto di essere catturato da una fonte, di conseguenza, le fonti sono dette indipendenti se
l’insieme delle probabilità di catturare un soggetto di ogni fonte è uguale a E stessa, ovvero nello
specifico che E = Efonte1 · Efonte2 · N.
Se la probabilità di cattura varia nello stesso senso per le due fonti (ad esempio un caso di maggiore
gravità ha più probabilità di essere catturato da entrambe le fonti) il numero totale dei casi è
sovrastimato, se, viceversa, varia in senso opposto (ad esempio quando un caso di maggiore gravità
aumenta la probabilità di comparire in una fonte e riduce quella di essere rilevato da una seconda
fonte) il numero dei casi risulterà sottostimato. In generale l’indipendenza delle fonti è un assunto
fondamentale per l’utilizzo del metodo poiché conoscendo il tipo di dipendenza delle fonti, positiva
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o negativa, è possibile valutare se il risultato finale rappresenta rispettivamente una sottostima o una
sovrastima del valore reale: se E< E1 E2, ad esempio, una fonte è inclusa nell’altra, il metodo
sovrastima la reale efficienza delle fonti, e di conseguenza sottostima la popolazione N, se E> E1
E2 avviene il contrario (Hook E, Regal R. Capture-recapture methods in epidemiology: methods and
limitations. Epidemiol Rev, 1995;17:243-263). E’ anche possibile calcolare la completezza delle due
fonti utilizzate: questa, per ogni fonte, è definita come il numero di casi presenti in entrambe le fonti
rapportato al numero totale di casi segnalati dall’altra fonte. Nella nostra indagine il metodo cattura-
ricattura è stato applicato utilizzando le due fonti di dati rappresentate dalle schede di notifica
obbligatoria delle malattie infettive e dalle schede allegate agli stipiti ricevuti dai laboratori. Tali
fonti rispondono ai requisiti richiesti per l’applicazione del metodo, infatti, per entrambe le fonti:
- è presumibile che la diagnosi sia stata posta con certezza dal momento che è sempre
necessario l’isolamento di L. monocytogenes da un sito normalmente sterile;
- ogni soggetto della popolazione considerata ha la stessa probabilità di essere rilevato per
ciascuna delle fonti, avendo un’uguale possibilità di accesso ai servizi sanitari;
- si può ragionevolmente ritenere che le due fonti siano indipendenti; i flussi informativi sono
distinti e non si influenzino;
- riguardo alle coordinate di tempo e spazio, le fonti consentono di riconoscere i casi che si
sono verificati in un’area geografica definita (la Regione Lombardia) e di escludere casi insorti in
cittadini non residenti in Lombardia; per quanto riguarda il periodo di tempo considerato, sono stati
inclusi in ogni anno i casi in funzione della data di ricovero del paziente presente nella scheda
correlata al ceppo e la data di notifica riportata per le notifiche (la data di inizio della sintomatologia
non era riportata in tutte le notifiche).
Al fine di effettuare l’incrocio dei dati sono stati utilizzati i codici identificativi, sesso, età, data di
nascita e provincia di residenza del paziente presenti in entrambe le fonti per tutti i casi.
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Sierotipizzazione
La tipizzazione viene effettuata utilizzando sieri immuni che reagiscono con antigeni tipici dei
batteri gram-positivi: l’antigene H è presente a livello flagellare, è di natura proteica e tremolabile;
l’antigene O somatico fa parte della porzione di natura polisaccaridica della parete cellulare del
batterio ed è invece termostabile. L. monocytogenes viene suddivisa in 13 differenti "sierotipi" in
base agli antigeni somatici O e a quelli flagellari H. La sierotipizzazione viene eseguita utilizzando
gli antisieri forniti dalla ditta Biogenetics s.r.l.. Il test si esegue sulla sospensione batterica,
appositamente preparata, messa a contatto con l’antisiero specifico, osservando l’agglutinazione
determinata dalla reazione antigene-anticorpo che appare entro un minuto. Per la determinazione
degli antigeni somatici viene utilizzata la procedura fornita con gli antisieri della Biogenetics s.r.l.,
mentre per la determinazione degli antigeni flagellari si utilizza una metodica in micrometodo
messa a punto da Ueda F. (70), qui di seguito descritto:
In una prima fase avviene la determinazione degli antigeni somatici, coltivando i ceppi in esame in
agar sangue o TSA + YE per 18 ore a 37°CØ. Si iluire i batteri precoltivati fino a 10 mg/ml
(un’ansata di patina batterica/ml) con una soluzione 0,2% NaCl e avviene il trattamento in
autoclave dei campioni a 121°C per 30 min. I campioni vengono tolti dall’autoclave e quando la
temperatura è di 80°C,vengono centrifugati a 3.000 rpm per 20 min., rimosso il surnatante e
risospenso ciascun pellet con una piccola quantità di nuova soluzione 0,2% NaCl. Infine avviene la
dispensazione su vetrino di una goccia di Antisiero polivalente somatico O I/II , una di Antisiero
polivalente somatico O V/VI e una (30 µl) di soluzione fisiologica (controllo). Mediante ansa
sterile, viene deposto, in prossimità delle 3 gocce, una goccia (10 µl) della sospensione batterica ed
emulsione accurata, usando 3 anse differenti. Agitando delicatamente il vetrino ed osservando
l’agglutinazione rigorosamente entro 1 minuto; si considerano positive solo le reazioni ben evidenti.
In caso di reazione positiva con l’Antisiero polivalente somatico O I/II, si ripetono le fasi come
sopra descritte ma usando i sieri monovalenti O I e O IV per l’ulteriore identificazione. In caso di
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reazione positiva con l’Antisiero polivalente somatico O V/VI, si ripetono le fasi come sopra
descritte ma usando i sieri monovalenti O VI, O VII, O VIII e O IX per l’ulteriore identificazione.
In secondo luogo avviene la determinazione degli antigeni flagellari: per lo sviluppo della mobilità
dei batteri al fine di favorire la ricerca degli antigeni flagellari, viene fatta la semina per 3 volte in
agar per mobilità ed incubato a 25°C, inoculando il terreno per infissione ed eseguendo le
subcolture dopo aver prelevato il materiale dall’estremità delle propaggini della zona di crescita. Si
semina un’ansata del ceppo, sempre prelevandola dalle propaggini della zona di crescita, in 2 ml di
BHI broth; incubazione a 30°C per 18 ore. Viene aggiunta alla sospensione batterica così ottenuta
di una uguale quantità di soluzione fisiologica contenente l’1% di formalina. Si alleste la piastra nel
seguente modo: dispensazione di 7,5 µl di ciascuno dei 4 differenti antisieri (A – AB – C – D) sul
fondo dei pozzetti delle rispettive colonne della piastra microtiter, aggiunta a ciascun antisiero, nei 4
pozzetti della riga corrispondente a ciascun ceppo, di 50 µl di sospensione batterica del ceppo stesso
e nel 5° pozzetto della riga corrispondente a ciascun ceppo dispensazione di 60 µl di sospensione
batterica del ceppo stesso, come controllo negativo (pozzetto senza antisiero), per ogni piastra uso
come controllo positivo di un ceppo di riferimento di Listeria monocytogenes, trattato come i ceppi
in esame, agitazione accurata in agitatore, incubazione a bagnomaria a 50°-52°C per 1 ora prima
lettura della micropiastra dal fondo, su specchio lettore, evitando bruschi movimenti, la seconda
lettura dopo aver lasciato la micropiastra per un notte a temperatura ambiente (il risultato rimane
stabile per 24h).
Sono stati individuati 15 antigeni somatici O (indicati con numeri romani da I a XV) e 4 antigeni
flagellari (denominati A, B, C e D) e attualmente la classificazione in uso per la specie L.
monocytogenes comprende 17 sierotipi. Il 95% degli stipiti isolati dall’uomo appartiene ai tre
sierotipi: 1/2a, 1/2b e 4b. Questi sierotipi non sono specifici per la specie Listeria monocytogenes,
essendo alcuni condivisi dalle altre specie del genere (71).
Gli stipiti di sierotipo 4b e 1/2a sono isolati con maggiore frequenza da campioni clinici, mentre
negli alimenti prevalgono i sierotipi 1/2a e 1/2b (72) (59). Anche se i diversi studi mostrano
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frequenze differenti, il sierotipo 4b sembra quello maggiormente coinvolto sia nei casi di listeriosi
sporadica che in quelli epidemici (approssimativamente nel 40% di tutte le infezioni). Negli ultimi
anni sono stati messi a punto anticorpi monoclonali leganti in modo specifico gli antigeni 4b di
Listeria spp in modo da screenare più rapidamente gli isolati clinici o alimentari (73).
Tipizzazione Biomolecolare Mediante PFGE (Pulsed-Field Gel Electrophoresis).
L’utilizzo della PFGE consente, mediante il confronto dell’impronta del DNA (DNA
fingerprinting), di capire se isolati di L. monocytogenes possono derivare dallo stesso clone
cellulare. Questa tecnica fornisce informazioni importanti ai fini epidemiologici.
A tal proposito, il DNA viene digerito in frazioni di diversa lunghezza grazie ad endonucleasi di
restrizione e successivamente viene fatto correre su un gel d’agarosio per separare i frammenti
originati e misurarne così il numero e il peso molecolare (espresso in paia di basi: bp). Quello che si
ottiene è un profilo di restrizione unico per ciascun clone, costituito da bande evidenziate mediante
fluorescenza dalla colorazione con bromuro di etidio. Tale profilo di restrizione permette
l’individuazione del ceppo esaminato e il confronto con profili ottenuti da altri ceppi della stessa
specie. Il più comune metodo di separazione di molecole di DNA di grandezza compresa in un
range tra 0,1 Kb e 30 Kb è il gel-elettroforesi orizzontale. Quando la misura del DNA è al di sopra
delle 30 Kb, si utilizza l’elettroforesi su gel in campo pulsato (Pulsed-Field Gel Electrophoresis o
PFGE). Tale tecnica ideata da Schwartz e Cantor nel 1983 utilizza due campi elettrici con differenti
angolazioni, applicati alternativamente al gel di Agarosio per periodi di tempo definiti, dell’ordine
di secondi. L’azione del primo campo causa uno stiramento lungo il piano orizzontale delle
molecole di DNA e il loro movimento nel gel. L’interruzione di questo campo e l’azione del
secondo fa sì che le molecole si muovano nella nuova direzione. Tenendo presente che per una
molecola a catena lunga lineare esiste una relazione tra il cambiamento conformazionale indotto da
un campo elettrico e la lunghezza della molecola stessa, le molecole più piccole si riallineranno più
velocemente nel nuovo campo elettrico e quindi continueranno a muoversi attraverso il gel.
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Molecole più grandi al contrario impiegheranno più tempo per allinearsi. Variando continuamente
la direzione del campo elettrico sarà quindi possibile separare le molecole quelle più piccole da
quelle più grandi. La PFGE permette di separare frammenti di DNA fino a 10 Mb. La tecnica,
secondo il protocollo PULSE-NET (Allegato A) previsto dal circuito europeo ENTER-NET
(http://www.pulsenetinternational.org/protocols/Pages/default.aspx), prevede l’utilizzo di terreno in
piastra di TSA (Tryptone Soya Agar) su cui vengono fatti crescere gli isolati; le cellule batteriche
vengono raccolte direttamente dalle piastre. Successivamente vengono risospese in CSB (Cell
Suspension Buffer: 100mM Tris, 100mM EDTA, pH 8) sino ad ottenere una densità di 0,50-0,55
O.D. (unità di densità ottica) a 600 nm. Poiché il DNA cromosomico può danneggiarsi facilmente,
le cellule batteriche vengono inglobate in una matrice d’agarosio a forma di blocchetti. Si prepara
un gel d’agarosio al 2% in TE (10mM Tris, 1mM EDTA, pH 8) e si lascia scendere la temperatura
del gel fino a 55°C. Contemporaneamente si prelevano 500 µl della sospensione cellulare ai quali si
aggiungono 20 µl di Proteinasi K (pari a 8 unità) e si unisce con l’agarosio in modo da ottenere un
rapporto 1:1; si cola in uno stampo e si lascia solidificare per 10 minuti a 4°C. Ogni blocchetto
d’agarosio che contiene le cellule batteriche viene lasciato per 2 ore in una soluzione di lisi, ClysisB
(50mM Tris, 50mM EDTA, 1% Sarkosyl, 0,1 mg/mL Proteinasi K, pH8), in agitazione in un
bagnetto a 55°C. Il blocchetto d’agarosio con le cellule incluse viene quindi lavato due volte
utilizzando acqua distillata sterile alla temperatura di 50°C; successivamente vengono effettuati tre
lavaggi in TE alla stessa temperatura. I blocchetti così ottenuti possono essere conservati per molti
mesi a 4°C per successive analisi. Al momento dell’analisi del DNA, uno dei tasselli conservati,
dello spessore di 2 mm, viene posto a contatto con 100 µl di una soluzione contenente 84 µl di
acqua nuclease-free, 10 µl di Buffer di reazione, 1 µl di Bovin Serum Albumine (BSA) e 5 µl
dell’enzima AscI oppure ApaI. Si lascia ad incubare a 37°C over-night (in alternativa è prevista
anche un’incubazione di 4 ore a 37°C). Si prepara un gel d’agarosio all’1% in 150 mL di TBE 0,5X,
si cola nel supporto e si lascia solidificare. Si caricano i campioni nei pozzetti e si sigilla con
l’agarosio con cui sono stati fatti i blocchetti diluito in TE fino all’1%. L’apparato utilizzato per la
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corsa elettroforetica è del tipo Contour-clamped Homogeneous Electric Field (CHEF) (BioRad) in
cui gli elettrodi sono disposti ad esagono nella vasca in modo da generare un campo elettrico con
angolo di 120° in tutte le parti del gel. Con questa tecnica si ottengono bande molto nette e piste di
migrazione ben dritte poiché in tutte le direzioni del gel il DNA è sottoposto alle stesse condizioni
(6V/cm (200V), switch time 2-64s, tempo di corsa 18ore alla temperatura di 14°C). Per visualizzare
le bande il gel viene colorato con bromuro d’etidio 1 µl in 100 ml acqua distillata) e osservato al
transilluminatore UV. L’immagine del gel, che sarà utilizzata per l’analisi e l’interpretazione dei
profili, viene fotografata, salvata in formato TIFF e analizzata con il software BioNumerics
(BioRad) in grado di confrontare le diverse bande ottenute ed effettuare eventuali correlazioni tra i
diversi ceppi, in modo da capire se vi è una discendenza clonale (74).
Tipizzazione Biomolecolare Mediante MLST (Multilocus Sequencing Type)
Multilocus Sequencing Type (MLST) è una tecnica di biologia molecolare utilizzata per la
tipizzazione che sfrutta la differenza di basi nucleotidiche in frammenti di DNA, a questo scopo
possono essere presi in esame o geni housekeeping oppure geni di virulenza. Mediante l’utilizzo di
due PCR in sequenza, i geni d’interesse vengono prima isolati, poi amplificati e successivamente
sequenziati entrambi i filamenti (circa 450-500 bp) usando un sequenziatore di DNA automatizzato.
Il primo protocollo MLST sviluppato è stato per la Neisseria meningitidis, l'agente eziologico
umoristico di meningite e la setticemia meningococcica (75).
L’MLST analizza la sequenza di basi del DNA dei geni housekeeping e caratterizzato i ceppi in
base ai loro profili allelici. Il principio di MLST è semplice: la tecnica comporta una prima
amplificazione dei geni d’interesse, seguita da una seconda PCR di sequenza e infine il
sequenziamento del frammento di DNA. I geni housekeeping presi in esame sono: ABC transporter
(abcZ), beta-glucosidase (bgIA), catalase (cat), succinyl diaminopimelate dessucinylase (dapE), d-
amino acid aminotransferase (dat), l-lactate dehydrogenase (Idh), histidine kinase (IhkA) (76).
L’amplificazione dei geni d’interesse è stata eseguita utilizzando i primer riportati in tabella 6.
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Tabella 6. La sequenza delle basi dei primers utilizzati per l’ampilificazione PCR e il
sequenziamento dei geni housekeeping di Listeria monocytogenes.
Forward ReverseabcZ abcZ -Up, TCGCTGCTGCCACTTTTATCCA abcZ -Dn, TCAAGGTCGCCGTTTAGAGbglA bglA -Up, GCCGACTTTTTATGGGGTGGAG bglA -Dn, CGATTAAATACGGTGCGGACATAcat cat -Up, ATTGGCGCATTTTGATAGAGA cat -Dn, AGATTGACGATTCCTGCTTTTGdapE dapE -Up, CGACTAATGGGCATGAAGAACAAG dapE -Dn, ATCGAACTATGGGCATTTTTACCdat dat -Up, GAAAGAGAAGATGCCACAGTTGA dat -Dn, TGCGTCCATAATACACCATCTTTldh ldh -Up, ATTTTGATCGTATTGGGGTTTT ldh -Dn, TACTGAATGGATTAGCGAAGATGAlhkA lhkA -Up, AGAATGCCAACGACGAAACC lhkA -Dn, TGGGAAACATCAGCAATAAAC
Gene Primer and sequence (5′-3′)
Il primer per il gene ldh è stato modificato (www.pasteur.fr/mlst) (77).
Le cellule batteriche vengono lisate mediante sonicazione (10 min) e successivamente centrifogate
per 5 min. Le condizioni di PCR sono: denaturazione iniziale a 94°C per 4 min seguita da 25 cicli di
denaturazione a 94°C per 30 s, riappaiamento dei filamenti a 52°C per 30 s (eccetto per bglA che a
una temperatura di annealing di 45°C), ed amplificazione a 72°C per 2 min seguita da uno step
finale di 72°C per 10 min. I frammenti di DNA sono purificati usando il kit di purificazione
(Qiagen) e sono sequenziati in entrambe le direzioni con Big Dye fluorescent terminators (PE
Applied Biosystems) sul sequenziatore Applied Biosystems Prism 377.
Gli alleli e il sequence type (St) sono assegnati sottomettendo le sequenze di DNA all’ “Listeria
MLST database” presso il Pasteur Institute, France (www.pasteur.fr/mlst). La comparazione degli
STs è stata eseguita utilizzando l’albero filogenetico costruito mediante l’utilizzo software
Bionumerics (BioRad). MLST è una tecnica di fingerprinting con numerosi vantaggi: molto
standardizzata e riproducibile, le sequenze di primer e i protocolli sono disponibili gratuitamente
online (http://www.pasteur.fr/recherche/genopole/PF8/mlst/), automatizzata, fornisce un buon
potere discriminante per differenziare isolati batterici, l'accumulo di variazioni nucleotidiche nei
geni housekeeping è un processo relativamente lento e il profilo allelico batterico è stabile nel
tempo, caratteristica fondamentale che permette l'utilizzo di questa tecnica nell'epidemiologia
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globale. Questa tecnica molecolare è un'importante risorsa scientifica utilizzabile in differenti
ambiti: sanità pubblica, veterinaria e nell'industria alimentare. La filogenesi degli isolati analizzati
viene visualizzata, come per la PFGE, in un dendrogramma.
Analisi Statistica
Test adattivo sull'omogeneità del processo di Poisson che descrive i casi di listeriosi nel tempo. Il
test statistico riguardante la disposizione dei casi di listeriosi nel tempo si basa sull'ipotesi nulla che
il processo segua una distribuzione di Poisson omogenea. Infatti l'ipotesi di indipendenza dei casi e
la rarità degli eventi sono perfettamente descritti da tale distribuzione; in caso di rigetto dell'ipotesi
nulla, si può quindi affermare che esiste dipendenza tra i casi di listeriosi riscontrati (78). Per prima
cosa abbiamo definito la variabile temporale per ciascun caso di listeriosi: abbiamo posto come
“tempo zero" la data di ricovero del primo caso rilevato nel 2009 e abbiamo associato ad ogni
paziente la distanza contata in giorni da tale data. Poi abbiamo usato Matlab per calcolare le
statistiche con i dati temporali ottenuti e per avere il risultato dei test corrispondenti con un livello
di significatività a p=0.05. Dal primo test statistico abbiamo ottenuto un primo risultato che
stabilisce la distribuzione temporale dei casi. Successivamente abbiamo sottoposto i dati ad un
ulteriore test che ci permette di identificare quando e dove si è verificata un'epidemia di listeriosi
accoppiando le variabili "provincia" e "anno di ricovero". In questo caso il campione è costituito
dalle variabili aleatorie che contano il numero di casi riscontrati per "anno" e "provincia". L'ipotesi
nulla è che le variabili che descrivono ogni anno in ogni provincia il numero di casi siano distribuite
secondo una Poisson. Questo dimostra che si ipotizza omogeneità nella distribuzione dei casi nello
spazio e nel tempo; se si rigetta l'ipotesi nulla si ottiene quindi che in un determinato luogo e anno
c'è stata una concentrazione di casi diversa. In particolare a noi interessa sapere se si può riscontrare
un'epidemia, cioè un aumento significativo nel numero di casi rilevati in un determinato luogo e
anno.
63
RISULTATI
Analisi epidemiologica descrittiva
Fra il 2005 e il 2012 la sorveglianza speciale della Rete di Laboratorio ha registrato un totale di 192
casi di listeriosi, con un trend in progressiva crescita: si è passati da 2 isolamenti nel 2005 a 44 nel
2011. Parallelamente, nello stesso intervallo di tempo, sono stati notificati al sistema MAINF della
Regione Lombardia 366 casi di listeriosi, delineando un andamento ugualmente in crescita, che ha
visto quasi triplicare il numero di notifiche nel periodo esaminato: da 26 casi nel 2005 (tasso di
incidenza: 0.27/105 abitanti) a 73 nel 2011 (tasso: 0.68/105 abitanti), anno in cui è stato raggiunto il
picco di incidenza (Figura 4). L’andamento delle segnalazioni nei due sistemi informativi è
rappresentato nella Figura 4.
Figura 4 Andamento dei casi di listeriosi e degli isolamenti di laboratorio di Listeria m. nel periodo
2005-2012 (Dati MAINF e Rete di Laboratorio)
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2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
MAINF Laboratorio
Per quanto riguarda la distribuzione dei casi di listeriosi registrati dal sistema MAINF per sesso e
classi di età la maggior parte dei casi di malattia (66% del totale) ha interessato la fascia di età
superiore ai 65 anni, seguita dalla classe 45- 64 anni (20% del totale). Il minor numero di casi è
64
stato registrato per le classi di età 5-24 anni e 0-4 anni, comprendenti rispettivamente il 2% e il 3%
dei casi totali di listeriosi. La malattia ha interessato i due sessi in misura praticamente equivalente.
Dall’analisi condotta sui dati provenienti da MAINF è stato riscontrato che il numero dei casi ha un
picco di massima incidenza in Luglio (13.8% degli isolamenti) e Agosto (11.1%) ed un valore
minimo nei mesi di Febbraio, Marzo, Giugno e Settembre (circa 5%).
Calcolando, in base ai dati di notifica (MAINF), i tassi di incidenza nelle diverse ASL della
Lombardia si osserva che nel periodo esaminato i maggiori tassi sono stati riportati per quelle di
Milano, Lodi e Bergamo. In particolare si nota che:
• in 2 ASL (Mantova e Valcamonica-Sebino) le segnalazioni risultano rare;
• in 5 ASL ( Como, Milano, Monza e Brianza, Pavia e Varese) l’incidenza e inferiore a 0,5/105
durante tutto il periodo di osservazione;
• i tassi più elevati (>1/105) sono stati riscontrati nelle ASL di Bergamo e Milano;
• l’incremento più significativo è stato osservato nella ASL Città di Milano (nel 2011 il tasso risulta
circa 5 volte superiore a quello del 2005);
• nelle ASL di Milano, Lodi, Pavia e Sondrio si è verificato un decremento del tasso di incidenza
durante il periodo in esame;
65
Figura 5. Andamento dei casi di listeriosi negli anni e per singole ASL lombarde (Dati MAINF
Regione Lombardia: 2005-2012)
0
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BG BS CO CR LC LO MN M
IMB PV SO VA
VALCAM
ONICA
2005
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2007
2008
2009
2010
2011
2012
Se si considerano i dati raccolti dal sistema di sorveglianza facente capo alla Rete di Laboratorio, il
maggior numero di isolamenti di Listeria monocytogenes nel periodo in analisi è stato riportato
dalle province di Milano (101 isolamenti) e Bergamo (47 isolamenti) in testa in ogni singolo anno,
seguite da Brescia (14 isolamenti) e Lodi (10 isolamenti), Varese e Pavia (9 isolamenti); sono stati,
invece, riportati solamente 2 isolamenti dalla provincia Monza Brianza (Tabella 7). Le incidenze
per provincia sono in accordo con le incidenze MAINF e vedono Bergamo, Lodi e Milano in testa
(tabella 7).
66
Tabella 7. Numero di casi e incidenza di listeriosi per singole ASL lombarde (Dati di laboratorio:
2005-2012)
Provincia Numero Casi Incidenza (x 105)BG 47 0,9 BS 14 0,2 CO 3 0,1 CR 7 0,4 LO 10 0,9 MI 101 0,6 MB 2 0,0 PV 9 0,3 VA 9 0,2
Per quanto concerne la modalità di esposizione all’infezione da L. monocytogenes l’analisi dei dati
provenienti dal sistema delle notifiche MAINF ha rilevato che nel 79% dei casi il dato non è
risultato noto. Per quanto riguarda le pratiche in cui l’informazione è conosciuta, la principale
modalità di esposizione è risultata quella alimentare (21% dei casi), suddivisa in consumo di
alimenti di preparazione artigianale/industriale (10% dei casi), consumo di alimenti in ambiente
domestico (3%) e consumo di alimenti conservati in modo inadeguato (2%). Il restante 6% è stato
incluso nella voce “Altro”, ad indicare una diversa modalità di esposizione comprendente, fra gli
altri, i rari casi di soggiorno all’estero o in altre regioni italiane.
Il database MAINF non permette la valutazione dei fattori di rischio associati all’infezione da L.
monocytogenes, che possono, però, essere studiati dal database della Rete di Laboratorio. Il
principale fattore di rischio per la listeriosi è rappresentato da una neoplasia maligna in atto o
pregressa (28,4% degli isolamenti), seguito dallo stato di immunodepressione (idiopatica, da AIDS
o da farmaci immunosoppressori) (25,8%) e dal diabete mellito di tipo 2 (16,3%). Altri importanti
fattori di rischio, anche se riscontrati con minore frequenza rispetto ai precedenti, sono
l’insufficienza renale (14,6%), le emopatie (13,8%) e le epatopatie (12,9%). In 49 casi è stata
riportata una combinazione di più condizioni patologiche nello stesso paziente; l’associazione
clinica più spesso identificata (10 casi) è risultata quella composta da neoplasia e
67
immunodepressione, sia come conseguenza della patologia tumorale, soprattutto se ematologica, sia
in seguito alle terapie effettuate. Di particolare interesse sono i casi associati alla gravidanza,
situazione fisiologica che rappresenta l’unico fattore di rischio nel 11,7% degli isolamenti dei quali
questo dato è conosciuto nel periodo compreso fra il 2005 e il 2012; tralasciando il primo anno
dell’attività di sorveglianza, in cui si erano registrati solo 2 casi (uno dei quali correlato alla
gravidanza), negli anni successivi il numero dei casi materno-neonatali è risultato molto variabile,
con un minimo nel 2009 (1 caso) ed un massimo nel 2010 (7 casi) (Figura 6) per un totale di 24
ceppi raccolti e 23 casi, poiché due ceppi sono stati raccolti dalla madre e dal bambino e quindi
vengono considerati un unico caso.
Figura 6. Ceppi di listeriosi correlata e non correlata alla gravidanza dal 2005 al 2012 (Dati di
laboratorio)
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2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
casi pregnancy‐related
La presentazione clinica della listeriosi è stata estratta ed analizzata dal database MAINF, da cui è
stato possibile ricavare l’informazione in modo più sintetico e codificato rispetto al database di
Laboratorio. Ė emerso che nella maggior parte dei pazienti (35% dei casi) la patologia ha
interessato il Sistema Nervoso Centrale, con quadri di meningite o meningoencefalite, mentre nel
22% dei casi l’infezione ha determinato un quadro di sepsi. Nel 10% dei casi non è stato riportato
68
nel sistema il dato relativo alla presentazione clinica e nel 25% dei casi il dato è stato inserito
all’interno della voce “altro”. Sono stati, inoltre, segnalati quadri di enterocolite (diarrea, dolori
addominali, febbre) encefalite (con coinvolgimento unicamente parenchimale) e polmonite.
L’evoluzione clinica della listeriosi è stata estratta dal database di Laboratorio: nel 46% dei pazienti
da cui era stata isolata L. monocytogenes l’evoluzione è risultata favorevole, nel 17% la malattia ha
determinato il decesso del paziente e nel 19% la prognosi al momento della compilazione della
scheda era incerta, mentre nel restante 18% il dato non è noto.
Analisi statistica mediante l’utilizzo del metodo Cattura-Ricattura
I dati raccolti dal sistema MAINF e dalla Rete di Laboratorio sono stati “incrociati” per individuare
i casi registrati da ambo le fonti e quelli invece individuati soltanto da una di esse. I casi totali
osservati sono dati dalla somma dei casi individuati solo dalle notifiche, quelli riconosciuti solo
dalla rete di Laboratorio e quelli catturati-ricatturati, cioè rilevati da entrambe le fonti (Tabella 8). I
casi stimati (C-R casi), sono stati ottenuti grazie all’applicazione del metodo cattura-ricattura così
come spiegato in Materiali e Metodi (Tabella 5). L’andamento dei casi osservati e di quelli stimati
non è costante negli anni, ma si può notare una tendenza all’incremento fino all’anno (2011) dello
studio (Figura 7).
Tabella 8. Casi osservati dalle singole fonti e stima dei casi totali.
Anni MAINF Lab Solo Solo Casi Casi C-R casi C-R Notifiche Laboratorio comuni osservati (I.C.95%) incidenza
2005 26 2 25 1 1 27 39 0,42 2006 35 17 26 8 9 43 64 0,67 2007 33 21 23 11 10 44 67 0,7 2008 50 28 28 6 22 56 63 0,65 2009 46 27 31 12 15 58 81 0,83 2010 71 32 46 7 25 78 90 0,9 2011 73 44 42 13 31 86 107 1,15 2012 32 21 21 10 11 42 65 0,7
69
Figura 7. Curva dei casi osservati da ciascuna delle due fonti, dei casi totali osservati e stimati (2005-2012).
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2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
MAINF Laboratorio Osservati Stimati C‐R
Analisi biomolecolare
Sierotipo
A proposito della sierotipizzazione dei ceppi di Listeria monocytogenes raccolti è risultato che
quelli più frequentemente coinvolti sono l’1/2a (59.5%), l’1/2b (9.1%) e il 4b (28.1%), sia nei casi
correlati, sia in quelli non correlati alla gravidanza (Figura 8); tuttavia nell’arco del periodo in
studio sono stati identificati anche stipiti meno comuni, quali l’1/2c (1 caso), il 3b (1 caso) e il 4d (4
casi), sempre isolati in casi non correlati alla gravidanza.
70
Figura 8. Frequenza dei sierotipi dei ceppi di Listeria monocytogenes isolati dal 2005 al 2012.
Dalla valutazione dei sierotipi e stato possibile notare, inoltre, un incremento nel tempo dei casi
determinati dal ceppo 1/2a, associato ad una diminuzione degli isolamenti dell’1/2b e del 4b (Figura
9); quest’ultimo sierotipo , al contrario, prevale nelle forme associate alla gravidanza.
Figura 9. Andamento dei principali sierotipi di Listeria monocytogenes negli anni 2005-2012.
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2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012
1/2a 1/2b 4b Totale
PFGE
Sono stati analizzati mediante PFGE 192 ceppi di Listeria monocytogenes (Figura 10) ed analizzati
mediante l’utilizzo del software BioNumerics (Biorad) che permette la costruzione del
71
dendrogramma per affinità di profili (Figura 11). I differenti pulsotipi evidenziati utilizzando
l’enzima di restrizione AscI risultano essere 76. Diciassette ceppi hanno mostrato pulsotipi AscI
unici, mentre i rimanenti sono stati raggruppati in 15 gruppi/cluster con pulsotipo con omologia
maggiore dell’80% all’interno dello stesso gruppo. Solo 10 dei 15 cluster contengono più di tre
ceppi. I profili dei ceppi ottenuti utilizzando l’enzima di restrizione ApaI mostrano la stessa
suddivisione in cluster di quelli ottenuti dall’analisi con AscI.
Figura 10. Gel PFGE con 12 campioni di Listeria monocytogenes analizzati mediante l’enzima di
restrizione AscI e 3 marker (Salmonella braenderup H9812) nel 1°,8° e 15° pozzetto.
Figura 11. Dendrogramma dei profili molecolari dei ceppi di Listeria monocytogenes ottenuti
dall’analisi PFGE utilizzando l’enzima AscI .
72
73
Il pulsotipo 14 (Figura 12) raggruppa 39 campioni con omologia maggiore del 95% e rappresenta il
cluster più grande da noi individuato.
Figura 12. Profili PFGE di ceppi di L.monocytogenes: pulsotipo 14.
Meritano una particolare attenzione i casi pregnancy-related. L’analisi PFGE ha mostrato la
sostanziale diversità dei 24 stipiti isolati (Figura 13); l’unica analogia, oltre ovviamente al caso
isolati sia dalla madre che dal bambino in cui il medesimo batterio infetta entrambi, è stata rilevata
fra il clone isolato dal caso 3 e quello estratto dal caso 8. Si tratta di stipiti con una percentuale di
correlazione superiore al 95% e dunque considerati uguali.
Figura 13. Dendrogramma dei casi di listeriosi pregnancy-related.
74
MLST
I gruppi determinati in base all’uguale profilo STs ottenuto dall’analisi MLST coincidono
perfettamente con i cluster risultati dall’analisi PFGE. Dodici risultano essere gli STs che
raggruppano più di 6 campioni ciascuno. Possiamo evidenziare un grosso gruppo di ceppi (39
campioni) con ST 38. Inoltre è molto interessante sottolineare 6 ceppi con ST 21 presenti in banca
dati europea (Istituto Pasteur: http://www.pasteur.fr/recherche/genopole/PF8/mlst/) solo nell’uomo
e nei roditori, nessun ceppo ST 21 isolato da alimenti.
Figura 14. Distribuzione percentuale dei principali STs.
ST
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20
25
1 2 3 4 6 8 9 21 29 38 155 398
ANALISI CLUSTER PRINCIPALI
Cluster 2 e 3 include 20 isolati di sierotipo 4b, appartenente alla ST 1 (Figura 15). Sono stati
identificati ceppi durante tutto il periodo in esame, 12 casi hanno manifestato setticemia e 5
meningite, mentre uno é associata alla gravidanza. Gli isolati non pregnancy related sono distribuiti
in modo uniforme tra i due sessi (8 maschi e 12 femmine). Undici casi sono stati riscontrati nei
soggetti di età superiore a 65 anni. In 13 casi è stata registrata una condizione di base, in particolare
6 casi con neoplasia. Sei casi hanno avuto esito letale.
75
Figura 15. Profili PFGE di ceppi di L.monocytogenes: pulsotipo 2 e 3.
Cluster 4 include 11 isolati di sierotipo 1/2b, appartenenti al ST 3 (Figura 16). Dieci sono i casi di
setticemia e uno di meningite in questo cluster. Gli isolati sono stati identificati in entrambi i sessi
(sei femmine vs cinque maschi). Cinque soggetti hanno età maggiore di 65 anni e sette casi avevano
evidenti fattori di rischio. Otto isolati di sierotipo 4b, appartenenti a ST2, possono essere
raggruppati a seconda del pulsotipo nel cluster 5. Sono stati identificati tra il 2007 e il 2010 da
quattro casi di meningite e tre di setticemia. Un isolato è definito pregnancy related, mentre gli altri
isolati sono più frequenti nel sesso femminile (cinque femmine e due maschi). Quattro casi sono
presenti in soggetti di età superiore ai 65 anni. In sei pazienti sono stati evidenziati condizioni
pregresse.
Figura 16. Profili PFGE di ceppi di L.monocytogenes: pulsotipo 4.
Cluster 7 comprende cinque isolati di sierotipo 4b, appartenente alla ST 4 (Figura 17). I ceppi sono
stati isolati da due casi di meningite e due di setticemi. Due casi sono associati alla gravidanza, un
paziente aveva più di 65 anni.
76
Figura 17. Profili PFGE di ceppi di L.monocytogenes: pulsotipo 7.
Cluster 8 contiene sette isolati di sierotipo 4b con ST 6 (Figura 18). Essi sono stati isolati nel 2007
e nel 2010 da tre casi di setticemia, due di meningite e tre casi di infezione risultano in donne
gravide. Nessuna persona infetta ha età superiore ai 65 anni .
Figura 18. Profili PFGE di ceppi di L.monocytogenes: pulsotipo 8.
Nove ceppi di sierotipo 1/2a e ST 29 raggruppati nel cluster 10 (Figura 19). Essi sono stati isolati
nel 2007 (2 casi), 2008 (3 casi), 2009, 2010, 2011 e 2012 (un caso per ciascun anno). Questi ceppi
hanno provocato quattro casi di setticemia, due di meningite e un caso di infezione risulta correlato
alla gravidanza. Entrambi i sessi sono stati coinvolti. In 4 casi il fattore di rischio era la neoplasia e
in un caso un emopatia, mentre le informazioni su 3 pazienti non sono disponibili. Cinque sono i
pazienti di età superiore ai 65 anni.
77
Figura 19. Profili PFGE di ceppi di L.monocytogenes: pulsotipo 10.
Cluster 11 incluso 5 isolati di sierotipo 1/2a, appartenenti alla ST 398 e 14 isolati di ST 8 (Figura
20). Sono stati identificati 2006-2011 da 7 casi di setticemia, 3 di meningite e 3 casi associati alla
gravidanza. Tra i casi non correlati con la gravidanza, 10 maschi e 6 pazienti femmine, 10 avevano
un età maggiore di 65 anni.
Figura 20. Profili PFGE di ceppi di L.monocytogenes: pulsotipo 11.
Cluster 14 è il più grande cluster evidenziato, di cui 39 isolati con sierotipi 1/2a e ST 38 (Figura
12). L'identificazione di questi isolati è iniziata nel 2006 (2 isolati) ed è proseguita nel 2007 e nel
2008 (con 1 e 2 isolati rispettivamente) e ha raggiunto il picco nel 2009 e nel 2010 con 11 e 16 casi,
e infine nel 2011 con 8 casi d’infezione. Attraverso l'intero periodo, i casi sono stati distribuiti in
otto province della Lombardia con la più alta prevalenza di Bergamo.
Questi isolati hanno causato 26 casi di setticemia e 8 di meningite e in due casi l’infezione è
correlata alla gravidanza. Gli isolati non associati alla gravidanza sono più frequenti nel sesso
78
femminile (21 femmine vs 15 maschi). Trentuno infezioni (79.5%) soggetti colpiti più di 65 anni.
Tutti i casi hanno fattori di rischio: cancro (13 casi), terapia immunosoppressiva (6 casi), diabete
mellito (4 casi), insufficienza renale (4 casi), la cirrosi epatica / epatite cronica (4 casi), neoplasie
ematologiche (un caso), l'alcolismo (2 casi). Cinque casi hanno avuto esito fatale.
Infine, sei ceppi di sierotipo 1/2a e ST21 raggruppate nel cluster 15 (Figura 21). Essi sono stati
isolati tra il 2006 e il 2009 da quattro casi di setticemia, una di meningite e un ascesso latero-
cervicale. Quattro maschi e due pazienti di sesso femminile sono stati coinvolti. In tutti i casi una
malattia di base era presente. Ad eccezione di un caso, con 60 anni di età, tutti i pazienti avevano
più di 65 anni.
Figura 21. Profili PFGE di ceppi di L.monocytogenes: pulsotipo 15.
Analisi statistica
Al fine di identificare i focolai epidemici e valutare il gruppo di 39 ceppi con medesimo pulsotipo e
ST 38 abbiamo affiancato all'analisi genotipica un'analisi statistica che utilizza un primo test basato
sull'analisi della variabile "tempo" (nel nostro caso è stato considerato "l'anno di ricovero").
Mediante l'utilizzo di test statistici informatizzati costruiti ad hoc per questo progetto da un gruppo
di matematici-statistici, abbiamo ottenuto un primo risultato che stabilisce la non casualità nella
distribuzione temporale dei casi. L'idea che è alla base dello studio che segue è quella di partire
dall'ipotesi nulla che i casi di listeriosi siano distribuiti del tutto casualmente nel tempo; l'ipotesi
alternativa che si vuole testare è che ci sia invece un fattore di correlazione tra le collocazioni
79
temporali dei casi. In questo secondo caso si potrebbe quindi affermare che in determinate
circostanze si sia verificata un'epidemia di listeriosi. Il test che abbiamo utilizzato considera
soltanto il posizionamento dei dati sulla retta temporale e utilizzano i metodi adattivi per verificare
l'omogeneità del processo di Poisson che descrive i dati (Figura 22). Poiché dal test risulta che
esiste una dipendenza tra le date di rilevazione dei casi, abbiamo quindi applicato un secondo test
sulle variabili “provincia" e “anno" accoppiate, volto a individuare le epidemie nello spazio e nel
tempo.
Figura 22. Distribuzione temporale del cluster epidemico ST 38 nel tempo.
In questo caso il campione è costituito dalle variabili aleatorie che contano il numero di casi
riscontrati per anno e provincia, si è scelta come provincia di riferimento quella di residenza del
paziente. L'ipotesi nulla è che le variabili che descrivono il numero di casi in ogni anno in ogni
provincia è distribuito secondo una Poisson e che tempo e spazio sono indipendenti tra loro. Ciò
significa che si ipotizza omogeneità nella distribuzione dei casi nello spazio e nel tempo; se si
rigetta l'ipotesi nulla si ottiene quindi che in un determinato luogo e anno c'è stata una
concentrazione di casi diversa. In particolare a noi interessa sapere se si può riscontrare
80
un'epidemia, cioè un aumento significativo nel numero di casi rilevati in un determinato luogo e
anno; a tale scopo abbiamo scelto di utilizzare una statistica d'ordine basata sull'informazione
relativa al massimo dei casi riscontrati. Le variabili che descrivono il numero di casi rilevati per
anno e provincia sono 30 perché le province considerate sono dieci (Milano, Bergamo, Brescia,
Como, Cremona, Pavia, Varese, Lecco, Lodi, Monza e Brianza) e gli anni sono tre (dal 2009 al
2011, anni in cui i dati raccolti sono certamente completi affinché non ci siano ulteriori variabili che
influiscano sull'analisi statistica (Figura 23)).
Figura 23. Distribuzione temporale dei casi.
Ad ogni variabile si può associare un peso dato dalla popolazione della provincia considerata
nell'anno di riferimento; abbiamo ottenuto tali dati dalle tavole ISTAT, scegliendo il dato
aggiornato al 31 dicembre di ciascun anno. Applicando questo secondo test possiamo concludere
che l'ipotesi nulla è rigettata e che, quindi, la distribuzione "spazio-temporale" dei campioni non è
omogenea e casuale. Da qui si può dedurre con certezza che nella provincia di Bergamo nel 2010 vi
è stata un focolaio epidemico di listeriosi.
81
DISCUSSIONE
Attualmente esistono più di 250 patologie a trasmissione alimentare nel mondo, causate da
molteplici agenti patogeni, alcuni dei quali si stanno sempre più diffondendo anche nei Paesi
industrializzati a causa di numerosi fattori, tra cui l’incremento dei viaggi, con aumentati
spostamenti di merci e persone, il crescente ricorso alla ristorazione collettiva, l’evoluzione
dell’industria alimentare e il diffondersi di allevamenti intensivi.
I cambiamenti epidemiologici e demografici avvenuti in molte nazioni hanno favorito
l’incremento della quota di soggetti particolarmente suscettibili alle malattie a trasmissione
alimentare, tra cui anziani, immunodepressi e soggetti portatori di patologie croniche; per tutte
queste ragioni le foodborne disease stanno sempre più diventando un notevole problema di sanità
pubblica e costituiscono un’importante sfida per la salute globale. Da tutto ciò deriva la necessità
di mantenere queste patologie, in particolari quelle che definiscono un quadro clinico piuttosto
grave, sotto attenta sorveglianza, in un continuo sforzo di miglioramento dell’attuale sistema, al
fine di esercitare un controllo sempre maggiore sulla diffusione di queste malattie e cercare di
superare il problema della sottonotifica, che rischia di sottostimare il reale impatto di queste
malattie sulla salute globale (ISS, Epicentro, Tossinfezioni alimentari. Aspetti epidemiologici,
www.epicentro.iss). In questo studio di ricerca sono state analizzate le caratteristiche della
listeriosi nei due sistemi di sorveglianza delle malattie a trasmissione alimentare Rete di
Laboratorio e MAINF in Lombardia negli anni 2005-2012 (la Regione Lombardia è la più
grande regione italiana con 1/6 del totale, circa 10 milioni di abitanti) per ottenere una
valutazione globale della patologia e per colmare la lacuna informativa riguardo ad essa..
Listeria monocytogenes è stata riconosciuta negli anni ’80 come importante agente di malattia a
trasmissione alimentare; le moderne tecnologie di preparazione e di conservazione dei prodotti
alimentari e in generale i cambiamenti a cui è andata incontro l’industria alimentare in questi ultimi
anni hanno favorito l’emergenza di questa specie batterica, in grado di svilupparsi anche a basse
82
temperature. Nei Paesi industrializzati la listeriosi si sta sempre più affermando come notevole
problema di sanità pubblica, sia per la potenziale gravità dell’infezione, sia per il fatto che epidemie
si sono manifestate in anni recenti anche su vasta scala, soprattutto in seguito alla distribuzione di
cibo contaminato attraverso le grandi catene di ristorazione, ponendo spesso problemi di
identificazione delle epidemie a partire da casi in apparenza indipendenti, poiché lontani nello spazio
e nel tempo, ed imponendo l’utilizzo di tecniche molecolari di tipizzazione e sub-tipizzazione per la
ricostruzione dei cluster epidemici (ISS, Epicentro, Listeria. Aspetti epidemiologici,
www.iss.epicentro.it). Oltre alla sua crescente diffusione sia in forma epidemica che sporadica,
L.monocytogenes deve la propria rilevanza alla severità dei quadri clinici che è in grado di
determinare nei soggetti a rischio, con una letalità della forma invasiva compresa tra il 24 e il 52%
(CDC, National Centre for Zoonotic, Vectorborne and Enteric Diseases Listeriosis: general
information, www.cdc.gov). Secondo i dati provenienti dai sistemi di sorveglianza MAINF e dalla
Rete di Laboratorio si è assisto tra il 2005 e il 2012 in Lombardia ad un progressivo incremento dei
casi di malattia e degli isolamenti di laboratorio di L.monocytogenes, passando da 26 casi di listeriosi
nel 2005 (tasso di incidenza: 0,27/105 abitanti) a 73 nel 2009 (tasso di incidenza: 0,71/105 abitanti), e
da 2 isolamenti di Listeria nel 2005 a 44 nel 2011 (la registrazione di 2 soli isolamenti di L.
monocytogenes da parte del sistema di Laboratorio nel 2005 è motivata dal fatto che il sistema
volontario ha iniziato le proprie registrazioni a metà del 2005, quindi mancano i dati relativi ai primi
sei mesi dell’anno). Riteniamo che l’incremento di casi di listeriosi evidenziato sia reale in quanto
non ci sono motivi per pensare che si sia alzata la sensibilità diagnostica dei laboratori ospedalieri
della Regione Lombardia ed anche in considerazione che nello stesso periodo un analogo incremento
è stato registrato dal sistema ufficiale di notifica dei casi. Tale osservazione è anche analoga a quelle
riferite da diversi altri paesi europei (79) e riguarda soprattutto i casi non correlati con la gravidanza,
mentre quelli associati alla gravidanza rimangono tutto sommato rari (12,5%). Dobbiamo anche
precisare che il decremento che si evidenzia nel 2012 è dato, molto probabilmente, da una
incompletezza di dati raccolti da entrambi i sistemi di sorveglianza, poiché la tempistica di
83
registrazione o invio dei casi non è tempestiva e probabilmente ancora incompleta per l’anno in
corso.
Questo trend di crescita rispecchia la progressiva diffusione del patogeno verificatasi in questi ultimi
anni, ma anche l’aumentato livello di sensibilità dei sistemi di sorveglianza in Lombardia; a questo
proposito basti pensare che del totale di 89 casi registrati dal sistema delle notifiche in Italia nel 2007
(ultimo dato disponibile), oltre un terzo (33 casi) sono stati registrati in Lombardia dal sistema
MAINF. Nello stesso anno sono stati rilevati in Europa in totale 1639 casi di listeriosi; l’Italia ha
presentato un tasso di incidenza pari a 0,15/105 abitanti, mentre i tassi di incidenza più elevati si sono
avuti in Islanda (1,3/105 abitanti), Danimarca (1,06/105) e Norvegia (1,05/105) (25).
Dall’analisi dei tassi di incidenza di listeriosi per province è emerso che nel periodo esaminato i
maggiori tassi di incidenza sono stati riportati per le province di Milano (0,6/105), Bergamo (0,9/105)
e Lodi (0,9/105). L’elevata incidenza di listeriosi a Milano e Bergamo riflette la diffusione del
patogeno nelle grandi aree metropolitane per la presenza di molteplici luoghi di ristorazione e punti
vendita di grandi catene alimentari, ed anche per l’esistenza, tipica dei centri urbani importanti, di
contesti di deprivazione socio-economica, che rappresentano substrati di suscettibilità alle infezioni.
Secondo quanto riportato dai due sistemi di sorveglianza, in linea con il dato europeo, la classe di età
maggiormente colpita da listeriosi è stata quella oltre i 65 anni, seguita dalla classe 45-64 anni. I
soggetti maggiormente suscettibili all’infezione da L.monocytogenes sono gli anziani, gli
immunodepressi e i soggetti con patologie preesistenti, tra cui neoplasie, diabete, epatopatia cronica,
insufficienza renale cronica e patologie polmonari croniche, soprattutto bronchite cronica ed
enfisema polmonare. Alcuni recenti studi hanno evidenziato come fattori di rischio per listeriosi
anche povertà e condizioni di emarginazione sociale, per la presenza di condizioni disagiate, per il
maggior ricorso a discount e punti di ristorazione a basso costo, ed un minor rispetto delle norme
igieniche e di sicurezza alimentare (80). Tra i fattori di rischio legati all’acquisizione dell’infezione
il sistema della Rete di Laboratorio ha riportato anche la gravidanza, per l’esistenza di casi di
listeriosi associati alla gravidanza, che possono esitare in aborto, prematurità, nascita di feto morto,
84
infezione amniotica ed infezione fetale o neonatale; secondo i dati dei CDC americani le donne in
gravidanza sono 20 volte più suscettibili alla malattia. Tra i casi non pregnancy-related non sembra
trascurabile la quota di quelli per i quali non sono segnalate sottostanti condizioni di rischio (10%); il
dato è simile a quello riportato da Doorduyn et al in Olanda (81); questi autori, che hanno costruito
due diversi studi basandosi su due diverse fonti informative, hanno documentato l’assenza di fattori
di rischio nel 53 e nel 29% dei casi di listeriosi. Il riscontro di casi di listeriosi invasiva in soggetti
adulti in buone condizione di salute, suggerendo la responsabilità di stipiti di L.monocytogenes
caratterizzati da un’elevata virulenza, rappresenta forse un segnale di adattamento all’ospite uomo
della specie batterica e, di conseguenza, prospetta la possibilità che il ruolo giocato da
L.monocytogenes nella patologia umana non sia esclusivamente inquadrabile nell’ambito delle
infezioni opportunistiche; tale ipotetica e sfavorevole evoluzione sembra riguardare soprattutto i
ceppi di sierotipo 4b, significativamente associato ad una maggiore letalità (17,3%); questa maggiore
severità delle infezioni da stipiti di sierotipo 4b nelle infezioni umane è in accordo con altri dati della
letteratura e non necessariamente corrisponde ad una diversa prevalenza di contaminazione negli
alimenti, ma piuttosto può essere conseguenza della maggiore virulenza del sierotipo (81).
Per quanto concerne la presentazione clinica, dai dati dei due sistemi è emerso, come atteso, che la
maggior parte dei casi di listeriosi si è presentata in assenza di sintomatologia gastroenterica; il
quadro clinico di più frequente riscontro è stato quello della meningite e della meningo-encefalite, in
relazione allo spiccato tropismo del batterio per il Sistema Nervoso Centrale. A seguire si sono
riscontrati quadri clinici di sepsi, polmonite, gastroenterite e listeriosi neonatale. La forma neonatale
ha rappresentato un valore in casi decisamente più basso rispetto ai dati riportati in Letteratura,
questo accade probabilmente per un errore di sottostima. La sottostima dell’incidenza delle forme di
listeriosi pregnancy related può essere ricondotta a diversi fattori, tra cui l’estrema aspecificità delle
manifestazioni cliniche, di carattere simil-influenzale, che pone problemi di identificazione
dell’infezione, e la presenza di un’importante sottonotifica, sia a causa del ridotto ricorso
all’accertamento diagnostico anche in casi di forte sospetto clinico o di particolare severità, sia
85
perché spesso non vengono soddisfatti i criteri diagnostici per l’attuazione della notifica al sistema
MAINF (i criteri attualmente in vigore considerano notificabili i casi di listeriosi materno-fetale e
neonatale solo se il patogeno viene isolato da sito normalmente sterile, i casi in cui l’isolamento di
L.monocytogenes viene effettuato da sito non sterile, pur in presenza di quadro clinico suggestivo,
non sono considerati notificabili e pertanto non vengono inseriti nel sistema MAINF) (82). Da tutto
ciò deriva la necessità di migliorare la sorveglianza della listeriosi nei reparti di ginecologia e
ostetricia, attraverso l’avvio di inchieste epidemiologiche ad hoc ogniqualvolta sia necessario, la
semplificazione della scheda di notifica ed non da ultimo la revisione dei criteri di notifica per le
tutte le forme di listeriosi associate alla gravidanza.
Nonostante la severità delle manifestazioni da L.monocytogenes e l’elevata frequenza di malattia
invasiva nei soggetti suscettibili, in metà dei casi l’evoluzione clinica è stata favorevole, mentre si è
conclusa con il decesso del paziente nel 17% dei casi, registrando una letalità lievemente inferiore a
quella riportata dai dati europei (20%).
Per quanto riguarda la valutazione dei sistemi di sorveglianza MAINF e Rete di Laboratorio
possiamo dire che nel complesso i risultati mostrano che il sistema di sorveglianza delle malattie a
trasmissione alimentare in Regione Lombardia è in grado di fornire i dati microbiologici e clinici
necessari per studiare l’epidemiologia delle infezioni di L.monocytogenes (e più in generale delle
altre patologie trasmesse da alimenti), anche se è auspicabile un ulteriore miglioramento del sistema
di sorveglianza, nella consapevolezza che non sia comunque possibile raggiungere un livello di
sensibilità del 100% dei sistemi a causa dell’influenza esercitata da numerose variabili. Dall’analisi
condotta è emersa molto chiaramente la complementarietà dei due sistemi, i quali, essendo l’uno il
sistema di registrazione degli isolamenti di laboratorio e l’altro il sistema delle notifiche
obbligatorie, non possono in alcun modo coincidere, ma sono tra loro integrativi. Come atteso, la
Rete di Laboratorio fornisce soprattutto dati microbiologici e molecolari mentre MAINF fornisce
soprattutto dati di interesse clinico. I due sistemi di sorveglianza sono risultati dotati di un buon
livello di rappresentatività per le malattie a trasmissione alimentare e hanno presentato un
86
soddisfacente grado di semplicità di utilizzo, requisito fondamentale per un sistema che punti ad
essere il più possibile sensibile e tempestivo (83). L’analisi sulla qualità dei dati ha fatto emergere
che il tasso di registrazione di listeriosi è aumentato negli ultimi cinque anni per entrambi i sistemi in
modo parallelo con il medesimo andamento, con un aumento del tasso di registrazione di listeriosi
del 17,8% per MAINF e del 560% per il sistema volontario. Il notevole incremento del tasso di
Laboratorio ha ridotto il divario esistente con le notifiche MAINF, considerando che tra i due
sistemi, MAINF è stato nel periodo di tempo esaminato quello più prossimo ai casi di malattia
stimati, e che la Rete di Laboratorio ha presentato rispetto a MAINF una sottostima media di 20 casi.
Anche se gli studi italiani sulla contaminazione ambientale e alimentare (84) sono del tutto
sovrapponibili a quelli americani ed europei (85) e dimostrano una diffusa contaminazione da parte
di L.monocytogenes, in base ai dati ufficiali notificati l’incidenza della malattia in Lombardia, ed
ancor più a livello nazionale risulta minore di quella degli altri Paesi. L’incidenza media per gli anni
dal 2005 al 2012 risulta di 0,18/105 per la Lombardia, che notifica per la listeriosi in media il 55%
del totale nazionale; l’incidenza italiana di listeriosi, nell’arco dello stesso periodo, risulta di
0,08/105. Partendo dall’ipotesi che tale differenza sia dovuta a carenze delle fonti considerate, per
ottenere una stima di quello che potrebbe essere il reale numero dei casi e la reale incidenza, è stato
applicato il metodo cattura-ricattura. In base alla stima ottenuta dall’applicazione del metodo cattura-
ricattura, l’incidenza della listeriosi osservata in Lombardia nel periodo esaminato (0,75/105) è più
elevata di quella dichiarata, per lo stesso periodo, dalle fonti ufficiali del Ministero della Salute
(0,13/105) (Tabella 9).
Tali dati, anche se regionali, sono inoltre in accordo con le incidenze di altri Paesi europei che da
anni attuano precisi programmi di sorveglianza e che sono ritenuti in grado di osservare più del
90% dei casi reali (Tabella 9).
87
Tabella 9. Incidenza della listeriosi nei Paesi europei nel periodo 2005-2009 (Fonte: http://ecdc.europa.eu)
Paese 2005 2006 2007 2008 2009 Belgio 0,59 0,64 0,54 0,6 0,54
Danimarca 0,85 1,03 1,06 0,93 1,76 Francia 0,35 0,46 0,5 0,43 0,51
Germania 0,62 0,62 0,43 0,37 0,48 Grecia 0,07 0,06 0,09 0,01 0,04
Irelanda 0,29 0,17 0,49 0,3 0,22 Olanda 0,59 0,39 0,42 0,27 0,27
Regno Unito 0,37 0,35 0,43 0,34 0,38 Svezia 0,45 0,46 0,61 0,65 0,79
Italia 0,13 0,09 0,1 0,19 0,15
La listeriosi in Lombardia risulta un evento sporadico piuttosto che epidemico. Questa
andamento epidemiologico, differente da quello di altre nazioni europee, potrebbe dipendere
oltre che da carenze del sistema di sorveglianza, anche da differenze reali connesse con le
tecniche agro-alimentari: posto che comunque è improbabile che gli eventi epidemici di
dimensioni rilevanti possano sfuggire all’osservazione, si potrebbe ipotizzare che in Lombardia
l’acquisizione della listeriosi attraverso alimenti contaminati sia più frequentemente correlata
alla mancata osservanza di norme igieniche nella preparazione e nella conservazione in ambito di
piccola distribuzione o a livello domestico. A conferma di tale ipotesi, ricordiamo che l’epidemia
accertata e rilevata dal nostro studio si è verosimilmente verificata per la moltiplicazione di
L.monocytogenes in alimenti preparati tempo prima del consumo e non correttamente conservati,
piuttosto che per l’utilizzo di un prodotto contaminato all’origine. Al contrario, negli episodi
epidemici descritti in Paesi come la Francia, sono stati spesso identificati quali veicoli
alimentari, dei prodotti contaminati a monte della distribuzione commerciale e poi ritirati dalla
vendita.
Altre differenze nelle abitudini alimentari italiane, come la meno diffusa abitudine di consumare
un pasto principale fuori casa o l’utilizzo di piatti ready to eat, possono invece in parte spiegare il
basso numero di casi, sia sporadici che epidemici, che si riscontrano nelle Regioni del Centro e
88
del Sud Italia, dove la bassa incidenza (incidenza media 0,022/105) osservata della listeriosi non
è probabilmente spiegabile solamente attraverso una sottostima delle fonti che registrano i casi di
malattia. Le differenze in tema di abitudini alimentari sono poco o per nulla significative in
Lombardia che, da questo punto di vista, è più simile ai Paesi centro-europei che al Sud
dell’Italia; quindi, la bassa incidenza della listeriosi osservata in Lombardia è attribuibile ad una
sottostima delle fonti informative, così come dimostrato dai risultati dell’applicazione del
metodo cattura-ricattura che ci hanno consentito di stimare una incidenza prossima a quella dei
paesi industrializzati
Nonostante i buoni risultati ottenuti negli ultimi anni dal sistema di sorveglianza lombardo, è
necessario incrementare ulteriormente il tasso di registrazione dei due sistemi per avvicinarsi
sempre più ai target ottimali; calcolando i casi stimati di malattia tramite metodo cattura-ricattura
è risultato un gap medio tra MAINF e casi stimati di 25 e tra Rete di Laboratorio e casi stimati di
42 per listeriosi. Tra il 2005 e il 2012 i casi di listeriosi osservati dai due sistemi sono risultati il
35% in meno rispetto ai casi reali di listeriosi, sempre stimati con metodo cattura-ricattura.
Il livello di concordanza dei due sistemi è risultato molto limitato, con una media di nominativi
coincidenti del 150% inferiore rispetto ai non coincidenti. Per comprendere il motivo di un così
ridotto livello di concordanza tra i due sistemi di sorveglianza è stata condotta un’analisi più
approfondita dei due database registranti i dati della listeriosi del 2012 per valutare se vi fossero
differenze di registrazione tra i due sistemi tra individui ospedalizzati e non, diverse classi di età
e province lombarde. Dall’analisi è emerso che non vi sono differenze di registrazione
significative tra i due sistemi per quanto concerne soggetti appartenenti a diverse classi di età: i
sistemi registrano la medesima proporzione di bambini, adulti e anziani. Sono invece emerse
differenze di registrazione in merito a soggetti ospedalizzati e non, e a livello territoriale tra
province diverse. Per quanto concerne le province, è stato constatato che non tutte le province
inviano segnalazioni alla Rete di Laboratorio e a MAINF allo stesso modo: Mantova, ad
esempio, notifica attualmente solo a MAINF (25% delle notifiche totali, 0% delle segnalazioni
89
Laboratorio). Si ritiene che le differenze topografiche nella provenienza delle segnalazioni sia
alla base del carente livello di sovrapposizione tra i due sistemi di sorveglianza, che condiziona
negativamente la sensibilità dei sistemi. I problemi organizzativi presenti a livello locale
influenzano maggiormente il sistema di Laboratorio, per il quale, le segnalazioni vengono
effettuate su base volontaria.
Una criticità ancora presente è invece rappresentata dalla completezza dei campi informativi dei
due sistemi, che dall’analisi condotta è risultata nel complesso insoddisfacente, con percentuali
ancora eccessivamente elevate di dati non noti. I campi che in assoluto sono risultati più
incompleti sono Alimenti, Viaggi ed Ospedalizzazione, con percentuali di dati non noti sempre
superiori all’80% dei casi. La riorganizzazione del sistema di Laboratorio ha condotto ad un
decisivo miglioramento in termini di sensibilità, tempestività e rappresentatività, ma non ha
prodotto importanti miglioramenti per quanto concerne la completezza delle informazioni; un
maggiore grado di completezza del sistema può essere ottenuto attraverso la semplificazione
delle schede di segnalazione, facendo in modo che in ciascuna scheda vengano richieste solo le
informazioni che non vengono raccolte dall’altro sistema, per evitare perdite di tempo legate alla
compilazione di moduli eccessivamente lunghi e complessi. Anche il sistema MAINF, il quale si
è distinto negli anni per buoni livelli di sensibilità e tempestività, non presenta un grado di
completezza soddisfacente. Il problema, più che a mancata compilazione dei campi, sembra
essere dovuto alla mancanza effettiva delle informazioni, che nella maggior parte dei casi
risultano essere non conosciute, a scapito di una maggiore conoscenza di variabili
epidemiologiche, come Viaggi ed Alimenti, di grande importanza per la descrizione delle
foodborne disease (86). I caratteri di complementarietà e di reciproca integrazione posseduti dai
due sistemi di sorveglianza non consentono di farli coincidere o confluire in un unico sistema; è
invece necessario, mantenendo i due sistemi indipendenti, potenziarne sempre di più il
collegamento, al fine di integrare le informazioni per una più completa descrizione delle
caratteristiche epidemiologiche delle malattie e dei loro cambiamenti nel tempo. Per migliorare
90
la sorveglianza delle malattie a trasmissione alimentare è necessario puntare sul rafforzamento
del link tra Rete di Laboratorio e MAINF che, oltre ad aumentare la sensibilità di registrazione
dei casi di malattia, consente di integrare i dati di laboratorio e le informazioni cliniche,
permettendo una più ampia conoscenza dei patogeni. Introdurre nuovi assetti organizzativi, che
sappiano rispondere alle necessità del momento, può essere un modo per migliorare i sistemi di
sorveglianza esistenti; a questo proposito un netto incremento qualitativo è già stato ottenuto dal
sistema di Laboratori dall’inizio del 2009 a seguito di una riorganizzazione, che ha puntato
sull’individuazione di laboratori di riferimento per le ASL e su un più sistematico raccordo tra
queste e il centro regionale. La riorganizzazione delle competenze a livello territoriale, una
maggiore responsabilizzazione delle strutture locali, anche attraverso una maggiore formazione
degli operatori, ed una maggiore connessione con il centro di coordinamento sono misure che
possono essere messe in atto per implementare l’efficienza dei sistemi e delle reti di sorveglianza
(87). Un punto cruciale del miglioramento dei sistemi di sorveglianza consiste nell’incentivare il
ritorno informativo, facendo comprendere alla collettività l’importanza di fare pervenire i dati
raccolti a coloro che si occupano di sorveglianza, in modo da intraprendere le misure adeguate al
controllo delle malattie, ma tutto questo non può prescindere da una progressiva semplificazione
delle procedure e della modulistica, e da un sostanziale miglioramento degli aspetti organizzativi
dei sistemi (88). La sorveglianza basata sulla Rete di Laboratorio dovrebbe quindi contribuire a
colmare ed integrare i limiti del sistema delle notifiche, senza sovrapporre le informazioni. A
questo proposito è anche necessario individuare di volta in volta le priorità della sorveglianza, in
modo da indirizzare i sistemi verso contesti specifici. In tema di malattie a trasmissione
alimentare, per rafforzare l’attuale sistema è molto importante potenziare il link con la rete
veterinaria e avvalersi anche dei dati forniti dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, che in
Italia rappresentano una rete ben organizzata in grado di fornire dati sulla circolazione degli
agenti di foodborne disease nel serbatoio animale. Il link tra il sistema di Laboratorio e la rete
veterinaria Enter-Vet, istituita nel 2002, rappresenta un punto cruciale per una maggiore
91
conoscenza ed una maggiore possibilità di controllo di tutte le zoonosi, e tutto ciò può essere
ottenuto attraverso l’analisi integrata dei dati relativi ai campioni umani e ai campioni di origine
animale, secondo il principio della interdisciplinarità dello studio delle malattie a trasmissione
alimentare (89).
E’ anche necessario procedere, secondo le indicazioni fornite da WHO ed ECDC, al
potenziamento delle reti di sorveglianza a livello locale, nazionale ed internazionale, in modo da
rafforzare il legame tra enti locali, tutti afferenti ad un comune coordinamento. Questa
organizzazione può garantire il continuo scambio di dati epidemiologici tra centri siti a distanza,
oltre al riconoscimento di epidemie su vasta scala e la creazione di piani di intervento comune
per fronteggiare anche gli eventi di rilevanza internazionale (90). Proprio per riconoscere
epidemie su vasta scala ed identificarne con precisione i veicoli sono state introdotte tecniche di
tipizzazione e sub-tipizzazione molecolare tra cui la PFGE, facenti riferimento alla rete Pulse-
Net International, che rappresenta una nuova frontiera nella sorveglianza delle patologie
trasmesse da alimenti, e che vale la pena di estendere e potenziare negli anni futuri (91).
Un’efficace sorveglianza delle malattie a trasmissione alimentare può infine fornire i giusti
orientamenti per l’attuazione delle misure di prevenzione e controllo delle malattie, prime tra
tutte le procedure di sicurezza alimentare e la rigorosa applicazione dei protocolli di igiene degli
alimenti (tra cui il protocollo HACCP), supportati da una legislazione in tema di sicurezza
alimentare che sia al passo con i tempi.
Per quanto riguarda le analisi microbiologiche si può notare che: la sierotipia ha un limitato potere
discriminante (nella nostra casistica i tre sierotipi più frequenti 1/2a, 1/2b e 4b coprono 98,5% degli
isolati), non rappresenta comunque uno strumento sufficiente per definire e distinguere, soprattutto
ai fini epidemiologici, i “tipi” di L. monocytogenes implicati nei casi clinici e deve essere
combinata con altre tecniche molecolari, come sottolineato dalla review di Dongyou Liu (2006)
(81). Dai risultati della sierotipia possiamo notare come il sierotipo 1/2a sia, oltre che il più diffuso,
in continuo aumento rispetto agli altri sierotipi con andamento più costante.
92
Al contrario le tecniche di biologia molecolare hanno portato a buoni risultati essendo caratterizzate
da un elevato potere discriminatorio. Nel nostro studio l’applicazione di diverse tecniche di geno-
tipizzazione ha permesso di caratterizzare i ceppi raccolti documentandone un notevole grado di
eterogeneità: la PFGE e la MLST hanno permesso il riconoscimento di cluster con un elevato grado
di accordo tra le due tecniche. L’elaborazione dei dati (BioNumerics) ha consentito il
riconoscimento di 15 cluster (cioè insieme di ceppi con una omologia > 80%) .
Il riscontro di un’ampia variabilità degli isolati era già stata osservata anche da altri autori, sia nel
nostro che in altri Paesi (92).
I diversi “genotipi” identificati comprendono da 2 a 39 isolati clinici. Tra tutti merita particolare
attenzione il tipo Cluster 14 ST 38 che è risultato presente negli anni 2006, 2007, 2008, 2009, 2010,
2011. Dall’analisi statistica la distribuzione osservata risulta inspiegabile in un caso di non-
epidemia; inoltre, il genotipo 38 non solo non è molto frequente nella banca dati internazionale
dell’Istituto Pasteur consultabile online, ma in base all’esperienza dei laboratori degli Istituti
zooprofilattici sperimentale a cui abbiamo chiesto informazioni, nell’archivio relativo agli isolati
non umani, è stato identificato solo in una caso da un campione di formaggio “gorgonzola” che
rappresenta una tipica produzione della Regione Lombardia. Come dimostrato dall’analisi statistica,
gli stipiti di sierotipo 1/2a appartenenti al clone 38 ed al pulsotipo 14 sono parte di un evento
epidemico, anche se, in base alla letteratura, le epidemie sono state più frequentemente associate al
sierotipo 4b (93). L’analisi statistica confuta l’ipotesi nulla che i campioni siano distribuiti nello
spazio e nel tempo in modo omogeneo. Abbiamo dimostrato mediante l’ausilio di programmi
informatici che nel 2010 nella provincia di Bergamo la distribuzione dei casi non è casuale e,
quindi, c’è stata evidentemente un epidemia di listeriosi. Complessivamente, dai dati che sono stati
raccolti, anche incrociando il nostro database con quello del sistema basato sulle notifiche, nessuno
dei casi inclusi nel nostro studio è stato riferito come appartenente ad un evento epidemico. Diversi
sono i motivi che rendono difficile il riconoscimento di focolai epidemici di listeriosi: il lungo
periodo di incubazione, l’associazione con alimenti che prodotti come ready-to-eat possono
93
comunque essere consumati in tempi molto variabili, il ruolo delle condizioni di salute del
consumatore che fanno sì che la sintomatologia possa insorgere in un ampio intervallo di tempo e
solo in una piccola frazione dei soggetti esposti al consumo di uno stesso alimento contaminato.
La relazione tra “tipi” identificati e condizioni cliniche conferma, come già detto, che le persone
immunodepresse siano la classe di persone maggiormente infette e permette interessanti
osservazioni soprattutto per quanto riguarda i casi di listeriosi pregnancy-related. Infatti nel gruppo
dei casi correlati con la gravidanza, che rappresenta comunque una condizione fisiologica anche se
caratterizzata da una certa riduzione dell’immunocompetenza materna, i “tipi” implicati sono 13; il
profilo dei pregnancy-related si riscontra nei casi senza fattori di rischio e anche in quelli con fattori
di rischio, questo significa che non vi è un particolare ceppo aggressivo con caratteristiche
particolari, ma piuttosto l’infezione dipende dallo stato di salute della persona e dal grado di
contaminazione e dall’igiene dell’alimento.
94
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ALLEGATI
Allegato A.
Protocollo ufficiale PFGE del sistema Pulse-Net.
One-Day (24-28 h) Standardized Laboratory Protocol or molecular Subtyping of Listeria monocytogenes by Pulsed Field Gel Electrophoresis (PFGE) PREPARATION OF PFGE PLUGS FROM AGAR CULTURES Day 0 Streak an isolated colony from test cultures onto Brain Heart Infusion Agar (BHIA) plates for confluent growth. It is recommended that a storage vial of each culture be created. To do this stab small screw cap tubes of TSA, HIA, or similar medium.with the same incolating loop used to streak the plate. This will ensure that the same colony can be retested if necessary. Incubate cultures at 37ºC for 14-18 h. Day 1 1. Turn on shaker water bath or incubator (54-55ºC), stationary water baths (55- 60ºC) and spectrophotometer (or equivalent instrument such as the Dade Microscan Turbidity meter or bioMérieux Vitek colorimeter). 2. Prepare TE Buffer (10 mM Tris:1 mM EDTA, pH 8.0) as follows: 10 ml of 1 M Tris, pH 8.0 2 ml of 0.5 M EDTA, pH 8.0 Dilute to 1000 ml with sterile Ultrapure water (Clinical Laboratory Reagent Water (CLRW)) Prepare Lysozyme (Sigma L7651 or equivalent) stock solution (20 mg/mL in TE) as follows: Weigh out 100 mg Lysozyme (keep the container of Lysozyme on ice) Add 5 mL TE buffer, swirl to mix 3. Aliquot 250 uL amounts into small eppendorf tubes and freeze for future use. 4. Prepare 1% SeaKem Gold agarose + 1% Sodium Dodecyl Sulfate (SDS) in TE Buffer (10 mM Tris:1 mM EDTA, pH 8.0) for PFGE plugs as follows: a. Place 20% SDS stock solution (GibcoBRL #15553-035) into 55- 60ºC water bath to warm. b. Weigh 0.50 g (or 0.25 g) SeaKem Gold (SKG) agarose into 250 ml screw-cap flask. c. Add 50.0 ml (or 25.0 ml) TE Buffer; swirl gently to disperse agarose. d. Loosen or remove cap and cover loosely with clear film, and microwave for 30-sec; mix gently and repeat for 10-sec intervals until agarose is completely dissolved. e. Add 2.5mL (or 1.25mL) of warm 20% SDS stock solution, swirl to mix. f. Recap flask and return to 55- 60ºC water bath and equilibrate the agarose in the water bath for 15 minutes or until ready to use. SAFETY WARNING: Use heat-resistant gloves when handling hot flasks after microwaving. Note: SeaKem Gold agarose works well for making PFGE plugs because it provides added strength to the plugs minimizing breakage of plugs during the lysis and washing steps. The time and temperature needed to completely dissolve the agarose is dependent on the specifications of the microwave used, and will have to be determined empirically in each laboratory. 5. Label small tubes (12-mm x 75-mm Falcon tubes or equivalent) with culture numbers. 6. Transfer 2 ml of TE Buffer to small labeled tubes. Use a sterile polyester-fiber or cotton swab that has been moistened with sterile TE to remove some of the growth from the agar plate; suspend cells in TE by spinning swab gently so cells will be evenly dispersed and formation of aerosols is minimized. 7. Adjust concentration of cell suspensions to one of values given below by diluting with sterile TE or by adding additional cells.
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a. Spectrophotometer: 610 nm wavelength, absorbance (Optical Density) of 1.00 (range of 0.8-1.0) b. Dade Microscan Turbidity Meter: 0.40 - 0.45 (measured in Falcon 2054 tubes) c. bioMérieux Vitek colorimeter: ≈17-18% transmittance (measured in Falcon 2054 tubes) Note: The values in Steps 7a, 7b and 7c give satisfactory results at CDC; if different instruments or tubes are used, each laboratory may need to establish the optimal concentration needed for satisfactory results. CASTING PLUGS Label wells of PFGE plug molds with culture number. When reusable plug molds are used, put strip of tape on lower part of reusable plug mold before labeling wells. Note 1: Unused plug agarose can be kept at room temperature and reused 1-2 times. Microwave on low-medium power for 10 -15 sec and mix; repeat for 5 -10 sec intervals until agarose is completely melted. This agarose melts rapidly. Note 2: Proteinase K solutions (20 mg/ml) are available commercially. Alternatively, a stock solution of Proteinase K can be prepared from the powder in sterile Ultrapure water (CLRW). For best results, aliquot in 300-500 μl into small tubes and store in a freezer (-20 ºC) until ready to use. Just before use, thaw appropriate number of vials needed for the samples; keep Proteinase K solutions on ice. If the Proteinase K stock solution was prepared from powder, discard any thawed solution at the end of work day. Store commercially prepared Proteinase K solutions according to directions provided by the supplier. 1. Transfer 400 μl (0.4 ml) adjusted cell suspensions to labeled 1.5-ml microcentrifuge tubes. 2. Add 20 μL thawed Lysozyme stock solution (20 mg/mL) to each tube and mix gently. Place tubes into a 55-60ºC water bath for 10-20 minutes. Discard unused thawed Lysozyme solution. 3. Add 20 μl of Proteinase K (20 mg/ml stock) to each tube and mix gently with pipet tip. (200 μl are needed for 10 cell suspensions.) 4. Add 400 μl (0.4 ml) melted 1% SeaKem Gold agarose to the 0.4-ml cell suspension; mix by gently pipetting mixture up and down a few times. Maintain temperature of melted agarose by keeping flask in beaker of warm water (55-60ºC). 5. Immediately, dispense part of mixture into appropriate well(s) of reusable plug mold. Do not allow bubbles to form. Two plugs of each sample can be made from these amounts of cell suspension and agarose and are useful if repeat testing is required. Allow plugs to solidify at room temperature for 10-15 min. They can also be placed in the refrigerator (4ºC) for 5 minutes. LYSIS OF CELLS IN AGAROSE PLUGS 1. Label 50-ml polypropylene screw-cap or 50-ml Oak Ridge tubes with culture numbers. 2. Prepare Cell Lysis Buffer (50 mM Tris:50 mM EDTA, pH 8.0 + 1% Sarcosyl) as follows: 25 ml of 1 M Tris, pH 8.0 50 ml of 0.5 M EDTA, pH 8.0 50 ml of 10 % Sarcosyl (N-Lauroylsarcosine, Sodium salt)2 Dilute to 500 ml with sterile Ultrapure water (CLRW) 3. Calculate the total volume of Cell Lysis/Proteinase K Buffer needed as follows: a. 5 ml Cell Lysis Buffer (50 mM Tris:50 mM EDTA, pH 8.0 + 1% Sarcosyl) is needed per tube (e. g., 5 ml x 10 tubes = 50 ml). b. 25 μl Proteinase K stock solution (20 mg/ml) is needed per tube of the cell lysis buffer (e. g., 25 μl x 10 tubes = 250 μl). c. Prepare the master mix by measuring the correct volume of Cell Lysis Buffer and Proteinase K into appropriate size test tube or flask and mix well. 4. Add 5 ml of Proteinase K/Cell Lysis Buffer to each labeled 50 ml tube. 5. Trim excess agarose from top of plugs with scalpel, razor blade or similar instrument. Open reusable plug mold and transfer plugs from mold with a 6-mm wide spatula to appropriately labeled tube.
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If disposable plug molds are used, remove white tape from bottom of mold and push out plug(s) into appropriately labeled tube. Be sure plugs are under buffer and not on side of tube. 6. Remove tape from reusable mold. Place both sections of the plug mold, spatulas, and scalpel in 70% isopropanol (IPA), ethanol or other suitable disinfectant. Soak them for 15 minutes before washing them. Discard disposable plug molds or disinfect them in 10% bleach for 30-60 minutes if they will be washed and reused. 7. Place tubes in rack and incubate in a 54-55ºC shaker water bath or incubator for 2 h with constant and vigorous agitation (150-175 rpm). If lysing in water bath, be sure water level is above level of lysis buffer in tubes. 8. Pre-heat enough sterile Ultrapure water (CLRW) to 54-55ºC so that plugs can be washed two times with 10-15 ml water (200-250 ml for 10 tubes). WASHING OF AGAROSE PLUGS AFTER CELL LYSIS Note: Most laboratories will find that their plugs are sufficiently stable to perform the following washing steps at 54-55ºC. However, if you notice that your plugs are nicked along the edges or breaking it will be necessary for your laboratory to lower the water bath or incubator to 50ºC for the following washing steps. 1. Remove tubes from water bath or incubator, and carefully pour off lysis buffer into an appropriate discard container; plugs can be held in tubes with a screened cap or spatula. 2. Add at 10-15 ml sterile Ultrapure water (CLRW) that has been pre-heated to 54-55ºC to each tube and shake the tubes in a 54-55ºC water bath or incubator for 10-15 min. 3. Pour off water from the plugs and repeat wash step with pre-heated water (Step 2) one more time. a. Pre-heat enough sterile TE Buffer (10 mM Tris:1 mM EDTA, pH 8.0) in a 54-55ºC water bath so that plugs can be washed four times with 10-15 ml TE (300-350 ml for 10 tubes) after beginning last water wash. 4. Pour off water, add 10-15 ml pre-heated (54-55ºC) sterile TE Buffer, and shake the tubes in 54-55ºC water bath or incubator for 10-15 min. 5. Pour off TE and repeat wash step with pre-heated TE three more times. 6. Decant last wash and add 5-10 ml sterile TE. Continue with step 1 in "Restriction Digestion" section or store plugs in TE Buffer at 4ºC until needed. Plugs can be transferred to smaller tubes for storage. RESTRICTION DIGESTION OF DNA IN AGAROSE PLUGS Note: A small slice of the plug or the entire plug (made in disposable plug molds) can be digested with the restriction enzyme. Restriction digestion of a small slice of the plug is recommended because less enzyme is required and other slices of the plug can be subjected to restriction analysis with other enzymes, such as AscI, etc. Restriction analysis with a secondary enzyme (AscI) is important in situations where the PFGE patterns obtained with the primary enzyme from two or more isolates are indistinguishable. The use of a second enzyme helps us determine relatedness of the isolates being tested by confirming that the PFGE patterns generated with these enzymes are also indistinguishable. 1. Label 1.5-ml microcentrifuge tubes with culture numbers; label 3 (10-well gel) or 4 (15-well gel) tubes for Salmonella ser. Braenderup H98123 standards.
a. Optional Pre-Restriction Incubation Step: Prepare a master mix by diluting the appropriate 10X restriction buffer
μl/Plug Slice μl/10 Plug Slices
Sterile Clinical Laboratory Reagent Water
180 μl 1800 μl
Restriction Buffer 20 μl 200 μl Total Volume 200 μl 2000 μl
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Allegato B.
Scheda di notifica fonte umana del sistema di sorveglianza basato sulla Rete di Laboratorio corredata al ceppo batterico.
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Allegato C.
Scheda di notifica del sistema di sorveglianza MAINF.
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RINGRAZIAMENTI
Non mi sembra vero che questa pagina esista, ma mi permette di ringraziare tutte le persone che mi
sono state accanto in questi anni; anni ricchi di sorrisi, di lacrime, di rabbia, di gioia, di sogni: di
vita!
Ringrazio la prof. Mirella Pontello per l’infinita pazienza dedicatami, per l’aiuto e lo stimolo
affinché trovassi la mia strada nel mondo. Ringrazio il Dott. Antonio Parisi, Caterina Mammina e
Irene Matuonto: colleghi di ricerca che nutrono una gran passione per la scienza.
Il CEPIS: Alessandra, Giuliana e Roberto che mi hanno accolto, aiutato e sostenuto in
dipartimento; un grosso abbraccio e un grazie oltre che per il loro aiuto anche per l’amicizia
regalatami.
Ringrazio i compagni di avventura, di ricerca e di pranzi nel parchetto: Veronica e Fabio,
Alessandra R., Mirta, Francesca Z., Francesca M., Ettore, Elida, Monica, Irene.
Come dimenticare Rosy, Alice, Sara, Ricky, Apo, Beppe, Juan, Beppone, IlFrancy, Chiara e Dario,
Maury e Chiara, miei più cari amici, che mi hanno supportata e sopportata sempre e comunque in
ogni momento del mio cammino.
Infine un grazie immenso ad Angelo per la pazienza, il tempo, i consigli e l’amore che ogni giorno
mi regala, senza cui nulla avrebbe senso.
Questa piccola vittoria però la dedico a mamma, papà e Lucy, per tutto quello che sappiamo e che
non ha bisogno di parole.
Anna