Sommario - luimo.org · delle Assicurazioni dell’Università di Milano ... La tutela della salute...

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1 FORUM INTERNAZIONALE VACCINAZIONI: OBBLIGO O LIBERTA’?Sommario Prof. Vincenzo Caianiello, Presidente Emerito della Corte Costituzionale Apertura del Forum....................................................................................................................... 4 INDIRIZZI DI SALUTO .............................................................................................. 5 Prof. Antonino Zichichi, Presidente World Federation of Scientists.......................... 10 I pericoli dell’uso nefasto della scienza nonostante le sue grandi conquiste .............. 10 I SESSIONE – LA VACCINAZIONE – LO STATO DELLA QUESTIONE .......... 11 Vaccinazioni obbligatorie e tutela della persona. Prof. Lorenzo Chieffi, Straordinario di Diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli.................................................................................................... 13 VACCINAZIONI: OBBLIGO O LIBERTA’? ASPETTI MEDICO- DEONTOLOGICI. Prof. Franco Fabroni, Direttore dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Perugia ........................................................................................... 23 Un tentativo di confronto tra omeopatia ed allopatia in tema di vaccinazioni obbligatorie. Prof. Antonio Farneti, Prof. Lucia Macrì, Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università di Milano ............................................................ 28 LA MEDICINA OMEOPATICA È PREVENZIONE. Alma Rodriguez, M.D., Presidente della L.U.I.M.O. ........................................................................................ 33 II SESSIONE – TEMATICHE GIURIDICHE ........................................................... 46 La tutela della salute in campo penale: introduzione. Dr. Diego Marmo, Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. Dr. Alessandro Pagano, Magistrato ................................................................................................................... 47 Normativa comunitaria e diritto internazionale. Prof. Francesco Caruso, Ordinario di Diritto delle Comunità Europee - Istituto "Suor Orsola Benincasa" .......................... 54 La valutazione costi-benefici nei trattamenti sanitari obbligatori : il bilanciamento tra gli interessi del singolo e quelli della collettività. Prof. Carlo Colapietro, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e LUISS “G.Carli” ............................................ 58 III SESSIONE – MEDICINA OMEOPATICA E LIBERTA’ TERAPEUTICA....... 78 Applicazioni e limiti della prevenzione in allopatia ed omeopatia. Prof. Francesco Attena, Professore Associato, Istituto di Igiene, Facoltà di Medicina – S.U.N.. Nicola Del Giudice, M.D., Presidente Fondazione Omeopatica Italiana, Napoli .................. 79 L’esperienza clinica medica omeopatica. Salvatore Picardi, M.D.; Maria Luisa Agneni, M.D.; Riccardo Megueni, M.D.; Giovanni Merolla, M.D.; L.U.I.M.O. ........ 93 Valutazione dell’attuale situazione vaccinale: analisi critica ed esperienza in pediatria di base. Viviana Rasulo, M.D.Pediatra - L.U.I.M.O. ................................................ 104 Valutazione dell'attuale situazione vaccinale: analisi critica ed esperienza in pediatria di base. Vincenzo Nuzzo, M.D., Pediatra, L.U.I.M.O. ............................................. 108 Ricerca scientifica: l’altra faccia della medaglia. Alfredo Lubrano, M.D. - Segretario L.U.I.M.O. - Michele Acanfora, M.D........................................................................ 122 IV SESSIONE – I PAESI EUROPEI ........................................................................ 131

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FORUM INTERNAZIONALE “VACCINAZIONI: OBBLIGO O LIBERTA’?”

Sommario

Prof. Vincenzo Caianiello, Presidente Emerito della Corte Costituzionale Apertura del Forum....................................................................................................................... 4 INDIRIZZI DI SALUTO .............................................................................................. 5 Prof. Antonino Zichichi, Presidente World Federation of Scientists.......................... 10 I pericoli dell’uso nefasto della scienza nonostante le sue grandi conquiste .............. 10 I SESSIONE – LA VACCINAZIONE – LO STATO DELLA QUESTIONE .......... 11 Vaccinazioni obbligatorie e tutela della persona. Prof. Lorenzo Chieffi, Straordinario di Diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli.................................................................................................... 13 VACCINAZIONI: OBBLIGO O LIBERTA’? ASPETTI MEDICO-DEONTOLOGICI. Prof. Franco Fabroni, Direttore dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Perugia........................................................................................... 23 Un tentativo di confronto tra omeopatia ed allopatia in tema di vaccinazioni obbligatorie. Prof. Antonio Farneti, Prof. Lucia Macrì, Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università di Milano ............................................................ 28 LA MEDICINA OMEOPATICA È PREVENZIONE. Alma Rodriguez, M.D., Presidente della L.U.I.M.O. ........................................................................................ 33 II SESSIONE – TEMATICHE GIURIDICHE ........................................................... 46 La tutela della salute in campo penale: introduzione. Dr. Diego Marmo, Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. Dr. Alessandro Pagano, Magistrato ................................................................................................................... 47 Normativa comunitaria e diritto internazionale. Prof. Francesco Caruso, Ordinario di Diritto delle Comunità Europee - Istituto "Suor Orsola Benincasa" .......................... 54 La valutazione costi-benefici nei trattamenti sanitari obbligatori : il bilanciamento tra gli interessi del singolo e quelli della collettività. Prof. Carlo Colapietro, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e LUISS “G.Carli” ............................................ 58 III SESSIONE – MEDICINA OMEOPATICA E LIBERTA’ TERAPEUTICA....... 78 Applicazioni e limiti della prevenzione in allopatia ed omeopatia. Prof. Francesco Attena, Professore Associato, Istituto di Igiene, Facoltà di Medicina – S.U.N.. Nicola Del Giudice, M.D., Presidente Fondazione Omeopatica Italiana, Napoli .................. 79 L’esperienza clinica medica omeopatica. Salvatore Picardi, M.D.; Maria Luisa Agneni, M.D.; Riccardo Megueni, M.D.; Giovanni Merolla, M.D.; L.U.I.M.O. ........ 93 Valutazione dell’attuale situazione vaccinale: analisi critica ed esperienza in pediatria di base. Viviana Rasulo, M.D.Pediatra - L.U.I.M.O................................................. 104 Valutazione dell'attuale situazione vaccinale: analisi critica ed esperienza in pediatria di base. Vincenzo Nuzzo, M.D., Pediatra, L.U.I.M.O. ............................................. 108 Ricerca scientifica: l’altra faccia della medaglia. Alfredo Lubrano, M.D. - Segretario L.U.I.M.O. - Michele Acanfora, M.D........................................................................ 122 IV SESSIONE – I PAESI EUROPEI........................................................................ 131

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RICERCA SUL CAMPO: dati di un sondaggio in Italia. A.Aversa, M.D.; F.Baldi, M.D.; S.Mascoli, M.D.; E.Scalzone, M.D.; N.Villano, M.D.; - L.U.I.M.O. ........ 132 L’obbligo vaccinale e l’anti epatite B non obbligatoria in Francia . Epatite B, miti e realtà di una epidemia in Francia. Dr. Jacques Rey, M.D., Pediatra – Università di Marsiglia, rappresentante del Gruppo Medico Omeopatico di Frejus, Francia ..... 142 Criteri per vaccinare e non vaccinare. Louis Léry, M.D., Hospices Civils de Lyon, Francia ...................................................................................................................... 154 Le reazioni alle vaccinazioni nelle pubblicazioni mediche rumene - casi clinici . Carmen Sturza, M.D,.Vice Presidente L.M.H.I., Romania ....................................... 159 La vaccinazione anti morbillo - responsabilita’, rischi conosciuti e sconosciuti. Dr. Irina Spandonide, M.D., Epidemiologo, Romania.................................................... 160 Esperienza di una politica di non vaccinazione ........................................................ 166 Malattie infantili e infettive in Germania a fronte delle statistiche. Gerhard Buchwald, M.D., Germania......................................................................................................... 172 V – SESSIONE – I PAESI EXTRAEUROPEI......................................................... 184 VACCINAZIONI: OBBLIGO O LIBERTA’ IN ECUADOR, UNO STUDIO DEL 1997. Dr. Manuel Alban Lucio, Universidad Estatal de Bolivar, Guaranda, Ecuador; Dr. Miguel Calunga Ross, Instituto Superior de Ciencias Medicas, La Habana, Cuba; Dr. Drago Vasilovich, Universidad de Los Lagos, Osorno, Chile; Pamela Saorick, Ph.D., East Tennessee I State University, Johnson City, U.S.A.; Dra. Maria Felisa Lemos, Subsecretaria de Salud Publica de Rosario, Argentina; Dr. Osvaldo Godoy, Subsecretaria de Sanidad de Asistencia Social, Caracas, Venezuela ...................... 185 Perché il governo giapponese ha dovuto interrompere la pratica vaccinale obbligatoria - il punto di vista di un pediatra. Hidehiko Yamamoto, M.D., Pediatra, Osaka Red Cross Hospital, Giappone....................................................................... 208 VI SESSIONE – LIBERTA’ TERAPEUTICA ........................................................ 220 Per l’obiezione di coscienza. Giorgio Rosso, Associazione per la protezione della salute.......................................................................................................................... 220 Libertà terapeutica nel modello di globalità ed unità planetaria. Carlo Melodia, M.D., Relazioni Pubbliche L.U.I.M.O. ............................................................................... 221 Vaccinazioni: le statistiche dell’assurdo. Walter Pansini, Segretario CO.M.I.L.V.A; Presidente Alister Friuli Venezia Giulia ................................................................... 224 TAVOLA ROTONDA .............................................................................................. 232 Solo l’amore guarisce. Guylaine Lanctôt, M.D., Canada ......................................... 256 Eventi Avversi Associati alle Vaccinazioni Infantili: Evidenza del Rapporto di Causalità Marco Papa, Associazione “Sophia”, Torino ........................................... 257 Omeopatia e vaccinazione. Diego Risquez Harris, M.D., Pediatra, Consiglio Direttivo Fondazione Medico Omeopatica Venezuelana, Caracas, Venezuela ....................... 262 IL RUOLO DELLE MEDICINE NON CONVENZIONALI NELLA STORIA DEL PENSIERO MEDICO SCIENTIFICO OCCIDENTALE. Prof. Goffredo Sciaudone, Ordinario di Medicina Legale e delle Assicurazioni, Direttore della II Scuola di Specializzazione in Medicina Legale e delle Assicurazioni della Seconda Università degli Studi di Napoli, S.U.N., Presidente del Comitato di Bioetica della Regione Campania (CO.RE.B.), Presidente del Comitato Etico della A.S.L. Napoli 1; Paolo

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Marotta, M.D., Vicepresidente del Comitato Etico dell’A.S.L. Napoli 1, Segretario Generale dell’International Center for the Study of the History of Medicine, IRFEST, Université Louis Pasteur, Strasbourg, France / IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici, Napoli, Italia ............................................................................................ 266 Vaccinazioni e trattamento sanitario obbligatorio: considerazioni etiche. Lombardi V., Roca F., Panico C., Affuso N., Sciaudone G., Cattedra R - Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni- Seconda Università degli Studi di Napoli ................. 268

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Prof. Vincenzo Caianiello, Presidente Emerito della Corte Costituzionale

Apertura del Forum

Il tema delle vaccinazioni: obbligo o libertà, pone a raffronto l’esigenza di due posizioni l’interesse della collettività e la salute dell’individuo. Due esigenze, entrambe presenti nell’art. 32 della Costituzione e che devono essere contemperate secondo la tecnica del bilanciamento fra due valori costituzionali. Sulla scia delle acquisizioni della scienza medica ufficiale, la Corte costituzionale ha mostrato un atteggiamento positivo verso l’attuale regime delle vaccinazioni, introducendo però una serie di correttivi che servono, appunto, a salvaguardare la posizione dell’individuo, il suo diritto alla salute come diritto inviolabile e fondamentale della persona. La Corte, appunto, ha invitato il legislatore a intervenire con misure indennitarie, più che risarcitorie, nel caso in cui dalle vaccinazioni dovessero prodursi danni alla persona sia diretti che indiretti, qualora si dovesse manifestare un contagio della malattia inoculata ai fini delle vaccinazioni. Ha anche dichiarato incostituzionali le leggi che non prevedevano misure preventive per evitare danni futuri e infine ha affrontato anche il problema della coercibilità, negando che vi sia l’esigenza attuale di introdurre misure coercitive, rinviando per questo alle norme ordinare del Codice Civile, il quale prevede l’intervento del Giudice Tutelare nelle ipotesi di inadempienza di colui che esercita la patria potestà. Questo è il problema dal punto di vista giuridico, ed è un problema che, appunto, è al centro del titolo di questo convegno, il quale richiama la frase di Einstein sulla ricerca, e questo è molto importante perché non bisogna mai arrestarsi, e su questo tema ascolteremo la lettura magistrale del Prof. Zichichi, il quale ci dirà certamente che, di fronte alle conquiste della scienza, non bisogna mai fermarsi perché dalle nuove conoscenze si può evolvere verso conquiste nuove e più avanzate. Il segreto non è dunque di chiudere gli occhi di fronte ai progressi della scienza, ma di non fermarsi di fronte alle mete raggiunte. Rivolgo ancora un ringraziamento al Prof. Sciaudone, della Cattedra di Medicina Legale, che è il protagonista fra coloro che hanno assunto l’iniziativa di questo incontro assieme alla Dr.ssa Rodriguez, e noi dobbiamo essere loro grati se oggi avremo modo di soffermarci anche su temi che certamente trascendono l’argomento del convegno. Grazie e buon lavoro.

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INDIRIZZI DI SALUTO

Prof. Goffredo Sciaudone, Ordinario di Medicina Legale e delle Assicurazioni e Direttore delle Scuole di Specializzazione in Medicina Legale e delle Assicurazioni II ed in Medicina del Lavoro II della S.U.N.: Grazie, Eccellenza Caianiello. Prende la parola l’Onorevole Di Iorio, Consigliere Regionale, che qui rappresenta il Presidente della Regione, Onorevole Rastrelli. Trascrizione integrale dell’intervento orale On.le Michele Di Iorio, Consigliere Regionale: Signori congressisti, benvenuti a Napoli, innanzitutto. Assolvo il compito grato di portarvi il saluto del Presidente Rastrelli il quale, purtroppo, pur volendo, è rimasto bloccato nella conferenza Stato-Regione, cioè in quella sede istituzionale dove si decidono i flussi della finanza dal centro verso la periferia. Se ne scusa, ma il clima, come tutti quanti voi sapete, è tale che era indispensabile la sua presenza. Grazie, comunque, per essere qui. Grazie al Prof. Sciaudone, grazie al Prof. Caianiello, grazie alla Dr.ssa Rodriguez per il tema che oggi si va ad affrontare, che è un tema particolarmente attuale, particolarmente tempestivo, se è vero come è vero che intenso nel paese è il dibattito sullo stato sociale, e qui si tratta, da questo convegno, anche, di fare sicurezza sociale. Se è vero come è vero che la bicamerale è prossima a espletare, a concludere i propri lavori e anche in questo settore, l’ha detto magistralmente il Prof. Caianiello, c’è bisogno di certezza istituzionale. Ma è attuale, soprattutto, questo convegno, perché il problema etico, il problema della qualità, il problema della umanizzazione in sanità è quanto mai attuale se è vero come è vero che lo stesso Ministro della Sanità, mi sembra per il 17 di giugno, ha organizzato a Roma un grosso convegno che ha come temi principali proprio questi. Oggi l’uomo rientra, ritorna al centro del sistema. Napoli è una città magica per molti aspetti; oggi tutto si gioca sulla conservazione della vita, sulla protezione della salute. Bene, noi, se ci affacciamo dalle terrazze di questa splendida sede che ci ospita, possiamo ammirare tranquillamente quello che è il primo esempio, secondo me, di grande conservatore del patrimonio culturale e umano: il Vesuvio. È sicuramente grazie all’eruzione del Vesuvio che oggi sono arrivati, salvi e indenni, sottratti alla speculazione edilizia e all’ignoranza dell’uomo, tutta una serie di patrimoni che sono patrimoni culturali. Ma oltre ai patrimoni culturali da conservare, da salvare e da preservare, esiste il patrimonio umano. E quale miglior sede per discuterne se non questo convegno. Che apre il grande dibattito tra società e prevenzione. Costi della prevenzione significativi alti, ma mai alti quanto sono i costi drammatici, sconvolgenti, per la società, della mancata prevenzione. Come Consigliere Regionale ho un compito estremamente stimolante, anche se certe volte drammatico dal punto di vista umano, sono Presidente della Commissione Handicap, e in quella sede, con la frequentazione continua con il soggetto disabile, mi rendo conto di quanto le istituzioni, ma l’uomo stesso, le associazioni, i portatori della cultura debbano fare per insistere e per realizzare progetti di prevenzione per i quali molto spesso sono pochi i fondi, ma per i quali troppo spesso sono poche le motivazioni, tecnologiche prima e umane dopo. Sono convinto che da questo convegno usciranno ulteriori stimoli ad affrontare e a risolvere il problema. Sono convinto che sugli argomenti ci sarà il confronto, ci sarà probabilmente lo scontro, ci sarà sicuramente l’incontro nell’interesse della società. Venticinque anni fa, come farmacista, conobbi la Dr.ssa Rodriguez. Fu lei, probabilmente, inconsapevolmente, con la grazia e la discreta disponibilità che la caratterizza, a farmi comprendere,

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giovane professionista, all’epoca, di quanto in sanità fosse centrale l’uomo, l’individuo nelle sue varie componenti. Non è un caso che quando siamo andati ad affrontare, in Consiglio Regionale, il problema del piano ospedaliero e quando andremo ad affrontare, di qui a poco, il problema del piano sanitario, cioè della sanità sul territorio, cioè sulla sanità di prevenzione, ho ricordato quella lezione, quel messaggio, ed ho contribuito, per quello che ho potuto, per quello che ho saputo, a riposizionare l’uomo - individuo - cittadino - al centro del sistema. C’è ancora moltissimo da fare, sono convinto che anche grazie a questo convegno, grazie al dibattito che da oggi qui nasce, si potrà fare meglio nel più breve tempo. Sono certo, comunque, e con questo augurio vi lascio al buon lavoro, che tra noi, tra tutti quanti voi, ci sarà sempre un libero confronto tra libere intelligenze. Grazie. Prof. Goffredo Sciaudone: Grazie, Consigliere Di Iorio. Grazie all’onorevole Rastrelli. Prende la parola il Prof. Domenico Mancino, Magnifico Rettore della Seconda Università di Napoli. Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Domenico Mancino, Magnifico Rettore della S.U.N.: Autorità, cari colleghi ed amici, signore e signori. Nell’agenda di ogni Rettore, specie di Università polispecifiche, lo spazio occupato per cerimonie inaugurali di convegni è sempre cospicuo. Si tratta quasi sempre di convegni di grande importanza e rilevanza, per cui vengono accolti sempre con grande favore. Ma raramente succede che si presenzi all’inaugurazione di convegni con un coinvolgimento più diretto di chi partecipa all’inaugurazione per l’attinenza del tema alla propria competenza scientifica e culturale. È questo il caso del convegno che stiamo inaugurando oggi che attrae il mio interesse non solo perché attiene ad un tema che rientra nel mio ambito di competenze scientifiche di immunologo, ma anche perché affronta un problema di grande interesse che attiene più generalmente agli aspetti medico-deontologici e giuridici dell’intervento terapeutico. Ringrazio, quindi, sinceramente gli organizzatori di questo convegno per avermi dato l’opportunità, con il loro cortese invito, di essere qui presente a porgere il saluto della Seconda Università degli Studi di Napoli che mi onoro di rappresentare e quello mio personale. A tutti i presenti certamente non sfugge l’importanza che ha avuto e che ha lo strumento preventivo delle vaccinazioni nella lotta contro le malattie infettive. Basti ricordare le stragi prodotte nel passato dal virus del vaiolo e da quello della poliomielite, tanto per citare due degli esempi più emblematici. Anche nei tempi attuali, purtroppo, esistono ancora numerosi esempi di infezioni e infestazioni contro le quali, nonostante i numerosi ed intensi studi, non si è ancora riusciti a produrre un vaccino efficace, basti ricordare la sindrome dell’Immunodeficienza Acquisita che attrae in modo particolare la nostra attenzione, perché a noi più vicina, senza dimenticare però, per esempio, la malaria che in certi paesi continua a mietere migliaia di vittime. Il pericolo che si corre oggi, anche e soprattutto nei paesi più civilizzati, è che si tende ad abbassare la guardia nei confronti di quelle infezioni che, perché contrastate dall’evento vaccinante, sono erroneamente considerate estinte, ma io ritengo che il pericolo più grave sia rappresentato, possa derivare, dalla presenza di norme giuridiche imperfette che possono ostacolare l’applicazione di questo od altri interventi terapeutici che hanno una rilevanza e importanza sociale. Ecco quindi l’importanza, la notevole importanza di convegni sul tema, del tipo di quello che stiamo inaugurando oggi che affronta il problema in tutte le sue sfaccettature.

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Permettetemi, quindi, a chiusura di questo mio breve intervento di saluto, indirizzo di saluto, di congratularmi con gli organizzatori per essere riusciti a coinvolgere in questo convegno un così rilevante numero di prestigiosi e competenti relatori. Porgo a tutti i partecipanti un augurio di buon lavoro e vi ringrazio per la cortese attenzione. Prof. Goffredo Sciaudone: Grazie, Magnifico Rettore. Ha la parola l’On.le Prof. Giuseppe Del Barone, Presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Napoli, Deputato al Parlamento. On.le Prof. Giuseppe Del Barone, Presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Napoli: Mi è particolarmente gradito porgere a voi tutti il cordiale saluto dell’Ordine dei Medici di Napoli che ho l’onore di rappresentare. Ho una lunga consuetudine con la Dr.ssa Rodriguez e con altri amici che trattano omeopatia e penso che il nostro colloquio sia stato sempre un colloquio aperto per alcune convinzioni che sono radicate in me e che brevissimamente questa mattina riconfermerò. Il Prof. Caianiello, con la preparazione e l’arguzia che gli è propria, ha già tracciato il solco delle cose che andremo a dire e l’amico On.le Di Iorio - mi è molto piaciuto il riferimento alla centralizzazione dell’uomo, troppo spesso dimenticato - e il Prof. Mancino hanno già detto delle cose che reputo importanti nell’iter della discussione che verrà aperta con l’introduzione magistrale del Prof. Zichichi che mi permetto salutare con ogni cordialità. Lo vedo seduto in prima fila; starebbe molto meglio al banco della presidenza. Quando ho sentito il Prof. Mancino parlare di prevenzione - d’altronde è un immunologo illustre - mi è venuta in mente una interrogazione che ho presentato proprio giorni or sono in Parlamento e che si riferiva alla discesa degli albanesi in Italia. Caro ed illustre Prof. Mancino, mi è stato detto, naturalmente non ne posso attestare al cento per cento la veridicità, che insieme a quelli che oramai, purtroppo, sono costretto a chiamare soliti casi di epatite, scabbia, eccetera, ci sia stato addirittura un arrivo in Italia di un caso di poliomielite. Ecco, mi è sembrato di veder buttato a mare tutto ciò che, diciamo, nel mio cuore cantava sempre una canzone bellissima: Sabin, le vaccinazioni, eccetera, perché parlare dopo tanto tempo di un caso di poliomielite mi pare uno schiaffo a tutti quei concetti che lei, Prof. Mancino, ha espresso e che io sento profondamente. Però, in questo brevissimo saluto mi consentirete una piccolissima divagazione sul tema, io voglio vedere anche questa unione che si è creata tra la L.U.I.M.O., una Associazione che tratta omeopatia nel significato pieno della parola, e l’Istituto di Medicina Legale della nostra Università che il Prof. Goffredo Sciaudone, a cui mi legano vecchi e riconfermati vincoli di solida amicizia - d’altronde il Professore dei tempi della mia laurea era il Prof. Palmieri, consentitemi di ricordarlo con commozione - ebbene, questa unione tra una Università in una sua parte, in una sua branca effettivamente forte, quale è quella della Medicina Legale, e l’omeopatia, mi fa leggermente evadere, nelle brevi parole che andrò a dire, dal concetto ristretto della vaccinazione (si o no, libera o obbligata) per entrare anche un poco nel campo più vasto della omeopatia. Forse molti di voi sanno, vero, che non da un giorno faccio parte del Comitato Centrale della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e sarei disonesto, in questa assemblea che penso sia prevalentemente composta da omeopati, se dicessi che l’omeopatia è sempre guardata con uno sguardo d’amore. Vi sono dissertazioni, io qualche volte mi trovo ad essere, diciamolo col poeta, “sol contro l’Etruria tutta”, ma comunque dico le cose di cui sono convinto, e le cose di cui sono convinto non sono cose, ovviamente, per un vecchio medico quale indiscutibilmente sono, contro l’allopatia, ma sono delle cose che mi fanno dire che chiudere gli occhi sul nuovo che c’è - e già so di dire una sciocchezza definendo nuova l’omeopatia o l’agopuntura, eccetera - significherebbe tradire il nuovo che c’è in Italia, il nuovo che c’è in Europa, il nuovo che c’è nel mondo.

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D’altronde, se è vero che si parla tanto di Maastricht, di Europa, io vorrei vedere come ci troveremo nel momento in cui posizioni francesi verranno spostate in Italia, in una Italia dove determinate cose, se non si prendono delle determinate posizioni potrebbero essere addirittura delle cose interpretate in negativo. In questo momento, nella dodicesima Commissione Affari Sociali di cui faccio parte, si incominciano a trattare i problemi dell’omeopatia, ci sono molti disegni di legge e, per quello che mi riguarda, sono allineato su certe posizioni che reputo valide, perché l’omeopatia, oltre ad avere in sé qualche cromosoma di totale validità, ha in sé un cromosoma per me essenziale, che dinanzi alla disoccupazione medica, l’omeopatia rappresenta un punto di occupazione che è bene riconfermare in questa sede e che io, soprattutto, convinto di certe cose, nelle mie tante battaglie ordinistiche e sindacali desidero sottolineare. Qual’è il punto sul quale io mi dichiaro completamente intrattabile? E concludo. Sul fatto che queste medicine, che non so se propriamente o impropriamente vengono chiamate alternative, debbano essere trattate solo dai medici. Guai se noi consentissimo delle divagazioni sul tema, se si consentisse che la cialtroneria, la ciarlataneria entrasse in questo campo. Guai a vedere ancora soggetti che, alla luce di diete propagandate, vengono addirittura premiati con medaglie che vengono date da medici che dovrebbero vergognarsi di dare riconoscimenti a chi medico non è e che propaganda delle determinate cose semplicemente per farsi bello in quanto queste determinate cose non hanno nessun substrato di validità terapeutica e di logica terapeutica. Bene, io sono convinto che in questo convegno verranno a galla queste anime che probabilmente sono differenziate, ma non si potrà chiudere gli occhi dinanzi ad una realtà che è tale, che è seguita da un grosso numero di italiani, che con scienza e capacità è trattata da un grosso numero di medici e che si chiama omeopatia. Se questo scontro di anime porterà ad un incontro che sarà foriero, diciamolo alla Redi, “di brindisevol merce” per il futuro, bene, io, come medico, come cittadino, come Deputato e come Presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli, ne sarò particolarmente lieto. Per questo, cordiale ed affettuoso è il mio buon lavoro. Prof. Goffredo Sciaudone: Grazie, Onorevole Del Barone. Noi, a questo punto, ci permettiamo di fare una piccola variazione al programma, nel senso, cioè, che gli indirizzi di saluto da parte degli organizzatori, cioè mio, della L.U.I.M.O. e dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, viene rinviato nel corso dei lavori, quando noi interverremo, perché dobbiamo dare subito la parola al Prof. Zichichi, quindi prego l’Eccellenza Caianiello di andare avanti nei lavori, ringraziando ovviamente tutti coloro che sono intervenuti, i relatori, soprattutto gli amici stranieri che hanno affrontato tante difficoltà per venire. Prego, Eccellenza Caianiello. Prof. Vincenzo Caianiello: Prima di dare la parola al Prof. Zichichi, vorrei sottolineare il tema che egli svolgerà, un tema che mi è caro perché evoca in me una figura che mi fu molto vicina, uno dei punti di riferimento napoletani, il cui ricordo è caro anche al Prof. Zichichi: mio cugino Eduardo Caianiello un insigne scienziato con il quale avevamo lunghi colloqui sul millenario tema dei limiti della ricerca sia quando egli veniva a Roma da me e sia quando io venivo da Lui a Napoli. Una volta gli chiesi quali ostacoli si dovessero frapporre allo scienziato nella sua ricerca per evitarne un uso nefasto da parte degli altrui, ed egli mi rispose: «Nessuno». Il limiti se li devono porre non gli scienziati ma chi fa uso dei risultati da lei raggiunti. Mi disse una volta che una delle cause che ha contribuito alla distruzione dell’umanità è stato il Teorema di Pitagora. Che avremmo dovuto dire a Pitagora? Non scoprire il tuo Teorema perché ne potrebbero fare un uso nefasto?

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Il problema non è perciò quello di bloccare la ricerca; il problema è di evitare che essa venga utilizzata in funzione distruttiva. Con questi ricordi affido la parola al Professor Zichichi, avvertendo che dopo la sua lezione magistrale, la presidenza passerò al Prof. Grella che presiederà la sessione successiva. Prego, Professor Zichichi.

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PLENARY OPENING LECTURE

Prof. Antonino Zichichi, Presidente World Federation of Scientists

I pericoli dell’uso nefasto della scienza nonostante le sue grandi conquiste

Abstract E’ come se l’uomo, invece di usare la Scienza per vivere meglio, la usasse contro se stesso. La Terra è una irripetibile navicella spaziale che viaggia nel Cosmo. Non dobbiamo distruggerla, ma difenderla e capire le radici del paradosso in cui viviamo, per superarlo. L’uomo studia le origini del Mondo, addirittura cosa c’era prima del Big-Bang. Scopre che dai quark ai confini dell’Universo, tutto è retto da Tre Colonne e Tre Forze Fondamentali. Le Tre Colonne sono dette Famiglie di particelle elementari e consistono di quark e leptoni. Le Tre Forze sono: 1) quella Gravitazionale che lega la Terra al Sole evitandole di perdersi nel freddo gelido (-270°) del Cosmo; 2) quella Elettrodebole che permette al Sole di brillare senza mai spegnersi né saltare in aria; 3) quella Subnucleare che agisce tra quark all’interno dei nuclei degli atomi. A queste grandi conquiste scientifiche fanno riscontro, buco dell’Ozono, variazioni climatiche, inquinamento selvaggio, Hiroshima e Cernobyl: per non citare che alcune delle quindici Emergenze Planetarie. La registrazione dell’intervento integrale del Prof. Zichichi è disponibile su richiesta.

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I SESSIONE – LA VACCINAZIONE – LO STATO DELLA QUESTIONE

Prof. Goffredo Sciaudone: Ringrazio il Prof. Zichichi. Prego il Prof. Fabroni e il Prof. Chieffi di prendere posto. Inizia la prima sessione, presiede il Prof. Antonio Grella, Preside della Facoltà di Medicina della Seconda Università. Ringrazio il Magnifico Rettore. Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Antonio Grella, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia della S.U.N.: Purtroppo il tempo è andato velocemente avanti. Io sono impegnato nelle giornate scientifiche della mia facoltà, quindi vi chiedo scusa se, appena avrò dato la parola al Prof. Chieffi - stamattina, però, nella mia facoltà, l’abbiamo data all’altro Prof. Chieffi - dovrò scappare in facoltà. Io penso che non si debba aggiungere nient’altro. Il Prof. Zichichi è stato chiaro nel suo messaggio e per tutto il resto. Volevo solo fare una o due riflessioni. Perché sono presente? Perché nella mia facoltà si è attivato un interesse scientifico e di confronto con l’omeopatia. Questo in armonia con tutto ciò che sta succedendo in Europa e negli altri paesi. Stiamo cercando cioè, con alcuni miei colleghi validissimi, tra cui il Prof. Sciaudone, stiamo cercando di abbattere quel muro, quel gap che c’è sempre stato tra i cultori della omeopatia e i cultori della cosiddetta medicina ufficiale, rendendoci conto che questa contrapposizione di principio, questo volere, da ambo le parti, mantenere posizioni rigide di conflittualità, nel confronto, non rende né agli uni, né agli altri. Certo, bisogna prendere scientificamente, come diceva il Prof. Zichichi, tutto quello che c’è di buono per venire incontro a quelle che sono le esigenze del prossimo. Soprattutto in questo particolare momento, e anche la relazione conferenza del Prof. Zichichi può averlo provocato, esiste un grosso turbamento. Di fronte a questo esasperato scientificismo, di fronte al progresso che la scienza e la tecnologia hanno portato e ci hanno dato, l’uomo si sente molto solo, emarginato, molto piccolo nella gestione di queste conquiste. E questo soprattutto nel campo che a noi interessa, come facoltà, come impegno, quello della medicina; pensate, per esempio, a tutti i progressi che ci sono stati in genetica. Se ci si pensa un attimo, si rimane terrorizzati e ci si sente impotenti a gestire queste conquiste. Evidentemente, di fronte a questa situazione, tutti insieme dobbiamo confrontarci per utilizzare, nel modo migliore possibile, le conquiste che la scienza produce ogni giorno. Modi migliori possibile stamattina nei discorsi inaugurali ne ho sentiti alcuni, sopra tutti è stato ribadito il concetto: rimettiamo l’uomo al centro di tutte le discussioni e di tutte le problematiche. Purtroppo, aimé, devo dire il contrario. Voglio dire che, nel nostro campo, le nostre attività si stanno organizzando in maniera tale da escluderne l’uomo. Basti pensare, per esempio, al DRC, al costo-beneficio, alle circolari asettiche. Cioè: il paziente, il soggetto, che è l’uomo, non fa altro che essere condizionato da problematiche e da un’impostazione delle problematiche che nulla hanno a che vedere con il rispetto della persona verso cui, poi, certe azioni vanno dirette. Però questo non mi sconfinfera tanto, perché - ne ha accennato anche il Prof. Caianiello - dovremmo ripartire da Platone e Aristotele per definire se è l’individuo il bene supremo che deve inserirsi nel bene collettivo o se è il bene della collettività che va a colpire o a favorire l’individuo. Eterna questione su cui noi non sappiamo emettere giudizi di valore. Io sono molto grato al Prof. Sciaudone e a tutto il comitato per avermi invitato e sono molto lieto di essere qui presente. Anche come Preside, devo dire: siamo apertissimi, nei termini indicati dal Prof. Zichichi, e da tutti noi, e tutti voi - riproducibilità, documentazione - al confronto che sia la medicina ufficiale che la medicina cosiddetta non convenzionale debbono fare; e da questo

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confronto, siamo convinti sempre di più che possa uscire una posizione, un atteggiamento, una possibilità di meglio servire l’essere umano e l’individuo che a noi si rivolge. E soprattutto questo lo dobbiamo fare - come diceva qualche relatore prima di me - perché oggi, di fronte a certe sconfitte, a certe non possibilità terapeutiche e diciamo anche, rispetto a una mancanza di valori, se non andiamo a identificare scientificamente quelle che sono le reali possibilità, diamo la stura e accentuiamo il mercato dei maghi, dei ciarlatani, di quelli che, attraverso il gioco della salute, non hanno fatto altro che inventare un mercato. Chiudo così e do la parola al Prof. Chieffi, professore, lo voglio dire, del nostro ateneo, con cui spesso mi incontro, mai come in questi ultimi giorni, e che noi conosciamo benissimo, che è uno dei più grossi studiosi che noi annoveriamo a Napoli. Prego.

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Vaccinazioni obbligatorie e tutela della persona. Prof. Lorenzo Chieffi,

Straordinario di Diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza della

Seconda Università degli Studi di Napoli

Abstract L’opportunità, offerta dal 2° comma dell’art. 32 del testo fondamentale dello Stato, di sottoporre l’individuo a determinati trattamenti sanitari obbligatori, preordinati alla tutela della sua salute e della stessa collettività di cui è parte, non potrebbe disattendere la costruzione personalista dell’ordito costituzionale che pone l’uomo al centro del proprio catalogo assiologico. Qualsiasi intervento medico, diretto a realizzare la profilassi di talune malattie infettive e diffusive a fini immunologici, dovrebbe per ciò stesso soggiacere, nella fase della sua esecuzione, a quel limite insuperabile rappresentato dalla salvaguardia dei valori fondamentali (vita, integrità psico/fisica, dignità umana) che non possono in alcun modo essere pregiudicati o, comunque, danneggiati dall’atto medico, salvo a ridurre l’uomo a mero oggetto o comunque semplice mezzo per il perseguimento di finalità a lui estranee. Il nostro testo fondamentale, sin dai primi articoli, rigetta infatti sia una concezione utilitarista dell’essere umano, che negando a quest’ultimo il rango di valore primario lo degrada ad oggetto passivo dell’azione altrui, ad una “entità bio-socio-economica” funzionale al perseguimento di un’utilità pubblica, sia un’ideologia informata ad uno scientismo puro, la quale considera il desiderio di conoscenza e le sue applicazioni tecniche dei fini da perseguire a costo di qualunque sacrificio. Scopo dell’intervento, dopo aver attentamente individuato - attraverso un’analisi esegetica del nostro testo costituzionale - la tipologia dei valori da tutelare secondo una possibile scala di priorità (balancing test), sarà proprio quello di delimitare gli ambiti di garanzia che dovranno essere assicurati all’individuo sottoposto per legge ad un trattamento obbligatorio, ritenuto dalla comunità scientifica indispensabile per il suo benessere e della stessa collettività di appartenenza. In particolare, sarà dato risalto alla portata del limite costituito dal “rispetto della persona umana” (art. 32, 2° co. Costituzione) che, alla luce della più recente giurisprudenza, si valuta esiga il compimento, da parte del sanitario procedente, di una serie di attività preordinate:

ad accertare, attraverso un’adeguata anamnesi, le possibili complicanze che potrebbero derivare dalla vaccinazione;

a ricercare il valido consenso da parte del paziente, che sia stato previamente informato sulle caratteristiche e sui rischi del trattamento;

ad assicurare il rispetto della riservatezza per tutte le informazioni sanitarie del soggetto vaccinato che fossero state acquisite dal medico;

a rendere possibile, in caso di esito pregiudizievole o infausto del trattamento sanitario, il ristoro dei danni subiti attraverso il riconoscimento di un equo indennizzo. Infine, non saranno tralasciate le peculiarità delle vaccinazioni destinate a soggetti minori di età che, per interessare individui privi di capacità di intendere e di volere e quindi di libera autodeterminazione, quanto meno nella prima fase del loro sviluppo, sollecitano l’intervento degli esercenti la patria potestà su cui ricade, per disposto costituzionale (art. 30), il dovere di educare e curare adeguatamente i propri figli. 1. Premessa. La opportunità, offerta dal secondo comma dell'art. 32 del testo fondamentale dello Stato, di sottoporre l'individuo a determinati trattamenti sanitari obbligatori, preordinati alla tutela

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della sua salute e della stessa collettività di cui è parte, non potrebbe disattendere la costruzione personalista dell'ordito costituzionale (artt. 2, 3, 13, 21 ecc.) che pone l'uomo e il suo benessere al centro del proprio catalogo assiologico. Qualsiasi intervento medico, diretto a realizzare la profilassi di talune malattie infettive e diffusive a fini immunologici, dovrebbe per ciò stesso soggiacere, nella fase della sua esecuzione, a quel limite insuperabile rappresentato dalla salvaguardia dei beni fondamentali (vita, integrità psico/fisica, dignità umana, riservatezza) che non possono in alcun modo essere pregiudicati o, comunque, danneggiati dall'atto medico, salvo a ridurre l'uomo a mero oggetto o comunque semplice mezzo per il perseguimento di finalità a lui estranee. Sono questi dei valori, considerati dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 479 del 1987) prioritari rispetto a qualsiasi altro, compresa la libertà di scienza (quanto meno nella sua fase applicativa e sperimentale), e pertanto insuscettibili di qualsiasi strumentalizzazione, né da parte dei pubblici poteri e neppure da parte dei soggetti privati. 2. Trattamenti sanitari obbligatori e ruolo del giurista. Affermata la priorità assoluta dei beni come la vita, l'integrità psico/fisica, la dignità, coerentemente alla visione personalista del progetto di società delineato dalla normativa costituzionale, non spetta all'interprete del diritto (sia esso il legislatore che il giudice) assumere la decisione sulla necessità profilattica di una vaccinazione, che presuppone ovviamente una valutazione sulla infettività e capacità diffusiva di una determinata malattia. Si tratta, infatti, di una scelta che, implicando valutazioni tecniche con connotazioni di ordine medico, richiederà piuttosto l'intervento preventivo della comunità scientifica dotata professionalmente di quelle precipue conoscenze, e certamente non quella dell'esperto del diritto. Sarà quindi compito della scienza, nel suo continuo e incessante divenire, indicare di volta in volta al diritto, in modo responsabile e quanto più possibile trasparente e comprensibile (così da aprirsi a forme di "controllo sociale" (Vincenzi Amato, 1976)), la mera opportunità del trattamento sanitario (e quindi facoltatività, che lascerebbe quindi all'autonomia del singolo, alla sua autodeterminazione, la scelta di sottoporsi alla profilassi per prevenire malattie considerate di scarso pericolo per la salute individuale e collettiva) ovvero la sua necessita, che indurrebbe il legislatore ordinario a prescriverne invece l'obbligatorietà, trattandosi di combattere e prevenire una malattia diffusiva considerata pericolosa per le sorti della collettività e di ciascun individuo. Di guisa che, qualora dovesse prevalere la tesi dell'inderogabilità della vaccinazione di massa a fini immunologici, spetterebbe sempre alla scienza prevedere le modalita di esecuzione, lasciando cioè ai soggetti destinatari del trattamento, cui non potrebbero di certo sottrarsi, la opportunità o meno di scegliere tra più rimedi (ad esempio, di tipo allopatico o omeopatico). Tali determinazioni, possibilmente suffragate dal consenso della comunità scientifica internazionale, consentirebbero al legislatore di pervenire a una "decisione certo giuridica, ma fondata su un valido, e soprattutto dichiarato, presupposto di fatto" (Santosuosso, Turri, 1995). Da qui l'impossibilità per lo studioso del diritto di effettuare nella materia in esame, in modo aprioristico e prescindendo dalle indicazioni provenienti dalla scienza medica, una scelta naturalistica -contraria a qualsiasi cambiamento, indotto dall'esterno, del corso naturale dei processi fisiologici del corpo umano- ovvero artificiale, e quindi intrusiva e manipolativa dell'organismo umano (per interferire con il naturale incedere dei suoi processi biologici), favorevole comunque alla somministrazione -anche obbligatoria- di vaccini (o di farmaci) volti a compensare ovvero prevenire deficienze organiche, cui del resto la stessa comunità scientifica sembra ancora riconoscere un effetto incontestabilmente benefico per le sorti dell'umanità, per essere caratterizzato da un saldo certamente favorevole tra costi e benefici. In presenza di una scelta, suffragata da valide e comprovate sperimentazioni, favorevole alla necessita della copertura immunologica, questa dovrà essere, senza indugi, realizzata dalle strutture pubbliche (ma anche private) abilitate, pur potendosi ovviamente prevedere modalità di esecuzione alternative: di tipo persuasivo/induttivo o di tipo coercitivo.

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E' indubbio, infatti, che se la popolazione, previamente ed adeguatamente informata sulla importanza della vaccinazione -grazie ad un intervento di sensibilizzazione da parte dei Servizi socio/sanitari, delle scuole, dei medici di famiglia, degli stessi mass/media- decidesse di sottoporsi volontariamente alla profilassi garantendo così (in considerazione del numero dei soggetti vaccinati) una copertura ritenuta ottimale (valutata intorno all'80-85 % della popolazione) per evitare i rischi di diffusione e di contagio, non sarebbe allora necessario ricorrere alla prescrizione di un obbligo di legge, corredato da sanzioni per gli inadempienti. Per converso, se tale garanzia immunologica non fosse spontanea e induttivamente assicurata, a cagione di una scarsa informazione o sensibilità da parte della popolazione, il rimedio legislativo, attraverso la previsione di un obbligo, sarebbe inevitabile e, almeno per il momento (in attesa di una maturazione nella collettività di una coscienza solidaristica e sanitaria più intensa), l'unica strada percorribile. Non trascurando l'importante opera che, ai fini di una maggiore sensibilizzazione, potrà essere svolta dalle articolazioni del Servizio socio/sanitario mediante campagne di informazione nonché l'esercizio di un efficace controllo sulla popolazione per indurre o, nel caso di minori, costringere (con l'intervento del giudice) i genitori a sottoporre a vaccinazione il proprio figlio. E neppure sembra contraddire le conclusioni cui siamo giunti la presenza, in alcuni paesi europei o d'oltre oceano, di una diversa regolamentazione legislativa delle pratiche vaccinali, non sempre prescritte obbligatoriamente. Con l'effetto che, a seconda delle diverse esperienze normative, verranno ristretti o, di contro, amplificati (in caso di facoltatività del trattamento) gli ambiti di autonomia del singolo, lasciati in taluni casi alla autodeterminazione dell'individuo. Siffatta differenziazione delle distinte discipline legislative statali, da taluni utilizzata per suffragare una scelta naturalistica distante da quella realizzata in Italia, trae infatti origine dalla presenza, nei paesi in questione, di una pluralità di fattori e di caratteristiche legati essenzialmente a specifiche condizioni socio/sanitarie delle rispettive popolazioni. A cominciare dai diversi livelli igienico/sanitari, di scolarizzazione (per l'assenza di un'apprezzabile evasione scolastica), degli indici di morbosità e mortalità infantile; senza trascurare la presenza, nei vari paesi, di distinti livelli di informazione sanitaria volti a sensibilizzare la popolazione sull'importanza della copertura immunologica, indispensabile per indurre la stessa a vaccinarsi spontaneamente. A quanto precede andrebbero poi aggiunti i condizionamenti, cui sono sottoposte le politiche sanitarie condotte nei vari Stati, derivanti dai frequenti e numerosi flussi immigratori -non sempre controllabili e contingentabili- provenienti da paesi "infettivologicamente assai pericolosi" (Corte App. Torino 3 ottobre 1992), cui ha corrisposto, in direzione opposta, un incremento degli spostamenti turistici o per ragioni di lavoro di nostri connazionali verso questi paesi a rischio (Bruzzi-Oppezzo-Hansen, 1990). Tutto ciò premesso, è allora evidente che lo studioso del diritto, non potendo certamente mettere in dubbio i risultati delle indagini scientifiche -purché adeguatamente sperimentate e supportate dal consenso della comunità dei ricercatori- potrà invece assicurare e periodicamente monitorare la congruità della normativa vigente rispetto alle nuove risultanze epidemiologiche, nonché garantirne l'osservanza attraverso la previsione di una protezione di tipo sanzionatorio a tutela dei valori legati alla persona umana. L'intervento legislativo, volto a regolamentare i rapporti autorità/individuo e medico/paziente, implicherà necessariamente la realizzazione di un bilanciamento (balancing test) che sia in grado di delineare una scala di priorità dei molteplici interessi in gioco. 3. I presupposti di giustificazione della vaccinazione: la tutela della salute individuale e collettiva. La libertà di disporre del proprio corpo potrà subire circoscritte deroghe, tassativamente elencate dalla legge, per soddisfare quel bisogno solidaristico, di salvaguardia del benessere altrui, reso necessario "moralmente", oltre che "giuridicamente", a cagione dell'appartenenza del soggetto ad un consorzio civile, che induce lo stesso ad agire non per ragioni utilitaristiche bensì per "libera e

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spontanea espressione della profonda socialità" (Corte Cost. sent. 28 febbraio 1992, n. 75) che lo distingue. In presenza del pericolo di diffusione di talune affezioni, tassativamente individuate dalla legge, l'interesse pubblico alla salute può dunque entrare in conflitto con il diritto della persona di disporre liberamente del proprio corpo. Nel senso che l'autonomia del singolo, libero normalmente di decidere a quali trattamenti sanitari sottoporsi, subirà significative deroghe tutte le volte che la malattia, di cui egli potrebbe essere portatore possa compromettere le "condizioni di salute o anche di vita o di sicurezza dei consociati" (Trib. Perugia sent. 20 ottobre 1986), in ossequio a quel "principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell'eguale protezione del coesistente diritto degli altri" (Corte Cost. sent. n. 218 del 1994). In tali circostanze l'eventuale "rifiuto di prendersi cura di sé, fatto in nome di una falsa concezione della libertà individuale, non è giustificabile e diventa colpevole quando si risolve in un danno per gli altri" (Comitato Nazionale per la Bioetica, Le vaccinazioni, Roma, 1995). Ovviamente perché un determinato trattamento sanitario possa essere imposto come obbligatorio dalla legge, saranno necessari non solo l'assenza di rimedi alternativi, ma soprattutto che lo stesso sia in grado di assicurare, allo stato delle conoscenze scientifiche, un miglioramento o quanto meno la conservazione della condizione di salute di chi vi è assoggettato oltre che degli altri consociati. E seppure l'obbligo, ricadente su ciascun individuo, di sottoporsi ad un trattamento sanitario sarebbe accettabile pure a costo di qualche "rischio specifico" di contagio, esso non potrebbe mai postulare il "sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri" (Corte Cost. sent. n. 307 del 1990). Ma al di fuori di questa ipotesi, della prevedibilità del danno da vaccinazione, sarebbe invece ammessa una profilassi (nella specie si trattava di quella antipoliomelitica) che recasse con sé, nonostante il progresso delle tecniche scientifiche, un insopprimibile "rischio di contagio, preventivabile in astratto -perché statisticamente rilevato- ancorché in concreto non siano prevedibili i soggetti che saranno colpiti dall'evento dannoso" (Corte Cost. sent. n. 118 del 1996). La "compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale" (Corte Cost. sent. n. 307 del 1990) incontrerà, tuttavia, il limite rappresentato dall'indispensabile rispetto della dignità umana e dalla salvaguardia, da irreparabili pregiudizi, della vita e della salute del disponente, che non potrebbero essere danneggiate neppure per tutelare quelle di altre persone, anche se in grave pericolo. Orbene, qualora la comunità scientifica dovesse giudicare come indispensabile -in assenza di alternative per fronteggiare una malattia diffusiva e contagiosa i cui costi socio/economici sarebbero particolarmente elevati- la somministrazione di un vaccino, sarebbe "non solo un diritto, ma anche un dovere" per il legislatore promuovere un'adeguata profilassi immunologica, "non solo attraverso campagne di informazione ed educazione sanitaria, ma anche, se necessario, con altre modalità più incisive" (Comitato Nazionale per la Bioetica, ibidem). A condizione ovviamente che la prescrizione obbligatoria di siffatto trattamento sanitario, lungi dal perseguire un qualsiasi "interesse pubblico" diverso da quello sanitario (come, ad esempio, per "scopi di sicurezza o di giustizia": Barile, 1984, Luciani, 1991), sia diretto contestualmente alla tutela della salute della collettività e dello stesso singolo. 4. Le vaccinazioni in età infantile e il dovere dei genitori di curare i propri figli. A differenza dei pazienti che abbiano superato la maggiore età, il cui diniego a ricevere un trattamento obbligatorio sarebbe al più sanzionato in forma indiretta, qualora la vaccinazione fosse preordinata ad assicurare una copertura immunitaria di minori di età la legge, accanto ed oltre a questo deterrente amministrativo (ammenda a carico degli esercenti la patria potestà e rigetto dell'iscrizione del bambino alla scuola d'obbligo), ha poi previsto ulteriori accorgimenti dissuasivi -la cui determinazione è però "rimessa alla discrezionalità del legislatore" e non sarebbe "censurabile" dal giudice delle leggi "se non arbitraria" (Corte Cost. sent. n. 132 del 1992)- per indurre coloro che

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esercitano la patria potestà sui minori (soprattutto se in tenera età, e comunque al di sotto dei 14 anni) a recedere da un atteggiamento (dettato da motivazioni naturalistiche o di mera opportunità scientifica, religiosa, morale) aprioristicamente contrario a sottoporre il proprio figlio a trattamenti di questo genere. Tra i doveri che sono prescritti dalla norma costituzionale (art. 30) ai genitori rientra, infatti, quello di istruire ed educare i figli, tutelandone "al meglio il benessere" (Comitato Nazionale per la Bioetica, Le vaccinazioni, cit.), speculare al diritto degli stessi minori ad un "integrale e compiuto sviluppo" della loro personalità (Dogliotti, 1993). Tali incombenze, correlate al mantenimento e alla cura della progenie, seppure configuranti nel contempo la presenza di un diritto (di "rappresentare gli interessi" dei figli "secondo i propri convincimenti": Comitato Nazionale per la Bioetica, Le vaccinazioni, cit.) non potrebbero tuttavia considerarsi "incondizionate" e prive di limitazioni (Trib. Venezia 10 maggio 1994), dovendo per converso essere preordinate alla "formazione morale ed intellettuale della prole" (Dogliotti, 1993). Ciò al fine di evitare che i genitori trasferiscano al "minore, del quale hanno la responsabilità, le eventuali conseguenze negative delle proprie scelte" (Comitato Nazionale per la Bioetica, Le vaccinazioni, cit.). Del resto la primazia riconosciuta dalla Costituzione agli interessi del minore (sia durante lo sviluppo infantile che adolescenziale: arg. artt. 30 e 31, 2° comma Cost.) e la conseguente limitazione dei poteri del genitore traggono fondamento dal medesimo art. 30, comma 2 Cost. a norma del quale, in caso di incapacità dei genitori, "venuti meno ai propri compiti educativi e di salvaguardia" (Dogliotti, 1993), la legge dovrà prescrivere, come extrema ratio, "misure di intervento pubblico" surrogatorie della famiglia di origine (Bessone, 1976) comportanti l'"affievolimento" (e non la decadenza) dell'esercizio della potestà, nell'interesse dello stesso minore. Senza proporsi, in alcun modo di punire e di colpevolizzare i genitori, la loro sostituzione temporanea intende piuttosto provvedere a contrastare quei comportamenti destinati a pregiudicare gli interessi del figlio, quali potrebbero essere quelli preordinati ad impedire, per motivi religiosi, una trasfusione indispensabile per la sua salute (Dogliotti, 1993) ovvero a sottrarre, per ragioni di ordine naturalistico, scientifico o religioso, il minore dalla misura di profilassi, con l'effetto di mettere a repentaglio (in assenza di una copertura immunitaria) la sua salute oltre a determinare un pericolo per la collettività. Fermo restando l'ossequio, da parte del medico procedente, dei limiti connessi al rispetto della persona umana e della sua dignità (i quali attengono all'individuo maggiorenne, quanto al minore di età), l'eventuale rifiuto opposto dai genitori, allo stesso operatore sanitario o alla struttura del servizio socio/assistenziale competente, di sottoporre il proprio figlio alla vaccinazione obbligatoria verrebbe a configurare una "condotta pregiudizievole nei confronti della prole" (Trib. min. Venezia 18 ottobre 1993) -i cui effetti dannosi sulla salute di quest'ultima determinerebbe una loro personale responsabilità- rimovibile con provvedimento del giudice minorile. Questi, infatti, sollecitato ad intervenire -su istanza dell'altro genitore, dei parenti, del pubblico ministero ovvero d'ufficio (Corte Cost. sent. n. 132 del 1992) o anche su segnalazione del medico responsabile del Servizio vaccinale- ai sensi degli artt. 333 e 336 cod. civ. potrà adottare, dopo aver affievolito la potestà genitoria per il solo tempo necessario per l'esecuzione del trattamento sanitario, i provvedimenti ritenuti "più convenienti nell'interesse del minore" (Trib. min. Venezia 18 ottobre 1993), prevedendone l'"immediata esecutività" (Corte App. Torino 3 ottobre 1992). Tali misure, "idonee per sottoporre il bambino alla vaccinazione" (Corte Cost. sent. n. 132 del 1992) e adottate anche "contro il consenso dei genitori" (Corte App. Torino 3 ottobre 1992), dovranno essere eseguite, pure ricorrendo alla forza pubblica, dall'amministrazione sanitaria, non rientrando nelle competenze del giudice "alcun sindacato sul comportamento omissivo o rifiutante dei genitori in ordine alle vaccinazioni" che, per essere prescritte come obbligatorie dalla legge, escludono in radice la "potestà di rifiutarle" (Trib. min. Bologna 20 gennaio 1994).

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Qualora il giudice dovesse accertare la trasgressione di un obbligo di legge, con proprio decreto potrà quindi indirizzare all'esercente la patria potestà l'ordine di "accompagnare il minore al presidio sanitario" perché gli venga inoculato il vaccino (Santosuosso- Turri, 1995). In considerazione della fungibilità di questo obbligo di fare il giudice incaricherà, dell'esecuzione del proprio decreto, il Sindaco competente per territorio (ex art. 23 del D.P.R. n. 616 del 1977) cui spetterà di accertare che gli operatori del Servizio Sociale, attesa l'esistenza di eventuali "controindicazioni" (Corte Cass. 8 febbraio 1994, n. 1265) e incompatibilità secondo l'arte medica, abbiano infine provveduto a somministrare le vaccinazioni obbligatorie al minore. E' indubbio che l'intervento della forza pubblica, necessario per superare la resistenza dei genitori nonostante il provvedimento del giudice, dovrebbe costituire l'extrema ratio da percorrere soltanto in caso di fallimento di ogni tentativo di persuasione da parte degli operatori sanitari, potendo determinare sul minore effetti traumatici e forse pregiudizievoli per il suo equilibrio psichico. Sarà dunque impegno per gli addetti al Servizio Sociale di adoperarsi, attraverso un'adeguata informazione sui costi e i benefici della vaccinazione, per tranquillizzare i genitori allontanando le "paure e i pregiudizi che spesso impediscono una percezione equilibrata" controllando, comunque, la "situazione del minore, soprattutto con riferimento alle conseguenze che la mancata vaccinazione comporta per l'adempimento dell'obbligo scolastico" (Trib. min. Venezia 10 maggio 1994). 5. L'equo ristoro dei danni da vaccinazione. La prescritta obbligatorietà di sottoporsi a trattamento sanitario, che sia funzionale alla salvaguardia della salute individuale oltre che collettiva, esige -in ossequio allo spirito solidaristico e di giustizia sostanziale e distributiva degli oneri pubblici che albergano nel nostro testo costituzionale (artt. 2, 32, 52, 53)- la previsione di un equo (e non soltanto simbolico) ristoro economico a carico dello Stato per i danni da vaccinazione dai quali sia derivata una menomazione permanente (art. 1 legge n. 210 del 1992) e di cui sia dimostrato il loro nesso di causalità con l'esecuzione del trattamento sanitario obbligatorio. Ed allora, non potendo di certo l'individuo "essere semplicemente chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri" (Corte Cost. sent. n. 118 del 1996), sarà compito dello Stato -cui corrisponderà per il soggetto danneggiato una "pretesa protetta direttamente dalla Costituzione" (Corte Cost. sent. n. 118 del 1996)- prevedere un adeguato rimborso "per il semplice fatto obiettivo e incolpevole dell'aver subito un pregiudizio non evitabile, in un'occasione dalla quale la collettività nel suo complesso trae un beneficio: dovuto dunque indipendentemente dal risarcimento in senso proprio, che potrà eventualmente essere richiesto dall'interessato, ove ricorrano le condizioni previste dall'art. 2043 del codice civile" (Corte Cost. sent. n. 118 del 1996). Quanto precede risponde, quindi, all'esigenza di convertire il diritto alla salute dell'individuo, sacrificato nell'interesse altrui, "nel suo equivalente economico, quale effetto della impossibilità della ricostruzione del diritto stesso" (Camera, 1990). A condizione ovviamente che la diminutio fisica, subita dal soggetto vaccinato e da coloro che abbiano prestato assistenza personale diretta al primo "in ragione della sua non autosufficienza" (Corte Cost. sent. n. 307 del 1990), sia stata provocata da un evento del tutto non prevedibile (se non sotto il profilo statistico) e nonostante siano state adottate tutte le cautele e rispettate le regole "che lo stato delle conoscenze scientifiche e l'arte prescrivono in relazione alla (..) natura" del trattamento (Corte Cost. sent. n. 307 del 1990). E' ovvio che, al di fuori di questi casi, legati all'imprevedibilità ed involontarietà del pregiudizio, emergerebbe la responsabilità civile ed eventualmente penale "dell'inoculatore del vaccino" (ma anche del "produttore e del distributore") derivante da un suo "comportamento colposo" (Comitato Nazionale per la Bioetica, Le vaccinazioni, cit.). Darebbero, infatti, origine ad una azione di responsabilità aquiliana ex art. 2043 cod. civ. le conseguenze pregiudizievoli alla salute dell'individuo provocate a seguito di un'approssimativa e incompleta anamnesi, nell'assenza della "comunicazione" alla persona assoggettata al TSO, "o alle persone che sono tenute a prendere decisioni per essa e/o ad assisterla, di adeguate notizie circa i rischi di lesione (o, trattandosi di

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trattamenti antipidemiologici, di contagio) nonché delle particolari precauzioni, che, sempre allo stato delle conoscenze scientifiche, siano rispettivamente verificabili e adottabili" (Corte Cost. sent. n. 307 del 1990). Qualora, invece, il medico procedente avesse impiegato tutte le cautele possibili e rispettato le regole generalmente accettate e normalmente prescritte della buona pratica medica tali da escludere ogni responsabilità di tipo professionale, sorgerebbe allora il diritto del soggetto danneggiato dal vaccino ad un equo indennizzo. Al riguardo, benché già da tempo taluni paesi europei (come la Francia, l'Austria, la Germania federale, la Danimarca, il Regno Unito) e d'oltre oceano (come gli Stati Uniti) avessero introdotto l'obbligo dello Stato -cui si riconosce una responsabilità oggettiva- di risarcire le vittime di danni da trattamenti sanitari obbligatori (Camera, 1990), soltanto nel 1992 il nostro legislatore, a seguito di una significativa pronuncia interpretativa di accoglimento (di tipo additivo) della Corte Costituzionale (sent. n. 307 del 1990), provvedeva finalmente a varare una disciplina (legge 25 febbraio 1992, n. 210) che introduceva l'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo permanente (morte o menomazione dell'integrità psico/fisica) a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni o somministrazione di emoderivati. Accanto alle persone giuridicamente obbligate, avranno diritto a codesto ristoro anche quelle semplicemente necessitate a subire il trattamento ("per motivi di lavoro o per un incarico del loro ufficio o per poter accedere ad uno Stato estero" (art. 1, 4° comma legge n. 210)) e quelle "entrate in contatto con soggetti infetti per qualsiasi motivo ovvero per ragioni attinenti all'esercizio di professioni sanitarie" (Corte Cost. sent. n. 118 del 1996). Nonostante taluni limiti, relativi alla perdurante inadeguatezza dei criteri adoperati per quantificare il danno da vaccinazione nonché alla composizione dell'organo abilitato a valutare lo stesso, sono tuttavia indubbi i miglioramenti introdotti dalla legge n. 210, e successive modificazioni ed integrazioni introdotte dal decr. leg. 4 aprile 1997, n. 92 (i cui effetti sono però limitati al solo 1997), a cominciare dalla reversibilità per un massimo di quindici anni dell'assegno (in precedenza espressamente dichiarato non reversibile dall'art. 2, 2° comma della legge n. 210); non tralasciando poi la prevista cumulabilità dell'indennizzo "con ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito" e la sua rivalutazione annuale "sulla base del tasso di inflazione programmato" (art. 1, 1° comma decr. leg. n. 92); la possibilità (precedentemente non contemplata dalla legge n. 210) di optare in caso di morte del vaccinato, tra l'assegno reversibile e l'assegno una tantum portato poi da Lire 50 milioni (art. 2, 3ø comma legge n. 210) a lire 150 milioni, da erogare agli aventi diritto indipendentemente dal fatto che il "reddito della persona deceduta non rappresenti l'unico sostentamento della famiglia" (art. 1, 3° comma decr. leg. n. 92). Assai significativa è anche la prevista esenzione dei soggetti danneggiati da vaccinazioni "dalla partecipazione alla spesa sanitaria" (di cui all'art. 8, commi 14 e 15 legge n. 537 del 1993 e successive modificazioni) "nonché dal pagamento della quota fissa per ricetta" (art. 8, comma 16-ter legge n. 724 del 1994) "limitatamente alle prestazioni sanitarie per la diagnosi e la cura di patologie previste dalla predetta legge n. 210 del 1992" (art. 1, 5° comma decr. leg. n. 92), accanto al riconoscimento -in aggiunta al ristoro per danni da vaccinazione- di un indennizzo aggiuntivo (stabilito dal Ministro della Sanità con proprio decreto, in misura comunque non superiore al 50 per cento di quello principale) a favore di coloro che abbiano contratto "più di una malattia ad ognuna delle quali sia conseguito un esito invalidante distinto e riconosciuto" (art. 1, 7° comma decr. leg. n. 92). Ancorché la disciplina sull'indennizzo dei danni da vaccinazione sia, come abbiamo testé cercato di dimostrare, certamente perfettibile, le modifiche e integrazioni della legge n. 210 introdotte dal decreto legge n. 92 del 1997 hanno sicuramente migliorato l'entità del ristoro economico, rendendolo più conferente ai propositi solidaristici dello Stato verso coloro che nell'interesse altrui hanno sacrificato la propria integrità fisica, quando non la propria esistenza. Sarebbe perciò assai grave se il nostro ordinamento fosse addirittura costretto a fare un passo indietro, ai livelli di solidarietà del 1992. Eventualità questa certamente non peregrina se, come

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molti segnali lasciano intravedere, il Parlamento non procederà immediatamente alla conversione del decreto legge n. 92 (in scadenza il 4 giugno 1997 e in questi giorni all'esame della Commissione Igiene e Sanità del Senato) con l'effetto di pregiudicare gli attuali livelli di ristoro assicurati ai danneggiati da vaccinazione, di cui peraltro sarebbe auspicabile un ulteriore incremento tale da parificarli al risarcimento del danno biologico.

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Bibliografia: AA.VV., Trattamenti sanitari fra libertà e doverosità, Atti del Convegno di studi, Roma 1 dicembre 1982, Napoli, 1983. Barile P., Diritti dell'uomo e libertà fondamentali, Bologna, 1984. Bessone M., Commento agli artt. 30 e 31 della Costituzione, in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Art. 29-34. Rapporti etico-sociali, Bologna-Roma, 1976, p. 86 ss. Buzzi F.- Oppezzo M.C.- Hansen H., Profili medico-legali e medico-sociali delle vaccinazioni in prospettiva europea, in Riv. it. med. leg., 1990, p. 1039 ss. Camera M.T., Equo indennizzo per danno conseguente al trattamento sanitario obbligatorio, in Rass. amm. della San., 1990, p. 305 ss. Chieffi L., Ricerca scientifica e tutela della persona. Bioetica e garanzie costituzionali, Napoli, 1993. Comitato Nazionale per la Bioetica, Le vaccinazioni, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per l'informazione e l'editoria, Roma, 1995. Dogliotti M., Potestà dei genitori, vaccinazioni obbligatorie, procedimento ex art. 333 c.c., in Il dir. di fam. e delle pers., 1993, p. 578 ss. Luciani M., Salute I) Diritto alla salute-Dir. Cost., in Enc. giur., vol. XXVII, Roma, 1991. Santosuosso- Turri, I trattamenti obbligatori, in Barni M.-Santosuosso A. (a cura), Medicina e diritto, Milano, 1995. Vincenzi Amato D., Commento all'art. 32, 2° comma della Costituzione in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, art. 29-43, Rapporti etico-sociali, Bologna-Roma, 1976, p. 167ss. Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Sciaudone: Ringrazio il Prof. Chieffi perché l’esposizione è stata molto completa, è arrivato sino, diciamo, alla fase del “de jure condendo” attuale. Il decreto legge che scade il 4 giugno è stato, in qualche modo, recuperato dal Ministro Bindi che, insieme con Ciampi, ha presentato un disegno di legge in cui ci regolano tutte le cose che ha analizzato il Prof. Chieffi e che è stato approvato dalla XII Commissione Permanente del Senato della Repubblica Igiene e Sanità il 7 maggio del ’97. Ma, naturalmente, come giustamente ha detto il Prof. Chieffi, non credo che possa diventare legge dello Stato entro il 4 di giugno, e quindi ci troveremo di fronte a questa vacatio legis. Mi è piaciuto anche, molto, tra le varie cose veramente di grande interesse che il Prof. Chieffi ha detto, la sottolineatura che ha fatto di questo aspetto che il medico legale non riesce proprio a capire, Professor Chieffi, in nessun modo, di come, di fronte al problema della audita visa atque intellecta eliminet nemo, cioè del discorso di fondo del segreto professionale, una nuova legge dello Stato, vada, come lei ha giustamente sottolineato, ad enfatizzare il problema che in materia vaccinale è come se esistesse un super segreto professionale. Lo dico in maniera provocatoria, anche perché mi serve come liaison nei confronti della relazione del Prof. Fabroni. Mi sembra veramente assurdo, e lei lo ha molto ben sottolineato, questo comma 1 bis che deve essere aggiunto al comma 1 dell’articolo 3 della legge 25 febbraio ’92: “Chiunque, nell’esercizio delle proprie funzioni, venga a conoscenza di casi di persone danneggiate da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie etc., è tenuto a rispettare il segreto d’ufficio e ad adottare, nell’ambito delle proprie competenze, tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona interessata”. Come se non bastasse, il problema del segreto professionale e del segreto d’ufficio, è stato risottolineato, rienfatizzato. Naturalmente, ad essere un po’ cattivelli, ci si chiede il perché di questa sottolineatura.

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Dopo aver ancora ringraziato il Prof. Chieffi, do la parola al Prof. Fabroni che tratterà degli aspetti medico-deontologici della questione.

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VACCINAZIONI: OBBLIGO O LIBERTA’? ASPETTI MEDICO-

DEONTOLOGICI. Prof. Franco Fabroni, Direttore dell’Istituto di Medicina

Legale dell’Università di Perugia

I richiami deontologici posti alla classe medica dalla normativa vigente sulla pratica professionale delle vaccinazioni obbligatorie trovano fondamento sul piano giuridico nel principio costituzionale che all’art. 32 legittima i TSO ed in quello contenuto nell’art. 33 della L. 833/78 (riforma sanitaria) nei quali si definisce l’impegno dello Stato alla tutela della salute, intesa non solo come salvaguardia di un bene e diritto individuale, ma anche come protezione della società. Secondo tale principio costituzionale il richiamato TSO costituisce una categoria medico-legale fondamentale applicabile in tutte le situazioni previste da un intervento normativo che ne deve stabilire non solo le indicazioni, ma anche la soggettività passiva e le modalità attuative, superando la volontà individuale. Sotto un più ampio profilo giuridico costituzionale, la pratica delle vaccinazioni obbligatorie trova inoltre la sua giustificazione nell’adempimento dei “doveri inderogabili di solidarietà” di cui all’art. 2 della Costituzione. Si sostiene infatti che se le vaccinazioni obbligatorie rispondono alla esigenza di garantire anche l’interesse della collettività alla salute, d’altra parte esse esprimono una modalità di estrinsecazione del dovere inderogabile della solidarietà, quali prestazioni personali a favore di una generalità di soggetti, anche non direttamente rapportabili alla sfera personale dell’obbligato. Dovendosi precisare al riguardo che, come rilevato dalla C. Costituzionale con sentenza n. 307 del 1990, le vaccinazioni obbligatorie, alla stregua di ogni altro trattamento sanitario obbligatorio, sono costituzionalmente legittime solo se dirette contestualmente alla tutela del singolo e della collettività. Ne consegue pertanto l’assunto che le vaccinazioni obbligatorie possono essere disposte per legge solo per quelle malattie che hanno carattere contagioso ed epidemico, ma non quando pongono in pericolo soltanto la salute del singolo individuo. Ciò posto, l’attuale legislazione italiana considera obbligatorie le seguenti vaccinazioni: a) per l’infanzia la vaccinazione antidifterica (L. 6.6.1939 n. 891), antipoliomielitica (L. 4.2.1966 n. 51), antitetanica (L. 5.3.1968 n. 292) ed antiepatite virale B (L. 27.5.1991 n. 165). Da notare che l’obbligatorietà della vaccinazione antivaiolosa, prevista dall’art. 26 del T.U. delle Leggi Sanitarie del 1934, è stata abrogata con L. 457/1981. b) per ben definite categorie di lavoratori è obbligatoria rispettivamente la vaccinazione antitubercolare (L. 1088/1970), quella antitetanica (L. 292/1963 e DM 22.3.75) e quella antitifica (DCG 21.12.1926 e DPR 327/1980). Da segnalare inoltre che, nella mancata previsione legislativa di esimenti motivati da obiezione di coscienza, ogni questione di legittimità costituzionale di tali norme è stata respinta da pronunce della Corte Costituzionale, rendendosi inevitabilmente operante l’applicazione delle previste sanzioni amministrative (sia di tipo pecuniario che inibenti l’ammissione a comunità infantili ed a scuole pubbliche del minore non vaccinato) e facendosi presente che in caso di mancata somministrazione di vaccinazione antipoliomielitica viene assegnato al genitore (v. art. 7 DM 25.5.67) un termine di tempo perentorio per ottemperare all’obbligo della stessa, trascorso il quale egli deve essere deferito, dal Servizio di Igiene Pubblica della USL, all’Autorità Giudiziaria per l’intervento sostitutivo del Pubblico Ministero, o, in caso di urgente necessità, del Tribunale dei Minori, ai sensi degli artt. 330, 333 e 336 del Codice Civile (sentenza n. 132 del 16-27.3.1992).

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In tal caso può prevedersi una imputabilità per violazione dell’art. 650 del C.P. e dell’art. 260 del T.U. delle Leggi Sanitarie, con le relative sanzioni. Vi è inoltre chi, nel caso di inadempienza della vaccinazione da parte dei genitori, ipotizza anche una violazione dell’art. 30 della Costituzione e dell’art. 147 del Codice Civile, non escludendosi l’ipotesi di ravvisare gli estremi di un omicidio colposo e di lesioni colpose qualora in tali circostanze il minore contragga la malattia contro la quale non era stato immunizzato e da questa derivino la morte o postumi di apprezzabile entità. Sul piano degli obblighi del medico, va infine ritenuto suo compito quello di proporre al Sindaco la disposizione di un TSO in caso di mancato consenso alla vaccinazione secondo l’art. 33 della L. 833/78, ed è prospettabile l’eventuale obbligo di rapporto giudiziario (art. 331 C.P.) per violazione dell’art. 650 del C.P. (“Inosservanza di provvedimenti dell’autorità”). Di tale impostazione legislativa prende atto il Codice Deontologico della categoria medica nella sua più recente approvazione (giugno 1995), ove all’art. 33 si fa specifico riferimento alla irrilevanza della opposizione ai TSO da parte del paziente o del suo rappresentante legale, ovviamente escludendosi l’ipotesi della consequenziale messa in atto di trattamenti fisicamente coattivi da parte del medico. Secondo quanto trova ampia e dettagliata attenzione negli articoli contenuti nel Capo IV del Codice stesso, resta peraltro ed ovviamente esteso ai casi in questione l’inderogabile obbligo deontologico di fornire una adeguata informazione sulle prospettive terapeutiche e sulle verosimili conseguenze della terapia e della mancata terapia, ai fini della acquisizione di un consenso informato e valido quale presupposto strettamente vincolante la liceità di ogni intervento medico. All’art. 19 del Codice inoltre viene mantenuta la previsione di un rifiuto del medico alla sua opera professionale per obiezione di coscienza nel caso di interventi che contrastino con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico (naturalmente a meno che tale atteggiamento non sia di grave ed immediato nocumento al paziente). Ciò posto, non è dubbio che tali puntualizzazioni rappresentino dei momenti di discriminazione alla cogenza legislativa dei TSO e quindi anche delle vaccinazioni obbligatorie, rappresentando peraltro il richiamo e la riaffermazione di principi fondamentali ed inderogabili della deontologia medica, ed in quanto tali, da sempre in perfetta assonanza con le acquisite posizioni della bioetica. Sotto tale profilo, infatti, vale l’assunto per cui ogni riflessione indotta dalla acquisizione delle più aggiornate informazioni scientifiche fornite dal progresso della scienza deve essere produttiva di linee guida di comportamento nelle quali si contempera l’attuazione di metodiche dirette al raggiungimento di legittimi traguardi nell’interesse della collettività con il rispetto della dignità e del benessere del singolo. Per chiunque esiste quindi il dovere di prendersi cura di sé avvalendosi di tutte le possibilità di prevenzione e di cura per la sua salute che la scienza medica gli offre; pertanto, quando non vi sono condizionamenti posti da astratte motivazioni religiose ispirate ad una concezione della vita che affidi la salute al corso naturale delle cose, il rifiuto a prendersi cura di sé non appare giustificabile e diviene poi colpevole quando si risolve in un danno per gli altri. Per gli stessi motivi, ed anche al di là dei propri convincimenti personali, i genitori debbono provvedere alla salute dei propri figli ponendoli nelle migliori condizioni possibili per la loro esistenza. Ma ne risulta coinvolta anche la posizione etica delle strutture pubbliche che, nell’ottica dell’interesse superiore del bene comune dovrebbero farsi carico di un’opera di educazione e di informazione a tutto campo, diretta a far maturare la cosciente responsabilità del singolo e quindi a porlo in condizione di giungere a consapevoli scelte e decisioni, superandosi in tal modo ogni ipotesi di provvedimento coercitivo. Tali assunti si mostrano particolarmente degni di attenzione nella pratica delle vaccinazioni, proprio in quanto gli sviluppi della medicina tradizionale hanno notevolmente condizionato nel tempo l’atteggiamento dell’opinione pubblica, suscitando in un primo momento ovvie perplessità e spontanei timori per la stessa tecnica innovativa proposta, in un secondo tempo accolta ed esaltata

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anche in termini trionfalistici, i quali tuttavia in tempi recenti non hanno impedito l’affiorare di nuovi problemi e dubbiosità sul piano attuariale e su quello finalistico. Per restare infatti nell’ambito della medicina tradizionale è stato ufficialmente riconosciuto che l’uso dei vaccini, a fronte di affermati vantaggi quali la capacità di prevenire alcune malattie (vaiolo, poliomielite, difterite, tetano), di rappresentare un presidio terapeutico (rabbia, tbc), di suscitare uno stimolo allo studio dei fenomeni immunitari e di possedere l’indubbio merito di ricorrere all’uso di farmaci cosiddetti naturali, può comportare seri problemi ed inconvenienti, fra i quali la possibilità di effetti collaterali anche gravi (reazioni allergiche, disturbi neurologici, virulentazione di germi attenuati), spesso comportando inoltre particolari difficoltà, impegno scientifico e costi nella messa a punto di un vaccino nelle varie tappe della sperimentazione e del trattamento sull’uomo. E’ emersa così palesemente la possibilità di effetti indesiderati, specie a livello del sistema immunitario, tanto che nel 1987 il Cacciapuoti poteva distinguere tre tipi di reazioni anomale che egli attribuì rispettivamente alla normale tossicità del vaccino, ovvero a sue caratteristiche improprie (precipuamente identificabili nell’eccessiva virulenza residua per insufficiente detossicazione), ovvero infine ad una reattività anomala del soggetto al vaccino. E non può ulteriormente ignorarsi che su di un piano culturale scientificamente diverso ma non per questo meno degno di considerazione, la cosiddetta medicina alternativa, e la medicina omeopatica in prima linea, da sempre si pongono in radicale opposizione alla pratica delle vaccinazioni, manifestandola attraverso la pubblicazione di studi e ricerche dettagliate, dai quali in sintesi emergono le seguenti conclusioni (v. N. Miller “Bambini e Vaccini”, Macro Edizioni, 1994): 1) molti vaccini non sono stati il vero motivo del calo nell’incidenza della malattia che dovevano scongiurare; 2) nessun vaccino può conferire una vera immunità; 3) tutti i vaccini possono produrre effetti collaterali; 4) gli effetti a lungo termine sono sconosciuti; 5) molti vaccini possono essere particolarmente pericolosi. Deve convenirsi quindi che la validità dell’uso di vaccini può riconoscersi unicamente e solo nell’assoluto rispetto delle garanzie fornite da una informazione approfondita ed aggiornata, tenute presenti tutte le fonti di informazioni documentate e controllabili, senza discriminazioni culturali, e quindi esaminando la esperibilità di tutte le possibili alternative, soprattutto quando si richiamano le pubbliche amministrazioni al loro diritto/dovere di intervenire al riguardo. Ed è certamente sulla base di questi presupposti che in molte nazioni scientificamente e socialmente progredite (Belgio, Danimarca, Irlanda, Olanda, Gran Bretagna, Repubblica Federale Tedesca, Spagna, Austria, Svizzera, USA, Giappone) non risultano - o non risultano più - essere previste vaccinazioni obbligatorie. Ma è da segnalare che anche nel nostro Paese, sulla scorta delle revisioni scientifiche e degli interventi della classe medica, non sono mancate concrete e significative prese di posizione giurisprudenziali legittimanti in alcuni casi il superamento del vincolo impositivo delle vaccinazioni ed aprendo quindi spiragli verso una maggiore autonomia decisionale del singolo; palesando in definitiva la comparsa di alcune incrinature concettuali nei presupposti scientifici che verosimilmente giustificavano la obbligatorietà di alcune vaccinazioni. Si ricordano al riguardo i seguenti esempi da cui emerge il riconoscimento ufficiale della possibilità di conseguenze dannose alla vaccinazione: a) la sentenza n. 307/1990 della Corte Costituzionale che, pur sanzionando la legittimità delle misure di vaccinazione obbligatoria nell’interesse della collettività, ha nel contempo non solo richiamato l’attenzione del legislatore sulla necessità di un corretto bilanciamento fra le dimensioni giuridiche della tutela della salute del singolo e quelle della tutela della collettività, ma ha precisato anche che l’eventuale nocumento riportato dal singolo a cagione di un trattamento obbligatorio volto al conseguimento del benessere collettivo, deve comportare, da parte dello Stato, un equo indennizzo;

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b) la sentenza del Tribunale di Milano del 20.12.90, in cui si sancisce il diritto ad ottenere dallo Stato un indennizzo a titolo di responsabilità oggettiva, per la madre che aveva contratto la polio per effetto della vaccinazione del figlio; c) la circolare del Ministero della Sanità n. 9 del 26.3.91 sulle norme per l’esecuzione delle vaccinazioni, in cui si elencano le controindicazioni, specificamente nei casi di malattie acute con febbre e turbe generali importanti, di disordini immunitari, di gravi reazioni avverse dopo la prima somministrazione, di gravidanza, di allergie alle proteine dell’uovo ed agli antibiotici presenti nei vaccini; vengono elencate anche le false controindicazioni; d) la Legge 210/92, che ribadisce il diritto di un indennizzo da parte dello Stato per chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica; e) la sentenza n. 132 del 17-27.3.92 ove si stabilisce la possibilità di ottenere l’esonero delle vaccinazioni obbligatorie per motivazioni di carattere medico, e quella n. 258 del 20.6.94 che invita il legislatore ad individuare mezzi diagnostici in grado di prevedere e prevenire possibili complicanze legate alla somministrazione di vaccini. A dimostrazione poi dei decisivi interventi della classe medica in sede peritale, si ricordano le risultanze di due recenti CTU relative a procedimenti della Corte d’Appello di Trieste:

La prima di esse, depositata nel febbraio 95 (R.C.C. 61/94, Cron. 1462, inc. 38/94) e redatta sulla scorta di ampia ed approfondita disamina della letteratura, conclude che nelle condizioni di vita del minore in esame, che non era stato sottoposto alle vaccinazioni obbligatorie da parte dei genitori, la vaccinazione antidifterica e quella antipoliomielitica non costituivano utile misura di salvaguardia per la salute, mentre tale requisito era posseduto dalla vaccinazione antitetanica.

La seconda, depositata nel dicembre 96 (n. 185/95 R.C.C. n. 1007) ed anche essa redatta sulla scorta di ampia ed approfondita disamina della letteratura, conclude che ai fini della salvaguardia della salute della minore in esame, considerata nelle sue condizioni di vita individuale e sociale, non sembrava utile misura la vaccinazione obbligatoria contro il virus dell’epatite B. In conclusione appare indubbio che nell’attuale momento le disposizioni legislative sulle vaccinazioni obbligatorie non si mostrano in soddisfacente assonanza con i più consolidati principi di ordine deontologico ed etico-sociologico a causa della mancanza di indispensabili certezze nelle premesse scientifiche; queste dovrebbero quindi essere adeguatamente sottoposte ai più accurati riscontri tenendo presente qualsiasi contributo documentato e controllabile e rifiutando ostracismi o discriminazioni fra medicine cosiddette ufficiali e medicine cosiddette alternative, nel nome della libertà della scienza e nel nome della scienza stessa, che si trova là dove si impiegano il ragionamento e l’esperienza. Sotto il profilo deontologico, pertanto, la classe medica, pur nell’obbligo contingente della osservanza delle leggi dello Stato, deve confermarsi come la depositaria di una visione la più ampia possibile del problema della salute pubblica, nel quale il medico si trova impegnato in una posizione centrale, nella sua veste di ricercatore, di sperimentatore e di educatore, ma anche, e soprattutto, di responsabile degli atti applicativi della sua professione, nella consapevolezza che questi debbono risultare strettamente condizionati, in ogni singolo caso, dalla più attenta e solidaristica valutazione dei rischi e dei benefici apportabili alla salute dell’assistito. Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Sciaudone: Grazie, Professor Fabroni, per questa relazione così interessante. Soprattutto io vorrei sottolineare l’aspetto applicativo in relazione a quanto da lei riferito su giudizi tecnici che sono stati espressi in occasione delle consulenze che sono state svolte.

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Mi sembra che, come dire, il paese reale stia dando una risposta, in termini assolutamente concreti, alla problematica che noi ci eravamo posti.

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Un tentativo di confronto tra omeopatia ed allopatia in tema di vaccinazioni

obbligatorie. Prof. Antonio Farneti, Prof. Lucia Macrì, Istituto di Medicina

Legale e delle Assicurazioni dell’Università di Milano

Abstract Con questo articolo si è voluto tentare un confronto tra la medicina tradizionale e la medicina omeopatica mentre da un punto di vista più propriamente medico-legale, in termini di liceità d’esercizio e di scelta di trattamento non si ravvisano sostanziali differenze, appare chiara la diversità di approccio nel rapporto fondamentale tra medico e paziente. Mentre il medico tradizionale, probabilmente a causa del progressivo tecnicismo biomedico, sembra avere dimenticato l’essenza fondamentale di tale rapporto, il medico omeopata risulta invece maggiormente interessato da una profonda relazione con il paziente. Partendo da queste premesse, si può comprendere come sia diversa la concezione della pratica vaccinale per le due sfere della medicina considerate in questo tentativo di confronto: tale strategia epidemiologica costituisce il momento principale della prevenzione della malattia nella medicina tradizionale mentre, per l’omeopata, la vaccinazione di massa, così come intesa nel nostro Paese, è il risultato finale della storia della Medicina Occidentale, da sempre orientata alla cura della patologia, non alla prevenzione di essa. A tale proposito numerosi studi statistici effettuati nell’ambito della medicina omeopatica hanno tentato e voluto dimostrare che la vaccinazione potrebbe essere la causa di un processo si slatentizzazione di forme patologiche ad eziologia autoimmune. In questo articolo si è dunque sottolineato come, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche ed epidemiologiche, mediando tra quella che è la più comune visione della medicina e le nuove frontiere offerte dalla medicina omeopatica, che la strategia vaccinale di massa non deve né coerentemente può essere considerata l’unico fattore responsabile della diminuzione dell’incidenza delle malattie infettive. Soffermandoci infine sul concetto di salute, quale stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non sulla mera assenza di malattia o infermità, la medicina tradizionale dovrebbe cercare di recuperare una visione globale dell’essere umano, visione globale che oggi appartiene più specificamente alla medicina omeopatica, quale scienza a “misura di uomo” nella sua dinamicità. Il riferimento utile che pertanto si deve trarre dalla omeopatia risulta essere il recupero del rapporto medico-paziente, al fine non affatto trascurabile di attuare una forma di consenso “reale” alla pratica vaccinale e non un semplice consenso falsificato sulla scorta di un obbligo sancito per legge. In termini di liceità d’esercizio e di scelta di trattamento non appaiono ravvisabili sostanziali differenze tra medicina tradizionale ed omeopatia, in quanto sia nell’una che nell’altra l’accettazione dell’indagine diagnostica e della terapia non possono prescindere dall’informazione e conseguentemente dal consenso del paziente; sussiste invece una non trascurabile differenza tra l’approccio del medico tradizionale e quello del medico omeopatico nel rapporto tra medico e paziente. Mentre il primo, forse a causa del progressivo tecnicismo biomedico, ha perduto l’essenza profonda di tale rapporto, il secondo risulta contrassegnato da una più profonda relazione con il malato. Esiste dunque un accostarsi diverso alla malattia ed al paziente tra la medicina tradizionalmente intesa e l’omeopatia: mentre la prima è giunta, attraverso diverse fasi storiche, alla costruzione di protocolli terapeutici sempre più generalizzati e poco rivolti alla realtà del singolo, la

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seconda ha posto al centro della problematica diagnostico-terapeutica il malato, quale essere individuale ed unico. Partendo da tali premesse, si comprende come diverso sia il modo di concepire la pratica vaccinale per il medico tradizionale e l’omeopata: adottando una pur semplice analisi comparativa, mentre per il primo la vaccinazione costituisce il momento principale della fase di prevenzione della malattia, per il secondo essa è il risultato pratico di come la medicina allopatica da sempre si sia orientata verso la cura della malattia e non verso una vera prevenzione, partendo dal concetto che alla base del processo patologico vi sia un’unica causa e che, nel caso delle malattie infettive, questa deve essere identificata con uno specifico agente virale o batterico. A conforto di questo atteggiamento, vengono segnalati studi statistici effettuati da omeopati, secondo i quali la vaccinazione potrebbe essere la principale causa di un processo di slatentizzazione di forme patologiche ad eziologia autoimmune (valga come esempio uno studio che ha evidenziato l’aumento di mortalità per diabete dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale). Certamente non si può dimenticare che nell’ambito della medicina tradizionale, la vaccinazione costituisce una importante conquista dell’uomo per riuscire a combattere la “malattia”. Infatti, fin dai tempi più antichi, la storia della malattia accompagna l’uomo nella realtà e nell’immaginario collettivo e parallelamente sviluppa nell’essere umano l’idea di poter dominare la natura, attraverso la conoscenza dei meccanismi che la malattia stessa causa nel corpo e nella mente di chi ne viene colpito. La vaccinazione diventa, con il trascorrere del tempo, la reale prova della presenza in ogni individuo di potenziali risorse contro la malattia: l’immunità può essere indotta, l’uomo può dominare la natura. In senso contrario, diversi ricercatori nell’ambito di una visione della malattia opposta rispetto a quella tradizionale, hanno notato che il processo patologico contratto in modo “naturale”, attiva una serie di difese immunologiche tali da bloccare il germe patogeno non permettendone la diffusione ad organi o apparati, come invece accadrebbe nel caso di inoculazione artificiale di virus o batteri operata dalla pratica vaccinale. Ciò che in realtà si può affermare, mediando tra quella che è la più comune visione della medicina e le nuove frontiere offerte dalla omeopatia, è che le vaccinazioni di massa, così come effettuate nel nostro Paese, non devono nè coerentemente possono, essere considerate l’unico atto responsabile della diminuzione della incidenza di talune malattie. Esistono infatti a questo proposito, studi cosiddetti “tradizionali” dimostranti come alcune vaccinazioni, ad esempio, la vaccinazione anti-epatite B, sia stata resa obbligatoria durante la fase di calo naturale della contagiosità di tale infezione; non dobbiamo inoltre dimenticare il ruolo igienico-epidemiologico delle migliorate condizioni di vita nel concorrere a sopprimere alcune infezioni importanti, quali la poliomielite o la difterite. Dal punto di vista giuridico il capitolo delle vaccinazioni obbligatorie in Italia, si inserisce nel più vasto dibattito sui trattamenti sanitari obbligatori: tale questione appare oggi molto importante, se considerata come il fulcro dove si confrontano i diritti della persona e quelli della collettività, le istanze individuali e quelle pubbliche, l’individuo e la società. Negli anni è infatti cresciuta la consapevolezza di ciascun individuo della libertà di poter disporre di sé, in contrapposizione ad un bisogno reale da parte dello Stato sociale, di operare comunque un controllo sull’individuo per il “bene” dell’intera collettività. La Costituzione (art. 32) e la Legge 833/78 (artt. 1 e 33), sanciscono infatti la tutela della salute del cittadino, sia come diritto del singolo, sia come interesse della collettività, mettendo in rilievo che nessuno può essere sottoposto a un determinato trattamento sanitario se non sia stato disposto dalla legge. In Italia, il susseguirsi di numerose disposizioni normative in materia di vaccinazioni, mostra il concreto interesse per questa materia che ancora oggi non ha trovato una adeguata sistemazione giuridica che raccolga insieme sia gli aspetti più propriamente igienistico-epidemiologici, sia i problemi etici. E’ noto inoltre, che, al di là delle vaccinazioni obbligatorie, sono facoltativamente praticabili altre vaccinazioni contro importanti malattie contagiose dell’infanzia, per le quali l’O.M.S. ha predisposto un programma allargato di immunizzazione, nel quadro dei provvedimenti

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destinati a ridurre la morbilità e la mortalità infantili. Tale programma, noto come E.P.I. (Expanded Programme on Immunisation), è iniziato nel 1974 con lo scopo di controllare, a livello mondiale, le sei malattie con i più alti indici di mortalità e gravi sequele, (difterite, pertosse, tetano, morbillo, poliomielite, tubercolosi), attraverso programmi nazionali di immunizzazione di massa nel corso del primo anno di vita. Questo progetto ha ottenuto l’adesione di 74 paesi, con i più larghi consensi nel mondo occidentale, mentre persistono difficoltà in quelli in via di sviluppo, legate alla limitazione delle risorse finanziarie. Le norme vigenti in Italia sanciscono per i bambini, come si è detto, l’obbligo delle vaccinazioni contro la poliomielite, la difterite e il tetano, mentre attualmente l’obbligo della vaccinazione antivaiolosa (prescritta dal 1892 al 1977) è stato annullato con la Legge n. 457 del 6 agosto 1981. Con la Legge n. 165 del 27/5/1991, è divenuta invece obbligatoria la vaccinazione contro l’epatite B, restando l’obbligo per la vaccinazione anti-tubercolare e anti-tifo per le categorie a rischio o addette a settori riguardanti l’alimentazione o il contatto con ammalati. Il tema delle possibili reazioni collaterali ad una specifica vaccinazione, è fortemente sentito e dibattuto perché spesso, i possibili effetti collaterali derivanti da un vaccino, riconosciuti e studiati sperimentalmente, non corrispondono ai danni da vaccinazione che vengono riportati da importanti mezzi di comunicazione o anche da autorevoli fonti scientifiche. La questione di tali complicanze ha interessato anche la Corte Costituzionale che nella famosa sentenza n. 307 del 1990 ha affermato il principio per cui un tratttamento sanitario può essere imposto “ solo nella previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di chi vi è assoggettato”. Sulla stessa linea è stata emanata la Legge n.210 del 1992 che ha disposto norme precise ai fini della prevenzione delle complicanze causate dalle vaccinazioni. L’impiego della vaccinazione in forma obbligatoria, nonostante la possibilità di danno post-vaccinale, viene applicato quotidianamente nel nostro paese, perché considerato come intervento volto alla salvaguardia ed alla promozione della salute della collettività ed efficace profilassi di determinate malattie infettive e contagiose, sempre nel rispetto delle norme dettate dalla Costituzione e con l’opportuna predisposizione di misure di tutela sociale previste anche dalla Corte Costituzionale ( sentenza n. 218 del 1994 che afferma: “ affinchè, ferma l’obbligatorietà alle vaccinazioni ritenute necessarie alla luce delle conoscenze mediche, siano individuati e prescritti in termini normativi, specifici e puntuali, gli accertamenti preventivi idonei a prevedere e prevenire i possibili rischi di complicanze”). Da un punto di vista più strettamente clinico, ciascun vaccino è in grado di determinare delle reazioni e delle complicazioni, la classificazione delle quali è piuttosto varia. Gli effetti collaterali sono dovuti, nella maggior parte dei casi, a proprietà intrinseche dei vaccini e sono quasi tutti inevitabili; sono in genere banali, hanno una durata da uno a tre giorni e mostrano un esito favorevole. Essi possono essere a livello locale (sede delle iniezioni) e / o a livello generale. Le reazioni locali vengono distinte, secondo la loro natura, in: “non-immunologiche” e “immunologiche”. Le reazioni non-immunologiche sono causate, solitamente, dall’adiuvante (sali di alluminio), presente in molti vaccini e possono presentarsi, soprattutto se l’iniezione è poco profonda, con dolore ed edema. Le reazioni immunologiche si verificano, invece, particolarmente a seguito delle iniezioni di anatossine, difterica e tetanica, e compaiono, con maggior frequenza, con le dosi di richiamo, per lo più in rapporto con l’elevatezza del titolo di antitossina già presente in circolo. A loro volta, le reazioni generali si identificano quasi sempre con la febbre, che può fare la sua comparsa entro 2-6 ore dalla iniezione e comunque entro le 24 ore, causata più frequentemente dai vaccini contenenti sospensioni di batteri Gram-negativi, in quanto il corrispondente antigene lipopolisaccaridico è, per sua natura, pirogeno. Reazioni febbrili di altra natura possono comparire con il vaccino influenzale ucciso a causa della tossicità intrinseca del virus e con i vaccini vivi per la moltiplicazione virale (in questo secondo caso la febbre compare alcuni giorni dopo l’iniezione del vaccino). Le reazioni generali di natura allergica sono oggi molto rare e lo shock anafilattico è eccezionale dopo la progressiva eliminazione dai vaccini delle sostanze responsabili delle reazioni di

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ipersensibilità. Il quadro delle complicanze, presenta invece un insieme di manifestazioni patologiche, le quali, pur originando dalla vaccinazione, assumono una propria fisionomia clinica e, tra esse, sono considerate gravi quelle di ordine neurologico che possono lasciare sequele gravi ed avere, talvolta, esito fatale. L’abolizione della vaccinazione antivaiolosa ha eliminato una delle cause preminenti delle complicazioni più gravi e, parallelamente, l’introduzione nel vaccino rabbico di cellule diploidi umane è venuta a cancellare le complicazioni neuro-paralitiche, frequentemente causate dai vecchi vaccini, contenenti tessuto nervoso eterologo, attraverso un meccanismo immunologico. Seppure rare dunque le complicanze da vaccino non sembra possano essere trascurate in una corretta valutazione sia medica che etico-morale in merito alle vaccinazioni ed alla loro obbligatorietà. Nel bambino sano, l’evenienza di complicazioni è molto remota e quindi la prevenzione delle complicanze associate alle vaccinazioni infantili si fonda in gran parte sulla raccolta di dati e sull’esame obiettivo di tutti i bambini sottoposti al trattamento. Dai dati ricavati da numerosi studi statistici, si osserva, comunque, in qualche modo in senso contrario a ciò che spesso viene proposto con allarmismo da mass media e dai gruppi contrari all’obbligatorietà della vaccinazione, una grande esiguità di manifestazioni patologiche nei soggetti vaccinati, manifestazioni patologiche che comunque esistono e che non devono mai essere sottovalutate solo per il fatto della loro bassa probabilità di accadere. Ad esempio, in uno studio nel periodo compreso tra il 1976 e il 1982, negli USA furono segnalati da 0,2 a 0,4 casi di encefalopatia su un milione di vaccinati per difterite, pertosse, tetano, difterite - tetano, morbillo, parotite e rosolia. Dallo stesso studio per ciò che si riferisce al vaccino triplo antimorbillo-rosolia-parotite, l’insorgere delle stesse complicanze della malattia naturale, (vale a dire encefalomielite e panencefalite subacuta sclerosante per il vaccino antimorbilloso e radicolonevrite nel caso di quello antirosolia), è stata segnalata con frequenza inferiore rispetto a quella riscontrata per le malattie insorte spontaneamente. Alcune ricerche condotte in Canada hanno segnalato l’insorgenza di encefalite post-vaccinale da vaccino triplo in 1 su 100 mila casi. In Gran Bretagna, dopo somministrazione di due milioni e mezzo di dosi di vaccino triplo, si sono verificati tre casi di meningite da parotite. Dal punto di vista immunologico, occorre essere a conoscenza del fatto che, qualora una vaccinazione venga effettuata durante il periodo di incubazione di una qualsiasi malattia infettiva o nel corso di una infezione latente, la somministrazione del vaccino può essere seguita dall’insorgenza della malattia contro la quale si sta praticando l’immunizzazione. A questo proposito si inserisce il caso dell’antipolio: dopo avere praticato su larga scala la vaccinazione antipoliomielitica, nel 1955 negli Stati Uniti si registrarono ben 204 casi di poliomielite in soggetti vaccinati. Uno studio, effettuato dal 1974 al 1984 nello stato del Tennessee, riguardante la vaccinazione contro difterite, tetano e pertosse, ha invece evidenziato un uguale numero di decessi in neonati vaccinati ed in quelli non immunizzati. Ancora negli USA, alcune ricerche, hanno indicato che, su 138 casi di poliomielite paralitica, complessivamente segnalati dal 1973 al 1984, 105 erano di derivazione vaccinica e di questi ben 50 dipendevano da contagi dovuti a contatto con soggetti vaccinati. In tema di obbligo vaccinale è intervenuto il D.L. 6/5/1994 n. 273 (non approvato dalla Camera dei Deputati) il quale, sotto il nome di “decreto Garavaglia” disponeva quanto segue: I. a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie sui minori non può essere coercitivamente imposto con l’intervento della forza pubblica; II. Resta ferma l’operatività delle sanzioni previste a carico di coloro che esercitano la potestà parentale o la tutela su minore, nonché dei direttori degli istituti di assistenza pubblica o privata in cui il minore è ricoverato o delle persone affidatarie di minori ai sensi della Legge 4 maggio 1983 n. 184;

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III.I soggetti indicati al comma 2 sono personalmente responsabili di ogni effetto dannoso subito dal minore o da terzi, conseguente all’inosservanza delle disposizioni di legge sulle vaccinazioni obbligatorie; IV.Ai fini dell’esonero della obbligatorietà delle vaccinazioni, il certificato del medico curante o del medico specialista, presentato dall’interessato è vincolante per l’Unità Sanitaria Locale. Il mancato esercizio coercitivo della vaccinazione, previsto dal Decreto Legge in esame, doveva essere ovviamente armonizzato con un suo corretto inquadramento nel nostro ordinamento giuridico. In conclusione, si è giunti a ritenere che l’obbligo vaccinale non contrasti con l’art. 32 della Costituzione, argomento confermato dalla ormai nota interpretazione della Corte Costituzionale (sentenza 27/3/1992 n. 132), e neppure con altre norme costituzionali, tant’è che la Corte stessa ha sempre respinto le questioni proposte alla sua attenzione. Infatti il secondo comma dell’articolo 32 della Costituzione dispone che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di Legge”, ma in questo caso, le leggi esistono e non si può ritenere che la vaccinazione attui una violazione dei “limiti imposti dal rispetto della persona umana”. D’altra parte, il primo comma sancisce la tutela della salute come interesse della collettività ed è evidente che, se la vaccinazione tutela il singolo individuo, garantisce allo stesso tempo, soprattutto, la salute della società che lo circonda. In questa ottica la salute è “ uno stato completo di benessere, fisico, psichico e sociale”, e non consiste affatto nell’assenza di malattie o di infermità. In tale senso la medicina allopatica dovrebbe cercare di recuperare la visione globale dell’uomo, parcellizzata forse dal continuo rinnovamento biotecnologico, visione globale che rende invece la medicina omeopatica una scienza più “a misura di uomo”, quale essere dinamico nella sua totalità. Il riferimento utile in tema di obbligo vaccinale, che dunque si deve trarre da uno studio, seppure superficiale, degli insegnamenti dell’omeopatia, risulta essere principalmente il recupero del rapporto medico-paziente, al fine di attuare una forma di consenso “reale” alla pratica vaccinale e non un consenso falsificato sulla scorta di un obbligo sancito per legge. Inoltre, si ricorda l’importanza di una corretta valutazione anamnestico clinica di ogni individuo, che è caso a sé, e che non può e non deve essere assimilato e generalizzato ad altri, come spesso accade nella medicina tradizionale, la quale, in quanto arte di curare, deve invece essere sempre indirizzata all’ individuo, di cui si deve conoscere il sistema psicofisico globale, nell’ambito di un corretto agire e di una corretta informazione di ciò che si sta attuando. Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Sciaudone: Questa sessione, “lo stato della questione - la vaccinazione”, ha ascoltato il parere del giurista, ha ascoltato il parere del medico legale, diamo ora la parola ad Alma Rodriguez per conoscere il parere dell’omeopata. Io vorrei semplicemente sottolineare che ci troviamo proprio in grave difficoltà con i problemi del tempo. Ho cercato di recuperare, noi prima abbiamo rinunziato, credo bene che la Dottoressa Rodriguez non possa rinunziare, però vorrei pregarla, proprio, di contenere al massimo la sua esposizione. Prego, Dottoressa Rodriguez.

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LA MEDICINA OMEOPATICA È PREVENZIONE. Alma Rodriguez, M.D.,

Presidente della L.U.I.M.O.

Abstract La medicina omeopatica è prevenzione. E’ risultato di un metodo sperimentale e clinico che prende in considerazione l’uomo sano e l’uomo malato nel contesto energetico, cosmico. E’ un metodo globale perché, attraverso la sperimentazione di “droghe” ridotte all’ultramolecolare, mima ogni stato di malattia: acuta - epidemica - cronica. Il RIMEDIO che ne deriva è il pulsante simillimum per guarire e prevenire ogni stato di malattia. La prova è nel rispetto della direzione di tutti i processi vitali, dalla crescita allo stato di salute e allo stato di malattia: essi sono diretti dalla legge biologica di guarigione. La legge di guarigione determina la direzione dei sintomi, dal centro dell’individuo alla periferia, dall’interno verso l’esterno, dagli organi vitali più importanti a quelli meno importanti, dall’alto verso il basso e nell’ordine inverso del loro apparire. La medicina omeopatica, in medicina per la sua globalità d’azione, è il metodo. Per significare quanto si è descritto sinteticamente, viene proposto un esperimento clinico che potrà convalidare quanto asserito.

LA MEDICINA OMEOPATICA È PREVENZIONE.

SPERIMENTA LA “DROGA” TRASFORMANDOLA IN RIMEDIO.

È LA MEDICINA DEL TERRENO.

È IL METODO IN MEDICINA. La medicina omeopatica, con il RIMEDIO ultramolecolare, risultato dalla trasformazione della “droga” in RIMEDIO, è prevenzione per lo sperimentatore sano, per il malato che cura e guarisce ed è prevenzione nelle malattie infetto-contagiose. È la medicina del terreno. È il metodo in medicina. ANCHE LA MEDICINA OMEOPATICA HA I SUOI LIMITI OGGI, FORSE PIÙ DI IERI (ATTRAVERSO LA MIA ESPERIENZA DI SPERIMENTATRICE, DIDATTA E DI PRATICA CLINICA SUL MALATO); RITENGO CHE TALI LIMITI SIANO DA RINTRACCIARE PREVALENTEMENTE:

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NELLA FORMAZIONE ODIERNA DEL MEDICO, FONDATA SULLA SICUREZZA E L’INFALLIBILITÀ DELLA TECNICA.

DALL’AUTONOMIA, CONSENTITAGLI DAL CODICE DEONTOLOGICO “LIBERO DI AGIRE IN SCIENZA E COSCIENZA E CON UN CONSENSO INFORMATO” CHE CONSENTE LA PRATICA OMEOPATICA, MA CON LA “MINACCIA SOTTERRANEA” DI NON AVER UTILIZZATO IL PROTOCOLLO FARMACOLOGICO.

LA MANCANZA DI SUPPORTI SCIENTIFICI PROPRI, RICONOSCIUTI DALLA RICERCA SPERIMENTALE CLINICO OMEOPATICA.

L’INCONTROLLABILITÀ DEL RIMEDIO.

LE DIFFICOLTÀ ALLA CONOSCENZA DELLE POSSIBILITÀ NATURALI INTRINSECHE ED ESTRINSECHE DEL PAZIENTE COSÌ COME OGGI, IMMERSO NEL CONTESTO SOCIO-CULTURALE-COSMICO. Ma permettetemi una premessa di impostazione. Per capire come la Medicina Omeopatica opera nella prevenzione, bisogna capire la logica scientifica che la governa, i suoi parametri di riferimento, insomma il suo statuto epistemologico. Non è il metodo galileiano della ripetizione dell’esperimento che è in questione, perché la sperimentazione pura omeopatica necessita della conferma empirica dell’effetto dei suoi rimedi, e tale conferma è solo ottenuta dalla ripetizione galileiana del protocollo sperimentale. La differenza esistente tra la medicina omeopatica e quella ufficiale si situa essenzialmente a livello dei concetti di stato di salute, di stato di malattia - predisposizione morbosa, di forza curatrice della natura e di azione del rimedio di genio epidemico. Da ciò deriva che quello che la scienza omeopatica considera come fondamentale nella sperimentazione delle droghe e nell’applicazione clinica, nella ricerca medico-farmacologica è spesso ritenuto un epifenomeno oppure addirittura ignorato. E queste differenze spesso diventano diffidenze perché anche in scienza a volte si scambiano i modelli di riferimento, le teorie, per certezze che in seguito diventano pregiudizi. Mi esprimerò con un linguaggio semplice, omeopatico. Considerando che Hahnemann comprese che l’uomo è immerso in un unico campo di energia e che, così come si ammalava, poteva guarire naturalmente, egli intuì che bisognava imitare e sperimentare le indicazioni - leggi di natura.

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DAL CICLO: CONOSCENZA, ESPERIENZA,

SPERIMENTAZIONE, OSSERVAZIONE, RIFLESSIONE

___________________________________________________________

OSSERVAZIONE ed ESPERIENZA = SPERIMENTAZIONE PURA SULL’UOMO SANO SPERIMENTAZIONE CLINICA SUL MALATO.

Sono stati gli strumenti di Hahnemann per costruire

IL METODO IN MEDICINA. L’OSSERVAZIONE, da assumere come tipo di sperimentazione. L’osservazione sui coltivatori di china che si intossicavano e si ammalavano di febbri intermittenti, febbri SIMILI alle febbri malariche, gli fece comprendere che per conoscere gli effetti puri delle droghe o altre sostanze in natura, minerali, animali, vegetali, si doveva sperimentare sull’uomo sano. Sperimentò droghe su se stesso a dosi terapeutiche usate all’epoca, e ottenne effetti violenti che interessavano più specificamente alcune parti dell’organismo (tropismo), effetti che non permettevano di identificare il cambio energetico-dinamico unitario avvenuto nello sperimentatore: si evidenziò solo l’effetto primario delle droghe, l’effetto semi-tossico e le sue conseguenze.

L’ORGANISMO UMANO IN EQUILIBRIO PSICOFISICO È PIÙ FACILMENTE AGGREDIBILE

DA FARMACI/DROGHE CHE NON DALLE MALATTIE.

Hahnemann, da attento osservatore, intuì la necessità di “diluire” e potentizzare ogni “droga” al punto di non poterla più quantificare chimicamente. Sperimentò nuovamente su se stesso la “droga” allo stato ultramolecolare, il non farmaco, e tutto l’organismo rispose manifestando un cambio psico-fisico-funzionale espresso dallo sperimentatore in una serie di sintomi simili a tanti possibili stati di malattia. Con la diluizione e la succussione-potentizzazione sperimentò l’immagine, l’energia, l’essenza della “droga” che, a contatto con il “terreno” individuale, provoca un cambio che si manifesta con serie di sintomi propri della “droga”, ma con il momento e le peculiarità reattive individuali del «terreno» di ogni sperimentatore (idiosincrasia). Il “CAMBIO” espresso in forma verbale nelle serie sintomatologiche di molti sperimentatori rappresenta il RIMEDIO.

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RIMEDI: PATOGENESI POSITIVE CHE MIMANO MOLTEPLICI STATI DI MALATTIA in forma di serie sintomatologiche. UN CAMBIO SOGGETTIVO-OBIETTIVO DI REAZIONI, SENSAZIONI E CENESTESIE CHE SI MANIFESTANO IN OGNI APPARATO CON SERIE DI SINTOMI ESPRESSI DA

OGNI SPERIMENTATORE SENSIBILE IN UN LINGUAGGIO SEMPLICE. LINGUAGGIO SPONTANEO CHE MANIFESTA

IL CAMBIO ENERGETICO GLOBALE DI OGNI SPERIMENTATORE SANO E NE DIVENTA

LO STRUMENTO SEMEIOTICO. Ciò che lo sperimentatore è in grado di descriverci con il proprio linguaggio, è una straordinaria convergenza di auto OSSERVAZIONE e di essenzialità di ESPERIENZA vibratoria, unitaria, che provoca riflessi sensoriali e psichici, espressi in serie di sintomi non solo oggettivi, ma soprattutto soggettivi, caratteristici, dove il linguaggio diventa esso stesso energia (cit. «non opera - ergon - ma attività, energia, e quindi potrebbe essere espresso esclusivamente in genetica» - Von Humboldt). K. Lorenz ci aiuta, rispondendo a quanto per la medicina omeopatica è esperienza sperimentale e clinica (predisposizione morbosa) e scrive: «Ciò che rende possibile una acquisizione individuale di esperienze, presuppone già una quantità enorme di informazioni acquisite nel corso dell’evoluzione filogenetica e immagazzinate nel genoma».

SPERIMENTAZIONE RIMOZIONE - GUARIGIONE

PREVENZIONE Hahnemann osservò che il ritorno alla normalità di se stesso sperimentatore sano e degli altri sperimentatori sani avveniva rapidamente e con un migliore stato di salute, in quanto alcuni sintomi apparsi appartenevano a STATI DI MALATTIA PRECEDENTI. Sintomi, quindi, significativi della “droga”, cioè il non farmaco, per la sperimentazione, sintomi definitivamente scomparsi nello sperimentatore (RIMOZIONE-GUARIGIONE-PREVENZIONE). Duecento anni di guarigioni individuali e collettive di DIFFERENTI STATI DI MALATTIA hanno comprovato clinicamente e ripetutamente le serie di sintomi scaturiti dalla SPERIMENTAZIONE PURA di ogni rimedio su differenti sperimentatori SANI.

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IL RIMEDIO CODIFICA, ATTRAVERSO IL “LINGUAGGIO”, LE “PATOGENESI POSITIVE”

CHE SPECULARMENTE INCLUDONO LO STATO MIASMATICO PREDISPONENTE: 1) la serie di sintomi solamente patogenetici, quelli scaturiti dalla sperimentazione pura, che include i sintomi vecchi guariti dello sperimentatore (primo atto di prevenzione, la rimozione in un terreno predisposto); 2) la serie di sintomi patogenetici comprovati in molteplici guarigioni di differenti stati di malattie; 3) la serie di sintomi clinici guariti e non ancora manifestati nelle sperimentazioni, 4) ed i sintomi patologici ricavati da sopravvissuti dopo avvelenamenti. Da qui si può mettere in evidenza che:

Il RIMEDIO OMEOPATICO non è un farmaco, perché non si manifesta con un meccanismo d’azione cellulare, lo è anche, ma nella dinamica “unitaria integrale

di tutto l’uomo evolutivo”, sano e malato.

Il RIMEDIO è l’immagine energetica pura della droga sperimentata.

Il RIMEDIO è la chiave di lettura SIMILE alla patogenesi delle malattie acute e croniche dell’INDIVIDUO MALATO.

Il RIMEDIO esemplifica specularmente ed energeticamente la totalità dinamica della sofferenza del “singolo MALATO”, dalla patologia d’organo alla “reazione” di tutto l’organismo, sistema o cellula.

Il RIMEDIO, risultato della sperimentazione pura di droghe sull’uomo sano, diventa, è, lo STRUMENTO SPECULARE DI PROGNOSI, DIAGNOSI E TERAPIA.

Il RIMEDIO, risultato della “droga” sperimentata e comprovata clinicamente, non ha mai provocato effetti collaterali tossici o metastatici; NESSUN RIMEDIO è OBSOLETO.

Il RIMEDIO, È PREVENZIONE IN QUANTO AGIRA’ IN FORMA DINAMICA PROVOCANDO LA REVERSIBILITA’ del processo morboso, migliorando il terreno, la predisposizione morbosa - l’ereditarietà latente predisponente, IL FUTURO DELLA SPECIE. Queste sostanze o “droghe”, o più specificamente - l’ENERGIA disponibile - operano la guarigione delle malattie attraverso lo stesso “POTERE DINAMICO” che hanno nel modificare lo stato funzionale, il CARATTERE ENERGETICO del nostro ORGANISMO. Nel senso del sentire e reagire, quali “forme” modificatrici in senso dinamico dell’uomo in salute; provocando in esso “certi sintomi morbosi” che ci garantiscono LE NOZIONI PIÙ SICURE SULLO STATO DELLE MALATTIE che ognuna di queste sostanze PUÒ SICURAMENTE GUARIRE.

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- REVERSIBILITA’ - OGNI DROGA IN NATURA HA IL POTERE DI MODIFICARE LO STATO DI SALUTE.

- PREVENZIONE - ___________________________________________________________

L’ENERGIA CURATIVA DEL RIMEDIO CHE GUARISCE LO STATO DI MALATTIA È LA STESSA ENERGIA CHE PROVOCA DEI SINTOMI

MORBOSI NELL’UOMO IN PIENA SALUTE.

IL RIMEDIO OMEOPATICO agisce come un pulsante

grazie alla “legge della similitudine”, aiuta la VIS MEDICATRIX NATURAE

a superare l’accumulo delle alterazioni quantitative fisiologiche-patologiche (malattie).

Esso rimedio non mira a correggere disfunzioni organiche, né disordini endocrini o biochimici, ma tende a soddisfare “una suscettibilità” che stimola l’energia vitale

necessaria al recupero di tutto l’organismo.

LA FACOLTÀ DI CURARE E GUARIRE UNO STATO DI MALATTIA e quella di produrre uno stato morboso sulle persone sane, in ogni rimedio sono inseparabili l’una dall’altra. Queste due facoltà provengono chiaramente dalla stessa sostanza, ossia l’energia che hanno i rimedi di modificare dinamicamente lo stato dell’uomo. È UNA SOLA LA LEGGE CHE DOMINA: VIS MEDICATRIX NATURAE. I differenti risultati dipenderanno, nei due casi, unicamente dall’effetto da modificare. L’ENERGIA CURATIVA DEI RIMEDI, O COME I RIMEDI AGISCONO, OGNUNO IN CASI

DIFFERENTI DI MALATTIA NATURALE, NON POTRÀ CHE MANIFESTARSI E ARRIVARE ALLA NOSTRA CONOSCENZA SOLAMENTE NELLA MANIERA PIÙ PURA,

OSSIA ATTRAVERSO L’ESPERIMENTO GALILEIANO DI “DROGHE” SULL’UOMO SANO.

PER POTER CURARE E GUARIRE L’ESSENZA INTIMA DI OGNI MALATTIA, DI OGNI CASO PATOLOGICO INDIVIDUALE, È NECESSARIO DOVER CONOSCERE I

SINTOMI COME SI MANIFESTANO NEL LORO INSIEME. ___________________________________________________________

IL VERO OSSERVATORE STUDIA, PERTANTO, NELL’INSIEME, L’INTENSITÀ, LE

CONNESSIONI E LE SUCCESSIONI DELLA TOTALITA’ DEI SINTOMI.

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L’omeopata, dopo aver riconosciuto i sintomi importanti esistenti nello stato di malattia, ha trovato la “malattia”, ne ha un’idea completa e sa tutto ciò che deve sapere per guarirla; inoltre dovrà tener conto, se c’è, della causa scatenante e, dopo la guarigione, intervenire sulle cause. Includendo, oltre all’esame obiettivo tutto ciò che egli ha osservato. Che cosa intendiamo per SALUTE, MALATTIA, GUARIGIONE?

- LA SALUTE - IL CONCETTO DI SALUTE SI IDENTIFICA CON LA DEFINIZIONE DELLA O.M.S.:

“IL BENESSERE PSICO FISICO SOCIALE ESENTE DA LESIONI ...”.

La MALATTIA non è una ENTITA’ estranea all’organismo,

non si inserisce in esso, ma È UN PROCESSO

VITALE E/O BIOLOGICO

Non ci sono funzioni essenzialmente PATOLOGICHE, ma solo variazioni in quantità e non in qualità delle funzioni fisiologiche ___________________________________________________________

La MALATTIA

è un tentativo che la natura produce per ripristinare la SALUTE

VIS MEDICATRIX NATURAE

I FENOMENI MORBOSI TENDONO O ALLA CONSERVAZIONE

O ALLA DISTRUZIONE NON SONO CHE ESAGERAZIONI QUANTITATIVE

DELLE FUNZIONI FISIOLOGICHE. LO STATO DI MALATTIA (squilibrio psicofisico) può essere

IRREVERSIBILE (lesioni definitive, chirurgia, MORTE) REVERSIBILE perché dipendente dalla vis medicatrix naturae

Pertanto la reversibilità dei processi morbosi potrà avvenire: a) senza interventi esterni b) con il Rimedio Omeopatico c) con il farmaco, quando il suo meccanismo d’azione si inserisce nel processo della vis medicatrix naturae, per SIMILITUDINE e non per SOPPRESSIONE (contrari) come avviene nella consuetudine.

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LA MALATTIA NATURALE ACUTA È: INDIVIDUALE O COLLETTIVA

Intendiamo per MALATTIA NATURALE ACUTA INDIVIDUALE la malattia che si evolve in pochi giorni con tendenza spontanea alla guarigione totale, o per gravità provoca la morte del soggetto. Ne identifichiamo i fattori caratterizzanti: a) I TRAUMI: ferite, contusioni, sforzi, fratture, etc., prodotti da causa meccanica; b) LE INDISPOSIZIONI PER CAUSE OCCASIONALI: freddo, insolazioni, eccessi, carenze, intossicazioni alimentari o altro, intemperanze, repressioni, emozioni, preoccupazioni, etc.; c) LE ESACERBAZIONI DELLE MALATTIE CRONICHE dovute a cure inadeguate che hanno bloccato troppo rapidamente una reazione acuta liberatrice dipendente dallo stato psorico predisponente (farmaci, anche rimedi omeopatici, vaccini). MALATTIE ACUTE NATURALI COLLETTIVE: sono quelle che coinvolgono molti individui contemporaneamente e le classifichiamo in: a) SPORADICHE, per influenze meteorologiche o climatiche (influenza, virus), esse si sviluppano nello stesso momento e solo alcuni sono predisposti all’azione patogena. b) MALATTIE ACUTE NATURALI PROPRIAMENTE DETTE (miasma acuto), quelle che dipendono da agenti infetto-contagiosi e che si presentano sempre con caratteristiche identiche e ricevono nomi tradizionali: morbillo, varicella, pertosse, dipendenti dalla psora predisponente. Sono tutte quelle malattie (non epidemiche) che si presentano a CRISI PERIODICHE dalle quali spesso chi ha superato naturalmente il ciclo prodromico, di stato, e di declino rimane immune da complicazioni: angina, influenza, corizza, asma, diarrea senza causa apparente, manifestazioni cutanee (orticaria, eczema, herpes, etc.). Esse sono manifestazioni acute provocate da un agente conosciuto e che si manifestano nella vita una volta o nessuna. c) Epidemiche (in un gran numero di persone), dipendono da una stessa causa o noxa e si manifestano con sintomi fortemente analoghi diventando contagiose quando agiscono su masse uniformi di individui. LE MALATTIE NATURALI COLLETTIVE EPIDEMICHE CONTAGIOSE, derivano quasi sempre da guerre, carestie, oggi anche si evidenziano, all’osservatore di più casi, mediante lo studio dell’insieme dei sintomi e segnali che definiscono il quadro caratteristico dell’epidemia collettiva naturale nelle tre fasi del ciclo della malattia: il GENIO EPIDEMICO.

Il GENIO EPIDEMICO indicherà il RIMEDIO per guarire la malattia epidemica

e preservare i soggetti sani. ___________________________________________________________

La prevenzione consisterà nell’utilizzare gli stessi RIMEDI che identificano il genio epidemico e curano le malattie infettive e contagiose.

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Ad esempio: nell’epidemia di colera del secolo scorso, tutti gli omeopati del mondo, e ci sono statistiche, hanno registrato una percentuale insignificante di morti. Camphora, Veratrum e Cuprum sono stati i rimedi utilizzati per curare e guarire il colera e preservare tanti altri individui sani. Tommaso Cigliano, a Napoli, per la sua opera, è ricordato tra gli uomini illustri. Cosa ricaviamo “dall’OSSERVAZIONE e dall’ESPERIENZA” sperimentale e clinica rispetto ALL’AZIONE PREVENTIVA del RIMEDIO? 1) La prima e fondamentale dimostrazione globale è nella “immagine della droga” che induce il ritorno di sintomi soppressi nello sperimentatore, e portandoli all’esterno li guarisce e agisce sul “terreno” liberandolo e migliorandolo. La “droga” era simile agli stati di malattia precedenti dello sperimentatore. 2) Il RIMEDIO SIMILLIMUM, induce alla reversibilità i processi morbosi, migliora naturalmente il “terreno”, lo stato morboso predisponente, non lascia RESIDUI né blocca la funzione nel senso e direzione della propria organizzazione biologica naturale che, stimolata adeguatamente dal RIMEDIO simillimum, maggiormente si difende. L’azione reversibile del RIMEDIO evidenzia il potere preventivo insito in ognuno dei rimedi, anche per ogni e tutte le malattie infettive e contagiose. 3) La prova inconfutabile dell’azione integrale energetica dinamica del RIMEDIO è nella legge di guarigione. La legge di guarigione determina la direzione dei sintomi, dal centro dell’individuo alla periferia, dall’interno verso l’esterno, dagli organi vitali più importanti a quelli meno importanti, dall’alto verso il basso e nell’ordine inverso al loro apparire. Legge riconosciuta dalla biologia moderna che mostra come i processi di crescita si realizzano dal centro alla periferia. E’ una legge di direzione ed è corollario del principio di guarigione che governa l’opera dell’energia vitale in tutti i processi della vita e della crescita. Solamente comprendendo questa legge naturale si possono, attraverso le manifestazioni esterne, individuare gli stati interni dell’attività biologica vitale dell’uomo unico e irripetibile. I FATTORI NEGATIVI PER LA GUARIGIONE DI MALATTIE EPIDEMICHE possono dipendere soprattutto da: a) L’incontrollabilità della qualità del rimedio, pertanto il medico deve indicare nella prescrizione il laboratorio che ha sperimentato, atto necessario e responsabile. b) Eccessiva assunzione di farmaci e/o vaccini. c) Situazione ecologica e sociale. d) Abitudini alimentari che possono disturbare l’azione profilattica.

LA GUARIGIONE NON E’ la SOPPRESSIONE dell’agente eziologico o causale,

ma il recupero integrale del benessere psicofisico e sociale, il ritorno ad uno stato di salute migliore, NUOVA e,

come Hahnemann ci dice «nella forma più rapida, dolce, duratura e innocua, in base a fatti evidenti »

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A questo punto vorrei insinuare una riflessione, dopo questo rapido e frammentario excursus epistemologico sulla medicina omeopatica. Viene a proposito la citazione di Popper: «la falsificazione: la teoria o l’esperimento?». 1) LA MEDICINA OMEOPATICA COLLIMA CON LE LEGGI NATURALI E DI ESSE NE ESPRIME LA ESEMPLIFICAZIONE. 2) LA SCIENZA DELLA NATURA È LA NOSTRA PIU’ GRANDE SPERANZA. 3) UNA RICERCA ATTIVA DI LEGGI E LA RELATIVA COSTRUZIONE DI SPUNTI TEORICI PUO’ OGGI VENIRCI INCONTRO. E veniamo allo scopo del Forum “Vaccinazioni: obbligo o libertà?”. Dalle premesse e dall’elaborato spero sia emersa la fondamentale importanza di terreno, diatesi, costituzione o miasma hahnemanniano.

E’ NELLA PREDISPOSIZIONE MORBOSA EREDITARIA LATENTE

CHE SI INNESTANO TUTTE LE POSSIBILI MALATTIE NATURALI.

Hahnemann, sempre attraverso l’OSSERVAZIONE e l’ESPERIENZA, individua tre diatesi che chiama: la psora, che è la diatesi fondamentale sulla quale si sono inserite le altre, la sicosi e la sifilis.

Diatesi fondamentali: Psora, Sicosi, Sifilis ___________________________________________________________

Queste sono LE CAUSE DINAMICHE MORBOSE PREDISPONENTI di tutte le malattie croniche, dove la medicina di tutti i tempi non ha potuto né può.

Impossibile in questa sede chiarire tutto, perciò evidenzierò solo ciò che l’OSSERVAZIONE e l’ESPERIENZA hanno insegnato ai medici omeopati di tutto il mondo, della sicosi e vaccinazioni. Il lavoro intenso a cui è sottoposto il sistema reticolo endoteliale o fagocitico mononucleare, con il vaccino, supera lo sforzo che dovrebbe fare per acquisire l’immunità, come dopo la malattia naturale. Nella malattia naturale, l’apporto di tossine è progressivo e relativamente lento: esso inizia nel periodo di incubazione della malattia e si sviluppa nelle fasi successive della malattia, interagendo con il substrato, tanto che le reazioni risultano più intense o meno a seconda degli individui.

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NELLE VACCINAZIONI L’IMMISSIONE ETEROGENEA SUPERA

IMMEDIATAMENTE I TRE STADI SUCCESSIVI; ESSA È VIOLENTA E PROVOCA NEL TESSUTO RETICOLO ENDOTELIALE UN

LAVORO IMMEDIATO E SUPERIORE. Questo choc sviluppa reazioni più veloci, più importanti oltre il necessario, apportando modificazioni nel tessuto fagocitico mononucleare, una immunità che provoca modificazioni nel sistema di tutti e non solo di chi può essere predisposto a subire la malattia naturale. Vediamo, pertanto, ciò che noi chiamiamo sicosi, risultato in: ipertrofie adenoidee, turbinati, tonsille, processi infiammatori acuti con laringo-spasmi, mucosità, etc., e in successione ... Potremmo dire ... immunopatologie ?! Ci dice il medico francese Henri Bernard, significando la storia della sicosi vaccinale: «Vaccinando contro tutto, l’uomo ha voluto fare meglio del suo Creatore, impresa singolarmente orgogliosa che, desiderando correggere ciò che è normale e naturale, deve sfociare, immancabilmente, in una catastrofe». Le “statistiche” ci dicono che le malattie infetto-contagiose, piaga principale degli ultimi trenta-quaranta anni sono scomparse, mentre le malattie croniche degenerative sono in un aumento progressivo veloce, esponenziale addirittura. E’ possibile non vedere ciò che è evidente?! Come possiamo assicurare che non c’è una relazione tra i vaccini e le patologie croniche successive? Quando costantemente, sperimentalmente e clinicamente accettiamo la risposta di un farmaco, sperimentato sul malato e che produce quasi sempre effetti collaterali. E cosa dire di metalli tossici quali il mercurio veicolati con i vaccini? L’interazione micro-macrocosmo e la vis medicatrix, nonostante le continue interferenze e soppressioni, continua ad agire, reagendo malamente ma reagendo ... il ritorno della Tbc, della difterite, che cosa significa ... che l’organismo, nonostante le ripetute soppressioni, tenta di reagire normalmente! E’ evidente che se consideriamo la malattia come una entità estranea e costruiamo sugli stessi parametri, non potremo far altro che cercare la causa dove non c’è e complicare la situazione individuale di ogni organismo con altri farmaci o vaccini mirati o ricombinati, bloccando la naturale forza compensatrice. Non è questa la linea del mio intervento; questo è solo un inciso per evidenziare che: CIÒ CHE AMMALA NON SONO I VIRUS, NÉ I BATTERI PER SE STESSI, MA L’ENERGIA PATOGENA CHE DISTURBA L’ENERGIA DELL’UOMO SUSCETTIBILE AD ESSERE PERTURBATA; L’ENERGIA DI OGNI INDIVIDUO IN UNO STATO DI EQUILIBRIO PSICOFISICO NON PUÒ ESSERE CONTAGIATA, PERTANTO SAPPIAMO CHE NON

TUTTI VENGONO CONTAGIATI, NON A CASO PASTEUR CI HA SOTTOLINEATO: IL TERRENO È TUTTO.

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Hahnemann, molti anni prima, attraverso l’OSSERVAZIONE e l’ESPERIENZA, comprende che “il terreno è tutto” e dimostra sperimentalmente e clinicamente la predisposizione dinamica morbosa ereditata: i miasmi, dinamismo patogeno predisponente. Hahnemann non avrebbe potuto certamente immaginare che nel futuro, anche attraverso un percorso scientifico analitico inverso, la sua intuizione, comprovata dall’esperimento e dall’ESPERIENZA clinica avrebbe potuto finalmente significare con chiarezza quanto Ippocrate definì per la salute.

IPPOCRATE, PADRE DELLA MEDICINA, DEFINÌ LE REGOLE DELLA SALUTE BASANDOLE SULL'IGIENE, LA DIETA, IL CLIMA, E CON L'AGGIUNTA DELLA

MEDICAZIONE, IN CONFORMITÀ CON LA LEGGE DEI CONTRARI PER SOPPRIMERE SINTOMI, O IN CONFORMITÀ CON LA LEGGE DEI SIMILI PER ESALTARE LA

NATURA MEDICATRIX. ___________________________________________________________

LA CONOSCENZA DELLO STATO MIASMATICO PREDISPONENTE E LA CONOSCENZA DEGLI STRUMENTI - RIMEDI- PIÙ ADATTI PER MIGLIORARE IL PRESENTE E IL

FUTURO DELLA SPECIE CI CONSEGNA UNA GRANDE RESPONSABILITÀ COME MEDICI E COME UOMINI DI SCIENZA.

La L.U.I.M.O., Associazione per la Libera Università Internazionale di Medicina Omeopatica “Samuel Hahnemann”, persegue da 27 anni l’obiettivo di un libero, necessario insegnamento integrale per la formazione del medico, propone pertanto alle autorità competenti in sede Regionale, Nazionale e Internazionale una sperimentazione clinica AUTONOMA per dimostrare quanto asserito in questa sede. Una sperimentazione clinica preventiva destinata alle madri gravide e al prodotto del concepimento includendo una assistenza omeopatica ai bambini con cura omeopatica nelle fasi di crescita, escludendo l’obbligatorietà della vaccinazione ma con verifiche e controlli periodici, così come richiesto dal nostro protocollo clinico-sperimentale che vogliamo mettere in atto. QUESTO ESPERIMENTO CLINICO DOVRÀ ESSERE REALIZZATO DA MEDICI FORMATI

CON UNA PRECISA METODOLOGIA DELL’INSEGNAMENTO HAHNEMANNIANO, AL FINE DI EVITARE CONFUSIONI.

AUSPICHIAMO CHE LO STESSO PROGETTO L.U.I.M.O., CON 27 ANNI DI ESPERIENZA DIDATTICA, SPERIMENTALE E CLINICA, POSSA ESSERE IL REFERENTE UNICO DAL

QUALE E ATTRAVERSO IL QUALE ALTRE ESPERIENZE NAZIONALI, EUROPEE E MONDIALI POTRANNO INTEGRARSI.

Saper vivere e vivere in un mondo democratico implica, per l’uomo, una serie di insegnamenti conoscitivi ed esperienze integrali che lo dovrebbero far sentire ed agire da uomo LIBERO. Ora, in concreto, non è così. Tutto l’insegnamento oggi è basato sulla “infallibilità” che ci impedisce di prendere coscienza di noi stessi con conseguenze che si riflettono in ogni ambito della vita. Libertà è un’enorme parola perché richiede, ad ognuno, responsabilità consapevole senza deleghe e continua autocritica. E’ un percorso di “senso” e consapevolezza che si deve insegnare sin dalla più tenera età.

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Dice Popper ancora: «E’ un fatto che la nostra pedagogia consiste nel riversare sui fanciulli risposte senza che essi abbiano posto domande, e alle domande che pongono non si dà ascolto». Noi vogliamo assumere, insieme a genitori consapevoli, tutte le responsabilità della libertà terapeutica e, nello specifico, di quella vaccinale, ed essere rispettati e coadiuvati anche se fuori dall’attuale protocollo farmacologico. E concludo con una frase di Popper: «DOBBIAMO CONVINCERCI CHE PER LE SCOPERTE E LA CORREZIONE DEGLI ERRORI ABBIAMO BISOGNO DI ALTRE PERSONE (E LE ALTRE HANNO BISOGNO DI NOI)».

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II SESSIONE – TEMATICHE GIURIDICHE

Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Sciaudone: Con l’intervento di Alma Rodriguez si è conclusa la prima fase dello stato della questione sulla vaccinazione. Dobbiamo affrontare adesso le tematiche giuridiche. Mi sembra che come termine di transizione, mentre invito qui il Procuratore Dott. Marmo, il Prof. Caruso e il Prof. Colapietro a prendere posto, e ringrazio i relatori della precedente sessione per le loro relazioni, vorrei sottolineare - aspetto interessante - che occorrerà riscrivere parecchie delle nostre definizioni alla luce dei pareri che sono stati espressi qui, per la componente omeopatica, dalla Dr.ssa Rodriguez, e certo il dibattito sarà realmente da scontro-incontro, come questa mattina era stato abbondantemente previsto. Nella perorazione finale, le indicazioni che la Dottoressa Rodriguez ha dato, si scontrano certamente con quelle che sono le realtà legali che sono vigenti nel nostro paese. Ascoltiamo, quindi, il Dott. Diego Marmo, Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Napoli su “La tutela della salute in sede penale”. Prego, Dottor Marmo.

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La tutela della salute in campo penale: introduzione. Dr. Diego Marmo,

Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. Dr.

Alessandro Pagano, Magistrato

Abstract Nell’intervento “La tutela penale della salute” si evidenzia la notevole sensibilità espressa dalla dottrina e soprattutto dalla giurisprudenza in ordine al rilievo del consenso informato nei trattamenti sanitari volontari. I relatori si chiedono quindi se nei trattamenti obbligatori (quali le vaccinazioni) non debba esprimersi, da parte del legislatore, analoga sensibilità, sia in termini di informazione al cittadino, sia in termini di impegno nella ricerca scientifica per la riduzione degli effetti dannosi derivanti dai vaccini, al fine di supplire, attesa l’obbligatorietà, alla compressione del principio della libertà del consenso. La tutela della salute in campo penale, pone un ambito indagatorio pressoché illimitato che va dalla tutela del singolo, estensivamente considerata, alla salute ed igiene nei posti di lavoro, ai farmaci, agli alimenti, alla salubrità dell’ambiente, ai trattamenti volontari ed a quelli obbligatori. (In generale, su tali trattamenti obbligatori, AA.VV. Atipicità dell’illecito, Giuffrè, 1993, vol. I, pg. 24ss.; Santilli M., Giusti A., voce Salute, dir. Cost., in EGT). Considerato che il tema delle vaccinazioni si concreta, in ultima analisi, in una valutazione del rapporto costi benefici, discendenti da un trattamento sanitario in questo caso imposto ex lege, e che sottende quindi una previa scelta ponderata, idonea a valutare tutte le conseguenze che discendono dalla stessa, si è pensato di limitare il presente contributo ad un approccio di dottrina generale, atteso che, la relazione paziente - sanitario, ha un suo momento, penalmente qualificante, nella prestazione del consenso informato al trattamento sanitario consigliato. Il discorso, ad attenta riflessione, non muta, in astratto, in relazione ad un trattamento imposto, atteso che è auspicabile (e dovuto) che, rispetto al cittadino, lo Stato si determini autoritativamente, solo dopo aver impostato una corretta indagine fra costi e benefici del trattamento sanitario obbligatorio, utilizzando quindi la “forza” che deriva dal vincolo legislativo, all’esito di tutte le analisi che consentano di ritenere quella legislativa, la migliore scelta possibile per il singolo e la comunità, così da “rendere inutile” il consenso. Fra le tante, la formula giurisprudenziale -- E` inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. contro il provvedimento della corte di appello confermativo del decreto del tribunale per i minorenni che dispone l'affievolimento della potestà dei genitori limitatamente alla somministrazione delle vaccinazioni obbligatorie nei confronti del figlio minore, atteso che tale provvedimento non è diretto a risolvere controversie su diritti soggettivi, nemmeno sotto il profilo del diritto alla libertà personale, bensì ad assicurare la presentazione del minore all'autorità sanitaria per l'effettuazione da parte di quest'ultima, in mancanza di controindicazioni, di misure finalizzate alla tutela della salute del minore (Cass., sez. I civ., 15 luglio 1995, n. 7744) – sottende appunto, nell’inciso misure finalizzate alla tutela della salute, un consenso imposto, una volta per tutte, dalla legge, sulla base di una valutazione fatta “a monte” dal legislatore sulla “bontà” della scelta sanitaria: consenso però non più presumibile ex lege -- se si comprendono bene le finalità del presente Convegno-- atteso che, per le vaccinazioni, una parte della medicina, pone in discussione le scelte scientifiche che lo impongono e quindi la legittimità dell’obbligo del trattamento stesso.

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Il punto focale è allora – come si diceva – quello di investigare la categoria penalistica, e di dottrina generale, del consenso, su cui, in termini ultimi, anche i trattamenti obbligatori si raccordano, lasciando poi agli apporti medici-scientifici risolvere il problema se lo Stato possa ancora, nel settore delle vaccinazioni, scegliere “in luogo” del cittadino, prescindendo quindi dal suo consenso. Sottende quindi una criticabile ottica “semplificativa” l’affermazione del giudice delle leggi (Corte cost., 23 giugno 1994, n. 258) ove ha affermato che “E` inammissibile, in quanto implica scelte discrezionali riservate al legislatore, la questione di legittimità costituzionale delle l. 6 giugno 1939 n. 891, 5 marzo 1963 n. 292, modificata con l. 20 marzo 1968 n. 419, 4 febbraio 1966 n. 51 e 27 maggio 1991 n. 165, nella parte in cui non prevedono, per le vaccinazioni obbligatorie antipolio, antidifterica, antitetanica e contro epatite virale B, accertamenti preventivi idonei a ridurre il rischio di lesioni della integrità psico-fisica per complicanze del vaccino, volti alla verifica della sussistenza di eventuali controindicazioni alla vaccinazione, nonché alla specificazione dei tipi di accertamenti che debbono a tal fine compiersi, in riferimento all'art. 32 Cost.”. La riserva al legislatore infatti, in tale settore, come si cercherà di dimostrare, non è “formula magica”, ma deve circoscriversi a quei soli casi in cui l’obbligatorietà del trattamento sia talmente certa e insuperabile, sulla base di univoche risultanze scientifiche, da poter “obliterare” il consenso del singolo. Sul dibattito così impostato, v’è, infatti, non solo il rilievo che “l’altra” medicina, concorrente a pieno titolo anch’essa alla tutela del bene Salute (cfr., L. 146/1994, art. 25), si mostra critica sulla validità terapeutica delle vaccinazioni, ma, soprattutto, che i reiterati interventi legislativi (da ultimo, decreto-legge 4 aprile 1997 n. 92 in GU 5 aprile 1997 n. 79), originati, come noto, da interventi del giudice costituzionale (C. Cost., 307/1990), in tema da indennizzo (anche da morte) ai soggetti obbligatoriamente vaccinati, sembrano realisticamente prendere atto della gravità della scelta imposta. La quale va, in questa sede, rimeditata, sottolineando che la pur meritoria sentenza della Corte Costituzionale 22 giugno 1990 n. 307 (in Foro it., 1990, I, 2694 e Corriere giuridico 1990, 1018), nel riconoscere “un equo ristoro del danno patito” ove discenda una lesione alla propria salute dal trattamento sanitario obbligatorio, si mantiene in una ristretta ottica di tutela patrimoniale risarcitoria, mentre, nel caso in esame, la lesione della salute del valore uomo (anche in relazione al capoverso dell’art. 32 della Cost.) imporrebbe una tutela innanzitutto di tipo preventivo, tale poi, da obbligare solo a quei trattamenti ad altissima soglia di sicurezza. (In generale, sulle tecniche di tutela, si rimanda a di Majo A., La tutela civile dei diritti, Giuffrè, 1993, idem, voce Tutela risarcitoria, restitutoria, sanzionatoria, in EGT, 1994). La riserva di legge sulla base della quale lo Stato può comprimere l’autodeterminazione del singolo sottende pertanto l’impegnativa esigenza di utilizzare uno strumento tale che esprima, al massimo livello, la ponderazione degli interessi e la esaustivistà delle indagini, tanto da poter ricorrere alla obbligatorietà della legge. Se quest’ottica fosse esatta, è da apprezzare allora lo sforzo effettuato dalla Corte Costituzionale nell’ultima sentenza in materia (Corte Cost. n. 118 del 18 aprile 1996 in Foro amministrativo 1996, pg. 2824), atteso che la Corte ha evidenziato chiaramente che imporre una vaccinazione, appartiene a quelle scelte “tragiche” del diritto e che, di conseguenza, “finché ogni rischio di complicanze non sarà completamente eliminato attraverso lo sviluppo della scienza e della tecnologia mediche -- “e per la vaccinazione antipoliomielilica non è così” (afferma testualmente il giudice delle leggi)-- la decisione in ordine alla sua imposizione obbligatoria apparterrà a questo genere di scelte pubbliche”. E’ così delineato il tema dell’indagine: comprendere il rilievo, in sede penale, del consenso quale strumento di tutela della salute, per interrogarsi successivamente se vi sia attualmente equilibrio fra tutela consensuale e trattamenti imposti ex lege. Il consenso

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Va premesso che il consenso esprime una categoria portante dell'intero ordinamento giuridico: già il codice civile, oltre l’affermazione del fondamentale principio consensualistico, in tema di contratti traslativi, contiene una fitta serie di richiami che evidenziano il rilievo del consenso (ex multis, 128, 158, 163, 164, 165, 169, 184, 230bis, 250, 252, 273, 284, 296, 298, 311, 394, 395, 686, 719, 730, 983, 1003, 1108, 1194, 1202, 1208, 1429, 1430, 1442, 2256, 2258, 2275, 2301, 2319, 2345, 2426, 2499, 2550, 2578, Codice Civile); parimenti, tale istituto é richiamato – a parte nella fondamentale norma di cui all’art. 50 C.P. – in altre disposizioni codicistiche penali: artt. 381, 561, 573, 574, 579, 613, 728 e 734bis, Cod. Penale. In particolare, presupposto della scriminante prevista dall’art. 50 C.P. é l’esistenza di un consenso del soggetto passivo del reato che rende lecito il fatto. La scriminante, nota il Fiandaca (Diritto penale, 1995, pg. 228) é ispirata al principio volenti non fit iniura ed ha il suo “evidente” fondamento nella irrilevanza della tutela penale di un interesse che il titolare mostra di non voler proteggere, consentendone la lesione. Lo stesso autore precisa che esulano dalla portata della scriminante in esame, le ipotesi in cui il consenso si pone quale elemento la cui presenza fa venire meno lo stesso fatto tipico: così il consenso nella violazione di domicilio (art. 614 C.P.), nella violenza privata (art. 610) o nella violenza carnale (art. 519 C.P.): trattasi di fatti che presuppongono un’azione realizzata contro la volontà del soggetto passivo: come si nota (Fiore, op. cit. pg. 311), la condotta dell’autore é in realtà radicalmente alternativa rispetto a quella configurata nel tipo del fatto incriminato: “Un rapporto sessuale consensuale – prosegue l’autore -- non é certo una violenza carnale autorizzata, allo stesso modo che una visita a un amico non é una violazione di domicilio giustificata”. Occorre dunque l’accertamento di un fatto tipico completo dei suoi elementi, scriminato dal consenso. La diversità di tali ipotesi – nota Romano (Romano M., Commentario, 1995, pg. 494 – merita di essere posta in risalto. “Il consenso, infatti, sempre che sia validamente prestato, a volte rende il comportamento dell'agente un normale accadimento della vita sociale o di relazione, refrattario a qualsiasi valutazione d’ordine giuridico penale, altre volte, invece, si pone come <strumento> che esclude la rilevanza penale di una condotta conforme al tipo e materialmente lesiva di un interesse protetto dall’ordinamento”. L’art. 50 C.P. specifica che il consenso deve provenire dalla persona che del diritto può validamente disporne: opera quindi in relazione ai diritti disponibili: deve trattarsi di diritti che non lasciano permanere un interesse alla repressione, in relazione all’utilità collettiva connessa all’interesse in questione. Il concetto di diritto va pertanto inteso nella sua massima estensione, e quindi relativo anche alle facoltà: così Mantovani (Diritto penale, 1992, pg. 257): l'autore si riferisce testualmente alla L. 689/1981 che, in tema di illecito amministrativo, parla di scriminante dell’esercizio di una facoltà legittima. Fonti del diritto scriminante possono essere, oltre alla legge extrapenale, statale e regionale, anche il regolamento, la consuetudine, l’atto amministrativo e il contratto privato (Mantovani, op. cit. pg. 258). Il diritto scrimina inoltre nei limiti in cui é giuridicamente riconosciuto: limiti (Mantovani) che sono quelli propri della legge da cui promana, ma altresì dell’intero ordinamento e dello stesso codice penale: così un limite comune ai diritti contestabili é costituito dagli artt. 392 e 393 C.P. che escludono dal contenuto di tali diritti il potere di farsi giustizia da sé. Utile é la schematizzazione del Fiandaca (op. cit. pg. 230), sulla premessa che la norma di cui all’art. 50 non contiene un elenco dei diritti disponibili, occorrendo ricavarlo dall’intero ordinamento giuridico e dalla consuetudine. Si ritengono disponibili, i diritti patrimoniali, sempre che non si ecceda dai limiti posti dalla legge (incendio di cosa propria: art. 423, 2° c., C.P.); sempre che non comportino il totale sacrificio, si considerano disponibili gli attributi della personalità: così per l’onore, la libertà sessuale e di domicilio. Rispetto alla integrità fisica si ritiene scriminante il consenso, assumendo come parametro di riferimento l’art. 5 C.C.

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Indisponibili si considerano tutti gli interessi che fanno capo allo Stato, agli enti pubblici ed alla famiglia. Indisponibile é altresì il bene della vita (cfr., artt. 579 di cui infra e 580 C.P.). Attraverso alcuni indici giurisprudenziali é possibile circoscrivere specificamente l’operatività della scriminante in esame. Limiti normativi espressi si ribadiscono, venendo al tema che ci è proprio, nella sfera degli interessi che fanno capo al singolo: si richiama così il concetto di vita (art. 579 c.p.); l’integrità fisica, rispetto alla misura delle conseguenze visive (diminuzione permanente di detta integrità); la contraddizione infine, della condotta consentita, con la legge, l’ordine pubblico e il buon costume (art. 5 C.C.). Così in tema di lesioni personali si é ritenuto che la scriminante non possa operare quando l’azione delittuosa sia diretta a provocare ferite nel corpo della persona offesa non preventivamente determinabili; attraverso poi il limite del buon costume e dell’ordine pubblico, si é posto l’accento sulla salvaguardia del significato inalienabile dei diritti inviolabili facenti capo al soggetto, rispetto a forme di degradazione della personalità: in tale ambito, si é ritenuto non costituire valido consenso il permettere “l’incrudelimento sul proprio corpo” (Cass. 24/4/1968, Andreozzi G. P. 1969, II, 165). In tema di omicidio preterintenzionale, la Cassazione (Cass. sez. V 12/5/1992 in G.P. 1992, II, 551) ha affermato che “ai fini della configurabilità del delitto di omicidio preterintenzionale il consenso prestato ad una iniezione di eroina che ha provocato effetti letali, in quanto contro la legge e il buon costume é un consenso non valido e non atto a scriminare il reato precitato”. In relazione al consenso del tossicodipendente a subire trattamenti terapeutici implicanti forme di restrizione della libertà personale –ipotesi cui soffermarsi per una certa analogia con il tema dei trattamenti obbligatori-- si é espressa la giurisprudenza in relazione a vicende verificatesi all’interno della comunità di San Patrignano (Tribunale Rimini 16/2/1985 Muccioli F.I. 1985, II, 431; App. Bologna 28/9/1987 Muccioli F.I 1988, II, 588). Per il Tribunale riminese, i delitti di sequestro di persona e di maltrattamenti commessi in danno di tossicodipendenti sottoposti in comunità <<chiusa>> a programmi terapeutici inclusivi di restrizione della libertà e trattamenti vessatori, non sono scriminati dal consenso del ricoverato, poiché il consenso medesimo é invalido quando concerna la soppressione della libertà personale o limitazioni così gravi da sminuire in modo notevole la funzione sociale dell’individuo. La ratio che sottende la decisione é quella di risolvere il problema del consenso a limitazioni della propria libertà personale secondo criteri analoghi a quelli indicati dal c.c. per l’integrità fisica. Si reputa quindi efficace il consenso quando ha per effetto limitazioni circoscritte e secondarie del bene dell’integrità fisica, mentre é da considerarsi invalido, quando determini menomazioni gravi o si concreti in violazioni dell’ordine pubblico, buon costume e della legge. Per la Corte di appello, invece, nell’ipotesi considerata, sussiste un consenso anticipatamente prestato dal ricoverato all’atto di ammissione alla comunità al programma restrittivo, nel caso in cui la privazione della libertà non si protragga oltre il tempo strettamente necessario al recupero del soggetto e non venga attuata con modalità tali da ledere la dignità della persona umana. Vi é quindi l’affermazione del rilievo del consenso prestato inizialmente che si traduce in una rinuncia incondizionata alla libera disposizione di se durante il trattamento terapeutico, mentre é irrilevante il dissenso successivo per una sorta di presunzione assoluta di incapacità di volere del tossicodipendente per tutto il periodo della permanenza nella comunità. Di rilievo è l’analisi del consenso su quel particolare atto dispositivo del proprio corpo, costituto dal trapianto di un organo. In particolare, il Mantovani (voce Trapianti, in Novis. Dig. it. App. 1987, pg. 794/795 in AA.VV. Atipicità cit., pg. 13ss.) individua nei trapianti dei limiti oggettivi e soggettivi. Analizzati i primi, osserva che il limite soggettivo é costituito “dall’inderogabile principio del consenso del donatore” (artt. 13 Cost., L. 180/1978, 33, L. 833/1978, L. 458/1967, art. 9, L. 592/1967 sulla donazione del sangue). Il consenso, per tale autore, deve essere:

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a) personale, prestato cioè dallo stesso donatore, poiché i rappresentanti non possono consentire interventi a danno del rappresentato (es.: il prelievo del rene dal figlio minore per essere trapiantato su altro figlio); b) reale, non essendo ammissibile quel consenso presunto, che é invece ammesso per le attività terapeutiche di necessità ed urgenza rispetto a pazienti in stato di incoscienza; c) prestato da donatore capace, sia per le condizioni psichiche che per l’età (per il prelievo del rene, la maggiore età: al tempo dell’entrata in vigore della legge, 21 anni, e che il Mantovani ritiene inalterato attesa la gravità dell’atto e considerato, a fortiori, che per il sangue, l’art. 9, L. 592/1967 ne vieta il prelievo da soggetti di età inferiore a18 anni e richiede per i minori di anni 21, il consenso dei genitori; d)/h) libero, spontaneo, consapevole, attuale, incondizionato, in certam personam per il trapianto del rene (art. 2, L. 458 cit.), gratuito (art. 2, L. 458; cfr., l’art. 15/17 della legge 592 cit., in tema di prelievo del sangue previo compenso), formale, per la donazione del rene (libero, nella forma, per i tessuti). Il consenso nell’attività medica chirurgica. Si afferma che la tutela della salute del singolo non va interpretata né in termini di adempimento di un dovere, da parte del medico, né nella prospettiva della salvaguardia di un interesse collettivo, bensì in termini di esercizio di un diritto solo fino a quando così voglia il titolare del bene protetto: in tal modo é consentita la salvaguardia della libertà morale e dell’autodeterminazione del paziente. In tale ambito la giurisprudenza (Corte di Assise di Firenze 18/10/1990, Massimo, F.I. 1991,II, 236; C. appello Firenze 11 luglio 1995 in foro it. 1996, II, pg. 188ss. con annotazioni di sensibile dottrina: Polvani M.) ha ritenuto che debba rispondere di omicidio preterintenzionale il sanitario che sottopone il paziente in assenza di necessità ed urgenza terapeutica ad un intervento operatorio di più grave entità rispetto a quello meno cruento e comunque di più lieve entità per il quale aveva ottenuto il consenso. In generale la liceità del trattamento medico chirurgico viene individuato dalla dottrina con riferimento ad una serie di diversi orientamenti: si afferma così che l’azione del medico é lecita in quanto nonostante i possibili danni tende a procurare maggiori vantaggi (vi sarebbe quindi un’adeguatezza sociale dell’attività medica); per altri vi é un’assoluta carenza dell’elemento soggettivo del reato; ancora, l’attività del medico troverebbe il suo fondamento con riferimento alle cause di giustificazione codificate: così, in particolare, con riferimento al consenso dell’avente diritto, in quanto la volontà positivamente manifestata dal paziente, renderebbe lecita l’azione del medico su di lui; lo Stato inoltre autorizza l’esercizio della professione sanitaria e quindi l’attività del medico si riconduce all’esercizio del diritto; il medico altresì curando il paziente adempie ad un dovere in base sia alla legge professionale che alla consuetudine; ancora con riferimento allo stato di necessità ove il medico si trovi innanzi un paziente che non é in grado di prestare il suo consenso. Si fa anche riferimento alle cause di giustificazione non codificate ritenendosi che il trattamento medico ne integri una: vi é un alto interesse sociale all’attività medico chirurgica, tale interesse renderebbe pertanto lecito l’intervento del medico. Dottrina (Mantovani) e giurisprudenza sottolineano che il consenso preventivo del paziente costituisce requisito di liceità imprescindibile, anche con il richiamo all’art. 32 della Cost. Si osserva peraltro che il consenso ex art. 50 (anche in relazione al limite di cui all’art. 5 C.C.) ha un margine di operatività limitato e, come tale, non potrebbe risolvere l’illiceità di quegli atti, come gli interventi chirurgici, che possono arrecare diminuzioni permanenti ovvero la morte. Se ne deduce (Vassalli) che il consenso richiesto in materia non si identificherebbe con quello ex art. 50 C.P., ma avrebbe una essenza diversa, costituendo un requisito di liceità o comunque un presupposto necessario della conformità alla legge della attività del medico. Il consenso - quale atto di esercizio del diritto di libertà del paziente – deve formarsi in modo libero e quindi non coartato, deve essere lecito e consapevole (dei rischi terapeutici) nonché revocabile prima dell’intervento; deve essere prestato direttamente dal paziente al medico, ed espresso in modo esplicito. Per i minori si distingue fra quelli di età superiore ai 14 anni (per i quali si valuterà il discernimento caso per caso), da coloro che hanno meno di 14 anni (per i quali deciderà il

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rappresentante legale, nell’interesse del paziente). Ove però sussiste una situazione di necessità (da valutare ex ante) il medico potrà intervenire anche se il paziente non può prestare il suo consenso. La situazione é analoga al caso in cui il paziente o il legale rappresentante non é consenziente all’intervento pur trovandosi in pericolo di vita. Se sussiste un danno grave per la salute del predetto, si ritiene l’intervento scriminato ex art. 54 C.P (segnalandosi un vero e proprio obbligo di intervento per evitare la incriminazione per omissione di soccorso: art. 593 C.P.). Possono trarsi da questo excursus della conclusioni o meglio focalizzare almeno un profilo di problematicità. Come si è visto, dottrina e giurisprudenza (cfr., da ultimo, Cass. civ. sez. III, 15 gennaio 1997 n. 364 in Foro it., 1997, I, pg. 771ss.), concordano sul principio che il consenso, <globale> ed informato del paziente all’attività medica, esprime necessità rigorosa e dotata di copertura costituzionale. Può quindi concludersi, sul punto, che per i trattamenti volontari dottrina e giurisprudenza hanno, nel tempo, mediato fra tutela della salute e rischi dei trattamenti sanitari, valorizzando consenso ed informazione. Analoga mediazione può essere, mutatis mutandis, ricercata nel campo dei trattamenti obbligatori, partendo se non direttamente dalla predetta categoria del consenso, almeno dall’informazione. Allo stato, infatti, non sembra esserci <spazio> per l’abolizione dell’obbligatorietà posto che la Corte Costituzionale ha chiaramente evidenziato l’esigenza solidaristica dalla quale sono ispirati. In realtà, deve anche considerarsi che forse non v’è ancora una coscienza (derivante da una approfondita conoscenza del problema) così diffusa nei vasti strati della popolazione, per scelte così radicali, quali allo stato, la possibilità di rifiutare le vaccinazioni. C’è però un vasto intervento da porre in essere, sotto forma di informazione da far circolare nella società e di comprensione e studio dei rischi scaturenti dalle vaccinazioni, che può, nel tempo, modificare lo stato attuale della legislazione. La parola quindi passa agli scienziati che, attraverso la loro opera, devono informare i cittadini, mobilitando così il legislatore, affinché l’affermazione di un obbligo in tema di trattamento imposto, si radichi sempre di più sulla conoscenza dei rischi connessi all’uso dei vaccini e sullo studio degli stessi, determinando che l’imposizione di tali trattamenti avvenga a rischio <zero>. Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Sciaudone: Grazie, Procuratore Marmo, il suo intervento mi è sembrato estremamente interessante. Prego il Professor La Bruna che, nel frattempo, è riuscito a lasciare la manifestazione per De Martino, ad intervenire, di assumere la presidenza della sessione. Prof. Luigi La Bruna, Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”: No, per l’amor di Dio. Io sono venuto solo a scusarmi e a giustificare la mia assenza e a dire che ho dovuto partecipare, con gioia, quale Preside della facoltà giuridica napoletana, alla manifestazione, che si è conclusa in questo momento, per i 90 anni di Francesco De Martino, Senatore, a cui sono lieto che da questo convegno giunga ugualmente un saluto e un applauso. Prof. Sciaudone: Siamo stati onorati anche noi della possibilità di poter manifestare al Prof. De Martino il nostro apprezzamento ed augurio per i 90 anni.

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Prof. La Bruna: De Martino è Professore Emerito della facoltà che ho l’onore di presiedere e allora io non potevo mancare, ma volevo ugualmente essere qui per portare all’amico Sciaudone, e a tutti voi, il saluto vivo, cordiale, affettuoso, della facoltà giuridica napoletana, e a scusarmi. Vuol dire che ci sarà un’altra occasione in cui potrò stare con voi, io adesso sono con dei colleghi e debbo andare da De Martino ancora, quindi, mi scuso vivamente, ma non poteva mancare, appunto, il saluto della mia facoltà a questa così importante iniziativa. Prego il presidente e i colleghi di continuare a lavorare e di ritenermi giustificato. Prof. Sciaudone: Grazie, Professor La Bruna. Io volevo sottolineare l’aspetto della relazione del Procuratore Marmo che mi sembrava estremamente importante, quello della pubblicizzazione. Perché, nel disegno di legge di cui abbiamo parlato prima, che è recentissimo, approvato dalla XII Commissione Permanente del Senato della Repubblica Commissione Igiene e Sanità il 7 maggio e trasmesso il 12 maggio, quindi due settimane fa appena, e che riguarda le modifiche e integrazioni della legge 25 febbraio ’92 numero 210, viene proprio sottolineato questo aspetto della pubblicizzazione: “Alla presente legge sarà data la massima pubblicità a cura degli Assessorati alla Sanità delle Regioni e delle Provincie Autonome - in attesa che anche le Provincie non autonome abbiano il trasferimento per legge di queste competenze - tramite affissione di copia della medesima presso ogni ufficio delle Prefetture, delle Aziende Unità Sanitarie Locali competenti in materia di invalidi civili, ogni caserma militare, presso gli uffici delle Aziende Unità Sanitarie Locali competenti in materia di vaccinazione, presso tutti i Consolati all’estero della Repubblica Italiana, presso tutti i reparti degli ospedali e delle case di cura private, nonché dei locali adibiti al servizio trasfusionale”. Dico: a me è sembrato strano. Come prima ho sottolineato la stranezza del discorso del super segreto professionale o del super segreto d’ufficio, così sembra strana questa accentuazione di norme che sono, tra l’altro, già previste. Infatti, come ricordava giustamente il Presidente Marmo, è nella sostanza che queste cose vadano pubblicizzate. Quindi, l’attenzione con cui - continuo ad essere provocatore - si ricorre alla reiterazione di queste norme, sembra quasi nascondere qualcosa. I commenti li lascio ai colleghi che interverranno sottolineando, davvero, la profondità del contributo del Presidente Marmo. Il Professor Francesco Caruso è Ordinario di Diritto delle Comunità Europee e ci parla della normativa comunitaria e diritto internazionale facendoci passare dalla situazione del nostro particolare italiano, alla situazione, invece, sovranazionale.

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Normativa comunitaria e diritto internazionale. Prof. Francesco Caruso,

Ordinario di Diritto delle Comunità Europee - Istituto "Suor Orsola Benincasa"

1. L'argomento, estremamente interessante, che mi è stato assegnato consiste nell'individuazione della normativa internazionale e comunitaria vigente in materia di vaccinazioni. Da ciò la necessità di analizzare dapprima la normativa internazionale e, poi, quella comunitaria poiché il rapporto tra le due normative - internazionale e comunitaria appunto - si configura come un rapporto di genere a specie. La prima, infatti, è una normativa di carattere generale mentre la seconda e cioè quella comunitaria si caratterizza per un complesso di norme di portata particolare. Inoltre, il diritto comunitario si caratterizza anche per il fatto che molte delle sue norme disciplinano tanto i rapporti interindividuali quanto quelli intercorrenti tra gli individui e gli Stati. 2. Occorre, a questo punto, una premessa indispensabile: tanto la normativa internazionale quanto quella comunitaria, in realtà, non trattano in maniera specifica il problema delle vaccinazioni, ma si interessano in modo generale della salute dell'individuo. Ciò posto va detto che la normativa internazionale vigente in tale settore consta di una moltitudine di atti quali: a) la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1948; b) i Patti internazionali sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici approvati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966; c) la Dichiarazione dei diritti del fanciullo adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959; d) la Costituzione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, firmata a New York il 22 luglio 1946 e regolarmente adottata dalla sua Assemblea; e) la Convenzione Europea per la Salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, promossa dal Consiglio d'Europa e firmata a Roma il 4 novembre 1950; f) la Carta sociale europea promossa dal Consiglio d'Europa e firmata a Torino il 18 ottobre 1961. A differenza di quella internazionale, invece, la normativa comunitaria tutela la salute del cittadino in poche norme tra le quali spiccano: a) l'art. 129 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, stipulato a Roma il 25 marzo 1957 ed emendato da ultimo con il Trattato di Maastricht entrato in vigore il 1° novembre 1993; b) la Direttiva 679/90 CEE relativa alla tutela dei lavoratori dai rischi derivanti da esposizione ad agenti biologici durante il lavoro. 3. Dopo aver individuato il complesso di norme internazionali e comunitarie che tutelano la salute dell'individuo occorre, ora, analizzarne i contenuti sia pure in maniera sintetica cominciando dalla

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Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Nel Preambolo di tale Atto si rinvengono una serie di disposizioni - artt. 18; 25, par. 1 e 29, par. 1 e 2 - che non concernono specificamente la materia che qui rileva ma si limitano ad imporre agli Stati l'obbligo di tutelare la salute dell'individuo nel rispetto della sua libertà di pensiero e con il limite derivante dall'esigenza di assicurare la tutela di analoghi diritti altrui. Nella stessa direzione si muovono i Patti internazionali sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici, firmati dall'Italia il 18 gennaio 1967 e ratificati il 5 settembre del 1978. Il primo stabilisce all'art. 12, par. 2, lett. c), l'obbligo per gli Stati contraenti di assicurare «la profilassi, la cura e il controllo delle malattie epidemiche, endemiche, professionali e d'altro genere», senza però dare direttive agli Stati sul modus agendi in tal senso. Il secondo, invece, statuisce all'art. 18, par. 3, che «la libertà di manifestare la propria religione, o il proprio credo può essere sottoposta unicamente alle restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico e della sanità pubblica ...». Continuando ad esaminare la normativa internazionale vigente si deve constatare che anche la stessa Dichiarazione dei diritti del fanciullo non dice nulla di incisivo al riguardo limitandosi unicamente ad una generica previsione in base alla quale il fanciullo deve poter «crescere sano e normale sul piano fisico» e, quindi, gli devono essere assicurate le «cure mediche» appropriate. Norme fondamentali in materia di profilassi, invece, sono contenute negli atti dell'Organizzazione mondiale della Sanità, il cui obiettivo prioritario consiste nel conseguimento del livello più alto possibile di salute da parte di tutti i popoli. In tale scia si colloca il potere regolamentare dell'OMS, che ai sensi dell'art. 21 dell'atto costitutivo può emanare «regolamenti» in tema di procedure per prevenire la diffusione delle epidemie, di nomenclatura delle malattie epidemiche e mortali o, ad esempio, di caratteristiche dei prodotti farmaceutici. In tale settore un ruolo essenziale è quello rivestito dal Regolamento Sanitario Internazionale del 25 maggio 1951, nonché dai regolamenti aggiuntivi del 1955, 1956, 1960, 1963 e 1965. Il primo di tali atti disciplinava i controlli sanitari su persone e mezzi in qualunque modo fossero entrati nel territorio di una parte contraente (terra, mare, aria). Gran parte di tali disposizioni sono contenute nel nuovo Regolamento Sanitario Internazionale, adottato a Boston il 25 luglio 1969 (successivamente modificato dal regolamento di Ginevra del 23 maggio 1973), ratificato in Italia con L. 9 febbraio 1982, n° 106. Il Regolamento del 1969 si caratterizza per una serie di norme che individuano in maniera più precisa gli obblighi di notificazioni e di informazioni epidemiologiche, finalizzati a garantire maggior certezza e stabilità nei rapporti tra gli Stati a protezione della "sanità mondiale" intesa quale interesse fondamentale della comunità internazionale. In particolare, il Regolamento in esame individua talune misure profilattiche di difesa dalle malattie quarantenarie (peste, colera, tifo esantematico, vaiolo, febbre gialla, febbre ricorrente), stabilendo che nelle località infette da tali malattie sia consentito l'accesso solo a persone preventivamente vaccinate. Su tale scia si ricorda che, in Italia, il Ministero della Sanità trasmette con proprie circolari e periodicamente, agli uffici periferici l'elenco aggiornato delle misure profilattiche vaccinali richieste dai vari Stai esteri ai passeggeri in arrivo. Occorre a questo punto affermare che, tranne che nei Regolamenti succitati, non è dato rinvenire in genere nella normativa internazionale norme specifiche in ordine alla necessità o meno di ricorrere alle vaccinazioni. Per lo più, infatti, gli atti internazionali si limitano a tutelare genericamente il diritto alla salute ed all'integrità fisica dell'individuo.

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Tali valori sono riconosciuti e garantiti anche nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispettivamente nell'art. 3 - il quale stabilisce che «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pena o trattamenti inumani o degradanti» - e nell'art. 10, co. 2, che, nel riconoscere il diritto di ogni individuo alla libertà di espressione impone anche talune restrizioni di tale libertà al fine di garantire, tra l'altro, «........... la protezione della salute e della morale». Occorre, infine, ricordare l'art. 11 della Carta sociale europea, dedicato specificamente alla tutela del diritto alla salute nel quale le «parti contraenti (cioè gli Stati firmatari) si impegnano a prendere, sia direttamente sia in cooperazione con le organizzazioni pubbliche e private, misure adeguate, che si propongano specialmente ... di prevenire, nella misura del possibile, le malattie epidemiche, endemiche ed altre». 4. Passando ad esaminare, ora, la normativa comunitaria vigente nel settore in esame bisogna anzitutto ricordare l'art. 129 del Trattato istitutivo delle Comunità Europee ne quale si legge «la comunità contribuisce a garantire un livello elevato di protezione della salute umana......» indirizzando la sua azione «........ in primo luogo alla prevenzione delle malattie....... favorendo la ricerca sulle loro cause e sulla loro propagazione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria». In generale si può dire che in ambito comunitario l'interesse per le misure profilattiche vaccinali è circoscritto, salvo eccezioni, al ravvicinamento delle disposizioni nazionali relative all'immissione in commercio di medicinali di alta tecnologia ed, in particolare, di quelli derivanti dalla biotecnologia. Le uniche eccezioni al predetto orientamento sono rappresentate dalla Direttiva 90/679/CEE ( così come modificata dalla 93/88CEE), relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizioni ad agenti biologici durante il lavoro, nonché dalla Direttiva 89/342/CEE. Nella prima si ritrova un Allegato VII rubricato "Codice di condotta raccomandato per la vaccinazione" in cui si prevede che, ove esistano vaccini efficaci, i datori di lavoro dovrebbero offrire ai lavoratori esposti ai rischi biologici, la prescritta vaccinazione, e che gli stessi debbano essere informati dei vantaggi e degli inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione. La seconda Direttiva menzionata, invece, proprio al fine di assicurare la salute pubblica, detta norme finalizzate ad armonizzare le condizioni per l'autorizzazione alla fabbricazione ed all'immissione sul mercato di medicinali immunologici. 5. Concludendo e sintetizzando, tanto il diritto internazionale quanto il diritto comunitario non contengono disposizioni che consentano di risolvere il problema che figura nel titolo di questo interessante Convegno. E tale considerazione va effettuata anche se nell'ordinamento internazionale, con riferimento a talune particolari malattie, è previsto che gli Stati possano consentire l'ingresso nel proprio territorio solo agli stranieri vaccinati. Si tratta di una disposizione particolarissima dalla quale, tuttavia, non si desume nulla in via generale, atteso che, peraltro, anche l'odierno diritto internazionale, così sensibile alla tutela dei diritti umani, ritiene la materia in esame do competenza esclusiva di ciascuno Stato. Analogamente, non sarebbe corretto evincere da una particolare disposizione del diritto comunitario derivato un orientamento di questo ordinamento ostile alle vaccinazioni. L'obbligo di informare "i vaccinandi", di cui all'Allegato VII della Direttiva 90/679/CEE e successive modificazioni,

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costituisce per tanti motivi un "unicum" che no può affatto essere generalizzato ma al più proposto come modello per ulteriori norme in materia. Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Sciaudone: Grazie, Professor Caruso perché, pur nella sinteticità del suo intervento io credo ci abbia fatto notevolmente progredire nel livello delle nostre conoscenze. Voglio soprattutto rilevare l’affermazione, posta al termine della sua relazione, sull’indirizzo esistente a livello comunitario e sovracomunitario per il quale il problema deve andare risolto all’interno dei singoli stati. E poiché ci avviamo a diventare una federazione di regioni, inizio a pensare che poi il problema dovrà essere risolto a livello delle singole comunità regionali. E lo ringrazio anche per l’annotazione che ha fatto, che il tempo è una funzione inestensibile - avrebbe detto Zichichi - rispetto alle situazioni e che quindi bisogna, pur nella sintesi, offrire un quadro chiaro, laddove invece tante verbosità e tante spiegazioni a nulla servono. Il Prof. Carlo Colapietro dell’Università “La Sapienza” di Roma e della Luiss, ci parlerà invece di un altro aspetto che è fondamentale in questa valutazione del problema obbligo o libertà della vaccinazione, ed è la valutazione costi - benefici nei trattamenti sanitari obbligatori. Quindi prego il Prof. Colapietro di prendere la parola.

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La valutazione costi-benefici nei trattamenti sanitari obbligatori : il

bilanciamento tra gli interessi del singolo e quelli della collettività. Prof. Carlo

Colapietro, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e LUISS “G.Carli”

Abstract La relazione analizza gli aspetti di rilievo pubblicistico della disciplina dei trattamenti sanitari obbligatori, il cui tema torna oggi di particolare attualità, soprattutto con riferimento alle vaccinazioni obbligatorie, dopo che un vasto movimento di pensiero ha sottoposto a dura critica “il dogma della vaccinazione”, cercando di dimostrare la inutilità ed anzi la dannosità della stessa. Nel passare ad esaminare quali siano i modi d’incidenza delle vaccinazioni obbligatorie sulle libertà dell’individuo - e, più in particolare, sul suo potere di autodeterminazione in ordine al proprio diritto alla salute - nonché quali siano i presupposti ed i limiti costituzionali che ne condizionano la legittimità, l’Autore effettua un’attenta disamina dell’articolo 32 Cost., il quale, costituendo il fondamento costituzionale dei trattamenti sanitari, rappresenta l’esclusivo referente cui commisurare la problematica in oggetto. L’esatto inquadramento del problema di costituzionalità presuppone il riconoscimento della scissione del diritto alla salute nelle due dimensioni di diritto dell’individuo e d’interesse della collettività, nonché dello stretto intreccio tra i due aspetti entrambi fondamentali. Sulla base di tali premesse si chiarisce il significato del diritto alla salute con riferimento al caso in cui la sua dimensione individuale confligga con quella collettiva: in tale ipotesi, che può ricorrere tipicamente nel caso delle vaccinazioni, il disposto costituzionale subordina la legittimità dell’imposizione dell’obbligo di vaccinazione alla compresenza dell’interesse alla salute del singolo ed anche della collettività, nonché, in ogni caso, al rispetto della persona umana e dei suoi più incoercibili convincimenti, visto quale limite funzionale all'attività legislativa. In tal caso, dunque, al fine di delineare al meglio la valutazione costi-benefici nei trattamenti sanitari obbligatori, occorre muoversi nella prospettiva di un bilanciamento tra i due valori in questione; valori che, come è ormai definitivamente acquisito grazie all’evoluzione interpretativo-giurisprudenziale che ha interessato il diritto fondamentale alla salute, sono legati in uno stretto intreccio di situazioni giuridiche, tutte meritevoli di adeguata tutela attraverso un loro ragionevole contemperamento. In definitiva, nella valutazione dei risultati statistici che connotano il bilancio rischi-benefici delle vaccinazioni obbligatorie, appare chiaro come non si possa prescindere dalla presa d’atto della coesistenza tra la dimensione individuale e quella collettiva della disciplina costituzionale della salute. E ciò nella prospettiva di una complessa riconsiderazione legislativa dell’attuale sistema che, nel rispetto della persona umana (e quindi anche della sua libertà di coscienza), pervenga alla predisposizione di garanzie idonee a tutelare la salute individuale senza porre a rischio quella collettiva, nell’ambito di una progressiva uniformazione normativa a livello europeo. 1. A quasi un ventennio ormai dai primi ed autorevoli contributi dottrinali che hanno analizzato gli aspetti di rilievo pubblicistico della disciplina dei trattamenti sanitari obbligatori, attraverso lo studio dei “problemi che l’intervento pubblico a tutela della salute suscita nei suoi

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rapporti con le norme costituzionali”1, il tema torna oggi di particolare attualità soprattutto con riferimento alle vaccinazioni obbligatorie, considerate a buon diritto i primi strumenti propriamente “scientifici” di tutela preventiva della salute utilizzati con una certa sistematicità dai pubblici poteri2. Da un lato, infatti, autorevoli ambienti nazionali ed internazionali sollecitano una più ampia ed articolata utilizzazione delle vaccinazioni obbligatorie, ritenuto tutt’oggi strumento valido ed, anzi, in certi casi insostituibile. In questo senso si chiede di conferire maggiore ampiezza ed incisività ai programmi di vaccino-profilassi, agevolandone l’accettazione anche attraverso l’introduzione di specifiche garanzie assistenziali e compensative, in caso di eventuali complicanze post-vaccinali, analogamente a quanto già attuato in altri Paesi; non si ritiene, infatti, possibile lasciare alla discrezionalità dell’iniziativa individuale l’attuazione di misure sanitarie del genere, soprattutto in determinate contingenze ambientali e sociali, in quanto si rischierebbe di rendere “praticamente irrealizzabile questo precipuo compito della medicina di comunità, se non altro per la globalità statistica che esso presuppone”.

1 Cfr. S.P. PANUNZIO, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione, in Dir. e Soc., 1979, 875 ss., e poi aggiornato in Scritti in onore di E. Tosato, II, Padova, 1982, 127 ss.; A. ANZON, Trattamenti sanitari obbligatori e competenza regionale, in Giur. Cost., 1980, I, 1449 ss.; R. D’ALESSIO, I limiti costituzionali dei trattamenti sanitari, in Dir. e Soc.; 1981, 529 ss.; F. MODUGNO, Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione, ivi, 1982, 303 ss.; V. CRISAFULLI, In tema di emotrasfusioni obbligatorie, ibidem, 557 ss.; AA.VV., Trattamenti sanitari tra libertà e doverosità, Milano, 1983; A. CLARIZIA, Trattamenti sanitari obbligatori, in M.S. GIANNINI - G. DE CESARE, Dizionario di diritto sanitario, Milano, 1984, 561 ss.; C. SMURAGLIA, Trattamenti sanitari e tutela dei diritti fondamentali, in Questione Giustizia, 1989, 399 ss.; V. CRISAFULLI - L. PALADIN, Commentario breve alla Costituzione, sub artt. 32 e 38, Padova, 1990; V. FINESCHI, Tutela della salute e diritti della persona nella definizione del trattamento sanitario obbligatorio, in Riv. it. medicina legale, 1990, 914 ss.; e, già prima, A.M. SANDULLI, La sperimentazione clinica sull’uomo, in Dir. e Soc., 1978, 507 ss. e D. VINCENZI AMATO, Articolo 32, secondo comma, in Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1975. Più in generale, sul diritto costituzionale alla salute, nonché sugli atti di disposizione del proprio corpo e della propria salute, cfr. C. MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione italiana, (ripubblicato) in Raccolta di Scritti, III, Milano, 1972, 433 ss.; M. BESSONE - E. ROPPO, Diritto soggettivo alla “salute”, applicabilità diretta dell’art. 32 della Costituzione ed evoluzioni della giurisprudenza, in Politica del Diritto, 1974, 768 ss.; M. LUCIANI, Il diritto costituzionale alla salute, in Dir. e Soc., 1980, 769 ss.; D. VINCENZI AMATO, Tutela della salute e libertà individuale, in Giur. Cost., 1982, I, 2462 ss.; B. CARAVITA, La disciplina costituzionale della salute, in Dir. e Soc., 1984, 21 ss.; G. ALPA, Salute (Diritto alla), in Appendice al Novissimo Digesto Italiano, Torino 1985; V. CAIANIELLO, Limiti delle prestazioni idrotermali nel quadro del diritto alla salute e del diritto di scelta del cittadino, in Nuova Rassegna, 1985, 825 ss.; M. LUCIANI, Salute I) Diritto alla salute - Dir.Cost., in Enc. Giuridica, XXVII, Roma, 1991; A. MUSUMECI, Dal “potere” alla “libertà” di disporre del proprio corpo, in Giur. Cost., 1991, 626 ss.; e, da ultimo, F. MODUGNO, I “nuovi diritti” nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995. 2 Così S.P. PANUNZIO, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione, cit., 875. Sulla problematica giuridica delle vaccinazioni cfr., più specificamente, R. MACCOLINI, Vaccinazione, in Novissimo Digesto Italiano, XX, Torino, 1975, 403 ss.; M. PARODI GIUSINO, Trattamenti sanitari obbligatori, libertà di coscienza e rispetto della persona umana, in Foro It., 1983, I, 2656 ss.; F. GIARDINA, Vaccinazione obbligatoria, danno alla salute e “responsabilità” dello Stato, in Giur. Cost., 1990, 1880 ss.; G. PONZANELLI, Lesioni da vaccino antipolio : che lo Stato paghi l’indennizzo!, in Foro It., 1990, I, 2697, ed A. PRINCIGALLI, ibidem, 2696; F. BUZZI - M.C. OPPEZZO - H. HANSEN, Profili medico-legali e medico-sociali delle vaccinazioni in prospettiva europea, in Riv. it. medicina legale, 1990, 1039 ss.; R. IANNOTTA, Malattie infettive e sociali, in Enc. Giuridica, XIX, Roma, 1990; G. PONZANELLI, “Equo ristoro” e danni da vaccinazione antipolio, in Foro It., 1991, I, 1239 ss.; ID., Le responsabilità speciali in “common law”: le ipotesi di vaccinazione obbligatoria, in Rass. Dir. Civ., 1991, 170; L. CATALANO, Danni da vaccinazione obbligatoria e responsabilità oggettiva dello Stato, in Nuova Giur. Civ., 1992, 1, 277 ss.; A. MARRA, Le vaccinazioni ancora una volta alla ribalta della pubblica opinione, in Confronti, 1994, 2, 95 ss.; M. LUCIANI, Vaccinati a norma di legge, in Italia Oggi del 27 giugno 1994; S.P. PANUNZIO, Vaccinazioni, in Enc. Giuridica, XXX, Roma, 1994; e, da ultimo, G. PONZANELLI, “Pochi, ma da sempre”: la disciplina sull’indennizzo per il danno da vaccinazione, trasfusione o assunzione di emoderivati al primo vaglio di costituzionalità, in Foro It., 1996, I, 2328 ss.

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E’, del resto, evidente - secondo il medesimo indirizzo - che allorché il livello di consapevolezza sanitaria della popolazione non è particolarmente elevato, per il persistere nel Paese di innegabili fenomeni di arretratezza, “non sembra possibile affidare al solo senso di responsabilità del singolo il perseguimento di uno dei maggiori fini dell’igiene pubblica, che è appunto rappresentato dalla prevenzione delle malattie infettive” : allorché, infatti, “l’equilibrio epidemiologico, è precario, può essere sufficiente soltanto un piccolo numero di cittadini rimasto avulso dalle misure profilattiche generali ..., per compromettere la tenuta dell’intera barriera protettiva edificabile attraverso le difese vaccinali”3. D’altro lato, un vasto movimento di pensiero ha sottoposto a dura critica - con sempre maggiore insistenza negli ultimi anni - quello che è stato definito “il dogma della vaccinazione”, cercando di dimostrare l’inutilità ed anzi la dannosità della stessa, alla luce anche di una rinnovata attenzione scientifica al problema, che ha accertato, statisticamente, un parallelo e quantitativamente simile declino della malattia, rispettivamente nei Paesi “vaccinati” ed in quelli “non vaccinati” dell’area europea, tanto da ricondurre l’effetto benefico più alle migliorate condizioni generali di vita della popolazione che non all’introduzione della vaccinazione. Peraltro, la stessa letteratura scientifica ha segnalato la relazione causale tra l’introduzione del vaccino e l’insorgenza nel soggetto vaccinato di sintomi caratteristici della malattia, se non addirittura della malattia stessa, mostrando quindi piena consapevolezza dei limiti del vaccino e della sua riscontrata dannosità in taluni casi. Da queste considerazioni - ricavabili da statistiche nazionali ed internazionali sulle malattie infettive controllabili mediante vaccinazioni, nonché dai risultati statistici che connotano il bilancio rischi-benefici di queste ultime - muove quella corrente di pensiero che prospetta la necessità di una complessiva riconsiderazione legislativa dell’attuale sistema, nel rispetto della persona umana (e quindi anche della sua libertà di coscienza), in relazione anche alle soluzioni di facoltatività sulle quali si sono orientati altri Paesi e nella prospettiva di una progressiva uniformazione normativa in ambito europeo4. Alla luce del richiamato dibattito, che appare oggi acquisire un rinnovato vigore, in sede scientifica - non solo sotto il profilo epidemiologico, ma anche sotto quello più prettamente giuridico, del rapporto tra la libera autodeterminazione del soggetto in ordine alla propria persona ed i limiti che ad essa possono apporsi dall’ordinamento giuridico5 - si impone una riflessione sugli

3 Le citazioni sono tratte da F. BUZZI - M.C. OPPEZZO - H. HANSEN, Profili medico-legali e medico-sociali delle vaccinazioni in prospettiva europea, cit., 1040 e 1065, per i quali l’impossibilità di derogare all’obbligatorietà delle vaccinazioni, ed anzi la necessità di conferire maggiore ampiezza ed incisività ai programmi di vaccino-profilassi previsti dal vigente sistema obbligatorio, trova ulteriori motivi di giustificazione nel particolare fenomeno immigratorio verificatosi negli ultimi anni da Paesi in condizioni infettivologicamente assai pericolose, nonché nel considerevole aumento delle occasioni di viaggio verso tali Paesi, sia per turismo che per lavoro. 4 Le richiamate argomentazioni - comunemente utilizzate da quanti si oppongono alle pratiche vaccinali - si possono ritrovare diffusamente esposte nelle ordinanze di rimessione del Pretore di Alba, emessa in data 14 aprile 1980 (in Giur. Cost., 1980, II, 1646 ss.), e dal Pretore di Torino, emessa in data 19 maggio 1987 (in Giur. Cost., 1987, II, 960 ss.), da cui sono rispettivamente scaturite le pronunce della Corte costituzionale 31 maggio 1983, n.142 (in Giur. Cost., 1983, I, 822 ed in Foro It., 1983, I, 2656, con nota di M. GIUSINO PARODI, Trattamenti sanitari obbligatori, libertà di coscienza e rispetto della persona umana) e 2 febbraio 1988, n.134 (in Giur. Cost., 1988, I, 779). Le questioni sollevate da entrambi i giudici remittenti - nel cui merito, peraltro, la Corte non ha avuto la possibilità di entrare - investivano la legittimità costituzionale di quelle norme che rendono obbligatorie talune vaccinazioni, laddove non prevedono l’obiezione di coscienza, violando così i limiti imposti dal rispetto della persona umana, ex art. 32, 2° comma, Cost. E ciò sulla base di un’interpretazione estensiva della nozione di persona umana, intesa non solo in senso fisico, ma anche come portatrice di idee e convinzioni scientifiche, la cui manifestazione ed il cui insegnamento sono garantite dagli artt. 21 e 33 della Costituzione. 5 Sul problema posto dall’esatta configurazione dei rapporti tra libertà individuale e trattamento medico chirurgico, nonché della necessità del consenso del paziente per la sottoposizione a qualsiasi trattamento sanitario - che nei suoi termini più generali investe il tormentato quesito dell’esistenza di una autodeterminazione del soggetto nei confronti

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aspetti di rilievo pubblicistico della disciplina delle vaccinazioni obbligatorie . In particolare, occorre soffermarsi sui problemi che l’intervento pubblico a tutela del primario diritto alla salute genera nei rapporti con le altre norme costituzionali, e più specificatamente con le condizioni di legittimità costituzionale cui l’art. 32 Cost. assoggetta le leggi impositive di trattamenti sanitari obbligatori, ponendo particolare attenzione all’evoluzione interpretativo-giurisprudenziale che ha interessato il diritto fondamentale alla salute. 2. Nel passare ad esaminare quali siano i modi di incidenza delle vaccinazioni obbligatorie sulle libertà dell’individuo, e quali siano i presupposti ed i limiti costituzionali che ne condizionano la legittimità, occorre prendere le mosse da una attenta disamina dell’art. 32 Cost., il quale, “anche per il suo valore superlegislativo e costituzionale”, rappresenta “l’esclusivo referente cui commisurare la problematica in oggetto”6. Tuttavia, l’art. 32 Cost. è venuto assumendo il ruolo di norma cardine dell’ordinamento con molto ritardo rispetto all’entrata in vigore della Costituzione, allorché, abbandonato l’orientamento di quanti tendevano ad attribuire a tale articolo carattere programmatico e non precettivo, è stata, invece, riconosciuta dalla dottrina più attenta l’effettiva portata dell’art. 32 7, e la scomponibilità del diritto alla salute nei due aspetti di diritto dell’individuo e di interesse della collettività, nonché lo stretto intreccio tra i due aspetti, entrambi fondamentali 8. In una fase iniziale, infatti, l’attenzione prevalente dei primi commentatori della disposizione costituzionale in questione si è essenzialmente incentrata sul capoverso della stessa e sulla seconda parte del primo comma (protezione di un “interesse della collettività”), in chiara svalutazione della prima parte dello stesso comma, che eleva la salute a fondamentale diritto dell’individuo, e che quindi va letta come autentica garanzia di un diritto soggettivo individuale. Sul presupposto della vecchia e storicamente condizionata contrapposizione tra i tradizionali diritti fondamentali di libertà ed i diritti sociali 9, una parte della dottrina ha sostenuto che il diritto

della propria personalità fisio-psichica - si può rinviare ad F. MODUGNO, Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione, cit., 303 ss. e R. D’ALESSIO, I limiti costituzionali dei trattamenti “sanitari”, cit., 529 ss. 6 Così F. MODUGNO, Op. ult. cit., 308 ed R. D’ALESSIO, Op. ult. cit., 536, per i quali la soluzione del problema della legittimità del trattamento sanitario difficilmente può collegarsi in modo utile al profilo soggettivo del consenso, quale risulta dall’ambigua disposizione dell’art. 5 cod. civ., la sedes materiae, essendo, invece, rappresentata proprio dall’art. 32 Cost. 7 Il punto di equilibrio fra le due posizioni estreme, l’una volta a svuotare di ogni contenuto precettivo la formula costituzionale espressa nell’art. 32, l’altra volta ad enfatizzare al massimo questa formula, sembra raggiunto, secondo V. CAIANIELLO, Limiti delle prestazioni idrotermali nel quadro del diritto alla salute e del diritto di scelta del cittadino, cit., 825 s., da quanti attribuiscono all’art. 32 Cost. una duplice portata, per cui può definirsi “norma programmatica , nel senso di porre principi generali con valore programmatico e nello stesso tempo di indirizzo nei confronti della futura disciplina legislativa”; ma non per questo “la norma è priva di immediato valore precettivo, che non può essere disatteso o violato dal legislatore, cui compete l’obbligo positivo di introdurre le norme necessarie per l’attuazione del principio posto dalla disposizione programmatica”. 8 Cfr. P. TESAURO, L’azione sanitaria nel quadro delle libertà costituzionali del cittadino, in Rassegna amministrativa della sanità, 1972, 1 ss., il quale ha rilevato come l’aspetto dell’interesse della collettività “qualifica l’ordinamento giuridico vincolando le fonti di produzione alla realizzazione di un determinato indirizzo politico”, mentre l’altro aspetto, quello del diritto dell’individuo, “istituisce separatamente dalla prima enunciazione (non in occasione di questa) un diritto soggettivo”; di qui l’esigenza di approfondire i rapporti che intercorrono tra diritto alla salute e libertà giuridiche fondamentali, ed, in particolare, tra l’art. 32 e l’art. 2 Cost. 9 La dottrina costituzionalistica ha mantenuto per lungo tempo un atteggiamento di incomprensione nei confronti dei diritti sociali - la cui causa prima va rinvenuta nell’infelice destino storico della loro positivizzazione, nella loro tarda e carente codificazione nelle Costituzioni scritte - sostenendo la loro pretesa inconciliabilità con lo Stato di diritto e, soprattutto, la loro contrapposizione con i classici diritti di libertà. Il rapporto conflittuale fra diritti sociali e diritti di libertà è fondato su di una presunta contraddizione logica tra il principio di libertà e quello di eguaglianza, “ che ne fa i punti di riferimento di universi ideali e di progetti politici radicalmente alternativi” (M. LUCIANI, Sui diritti sociali, in

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alla salute, in quanto diritto sociale,10 avente per fine prevalente la soddisfazione di un interesse collettivo, non può essere considerato un diritto soggettivo perfetto, e, quindi, l’oggetto primario se non esclusivo della disposizione costituzionale sarebbe rappresentato dalla salute collettiva11. Tuttavia, allorché si perviene al superamento della ricostruzione tradizionale tra i diritti di libertà ed i diritti sociali, che ha relegato questi ultimi in una situazione di “minorità”, conseguente alle vicende storiche della loro affermazione12, tale interpretazione riduttiva dell’art. 32 Cost. sembra dissolversi con il cadere dei suoi presupposti. Nel momento, infatti, in cui si riconosce che fra i due gruppi di diritti non esiste un’antitesi di principio, bensì esiste piuttosto un’implicazione reciproca - stante il fatto che “i diritti sociali hanno la loro fonte nel principio di eguaglianza, il quale a sua volta è il presupposto della libertà”13 - non è più consentito in nome dell’interesse della collettività”, “alla cui soddisfazione è anche rivolto il riconoscimento dei c.d. diritti sociali ..., nascondere o indebolire la significazione e la

Scritti in onore di M. Mazziotti di Celso, II, Padova, 1995, 100; sui diritti sociali nel contesto costituzionale cfr. altresì, tra gli altri, M. MAZZIOTTI, Diritti sociali, in Enc. Dir., XII, Milano, 1964, 802 ss.; G. CORSO, I diritti sociali nella Costituzione italiana, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1981, II, 755 ss.; A. BALDASSARRE, Diritti sociali, in Enc. Giuridica, XI, Roma, 1989; e, da ultimo, L. CARLASSARE, Forma di Stato e diritti fondamentali, in Quaderni Costituzionali, 1995, 1, 33 ss.; E. CHELI, Classificazione e protezione dei diritti economici e sociali nella Costituzione italiana, in AA.VV., Le ragioni del diritto (Scritti in onore di L. Mengoni), III, Milano, 1995, 1773 ss.; e, se si vuole, C. COLAPIETRO, La giurisprudenza costituzionale nella crisi dello Stato sociale, Padova, 1996, 351 ss.). 10 La qualificazione del diritto alla salute come diritto sociale è criticata da G. ALPA, Salute (Diritto alla), cit., 913 ss., il quale ritiene questa connotazione del tutto negativa e da respingere, perché evoca “una categoria di posizioni giuridiche di assai incerta natura, connesse come sono allo Stato sociale”, locuzione anch’essa “scientificamente poco significativa e politologicamente poco felice, se non mistificatoria”, secondo quanto da tempo è stato autorevolmente denunciato da M.S. GIANNINI, Stato sociale : una nozione inutile, in Scritti in onore di C. Mortati, I, Milano, 1977, 165 ss. 11 Questa concezione - che comporta, quale logico corollario, la configurazione dell’art. 32 Cost. come norma rivolta al solo legislatore, secondo il tradizionale ed anacronistico schema dei diritti sociali, come tali perciò incapaci di dar luogo a situazioni soggettive perfette (così, fra gli altri, C. CERETI, Diritto costituzionale italiano, Torino, 1966, 211 ss. e C. CHIOLA, Incertezze sul parametro costituzionale per l’aborto, in Giur. Cost., 1975, I, 1102, nota 9) - pone in tal modo l’accento sul carattere esclusivamente pubblicistico ed oggettivo della tutela della salute, che, inquadrata e pertanto limitata nell’ambito dello schema dei diritti pubblici soggettivi (su cui cfr., per tutti, E. CASETTA, Diritti pubblici soggettivi, in Enc. Dir., XII, Milano, 1962, 798 ss.), finisce per concretarsi in una pretesa verso lo Stato, peraltro solo qualora questo abbia “effettivamente posto in essere strutture ed istituti in grado di fornire un minimo di tutela” (B. CARAVITA, La disciplina costituzionale della salute, cit. 24 ss.). 12 Si deve riconoscere che il maggior contributo ad una più precisa definizione dei diritti sociali è venuto dall’incessante opera di garanzia e di promozione di tali diritti esercitata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che, nell’assecondare la loro evoluzione giuridica, ha finito con il riconoscerli come diritti perfetti prima ancora che la dottrina rivedesse le proprie posizioni e le proprie definizioni, garantendone una protezione immediata pure nei casi in cui un preventivo intervento, in via di attuazione, da parte del legislatore ordinario poteva apparire come necessario (sul ruolo svolto dalla giurisprudenza costituzionale in materia di diritti sociali si rinvia a F. MODUGNO, I “nuovi diritti” nella giurisprudenza costituzionale, cit., 65 ss.; C. COLAPIETRO, Garanzia e promozione dei diritti sociali nella più recente giurisprudenza costituzionale, in Giur. It., 1995, IV, 113 ss.; R. GRECO, Diritti sociali, logiche di mercato e ruolo della Corte costituzionale, in Questione Giustizia, 1994, 253 ss.; P. BARCELLONA, Diritti sociali e Corte costituzionale, in Riv. Giur. Lav. e Prev. Soc., 1994, 325 ss. e C. SMURAGLIA, Sulla intangibilità dei diritti sociali nel contesto costituzionale, ibidem, 352 s.). 13 M. MAZZIOTTI, Diritti sociali, cit., 805, il quale chiarisce ancora meglio tale rapporto di reciproco condizionamento, precisando che mentre “la garanzia dei diritti di libertà è condizione perché le prestazioni sociali dello Stato possano essere oggetto di diritti individuali”, la garanzia dei diritti sociali è nel contempo “condizione per il buon funzionamento della democrazia, quindi per un effettivo godimento delle libertà civili e politiche”.

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portata soggettiva ed individualistica dei diritti fondamentali previsti in Costituzione e, tra essi, del diritto alla salute”14. Questi, anzi, è proprio l’esempio emblematico di come nella nostra attuale esperienza costituzionale possano ritenersi superate le tradizionali classificazioni dei diritti e come sia “estremamente problematico, se non impossibile, dare significato alla distinzione tra diritti individuali e personali da un lato, e diritti sociali dall’altro, e soprattutto di come il predicato dell’inviolabilità non possa essere riferito soltanto ai primi”15 . Al riguardo può essere significativo richiamare quel passaggio della sentenza n. 37 del 1991, in cui la Corte costituzionale, riassumendo le posizioni precedentemente assunte in materia, ha definito il diritto alla salute un valore che è stato costantemente riconosciuto come primario, “sia per la sua inerenza alla persona umana, sia per la sua valenza di diritto sociale, caratterizzante la forma di Stato sociale disegnata dalla Costituzione”. In tale nuova prospettiva interpretativa dell’art. 32 Cost., la valenza sociale e collettivistica della disposizione costituzionale non esclude più l’aspetto soggettivo ed individualistico, quale espressamente risulta dalla chiara lettera del primo comma del precitato art. 32 Cost., che non usa l’espressione “diritto fondamentale dell’individuo”, ma “fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività”, dove l’aggettivo (fondamentale) sembra sia correttamente da riferirsi così al “diritto” come all’interesse”16. Pertanto, non si può dissolvere la solenne proclamazione del diritto alla salute “nell’inciso interesse della collettività cui viceversa si accompagna”17, attraverso un’interpretazione surrettizia della norma che, privilegiando il richiamo all’interesse generale, “pospone sintomaticamente a tal fine i termini lessicali della proposizione normativa, considerando cioè il diritto alla salute quale fondamentale interesse della collettività”18. Se da un lato, infatti, si deve riconoscere che la tutela della salute del singolo è “non solo in funzione di sé stessa, ma in funzione del benessere e dell’ordine sociale”, e che “tutti i diritti e le libertà fondamentali ed i c.d. diritti sociali sono orientati verso la realizzazione di quel modello di società fondata sulla solidarietà e sulla piena partecipazione di tutti alla vita del Paese”, d’altro lato non è, però, possibile “giustificare limitazioni a quelle libertà e a quei diritti ..., tradurre un diritto in soggezione avvalendosi dell’interesse generale”, se non a costo di modificare il modello stesso cui si informa la nostra Costituzione, determinando, appunto, un sistema totalmente diverso19.

14 F. MODUGNO, Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione, cit., 310, per il quale il diritto fondamentale dell’individuo alla salute “non può essere considerato in principio e in ogni caso cedevole, per la sua qualificazione di diritto sociale, nei confronti del dovere dello Stato e dei provvedimenti adottati a tutela dell’interesse della collettività”. E ciò in quanto anche i diritti sociali - secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale - possono assurgere, al pari dei diritti fondamentali individuali, al rango di “diritti inviolabili e irretrattabili della persona umana, in quanto espressione di valori o principi costituzionali supremi” ( F. MODUGNO, I “nuovi diritti” nella giurisprudenza costituzionale, cit., 66). 15 Così ancora F. MODUGNO, Op. ult. cit., 41. 16 V. CRISAFULLI, In tema di emotrasfusioni obbligatorie, cit., 564, dal quale si fa peraltro rilevare come il legislatore non possa vincolare l’interprete alle nozioni dottrinarie che assume, quale sarebbe, nella specie, quella di diritto fondamentale, oltre tutto variamente intesa in dottrina. 17 Così R. D’ALESSIO, I limiti costituzionali dei trattamenti “sanitari”, cit., 540, ed, in termini analoghi, A.M. SANDULLI, La sperimentazione clinica sull’uomo, cit., 509, che sottolinea la tendenziale priorità riconosciuta dal Costituente al diritto alla salute. 18 Cfr. C. MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione italiana, cit., 437. 19 Cfr. D. VINCENZI AMATO, Articolo 32, secondo comma, cit., 174 s., per la quale tradurre un diritto individuale in una soggezione significherebbe realizzare un modello di società diverso, “in cui l’ordine, la partecipazione (fittizia) alla vita del Paese ed il benessere stesso dei cittadini si realizza con l’imposizione”.

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Una siffatta interpretazione dell’art. 32, 1° comma, Cost., diretta a privilegiare, oltre misura, il richiamo all’interesse della collettività, non può, pertanto, assolutamente essere condivisa, in quanto racchiude in sé “i germi per una completa subordinazione dell’interesse individuale a quello statale, e, condotta alle sue implicite ma estreme conseguenze, potrebbe ... giustificare qualsiasi trattamento coattivo che possa però consentire migliori contributi dell’individuo al benessere sociale”20. 2.1. La chiara formulazione dell’art. 32 Cost. dovrebbe, del resto, agevolare il compito dell’interprete, poiché definendo espressamente nel primo comma il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo, evidentemente esclude che questa definizione possa essere considerata “scontata” o, addirittura, “banale”, comunque tale da farne svalutare, se non dimenticare, il suo effettivo significato e valore21; tanto più che è l’unico diritto che la Costituzione espressamente definisce fondamentale 22. Oggi, peraltro, le argomentazioni che per anni sono state addotte per alleggerire23 la chiara lettera dell’art. 32 Cost., si scontrano con decisivi argomenti di diritto positivo e soprattutto giurisprudenziale, che, come vedremo, consentono di ricostruire il diritto alla salute come autentico diritto fondamentale dell’individuo, al fine di non privare la norma costituzionale d’ogni significato e della sua originaria portata; diritto soggettivo assoluto in senso tecnico, dunque, pienamente operante nei rapporti tra privati e nei confronti della Pubblica Amministrazione24, e come tale immediatamente tutelabile, in caso di violazione, davanti al giudice ordinario e suscettibile di autonoma valutazione quale danno biologico, indipendentemente da qualsiasi altra conseguenza dannosa giuridicamente apprezzabile25. 20 R. D’ALESSIO, I limiti costituzionali dei trattamenti “sanitari”, cit., 540, dalla quale si fa rilevare come in questo modo si rischi di ripetere quegli errori che il complesso dispositivo di tutto l’art. 32 Cost., pur nella sua ambiguità, intendeva evitare. 21 Così M. LUCIANI, Il diritto costituzionale alla salute, cit., 775; anche secondo V. CAIANIELLO, Limiti delle prestazioni idrotermali nel quadro del diritto alla salute e del diritto di scelta del cittadino, cit., 826, dalle enunciazioni desumibili dal testo letterale dell’art. 32 Cost. si evince che la garanzia costituzionale eleva certamente a diritto assoluto la situazione soggettiva avente come punto di riferimento il bene della vita “salute”, dovendosi desumere il carattere dell’assolutezza dall’attributo fondamentale usato dalla norma costituzionale per definire il diritto alla salute. 22 Così F. MODUGNO, I “nuovi diritti” nella giurisprudenza costituzionale, cit., 40, per il quale il diritto alla salute, in virtù della sua evoluzione giurisprudenziale, è venuto assumendo un significato e conquistandosi una sfera talmente ampia ed effettiva di tutela, da farlo considerare un “nuovo diritto” quanto “alla sua emersione nella considerazione giuridico-sociale come diritto effettivamente tutelato”, anzi di “diritto soggettivo individuale assoluto”. 23 Per utilizzare una felice espressione di V. CRISAFULLI, Sull’efficacia normativa delle disposizioni di principio della Costituzione, in La Costituzione e le sue disposizioni di principio, Milano, 1952, 32 s. 24 Per la giurisprudenza di legittimità, cfr. Cass., Sez.Un., n. 3164 del 1975; n. 1796 del 1976; nn. 1463 e 5172 del 1979; Cass., Sez. III, n. 3629 del 1980; Cass., Sez. I, n. 3675 del 1981; ed ancora Cass., Sez. III, n. 2422 del 1984; Cass., Sez.Un., n. 4956 del 1987; nn. 5033 e 6938 del 1988; nn. 1954 e 6366 del 1990; nn. 1328, 1341 e 7262 del 1991; nn. 2840, 7663 e 8325 del 1992; nn. 1233 e 2009 del 1993; e, da ultimo, n. 1704 del 1997. Per la giurisprudenza costituzionale cfr. le sentenze n. 247 del 1974; nn. 87 e 88 del 1979; n. 202 del 1981; n. 142 del 1982 e n. 184 del 1986. 25 Al termine di una lunga e sofferta elaborazione giurisprudenziale durata quasi un ventennio, il “danno all’integrità psico-fisica della persona” (il c.d. danno biologico), inteso essenzialmente come pregiudizio individuale, risarcibile indipendentemente dai riflessi che esso abbia sulla capacità lavorativa specifica o, più in generale, di produzione di reddito, può dirsi oggi aver assunto contorni ben definiti ed essersi unanimemente imposto nel nostro ordinamento come figura fondamentale di tutela dei diritti della persona umana, trovando ormai il suo incontestato parametro costituzionale precettivo proprio nell’art. 32 Cost. Sull’argomento la dottrina è vastissima e ci si limita a rinviare ai contributi di F.D. BUSNELLI, Diritto alla salute e tutela risarcitoria in Tutela della salute e diritto privato, Milano 1978, I, 562 ss.; ID., I criteri di valutazione del danno alla salute, Resp. Civ. e Prev., 1981, 127; B. GRASSO, Il problema della valutazione del danno “non patrimoniale” all’integrità psicofisica, in Rass. Dir. Civ., 1982, 39; G.

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E’ stato proprio questo aspetto del bene della salute umana che è stato posto in esatta e significativa evidenza dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, a partire dalla importante sentenza n. 88 del 1979 26, laddove i giudici della Consulta hanno perentoriamente affermato che il bene afferente alla salute “è tutelato dall’art. 32 Cost. non solo come interesse della collettività, ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo, sicché si configura come un diritto primario ed assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati, ... da ricomprendere tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione”, che danno conseguentemente luogo all’obbligo della riparazione, in caso di violazione del diritto stesso. Il valore di “diritto primario e fondamentale che ... impone piena ed esaustiva tutela” assegnato al diritto alla salute comporta, pertanto, “che la sua tutela debba spiegarsi non solo in ambito pubblicistico - al che si è provveduto con la legge di riforma sanitaria n. 833 del 1978 - ma anche nei rapporti tra privati, ove la salute rileva come posizione soggettiva autonoma, la cui lesione va risarcita indipendentemente dalle conseguenze incidenti sull’attitudine del soggetto a produrre redditi”27. Il riconoscimento del diritto alla salute come fondamentale diritto della persona umana, pienamente operante anche nei rapporti di diritto privato, implica, infatti, “il riconoscimento che l’art. 32 Cost. integra l’art. 2043 cod. civ., completandone il precetto primario”; il che non è senza conseguenze, in quanto “l’ingiustizia del danno biologico e la conseguente sua risarcibilità discendono direttamente dal collegamento tra gli artt. 32, comma 1, Cost. e 2043 cod. civ.; più precisamente dall’integrazione di quest’ultima disposizione con la prima”28. Peraltro, è proprio con riferimento al diritto alla salute che nella giurisprudenza costituzionale è stata affermata a chiare lettere la compatibilità del concetto di diritto inviolabile con quello di diritto sociale a prestazioni positive da parte dei pubblici poteri, con la fondamentale sentenza n. 455 del 1990 29, in cui ricorre per la prima volta la nozione di “diritti costituzionali condizionati”30. I giudici della Consulta, dopo aver ribadito che secondo il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale il diritto alla salute è riconosciuto e garantito dall’art. 32 Cost. come BONILINI, Il danno non patrimoniale, Milano, 1983 ; F. MASTROPAOLO, Il risarcimento del danno alla salute, Napoli, 1983; P.G. MONATORI - A. BELLICO, Il “quantum” del danno alla persona, Milano, 1984; G. GIANNINI, Il danno alla persona come danno biologico, Milano, 1986; M. BORGOGNA - F.D. BUSNELLI (a cura di), La valutazione del danno alla salute, Padova, 1986; G. ALPA, Il danno biologico: percorso di un’idea, Padova, 1987; P. CASTRONOVO, Danno “biologico” senza miti, Riv. Crit. Dir. Giur., 1988, 3 ss,; F. MASTROPAOLO, La nozione di” danno biologico”, Giust. Civ., 1991, II, 275; F.D. BUSNELLI, Figure controverse di danno alla persona nella recente evoluzione giurisprudenziale, Resp. Civ. e Prev., 1990, 49; e P. FORCHIELLI, Danno morale e danno biologico, Riv. Dir. Civ., 1990, II, 17. 26 In Giur.Cost., 1979, I, 660. 27 Cfr. la sentenza 18 dicembre 1987, n. 559 (in Giur. Cost., 1987, I, 3515); e già prima la sentenza 14 luglio 1986, n. 184 (in Giur. Cost., 1986, I, 1435), nella quale si fa rilevare che la lettera del 1° comma, dell’art. 32 Cost. - che non a caso fa precedere il fondamentale diritto della persona umana alla salute all’interesse della collettività alla medesima - ed i precedenti giurisprudenziali, inducono a ritenere sicuramente superata l’originaria lettura in chiave esclusivamente pubblicistica del dettato costituzionale in materia”. 28 Cfr. ancora la sentenza n. 184 del 1986, nella quale si evidenzia come soltanto il collegamento tra l’art. 32 Cost. e l’art. 2043 cod. civ. , imponendo una rilettura costituzionale di tutto il sistema codicistico dell’illecito civile ed in particolare di quest’ultimo articolo, consente di interpretarlo come comprendente il risarcimento, in ogni caso, del danno biologico. Più di recente cfr. sul tema anche le sentenze 17 giugno 1987, n. 226 (in Giur. Cost., 1987, I, 1553) e 13 maggio 1991, n. 202 (in Giur. Cost., 1991, 1842). 29 In Giur. Cost.,1990, 2741. 30 Cfr., per tutti, F. MODUGNO, I “nuovi diritti” nella giurisprudenza costituzionale, cit., 67, per il quale, tuttavia, compatibilità non significa identificazione o, peggio, confusione.

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“un diritto primario e fondamentale che impone piena ed esaustiva tutela”31, hanno tuttavia sottolineato che questa tutela si articola in situazioni giuridiche soggettive diverse, in relazione al profilo considerato: a) sotto il profilo della difesa dell’integrità psico-fisica della persona umana, “il diritto alla salute è un diritto erga omnes, immediatamente garantito dalla Costituzione e, come tale, direttamente tutelabile e azionabile dai soggetti legittimati nei confronti degli autori dei comportamenti illeciti”32; b) sotto il profilo, invece, del diritto a trattamenti sanitari, il diritto alla salute “è soggetto alla determinazione degli strumenti, dei tempi e dei modi di attuazione della relativa tutela da parte del legislatore ordinario”33. Pertanto, quest’ultima dimensione del diritto alla salute comporta che, al pari di ogni diritto costituzionale a prestazioni positive, il diritto a ottenere trattamenti sanitari, essendo basato su norme costituzionali di carattere programmatico, è garantito ad ogni persona “come un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione, in relazione alla risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento”34; il che non implica, comunque, “una degradazione della tutela primaria assicurata dalla Costituzione ad una puramente legislativa, ma comporta che l’attuazione della tutela, costituzionalmente obbligatoria, ... avvenga gradualmente, a seguito di un ragionevole bilanciamento con altri interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale e con la possibilità reale e obiettiva di disporre delle risorse necessarie per la medesima attuazione”. In una parola, il diritto a trattamenti sanitari diviene per il cittadino “pieno e incondizionato” nei limiti in cui lo stesso legislatore predisponga adeguate possibilità di fruizione delle prestazioni sanitarie, attraverso una non irragionevole opera di bilanciamento fra valori costituzionali, che, in ogni caso, è soggetta al sindacato della Corte, “nelle forme e nei modi propri all’uso della discrezionalità legislativa”35. 3. L’affermazione della chiara matrice individualistica presente nel diritto alla salute non può tuttavia portare a ritenere che lo stesso non soffra alcun limite, trascurando così l’altra affermazione di cui al 1° comma dell’art. 32 Cost. - anch’essa di uguale importanza, in quanto illumina la prima - in base alla quale il bene della salute non appartiene solo ai singoli, ma è uno di quei beni alla cui tutela è interessata la collettività nel suo complesso; il che significa che “lo Stato deve attivarsi per rendere effettivo il correlativo diritto ed è legittimato a prevedere specifici interventi quando questo bene collettivo possa essere posto in pericolo”36. Pertanto, soltanto nel caso in cui all’interesse alla salute del singolo si affianchi e si sovrapponga l’interesse alla salute della collettività, possono ritenersi legittimi trattamenti sanitari obbligatori - ed anche in questo caso soltanto a talune tassative condizioni previste dal cpv. dell’art. 31 Cfr., da ultimo, le sentenze n. 184 del 1993; nn. 298 e 307 del 1990; nn. 992 e 1011 del 1988. 32 Cfr. le sentenze n. 559 del 1987, n. 184 del 1986 e n. 88 del 1979. 33 Cfr. le sentenze n. 1011 del 1988; n. 342 del 1985; n. 212 e 226 del 1983 e nn. 104, 142 e 175 del 1982. 34 Cfr. le sentenze nn. 304 e 218 del 1994; n. 247 del 1992; n. 40 del 1991; n.1011 del 1988; n. 212 del 1983 e n. 175 del 1982. 35 Cfr. in proposito tanto la sentenza n. 455 del 1990, quanto, più di recente, la n. 304 del 1994. 36 C. SMURAGLIA, Trattamenti sanitari a tutela dei diritti fondamentali, cit., 400; cfr. altresì D. VINCENZI AMATO, Art. 32, secondo comma, cit., 174, della quale si fa rilevare come la tutela della salute del singolo sia non solo in funzione di sé stesso, ma in funzione del benessere e dell’ordine sociale.

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32 Cost. - in quanto le sole limitazioni costituzionalmente consentite sono quelle rivolte a salvaguardare la salute collettiva dai pericoli o dai danni che ad essa possano derivare dalle manifestazioni positive o negative dell’esercizio di quel diritto individuale37. Del resto, l’interesse collettivo alla salute che giustifica siffatte limitazioni “si risolve, a guardar bene, nel diritto individuale degli altri componenti della collettività alla tutela della propria salute”38. Nel passare, quindi, ad esaminare le condizioni di legittimità costituzionale alle quali deve sottostare qualsiasi legge impositiva di trattamenti sanitari obbligatori - dovendosi ritenere tali tutte quelle “attività diagnostiche o terapeutiche volte a prevenire o curare le malattie ..., la cui obbligatorietà è prevista dalla legge ed è variamente sanzionata e resa concretamente operante39 - occorre muovere dall’analisi del secondo comma dell’art. 32 Cost., il quale recita : “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”40. La prima parte di questa disposizione sembra implicare, già nei suoi termini lessicali, “il principio della libertà dal trattamento sanitario e fondare quindi sul consenso la liceità del trattamento stesso”41; tant’è che dalla lettura coordinata del primo e del secondo comma dell’art. 32 la maggior parte della dottrina “ricava l’esistenza di una situazione individuale di libertà (negativa),

37 Cfr. C. MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione italiana, cit., 436 s., per il quale allorché lo stato anormale della salute di un singolo contenga in sé la potenzialità di ledere anche quella di terzi, in questa ipotesi il conflitto tra il rispetto dell’autonomia della persona e la tutela della pubblica salute non può non risolversi altrimenti che con la prevalenza di quest’ultimo interesse. In termini analoghi cfr. anche D. VINCENZI AMATO, Art. 32, secondo comma, cit., 176, per la quale si potrà semmai discutere dell’adeguatezza del mezzo al fine (con riguardo, ad es., al trattamento indicato), e la valutazione dovrà essere fatta avendo come dati di raffronto la gravità del male che si intende curare o prevenire, nonché la varietà e la diversa efficacia dei mezzi di cura e di prevenzione. 38 F. MODUGNO, Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione, cit., 312, secondo cui soltanto in questi limiti è costituzionalmente corretto ammettere limitazioni al diritto del singolo alla salute, che, al pari di tutti gli altri diritti di libertà, implica la tutela del suo risvolto negativo, e cioè il “diritto ad essere ammalato”, ovvero “a non farsi curare”; il che significa che qualora solo l’interesse del singolo si trovi ad essere in giuoco, spetta all’individuo decidere se sottoporsi o meno ad una terapia, escluso quindi ogni intervento autoritativo esterno. 39 Sulla nozione di “trattamento sanitario”, cfr., per tutti, D. VINCENZI AMATO, Art. 32, secondo comma, cit., 176, secondo cui per ammettere o escludere dalla categoria generale l’una o l’altra specie di trattamento poco importa se essi si esauriscono in una o più sporadiche applicazioni, ovvero in un trattamento prolungato, o nulla rilevando neppure il grado di violenza esterna o la dolorosità. Sul carattere della “obbligatorietà”, che può essere assistita da sanzioni dirette e più spesso indirette, cfr., invece, S.P. PANUNZIO, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione, cit., 884 ss., il quale, con particolare riferimento alle vaccinazioni, fa rilevare come allo stato non sia prevista alcuna forma di vaccinazione coattiva, oltre che obbligatoria, che sarebbe ammissibile nel nostro ordinamento soltanto a condizione che rispetti le garanzie stabilite dall’art. 13 Cost. (riserva assoluta di legge ed intervento dell’autorità giudiziaria). 40 Al di là degli enunciati costituzionali, occorre tener conto che esiste anche una normativa di carattere generale in materia di trattamenti sanitari, quella dettata dagli artt. 33-35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, che, tuttavia, non opera alcuna distinzione tra i trattamenti sanitari soltanto obbligatori e quelli anche coercitivi e, peraltro, consente - in palese violazione del succitato art. 13 Cost. - trattamenti sanitari anche coattivi al di fuori di ogni intervento dell’autorità giudiziaria. Di qui le severe critiche mosse avverso la nuova disciplina legislativa (cfr. S.P. PANUNZIO, Op. ult. cit., 891 ss.), la quale rappresenta “un passo indietro sulla via di una più piena attuazione dei principi costituzionali in questa delicatissima e tormentata materia”. La richiamata normativa è, invece, giudicata positivamente laddove esprime una linea di tendenza verso la previsione del consenso e della partecipazione in ogni caso e perfino in quelli relativi al trattamento obbligatorio; il che dà rilievo al diritto del singolo ad autodeterminarsi, per quanto è possibile anche nel caso in cui vi siano limiti imposti dall’esigenza di tutela della collettività (cfr. C. SMURAGLIA, Trattamenti sanitari e tutela dei diritti fondamentali, cit., 402). 41 R. D’ALESSIO, I limiti costituzionali dei trattamenti “sanitari”, cit., 545 s.; cfr. altresì F. MODUGNO, Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione, cit., 312, secondo cui nella disposizione del capoverso dell’art. 32 trova riconoscimento specifico il diritto alla disponibilità del proprio corpo, concepito come espressione di un più generale diritto di libertà della persona.

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cioè un diritto di libertà avente ad oggetto la non ingerenza dell’autorità nella sfera della propria salute”42, con conseguente possibilità di autodeterminazione del singolo in riferimento al proprio diritto alla salute. Tuttavia, tale potere di autodeterminazione può essere compresso nel momento in cui si agisca a tutela dell’interesse collettivo; nelle ipotesi, infatti, in cui sia in giuoco la salvaguardia dell’interesse collettivo alla salute, la legge può imporre, a precise condizioni, determinati trattamenti sanitari obbligatori. In tal caso, “il principio generale di libertà dell’individuo ... vale propriamente come libertà da qualsiasi trattamento sanitario non imposto da legge conforme a Costituzione” 43, che stabilisca almeno i principi e le linee essenziali della disciplina, successivamente integrabili da parte di fonti subordinate, e che interessi, di norma, l’intera popolazione vivente sul territorio nazionale, in ossequio alla riserva di legge statale - generalmente ritenuta relativa, “al pari del resto, della maggior parte delle riserve espresse con formule analoghe da numerose altre disposizioni della Costituzione”44 - contenuta nell’art. 32 , 2° comma, Cost. , disposizione nella quale la dottrina maggioritaria rinviene il fondamento costituzionale dei trattamenti sanitari45. Ma non basta, in quanto la seconda parte della precitata disposizione costituzionale pone anche un limite di contenuto alla legge, rappresentato dal rispetto della persona umana, che essa non può “in nessun caso violare”. Si è, in definitiva, in presenza di una riserva di legge c.d. rafforzata, che individua una stretta correlazione fra la salute dell’individuo ed i valori della persona umana, nel senso cioè che, anche quando sia in giuoco la salute collettiva, il trattamento sanitario non sarà consentito ove non rispetti il limite irriducibile della persona umana46, in forza del principio personalistico cui è indubbiamente informato il nostro ordinamento47, e che richiede

42 B. CARAVITA, La disciplina costituzionale della salute, cit., 52. 43 Così ancora F. MODUGNO, Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione, cit., 313, per il quale tale disciplina va intesa come eccezionale e derogatoria nei confronti del principio di piena disponibilità. Peraltro, con riferimento al principio della riserva di legge, si sottolinea in dottrina la necessità di una legge che sia chiara e non ambigua nel suo tenore letterale, e tale quindi che la volontà di rendere il trattamento obbligatorio e non meramente facoltativo possa desumersene con sufficiente chiarezza (M. LUCIANI, Salute, cit.). 44 V. CRISAFULLI, In tema di emotrasfusioni obbligatorie, cit, 558. Cfr. altresì S.P. PANUNZIO, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione, cit., 901 ss., il quale non ritiene che la riserva relativa di legge statale sia stata rispettata da quei decreti ministeriali del 1975 che hanno esteso l’obbligo della vaccinazione antitetanica ad alcune categorie di lavoratori. 45 Dopo un acceso dibattito dottrinale, la dottrina maggioritaria ritiene oggi che la presenza nel testo costituzionale di un’apposita previsione dei trattamenti sanitari obbligatori, in una sede anche topograficamente distinta da quella dove figura l’art. 13 Cost., indurrebbe a ritenere che il secondo comma dell’art. 32 Cost. si ponga come norma speciale rispetto all’art. 13 Cost., e che pertanto ai trattamenti sanitari, anche se coattivi, debba applicarsi la sola riserva relativa di legge ivi stabilita (cfr., per tutti, V. CRISAFULLI, In tema di emotrasfusioni obbligatorie, cit., 559 s.). Per quella dottrina che, invece, vede nell’art. 13 Cost. la disciplina generale nei confronti di tutte le misure coercitive, rinvenendo quindi in tale articolo il fondamento costituzionale anche dei trattamenti sanitari obbligatori, con conseguente diversità di garanzie, cfr., A. PACE, Libertà personale (dir. cost.), in Enc. Dir., XXIV, Milano, 1974, 295 ss. 46 Il valore del “rinforzo” sta proprio nello specifico rilievo dato alla persona umana nella presente materia: cfr. R. D’ALESSIO, I limiti costituzionali dei trattamenti “sanitari”, cit. 546 s. e V. CAIANIELLO, Limiti delle prestazioni idrotermali nel quadro del diritto alla salute e del diritto di scelta del cittadino, cit., 827, che parla di limite assoluto. 47 Sul valore centrale della persona umana nel contesto costituzionale, al quale tutti gli altri si riportano, si può rinviare, fra gli altri, ad A. BARBERA, Commento all’art. 2, in Commentario della Costituzione a cura di G. Branca, Bologna, 1975, 91; N. OCCHIOCUPO, Liberazione e promozione umana nella Costituzione. Unità di valori nella pluralità di posizioni, Milano, 1988, 68 ss.; A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Enc. Giuridica, XI, Roma 1989; A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali - Parte generale, Padova, 1990, passim; e , da ultimo, L. CARLASSARE, Forma di Stato e diritti fondamentali, cit., 45.

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una particolare cautela da parte del legislatore nel prevedere ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori. In definitiva, la salute del singolo - oltre che, naturalmente, la tutela della salute altrui48 - deve essere sempre alla base del trattamento obbligatorio : “non basta, cioè, il ricorrere dell’una o dell’altra condizione, occorre che entrambe siano concretamente verificate e che il trattamento sia giustificato e finalizzato innanzi tutto alla tutela della salute del singolo e, unitamente, alla necessità di tutelare la salute dei terzi”49. Ed alla necessaria compresenza dell’interesse alla salute del singolo ed anche della collettività ne consegue che le vaccinazioni obbligatorie sembrerebbero poter essere legittimamente prescritte per quelle sole malattie che abbiano carattere contagioso ed epidemico; cioè “soltanto per quelle malattie per le quali l’uomo possa essere veicolo di trasmissione e di diffusione”50. Una volta chiarito che anche nei casi in cui la legge può imporre determinati trattamenti sanitari, il limite - per lo stesso legislatore - è costituito comunque dall’esigenza di rispetto della persona umana, occorre soffermare l’attenzione sulla corretta interpretazione di tale principio, che “è necessariamente soggetto ad assumere contenuti variabili nel tempo secondo l’evoluzione della coscienza popolare”, in ragione della sua “genericità” e della sua “elasticità”, la quale, tuttavia, “non può considerarsi illimitata, dovendo invece contenersi entro limiti tali da non poter essere superati se non a patto di uscire fuori dal sistema costituzionale”51. In sostanza, il “limite funzionale dell’attività legislativa” rappresentato dalla formula del rispetto della persona umana, ha un valore ed un contenuto non soltanto formale, ma anche sostanziale, e “costituisce una limitazione specifica alla legislazione, i cui parametri, storicamente mutevoli, vanno bensì rinvenuti nello svolgimento del concetto stesso di persona umana e dei suoi valori”, e si sostanzia, dunque, “nel rispetto delle opinioni, delle credenze, dei convincimenti dei singoli, che, più di ogni altro valore ... rappresentano il patrimonio più geloso ed autentico del singolo ed il contenuto della sua dignità”52.

48 L’imposizione del trattamento sanitario obbligatorio deve essere sempre finalizzata alla tutela della salute non solo del soggetto sottoposto al trattamento sanitario, ma anche di quella della collettività, in quanto se non vi è un diretto riflesso sulla salute dei terzi sussiste per l’individuo una situazione di libertà costituzionalmente garantita : così S.P. PANUNZIO, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione, cit., 903 s., per il quale alla stessa conclusione conducono anche i principi informatori della nostra forma di Stato, in particolare l’impronta non soltanto solidaristica, ma in parte anche garantistica assunta dalla Costituzione soprattutto in relazione alla disciplina dei limiti della libertà individuale, in base alla quale “la libertà è la regola, che può essere derogata solo in funzione di un superiore interesse collettivo direttamente rilevante”. 49 F. MODUGNO, Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione, cit., 313. 50 Così S.P. PANUNZIO, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione, cit., 904 s., per il quale le richiamate considerazioni assumono un particolare rilievo per il fatto che non tutte le malattie “infettive” sono anche tali per cui la persona possa essere veicolo di contagio : è il caso, ad esempio, del tetano, una malattia infettiva che non ha carattere epidemiologico, e per la quale il contagio attraverso l’uomo è una ipotesi praticamente irrilevante. Di qui i sospetti di legittimità costituzionale che potrebbero investire la disciplina che prevede l’obbligo della vaccinazione antitetanica; anche se poi, a ben guardare, ci si rende conto come nel caso di specie l’unico rimedio efficace sia ritenuto quello della vaccinazione preventiva generalizzata, “in quanto, una volta contratta la malattia, la terapia risulta estremamente difficile, lunga, costosa, nient’affatto di sicura riuscita” (M. PARODI GIUSINO, Trattamenti sanitari obbligatori, libertà di coscienza e rispetto della persona umana, cit., 171 s.). 51 C. MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione italiana, cit., 441 s., secondo cui tale criterio non rappresenta solo il fine generico dell’interesse e del coinvolgimento della salute del singolo - oltre il concomitante interesse a tutelare la salute degli altri - per giustificare l’imposizione di trattamenti obbligatori, bensì il limite del tipo, dell’entità, della misura, delle modalità dei trattamenti stessi. 52 Così F. MODUGNO, Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione, cit., 314, per il quale la clausola richiama e riassume i diritti di libertà riconosciuti al singolo dalla Costituzione (in particolare la libertà di religione e quella di pensiero), imponendo alla legge di non violarli nell’imposizione di trattamenti sanitari. E ritiene, pertanto,

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Pertanto, il principio costituzionale del rispetto della persona umana, letto in stretto collegamento con l’art. 2 Cost., pone in primo piano il problema del consenso della persona che debba comunque sottoporsi a trattamenti sanitari; una necessità, quella del consenso, che può trovare un contemperamento solo nell’esigenza della tutela di valori che, ai fini di un adeguato bilanciamento, possano porsi sullo stesso livello gerarchico in cui si colloca quello del rispetto della persona umana. Il che significa che mentre il trattamento sanitario legislativamente imposto ai fini della tutela della salute individuale sarebbe assolutamente illegittimo se in contrasto con le convinzioni, ideologiche o religiose che siano, di chi deve essere sottoposto al trattamento, viceversa l’imposizione di trattamenti obbligatori contrari alle proprie convinzioni si giustificherebbe se disposta anche ai fini della necessaria salvaguardia della salute dei terzi. Se, infatti, il riconoscimento di un “diritto a non farsi curare” ovvero “ad essere malato” è astrattamente ipotizzabile quando è in giuoco esclusivamente la salute del singolo individuo, è invece da escludere allorché lo stato morboso possa coinvolgere l’interesse della collettività alla salute. Nel quadro sin qui delineato si inserisce e trova soluzione la problematica relativa all’obiezione di coscienza53, ed alla sua rilevanza giuridica in materia di vaccinazioni obbligatorie. Una volta, infatti, preso atto che il concreto esercizio della libertà di coscienza nella forma dell’obiezione di coscienza implica che non venga compromesso un bene cui la Costituzione assegna un valore primario, è evidente il venir meno del presupposto fondamentale perché possa essere riconosciuto il diritto dell’obiezione di coscienza, “e cioè che la legge, di cui viene ammessa l’inosservanza, non sia posta a tutela di beni che, nel conflitto con la libertà di coscienza, debbono essere ritenuti prevalenti nel quadro dei valori costituzionali : e tale sicuramente è la salute altrui, che non è ammissibile venga posta in pericolo da alcuno, seppure per ragioni di coscienza”. Tanto più che, nel caso di specie, in favore di tale conclusione militano anche ragioni di opportunità, in quanto “sarebbe sufficiente il rifiuto a sottoporsi alla vaccinazione anche da parte di una sola persona per creare la possibilità di pericolose minacce alla salute di molti altri soggetti ...”54. In conclusione, la ratio limitatrice della libertà di coscienza va rinvenuta nel quadro dei valori tutelati dall’art. 32 Cost. e nella loro connessione gerarchica, laddove la rinuncia del singolo alla tutela della salute in nome della libertà di coscienza può incontrare dei limiti nell’obbligo di subire trattamenti sanitari “nel supremo interesse alla tutela della salute altrui e collettiva, in nome della quale, dunque, si può rendere necessario un sacrificio della stessa libertà di coscienza del malato”55. Anche in tal caso, tuttavia, occorrerebbe sempre, da parte del legislatore, bilanciare e ponderare i due valori costituzionalmente protetti”, rappresentati dalla tutela della salute collettiva

incostituzionali quei trattamenti sanitari che, pur se obbligatori, siano contrari al rispetto della persona umana e dei suoi più incoercibili convincimenti. 53 Sulla definizione dell’obiezione di coscienza, che ha trovato riconoscimento giuridico nell’ordinamento positivo italiano relativamente al servizio militare di leva ed alla disciplina sull’interruzione della gravidanza, cfr. S. PALAZZO, Obiezione di coscienza, in Enc. Dir., XXIX, Milano, 1979, 539. 54 Le citazioni sono tratte da M. PARODI GIUSINO, Trattamenti sanitari obbligatori, libertà di coscienza e rispetto della persona umana, cit., 173 s., dal quale si fa rilevare come le ragioni di opportunità che hanno condotto a riconoscere il diritto all’obiezione di coscienza a proposito del servizio militare e dell’interruzione della gravidanza, si fondavano proprio sul fatto che il ricorso ad essa non ostacolava, comunque, la realizzazione degli scopi cui mirano le leggi in questione. 55 Così ancora M. PARODI GIUSINO, Op. ult. cit., 175, il quale ritiene conclusivamente che le vaccinazioni obbligatorie siano perfettamente compatibili con la Costituzione, anche se non lasciano spazio alla libertà di coscienza, quando si rendono necessarie per impedire il diffondersi delle malattie contagiose che creano un danno per la salute di altri membri della collettività.

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e dal rispetto della persona umana, conformemente alle indicazioni che, come ora si vedrà, provengono con sempre maggiore insistenza dalla stessa giurisprudenza costituzionale56. 3.1. Il tema del rapporto fra diritto alla salute del singolo ed interesse della collettività alla salute pubblica è stato oggetto, nel corso degli anni ‘90, di numerose pronunce della Corte costituzionale, che hanno privilegiato talvolta l’uno, talvolta l’altro aspetto, sempre però muovendosi nella prospettiva del bilanciamento tra i due valori. La sequenza giurisprudenziale ha inizio con la sentenza capostipite n. 307 del 199057 - relativa all’indennizzabilità di eventi dannosi derivanti dalle vaccinazioni - in cui la Corte, pur riconoscendo che l’autodeterminazione del singolo può essere compressa nel momento in cui si agisca per la tutela dell’interesse collettivo, enuncia espressamente il principio secondo il quale il singolo non deve sopportare interamente le conseguenze di un sacrificio imposto in favore della collettività: ciò sarebbe in contrasto con i principi di giustizia distributiva e, soprattutto, con quelle ragioni di solidarietà per le quali viene imposto al singolo il sacrificio di sottostare ad un trattamento sanitario. Pertanto, premesso che la sola sottoposizione del singolo ad un trattamento sanitario obbligatorio deve essere considerata alla stregua di un sacrificio che il singolo compie nel rispetto di un dovere solidaristico nei confronti della società; e considerato che il dovere di solidarietà - per espresso riconoscimento - deve ritenersi reciproco 58, allorché si verifichino una serie di conseguenze dannose alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio “il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività non è da solo sufficiente a giustificare la misura sanitaria”, in quanto non può in nessun caso postulare “il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri. Un corretto bilanciamento fra le due suindicate dimensioni del valore della salute ... implica il riconoscimento, per il caso che il rischio si avveri, di una protezione ulteriore a favore del soggetto passivo del trattamento”, posta a carico della collettività, che costituisca “un equo ristoro del danno patito” 59, in modo da non svuotare di contenuto il contenuto minimale del diritto alla salute garantito a ciascuno. “Nessuno, infatti, può essere chiamato a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri”; e, pertanto, in un’occasione dalla quale la collettività nel suo complesso trae un beneficio, è su di essa che grava l’obbligo di ripagare il sacrificio che taluno si trova a subire per un beneficio, si torna a ripetere, atteso dall’intera collettività 60.

56 Cfr. F. MODUGNO, Trattamenti sanitari “non obbligatori” e Costituzione, cit., 314 s., per il quale il secondo dei due valori è comunque preminente, secondo la migliore e prevalente interpretazione dell’art. 32 cpv. Cost., anche alla luce del significato del primo comma. 57 In Giur. Cost., 1990, 1880, con nota di F. GIARDINA, Vaccinazione obbligatoria, danno alla salute e “responsabilità” dello Stato; ed in Foro It., 1990, 2694, con nota redazionale di A. PRINCIGALLI e commento di G. PONZANELLI, Lesione da vaccino antipolio: che lo Stato paghi l’indennizzo!. I principi elaborati dalla Consulta nella richiamata decisione sono stati oggetto di tempestiva applicazione da parte del Tribunale di Milano - che aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale - con la sentenza 20 dicembre 1990 ( in Foro It., 1991 I, 1239, con nota di G. PONZANELLI, “Equo ristoro” e danni da vaccinazione antipolio; in Nuova Giur. Civ., 1992, 1, 277, con nota di A. CATALANO, Danni da vaccinazione obbligatoria e responsabilità oggettiva dello Stato; ed in Resp. Civ., 1991, 85, con nota di D. POLETTI, Danni alla salute da vaccino antipolio e diritto all’equo indennizzo ). 58 Cfr. A. CATALANO, Op. ult. cit., 279. 59 Un equo ristoro nella forma dell’indennizzo, che non ha funzione risarcitoria, perché deriva da quella che da tempo gli amministrativisti hanno definito “responsabilità da atti legittimi” “ cfr., per tutti, A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, II, Milano, 1989, 1162 ss. 60 Cfr. in tal senso alcuni passaggi salienti della motivazione della sentenza n. 118 del 1996, su cui v. amplius infra.

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In definitiva, secondo il ragionamento seguito dai giudici della Consulta “non possono essere lasciate senza ristoro occasioni di danneggiamento statisticamente assai rare, se non occasionali”, senza correre il rischio di “compromettere l’esito felice di una politica sanitaria rispettosa del principio indicato nell’art. 32 Cost. e delle esigenze racchiuse nello statuto di ogni moderno Welfare State” 61. Tuttavia, in questa occasione il seguito legislativo alla pronuncia della Corte costituzionale non si è fatto attendere molto, ed è, infatti, intervenuta la legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie)62 ad introdurre nel nostro ordinamento regole proprie di un sistema di sicurezza sociale, muovendo dalla consapevolezza dei limiti connaturati alle regole della responsabilità civile, i quali emergono in tutta la loro evidenza proprio in quelle situazioni nelle quali “la responsabilità civile deve cedere il passo, uscendo dalla scena del diritto, posto che le sue regole, pur intrise di welfare state e di contenuti di solidarietà, non riescono ad assicurare il livello di protezione atteso dalla comunità sociale”63. La pur tempestiva soluzione legislativa non ha, però, risolto definitivamente la controversa questione, in quanto non ha attribuito alcun diritto all’indennizzo per le menomazioni verificatesi anteriormente all’entrata in vigore della legge stessa, costringendo così la Corte ad un nuovo intervento in materia - l’ultimo in ordine di tempo - per censurare l’illegittima limitazione temporale, lesiva dei principi di solidarietà sottesi all’introduzione della legge del 1992. La Corte costituzionale, nel rendere retroattiva la norma attraverso l’esercizio del suo potere additivo immediato, ha di fatto completato, con una pronuncia chiaramente erogatoria, il processo legislativo rimasto incompiuto per le connesse implicazioni di ordine finanziario64, riconfermando ancora una volta una sorta di “autosufficienza”, che giunge fino a travolgere od ignorare il valore costituzionale dell’equilibrio finanziario, allorché siano in giuoco i più elementari principi relativi ad essenziali diritti sociali 65.

61 G. PONZANELLI, “Equo ristoro” e danni da vaccinazione antipolio, cit., 1240. 62 Per un primo commento alla legge cfr. G. PONZANELLI ed A. BUSATO, in Corriere Giuridico, 1992, 954; A. LANA, Stato di attuazione della l. 25 febbraio 1992 n. 210 in materia di indennizzo di soggetti danneggiati da trasfusioni e somministrazione di emoderivati, in Dir. Uomo, 1993, 3, 81; e, da ultimo, su di un aspetto più particolare, M. BISCIONE, Hiv da trasfusione, emoderivati e responsabilità civile, in Danno e Responsabilità, 1996, 145 e 271. 63 G. PONZANELLI, “Pochi, ma da sempre”: la disciplina sull’indennizzo per il danno da vaccinazione, trasfusione o assunzione di emoderivati al primo vaglio di costituzionalità, cit., 2328. 64 Va, infatti, rilevato che il Parlamento, in sede di conversione di un decreto legge facente parte di una catena di decreti reiterati, aveva introdotto una disposizione che riconosceva il principio di indennizzabilità temporalmente piena; tuttavia, la legge di conversione è stata rinviata alle Camere per un riesame, ai sensi dell’art. 74 Cost., per la mancata indicazione nella legge dei mezzi con cui far fronte alle nuove spese, e non è stata più riapprovata. Di qui, di fronte all’intervento della Corte di “completamento” dell’iter legislativo, le perplessità di chi ritiene la pronuncia carente laddove “non prende in considerazione fino in fondo le razionalità economiche e le fondamenta giuridiche del sistema di sicurezza sociale”, non riconoscendo, così, la sovranità del Parlamento oltre che nel determinare la minore quantificazione dell’indennizzo rispetto all’ordinario risarcimento, anche nello stabilirne gli effetti temporali ( cfr. G. PONZANELLI, Op. ult. cit., 2331 s., per il quale l’incremento della spesa pubblica conseguente all’intervento della Corte è in questo caso dovuto ad uno “snaturamento delle funzioni e delle regole del sistema di sicurezza sociale”). In definitiva, la preoccupazione di fondo è che “quanto non poté il Parlamento , ha potuto la Corte”, anche se occorre osservare che il principio costituzionale della necessaria copertura finanziaria delle leggi (art. 81, 4° comma) “opera diversamente per il primo (per il quale si pone come obbligo) rispetto alla seconda, per la quale esso risulta invece inapplicabile ed assume il significato di un valore costituzionale di cui tenere conto nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali in gioco” (così R. ROMBOLI, in Foro It., 1996, I, 2327). 65 La Corte costituzionale, in sostanza, continua ad emettere - anche in questa fase di accentuato self restraint - pronunce erogatorie, anche di rilevante incidenza economica, sull’assunto che il bilanciamento degli interessi individuali e collettivi rispetto alle pubbliche risorse trova un limite insuperabile nella più rigorosa salvaguardia dei diritti fondamentali dei cittadini, primi fra tutti quei diritti sociali messi in pericolo da una grave crisi economica e da un

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La pronuncia in questione - sentenza 18 aprile 1996, n. 118 66 - ha rappresentato, peraltro, l’occasione per i giudici della Consulta di arricchire il reticolato logico-argomentativo della pronuncia del 1990 con interessanti considerazioni sulla compresenza in questo settore di interessi collettivi ed individuali, riassumendo in modo estremamente incisivo i termini del problema di costituzionalità, in ordine al caso in cui la dimensione individuale del diritto alla salute confligga con quella collettiva - “secondo un’eventualità presente nel rapporto tra il tutto e le parti” - ipotesi che può ricorrere tipicamente proprio nei casi di trattamenti sanitari obbligatori. Tali trattamenti - ribadisce la Corte - “sono leciti per testuale previsione dell’art. 32, 2° comma, Cost., il quale li assoggetta ad una riserva di legge, qualificata dal necessario rispetto della persona umana”, e ulteriormente specificata dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza 23 giugno 1994, n. 258 67, laddove ha rivolto un pressante monito al legislatore “affinché, ferma l’obbligatorietà generalizzata delle vaccinazioni, ritenute necessarie alla luce delle conoscenze mediche, siano individuati e siano prescritti in termini normativi, specifici e puntuali, ma sempre entro limiti di compatibilità con le sottolineate esigenze di generalizzata vaccinazione, gli accertamenti preventivi idonei a prevedere ed a prevenire i possibili rischi di complicanze”. Tuttavia - prosegue la sentenza n. 118 del 1996 - “poiché tale rischio non è sempre evitabile, è allora che la dimensione individuale e quella collettiva entrano in conflitto”. Ciò è quanto ancora si verifica, purtroppo, anche per la vaccinazione antipoliomelitica, la quale comporta “un rischio di contagio, preventivabile in astratto - perché statisticamente rilevato - ancorché in concreto non siano prevedibili i soggetti che saranno colpiti dall’evento dannoso”. In tale situazione, la legge impositiva dell’obbligo della vaccinazione “compie deliberatamente una valutazione degli interessi collettivi ed individuali in questione, al limite di quelle che sono state denominate scelte strategiche del diritto: le scelte che una società ritiene di assumere in vista di un bene ... che comporta il rischio di un male... . L’elemento tragico sta in ciò, che sofferenza e benessere non sono equamente ripartiti tra tutti, ma stanno integralmente a danno degli uni o a vantaggio degli altri”. Pertanto, la conclusione del ragionamento della Corte costituzionale è che fin quando “ogni rischio di complicanze non sarà completamente eliminato attraverso lo sviluppo della scienza e della tecnologia medica ..., la decisione in ordine alla sua imposizione obbligatoria apparterrà a questo genere di scelte pubbliche”; quelle c.d. “scelte strategiche” 68 che evocano quel

indirizzo di politica legislativa di indiscriminati tagli alle spese sociali ( cfr. C. COLAPIETRO, La giurisprudenza costituzionale nella crisi dello Stato sociale, cit., 108 e 377 ). 66 In Giur. Cost., 1996, 1270. 67 In Foro It., 1995, I, 1341 (per un commento a prima lettura della sentenza cfr. M. LUCIANI, Vaccinati a norma di legge, in Italia Oggi del 27 giugno 1994). Nella pronuncia in esame la Corte ha affrontato la questione di legittimità costituzionale della mancata previsione a livello normativo di preventivi accertamenti idonei a ridurre, se non ad eliminare radicalmente il rischio di lesioni all’integrità psico-fisica per complicanze da vaccino. I giudici della Consulta hanno però ritenuto la questione inammissibile sull’assunto che il pur necessario adeguamento a Costituzione non si prospettava a “rime obbligate”, implicando, invece, l’intervento del legislatore che, “alla luce delle conoscenze scientifiche acquisite, individuasse con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione, e determinasse se e quali strumenti diagnostici idonei a prevederne la concreta verificabilità fossero praticabili su un piano di effettiva fattibilità”. In tale prospettiva si dovrebbe pervenire, al tempo stesso, a fissare “standards di fattibilità che nella discrezionale valutazione del legislatore potrebbero dover tenere anche conto del rapporto tra costi e benefici, eventualmente stabilendo criteri selettivi in ordine all’utilità - apprezzata anche in termini statistici - di eseguire gli accertamenti in questione”. 68 L’inedita espressione, ci allontana, tuttavia, dall’originaria prospettiva in cui era stata utilizzata da G. CALABRESI - P. BOBBIT, Scelte strategiche, Milano, 1986, dai quali la tragedia delle scelte era vista soprattutto in funzione della scarsità dei beni da allocare ( cfr. in proposito le interessanti osservazioni di G. PONZANELLI, “Pochi, ma da sempre”: la disciplina sull’indennizzo per il danno da vaccinazione, trasfusione o assunzione di emoderivati al primo vaglio di costituzionalità, cit., 2331 s. ).

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bilanciamento degli interessi che il giudice costituzionale compie comunemente nelle proprie pronunce tra interessi o beni che godono di pari tutela costituzionale 69. 3.2. Sulla stessa linea interpretativa della richiamata giurisprudenza costituzionale, specificamente in tema di vaccinazioni obbligatorie - diretta a sottolineare il valore del diritto alla salute quale diritto individuale e, nello stesso tempo diritto sociale, nonché l’esigenza di un equo contemperamento tra i due aspetti - si pone anche la sentenza 2 giugno 1994, n.218 70, che ha imposto accertamenti sanitari di assenza di sieropositività alla infezione HIV, come condizione per espletare attività che comportino rischi per la salute dei terzi. Nel ribadire che “la tutela della salute comprende la generale e comune pretesa dell’individuo a condizioni di vita, di ambiente e di lavoro che non pongano a rischio questo suo bene essenziale”, la pronuncia precisa, però, che tale tutela “non si esaurisce in queste situazioni attive di pretesa”, ma implica e comprende “il dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri” 71. Tuttavia, tale contemperamento può non essere ancora sufficiente, in quanto “il principio-interesse della comunità alla tutela della salute di tutti, ossia il dovere di tutelare il diritto dei terzi , esige il bilanciamento del diritto alla salute di ciascun individuo con il suddetto dovere, ossia con il diritto degli altri”. Ed è tale principio-dovere che si specifica legislativamente nella “sottoposizione agli accertamenti sanitari, necessari per escludere la presenza di quelle malattie infettive o contagiose, che siano tali da porre in pericolo la salute dei destinatari delle attività”, di chi le svolga 72; salvaguardando, in ogni caso, la dignità della persona umana, che comprende “anche il diritto alla riservatezza sul proprio stato di salute, ed al mantenimento della vita lavorativa e di relazione

69 Sul bilanciamento degli interessi realizzato nelle sue pronunce dalla Corte costituzionale si rinvia al pregevole volume di R. BIN, Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Milano 1992. 70 In Giur. Cost., 1994, 1812 ss., con nota di R. D’ALESSIO e con commento di N. RECCHIA, Libertà individuale, salute collettiva e test anti-AIDS ( ivi, 1995, 559 ss. ); in Giur. It., 1995, I, 1, 638 ss., con nota di F. MODUGNO, Chiosa a chiusa. Un modello di bilanciamento di valori e di M. RUOTOLO, L’onere del test anti-AIDS per i soggetti che svolgono attività a rischio: violazione del diritto alla riservatezza o ragionevole bilanciamento degli interessi in gioco?; in Riv. Giur. Lav. e Prev. Soc., 1994, 3, 850, con nota di L. FASSINA, L’obbligatorietà del test anti-AIDS secondo la Corte costituzionale; ed in Dir. e Prat. Lav., 1994, 28, 1992, con commento di G. SERVELLO. 71 Cfr. in tal senso, da ultimo, la sentenza 20 dicembre 1996, n. 399 (in Dir. e Prat. Lav., 1997, 5, 337, con commento di G. SERVELLO), sulla tutela della salute dei non fumatori contro i danni dal c.d. fumo passivo; nonché sul bilanciamento della salute collettiva, nel particolare contesto carcerario, con il diritto alla salute di ciascun individuo detenuto, cfr. le pronunce del 18 ottobre 1995, nn. 438 e 439 ( in Foro It., 1996 I, 1554 ss., con nota di U. IZZO, Cronaca di un “revirement” annunciato: il nuovo assetto costituzionale dell’incompatibilità carceraria del detenuto affetto da Hiv ),in tema di soggetti affetti da AIDS conclamata, le quali, facendosi interpreti del mutato sentire della coscienza collettiva rispetto a tale problema sociale, hanno affermato che “in tanto può ritenersi ragionevole l’allontanamento dal carcere dei malati di AIDS, in quanto la relativa permanenza negli istituti cagioni in concreto un pregiudizio per la salute degli altri detenuti, posto che, altrimenti, risulterebbero senza giustificazione compromessi altri beni riconosciuti come primari dalla Carta fondamentale”. 72 Cfr. F. MODUGNO, Chiosa a chiusa. Un modello di bilanciamento di valori, cit., 645, per il quale nel complesso dell’art. 32 Cost. possono leggersi due (gruppi di ) principi: il principio del diritto alla salute dell’individuo, che è espressione “del retrostante e ancor più fondamentale diritto-principio (alla dignità) della persona”, nonché il dovere di tutelare il diritto dei terzi che vengono in necessario contatto con la persona per attività che comportano un serio rischio, non volutamente assunto, di contagio, a sua volta espressione “del retrostante interesse-principio della comunità alla tutela della salute di tutti”.

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compatibile con tale stato”, e dunque, operando comunque attraverso modalità in cui domini il consenso. E’ evidente, pertanto, che non si possa trattare di “controlli sanitari indiscriminati, di massa o per categorie di soggetti, ma di accertamenti circoscritti sia nella determinazione di coloro che vi possono essere tenuti” - costituendo un onere per svolgere una determinata attività - sia “nel contenuto degli esami”, dovendo questi essere funzionalmente collegati alla verifica dell’idoneità all’espletamento di quelle specifiche attività. La sentenza, dunque, è estremamente importante perché riconduce nella categoria dei trattamenti sanitari obbligatori, a fianco agli interventi terapeutici ed a quelli di medicina preventiva (vaccinazioni), gli accertamenti consistenti in prelievi ed analisi, i quali, in quanto tali, possono di conseguenza “essere legislativamente richiesti solo in necessitata correlazione con l’esigenza di tutelare la salute dei terzi (o della collettività in generale)”, e trovano comunque un limite nel rispetto della dignità e della riservatezza della persona che vi può essere sottoposta, necessario anche “per contrastare il rischio di emarginazione nella vita lavorativa e di relazione”73. Appare, pertanto, evidente l’estrema prudenza della Corte costituzionale, la quale non impone alcuna disciplina, ma, ricorrendo a quella che potremmo definire una pronuncia additiva di principio di garanzia74 , richiede che sia il legislatore a prevedere i trattamenti ed i controlli, sottoponendo altresì l’intervento legislativo a precise condizioni, consistenti nella necessitata correlazione con l’esigenza di tutelare la salute dei terzi, nella determinazione dell’ambito delle misure indispensabili per assicurare questa tutela, nonché, sempre e comunque, nel rispetto della persona umana75 . A conclusione di questa rassegna di giurisprudenza costituzionale sulla dimensione sociale del diritto alla salute, occorre richiamare anche la sentenza 16 maggio 1994, n. 180 76, che ha dichiarato l’infondatezza delle censure d’incostituzionalità rivolte alla previsione normativa dell’obbligo di indossare il casco protettivo per gli utenti di ciclomotori. Tali modalità, “peraltro neppure gravose”, prescritte per la guida di motoveicoli, appaiono conformi al dettato costituzionale, che “considera la salute dell’individuo anche interesse della collettività, che il

73 Il che spiega le ragioni per le quali la Corte costituzionale, nella più recente sentenza 9 luglio 1996, n. 238 ( in Foro It., 1997, I, 58 ss.; ed in Giur. Cost., 1996, 2142 ss., con nota redazionale di R. D’ALESSIO e con osservazioni di A. NAPPI, Sull’esecuzione coattiva della perizia ematologica, e di M. RUOTOLO, Il prelievo ematico tra urgenza probatoria di accertamento del reato e garanzia costituzionale della libertà personale - Note a margine di un mancato bilanciamento tra valori ), ha escluso la conciliabilità dell’assoggettamento ad analisi per l’individuazione del D.N.A., necessario al fine di accertamenti giudiziari, perché in questo caso il “sacrificio” della dignità della persona non trovava un corrispettivo nell’esigenza di salvaguardare l’interesse alla salute della collettività. 74 Sulle decisioni additive di principio in generale, nonché, più in particolare, sulle additive di principio di garanzia, adottate allorché all’illegittima inerzia del legislatore corrisponde una sua discrezionalità nel negare trattamenti che corrispondono a libertà fondamentali, sia consentito rinviare a C. COLAPIETRO, La giurisprudenza costituzionale nella crisi dello Stato sociale, cit., 36 ss. 75 Cfr. F. MODUGNO, Chiosa a chiusa. Un modello di bilanciamento di valori, cit., 643, per il quale la sentenza rappresenta uno dei migliori esempi di tecnica del bilanciamento tra valori costituzionali. E’ appena il caso di segnalare le enormi potenzialità contenute nel principio-dovere sancito dalla Corte, che rischiano di ampliare pericolosamente il suo raggio di azione senza riferimenti certi, sia per l’incerta individuazione delle attività rischiose operata dalla Consulta, nonché per l’amplissima latitudine dei destinatari della sentenza, che necessita proprio per questo di un intervento conseguenziale del legislatore tanto rapido quanto articolato, da far dubitare a taluni in dottrina della stessa efficacia dello strumento decisorio utilizzato: è proprio, infatti, questa pluralità di soluzioni in sede applicativa che, pur rappresentando una caratteristica comune delle additive di principio, “non può non destare perplessità in materia di diritti fondamentali o inviolabili ove sono in gioco i valori propri dell’autonomia individuale” ( R. D’ALESSIO, Op. ult. cit. ). Le critiche mosse a tale decisione non sono, tuttavia, ritenute convincenti da F. MODUGNO, Op. ult. cit., 647. 76 In Foro It., 1994, I, 1634 ss.

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legislatore nel suo apprezzamento prescriva certi comportamenti e ne sanzioni l’inosservanza allo scopo di ridurre il più possibile le pregiudizievoli conseguenze, dal punto di vista della mortalità e della morbilità invalidante, degli incidenti stradali”. Tali conseguenze, infatti, si ripercuotono in termini di costi sociali sull’intera collettività, e, pertanto, le misure dirette ad attenuare le conseguenze che possano derivare da traumi prodotti da incidenti nei quali siano coinvolti motoveicoli, appaiono “dettate da esigenze tali da non far reputare irragionevolmente limitatrici della estrinsecazione della personalità le prescrizioni imposte...”. In definitiva, i giudici della Consulta - in considerazione anche dei dati delle rilevazioni statistiche, dai quali risulta il notevole abbassamento della mortalità e delle morbosità invalidanti verificatosi dopo l’adozione dell’obbligo del casco - giudicano favorevolmente la scelta legislativa operata, in relazione alle finalità di prevenzione che ha inteso perseguire ed al conseguente indubbio effetto positivo in termini di costi sociali. 4. In conclusione, l’esatto inquadramento del problema di costituzionalità presuppone la scissione del contenuto del diritto costituzionale alla salute nelle due “fondamentali” dimensioni di diritto della persona ed interesse della collettività, e, di conseguenza, la chiarificazione del significato del diritto alla salute con riferimento al caso in cui “la sua dimensione individuale confligga con quella collettiva”; ipotesi che può ricorrere tipicamente nei casi di trattamenti sanitari obbligatori, quali appunto le vaccinazioni, allorché il perseguimento dell’interesse alla salute della collettività, attraverso trattamenti sanitari, può pregiudicare il diritto individuale alla salute, quando “tali trattamenti comportino, per la salute di quanti ad essi devono sottostare, conseguenze indesiderate, pregiudizievoli oltre il limite del normalmente tollerabile”77. Nell’ipotesi in questione il disposto costituzionale subordina la legittimità dell’imposizione dell’obbligo di vaccinazione alla compresenza dell’interesse alla salute del singolo ed anche della collettività, nonché, in ogni caso, al rispetto della persona umana e dei suoi più incoercibili convincimenti, visto quale limite funzionale all’attività legislativa. In tal caso, al fine di delineare al meglio la valutazione costi-benefici nei trattamenti sanitari obbligatori, occorre muoversi nella prospettiva del bilanciamento tra i due valori in questione, enunciati entrambi nella stessa disposizione costituzionale (art. 32); valori che, come è ormai definitivamente acquisito grazie all’evoluzione interpretativo-giurisprudenziale che ha interessato il diritto fondamentale alla salute, sono legati in uno stretto intreccio di situazioni giuridiche, tutte meritevoli di adeguata tutela attraverso un loro ragionevole contemperamento. In definitiva, nella valutazione dei risultati statistici che connotano il bilancio rischi-benefici delle vaccinazioni obbligatorie, appare chiaro come non si possa prescindere dalla presa d’atto della “coesistenza tra la dimensione individuale e quella collettiva della disciplina costituzionale della salute”, nonché del “dovere di solidarietà che lega il singolo alla collettività, ma anche la collettività al singolo”78, ponendo così l’accento sul “vincolo costituzionale alla considerazione della salute come bene personale e sociale nello stesso tempo, senza che mai prevalga l’uno aspetto sull’altro” 79. La prospettiva è quella di una globale riconsiderazione legislativa dell’attuale sistema in una complessa ed articolata normativa unitaria di carattere tecnico, che ponga fine alla stratificazione tumultuosa e disorganica di norme succedutesi nel tempo, attraverso la predisposizione di tutte quelle garanzie - ivi compresi tutti gli accertamenti preventivi possibili

77 Cfr. la sentenza della Corte costituzionale 18 aprile 1996, n. 118 (in Giur. Cost., 1996, 188 ), la quale ha riesaminato il caso della indennizzabilità di eventi dannosi derivanti dalle vaccinazioni, riassumendo in modo estremamente incisivo i termini del problema in ordine all’equilibrio tra il diritto della persona e l’interesse della collettività. 78 Cfr. ancora in tal senso la richiamata sentenza n. 118 del 1996. 79 Cfr. la Conferenza stampa tenuta il 15 giugno 1994 dal Presidente della Corte costituzionale Francesco Paolo Casavola a pochi giorni dall’adozione della sentenza n. 218 del 1994.

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praticabili su di un piano di effettiva fattibilità - che, nel rispetto della persona umana (e quindi anche della sua libertà di coscienza), siano idonee a tutelare la salute individuale senza porre a rischio quella collettiva, conformemente alle indicazioni provenienti dalla stessa Corte costituzionale. Alla luce delle attuali conoscenze scientifiche acquisite, che consentono di apprezzare, anche in termini statistici, le complicanze potenzialmente derivabili dalle vaccinazioni, e quindi di valutare l’esatta portata del rapporto tra costi e benefici, si tratta, dunque, di pervenire ad un graduale avvicinamento del nostro sistema vaccinale a quello più libero, ma anche maggiormente responsabilizzato - fondato sul “consenso informato” del destinatario della prestazione sanitaria - progressivamente attuato in altri Paesi europei dopo un’iniziale fase a carattere coercitivo. Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Sciaudone: Mi sembra che le parole del Prof. Colapietro sintetizzino il pensiero che è stato svolto nelle due sessioni di lavoro di questa mattina. Questo discorso della scelta strategica, questo cambiare i termini del discorso, a “mors mea, vita tua”, invece di “mors tua, vita mea”, possono sembrare delle antinomie, ma non lo sono; stanno invece a significare come, dietro l’argomentare giuridico, dietro la scelta strategica, vi sia la considerazione di tutti gli aspetti variegati del fenomeno, e questo discorso del bilanciamento tra vantaggio sperato e rischio temuto mi sembra che sia, come dire, la sintesi veramente sostanziale rispetto al discorso che abbiamo fatto questa mattina. Ringrazio i relatori che si sono avvicendati in questa mattinata di lavori. Il Forum è fatto così, è la presentazione di una serie di tesi, e poi, al termine della tavola rotonda di domani, speriamo di avere la possibilità, anche, di poter avere un momento di dialogo con i partecipanti del Forum che non intervengono, perché tutti quelli che si sono prenotati ormai sono già, come dire, iscritti d’ufficio a parlare nell’ambito dei lavori che andiamo svolgendo. Per i relatori, voglio ricordare che li ringrazio anche perché si sono sacrificati, hanno donato parte del loro tempo per consentirci di terminare, così come abbiamo terminato in orario, i lavori. Ad essi la preghiera vivissima di voler consegnare in segreteria le loro relazioni perché noi pubblichiamo gli Atti. Grazie a tutti, ci rivediamo alle 15.

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III SESSIONE – MEDICINA OMEOPATICA E LIBERTA’ TERAPEUTICA

Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Michele Varricchio, Coordinatore del Comitato Etico del Policlinico della S.U.N.: Questa sessione si riferisce a “Medicina Omeopatica e libertà terapeutica”. Direi di cominciare subito con il primo relatore, che è il Prof. Attena, c’è stato uno scambio tra il collega Del Giudice e Attena – che appartiene alla nostra facoltà, tra l’altro - il quale ci parlerà di “Vaccinazione è uguale prevenzione?”. Prego, Professor Attena. Il collega Del Giudice, presidente della Fondazione Omeopatica Italiana, conclude il discorso che aveva iniziato il Prof. Attena. Restiamo nei tempi, perché un quarto d’ora è riservato ad ogni relazione, però con qualche minuto in meno per favorire la discussione, altrimenti sarebbe un poco sterile tutta l’esposizione dei relatori.

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Applicazioni e limiti della prevenzione in allopatia ed omeopatia. Prof. Francesco

Attena, Professore Associato, Istituto di Igiene, Facoltà di Medicina – S.U.N.. Nicola

Del Giudice, M.D., Presidente Fondazione Omeopatica Italiana, Napoli

Abstract Gli Autori analizzano il concetto di Prevenzione in ambito allopatico ed omeopatico. In Allopatia l’uso di sostanze biologiche o chimiche a scopo preventivo può riguardare la pratica vaccinale per la prevenzione delle malattie infettive, l’uso di sostanze naturali, come le vitamine per la prevenzione di alcune malattie compreso i tumori, e la somministrazione di sostanze sintetiche, per esempio il Clofibrato per la riduzione della colesterolemia. Vengono analizzati vantaggi e svantaggi di tali interventi alla luce delle evidenze scientifiche disponibili. In Omeopatia il concetto di prevenzione presenta diverse modalità di applicazione: le cosiddette vaccinazioni omeopatiche per la prevenzione di alcune malattie infettive; le prescrizioni omeopatiche standard, ad esempio Carcinosinum per prevenire i tumori; le prescrizioni isopatiche, ad esempio per l’attenuazione delle intossicazioni da composto tossico corrispondente. Tutti i succitati interventi sono stati definiti paraomeopatici perchè non strettamente aderenti alla dottrina omeopatica, ovvero alla prescrizione secondo la legge dei simili. L’unico intervento omeopatico preventivo che rispetta la legge dei simili è ovviamente la prescrizione individualizzata che consente da un lato la definizione delle predisposizioni dell’individuo a certe malattie e dall’altro l’impostazione di una prescrizione tesa a tentare di correggere tali predisposizioni. Infine viene sottolineato il fatto che la somministrazione terapeutica del simillimum non ha effetti solo sul problema contingente del paziente ma la sua azione, in quanto comunque sistemica, è anche indirettamente preventiva. INTRODUZIONE Il tema di questo intervento è rappresentato dal tentativo di confrontare e di valutare criticamente quegli interventi preventivi, di tipo allopatico ed omeopatico, che comportano l'introduzione di qualsiasi tipo di sostanza nell'organismo umano, fra i quali sono quindi incluse sia le vaccinazioni allopatiche che le cosiddette vaccinazioni omeopatiche. Il presupposto di questo intervento è quello di non partire da un punto di vista precostituito, difendendo l'uno o l'altro approccio, ma cercare di essere neutrali e obiettivi tentando di giudicare esclusivamente sulla base della evidenza scientifica disponibile. Come è noto, per Prevenzione si intendono tutti quegli interventi atti a prevenire nell'uomo l'insorgenza della malattia o lo sviluppo di eventuali sue complicanze. In Allopatia vengono descritti numerosi tipi di interventi preventivi, classificabili nel modo seguente: - momento dell' intervento: prevenzione primaria, secondaria, terziaria. - tipo di malattia: prevenzione delle malattie infettive e prevenzione delle malattie non infettive o cronico-degenerative. - dimensione dell'intervento: prevenzione individuale e prevenzione collettiva. - oggetto dell'intervento: prevenzione sull'ambiente (prevenzione indiretta) e prevenzione sull'uomo (prevenzione diretta).

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Per gli scopi di questo relazione restringeremo il campo, come già chiarito precedentemente, a quegli interventi preventivi, allopatici od omeopatici, che prevedono l'introduzione nell'organismo umano di un agente esterno di natura chimica, fisica o biologica. Su questa tematica si può sviluppare un proficuo terreno di confronto fra la prevenzione allopatica e quella omeopatica che vada oltre la polemica sterile fine a se stessa. Analizziamo prima le modalità di intervento della medicina allopatica. PREVENZIONE ALLOPATICA In Allopatia la somministrazione di sostanze a scopo preventivo può riguardare sia le malattie infettive (soprattutto l'immunoprofilassi tramite vaccini o sieri ma anche la chemioprofilassi antivirale ed antibatterica) che le malattie non infettive (prevenzione farmacologica). Gli agenti utilizzati possono essere sia di natura biologica che chimica. Nel primo tipo sono inclusi i vaccini vivi o attenuati; nel secondo le anatossine, i sieri, nonchè altre sostanze chimiche o veri e propri farmaci in grado di prevenire, in teoria, lo sviluppo di certe patologie; ricordiamo, a titolo di esempio: il fluoro per la prevenzione della carie dentaria, il clofibrato per la prevenzione dei danni da ipercolesterolemia, le fibre alimentari ed alcune vitamine per la prevenzione dei tumori, l'amantadina per la prevenzione dell'influenza, gli antibiotici per la prevenzione del colera in periodo epidemico. In generale, la critica che più comunemente viene avanzata da parte della tradizione omeopatica a questo tipo di interventi suona più o meno in questi termini: l'allopatia pretende di prevenire le malattie utilizzando sostanze di cui non conosce fino in fondo la tossicità e rischiando di produrre in tal modo più danni che benefici. Vediamo adesso di analizzare la validità di questa affermazione e, più in generale, le applicazioni e i limiti degli interventi preventivi allopatici sulla base di alcuni esempi: le vaccinazioni, il clofibrato e la vitamina A. 1. Vaccinazioni Il problema della vaccinazioni può riguardare sia la valutazione di efficacia che la valutazione degli effetti tossici. Valutazione di efficacia. Rispetto a questo punto gli allopati non hanno dubbi; le vaccinazioni sono altamente efficaci ed hanno contribuito a debellare numerose malattie infettive. A conferma di ciò presentano una quantità enorme di dati e di valutazioni scientifiche considerate assolutamente incontrovertibili (vedi gli studi di valutazione di efficacia delle vaccinazioni) (1). Per gli omeopati, e per gli avversari delle vaccinazioni, queste ultime sono state sopravalutate nella loro capacità di aver debellato svariate malattie infettive; a loro favore presentano anch'essi numerosi dati che mostrano come le malattie infettive siano diminuite a prescindere dagli interventi vaccinali ed a causa soprattutto del generale miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie della popolazione (2). In sintesi, il dibattito fra questi due punti di vista riguardante questo aspetto può essere riassunto: 1. come il problema della interpretazione dei dati: gli stessi dati possono essere interpretati ed utilizzati in maniera diametralmente opposta; 2. come il problema della generalizzazione: se si generalizza non è più possibile valutare caso per caso le singole esperienze vaccinali; non è escluso che talvolta possa aver ragione l'uno e talvolta l'altro punto di vista. Valutazione degli effetti tossici. Gli allopati affermano che sulle vaccinazioni sono attivi dei sistemi internazionali di sorveglianza che, elaborando in maniera centralizzata una quantità enorme di dati, consentono di metter in evidenza anche eventi molto rari (3); è così che è stato possibile dimostrare gravi reazioni vaccinali con frequenze inferiori a 1|100.000. Sulla

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base di questi dati gli addetti ai lavori fanno poi le valutazioni rischio-beneficio di una campagna di vaccinazione. Gli omeopati controbattono che la scienza ufficiale, alla ricerca del pelo nell'uovo, non è in grado di dimostrare l'evidenza più spicciola e cioè che le vaccinazioni sono gravemente dannose alla salute di tutti provocando alla lunga uno stato di intossicazione cronica (vaccinosi) (4), ed attribuiscono quindi ad esse anche una parte di responsabilità dell' enorme aumento delle malattie cronico-degenerative (5). Al momento nè gli allopati nè gli omeopati hanno a disposizione evidenze scientifiche conclusive che permettono di dirimere la questione soprattutto perchè ci imbattiamo: 1. nel problema delle esposizioni diffuse: quando un presunto fattore di rischio (vaccinazione) interessa tutta la popolazione non è possibile misurarne correttamente gli effetti perchè manca un gruppo sufficiente e paragonabile di non esposti al fattore di rischio per effettuare il confronto, 2. nel problema delle osservazioni non sistematiche cioè di quelle osservazioni non strutturate in uno studio preventivamente organizzato (sistematico) per la identificazione di relazioni causali fra fenomeni, e che quindi possono essere affette da gravi errori di valutazione. 2. Clofibrato. Il clofibrato è una sostanza chimica pubblicizzata come farmaco per la riduzione della colesterolemia e, quindi, come prevenzione delle malattie cardiocircolatorie; tuttavia, sebbene esso sia effettivamente in grado di abbassare il colesterolo ematico, alcune approfondite ricerche sui suoi effetti a lungo termine hanno mostrato che le persone trattate con questo composto avevano comunque una mortalità più elevata del gruppo controllo (6). Questo esempio, che può essere definito come il problema della tossicità delle sostanze chimiche (a cui sono tanto attenti e sensibili tutti i medici naturali), mostra ancora una volta l'eccessiva disinvoltura dell'allopatia nell'uso di sostanze chimiche sintetiche anche su soggetti sani. 3. Vitamina A. Numerosi studi hanno mostrato che la vitamina A assunta con gli alimenti sembra proteggere gli individui dall'insorgenza dei tumori intestinali (7); tuttavia, quando la vitamina è stata somministrata sperimentalmente sotto forma di pillole per alcuni mesi ad un gruppo di soggetti sani non ha sortito l'effetto desiderato. Questo esempio si accorda con il concetto omeopatico di principio vitale e con la conseguente diffidenza nei confronti della utilizzazione di composti naturali in condizioni artificiali; in pratica il fallimento dell'utilizzazione della vitamina A per la prevenzione dei tumori conferma che una cosa sono le condizioni naturali di assunzione di un prodotto naturale, ed una cosa è la sua somministrazione in pillole (problema delle condizioni naturali). In conclusione questi tre esempi mostrano sostanzialmente che 1. gli interventi preventivi di natura allopatica possono essere più dannosi che utili e 2. che i metodi statistico-epidemiologici di valutazione in forza alla medicina allopatica, per quanto molto precisi e sofisticati, possono essere inadatti a rilevare certe particolari situazioni. PREVENZIONE OMEOPATICA La prevenzione omeopatica, intesa sempre come somministrazione di rimedi allo scopo di prevenire l'insorgenza di malattia, può assumere diverse forme. In primo luogo illustreremo una serie di interventi il cui significato e funzionamento non è strettamente aderente alla dottrina omeopatica ortodossa; li chiameremo interventi paraomeopatici perchè comunque hanno molte affinità con l'omeopatia; successivamente descriveremo cosa si può intendere

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per prevenzione omeopatica in senso stretto e cioè secondo modalità più aderenti alle leggi dell'omeopatia: INTERVENTI PARAOMEOPATICI: 1. Vaccinazioni 2. Prescrizioni Preventive Standardizzate 3. Prescrizioni Preventive Isopatiche 4. Interventi Eugenetici INTERVENTI OMEOPATICI: 5. Prescrizioni preventive individuali INTERVENTI PARAOMEOPATICI: 1. Vaccinazioni. E' la modalità di intervento preventivo che presenta le maggiori affinità con la vaccinazione allopatica e perciò ne ha assunto impropriamente la stessa denominazione. Una prima modalità è quella di somministrare l'agente patogeno della malattia che si vuole prevenire in forma diluita e dinamizzata secondo le prescrizioni omeopatiche; vedi l'esempio dell' Influenzinum per la prevenzione della sindrome influenzale. Le principali perplessità di questo tipo di intervento riguardano il fatto che esso, come tutta l'isopatia, non rispetta la legge dei simili e non è quindi supportata dalla sperimentazione sull'uomo sano (proving); al tempo stesso non esistono dati epidemiologici di valutazione di efficacia in campo. Una seconda modalità è quella di somministrare non l'agente patogeno ma altri rimedi che hanno qualche altro tipo di affinità con la corrispondente malattia infettiva. Vedi l'utilizzazione del cuore e fegato di oca (oscillococcinum) ancora per la prevenzione della sindrome influenzale. Anche in questo caso solleviamo dubbi sull'efficacia preventiva; tali dubbi sono confortati da uno studio di valutazione in campo, condotto da noi stessi, che ha mostrato l'inefficacia preventiva dell'estratto di cuore e fegato d'oca per la prevenzione della sindrome influenzale (8). 2. Prescrizioni preventive standardizzate. Si intendono con questa denominazione tutti quegli interventi in cui vengono somministrati rimedi standard per la prevenzione di specifiche patologie; manca quindi l'individualizzazione del rimedio sulla tipologia dei singoli pazienti. Per esempio somministrazione sul sano di Carcinosinum allo scopo di prevenire i tumori (9); oppure somministrazione di Phosphorus e Lachesis per la protezione della cellula epatica in caso di alcolismo (10). Un supporto sperimentale a queste supposizioni teoriche ci viene fornito da un lavoro scientifico nel quale si dimostra che il Phosphorus 30CH aumenta la resistenza del fegato di ratto alla intossicazione da tetracloruro di carbonio (11). 3. Prescrizioni preventive isopatiche. Intendiamo con questa denominazione la desensibilizzazione con dosi infinitesimali del composto tossico (piombo, coloranti, additivi...) allo scopo di prevenire e combattere le intossicazioni sui luoghi di lavoro indebolendo la forza della sostanza tossica (10). Anche in questo caso l'apparente inconsistenza scientifica avrebbe una conferma sperimentale di una ricerca che ha dimostrato che il tetracloruro di carbonio omeopatico aumenta la resistenza del fegato di ratto alla intossicazione da tetracloruro di carbonio (12). 4. Interventi eugenetici.

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E' una forma particolare di misura preventiva che prevede la somministrazione durante la gravidanza di certi rimedi allo scopo di favorire il corretto ed armonico sviluppo del feto; la prescrizione può essere più o meno individualizzata sulla base delle caratteristiche materne o del risultato ecografico, oppure prevedere la somministrazione di rimedi standard come, per esempio, alcuni nosodi alla 200 CH (9). A conclusione di questa panoramica vediamo quali sono i problemi e i limiti degli interventi denominati paraomeopatici. In tutti riscontriamo il mancato rispetto della legge dei simili e quindi l'assenza del supporto sperimentale fornito dai provings omeopatici. Per contro le ricerche sperimentali citate sembrano mostrano che è possibile una attività terapeutica anche in assenza del preciso rispetto delle leggi omeopatiche, sia nel senso della concezione isopatica che in quello della affinità dei rimedi per singoli organi o tessuti - e non della totalità - con conseguente presunta attività benefica di un rimedio su singoli parti del corpo (vedi Phosphorus-fegato). Molto interessanti, anche da un punto di vista teorico, le presunte potenzialità benefiche delle misure eugenetiche; purtroppo si tratta di interventi che difficilmente potranno avere dei riscontri sperimentali data la complessità di progettare una ricerca che ne valuti l'efficacia. Infine questi interventi preventivi sollevano un importante problema teorico: il rimedio omeopatico agisce anche in assenza di sintomi specifici? Da un punto di vista teorico si può avanzare l'ipotesi che l'assenza di sintomi nel paziente, come accade appunto nel trattamento preventivo, rende inattivo il rimedio. Il rimedio omeopatico può essere considerata una informazione molto debole che solo in presenza dei sintomi corrispondenti al genio del rimedio stesso trova condizioni di risonanza che gli consentono di amplificare il segnale trasformandolo in azione terapeutica. In assenza di sintomi specifici non entra in gioco la legge dei simili ed il segnale debole veicolato dal rimedio decade senza lasciare traccia, esattamente come accade quando si sbaglia una prescrizione terapeutica. INTERVENTI OMEOPATICI: 5. Prescrizioni preventive individuali. Vediamo ora quelle procedure preventive che sono più vicine alla dottrina omeopatica ortodossa; esse consistono, in sostanza, nella individuazione della tipologia del soggetto secondo il classico interrogatorio omeopatico alla quale segue la definizione delle predisposizioni alle malattie in base soprattutto alla diagnosi miasmatica. E questo già sarebbe un grosso risultato preventivo perchè potrebbe costituire un utile supporto, per esempio, alle procedure diagnostiche di screening periodico per i soggetti a rischio (esempio di collaborazione fra omeopatia ed allopatia). Inoltre si tratta di un recupero della tradizione costituzionalista che consentirebbe di affiancare alle predisposizioni genetica e familiare quella costituzionale. Per prescrizioni preventive individuali intendiamo invece la possibilità che, una volta individuato la tipologia del soggetto e la conseguente predisposizione a certe malattie, si possa modificare tale predisposizione attraverso la somministrazione del simillimum (miasmatico, costituzionale o semplicemente del simillimum). E' plausibile ciò? o non si ricade nell'ipotesi negativa che in assenza del sintomo non c'è efficacia del rimedio? l'obiezione potrebbe essere superata in quanto il rimedio costituzionale incontra comunque dei sintomi funzionali nel soggetto sano corrispondenti al suo proving sui quali innescare il meccanismo di similitudine, e far quindi valere la legge dei simili.

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Riassumendo, la validità dell'omeopatia in campo preventivo risulta, sulla base della evidenza empirica e scientifica, meno evidente rispetto alla sua azione terapeutica. Infatti mentre l'omeopatia curativa si basa sui proving e sulla legge dei simili nonché sulla centenaria e diretta esperienza degli omeopati, l'omeopatia preventiva si avvale della legge dei simili in maniera molto più labile ed inoltre l'esperienza degli omeopati è meno abbondante e meno diretta perché è più difficile valutare gli effetti a lunga scadenza di misure preventive rispetto agli effetti più diretti ed immediati della terapia. Tuttavia una distinzione così netta fra omeopatia curativa e preventiva risulta del tutto arbitraria in quanto si può supporre che l'omeopatia sia al tempo stesso curativa e preventiva in quanto un intervento diretto alla persone ha una azione generalizzata su tutto l'organismo e non solo sulla parte malata, sulla quale si è focalizzata l'attenzione del paziente. In altre parole, quando un paziente si rivolge all'omeopata per risolvere un problema di salute la somministrazione del rimedio può dare di fatto luogo a due conseguenze. La prima riguarda gli effetti curativi sulla malattia oggetto di consultazione: questi sono immediati, consapevoli e contingenti. La seconda conseguenza sono tutti gli effetti involontari ed inconsapevoli (non per l'omeopata accorto!) che una terapia sistemica inevitabilmente comporta, e fra questi dobbiamo includere in linea di principio anche quelli preventivi in senso lato, laddove ipotizziamo che il rimedio omeopatico sia in grado di ripristinare un certo equilibrio psico-fisico nell'organismo umano. Partendo da queste considerazioni - e comunque in assenza di precise conferme scientifiche di quanto stiamo dicendo - dobbiamo giungere alla conclusione che l'intervento omeopatico è per sua natura inevitabilmente anche di tipo preventivo nel senso appena indicato e limitatamente a quei rimedi che hanno la capacità di agire in profondità (policresti, miasmatici, costituzionali...). Diverso è parlare di prevenzione nel senso tradizionale ed allopatico del termine, dove è più difficile, problematico e, tutto sommato anche improprio, cercare campi specifici di applicazione per la medicina omeopatica. MODERNI CONCETTI NELLA PREVENZIONE IN OMEOPATIA La medicina moderna ha costruito il suo statuto epistemologico sul dualismo, strutturando consequenzialmente un linguaggio che impone il dualismo come pre-requisito scientifico di partenza. Ogni altra ipotesi fondata su presupposti diversi viene completamente ignorata ed esclusa dal novero delle ipotesi scientificamente corrette. In questa prospettiva il pensiero medico moderno impone il modello della biologia molecolare, separando dal corpo lo psichico (che entra a far parte delle discipline umanistiche) e riducendo tutto il funzionamento biologico all'azione di particolari molecole, secondo il modello tipico "chiave-serratura", che viene, però, imposto come un "a-priori", non essendo fornita una spiegazione logica coerente del meccanismo informativo che regola il traffico delle molecole, e consente loro di riconoscersi in mezzo ad una folla di molecole estranee. All'interno di questo programma, che possiamo definire riduttivistico-localista, si inserisce il concetto di vaccinazione (e di prevenzione): l'obiettivo è costituito dall'aumento dei livelli anticorpali attraverso l'introduzione di virus, batteri uccisi e/o attenuati o della specifica tossina attenuata. Il limite è connesso alla insufficienza del programma della biologia molecolare di spiegare il delicato e preciso ordine che caratterizza un sistema vivente, di fornire una spiegazione delle modalità con cui viene regolato il traffico delle molecole nell'organismo, di interpretare in modo corretto le modalità con cui sistema mentale, sistema emotivo e struttura chimica comunicano fra di loro. Il campo di osservazione della biologia

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molecolare è troppo miope e ristretto agli eventi che si realizzano nell'immediato intorno di una molecola per fornire una spiegazione su come si mantiene l'ordine generale di un sistema vivente e di quali siano i sistemi di informazione che collegano il versante psico-emotivo e quello somatico. La prospettiva dell'omeopatia è più ampia e, sulla base delle nuove idee che emergono nella scienza (teoria della super-radianza),indica un programma preventivo e terapeutico più coerente e logicamente interpretabile per l'individuo considerato come unità psico-fisico-emozionale. Tale programma, che possiamo definire sistemico-autoorganizzativo è in grado di indicare un sistema generale di ordine per gli eventi molecolari che si verificano all'interno del sistema vivente. Per cui il modello della biologia molecolare va integrato con il modello uomo che emerge da uno studio attento e scevro da pregiudizi dell'omeopatia. Possiamo definire tale modello come "uomo elettromagnetico" che completa l'insufficiente modello " uomo chimico", fornendogli l'indispensabile "strumento di riconoscimento" (segnali elettromagnetici intrappolati nell'acqua nella forma di "domini di coerenza". Il programma indicato dall'omeopatia, pertanto, si fonda sulla descrizione dell'uomo attraverso un programma informativo che attiva i successivi eventi molecolari: programma generale che utilizza un linguaggio universale (linguaggio elettromagnetico) idoneo a comunicare, anche su grandi distanze, attraverso segnali di riconoscimento selettivi, specifici, intelligenti, idonei a guidare i partners chimici verso l'incontro ravvicinato di tipo chimico. La base scientifica di tale programma si fonda su una proprietà delle molecole, nota da moltissimo tempo ma finora ingiustamente trascurata dalla biologia molecolare, e cioè la sua funzione di antenna. Essendo la molecola anche un insieme di cariche elettriche positive e negative oscillanti, essa irraggia ed assorbe onde elettromagnetiche capaci di viaggiare lontano e di portare a grande distanza un segnale di riconoscimento (come la radio o la T.V.). In conseguenza di ciò un organismo non interagisce soltanto con componenti molecolari, ma anche con tali connessioni e.m., con tali ritmi interni alla materia, che sono in grado di ordinare e regolamentare il linguaggio chimico del vivente (13). L'essere umano, in tale prospettiva, non è quindi considerato come un grande meccano, costituito da specifici pezzi, tenuti insieme da legami chimici (biologia molecolare), bensì come un sistema correlato in cui tutte le sue parti sono tenute insieme da un ordine dinamico; più simile, quindi, ad una orchestra in cui il direttore è costituito dal cervello, che ha imparato a parlare il linguaggio elettromagnetico, per cui assume il ruolo di sistema ordinatore della sistema vivente. In questo caso il rimedio omeopatico entra nella orchestrazione generale, ristabilendo l'armonia tra i vari ritmi dell'organismo, o fornendo il ritmo che, per un particolare motivo era andato perduto. Cambia, pertanto, la concezione di prevenzione: essa coinvolge l'individuo inteso come struttura informativa, operando, attraverso i rimedi, sul sistema dei ritmi (domini di coerenza) interni alla materia vivente, tonificandoli e ristabilendone l'armonia; e, come abbiamo visto, tale sistema di ritmi costituisce un potente sistema ordinatore sulla dinamica chimica. La stimolazione della struttura chimica (sistema immunitario), attraverso l'uso di informatori chimici, costituisce, in tale prospettiva, uno strumento grossolano, poco selettivo che crea disarmonia nel delicato insieme dei ritmi interne di quel dato individuo, inserendovi un elemento di disturbo e di confusione, e producendo una serie di effetti collaterali connessi "all'elemento estraneo" introdotto in dosi massicce nell'organismo.

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La metodologia omeopatica, invece, opera sul sistema vivente senza inserire elementi estranei, anche se disattivati, ma potenziando l'insieme dei ritmi interni dell'individuo che sono collegati alle varie strutture impegnate nella dinamica immunitaria.

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Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Varricchio: Grazie, Dott. Del Giudice, molto brillante nell’esporre le sue convinzioni. Io direi di fare adesso la discussione per singoli relatori, in modo tale da rendere più proficua la relazione che è stata esposta, e allora, vi sono domande al Prof. Attena? Prego. Il nome, per cortesia. Dr. Valeri: Sono Andrea Valeri, sono un medico, e faccio l’omeopata. Dunque, intanto ringrazio il Professore per questo suo tentativo, proprio sul filo di lana, di equilibrio tra omeopatia e allopatia. Questo è già un segnale dei tempi perché tempo fa noi omeopati eravamo un po’ dei paria, non ci si sarebbe mai sognato un equilibrio di questo tipo. Quello che vorrei discutere è il livello di accuratezza del sistema di rilevazione. Nel lucido presentato è stato detto che il sistema di rilevazione è molto efficace, al punto tale di segnalare anche degli ........................ di 1/100.000. Allora ricordo ... Prof. Varricchio: No, scusi, lei deve fare la domanda al relatore e lui le risponde. Dr. Valeri: Dunque, la domanda è questa: io contesto che il sistema di rilevazione sia ... non è una domanda, è solo un intervento molto breve, se si può fare, altrimenti posso anche non farlo ... Prof. Varricchio: È perché stiamo stretti con i tempi. Dr. Valeri: Allora non faccio nessun intervento, ho già finito. Prof. Varricchio: Va bene, come crede. Dr. Valeri: Comunque io contesto che il sistema di rilevazione dei dati sia preciso. Il commissario della F.D.A. americano, David Kessler, ha dichiarato di fronte alla commissione del Senato americano, che il 90% degli effetti collaterali dovuti ai vaccini e, diciamo, segnalati col VARS (?), il sistema americano, è sottostimato, non viene segnalato. L’ha dichiarato di fronte alla commissione del Senato americano. Anch’io stesso, come medico, per brevità non vi faccio un mucchio di esempi che vi potrei fare, posso segnalare diversi casi, casi addirittura già noti in letteratura di effetti collaterali da vaccini, nonostante che i medici, come me od altri, hanno provato a segnalarli all’U.S.L., l’U.S.L. in una prima istanza si è rifiutata di segnalarli. Quindi, contesto che sia preciso. Prof. Varricchio: Scusi, il Prof. Attena deve rispondere. Prof. Attena:

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Io in parte ho detto che il sistema di rilevazione può essere inadatto e non è necessariamente preciso al cento per cento. C’è un problema, che ovviamente il sistema di sorveglianza delle reazioni vaccinali può essere o attivo, o passivo. Passivo su segnalazione, ed è poco preciso; attivo significa, invece, andare a cercare questi effetti. Ovviamente non può essere fatto su tutti i vaccinati, su tutte le campagne vaccinali e su tutti i tipi di vaccini; sono un tipo di indagine che si fanno a campione, e poi dal campione si estrapola il dato all’intera popolazione. Quindi, voglio dire, questo più o meno è il sistema; che da qui possano uscire, ovviamente, cose che non vengono rilevate, lo penso anch’io, però lo sforzo della medicina ufficiale di rilevare queste cose c’è, insomma. Molto spesso, larvatamente passa fra gli omeopati l’opinione che i medici ufficiali sono in malafede, sanno le cose, però le occultano. Questo l’ho sentito spesso. Io non credo che sia così. Io non credo che sia così. Dr. Valeri: Io vorrei solo, molto brevemente, segnalare che, per quanto ne so io, nessuna USL in Italia richiama i bambini, dopo 15 o 20 giorni dalla prima vaccinazione, per esempio, prima di fare la seconda. Quindi è chiaro che i dati non ci sono perché non vengono cercati. Prof. Attena: Io parlo (non sono sicura che dica questo) del sistema americano. Prof. Varricchio: Va bene, ci sono altre domande? Vorrei chiedere io qualcosa al Prof. Attena. Dico: come la mettiamo, poi, con la poliomielite, per esempio, che è stata debellata dalla vaccinazione? Come la mettiamo con l’Epatite B? E poi tu hai citato il Cofibrato; il Cofibrato non è stato mai un farmaco per l’ipercolesterolemia. È stato un farmaco che, al massimo, poteva far diminuire i trigliceridi, ma da quando si sono scoperte le statine, c’è stato uno studio denominato 4S in cui si è vista una notevole diminuzione della mortalità nella cardiopatia ischemica con un abbassamento del colesterolo. Prof. Attena: Con l’aumento della mortalità per altre cause. Prof. Varricchio: No, io dico il Cofibrato. Il Cofibrato è stato usato impropriamente nella ipercolesterolemia, è stato usato nella ipertrigliceridemia che non rappresenta un grande fattore di rischio, almeno entro certo limiti, e quindi il Cofibrato non è che può essere preso, infatti quando sono uscite le statine che agiscono nell’abbassare il colesterolo interferendo nella produzione del colesterolo, la mortalità diminuita si è vista nello studio che è stato condotto, detto 4S, che è uno studio scandinavo, dove c’è stata addirittura una riduzione di mortalità del 27% nelle cardiopatie ischemiche. Io sono d’accordo su alcuni farmaci che noi usiamo, per esempio, in 150 anni non c’è stata mai una dimostrazione che la Digitale abbia ridotto la mortalità per lo scompenso cardiaco, eppure si usa da 150 anni, né per i diuretici, sempre nello scompenso cardiaco. Tanto è vero che si è vista la necessità di introdurre nuovi farmaci che agiscano perifericamente, come i vasodilatatori, come gli ...inibitori, eccetera. Noi stessi della medicina tradizionale, abbiamo delle regole sui farmaci, non è detto che non ne abbiamo. Noi ci affanniamo, specialmente negli anziani, a togliere i farmaci, perché i guai da farmaci sono ben maggiori dei benefici. Questo non significa che però si può generalizzare, credo. Prof. Attena:

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No, anche perché i dati sulla tossicità sono prodotti dagli allopati stessi, quindi la capacità di autocritica e di dimostrare certe cose ci sta. Poi c’era un’altra domanda? Sulla questione della poliomielite? Prof. Varricchio: La poliomielite, e l’Epatite B. Forse nel 2000 non esisterà più il contagio. È vero che il virus dell’Epatite B già ha preso le contromosse, perché tanto è vero che oggi troviamo epatiti croniche da virus B molto gravi che hanno fatto in modo da mimetizzarsi e quindi non far fornire più gli anticorpi che prima fornivano. Cioè, nella lotta con il sistema immunocompetente dell’organismo si sono mimetizzati questi virus e non fanno comparire gli anticorpi, per esempio, E, tanto per fare un discorso. Quindi il virus sta prendendo le contromisure. Però, sicuramente nel 2000 ... fine nastro ... sarà completamente debellata. Verranno fuori altri virus? È un altro discorso. Però certamente l’Epatite B non esisterà più, che ha creato notevole diffusione di patologie epatiche negli ultimi decenni. Prof. Attena: Diciamo che, al di là della difficoltà di interpretare i dati, ci sta una precisa metodologia epidemiologica che sono i trial randomizzati, attraverso i quali non si può equivocare. Perché se io prendo un gruppo di persone e lo vaccino, e prendo un altro gruppo di persone, confrontabile al primo, e gli do un placebo, e confronto lo sviluppo della malattia nei due gruppi, su questo tipo di studio è difficile, ovviamente, equivocare. Mentre si può equivocare, ovviamente, sulla diminuzione generica delle malattie infettive, se è stato il vaccino, sono state le condizioni naturali, l’alimentazione, questo e quell’altro. Questo per concludere dal punto di vista metodologico, proprio, insomma. E siccome ci sono studi randomizzati controllati in questo modo, sicuramente c’è qualche malattia infettiva che viene influenzata positivamente dall’uso di vaccinazioni. Questo mi sento di dire. Dr. Del Giudice: Volevo solo dire una cosa, onde chiarire un po’ anche in campo omeopatico certe cose. Cioè: noi non contestiamo il fatto di una attività di una molecola chimica sull’organismo, come non contestiamo il fatto che se c’è un animaluccio e io gli do una grossa martellata sopra, quello muore, mica si può dire che non muore. Però con l’animaluccio si rompe anche il tavolo o quello che sta sotto. Noi vogliamo solo dire che certi effetti collaterali sono una logica conseguenza di un programma terapeutico che utilizza l’incontro ravvicinato di tipo chimico che è di tipo casuale, per cui, per necessità, la dose da somministrare deve tener conto di questo fatto, per cui deve essere di gran lunga ampliata e aumentata, per cui gli effetti collaterali sono il prezzo da pagare. Se è possibile, come affermiamo noi, anziché utilizzare queste dosi massicce, è possibile ottenere un sistema di prevenzione utilizzando solo i segnali che, naturalmente, ogni sostanza ha in sé e quindi anche il germe ha in sé, noi superiamo l’effetto da azione di massa, le controindicazioni, e otteniamo lo stesso risultato senza pagarne le conseguenze. Ovviamente questo discorso richiede un ulteriore approfondimento anche di come agiscono i segnali, ma questo è un campo successivo di ricerca. Quello che è di fatto oggettivamente presente è la necessità di pagare il prezzo degli effetti collaterali. Basti pensare ai citostatici.

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Dice: vabbé, ma il vantaggio che abbiamo è di gran lunga più grande. E va bene, l’ho capito, ma se noi possiamo ottenere dei risultati analoghi a questi senza dover pagare quel prezzo altissimo, mi pare che è una conquista per l’umanità e non c’è bisogno di fare polemiche. Utilizziamo l’omeopatia e vediamo in che misura l’omeopatia può dare una risposta positiva ai criteri di prevenzione. Scusate, ma ... Prof. Varricchio: Io ringrazio il Dott. Del Giudice. Certamente siamo su vie diverse, io sono il meno idoneo a moderare una tavola rotonda sull’omeopatia, chiaramente, perché potrei portare infiniti esempi che la medicina tradizionale ha fatto passi giganteschi. Ecco, per esempio, pensiamo al linfoma di Hodgkin che quando io mi sono laureato, trent’anni fa, era inguaribile, oggi si guarisce, si guarisce perché si è capito come procede questa malattia, si è capito dove stanno i punti di attacco. Era una malattia mortale nel giro di pochi anni, parliamo di linfogranuloma, allora si chiamava linfogranuloma maligno; hanno tolto pure il “maligno” perché in effetti non è più una malattia neoplasica delle linfoghiandole, perché riconosce tutt’altra base e la terapia ... perché non credo che un linfogranuloma lo curate con la terapia omeopatica. Dr. Del Giudice: Le posso raccontare un fatto brevissimo che è accaduto? C’è una persona che io conosco e che naturalmente si cura con l’omeopatia. Poi si è trasferita fuori ed è stata afflitta proprio da linfogranuloma, e quindi è venuta a Napoli a curarsi da un medico allopata che conosce, senza rinnegare l’omeopatia. Il caso ha voluto che questo caso, adesso, ovviamente, per ragioni di prudenza, non ha comunicato che si curava anche con l’omeopatia. Prof. Varricchio: Anche. Dr. Del Giudice: Anche, e va bene, che significa? Io sto dicendo un fatto. Questa persona è negli annali della casistica di questo perché non si è mai visto, in un tempo rapido, breve, senza effetti collaterali, un riscontro così positivo, e viene adesso pubblicato nelle lezioni che tiene questa persona. Quindi, va bene, noi accettiamo questo, ma vede che ha pagato molti prezzi minori, perché naturalmente ha ridotto di gran lunga i dati tossici di questi farmaci. Prof. Varricchio: Ah, certo. Se è così non ha pagato nessun prezzo, anzi. Dr. Del Giudice: Noi siamo una creatura che sta crescendo, voi avete duecento anni di storia ufficiale alle spalle, è ovvio che ci dovete dare il tempo di crescere e di maturare per poter avere ... risultati. Prof. Varricchio: Per alcune malattie la medicina tradizionale va guardata con quel rispetto che merita, perché naturalmente ... Dr. Del Giudice: Siamo stati messi in cantina per tanto tempo; ora siamo al primo piano ...

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Prof. Varricchio: Questa non è polemica, per carità. Allora, come sempre è interessante la discussione, quindi prego i successivi relatori di mantenersi nei tempi, in modo da poter favorire questa discussione che è stimolata da me come medico tradizionale, ma che trova delle risposte molto valide negli oratori che si interessano di omeopatia, appunto perché sono persone preparate che cercano di praticare quella medicina alternativa, di mettere in atto quella medicina alternativa che certamente avrà dei risultati. Quando sono stato in Cina e ho visto le cliniche per l’agopuntura che ci sono in Cina sono rimasto un poco sbalordito, ma in effetti è una pratica che in Cina ha lo stesso valore della medicina tradizionale, anche se l’agopuntura riconosce delle basi teoriche molto precise, nel senso di interferire con gli stimoli oncogeni, e quindi ... Dr. Del Giudice: Quella è la reflessoterapia; non è l’agopuntura. Prof. Varricchio: Non lo so. Ma ci stanno le cliniche, proprio, cliniche gigantesche. Erano cliniche di agopuntura, così mi spiegava la guida. Dr. Del Giudice: E quella occidentale che è la reflessoterapia. Prof. Varricchio: Voglio dire, quindi, che è tutto aperto il discorso, e io do la parola alla Dr.ssa Viviana Rasulo, la quale ci parlerà, insieme, successivamente, con il collega Vincenzo Nuzzo. Oh, scusa, ho saltato te? Mi hanno rimbambito con l’omeopatia, vedi. Allora, è un errore, al numero tre c’è il collega Salvatore Picardi che, insieme con gli altri colleghi, Maria Luisa Agneni, Riccardo Megueni, Giovanni Merolla, parlerà lui per tutti sull’esperienza clinica medica omeopatica. Prego, se, per cortesia, si mantiene nei quindici minuti così possiamo fare un poco di discussione, altrimenti dobbiamo troncare la discussione.

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L’esperienza clinica medica omeopatica. Salvatore Picardi, M.D.; Maria Luisa

Agneni, M.D.; Riccardo Megueni, M.D.; Giovanni Merolla, M.D.; L.U.I.M.O.

Abstract Gli autori in questo lavoro evidenziano i risultati della loro pratica clinica, alla cui base c’è l’utilizzo di un modello di cartella clinica elaborato dalla L.U.I.M.O. che mette in risalto l’individualità di ogni ammalato (storia biopatografica). Su questa solida base metodologica e con la realtà clinica dei pazienti da loro trattati, gli autori indagano in particolare:

sull’età di comparsa e tipo di malattie incidenza di esse nella popolazione infantile sulla familiarità dei quadri patologici sull’intervento vaccinale con riferimento a correlazioni che possano esserci tra queste pratiche e

la comparsa di stati di malattia. Il lavoro presentato da questo gruppo di medici della L.U.I.M.O. vuole offrire una serie di dati la cui sistematizzazione potrebbe rappresentare uno stimolante materiale di studio per coloro che, chiamati a gestire la salute del cittadino, sappiano e vogliano, con scienza e coscienza, utilizzare tali dati per il progresso della medicina ed il miglioramento dello stato di salute delle attuali e future generazioni. Questo lavoro è il frutto dell’esperienza clinica ultradecennale di diversi medici omeopatici dell’associazione per la L.U.I.M.O. È il frutto di esperienza clinica: vale a dire è il lavoro che scaturisce da un’attenta ed obiettiva osservazione, nonché valutazione di un numero considerevole di fatti (casi clinici) da noi affrontati e nella maggior parte dei casi trattati positivamente, ossia con la guarigione del paziente od un forte miglioramento dei suoi disturbi. Vi parlerò di esperienze, di clinica e dunque di malati; non vi parlerò di teorie o di studi condotti in laboratorio; perché è bene ricordare, come faceva spesso, nelle sue magistrali lezioni di omeopatia, un maestro «le teorie possono essere sempre sovvertite dai fatti (esperienza) e che il contrario non può mai accadere». Concetto, questo, che mi ha sempre confortato nella quotidiana pratica clinica, in quanto so che la medicina omeopatica è la medicina dell’esperienza. So che la medicina omeopatica è un metodo sperimentale in quanto nasce dalla sperimentazione pura sull’uomo sano di sostanze naturali date in dosi infinitesimali e dalla registrazione poi degli effetti che questi medicamenti producono sull’uomo in salute (PATOGENESI). Ora, prima di addentrarmi nello specifico della mia relazione, vorrei richiamare la vostra attenzione su di un aspetto di grande importanza, non solo per una più facile lettura del lavoro che presenterò, ma soprattutto perché tale aspetto costituisce un momento fondamentale del lavoro clinico-terapeutico del medico omeopatico: mi riferisco alla cartella clinica, alla sua corretta compilazione che, per poter essere soddisfatta, richiede una metodologia della presa del caso clinico. La L.U.I.M.O., e per essa la nostra direttrice, la Dr.ssa Rodriguez, ha fatto della cartella clinica, della sua stesura, uno degli aspetti metodologici e clinici di insegnamento più importanti e questo perché riteniamo che la cartella clinica rappresenti un momento iniziale fondamentale dell'’ntero percorso terapeutico, in quanto consente un'i’postazione del caso clinico con una visione tridimensionale:

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una visione ANALITICA - (storia biopatografica); una visione SINTETICA - (attualità sintomatologica); una visione EVOLUTIVA. Quindi, per poter parlare di clinica, occorre possedere un metodo per la presa del caso e la nostra scuola, forte di un’esperienza ultraventennale, ha sintetizzato questa metodologia nell’impostazione data alla cartella clinica, così come viene sviluppata dai medici del nostro istituto e da quelli a noi collegati. Ora, per praticità, vi mostrerò dei lucidi esplicativi.

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STORIA BIOPATOGRAFICA OMEOPATICA

L.U.I.M.O. Associazione per la Libera Università Internazionale Di Medicina Omeopatica "Samuel Hahnemann" Motivo della visita: Asma bronchiale. Eziologia: Febbre: In passato per tonsilliti purulente. Farmaci - Droga: Numerosi antibiotici ed antipiretici in passato – cortisonici e broncodilatatori. Tabacco: No. Vaccinazioni: Quelle di legge. Vaccinoterapia per 4 anni. Alimentazione - Igiene: Iperproteica: prevalentemente carne - uova – formaggi - farinacei. Caffè - Tè: No. Camomilla: No.

Data Anno Accademico Medico M. G. SESSO: M DATA DI NASCITA: 09.05.81 Professione: Studente III media ______________________________________ Diagnosi Clinico Terapeutica Biotipogenetica Miasmatica

LUCIDO A

Questa parte iniziale della cartella contiene, oltre al motivo della visita - diagnosi nosologica, una serie di voci che sono: 1) Trattamenti farmacologici pregressi; ricordiamo l’importanza delle malattie iatrogene, non solo, ma quanta influenza abbiano, nella cura del paziente omeopatico, precedenti cure farmacologiche che possono costituire semplici interferenze o veri e propri ostacoli alla guarigione,

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tenuto conto che da noi si presentano pazienti che hanno subito già pesantemente l’intervento farmacologico allopatico. 2) Alimentazione - igiene di vita - abitudini voluttuarie, in quanto il medico omeopatico, e non solo lui, dovrebbe essere innanzitutto un igienista, che sa preservare lo stato di salute nell’uomo sano con consigli su di una condotta di vita igienica e che sa eliminare eventuali ostacoli di natura alimentare (abusi - carenze, etc.) ed ambientale, che intralcino il cammino del malato verso la cura e guarigione. 3) Trattamenti vaccinali effettuati (di legge - facoltative - vaccinoterapie) e che per noi hanno un ruolo importante nel determinismo e nel sostenere tante patologie neonatali e dell’infanzia. STORIA BIOPATOGRAFICA EVOLUTIVA Padre: 47 a.; psoriasi - raffreddore ed asma allergico. - muratore - Nonno: asma bronchiale Nonna: diabetica Madre: 43 a.; cefalea - carie dentarie – ipertrofia linfonodi latero-cervicali. Nonna: 62a. = ca. cerebrale Nonno: asma bronchiale Bisnonno: = ca. vescica Zio: = ca. osseo Primogenito di 3 figli - nato a termine p.e. Peso alla nascita Kg. 3,050 Allattato al seno per 7 mesi 0/1° anno Dall’età di 5 mesi, più episodi di bronchite asmatica. Dai 3 mesi inizio ciclo vaccinazioni di legge.

1/7 anni Fisicamente magrolino fino ai 4a. Dai 2 a. frequenti tonsilliti febbrili purulente

massiccia terapia antibiotica ed antipiretica. Episodi asmatici < ai cambi stagione. Esegue tests cutanei di allergia positività alle graminacee - parietaria - a. polvere. A 4 a. tonsillectomia. < asma (come frequenza ed intensità). Peso corporeo ↑ ↑. Dai 5 a. inizia vaccinoterapia che prosegue sino ai 9 a. senza > alcuno nella sintomatologia. Manifestazioni orticaroidi agli arti nel periodo primaverile - estivo. 8/15 anni Ingegnoso - attirato dalla meccanica - smontava e rimontava i giocattoli. Tipo chiuso - solitario, poco avvezzo alla compagnia.

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LUCIDO B 4) Storia biopatografica evolutiva - che occupa più spazi sulla cartella - termine caro al maestro Dr. Paschero e che rappresenta la dinamica e reale espressione della evoluzione psico-bio-patologica dell’individuo e non una mera elencazione di patologie sofferte. Perché la medicina omeopatica, che è una medicina evolutiva e dinamica, non considera l’ammalato solo nel momento della visita ma, necessariamente, cerca di ricostruire tutte le tappe che hanno condotto quel paziente ad ammalarsi in quel dato momento e di quella malattia. Una parte importante qui è occupata dalle notizie riguardanti le malattie presenti nel ramo paterno e materno del malato, in modo da evidenziare quali sono le potenzialità patogenetiche ereditarie e/o acquisite del paziente (concetto di MIASMA). Viene poi esaminata la gestazione ed il parto con eventuali malattie e/o trattamenti farmacologici o di altra natura, effettuati dalla madre. A questo punto vengono considerati dei momenti importanti e cronologicamente distinti e che corrispondono: al 1° anno di vita che ci informa, attraverso eventuali malattie intervenute in questo periodo, dell’espressività di quelle determinanti ereditarie e/o acquisite alle quali accennavo prima; - ai settenari, ossia dei cicli di 7 anni e che, specie per i primi quattro, rappresentano in successione delle tappe evolutive importanti nella vita di tutti noi (infanzia - adolescenza pubertà - giovinezza - maturità) in quanto intese come delle vere e proprie “fasi di crisi” del sistema neuro-endocrino.

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ATTUALITA' I P.A. ....... Polso 82b/min Peso 54Kg Data 15.11.94 Pigro - < lavoro intellettuale Chiuso - riservato - solitario Avversione a lavarsi Caloroso < caldo ambiente < al sole < al calore del letto tende a scoprire i piedi Desiderio di aria aperta Sudorazione: facile alla fronte - nuca, in ambienti caldi. Sete: di grosse quantità. Desidera cibi fritti - salumi - dolci. Faccia: facili congestioni < ambienti caldi unta - “sporca” Testa: dolori fronte e vertice < al risveglio app. mentale senso di pesantezza Naso: facili epistassi a dx Petto: asma < mattino presto risveglio > aria aperta Arti: eruzioni a chiazze rosse pruriginose < estate

LUCIDO C

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5) Attualità sintomatologica - che esprime la sintesi fedele ed integrale della sofferenza dell’ammalato, attraverso una serie di sintomi congruenti che testimoniano il cambio intervenuto nella vita di quel paziente, ossia il passaggio, a volte indistinto, da uno stato di relativo benessere ad uno di malattia. È grazie a questo che arriviamo a formulare una diagnosi che non è solo nosologica, ma clinica e terapeutica. Ma entriamo ora nel merito della clinica. COMMENTI Punto 1 Età in cui si ammalano questi pazienti: si è potuto constatare che nel 98% dei casi esaminati essi si ammalano entro i 3 anni di età, e nel 70% dei casi entro il primo anno. Questo non deve meravigliarci, in quanto l’età del paziente al momento della visita non corrisponde quasi mai all’età dell’inizio della malattia, perché nella maggior parte dei casi si tratta di patologia cronica che data anni, non solo, ma essa quasi sempre è il risultato di soppressioni e/o di “spostamento, da un distretto dell’organismo all’altro (metastasi patologiche), di una precedente patologia che è diversa da quella attuale solo nosologicamente, ma che noi sappiamo bene essere la prima manifestazione sintomatologica dello squilibrio della forza vitale che è la sola ad ammalarsi. Ora, tenendo presente che nel corso del primo anno di vita tali pazienti sono sottoposti a minimo 9 dosi di vaccino obbligatorio (3 antipolio + 3 D.T. + 3 antiepatite) e che il 50% e oltre di tali pazienti è stato sottoposto anche ad altri tipi di vaccino non obbligatorio, si può senz’altro affermare che tali pazienti si sono ammalati, in prevalenza, in un lasso di tempo in cui risulta maggiormente concentrata la pratica vaccinale. Punto 2 Di cosa si ammalano questi pazienti: partendo dal fatto che la quasi totalità dei pazienti da noi visitati la prima volta sono già stati a lungo trattati farmacologicamente, spesso anche massicciamente, si è potuto constatare che essi manifestano quasi sempre un quadro patologico cronico, raramente di tipo sub-acuto o francamente acuto. Quindi, mostrano una spiccata tendenza alla cronicizzazione dei loro disturbi: molto spesso osserviamo come da un banale raffreddore si passi a stati catarrali perenni o a tonsilliti febbrili ricorrenti, come un asma allergico stagionale diventi spesso cronico, ecc. Si ha la netta sensazione che questi pazienti vadano incontro ad una progressiva riduzione delle loro capacità difensive. Un aspetto, poi, molto interessante, è la natura della patologia che è nel 65% dei casi di tipo allergico, nel 12% dei casi interessa il tessuto linfatico. Pertanto, nella maggior parte dei casi esaminati risulta coinvolto nella patologia il sistema immunitario, o, con una sua anomala risposta allergia, o, attraverso una infiammazione e/o ipertrofia delle sue stazioni periferiche tonsilliti ricorrenti, vegetazioni adenoidee. Ma in cosa consiste la vaccinazione e dove agisce? Tutti noi sappiamo che tale pratica è una stimolazione immunogenica massimale effettuata per via innaturale e che agisce sul sistema immunitario e che, cosa di notevole rilevanza, si inizia a praticare in un’età cruciale per l’individuo (3 mesi) che è un’età di formazione e di continuo adattamento dinamico all’ambiente circostante. Non va poi dimenticato che, unitamente al vaccino in senso stretto, sono veicolate all’interno dell’organismo una serie di “sostanze estranee” di svariata natura, nonostante il tentativo sempre più spinto di purificare il vaccino sino ad arrivare ai vaccini ricombinanti. Punto 3

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Quali di questi pazienti si ammalano: si è osservato come nella maggior parte dei pazienti, specialmente tra quelli che presentano delle reazioni immediate o a distanza dopo vaccinazioni ci sia:

almeno uno dei genitori che presenti una malattia allergica (respiratoria o cutanea); la madre che abbia assunto farmaci in gestazione e/o abbia continuato a fumare in questo

periodo; uno dei genitori che abbia fatto uso di sostanze stupefacenti; entrambi i genitori a loro volta vaccinati.

Che cosa significa tutto questo? Significa che noi non possiamo massificare ed assemblare tutti insieme i nostri pazienti o gli individui in genere (protocolli terapeutici!) ma bisogna conoscere, per ognuno di loro, quali potenzialità patogenetiche psico-biologiche ereditarie e/o acquisite sono presenti nella famiglia in modo da poterle eventualmente riequilibrare già prima della nascita attraverso il trattamento della madre in gestazione (eugenetica) e comunque mai scatenarle con interventi inadeguati. Inoltre, questa constatazione ci riporta ad un concetto che ci è proprio, in quanto costituisce uno dei principi del metodo omeopatico: principio dell’individualità. Così come in salute non esistono due individui identici, non solo per caratteri fisici, ma anche per temperamento e personalità, così anche nello stato di malattia ogni individuo si ammalerà in modo suo peculiare, esprimendo in tal modo sia ciò che porta già “scritto in sé” che quello che acquisisce nel corso della sua vita. Punto 4 Evoluzione del caso con la terapia omeopatica: noi partiamo dal fatto che la medicina omeopatica è un metodo e come tale ha alla sua base delle leggi, che sono leggi di natura e che ci fanno da guida sicura all’approccio, alla valutazione e all’evoluzione di un caso clinico. Inoltre, in medicina omeopatica, il concetto che si ha della malattia poggia su concezioni dinamiche: la malattia è identificabile in una perturbazione (squilibrio) della forza (energia) vitale, che si rende manifesta attraverso una sintomatologia. Tale quadro morboso rappresenta un tentativo, seppure patologico, di conservare un equilibrio nell’organismo, pertanto la malattia non va combattuta e contrastata ad ogni costo e a tutti i costi,ma va osservata e sapientemente valutata. Ad esempio, un eczema od una tonsillite, rappresentano (oltre che l’espressione di una tendenza biopatologica individuale) il tentativo di confinare all’esterno la patologia ed è per questo che valutare e trattare queste patologie come dei fatti locali, sopprimendoli, può essere molto pericoloso (e non intenderli come un coinvolgimento totale dell’organismo che limita in distretti non vitali la malattia). Conclusioni Sono giunto alla fine di questa relazione, ma vorrei ancora trattenere la vostra attenzione su di un fatto che può interessare tutti noi, al di là dell’essere allopata od omeopata: l’atteggiamento che il medico deve avere nella sua attività di terapeuta. Egli, da vero clinico, rivolge la sua attenzione, motivata da un intento terapeutico, unicamente sull’ammalato (esistono i malati, non le malattie). Nel fare questo si “immunizza” da qualsiasi pregiudizio od influenza esterna, nello sforzo di conservare quell’obiettività di fondo che solo consente di essere in grado di cogliere prontamente - di considerare criticamente - di valutare opportunamente un fatto (il malato). Per tale fine occorre possedere una conoscenza profonda dell’essere umano in salute ed in malattia e questo passa solo attraverso una conoscenza “vera” di sé e una conoscenza del metodo clinico-terapeutico che si utilizza; aggiungerei, per quanto riguarda noi omeopati, anche superando i

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limiti di una situazione oggettivamente sfavorevole (disattenzione ed ostilità del mondo medico - legislazione in merito ambigua e carente - informazione inadeguata). Pertanto, è questo atteggiamento che deve essere recuperato da ogni medico che, con serenità, si assume le responsabilità che gli competono e derivano dal suo ruolo senza fare alcuna delega, perché unico scopo del medico è quello di restituire la salute al malato, vale a dire guarirlo (par. 1 Organon). Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Varricchio: Grazie, collega Picardi. È stata molto interessante la relazione del collega Picardi il quale, innanzitutto, ci ha mostrato una cartella clinica, l’elaborazione di una cartella clinica che d’altronde è molto vicina a quanto dovrebbe farsi da parte dei medici che praticano la medicina tradizionale. Noi diciamo sempre che l’anamnesi è mezza diagnosi in clinica, e lui ha rispettato questi campi. Ha anche voluto dimostrare come, questa incidenza di patologie nei primi anni di vita, soprattutto, può essere legata all’interferenza delle vaccinazioni, e ha fatto delle conclusioni molto utili, nel senso di considerare l’ammalato come un essere umano, come un uomo, e quindi, sotto questo aspetto avere maggior rispetto per i pazienti che si sottopongono alla nostra osservazione. Io potrei fare dei commenti dall’altra parte. Non è utile, né educato farli in questa sede. Volevo chiedergli solo una cosa: come mai l’asma bronchiale, l’asma primitiva, ha un’incidenza uguale a quella del bambino nell’anziano. Questa è una cosa che deve far riflettere anche il medico omeopatico, no? Come mai l’asma bronchiale, se l’incidenza dell’asma viene attribuita all’interferenza delle vaccinazioni, come mai nell’anziano ci sta una maggiore broncoreattività simile a quella dei bambini, attenzione. Dr. Picardi: A parte il fatto che non ho voluto dimostrare, ho semplicemente cercato di esporre dei fatti e di farci riflettere. Prof. Varricchio: No, lei ha messo sul conto delle vaccinazioni l’incidenza maggiore di asma nei bambini, e io le chiedo allora come mai nell’anziano questa incidenza è quasi simile. Dr. Picardi: Noi partiamo da presupposti diversi, nel senso che per noi non è importante, non è determinante considerare l’asma, ma è importante e determinante considerare l’asmatico, per cui lei mi dice che c’è un’incidenza ... Prof. Varricchio: No, no, no, attenzione. Noi non parliamo dell’asma nell’anziano che ha fumato, che ha avuto gli episodi infettivi, cronici, eccetera; no, l’asma pura nell’anziano ha un’incidenza che è uguale a quella che si verifica nei bambini. Oggi si assiste, con l’allungamento della vita, a questa nuova realtà. Dr. Picardi: Ci sono tutta una serie di cose che potremmo prendere in considerazione per fare un tentativo di spiegazione, anche le vaccinazioni, tra l’altro, potrebbero rientrare in tutto questo, i farmaci ... ci sono tutta una serie ... dei tentativi potremmo fare, però è importante l’ammalato.

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Qualcuno interviene dalla platea senza microfono. Prof. Varricchio: Come non c’era l’asma infantile? L’asma infantile c’è stata sempre ... Io non sto dicendo questo; sto dicendo che la stessa incidenza di asma bronchiale che si ha nel bambino, si ha nell’anziano. Asma primitiva, non secondaria. Giorgio Gustavo Rosso: Io mi permetto di allungare la sua domanda. Io mi chiamo Giorgio Gustavo Rosso e sarò uno dei relatori domani e mi domando come mai oggi noi abbiamo un’incidenza di asma bronchiale infantile che si calcola variabile tra il 10 e il 20% nei paesi nord-occidentali e, per quello che mi risulta dalle statistiche, 30 o 40 anni fa, praticamente, l’asma invece era solo una malattia degli anziani. Prof. Varricchio: No, no, no. Allora qua ci sta un equivoco, guardi, allora debbo ripeterle quello che ho detto prima. Lei ha da distinguere l’asma primitiva allergica, quella del bambino, e nell’anziano ci sta un’incidenza di questo stesso tipo di asma che è uguale a quella che verifica nei bambini. Non parliamo dell’asma secondaria, perché l’asma secondaria è facile : io creo una broncoreattività perché, magari, fuma, per esempio, la mucosa è irritata e questo crea la broncoreattività, è un altro discorso. Sig. Rosso: Le risulta che agli anziani, siccome sono anziani, è consigliato di vaccinarsi contro l’influenza. Dr. Picardi: Ecco, arriviamo al punto. Ed è una pratica molto diffusa, oggi, ha sempre una maggiore affermazione. Prof. Varricchio: E che significa? Guardi, la vaccinazione contro l’influenza si fa per il virus dell’influenza base. Siccome è uno dei pochi virus che muta, ecco perché sarebbe quasi illogico fare questo tipo di vaccinazione continuo, basta che uno ha avuto l’influenza una sola volta nella sua vita che per il ceppo base virale è già vaccinato. Sig. Rosso: Mi scusi, tutti gli anni gli anziani sono vaccinati contro l’influenza. Prof. Varricchio: Io personalmente ho molte remore in questo tipo di vaccinazione. Lo dico subito. Dr.ssa Rodriguez: Prof. Varricchio, mi consenta, un minuto solo. Abbiamo, domani, un intervento ... Prof. Varricchio: Chiedo scusa al collega Picardi. Allora io chiedo scusa, perché forse ho abusato io stesso e do la parola alla Dottoressa Viviana Rasulo, la quale ci parlerà della valutazione dell’attuale situazione vaccinale, analisi clinica ed

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esperienza in pediatria di base. Il suo intervento e l’intervento del collega Nuzzo in quanto tempo voi pensate possa concludersi? Perché avreste un quarto d’ora. Dr.ssa Rasulo: Una ventina di minuti, più o meno? Prof. Varricchio: Tutti e due. Benissimo, venti, dottoressa, se no facciamo arrabbiare il Prof. Sciaudone. Allora io l’avverto qualche minuto prima.

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Valutazione dell’attuale situazione vaccinale: analisi critica ed esperienza in

pediatria di base. Viviana Rasulo, M.D.Pediatra - L.U.I.M.O.

Abstract Valutazione clinica e studio su un gruppo di lattanti che hanno sviluppato nel corso del I e II anno di vita, patologie respiratorie ricorrenti e dermatologiche dovute tutte a disordini del sistema immunitario. Osservazioni su vari elementi che naturalmente stimolano il sistema immunitario e migliorano le condizioni di salute dei bambini. Incongruenze che emergono dalla pratica delle vaccinazioni e osservazioni sul ritiro dal mercato del vaccino anti-morbillo, rosolia e parotite, sul vaccino antipertosse a cellula intera e acellulare e sul vaccino antirosolia e antiepatite B e sulla loro durata di protezione nel tempo e sui livelli di sieroconversione raggiunti, spesso insufficienti con epidemie negli adulti e rischi maggiori che nell’infanzia. Valutazione sulla validità del sistema di sorveglianza basato sulla denuncia spontanea che dà luogo a una serie di osservazioni non controllate, utili per generare ipotesi ma non efficaci per uno studio approfondito. Da tutto ciò emerge la necessità di una scienza unica che, attraverso l’approfondimento delle conoscenze, ponga medici e genitori nella possibilità di scegliere con coscienza; proposta di una terapia preventiva omeopatica già durante la gravidanza e poi nel lattante per mantenere uno stato di equilibrio e di salute dalla nascita. Ringrazio la L.U.I.M.O. per avermi invitato dandomi così l’opportunità di esporre alcune osservazioni sulla mia esperienza clinica di pediatra di base. Svolgo la mia attività con l’AsL 2. La mia è un’esperienza complessa che mi dà la possibilità di venire a contatto diretto con i problemi quotidiani dei genitori e con l’evoluzione dei bambini attraverso stati di salute e stati di malattia. Oggi mi trovo qui perché mi sta a cuore l’argomento “sull’obbligo o libertà di scelta”. Devo o posso non vaccinare? Questa è la prima domanda che si pone un genitore e che mi rivolge quando all’età di due mesi compiuti viene imposto sul lattante sano il primo trattamento farmacologico. E’ una domanda che smaschera spesso, con la sua ingenuità l’esistenza di molte incongruenze che emergono dalla terapia vaccinale, affiancate da patologie frequenti che insorgono nel primo anno di vita come segno di uno squilibrio immunologico; incongruenze osservate attraverso la mia pratica clinica e l’esperienza diretta svolta per 8 anni a S.Giovanni a Teduccio e da 8 anni a Monte di Procida dove attualmente lavoro, due realtà sociali e ambientali molto contrastanti tra loro. Ho potuto constatare in questi anni che elementi di stimolo del sistema immunitario, che permettono al bambino di ammalarsi meno e di affrontare con minore incidenza di complicanze una malattia infettiva, sono: • un livello igienico - sanitario migliore; • un’alimentazione più adeguata e corretta iniziando dall’allattamento al seno, principe della trasmissione immunitaria grazie ai suoi fattori antinfettivi, antinfiammatori e immunomodulanti, e proseguendo con un piano alimentare che eviti l’iperconsumo nei bambini di grassi e di zuccheri legato paradossalmente ad una sostanziale iponutrizione; • una realtà infine meno inquinata ed un livello sociale più elevato. Seguendo dalla nascita un gruppo di 60 lattanti nato nel 1995 ho potuto osservare l’insorgere di alcune patologie con maggiore frequenza e la loro varia distribuzione all’interno del gruppo: • più dei due terzi (48) hanno sviluppato problemi respiratori recidivanti, dalle mucositi delle prime vie respiratorie all’asma bronchiale, in 10 casi si associava anche eczema ed intolleranza alle

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proteine del latte vaccino ed in 6 febbre recidivante con ipertrofia adeno-tonsillare e crisi convulsive. Le manifestazioni sono iniziate per più della metà nel primo anno di vita, dal secondo o terzo mese in poi e sono state recidivanti aggravandosi durante i primi due anni e trasformandosi in molti dei casi in malattie croniche come asma ed eczema atopico. • In seguito alla vaccinazione cambiamenti come insonnia, febbre, agitazione, inappetenza, comparsa di pallore precedevano in molti casi l’inizio della manifestazione respiratoria o dermatologica. • Iniziando un trattamento farmacologico per patologie respiratorie ricorrenti, con fluidificanti per quelle meno gravi e con antibiotici e cortisonici per via aereosolica per quelle più gravi, queste miglioravano temporaneamente, ma il problema tendeva a recidivare e cronicizzare soprattutto nei bambini con disordini immunologici e con storia familiare positiva per allergia. • Ho cominciato a notare quindi una resistenza alla terapia farmacologica ed ho osservato che la stessa spostava la malattia dall’esterno agli organi più interni (es. un raffreddore recidivante in un lattante si trasformava col tempo in asma o broncospasmo; una risoluzione di un problema dermatologico era seguito da una ipertrofia adeno-tonsillare). Da queste empiriche osservazioni ho potuto trarre alcuni motivi di riflessione: 1. Una grande difficoltà à a guarire questi bambini e a trasformare tale iter individuale non controllabile farmacologicamente; di conseguenza un senso di impotenza del pediatra e perdita di empatia col genitore e una comparsa di sfiducia nelle terapie ufficiali. 2. Una passiva accettazione dell’invasione terapeutica ed una grande facilità nell’abuso di antibiotici nella speranza che quell’antibiotico e quell’episodio di bronchite fosse l’ultimo. La mia esperienza di pediatra di base mi ha condotto alla conclusione, banale forse, ma non per questo meno vera che ogni bambino dà una risposta individuale alla malattia, con le sue modalità, il suo periodo di insorgenza, le sue manifestazioni più o meno gravi, la sua frequenza e ciò contrasta evidentemente con l’applicazione massiva delle vaccinazioni. Questo che sembra essere l’intervento preventivo economicamente più vantaggioso, in realtà a mio parere non lo è affatto: perché, ad esempio, malattie come tetano e difterite probabilmente non saranno mai eradicate nonostante ci siano milioni di bambini vaccinati e nei loro confronti non potrà mai essere abbassato il livello di sorveglianza. La difficoltà nella eradicazione di queste ed altre malattie risiede anche nel continuo incremento di flussi migratori verso paesi a più alto livello economico che rendono possibili le riprese epidemiche di malattie considerate definitivamente controllate. Ciò che sarebbe necessario è l’istituzione di una rete che comprenda: • la ricerca sui vaccini senza scopi di lucro o di potere; • una corretta informazione della classe medica e degli informatori scientifici sui rischi e benefici dei vaccini, e sugli effetti negativi a lungo termine delle tecniche da immunizzazione. • l’istituzione di un valido sistema di sorveglianza che non si basi solo su segnalazioni spontanee riferite, che non sia aperto a tutti ricevendo così dati di scarsa accuratezza e che sia in grado di stabilire la frequenza di un evento utilizzando come denominatore il numero di dosi somministrate alla popolazione. Infatti un sistema di sorveglianza basato sulla denuncia spontanea dà luogo ad una serie di osservazioni non controllate utili per generare delle ipotesi ma non efficaci per uno studio approfondito. In altre parole sarebbe necessario valutare se l’immunizzazione è sicura, se e in che misura protegge dalla malattia, se i pericoli degli effetti collaterali valgono il rischio e quali sono i reali legami fra l’immunizzazione e le malattie croniche successive; altrimenti continueranno a ripetersi episodi come quello avvenuto il 4-Settembre-1992 relativo al ritiro dal mercato del vaccino antirosolia-morbillo-parotite (PLUSERIX), dopo che ne era stato caldamente raccomandato l’uso a noi pediatri e dopo che ne erano state somministrate ben 37 milioni di dosi, 500 mila in Italia dal 1990 anno in cui il vaccino fu introdotto. Il motivo del ritiro è dovuto al fatto che il ceppo URABE AM 9 contenuto nel vaccino anti-parotite è responsabile dell’insorgenza di meningite asettica in

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molti bambini vaccinati (1:11.000 in Gran Bretagna). Ma la cosa che mi ha particolarmente colpito, e che ho riscontrato anche nella mia pratica clinica, è che tale ceppo è stato sostituito con un altro ceppo (quello RUBINI) prodotto dalla stessa casa farmaceutica che ha meno neurotropismo ma che dà una immunità solo nel 18-20 % dei casi con ripresa dell’epidemia anche dopo vaccino. Un’altra incongruenza riguarda il vaccino antipertosse a cellule intere e quello acellulare. Alcuni bambini da me vaccinati hanno sviluppato ugualmente la pertosse. Anche in questo caso la statistica ufficiale è confermata dalla pratica quotidiana. Infatti l’Istituto Superiore di Sanità ha stabilito che il vaccino antipertosse a cellula intera (fino a poco tempo fa l’unico tipo in circolazione) è efficace solo nel 36% della popolazione vaccinata; quello acellulare che ha sostituito il primo da qualche anno ha un’efficacia dell’84%, ma la sua durata di protezione nel tempo non è stabilita. E’ noto in fatti che nuove epidemie tendono a presentarsi con rischi maggiori negli adulti, anche in popolazioni altamente vaccinate che a loro volta diventano possibili diffusori della malattia nell’infanzia. Oltretutto la sieroconversione in un bambino si raggiunge in maniera sufficiente solo dopo la terza dose ossia alla fine del primo anno di vita, periodo in cui contrarre la pertosse non è più così a rischio come nei primi mesi di vita. Farò altre due brevi osservazioni sul vaccino anti-rosolia e sul vaccino anti-epatie B. Sono entrambi vaccini che danno livelli di siero-conversione non uguali per tutti, cosa che ho potuto verificare personalmente quando si seguiva il dosaggio quantitativo di anticorpi anti-HBsAg dopo vaccino, e la cui durata di protezione nel tempo non è ancora stabilita. Pertanto per tali vaccini per mantenere un livello anticorpale sufficiente si dovrebbero fare dei richiami a 4 o a 7 o a 10 anni altrimenti si corre il rischio di epidemie negli adulti che nel primo caso, portano nelle donne gravide una sindrome congenita neonatale molto grave, e, nel secondo caso, ad un’alta probabilità di diffusione dell’epatite B fra gli adulti, essendo la malattia soprattutto a trasmissione sessuale. Le incongruenze che ho cercato di evidenziare hanno contribuito ad avvicinarmi alla medicina omeopatica che, attraverso terapie individuali, analizza la tendenza familiare ad ammalarsi e a sviluppare il proprio miasma e previene la manifestazione della malattia potendo intervenire già durante la gravidanza e in un secondo tempo sul lattante. L’omeopatia è infatti una tecnica di induzione non specifica che stimola le difese immunitarie e i meccanismi autoregolatori senza sostituirsi al corpo nelle sue funzioni e senza creare così dipendenza. Il neonato rappresenta un sistema in equilibrio in cui le difese immunitarie sono in via di maturazione. Mantenerlo sano nelle fasi del suo accrescimento e sviluppo, favorendo comportamento più igienici e correggendo le disfunzioni con terapie adeguate che lo riportino ad uno stato di equilibrio dinamico, è compito della medicina preventiva, che ha significati sociali ben più ampi della sola vaccinazione, che coinvolgono la volontà politica, la cultura e l’economia dei paesi. Con l’0meopatia i canali di guarigione vengono assecondati dall’interno verso l’esterno, restituendo al bambino la capacità di esprimersi non solo attraverso la malattia (che non deve essere a tutti costi soppressa), ma attraverso la manifestazione integrale della propria personalità. E’ auspicabile quindi una scienza unica che sia d’aiuto per la realizzazione piena e positiva del bambino attraverso l’approfondimento della conoscenza della sua natura, della sua individualità, della sua sofferenza e della sua espressività. Nell’ambito di questa scienza la vaccinazione non può che essere libera. L’atto di sceglierla o di rifiutarla deve implicare l’approfondimento di tutte le conoscenze possibili integrando le informazioni dei genitori, che vanno sempre più responsabilizzati, con le valutazioni del medico sui benefici e sugli eventuali danni sul bambino, che oggi curiamo, e su quelli delle generazioni future. Vi ringrazio per l’attenzione. Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Varricchio:

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Grazie, dottoressa Rasulo, si è mantenuta nei tempi, il suo intervento è stato molto efficace. Ascoltiamo l’altro pediatra di base che ci parlerà dello stesso argomento, il collega Nuzzo, il quale prego di attenersi ai tempi. Deve fare il possibile perché se no suscitiamo le ire funeste. Si, signora, ci sono i traduttori, allora il collega è pregato di contenere, anche di riassumere in certi punti, altrimenti andiamo molto al di là del tempo previsto per questa sessione.

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Valutazione dell'attuale situazione vaccinale: analisi critica ed esperienza in

pediatria di base. Vincenzo Nuzzo, M.D., Pediatra, L.U.I.M.O.

Abstract Sempre di più si osserva nella pratica pediatrica il crescere di malattie e disturbi caratterizzati dalla risposta anomala a stimoli ambientali normali. Sorge spontanea la domanda se, nell’ambito di complessi influssi ambientali sulla salute del bambino, anche gli interventi sanitari di massa possano giocare un ruolo negativo. Utilizzando il metodo clinico di osservazione e il modello teorico patogenetico della medicina omeopatica, è stato elaborato un questionario, rivolto ai genitori, per raccogliere dati sulle possibili modificazioni dello stato di salute complessivo dei bambini dopo le vaccinazioni. Il questionario è stato utilizzato da un gruppo di pediatri di base come metodo di completamento e verifica dell’esperienza clinica con i loro pazienti. I questionari sono stati distribuiti ai genitori di 190 pazienti afferenti agli ambulatori dei pediatri di base partecipanti all’indagine. I dati evidenziano essenzialmente il riscontro da parte dei genitori di modifiche generali dello stato di salute, delle abitudini e di vere e proprie malattie in rapporto cronologico presuntivo con le vaccinazioni e suggeriscono inoltre che alcuni fattori (cumulo di vaccinazioni nel tempo, numero di vaccini usati in singola somministrazione e tipo di vaccino usato) potrebbero aumentare il rischio di modificazioni dello stato di salute post-vaccinale. Lungi dal rappresentare una “prova” dell’effetto negativo delle vaccinazioni, questi dati dovrebbero, a nostro avviso, rappresentare la base per un confronto aperto e non ideologico, e per la progettazione di nuovi studi, sul problema delle vaccinazioni, allo scopo di un’attenta e serena rivalutazione dell’attuale obbligo vaccinale. I. Introduzione Il pediatra, che osserva sempre più l'espansione di patologie routinarie non più riconducibili al semplice meccanismo dell'azione di un agente patogeno ma probabilmente ad una modifica della risposta agli stimoli esterni, è portato a chiedersi se questo non sia dovuto all'effetto delle mutate condizioni ambientali. Negli ultimi cinquant'anni la cornice ambientale in cui nascono le malattie del bambino è molto cambiata, con un probabile influsso negativo di complesse variabili (inquinamento, abitudini ...) sulla salute individuale e collettiva. In questo ambito è possibile che gli interventi sanitari collettivi sempre più estesi abbiano potuto e possano svolgere un ruolo meno positivo di quanto si possa pensare. La domanda ed il dubbio nascono quindi sul campo. Il metodo omeopatico, con la sua osservazione della "forma" dei fenomeni biopsicologici più che dei dati analitici che li costituiscono, offre al medico la possibilità di valutare ciò che accade senza pregiudizi dottrinali. Questo questionario è nato quindi come fusione dell'esperienza comunitaria sul campo del pediatra di base, unita con l'abitudine all'osservazione delle modificazioni dinamiche individuali propria del medico omeopata. Esso è stato guidato da un’ipotesi di lavoro - l'ipotesi della "ipertrofizzazione" (sicotizzazione) del sistema immunitario in seguito alle vaccinazioni, postulata dalla dottrina omeopatica - ma non ossessionato dalla necessità di utilizzare come criterio rigidi schemi nosografici e stabilire precise

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relazioni causali numeriche. E' chiaro che, essendo impossibile, per motivi legali e morali, confrontare gruppi di bambini vaccinati e non vaccinati, la tesi del possibile effetto iatrogeno delle vaccinazioni è praticamente "indimostrabile", tuttavia il questionario si è proposto di prescindere dalla necessità di una dimostrazione ed essere strumento per un esperimento di osservazione di tutto ciò che poteva essere osservato. Un'osservazione cioè più interessata nel complesso a cogliere le variazioni della "forma" complessiva del fenomeno che a scomporne analiticamente i dati costitutivi. Nato come strumento di indagine prospettica, esso doveva essere somministrato ai genitori dopo ogni singola vaccinazione, allo scopo di cogliere la progressiva modificazione dello stato di salute individuale. Tuttavia la carenza delle risorse organizzative non ha permesso un tale tipo di indagine, dando origine ad un'indagine retrospettiva che è attualmente ancora in via di completamento. I dati presentati vanno quindi intesi come dati preliminari. La ricerca ci ha permesso soprattutto di capire come, quando si va aldilà dei rigidi criteri nosografici usati in genere come metodo di valutazione, e si cerca invece di "leggere tra le righe" fenomeni bio-psicologici che esprimono la malattia, si possano aprire nuove prospettive di comprensione. L'ossatura centrale di quest'indagine si basa infatti sull'evidenziazione di ciò che abbiamo chiamato "cambi". Naturalmente non possono non esser sottolineati anche i limiti di quest'indagine: 1. difficoltà da parte delle madri di osservare in modo da rilevare fini modificazioni 2. difficoltà sostanziale di elaborare un modello di raccolta dati, e quindi statistico, che permetta di analizzare in modo pulito l'effetto di ogni variabile (tipo di vaccinazione, combinazione di vaccini, strategia vaccinale, effetto di altre variabili ...) sulle modificazioni dello stato di salute del gruppo di bambini osservati. 3. retrospettività dei dati, con impossibilità di isolare il contributo di ogni singola variabile sull'effetto finale, rappresentato dai "cambi" rilevati. II. Risultati Di tutti i questionari distribuiti ed analizzati - vedi precedente relazione - 190 sono stati somministrati da 2 pediatri di base presso i loro ambulatori - il sottoscritto e la dr. Rasulo. Sebbene incluso nella valutazione generale, questo gruppo è stato scorporato per permettere la valutazione diretta dei risultati da parte dei pediatri partecipanti ed evidenziare dunque l'importante aspetto epistemologico e strategico della collaborazione tra due culture della salute unite e amalgamate nell'osservazione di un fenomeno. Cercherò di evidenziare i dati che, nell'elaborazione dei questionari, più ci hanno colpito come pediatri (fig. 1). Come si è già menzionato, bisogna evidenziare un aspetto fondamentale, cioè l'impossibilità in base ai dati, di dedurre relazioni numeriche dirette tra gli aspetti qualitativi e quantitativi del programma vaccinale, cui vengono sottoposti i bambini osservati, e le modificazioni dello stato di salute rilevate. Queste infatti vengono colte come momento finale di un iter complesso di interventi. Tuttavia è pur vero che, se veramente c'è un effetto profondo delle vaccinazioni sullo stato di salute individuale, questo non può che manifestarsi come effetto cumulativo nel tempo, più che come fenomeno in diretta relazione cronologica con l'intervento vaccinale. Abbiamo utilizzato, quindi usato, come criterio di valutazione delle variabili, il numero e la qualità

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dei fenomeni patologici rilevati, come se fosse in relazione teorica con la singola tappa vaccinale, e questa come se rappresentasse un evento isolato e correlato direttamente all'effetto finale. In realtà bisogna però sempre avere ben presente che si tratta di una simulazione operativa applicata ad un continuum di effetti non separabili tra loro. A. frequenza generale dei "cambi" (tab. 1 e fig.1) Cambi "A": Innanzitutto colpisce come spontaneamente non poche madri (72, pari al 37,8% del campione) riferiscano di aver notato nel loro bambino, nel complesso delle altre modificazioni, una o più modificazioni di tipo "A" (tab. 1.1). La modificazione dello stato di salute tipo "A" isolata viene riportata con una frequenza del 3.68% (tab. 1.2). Questo dato è stato per noi sorprendentemente alto dato che questo tipo di modificazioni non vengono normalmente prese in considerazione come criterio di valutazione, mentre per il modello di valutazione omeopatico rappresentano un prezioso indice della reattività costituzionale individuale, espressione di una modificazione dinamica ("funzionale") che precede la localizzazione d'organo, cioè la malattia vera e propria. Cambi "B": Ci sembra opportuno sottolineare (vedi anche tab. 2), oltre la sia pure minore incidenza di questi fenomeni, la frequenza di ritardi nella dentizione (3), fenomeno che il pediatra da tempo osserva sul campo ed è in contrasto con le cronologie riportate dai manuali di puericultura. Cambi "C": Qui ci riferiamo alla patologia che più siamo abituati a considerare, e che potremmo interpretare come la localizzazione d'organo successiva alla modificazione "funzionale". Come era lecito attendersi, quasi 1 su 3 bambini del campione presenta disturbi di vario tipo inclusi in questo gruppo, con un numero di modificazioni contemporanee nettamente maggiore e con prevalenza netta (vedi tab. 2) delle manifestazioni respiratorie (60,2% di tutti i disturbi presentati), corrispondente, se considerato come cambio isolato, ad una frequenza del 36,3 %. B. Cambi attesi e non attesi Un altro dato che induce a riflettere è la non totale sovrapponibilità di alcuni dei disturbi "C" con un tipo simile di disturbo nell'anamnesi familiare, inducendo il sospetto che si tratti di un disturbo "non atteso" e quindi probabilmente secondario ad interventi post-natali (tab. 3). Dalla tabella si evidenzia, ad esempio, come nei bambini che avevano infezioni respiratorie ricorrenti (IRR) soltanto 20 (43%) avevano genitori con allergie, 15 (32%) genitori con asma e 2 (4,3%) genitori con broncopatie. Lo stesso fenomeno si evidenzia per la dermatite seborroica e per la tosse ricorrente, mentre una più stretta corrispondenza sembra esistere per la vera asma. Riguardo alle IRR e alla tosse ricorrente, cioè entità patologiche si ripetono frequentemente, spesso completamente refrattarie alla terapia dell'episodio acuto e bisognose di modificazioni igieniche ed interventi terapeutici più complessi e prolungati, esse rappresentano una patologia spesso difficile da spiegare senza ipotizzare la presenza di un terreno predisponente, cosa che oggi viene sempre più spesso e largamente interpretata come disturbo "disergico", cioè disturbo dovuto ad una risposta anomala a stimoli ambientali più o meno normali (vedi "iperreattività bronchiale"). La ricorrenza di tali disturbi ha quindi pari importanza rispetto a quella di disturbi chiaramente

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cronici come l'asma o la dermatite atopica. C. Relazione tra tipo di vaccino e cambi Come si è già detto, una correlazione diretta tra il singolo intervento vaccinale e l'insieme dei cambi verificatisi nel tempo non poteva essere stabilita. Non si tratta quindi di una correlazione tra l'iter vaccinale singolo e i cambi determinati, ma piuttosto del numero di dosi di vaccino somministrate ad una determinata tappa vaccinale e la quantità totale di "patologia" in relazione teorica con queste. Ribadiamo comunque che i dati vanno sempre letti nell'ambito di una valutazione soggettiva dei genitori, nel senso cioè di "tutto ciò che (soggettivamente) è stato notato dopo..." la vaccinazione. La capacità di osservazione delle madri, aldilà di ogni pregiudizio teorico, è nota a tutti i pediatri, e spesso fonte di non poco stupore per la sua profondità e precisione. Non si pretende certo che essa assurga a criterio scientifico di osservazione, tuttavia bisogna sottolineare come essa sia spesso molto più vicina alla realtà di quella dell'osservatore che osserva con il filtro della teoria. Essa potrebbe rappresentare un vero e proprio modello di osservazione alternativo: osservazione della "forma" del fenomeno invece che selezione del "dato" in essa incluso, e quindi ricerca del "significante" globale dei fenomeni osservati. In tal senso, il fatto che la M. abbia notato per esempio "asma" nei 6 mesi dopo la vaccinazione, non rappresenta affatto una prova della correlazione causale con la vaccinazione, ma è già di per sé un sospetto che potrebbe aver valore di dato, anche se solo forse qualitativo e non strettamente quantitativo. 1. correlazione età di vaccinazione e cambi (tab.4) L'esame di questa distribuzione evidenzia solo come maggiore sia in numero di dosi vaccinali somministrate, e maggiore dunque il numero di disturbi rilevati, maggiore sia anche il contributo percentuale di quell'età al totale dei cambi rilevati. Per tutti e tre i cambi il maggiore contributo percentuale ai cambi spetta alla fascia d'età da 3 a 10 mesi, in cui la maggior parte dei bambini viene vaccinata, mentre i valori percentuali più alti corrispondono ai cambi "A" e "C", che vengono rilevati con maggior frequenza rispetto ai cambi "B". Questi dati non permettono naturalmente di trarre alcuna conclusione sulla relazione tra età di vaccinazione e cambi dello stato di salute. 2. correlazione fra tipo di vaccinazione e disturbi (tab. 5 ) Analizzando la ricorrenza di disturbi in rapporto al tipo di associazione vaccinale, vediamo che questa cresce sensibilmente quando si passa da 1 o 2 vaccinazioni effettuate contemporaneamente, indipendentemente dall'età, a più di 2 vaccinazioni effettuate contemporaneamente. D. Vaccinazione e tipo di disturbo (tab. 2) Una correlazione diretta tra vaccinazioni e qualità dei disturbi non è possibile a causa dell'effetto cumulativo, che non permette di isolare l'effetto di una vaccinazione singola o di una singola età di vaccinazione. E' possibile solo prendere in considerazione la presuntività del legame tra disturbi, o cambi, e vaccinazioni nel ricordo dei genitori, osservando la loro diversa frequenza (tab.2). Questi dati ci ribadiscono come l'osservazione materna può essere importante nella valutazione. Tra i cambi "A" si nota che nel 33,3% dei casi in cui era stato riportata una modificazione, si

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osservava un'eccessiva sudorazione, nel 9,7% dei casi un'avversione alimentare improvvisa e nel 40,2% dei casi una modifica del comportamento, inoltre nel 18% dei casi un disturbo del sonno. Tra i cambi "B" nel 51,2% dei casi veniva notato un ritardo di dentizione. Questo unitamente al ritardo del linguaggio (4,87%) potrebbe essere un dato casuale, ma il riscontro in una percentuale non trascurabile (9,75%) di una modifica nel ritmo di crescita, cioè un indice dinamico più sensibilmente e direttamente influenzabile, indurrebbe a considerazioni più attente sulle possibili cause. Tra i cambi "C", oltre alla frequenza di riscontro di malattie respiratorie di tipo allergico o para-allergico, che potrebbe essere scontato, colpisce il dato di un 6,94% del campione che riporta frequente diarrea e di un 15,2% che riporta stitichezza. Ora questi dati, oltre che corrispondere ad entità nosografiche tradizionali, coincidono con elementi della valutazione costituzionale omeopatica ("terreno") che sembrerebbero supportare l'ipotesi di lavoro iniziale (effetto sicotizzante) in modo abbastanza suggestivo. Va sottolineato anche il riscontro di risposta positiva relativa a sintomi per così dire insoliti, cioè disturbi non tradizionalmente attesi dopo le vaccinazioni, come la presenza di sangue nelle feci e dolori articolari, che, sia pure presenti in percentuale minima, risultano comunque singolari. Abbiamo valutato inoltre a titolo di saggio la correlazione tra un tipo di disturbo "C" n° 9 (asma) ed il tipo di vaccinazione effettuata (tab. 6). Su 19 b. non abbiamo trovato differenze sostanziali tra b. vaccinati con vaccini usuali (dt,p) e vaccini inusuali (h,pe,mpr,mo). Abbiamo poi cercato di valutare il tipo di vaccino usato in rapporto all'assenza di cambi e disturbi. (tab. 7.1 e 7.2). Sono stati definiti "inusuali" i vaccini meno tradizionalmente effettuati. Per questo scopo sono stati scelti i campioni, più numerosi ed omogenei, di bambini che avevano effettuato: - un ciclo di vaccinazione completa da 3 a 10 mesi con vaccini usuali (dt,p) e combinazioni contenenti vaccini "inusuali" (dt-p-h, dpt-p, dpt-p-h) - una vaccinazione con "mpr"(morbillo-orecchioni-rosolia) a 15 mesi e una vaccinazione con "p" (polio) alla stessa età. In generale va notato che il numero di bambini con assenza di disturbi è sensibilmente inferiore nel gruppo "C", indicando che, quando si usa la "vera" patologia come criterio di valutazione, le maglie del filtro diventano più larghe, permettendo così di reclutare come "patologici" un numero più alto di bambini (nota 1). Sembrerebbe che l'aggiunta ai vaccini usuali (cioè più tradizionalmente obbligatori) di alcuni vaccini (come quello antipertosse), aumenti la probabilità di modificazioni postvaccinali dello stato di salute. Tuttavia i dati sono molto discordanti. E. Età ed incidenza dei cambi. Per i limiti prima menzionati, dovuti alla natura retrospettiva dell'indagine, sarebbe lecito il sospetto che vi possa essere un minore riscontro di cambi da parte dei genitori di bambini intervistati molto tempo dopo l'ultima vaccinazione. Dai dati riportati (tab. 8) si vede però come ancora il 2.6% dei genitori di bambini con età superiore a 6 anni all'epoca della rilevazione riporti ancora disturbi, mentre la percentuale più alta si riscontra naturalmente nei bambini tra 1 e 6 anni (ca. 15%). Un dato che potrebbe essere sottolineato è la più bassa frequenza di modificazioni post-vaccinali dello stato di salute in bambini al di sotto di 12 mesi, indicando una possibile "verginità" morbosa del bambino poi turbata nel tempo dall'accumularsi di interventi ambientali (tra cui quelli iatrogeni).

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Bisogna dire però che una differenza significativa si osserva solo tra il gruppo dei bambini al di sotto dei 12 mesi e quello dei bambini tra 12 mesi e 3 anni, mentre non si osserva più una differenza significativa paragonando il gruppo dei bambini inferiori a 12 mesi con i bambini più grandi di 3 anni. III. Conclusioni Siamo perfettamente coscienti del fatto che questa indagine non possa dare che un contributo di stimolo alla riflessione sul problema complesso del possibile effetto nocivo delle vaccinazioni. Si tratta come già detto di dati preliminari ed esistono limiti strutturali che hanno fortemente influito sul risultato, suggerendo la necessità di riprogettare la ricerca in modo che sia più efficiente ed affidabile. Riguardo ai dati forniti, siamo coscienti del fatto fondamentale che nulla vieta che le modificazioni osservate dei genitori possano essere solo variazioni casuali, senza alcun rapporto di causa-effetto con le vaccinazioni. Tuttavia riteniamo che i dati abbiano comunque fornito alcuni spunti che meriterebbero di esser meditati e opportunamente approfonditi: 1. rilevazione di modifiche dello stato di salute normalmente non considerate e che probabilmente assumono il significato di "fini" indicatori dello stato di salute generale 2. rilevazione di modifiche dello stato di salute che possono aver il valore di "viraggio costituzionale" 3. possibile comparsa di malattie non attese 4. possibile influsso del cumulo di vaccinazioni nel tempo, del numero di vaccini usati in singola somministrazione e del tipo di vaccino usato in associazione. Soprattutto in rapporto al punto 3) sarebbe forse possibile identificare due popolazione di individui che sviluppano malattie disergiche in seguito ad influssi ambientali (tra cui i vaccini) con un diverso equilibrio tra i fattori genetici e quelli ambientali: - una popolazione che ammala essenzialmente per effetto dell'ereditarietà (inizio prima dei 3 mesi di vita) - una popolazione che ammala per l'effetto combinato di fattori ambientali e iatrogeni ( inizio verso il 1°-2° anno di vita). Riteniamo che sarebbe necessario progettare altre ricerche (soprattutto prospettiche) allo scopo di addurre ulteriori dati, e soprattutto che sarebbe auspicabile che queste vengano condotte utilizzando tutti gli strumenti tecnici e culturali disponibili, nell'ambito di un maturo pluralismo terapeutico e dottrinale. Vorrei concludere al proposito con le parole del grande ed ispirato studioso di religioni Eduard Schuré: "Bisogna che la scienza divenga religiosa e che la religione divenga scientifica" (E.Schuré. "I grandi iniziati". Laterza. p.4766) Note 1. La "vera" patologia sarebbe quindi un indice più massivo rispetto alla "fine" patologia, che rappresenterebbe invece un indice più selettivo, e probabilmente corrispondente alle modificazioni dello stato di salute che precedono la malattia organica.

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fig. 1: questionario Classificazione numerica risposte considerate Cambi "A" 1. insonnia 2. reazione al cambio di temperatura 3. avversioni alimentari improvvise 4. desideri alimentari differenti 5. sudorazione eccessiva 6. sudorazione soppressa 7. appetito aumentato o diminuito 8. modificazione della digestione 9. cambio del comportamento 10. cambio nella diuresi 11. cambio nell'alvo 12. altro Cambi "B" 1. cambio della crescita 2. cambio del colorito e della struttura della pelle 3. ritardo della dentizione 4. ritardo della deambulazione 5. ritardo del parlare 6. altro Cambi "C" 1. malattie con febbre 2. eruzioni cutanee 3. crosta lattea 4. allergia la latte e/o altri alimenti 5. infezioni respiratorie 6. rinite persistente 7. tosse frequente 8. bronchite 9. asma 10. frequente diarrea 11. stitichezza 12. emissione di sangue con le feci 13. dolori articolari 14. crisi convulsive 15. paralisi 16. altro

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tabelle 1.1/1.2 1.1 Caratteristiche generali "cambi" "Cambi" tot. % n° cambi contemporanei freq.% ----------------------------------------------------------------------------------- 1 2 3 4 5 6 8 9 ------------------------------ "A" 72 28.01 41 23 4 4 0 0 0 0 37.8 "B" 41 15.9 26 11 4 0 0 0 0 0 21.5 "C" 144 56.03 43 27 35 22 10 5 1 1 75.78 ------------------------------------------------------------------------------------ 1.2 "Cambi" isolati n° freq.% --------------------- "A" 7 3.68 "B" 4 2.10 "C" 69 36.31 ---------------------- Tab. 2 "Cambi": distribuzione delle singole voci voce "A" "B" "C" n° % n° % n° % ----------------------------------------------------------- 1 13 18 4 9.75 4 2.77 2 1 1.3 10 2.43 14 9.7 3 7 9.7 21 51.2 26 18. 4 2 2.6 5 12.1 17 11.8 5 24 33.3 10 2.43 43 29.8 6 3 3.9 2 4.87 21 14.5 7 12 16.6 1 2.43 39 27. 8 3 3.9 - 40 27.7 9 29 40.2 - 27 18.75 10 1 1.3 - 10 6.94 11 10 13.8 - 22 15.2 12 4 5.5 - 2 1.38 13 - - 3 2.08 14 - - 2 1.38 15 - - 0 16 - - 12 8.3 ----------------------------------------------------------- 72 37.8 41 21.5 144 75.7

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Tabella 3 "Cambi" e anamnesi familiare tipo anamnesi tipo "cambio" n° 6 10 11 12 13 dermatosi allergia asma br.patia R/T ----------------------------------------------------------------- 2 eruzione ¦ 15 ¦ 1 10 8 2 1 3 crosta lat ¦ 29 ¦ 2 17 15 2 5 5 IRR ¦ 46 ¦ 3 20 15 2 3 6 rinite ¦ 18 ¦ 5 18 12 2 6 7 tosse ¦ 40 ¦ 4 22 13 3 6 9 asma ¦ 29 ¦ 4 24 13 3 5 4 IPLV ¦ 14 ¦ 4 17 11 1 4 ------------------------------------------------------------------ Tabella 4 "Cambi" e vaccinazioni Cambi "A" % cambi

totali % cambi per età

Freq. su totale dosi

Freq. su totale campione

Tappa N° cambi N° dosi 0-90 g 7 25 9.76 88.00 0.99 3.68 3 m 62 166 24.20 37.34 8.80 32.63 5 m 66 173 25.78 38.15 9.37 14.73 10 m 54 143 21.09 37.76 7.67 28.42 15 m 28 87 10.11 32.18 3.97 14.73 3 a 23 66 8.89 34.80 3.26 12.10 6-7 a 16 43 6.25 37.20 2.72 8.42 10 a 0 1 0 0 0 0 --------------- --------------- --------------- 256 704 100.00

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Cambi "B" % cambi

totali % cambi per età

Freq. su totale dosi

Freq. su totale campione

Tappa N° cambi N° dosi 0-90 g 5 25 3.44 20.00 0.71 2.63 3 m 30 166 20.68 18.07 4.24 15.78 5 m 38 173 26.20 21.96 5.39 20.00 10 m 37 143 25.51 21.38 5.25 19.47 15 m 13 87 8.96 14.94 1.84 6.84 3 a 14 66 9.65 21.21 1.98 7.36 6-7 a 7 43 4.82 16.27 0.99 3.68 10 a 1 1 0.68 100.00 0.14 0.52 --------------- --------------- --------------- 145 704 100.00 Cambi "C" % cambi

totali % cambi per età

Freq. su totale dosi

Freq. su totale campione

Tappa N° cambi N° dosi 0-90 g 14 25 4.77 56.00 1.98 7.36 3 m 74 166 25.25 44.57 10.51 38.94 5 m 65 173 22.18 37.57 9.23 34.21 10 m 58 143 19.79 40.55 8.23 30.52 15 m 41 87 13.99 47.12 5.82 21.57 3 a 24 66 8.19 36.36 3.40 12.63 6-7 a 17 43 5.80 39.53 2.41 8.94 10 a 0 1 0 0 0 0 --------------- --------------- --------------- 293 704 100.00 Tabella 5 Cambi "A" n° vacc.

n° cambi

n° dosi

% cambi tot.

% cambi /n° vacc.

% cambi n° dosi

freq. % assoluta

1 38 79 13.66 48.10 5.41 20.00 2 25 57 8.99 43.85 3.56 13.15 3 63 172 22.66 36.62 8.97 33.15 4 103 271 37.05 38.00 14.67 54.21 > = 5 49

----- 123 -----

17.62 ----------

39.80 6.98 25.78

278 702 100.00

118

Cambi "B" n° vacc.

n° cambi

n° dosi

% cambi tot.

% cambi /n° vacc.

% cambi n° dosi

freq. % assoluta

1 13 79 8.96 19.45 1.85 6.84 2 14 57 9.65 24.56 1.99 7.36 3 34 172 23.44 19.76 4.84 17.89 4 42 271 28.96 15.49 5.98 22.10 > = 5 42

----- 123 -----

28.96 ----------

34.14 5.98 22.10

145 702 100.00 Cambi "C" n° vacc.

n° cambi

n° dosi

% cambi tot.

% cambi /n° vacc.

% cambi n° dosi

freq. % assoluta

1 40 79 13.74 50.63 5.69 21.05 2 25 57 8.59 43.85 3.56 13.15 3 74 172 25.42 43.02 10.54 38.94 4 110 271 37.80 40.59 15.66 57.89 > = 5 42

----- 123 -----

14.43 ----------

34.14 5.98 22.10

291 702 100.00 Tabella 6 Correlazione tipo vaccinazione/tipo cambio: "C9" (asma) tipo vaccino n° cambio ("C9") ----------------------------------- epatite 12 pertosse 3 mpr 5 altro (usuali) 10

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Tabelle 7.1/7.2 Correlazione tipo vaccinazione/cambi: effetto vaccini "inusuali" 7.1 Bambini con assenza di cambi rilevati dt,p,h (3-10m) Tipo cambio

n° Totale dosi

Freq. % tot. dosi

Freq. % tot. cambi

“A” (n. 144) 28 46 60.86 23.72 “B” (n. 149) 38 46 82.60 25.50 “C” (n. 46) 9 46 19.56 19.56 dt,p (3-10m) Tipo cambio

n° Totale dosi

Freq. % tot. dosi

Freq. % tot. cambi

“A” (n. “) 17 30 56.66 14.40 “B” (n. “) 23 30 76.66 15.43 “C” (n. “) 5 30 16.66 10.86 dpt,p (3-10m) Tipo cambio

n° Totale dosi

Freq. % tot. dosi

Freq. % tot. cambi

“A” (n. “) 2 6 33.30 1.69 “B” (n. “) 6 6 100.00 4.02 “C” (n. “) 3 6 50.00 6.52 dpt,p,h (3-10m) Tipo cambio

n° Totale dosi

Freq. % tot. dosi

Freq. % tot. cambi

“A” (n. “) 12 20 60.00 10.16 “B” (n. “) 9 20 45.00 6.04 “C” (n. “) 4 20 20.00 8.69 p (15m) Tipo cambio

n° Totale dosi

“A” (n. “) 16 23 “B” (n. “) 20 23 “C” (n. “) 4 23

120

mpr (15m) Tipo cambio

n° Totale dosi

“A” (n. “) 14 25 “B” (n. “) 19 25 “C” (n. “) 4 25 7.2 Indici di correlazione: bambini con assenza di disturbi vaccini "inusuali" vaccini "usuali" dt,p,h dt,p Cambio

tot. dosi

% tot. dosi

tot. dosi

% tot. dosi

signif.

“A” 28 46 40.86 17 30 56.66 n.s. “B” 38 46 82.60 23 30 76.66 n.s. “C” 9 46 19.56 5 30 16.66 n.s. dpt,p dt,p Cambio

tot. dosi

% tot. dosi

tot. dosi

% tot. dosi

signif.

“A” 2 6 33.3 17 30 56.66 0.01 “B” 6 6 100. 23 30 76.66 0.01 “C” 3 6 50. 5 30 16.66 0.01 mpr p Cambio

tot. dosi

% tot. dosi

tot. dosi

% tot. dosi

signif.

“A” 14 25 69.56 16 23 56.66 n.s. “B” 19 25 86.95 20 23 76.66 n.s. “C” 4 25 17.39 4 23 16.66 n.s. Tabella 8 Cambi ed etá di rilevazione: bambini con modificazioni post-vaccinali complessive (A,B,C) Età rilevaz. Tot. N° % tot. % gruppo Signif. <= 12 mesi 18 2 1.05 11.1 - <= 3 anni 70 9 4.73 12.8 0.05 <= 6 anni 62 17 8.94 27.4 n.s. > 6 anni 41 5 2.63 12.5 n.s.

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Prof. Varricchio: Trascrizione integrale dell’intervento orale Grazie. Molto interessanti i due interventi dei pediatri che ci hanno mostrato l’omeopatia sotto una visuale diversa rispetto al precedente. Mi compiaccio molto per questi due interventi. Io credo che dobbiamo passare subito all’intervento successivo perché siamo in forte ritardo, e pregherei il collega Lubrano che ha elaborato questa relazione dell’altra faccia della medaglia. Abbiamo sentito parlare, abbiamo avuto il parere del pediatra, adesso vediamo un’altra faccia della medaglia che è la ricerca scientifica. Prego, e la prego di tenersi nei tempi.

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Ricerca scientifica: l’altra faccia della medaglia. Alfredo Lubrano, M.D. - Segretario

L.U.I.M.O. - Michele Acanfora, M.D

Abstract Dopo alcune osservazioni di carattere generale vengono esaminati importanti lavori apparsi nella letteratura scientifica internazionale sull’argomento “rischi da vaccinazione”. Sono prese in esame le possibili relazioni causali tra vaccinazioni e Diabete di tipo I e vaccinazioni e danni neurologici. Il conseguimento della laurea in medicina si accompagnò per me a molte domande lasciate aperte e a poche certezze. Tra le certezze vi era la convinzione che le pratiche vaccinali rappresentassero quanto di meglio e di più avanzato la medicina disponesse per la prevenzione delle malattie. Nel corso della mia attività professionale, l’osservazione dei fenomeni vissuti e riferiti da pazienti sia in età infantile che adulta mi indusse a pormi nuove domande sulla reale efficacia ed innocuità dei trattamenti vaccinali. Iniziai a ricercare se nella letteratura internazionale esistessero dati che confermassero tali osservazioni e scoprii così che esisteva una discreta mole di studi sugli effetti secondari ed indesiderati delle vaccinazioni. Dal testo, ormai quasi introvabile, di Delarue (A), fino ai testi benemeriti di Harris L. Coulter, uno storico della medicina che con pazienza ha collezionato centinaia di lavori sull'argomento (B) - (C) - (D). Io non vengo qui a parlar male delle vaccinazioni. Come medico mi pongo delle domande a cui devo dar risposte perché sono le domande che mi pongono i miei pazienti, riguardano il quotidiano e non la difesa o la negazione dogmatica di un principio. Non posso fare a meno di osservare allora come nei riguardi della vaccinazione esista paradossalmente in ambiente medico-biologico un atteggiamento di carattere più fideistico che scientifico: la vaccinazione è il bene assoluto; tutto ciò che può scalfire il bene assoluto sicuramente è falso. Questo atteggiamento è riscontrabile sia in letteratura, sia nel parere di molti colleghi. Si parla sempre di una bilancia benefici-rischi che pende tutta dalla parte dei benefici. Si sente ripetere continuamente che i benefici sono tanti ed i rischi così pochi che quasi non è il caso di discuterne. Ma se si cerca di capire in qual modo i benefici si rendano evidenti ed i rischi non si mostrino mai, allora le cose cambiano. In realtà in Italia non disponiamo di un sistema di rilevamento dei dati che ci consenta di conoscere con ragionevole esattezza l’andamento delle campagne vaccinali sia obbligatorie che facoltative. Se si pensa che i famosi modelli 19, istituiti con circolare n. 24 del 19.6.1981 per far affluire i dati alle regioni, non vi giungono in casi fortunati che in percentuali di poco superiori al 50-60%, si vede come non sia possibile esser così certi dei rapporti tra vaccinazioni erogate e reazioni avverse e quindi della mancanza di rischi. A questa mancanza effettiva di dati fa riscontro un’incredibile resistenza da parte di moltissimi colleghi medici ad accettare già solo l’ipotesi che possano esservi dei rischi connessi alla pratica vaccinale. Sin dal 1967 George Dick (1) in “Reactions to pertussis component of quadruple and triple vaccines” scriveva: «Sembra esserci una congiura del silenzio circa le reazioni avverse. Vi è un fallimento della comunicazione lungo tutta la linea.

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I bambini trovano difficile comunicare a chiunque. Le madri trovano difficile comunicare al medico quanto è accaduto. Il medico che ha fatto la vaccinazione, spesso non è lo stesso chiamato a vedere la reazione. Il medico che osserva queste reazioni è restio a riconoscere una reazione avversa come effetto di una procedura che lui stesso ha raccomandato e che porterebbe discredito sulla procedura stessa. I responsabili della sanità pubblica si trovano in un bell’impiccio perché non desiderano rendere pubbliche delle reazioni che potrebbero scoraggiare l’accettazione delle vaccinazioni che essi considerano in maggioranza di estrema importanza». Ed ancora Wolfgang Ehrengut (2) nel 1980 in “Pediatrische Praxis” scriveva: «Può essere che i medici abbiano un pregiudizio negativo contro le reazioni avverse da vaccino, una volontà di non credere, perché ciò che non deve essere per forza di cose non è. Non deve essere vero, poiché essi pensano, cosa farei se ciò fosse vero?» La carenza di un sistema di rilevamento efficace dei dati sulle pratiche vaccinali è comune alla stragrande maggioranza delle nazioni. Negli Stati Uniti è relativamente recente in questo senso un’inversione di tendenza. Grazie all’azione culturale, educativa e di pressione esercitata da organizzazioni di genitori, i D.P.T. - Dissatisfied Parents Together, si giunse alla deliberazione del National Childhood Vaccine Compensation Act nel 1986 (Public law 99-660; 42USC 300 aal et sec.). Un sistema di indennizzo senza colpa a favore di coloro che avessero subito danni da vaccinazione. Venne lasciata però ai genitori la possibilità di scegliere tra questa forma di indennizzo o quella della causa civile dinanzi ad una corte di giustizia. Data da allora l’iniziale pubblicazione del V.A.E.R.S. - Vaccine Adverse Reporting System dell’Istituto di Medicina dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti. Da allora sono state raccolte circa 35.000 testimonianze, tra queste circa 1.000 casi di morte. Il governo federale ha erogato indennizzi per diverse centinaia di milioni di dollari a circa 3.000 famiglie. Il V.A.E.R.S. ha avuto vasta eco negli Stati Uniti e molti medici stanno riconsiderando le proprie opinioni e, cosa più importante, nuovi e più numerosi studi hanno iniziato ad esser impostati sulla possibilità del rischio vaccinale. Nel 1993 venne pubblicato dall’Accademia Nazionale delle Scienze “Adverse Events Associated with Childhood Vaccines: Evidence Bearing on Causality” (3). Il problema più spinoso è infatti proprio la scelta del criterio o dei criteri per stabilire il nesso causale tra vaccinazione e danno. Nel rapporto citato il comitato scientifico espresse una classificazione in 5 categorie: 1) non vi è nessuna evidenza di relazione causale; 2) l’evidenza è insufficiente sia ad accettare che a respingere una relazione causale; 3) l’evidenza favorisce l’esclusione di una relazione causale dei rischi connessi alla pratica vaccinale; 4) l’evidenza favorisce l’accettazione di una relazione causale; 5) l’evidenza stabilisce che esiste una relazione causale. Relativamente pochi sono i casi che rientrano in 1) e 5), la maggioranza dei casi si situa nelle categorie 2) - 3) - 4). La 2) è amletica. La 3) e la 4) sono appena un po’ più definite della 2). Desidererei far notare quanto disagio ed imbarazzo traspaia dal linguaggio usato in queste definizioni. Il campo delle possibili ricerche sui rischi da vaccinazione è vastissimo. L’Istituto di Medicina dell’Accademia Nazionale delle Scienze degli U. S. A. nel suo ultimo rapporto testé citato inserisce oltre 100 pagine di bibliografia. Cercherò pertanto di evidenziare, a mo’ di esempio, solo alcune ipotesi su relazione tra vaccinazioni e possibile insorgenza di Diabete di tipo I e vaccinazioni e possibile insorgenza di danni neurologici.

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È un dato di fatto che le malattie cosiddette degenerative abbiano avuto un incremento in tutto il mondo sia per quanto riguarda l’incidenza che per quanto riguarda la mortalità. Tra esse il diabete occupa un posto preminente, specialmente il diabete di 1° tipo o giovanile o insulino dipendente. È ormai universalmente accettata la sua natura autoimmune. Già da molti anni diversi medici, attraverso l’osservazione di casi clinici, avevano messo in relazione gli eventi vaccinali ed il successivo manifestarsi della patologia diabetica di tipo giovanile. È recentissimo un articolo di Barthelow Classen su Diabetologia (4) che sta provocando la comparsa di studi a catena sul problema. Vediamo alcune possibili corrispondenze tra vaccini e diabete di tipo I. Il primo vaccino coinvolto in questa ipotesi fu l’antipertosse. Tra le altre denominazioni della tossina pertossica vi era anche quella di I.A.P. - “Islet Activating Proteine” - dal momento che gli studi sperimentali sugli animali avevano dimostrato come una delle proprietà di questo potentissimo veleno consistesse nell’attivazione degli isolotti pancreatici del Langherans. Nel 1970 Pitman (5) notava come i bambini la cui glicemia risentiva delle variazioni dell’apporto quotidiano di cibo fossero specialmente vulnerabili alla ipoglicemia indotta da vaccino, e Stewart nel 1977 (6) su Lancet osservava che il vaccino antipertosse in misura superiore a qualsiasi altro tipo di vaccino fosse farmacologicamente noto perché provocava ipoglicemia dovuta ad incremento della produzione di insulina. Hannik e Cohen nel 1978 (7) osservavano come i bambini che avevano avuto serie reazioni all’antipertosse avessero difficoltà nel mantenere l’omeostasi glucidica. Ed ancora Henneren e Quast nel 1979 (8) riportarono che in 59 casi su 149 con reazioni avverse da vaccino che avevano studiato si erano sviluppati sintomi corrispondenti a sindrome ipoglicemica. Vediamo adesso qualche ipotesi rispetto al vaccino antiepatite B. Secondo Barthelow Classen (9) - (10) il programma di vaccinazione antiepatite B ha prodotto un incremento del 60% dell’incidenza del diabete tipo I nei riceventi. Nei giovani sotto i 20 anni l’incidenza del diabete di I tipo prima della campagna vaccinale (dal 1982 al 1987) era di 11,2 casi per 100.000 persone per anno. L’incidenza dopo la campagna vaccinale (dal 1989 al 1991) diventò di 18,2 casi per 100.000 persone per anno. Nell’ipotesi di Classen il danno indotto da antiepatite ed altri vaccini avrebbe per intermediario il rilascio di interferone. Riportiamo alcuni dati rilevanti sulle vaccinazioni contro morbillo - parotite - rosolia. Si sa che il virus della rosolia può causare in gravidanza gravi malformazioni fetali. Rayfield nel 1986 (11) scrisse su “Diabetes” «La sindrome da rosolia congenita fornisce la migliore documentazione negli esseri umani che un’infezione virale è associata con il successivo sviluppo di diabete insulino-dipendente» (tipo I). Inoltre si è anche scoperto che l’azione del virus non termina alla nascita ma che può impiegare anche 20 anni prima di manifestarsi. La cosa per noi interessante è che l’azione del virus è dovuta alla formazione di specifici immuno-complessi. Koyle nel 1982 (12) mostrò come tali immuno-complessi si ritrovano sia in individui con rosolia congenita che in persone vaccinate contro la rosolia. Non si trovano né in persone che non hanno mai contratto la rosolia, né in persone che hanno contratto naturalmente la rosolia e ne sono guariti. La formazione di immuno-complessi specifici è frequente dopo la vaccinazione ed essi la dimostrarono nei due terzi di un gruppo casuale di vaccinati per quasi 8 mesi dalla data di vaccinazione. Ehrengut in “Acta Pediatrica Japonica” (13) scrive che il virus è stato trovato nell’organismo fino a 7 anni dalla vaccinazione. Di fatto la penetrazione del virus della rosolia nell’organismo come fatto patologico non può essere distinta dal suo ingresso come vaccino, tanto che dopo la vaccinazione si sviluppano spesso i sintomi di una rosolia attenuata e questo succede, come scrivono Poyner et al.

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(14) su “Clinical Practice” in circa la metà dei casi. La formazione di immuno-complessi specifici è possibile sia in presenza di vaccinazione che di rosolia congenita e come noi oggi sappiamo l’opinione più accettata nella patogenesi del diabete I è proprio quella che sostiene l’origine auto immunitaria del processo. Che questa sia un’ipotesi ragionevole è dovuto anche al fatto che è riconosciuto come il vaccino antirosolia crei spesso reazioni allergiche (15) anche di tipo anafilattico (3). Per quanto riguarda la vaccinazione antiparotite possono esser fatte alcune considerazioni simili a quelle fatte per la vaccinazione antirosolia. Anche qui è riconosciuto che il virus possa attaccare il pancreas e dar luogo allo sviluppo di un diabete giovanile. Anche qui ci si chiede se la vaccinazione possa creare effetti patologici simili. Il Vaccine Safety Committee già citato concluse che non c’erano prove sufficienti né per negare né per accettare una relazione causale tra vaccino antiparotite e diabete I. Ma nel 1995 è apparso un interessante lavoro di Tuomiletho et al. (16) nel quale si evidenziava come la campagna vaccinale contro morbillo - parotite - rosolia iniziata nel 1982 avesse coinciso con un immotivato aumento dell’incidenza di diabete I nel gruppo di età tra 1 e 4 anni e che non potesse assolutamente essere escluso che tale incremento fosse dovuto alla campagna vaccinale. In Finlandia è stato condotto anche un esperimento di estremo interesse da Eskola e al. (17). 114.000 bambini sono stati scelti a caso. Ad un gruppo sono state somministrate 4 dosi di vaccino contro l’hemophilus influenzae di tipo B, ad un altro gruppo ne è stata somministrata una sola dose. Nel gruppo che ha ricevuto le 4 dosi si è rilevata una più alta e significativa incidenza del diabete di tipo I. E’ evidente che se un vaccino può elicitare una risposta di tipo auto immune, questa può fornire una possibile risposta ad ipotesi sulla relazione che intercorre tra la vaccinazione e la possibile insorgenza di diabete di tipo I. Per così dire qualsiasi vaccino capace di ciò è un possibile candidato. Un ulteriore spunto viene da uno studio di Gorham et al. del 1993 (18). In questo lavoro vengono studiati i dati disponibili sull’insorgenza del diabete nel personale della marina degli U.S.A. In queste persone il diabete è apparso sicuramente dopo il loro arruolamento, essendo una malattia che costituisce di per sé impedimento all’arruolamento stesso. Mentre l’incidenza di diabete di tipo I in individui tra i 30 e i 39 anni nell’intera popolazione degli U.S.A. è di 4/100.000 persone per anno, nella stessa categoria di età, nella marina degli U.S.A. è di 33/100.000 per anno tra la popolazione di razza bianca e di 90/100.000 per anno tra gli individui di razza nera. In assenza di altri fattori significativi è plausibile l’ipotesi che la grande quantità di vaccinazioni, effettuate ad intervalli regolari nella marina, possa essere in forte relazione causale con l’avvenimento. La stessa maggior incidenza nella popolazione nera potrebbe essere spiegata con un’aumentata suscettibilità al danno da vaccini di probabile origine genetica. Cohen e Yehuda in un recente articolo su vaccinazioni e autoimmunità (19) scrivono testualmente: «Nelle recenti decadi, sebbene sia stato suggerito da casi riportati che alcuni vaccini possono far insorgere disordini autoimmuni, il soggetto ha ricevuto comparativamente scarsa attenzione tanto negli studi di laboratorio che clinici». Anche nel campo delle relazioni tra vaccino e possibili danni neurologici, gli studi non mancano e spesso sono molto contraddittori. Spesso la contraddizione non è nei risultati rispetto ad altri studi ma è insita nello studio stesso. Non è infrequente infatti che se il risultato dello studio mostra come possibile il danno e questo risultato giunge inaspettato per gli autori, questi facciano ricorso alle armi della dialettica per giustificare il loro stesso stupore. Nel 1979, Allerdist (20) riportava alcuni casi di complicazioni neurologiche seguite a vaccino antimorbillare e notava come l’incidenza risultasse di 1 per 2.500 vaccinati per quanto riguarda le complicazioni neurologiche e di 1 per 17.650 vaccinati per quanto riguarda forme di encefalopatia non sviluppata. Alcuni autori come Corsellis et al. nel 1983 (21) facevano notare come i presunti danni ritrovati non avessero carattere di specificità, non fossero cioè distinguibili da quelli causati da altre forme. La

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non-specificità anatomo-patologica del danno ha fatto spesso sostenere a molti autori che esso non esista affatto. Nel 1983 Bellman ed altri fecero un passo avanti (22) e suggerirono che i vaccini non causano spasmi infantili ma potrebbero elicitarli in quei bambini nei quali il disordine è destinato ad apparire. Mi chiedo: ma come facciamo a sapere quali sono questi bambini? Altro esempio di questo modo di porre la questione è possibile ammirarlo in Wentz e Marcuse (23), che trattano come aneddotica i casi raccolti, parlano di coincidenze e del fatto che le malattie riportate abbiano le loro date di insorgenza coincidenti con quelle in cui viene effettuata la vaccinazione. Ammettono che i casi riportati possono essere utili per formulare ipotesi ma sostengono che la relazione tra vaccinazione e danno manca di specificità. Ma già nel 1980 (24) Tönz riportava che l’incidenza di contrazioni muscolari dopo vaccinazione antipertosse poteva essere di 1 caso ogni 600 bambini. Scorrere la letteratura internazionale dà netta questa sensazione del disagio ad ammettere la possibilità del danno. È così che man mano che si va avanti negli anni si notano le prime ammissioni su ciò che, pur evidente, fino all’altro ieri si negava. Così su J.A.M.A. nel 1992 (25) e nel 1994 (26) apparve un sommario delle conclusioni degli studi del già citato Istituto di Medicina dell’Accademia Nazionale delle Scienze di Washington. Nel primo si ammetteva la relazione causale tra vaccino DPT ed estesi periodi di pianto inconsolabile o di urlo, tra vaccinazione DPT e 2 condizioni di encefalopatia acuta. Si riportava inoltre che l’evidenza era insufficiente tanto per negare quanto per ammettere la relazione tra vaccini DPT e danno neurologico cronico, meningite asettica, sindrome di Guillain-Barré, difficoltà dell’apprendimento e disordini dell’attenzione, difficoltà dell’apprendimento e disordini dell’attenzione, mononeuropatie periferiche, e tra vaccino antirosolia e radicolo-nevriti ed altre neuropatie. Nel secondo il comitato riporta come l’evidenza favorisca l’accettazione di relazione causale tra vaccinazione difto-tetanica e sindrome di Guillain-Barré, tra antipolio e poliomielite e tra antipolio e morte da infezione da ceppi di poliovirus modificati. Nel 1993 su Vaccine (27) sempre a proposito del lavoro svolto nell’Istituto di Medicina di cui sopra, si riportava in modo bizantino che «il comitato ha trovato che l’evidenza è consistente per una possibile relazione causale tra vaccino DPT ed encefalopatia acuta, sebbene sia insufficiente a stabilirne la causalità». Si potrebbero portare molti altri esempi ma la struttura rimarrebbe la stessa. Sarebbe auspicabile, anche se forse un po’ ingenuo aspettarselo dati gli enormi interessi che sottendono la questione, che il dibattito sulle vaccinazioni fosse scevro da posizioni preconcette e procedesse al di fuori di tentazioni dogmatiche, nel solo interesse della salvaguardia della salute degli esseri umani.

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BIBLIOGRAFIA A: Delarue, F. - “L’intossicazione da vaccino” - Feltrinelli, Milano, 1979 B: Coulter, H.L.; Fisher, B. - “A Shot in the Dark” - Harcourt Brace Jovanovich, New York, 1985 C: Coulter, H.L. - “Vaccinations, Social Violence and Criminality” - North Atlantic Books, Berkeley, 1990 D: Coulter, H.L. - “Childhood Vaccinations and Juvenile-Onset (type I) Diabetes. Testimony before the Congress of the U.S.A. House of Representatives, Committee on Appropriations, Subcommittee on Labor Health and Human Service, Educative and Related Agencies”, 16/4/1997 (1) Dick, G.W.A. - “Reactions to the pertussis component of quadruple and triple vaccines” International Symposium on Combined Vaccines, Morburg Symposia series in Immunobiological Standardization, 1967-7: 21-28, Basel and New York: Karger (2) Ehrengut, W. - “Laesst sich die reserve gegenueber der pertussis - schutzimpfung begruenden?” - Pediatrische Praxis, 1980-23: 3-13 (3) Stratton, K. Et al. - “Adverse Events Associated with Childhood Vaccines: Evidence Bearing on Causality” - Washington, D.C., National Academy Press, 1993 (4) Classen, B. - “Vaccines modulate IDDM” - Diabetologia, 1996-39: 500-502 (5) Pitman, M. - “Bordetella pertussis - Bacterial and host factors in the pathogenesis and prevention of whooping cough” in Saunders, W.B. - “Infections agents and host reactions” - S. Hudd ed., Philadelphia, 1970 - 239-70 (6) Stewart, G.T. - “Vaccination against whooping cough: Efficacy vs. risks” - Lancet 1977 - 29: 234-327 (7) Hammik, C.A. - “Changes in plasma insuline concentration ad temperature of infants after pertussis vaccination” - International Symposium on Pertussis. Symposium Series on Immunological Standardization, 1978 - 297-99 (8) Hennessen, W; Quast, V. - “Adverse reaction after pertussis vaccination” - International Symposium on Immunisation: Benefits vs. Risks Factors, Bruxels - Development in Biological Standardization, 1979 - 43: 95-100 (9) Classen, B. - “Diabetes epidemic follows Hepatitis B Immunization Program” - New Zealand M.J., 1996 - 109: 195 (10) Classen, B. - “The Diabetes Epidemic and the Hepatitis B Vaccine” - New Zealand M.J., 1996 - 109: 336 (11) Rayfield, E.J. et al. - “Rubella Virus Induced Diabetes in the Hamster” - Diabetes, 1986 - 35: 1278-1281

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(12) Koyle, P.K. et al. - “Rubella Specific Immune Complexes after Congenital Infection and Vaccination” - Infection and Immunity, 1982 - 36: 2,498-503 (13) Ehrengut, W. - “Central nervous System Sequelae of Immunization Against Measles, Mumps, Rubella and Poliomielitis” - Acta Paediatrica Japonica, 1990 - 32: 8-11 (14) Poyner et al. - “The reactogenity of Rubella Vaccine in a population of United Kindom Schoolgirls” - B.J. Clinical Practice, 1986 - 40: 11: 468-471 (15) Pollock, T.M. and Morris, J. - “A 7-year Survey of Disorders Attributed to Vaccination in North West Thames Region” - Lancet, 1983; 753-757 (16) Tuomilehto, J. et al. - “Increase in Incidence of Insuline-Dependent Diabetes Mellitus among Children in Finland” - I.J. Epidemiology, 1995 - 24: 5: 984-992 (17) Eskola, J. et al. - “A randomized Prospective field Trial of a coniugated Vaccine in the Protection of Infants and Young Children Against Invasive Haemophilus Influenzae Type B Disease” - N.E. Journal of Medicine, 1990, 323: 20: 1381-1387 e New Zealand Medical Journal of Medicine, 1996, 109: 366 (18) Gorham, E.D. et al. - “Incidence of Insulin-dependent Diabetes Mellitus in Young Adults: Experience of 1.587.630 U.S. Navy enlisted Personnel” - A.J. Epidemiology, 1993 - 138: 11: 984-987 (19) Cohen, A.D.; Yehuda, S. - “Vaccine induced autoimmunity” - J. Autoimmunity, 1996 - 9: 699-703 (20) Allerdist, H. - “Neurological complications following measles vaccination” - Dev. Bind. Stand., 1979, 43: 259-64 (21) Corsellis, J.A. et al. - “Immunization against whooping cough: a neuropathological review”, Neuropathol. Appl. Neurobiol., 1983 - 9: 4: 261-70 (22) Bellman, M.H.; Ross, E.M.; Miller, D.L. - “Infantile spasm s and pertussis immunization” - Lancet, 1983 - 1: 8332: 1031-4 (23) Wentz, K.R.; Marcuse, E.K. - “Diphteria - Tetanus - Pertussis vaccine and serious neurologic illness: an updated review of the epidemiologic evidence” - Pediatrics, 1991 - 87: 3: 287-297 (24) Tönz, O.; Bajc, S. - “Zerebrale Krampfonfëlle nach Pertussis-Impfung” - Schweiz Med. Wochensehr, 1980-110: 51: 1965-71 (25) Howson, C.P.; Finderg, H.V. - “Adverse events following pertussis and rubella vaccines. Summary of a report of the Institute of Medicine” - J.A.M.A., 1992, 267: 3: 392-6 (26) Stratton, K.R. et al. - “Adverse events associated with childhood vaccines other than pertussis and rubella. Summary of a report from the Institute of Medicine” - J.A.M.A., 1994, 271: 20: 1602-5

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(27) Cowan, L.D. et al. - “Acute encephalopathy and chronic neurological damage after pertussis vaccine” - Vaccine, 1993 - 11: 14: 1371-9

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Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Varricchio: Grazie, Dr. Lubrano. Ci ha presentato una bella rassegna sui danni della vaccinazione, specialmente per quanto si riferisce al diabete di tipo 1 che è una malattia che riconosce certamente una base autoimmunitaria. Possiamo fare due domande rapidissime, poi chiudiamo questa sessione, perché già vedo in sala il Prof. Rossi che deve moderare la prossima sessione, per la quale è necessario che vi muniate di cuffie per la traduzione simultanea in quanto sono numerosi gli stranieri che parteciperanno a questa sessione successiva. Quindi, vi è qualche domanda da rivolgere al collega Lubrano? Siete tutti quanti soddisfatti, siamo tutti quanti soddisfatti. Io mi compiaccio con quanto detto dal collega Lubrano e chiudiamo questa sessione, seppure fuori tempo, proprio. Grazie per l’attenzione e tanti complimenti ai signori relatori. Grazie. Dr.ssa Rodriguez: Vorrei dire due parole, ringraziare il Prof. Varricchio che con santa pazienza ... Prof. Varricchio: No, signora, lei vuole essere ammazzata dal Prof. Sciaudone. Il Professore Sciaudone ci ammazza. Dr.ssa Rodriguez: In ogni modo, vorrei dire solo una cosa, oltre a ringraziare il Prof. Varricchio e la sua pazienza. La L.U.I.M.O. ha presentato la congruenza, la congruenza di un metodo, la congruenza dell’osservatore nella sperimentazione e nella clinica. Dobbiamo essere degli osservatori. Una sollecitazione a tutti, omeopati e non: il questionario retrospettivo è aperto a tutti e deve continuare la ricerca. Grazie.

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IV SESSIONE – I PAESI EUROPEI

Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Franco Rossi, Presidente del Corso di Laurea e Direttore dell’Istituto di Farmacologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia della S.U.N.: Io sono Francesco Rossi, ringrazio dell’invito, ringrazio il Professore Sciaudone a cui ho dovuto dire di si proprio per l’affetto che mi lega a lui, oltre tutto mi fa piacere essere qui, ma ringrazio anche la Dr.ssa Rodriguez che dice che bisogna avere un confronto leale, e io sono d’accordo con lei. Dico questo perché, per chi non lo sa, io sono un farmacologo, quindi vi renderete conto, mi trovo in certi momenti in una certa difficoltà. Certo, l’argomento scelto, quello delle vaccinazioni, è un argomento che non riguarda soltanto la medicina omeopatica o la medicina allopatica, ma se parliamo di vaccinazioni, chiaramente, il discorso, come ho visto nella precedente sessione, si orienta verso gli effetti tossici che possono determinare le vaccinazioni. Quindi il rapporto rischio-beneficio, che è il rapporto che in ogni terapia ha la sua importanza, anche se somministriamo aspirina, diventa ancora più importante per quanto riguarda l’uso delle vaccinazioni, l’uso, diremo, proprio, e talora improprio, delle vaccinazioni. Vorrei ricordare che in questa sessione abbiamo molti ospiti stranieri, non possiamo utilizzare una sola lingua perché abbiamo due, tre oratori che parleranno in francese, poi abbiamo un inglese e un tedesco, per cui la lingua che utilizzeremo sarà la traduzione simultanea, quindi chiedo a tutti quanti di dotarsi di questa possibilità e ricordo agli uditori che per l’italiano dovranno usare il canale numero 3, per il francese il 4, l’inglese il 5 e il 6 per la traduzione dal tedesco. Vorrei infine ricordare agli speakers che hanno a disposizione, purtroppo, non molto tempo, poi avremo possibilità per la discussione, 15 minuti, 20 minuti. I agree with the speaker from Germany, but is impossible to give you 45 minutes for the presentation. Quindi dovremo avere questa possibilità tutti quanti, di rimanere nei tempi, così diamo la possibilità poi agli altri di intervenire nella discussione. Vorrei quindi dare la parola al Dr. Emilio Scalzone della L.U.I.M.O. che presenta “La ricerca sul campo - dati di un sondaggio in Italia”. Ricordo i 15 minuti e lo ringrazio di essere presente. Parla anche a nome di Andrea Aversa, Silvia Mascoli e Nicola Villano. Prego, Dottore Scalzone.

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RICERCA SUL CAMPO: dati di un sondaggio in Italia. A.Aversa, M.D.; F.Baldi,

M.D.; S.Mascoli, M.D.; E.Scalzone, M.D.; N.Villano, M.D.; - L.U.I.M.O.

Abstract TEMA: il vaccino può procurare danni alle persone in tempi molto brevi oppure nell’arco di mesi o anni? METODO: si è effettuata una ricerca retrospettiva che ci permettesse di valutare il collegamento tra le varie vaccinazioni e le eventuali reazioni fisiologiche o patologiche. A tal fine, si è redatto un questionario sulle vaccinazioni e proposto a pazienti di tutta Italia di una fascia d’età compresa tra i 2 ed i 6 anni. Il questionario conciso e di facile comprensione doveva raccogliere informazioni nosologiche essenziali, relative al periodo in cui il bambino aveva praticato le vaccinazioni ed a quello successivo in cui sembrava esaurito l’effetto vaccinico. I dati sono stati utilizzati con il consenso dei genitori, espressamente richiesto. VALORE DEL SONDAGGIO: le difficoltà incontrate nello svolgimento del lavoro sono state le seguenti: - non sempre i genitori hanno risposto in modo esauriente ed appropriato. - è’ stato impossibile costituire un gruppo di controllo (bambini non vaccinati), data l’obbligatorietà della pratica vaccinale. CONCLUSIONI: Su 542 soggetti, il 68% ha mostrato una reattività allo stimolo vaccinale. Nel periodo immediatamente successivo alla vaccinazione (15 giorni) i sintomi più frequentemente riscontrati sono stati: febbre (29%), irritabilità (21%), agitazione (17%) e gonfiore locale (18%). Il 21% dei bambini interrogati ha manifestato cambiamento del comportamento ed irritabilità, sintomi importanti, poco considerati dalla medicina ufficiale. Nei 12-18 mesi di vita si è riscontrato un’alta percentuale di malattie respiratorie (tosse, tonsilliti, adenoiditi, faringo-tracheiti, etc.) ciò fa ipotizzare un forte stress subito dal sistema immunitario nel periodo della sua piena formazione. Nel periodo che va dai 18 mesi in su si e rilevata una grossa incidenza di malattie allergiche (29%), specie nei primi sei anni di vita, periodo in cui è completato il ciclo vaccinale di legge, e sono praticate molte altre vaccinazioni non obbligatorie (rosolia, morbillo, parotite, pertosse, influenza...). Le conclusioni della ricerca (ancora in atto) dovrebbero essere un valido stimolo ad una maggiore attenzione al fenomeno da parte dei pediatri. Necessiterebbe un'indagine generalizzata anche da parte degli Organi Sanitari competenti, al fine di rivalutare l’obbligatorietà della pratica vaccinale. Negli ultimi anni la pratica clinica ha evidenziato un aumento delle patologie dell’apparato respiratorio specialmente nei primi mesi di vita (sei mesi - 2 anni) e di malattie allergiche nella fascia di età che va dai 2 ai 6 anni. Queste forme morbose otrebbero ovviamente essere collegate a svariati fattori ambientali, costituzionali o diatesici, ma anche all’immunizzazione attiva prodotta dalle vaccinazioni obbligatorie che potrebbero costituire un fattore patogeno generalizzato. I dati sugli effetti collaterali o sulle controindicazioni alle vaccinazioni, sono spesso discordanti.

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Riporteremo ora le esperienze di un gruppo di studio sulle vaccinazioni in Italia e all’estero. Tale indagine si avvale dell’uso di un questionario per la raccolta di dati anamnestici in periodo PRE e POST vaccinale, secondo il metodo omeopatico. La ricerca è stata svolta dai medici della L.U.I.M.O. in collaborazione con alcuni pediatri del Sistema Sanitario Nazionale. Abbiamo iniziato con interesse tale indagine, consapevoli di possedere uno strumento che fornisse dati complessivi sul paziente oltre a quelli generici di malattia. Avviando un’indagine statistica centrata solo sul concetto di “MALATTIA”, si confonde o trascura l’insieme di sintomi che rende “UNICO” ogni malato, e si giunge a verifiche limitate e statiche, intrappolate in modelli scientifici ripetitivi. L’indagine, tuttora in corso, si attua secondo questo protocollo: a) Esame di cartelle cliniche di bambini monitorizzati fino ai 6 anni; b) Verifica con gruppi di controllo in Paesi a vaccinazione libera. c) Ricerca su un gruppo selezionato per verificare la variazione immunologica prima e dopo la vaccinazione (es. mineralogramma per dosaggio dello Zinco.); Allo stato, presentiamo i dati emersi dal questionario, conciso e di facile comprensione per l’utente, teso a recuperare informazioni essenziali relative a periodi temporali differenti, a partire dalla data di vaccinazione. I dati sono utilizzati previo consenso espressamente richiesto ai genitori. Il questionario è suddiviso in più sezioni. * Una prima parte intende raccogliere informazioni circa le generalità del paziente e i cicli vaccinali effettuati. * In una seconda parte si annotano le reazioni manifestatesi immediatamente dopo la vaccinazione. * Una terza parte del Questionario, mira a evidenziare i cambiamenti qualitativi (del carattere, dell’alimentazione, del comportamento, della crescita, della dentizione ed altro), che noi vediamo come espressioni di un cambiamento generale nell’equilibrio dell’organismo. Questi cambiamenti, dal punto di vista omeopatico, solitamente indicano una variazione della reattività e della suscettibilità individuale (Ciò che noi chiamiamo “vis medicatrix naturae”). • L’ultima parte del questionario, evidenzia le patologie che il bambino presenta nei 12-18 mesi di vita, successivi alle vaccinazioni (asma, riniti, intolleranze alimentari, reumatismi, malattie della pelle, malattie del sistema nervoso). Negli ultimi anni si è rilevato, come dicevamo, un netto aumento di tali patologie. A nostro giudizio, salvo altre cause occasionali, la spiegazione eziologica di questo fenomeno, va ricollegata ad una perturbazione della vis medicatrix naturae, e dalla sua incapacità a riequilibrarsi, in seguito ai continui e ripetuti stimoli vaccinali. Il Questionario è stato divulgato nel numero di 30.000 copie, attualmente ce ne sono pervenute solo 600 (di cui 542 sono state ritenute valide ai fini della ricerca). Va osservato che il linguaggio del questionario è volutamente diretto e semplice. Infatti, come clinici omeopati, noi apprezziamo la sensibilità e la capacità del genitore a cogliere lo stato di sofferenza dei figli. Attraverso la descrizione dei sintomi consideriamo che i dati forniti da chi guarda con attenzione il malato devono essere inseriti nella ricerca clinica. Il questionario prevede infatti l’osservazione su eventuali cambiamenti emotivi e caratteriali del bambino, dei desideri o avversioni alimentari e dei disturbi del sonno. Passiamo, ora, alla rassegna dell’indagine effettuata

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Su 600 soggetti, dalla valutazione dei dati, è stato escluso Il 10% del campione, in quanto le schede pervenute presentano rilevanti omissioni di dati oppure evidenti errori nella compilazione del questionario. Il 22% del campione non ha avuto reazioni significative dopo l’atto vaccinale. Questo fatto è stato da noi interpretato come una capacità della vis medicatrix naturae di riequilibrare l’organismo dopo lo stimolo della vaccinazione. Il 68% del campione ha mostrato una reattività sintomatologica allo stimolo vaccinale e susseguente modificazione o alterazione dello stato psico-fisico. Prima di approfondirci nella lettura dei dati dobbiamo precisare che ogni soggetto ha presentato uno o più sintomi reattivi, ma per semplificare la lettura abbiamo considerato un solo sintomo alla volta.

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Considerando la risposta del 68% del campione rileviamo che il 36% ha sviluppato disturbi entro 15 giorni dallo stimolo vaccinale, il 35% entro 12-18 mesi, il 18% del campione ha denunciato un cambio di abitudini dopo il vaccino ed infine l’11% mostra ritardi o squilibri nello sviluppo.

Il grafico illustra le specifiche reazioni rilevate entro quindici giorni dalla vaccinazione.

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Oltre i sintomi reattivi di tipo fisico, quali la febbre, il gonfiore, la stipsi, e altro, i genitori dei bambini vaccinati hanno osservato un netto cambiamento del comportamento dei propri figli. In effetti il 21% dei soggetti ha presentato uno stato di irritabilità immotivata entro 15 giorni dallo stimolo vaccinale, il 17% uno stato di agitazione psicofisica, il 6% uno stato di insonnia. Questi dati porgono a noi medici omeopatici due domande: come e in che misura strutture profonde del SNC subiscono modificazioni transitorie o permanenti da parte del vaccino? Si può escludere che gravi modificazioni della personalità di alcuni bambini (vedi AUTISMO in netto incremento) non possano avere un primum movens nella vaccinazione?

Il grafico mostra i cambiamenti di abitudini. Detti sintomi considerati di scarsa rilevanza nella clinica e nella ricerca scientifica sono invece per l’omeopata di grande importanza. Egli infatti considera che l’impatto con l’organismo di ogni fattore aggressivo (nel caso la vaccinazione) produce effetti tridimensionali e cioè reazioni di tipo mentale, corporeo e comportamentale. E’ qui evidente la difficoltà di effettuare un indagine statistica che secondo i protocolli correnti si fonda solo sul “CONCETTO” di malattia, tralasciando l’insieme dei sintomi che si esprimono su differenti piani e che rendono esclusivo ogni malato. E tuttavia l’ammalato ESISTE, è lui che soffre e deve essere guarito, non facendo corrispondere il suo stato di salute ad astratti parametri fissati dalla scienza medica, ma restituendogli il pieno godimento di se stesso.

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In questo grafico risulta che l’11% del campione esaminato ha presentato le seguenti modificazioni 15% ritardo del linguaggio, l’34% ritardo della dentizione, il 31% ritardo della crescita e il 20% modificazione della cute (cambio del colorito e della consistenza della pelle).

Il grafico riporta i disturbi entro 12-18 mesi dall’inizio della vaccinazione.

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Quest’ultimo grafico evidenzia le malattie acute ricorrenti nei primi 6 anni di vita. Intendiamo per malattie acute ricorrenti manifestazioni come asma, tonsilliti, otiti, etc. che sono l’esacerbazione di malattie croniche. Il trattamento farmacologico di queste, impedendo l’eliminazione naturale della malattia, stimola l’organismo indebolito a tentare più volte di ripristinare uno stato di equilibrio . Tale situazione è ulteriormente aggravata dalle continue e ripetute vaccinazioni. CONCLUSIONI A nostro giudizio, seppure allo stato ancora iniziale, la ricerca comincia a delineare che la pratica della vaccinazione può produrre danni alla crescita del bambino. Questa conclusione soffrirà pure le critiche della scienza medica ufficiale, ma si àncora ad un dato che, come dicevamo, la suddetta scienza non prende in considerazione: la qualità della vita e la sua perfetta realizzazione. Noi sentiamo il bisogno di ribadire che la funzione del medico non consiste nel riportare alcuni parametri del paziente nello schema astratto della guarigione da una “MALATTIA”. La malattia è un concetto della mente, ricavato dall’assemblaggio di una serie di sintomi: perciò molti malati clinicamente “guariti” continuano ad avvertire malesseri e sofferenze. Noi guardiamo invece all’uomo e alla sua piena realizzazione vitale; noi lo curiamo quando soffre, anche quando questa sofferenza non è ancora diagnosticabile sul piano nosografico. In ciò sperimentiamo la superiorità del metodo dei “SINTOMI” rispetto a quello intellettuale della “MALATTIA” . Se queste considerazioni troveranno credito nei colleghi che praticano l’allopatia, sarebbe opportuno che essi, specialmente se pediatri, rilevassero i segni e i sintomi peculiari di ogni paziente collegabili alla vaccinazione, e in base a tali dati sarà possibile rivalutare, con serenità, l’obbligatorietà delle vaccinazioni. Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Rossi: Grazie, Dr. Scalzone. Ha presentato i dati di questo studio epidemiologico. È stato molto nei tempi, e lo ringraziamo per la sintesi.

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Avremmo tempo per alcune domande, prego. Vi chiedo la cortesia di essere molto sintetici, di non fare delle controrelazioni. Credo che sia sempre il Dr. Valeri, ma stavolta non si presenta: Una domanda a lei come farmacologo. A lei, colgo l’occasione perché è un farmacologo e siamo, insomma, anche onorati di averla con noi. Di solito si dice che se in un farmaco non c’è un gruppo di controllo, lo studio del farmaco non è completo. Questo è un parametro accettato per tutti i farmaci. Ora, sui vaccini non c’è nessuno studio di controllo ed è per questo che vengono sempre fuori delle sorprese. Allora, a lei, come farmacologo, chiedo: non sarebbe ora quindi di cominciare a dire che, mancando gruppi di controllo, tutta la sperimentazione sui vaccini è assolutamente insufficiente e quindi assolutamente antiscientifica? È una domanda volutamente provocatoria, però per far sottolineare che non esiste un gruppo di controllo che è una precondizione ritenuta valida. Prof. Rossi: Io le rispondo, però lei doveva fare la domanda allo speaker. Comunque, tenga presente che la sperimentazione clinica si avvale di un gruppo di controllo o non si avvale di un gruppo di controllo, non sempre c’è un gruppo di controllo. Tenga presente, per esempio, che - parliamo di sperimentazione clinica, perché la preclinica ha sempre, invece, un gruppo di controllo - tenga presente, per esempio, lo studio di farmaci antineoplastici, dove nello studio di farmaci antineoplastici si arriva fino alla dose che può dare una certa tossicità, e quindi non esiste un gruppo di controllo. Poi vi sono delle scuole di pensiero differenti, nel senso che vi sono alcuni casi dove il gruppo di controllo è rappresentato da soggetti che prendono placebo e gli altri che prendono farmaci, ma non tutte le legislazioni - fra quelle europee e quelle internazionali - permettono l’utilizzazione del placebo. Non vedo il Prof. Sciaudone. Lui fa parte di un comitato etico, anzi, adesso dirige il comitato etico regionale, e sa bene che, per esempio, nelle sperimentazioni in Italia non c’è il gruppo di controllo con placebo. Quindi, prima di tutto nella sperimentazione clinica - questo glie lo posso accertare - non sempre c’è il gruppo di controllo; il gruppo di controllo esiste sempre nella sperimentazione preclinica. Io, però, se dobbiamo fare una domanda - io non voglio fare della polemica, sono qui in maniera costruttiva, certamente faccio il farmacologo, quindi studio i farmaci e cerco di guardare l’utilizzazione corretta dei farmaci - però vorrei dire allo studio epidemiologico che ci ha presentato il collega: tenete presente che oggi una scienza che si sta sviluppando moltissimo in campo clinico, in campo farmacologico e clinico, è la farmacosorveglianza, cioè, la sorveglianza degli effetti c’è sempre stata, ma oggi è molto più presente, degli effetti tossici e dell’efficacia dei farmaci, dove è molto difficile, alcune volte, stabilire il rapporto causa-effetto fra un sintomo e il farmaco che si è preso. Io vi vorrei soltanto dire: lo studio è stato senz’altro condotto con una metodologia; la difficoltà è di capire - ma questa non è una critica perché ha presentato lei i dati - ma fin quando parliamo di effetti indesiderati, di incidenza di malattie ricorrenti che compaiono a distanza di giorni o di ore dalla vaccinazione, dal trattamento, e allora possiamo vedere che le percentuali possano avere o meno una significatività, però, guardi, questo glie lo dico da farmacologo, se uno mi presentasse questo studio di tipo epidemiologico, io avrei delle incertezze. Come si fa, a distanza di 12-18 mesi, a stabilire un rapporto causa-effetto - siete qua in gran parte medici - fra la stipsi, la diarrea e la vaccinazione che è stata fatta? Questo, mi dovete credere, non è che non posso io accettarlo; è un criterio scientifico che pone un fianco a una critica.

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Oppure la comparsa di malattie ricorrenti nell’arco di 6 anni. Parliamo di malattie gastrointestinali, o della comparsa dell’asma, o dell’otite. Scusate, come si fa a mettere - io non parlo, non voglio fare una critica, né sullo studio, né se era corretta o no la vaccinazione, perché su questo possiamo poi intervenire in un secondo momento - è soltanto sui dati presentati, mi scusi, Dr. Scalzone, fin quando parliamo di dati a 15 giorni, bah, ma a 12 mesi, 18 mesi, a 6 anni ... cioè, mettere una correlazione fra la comparsa dell’acuzie dell’otite, oppure dell’allergia, con la vaccinazione, mi deve credere, io, se fosse un rapporto di causa-effetto per quanto riguarda un farmaco, io non me la sentirei di stabilire - almeno, parlo da farmacologo, ma penso di essere abbastanza addentro a queste cose -. Quindi, lo studio ... è bene che si conducano questi studi perché giustamente le vaccinazioni vanno criticate e vanno visti gli aspetti tossici, però dobbiamo anche guardare alla realtà delle cose. Allora, direi, reazioni a breve termine, reazioni a distanza di giorni, ma quando le reazioni sono a distanza di mesi e di anni, il rapporto causa-effetto è difficile da stabilire. Vorrei invitare, prego il collega ... però, per cortesia, io non è che non voglio rispondere, non fate le domande a me perché sono un farmacologo, fate le domande allo studio presentato dal Dr. Scalzone che penso che sia uno dei primi studi a carattere epidemiologico in questo senso, condotto dal vostro gruppo. Forse è Giorgio Rosso: Quello che lei dice è corretto, ma siccome voi che presiedete intervenite, mi sembra giusto che anche si possa replicare a quello che voi dite. Allora, io non sono un collega, ma sono un genitore, il mio problema è questo: ho studiato un po’ il vaccino anti Epatite B e ho scoperto che l’esperimento è stato condotto per quattro giorni. Allora, la mia domanda è: chi è che fa l’esperimento che dura un anno, chi lo deve fare per stabilire se la stipsi è davvero di origine del vaccino oppure no? Io in letteratura non ho mai trovato nessun esperimento a medio o lungo termine sui vaccini. Prof. Rossi: Guardi, mi dispiace che sono diventato io lo speaker, io dovrei solo moderare. Le rispondo che una sperimentazione su quattro giorni non esiste, assolutamente. Non so i dati dove li ha trovati, non sono dati scientifici, assolutamente. Perché, tenga presente ... Qualcuno parla in sala senza microfono. Prof. Rossi: Guardi, però io le posso assicurare una cosa: lasciando stare la sperimentazione preclinica di cui mi interesso da oltre vent’anni, ma anche la sperimentazione clinica la conosco bene - faccio parte di più di un Comitato Etico - le posso assicurare che sperimentazioni, oggi, non verrebbero mai approvate sperimentazioni per quattro giorni, assolutamente. Oppure, non tanto quattro giorni, il controllo su quattro giorni mi sembra strano. Prego. Qualcuno parla in sala senza microfono, forse il Dr. Valeri: ... non è che la voglio contestare, però ... Anch’io sono un medico e anch’io sono rimasto, ovviamente, sconcertato. La ditta che produce il vaccino, l’Engerix B, cioè la Merck Sharp and Dom (?), ha dichiarato nella scheda tecnica ufficiale americana, approvata dalla Food and Drug Administration, nel PDR che è un libro che, ovviamente, tutti conosciamo, pag. 2484 del 1986, che la sperimentazione è stata condotta per quattro giorni, e l’Rcombivas (?) per cinque giorni.

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Vuol dire che l’hanno provato su un gruppo, guardi, le leggo: “in 36 studi clinici, per un totale di 13.495 dosi, sono stati somministrati questi vaccini a 5.071 soggetti sani, e sono stati monitorizzati - quindi per vedere gli effetti - per quattro giorni dopo la somministrazione”. Questi sono i dati dell’Engerix B del Merck Sharp and Dom. Prof. Rossi: E allora non sono dati scientifici corretti. Dr. Valeri (?): Comunque questa è la sperimentazione del Merck Sharp and Dom, anche a me dispiace, ma, in effetti, è incredibile ma è così. Prof. Rossi: Vabbé, ma non penso che siamo qui per decidere se hanno condotto bene una sperimentazione o no. Dr. Valeri (?): Era solo per dire che non è un dato polemico, ma è quello che purtroppo succede. Quindi cosa succede dal quinto giorno in poi, non si sa. Tutto qua. Non è mai stato sperimentato. Tutto qua. Prof. Rossi: No, guardi, questo non può dire che non sono stati sperimentati i farmaci per più di quattro giorni, perché questo non è possibile. Allora, inviterei ora, se non ci sono altre domande, Jacques ... Guardate, noi abbiamo sette oratori, poi abbiamo una discussione finale e, visto che sono al centro della cosa, sono pronto a rispondere. Inviterei Jacques Rey a tenere la sua relazione. Jacques Rey terrà la relazione in francese, “L’obbligo vaccinale e l’anti Epatite B non obbligatoria in Francia”. Prego, Dr. Jacques Rey.

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L’obbligo vaccinale e l’anti epatite B non obbligatoria in Francia . Epatite B, miti

e realtà di una epidemia in Francia. Dr. Jacques Rey, M.D., Pediatra – Università di

Marsiglia, rappresentante del Gruppo Medico Omeopatico di Frejus, Francia

Abstract Le Autorità Sanitarie francesi hanno lanciato un programma nazionale di vaccinazione contro l’epatite B. I dati epidemiologici dimostrano una diminuzione regolare dei casi di epatite B in Francia. Gli “esperti” non possono utilizzare questi dati per giustificare il programma di vaccinazione. Il rapporto costi-benefici non è in favore del programma. I tagli al bilancio della Sanità riducono il finanziamento di settori di prevenzione di importanza primaria a vantaggio di questa vaccinazione. La valutazione degli effetti secondari è ostacolata da reticenze strutturali e da una formazione insufficiente degli operatori della Sanità. I rilievi di epidemiologi, virologi, immunologi, economisti non sono né ascoltati né diffusi dai grandi mezzi di comunicazione. I laboratori farmaceutici interessati si intromettono in tutti i settori professionali e di opinione pubblica allo scopo di diffondere una informazione-incitamento alla vaccinazione. Viene presentato uno studio degli effetti secondari e vengono formulate delle riserve sull’organizzazione di un pensiero unico in materia di prevenzione. Nel settembre 1994 settembre, il Ministero della Sanità in Francia lanciò una campagna di vaccinazione nelle scuole medie, per 10 anni, con lo scopo di “sradicare l’epidemia” fino al 2005. Nel 1995 la vaccinazione era iscritta nel calendario vaccinale associata al DTICoq, Difterite, Tetano e Pertosse, un triplice vaccino, più Polio, Haemophilus a 2, 3, 4 mesi con richiamo a 15 e 18 mesi. Una strategia mondiale di vaccinazioni è stata raccomandata dall’O.M.S. Il virus è stato scoperto nel 1965 da B.S. Blumberg e nel 1980 sono comparsi i primi vaccini plasmatici (Hevac B) per poi lasciare posto ai vaccini ricombinanti. E’ al momento della vaccinazione contro la febbre gialla dei militari americani che è comparsa la più importante epidemia di Epatite B. Epidemiologia: La Francia è uno dei paesi con debole endemia. E i casi di Epatite B sono in decrescita costante, come dimostrano di dati forniti - dalla Rete Nazionale Telematica di Medici Generici, - dal Collettivo dei Laboratori di Analisi della Regione Lyonnaise, - dai Centri di Trasfusione Sanguigna per i portatori cronici: il tasso di sierologia HBs positiva è stato dello 0,34% nel 1986, e dello 0,20% nel 1994. L’individuazione per le donne incinte è obbligatoria dal 1992. Le popolazioni a rischio riconosciuto sono: - gli emodialitici, i politrasfusi,

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- i neonati da madre portatrice di antigeni HBs, - gli omosessuali, i tossicomani, - i bambini provenienti da istituti per handicappati, - i familiari di portatori cronici di virus: benché nelle coppie eterosessuali più del 60% dei partners “sani” non vengano contaminati. Il rapporto anale non protetto sembra essere il più contaminante, - le persone che lavorano nel campo della salute, in contatto con gli ammalati e i prodotti sanguigni (vaccino obbligatorio dal 1991). Non disponiamo di dati epidemiologici affidabili per l’Epatite B, per questo motivo la prevalenza è stimata da 1 a 5 per 1000, che riguarda i 20-35 anni, principalmente. La contaminazione del neonato, se la madre è HBs positiva, è fatta nel 90% dei casi e nel 25% dei casi se ella è HB Ag HBs + e Anticorpi Hbe +, si effettuerebbe al momento del parto nell’80-90% dei neonati diventano spontaneamente portatori cronici. Il modo di contaminazione avviene esclusivamente attraverso via sanguigna o sessuale. Solo il 44% del grande pubblico conosce le vie di trasmissione. “L’incidenza e la prevalenza dell’Epatite B diminuiscono regolarmente in Francia da 15 anni”, dunque, prima ancora dell’imposizione globale della vaccinazione sulla popolazione francese (nelle scuole non è fatta, viene fatta solo su richiesta dei genitori, ma è sistematicamente praticata, in caso di rifiuto dei genitori, senza esame clinico, né interrogatorio, né dosaggio sierologico). Nessun dato affidabile permette di determinare: - il tasso di Epatiti asintomatiche, valutato dal 10 al 20%; - il tasso di Epatiti fulminanti, dall’1% all’1 per 1000; - il tasso di forme croniche, 10%, mentre la valutazione delle epidemie dell’esercito americano fu dello 0,26%. Mentre si sa che la maggior parte delle forme sono asintomatiche o benigne, in Francia non esiste una dichiarazione obbligatoria di Epatite B e C. I progressi della prevenzione sono stati realizzati grazie: - alla protezione contro i contatti sanguigni: - all’individuazione dei prodotti sanguigni contaminati (abbiamo messo a disposizione dopo la durata di una eventuale incubazione da 50 a 100 giorno con controllo sierologico del donatore); - e poi l’individuazione nelle donne incinte, lo scambio di siringhe dei tossicomani, l’uso del preservativo (l’epidemia dell’AIDS ha contribuito a tutto ciò); - l’educazione dei portatori cronici e poi la vaccinazione dei gruppi ad alto rischio. “Ha funzionato molto bene” secondo il Dr. Louis Lery dell’Istituto Pasteur. L’Epatite B e l’AIDS hanno le stesse vie di trasmissione, l’Epatite B non si trasmette solo attraverso l’alimentazione (il 10% del grande pubblico lo crede) i vestiti, il tatto, il bacio, il sudore, mentre la rivista “Texte et Document” destinata agli insegnati dichiara che “è scientificamente provato che il virus dell’AIDS non si trasmette in nessun caso attraverso la saliva o il sudore, mentre esistono degli interrogativi per quanto riguarda l’Epatite B”. Sul piano epidemiologico, il vaccino si giustifica davanti alla decrescita regolare in Francia? Secondo il Professor Bégué “Questa politica universale di vaccinazione, ben diversa dalla politica mirata degli ultimi anni, ha per scopo primordiale di eliminare l’estensione lenta ma ineluttabile del focolaio dell’Epatite B nei nostri paesi. Tuttavia l’evoluzione dell’epatite B è così lunga che i risultati di queste azioni vaccinali non si misurano che dopo 15 o 20 anni di distanza”.

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Non conosciamo bene gli studi che servono a comportarsi in questo modo, effettivamente conosceremo solo fra 15 – 20 vent’anni gli effetti secondari o rivelatori, come fu il caso per l’utilizzo dei prodotti sanguigni e della placenta … “o del vaccino contro la febbre gialla”. LE INCERTEZZE, I NON DETTI, GLI EFFETTI SECONDARI: Il vaccino globale non comporta una protezione del 100% degli individui. L’assenza o una insufficienza di risposta sono i seguenti: - L’importanza della viremia materna nei neonati provenienti da madri infette dal VHB; - L’obesità, l’iniezione intramuscolare alle natiche, il fumo, il sesso maschile, l’anzianità, la vecchiaia, - L’emergenza di strati “mutanti”. “Il moltiplicarsi del numero di vaccini pone molte domande. Non si conoscono gli effetti a lungo termine dei vaccini ripetuti che comportano degli stimoli crescenti al sistema immunitario”. Vaccino e allergia: “L’epidemia di asma”, l’aumento dell’atopia nei paesi industrializzati “rimette in causa la nozione sottile di equilibrio e di individuazione della nozione di lotta ad oltranza contro l’infezione”. “Le reazioni con tipi di allergia con aumento degli anticorpi di tipo IGE compare dopo l’iniezione di vaccini che contengono l’idrossido di alluminio, come avviene per il vaccino anti Epatite B”. “Poiché non conosciamo le funzioni con effetti le quali costituiscono i meccanismi di protezione normali contro le infezioni virali nell’uomo, la produzione di vaccini rimane empirica. Rimane il pericolo di attivare delle funzioni effettrici inappropriate che provochino delle malattie più severe e uno stato immunopatologico” Prof. Roit in Immunologia Fondamentale e Applicata. Che si può dire a proposito dell’immunità dei neonati? “La politica francese che tende a vaccinare i neonati mira unicamente a stabilire già da oggi una immunità forte nei neonati affinché il richiamo all’età di 11 anni sia l’unico necessario”. Non vi è nessuna interferenza tra i diversi vaccini effettuati a 2, 3, 4 mesi di vita, viene affermato senza nessuna argomentazione tanto più che lo stesso autore ha affermato che “le azioni vaccinali si misurano solo dopo 15 o 20 anni di distanza”, vuole certamente parlare della presenza di anticorpi e degli effetti secondari! Mentre gli scienziati affermano “gli effetti prodotti dai programmi vaccinali dell’infanzia sui linfociti … dimostrano che il sistema immunitario non è per niente danneggiato in seguito al vaccino di routine. I linfociti mobilizzati dagli antigeni specifici presenti nei vaccini diventano immunologicamente inerti e incapaci di reagire o di difendersi contro altri antigeni, infezioni o malattie”. A proposito delle speranze sulla vaccinazione ”il problema essenziale risiede nella variabilità che permette all’agente patogeno di sfuggire alla risposta immunitaria dell’ospite e di stabilire una infezione persistente” questo potrebbe spiegare, forse, il fatto che una donna emodializzata, ricevente in prevenzione la vaccinazione anti Epatite B, che non si prende così, a vista, sette mesi più tardi compariranno dei segni biologici di infezione da Epatite B trapiantata 5 anni più in là, seguita da un linfoma cerebrale, poi da una nuova Epatite B acuta … Il vaccino è servito per attivare il fatto? Come per il VIH. “E’ stato così dimostrato che la replica del VIH1 è aumentata dopo somministrazione profilattica del vaccino dell’influenza o del vaccino contro l’Epatite B nei pazienti infetti dal VIH”. “L’attivazione immune associata a una risposta immune in corso potrebbe giocare un ruolo nella patogenesi della malattia VIH. L’attivazione immune associata alle risposte immuno specifiche dirette contro le infezioni persistenti, come le infezioni parassitarie o opportuniste, un aumento sostenuto dalla replica

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virale potrebbe avere delle conseguenze importanti”. “Il vaccino a catena, la vaccinazione a catena come è praticata in Africa o all’arrivo del turista è un fattore di propagazione dell’AIDS a ragione delle cattive condizioni di igiene in cui è praticata” (Professor Luc Montagner). Che ne sarà della vaccinazione a catena nelle scuole … Che ne è della pratica vaccinale in Francia dove l’antitubercolinico è praticato già all’età di un mese, vaccino fabbricato a partire da bacilli viventi attenuati, e di altri 6 vaccini a 2, 3, 16 mesi, 6 anni, 11 anni, il ROR, vaccino anti rosolia, orecchioni ………………, a 18 mesi e 11 anni, quali sono le conseguenze su altri virus al di fuori del VIH, conosciuti o che devono ancora comparire (da seguire attualmente, per esempio, la frequenza dell’MNI, dell’Epatite A, dell’Herpes, CMV, Papillovirus). Il problema preoccupante è stato sollevato dagli esperti riuniti dall’O.M.S. che dichiaravano in merito al rischio di malignità dei vaccini, la cosa seguente “I neonati possono essere vaccinati con dei prodotti provenienti da stirpi ceullulari continue”. “Questi nuovi vaccini sono fabbricati a partire da colture cellulari e in particolare da cellule di stirpe continua che non sono nient’altro che cellule cancerogene”. Il rapporto dell’O.M.S. rivela che “i principali rischi potenziali associati all’utilizzo di sostanze biologiche prodotte in stirpi cellulari continue si dividono in tre categorie: DNA contaminante eterogene, il virus e le proteine trasformanti” “Tutti i vaccini contro il VHB contengono degli enzimi a partire dai quali alcuni (terminale deosinucleotide transferasi) possono indurre la sintesi di frammenti aberranti di DNA e altri (ribonucleasi) che possono degradare il DNA delle cellule delle persone vaccinate … Da cui il mutamento possibile ed i rischi di effetti cancerogeni, è la stessa cosa per la liberazione di frammenti di ARN la cui attività diventa incontrollabile, il cui programma genetico della persona vaccinata non può controllare l’attività, la cui attività non è più controllabile dal programma genetico della persona vaccinata”. Questi enzimi sono parte integrante del VHB. Il VHB è un virus di tipo di DNA e di ARN il cui genoma codice per riversa trascrittasi, enzima caratteristico del retrovirus (il cui VIH). “Il VHB appartiene dunque infatti agli Hepadanavirus che si replicano grazie alla trascrizione inversa, con i virus delle piante della famiglia dei caulimovirus, possono dunque essere raggruppati in famiglie di retrovirus e … possono essere raggruppati sotto la famiglia del retrotranspasons”. Il gene X dei VHB codice per la proteina che attiva la trascriptasi del VHB e del VIH che presenta delle analogie con delle proteine di altri virus, di Adenovirus (utilizzato in terapia genetica) e del retrovirus HILV-1 o il Papillonavirus E67. Queste constatazioni riguardano solo quello che è conosciuto fino ad oggi, ma permettono comunque di rivelare delle similitudini tra VHB e VIH e può rappresentare una filiazione … e quando si sa che uno “studio ha rivelato l’ARN del virus della rabbia nei vaccini contro la rosolia, il morbillo e gli orecchioni, senza che vi sia nessuna contaminazione di questi vaccini”. Dunque ci possiamo chiedere se l’uomo può fabbricare i suoi propri virus a sua insaputa per adattarsi e qualche volta alle sue spese per morirne, per arrivare a morire senza il suo consenso cosciente o avvisato. Non si può scartare il rischio mutageno o cancerogeno, né la creazione o l’attivazione del virus. Per quanto riguarda gli altri rischio o le novità … Nella Nuova Zelanda uno studio del New Zealand Medical Journal del 24 maggio 1996 rivela un legame probabile tra il diabete insulino dipendente e il vaccino VHB. La sclerosi multipla è una controindicazione formale al vaccino, esisterebbe una similitudine tra l’Antigene HB e alcune proteine della mielina. Il vocabolario Vidal fa menzione degli effetti secondari:

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Vaccino Engerix B Effetti indesiderabili: Gli effetti indesiderabili menzionati qui sotto si sono verificati dopo un ampio utilizzo del vaccino, tanto nell’adulto che nel bambino. Come per gli altri vaccini contro l’Epatite B, in molti casi, la relazione causale con il vaccino non è stata stabilita. Le reazioni maggiormente riportate sono, diciamo, locali: il dolore transitorio, l’eritema e l’indurimento. Sono state raramente riportate: - lamentele sistemiche: stanchezza, febbre, malessere, sindrome pseudo-influenzale, - vertigini, cefalee, parestesie, - nausee, vomiti, diarree, dolori addominali, - anomalie dei test funzionali epatici, - artralgie, mialgie, - rash, prurito, orticaria. Molto raramente: - anafilassi, malattia serica, - sincope, ipotensione, - paralisi, neurofasie, nefrite (ivi compresa la sindrome di Guillain-Barré, nevrite ottica, sclerosi multipla), encefalite, encefalopatie, meningite, - artrite, - sintomi evocatori di broncospasmo, - edema di Quincke, eritemi polimorfi, - vascolarite, - linfoadenopatia. Vaccino Genhevac B PASTEUR Effetti indesiderabili Nessuna reazione di intolleranza grave locale o generale è stata riportata nel corso degli studi clinici, neanche nessuna reazione severa di ipersensibilità. Le reazioni secondarie moderate seguenti sono state notate: Reazioni locali: - dolori, la cui frequenza va dal 20 al 32%, - indurimento, la cui frequenza è di circa il 10%. Reazioni generali: - febbre, mialgie, la cui frequenza è inferiore all’1%. Vaccino HB-VAX DNA 10 Nei pazienti dializzati e nei pazienti aventi un deficit immunitario, la somministrazione di dosi supplementari di vaccino è raccomandata al fine di ottenere un tasso di anticorpi anti-HBs protettori. Come per tutti i vaccini iniettabili, una cura medica appropriata dovrà essere disponibile immediatamente, in ragione delle rare reazioni anafilattiche che possono sopravvenire dopo la somministrazione del vaccino. Eccezionalmente, questo vaccino può essere somministrato per via sottocutanea nei pazienti affetti da trombocitopenia o nei pazienti afflitti da emorragie. Questo vaccino contiene del mercuriothiolato come conservante. Effetti indesiderabili: Gli effetti indesiderabili seguenti sono stati rilevati dopo un vasto utilizzo del vaccino. Come per gli altri vaccini contro l’Epatite B, ed in molti casi, la relazione causale con il vaccino non è stata stabilita. Reazioni più frequenti: Reazioni locali a livello del sito di iniezione, dolore transitorio, eritema, indurimento.

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Raramente: elevazione degli enzimi epatici, stanchezza, febbre, malessere, sintomi pseudo-influenzali, sintomi evocatori di broncospasmo, malattia serica, trombocitopenia, vertigini, cefalee, parestesie, - nausee, vomiti, diarree, dolori addominali, - artralgie, mialgie, - sfogo, eruzione cutanea, prurito, orticaria, anafilassi, - ipotensione, sincope, - paralisi (paralisi facciale), neuropatia, nevriti (ivi compresa la sindrome di Guillain-Barré, nevrite ottica, mielite, ivi compresa mielite trasversa), encefalite, - angioedema, eritema poliforme, - linfoadenopatia. 103° Congresso della Società Francese di Oftalmologia: “Un numero crescente di nuove complicanze oculari è riportato dalla letteratura medica al fianco di quelle già conosciute. Le principali complicanze oculari imputabili al vaccino ricombinante anti Epatite B nel 1997 sono le seguenti: - uveite posteriore - neuropatia ottica - epiteliopatia multifocale acuta - neuropapillite - taches bianche multiple evanescenti - occlusione della vena centrale della retina. Questi disturbi possono sopravvenire con un intervallo variabile, dai 3 giorni ai 3 mesi, al momento della prima somministrazione, così come al momento dei richiami vaccinali. La fisiopatologia farà intervenire una reazione antigenica crociata o una ipersensibilità di tipo 3 di Gell e Coombs con formazione di complessi immuni in soggetti presisposti geneticamente. In caso di comparsa di una di queste complicanze, è preferibile interrompere il programma di vaccinazione a causa del rischio che sopravvenga una forma più grave al momento della successiva somministrazione. Gli autori pongono il problema della vaccinazione del neonato e del bambino piccolo posant le problème d’une plainte fonctionnelle pas toujours bien exprimée. EFFETTI SECONDARI: STUDI PERSONALI Astenia con o senza sindrome depressiva, 2 casi di anoressia Eruzioni cutanee Angine e patologie ORL recidivanti Artralgie Sindromi iperallergiche che necessitano un ricovero in ospedale Enuresi Tosse cronica, Pleuresia Dismenorrea Sindrome nefrotica, manifestazioni allergiche Emicrania iperallergica Potenziamento della virulenza HIV, VHC, MNI, Herpes, VHA Sindromi infiammatorie con adenomegalie disseminate. Nelle sequele sono state osservate delle spinte acute di un cancro del seno nelle donne di 42 anni in una famiglia ad alto rischio, recidiva sotto forma acuta di un cancro al seno in remissione già da otto anni.

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I limiti della valutazione: - L’utilizzo recente del vaccino HBVax DNA 10 non permette ancora di creare una lista degli effetti indesiderabili, tuttavia si è rivelato tollerato meno bene del Gen Hevac B (Prescrivere 12-96). - Tramite Internet non è possibile aver accesso alle informazioni sulla tossicità o sul carattere tossico del vaccino e sui suoi effetti indesiderabili al momento dell’interrogazione del Laboratorio Pasteur. - Una inchiesta epidemiologica è necessaria, tanto che i rischi di malattia autoimmune sembra essere la preoccupazione urgente. - La determinazione del sistema HLA permetterebbe di selezionare gli individui ad alto rischio. Importanza della politica vaccinale: Sono vaccinati fino ad oggi: - Nel mondo 500 milioni - In Francia 16,3 milioni. Il costo della vaccinazione: nel calendario delle vaccinazioni, è notificato che: 4 vaccini nei primi due anni, poi ogni 5 anni, mentre è provato che con il vaccino fabbricato con le tecniche del DNA ricombinante la durata di Acs è di 14 anni. Così sono realizzate 17 iniezioni nella vita che rappresentano un costo di 1910 Franchi soltanto per il rimborso del vaccino (rimangono dunque le visite mediche e le cure per gli effetti secondari). Nel 1995 è costato un miliardosettecentoventunmilioni di franchi, ossia l’1% del 5% delle spese di medicina della città del regime liberale. Da un punto di vista contabile “vaccinare attualmente dei neonati costa dal 40 al 50% più caro che vaccinare questi stessi bambini per la prima volta all’età di 10 anni”. Tuttavia nel 1991 la Direzione Generale della Sanità dichiarava “Fino ad oggi non è prevista estensione di questa politica vaccinale ad altri gruppi di persone (al di fuori dei gruppi a rischio) poiché una analisi costo-efficacia che prenda in conto l’incidenza supposta nella popolazione e il prezzo attuale del vaccino non autorizza una più larga politica di prevenzione … In Francia lo schema vaccinale scelto attualmente è quello della protezione dei gruppi a rischio ben conosciuti e non quello di uno sradicamento o una eliminazione dell’Epatite B”. Per il Professore BERAUD, medico consulente della Cassa Mutua “Il vaccino contro l’Epatite B è l’esempio stesso di un’azione di salute pubblica condotta male, il cui costo rimane superiore a ciò che dovrebbe essere”. Non solo i rischi di contaminazione sono minimi, ma possono essere evitati attraverso la prevenzione classica delle malattie sessualmente trasmissibili. Perché il preservativo non potrebbe essere sovvenzionato poiché interviene efficacemente nella prevenzione delle MST, cioè delle malattie sessualmente trasmissibili e che interessa una popolazione con reddito debole. Visto che la Francia si trova in una logica contabile delle spese di salute con una limitazione dell’offerta, a scapito di quale prevenzione si fa questa politica vaccinale sfrenata: la prima causa di mortalità è dovuta al fumo che riguarda sempre più i giovani: il 50% degli attuali fumatori saranno morti fra 30 anni successivamente alla loro intossicazione. Ricordiamo che lo stato è proprietario della SEITA, il fabbricante di tabacco. L’aumento dell’assorbimento dell’alcool nei giovani è regolare di alcuni anni, responsabile tra l’altro degli incidenti della circolazione, causa principale del decesso di alcuni adulti. Nel 1993, 13.000 ragazzi e giovani di meno di 25 anni sono morti in Francia, il 51,3% delle morti è dovuto ad incidenti, la seconda causa è costituita dai suicidi (il 7% dei giovani in età scolare da 11 a 19 anni ha praticato un tentativo di suicidio).

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L’obiettivo è di vaccinare il 100% della popolazione infantile, senza conoscere gli effetti a lungo termine e negando gli effetti nocivi immediati, per ricoprire teoricamente una prevenzione in Francia da 60 a 400 casi di carcinoma epato-cellulare, secondo l’inchiesta dell’Inserm. Tanto più che una copertura vaccinale del 100% protegge solo il 95% dei vaccinati, e che il numero di non risposte al vaccino continua ad aumentare, secondo le constatazioni dei medici del lavoro. Il VHB si deve associare ad altri fattori per sviluppare un cancro, la cui cura è il trapianto di fegato. I più esposti sono le persone che lavorano nel campo della salute e quelli che vengono operati, a questo proposito AM Lever faceva notare che nel Regno Unito uno studente in medicina su 10 soltanto si orienta verso una specialità invasiva e per la maggior parte degli altri il fatto di essere portatore di virus non nuocerà alla sicurezza dei pazienti. Per quanto riguarda i viaggiatori che fanno una specie di “turismo sessuale”, secondo il Professor Rober Steffen dell’Istituto di Medicina Sociale e Preventiva dell’Università di Zurigo, “la vaccinazione può dare un falso sentimento di sicurezza e lasciare queste persone esposte al rischio di contaminazione attraverso il VHI”, per questo motivo la scatola di preservativi sembra preferibile. L’informazione è infatti una incitazione alla vaccinazione, senza che siano proposti argomenti obiettivi né sul tipo di prodotto utilizzato, né sui rischi e sulle cose sconosciute. Gli esperti che sono intervenuti in questa informazione-incitazione sono nella maggior parte del tempo dei giudici, sono di parte e si ritrovano praticamente sempre gli stessi rappresentanti di questa politica di prevenzione, dappertutto, nei giornali specializzati e nei mass-media. Numerose riviste e bollettini dipendono direttamente dai laboratori implicati in queste vaccinazioni e sono rivolti al personale, alla gente che lavora nel campo della salute, sono messi a disposizione degli insegnanti sotto forma di cofanetti pedagogici in cui le informazioni scientifiche finiscono per parlare della necessità della vaccinazione. “Principio delle reazioni immunitarie, l’Epatite B è mirata” guida Pedagogica – S.B. Senza dimenticare le campagne di pubblicità attraverso manifesti, giornali, trasmissioni televisive, radiotelevisive. Le autorità cosiddette responsabili sembrano d’accordo con questi procedimenti poiché sono autorizzati dai licei, dalle scuole medie. Il medici sono, tra l’altro, considerati come ignoranti, soprattutto come delle persone che prescrivono le ricette docilmente e le nuove ricette votate costringeranno loro in modo definitivo. Il migliore del mondo col suo pensiero unico è già organizzato sous la forme que l’on voit se dessiner. Possiamo porci la seguente domanda ingenua “perché sono stati scelti i licei o le scuole medie per vaccinare l’insieme degli studenti dei licei francesi senza praticare un questionario del bambino e dei genitori e senza esame clinico utilizzando dei medici funzionari? La scuola, luogo principale del sapere, vede nel suo seno legalizzarsi una medicina collettivista che nega il dialogo particolare tra paziente e medico attraverso il quale un consenso illuminato porta a un atto terapeutico responsabile. Secondo i più recenti dati epidemiologici qual è il nuovo profilo tipo: la maggior parte del tempo, un uomo di 35, 3 anni contaminati nel 34,7% dei casi attraverso via sessuale, di basso livello sociale, livello educativo debole, con forte densità di abitazione e la maggior parte del tempo appartiene a una comunità straniera. Una inchiesta sull’obbligo vaccinale interpretava i risultati sottolineando che “lo spirito francese indisciplinato non permette di essere efficace e alcuni medici richiedono l’obbligo vaccinale e una più grande mobilitazione dei servizi medici scolastici”. Tuttavia vaste campagne di informazione e utilizzo della televisione sarebbero utili per meglio sensibilizzare l’opinione. Malgrado ciò, alcuni si rendono conto che troppa gente, ivi compresi i bambini, fuggono ad ogni vaccino e si pensa che in Francia l’obbligo sarebbe la soluzione migliore. L’inchiesta non fornisce i dettagli sulle risposte.

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La padronanza del controllo delle vaccinazioni comparve sotto forma di Vacci carta che è una carta magnetica, cioè un bollettino di vaccinazioni elettronico messo a punto da Gemplus-Pasteur Mérieux MSD, dove tutto sarà scritto, tutto quello che riguarda l’identità del paziente e lo stato delle vaccinazioni e messo in circolazione dal dipartimento del Dauphiné. Lo scenario per il futuro delle vaccinazioni potrebbe essere, secondo il Professore Jean Dausset, scopritore del sistema HLA: “La vaccinazione dei bambini contro tutta una serie di malattie potrebbe fra poco essere una pratica del passato … I vaccini sarebbero allora somministrati solo per delle malattie a rischio elevato. Ci troviamo alla vigilia di un nuovo periodo dove ognuno riceverà un trattamento personalizzato”. O, secondo il Dottor Hugh Mason, una vaccinazione attraverso l’alimentazione realizzata mediante trasferimento di un gene immunizzante contro l’Epatite B nella patata che potrebbe avvenire entro 10 anni. Allora che ne è dei dati della scienza nel momento in cui sono fabbricati e diffusi i prodotti messi massivamente a disposizione del corpo medico e il cui utilizzo è fatto sistematicamente? Si capisce allora quale grido d’allarme: “SI STA FORSE PREPARANDO UNA CATASTROFE?”. Spetta al medico che ha ordinato il medicinale, o al farmacista, o a tutti e due, di farlo. Bisogna dire subito e sistematicamente che vi è un rischio. E’ qui che risulta l’espressione di una medicina cittadina integrata nel tessuto sociale. Ora, se vogliamo approfondire il fossato tra la società e il campo medico, come al tempo del VIH trasfusionale, continuiamo a mantenere la “politica del silenzio”. All’Assistenza Pubblica negli Ospedali di Parigi abbiamo lavorato con dei medici, dei sociologi e degli specialisti dell’etica medica sulla presentazione di un discorso serio e omogeneo da tenere al paziente. Quale diritto potrei conservare se mi trovassi davanti una informazione senza comunicarla alla persona direttamente interessata? Si tratta qui di un dovere, tanto più che la persona che ha ricevuto un prodotto corrotto può essere un futuro donatore. Sapete che pesanti apprensioni “pesano” in particolare su tutti questi pazienti che non sono degli ammalati e si presentano all’ospedale con una ferita, delle persone che fanno il fai da te in casa, o da una caduta da bicicletta, a cui noi iniettiamo delle immunoglobuline antitetaniche. All’Hotel-Dieu con dei lotti “sospetti” dal 29 settembre 1995 sarebbero 638 ferite che potrebbero essere contaminate, ammonterebbero a 638 i feriti che potrebbero essere stati contaminati. Vi ricordo che i primi vaccini anti HB erano dei vaccini plasmatici. Manca un pezzo. Dal punto di vista della giurisprudenza un giudizio è stato emesso in Francia, giudizio che ha concesso i danni a una vittima da vaccino HB paralizzata dalla vaccinazione all’età di 36 anni. E i bambini? Che cosa si dice a questo proposito? Se hanno diritto a tutta la nostra considerazione e alla protezione degli adulti, non si può accettare che siano oggetti di consumo medico e che si speculi sul loro futuro. “Scienza senza coscienza è solo rovina dell’anima”, della nostra salute, del nostro denaro e del futuro dei nostri figli. A quand un vrai débat démocratique sur les grands problémes de santé accompagné d’une réelle information par un Comité de Sages Indépendants de tout pouvoir et la création d’une Agence de Pharmacovicilance indépendante que tout un chacun pourrait consulter! Questa parte non c’è nell’ultima relazione del Dr. Rey. Effetti secondari del vaccino HB, studio patogenetico e sue conseguenze terapeutiche dal punto di vista omeopatico.

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23 casi clinici i cui sintomi sono: - astenia con o senza sindrome depressiva, - eruzione, - angine, - patologie ORL, - artrologia, - iperalgia, - enuresi, - tosse cronica, - dismenorrea nefrotica, - rotenzializzazione della virulenza HIV HCMA VHA. Il vaccino, rivelatore della sofferenza, scatena una malattia artificiale.

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Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Rossi: Merci, Dr. Rey. Ci ha presentato i problemi in Francia delle vaccinazioni, i problemi della tossicità, e lo ringrazio anche di aver sottolineato il problema delle immunoglobuline, problema che non riguarda soltanto le immunoglobuline, ma tutti i problemi prima della valutazione della presenza o meno dell’HIV, quindi tutti i problemi dei derivati del sangue che non riguardano soltanto le immunoglobuline. Abbiamo tempo almeno per una domanda, prego. Dr. Berger: Sono Berger, un pediatra delle vicinanze di Siena, e devo chiedere in italiano perché francese, purtroppo, non parlo. Un aumento delle transaminasi che ho sentito, così, per caso, detto da un pediatra dell’ospedale, che ha detto che viene osservato molto spesso dopo la vaccinazione anti Epatite B. Lei ha fatto questa esperienza? Dr. Rey: Sorry, ma risponde in francese. (Cassetta 5, inizio facciata B) Prof. Rossi: Grazie. Darei la parola al Dr. Lery per la sua relazione “Criteri per vaccinare e non vaccinare”. Il Dr. Louis Lery viene dall’Istituto Pasteur di Parigi. Prego.

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Criteri per vaccinare e non vaccinare. Louis Léry, M.D., Hospices Civils de

Lyon, Francia

Abstract Vaccinazioni: obbligo o libertà? L’immunizzazione è un atto medico completo: esistono dunque una indicazione, una controindicazione e una applicazione; quale che sia il suo carattere, obbligatorio, di raccomandazione o di necessità, conserva una specificità individuale. Bisogna dunque stabilire i criteri di decisione per vaccinare quanto è necessario, ma non più del necessario, nelle differenti circostanze della vita. Distinguere tra malattie contagiose e malattie trasmissibili, tra protezione “dermofilattica” e protezione “ontofilattica”, permette di distinguere tra obbligo, necessità della collettività e necessità personale. Analizzare lo status immunitario legittima la vaccinazione per coloro che non sono protetti così come l’astensione per coloro i quali dispongono di specifici anticorpi o di reazioni cellulari immunizzanti. Dunque, vaccinazioni intelligenti. La prevenzione delle malattie infettive sembra essere da sempre una costante preoccupazione dell’umanità, sia tramite procedimenti mistico-religiosi contro un male misterioso venuto da Dio, sia attraverso procedimenti vagamente scientifici (pseudo o pre scientifici), o, infine, con un approccio realmente scientifico costituito da osservazione e tecnica provata e verificata, come nel caso della “Chinese variolisation”. La nozione di sottomissione obbligatoria, totale, incontroversibile, a questo tipo di procedimenti sembra essere comunque cronologicamente collegata all’idea di prevenzione. I dati della scienza moderna, lo sviluppo dell’informazione su larga scala, l’accessibilità delle conoscenze, sia mediche che giuridiche, hanno modificato questa relazione di prevenzione / obbligo. E’ necessario precisare alcuni punti preliminari: 1/ A proposito della vaccinazione a/ la vaccinazione è uno degli strumenti contro le malattie infettive; fa parte della strategia globale per limitare l’incidenza e i costi di queste malattie, strategia che comporta, tra l’altro, l’individuazione, diagnosi precose, trattamento, salute pubblica, procedure di quarantena e di igiene, etc. b/ la vaccinazione è un atto medico completo, può essere indicata, controindicata, applicata e seguita: atto medico sottintende, evidentemente, atto individuale e necessariamente personalizzato. Qualsiasi sia la natura della vaccinazione, obbligatoria, sistematica o necessaria, resta comunque la necessità:

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- di indicarla come qualsiasi atto medico (valutazione del rischio / beneficio / costo per la persona da vaccinare nella situazione concreta nella quale si trova o nella quale rischia di trovarsi per motivi personali o professionali), per i suoi familiari o per la comunità nel cui seno vive. - di controindicarla, eventualmente, in funzione delle caratteristiche patologiche della persona da vaccinare (più la vaccinazione è necessaria o obbligatoria, più devono essere imperativi i motivi della controindicazione). - che la sua applicazione sia fatta con cura ed attenzione, in rispetto e conformità dei dati attuali della scienza. c/ La vaccinazione è un atto di prevenzione. Precede qualsiasi malattia infettiva ad eccezione del trattamento anti rabbia, è utile la conoscenza: - della gravità della malattia, sia al riguardo della sua mortalità, sia delle sequele che possono provocare seri handicap (come la poliomielite) o sviluppare malattie croniche evolutive (come l’Epatite B) dei quali essa si trova all’origine, - sulla mancanza di trattamenti attivi, senza effetti collaterali, di facile uso. Deve essere istituita una procedura efficace per l’immunizzazione, tenendo conto del rapporto di persone malate nella popolazione vaccinata e nella popolazione non vaccinata. La procedura deve essere semplice, a basso costo e senza gravi effetti collaterali, o senza alcun effetto collaterale tanto sull’individuo che sulla popolazione. 2/ A proposito delle malattie infettive e dei mezzi di prevenzione e di valutazione Le malattie infettive possono essere classificate in due gruppi: malattie trasmissibili e malattie contagiose. Questi due concetti vanno approfonditi in quanto sono spesso considerati sinonimi. - Chiameremo malattia trasmissibile qualsiasi infezione della quale possiamo individuare, nel tempo e nello spazio, un atto di penetrazione dell’elemento infettivo quale una ferita (tetano), un morso (rabbia) o una puntura di ago o con qualsiasi utensile macchiato di sangue (Epatite B), etc. - Sarà definita malattia contagiosa una qualsiasi infezione dove la penetrazione del germe non potrà essere stabilita con elementi materiali precisi, dove non vi sia la presenza, nell’entourage più o meno prossimo, di un soggetto portatore di una infezione latente o manifesta, ovvero in periodo di incubazione. A partire da questi elementi di definizione, le caratteristiche della prevenzione vaccinale si possono esporre secondo il seguente schema:

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Malattia Infettiva (influenza, pertosse...) Trasmissibile (tetano, rabbia...)

Vaccinazione Demofilattica Ontofilattica

Immunizzazione o protezione mirata

Di massa Individuale

Sorveglianza Epidemiologica Test di immunizzazione

Efficienza del vaccino

Copertura vaccinale

Attività del vaccino

Stato e risposta immunitaria

Metodi di

Valutazione

Incidenza o prevalenza della specifica malattia

Studi clinici e fisiopatologici dell’insuccesso del vaccino

Organizzazione Collettiva ed obbligatoria in caso di emergenza epidemica

Personalizzata

Con forte incentivo per la vita in comunità

Proposta sistematica nel corso di ogni visita medica preventiva

Scopo Riduzione o interruzione della circolazione del germe in causa nella popolazione interessata

Riduzione del rischio individuale di malattia

Funzione Evitare di essere fonte di infezione per gli altri

Evitare di ammalarsi e diminuire i costi dei trattamenti per la comunità

Tutta la popolazione o soltanto un gruppo, definito “a rischio”, in rispetto del tipo di vita o dei rischi lavorativi o ambientali, può essere obbligata a vaccinarsi. Quali argomenti possono supportare una pratica obbligatoria per una popolazione? ♦ la gravità: la vaccinazione, dunque, si dirige contro una malattia contagiosa, spesso mortale in fase acuta, o contro affezioni croniche invalidanti e letali o che provocano gravi handicap; ♦ la diffusione: l’infezione può propagarsi all’intera popolazione; ♦ l’assenza di semplici misure preventive: le misure igieniche si rivelano insufficienti, difficili o impossibili da mettere in opera in una popolazione, sia per motivi tecnici, sia per motivi economici o perché sconosciute; ♦ l’assenza di trattamenti sanitari efficaci: sia perché la terapia è sconosciuta o non sufficientemente provata, sia perché i rischi di effetti collaterali dei rimedi sono particolarmente elevati, sia perché il costo economico o psicologico della cura ne limita drasticamente l’accessibilità. L’obbligo non può essere imposto se non su un vaccino attivo sulla quasi totalità della popolazione (sembra difficile proporre un obbligo se il numero di insuccessi vaccinali è elevato; in effetti, trattandosi dell’immunità di una popolazione, in cui le variabili riguardano le infezioni e probabilmente la popolazione stessa, è necessario cercare di proteggere una gran parte della popolazione vaccinata, in quanto è piuttosto difficile, se non addirittura illusorio, immaginare di vaccinare la popolazione intera) ed efficace, vale a dire che riduce realmente, sul terreno, la morbilità e la mortalità dell’infezione in causa.

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Uno dei criteri essenziali per un buon vaccino è l’efficacia sia nei confronti del portatore sano, sia nel sopprimere la diffusione dell’agente di infezione. Un buon vaccino deve inoltre rispondere a criteri di facilità di impiego, così come ad imperativi di innocuità. Nei gruppi in oggetto, l’obbligo potrebbe interessare le malattie trasmissibili di origine professionale (come l’epatite B) o altre; il criterio per la decisione riguarda la ripetizione delle azioni a rischio che rendono difficili o aleatorie le misure igieniche e/o di disinfezione immediata. In questi casi la necessità sarà più che sufficiente a giustificare l’immunizzazione preventiva e la proposta di vaccinazione sembra essere il mezzo più appropriato. Come per ogni nozione scientifica, questi criteri vanno attuati in accordo con i dati aggiornati dell’immunologia (valutazione delle diverse risposte immunitarie, etc.), epidemiologia (le diverse patologie devono essere continuamente analizzate) e dello studio delle patologie infettive (messa a punto di altre procedure di prevenzione, cura o igiene). Sarà così possibile vaccinare quanto è necessario, ma non troppo. PROPOSTE

Creare un Centro Europeo di Vaccinovigilanza, o un Osservatorio Europeo degli effetti collaterali delle vaccinazioni; dovranno essere organismi diversi, anche se esisteranno interrelazioni funzionali tra le due strutture 1. dai centri di farmacovigilanza: in effetti i vaccini sono definiti farmaci, a causa di alcule loro caratteristiche specifiche: modificazioni definitive del terreno già dopo la prima vaccinazione, diversi strumenti di investigazione, prodotti prevalentemente biologici in un’ottica preventiva, e 2. dai centri industriali di produttori di vaccini. Essi dovranno essere in contatto tra loro o essere localizzati in un istituto universitario.

Cambiare l’obbligo in proposta sistematica; questo renderebbe alla vaccinazione il suo carattere di atto medico completo ed uno scopo realmente preventivo. In effetti, l’ipotesi della proposta presuppone un aumento dell’informazione sulle nozioni di rischio, di strumenti preventivi adatti alle situazioni particolari, e porta il soggetto ad essere il reale attore della propria prevenzione. Restano alcuni problemi da risolvere: vaccinazioni obbligatorie e gratuite, obbligo ed urgenza epidemica, protezione dei bambini quando c’è carenza di protezione naturale.

Più aiuti economici per le ricerche nel campo delle vaccinazioni e dell’ecologia batterica di terreno. La vaccinazione o le altre misure messe a punto nel quadro della sanità pubblica e di igiene, modificano lo stato di ricettività dei soggetti (ritardo nel sopraggiungere delle malattie cosiddette “infantili” come la polio, l’epatite A, il morbillo …). La vaccinazione trasforma l’ecologia batterica e virale. Bisogna assolutamente iniziare degli studi per analizzare questi fenomeni, così come le nuove infezioni emergenti dopo le vaccinazioni per definire e attuare misure di igiene efficaci e adatte. In conclusione L’immunizzazione è un atto medico completo, che vi sia obbligo o raccomandazione; bisogna dunque stabilire i criteri di decisione per riuscire a vaccinare quanto è necessario, ma non più del necessario. Distinguere tra malattie contagiose e malattie trasmissibili, tra protezione “dermofilattica” e protezione “ontofilattica”, permette di distinguere tra necessità della collettività e necessità

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personale. Vaccinare un individuo senza protezione e non vaccinare chi abbia degli specifici anticorpi o reazioni cellulari immunizzanti: gli strumenti che permettono di stabilire la necessità individuale di vaccinazione sono attualmente disponibili. Dunque, vaccinazioni intelligenti. Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Rossi: Grazie al Dr. Lery che ha posto il problema della prevenzione, della vaccinazione, e, al di là delle cose che ha detto, molto interessanti, forse uno degli aspetti fondamentali delle proposte che ha fatto alla fine, questo centro di vaccinosorveglianza, mi sembra un’ottima proposta. Chiaramente dovrebbe essere un centro di tipo internazionale, un po’ come succede in alcuni casi per quanto riguarda gli altri farmaci, e poi il potenziamento della ricerca. Da un punto di vista legislativo è giusto, forse, che vi sia un orientamento generale nei paesi, almeno della Comunità Europea, e non che ogni paese abbia una propria legislazione, ma venga da un centro di farmacosorveglianza un’indicazione precisa su che cosa fare. Darei la possibilità di una domanda per passare poi al prossimo oratore. La relazione è stata molto interessante. Prego, vuole venire? Non so chi è: Riallacciandomi, proprio, a quest’ultima proposta sul centro europeo della vaccinovigilanza, volevo sapere se questa proposta teneva conto anche del fatto che esiste già una agenzia europea per il controllo sui farmaci e sulla loro commercializzazione, o come questa poteva rientrare nelle competenze, se può esserlo, se può rientrarvi. Risposta del Dr. Lery in francese (Cassetta 5, facciata B). Prof. Rossi: Grazie. Darei la parola alla Dr.ssa Carmen Sturza che ha questa relazione “Le reazioni alle vaccinazioni nelle pubblicazioni mediche rumene - casi clinici”. Ricorderei di rimanere nei tempi, che sono al massimo di 20 minuti, per dare anche la possibilità di qualche domanda.

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Le reazioni alle vaccinazioni nelle pubblicazioni mediche rumene - casi clinici .

Carmen Sturza, M.D,.Vice Presidente L.M.H.I., Romania

Abstract La situazione della pubblicazione nella rivista medica rumena di casi di reazioni negative alle vaccinazioni. Vengono presentati esempi di casi clinici. Prof. Rossi: Trascrizione integrale dell’intervento orale Grazie per le esperienze che ci ha portato, i casi che ha riferito. È aperta la discussione. Ci sono domande? Vedo il pubblico un po’ stanco, andiamo avanti, allora, Irina Spandonide, “La vaccinazione anti morbillo, responsabilità, rischi conosciuti e sconosciuti”. Ricordo anche all’oratrice Spandonide il tempo a disposizione che è da 15 a 20 minuti. Grazie.

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La vaccinazione anti morbillo - responsabilita’, rischi conosciuti e sconosciuti.

Dr. Irina Spandonide, M.D., Epidemiologo, Romania

Abstract Le vaccinazioni come tutti gli atti terapeutici presuppongono che il medico accetti dei rischi. Sono discussi i rischi conosciuti per la vaccinazione antimorbillo (obbligatoria in Romania): il rischio conosciuto dovuto all’utilizzazione del vaccino vivo attenuato e il possibile rischio dovuto ad agenti contaminanti in caso di utilizzazione di cellule di pollo per la produzione. Vengono discusse le prove di ricerca degli agenti contaminanti oggi conosciuti e l’ipotesi dell’esistenza di agenti contaminanti sconosciuti. In conclusione vengono discussi i vantaggi della vaccinazione antimorbillo rispetto ai rischi che comporta e l’importanza di “individualizzarne” la somministrazione. La terapia farmacologica suppone dei rischi dovuti agli errori umani oppure ai limiti della scienza. I vaccini -farmaci immunobiologici- possono provocare reazioni avverse. La domanda è se queste reazioni avverse siano sempre una modalità individuale di reazione del sistema immunitario dopo l’immunizzazione. I benefici e i rischi della vaccinazione devono essere esaminati per ciascun vaccino, in quanto il rischio di reazioni indesiderate varia a seconda del metodo di fabbricazione, del produttore, e del lotto prodotto. È un dovere di chi controlla i vaccini garantirne la sicurezza. Per i responsabili del controllo di qualità dei vaccini è un grave problema di coscienza stabilire se il prodotto è totalmente sicuro. A tale scopo sono state elaborate le norme di produzione e controllo per i prodotti biologici. Il rispetto rigoroso delle norme di produzione e controllo garantisce la sicurezza dei prodotti biologici, il rischio restante, molto ridotto, è dovuto ai pericoli e ai limiti della scienza. La conoscenza non è assoluta e ciò costituisce una causa di inquietudine per i responsabili del controllo di qualità (3) . Presenterò l’esempio del vaccino anti morbillo soffermandomi, dopo i documenti dell’O.M.S., sul problema del controllo della qualità e dei rischi associati agli agenti di contaminazione delle colture cellulari, senza discutere dei problemi del controllo di qualità del virus morbillo vivo attenuato del vaccino. Il vaccino anti morbillo è un vaccino virale vivo attenuato, la cui produzione richiede colture di cellule per la moltiplicazione. Queste cellule possono contenere agenti di contaminazione endogeni, o possono essere infettate durante il processo di produzione. Le colture cellulari impiegate per la propagazione del virus del morbillo possono essere colture cellulari di embrione di uccello, cellule diploidi umane e, in alcuni paesi, cellule di rene di cane. Ogni coltura ha agenti di contaminazione specifici. Nel nostro lavoro sono presi in considerazione soltanto gli agenti di contaminazione virali qui elencati (4): Colture cellulari di embrione di uccello Avipoxvirus Retrovirus aviarie Virus della malattia di Newcastle Virus para-influenza aviarie Virus della encefalomielite infettiva aviarie Laringo-tracheite infettiva aviarie Reticolo-endoteliosi Malattia di Marek Virus dell’influenza aviarie

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Reovirus aviarie Adenovirus aviarie e “altri agenti patogeni per gli uccelli” Contaminanti retrovirali potenziali ALV (7) Colture di cellule di rene di cane (Beagles, 4-6 settimane) Virus della rabbia Virus del morbo di Carré Epatite canina Colture di cellule diploidi umane Virus latenti Tripsina - Parvovirus porcine Il siero usato per le colture cellulari è di origine bovina e costituisce il problema degli agenti di contaminazione di encefalopatia spongiforme e della leucosi bovina. Il siero umano non deve essere utilizzato (4). Tutti questi sono soltanto i potenziali agenti virali che possono essere teoricamente trovati nelle colture e la cui assenza deve essere dimostrata. I problemi sono relativi al campo della biologia cellulare. Le ipotesi sono: la presenza di agenti contaminanti nelle colture cellulari può produrre rischi associati alla pratica di immunizzazione con un vaccino virale vivo. 1. Bisogna stabilire se il problema è strettamente teorico. 2. Se gli agenti contaminanti hanno un potenziale patologico per l’uomo. 3. La possibilità di provare questo potenziale patologico. Le premesse per formulare queste ipotesi sono di ordine virale(?), storico ed epidemiologico. 1. Premesse virologiche. Una realtà dei nostri giorni è la scoperta di nuovi agenti virali sconosciuti. La possibilità teorica che virus sconosciuti possano esistere nei prodotti biofarmaceutici è ammessa nella citazione “altri agenti patogeni per gli uccelli” nella lista dei virus aviari. Non vi è relazione tra i nuovi virus e le colture (tranne che per il siero bovino ed il “prione” dell’encefalopatia spongiforme bovina) ma la lista resta aperta, a dimostrazione dei limiti delle conoscenze scientifiche. 2. Premesse storiche. Previa contaminazione previa durante il processo di produzione:

la presenza del virus della leucosi aviare in vaccini, sperimentali o autorizzati, ottenuti da embrioni di uova (3),

agenti sconosciuti al momento della somministrazione del vaccino, vale a dire: 1. Il vaccino contro la febbre gialla stabilizzato con siero umano, ha indotto centinaia di casi di epatite virale nei soggetti vaccinati durante la Seconda Guerra Mondiale. 2. Immunoglobuline ed Epatite C virale. 3. Crescita ormonale e morbo di Creutzfeld-Jacobs (8). 4. Il virus oncogeno di scimmia SV-40, rilevato nei reni di scimmia. Durante gli anni 1950-1960 la popolazione è stata immunizzata con vaccino anti polio inattivo e con il vaccino sperimentale Salk ottenuto da colture di reni di scimmia contenenti il virus oncogeno SV-40. Questo virus era sconosciuto. Il vaccino fu prodotto nel rispetto delle regole di quel tempo, ma il progresso scientifico non aveva ancora raggiunto il livello necessario (9). 3. Premesse epidemiologiche. 1. Una prima limitazione consiste nel fatto che la patologia associata agli agenti contaminanti non è conosciuta. 2. Non è certo se la patologia sia indotta dall’azione diretta o dall’attivazione di virus lenti.

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3. I sintomi possono apparire dopo un lungo lasso di tempo. 4. La comparazione tra patologie indotte in generazioni vaccinate sistematicamente (1980-1997) e quelle in generazioni non vaccinate suppone l’intervento di molti fattori che possono creare confusione. 5. È difficile stabilire una relazione causale tra la vaccinazione e la patologia considerata come reazione al vaccino se non c’è relazione temporale. Prendendo in considerazione le precedenti osservazioni è possibile considerare l’incremento dell’incidenza della leucemia nei bambini. Per l’eliminazione dei rischi associati agli agenti contaminanti virali, sono stati elaborati i requisiti per il controllo delle colture cellulari (4). Un fattore importante per raggiungere lo scopo della sicurezza dei vaccini è che le colture cellulari siano ottenute da animali sani (non contaminati), provenienti da greggi o mandrie di allevamenti chiusi. I controlli di produzione delle colture cellulari si effettuano su: 1. Materie prime e 2. Produzione e raccolto del virus del vaccino (dopo l’inoculazione con il tipo di virus). I controlli per il vaccino anti morbillo preparato con colture di cellule di uccelli sono: 1. Test di osservazione al microscopio (nelle colture di controllo di cellule non trattate con il virus 500ml=5% vol. totale) per almeno 14 giorni dopo l’inoculazione. 2. Test per virus haemadsorbing (25% del controllo delle colture cellulari). 3. Test per agenti estranei non haemadsorbing. 4. Ulteriori test per adenovirus, retrovirus, virus della leucosi aviare. Le procedure includono test per determionare il fattore induttore di resistenza (RIF), complement fixation test (CF), enzyme-linked immunosorbent assay (ELISA). 5. Dopo l’inoculazione con il virus relativo, si pratica la neutralizzazione nella coltura cellulare (500 dosi umane o 50ml vengono neutralizzate con immunosiero specifico). Test supplementari vengono fatti in gruppi di embrioni di uova di gallina (via allantoinica e via del sacco vitellino). Ai test di controllo si aggiungono i metodi per l’inattivazione virale. Per il vaccino anti morbillo il metodo di inattivazione è la clarification. A dispetto di tutti i metodi di produzione e controllo, la quantità di sieroproteine residue può essere di 5ng/per dose. Dal punto di vista del rischio potenziale delle sostanze biologiche ottenute da colture cellulari, le cellule umane diploidi e le cellule ottenute da tessuti di volatili sono classificate nella categoria a basso rischio virale (2). L’argomento è la grande quantità di vaccino ottenuto da embrioni di volatili che, pur contenendo virus di leucosi aviare, non producono effetti pericolosi. Il rischio associato con il DNA eterogeneo contaminante è considerato trascurabile sotto 100pg/per dose unitaria per somministrazione parenterale (2). CONCLUSIONI Le autorità e gli esperti internazionali (Study Group WHO) sono d’accordo sui seguenti punti: 1. Non è possibile ottenere l’assenza totale del DNA eterogeneo contaminante. Allo stesso tempo il rischio di tumori maligni indotti o di altri disturbi è estremamente basso. 2. Il rischio di apparizione di agenti contaminanti sconosciuti non è unicamente teorico. 3. Il meccanismo della nascita di tumori maligni non è perfettamente noto. In conclusione, il problema dei rischi e dei vantaggi della vaccinazione anti morbillo è il seguente. Il morbillo è una malattia fortemente contagiosa. La prognosi è molto influenzata da fattori socio-economici. La sua evoluzione, nel periodo antecedente al vaccino, mostra una netta differenza tra i paesi sviluppati e quelli sottosviluppati (1). L’alto tasso di mortalità è associato alla malnutrizione endemica. Le complicanze sono dovute ad infezioni secondarie.

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Perché vaccinare contro il morbillo ? 1. Per prevenire serie complicanze e morte. È giustificato vaccinare i gruppi poveri della popolazione. 2. Per eradicare il morbillo, obiettivo dell’Expanded Programme on Immunization (EPI) (10). A questo scopo gli obiettivi sono: incidenza annuale di morbillo confermato a meno di 1/100.000 della popolazione e nessuna morte. Copertura immunitaria del 99% all’età di 2 anni. Nei paesi con alta copertura, una seconda dose va somministrata all’età di 6-12 anni (2). L’età di predisposizione alla malattia va abbassandosi (nei figli di madri immunizzate artificialmente) La prima dose va somministrata al più presto, ma l’immunità è a breve termine ed una nuova vaccinazione andrà somministrata all’età di un anno. L’immunizzazione artificiale contro il morbillo può decrescere dopo 6-12 anni; ciò richiede una seconda (o terza) dose di vaccino. Le reazioni del sistema immunitario a dosi ripetute di vaccino non sono ben note. E nemmeno conosciamo le modificazioni del sistema immunitario se il bambino manifesta il morbillo (con o senza sintomi) dopo la vaccinazione (2). Tenendo conto del rischio associato alla presenza di proteine residue di origine animale e di contaminanti virali che possono essere introdotti nell’organismo della persona vaccinata, individuare il beneficio di evitare una leggera forma di morbillo rispetto al rischio associato ai possibili agenti contaminanti, non è ben chiaro. Non essendo il vaccino totalmente sicuro, è preferibile permettere alla famiglia e al medico di decidere, anche sacrificando a questa scelta la copertura vaccinale e l’obiettivo dell’EPI di eradicazione del morbillo.

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Trascrizione integrale degli interventi orali Dr. ?: Nonostante i controlli anche accurati, insomma, durante la fase di preparazione. Dr.ssa Spandonide: Breve risposta in francese (cassetta 6, ¼ circa del lato A). Prof. Rossi: Allora, Peter Mansfield “Esperienza di una politica di non vaccinazione”. I remember you that the speaker has 15-20 minutes for the presentation, thank you.

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Dr. Peter Mansfield, M.D., Fondatore “Good HealthKeeping”, Gran Bretagna Esperienza di una politica di non vaccinazione Abstract Il presente studio descrive gli sviluppi nella politica di immunizzazione britannica che hanno costretto l’autore a ritirarsi dal servizio sanitario nazionale e fondare “Good HealthKeeping”. Ai nostri pazienti del “Good HealthKeeping” viene consigliato di vaccinarsi tardi e con moderazione facendo affidamento soprattutto su un buon comportamento igienico sanitario. I risultati di questa pratica, anche per gli uomini d’affari che viaggiano all’estero, si sono finora rivelati eccellenti. Non ci si devono attendere grandi epidemie solo perché ci immunizziamo di meno. L’insistenza nel vaccinare è data puramente da ragioni commerciali. Quando si tratta di prodotti farmaceutici dovremmo modificare la legge sulle autorizzazioni. Introduzione Per 27 anni sono stato un medico generico nel British National Health Service (NHS) che opera unicamente contro la malattia. Durante quel periodo ho iniziato a nutrire un serio interesse per la natura della salute e ho compreso che non si possono rendere sane le persone allontanando le loro malattie. Per questa ragione ho creato “Good HealthKeeping”, un servizio sperimentale per la salute. “Good HealthKeeping” e l'omeopatia sono ora la mia sola attività. Nel nostro programma abbiamo 192 famiglie per un totale di circa 500 individui. Assistiamo inoltre gli impiegati di 5 compagnie commerciali di varia grandezza. Cambiare atteggiamento verso la malattia Sin dalla metà del secolo, in Gran Bretagna e nel mondo, ci sono stati molti cambiamenti negli atteggiamenti ufficiali e medici nei riguardi delle malattie infettive e delle vaccinazioni. Nel passato accettavamo le comuni malattie infettive dell’infanzia e non ce ne sentivamo particolarmente minacciati. Avevamo rispetto per l’igiene personale, difendevamo i bambini più piccoli nell’ambito protettivo del nucleo familiare. Davamo maggiore importanza all’aria pura, ad una alimentazione genuina ed al regolare esercizio fisico. Ora sembra che consideriamo le infezioni come una violazione al nostro diritto presunto di dominare il resto della natura. Non siamo più preparati a fare alcuna concessione all’esistenza di micro organismi patogeni. I nostri figli, sin dalla nascita, si nutrono di omogeneizzati, frequentano da piccolissimi asili nido e scuole, e poi ci chiediamo perché si ammalano così spesso. Ogni volta li curiamo con impazienza e aggressività aggravando ulteriormente il problema. Il marketing, sempre più sofisticato, è largamente responsabile di queste nuove abitudini. Per ogni cosa siamo incoraggiati a procurarci i rimedi dagli scaffali della farmacia. L’auto aiuto e il comportamento responsabile non può essere brevettato, incartato e venduto ed è per questo che ne sappiamo ben poco. Non possiamo condannare il pubblico per non riuscire a resistere all’inesorabile insistenza del mercato, ma possiamo e dobbiamo biasimare le autorità sanitarie che proteggono gli interessi commerciali. Vaccinazione in Gran Bretagna In Gran Bretagna la vaccinazione, amministrata dalle autorità sanitarie locali sotto la guida del Ministero della Sanità, è diventata un fanatismo ad ogni livello che esclude ulteriori considerazioni. I medici del servizio sanitario pubblico vengono solo informati del caso da immunizzare e non

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hanno altre strategie per prevenire le infezioni o adoperarsi per salvaguardare la salute. Le vaccinazioni non sono obbligatorie in Gran Bretagna ma i genitori sono sottoposti a forti pressioni ad accettarle da parte dei medici e del personale sanitario in generale che li stigmatizza come antisociali se non lo fanno. Nel 1970 la comune raccomandazione era di tre dosi di vaccino che combinavano difterite, pertosse, tetano e poliomielite, somministrate all’età di 6 mesi, 8 mesi e 1 anno con un richiamo nel primo anno di scuola (5 anni), che escludeva la pertosse e un altro richiamo nell’ultimo anno di scuola (14 anni) unicamente contro tetano e polio. Il BCG era ed è somministrato a 12 anni. Questo regime ha permesso al sistema immunitario di maturare ancor prima di essere sfidato, non ha tentato di combinare i vaccini virali e non ha fatto alcun tentativo per essere comprensibile. Il numero complessivo delle malattie da sfidare era 18 e valeva la pena discuterne. Dall’ottobre 1996 tutto questo è stato cambiato. Ora già a 2 mesi vengono somministrati 15 vaccini ancor prima dell’inizio del programma immunitario precedente. La Haemophilus influenzae B è stata aggiunta nel periodo infantile e all’inizio dell’età scolare, i vaccini del morbillo, orecchioni e rosolia a 15 mesi e di nuovo all’inizio dell’età scolare raggiungendo 28 dosi di vaccino al compimento dei 14 anni! Obiezioni ed effetti dannosi Nella mia professione medica e ora nell’ambito del “Good HealthKeeping” mi viene spesso chiesto di illustrare gli svantaggi dell’immunizzazione e noi abbiamo preparato un elenco dei punti che riteniamo importanti.

Senza eccezioni le malattie infettive contro le quali erano designati i vaccini erano in netto declino ancor prima che gli stessi vaccini fossero disponibili. Ogni singola malattia è diventata meno grave in conseguenza del progresso avvenuto in epoca post-vittoriana per quanto riguarda igiene pubblica, condizioni abitative, alimentazione e fornitura di acqua - in particolare la separazione del sistema fognario da quello dell’acqua potabile. Nel caso della poliomielite la tendenza al miglioramento sembrava addirittura diminuire dopo l’introduzione del vaccino.

Le migliorate condizioni igieniche portarono ad un notevole declino della gravità delle comuni malattie infettive dell’infanzia. Il morbillo, che è ancora un killer nel terzo mondo, è una malattia meno seria per i bambini dell’occidente ricco - qualsiasi cosa ne dicano i sostenitori del vaccino.

La vaccinazione viene raccomandata senza fare alcun riferimento all’alternativa, priva di rischio, dell’isolamento nel nucleo familiare. Questo è particolarmente riprovevole se si pensa che non viene suggerita alcuna protezione durante i primi due mesi di vita prima dell’inizio delle vaccinazioni. Non viene mai fatta alcuna menzione sull’efficacia dell’allattamento al seno come naturale immunizzazione contro le malattie (ad eccezione della tosse convulsa) incluse tutte quelle per le quali i vaccini non sono disponibili.

Di normale amministrazione è raccomandare le vaccinazioni ad una età in cui non si sono ancora stabilite le normali funzioni del sistema immunitario (che avviene a circa 6 mesi). Ho superato il mio esame finale di medicina discutendo contro le vaccinazioni prima dei 6 mesi di vita. Le mode cambiano, ma non i fatti.

Con due eccezioni (tetano e polio) i vaccini vengono somministrati per via innaturale, per cui provocano una grossa scossa al sistema immunitario e interessano una larga parte di esso, più di quanto sia necessario per raggiungere l’effetto desiderato.

La vaccinazione è selettiva per natura. Protegge da malattie rare tralasciando quelle comuni. In natura è virtualmente impossibile essere infettati da due virus contemporaneamente, in quanto

il primo che attacca dissuade il secondo. Sfidare il corpo iniettando simultaneamente fino a 4 virus significa andare in cerca di problemi.

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È ora chiaro che la protezione a lungo termine, promessa dalle vaccinazioni artificiali, non si verifica. La vulnerabilità ricompare entro 7 - 10 anni dall’ultimo richiamo. Questo impegna i pazienti ad una serie senza fine di richiami del vaccino, ciascuno dei quali espone ad un aumento delle possibilità di reazioni ostili o allergie. L’aumento percentuale di reazione contro i richiami del vaccino del tetano ne è un esempio.

Ne consegue che l’individuo vaccinato sarà vulnerabile a ripetute infezioni durante la sua vita adulta, periodo nel quale le conseguenze delle infezioni infantili sono molto più dannose. Per esempio, complicazioni date dagli orecchioni, come pancreatite e sterilità, sono più comuni negli adolescenti e negli adulti.

Uno dei vantaggi nell’avere un’infezione che contagia i giovani di una comunità è la resistenza che ne consegue. I nativi della foresta pluviale sono stati virtualmente annientati da infezioni, per noi insignificanti ma per loro sconosciute, introdotte dai boscaioli emigranti che si erano a mala pena resi conto di essere malati. Se mai avesse successo il programma di vaccinazione universale perderemmo questa resistenza entro una generazione.

I primi vaccini erano contro malattie incurabili e pericolose come tetano e polio. Gli obiettivi più recenti si sono rivolti verso malattie più benigne come morbillo, orecchioni e rosolia. Il rapporto rischio/beneficio sta crescendo inverosimilmente.

È impossibile predire esattamente quali saranno gli effetti collaterali e quanto gravi risulteranno. Generalmente, comunque, gli effetti collaterali saranno più probabili e più gravi nelle persone più deboli, cioè proprio coloro per i quali la vaccinazione è stata concepita.

Gli effetti collaterali sono irreversibili, possono essere disastrosi e violano l’intimazione ippocratica “non nuocere ad alcuno”. Persino nei più deboli, gli episodi di malattie infettive sono raramente così devastanti. Quando si verificano complicazioni estremamente gravi di feroce infezione non c’è per lo meno alcuna violazione al giuramento di Ippocrate - la guida morale ed etica del medico.

I vaccini sono creati con virus o germi alterati, scelti per i loro effetti più leggeri ma simili nella loro identità. Ma i virus in vita si reinventano continuamente. Non c’è nessuna ragione perché una ulteriore mutazione non si verifichi una volta che un vaccino con un virus in vita è stato creato o ricostituito individualmente. Non possiamo essere certi che ulteriori mutazioni siano necessariamente benigne. Quando più di un virus vivente è unito ad un vaccino, le possibilità di un mutamento genetico aumentano considerevolmente.

I vaccini sono creati in colture biologiche come cellule di fegato di scimmie, uova e colture di cellule umane. È possibile che queste colture vengano contaminate da altre sostanze immunoattive che in futuro potrebbero rappresentare un rischio. Un valido esempio è il considerevole incremento nel rischio di asma in neonati vaccinati contro la tosse convulsa (vedi riferimento J. Primal Health).

Altri paesi, dove la vaccinazione era obbligatoria, si sono ricreduti. In Germania le vaccinazioni sono diventate volontarie a causa di un gran numero di persone danneggiate dalle vaccinazioni per le quali lo stato è divenuto, come risultato di un’azione processuale, passibile finanziariamente. Il Giappone ha recentemente effettuato lo stesso cambiamento ed ha persino posto fuori legge il vaccino dell’influenza in quanto ritenuto inutile. Solamente negli U.S.A. e in Francia le vaccinazioni rimangono obbligatorie e, per quanto ne sappiamo, entrambi questi paesi hanno le maggiori industrie farmaceutiche coinvolte nella produzione dei vaccini.

La vaccinazione contro le varie cause della meningite è in primo luogo uno stratagemma manifestamente falso. La meningite non colpisce come una comune epidemia. Alcuni individui diventano enormemente suscettibili a germi comuni - come se perdessero improvvisamente il loro abituale controllo. Quasi tutti noi abbiamo sempre quei germi nel naso e nella gola e non ci provocano alcun danno. Qualunque siano le cause per le quali questi germi benigni e vulnerabili impazziscono e uccidono le loro vittime nel giro di 36 ore non ha niente a che vedere con un’infezione recente ed è improbabile una prevenzione per mezzo di un vaccino. Questo potrebbe persino aumentare il rischio di morte, come apparentemente ha fatto la vaccinazione contro il vaiolo

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nel sud dell’Inghilterra e nelle Filippine (vedi “Trattato di Pasteur”). Gli opuscoli promozionali sulla vaccinazione pubblicati dai dipartimenti statali e le pressioni

dietro ad essi sono scientificamente disonesti. Si rifiutano di appoggiare la mole di letteratura scientifica mondiale che ha un atteggiamento critico verso l’immunizzazione mentre si proclamano obiettivi. Ignorano o non accettano le alternative. Non si può sfuggire al sospetto che qualcosa di profondo e poco chiaro si nasconda dietro tutto questo. A dir poco le industrie farmaceutiche coinvolte operano a loro favore come una vera lobby.

Le cause dell’AIDS e della fatica cronica/encefalomielite mialgica (solo per nominare due piaghe moderne) non sono per ora per niente chiare. Una teoria sulla causa dell’AIDS proposta da Duesberg e Yiamouyiannis, e ben convalidata dall’evidenza, suggerisce tra l’altro che molteplici piccoli attacchi al sistema immunitario (come ripetute iniezioni o trasfusioni) lo indeboliscono gradualmente. Una vaccinazione è, per concezione e scopo, più di un piccolo attacco. Non possiamo ancora avere le idee chiare su quello che ripetute vaccinazioni potrebbero causare, dato che abbiamo appena iniziato. Molte più persone di quelle che le industrie farmaceutiche riconoscono, hanno avuto una reazione contraria al vaccino, per lo meno la metà di quelle sottoposte al vaccino del morbillo. I medici che lo ignorano commettono una seria infrazione all’ingiunzione ippocratica “non nuocere ad alcuno”. Un’alternativa positiva Quando sorsero dei dubbi sul vaccino della pertosse, ho iniziato a somministrare in alternativa il Pertussin 30C omeopatico e raccomandavo fortemente di attendere fino a 6 mesi per qualsiasi altro vaccino. Abbiamo suggerito, poiché seguiva un percorso naturale, che è ragionevole fare l’immunizzazione contro il tetano e la polio ma comunque solo quando esistano dei rischi reali (prima di viaggi all’estero). Abbiamo inoltre compilato una lista di raccomandazioni generali per l’igiene atte a ridurre le infezioni incrociate, ma che incoraggiano i genitori a lasciare che bambini sani vengano a contatto con le comuni malattie infettive dell’infanzia come orecchioni, rosolia e varicella, ogni qualvolta si verifichino naturalmente. Sin dall’inizio siamo stati contrari al vaccino della meningite in quanto non corrisponde al modello di malattia infettiva. Poiché gli organismi responsabili sono comunemente ospitati da naso e gola sani, ciò che causa la malattia è una qualche caratteristica nella schiera delle difese e non il germe. È mia convinzione che l’uso assai diffuso degli antibiotici è la causa maggiore che predispone alla meningite batterica e che tentativi di immunizzare contro di essa indeboliscano solamente l’individuo minacciato. Queste sono le raccomandazioni che facciamo ai nostri pazienti:

Iniziate una gravidanza quando siete in piena salute. Allattate al seno finché il vostro bambino lo accetta. Svezzare non è abbandonare il seno ma

andare verso cose nuove. Non esiste quasi alcuna ragione per smettere di allattare e numerose buone ragioni per evitare ogni altro alimento fino a circa 6 mesi di età.

Mangiate sempre cibi freschi di ottima qualità e, se possibile, prodotti con concimi organici o coltivati nel giardino di casa, e una parte di essi crudi. Quando svezzate il vostro bambino nutritelo con gli stessi alimenti accuratamente selezionati per lui.

Sin dalla nascita proteggete il vostro bambino con l’isolamento entro il nucleo familiare: idealmente questo significa anche partorire in casa. La serie delle sfide è quindi inizialmente limitata alle cose che la madre già conosce e la protezione è nel suo latte. La sfera gradualmente si estende con un ritmo che il bambino può sostenere. Questo metodo agisce contro tutto, con la massima economia lasciando il sistema immunitario completamente disponibile per le reali minacce: comune raffreddore, influenza, intossicazione alimentare.

Per le stesse ragioni, pensateci tre volte prima di mandare il vostro bambino ad un asilo nido prima che abbia un anno di età. I bambini più sicuri di sé sono educati a casa con i loro familiari ed

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amici fino all’inizio della scuola - 4, 5 anni. Non cercate di evitare che il vostro bambino venga a contatto con lo sporco, lasciate perfino che

ne mangi. La sterilizzazione del nostro ambiente ci rende più vulnerabili e non più forti. La graduale esposizione ai bacilli ci rende in generale più immuni alle malattie, rivestendo la nostra pelle ed il nostro intestino con uno spesso strato di germi innocui che rendono difficile l’arrivo di malattie occasionali.

Evitate visite con il vostro neonato in luoghi affollati, particolarmente in presenza di nebbia o di aria stagnante, specialmente in inverno. Tutte queste cose aumentano i rischi di infezioni per via aerea. Quando portate fuori il vostro neonato usate un marsupio, non un passeggino o una carrozzina. Le persone sono portate a vezzeggiare il vostro bambino in carrozzina mentre voi siete distratti, ma se usate il marsupio vi si dovrebbe venire vicino abbastanza da disturbarvi.

Se una qualsiasi ordinaria infezione infantile colpisce i vostri vicini, lasciate che i vostri figli la prendano, se il vostro figlio più giovane ha superato il primo anno di età. La vecchia idea di organizzare una festa per diffondere tutte le cose comuni e togliersi così il pensiero era una medicina preventiva molto sana.

Vaccinate il più tardi possibile e non esattamente quando raccomandato. L’inizio della scuola è presto abbastanza. Prendete in considerazione polio e tetano particolarmente se pensate di portare il bambino in vacanza all’estero, ma diffidate di altre proposte. Risultati e conclusioni Sono felice di riferire che non abbiamo avuto alcun incremento nella diffusione di malattie infettive nell’area in cui operiamo da più di vent’anni come risultato di una politica di vaccinazione limitata e tardiva. Nessuno degli uomini d’affari che viaggiano all’estero senza alcuna o tutte le vaccinazioni abitualmente raccomandate ha avuto alcun danno: hanno fatto meglio preoccupandosi di evitare punture di insetti e prestando attenzione all’igiene degli alimenti. Al contrario, forse, qui abbiamo meno influenza e sospetto che le nostre vecchie campagne di vaccinazione anti influenzale stavano introducendo epidemie di questa malattia. Probabilmente qui abbiamo il 10-20% in più di persone sane i cui sistemi immunitari sono stati risparmiati da vaccinazioni precoci permettendogli di maturare normalmente, ma per poter seguire opportunamente questa pratica ho dovuto ritirarmi dal NHS. Concludo dicendo che la politica di vaccinazione del Regno Unito è guidata principalmente da pressioni commerciali da parte dei produttori dei vaccini, esercitate largamente su autorità sanitarie, medici e infermieri. La scienza, i desideri dei genitori, il buon senso non rientrano in tutto questo. La situazione è parallelamente simile per altri sviluppi in campo farmaceutico. Probabilmente la sola soluzione è di rivedere a livello internazionale la legge sui brevetti, per lo meno per quanto riguarda i prodotti farmaceutici. L’approccio più completo, razionale, sicuro, sostenibile per prevenire le malattie infettive è di coltivare attivamente la salute di ogni individuo. Questo tipo di azione viene grossolanamente trascurato nel mondo sviluppato poiché non è una di quelle cose in cui gli interessi commerciali possano contare di prosperare. Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Rossi: Grazie, Dr. Mansfield. Aprirei la discussione su questa interessante relazione, molto sintetica, anzi, ringraziamo di questo. Ci sono interventi? Prof. Sciaudone:

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Mi sembra che, sostanzialmente, i contributi che sin’ora sono stati portati abbiano, per lo meno, fatto luce su questo aspetto particolare. Tenuto conto della relazione di Francesco Caruso di questa mattina, appare evidente che la soluzione, dal punto di vista legislativo, non possa essere richiesta a livello comunitario. E’ stato detto con estrema chiarezza, perché questo è un problema di diritto interno e quindi di legislazione interna dei singoli stati. Appare evidente che occorre trasferire il problema da trattamento sanitario obbligatorio, che è rapporto tra cittadino e lo stato, nell’alveo che è stato sottolineato dal collega Lery, di una vaccinazione come atto medico e quindi come recupero di un rapporto tra medico e paziente, e questo prevede, a un certo punto, solo la facoltatività della vaccinazione stessa. Voglio ricordare che per quel che riguarda il diritto interno italiano – ne parleremo anche domani, ma ritengo di anticipare questa nozione – c’è una circolare ministeriale che sottolinea i problemi della controindicazione alla vaccinazione; ma come si può attualizzare il discorso della controindicazione se il medico non osserva il paziente? Ecco l’interrogativo che si pone. Prof. Rossi: Grazie, e darei la parola al Dr. Gerhard Buchwald, l’ultimo relatore, ricordando – purtroppo il moderatore fa sempre un mestiere ingrato – ricordando i famosi tempi, 15 minuti, al massimo 20 minuti. Prego.

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Malattie infantili e infettive in Germania a fronte delle statistiche. Gerhard

Buchwald, M.D., Germania

Abstract Nel caso delle vaccinazioni il corso degli avvenimenti indica quanto sia giusto il detto di Aschner: “La storia della medicina è una storia degli errori”. Oltre due secoli di insuccessi nel campo della sperimentazione vaccinica dimostrano che la dottrina di una “vaccinoprofilassi” riproducibile artificialmente è uno di questi errori. Fondamento dell’immunologia e pertanto anche di tutte le vaccinazioni è la “teoria anticorpo-antigene” che afferma quanto segue: Se una determinata “sostanza” (in genere batteri o virus in forma vivente-attenuata o inanimata) viene immessa in un organismo, questi fungeranno da “antigeni” e indurranno il corpo a produrre delle “sostanze protettive”, gli “anticorpi”. Se sopraggiunge un’infezione, gli anticorpi porteranno alla sopraffazione dell’agente patogeno penetrato. Con le vaccinazioni, queste sostanze vengono apportate artificialmente, e fungono da “anticorpi” ovvero ne inducono la formazione. Gli agenti patogeni penetrati (“antigeni”) vengono resi innocui dagli “anticorpi”. In tal modo verrebbe raggiunta l’”insensibilità” verso una determinata malattia, stato che viene chiamato “immunità”. Attualmente, in tutti gli stati industrializzati di livello sociale buono, in seguito ai miglioramenti di carattere civilizzatore, tecnico e igienico, sussistono situazioni epidemiali/epidemiologiche favorevoli. Malattie infettive un tempo temute oggigiorno non hanno più alcuna importanza. I diagrammi statistici disponibili soltanto in Germania indicano una diminuzione costante di tutte le malattie infettive dalla fine dell’ultima guerra e dall’introduzione della legge federale per la prevenzione delle epidemie del 1962. Sulla base di questi diagrammi su vaiolo, tubercolosi, difterite, tosse convulsa, tetano, morbillo, parotite e HIB si dimostra che in nessun caso l’introduzione di una vaccinazione diretta contro queste malattie ha cambiato positivamente l’andamento del diagramma. Al contrario: i grafici mostrano che nell’anno successivo alla vaccinazione si è verificato un aumento sia per quanto riguarda la contrazione della malattia che i decessi. Nel diagramma ciò viene indicato con un “picco di aumento”. Successivamente, il trend calante è proseguito sia per quanto riguarda la contrazione della malattia che i decessi, ma sempre in modo più lento rispetto al periodo precedente alla vaccinazione. Pertanto, le vaccinazioni non possono essere la causa della nostra situazione epidemiologica favorevole. La Germania è l’unico paese al mondo in cui ci sono sia un Ufficio Federale di Statistica che una legge federale per la prevenzione delle epidemie. Da quando questa è entrata in vigore, nel 1962, c’è l’obbligo di denuncia per molte malattie infettive. Poiché tali diagrammi non esistono in nessun altro paese al mondo, in nessun altro paese è quindi possibile dubitare dell’asserzione secondo cui la diminuzione di queste malattie sia una conseguenza delle vaccinazioni eseguite. La mia relazione mostra che ciò non corrisponde a verità. Ma allora perché le vaccinazioni hanno fallito per tutti i tipi di malattia contro cui sono state effettuate? La risposta è una sola: La Teoria Anticorpo-Antigene deve essere sbagliata. Non c’è alcun processo medico che abbia arrecato all’umanità così tanta sofferenza, infelicità, dolore e lacrime, orrende deturpazioni, danni gravissimi nonché milioni di decessi quanto il processo vaccinico, e ciò dura da 250 anni. Le seguenti affermazioni potranno essere lette nel libro di THEA LEITNER: “Habsurgs verkaufte Toechter” edito da Piper Muenche Zuerich.

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Il primo incidente di cui sono venuto a conoscenza tramite questo libro è quello dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria. La storia è questa: si cercava una moglie per Ferdinando, principe ereditario del Regno delle Due Sicilie. A Vienna regnava Maria Teresa. La figlia maggiore, Maria Anna, era una donna intellettuale e pedante. Maria Elisabetta aveva il viso pieno di cicatrici del vaiolo. Maria Cristina e Maria Amalia erano già promesse. La scelta cadde su Giovanna Gabriela. Era nata nel 1750, ossia un anno prima di Ferdinando e sembrava proprio adatta. I controlli cominciarono quando ella ancora non aveva compiuto 13 anni. In realtà la cosa non era assolutamente matura ma i medici avvisarono: la futura imperatrice non poteva recarsi a Napoli senza alcuna protezione. Probabilmente seguirono le stesse parole che oggi ben conosciamo: Per un viaggio simile è necessaria una vaccinazione, chi non si fa vaccinare è un chiacchierone, un simile comportamento è sconsiderato, pericoloso e irresponsabile, ecc. ecc. Dopo che l’imperatrice Maria Teresa era stata “inoculata”, lo stesso procedimento fu applicato anche a Giovanna Gabriela. Maria Teresa fu colpita lievemente dall’epidemia, ma Giovanna Gabriela si ammalò di vaiolo e morì. Ecco quindi che fu il turno della figlia successiva, Maria Giuseppa, nata nel 1751. Il 23.2.1766 venne perfezionato il contratto di matrimonio. Il 13 gennaio 1767 il sedicenne principe ereditario Ferdinando IV salì al trono del Regno delle Due Sicilie e prese moglie. A Vienna fervevano i preparativi per il matrimonio, e ancora una volta da parte dei medici giunsero i soliti avvertimenti che erano simili a quelli che noi oggi conosciamo e con cui viene trattata la nostra popolazione. E così anche per Maria Giuseppa venne eseguita la ”inoculazione”. Dopo breve tempo ella si ammalò di vaiolo. Morì proprio nell’ora in cui avrebbe dovuto sposarsi. Ecco quindi che la figlia successiva, Maria Carolina, nata nel 1752, fu pronta a partire. Si sposò il 7 aprile 1768 nella chiesa di S. Agostino a Vienna, appena cinque mesi dopo la morte della sorella Giuseppa. Fece da sposo suo fratello Ferdinando. Il 12 maggio 1768 Maria Carolina fu “consegnata” alla delegazione napoletana e cominciò il viaggio. A Portello Ferdinando era in attesa della sua giovane moglie ed essi trascorsero la prima notte di nozze nella Reggia di Caserta. La sua accompagnatrice, Maria Ludovica, comunicò a Vienna che il matrimonio era stato consumato quella stessa notte. L’aspetto di suo marito non corrispondeva alle aspettative di Maria Carolina. Forse fu questo il motivo per cui ella in un primo momento non rimase incinta. Tra i due nacque però l’amore e dopo quattro anni di matrimonio, il 6 giugno 1772, venne alla luce la prima figlia, Maria Teresa. L’incantesimo era rotto: nei 20 anni successivi Maria Carolina fu o a lutto per un bambino o “speranzosa”. Ebbe 18 figli, 11 bambine e 7 maschietti, 11 dei quali morirono in tenera età. Il giorno di Capodanno del 1789 le morì un bimbo di 9 anni, giusto un mese dopo fu la volta dell’ultimogenito che fino a quel momento era stato sano, forte e promettente. Entrambi morirono per la stessa “inoculazione preventiva” di cui negli anni precedenti erano morte le sorelle di Carolina. A tal proposito il medico Zacharias Wertheim scrisse nel suo “Topografia Medica di Vienna” pubblicato nel 1810: “Tali incidenti causano ai genitori coscienziosi più dolore che la morte vaiolo contratto per puro caso”. Fino ad oggi nulla è cambiato. E’ molto più difficile sopportare di perdere un figlio a causa di una vaccinazione che di una malattia infettiva fatale. Proprio come oggi i medici negano qualsiasi rapporto tra le più gravi malattie dovute alle vaccinazioni e le vaccinazioni stesse adducendo il “caso”, anche all’epoca i medici contestarono il rapporto causale della morte per vaiolo con la precedente inoculazione. I medici del tempo, tuttavia, non parlarono di “caso” ma affermarono che Maria Carolina aveva ucciso i figli per danneggiare i Borboni. I bambini morti prematuramente non morirono a causa delle oggi tanto maledette malattie infantili, ma di infezioni gastriche e intestinali di cui oggi conosciamo la causa: l’acqua che bevevano era sporca. Anche in questo caso igiene e non vaccinazioni. Per quanto riguarda la fertilità, con le 18 nascite Maria Carolina superò la madre, l’imperatrice Maria Teresa. Nel 1775, in un anno mise al mondo due bambini. Uno nacque in gennaio e l’altro il 23 novembre. Maria Carolina morì nel 1814. Il detto “la storia della medicina è una storia di continui errori” fu coniato dal ginecologo tedesco Bernhard Aschner. Ad esempio, i medici dell’epoca affermavano che se il pus estratto da una vescica di una persona ammalata di una forma lieve di vaiolo viene iniettato in una persona sana,

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anche la persona sana inoculata dovrebbe contrarre il vaiolo in forma lieve, avendo raggiunto la cosiddetta “resistenza al vaiolo”. Questo è un errore che ebbe gravi conseguenze, in quanto il risultato di tale manipolazione era del tutto incerto. Molte persone si ammalarono gravemente, molte morirono e, soprattutto, ognuna di esse divenne una fonte di infezione e quindi un pericolo per il prossimo. Una conseguenza furono le epidemie del Medioevo per noi quasi inimmaginabili. Le gravi epidemie del 1794 ad Amburgo e del 1795 a Berlino scoppiarono in questo modo. Il medico Hufeland introdusse questa pratica a Weimar devastando mezza Weimar. Dapprima le grandi città ed in seguito anche i Laender tedeschi vietarono con pesanti sanzioni questo metodo vaccinale, portando alla scomparsa delle grandi epidemie. Gli innumerevoli casi di vaiolo dell’epoca furono imputati ai medici. Cosa che venne violentemente contestata - proprio come avviene oggi. Questa pratica, tuttavia, non fu introdotta soltanto in Europa ma anche nel “Nuovo Mondo”. Su una lapide che si trova in un cimitero di Fort Hill ad Huntington, Long Island/NY, USA. l’iscrizione recita (traduzione): “In memoria di Peleg, figlio di Thomas e Mary Conklin morto di vaiolo all’età di 17 anni il 17 gennaio 1788 in seguito ad inoculazione”. In quel periodo il medico di campagna inglese Edward Jenner inventò la vaccinazione con vaiolo vaccino e nel 1796 pubblicò la sua procedura. Questa data segna l’inizio dell’era delle vaccinazioni. Come prima di lui gli inoculatori, anche Jenner affermava che il suo procedimento era innocuo e che conduceva alla “resistenza al vaiolo”. grafico La diapositiva indica i casi di vaiolo registrati in Germania dal 1816 al 1874. I corsi ondulatori sono comuni a tutte le malattie infettive. Essi vengono meglio rappresentanti per le malattie con migliaia di casi che non per le malattie con casi meno numerosi. Tuttavia, anche per le malattie con pochi casi, queste onde sono dimostrabili, come vi mostrerò in seguito. Sebbene dal 1816 in tutta la Germania si sia vaccinato contro il vaiolo, per lo più in seguito a decreti federali, il diagramma indica che queste vaccinazioni non hanno avuto alcuna influenza sul decorso dell’epidemia. Al contrario, il trend in aumento è evidente. Dopo la guerra del 1870/71 nacque il Reich tedesco e la conseguenza diretta della guerra furono lager sovrappopolati in cui vigevano condizioni igieniche vergognose, da cui scaturirono le epidemie di vaiolo più gravi che la Germania abbia mai visto. Ciò portò nel 1874 all’approvazione della “legge del Reich sulle vaccinazioni” entrata in vigore nel 1875. grafico Qualsiasi studente di medicina conosce questo diagramma verso cui prova grande timore reverenziale. All’università ci è stato spiegato, come è evidente, che la grande impresa del medico inglese Edward Jenner, insieme ad una legislazione saggia, hanno fatto scomparire una piaga dell’umanità. Si potrebbe chiaramente constatare che in seguito all’introduzione della “legge del Reich sulle vaccinazioni” dal 1875 non c’è stato più vaiolo. Ma è stato effettivamente così? A prima vista sembra che ciò sia vero. Se però osserviamo la cosa attentamente, è evidente che già dal 1873 e dal 1874 si riscontrava una netta diminuzione dei decessi per vaiolo. La “legge del Reich sulle vaccinazioni”, però, entrò in vigore soltanto nel 1875 e nessuna legge può vantare effetti prima di entrare in vigore. grafico Se lo stesso grafico viene guardato un po' più attentamente, si scopre un’immagine diversa: Dopo aver rispedito in patria i prigionieri di guerra francesi, i decessi per vaiolo diminuirono vertiginosamente. Quando entrò in vigore la “legge del Reich sulle vaccinazioni” i casi di vaiolo

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erano inferiori a quelli registrati prima della guerra. La legge fu inutile. La sua applicazione forzata dalla polizia non impedì che fino alla prima guerra mondiale e anche negli anni successivi vi fossero continue epidemie di vaiolo con decessi. La Germania si liberò del vaiolo dal 1933, non in seguito all’obbligo di effettuare la vaccinazione ancora esistente ma quale conseguenza politica della chiusura ermetica della Germania rispetto al resto del mondo e pertanto rispetto alle possibilità di contrarre infezioni. Quando, durante la Seconda Guerra Mondiale, i soldati tedeschi ben nutriti e più volte vaccinati vennero a contatto con il vaiolo nelle zone di confine greco-turche, sia tra i soldati tedeschi che tra il personale d’occupazione tedesco si registrarono casi di vaiolo e decessi. Il primo allarme vaiolo, importato dai soldati americani, fu a Wiesbaden nel 1947. La malattia colpì il personale di assistenza tedesco e la popolazione civile. grafico Seguirono altri 10 scoppi di epidemia. I malati (quasi 100) erano, a prescindere da tre eccezioni, non soltanto cittadini vaccinati conformemente alla nostra legislazione, ma dopo che l’importazione del vaiolo era stata resa nota, essi erano stati vaccinati di nuovo - e si ammalarono comunque. Tubercolosi Sulla tubercolosi disponiamo dei dati statistici più antichi. grafico Il grafico indica che dei 10.000 decessi registrati nel 1795, 75 erano da ricondurre alla tubercolosi. Questo numero andò diminuendo di anno in anno, fin quando, nel 1955, ci furono soltanto 5 decessi. Il grafico deriva da un lavoro del prof. Weise dell’allora Ufficio d’Igiene Federale di Berlino. Il Prof. Weise nota che la scoperta dell’agente patogeno da parte di Robert Koch nel 1882, l’istituzione dell’assistenza previdenziale antitubercolare, l’imposizione di cure in sanatorio, l’introduzione della vaccinazione BCG nonché l’ampio uso di chemioterapia non ebbero alcuna influenza sull’evoluzione dell’epidemia e quindi sull’andamento del grafico che seguiva un proprio ritmo interno. Il che significa: anche se contro la turbecolosi non avessimo intrapreso alcunché, oggi ci sarebbe la stessa situazione epidemica favorevole. Il grafico indica chiaramente due picchi massimi: corrispondono alle due guerre. All’incirca intorno al 1990, dappertutto si sentiva e si leggeva dell’allarme pianificato della nostra popolazione in merito ad una “ripresa” della tubercolosi. Cosa era accaduto? Dopo la svolta, nel 1989 i nuovi cittadini federali non avevano portato soltanto 16 milioni di cittadini nella nuova unione di stati, ma ovviamente anche il numero dei loro malati di tubercolosi. Questa era la causa della “ripresa”. Questo piccolo aumento fu pareggiato già dopo 5 anni. La diminuzione della tubercolosi riscontrata in entrambe le parti della Germania perdurò. Per il 1994 l’Ufficio Federale di Statistica di Wiesbaden, denunciò ancora 14.000 nuovi casi con 1.014 decessi, il che significa che, nel 1994, su 14 malati uno morì mentre gli altri 13 guarirono. Ero molto in ansia sul se e quando in una Germania con 82 milioni di abitanti si sarebbe scesi al disotto del fatidico numero di decessi “1000” e con le mie molteplici telefonate feci quasi innervosire l’Ufficio Federale di Statistica.

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Nel settembre 1996 ricevetti la lieta notizia, ossia che nel 1995 si erano registrati soltanto 936 decessi per tubercolosi. Grafico Per chiudere il capitolo “Tubercolosi” vi mostro un grafico austriaco sui decessi riscontrati su bambini viennesi tra il primo e il decimo anno di età. In Austria, la diminuzione delle malattie infettive corrisponde alle condizioni tedesche. Nel 1900, a Vienna 1.800 bambini morirono di tubercolosi, Questo numero spaventoso andò diminuendo di anno in anno e assolutamente senza vaccinazioni. In 50 anni raggiunse quasi il punto zero. Le vaccinazioni furono introdotte nel 1950, quando a Vienna si erano registrati ancora 2 decessi. Nell’anno seguente a Vienna non ci fu alcun decesso per tubercolosi. Dall’andamento del grafico, qualsiasi persona ragionevole può dedurre che c’era da aspettarselo. Gli “scienziati” austriaci affermano seriamente che il raggiungimento del punto zero sia una conseguenza della “vaccinazione ad ampio raggio dei bambini austriaci”. Difterite La turbercolosi è una malattia a decorso lento. Nel caso della difterite, invece, tutto procede molto più in fretta. Se dal contagio all’insorgere della malattia la tubercolosi impiega eventualmente tre mesi, talvolta una difterite può insorgere 24 ore dopo il contagio. Nel caso della tubercolosi il decorso della malattia dura in genere mesi o anni, una semplice difterite senza alcuna complicazione può giungere a guarigione in pochi giorni. E’ una malattia infettiva che in caso di bisogno, povertà e fame aumenta chiaramente, ma che d’altronde diminuisce con particolare evidenza in presenza di migliori condizioni di alimentazione, igiene, civilizzazione. grafico Dopo la Seconda Guerra Mondiale, a partire dalla riforma monetaria del 1948, vi fu un rapido miglioramento delle condizioni generali in cui versava la popolazione. Ciò portò ad una diminuzione particolarmente repentina dei decessi per difterite. Nel 1949 vi furono 1.146 decessi che 6 anni più tardi divennero soltanto 200. Dai 200 decessi del 1955 si passò ai 10 del 1965 - ed oggi è ancora così e tale rimarrà! Queste erano le condizioni relativamente ai decessi per difterite. Ancora più interessante era il decorso delle contrazioni della malattia, con cui si intendono i numerosi casi di malattia giunti a guarigione. Dopo la Prima Guerra Mondiale - senza vaccinazioni e soltanto sulla base dell’alimentazione di nuovo sufficiente e di alcuni miglioramenti di carattere tecnico-civilizzatore-igienico, i circa 100.000 casi annui scesero a ca. 20.000 nel 1925. In quell’anno, con uno sforzo promozionale da parte dell’industria farmaceutica per quei tempi davvero notevole, venne introdotta e sempre più largamente applicata la vaccinazione antidifterica. Come indica il grafico, si registrò un “successo” curioso: il numero di casi andò aumentando di anno in anno per poi aumentare vertiginosamente durante gli anni della guerra. Il picco si registrò dal 1943 al 1945, con circa 250.000 nuovi casi all’anno. Mentre all’inizio della guerra ancora si vaccinava diligentemente contro la difterite, le vaccinazioni scomparirono nell’ultimo periodo della guerra e negli anni del dopoguerra, per poi riprendere dopo la riforma monetaria e dopo la ripresa della produzione del vaccino negli stabilimenti addetti. Da allora in poi, il grafico indica un rallentamento della diminuzione con una nuova tendenza più piatta, il che significa che le diminuzioni si fecero ancora più lente.

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La nuova tendenza si protrasse per molti anni, finché le vaccinazioni di massa dal 1970 al 1980 non provocarono un’ “agitazione” nel decorso del grafico. Dal 1980 (sul testo è scritto “1970”, N.d.T.) al 1985 si riconosce di nuovo una tendenza quasi costante, più piatta rispetto alla tendenza precedente. Dal 1985 la difterite è diventata priva di importanza. Il grafico induce a supporre che probabilmente, senza vaccinazioni avremmo raggiunto 25 anni prima le condizioni raggiunte nel 1985 (sul testo è scritto “1955”, N.d.T.). In quest’ultimo grafico, vi prego di osservare il parametro riportato sull’asse delle ordinate. Esso si estende dal numero “5” al numero “40”. Nel 1976 ci furono di nuovo 83 casi di difterite. Qui le onde si fanno riconoscere facilmente, come ho mostrato all’inizio per i decessi per vaiolo. Poiché in quel caso i numeri erano nell’ordine delle migliaia, le onde erano più chiare e nettamente più evidenti. I picchi massimi erano gli anni 1977, 1983 e 1993. Le onde rappresentano decorsi infettivi naturali, che non hanno nulla a che vedere con un “ritorno” o con una “ripresa” della difterite. Tali esternazioni sono allarmismo puro, il cui unico scopo è di indurre la popolazione a tollerare l’eccessiva profilassi vaccinica antidifterica - e ciò di nuovo porta ad un aumento del profitto dell’Industria Farmaceutica. Tosse convulsa Un tempo i casi di tosse convulsa venivano denunciati. Negli anni successivi alla riforma monetaria fu evidente che la malattia andava attenuandosi di anno in anno diventando sempre più esigua dal punto di vista numerico. Quando nel 1962 fu introdotta la legge federale sulla prevenzione delle epidemie, venne abrogato l’obbligo di denuncia dei casi di tosse convulsa. Per i decessi per tosse convulsa, invece, l’obbligo di denuncia fu mantenuto. Il grafico indica la diminuzione dei casi di tosse convulsa dal 1948 fino all’abrogazione dell’obbligo di denuncia nel 1961. Nel periodo seguente l’andamento della tosse convulsa si attenuò ulteriormente. Se oggi un bambino ha per 3-4 settimane una “tosse” che non migliora, si comincia a pensare che potrebbe trattarsi di tosse convulsa che essere curata in modo appropriato. Il diagramma seguente indica che la vaccinazione contro la tosse convulsa non ha alcuna influenza sulla contrazione della malattia. I decessi per tosse convulsa indicano che dal 1946 al 1952 vi fu una buona tendenza al ribasso. In quell’anno fu introdotto il semplice vaccino “P”, e il grafico indica dapprima un picco massimo e poi indicare il perdurare di una diminuzione generale. Il vaccino “DPT” venne introdotto nel 1960. Dopo il picco registrato nell’anno successivo, la stessa diminuzione prosegue del tutto immutata. All’epoca delle vaccinazioni di massa praticate dal 1970 al 1980, la curva raggiunge lo spazio appena al di sopra della base. Da noi, da anni i decessi per tosse convulsa si contano sulle dita della mano. Dal 1970 al 1975, da noi si sono verificati numerosi incidenti particolarmente gravi dovuti alle vaccinazioni contro la tosse convulsa. Essi erano altrettanto gravi e numerosi come i danni causati dalle vaccinazioni antivaiolose. Dal 1976, tuttavia, gli incidenti per vaccinazione denunciati ogni anno andarono chiaramente e, in un primo momento, inspiegabilmente diminuendo. Inoltre, non vi furono più decessi. Una pubblicazione informava sui dati di fatto mostrando le relative tabelle. Venivano spiegati anche il come ed il perché: quasi segretamente, dal 1970 i produttori di vaccini avevano ridotto il numero di germi presenti nel vaccino da 15x10 su 9 a 11,5x10 su 9 batteri/dose. Questo indica che i produttori di vaccino devono disporre di informazioni molto precise sul numero e sulla gravità dei danni prodotti dalle vaccinazioni. La riduzione di incidenti seguita alla diminuzione del numero di

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germi e la scomparsa dei decessi è una prova evidente del rapporto di causalità. Non è una “coincidenza” come si afferma oggi. La tabella indica inconfutabilmente che la causa dei numerosi incidenti e decessi deve essere intravista nel vaccino ovvero nella sua composizione. A causa di questi gravi incidenti, nel 1975 la vaccinazione contro la tosse convulsa venne radiata dalla lista delle “vaccinazioni consigliate”. Ciò significa che in presenza di un eventuale danno non vengono più applicate le disposizioni della legge federale sulla prevenzione delle epidemie, ma il medico che ha praticato la vaccinazione è direttamente responsabile del danno, il che può implicare indennizzi vita natural durante da corrispondere alla vittima. Da allora in poi, il numero delle vaccinazioni contro la tosse convulsa è calato drasticamente. E’ stato indicato un numero inferiore al 5% che potrebbe essere ancora inferiore. Quale medico che sa contare fino a tre effettua una vaccinazione che per la sua pericolosità è stata radiata dalla lista delle “vaccinazioni consigliate” rischiando quindi la rovina economica? Il grafico seguente indica cosa è accaduto dopo l’abolizione della vaccinazione contro la tosse convulsa. Non accadde un bel niente. La diminuzione segnalata da anni perdurò. Per concludere il capitolo “Tosse convulsa”, vi mostro un grafico relativo alla Svizzera che potrebbe provare l’insensatezza di questa vaccinazione. In Svizzera, nel 1910, ci furono oltre 600 decessi per tosse convulsa. Poiché il paese era rimasto neutrale in entrambe le guerre mondiali, la continuità della curva calante non fu interrotta né dalla Prima né dalla Seconda Guerra Mondiale. Anno dopo anno, i decessi andarono diminuendo senza alcuna vaccinazione. Da noi, invece, durante le guerre, si registrò un enorme aumento delle malattie infettive. Una prova evidente della loro causa. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, fu raggiunto il punto “100”. In quell’anno, nel nostro paese vicino iniziarono, lentamente e con riluttanza, le prime vaccinazioni contro la tosse convulsa. Il trend in calo fu subito interrotto e la curva divenne più piatta. Comunque, la diminuzione continuò e nel 1970 fu raggiunto il punto zero. La curva lascia supporre che senza vaccinazioni il punto zero sarebbe stato raggiunto all’incirca nel 1950. Se questa supposizione è esatta, le vaccinazioni hanno ritardato il raggiungimento del punto zero di circa 20 anni. Poiché dal 1970 in Svizzera nessun bambino è deceduto per tosse convulsa, la cosa viene festeggiata dagli “scienziati” svizzeri come la conseguenza delle “vaccinazioni ad ampio raggio eseguite sui bambini svizzeri”. Tetano Il vaccino tossoide antitetanico è noto dal 1927. Negli anni della guerra sono state vaccinate milioni di persone e nel dopoguerra l’iniezione antitetanica viene applicata anche per ferite irrisorie. Osservando il grafico, vien da domandarsi: Perché dall’introduzione dell’obbligo di denuncia anche il grafico del tetano presenta lo stesso andamento calante registrato per le malattie per cui in un primo momento non c’erano vaccinazioni? Se la vaccinazione fosse efficace, durante la guerra non avrebbe dovuto esserci un aumento dei casi. Fino all’incirca al 1965, il numero di decessi superava il numero dei casi di malattia, nel 1966 la curva cambia improvvisamente, mentre adesso ci sono più contrazioni che decessi. Il che significa che si è attenuata la contrazione della malattia e che sono migliorate le possibilità di sopravvivenza. Le vaccinazioni di massa praticate tra il 1970 e il 1980 non mostrano, come tutte le altre vaccinazioni, alcuna incidenza particolare sull’andamento della curva. Ecco qui un grafico sui casi di tetano:

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Da 15 anni il numero dei malati si aggira sui 4-16 casi all’anno. Ecco di seguito un grafico sui decessi per tetano: Da circa 15 anni i decessi per tetano si aggirano sui 2-6 casi all’anno. Il grafico seguente indica la suddivisione per età dei malati di tetano: Il tetano è - se mai - un problema per le persone più anziane. I bambini non contraggono il tetano. Morbillo Il grafico indica una diminuzione costante dei decessi per morbillo. La vaccinazione antimorbillosa fu introdotta quando c’erano ormai pochissimi decessi. Parotite Il pediatra L. Ruetzler di Altstaetten in Svizzera, pubblicò, sulla rivista “PAEDIATRIKA”, il seguente brano dal titolo “Ricordo dell’epidemia di parotite del 1992/93” Nel 1987, in Svizzera, sulla base di uno “studio pilota” condotto nella città di Basilea, sono stati vaccinati contro la parotite 726 bambini di 7 anni di età e 967 quattordicenni. Dai controlli sono risultate conversioni sierologiche tra il 95 e il 100%. Secondo il “credo” della medicina scolastica, questa è una protezione assolutamente sicura contro il morbillo. Di conseguenza, in Svizzera sono iniziate vaccinazioni antimorbillose “ad ampio raggio”. Non sappiamo però quanti casi di morbillo ci sono stati nonostante tutto. Soltanto in una rivista specializzata in medicina pediatrica difficilmente reperibile fu riportato uno scritto relativo ad un’epidemia di morbillo scoppiata ad Altstaetten, una città vicina al Principato del Liechtenstein. L’epidemia scoppiò nel 1992 e perdurò fino al 1993. In due scuole vennero controllati 482 scolari di età compresa tra i 7 e i 14 anni. 446 erano vaccinati contro il morbillo, 36 non lo erano. Tra coloro che erano stati vaccinati si trovavano 8 che erano stati vaccinati due volte. Si ammalarono 128 scolari (116 vaccinati e 12 non vaccinati). Gli 8 scolari vaccinati due volte si ammalarono tutti (Nel lavoro si cita: “ .... ammalati nonostante fossero stati vaccinati due volte contro la parotite”). Dei 446 vaccinati se ne ammalarono quindi 116 (26%) e dei 36 non vaccinati se ne ammalarono 12 (33%). L’autore stesso curò nel suo studio 144 degli scolari che avevano contratto la parotite. Per la precisione 120 vaccinati e 24 non vaccinati (il numero 24 non corrisponde a quanto detto precedentemente, N.d.T.). Ci furono 7 complicazioni (3 orchiti, 2 pancreatiti, 2 meningiti). Si riporta espressamente: “Uno dei casi di meningite si verificò su un ragazzo non vaccinato e furono necessari tre giorni di ricovero in ospedale”. Si può pertanto supporre, che le restanti 6 complicazioni si siano verificate su bambini vaccinati. L’autore tenta di dimostrare che il fallimento della vaccinazione sia dovuto al “ceppo Rubini” che riteneva essere poco efficace. Il fatto che la percentuale di coloro che hanno contratto la malattia pur essendo stati vaccinati sia quasi pari a quella dei non vaccinati, indica l’inefficacia di questa vaccinazione. Se però anche

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coloro che erano stati vaccinati due volte hanno contratto la parotite, è chiaro che questa vaccinazione accresce il rischio di ammalarsi. Se, al cospetto di un aumento dell’insorgere di parotite, morbillo o tosse convulsa, ricerche simili a quella di Altstaetten fossero state condotte anche da noi in Germania, si sarebbero avuti gli stessi (...) A questo punto la pagina finisce senza dare modo di continuare la frase. Suppongo che la parola mancante sia “risultati” (N.d.T.). Haemophilus influenzae. Durante l’università e durante la mia attività medica non ha mai sentito questo nome che ho invece sentito per la prima volta quando, con grande dispendio promozionale, venne relazionato sull’introduzione di un vaccino contro questa malattia. Quando è stato introdotto il vaccino, si ebbe l’impressione che in Germania ci fossero almeno molte migliaia di casi. Recentemente, il prof. Ruediger von Kries, dell’Università di Monaco, ha riportato nella rivista “Der Kinderartz” un lavoro a più mani, a cui aveva partecipato anche il prof. Stueck della STIKO di Berlino, relativo all’andamento di questa malattia in un periodo di tre anni (luglio 92-giugno 93, luglio 93-giugno 94, luglio 94-giugno 95). Era evidente che nel primo periodo osservato, ossia dal luglio 92 al giugno 93, nell’intera Germania si erano riscontrati soltanto 138 casi di HIB. Tra questi 138 casi c’erano 33 casi che si erano ammalati nonostante fossero stati precedentemente vaccinati. Il grafico mostra: la situazione iniziale con 138 casi, di cui 33 (23,9%) erano stati vaccinati. Nell’anno successivo si registrò una diminuzione a 83 casi, di cui 25 (30,1%) erano stati vaccinati. Nell’ultimo periodo preso in esame vi furono 62 casi, di cui 33 (53,2%) erano stati vaccinati. A me, figlio di un commerciante, viene subito in mente la domanda - vale la pena vaccinare anno dopo anno circa 700.000 bambini contro una malattia che può essere efficacemente curata clinicamente e di cui in tutta la Germania nel 1992/93 ci sono stati soltanto 138 casi di cui un bambino su 4 era stato precedentemente vaccinato? Domanda: Quanto vale una vaccinazione contro una malattia che, in un periodo di osservazione di 12 mesi, ha fatto riscontrare soltanto 62 casi nell’intera Germania e di cui oltre la metà dei bambini ammalatisi erano stati vaccinati - e si sono comunque ammalati? C’è un’unica conclusione possibile: anche questa vaccinazione è non soltanto inefficace, ma anche dannosa perché predestina a contrarre la malattia. Richiesta: Anche nel caso di questa vaccinazione non è giustificabile che milioni di bambini vengano vaccinati per una malattia così rara. La HIB può essere curata con successo. E’ più economico curare clinicamente 62 bambini che vaccinarne milioni. (In genere, dopo 5-6 anni bisogna fare i conti con la pubblicazione degli incidenti dovuti alle vaccinazioni). Naturalmente, dal punto di vista dei produttori di vaccini la situazione è diversa. La vaccinazione contro l’HIB è un affare favoloso. Il nostro tormentato Ministero della Sanità sarebbe fuori dalla totale miseria finanziaria in cui versa con un semplice tratto di penna se disponesse: Chi vuole vaccinarsi o vaccinare il proprio bambino può farlo, ma a proprie spese. Si risparmierebbero spese miliardarie insensate! Per riassumere, possiamo affermare che i grafici in calo di tutte le malattie infettive indicano quanto segue: Le vaccinazioni sono inefficaci e pertanto inutili. Vengono eseguite per motivi puramente commerciali. Quanto ci si può illudere, potrebbe essere mostrato da un diagramma di Amburgo. Se nel 1901 in questa città fosse stato introdotto un procedimento di profilassi vaccinica contro le malattie infettive, oggi il monumento di questo “benefattore dell’umanità” si ergerebbe sulla piazza del

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mercato e la sua immagine decorerebbe i francobolli. Ad Amburgo c’è stata però una prestazione di carattere civilizzatore, tecnico e igienico che a partire dal 1901 ha provocato la riduzione di tutte le malattie infettive. Ossia il miglioramento dell’acqua potabile ottenuto grazie all’introduzione della cosiddetta filtrazione a sabbia dell’acqua potabile prelevata dall’Elba. Perché nel caso di altre malattie infettive la diminuzione dovrebbe avere cause diverse? Questa inefficacia è ben nota in America, nei posti molto in alto delle direzioni amministrative dei produttori di vaccini. E’ il motivo per cui in tutto il mondo vengono effettuate vaccinazioni contro tutte le malattie infettive possibili. Quando tutti sono stati vaccinati, non viene fuori che coloro che non sono stati vaccinati rimangono sani mentre coloro che sono stati vaccinati si ammalano. La sfortuna dell’industria farmaceutica è stata che la Germania è l’unico paese al mondo ad aver introdotto, nel 1962, sulla base della legge federale sulla prevenzione delle epidemie, l’obbligo di denuncia delle malattie infettive, anche se suddiviso gravità. Se queste statistiche non fossero disponibili, non sarebbe possibile confutare l’affermazione secondo cui le riduzioni sono conseguenza delle vaccinazioni. Questo è il motivo per cui vengono sviluppate vaccinazioni contro tutte le malattie infettive ed è anche l’unico motivo per cui è stata reintrodotta la vaccinazione contro la pertosse. La tabella seguente indica quali sono le vaccinazioni disponibili a tutt’oggi - e lascia intendere cosa attende noi e i nostri bambini. In ultimo, vi presento una tabella che illustra le proporzioni. Nel caso delle vaccinazioni, il corso degli avvenimenti indica quanto sia giusto il detto di Aschner: “La storia della medicina è una storia degli errori”. Oltre due secoli di fallimenti nel campo della sperimentazione vaccinica dimostrano che la dottrina di una “vaccinoprofilassi” riproducibile artificialmente è uno di questi errori. Fondamento dell’immunologia e pertanto anche di tutte le vaccinazioni è la “teoria anticorpo-antigene” che afferma quanto segue: Se una determinata “sostanza” (in genere batteri o virus in forma vivente-attenuata o inanimata) viene immessa in un organismo, questi fungeranno da “antigeni” e indurranno il corpo a produrre delle “sostanze protettive”, gli “anticorpi”. Se sopraggiunge un’infezione, gli anticorpi porteranno alla sopraffazione dell’agente patogeno penetrato. Con le vaccinazioni, queste sostanze vengono apportate artificialmente, e fungono da “anticorpi” ovvero ne inducono la formazione. Gli agenti patogeni penetrati (“antigeni”) vengono resi innocui dagli “anticorpi”. In tal modo verrebbe raggiunta l’”insensibilità” verso una determinata malattia, stato che viene chiamato “immunità”. Attualmente, in tutti gli stati industrializzati di livello sociale buono, in seguito ai miglioramenti di carattere civilizzatore, tecnico e igienico, sussistono situazioni epidemiologiche favorevoli. Malattie infettive un tempo temute oggigiorno non hanno più alcuna importanza. I diagrammi statistici disponibili soltanto in Germania indicano una diminuzione costante di tutte le malattie infettive dalla fine dell’ultima guerra e dall’introduzione della legge federale per la prevenzione delle epidemie del 1962. Sulla base di questi diagrammi su vaiolo, tubercolosi, difterite, tosse convulsiva, tetano, morbillo, parotite e HIB si dimostra che in nessun caso l’introduzione di una vaccinazione diretta contro queste malattie ha cambiato positivamente l’andamento del diagramma. Al contrario: i grafici mostrano che nell’anno successivo alla vaccinazione si è verificato un aumento sia per quanto riguarda la contrazione della malattia che i decessi. Nel diagramma ciò viene indicato con un “picco di aumento”. Successivamente, il trend calante è proseguito sia per quanto riguarda la contrazione della malattia che i decessi, ma sempre in modo più lento rispetto al periodo precedente alla vaccinazione. Pertanto, le vaccinazioni non possono essere la causa della nostra situazione epidemiologica favorevole.

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Non sono in grado di rispondere alla domanda importante, ossia se al minor numero di persone che hanno contratto la malattia o che sono decedute per la malattia appartengono vaccinati o non vaccinati. Da 40 anni la “Schutzverband fuer Impfgeschaedigte e.V.” si batte per l’introduzione dell’obbligo di denuncia sia per gli incidenti dovuti alle vaccinazioni che per i casi sospetti di incidenti dovuti alle vaccinazioni nonché per l’inserimento sui formulari di denuncia delle malattie infettive di una sezione da cui si possa evincere se l’ammalato è una persona vaccinata o non vaccinata. Simili cose, che finalmente porterebbero chiarezza vengono da noi taciute o occultate. Ecco quindi il motto: “Errare è umano, occultare è scientifico”. A causa della mancanza di grafici statistici in altri paesi, in nessun paese è possibile confutare le affermazioni dei fautori delle vaccinazioni, ossia che la riduzione delle malattie infettive siano conseguenza delle vaccinazioni eseguite. La mia relazione, in particolare i diagrammi statistici, dovrebbe dimostrare che quest’affermazione non corrisponde a verità. Nel mio libro “Impfen. Das Geschaeft mit der Angst.” pubblicato nell’aprile 1997 da Knaur-Verlag troverete grafici come quelli che vi ho mostrato, relativi a tutte le malattie esantematiche o infettive di una certa importanza. Per ogni procedimento vaccinico, a partire dall’inoculazione, i procedimenti immunizzanti hanno fallito. Perché? Ci può essere soltanto una risposta: Perché il fondamento, ossia la teoria anticorpo-antigene non è esatta. Essa deve essere sbagliata. Da anni mi affascina il seguente paragone: Così come noi oggi consideriamo “formule magiche” i metodi della medicina medievale, in cui i medici dell’epoca credevano fermamente proprio come oggi i medici vaccinatori sono convinti della giustezza della teoria anticorpo-antigene, fra cento anni i procedimenti sviluppati oggigiorno in base a questa teoria - proteggere dalle malattie e rimanere sani - potrebbero essere considerati altrettante formule magiche. Grazie per l’attenzione! Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Rossi: Grazie. C’è la Dr.ssa Rodriguez che vuol dire qualcosa. Dr.ssa Rodriguez: Non è un intervento che voglio fare sulle relazioni. Voglio soprattutto ringraziare questi relatori che sono venuti da tanto lontano per coadiuvare il nostro lavoro. Non sono tutti omeopati, anche il Dr. Buchwald non è un omeopata, il Dr. Lery non è un omeopata, la Dr.ssa Spandonide è una ricercatrice, lavora in laboratorio, la Dr.ssa Sturza, certamente, è un medico clinico, come il Dr. Rey, e tutti sono venuti qui per portare il loro contributo a questo problema. Il Dr. Mansfield … le chiedo scusa per non aver potuto ascoltare integralmente la sua relazione, per questa ragione io la invito a inviarmi tutto il documento che pubblicheremo integralmente. Prof. Rossi, lei è stato molto gentile e, veramente, io intravedo in lei la possibilità di un dialogo che spero possa esserci. E’ evidente che è difficile, in poco tempo, trasmettere qual è la nostra esperienza, e naturalmente, lei sta dalla parte di chi lavora attivamente su quello che oggi è quello che domina. In ogni modo, le sono infinitamente grata, unitamente a tutti i medici della L.U.I.M.O., per aver presenziato a questa nostra sessione. Grazie. Prof. Rossi: Io ringrazio lei. Io faccio in gran parte il ricercatore in campo farmacologico, quindi si renderà conto della mia difficoltà. D’altra parte il mio è un lavoro, più che clinico, è un lavoro di ricerca; molte volte di ricerca, proprio di base.

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Comunque il confronto è sempre un bene – lei mi conosce da qualche anno, sa benissimo come la penso – il confronto è sempre bene accetto. Io, infatti, avevo scritto una frase che mi sembrava molto giusta, del Dr. Lery, il quale ha detto, ad un certo punto, di considerare la vaccinazione un atto medico – che è stato ripreso dal Prof. Sciaudone – e considerare la vaccinazione nel suo insieme. Io vorrei terminare proprio in questo modo, cioè l’insieme significa i possibili rischi, i possibili benefici, i problemi della contaminazione che sono stati portati in risalto, quindi nell’insieme va guardata la vaccinazione, non solo da un punto di vista che sia o medicina allopatica, o omeopatica. Vi ringrazio tutti, ringrazio anch’io i relatori, e chiedo scusa di aver ristretto i tempi, ma avevo avuto un invito ben preciso da parte degli organizzatori, ma d’altra parte succede sempre così. Grazie a voi tutti. Dr. Mansfield: And the translaters.

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V – SESSIONE – I PAESI EXTRAEUROPEI

Prof. Paolo Marinelli, Presidente dell’Azienda Sanitaria Policlinico della S.U.N.: Trascrizione integrale dell’intervento orale Allora, io saluto gli intervenuti. Spero che la sessione possa risultare interessante, vedo che non ci sono molti presenti, purtroppo la domenica è il giorno tradizionalmente dedicato ad altre attività e alla famiglia, ma penso che la statura degli oratori sia tale da destare interesse, sicuramente, e quindi nel prosieguo della sessione, con ogni probabilità, ci troveremo a discutere su problemi di un certo valore. Vi dico subito qual’è la mia posizione, quindi il moderatore vi ruberà qualche attimo. Come vi ha detto il Prof. Sciaudone, per coloro che non mi conoscono, e credo che siano la maggioranza, io insegno Igiene, quindi dirigo l’Istituto di Igiene e Medicina Preventiva e sono componente della Commissione Nazionale per la Lotta contro l’A.I.D.S. e le altre malattie infettive, quindi la mia posizione è naturalmente favorevole, in linea di massima, alle vaccinazioni, e non potrebbe non essere così in quanto io ritengo che, nell’arco della storia dell’umanità, lo sviluppo dell’era vaccinale ha coinciso con un forte sviluppo e propulsione, non solo dei diritti dell’uomo, ma del passaggio da una fase umana in cui si era sicuramente sotto l’incubo delle malattie infettive, a una fase in cui questo incubo si è progressivamente ridotto. Però ritengo che il problema sia sicuramente da discutere nella misura in cui, oggi, le società avanzate si trovano in posizioni nettamente diverse da quelle di una volta e, in ogni caso, prepotentemente si affacciano i diritti individuali che vengono, per certi versi, in certi momenti, in contrasto con quello che è il diritto sociale. Io credo che ieri ampiamente questi problemi siano stati discussi. Stamattina noi ci interessiamo di paesi in via di sviluppo. Abbiamo qui degli autorevoli esponenti. I paesi in via di sviluppo sicuramente hanno problematiche rapportabili alle nostre di alcuni decenni or sono, e mi interessa molto vedere come hanno affrontato il problema delle vaccinazioni, sia sotto il profilo delle immunizzazioni di massa se, ovviamente, vengono praticate, sia dei costi sociali e umani che essi comportano. Per cui darei immediatamente la parola al primo dei relatori, che è il Prof. Manuel Albán Lucio, Direttore delle Relazioni Internazionali della Università Statale del Bolivar, Ecuador, che è qui accanto a me, che ci parlerà delle "Vaccinazioni: obbligo o libertà? in Ecuador, uno studio del 1997”, quindi ci porterà le sue personali esperienze di autorevole rappresentante del mondo accademico e anche del mondo sociale e, tra l’altro, ci porterà esperienze estremamente recenti sulle quali credo che sia molto importante discutere. Grazie, Professore.

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VACCINAZIONI: OBBLIGO O LIBERTA’ IN ECUADOR, UNO STUDIO

DEL 1997. Dr. Manuel Alban Lucio, Universidad Estatal de Bolivar, Guaranda, Ecuador;

Dr. Miguel Calunga Ross, Instituto Superior de Ciencias Medicas, La Habana, Cuba; Dr. Drago

Vasilovich, Universidad de Los Lagos, Osorno, Chile; Pamela Saorick, Ph.D., East Tennessee I

State University, Johnson City, U.S.A.; Dra. Maria Felisa Lemos, Subsecretaria de Salud Publica

de Rosario, Argentina; Dr. Osvaldo Godoy, Subsecretaria de Sanidad de Asistencia Social,

Caracas, Venezuela

Abstract Distinti organizzatori del convegno, egregi partecipanti, sono molto onorato di essere stato invitato a partecipare a questo importante Forum, affinchè d’ora in poi, non ci sia solo lo sforzo dell’America Latina o dell’Europa disgiunte, ma, insieme, si possano definire e ridefinire con chiarezza quali sono i nuovi ruoli che interpreta la cooperazione internazionale, approfittando totalmente della ragione della sua esistenza, con una cooperazione che abbia come scopo la definizione dell’operato in difesa della salute, dalle differenti ottiche nelle quali si è dovuto agire, non solo riguardo all’uomo, ma a tutto il suo habitat. Questo sarà il nuovo ruolo che vedrà, nel prossimo secolo, protagoniste le nostre nazioni, che, appoggiando la crescita di tutti i convegni esistenti, si occuperanno di cultura e salute. Esporremo, qui di seguito, una breve analisi della situazione attuale della salute in Ecuador: la popolazione attuale è di 11,7 milioni di abitanti dei quali un 60% vive nell’area urbana ed un 30% è costituito da indigeni che in prevalenza vivono in aree rurali. L’aspettativa di vita alla nascita e di 60 anni; la piramide della popolazione è di base ampia, come conseguenza della diminuzione del tasso di natalità, fecondità e mortalità generale. La mortalità infantile è notevolmente diminuita, la mortalità materna è rimasta relativamente stabile negli ultimi 25 anni ed è una delle più alte. Queste tendenze nazionali nascondono grandi disparità regionali, sociali ed etniche. Il profilo di mortalità del paese è di transizione, poiché è caratterizzato dalla presenza simultanea di patologie del ritardo e delle malattie infettive; la denutrizione che colpisce il 55% dei minori di 5 anni, le malattie carenziali e le patologie associate ai rischi della vita moderna, quali le malattie cardiovascolari, gli incidenti automobilistici e le malattie cronico-degenerative. Durante i due secoli passati da quando fu dimostrato il principio dell’immunità acquisita, il principale obiettivo della produzione di vaccini è stato di fornire protezione contro le malattie infettive. Sono state fatte tante ricerche nel campo delle vaccinazioni, che attualmente si discute la possibilità di non limitarsi ad inibire efficacemente la presenza della malattia. Durante gli anni 80 l’immunizzazione si trasformò nel concetto di base dei programmi di sopravvivenza infantile in tutto il mondo, nella maggioranza dei paesi in via di sviluppo si organizzarono campagne massive di vaccinazione con il risultato che in molti paesi la percentuale di bambini protetti contro le malattie è maggiore che negli Stati Uniti. Nel 1991 in Ecuador vi fu una epidemia di colera, nel 1996 una di rabbia che portò il paese al primo posto del continente, primo posto dal quale non siamo ancora scesi; nel 1995 vi sono stati 107 casi nuovi di AIDS e nel

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1996 168 casi, con un totale di 1286, e non c’è un programma di prevenzione effettiva e di trattamento specifico. In Ecuador, nel 1997, abbiamo 200 omeopati: sono passati 15 anni dall’introduzione dell’omeopatia nel paese, essa ha avuto una notevole crescita ed è considerata molto importante. A questo riguardo vi sono molteplici esperienze che fanno sì che ogni volta più ammalati si rivolgano all’omeopatia, ritenendola la medicina dell’equilibrio, che cerca di ristabilire la salute dell’individuo in armonia con la natura e con la sua intimità, ossia in armonia fisica, psichica ed emozionale. Non esistono ancora statistiche su quanti pazienti si rivolgono al medico omeopatico, ma indubbiamente vi è un incremento dei pazienti dovuto ai risultati positivi, cosa per la quale si considera vitale la relazione tra il medico e l’ammalato. Un medico omeopata da noi consultato ci ha espresso: «questo non nasce per caso, nasce dal vedere l’essere umano come un tutto; la malattia di un organo è quella di tutto l’individuo». Su specifica richiesta, molti pazienti dichiarano che l’omeopatia è risultata più economica perché si evitano tanti esami di laboratorio molto costosi. Questi pazienti indicano inoltre che la cura risulta meno costosa di quella allopatica non solo sul piano economico, ma in termini di consumo fisico e umano, perché la terapia omeopatica corregge abitudini insane e fa aumentare l’interesse per lo sviluppo delle difese proprie dell’organismo. Questa terapia nel mio paese è considerata come medicina preventiva. Negli ultimi tempi l’omeopatia è andata sempre più sviluppandosi nel nostro paese, con caratteristiche molto particolari. Parrebbe che la tipica individualizzazione non solo sia applicabile nei trattamenti medici, ma anche nelle differenti maniere di essere delle varie comunità. E’ ogni volta più interessante il tema che stiamo trattando, tema che desta molta curiosità in una società come la nostra, avida di alternative nuove all’interno della medicina. Ed è proprio quando l’omeopatia sta acquistando grande importanza nel nostro paese, che nasce questo importante rapporto tra la Dr.ssa Alma Rodriguez e la Universidad Estatal de Bolívar, cosa che ha reso possibile effettuare le interviste retrospettive col fine di acquisire maggiori dati sul tema e per poter verificare le reazioni sopraggiunte in seguito alla somministrazione dei vaccini. INTRODUZIONE Prima di prendere in considerazione l’obbligo o la libertà di vaccinazione nel nostro paese, credo sia importante rivisitare il sistema della salute in Ecuador, un paese situato nella parte nord occidentale del Sud America, tra l’emisfero del nord e quello del sud, con un’estensione di 70.670

Km2 e un processo di inflazione del 40.4%. Il “Fronte Sociale” e il Ministero della Salute Pubblica sono gli organi ufficiali che si occupano della salute della popolazione del nostro paese. Se ne occupano anche altri enti come l' “Instituto Ecuadoriano de Seguridad Social”, che offre servizi agli affiliati e ai burocrati del paese, il servizio di salute delle Forze Armate che si occupa delle tre armi delle forze armate, la Società per la Lotta contro il Cancro, la Associazione di Beneficenza ed altre organizzazioni non governative, anche a carattere medico. Il vertiginoso avanzare della scienza moderna e delle nuove tecnologie ha segnato strade di convergenza tra le istituzioni sopra citate che sono le grandi protagoniste della salute nel nostro ambiente, con i suoi diversi sistemi sociali, economici, finanziari e nei riguardi della salute. Ognuno di questi sistemi avanza verso un processo di globalizzazione. Il sistema della salute, che tradizionalmente è rimasto alla “saga”, sia nella nostra nazione come in campo internazionale, ha …………………. i paesi andini che attualmente vivono un processo di integrazione. Tutti vogliamo che i grandi cambiamenti si producano non solo nelle potenze, ma in tutto il continente, che si ritorni al panamericanismo, che l’innovazione nel sistema salute trascenda le

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frontiere nazionali; sappiamo inoltre di non essere soli e che non possiamo e non dobbiamo essere soli, questa è la ragione della nostra presenza in questo importante Forum. Distinti organizzatori del convegno, distinti partecipanti, vi ringrazio profondamente per l’invito perché da oggi in avanti non sia solo lo sforzo dell’America Latina o dell’Europa, ma che insieme possiamo definire e ridefinire con chiarezza quali sono i nuovi ruoli che sviluppa la cooperazione internazionale, al fine di godere totalmente della ragione della sua esistenza, con una cooperazione che deve definire le nostre azioni rispetto alla difesa della salute, dalle differenti ottiche dalle quali ci è toccato agire, non solo rispetto all’uomo ma a tutto il suo ambiente. Questo sarà il nuovo ruolo che vedrà protagoniste le nostre nazioni nel prossimo secolo, sulla base dell’accordo che i nostri presidenti dell’America Latina, in un atto solenne, adottarono nel “Protocolo modificatorio del Acuerdo de Cartagena”, creando nuovi strumenti per mettere in marcia il sistema andino di integrazione. Questo sistema riconosce elementi economici, sociali e politici, comuni ai movimenti integrazionisti, movimenti che stiamo vivendo nel nostro continente e fuori dallo stesso. Tra gli sforzi compiuti per migliorare la salute e riformare il settore, voglio sottolineare alcuni avvenimenti: � primo, la decisione politica di riformare i servizi di salute; � secondo, la realizzazione di un accordo di tutti i settori coinvolti; � terzo, di aver cominciato un’opera che perdurerà. Adesso abbiamo la speranza che questo processo di cambio, iniziato da poco, nel settore della salute, nel nostro paese, comprenda oltre agli ecuadoriani, gli andini e americani, generando una nuova e più ampia forma di pensare. Vogliamo dunque forgiare un concetto di salute che difenda gli aspetti essenziali della popolazione e della nostra società ed anche ponga l’attenzione alla persona sana, l’attenzione all’individuo, tema del nostro discorso che metteremo a fuoco ampiamente più avanti. E’ possibile, dunque, trovare i nostri più alti dirigenti politici latinoamericani nella difesa del diritto …………. Quanto detto prima si riconosce nella dichiarazione dei mandatari, quando riconoscono che la salute è una importante risorsa che è parte del capitale di tutti i paesi. Dalla creazione dei diversi enti che si occupano della salute, si riconosce il nuovo valore dato al capitale fisico, evidenziandosi la necessità dell’investire nel benessere fisico; riconosciamo il progresso della nostra società solo quando abbiamo investito nel benessere fisico. Negli ultimi trenta anni si è andati sempre di più verso il concetto di capitale umano come attributo dell’individuo per essere più produttivo. Ma solamente negli ultimi quindici anni, abbiamo definito contestualmente il significato di capitale sociale e cioè le reti, le norme, la fiducia, che rendono possibile la collaborazione tra il governo e la società. Recentemente abbiamo cominciato a capire il ruolo della salute nella formazione del capitale sociale, il Ministro Massad, in un forum realizzato a novembre, si è riferito all’importanza del concetto “Capitale Sociale” non solo per i paesi sottosviluppati, ma per tutti i paesi del mondo. Attualmente le nostre organizzazioni celebrano in quasi tutti i paesi la Giornata Mondiale della Salute; l’enfasi data a questo giorno è servita per creare spazi salutari, spazi nei quali i diversi settori e attori che se ne occupano e gli utenti possono lavorare insieme per la salute individuale e la salute collettiva.

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La presenza in questo forum di tutti voi ci manifesta, dunque, la decisione di contribuire al miglioramento delle condizioni della salute degli abitanti della terra, e tutto ciò contribuisce positivamente al progresso nel campo della salute. Lo sviluppo sociale riafferma il diritto del nostro popolo all’educazione, alla scienza, alla cultura e alla salute, contribuendo ad appoggiare i diversi convegni in vigentza. Esporremo, qui di seguito, una breve analisi della situazione attuale della salute in Ecuador: la popolazione attuale è di 11,7 milioni di abitanti, dei quali un 60% vive nell’area urbana ed il restante 40% nell’area rurale; la speranza di vita alla nascita è di 60 anni; la piramide della popolazione è di base ampia, come conseguenza della diminuzione del tasso di natalità, fecondità, e mortalità generale. La mortalità infantile è diminuita, la mortalità materna è rimasta relativamente stabile negli ultimi 25 anni ed è una delle più alte. Queste tendenze nazionali nascondono grandi differenze regionali, sociali ed etniche. Il profilo di mortalità del paese è di transizione, giacché si caratterizza dalla presenza simultanea di patologie dell’accrescimento, di malattie infettive; la denutrizione che colpisce il 55% dei minori di 5 anni, le malattie carenziali e le patologie associate ai rischi della vita moderna, come le malattie cardiovascolari, gli incidenti automobilistici e le malattie cronico-degenerative. Esiste un medico ogni 570 abitanti, ciò nonostante esiste una grande disparità rispetto alla distribuzione degli stessi. Esiste un deficit di infermieri, abbiamo 4 medici per ogni infermiere. Il principale organo di assistenza del paese è l’Instituto Ecuadoriano de Seguridad Social. Esiste una certa irrazionalità rispetto alla spesa per la salute come conseguenza di tutta la struttura organizzativa descritta; la percentuale della spesa per la salute, rappresentata in PBI, è simile a quella di altri paesi se consideriamo le località con pari livello di sviluppo, ciò nonostante il 63% della spesa proviene direttamente dalle famiglie che ne spendono il 54,9% in medicamenti, il 37% restante corrisponde alla spesa pubblica. La spesa privata è squilibrata, i poveri spendono il 17% delle loro entrate per la salute, mentre quelli che si trovano al limite della povertà, consumano l’8% secondo il Banco Mundial. In Ecuador, così come nella maggioranza dei paesi dell’America Latina, uno dei principali obiettivi perseguiti dal Ministerio de Salud Publica è quello di far diminuire la tendenza alle infezioni ed alla mortalità di quelle malattie che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha designato e che sono considerate come un problema di salute pubblica per tutti i paesi. Non conosciamo le percentuali di vaccinazioni né i risultati, nonostante la politica macroeconomica, il settore salute è stato trattato negativamente destinando nel 1997 il 2,9%. Tra i problemi specifici comuni alla salute è stata data priorità a quella perinatale e del bambino. Ciò spiega come la mortalità infantile si sia ridotta dal 76,6 per 1000 nati vivi nel 1970 a 28,1 per 1000 nati vivi nel 1991. Il Consiglio Nazionale di Sviluppo, secondo il censimento della popolazione del 1982 e del 1990, stima che il tasso di mortalità infantile nel 1990 sia stato del 36,3% per 1000 nati vivi. Durante il periodo 1989-1992 la proposta del governo è sostenuta dall’ideologia sociale e democratica che propose un modello di economia mista, armonizzando gli aspetti sociali con quelli economici dello sviluppo, promuovendo la concentrazione sociale, politica e finanziaria, la partecipazione come meccanismo per ampliare la rappresentatività popolare, ma ciò nonostante la

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situazione critica economica nazionale obbligò all’applicazione di misure graduali di aggiustamento al fine di risolvere la crisi economica causando il minor impatto sociale, senza ottenerlo. Sempre negli ultimi anni, la politica della salute proposta, ha incluso il rafforzamento dei servizi della salute. Tutto ciò è stato realizzato dando priorità al miglioramento dei servizi ospedalieri, ciò nonostante il grado di partecipazione sociale è scarso e consiste in lavoro fisico e interventi finanziari, provenienti dalla popolazione, destinati alla costruzione di unità di organizzazione di servizi di base. IMMUNIZZAZIONE NELL’INFANZIA Durante i due secoli passati, da quando fu dimostrato il principio dell’immunità acquisita, il principale obiettivo della produzione di vaccini è stato conferire protezione contro le malattie infettive. Sono state fatte delle ricerche sulle vaccinazioni, e attualmente si discute della possibilità di inibire efficacemente la presenza della malattia. Durante la decade degli anni ’80, l’immunizzazione si convertì nel concetto di base dei programmi di sopravvivenza infantile in tutto il mondo, nella maggioranza dei paesi in sviluppo, si organizzarono campagne massive di vaccinazione, con il risultato che in molti paesi la percentuale di bambini protetti contro malattie è maggiore che negli Stati Uniti. L’informazione disponibile per l’America Latina si riassume nell’applicazione della vaccinazione trivalente, la copertura per la prima dose è buona per la trivalente, dal 70% in Bolivia, fino al 90% in Colombia. Però solo in Brasile e Colombia si presentano livelli accettabili per le altre dosi, con il 70% e 75% rispettivamente di bambini minori di due anni con immunizzazione completa. La percentuale di bambini senza richiami è particolarmente notevole in Bolivia, Guatemala e Messico. La differenza di copertura della immunizzazione si esamina in termini della terza dose, tra i bambini da 12 fino a 35 mesi, come era da aspettarsi la copertura è maggiore nelle aree urbane e tra i figli di donne con educazione superiore. Sembrerebbe che le campagne massive di immunizzazione stanno raggiungendo una varietà di gruppi di popolazione; la copertura per la polio è quasi identica alla trivalente in Colombia e Perù e leggermente superiore in altri paesi; la copertura per la BCG è relativamente alta, più del 70% in Colombia, Messico, Brasile che hanno la maggior copertura di vaccinazione antimorbillo con il 79 e 72% rispettivamente. Recentemente, nel mese di aprile, commemoriamo il Giorno Mondiale della Salute, dove differenti mezzi di comunicazione hanno titolato “Più povertà e meno vaccinazioni” non riferendosi precisamente a un intendimento con l’omeopatia, ma riferendosi alla mancanza di vaccinazione nei settori rurali. Precisamente, quando sono presenti malattie infettive di vecchia data e le nuove dichiarate dall’OPS come minaccia per l’umanità, queste restano senza che gli stati possano nulla contro di loro. La OPS ha dedicato questo giorno alle malattie emergenti e riemergenti, le prime dovute alle deteriorate infrastrutture della salute pubblica che comparvero e si installarono, tra quelle la sindrome HIV/SIDA, l’influenza, il colera, l’ebola, l’autorivurs e l’arenavirus. Le seconde sono quelle che si avvantaggiano del peggioramento delle condizioni di vita della popolazione per non farsi sconfiggere, sono quelle che hanno smesso di essere un problema per la salute pubblica e sono

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riapparse con aumentata intensità, per questo si sono denominate malattie riemergenti, e sono la tubercolosi, il colera, la febbre gialla, che sono ai primi posti. Nel 1991 l’Ecuador ha avuto una epidemia di colera, nel 1996 una epidemia di rabbia che ha messo il paese al primo posto del continente e da questo primo posto ancora non siamo scesi, l’AIDS ha registrato nel 1995 107 casi nuovi, nel 1996 186 casi con un totale di 1286 casi e non c’è un programma di prevenzione effettiva, né di trattamento specifico. Nel paese la tubercolosi riporta 10.000 casi, i centri di salute pubblica non offrono trattamento e, se ce ne sono, si presenta una immediata resistenza dei bacilli. Secondo l’OMS gli allarmanti ritorni negli Stati Uniti si devono alla farmaco resistenza molteplice, questo male ha maggiori possibilità di svilupparsi con il sistema immunologico debilitato come nel caso delle persone infette da HIV AIDS, i contagiati da tutti e due i mali hanno 30 volte più probabilità di ammalarsi gravemente di tubercolosi. L’epatite C è una infezione virale che corre il rischio di portare al cancro nell’80% delle persone affette, le fonti di trasmissione sono trasfusioni di sangue infetto o uso della stessa siringa. In Ecuador non esiste una statistica, però la popolazione ospedaliera si considera popolazione a rischio. Per questa malattia non c’è vaccinazione, però la popolazione è vaccinata contro l’epatite B, il Ministero di Salute Pubblica la offre da pochi anni. La continua riduzione del preventivo di spese per la salute, che dall’anno 1984 ha raggiunto il top del 5% è andato in discesa fino a quando nel 1997 è rimasto al 2,9%, di conseguenza negli ospedali e nei differenti centri di salute non si lavora a pieno, lo stanziamento basta appena per l’alimentazione e per gli stipendi degli impiegati. Un medico residente, appena laureato, guadagna 480.000 sucres (sono 125 dollari) e uno specialista che lavora 4 ore al giorno guadagna 1.500.000 sucres (392 dollari). La disoccupazione è il contrario, da 26.000 medici in tutto il paese, esercitano la medicina soltanto 11.000 e in Pichincha il 46% di medici è disoccupato. Attualmente si sono rilevati 50 casi all’anno di meningite a Quito, l’80% soffre di sequele gravi nel sistema nervoso centrale, questo è poco frequente in bambini più grandi di due anni, però il tipo meningococco può infettare anche gli adulti, ogni tipo si deve al microrganismo che lo produce: batteri, virus, richetzie o protozoi, la più pericolosa del nostro paese è stata la bacteriemia. Il Ministero della Sanità registra solo 11 casi nel 1991, 37 nel 1992, 51 nel 1993, 24 nel 1994, 28 nel 1995 e 140 nel 1996. Ultimamente l’MSP sta realizzando campagne di diffusione sulla prevenzione della meningite che è possibile con l’immunizzazione. Ci sono vaccini per l’agente che colpisce i minori di 10 anni con l’Hemofilus influenzae tipo B che inoltre causa polmonite a un grado molto elevato, solo i genitori che possono spendere 240.000 sucres in 13 mesi, per le quattro dosi necessarie, vaccinano i loro bambini con pediatri privati; nei centri pubblici non c’è possibilità di vaccinare. Al riguardo, secondo la OPS ottimisticamente, le malattie che si presentano nel paese non sono epidemiche come il colera, il morbillo; siccome non c’è una casistica precisa non si può negare o affermare che sia avvenuta una epidemia. Per il Direttore Generale della Salute, José Rumbea, nessuno discute la necessità delle vaccinazioni, però il denaro non basta neppure per le necessità di base.

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ALLA RICERCA DEL MEDICO DEL CORPO E DELL’ANIMA In Ecuador esistono 200 omeopati nel 1997, da 15 anni che si introdusse l’omeopatia ha avuto una notevole crescita ed è considerata come medicina alternativa. Rispetto a ciò esistono molteplici esperienze che fanno sì che ogni volta più gente opti per l’omeopatia, principalmente se sta utilizzando con molta frequenza come parola chiave l’equilibrio, cosa per la quale si tratta di ristabilire la salute dell’individuo e cioè un’armonia con la natura e il suo interno, ossia un’armonia fisica, psichica ed emozionale. Non esistono ancora statistiche su quanti pazienti si rivolgono ad un professionista omeopatico, però indubbiamente c’è un incremento di pazienti in funzione dei risultati positivi, cosa per la quale si considera vitale il rapporto medico-paziente, un professionista omeopata consultato ci dichiarò: «questo non è teoria, nasce dal vedere l’essere umano come un tutto, la malattia di un organo è quella dell’individuo». In un’epoca come questa, in cui la maggioranza degli ammalati sono per stress, questa considerazione sarà molto giusta per il paziente, la questione del denaro resta in secondo piano e al suo posto si ritorna al medico di famiglia. Si tratta allora di professionisti delle ultime decadi, sono molto capaci e non tolgono di colpo i medicamenti neurotropici, trattamenti ormonali e quelli per l’ipertensione e tutti ammettono che non possono curare malattie degenerative come l’AIDS, tra le altre. Consultati, molti pazienti manifestano che l’omeopatia è risultata più economica perché ci sono meno esami di laboratorio e diagnostiche molto costose, questi pazienti hanno detto che la visita e la cura risultano meno costose della medicina allopatica, indicano ugualmente che il trattamento risulta meno costoso non solo a livello economico, ma in termini di stress fisico umano perché correggono abitudini insane e mirano al rafforzamento delle difese proprie dell’organismo. Questa terapia nel mio paese è stata considerata come medicina preventiva? Un altro medico ha manifestato le qualità di entrambi i tipi di medicina, permetterà in futuro di trovare la formula ideale? In cerca di ciò si è fatta una esperienza nel Cabildo Quiteño del Patronato Municipale, questa terapia sta risultando efficace e i suoi risultati statistici si conosceranno prossimamente. ALTERNATIVE In Ecuador ci sono 4 società di medicina alternativa riconosciute dal Ministero della Salute Pubblica: Omeopatia, Bioenergetica, Agopuntura e Naturismo, ciò nonostante né le Facoltà di Medicina, né gli Ordini dei Medici del paese, convalidano certificati dell’estero per queste discipline. Il Segretario Esecutivo della Accademia Ecuadoriana di Medicina, Dr. José Miguel Alvear, sottolinea che non è compito loro riconoscere o giudicare le medicine alternative e ci ha indicato che: «Se i professionisti che esercitano hanno studi che si possono equiparare con le esigenze per ottenere diplomi di medicina occidentale e inoltre i pazienti riportano buoni risultati, allora molto bene».

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Recentemente si è realizzata a Quito la Specializzazione in Medicina Omeopatica, dove medici hanno ottenuto il titolo di SPECIALISTA IN OMEOPATIA. Negli ultimi tempi l’omeopatia è andata sviluppandosi nel nostro paese con caratteristiche molto particolari, sembrerebbe che la tipica individualizzazione non solo sia applicabile nei trattamenti medici, ma anche nelle differenti forme di essere delle diverse comunità. Ogni volta è più interessante il tema che stiamo trattando, cosa che non impedisce di essere molto curiosi, in una società, come quella attuale, avida di nuove alternative nella medicina. Nel nostro paese è il farmacista o il medico stesso, al momento della visita, quello che prepara il rimedio omeopatico adeguato alla sofferenza che vuole trattare, in un chiaro mettere a fuoco umano come un insieme integrato il corpo e la mente, perché l’omeopatia contempla il paziente come unità psicosomatica indivisibile. Menzioniamo che è importante che le tendenze attuali sono il frutto di una apertura da parte delle autorità e, davanti all’urgente necessità di trovare una soluzione alle differenti sofferenze, allora in Ecuador stiamo integrando l’omeopatia come una alternativa valida, efficace e comprovabile. ELABORAZIONE DI INCHIESTE Precisamente da quando l’omeopatia sta prendendo grande importanza nel nostro paese, è sorto questo importante vincolo tra la Dr.ssa Alma Rodriguez e l’Università Statale di Bolivar che ha reso possibile la realizzazione di inchieste retrospettive per ottenere più dati sul tema e al fine di verificare le reazioni prodotte a causa della somministrazione di vaccini. Per questo sono state elaborate 500 inchieste che sono state realizzate nelle provincie di Imbabura, Pichincha, Tungurahua, Chimborazo, Bolivar, Azuay, Morona Santiago, Los Rios, Guayas e Manabì e i risultati ottenuti furono i seguenti. QUANDO FURONO SOMMINISTRATE LE VACCINAZIONI OBBLIGATORIE? Dei 144 casi intervistati nelle dieci provincie dell’Ecuador nella Costa, la Sierra e Oriente, i risultati sono stati i seguenti: � il 13,19% non risponde alla domanda sulla somministrazione di vaccinazione obbligatoria, d’altra parte, l’86,81% determinano 600 alternative, 18,33% manifestano di vaccinare i bambini contro il tetano e la diftotetano con preferenza tra 0 e 90 giorni; � il 18,33% degli intervistati somministra vaccini obbligatori di tetano, diftotetano � il 27,37 di tetano, diftotetano e pertosse, � il 28,83 poliomielite, � il 5,16% epatite � il 20,23% morbillo, parotite e rosolia. Per età, di 110 casi di tetano e diftotetano il 63,63% vaccinano entro zero e 90 giorni; il 10,90% ai tre mesi, il 7,27% a 4-5 mesi, il 10% all’anno, l’1,81% ai 15 mesi, lo 0,90% ai 3 anni, il 2,72% dai 6 a 7 anni e il 2,72% a 10 anni. Riferito a tetano, diftotetano e pertosse, di 164 casi, il 17,07% vaccina tra 0 e 90 giorni, il 32,92% ai tre mesi, il 23,68% dai 4 ai 5 mesi, il 16,46% al primo anno, il 4,26% ai 15 mesi, il 4,26% ai tre anni, lo 0,60% dai 6 ai 7 anni, lo 0,60% ai 10 anni.

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Per ciò che si riferisce alla vaccinazione per la poliomielite, su 173 casi, il 12,71% vaccina tra 0 e 90 giorni, il 29,47% ai tre mesi, il 29,47% dai 5 ai 6 mesi, il 17,34% all’anno, l’8,09% ai 15 mesi e il 2,89% ai tre anni. Riferito alla vaccinazione contro l’epatite, dei 31 casi manifestano che il 25,80% vaccina da 0 a 90 giorni, il 6,45% dai 4 ai 5 mesi, il 48,38% all’anno, il 9,67% ai 15 mesi, il 6,45% ai tre anni e il 3,22% dai 6 ai 7 anni. Nel caso del morbillo, dei 122 casi, l’8,19% vaccina da 0 a 90 giorni, il 9,01% ai tre mesi, l’8,19% dai 4 ai 5 mesi, il 50% all’anno, il 9,01% ai 15 mesi, il 9,83% ai 3 anni, il 2,45% dai 6 ai 7 anni, il 3,27% ai 10 anni. ALTRE VACCINAZIONI - Dal totale della popolazione, solo lo 0,69 ha fatto un altro tipo di vaccinazione contro l’influenza. Dei 144 casi che si sono vaccinati contro l’influenza e in quale anno, solo il 24,30% risponde di si, l’11,43% nell’anno 1986, il 2,85% nell’anno 1987, il 2,85% nell’anno 1989, il 20% nell’anno 1990, l’11,43% nell’anno 1991, il 2,85% nell’anno 1992, l’8,57% nell’anno 1993, il 5,71% nell’anno 1994, il 20% nell’anno 1995, l’11,43% nell’anno 1996 e il 2,85% nell’anno 1997.

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SI SONO VERIFICATI DISTURBI SUCCESSIVI ALLE VACCINAZIONI? SI o NO Rispetto ai disturbi successivi alle vaccinazioni risponde il 60,41% del quale il 45,97% manifesta che si sono verificati disturbi successivi alle vaccinazioni e il 54,92% non ha verificato disturbi successivi alle vaccinazioni. SE LA RISPOSTA E’ SI, IN QUALI ANNI? Del 40% che ha risposto con si, il 67,50% manifesta da 0 a 3 anni, il 25% da 3 a 7 anni e il 7,5% dai 7 ai 14 anni. Dei 202 casi che manifestano disturbi successivi, il 92,37% corrisponde all’influenza, il 19,80% corrisponde a morbillo, il 14,35% a altre malattie e il 3,46% a rosolia. Di 271 alternative nelle quali si manifesta che si sono evidenziati alcuni tipi di reazioni nei primi 15 giorni dalla vaccinazione sono: 44,28% febbre, 18,82% diarrea, 16,97% irritabilità, 6,27% insonnia, 4,06% agitazione, 3,69% tumefazione locale, 2,95% altri sintomi, 1,84% convulsioni, 0,75% spasmi muscolari e lo 0,36% emissione di sangue con le feci. Dei 144 casi intervistati rispondono 122 con la seguente percentuale: il 53,50% che non ha potuto verificare nelle abitudini del bambino, il 46,72% ha potuto verificare cambi, la data nella quale si distribuisce per età, delle 57 intervistate che hanno risposto si, il 49,12% sono tra zero mesi e un anno, il 31,58% nei tre anni, il 12,28 nei due anni e il 7,01% nei cinque anni con le seguenti sintomatologie: il 20,32% sono cambi nel comportamento, 16,22% reazioni al cambio di temperatura, 15,45% aumento o diminuzione dell’appetito, 15,44% insonnia (agitazione, incubi, sudorazioni notturne), il 13,82% ripugnanza verso il cibo, l’8,13% sudorazione eccessiva, il 6,50% desideri di alimentarsi differenti, 4,06% cambio nella digestione. 12 persone intervistate segnalano quello che ci ha sorpreso, il 33,33% il cambio nel carattere del bambino, il 16,67% febbre, il 16,67 pianse senza giustificazione, l’8,36% convulsioni, l’8,33% poco desiderio di mangiare, l’8,33% insonnia e l’8,33% tende a dimenticare. Il gruppo di lavoro determinò la seguente analisi. 1. Rispetto alla prima domanda: quando furono somministrare le vaccinazioni obbligatorie? C’è stata una certa difficoltà, perché lo schema di vaccinazioni standardizzato in Ecuador è molto differente, secondo il differente quadro dove osserviamo che obbligatoriamente il vaccino BCG si applica durante il primo mese, sul braccio destro in forma intradermica 0,1cc, dato che c’è bisogno del certificato per l’iscrizione del nome nel Registro Civile. Se il vaccino BCG non si è somministrato al neonato, potrà essere applicato congiuntamente alle altre vaccinazioni. Rispetto alla DPT (difterite, tetano, pertosse), la prima dose si somministra a due mesi, la seconda a quattro, la terza a 6 mesi. Si applica sul gluteo, 0,5 cc per via intramuscolare. L’antipolio si applica insieme alla precedente, alla trivalente, a due mesi, quattro mesi e sei mesi, per via orale 2 gocce. La vaccinazione antimorbillo si somministra sola e in dose unica ai nove mesi, la somministrazione viene effettuata per via subcutanea al braccio sinistro. 2. Non si somministra vaccino contro l’influenza nel nostro paese. Cosa per la quale gli intervistati manifestano che si presentarono episodi frequenti di influenza.

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3. Dal totale dell’insieme intervistato, se il bambino ha sofferto di qualche malattia, nessuno degli intervistati manifesta di aver presentato la malattia contro la quale sono stati vaccinati. 4. Il 95% dei bambini presentò febbre nei primi 15 giorni. 5. Un 7% manifestò ripugnanza al cibo. 6. Rispetto alla domanda B, la totalità degli intervistati non indica cambiamenti nello sviluppo psico sociale del bambino. 7. Rispetto alla domanda C, se nei sei mesi successivi alla vaccinazione, il 27% indicò di aver presentato malattie con febbre, il 4% eruzioni cutanee, il 6% presentò allergia al latte, il 3% presentò tosse frequente, il 6% presentò diarrea frequente e il 54% non ha presentato nessuna delle malattie in questione. 8. Rispetto alle terapie ricevute dalla nascita, il 27% indica di aver ricevuto antipiretici e antibiotici insieme, il 7% antistaminici, il 60% vitamine, nessuno rimedi omeopatici, cosa che concorda con il fatto che nel nostro paese si utilizza in primo luogo la medicina ortodossa e l’omeopatia come alternativa alla prima. 9. Rispetto agli interventi odontoiatrici il risultato è stato il seguente: il 3% indica che i bambini hanno denti cariati e il 9% ha amalgame semplici. L’88% non risponde a questa domanda. 10. Le malattie acute ricorrenti diagnosticate dalla nascita fino ad oggi: tonsilliti 4%, faringiti 11%. 12. Quali malattie croniche ricorrenti sono state diagnosticate dalla nascita fino ad ora? Non esiste alcuna risposta nella totalità delle interviste. ANAMNESI FAMILIARE 13. Morte precoce 1% Le malattie gravi che si presentarono furono: litiasi biliare 5%, malattie neoplasiche (cancro) 3%, diabete 2%, ipertensione 3%, allergia 8%, problemi broncopolmonari 7%, bronchite cronica 11%, il 13% presentò malattie del fegato, 4% malattie cardiache, 13% anemia, 1% malattie reumatiche. 14. I genitori furono vaccinati? Dal totale, i genitori sono stati vaccinati solo nel 69% con vaccinazioni obbligatorie e le madri con un totale del 45% furono vaccinate con vaccinazioni obbligatorie. Questo si spiega per la minor copertura che il Ministero dava alla vaccinazione nei periodi precedenti. 15. ANAMNESI GRAVIDANZA PARTO. Durante la gravidanza la madre del bambino, il 34% ha presentato malattie infettive, principalmente di gola, tonsille e vie urinarie. 16. Ha preso medicine, quali? Il 98% indica di no, solo il 2% indica di aver preso medicamenti, però sotto prescrizione medica. 17. Come fu il parto? Il 79% indica che è stato fisiologico, il 7% indotto e il 13% chirurgico.

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18. Solo l’11% ha avuto il pediatra. 19. Tutti gli intervistati autorizzano l’utilizzo dei dati per il nostro lavoro. 20. Alla domanda: desidera partecipare al Forum, dal totale delle inchieste non c’è nessuna risposta positiva. 21. Lei è affiliato ad associazioni per la libertà delle vaccinazioni, risponde no il 100% dato che non esiste alcuna organizzazione con questo fine nel paese. 22. Infine, rispetto all’opinione dei genitori, l’89% risponde che devono essere obbligatorie, il 5% risponde che non devono essere obbligatorie, il 6% non risponde. 23. L’opinione dei pediatri intervistati indica che il 100% è d’accordo con l’obbligatorietà delle vaccinazioni. DIFFICOLTA’ TROVATE DURANTE L’INCHIESTA Durante l’elaborazione delle inchieste, i differenti gruppi di lavoro riportarono le seguenti difficoltà: 1. Il questionario non era adatto allo schema delle vaccinazioni vigente nel nostro paese. 2. La maggioranza degli intervistati ha manifestato di non conoscere le malattie che possono aver originato le vaccinazioni, dato che in tutta la pubblicità delle vaccinazioni si fanno conoscere solo reazioni lievi, dolore, eritema locale e febbre, senza che nessuno abbia conosciuto le sequele o conseguenze posteriori. 3. La maggioranza delle madri ha avuto i bambini più di 5 anni fa, per cui hanno dimenticato le malattie e le complicazioni che comparvero negli anni successivi. 4. Padri di famiglia e professionisti intervistati non conobbero mai alcuno studio che associ la somministrazione di vaccini con malattie che si presentano in anni successivi. 5. Non esiste letteratura scientifica che associ l’applicazione di immunizzazioni con apparizione di altre malattie e se esiste non è a disposizione massiva del pubblico per essere stata gelosamente conservata. 6. Cerchiamo di istruire gli intervistati previamente, sia alunni come professionisti, per l’intervista, ciò nonostante il livello culturale di tante persone non ha permesso una risposta coerente con la domanda, in altri casi alcune domande sono rimaste senza risposta, dato che l’inchiesta si è realizzata in strati sociali medi e bassi. 7. Nonostante gli intervistatori si informarono correttamente sulla finalità dell’inchiesta, molti intervistati hanno confuso con inchieste che si applicavano precedentemente per la sterilizzazione femminile, per cui c’è stato un po’ di ermetismo, altri hanno confuso con inchieste politiche che si realizzavano con molta frequenza, alle quali la popolazione è riluttante a collaborare. CONCLUSIONI:

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1. Questo studio nel nostro paese E’ RISULTATO TOTALMENTE NUOVO; sarebbe stato molto importante poter contare su risorse economiche per utilizzare i mezzi di comunicazione in forma massiva, per rendere più cosciente la popolazione durante la fase precedente alle inchieste, questo si è potuto fare attraverso la Radio Universidad de Bolivar e attraverso il giornale Unibolivar. 2. Tutti i gruppi di lavoro si sono sentiti molto attratti dall’omeopatia, generando una grande inquietudine per la maggioranza dei partecipanti. 3. Lo studio comprende dieci provincie dell’Ecuador e ne mancano undici; se si fosse realizzato nelle ventuno province avremmo una visione globale dell’Ecuador rispetto al tema. RACCOMANDAZIONI: Il gruppo di lavoro raccomanda: 1. Di rendere più forti i vincoli tra la L.U.I.M.O. e la Universidad Estatal de Bolivar che rendano possibili la firma di un convegno per l’esecuzione di un lavoro bilaterale che permetta la creazione di una CARRIERA UNIVERSITARIA DI MEDICINA OMEOPATICA in Ecuador. 2. Sollecitare l’autorizzazione per pubblicazioni a editori di libri di omeopatia, questo potrebbe essere assunto dalla Universidad di Bolivar con il finanziamento della ONG o una fondazione. 3. Rinforzare i vincoli con laboratori farmaceutici omeopatici coinvolti con l’industria omeopatica, che permetta di fare lo sforzo congiunto, in beneficio di una popolazione che ne ha tanto bisogno, con due finalità: a) rendere più forte la terapeutica omeopatica nel nostro paese; b) diffondere la conoscenza scientifica ed educativa perché arrivi alla maggioranza della popolazione. 4. Continuare con la ricerca dei mezzi economici in Italia e in Europa che permetta il finanziamento per la creazione della carriera descritta al numero 1.

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MESSA A FUOCO PER PAESI STATI UNITI In questo paese dove i medicamenti omeopatici sono riconosciuti dalla F.D.A., la preparazione di questi prodotti si realizza d’accordo con le prescrizioni della Farmacopea Omeopatica degli Stati Uniti (H.P.U.S.), questa farmacopea è stata elaborata mediante la sottoscrizione e appoggio di un comitato direttore di diverse commissioni, integrato da esperti omeopati medici e farmacisti, contiene una parte generale di descrizione dei metodi di preparazione, oltre un milione di monografie dove si indicano i prodotti o diluizioni che non possono darsi se non con prescrizione e ricetta medica e quelli che possono essere di libera vendita. Attualmente negli Stati Uniti l’omeopatia ha avuto un grande impulso, dietro l’attività di vari laboratori europei e l’impianto di attività farmaceutiche omeopatiche che facilitano la pratica clinica. Per ciò che si riferisce alle vaccinazioni dell’infanzia, le vaccinazioni sono raccomandate, ma i genitori hanno il diritto di non accettarle, nonostante ciò, se i bambini non ricevono le vaccinazioni possono aver problemi nell’entrare a scuola dove si esige il requisito della vaccinazione. Rispetto a ciò abbiamo potuto osservare negli Stati Uniti abbondante materiale di diffusione che stimola a vaccinare i bambini. Ricordiamo la campagna Carter/Bumpers per la vaccinazione infantile, raccogliamo testualmente le parole di Rosalyn Carter: «Alcuni potranno pensare di non avere sufficiente denaro per vaccinare i propri bambini, la realtà è che non possono permettersi il lusso di non vaccinarli». Un altro pensiero di Betty Bumpers, moglie del senatore Dole Bumpers dell’Arkansas dice testualmente: «Vaccinare in tempo i nostri bambini è un modo per dirgli che li amiamo». Negli Stati Uniti è stato notevole l’esito della vaccinazione scolare, un documento controllato dalla ricercatrice Pamela Zahorick, indica che ciò nonostante milioni di scolari non sono stati vaccinati, questo indica che si deve al fatto che milioni di persone non sanno che si devono vaccinare i bambini prima dei due anni di età, e che anche molte famiglie non hanno servizi di salute. Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno sofferto di una delle maggiori epidemie di morbillo, altre malattie, come la rosolia e la pertosse, anche sono aumentate. Trasmettiamo la nostra inquietudine sulla obbligatorietà o libertà di vaccinazioni al gruppo di ricerca che presiede Pamela Zaorick, la risposta ottenuta è stata che contro tre malattie citate, si deve vaccinare in forma massiva, benché si abbia il diritto di non accettarla. Abbiamo parlato ugualmente dell’apparizione degli effetti collaterali, delle reazioni secondarie e complicazioni, essendo questa interrogante difficile da ottenere. CILE In Cile il Presidente della Repubblica, il Dr. Eduardo Frei-Tagle, ha firmato il decreto n. 667 del 15 luglio 1996, nel quale si dichiara obbligatoriamente l’applicazione delle vaccinazioni in forma obbligatoria contro le malattie che possono essere prevenute tramite immunizzazione della popolazione infantile del paese, secondo quanto disposto nell’Articolo 32 del Codice Sanitario, approvato in forza della legge numero 725 del 1968 del Ministero della Sanità, nella quale si considera la necessità di mantenere alta ed efficiente copertura di vaccinazione per immunizzare i

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bambini del paese, obiettivo per ottenere il quale è indispensabile imporre l’obbligatorietà della vaccinazioni rispetto alle malattie incluse nel calendario elaborato e proposto dall’autorità sanitaria competente e inoltre controllare l’effettività del suo espletamento nel più ampio raggio di popolazione infantile possibile, si emise quindi il decreto dichiarando obbligatoria la vaccinazione per bambini fino ai 7 anni di età in tutto il paese, secondo il seguente calendario di vaccinazioni: Neonati: BCG 2-4-6 mesi: DPT, polio e hemophylus influenzae 12 mesi: morbillo, parotite e rosolia 18 mesi: DPT, Polio 4 anni: DPT, Polio 6 anni: BCG 7 anni: pertosse, difterite, tetano Per l’ingresso dei bambini fino ai 7 anni di età negli asili nido, giardini d’infanzia, centri aperti, scuole, collegi e platee scolastiche, di solito statali, privati, che impartiscano insegnamento di base dal secondo anno di questa i preposti dovranno certificare davanti all’autorità superiore l’avvenuto rispetto del calendario di vaccinazioni obbligatorie mediante l’esibizione dell’apposito carnet che si estende ad ogni bambino o con un certificato medico sulla base del rispettivo registro clinico. Nel caso in cui il preposto non possieda i requisiti citati, dovrà fornirgli le informazioni necessarie perché acceda alle rispettive vaccinazioni. Rinforzando ancora di più il decreto, la Contraloria General della Repubblica emise una aggiunta al decreto presidenziale, nonostante faccia presente che comprenda, che la mancanza di certificazione menzionata davanti ad un istituto educazionale non si può ostacolare il suo ingresso a dette platee, così come la carta fundamental certifica nel suo articolo 19, n. 10, il decreto alla educazione, specificando che l’educazione di base è obbligatoria e che lo stato ha il dovere di garantire l’accesso di tutta la popolazione alla scuola. Il nostro collaboratore Dr. Drago Vasilovich, direttore della Oficina Regional Latinamericana de Ecuador y Promocion de la Salud ci indica che esiste conformità della maggior parte della popolazione per accettare le vaccinazioni, essendo molto difficile la realizzazione delle interviste per determinare l’accettazione dell’obbligatorietà o la libertà di vaccinazione. CUBA Le informazioni sono state conseguite tramite il Dr. Miguel Calunga Ross, epidemiologo del Ministero della Sanità e cattedratico dell’Instituto Superior de Ciencias Medicas dell’Avana. La documentazione elaborata ci indica quanto segue. Tra i benefici delle ultime decadi, si ritengono eliminate: � la poliomielite dal 1962 � la difterite dal 1979 � e il tetano neonatale dal 1972 Si mantiene interrotta la trasmissione dell’agente della: � Parotite per 18 mesi � Rosolia per 22 mesi � Pertosse durante 26 mesi � Il tetano ha cessato di costituire un problema per la salute, presentando un tasso di 0,04 per 10.000 abitanti nel 1996. Durante il 1996 si trovò un notevole impatto sulle malattie prevenibili tramite vaccinazioni, infatti si riscontrarono soltanto quattro casi di tetano nella provincia di Matanzas (1), Villa Clara (1),

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Holguin (1) e Santiago de Cuba (1), tutti in maggiori di 50 anni e tre in maggiori di 60, 3 furono i morti, con una incidenza del 75%. Per il secondo anno compiuto, i 4 parametri che l’OPS esige sono: indicatore di un caso per 100.000 < di un anno notificazione settimanale investigazione epidemiologica < di 48 ore ricerca di tracce nelle feci Per quanto si riferisce alla vigilanza dei probabili casi di morbillo, rosolia e parotite, la cifra è superiore di 126 casi rispetto all’anno 1995 (385), il comportamento riguardo alle differenti malattie fu il seguente: � del morbillo si ritrovarono 117 casi probabili, 42 in più del 1995 (75), � di rosolia si riportarono 54 casi probabili, 113 in più che nel 1995 (227). Per quanto riguarda il programma di immunizzazione esso è obbligatorio, secondo il Reglamento de Salud della Repubblica di Cuba ed ha uno schema verticale, durante il 1997 si discuterà a differenti livelli per la sua applicazione. Si è lavorato con 13 obiettivi specifici, i quali si compiono con un indice del 95% di copertura. Ci è stato proposto uno schema verticale che è l’unico esistente al mondo e che in qualsiasi momento sarà cambiato come schema verticale. VENEZUELA Lo stato venezuelano, cosciente della sua responsabilità riguardo alla salute di bambini e bambine, in risposta al compromesso accettato nella cumbre mondiale dell’infanzia conseguente all’accordo delle regioni delle Americhe per sradicare la presenza del virus responsabile della poliomielite, l’eliminazione del morbillo e del tetano neonatale, ha sviluppato molteplici strategie per il miglioramento della copertura delle immunizzazioni con l’appoggio della OPS. Il programma ampliato di immunizzazione è stato potenziato con una attività permanente del Ministero della Sanità alla fine della decade degli anni 60 da allora si va incorporando ai programmi della salute la filosofia del lavoro raccomandato dal Programa Ampliado de Inmunizaciones, benché le attività di vaccinazione si realizzano da prima, fu a partire dal 1997 che si crea il PAI e fu principalmente negli anni 80 che schemi e strategie iniziarono ad essere standardizzati nella maggioranza dei paesi. La piena vigenza del Programa de Inmunizaciones ha permesso un gran impatto nella riduzione della morbilità e mortalità delle sei malattie che possono essere prevenute tramite le vaccinazioni incluse nel programma di immunizzazione, lo stesso che è regolato dal Ministero della Sanità e Asistencia Social. POLIOMIELITE Dal 1987, quando si iniziò la vigilanza epidemiologica della Paralisi Flaccida Acuta, ci fu un incremento nella notificazione dei casi. Il 21 marzo 1989 si verificò l’ultimo caso di infezione da poliovirus e, per criteri di definizione dei casi, l’ultimo diagnosticato come compatibile fu nell’anno 1992.

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Nelle Americhe, l’ultimo caso di infezione da polio virus si verificò nell’anno 1991, negli ultimi anni si notifica una media di 100 casi all’anno di Paralisi Flaccida Acuta. MORBILLO Per l’attività di vaccinazione del paese, nella decade degli anni 70 c’è stata una riduzione notevole del numero di casi negli ultimi 10 anni, con allargamento degli spazi interepidemici. Nel 1994 si decide di compiere con le attività più importanti per eliminare il morbillo dalle Americhe, per ridurre la presenza del virus alla minima espressione, si vaccinarono tutti i bambini tra i 9 mesi e i 14 anni nonostante fossero già stati vaccinati (?) o avessero avuto la malattia, si iniziò inoltre la vigilanza epidemiologica del morbillo attraverso la vigilanza delle malattie febbrili. DIFTERITE Non si riportano casi di tale malattia dal 1992, pertanto deve incrementarsi la vigilanza epidemiologica, poiché in vari paesi del mondo ci sono epidemie che coinvolgono in gran numero i maggiori di 15 anni, con un quadro clinico di una amigdalitis pulstacea seria. PERTOSSE E’ esistita una riduzione dell’88% nella popolazione infantile, nell’anno 1994 è stata epidemica, con 808 casi notificati e 58 morti, queste sorpassano la media del quinquennio 89-93, nell’anno 1996 si riportarono solo 510 casi, con 3 morti. TETANO NEONATALE C’è stata una notevole riduzione di casi dal quinquennio 89-93, però dopo questo calo del 45% dei casi che si osservò nel 1994, in relazione all’anno 1993, c’è stato un incremento di 18 casi nel 1995, il che rappresenta un 29% rispetto all’anno precedente, che corrisponde allo Stato di Zulia, 11 casi, in Venezuela, essendo la Idelfonzo Vazquez che ha il maggior numero di casi dello stato, il resto dei casi furono notificati da Lara, Sucre Bolivar, Merida, Falcon, Tachira e Miranda. A causa della difficoltà di stabilire contatti con medici venezuelano, abbiamo deciso di viaggiare per mantenere i contatti in riunioni dalle quali abbiamo ottenuto le informazioni che presentiamo oggi. Tra i principali logros del sistema sanitario venezuelano, bisogna notare che la piena vigenza del Plan Nacional de Inmunizaciones: � che nel marzo 1989 si presentò l’ultimo caso di virus salvaje e che dei 100 casi sospetti nessuno ha avuto manifestazioni cliniche; � la difterite è pressoché zero; � si sono presentati 14 casi di tetano neonatale nel 1996, principalmente nello stato di Zulia, dove le famiglie guajire non hanno abitudine di andare in ospedale e i programmi di vaccinazione non sono ampiamente diffusi. Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Marinelli:

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Un forte ringraziamento al Prof. Manuel Albán Lucio, il quale ci ha dato uno spaccato sia della situazione locale, sia degli altri paesi dell’America Latina. Da quello che lui ci ha riferito in realtà, ha definito il suo paese un paese del terzo mondo, a me pare che la situazione sanitaria sia più che accettabile, sostanzialmente, per quello che lui ci ha dimostrato. E ha, peraltro, evidenziato come in questo paese, che è un paese in forte propulsione, come tutti i paesi che partono da un’economia depressa, c’è estrema attenzione al problema delle vaccinazioni. In realtà la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica è favorevole alle vaccinazioni obbligatorie e la totalità dei medici è in sintonia con questa opinione. Peraltro, da quello che lui ci ha detto, ho verificato che, in realtà, l’efficacia delle vaccinazioni in questi paesi – l’efficacia sociale – è notevole; sono ridotte fortemente tutte le malattie che sono prevenibili con questo metodo. Quindi, sostanzialmente, credo che problemi gravi, per lo meno da quanto si evince dalla sua relazione, non ce ne sono stati. Lui non ha evidenziato grosse statistiche su complicanze gravi dall’uso delle vaccinazioni obbligatorie. Le controindicazioni sono certamente quelle che esistono in tutti i paesi del mondo, e anche i piccoli inconvenienti post vaccinali sono quelli che rientrano nella genericità di quanto atteso. Quindi, io, però, vorrei sapere – perché non sono riuscito a percepirlo dalla relazione – dal Prof. Albán, qual’è lo schema vaccinale, cioè quali sono i vaccini obbligatori in Ecuador e nei paesi che lui ha messo in evidenza, che lui ha trattato, e se esistono piani che prevedono un incremento di queste attività vaccinali, o se, viceversa, si prevede di modificare in qualche modo questa schedula vaccinale per adeguarla a quelle che sono le rilevanze epidemiologiche che lui ha messo in evidenza. Ecco, queste sono due mie curiosità personali. Io vorrei, siccome noi poi passeremo, invece, a un altro spaccato del mondo, perché poi dopo ci sarà l’intervento di Yamamoto, vorrei che gli intervenuti ponessero al Prof. Albán delle domande, dei chiarimenti. Io ritengo che coloro i quali vogliono intervenire si possono già cominciare ad avvicinare al podio da cui è bene rivolgere le domande, in modo che tutto l’uditorio possa sentire con tranquillità, e poi il Prof. Albán risponderà. Dr. Paolo Vanoli: Io vorrei chiedere al Dottore se è al corrente delle ricerche effettuate in Italia dal Dottor Montinari al Policlinico di Bari. Cinquecento pazienti esaminati con reazioni post vaccinali. Mi chiamo Paolo Vanoli, sono dottore naturista, faccio parte dell’équipe che ha fatto le ricerche a Bari, è per questo che ne parlo, sono al corrente delle modalità, tempi e risultati. Se è al corrente di queste ricerche, perché sono state pubblicate all’estero. In Italia non sono state volutamente pubblicate dall’apparato scientista al potere, ma all’estero sono state pubblicate. Il Dott. Montinari ha ricevuto una onorificenza, è stato classificato tra i membri dell’Accademia delle Scienze di New York. Fine nastro. Questi cinquecento pazienti analizzati, tutti, purtroppo, hanno avuto mutazioni genetiche. I geni hanno cambiato forma, hanno indotto patologie latenti negli individui di tutti i tipi: distrofia muscolare, epilessia, malattie gastroenteriche, malattie sul sistema nervoso centrale, allergie, malattie autoimmuni, qualsiasi tipo di malattia abbiamo riscontrato dopo la vaccinazione, e lo scatenamento è stato accertato essere partenza vaccinale. Cinquecento pazienti: il cento per cento ha subito questi danni. Ora, siccome le vaccinazioni hanno prodotto, purtroppo, da quando sono state instaurate, un aumento spropositato delle malattie degenerative nei giovani, e malattie autoimmuni, vorrei dire: come mai nel mondo non se ne vuole parlare, ma si vuole creare il mercato dei malati?

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Prof. Marinelli: Dottor Vanoli, attenda un attimo, perché io vorrei qualche chiarimento, poi, da lei. Innanzi tutto vorrei sapere di che vaccinazioni si parla. Dr. Vanoli: Noi abbiamo fatto i test su tutte le vaccinazioni obbligatorie, comprese quelle facoltative. Prof. Marinelli: E allora, praticamente, secondo i dati che lei ha posto, di cinquecento persone … Dr. Vanoli: Tutti giovani. Prof. Marinelli: … con una totalità di inconvenienti, siccome le vaccinazioni obbligatorie risalgono a molti decenni, ormai l’umanità dovrebbe essere sterminata. Dovremmo essere morti tutti da tantissimi anni. Dr. Vanoli: Non è vero, perché per fortuna la natura è più forte della vaccinazione. Chiedo scusa, mi permetta, lei conosce le statistiche che il Ministero ha disposizione? Prof. Marinelli: Si, direi di si. Dr. Vanoli: Benissimo. Sa benissimo che i signori che si attengono alla raccolta delle vaccinazioni si lamentano che non ricevono dalle varie regioni d’Italia le informazioni sulla tossicità dei farmaci e dei vaccini, tantomeno delle controindicazioni, per cui tutte le statistiche non hanno nessun valore. Prof. Marinelli: Vede, Dottor Vanoli, io non faccio una questione di statistiche; io faccio una questione obiettiva: se tutti coloro che si vaccinassero – e tutti noi siamo stati vaccinati – andassero incontro a gravi malattie, l’umanità sarebbe scomparsa da tempo. Dr. Vanoli: Chiedo scusa, noi abbiamo analizzato cinquecento pazienti dichiaratamente riscontrati malati di patologie autoimmuni o del sistema nervoso centrale, collegabili, prima del controllo, probabilmente a vaccinazione. Ne abbiamo avuto la certezza dopo, perché abbiamo trovato anche i marcatori. Prof. Marinelli: Dottor Vanoli, se io prendo cinquecento persone ammalate, è chiaro che nell’anamnesi di queste cinquecento persone io ritrovo una vaccinazione obbligatoria. E’ normale. Ma come faccio a collegare quei cinquecento episodi, i più vari possibile, con quella vaccinazione o con quelle vaccinazioni? Non c’è possibilità di collegamento epidemiologico. Io di mestiere faccio l’epidemiologo. Dr. Vanoli: Probabilmente lei non l’ha fatta questa ricerca, non ne conosce le modalità e allora non può affermare con certezza queste cose. Noi l’abbiamo fatta e le affermiamo, anzi, la invitiamo, se è possibile, a recarsi a Bari, a vedere e controllare di persona.

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L’abbiamo proposto all’Istituto Superiore di Sanità, è latente da due anni. E’ latitante il Ministro della Sanità da due anni perché è informato da due anni di questi fatti. Dr.ssa Rodriguez: Dottor Vanoli, la prego, perché abbiamo parecchie cose … Prof. Marinelli: Adesso facciamo rispondere il Professor Albán al Dr. Vanoli e poi sentiamo gli altri interventi. Dr. Albán: Vorrei rispondere a questa domanda. Non conosco lo studio del Prof. Montinari di Bari. Senza dubbio – oh, me lo dà prima che io lo chieda – con questo documento noialtri potremo fare uno studio comparativo, se ha trovato … un universo in questo lavoro di quinientas (?) analizzati, uguale al nostro, anche è fatto di quinientos (?). Io analizzerò i documenti e spero poterli portare prossimamente. Dr.ssa Rodriguez: Vorrei dire qualche cosa: il Dottor Montinari noi lo abbiamo invitato al Seminario Previo l’anno scorso ed è venuto; l’ho invitato e sollecitato a venire in questo Forum, non so perché, non ha voluto venire. Prof. Marinelli: Sarebbe stato molto interessante ascoltarlo. Dr.ssa Rodriguez: Questo mi dispiace moltissimo, perché era meglio che ci fosse stato lui, glie lo dica, per cortesia. Lo abbiamo invitato varie volte, perché – voglio sottolineare una cosa importante, Professor Marinelli, grazie di presiedere a questa importante sessione - noi abbiamo cercato tutto ciò che poteva essere significativo. Lei sta presiedendo una sessione dove ci sono dei medici allopati, perché il Dottor Albán è un allopata, il Dottor Yamamoto è un allopata, ossia: abbiamo voluto porre di fronte a tutti il solo problema dell’uomo e abbiamo desiderato far conoscere un’alternativa, che è la medicina omeopatica, che è prevenzione mentre sperimenta, mentre cura e guarisce il malato, ed è prevenzione anche nelle malattie epidemiche. Questo è stato lo scopo di questo Forum, dove doveva venir fuori quello che è venuto fuori, e questo per me è qualche cosa di molto importante: la qualità umana di tutte le persone che sono passate di qui, nonostante i problemi giuridici e i problemi scientifici che sono dati per assoluti. Quindi credo, veramente, che il contributo che l’Università del Bolivar, tramite il Dottor Lucio Albán è proprio finire nella maniera giusta. Discutere la ricerca che è stata fatta dovrebbe essere … bisognerebbe riuscire a mettere in evidenza qualche cosa che, personalmente, ho potuto verificare andando in Ecuador e parlando vis a vis con il Dottor Albán e altri medici, è il tipo di vita che c’è in Ecuador. Ci sono tanti aspetti, però, dalla ricerca fatta dal Dottor Albán io posso notare, e attraverso altre cose che sono uscite dal convegno, ci sarebbe da prendere in considerazione molti aspetti della vita, prima e dopo. Non voglio aggiungere altro. Prof. Marinelli: Io la ringrazio, Dottoressa Rodriguez. Le debbo dire che, per la verità, io ho apprezzato molto l’equilibrio dell’intervento del Professor Albán e, anzi, mi sono compiaciuto col fatto che i dati che lui ha portato indicano che è un paese che, sostanzialmente, noi pensiamo che sia del terzo mondo, in realtà dimostra come, probabilmente, anche dal punto di vista sanitario, la situazione è più che soddisfacente, per lo meno dai dati che abbiamo rilevato.

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Dai dati che abbiamo rilevato, perché, diciamo, rientriamo in incidenze, anche delle principali patologie, che sono grosso modo paragonabili con le nostre, anzi, probabilmente, le malattie croniche o degenerative sono sicuramente meno presenti. Però, se noi poi andiamo a riferirci a problemi che riguardano specifiche valutazioni sui rischi vaccinali, e allora, purtroppo, il metodo scientifico accettato, al quale io pure faccio riferimento, perché faccio ricerca da trentacinque anni, è quello che le indagini epidemiologiche vanno secondo delle regole che devono essere universalmente accettate e che sono quelle che ci consentono poi di esprimere dati significativi. Si va poi alla valutazione statistica. Bisogna procedere quelli che sono, poi, i protocolli universalmente accettati e i dati vanno verificati nei modi in cui si verificano di solito. Quindi, anche la scelta del campione, le modalità di intervento, il tipo di indagine, devono seguire le regole, perché se no non sono raffrontabili con quelle degli altri e, in ricerca, nessuno può esprimere certezze se non paragona i suoi dati a quelli degli altri. Una delle prime cose che mi hanno insegnato quando io sono entrato all’università, che mi ha insegnato il mio maestro e tutti coloro i quali mi hanno insegnato qualche cosa, è l’estrema prudenza nell’espressione dei risultati: cioè nessuno può affermare nulla che non sia stato poi successivamente verificato da altri. Si lanciano solo ipotesi, e queste ipotesi si lanciano affinché altri, non noi stessi, le verifichiamo. La verifica deve essere fatta da altri, da tanti, e più sono, meglio è. La certezza si ha solo quando i propri dati vengono confrontati con quelli degli altri e si arriva a una valutazione definitiva. Questo è il metodo scientifico ormai accettato da qualche secolo, da un secolo o poco più. Questo era il mio intervento; quindi, io avrei desiderato che questi dati fossero stati espressi da chi li aveva valutati, da chi li aveva riscontrati e valutati, in modo da poterli poi portare, diciamo, anche sotto il profilo metodologico, a una discussione più ampia. Allora, facciamo interventi brevi perché il Professore Sciaudone ci ha richiamato severamente all’ordine. Noi ci stavamo appassionando alla materia e il rischio di perdere tempo è grave. Intervento del Dr. Buchwald in tedesco (cassetta 1 del 01/06, verso l’inizio, 3 tacche, del lato B). Prof. Marinelli: La ringrazio, poi c’era un altro intervento, mi pare, un’altra persona che voleva … Forse è il Dr. Berger: Ho visto sulla tabella, c’era, dopo la vaccinazione, un 8% di allergia al latte. Che tipo di latte viene consumato prevalentemente in Ecuador? Prof. Marinelli: Va bene, grazie. Professor Albán, se vuole rispondere, così poi diamo la parola al Professor Yamamoto. Dr. Albán: Riguardo alla domanda sul sarampion, Cuba è uno dei paesi che ha i migliori livelli di salute, mentre in altri paesi dell’America Latina, come Ecuador e Cile, come voi potete ben vedere nello studio che ci riporta Pamela Saorí, e negli stessi Stati Uniti, le epidemie di sarampion si sono andate ripetendo. Questo indica che in tutto il continente americano noi dobbiamo raddoppiare lo sforzo per vie differenti, con lo scopo di andare nel secolo XXI nelle condizioni che la Organizzazione Mondiale della Sanità si propone, questo è guadagnare salute per tutti nell’anno 2000, cosa che risulta tuttavia un po’ un’utopia. Riguardo all’ultima domanda, che tipo di latte si consuma in Ecuador, se principalmente le condizioni sono totalmente differenti da quello che si consuma qui in Europa. Il latte di vacca, poche madri di famiglia hanno accesso al latte artificiale, quindi le condizioni non sono ottimali e in

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uno studio che potremmo spiegare a parte questa situazione che principalmente dipende da questo tipo di latte. Prof. Marinelli: Ringrazio il Dottor Albán, credo che non ci sia il Professor Castro Rios, è così? Non c’è? No, non c’è, ha parlato anche il Dottor Albán per le esperienze cilene. Allora, passiamo dall’altra parte del mondo, dall’America Latina all’estremo oriente. Ovviamente non passa soltanto molto spazio geografico, ma passano anche alcuni decenni di sviluppo, traslochiamo in uno dei paesi più avanzati del mondo, e ci parla il Professor Hidehiko Yamamoto che è un pediatra dell’Osaka Red Cross Hospital del Giappone sul “Perché il governo giapponese ha dovuto interrompere la pratica vaccinale obbligatoria – il punto di vista di un pediatra”. E questa mi pare sia una relazione molto interessante.

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Perché il governo giapponese ha dovuto interrompere la pratica vaccinale

obbligatoria - il punto di vista di un pediatra. Hidehiko Yamamoto, M.D.,

Pediatra, Osaka Red Cross Hospital, Giappone

Abstract Sebbene raramente, l'influenza causa complicazioni serie quali encefalite e sindrome di Guillain-Barre. E’ una malattia contro la quale non esiste alcuna terapia causale e non esiste alcun mezzo per prevenirne l'incidenza. Nonostante la vaccinazione profilattica resa obbligatoria dal governo giapponese per tutti gli studenti di scuola elementare e media, l'incidenza dell'influenza si è manifestata più volte e come conseguenza molti bambini hanno manifestato severe reazioni avverse ogni anno. Sebbene sia necessario prevenire le complicazioni serie causate dall'influenza, la soluzione non può essere trovata in un vaccino la cui efficacia e sicurezza non sono ancora chiare. In altre parole, non è un vaccino adatto alla vaccinazione obbligatoria di tutti i bambini.. Tale ambiguità è sempre stata un problema per tutti i vaccini profilattici. In qualità di pediatri clinici, non intendiamo contribuire a creare nuove malattie attraverso una vaccinazione profilattica, sebbene la contrazione spontanea di una malattia è a volte inevitabile e, di conseguenza, ci dichiariamo contrari alla vaccinazione obbligatoria. Se si guarda indietro alla storia della vaccinazione profilattica, si scopre che per più di 20 anni il governo ha reso obbligatori vari tipi di vaccinazione tra i bambini. Una volta stabilito un sistema di vaccinazione obbligatoria, una interruzione immediata del sistema diventa difficoltosa anche nel caso in cui il vaccino causi dei danni. Piuttosto, il danno si è propagato sotto tale sistema poiché il governo ha cercato di nascondere i risultati negativi. Ciò è chiaramente riflesso dalla storia della vaccinazione anti varicella, orecchioni, morbillo e rosolia. Inoltre, una volta avviata la vaccinazione obbligatoria, il numero di persone sottoposte alla vaccinazione si moltiplica, come nel caso dell'influenza, quando la popolazione colpita è aumentata da 3 a 17 milioni attraverso la vaccinazione di bambini della scuola elementare e media. Tuttavia problemi importanti quali la messa a punto di un vaccino e il metodo per stabilire l'effetto del vaccino sono stati ignorati. Di conseguenza, i danni causati dalla vaccinazione preventiva sono aumentati e sono risultati in una serie di azioni legali. Sono stati portati avanti una campagna per fermare la "vaccinazione obbligatoria" e uno studio del caso. In tali circostanze, il tasso di vaccinazione contro l'influenza è diminuito rispetto all'apice del 68% del 1979 al 18% del 1992. Nel 1992 il governo ha perso la causa in tribunale dopo circa 20 anni di azioni legali adite da 140 bambini che hanno manifestato reazioni avverse alla vaccinazione profilattica. Di conseguenza il governo si è visto costretto ad abolire il sistema di vaccinazione obbligatoria nel 1994. Vi ringrazio dal profondo del mio cuore per avermi dato la possibilità di intervenire in questo Forum internazionale. Perché il governo giapponese ha dovuto abolire la vaccinazione obbligatoria? - Il punto di vista di un pediatra - Hidehiko Yamamoto, M.D. Department of pediatrics Osaka Red Cross Hospital, Japan

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In Giappone il governo ha cambiato il sistema di vaccinazione, passando dall’obbligo alla libertà di scelta, dopo un periodo di 40 anni. Perché il governo ha deciso questo cambiamento? Io ritengo che l’analisi di questa domanda dovrebbe costituire la risposta al tema del Forum. Ho quindi scelto il titolo “Perché il governo giapponese ha dovuto abolire la vaccinazione obbligatoria?” Caso 1. Encefalite influenzale - bambina di 3 anni -

Repentino innalzamento della temperatura Convulsioni e disturbi della conoscenza, il secondo giorno Diagnosi di Influenza A- H3N2 (tipo A Hong Kong) Disturbi della conoscenza per 10 giorni Disturbi di carattere motorio migliorati dopo 6 mesi

In primo luogo, vi proporrò tre casi collegati all’influenza. Il primo è quello dell’encefalite influenzale di una bambina di 3 anni. Nel 1993 la temperatura salì improvvisamente. Il secondo giorno si verificarono convulsioni e disturbi della conoscenza. La diagnosi di influenza H3N2 (tipo A Hong Kong) fu possibile grazie ad un siero accoppiato. Le convulsioni diminuirono in pochi giorni. I disturbi della conoscenza continuarono per 10 giorni. Disturbi di carattere motorio si verificarono alcuni giorni dopo l’inizio della malattia. Sei mesi dopo la bambina guarì e non ha fatto registrare postumi di alcun tipo. (diapositiva 3) Decorso clinico del caso 1. La diapositiva illustra le cifre del decorso clinico del caso 1. Oltre il 90% delle complicazioni derivanti da influenza è rappresentato da polmoniti. L’encefalite è una delle rare ma serie complicazioni dell’influenza. Noi ci siamo trovati di fronte a rare complicazioni dell’influenza, anche alla sindrome di Guillain-Barre. Dobbiamo tener presente la possibilità dell’insorgenza di tali complicazioni quando parliamo di influenza e vaccinazione. Caso 2. La vaccinazione anti-influenzale provoca una encefalopatia.

Bambina di 10 anni Il giorno dopo la vaccinazione anti-influenzale, febbre Il terzo giorno, eruzione cutanea, convulsioni e disturbi della conoscenza Il decimo giorno morì senza aver ripreso conoscenza

Il caso 2 riguarda una bambina di 10 anni che ha contratto una encefalopatia dopo la vaccinazione anti-influenzale. La bambina venne sottoposta a vaccinazione obbligatoria a scuola nel 1973, quando prese un raffreddore. Il giorno successivo la febbre salì. Il terzo giorno si registrarono un’eruzione cutanea e convulsioni. Il decimo giorno morì senza aver recuperato conoscenza. (diapositiva 5) Decorso clinico del caso 2. Queste sono le cifre relative al decorso clinico del caso 2. Altri due scolari soffrirono di eruzioni cutanee e febbre alta dopo la vaccinazione anti-influenzale nello stesso periodo e nella stessa zona. L’anno precedente, poiché si erano verificate troppe reazioni avverse contro il vaccino anti-influenzale per l’intero corpo, il governo decise di passare al vaccino diviso particellare. Venne sottolineato che con questo vaccino ci sarebbero state poche reazioni avverse. Questo caso, dunque, fece molto scalpore. Voglio sottolineare che se non fosse esistito l’obbligo di vaccinazione, la bambina probabilmente non sarebbe stata vaccinata per aver preso un raffreddore in quel periodo.

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Caso 3. ADEM causata da vaccinazione anti-influenzale.

Bambino di 11 anni 10 giorni dopo la seconda somministrazione di vaccino, lamentò disturbi visivi 12 giorni dopo, disturbi nel parlare 21 giorni dopo, disturbi motori 74 giorni dopo, l’M.R.I. diagnosticò ADEM (Acute disseminated Encephalomyelitis) 78 giorni dopo, morì

Il caso 3 è quello di un ragazzo di 11 anni che ha contratto l’ADEM a causa della vaccinazione anti-influenzale. ADEM sta per Acute Disseminated Encephalomyelitis, vale a dire Encefalomielite Acuta Disseminata. E’ un caso della letteratura medica giapponese. In Giappone il vaccino anti-influenzale deve essere ripetuto per due volte entro un mese. Il ragazzo era stato vaccinato dall’età di 7 anni senza alcuna reazione dannosa. Nel 1993, il ragazzo lamentò un leggero annebbiamento della vista una settimana dopo la prima somministrazione del vaccino. Dodici giorni dopo la seconda somministrazione la famiglia notò dei disturbi nel parlare. Il 21° giorno si verificarono disturbi motori. Gradualmente i disturbi della conoscenza aumentarono. Il 74° giorno venne diagnosticata dall’MRI l’Encefalomielite Acuta Disseminata. Il ragazzo morì il 78° giorno. (diapositiva 7) Decorso clinico del caso 3. Queste sono le cifre del caso 3. Ci sono 12 giorni tra la seconda vaccinazione e l’inizio dell’ADEM, ma il ragazzo lamentò lievi disturbi visivi dopo la prima vaccinazione. Dunque esiste una relazione di casualità tra la malattia e la vaccinazione. Nella letteratura medica sono registrati alcuni casi di Encefalomielite Acuta Disseminata provocati dalla vaccinazione. Valutare le vaccinazioni? (1) La vaccinazione è sicura? necessaria? efficace? Sicurezza > Necessità > Efficacia Vi ho mostrato tre casi legati all’influenza. Ora conosciamo sia le serie complicazioni dell’influenza sia le reazioni negative della vaccinazione. Devo raccomandare il vaccino anti-influenzale? Questa ambiguità costituisce un problema con qualsiasi vaccinazione. Questo schema mostra fattori da tenere presenti quando facciamo una valutazione delle vaccinazioni. Si tratta di una vaccinazione sicura, necessaria, efficace? Come pediatra non voglio causare nuove malattie con le vaccinazioni sebbene lo spontaneo insorgere di una malattia sia talvolta inevitabile. Dunque la sicurezza è il fattore più importante nella valutazione delle vaccinazioni.

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Valutazione delle vaccinazioni. (1) - efficacia - No. pazienti

prima delle vaccinazioni

No. di morti No. pazienti nel ‘93

No. di morti nel ‘93

Difterite 15641 (’58) 619 5 1 Pertosse 29948 (’58) 478 131 2 Tetano 338 (’68) 249 33 14 Polio 2436 (’61) 169 3 0 Morbillo 34305 (’78) 181 2002 14 Tbc 590662 (’48) 46735 47437 3225 Jp.encepha. 9 (’77) 4 8 0 Influenza 198427 (’77) 682 16655 519 Tbc = tubercolosi Proviamo a valutare le vaccinazioni in Giappone secondo questi tre fattori. In primo luogo, l’efficacia. In questa diapositiva il numero dei pazienti e il numero dei decessi appena prima dell’anno delle vaccinazioni obbligatorie sono confrontati con i dati del 1993. Secondo questa tabella, solo la difterite e la polio sono diminuite sotto lo 0,01. Infatti, molti fattori come il progresso medico, la salute pubblica ed un sistema di sorveglianza inadeguata influenzano questi dati. Dunque, è difficile valutare esattamente l’efficacia delle vaccinazioni. Valutazione delle vaccinazioni (2) - necessità - dai dati del 1993 No. pazienti No. di morti No. di vaccinazioni Difterite 5 1 1039291 Pertosse 131 2 1027926 Tetano 33 14 1039000 Morbillo 2002 14 817261 Polio 3 0 1138926 Tbc 47437 3235 2000000 Jp.encepha. 8 0 1029000 Influenza 16655 519 3758000 Tutti i casi di polio sono stati causati da tensioni vaccinali Il secondo fattore è quello della necessità. Dobbiamo considerare la prevalenza internazionale della malattia: io credo che la vaccinazione contro la difterite, la polio e l’encefalite giapponese non siano necessarie in Giappone in quanto ci sono pochi pazienti. Un problema rilevante è rappresentato dal fatto che ciascun caso di polio si sia rivelato contagioso per tensioni vaccinali.

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Valutazione delle vaccinazioni. (3) - sicurezza - dai dati del 1995 Anafilassi Convulsioni Altri neurologici Totale DPT 4 3 1 144 Morbillo 32 7 1 79 Rosolia 13 2 0 136 Jp.enceph. 5 2 6 56 Polio 0 0 0 11 BCG 0 0 0 18 Il terzo fattore è quello relativo alla sicurezza. Questa tabella è stata ricavata dai dati governativi del 1995. Mi soffermo in maniera particolare sui casi di anafilassi e di convulsioni provocate dalla vaccinazione anti-rosolia. Il totale dei casi registrati di anafilassi ammonta a 54. In tempi recenti si è fatta strada la convinzione che pressoché tutti i casi di anafilassi sono causati dalla gelatina come stabilizzatore di vaccini. La rosolia non è una malattia particolarmente grave nell’infanzia, dunque due casi di convulsioni sono importanti. Valutare le vaccinazioni? (2) dal punto di vista di un pediatra 1- Se non ci sono malattie per diversi anni e ci sono pochi postumi o casi di morte nell’intero paese su base annuale la vaccinazione potrebbe non essere necessaria. 2- Se pazienti vaccinati contraggono la malattia, la vaccinazione potrebbe non essere efficace. 3- Se esistono postumi critici o casi di morte nell’esperienza clinica o nella letteratura medica, la vaccinazione potrebbe non essere sicura. Questo è il mio standard di valutazione delle vaccinazioni in qualità di pediatra. (diapositiva 13) Sistema di vaccinazione in Giappone (1) 1948-1994 Illustrerò il sistema di vaccinazione giapponese. La diapositiva mostra il sistema di vaccinazione in vigore dal 1948 al 1994. I rettangoli gialli sono quelli relativi alle vaccinazioni obbligatorie e gli azzurri si riferiscono a quelle facoltative. Le vaccinazioni obbligatorie erano quelle contro BCG, DPT, Polio, Morbillo, Encefalite giapponese e rosolia. Nel caso della vaccinazione anti-influenzale si richiedeva sin dal 1987 il consenso dei genitori. Quindi da quell’anno l’obbligo era in pratica cessato. Il sistema di vaccinazione in Giappone (2) dal 1995 Richieste dalla legge Non richieste dalla legge BCG (obbligatoria) Parotite DPT Varicella Polio Influenza Morbillo Epatite A Rosolia Epatite B Encefalite Giapponese

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Il grafico mostra quali vaccinazioni sono basate sulla legge relativa alle vaccinazioni. Ad esempio, le vaccinazioni contro BCG e DPT sono richieste dalla legge, ma quelle contro la Parotite Epidemica e l’Influenza non lo sono. (diapositiva 15) Il sistema di vaccinazione in Giappone (3) dal 1995 (età raccomandate) Questa diapositiva mostra l’età raccomandata e la frequenza delle vaccinazioni in Giappone dal 1995. In senso stretto, solo la BCG per bambini in età scolare è ancora obbligatoria. Tutte le altre vaccinazioni sono diventate facoltative. (diapositiva 16) Continuazione di una vaccinazione non necessaria - nel caso della vaccinazione antivaiolosa. Vi mostrerò dunque, la diffusione delle vittime nel sistema di vaccinazione giapponese. Questa diapositiva mostra il numero di vaccinazioni e il numero delle morti nel caso della vaccinazione antivaiolosa dal 1971 al 1976. Il diagramma azzurro ci indica il numero dei decessi. 27 bambini morirono in questo periodo. Il governo Giapponese decise di abolire l’obbligo della vaccinazione antivaiolosa nel 1976. D’altro canto i governi statunitense e britannico avevano già abolito la vaccinazione antivaiolosa nel 1971. Se il governo giapponese avesse abolito prima l’obbligo e la vaccinazione non fosse stata obbligatoria questi bambini avrebbero potuto essere salvati. Il governo giapponese provò a nascondere il numero delle vittime della MMR Data Incidenza di meningite Commento governativo 19.09.1989 1/100.000

-200.000 sicura

25.10.1989 1/30.000 cautela 20.12.89 1/su poche migliaia con il consenso dei genitori 31.05.1991 1/1200 necessario il consenso dei

genitori 30.04.1993 fine della vaccinazione Vi mostrerò la storia della vaccinazione MMR in Giappone. In Giappone questa vaccinazione iniziò nell’aprile del 1989. Immediatamente dopo si registrarono casi di meningite asettica. Alla fine del 1989, ad esempio, un rapporto rilevò che l’incidenza della meningite asettica era dello 0,5% dei bambini vaccinati. Questo grafico mostra gli annunci del governo. In primo luogo, nel settembre 1989, il governo annunciò che la vaccinazione contro il morbillo, la rosolia e la parotite era sicura; in secondo luogo, in ottobre, il governo annunciò che bisognava procedere con cautela alla vaccinazione, e in terzo luogo, in dicembre, annunciò che bisognava vaccinare solo con il consenso dei genitori. Infine, il governo decise di porre fine a questa vaccinazione trivalente nel 1993. Questa storia rivela che il governo aveva cercato di nascondere risultati negativi. Diapositiva 18. Quoziente di vaccinazione della MMR. Questa diapositiva mostra il quoziente di vaccinazione della MMR. A rigor di termini, la MMR non era una vaccinazione obbligatoria e il quoziente di vaccinazione è diminuito dal 50% nel 1989 al 28% nel 1990. Ciò dimostra che i genitori possono combattere le reazioni avverse della vaccinazione rapidamente, se il sistema non costringe ad una scelta obbligata.

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Ipotesi errata e vaccinazione obbligatoria contro l’influenza Può la vaccinazione per bambini in età scolare difenderli da epidemie sociali di influenza? Per un lungo periodo questa ipotesi errata non fu verificata. Successivamente, voglio addentrarmi nei dettagli della storia della vaccinazione antinfluenzale. In Giappone, il sistema di vaccinazione di massa contro l’influenza per i bambini in età scolare era stato introdotto nel 1960. Circa tre milioni di bambini furono vaccinati. Nel 1976, era stato introdotto il sistema di vaccinazione obbligatoria e 17 milioni di bambini della scuola elementare e media, nonché studenti delle superiori dovevano essere vaccinati due volte l’anno. Questo era un sistema di vaccinazione unico al mondo. Questo grafico mostra che il governo introdusse tale sistema unico. L’ipotesi era che tale vaccinazione per ragazzi in età scolare potesse difenderli contro epidemie sociali di influenza, ma si rivelò errata, anche se per lungo tempo non fu verificata. (diapositiva 20) Nonostante i molti bambini sottoposti a vaccinazione, l’epidemia influenzale si ripeté. Questa diapositiva rivelava che il rapporto vaccinazione - bambini in età scolare non riguardava l’epidemia influenzale sociale. La linea celeste mostra il numero delle vaccinazioni e quella gialla il numero di pazienti influenzati su ogni centomila (100.000) persone. Dagli anni ‘80, il numero delle vaccinazioni rimaneva costante circa al 60% all’anno, ma l’incidenza mutava dal 5 al 60, senza rapporto con le vaccinazioni. Dal 1989, il numero delle vaccinazioni diminuiva rapidamente al 20%, ma la percentuale di incidenza non aumentava. (diapositiva 21) La percentuale di incidenza tra popolazione vaccinata di una città e città vicine con popolazione non vaccinata (1) 1984. Questa diapositiva mostra che la vaccinazione contro l’influenza non era efficace nemmeno per i bambini in età scolare. La città A aveva deciso di sospendere la vaccinazione obbligatoria contro l’influenza nel 1980. Le città dalla B alla D erano vicine alla città A ed avevano continuato le vaccinazioni obbligatorie. Il numero di bambini in età scolare della città A era di circa 25.000 e nella città B era di circa 21.000. In questa diapositiva, la percentuale di vaccinazioni della città A nel 1984 era inferiore all’1%. Nella città B era del 90%, nella città C del 77% e nella città D del 76%. Tali percentuali sono indicate dalla linea gialla. Vi prego di prestare attenzione alla linea rosa e a quella celeste. La percentuale di incidenza di influenza della città A era del 43%, della città B era del 40%, della città C del 43% e della città D del 52% Non c’è differenza tra questi due gruppi. Il ceppo epidemico influenzale era del tipo B e lo stesso si riscontrava nei ceppi sottoposti a vaccinazione. (diapositiva 22) La percentuale di incidenza dell’influenza tra la popolazione non vaccinata di una città e le popolazioni vaccinate delle città vicine (2)-1985 tipo A. Questa diapositiva paragona le stesse città nel 1985, l’anno dell’influenza tipo A, l’epidemia di Hong-Kong. I ceppi epidemici erano gli stessi dei ceppi del vaccino, anche in questo caso. Ancora una volta la differenza del rapporto di incidenza tra i due gruppi non era significativa.

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E’ stato un importante studio epidemiologico per porre fine alla vaccinazione antinfluenzale obbligatoria in Giappone. Reazioni avverse alla vaccinazione antinfluenzale - uno studio su 414.081 bambini reazioni avverse Numero/milione skin rush 29.2 febbre 134.8 shock 52.1 sintomi neurologici 10.4 ITP 4.2 locali 22.9 totali 254.3 Questo grafico mostra lo studio di massa delle reazioni avverse della vaccinazione antinfluenzale. Esso fu fatto nel 1987 e riguardò 400.000 bambini. 10 bambini su un milione lamentavano sintomi neurologici, mentre uno shock fu osservato in 50 bambini su un milione. Il governo cambiò il vaccino influenzale da quello di tipo intero al tipo in particelle nel 1971 e dichiarò che le reazioni avverse con questo tipo di vaccino erano quasi nulle, ma secondo questo studio, la percentuale di reazioni avverse riguardava 250 individui su un milione. (diapositiva 24) Percentuale di vaccinazione antinfluenzale e numero di vittime ufficiali. La diapositiva mostra il rapporto tra vaccinazione antinfluenzale e numero di vittime ufficiali. Nel 1987, il governo in pratica cambiò la vaccinazione obbligatoria in libera; da quest’anno, l’incidenza della vaccinazione è diminuita e infine, è scesa al 20%. Ciò rivela che il sistema obbligatorio è tutt’altro che una richiesta abituale. (diapositiva 25) Numero di vittime ufficiali. Questa diapositiva mostra il numero totale di vittime ufficiali di varie vaccinazioni prima del 1995. Il numero totale dei decessi è di 65. Solo la BCG e la vaccinazione contro la rosolia non hanno causato decessi. (diapositiva 26) Dettagli riguardanti 142 richieste di risarcimenti. Dal 1972 al 1979, in totale 142 bambini con le loro famiglie hanno citato in giudizio il governo per danni. Questa diapositiva mostra i dettagli di queste richieste di risarcimento. Il numero totale di decessi è stato di 50 bambini, 65 hanno subito un grave ritardo nello sviluppo, mentre 35 sono stati affetti da epilessia incurabile. Nel 1992, il governo ha perso la causa in tribunale dopo 20 anni di procedimenti legali. Dovrebbe essere la vaccinazione una libera scelta? La risposta a questa domanda è chiara.

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La vaccinazione dovrebbe essere o meno una libera scelta? - Una volta introdotto il sistema di vaccinazione obbligatoria, interromperlo immediatamente diventa difficile, anche se la vaccinazione ha causato un gran numero di vittime. - Abbiamo appreso questa lezione dalla storia giapponese delle vaccinazioni obbligatorie. - Quindi le vaccinazioni obbligatorie dovrebbero essere sospese al più presto possibile. Conclusioni 1. La sicurezza è il fattore più importante per valutare le vaccinazioni. 2. Più di 2000 vittime da vaccinazione sono state registrate in Giappone. 3. Il sistema di vaccinazione obbligatorio è stato largamente responsabile di un aumento delle vittime. 4. Studi epidemiologici hanno provato che la vaccinazione anti influenzale non è stata sicura ed efficace nei primi anni ’80. 5. L’incidenza della vaccinazione anti influenzale è diminuita dal 1989. 6. Nel 1992 il governo ha perso la causa in Tribunale. 7. Per queste ragioni, il governo ha dovuto interrompere la pratica di vaccinazione obbligatoria nel 1994. Conclusioni. 1. La sicurezza è il fattore più importante per valutare la necessità di vaccinazione da parte di un pediatra. 2. In Giappone le vaccinazioni hanno causato più di 2000 vittime. 3. Il sistema di vaccinazione obbligatorio è stato largamente responsabile di un numero sempre maggiore di vittime. 4. Studi epidemiologici hanno dimostrato che la vaccinazione antinfluenzale non si è dimostrata né sicura né efficace negli anni ‘80. 5. L’incidenza della vaccinazione antinfluenzale è incominciata a diminuire dal 1987, e nel 1992 è scesa al 20%. 6. Nel 1992, il governo ha perso la causa in tribunale contro 140 persone. 7. Per queste ragioni, il governo ha dovuto porre fine ai sistemi di vaccinazione obbligatoria nel

1994. Trascrizione integrale degli interventi orali Prof. Marinelli: Noi dobbiamo necessariamente abbreviare i termini perché c’è una tavola rotonda che ci segue subito dopo. Però qualche osservazione sulla relazione del Dottor Yamamoto bisogna farla. Innanzi tutto io ho osservato che il Giappone aveva un sistema di vaccinazioni obbligatorie molto più esteso del nostro. Io credo che la vaccinazione obbligatoria contro l’influenza il nostro paese non si è mai sognato di introdurla, e sui vaccini anti influenzali il discorso sarebbe molto ampio, sia sulla utilità che, ovviamente, sulla evoluzione. Come voi sapete, oggi ci sono a disposizione vaccini ben diversi e, sicuramente, meno dannosi di quelli di un tempo. E comunque è, credo, un’esperienza unica al mondo quella della vaccinazione obbligatoria contro l’influenza; non mi risulta che altri paesi al mondo abbiamo mai introdotto, nemmeno temporaneamente, la vaccinazione obbligatoria contro l’influenza. Poiché a mio avviso è

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assolutamente inutile come vaccinazione obbligatoria, poi, come vaccinazione consigliata, può avere utilità nei casi in cui la richiedono. Ma mi pareva anche di aver capito che, se non sbaglio, il governo giapponese ha mantenuto l’obbligatorietà della vaccinazione anti vaiolosa fino al ’95. E’ così? Io spero di no, spero di aver capito male, perché il vaiolo è eradicato da quasi vent’anni e quindi nessun governo avrebbe dovuto mantenere una vaccinazione inutile, per di più, come sappiamo, quella sì, una delle più rischiose. Dr. Yamamoto: Nel 1976. Come si è visto dalle diapositive, fino al 1976. Prof. Marinelli: Ecco, allora chiaramente parliamo di un problema di altri tempi che è risolto da molti anni, perché nessun paese più oggi fa la vaccinazione anti vaiolosa obbligatoria, visto che il vaiolo, diciamo, a causa della vaccinazione e per effetto della vaccinazione, è stato eradicato dal mondo – prima malattia nella storia dell’uomo – da circa venti anni, e va bene, queste sono opinioni, perché i dati, poi, i dati sono quelli che sono. E allora, il problema probabilmente è anche del fatto che, come in ogni paese che si rispetti, bisogna valutare sempre l’incidenza costo-beneficio, e io sono, anche per la mia posizione personale, culturale, e così via, sociale, convinto che l’accanimento terapeutico, che potrebbe essere anche accanimento vaccinale, non è produttivo. I vaccini debbono essere fatti quando necessari, quindi estendere le vaccinazioni obbligatorie a vaccini non necessari, di cui non c’è una reale utilità epidemiologica, è un errore. Grazie a Dio, il nostro è uno dei paesi più equilibrati nel mondo, in cui – io sono convinto di questo - prima di introdurre una vaccinazione obbligatoria si è discusso per molto tempo, si è verificata la letteratura internazionale, si sono fatte indagini sul campo. Qualcuno interviene senza microfono. Prof. Marinelli: Noi siamo, noi siamo stati, e siamo stati, uno dei paesi del mondo a maggiore incidenza di Epatite B, con una maggiore incidenza … e va bene, queste sono valutazioni … io faccio di mestiere l’epidemiologo, quindi i dati io li conosco, faccio parte della Commissione Nazionale AIDS, quindi i dati io li conosco. Contesto chiunque non conosca obiettivamente i dati a non dire che nel nostro paese non fosse necessaria la vaccinazione contro l’Epatite B. Non solo, ma io auspico, mi sogno la notte, di trovare un vaccino contro l’AIDS e contro l’Epatite C il più presto possibile, perché noi vediamo vittime incredibili di queste forme gravissime di malattie che l’uomo ha il dovere di prevenire. Perché se c’è qualche inconveniente della vaccinazione, ci sono migliaia di sofferenti che vanno incontro a cirrosi epatica o cancro del fegato dovute a cronicizzazioni di queste gravissime malattie, della Epatite B e dell’Epatite C. Io voglio i dati scientifici. Io sto utilizzando la funzione come quella di un moderatore di una tavola rotonda. Se mi avete chiamato, dovete sentire la mia opinione; se non la volete sentire, e allora il moderatore dice: questo non è un consesso obiettivo, si toglie la parola e se ne va. Allora, voi dovete sentire le opinioni di tutti, come io ho sentito quelle degli altri. Dovete sentire le opinioni di tutti. Io faccio questo mestiere da trentacinque anni, ho moderato per lo meno da vent’anni tavole rotonde, so come si conduce una tavola rotonda, nessuno mi può contestare su questo, e sono uno che conosce i dati, conosce i fatti e crede di ragionare con obiettività. Quindi non consento a nessuno un intervento di questo genere. Se qualcuno vuole intervenire, è il momento di prendere la parola, poi cerchiamo di chiudere rapidamente questa tavola rotonda.

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Vi pregherei, cortesemente, interventi brevi mirati alla relazione del Dottor Yamamoto, perché il Professor Sciaudone, che è alla mia destra, e che giustamente conosce le intemperanze del moderatore, mi sta richiamando all’ordine. Allora, vi pregherei: interventi brevi mirati alla relazione di Yamamoto che risponderà, poi, con altrettanta brevità. Forse è il Dr. Vanoli: A parte che mi congratulo con il governo giapponese per questa ricerca, cosa che non posso dire altrettanto per l’Italia, anzi, qui si è nascosto tutto e si continua a nascondere, malgrado le ricerche inizino ad essere fatte anche nelle strutture sanitarie pubbliche. A parte questa constatazione, vorrei chiedere se, come penso, anche perché ho ricevuto personalmente dal Ministero della Sanità giapponese una documentazione che ho fatto tradurre in italiano dal giapponese, sulle ricerche fatte – parliamo sempre dei danni vaccinali – sulle altre vaccinazioni obbligatorie. Però sono meno precise di quelle presentate dal Dottore quest’oggi sull’anti influenzale. Ora, vorrei sapere se lui ha una documentazione un po’ più precisa anche sulle altre vaccinazioni obbligatorie, se così fosse, io mi metterò in contatto dopo per poterle ricevere e, eventualmente, mandargli, invece, le nostre. Ma quello che mi premeva dire al moderatore è che dall’alto della cattedra si possono fare affermazioni fasulle, e le ripeto, fasulle, perché non si conoscono i fatti veri. Allora, gradirei da parte del moderatore, che si limiti a fare il moderatore, e non a fare affermazioni che non c’entrano nulla con la verità dei fatti. Prof. Marinelli: Allora io le rispondo, poi do la parola a Yamamoto, che lei non sa intervenire in un convegno scientifico perché non ha portato dati scientifici paragonabili con quelli degli altri, quindi stia zitto e mi lasci fare il moderatore che so fare da tempo, molto meglio di quanto lei non immagini. Dottor Yamamoto, vuol rispondere? Dr. Yamamoto: Ho alcuni studi sulle vaccinazioni, ma il nostro governo vuole nascondere ogni reazione avversa. Ma possiamo studiare in modo che il governo debba annunciare gli effetti collaterali. Prof. Marinelli: Bene, grazie, Dottor Yamamoto. Il Professor Sciaudone ci consente un solo intervento ancora, perché poi bisogna … se c’è qualcuno che vuole intervenire … uno solo, lo aveva chiesto in anticipo. Mi dispiace, ma il Professore ci richiama all’ordine e ha ragione. Dr. ?: Non parlo italiano, parlo francese. Volevo dire che in Francia il vaccino contro la grippe è distribuito gratuitamente …. (cassetta n. 2 del 01.06 – inizio lato A) Prof. Marinelli: Grazie per l’intervento, anche se io non credo che debba rispondere il Dottor Yamamoto che non è chiamato in causa. Lo possiamo fare … ci fermiamo qua, Goffredo, però è già sul palco, io credo che bisogna ascoltarlo, però dopo diamo spazio, anche, per correttezza, a coloro i quali debbono fare la tavola rotonda successiva. Vi pregherei di rimanere con attenzione, perché c’è una relazione, nella tavola rotonda successiva, estremamente importante, che è quella del Dottor Greco, che è il direttore epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità, il quale, invece, parlerà dei benefici delle vaccinazioni.

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Io non sarò a moderare la tavola rotonda, quindi la tavola rotonda sarà, probabilmente, meno passionale di questa, però ritengo che sia molto importante seguire la tavola rotonda successiva perché le opinioni contrapposte è bene che si verifichino anche, senza arrivare allo scontro come si è rischiato oggi, scontro che non è apprezzabile ma che comunque è sempre segno di una partecipazione attiva che è il bene dei convegni, se no i convegni che sono lenti non li vuole nessuno. Io ringrazio quelli che sono stati gli intervenuti, ringrazio gli organizzatori e in particolare la Dottoressa Rodriguez e il Professore Sciaudone, lascio il campo al prossimo moderatore e vi saluto.

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VI SESSIONE – LIBERTA’ TERAPEUTICA

Per l’obiezione di coscienza. Giorgio Rosso, Associazione per la protezione della

salute

Abstract I bambini non vaccinati sono più sani e forti. La libertà di scelta terapeutica è un diritto fondamentale e inalienabile di ogni essere umano, la cui negazione equivale a riportarci indietro all’epoca degli schiavi che, in virtù delle leggi vigenti, perdevano il diritto di disporre di sé e del proprio corpo. Le vaccinazioni sono prive di fondamento scientifico, “inventate” due secoli fa quando la medicina era superstizione (salassi, parto con le donne legate mani e piedi, ...), non sono mai state controllate. Prof. Sciaudone: Grazie, Dottor Rosso. Ringrazi anche il Dottor Melodia che le ha ceduto parte del suo tempo. Prego il Dottor Melodia che ha un tempo ridotto perché in parte l’ha ceduto al Dottor Rosso.

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Libertà terapeutica nel modello di globalità ed unità planetaria. Carlo Melodia,

M.D., Relazioni Pubbliche L.U.I.M.O.

Abstract Emerge da più parti l’esigenza di un riferimento unitario, globale e planetario, e quindi culturale in senso lato, a cui l’uomo possa riferirsi e riscoprire così la propria centralità. Infatti è evidente, ad un osservatore imparziale, quanto l’attuale confronto delle singole dinamiche nazionali, anche in campo medico, proponga modelli di pensiero eterogenei e mutevoli nel tempo. In un simile scenario risulta chiaro quanto l’obiettivo uomo, e quindi la sua libertà nello stato di malattia, vengano relegati ad un piano secondario per un semplice motivo metodologico: si parla, infatti, di malattie e non di malato. Malattie che rappresentano un riferimento statistico e descrittivo affiancato da protocolli di intervento variabili metodologicamente nel tempo perché riconosciuti insoddisfacenti dagli stessi operatori (farmaci - vaccinazioni - ...). Una simile dinamica indica l’assenza di un minimo comun denominatore, o metodo unitario, a cui potersi riferire per valutare l’uomo malato nella sua esclusività. Minimo comun denominatore, d’altra parte, intrinseco nel metodo omeopatico che, nella sua osservazione diretta del malato, prescinde da condizionamenti culturali che spesso assurgono a dogmi. La L.U.I.M.O. costituita 27 anni fa, da sempre persegue l’obiettivo di una medicina a misura d’uomo con risultati visibili. La tappa futura è, appunto, la costituzione di una libera università internazionale. La richiesta di libertà e globalità emerge distintamente dall’attuale livello di coscienza sommersa dell’uomo. Libertà e globalità sono l’espressione autentica di una esigenza che scaturisce spontaneamente dal disagio collettivo e quindi non rappresentano una formula di pensiero astratto. Il disagio si manifesta in forme diversificate e su piani differenti della nostra quotidianità ed è facilmente verificabile. Tutto ciò è il risultato della gestione isolata e parziale degli aspetti sociali da cui provengono squilibri e tensioni evidenti perché ci si muove su formule che per definizione non hanno carattere di globalità; ed in definitiva ciò toglie su ogni piano il diritto alla pari opportunità. Riflettendo attentamente, si evince quanto i concetti libertà e globalità siano inscindibili perché rappresentativi dell’uomo nella sua libera espressione in unità di servizio con il circostante. Nell’attualità storica, l’essere umano sta maturando e rivendicando il diritto del primato della vita su tutti i valori e cerca la dimensione ed i mezzi per realizzarlo. Va ricordato che siamo individualmente ed unitariamente, il risultato ed i responsabili di tutto il vissuto storico; la nostra sensibilità e consapevolezza di azione rappresentano la dimensione evolutiva. La lettura attenta delle spinte sociali, le più diverse, fa emergere, distintamente, l’esigenza della ricerca di un diritto unitario quale unico e imprescindibile riferimento. E’ altresì evidente che il “cambio” su tutti i piani che regolano e sostengono la nostra collettività, incluso quello sanitario, passa attraverso l’abolizione di riferimenti preconcetti o ideologici. È un passaggio verso una società che faccia convergere le proprie risorse sull’obiettivo l’uomo nella tutela della pari dignità.

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La libertà e la globalità obbligano quindi ad un cambiamento profondo delle attuali dinamiche; ciò è possibile solo attraverso un accordo di metodo unitario e quindi necessariamente globale. Mi sia consentito, da cittadino del mondo, osservare con soddisfazione che la politica sta abbandonando con convinzione, anche se con difficoltà, schemi ideologici e precostituiti e mira ad individuare gli strumenti necessari per la realizzazione dell’obiettivo globalizzazione; e ciò è, negli ultimi anni, sempre più evidente. La tappa del futuro è quindi la riscoperta dell’uomo inteso come centralità ed unico valore di riferimento. In questo scenario, il piano del diritto alla salute dovrà essere congruente al modello globale. D’altra parte, l’interesse suscitato da questo Forum, che vuole essere solo una tappa del progetto uomo, indica quanto sul piano sanitario esistano, oggi a livello mondiale, profonde differenze; di conseguenza emerge, sul piano etico, la richiesta di una attenta riflessione per la tutela del cittadino. Queste differenze si evidenziano non solo nei paesi sottosviluppati, ma, e ciò deve far riflettere, anche e soprattutto in quei paesi che si proclamano più progrediti. Tutto ciò spiega l’insoddisfazione e la preoccupazione terapeutica emergente. La eterogeneità dell’obbligo o libertà della pratica vaccinale nel mondo è il sintomo di questa incertezza. Ciò ingenera ovvie preoccupazioni negli utenti e giustifica quanto, in questa attualità, affiori l’esigenza di un modello sanitario unificato in cui l’uomo possa essere al centro dei propri diritti. L’obiettivo centralità è perseguibile se si sviluppa una metodologia che faccia costante riferimento all’uomo quale entità unica, ed esclusiva nel suo dinamismo psico - fisico - ambientale -evolutivo. La visione dell’uomo unico rispetto alla sofferenza dà al cittadino la libertà di vivere il proprio travaglio nella dignità del riconoscimento della propria individualità dinamica. Ippocrate descriveva il malato attraverso la sintomatologia espressa dal malato stesso senza riferirsi ad enti astratti e parziali quali le malattie. Il giuramento di Ippocrate conserva in sé lo spirito del messaggio del maestro. Lo stesso codice deontologico sottolinea, nelle premesse, il primato e la libertà di scelta informata del paziente. Tutto ciò, per ora, resta solo nelle intenzioni. Nella pratica operativa il malato svanisce di fatto ed affiorano le malattie; enti astratti analitici e statistici. Si perde conseguentemente di vista l’uomo nella sua unità sottraendogli la libertà della propria individualità. Tutto ciò è il risultato di una interpretazione della vita attraverso la limitazione dei mezzi tecnologici e della distrettualità implicita nella ricerca di laboratorio. Qui nasce quella confusione che impedisce al medico di operare secondo le premesse del nostro codice. I riferimenti nosografici lo obbligano a muoversi superando la conflittualità della propria sensibilità deontologica, dovendo annullare l’effetto della malattia, attraverso un protocollo terapeutico che, spesso, è mal sopportato (controindicazioni) dal paziente stesso; ma che secondo gli schemi di riferimento diventano le uniche possibilità di intervento. La pratica vaccinale, segue la stessa dinamica di pensiero; ciò fa sorgere il problema della liceità dell’obbligatorietà delle vaccinazioni laddove non possa essere possibile prevedere la reazione individuale nei tempi e nelle modalità. Il motivo che fa trasformare di fronte al medico il malato in malattia è, d’altra parte, di semplice natura metodologica.

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Nel concetto di malattia emerge, come abbiamo visto, il primato della ricerca scientifica che si basa su riferimenti di parametri analiticie viene applicato attraverso un’azione invasiva nel sistema biologico, ciò spiega le controindicazioni, secondo il protocollo in auge; protocolli che, come sappiamo, sono variabili nel tempo e seguono scuole di pensiero. Il concetto statico di malattia non soddisfa perché non spiega, essendo uno studio distrettuale, la complessità evolutiva e trascendente propria della vita stessa. Infatti il sistema biologico, che è un sistema aperto, sfugge ad ogni definizione precostituita. E’ chiaro quindi quanto ogni riferimento tra vita e fenomeni riproducibili rappresenti una forzatura. Infatti l’unica definizione possibile che il biologo può azzardare della vita stessa è confinata nei termini “variabilità” ed “evoluzione”. Le nostre conoscenze scientifiche ci permettono di scomporre e programmare attraverso schemi, ma la capacità di evoluzione ed adattamento cosciente restano peculiarità esclusive della vita e di ciò che muove la vita. Nel concetto di malato, d’altra parte, come abbiamo ascoltato magistralmente dalla Dr.ssa Rodriguez, il medico tedesco Samuel Hahnemann, scopritore del metodo omeopatico, ha selezionato, attraverso la sperimentazione pura, rimedi ultramolecolari che, per similitudine individuale e complessiva dei sintomi, agiscono sull’intero sistema biologico e su ciò che lo caratterizza. Il metodo, come abbiamo potuto percepire, è tale perché ha confermato nel tempo la stabilità dei principi e la validità dei rimedi. Samuel Hahnemann ha avuto il merito di rendere attuabile in medicina il modello ippocratico, avendo scoperto i mezzi corrispondenti al dinamismo naturale. L’obiettivo libertà terapeutica nel modello di globalità e unità planetaria è già nelle premesse, sia del Codice Deontologico, come abbiamo detto, che nella definizione dell’OMS. La realizzazione di queste intenzioni è possibile attraverso una rivisitazione dell’insegnamento, in un corso di laurea di medicina e chirurgia, secondo il modello omeopatico dove il concetto di malato dovrà essere l’elemento portante di tutta la metodologia da sviluppare. La L.U.I.M.O., fin dalla sua nascita, 27 anni, persegue l’obiettivo di una libera università internazionale, ovvero di un insegnamento transnazionale. A questo fine ha fatto convergere, nello stesso insegnamento docenti provenienti da più realtà del nostro pianeta per istruire, attraverso l’esperienza, un insegnamento metodologico unitario. È significativo quanto questo progetto resti congruente alle esigenze emergenti del globalismo. Va sottolineato che le università statali del Sud America hanno invitato la L.U.I.M.O., nella persona del suo Presidente Dr.ssa Rodriguez, al Primo Seminario delle Università Latino Americane (autunno 1996). Il risultato è quello della nascita di una collaborazione evidente nell’apporto che questi paesi hanno dato per la realizzazione del Forum stesso che segna l’inizio di un percorso. In questa dimensione si inserisce l’elaborazione del progetto di sperimentazione clinica autonoma presentato in questo Forum, che certamente rappresenta il primo passo verso una verifica clinica e di libertà terapeutica. Siamo fiduciosi che l’obiettivo libertà terapeutica, nell’ambito di un diritto sanitario e globale, se perseguito con coerenza, andrà avanti nonostante le inevitabili difficoltà, in quanto è congruente alle richieste sociali. Il contributo di tutti a questo Forum, e principalmente di chi ci ha posto di fronte ai limiti propri di ogni progetto umano evolutivo, ci fornisce ulteriori strumenti di riflessione e di verifica; e, in definitiva, di conoscenza. Un grazie a tutti.

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Vaccinazioni: le statistiche dell’assurdo. Walter Pansini, Segretario

CO.M.I.L.V.A; Presidente Alister Friuli Venezia Giulia

Abstract 1) Presentazione del COMILVA e dell’ALISTER F.V.G. 2) La valutazione ponderata delle statistiche relative alle malattie infettive nel mondo occidentale dimostra come le vaccinazioni siano state applicate dopo od alla fine del declino naturale della malattia (mortalità per rosolia, morbillo, tifo, pertosse), quando non hanno peggiorato la stessa o coinciso (provocato?) epidemie di altre malattie. Tale declino risulta con evidenza corrispondere al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione; la prevalenza di tale fattore ambientale viene indicata ad esempio dalle migliaia di morti all’inizio del secolo per la innocua rosolia sia in Inghilterra e Galles sia in Italia (ISTAT). Nel caso della difterite, dal confronto fra paesi vaccinati e non, si evidenza che le curve di discesa hanno lo stesso andamento nell’ultimo dopoguerra, dimostrando la scarsa importanza della vaccinazione. Il tetano era scarsamente presente (perlomeno) in Europa occidentale e comunque in questo continente è una malattia tipica degli anziani e non dei bambini. La polio stava naturalmente scomparendo fino all’inizio degli anni ’30. In particolare in Italia le sue crisi crescenti sono coincise esattamente con l’applicazione dell’obbligo dell’antivaiolosa (’34), antidifterica (‘39), inizio dell’antipolio tipo Salk (’56), e sua prima campagna di massa (’58). Sembra che proprio dal ’59, come già in precedenza negli altri paesi, si siano registrati come polio solo i casi di invalidità permanente e dovuti precisamente a questi virus, mentre prima comprendevano in grande parte casi benigni, oltre a qualsiasi tipo di paralisi infantile. La modificazione del metodo statistico giustificherebbe di per sé il calo “improvviso” della malattia, più che la vaccinazione. La relazione antidifterica-polio appare visibilmente anche in Gran Bretagna. Le statistiche di molti paesi europei dimostrano come l’antitubercolare non abbia avuto nessuna influenza positiva sul naturale declino della tubercolosi. In Italia le epatiti hanno avuto un calo naturale dai 54.000 casi del ’69 ai 2.733 del ’94, senza vaccinazioni considerate efficaci, quindi tale trattamento con l’antiepatite B in questo momento risulta matematicamente ingiustificato. Considerando che la valida persistenza degli anticorpi così prodotti è di 2-4 anni, la vaccinazione sui bambini sembra irrazionale, in quanto la malattia comincia ad apparire a 15 anni ed è in realtà tipica dell’adulto. La scarsa presenza nella popolazione porta a pensare che sia quindi presente per lo più in soggetti a rischio particolare. A) Sono il presidente dell’Alister Friuli Venezia Giulia - Associazione per la Libertà di Scelta delle terapie Mediche, un gruppo regionale che dal ’92 si occupa di controinformazione sanitaria, benché con altro nome esistesse a Trieste già dall’88 ed è uno dei più attivi in Italia, soprattutto in tema di vaccinazioni. Sono anche uno dei fondatori e tuttora il Segretario del COMILVA - Coordinamento del Movimento Italiano per la Libertà di Vaccinazione, una federazione che raggruppa dal ’93 la parte maggiore e soprattutto più attiva degli obiettori italiani, che attualmente ha la sede a Milano. Fino al ‘96 Il COMILVA è stato l’unica controparte del Ministero del Sanità italiano oltre a coordinare i gruppi regionali e provinciali, a diffondere l’esperienza comune, organizzare manifestazioni di

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rilievo, dai convegni ai cortei. Il risultato di questo sforzo è che a prescindere dalle pressioni psicologiche e giudiziarie i nostri figli riescono comunque ad entrare nelle scuole pubbliche e private realizzando un’obiezione accettata di fatto, oltre ad aver dato sicurezza agli obiettori e guadagnato il rispetto delle istituzioni, verso un movimento che è in grado tra l’altro di impegnare con successo tribunali, sindaci, funzionari sanitari, presidi, politici e mass media. Per dare le proporzioni del Comilva, si può dire di essere particolarmente forti nel nord-est e Lombardia; i quasi un migliaio di decreti di arresto dei bambini non vengono attuati dai sindaci, ma perlomeno 10.000 famiglie cercano in tutto od in parte di evitare le vaccinazioni, benché solo un migliaio accetta il confronto, fino in fondo. Tale arresto viene permesso da un intervento di non tutti i Tribunali per i Minorenni (regionali) che affidano al sindaco la patria potestà per il tempo necessario alla vaccinazione, con un’interpretazione sfacciatamente forzata della legge. B) CONVIENE VACCINARE ? Prima di continuare la attuale politica di vaccinazione obbligatoria in pochi paesi ma comunque proposta con insistenza in tutto il mondo occidentale, bisognerebbe accertarsi in termini scientificamente corretti che tale pratica sia indispensabile ed innocua. La certezza si può raggiungere solo con un confronto di lungo periodo fra vaccinati e non che “la medicina” continua a rifiutare, facendo nascere il sospetto di non essere affatto certa del risultato e negando sfacciatamente l’applicazione del più classico metodo scientifico. In questa situazione aumentare gli obblighi o comunque arrivare nei prossimi 3-4 anni a 14-15 vaccinazioni previste è suicida ma forse peggio. Per dominare un popolo bisogna indebolirlo e la salute assieme all’incertezza economica sono i punti deboli che più degli altri minano la sicurezza e quindi l’equilibrio dell’elettore. L’esigenza di “capire” deriva dalla constatazione che le malattie moderne, a cominciare da quelle immunitarie (allergia), sono esplose improvvisamente proprio nelle generazioni che hanno iniziato l’antipolio, la prima delle vaccinazioni attuali, eseguite sui buona parte dei nati degli anni’50 nel nord Italia ed a partire dalla fine degli anni ‘60 anche al sud, sia pure con una lenta progressione che ancora oggi non riesce a raggiungere l’80%, mentre le facoltative vengono qui accettate solo al 10%. Tali patologie esigono preoccupazione perché coinvolgono un bambino su tre, di cui uno su dieci è asmatico, il 2% ha forme di epilessia ed il 0.5% circa ha gravi forme di handicap mentale o di paralisi, ricordando anche che proprio con queste generazioni si è abbassata bruscamente l’età di apparizione dei tumori, ormai addirittura normali a quarant’anni. Infine la tendenza dei nati negli ultimi 5-10 anni è velocemente peggiorata riguardo alla loro salute generale. E’ ipotizzabile che la cosa dipenda sia dal fatto di essere già figli di vaccinati con una possibile eredità genetica, sia per l’aver facilmente subito anche le facoltative (quasi solo al nord), a differenza dei nati in precedenza. Ricordiamo inoltre che fino agli anni ’80 la maggioranza degli italiani non era vaccinata neanche per la polio, perché nati prima delle campagne vaccinali, senza che si producessero epidemie; come si può’ sostenere oggi una minoranza di non vaccinati sarebbe pericolosa? C) L’OBBLIGO DI VACCINAZIONE E’INDISPENSABILE ? Per rispondere a questa domanda bisogna osservare l’andamento della mortalità per le malattie tradizionali e verificare l’importanza della pratica in questione. La logica che qui’ si propone è che sia stata il migliorato tenore di vita (e della potabilità dell’acqua), a produrre la

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“resistenza” dell’uomo alle malattie citate ed evidentemente non i vaccini. Nel caso della polio è addirittura ipotizzabile una serie di epidemie dovute ad altri farmaci, in particolare vaccini. Faremo riferimento sia ai dati italiani che britannici, dove le statistiche venivano fatte correttamente già nell’800 mentre in Italia solo nel dopo guerra. Per i primi utilizzeremo i grafici forniti dal libro Epidemic Diseases (Ed. Penguin Books 1959) sulla situazione in Inghilterra e Galles, scritto dal dott. A.H.Gale, funzionario medico del Ministry of Health britannico e docente dell’University of Bristol fino al 1956. Per i secondi useremo i grafici forniti interamente dalle statistiche ufficiali italiane ISTAT - Istituto Centrale di statistica. Figura 1. Mortalità per morbillo e pertosse in Inghilterra Galles per milione di popolazione, 1851-1951. Si osserva che è stato raggiunto sostanzialmente lo zero prima dell’utilizzo dei vaccini, rispettivamente negli anni ‘60 e fine degli anni’50. Fig.2. Morti per morbillo in Italia per 100.000 abitanti. Si è praticamente raggiunto lo zero prima della relativa vaccinazione, applicata modestamente solo negli anni’70 Fig.3. Decessi per tifo in Inghilterra e Galles per milione di abitanti 1871-1936. Si è praticamente raggiunto lo zero senza vaccinazione che era teoricamente disponibile solo negli anni’20, ammesso che sia stata usata. Fig.4. Mortalità per scarlattina e difterite per milione di ab. in Ingh.e Galles 1856-1950. Si è raggiunto circa lo zero prima dell’uso del vaccino antidifterico, la cui prima campagna è del’46, la cui diffusione è iniziata nel ‘40. Anche la scarlattina ha cessato di essere mortale senza vaccinazione, che non è mai stata usata. D) La poliomelite era una malattia quasi inesistente fino agli anni’20-30, in periodi in cui i bambini morivano di “tutto”, come si vede nelle statistiche successive, oltre alle precedenti. Si vuole evidenziare che tale malattia non ha un andamento ”normale”, che in particolare in Italia non ha fasi epidemiche crescenti e poi calanti come le altre patologie, con o senza l’applicazione del vaccino relativo. Inoltre la caduta verticale dei casi nel’59, malgrado l’intero sud non fosse vaccinato farebbe ipotizzare un andamento tipico da malattie iatrogene(da farmaco). Forse tale “caduta” è stata determinata da un miglioramento dell’uso o della produzione dei vaccini. Inoltre ciò potrebbe essere stato dovuto ad “ un improvviso” cambiamento della definizione di polio, nell’ipotesi che come negli USA non si considerassero più (anche) le polio benigne ma solo le invalidanti. Ricordando che a quel tempo forse c’era una certa imprecisione nelle rilevazioni statistiche e forse per sottovalutata convenzione di unire patologie simili (paralisi infantile), si potrebbe aver accorpato la polio con altre malattie che una volta separate, nel’59 avrebbero contribuito a far crollare queste statistiche, in modo anormale. Fig.5 Notificazioni di polio in Ing. e Galles per 100.000 ab. 1913-1955. La malattia è presente nell’ordine dei 2-3 casi fino al ‘46 dove una brusca epidemia è coincisa proprio con la prima campagna antidifterica e la cui seconda (e principale) fase è bruscamente terminata esattamente con la fine della campagna, nel ’50. Fig.6. ISTAT Denunce di polio in Italia. Anche qui la patologia era quasi inestinte (1-2 casi per 100.000, 1924-1980) fino al ’34, quando è improvvisamente salita in esatta concomitanza con l’obbligo dell’antivaiolosa, col massimo nel’39 con l’obbligo dell’antidifterica. Il secondo picco

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epidemico (principale), parte proprio nel’56, quando in tutta l’Europa si inizia ad usare l’antipolio tipo Salk, con il massimo nel’58, anno della prima campagna antipolio. Stranamente, a differenza di un normale andamento epidemico, nel’59 sembra crollare la presenza della polio che in un anno si dimezza, benché l’intero sud parteciperà a questa compagna solo dopo quasi dieci anni. Fig.7. ISTAT: Mortalità per polio in Italia per 100.000 ab. 1924-1980. L’andamento è del tutto simile a quello precedente Fig.8. ISTAT: le più frequenti cause di morte nel Regno d’Italia nell’11. Possiamo vedere qui che in Italia nel 1911 morivano 8.573 persone di morbillo e 2.515 di scarlattina, 6.833 di pertosse 49.731 di Bronchite acuta e dove le infezioni intestinale erano la prima causa di morte. La polio non è citata affatto. Fig.9 ISTAT Mortalità nei bambini nel 1914 in Italia. Si evidenzia che nel primo anno le principali cause sono nell’ordine: malattie che minano l’assimilazione alimentare, le infezioni intestinali, la sifilide, oltre alla pertosse, la bronchite acuta e l’erisipela. La morte fra gli 1-5 anni è dovuta nell’ordine principalmente a: morbillo, difterite e laringite, scarlattina, meningite, bronchite acuta e diarrea. CONCLUSIONI Crediamo quindi di aver dimostrato sufficienti indizi per sostenere che le vaccinazioni non siano indispensabili, soprattutto se obbligatorie e che la polio non è di per sé inevitabile ma forse una malattia essenzialmente iatrogena. Se a questo aggiungiamo che perlomeno in Europa occidentale il tetano non è mai stata una malattia tipica dei bambini ma degli anziani; che l’epatite B non è una malattia dei bambini ma degli adulti ed oggi anche rara (2733 casi nel ’94) oltre che sostanzialmente benigna e che la difterite non esiste nei paesi avanzati poco o niente vaccinati, crediamo di poter concludere non solo che l’obbligo è scientificamente e socialmente controproducente per un numero di complicazioni da vaccino sicuramente superiore alle malattie non prevenute perché rare od assenti, ma così non si permette un confronto fra vaccinati e non per ottenere la certezza che tale pratica sia indispensabile e non sia invece la causa delle patologie moderne che devastano ormai un bambino su tre, con malattie sempre più spesso genetiche.

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Benefici delle vaccinazioni. Dr. Donato Greco, Direttore del Laboratorio di Epidemiologia, Istituto Superiore della Sanità Buongiorno a tutti. Dunque, parliamo di vaccinazioni, parliamo di un tema che è caro a tanti e in qualche modo voglio ricordare brevemente quali sono i motivi per cui abbiamo introdotto queste vaccinazioni. Sostanzialmente sono questi i quattro motivi:

noi vogliamo proteggere il singolo individuo, vogliamo proteggere il gruppo, vogliamo anche tentare una protezione di popolazione, di massa, ed eventualmente eliminare una malattia, come è successo per il vaiolo.

Quindi ricordo che proteggere una popolazione non significa per forza vaccinare tutti, che l’obbligo assoluto di vaccinare una popolazione non è legalmente indispensabile, ma noi sappiamo che dobbiamo raggiungere alcuni livelli di copertura vaccinale per impedire al virus, al batterio, all’agente infettante, di potersi trasmettere, per ridurre il rischio di malattia. E questi livelli sono noti. Coprendo per il 92-95% la popolazione con vaccino anti morbillo, riusciamo ad eradicare il morbillo, cioè a eliminare la trasmissione, poiché la restante popolazione non vaccinata non è sufficiente a far trasmettere la malattia. Noi sappiamo che ci possiamo permettere delle quote di popolazione non vaccinata e ciononostante eliminare il rischio di malattia. Qualche dato, per esempio, degli anni ’50, del dopoguerra. Nel 1950 2.500 persone sono morte di tifo, 1.600 di pertosse, 1.000 di difterite, 1.080 di morbillo, e 3.500 bambini sono stati gambizzati, in quell’anno, dalla poliomielite. E allora, quanti casi di malattie evitiamo oggi con le vaccinazioni? L’O.M.S. ci indica i successi delle vaccinazioni. Il vaiolo è al cento per cento evitato in quanto è stato eliminato; per la difterite, la polio, la pertosse, si può osservare che circa due milioni e mezzo di bambini ogni anno vengono salvati da morte certa causata da queste malattie, ma altri, alcuni milioni ancora, non riescono ad avere questi vaccini e quindi muoiono di queste malattie. Chiaramente il problema non è tecnologico ma è un problema politico e sociale. Ci sono grandi aree, basta citare la malaria, la tubercolosi, in cui anche i vaccini esistenti, anche quelli sperimentali, ancora non riescono ad incidere significativamente sull’andamento di queste malattie; la speranza è che in un futuro non lontano si riesca a trovare qualcosa di più efficace. La malaria uccide duecentocinquanta milioni di persone all’anno, quindi si tratta di alcuni milioni di morti ogni anno causate da questa malattia. La storia dei vaccini è lunga. Dal 1900 al 2000, sono stati fabbricati molti vaccini; il vaccino fino a ieri mattina era un farmaco primitivo: una coltura di un batterio o di un virus con un disinfettante, ad esempio il vaccino contro tifo, pertosse, colera, colture di germi uccise con disinfettanti. Voi capite che un’unica cellula batterica contiene alcune migliaia di proteine diverse, e oggi sappiamo che quelle necessarie a dare protezione immunitaria, cioè a informare le cellule immunocompetenti, sono poche. Le altre a che servono? Forse sono inutili; qualcuna è dannosa, quindi, chiaramente, una fonte di effetti collaterali. Oggi tutto ciò è finito proprio con i nuovi vaccini quale il vaccino acellulare anti pertosse, che era l’ultimo vaccino batterico a cellule intere. Oggi tutti i vaccini sono a frazioni, cioè si isolano, si identificano le proteine immunogene e si separano. Quindi non si tratta più di preparati interi, tranne che per alcuni vaccini vivi, come il vaccino anti polio e il vaccino anti morbillo che, però, sono virus, ben diversi quindi dai batteri. Perché tanti milioni di bambini ancora muoiono per malattie prevenibili da vaccini? Per ingiustizia sociale.

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Quindi è vero che non è il vaccino che elimina la malattia; è vero che quello che fa bene alla popolazione è uno stato complessivo, sociale ed economico, che permette anche l’accesso ai vaccini. L’Uganda ha 4 dollari l’anno di budget sanitario a testa all’anno. Con 4 dollari si decide se comprare i sali contro la diarrea che ammazza alcune centinaia di migliaia di bambini, o se comprare il vaccino. Vediamo ora gli obiettivi dell’O.M.S.: sono quelli di ridurre alcune malattie in Europa, compresi i 25 paesi nuovi dell’est. Per quanto concerne la polio si tenta di eliminarla dal globo entro il 2000. Nei prossimi quattro anni si tenterà di eliminare la poliomielite dal mondo, il che significa che nel 2004 la vaccinazione anti poliomielite potrebbe essere eliminata, cioè non più vaccinazione anti polio. Il che è obiettivamente un vantaggio, se però si riesce a raggiungere l’obiettivo di eliminazione del virus dal globo. La cosa è possibile, ed il successivo candidato all’eliminazione sarà il morbillo: è previsto che nel 2010 si riuscirà ad eliminare il morbillo, il che significa che nel 2015 si potrebbe non vaccinare più il mondo contro il morbillo. Vediamo ora qualche malattia prevenibile da vaccino. Non devo certo dire che il tetano è una malattia severa, con una letalità elevatissima. Il tetano, in Italia, cala costantemente. Parliamo della difterite: anche questa è una malattia scomparsa, malattia severissima che uccideva tantissimo, che, scomparsa dal nostro paese, questa si, scomparsa non per gli antibiotici o per altro, ma direttamente a causa della vaccinazione, tanto è vero che appena la vaccinazione è stata interrotta, vedete, in Unione Sovietica, c’è un’esplosione: 150.000 casi di difterite a Mosca, a Kiev, appena dopo l’interruzione della vaccinazione. Dunque, chiaramente a parità di costi-benefici il vantaggio è molto forte. La poliomielite, anche questa è una malattia che noi non vediamo più dall’83, è una malattia severissima che in un caso su cento, circa, diventa paralitica. Però ci sono epidemie in Albania, in Grecia, alcuni casi in Cecenia. 150 casi purtroppo in paesi a distanza di un’ora di volo da qui, grazie a una situazione di interruzione nel sistema di offerta delle vaccinazioni, e grazie a vaccinazioni mal fatte, come in Albania. L’episodio dell’Olanda ce lo dice chiaramente: una comunità che, per motivi religiosi, non si è vaccinata contro la poliomielite ha visto 81 casi, pochi anni fa in Olanda. Il morbillo è una malattia che ha notevoli complicanze. In una certa porzione di casi porta all’encefalite. Con la pertosse sono frequenti le polmoniti e le convulsioni. Dell’epatite B se ne è già parlato abbastanza, porta alla cronicizzazione e al cancro del fegato. E’ vero, quindi, che i vaccini hanno effetti collaterali. E’ vero che si sta tentando di tutto per ridurli, ma è vero pure che dobbiamo ragionare in termini di costi-benefici. Voglio ricordare che anche la penicillina ha effetti collaterali gravi quale lo shock anafilattico. L’aspirina, l’aspirinetta che noi diamo al bambino, in una alta percentuale dei casi provoca una micro emorragia intestinale invisibile. Quindi i farmaci non fanno bene, per definizione. Vorremmo farne a meno tutti. Evidentemente siamo costretti a una analisi costi-benefici, siamo costretti a un chiodo scaccia chiodo, siamo costretti, per salvarci la pelle, ad assorbire alcuni rischi. E’ chiaro che questo discorso vale anche per i vaccini, con la differenza che mentre un farmaco contro i dolori reumatici deve essere preso a vita, il vaccino lo si fa una volta sola, o meglio, tre volte solamente. Per quel che riguarda il morbillo, vedete che in Italia circola liberamente, mentre invece, nel mondo, il morbillo scende man mano che sale la copertura vaccinale, difatti il morbillo oramai è eradicato dalle Americhe, siamo vicini all’eradicazione dai due continenti nord, centro e sud America.

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In Italia la parotite va per i fatti suoi, e la pertosse, grosso modo anche va con i suoi bravi cicli quadriennali indisturbata. In ogni anno epidemico abbiamo quasi un milione di casi di queste malattie che, vedete, hanno cicli triennali. Un milione di italiani. E’ giusto questo? E’ tranquillo? Chiaramente i costi-benefici della vaccinazione sono ben dimostrati, in pubblicazioni scientifiche. Per la pertosse, il rapporto costi-benefici è di 1 a 11, anche in termini di soldi, che non è l’ultima cosa da considerare, cioè: per ogni 1000 lire se ne guadagnano 11000 di minori spese sanitarie, e per l’epatite B - anche qui c’è stata molta discussione, siamo tutti d’accordo che l’obbligo dell’epatite B non è piaciuto a molti, però sappiamo che la vaccinazione è efficace contro una malattia severissima e che oramai il vaccino anti epatite B è stato classificato tra i primi vaccini anticancro, e sapete che questa è una strada che continua. Per l’influenza, il costo-beneficio è molto elevato, anche se l’efficacia del vaccino antinfluenzale è molto discutibile, però è chiaro che l’influenza è un grande killer perché ammazza tanti anziani, e non è giusto che il nonno se ne vada un po’ prima per colpa di una influenza. La scheda vaccinale evidenzia che in Europa pochissimi paesi, tra cui l’Italia, hanno ancora questo retaggio storico dell’obbligo. Vedete che l’obbligo di fatto non esiste in buona parte dell’Europa civile, ciò nonostante le coperture vaccinali degli altri paesi sono superiori a quelle italiane, però tutti hanno un filtro scolastico, tutti richiedono il certificato vaccinale all’ingresso in comunità. Voglio ricordare che il Consiglio Superiore della Sanità, che è il massimo organo scientifico sanitario di questo paese, due anni fa ha deliberato invitando il Paese a superare il concetto di obbligo vaccinale. Non abbiamo bisogno del carabiniere. La vaccinazione non deve essere materia per avvocati. Il diritto alla prevenzione deve essere soltanto materia giuridica? Possibile che una mamma deve avere il carabiniere per essere convinta alla prevenzione? Assolutamente no. Quindi, diciamo, noi siamo fortemente impegnati, e siamo contenti anche di questi dibattiti, con tutte le loro irregolarità, oramai corollario normale di questa vivacità, siamo ben contenti di poter avviare un discorso comune per andare ad un’offerta attiva e gratuita, funzionante. A Scampia la copertura vaccinale era nemmeno il 40% perché l’offerta dei servizi era, e spero adesso non sia più, assolutamente primordiale, perché c’era una discriminazione di classe, di popolazione. Andare a chiedere alla mamma: perché non vaccini tuo figlio contro il morbillo? Evidentemente non è il frutto di una scelta ideologica verso l’omeopatia o altro, ma è semplicemente il frutto di non avere i soldi per comprarsi il vaccino perché la struttura pubblica non te l’ha offerto. E questo rende i bambini di Scampia discriminati nel diritto alla prevenzione. Il bambino di Varese, il bambino di Pordenone queste cose non le ha mai viste. Purtroppo Napoli, e fa un po’ contrasto il fatto che proprio a Napoli ci sia questa culla di dibattito anti vaccinale, è la città meno coperta d’Italia per le vaccinazioni elementari, infatti è il fanalino di coda d’Europa. Ed è anche un po’ colpa nostra. Quindi bisogna garantire a tutti un livello minimo di prevenzione vaccinale, uniformando il calendario, in tutta Italia, non soltanto ad Udine, Pordenone e a Varese, ma anche a Reggio Calabria, a Melfi e a Scampia di Napoli, altrimenti dobbiamo chiederci quanti altri bambini vogliamo che si ammalino di pertosse, un altro milione l’anno prossimo? Altri settecentomila? Ottantamila? Questo vogliamo avere l’anno prossimo? Prego, si accomodino pure, perché avete capito che virus e batteri questo aspettano.

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Prof. Sciaudone: Ringrazio il Dottor Greco per questa sua relazione così completa. Dunque, abbiamo terminato le sei sessioni introduttive del Forum, a quello che è il dibattito finale. Abbiamo cercato di porre a confronto esperienze diverse, a livello nazionale, a livello europeo, a livello extra europeo. E’ il momento, adesso, di dare la risposta di quel ricordo che abbiamo posto a base del nostro convegno, che bisogna sempre porsi delle domande, e ci sembra il metodo più chiaro e più corretto. Adesso è il momento di tentare di dare delle risposte. Abbiamo visto i pro, abbiamo visto i contro, ci sono stati degli scontri – incontri, anche molto accesi, e questi erano attesi, ci sono state delle intemperanze, e queste erano meno attese, anche da parte dei moderatori, anche da parte del sottoscritto, e anche queste erano meno attese, però adesso è il momento di tentare di dare sintesi, di dare unità. Soprattutto per tradurre sul piano effettuale il quesito “vaccinazioni: obbligo o libertà?”. Prego, pertanto, l’Eccellenza Professor Vincenzo Caianiello, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, di assumere la presidenza, prego tutti coloro che sono stati invitati a partecipare a questa tavola rotonda, di accomodarsi qui al tavolo. Non so chi parla: Scusi, avevamo qualche domanda da fare al Professor Greco. Visto che chi tace acconsente, mi prendo la parola un attimo. Al Dottor Greco vorrei chiedere, visto che lavora all’Istituto Superiore di Statistica, se conosce le statistiche riguardanti l’elencazione e le quantità di malati di distrofia muscolare, di leucemia, di sclerosi a placche e di epilessia, negli anni ’50 ed oggi. Se cortesemente ci dà questa informazione, grazie. Prof. Sciaudone: Vada fuori e avrà la risposta, grazie.

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TAVOLA ROTONDA

Prof. Vincenzo Caianiello, Presidente Emerito della Corte Costituzionale: Possiamo cominciare con questa tavola rotonda, come è stato preannunziato poc’anzi dal Prof. Sciaudone. Con essa si vogliono trarre le fila di questo interessante simposio, di questo Forum che è stato così intelligentemente organizzato a più voci, con la partecipazione di diversi soggetti, di diverse culture, di diversi metodi, di diversi modi di pensare su un argomento così importante. Vorrei innanzitutto, forse perché ne sono rimasto colpito, dare un ringraziamento particolare all’ultimo oratore che si è avvicendato alla tribuna. È un funzionario dello Stato, un medico che ci ha narrato di avere avuto un’esperienza in prima fila in una zona della martoriata Napoli che forse, con lo Zen di Palermo, si raccomanda alla collettività per non essere dimenticata. Questa sua duplice esperienza prima di medico a contatto diretto con la umanità sofferente, con i bambini che muoiono, poi di dirigente di un Istituto di ricerca, gli ha consentito di fornirci dati di estremo interesse, dati concreti, quelli dai quali dovrebbe partire qualunque valutazione, qualunque riflessione, come ieri ci ha detto magistralmente uno scienziato: il Prof. Zichichi. Ora, l’uomo di cultura non può respingere mai nulla, ponendosi nell’ottica che tutto è possibile. Bisogna avere una concezione laica della vita; concezione laica vuol dire non partire da preconcetti, da pregiudizi, da dogmatismi che sono propri di altre epoche, di altre culture. Vi sono organizzazioni che sono dogmatiche e vivono nel dogma: noi dobbiamo sentirci invece eredi della rivoluzione scientifica del Rinascimento. La vita civile non consente dogmi. Impone riflessioni su dati concreti. Quando ho ascoltato le relazioni così puntuali che sono state svolte nel convegno ho pensato: ecco, sulla base di questi dati, ciascuno di noi, cultore o non cultore della materia che è stata trattata potrà dare le proprie valutazioni, formulare le proprie riflessioni, trarre le proprie conclusioni. Il Prof. Zichichi, proprio muovendo da questa esigenza che bisogna partire dal dato concreto, diceva ieri di non essere agnostico rispetto a formule alternative dirette ad affrontare i fenomeni epidemiologici, ma di voler conoscere prima i dati, dati contrapposti a dati, e questo è il primo passo per affrontare qualunque fenomeno della vita. Il quale fenomeno viene affrontato, prima di tutto, dallo scienziato, il quale osserva la realtà, ricava elementi e li sottopone a chi deve compiere pratiche scelte, e chi deve compiere queste scelte è solitamente il politico il quale deve compierle ponendo a raffronto i pro ed i contro di determinati eventi, di determinate vicende umane. Quello che noi lamentiamo in molti momenti storici è che le scelte politiche non vengono accompagnate da una esatta percezione dei fenomeni e da una esatta valutazione delle possibili conseguenze. Vi è poi il problema della fattibilità delle leggi, di cui si discusse negli anni ’80 - come ricorderà il mio amico e collega Professor Scudiero - cioè l’idea che ciascuna legge debba essere accompagnata da una valutazione del possibile risultato che esse produrranno nel contesto sociale in cui dovranno operare. Le leggi astratte, illuministiche, hanno fatto il tempo che trovano. Sappiamo come fosse bene ispirata idealmente la legge 180 e quale sorte essa ha avuto in circa un ventennio, non essendo stata prevenuta o seguita da adeguate strutture. Il legislatore deve compiere due operazioni logiche: prima una constatazione del dato che viene dato dallo scienziato, dal ricercatore, dallo statistico, e poi la valutazione dei risultati possibili sul piano dei costi-benefici che esse potranno produrre nonché della probabilità che quei risultati si realizzeranno, altrimenti è inutile scrivere le leggi. Molti credono che il Regno Borbonico, lo diciamo in una sede che è borbonica, fosse un ottimo regno e lo credono leggendo le leggi di quel Regno. Ma essi ignorano che si trattava di leggi inattendibili perché - come oggi è da noi - mancava l’amministrazione.

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Il Regno Borbonico aveva dunque tante belle leggi ma era un pessimo Regno perché non aveva un’amministrazione, per cui, quando venne meno la testa - che era a Napoli - crollò tutto. E noi oggi dovremmo guardarci da leggi le quali non siano fattibili. Quindi, il primo passo spetta al tecnico, al ricercatore, allo scienziato, poi al politico che compie le scelte e alla fine al giurista che deve far diventare norme quelle scelte. Il giurista non ha scelte. Il suo compito è quello di valutare la ragionevolezza della scelta compiuta in sede politica e di applicare quelle norme secondo ragionevolezza e con la regola della proporzionalità (homines ad hominem proportio) come oggi ci viene imposto dalla Comunità europea. Ecco perché quando la Corte Costituzionale si accorge che in base ad un giudizio di ragionevolezza, di fronte alla pluralità delle scelte che si aprirebbero a seguito della caducazione delle leggi si arresta consapevole che si assumerebbe un compito che implica una discrezionalità legislativa. Così è avvenuto in tema di vaccinazioni quando la Corte pur avendo censurato la mancanza sia di previsioni idonee a ristorare il danno di colui che è stato obbligatoriamente sottoposto a vaccinazioni, sia di adeguate misure di prevenzione, cioè di indagini preventive nei confronti del bambino, da sottoporre a quei trattamenti, si è limitato ad invitare il legislatore a individuare le possibili strade che devono essere percorse per prevenire i danni e per risarcire coloro che dovessero subirli. La Corte si è anche occupata dell’aspetto della coercibilità e ha rilevato come, già nell’attuale sistema, la sostituzione degli organi giudiziari a coloro che esercitano la patria potestà è sufficiente ad ovviare alle inadempienze di questi ultimi, cioè di coloro cui spetta di far sottoporre il minore a trattamenti obbligatori. Ma al di là di queste premesse, ripeto, il giudice delle leggi non può andare; non è compito suo stabilire la bontà intrinseca dell’una o dell’altra scelta. La bontà intrinseca deve nascere essenzialmente dal primo gradino, quello che ci ha prospettato il Dottor Greco in quella chiarissima illustrazione che lo ha con molta onestà intellettuale anche portato a mettere in dubbio la validità in assoluto del metodo della obbligatorietà, quando ha avvertito che anche l’obbligatorietà può produrre effetti perversi. Estremamente interessanti mi sono sembrati gli esempi di Stati che hanno fatto la scelta della non obbligatorietà come ad esempio il Giappone che è stato indotto ad essa esclusivamente da ragioni di carattere economico. È stato difatti l’elevato numero di domande risarcitorie ad indurre il legislatore giapponese ad abbandonare il metodo obbligatorio; cioè non una scelta attinente alla bontà del metodo, ma una scelta attinente al problema finanziario, la compatibilità delle risorse rispetto al fabbisogno, e quindi un problema pratico che nulla ha a che fare con i problemi scientifici. Per il resto il Dr. Greco, con i grafici che ci ha illustrato, ha dimostrato che alcune volte l’obbligatorietà ha avuto effetti altamente positivi, qualche volta effetti perversi, altre volte indifferenti rispetto all’andamento delle malattie. Da quei dati, se esaminati con spirito laico, come dicevo prima, non si ha nessuna certezza che faccia preferire la libertà sull’obbligatorietà sul terreno costi-benefici. Noi non sappiamo che cosa sarebbe accaduto se il vaiolo fosse stato affidato ad una scelta libera, perché la storia non si fa con i se, ma la storia si fa con i risultati e questi per detta malattia continuano ad apparire positivi. Abbiamo dunque questo dato rilevante in tema di vaiolo che ha fatto insistere per il regime dell’obbligatorietà sulla base di realtà sociologiche non trascurabili. Quando si propone che bisogna informare il genitore delle conseguenze cui si può andare incontro sottoponendosi o meno alle vaccinazioni e lasciare a lui le scelte, pensiamo ad una realtà che è propria del nostro ceto. Ma siamo una società non culturalmente omogenea e non siamo in grado di stabilire se tutti siano in grado di compiere quelle scelte. Né l’accostamento con la giurisprudenza che impone al chirurgo di avvertire il paziente dei possibili effetti negativi dell’intervento chirurgico mi è sembrato pertinente. Difatti in quel caso è in gioco

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solo l’integrità fisica del paziente, mentre nel caso delle vaccinazioni è in gioco anche l’interesse della collettività. Da quello che ho ascoltato in questo convegno non credo che siamo in grado di dare risposte certe alle domande che sono partite seguendo il canone einsteiniano che campeggia nella locandina del convegno, secondo cui non bisogna mai cessare dal porsi delle domande. Questo significa che nel campo della scienza le risposte non possono essere mai definitive, certe, sicure, ed ecco perché bisogna rifiutare ogni dogmatismo ed ogni emotività nell’affrontare questi argomenti. Noi oggi possiamo solo provare a prospettare soluzioni possibili come risultano nell’incontro di questi due giorni, proprio perché la libertà è il regno del possibile. Libertà non può significare anarchia; ma libertà deve significare consapevolezza dei propri comportamenti, delle determinazioni di comportarsi in un modo o in un altro. Questa è la libertà, altrimenti la libertà diventa sconsideratezza, licenza, invade le sfere altrui, e questo è il contrario della libertà, perché ciascuno di noi ha diritto alla libertà dall’aggressione altrui. Quando uno degli effetti delle vaccinazioni è quello della tutela dell’interesse della collettività, una delle domande che ci dobbiamo porre è se in un sistema nel quale esistono tuttora fasce culturali differenziate, sia possibile prima di una adeguata educazione, affidarsi alla libertà di scelta. Ma neppure di fronte a questa posizione dobbiamo fermarci, dovendo essere sempre disponibili all’idea che chi è di opinione diversa dalla nostra possa convincerci. Sono queste le impressioni che ho potuto trarre dal dibattito di questi giorni. Prego l’Onorevole Dell’Alba, che è parlamentare europeo, di prendere la parola.

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On.le Gianfranco Dell’Alba, Parlamentare Europeo: Signor Presidente Caianiello, cari amici, sono particolarmente riconoscente ad Alma Rodriguez di avermi invitato a questo convegno nella capitale dell’omeopatia, non come specialista, direi, ma per rendere testimonianza. Essere o non essere a questo convegno è, di per sé, credo, per un politico, uno schierarsi, un non tapparsi gli occhi davanti ad un serio, documentato, appassionato appello alla libertà, oltre che alla libertà terapeutica. Questo appello mi pare importante, e certi silenzi la dicono lunga sul cammino che resta da compiere, soprattutto in Italia, per affermare il principio della libertà terapeutica e la piena equivalenza delle medicine non convenzionali. Infatti a me pare che - grazie alla L.U.I.M.O. - in questa prestigiosa sede si sia radunato il sapere nazionale e internazionale sulla fondatezza delle vaccinazioni e sui vaccini in quanto tali. Siamo presieduti autorevolissimamente da un ex Presidente della Corte Costituzionale, da un ex Ministro della Giustizia, bene, io ho comprato tutti i giornali locali, questa mattina, non ho trovato un rigo, e dico un rigo, su questo nostro convegno. Mi pare di aver percepito una troupe di operatore RAI; non mi pare che le dieci autorevoli e importanti televisioni private di Napoli, e gli stessi giornalisti della RAI si siano, per ora, affacciati a questo convegno. Lo dico da radicale e riformatore molto attento all’informazione, ma evidentemente, ci tengo a sottolinearlo, perché mi pare che qualcosa, quindi, evidentemente disturba il sapere ufficiale. Forse la Prof.ssa Rodriguez o il Prof. Caianiello dovrebbero vestirsi da fantasmi, magari, per poter uscire sui giornali o sulla stampa. In realtà - io penso - il potere, la scienza ufficiale hanno paura. Hanno paura di queste tematiche perché è chiaro che il vostro e il nostro impegno va ben oltre la questione della vaccinazione o della libertà terapeutica, è la contestazione di fondo di uno degli ultimi capisaldi di quella concezione dogmatica dello stato etico, dell’incapacità di ripensarsi, di rimettersi in discussione, dura a morire su questo come su altri campi. E non è certo un caso se in questi due giorni abbiamo avuto conferma che i paesi più intolleranti in materia di vaccinazione obbligatoria siano la Francia e l’Italia più tutti i paesi dell’est europeo, laddove la presenza dello stato è più forte, dove è lo stato che si fa carico della tua salute, della tua vita lavorativa, della tua attività economica, della tua educazione, del tuo servizio in armi, della tua religione, là l’obbligo di vaccinazione è forte, e che i paesi più tolleranti siano quei paesi dove nullo o quasi è stato l’impatto di questa concezione dello stato e dove più avanzato è invece il dibattito, appunto, sui limiti della funzione dello stato. Per quanto ci riguarda - lo dico con un certo paradosso riformatore - c’è poco da aspettarsi da uno stato che considera oggi, nel 1997, compito suo o dei suoi organi periferici produrre il latte, che fino a poco tempo fa pensava che fosse utile per lo stato fare i panettoni di Natale e che pensa, seriamente, che il modo migliore per aprirsi alla concorrenza impostaci dalla Unione Europea in materia, per esempio, di telefonia, sia quello di far fare all’ENEL concorrenza alla STET. E questo, naturalmente, è il mio paradosso da radicale, ma indubbiamente intendo calarlo in questa realtà, perché mi pare che questo sia il problema di fondo. Malgrado gli studi documentati sulla nocività dei vaccini; malgrado l’assenza totale di studi epidemiologici sufficientemente estesi e rigorosi; malgrado gli esempi di altri paesi; malgrado che la richiesta sia magari quella di una semplice obiezione di coscienza alla vaccinazione obbligatoria; vi è un sapere, una scienza medica ufficiale, un Ordine dei Medici che sa più di tutti e che, per il bene comune, decide per tutti che la vaccinazione deve essere obbligatoria e che i vaccini sono benefici e salutari. È quella stessa scienza medica ufficiale che considera che, malgrado siano cinquanta milioni gli europei che si curano con l’omeopatia, quattro milioni in Italia, che malgrado che l’omeopatia esista da quasi due secoli, che questa scienza non costituisca una scienza sperimentata e che il suo

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esercizio possa essere sanzionato e, addirittura, possa essere sospeso “a divinis”, se posso dirlo, il medico che pratica e che prescrive rimedi omeopatici invece dei sacrosanti trattamenti allopatici. È questa concezione, un tantino sacrale, di religione di stato che è in realtà in causa in questo convegno, come, più in generale, nella battaglia per la medicina non convenzionale. In realtà si tratta di rifondare la medicina, dal suo interno, superando la logica improduttiva della contrapposizione tra una scienza ufficiale, indiscutibile, e medicine alternative costrette a misurarsi secondo parametri precostituiti. Si tratta di ripensare un sistema tra pari in cui si valuti l’efficacia finale e non i presupposti da cui si parte: una medicina liberale in una società liberale in cui il cittadino, utente, consumatore, sia messo in condizione di controllare e confrontare il prodotto - in termini di assistenza e salute - in uno scenario di offerta pluralista. Valorizzare la centralità dell’utente-paziente non può che significare una ridefinizione della medicina attraverso un approccio laico, ispirato a una visione etica e politica liberale che decida secondo la forza dei migliori argomenti, che è disposta a rivalutare ogni momento le sue posizioni, che, soprattutto, presuppone una situazione dove non esista una medicina, o una religione, un’etica, una politica, ufficiale e di stato. Mentre per tutte le altre sfere della vita pubblica, dalla nascita dello stato moderno in poi, è possibile parlare di stato di diritto, di sovranità popolare, di rappresentanza, di divisione e controllo dei poteri - lo vediamo alla Bicamerale, e in quante altre sedi, nel mondo medico solo oggi si sta cominciando un po’ quest’epoca moderna, liberale, che supera quel rapporto paternalistico, solo talvolta illuminato, tra medico e paziente. Paternalismo che, tra l’altro, è peculiare della medicina ufficiale ma che invece mi pare molto distante, intrinsecamente distante, dalla pratica omeopatica. Ed è curioso notare come molti argomenti a difesa del paternalismo medico tradizionale, e cioè l’asimmetria tra le parti quanto a informazione, la capacità e il potere di decidere, la complessità delle scelte, con la connessa presunta incapacità del paziente a decidere nella maniera migliore, coincidano esattamente con quelli già utilizzati nella difesa del paternalismo del potere politico - e permettetemi questa divagazione - quello stesso paternalismo che fa sì che sia impossibile per i cittadini decidere su materie così difficili, come il Golden Share, o come gli incarichi extragiudiziali dei magistrati che fanno sì che, appunto, di queste materie non si deve parlare perché il potere e un certo paternalismo politico debbano avocare a sé queste decisioni che, invece, abbiamo visto, nelle altre occasioni, se sottoposti a referendum hanno, invece, con precisione, direi, millimetrica, il responso popolare che è giudicato il più degno, più utile, dal corpo elettorale. E resta quindi aperta la domanda se si possa realisticamente immaginare un approccio concretamente liberale, pluralista e non paradigmatico, della medicina, se non si inquadra in una società che sia altrettanto e complessivamente liberale, pluralista e non paradigmatica. Ammettendo che la nostra società vada in questa direzione, a me pare che comunque il cammino che noi stiamo facendo, che voi state facendo, sia molto importante, sia quello giusto, quello della lotta per affermare questo tipo di diritto, questo tipo di rivendicazione, sia quella del nostro convegno, sia quella, più in generale, dell’equivalenza delle medicine non convenzionali, senza illuderci che il cammino non sia lungo e difficile. Nel 1845, leggevo in queste carte che ci sono state date - mi pare molto interessante da sottolineare - vi fu la settima adunata degli scienziati del Regno delle due Sicilie, forse qui, in queste sale, in questo Palazzo Reale, e il medico di corte dell’epoca, De Horatiis, propose agli scienziati del regno di istituire una sottocommissione omeopatica nella sezione della medicina generale. Venne nominata una commissione che, dopo un approfondito esame, respinse la proposta e, quando annunciò la notizia, venne accolto da uno scrosciante applauso di tutti gli scienziati presenti. Il 29 maggio 1997 - e adesso lascio a Paul Lannoye l’incarico di fare il punto della sua relazione sulla quale ha lavorato tre anni - abbiamo portato, chi ci ha creduto, Paul in primo luogo, il primo rapporto del Parlamento Europeo sul riconoscimento, in un certo senso, sull’equivalenza delle medicine non convenzionali.

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Vi è stato un voto molto, molto difficile, diciamo pure che, almeno in quella sede, grazie a tutti i medici e a tutti gli scienziati, di qualsiasi gruppo politico, buona parte, una parte importante, anche se molti punti essenziali sono rimasti in quel rapporto sono stati fatti fuori, diciamo, anche se per una piccola minoranza, con un piccolo voto di scarto, appunto, 140 o 150 anni dopo, da quegli stessi scienziati, tra virgolette, che forse avevano votato contro quell’inserzione del 1845. La lotta, quindi, è difficile, è dura, però io credo che queste occasioni e questo impegno deve continuare, perché credo che, alla fine, l’avremo vinta. Prof. Vincenzo Caianiello: Grazie, Onorevole, per la sua lucidissima relazione, per la sensibilità che ella ha mostrato per questi problemi, per aver sottolineato il silenzio della stampa su questo argomento così importante dovuto al fatto che gli organizzatori hanno chiamato a presiedere questo convegno una ... persona come me, abituata soltanto a ragionare, soltanto a cogliere ciò che può esservi di buono nelle idee degli altri. Gli organizzatori avrebbero potuto attirare la stampa chiamando persone che parlano urlando, aggredendo gli avversari, irridendo le opinioni altrui. Sono queste le persone che la stampa predilige, ma è pur vero che essa è quella che i lettori vogliono. Adesso vorrei ringraziare l’Onorevole Lannoye, il quale viene qui da parlamentare europeo, ed è importante che in questo consesso sia presente, oltre ad un parlamentare europeo di estrazione italiana, un parlamentare europeo di estrazione non italiana a sottolineare l’esistenza di un Parlamento che non conosce i confini che ancora dividono gli Stati europei. Noi ci auguriamo che in un futuro non molto lontano possa essere il Parlamento europeo a compiere le scelte politiche fondamentali delle comunità, mentre oggi quelle scelte, essendo compiute dai Governi e negli ambienti burocratici, sono caratterizzate da un forte deficit democratico. Quindi io ringrazio in modo particolare l’oratore che interverrà tra poco per aver voluto sottolineare la presenza della Unione Europea nel dibattito su di un tema così importante.

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Corretto Prof. Vincenzo Caianiello: Grazie, Onorevole Lannoye. Noi le siamo grati per questa sua testimonianza a favore della tesi della libertà, anche se essa pone l’accento essenzialmente su questo tipo di trattamento terapeutico, che però si diversifica dai trattamenti terapeutici che sono affidati alla libertà del soggetto, mentre quello di cui ci occupiamo implica anche esigenze della collettività, diversamente per quello che accade per gli altri trattamenti terapeutici che riguardano esclusivamente la persona, il soggetto che vi si sottopone. Comunque è molto importante il suo intervento, e do ora la parola al Dott. Vincenzo Scognamiglio che è il responsabile sanitario della Federazione dei Verdi. Egli viene in sostituzione dell’Onorevole Alfonso Pecoraro Scanio che si scusa per non essere potuto intervenire per motivi di impegno precedenti. Prego, Dottor Scognamiglio.

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Trascrizione integrale dell’intervento orale Dott. Scognamiglio: Prima di tutto saluto a nome di Pecoraro Scanio l’assemblea, e passerei subito a quello che è, secondo me, l’argomento importante, quello che oggi è in questa sala e che poi è fuori da questa sala. È lo scontro, a volte anche aspro, tra due culture; la cultura della medicina omeopatica o della medicina naturale, e la cultura della medicina allopatica e, direi io, dei grossi colossi della farmacologia. Tra queste due culture, molto probabilmente, la differenza è sintetizzata in questa penna che io sto usando dall’inizio di questa riunione, la penna ampiamente sponsorizzata da una casa farmaceutica che, per vendere una sua cefalosporia di quarta, quinta generazione, spende circa cinquemila lire - questa cosa cinque, seimila lire, il costo commerciale - per informare il medico di base e dirgli, fra le tante, di usare la sua cefalosporina. Lo stesso costo, lo abbiamo visto prima, gli stessi soldi sono, in Uganda, destinati pro capite per un anno per il piano sanitario. Quindi, fin quando noi avremo questo tipo di mentalità, fin quando noi avremo una prevalenza dell’interesse economico nella ricerca, noi purtroppo avremo questo tipo di differenza, questo tipo di scontro. In questo sono confermato da quello che è stato l’andamento della ricerca farmacologica negli ultimi anni - tenete presente, per esempio, che negli anni ’50, quando già oramai si pensava a che cosa erano i tumori e a tutto quello che era intorno a loro, si preferì accelerare nella ricerca degli antinfiammatori, nella ricerca dell’approfondimento dell’aspirina, perché? Perché il mercato dell’aspirina era rappresentato da miliardi di potenziali clienti; l’allora mercato dei tumori era di poche centinaia di migliaia, o di qualche milione. Questo poi è avvenuto dopo. Questo giustifica il ritardo con cui è stato affrontato il problema dell’AIDS. È la stessa cosa. Fin quando l’AIDS non è diventato problema mondiale, noi siamo arrivati nella ricerca del vaccino, tra virgolette, AIDS, o comunque dei farmaci anti AIDS, con molto ritardo, con almeno dieci anni di ritardo, perché anche lì c’era un blocco economico che impediva che si andasse a ricercare in un campo che era ritenuto perdente. Quindi, se noi non riusciamo ad avere questo amalgama, probabilmente non procederemo oltre. Il fatto che in Europa e in Italia quattro milioni di cittadini si siano orientati verso l’omeopatia mi fa ben sperare; probabilmente i grossi capitali capiscono che c’è anche lì un interesse economico da poter sfruttare e, diciamo la verità, prendiamone il lato buono, penseranno anche a noi con i loro soldi, e io sono contento di questo. Non sono contento del fatto che chi fa la scelta omeopatica oggi, in Italia, purtroppo sceglie di pagare due volte il sistema sanitario, nel senso che chi, per sua convinzione, sceglie di curarsi con farmaci omeopatici deve obbligatoriamente contribuire allo stato, deve obbligatoriamente contribuire al medico di base, deve obbligatoriamente contribuire a quelle che sono le spese sanitarie del nostro paese, senza alcuna riduzione. E questo mi sembra molto grave. Mi sembra grave perché si fa una grossa discriminante tra chi fa una libera scelta, tra chi si assume una responsabilità verso se stesso e verso chi gli sta vicino e invece non trova uno stato che gli garantisce questa libertà. Glie la concede, però solo se se la paga autonomamente. E su questo noi stiamo cercando e cercheremo di far capire che uno stato non può abbandonare una fascia dei propri cittadini con la scusa di non riconoscere un certo tipo di medicina, o comunque di non riconoscerle una validità scientifica. Validità scientifica che nel campo, invece, dell’allopatia viene riconosciuta, tra virgolette, perché moltissimi farmaci, gli ultimi, quegli stimolatori - ve li ricorderete, qualche anno fa - posso dire i nomi perché oramai non stanno più neanche nel prontuario, il Sigen, il Cronassial, cioè farmaci completamente inutili, circolavano allora quando furono messi nel prontuario, sono stati confermati dopo, comunque furono messi nel prontuario, salvo soltanto in occasione di grossi scandali, qual’è quello della sanità italiana, sono stati cancellati

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perché inutili, dopo che la sanità italiana - perché erano mutuabili al cento per cento - dopo che la sanità italiana aveva speso migliaia di miliardi e illuso migliaia di cittadini che quel farmaco poteva rivitalizzare i neuroni che erano stati distrutti da un ictus o da un’emorragia. Quindi, se questa è scientificità, noi siamo contenti. In quest’Italia voglio questa scientificità. Quindi, per quanto riguarda il discorso medicina omeopatica io credo che non ci sia da discutere. Non c’è da discutere in quanto i cittadini che scelgono l’omeopatia hanno il diritto di essere riconosciuti da questo stato, hanno il diritto di potere accedervi con i benefici che ogni cittadino ha verso la medicina, verso la propria salute. Se è un diritto del cittadino essere curato dallo stato, è un altrettanto diritto del cittadino scegliersi un sistema di cure di cui ha fiducia e lo stato deve assicurare questo tipo di assistenza. Altro argomento, invece, comunque collaterale, è il problema delle vaccinazioni, dove, purtroppo ... io lavoro nel campo della neuroriabilitazione e devo dirvi che ho avuto grosse difficoltà in tutti e due i sensi. Sono capitati, tra i miei pazienti, bambini con problemi post-vaccinali - le neuroencefaliti post-vaccinali non sono una cosa che sta sulla luna, sono una cosa che, purtroppo, giorno per giorno, fortunatamente in numero abbastanza basso, le statistiche lo dicono, sono in parte veritiere - come mi sono trovato tranquillamente davanti a neuroencefaliti, purtroppo, post morbillo o post altre malattie di quelle poste nell’ambito del range delle vaccinazioni. Chiaramente il problema diventa un problema etico, un problema di convinzioni, e soprattutto diventa un problema morale nel momento in cui noi andiamo un momentino a soffermarci sul fatto che soggetto delle vaccinazioni sono dei minori, e qui credo che i giuristi che stanno con me stamattina potranno aiutarci in questo. È un grosso problema, perché noi non possiamo negare che tutti e due i sistemi hanno i loro punti positivi e i loro punti negativi. Certo, la ricerca allopatica delle vaccinazioni ha ridotto di molto quelle che erano le complicanze. Certo ha ridotto di molto le complicanze di quando chi andava a farsi una semplice vaccinazione per il morbillo il giorno dopo se ne andava in encefalite, o comunque se ne andava in convulsioni perché aveva avuto la febbre a 40° perché il vaccino non era sufficientemente attenuato. Però non basta. Non basta, non basta dire: abbiamo ridotto i rischi; noi abbiamo bisogno di certezze, noi abbiamo bisogno della scientificità e di qualcuno che ci dica -non come ce lo dicevano negli anni ’85-’90: prendete il Cronassial che vi rinascono i neuroni - qualcuno che ci dica in termini seri, scientifici, che le vaccinazioni non hanno rischi, come - e qui è una cosa sfiziosa, non so se vi è capitato, penso di si perché siete delle persone impegnate - quando voi prendete un qualsiasi prodotto farmaceutico allopatico, vi diranno migliaia di parole prima, l’ultima frase, più tranquilla è questa: «salvo complicazioni personali legate ai soggetti». Quella è una frasetta che cancella tutto quello detto precedentemente, cioè tutte quelle cose dette precedentemente cancellate da questa frasetta che dice: guardate, tutto quello che abbiamo detto prima, però tu sei un soggetto singolo, sei libero di non reagire o addirittura di reagire in modo negativo a questo farmaco che, noi ti diciamo, è buono. E qui nasce, quindi, il problema, qui nasce la scelta. Guardate, è stato oltremodo difficile, per me, contenere i genitori dell’uno e dell’altro, il genitore che si faceva un senso di colpa dall’aver vaccinato il bambino, il genitore che si faceva un senso di colpa dal non aver vaccinato il bambino. Quindi è un grosso problema, è un problema che si inserisce nel sociale, si inserisce, appunto, in quella cultura, in quella capacità di informazione, in quella necessità di far veicolare i messaggi che, purtroppo, oggi si tende a massificare. Si massifica, si guardano i grandi numeri, chi ha i più numeri ha ragione, quelli che hanno meno numeri non determinano, specialmente se poi facciamo un discorso economico, chi rappresenta un piccolo interesse economico probabilmente viene cancellato dai grossi interessi. Noi ci dobbiamo battere contro questo. Ci dobbiamo battere contro - scusate se riduco un po’ a livello regionale il problema - ci dobbiamo battere contro un Golfo di Napoli che, ancora oggi, è veicolo di infezioni orofecali, che è inquinatissimo perché i comuni della fascia costiera non hanno

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un adeguato filtro di depurazione delle acque, quindi i nostri cittadini finiscono in veri e propri liquami nel momento in cui cercano refrigerio. È la stessa condizione che in paesi del terzo mondo avviene, o comunque a Nuova Delhi, dove le fogne sono un sogno della maggior parte della città, e di altri paesi. Quindi, il discorso igiene, il discorso sanità, il discorso prevenzione, deve essere prioritario rispetto alla discriminante: omeopatia si, vaccinazione no, eccetera. Il cittadino deve essere libero di scegliere, ma per essere veramente libero di scegliere deve essere oggetto di una informazione oggettiva, di un’informazione libera, un’informazione che gli garantisce le proprie libertà non a chiacchiere, ma nei fatti. Per noi i fatti sono già questi: far sì che l’omeopatia sia riconosciuta e, in qualche modo, messa alla pari della allopatia, partendo dal diritto all’assistenza omeopatica. Io mi fermo qui, non voglio assolutamente andare oltre, perché vedo che cominciamo ad essere stanchi. Grazie. Prof. Vincenzo Caianiello: Grazie, Dottor Scognamiglio, per questo intervento così equilibrato ed ispirato ad estrema saggezza, in cui ci si rende conto della esigenza di intervenire prima a monte, rispetto a certi problemi. A Nuova Delhi probabilmente non è possibile, infatti, scegliere e noi dobbiamo invece fare in modo che vengano risolti problemi di carattere generale, preventivi, di carattere strutturale, delle nostre città, per poter veramente poi lasciare questa libertà di scelta. Adesso devo dare la parola al Professor Goffredo Sciaudone che, con la Dottoressa Rodriguez, è stato il maggior ispiratore, di questo incontro. Prego, Professor Sciaudone.

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Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Goffredo Sciaudone: Presidente, io rinuncio a svolgere il mio intervento preparato e lo mando agli atti, perché credo che noi abbiamo dei problemi proprio di essenzialità di discorso. E allora io vorrei proprio ridurre il mio intervento a quelle proposte pratiche alle quali prima ho fatto riferimento, dopo di aver fugato qualche dubbio. Allora, certamente questo non è un convegno che è stato pensato e realizzato, da noi che lo abbiamo pensato e realizzato, per dirimere il problema allopatia - omeopatia. Certamente no. Noi abbiamo fatto un forum sulle vaccinazioni e ci siamo posti il problema se sia conveniente mantenere la situazione dell’obbligo o se sia conveniente passare ad un regime di libertà. Quindi, cominciamo con questo, tutto il resto, tutta questa costruzione è posticcia, qualcuno vuole inserire questa situazione che certamente non è all’origine del nostro discorso e del nostro argomentato. Noi siamo partiti dal fatto che attualmente c’è una revisione dei paradigmi delle scienze medico-biologiche e che nell’ambito di questa revisione di questi paradigmi, merita una riflessione il problema delle vaccinazioni. Perché questo? Perché l’immunizzazione preventiva è stata - e su questo è successo tutto lo scontro che abbiamo vissuto in questi due giorni - uno dei capisaldi di che cosa? Della politica di protezione sanitaria sino a che non c’è stata la eradicazione delle grandi patologie infettive. Allora, il dibattito che si apre oggi, sia chiaro, si apre non su tutto il sistema vaccinale, ma sulle vaccinazioni definite di routine, ovvero quelle vaccinazioni a cui sono sottoposti sistematicamente i bambini. Tale atto configura - come abbiamo detto e come ho svolto poi nell’intervento - un trattamento sanitario obbligatorio, dal momento che il rapporto diventa tra il cittadino e lo stato, e non più un rapporto tra il medico e il paziente. Allora l’intervento di chi si occupa di medicina pubblica è proprio questo. Certamente da questo discorso noi non vogliamo assolutamente passare al problema di vaccinazioni fatte a gruppi particolari ad alto rischio, penso a tutti coloro che sono in sala operatoria, per esempio, ma sono adulti. Il vecchio detto della Scuola Medica Salernitaria: «voluntas aegroti suprema lex esto» che è alla base di tutto il grosso discorso che oggi noi facciamo per il consenso che deve essere libero e informato, è anche alla base di questo tipo di discorso. Perché un adulto - è questo l’argomentare di chi si occupa di medicina pubblica - ha la possibilità, se viene correttamente informato, di decidere e di stabilire se vuole fare la vaccinazione, oppure se vuole ricorrere ad una di quelle condizioni previste da una Circolare Ministeriale, non certamente una invenzione nostra. E cioè: in questo o in quel periodo dell’anno, o della vita del soggetto, non è possibile vaccinarlo, oppure vi sono delle controindicazioni che questo soggetto presenta e per le quali questo tipo di vaccinazione non si può fare. È un «id quod plerunque accidit» che noi vediamo continuamente nell’esercizio della nostra attività professionale. E allora, a cosa noi dobbiamo ricondurre il problema? Al fatto che sono bambini i soggetti su cui il trattamento sanitario diventa obbligatorio e non è integrato, invece, nell’ambito di quel rapporto medico-paziente che è fondamentale. Qui posso indicare, se me lo consentite, certamente una novità che il metodo omeopatico ha portato, perché ha sottolineato - e lo dico io che sono allopata - ha sottolineato l’importanza della raccolta di una anamnesi accurata. Anamnesi che, invece, viene fatta nei nostri ambulatori delle USL dove si fanno le vaccinazioni? Giustamente i colleghi stranieri ci hanno parlato di scene, di catene vaccinali, di soggetti che vengono vaccinati uno dietro l’altro, direi addirittura col numero di prenotazione. Non si vaccina Goffredo Sciaudone; si vaccina il 212, il 213, il 214 e così via, senza conoscere che cosa c’è dietro questo numero, e io questo, come professore di Medicina Legale, non lo posso assolutamente asseverare.

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Io debbo fare una richiesta ai nostri rappresentanti politici, e qui abbiamo il rappresentante di Pecoraro Scanio e direttamente l’Onorevole Siniscalchi che hanno una grande occasione. Noi abbiamo un disegno di legge - è qui, quindi non c’è nessuna mistificazione - approvato dalla XXII Commissione Permanente Igiene e Sanità del Senato della Repubblica il 7 maggio ’97 e trasmesso dal Presidente del Senato il 12 maggio ’97, cioè esattamente due settimane fa, diciotto giorni fa. Questo decreto - che porta modifiche ed integrazioni alla legge 25 febbraio ’92 n. 210 in materia di indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati a parte - sostanzialmente a me sembra una, scusami, Onorevole Siniscalchi - mi rivolgo a te che devi ancora esaminare, come parlamentare, questo testo - mi sembra veramente una presa in giro. E perché mi sembra una presa in giro? Perché si è limitata a dire che cosa? Si è limitata a dire che l’indennizzo da cinquanta milioni deve passare a centocinquanta milioni; che chi ha avuto più patologie ha diritto ad altre frazioni di quattrini. E’ cioè tutto un discorso esclusivamente di ordine monetario. Non si spende una sola parola sul problema della prevenzione, sulla quale mi pare ci abbia fatto riflettere in maniera autorevolissima Donato Greco, dall’alto della posizione che lui ha, non come etichetta, perché delle etichette ce ne freghiamo tutti quanti, ma come possibilità di maneggiare dati che siano dati concreti. È mai possibile che la Camera dei Deputati si accinga ad esaminare un disegno di legge già passato all’altro ramo del Parlamento in cui, guarda caso, ci sono soltanto problemi monetari, oltre alle due indicazioni che io ho già denunziato ieri e che mi sembrano assurde? Onorevole Siniscalchi e rappresentante dell’Onorevole Pecoraro Scanio, ma vi pare mai possibile che una legge debba imporre il super segreto di ufficio e il super segreto professionale? Eppure qui così è. Perché dice la proposta di legge: «chiunque, nell’esercizio delle proprie funzioni, venga a conoscenza di casi di persone danneggiate da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, è tenuto a rispettare il segreto d’ufficio e ad adottare, nell’ambito delle proprie competenze, tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona interessata». Io capisco che c’è una legge entrata in funzione attualmente sulla privacy, e nella quale l’articolo, mi pare 24, riguarda la privacy dal punto di vista delle notizie sanitarie. Ma è altrettanto evidente che alcune persone (con le quali io mi sono scontrato, ma alle quali per debito di verità debbo dare atto della quota parte di quello che a me sembra il contributo concreto che hanno portato) possano leggere dietro queste parole, come dire, il tentativo di nascondere determinate situazioni, così come il collega giapponese ci ha riferito relativamente alla censura del governo giapponese. È, purtroppo, un dato di fatto che si può leggere. Questa non è ancora legge dello Stato ma è passata ad uno dei rami del Parlamento. L’altro aspetto è quello della temporalità delle richieste e poi della pubblicizzazione da dare, per cui viene fatto un lunghissimo elenco di situazioni, di luoghi, militari, civili, di sanità pubblica, di sanità privata, in cui occorre pubblicizzare questo decreto. A me sembra che non parlare di prevenzione ed occuparsi, invece, degli aspetti monetari dell’indennizzazione, sia la politica più scorretta e più sbagliata che si possa fare in campo vaccinale. La mia proposta, come persona che si occupa di medicina pubblica, è quella di confidare che i parlamentari qui presenti si facciano tramite in prima persona nei confronti dei loro colleghi della Commissione Igiene e Sanità del Parlamento perché si utilizzi questa situazione non per andare avanti in questa strada, ma per imboccarne una nuova, corretta. Corretto Prof. Vincenzo Caianiello:

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Grazie al Professor Sciaudone che ha segnalato ai parlamentari presenti l’esigenza di affrontare il problema del rapporto soggetto da vaccinare - mano pubblica - medico, in termini di maggior modernità, senza guardare soltanto l’aspetto monetaristico che finisce con l’essere anche avvilente. Adesso la parola al Professor Scudiero che è Ordinario di Diritto Costituzionale della Università Federico II.

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Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Michele Scudiero, Ordinario di Diritto Costituzionale, Facoltà di Giurisprudenza, Università di Napoli “Federico II”: Grazie, Presidente. Non graverò sulla cortesia dell’uditorio, perché mi pare, appunto, che i lavori durino già da più tempo, e voglio, a questo riguardo, esprimere il mio rammarico per aver dovuto disertare le precedenti sessioni, ma questa è - sul finire di maggio, inizio di giugno - la più intensamente frequentata stagione di convegni; se ne sono svolti, credo, cinque o sei di grande livello, come questo, un po’ dappertutto. Io ne ho colti tre, in questo periodo, oggi è il quarto. Ma questo soltanto per dire che io, naturalmente, mi colloco in un’ottica che non è tutta, necessariamente intrinseca al dibattito che si è sviluppato, anche se le relazioni, gli interventi, anche le notazioni che ho colto tra gli astanti, dall’inizio dei lavori di questa mattina, mi hanno un po’ reso il clima e le tematiche che si sono qui dibattute. È stato chiarito che io mi occupo prevalentemente di diritto costituzionale, dove il prevalentemente non vuol dire che mi occupi anche di tanto altro, ma che me ne occupo nella misura in cui, naturalmente, sono capace di occuparmene e debbo dire che trovo estremamente lucida l’impostazione iniziale che ha dato il nostro Presidente dei lavori, quando ha detto all’inizio, introducendo la tavola rotonda, qui vi sono tre momenti fondamentali: il momento del dato, e, io direi, il momento dell’analisi scientifica, tecnico-scientifica; il momento della scelta politica sulla base delle analisi e dei dati e delle elaborazioni che vengono fornite dalla scienza, dagli operatori, da tutte le strutture che sono in grado di fornire rigorose indagini e valutazioni su questo punto; e poi la posizione dei giuristi, rispetto alla quale direi che vi sono due sottolivelli, il giurista che cerca di ragionare secondo il progetto complessivo di organizzazione della società - e questo è un po’ il compito, e questa è un po’ la responsabilità del costituzionalista - e il giurista il quale, con grande sensibilità e attenzione, sempre, alla premessa costituzionale, si muove sul piano, poi, dell’attuazione, dal momento che segue alla premessa, diciamo, di programma generale. Ora, rispetto a questa linea, anche sulla base delle ultime contrapposizioni, mi pare che sono state così efficacemente esposte, tra omeopatia e allopatia, tra medicina convenzionale e non convenzionale, e più in generale su ciò che debba farsi in ordine a talune esigenze fondamentali che nel campo sanitario si presentano ancora oggi, debbo dire, riprendendo in ciò una seconda osservazione fatta dal nostro chairman, dal nostro carissimo Presidente Caianiello, io mi trovo pienamente sull’osservazione che la nostra costituzione, questa costituzione repubblicana che vige, contiene una impostazione la più aperta e la più rigorosa su questo punto. Perché, come certamente avrete ascoltato dai relatori che si sono intrattenuti sugli aspetti giuridici, noi troviamo alcuni valori fondamentali, direi essenzialmente tre, ma poi vorrei cogliere qualche aspetto più particolare, e cioè, da una parte l’affermazione della salute come diritto fondamentale. È stato, giustamente, notato che la qualificazione di questo diritto, di questa situazione protetta giuridicamente, come fondamentale è l’unica adoperata con questa formulazione, quindi in altre costituzioni, in altri testi costituzionali questa formula viene molto ampiamente adoperata, invece, per quanto attiene a questa situazione, evidentemente si è voluto dare una particolare accentuazione. D’altra parte, però, com’è secondo il disegno costituzionale repubblicano, accanto a questa dimensione che riguarda l’individuo, il singolo, vi è il risalto dato all’interesse collettivo, infatti la salute viene nello stesso tempo considerata come un momento fondamentale di tutela giuridica in quanto imputato alla collettività, e qui si inserisce, appunto, il momento politico - come era stato detto - perché con riferimento, proprio, a questi due momenti, a questi due interessi - che sono considerati nella nostra Costituzione all’articolo 32 - si pone la necessità di quelle ragionevoli mediazioni, nel senso alto, tra gli interessi che debbono consentire di dare risposta all’esigenza del singolo individuo, nello stesso tempo, però, considerando quali sono le aspettative e le necessità in termini di tutela della collettività. E qui entra in campo il terzo punto importante che forse può dare qualche risposta, poi, sempre a livello delle premesse generali dell’ordinamento che sono contenute in Costituzione con riguardo ai

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trattamenti sanitari, alle vaccinazioni, tematiche molto complesse che sono all’attenzione della dottrina e dei giudici e della Corte Costituzionale, come veniva ricordato da più tempo e secondo una linea a mio avviso ascendente, cioè di maturazione nel segno della libertà e del riconoscimento del diritto al consenso. Cioè la necessità che, pur ammettendo, con una formula che è negativa, nessuno può essere sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio se non in forza di legge e in ogni caso, ove questo trattamento sanitario obbligatorio venisse imposto, nel rispetto della persona umana. Quindi c’è un punto, c’è un criterio chiarissimo qui, proprio per risolvere quella necessaria, talvolta, messa in comparazione tra il diritto dell’individuo e l’interesse della collettività ai fini del raggiungimento della salute, rispetto alla quale la Costituzione, debbo dire, non fu pensata certamente nel segno della medicina convenzionale, insomma, questo è appena il caso di dirlo, perché la formula adoperata è così lontana da qualunque implicazione, in un senso e nell’altro, ciò che il costituente ha voluto è la tutela della salute nei termini che ho detto e con i riferimenti soggettivi che ho specificati, e soprattutto non prevede necessariamente l’imposizione di un trattamento obbligatorio che - è poi da precisare, come è stato precisato, io probabilmente qui ripeto cose dette in maniera molto più analitica - non significa neppure trattamento coercitivo, perché altro è l’obbligo e altra poi è la misura coercitiva, e qui, appunto, Enzo Siniscalchi che è un autorevole maestro del Diritto Penale, se posso dire, insieme o prima che autorevole parlamentare, sa benissimo e ci può meglio dire come a questo punto vengano a mettersi insieme, per esempio, il raffronto tra la tutela ex articolo 32 e la tutela della libertà personale, perché quando vi è una misura coercitiva, sia pure di ordine sanitario, si pone il problema, si è posto, si è dibattuto, non è questo né il tempo, né l’ora, naturalmente, né il luogo per approfondire il punto, se non si dovessero far valere le garanzie previste con riguardo alle limitazioni della libertà personale nell’articolo 13 della Costituzione, cioè la riserva assoluta di legge e l’intervento del giudice. Quindi, direi che da questo punto di vista c’è una grande flessibilità della formula costituzionale, direi meglio, una grande elasticità, un’apertura della formula costituzionale, nella quale vanno calati i contenuti concreti secondo quella impostazione storicistica cui si riferiva il Presidente Caianiello, cioè tenendo conto che non c’è quadro immutabile, e che cosa c’è di immutabile, soprattutto nel campo delle scienze mediche e nel campo sanitario. E, direi, questo già è un elemento di grande relativizzazione, diciamo, rispetto alle soluzioni possibili, cui è stato ben fatto riferimento dall’Onorevole europarlamentare francese, quando non soltanto ci ha dato notizia del ruolo che si accinge a svolgere in questa materia il Parlamento Europeo, ma direi tutte le istituzioni comunitarie, con un grado di precettività o di efficacia che certamente può andare oltre la dichiarazione di intenti recentemente adottata dal Parlamento sul finire del mese appena conclusosi, aprendo un discorso molto importante anche per questa parte di rapporto tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario e come si debbano integrare questi due ordinamenti per il grado di preminenza che si va riconoscendo nella prospettiva federalista cui si riferiva anche qui Caianiello. Ma c’è da considerare anche il profilo della ricerca. Questo è il punto importante che io registro nella relazione dell’europarlamentare francese, e voglio dire che anche per questa parte ci troviamo pienamente nella linea del dettato costituzionale perché è appena il caso di ricordare che uno dei principi fondamentali, cioè di struttura, insuperabili, che caratterizzano il nostro ordinamento, è l’atteggiamento di promozione della ricerca scientifica da parte della Repubblica, cioè di tutte le autorità. E allora, per concludere come mi compete, data l’ora molto avanzata, ecco, io, rispetto a tutti i problemi posti, credo che ci sia un bisogno di consapevolezza tecnico-scientifica, innanzitutto. Ecco, sarebbe necessario che si facessero dei confronti tra la medicina convenzionale e quella non convenzionale, che ci fossero delle sedi in cui le ragioni di ciascuno si possano far valere, in un confronto serio, e non soltanto - come mi pare di poter registrare, ma, insomma, ne avevo eco già prima - in uno scontro che mette in campo tanti elementi e tanti fattori.

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Per consentire al legislatore consapevole di dare alla formula costituzionale, alla preoccupata attenzione alla salute del cittadino e della collettività, quei contenuti che, nel rispetto, questo si, insuperabile, della persona umana, con forti implicazioni sul piano delle vaccinazioni - farò una sola battuta su questo punto per non sottrarmi interamente al tema - consentono di dare la più efficace attuazione alle esigenze che sono consacrate nel testo costituzionale e che corrispondono storicamente alla società. In questo quadro trovo correttissima l’impostazione di Sciaudone, del Professore e amico Sciaudone, il quale dice: vaccinazioni obbligatorie, quando? Ma quando davvero ci fosse un rischio di grandi epidemie, ci fosse un riflesso che va al di là dell’individuo per proiettarsi in maniera macroscopica, in maniera veramente preoccupante, verso la collettività. Tanto più, aggiungo, che la disputa - e concludo - la disputa che fu pure sollevata, se esistesse un dovere alla salute, sembra che si sia conclusa nel senso che questo dovere non sussiste. Grazie. Corretto Prof. Vincenzo Caianiello: Do ora la parola all’Onorevole Avvocato Vincenzo Siniscalchi che nei vari interventi è stato destinatario di tante sollecitazioni e di tanti inviti in relazione alla sua attività di parlamentare.

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Corretto On.le Avv. Vincenzo Siniscalchi, Deputato: Grazie, Presidente. Cercherò di ridurre al minimo il mio intervento, anche se questo importante congresso evoca molte suggestioni e produce un patrimonio di conoscenza in gran parte nuovo per un parlamentare. Un parlamentare nel caso mio che, come è stato amabilmente detto, si occupa in particolare di problemi diversi da quelli della sanità. Diversi ma convergenti, soprattutto nel lavoro delle due commissioni delle quali mi occupo in Parlamento per il gruppo della Sinistra Democratica. Dirò subito che non mi pare che in questa materia vi siano delle necessità particolari di sottolineature politiche; questi sono problemi che esigono il massimo di convergenza e il massimo di sinergie per potere essere posti finalmente in maniera trasparente, precisa e chiara nella loro rilevanza. Poche parole e spero chiare risposte, anche per evitare che questo congresso si trasformi in un congresso “dietetico” perché, è tardi e soprattutto gli ospiti stranieri, sono stati così pazienti fino a questo momento. Il primo punto di interesse delle due commissioni parlamentari delle quali mi occupo verso la materia del convegno, è rappresentato dall’aspetto preoccupante che c’è dietro a questi fenomeni, l’aspetto, cioè, di un eccesso di normazione che spesso nasconde, anche, la posizione di lobby, di interessi lobbistici nei confronti dei quali bisogna esprimere un forte momento di guardia (e tornerò ad occuparmi di ciò come Vice-Presidente della Commissione Anti Corruzione della Camera). Questo dico con molta preoccupazione, perché, in sostanza, il nucleo centrale intorno al quale si muove il vostro quesito centrale: vaccinazione obbligatoria si - vaccinazione obbligatoria no, è un quesito di altissima rilevanza giuridica, costituzionale, che ha introdotto con la sua autorità così bene il Professor Caianiello e ha poi, su questo punto, con la sua altrettanto forte competenza, analizzato il Professor Scudiero, è comunque sempre un quesito che dovrebbe essere risolto con una assoluta trasparenza e chiarezza. A volte tuttavia - e direi che “questo a volte”, nel caso della legislazione italiana, è anche eufemistico - potrebbe poi essere bloccato da situazioni lobbistiche o comunque di interventi, che come abbiamo visto soprattutto nel campo farmaceutico, non hanno ad oggetto la difesa della salute. Allora io vorrei, anche per i nostri ospiti stranieri, segnalare una prima linea cui si ispira l’azione nostra, parlamentare, in questa materia: evitare che tutto si risolva con una proliferazione di leggi. Noi abbiamo una proliferazione di leggi che, credo, è altrettanto perniciosa della proliferazione dei farmaci. Aspetto sinceramente, la medicina allopatica come quella omeopatica, però, nella mia struttura intellettuale, mi sono sempre posto il problema del risultato delle centocinquantamila leggi che in Italia in parte regolano anche questa materia e dei non so quanti centinaia di migliaia di farmaci dedicati alla cura del “mal di testa”! Il problema è quello di evitare, se si riesce a fare questa grande riforma, che le leggi o la moltiplicazione dei farmaci siano soltanto il prodotto di un mercato delle leggi e di un mercato dei farmaci. Il problema è quello di occuparsi di dare delle norme chiare a delle situazioni che certamente chiare non sono. Sono controverse. Sottintendono grandi conflitti etici, grandi conflitti giuridici. Questi problemi somigliano a tutti i problemi che pone la bioetica, che pone l’ingegneria genetica e che pongono - evocava la mia esperienza giuridica generosamente il Professore Scudiero - che pongono sempre al centro il problema del “consenso dell’avente diritto”, il problema della libertà della scelta di intervento terapeutico. Che è certamente un problema - lo ha riconosciuto anche, nel suo appropriato intervento, il rappresentante dell’Istituto di Sanità - è un problema che non è risolto da queste leggi che, tra l’altro, dicevo, dovrebbero avere solo una valenza amministrativa, ma hanno una cogenza, un carattere coattivo che ha il suo vizio proprio nel fatto che sono leggi soltanto di carattere amministrativo con implicazioni di carattere penale. E questa è una contraddizione forte che noi dobbiamo risolvere.

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Forse può essere un punto di partenza il disegno di legge è di iniziativa governativa, che è stato poc’anzi richiamato dal Professor Sciaudone. Siamo d’accordo, è molto poco parlare della quantificazione del danno a fronte, invece, di un problema molto più importante che, del resto, si dibatte anche nella scelta penalistica. Però potrebbe essere qualcosa. A questo punto, il primo impegno, per stare con i piedi sulla terra, che può assumere il parlamentare, io posso assumerlo anche a nome di numerosi altri colleghi, è quello di provocare delle audizioni in Parlamento intorno a questi problemi. Sento proprio il dovere (per carità, i colleghi che stanno nelle Commissioni Affari Sociali della Camera e del Senato certamente mi diranno che sto inventando l’uovo di Colombo) però ho la impressione che vi è un profondo distacco, che abbiamo avvertito in tanti campi della legislazione attuale, tra le esigenze delle norme e della legislazione, con la prospettazione concreta, statistica, scientifica e soprattutto sociale ed economica. Ecco perché io mi preoccupo sempre molto dell’inserimento di questi discorsi all’interno di un sistema che esalta, forse, certamente, senza il forse, a dismisura l’aspetto mercantile, l’aspetto economico. Qualche volta, quando si parla, capisco che non è questo, non è il discorso della omeopatia, ma in genere, quando si parla di questi settori, spunta sempre il problema della necessità di contemperare settori che sono di produzione - penso ai settori farmaceutici - però dopo i problemi non possono essere risolti solamente con il riferimento al settore di produzione e al settore di mercato. Io, del resto, ho una forma, come dire, di nostalgia, che non faccio pesare, di nostalgia familiare per questo tipo di problemi, perché sono vissuto all’interno di una famiglia, ove mio padre era cultore, come alcuni altri napoletani, della medicina costituzionalista che si richiamava ad un grande maestro che paradossalmente era stato condannato per violazione delle leggi sanitarie! Era il Professor Pier Nicola Gregoraci, credo che andiamo negli anni ’30 - il quale combattendo contro la Farmacopea ufficiale, aveva intuito, attraverso il metodo costituzionalista, un metodo vicino, anche, alle forme di medicina non convenzionale, aveva intuito la necessità di operare con un recupero della libertà di elezione, della libertà di scelta nel campo dei di metodi di terapia. Il punto centrale, a cui vedo che anche qualche intervento importante è stato dedicato, e che noi dobbiamo tener presente, nell’ambito e nella compatibilità costituzionale - è quello del consenso, certamente non solo del minore, rappresentato. V’è necessità di trasformare, se si vuole arrivare veramente a introdurre il principio della libertà del consenso nei confronti della vaccinazione, e quindi nei confronti della esigenza di vaccinazione, l’intero il sistema, un po’ come quello che sta avvenendo - ma speriamo che non avvenga nello stesso modo - nella legge sull’espianto degli organi (anche in questo ho avuto un’esperienza recente molti triste, perché in un caso che a Napoli ha registrato la partecipazione di alcuni parlamentari, abbiamo fatto qualche passo indietro rispetto ad una legge del 1993 che, francamente, non era stata applicata in modo uniforme, quella relativa al “distacco della spina”). Qual’è il punto su cui bisogna intendersi? E su cui però, forse, ha dato poco anche questo convegno: deve decidere solamente il soggetto o è necessario che intervenga un giudizio di carattere scientifico? Adesso la decisione è dello Stato, praticamente, è un sistema amministrativo, è automatica. Ora, io non sono così, diciamo, immediatamente orientato su proposte importanti, ma soltanto di carattere formale. (qualcuno interviene brevemente dalla platea) ... ecco, si, direbbero i latini “ex informata conscientia”. E tutto un sistema, a partire da alcune norme del Codice Civile, fino alle norme del Codice Penale, parlano del consenso informato. Però il consenso informato deve essere delibato insieme da un tipo, come dire, di organo collegiale pluridisciplinare. Troveremo il sistema, dopo le audizioni, perché in questa materia il cammino ho capito che sarà lungo. Io metto tutta la mia buona volontà e il mio ruolo al servizio soltanto di questa causa,

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naturalmente, senza entrare nel merito, anche se auspico molto la costituzione e il riconoscimento della L.U.I.M.O. da un punto di vista universitario. Il punto, quindi, è: il problema della libertà del consenso che deve essere recuperato. Certo, vi sono le situazioni di sopravvivenza da quattro dollari all’anno, come abbiamo visto, che sono le situazioni di paesi del terzo mondo le quali devono determinare riflessioni diverse ma in questo momento noi stiamo parlando della legislazione italiana, anche se quelle cifre fanno pensare qualche volta un po’ all’alibi che, il potere legislativo o amministrativo si è dato per potere liquidare piuttosto sommariamente problemi che poi sono difficili da riportare a compatibilità globale. Quindi il problema del consenso lo definirei il problema di un consenso informato, dell’attrezzatura di questo consenso; problema del rapporto tra chi dice che cosa, cioè chi è che decide, e questo può essere mediato attraverso le istituzioni - perciò ho fatto il richiamo ad altre leggi in corso di discussione - attraverso il ricorso a questi pareri più strettamente tecnici che pongono, poi, il rapporto necessità/rischio, in termini di credibilità e in termini soprattutto di sicurezza della decisione scientifica. Se andassi oltre questa intuizione che è il prodotto della vostra iniziativa, più che del mio impegno, andrei oltre la mia possibilità di intervento. Nella situazione attuale della legislazione italiana, già un fatto positivo è che si possa cominciare ad aprire un varco, andando oltre la semplice questione della monetizzazione, e mettendosi così in linea con quell’altra direttiva dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che certamente non è passata sotto disattenzione poc’anzi e che già conteneva indicazioni rilevanti. Non ho sentito - anche perché i due interventi dei colleghi europei sono stati uno diretto alla situazione francofona, in modo particolare, con esplicita dichiarazione del collega, e l’altro diretto alla enunciazione - politica generale - non ho sentito ancora, però, il riferimento ad una possibilità di direttive della Comunità in maniera. Ecco, dobbiamo anche, qualche volta, recuperare, questo aspetto perché mi pare che anche la Comunità Europea in questa materia è stata abbastanza silenziosa e non ha dato un aiuto sotto questo profilo. Questo è uno dei tanti casi. Eppure non è un caso che riguarda una minoranza o una piccola situazione. Ed allora in queste linee, mantenendo l’impegno di provocare, nel momento in cui anche questa legge verrà trattata dalla Commissione Affari Sociali, chiederò che si parta dalle audizioni delle vostre organizzazioni. Grazie. Corretto Prof. Vincenzo Caianiello: Grazie all’Onorevole Siniscalchi per il suo lucidissimo intervento che fa pensare che egli sarà portatore di questa difficile problematica nella sede legislativa competente quando il problema sarà affrontato. Al Presidente Ventre, che è Magistrato amministrativo ed è Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Caserta, il compito di esprimere il punto di vista finale di questo convegno. Prego, Presidente Ventre.

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Trascrizione integrale dell’intervento orale Prof. Cons. Riccardo Ventre: Io sarò brevissimo, perché credo che, dopo autorevoli interventi, interventi così significativi, così puntuali, ci sia ben poco da dire. Ma consentitemi, tuttavia, di fare delle osservazioni, partendo da una premessa. Mi ricordava l’ottimo amico, Professor Sciaudone, che noi già una diecina di anni fa, nell’Auletta dei Gruppi Parlamentari, con la Dottoressa Rodriguez, con una persona che non è più tra noi, la Dottoressa Di Lascia, organizzato dall’Associazione per la Libera Università Internazionale di Medicina Omeopatica, il Gruppo Parlamentare Federalista Europeo, il Comitato Radicale per i Diritti degli Utenti e dei Consumatori, organizzammo un convegno che si rivelò molto interessante sulle medicine alternative, sul riconoscimento del farmaco - non farmaco, e io stesso per molti anni ho praticato medicina omeopatica. Vi faccio questa premessa non per ricordare cose di carattere personale, ma per non essere frainteso in quello che dirò di qui a poco, perché credo che il convegno di altissimo livello, così come si è sviluppato nelle giornate di ieri e di oggi, abbia avuto quasi, come diceva il Professor Sciaudone, sia stato una crociata a favore o contro l’omeopatia o l’allopatia, voglio dire la medicina allopatica o la medicina omeopatica. Credo che questo non sia, soprattutto in relazione all’oggetto stesso del convegno, cioè ad un particolare tipo di trattamento, qual’è quello delle vaccinazioni, che, come diceva il Presidente Caianiello, presuppone necessariamente una laicità di visione, nel senso che dobbiamo tener presente che è un problema di tale gravità, e veramente fa rabbrividire la testimonianza del Dottore Scognamiglio in relazione a genitori che si ponevano il problema, l’interrogativo, ho fatto bene, ho fatto male, a vaccinare o non vaccinare, un’esperienza fatta sul campo, voglio dire, un’esperienza che dovrebbe farci riflettere tutti quanti. Allora, se questo è, immagino che l’invito del Presidente Caianiello a questa laicità, il diritto che egli ci ricordava - e ci ritornerò da qui a un momento - alla non aggressione, alla libertà a non essere aggredito dagli altri, che è uno dei diritti che, magari, nel presente periodo storico viene un tantino sottaciuto, non valutato nella sua pienezza, immagino che questo debba guidare i nostri comportamenti di fautori dell’una o dell’altra cosa, nel problema delle vaccinazioni. Allora, io credo che la Corte Costituzionale - è stato detto ieri, è stato detto stamattina - abbia fatto, come sta compiendo negli ultimi anni, opera meritoria per quanto riguarda le vaccinazioni dei minori, il problema del consenso, il problema, voglio dire, della obbligatorietà in relazione a delle situazioni - io non parlerei tanto di obbligatorietà, diceva bene l’Onorevole Siniscalchi, probabilmente è una disposizione per essere, disposizione, una norma giuridica, per essere autenticamente obbligatoria dovrebbe avere un’adeguata sanzione. Noi sostanzialmente, in relazione alle vaccinazioni, tranne il ricorso all’articolo 650 del Codice Penale, al 260 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie, ma sostanzialmente con la depenalizzazione che c’è stata, non ci troviamo di fronte ad un obbligo che sia giuridicamente, autenticamente tale. Per cui l’alternativa io la vedrei piuttosto - e mi spiegherò meglio di qui a un momento - tra facoltatività e coercitività del trattamento vaccinale in relazione a determinate patologie e a determinati soggetti adulti. Da qui, ora spiego il perché. Allora, io credo che sia innegabile, i dati ce l’hanno dimostrato, le statistiche ce l’hanno dimostrato, che le vaccinazioni hanno avuto un effetto estremamente positivo. Ieri si diceva, con il Presidente Caianiello, immaginiamo l’Africa nera, voglio dire. È inutile che noi, sulla base di rivendicazioni religiose, ideologiche, naturalistiche, diciamo: no, la vaccinazione non serve, la vaccinazione è dannosa. Dice il Dottore Scognamiglio: ci si deve dire con chiarezza i danni della vaccinazione. Si, certamente, bisogna dirci i danni delle vaccinazioni, i possibili danni delle vaccinazioni, ma dobbiamo, con altrettanta chiarezza, dirci i benefici che le vaccinazioni hanno comportato. Immagino i benefici della vaccinazione antipolio. Né sono comparabili delle situazioni diverse, voglio dire.

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L’Onorevole Dell’Alba ci ricordava che soltanto noi e la Francia abbiamo questa estensione dell’obbligo delle vaccinazioni. Sono realtà non comparabili; il ricorso alla vaccinazione deriva da un retroterra culturale, da una situazione sociale differente. Voglio dire, la nostra situazione non è comparabile, non è un giudizio di valore né positivo né negativo con quello dei paesi mitteleuropei magari con tradizioni diverse, con una ... (fine cassetta) ... dal ’78, abbiamo affermato, diciamo, la pari dignità della prevenzione e della riabilitazione con il momento diagnostico-terapeutico. In qualche modo abbiamo detto, nell’articolo della 833 ci dice che prevenzione, cura e riabilitazione sono momenti uguali, voglio dire con pari dignità, e sono obiettivi, nello stesso tempo, da raggiungere. Altri paesi hanno un retroterra, quanto a prevenzione, di tipo diverso, e quindi non possiamo comparare. D’altro canto, poi, gli studi ci hanno dimostrato che la obbligatorietà, in qualche modo, della vaccinazione, ha reso, anche nel tessuto sociale, nel convincimento delle persone, la positività della vaccinazione stessa. Cioè, laddove c’è stata vaccinazione obbligatoria, si è avuto un maggiore convincimento, un migliore convincimento della innocuità, per certi versi, della vaccinazione. Così ricordo, prendendo spunto da quanto diceva l’ultimo relatore della mattinata, ricordo che nel periodo ‘81-’84, se non vado errato, dei cinque casi di poliomielite che si sono verificati nel nostro paese, in Italia, ben quattro casi si sono avuti nella nostra città, dove minore, probabilmente, era questa sensibilità, purtroppo, dico purtroppo, verso il problema della vaccinazione, della prevenzione. Allora, detto questo, io credo che ognuno di noi debba portare una esperienza propria. Io porto la esperienza di Presidente di una Provincia, quale è quella di Caserta, che è diventata una realtà multirazziale, dove vivono qualcosa come centocinquantamila extracomunitari provenienti da varie realtà del nostro pianeta, e soprattutto da realtà dell’Africa. E allora io credo che, proprio per quella concretezza alla quale ci richiamava il Presidente Caianiello - perché altrimenti noi facciamo delle belle leggi, delle affermazioni di principio, come la 180, come quelle contenute nella 180, ma non stiamo nella realtà, ma non ci caliamo nella realtà - allora, in una provincia, come quella di Caserta, dove queste etnie diverse convivono, voglio dire, e dove si ammalano, e dove c’è rischio di contagio per tutti, dove il medico è costretto a fare i conti quotidianamente, il medico di base soprattutto, a fare i conti con religioni, tradizioni, culture, assolutamente diverse e sconosciute, forse, per colpa della formazione, della nostra Università. Cito un esempio, ma, dico, forse faccio offesa alle vostre conoscenze e alle vostre intelligenze se mi soffermo su questo aspetto, l’esantema del morbillo per l’indù, come voi sapete, è ritenuto una punizione della dea del vaiolo, e quindi punizione non contrastabile e quindi non riferibile, in qualche modo, al medico. E allora provate ad immaginare questa, come mille altre situazioni, nelle mani di un soggetto che chiede per sé necessitatamente, volutamente, per il suo retroterra culturale, per il suo convincimento religioso, per la paura di essere cacciato dalla comunità, tiene per sé, diciamo, l’esantema del proprio figlio o del suo familiare. Allora, di fronte a queste realtà, quel bilanciamento a cui si faceva riferimento ieri, al quale faceva riferimento acutamente il Professore Scudiero con il richiamo all’articolo 32 della Costituzione, con quel fondamentale ... che è riferito sia al diritto del singolo, sia all’interesse della collettività, ancorché posto immediatamente prima del diritto del singolo. Voglio dire, c’è un bilanciamento, c’è una necessità di bilanciamento di queste due cose, come diceva il Professor Colapietro ieri, e questo bilanciamento, vedete, anche questo fa rabbrividire.

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In effetti, la tutela del singolo, del diritto del singolo, la legittima tutela del diritto del singolo, per carità, a scegliere la forma di medicina. Chi può non condividere quanto diceva il Dottor Scognamiglio sulla necessità che il Servizio Sanitario Nazionale eroghi prestazioni anche di tipo omeopatico, di tipo, voglio dire, di agopuntura, o di qualunque altra medicina alternativa. Certamente, è condivisibile, è parte della essenza stessa della libertà di curarsi, di essere, di vivere, ma questo va bilanciato, ovviamente, con la necessità degli altri di vivere, con quel diritto alla non aggressione alla quale faceva riferimento il Professor Caianiello, come dicevo prima. Allora, al legislatore si pone effettivamente un interrogativo. Badate bene che questo problema della disciplina delle vaccinazioni viene da lontano, già il Testo Unico delle leggi sanitarie del ’34, prevedeva l’emanazione di un regolamento regio per la disciplina, appunto, delle vaccinazioni, e poi la legge 180 che, come dicevamo, contiene dei principi, e sono quelli molto belli, ha previsto, ha auspicato che ci fosse una disciplina delle malattie diffusive, delle malattie contagiose. Allora, se ci fermiamo un attimo - e concludo - su questo aspetto, a riflettere su questo aspetto, cioè quello delle malattie diffusive e contagiose nell’adulto, nell’adulto, io immagino che si debba pervenire anche alla possibilità di coercizione. Non so se ci arriveremo mai legislativamente; probabilmente ci arriveremo in qualche modo attraverso la Corte Costituzionale, ancora una volta farà sentenze additive in questo campo, speriamo che ve ne sia spazio e presupposto, ma io, da cittadino italiano, da persona che crede nella democrazia, auspico che sia il Parlamento ad arrivare a queste conclusioni. Grazie, e complimenti per il convegno. Corretto Prof. Vincenzo Caianiello: Prima di concludere, ha chiesto di parlare la Dottoressa Rodriguez e poi dovrò dare la parola al Dr. Albán che è latore di una attestazione di benemerenza nei confronti della Dr.ssa Rodriguez, dopo di che dichiarerò chiuso il convegno.

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Dr. Manuel Albán Lucio: Ringrazio moltissimo i distinti organizzatori a nome dell’Istituzione che mi onoro di rappresentare nel mio paese, principalmente della Universidad Estatal de Bolivar, vorrei consegnare un riconoscimento molto giusto che ha elaborato l’Onorevole Consiglio Universitario della Universidad Estatal de Bolivar. Il testo dice: UNIVERSIDAD ESTATAL DE BOLIVAR R E T T O R A T O UNIVERSIDAD ESTATAL DE BOLIVAR L’ONOREVOLE CONSIGLIO UNIVERSITARIO In virtù delle sue attribuzioni legali e statutarie CONSIDERATO - che la Dott.ssa Alma Rodriguez è il Presidente della ASSOCIAZIONE PER LA LIBERA UNIVERSITA’ INTERNAZIONALE DI MEDICINA OMEOPATICA “SAMUEL HAHNEMANN”, Napoli - Italia; - che la sua nobile gestione educativa contribuisce enormemente all’innovazione scientifica e tecnologica, obiettivo principale dell’Università Contemporanea; - che, durante il suo periodo di presidenza, ha dimostrato un elevatissimo livello di conoscenza ed un appoggio decisivo alla creazione di profondi vincoli culturali con le Università dell’America Latina; - che il suo nobile impegno contribuisce a rafforzare le relazioni tra l’Università Statale Bolivar e l’Associazione per la Libera Università Internazionale di Medicina Omeopatica “Samuel Hahnemann”, istituzione questa che vanta una attiva partecipazione nello scenario internazionale. DELIBERA Articolo 1 - di consegnare un riconoscimento a tale illustre autorità; Articolo 2 - di esprimere un alto apprezzamento per le sue iniziative che sono riuscite ad introdurre significativi cambiamenti, alle soglie del XXI secolo, sul concetto di salute; Articolo 3 - di esprimere alla dott.ssa Rodriguez, Presidente della L.U.I.M.O., un pubblico riconoscimento attraverso tutti i mass-media; Articolo 4 - di riportare il suo nome, per le nuove generazioni, come esempio di sforzo, superamento di sé e solidarietà; Articolo 5 - di delegare il Dr. Manuel Albán Lucio, Direttore delle Relazioni Internazionali, alla consegna della presente delibera. Rilasciato a Guaranda il 23 maggio 1997. IL RETTORE IL VICERETTORE Ing. Gabriel Galarza Dott.. Pedro Pablo Lucio IL SEGRETARIO GENERALE Dr. Lautaro Leon

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Trascrizione integrale dell’intervento orale Dr.ssa Alma Rodriguez: Voglio ringraziare sentitamente il Dottor Albán Lucio per questo riconoscimento, certamente immeritato, perché considero, dopo quarant’anni che lavoro e studio per la medicina omeopatica, che ancora siamo piccoli piccoli. Perché considero che, per realmente formare un medico omeopata, bisogna veramente metterci di fronte a tutti i problemi, uno dopo l’altro, così come a tutte le materie di studio della medicina. Dobbiamo vederle sull’angolazione umana, sull’angolazione dell’uomo, sull’angolazione della sofferenza, sull’angolazione della salute e della malattia. Io voglio ringraziare sentitamente questo consesso e questa tavola rotonda che veramente ci ha onorato, il Presidente Caianiello, con la sua attenzione alla persona umana. Questo forum è stato costruito momento per momento, con un lavoro di attenzione, e con un solo obiettivo, uno solo: l’uomo, la persona umana. Per questo io vi prego, e mi dispiace per i pazienti, che amo sopra ogni altra cosa e ai quali dedico attimo per attimo della mia vita. Le cose si ottengono attentamente, in attenta osservazione; non con la violenza. Il lavoro di ognuno, attraverso la consapevolezza, per ottenere la libertà. Non ci sono molti mezzi. Io sono stupita e ringrazio tutti per il successo del convegno, ma, credetemi, non è opera di nessun potere, di nessun potere. È opera di un pensiero diretto che ho perseguito per anni. È venuto da solo, grazie alla vicinanza del Professor Sciaudone, con la sua irruenza; però con grande discernimento, ogni volta, anche se possiamo non essere d’accordo per tante cose. Voglio solo significare una cosa, e mi si consenta, il forum è stato ideato “Vaccinazioni: obbligo o libertà?”. Per questa risposta. Perché gli omeopati hanno chiesto “Vaccinazioni: obbligo o libertà?” ?. Questa è stata la ragione del mio intervento: perché l’omeopatia è prevenzione. Questo non significa essere assolutisti; questo significa dimostrare scientificamente, sperimentalmente e clinicamente il valore dell’omeopatia, però, per ottenere dei medici che possano liberamente e consapevolmente, quindi adeguatamente preparati, c’è bisogno di un cambio, e questo è quello che noi sollecitiamo a questi insigni relatori perché ci aiutino. Nessuno può imporre niente a nessuno. Vi posso assicurare che la mia esperienza - ho 66 anni e lavoro da tutta la vita verso l’uomo e per l’uomo, in una maniera o nell’altra. Abbiamo bisogno di trasformare qualche cosa. Ecco perché la L.U.I.M.O. è nata. È nata nel cuore di quattro persone che oggi non sono qui. Ma la L.U.I.M.O. ha un’energia, un’energia fatta di nulla, fatta di osservazione, di attenzione e di un passetto alla volta. Grazie, grazie a tutti, grazie ai partecipanti e grazie a queste persone che sanno che cosa significa lavorare, lavorare con impegno, perché anche se vengono qui e non dicono le cose che noi vogliamo sentire, in realtà ci hanno dimostrato qualche cosa che gli stessi omeopati non ci hanno dimostrato non essendo tutti qui presenti in questa sala. Grazie a tutti.

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Solo l’amore guarisce. Guylaine Lanctôt, M.D., Canada

Vivo in Canada, un paese dove la vaccinazione non è generalmente obbligatoria - almeno ufficialmente. Tuttavia, la quasi totalità della popolazione è vaccinata. Il fatto è che si opera come se la vaccinazione fosse obbligatoria. La pressione sociale e il lavaggio del cervello ad ogni livello sono enormi ed efficienti, al punto che la popolazione è convinta che la vaccinazione sia obbligatoria e così si è sottoposta alla vaccinazione senza fare domande. Perché, dovremmo chiederci, le politiche di vaccinazione sono le stesse in tutti i paesi occidentali, così come nei paesi in via di sviluppo? Sono le stesse perché le decisioni sulle politiche e le campagne di vaccinazioni sono prese a livello globale dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità. I paesi membri - i nostri governi - applicano tali politiche. E chi prende le decisioni all’OMS? I principali protagonisti sono la Banca Mondiale, la Fondazione Rockfeller e l’UNICEF, il cui principale finanziatore è la Mérieux-Pasteur, il più grande produttore mondiale di vaccini. Dobbiamo comprendere che sono i finanziatori a controllare la nostra salute. Più siamo malati, più i loro profitti aumentano. Il loro obiettivo, dunque, è di farci ammalare. Hanno anche ammesso che il loro obiettivo è di ridurre la popolazione mondiale della metà quanto prima possibile. Quale migliore strumento dei vaccini per far ammalare le persone e distruggere il loro sistema immunitario. I vaccini rendono anche possibile il genocidio mirato e vengono utilizzati per sperimentare armi biologiche. Questo è ciò che non viene detto a noi medici e ancor meno viene comunicato al grande pubblico. È vero o non è vero? Ognuno di noi deve farsi la propria opinione. Questa decisione, in ultima analisi, riflette il nostro livello individuale di coscienza. Alcuni credono che le autorità mediche (o quelle religiose, di governo ed economiche) siano al nostro servizio e obbediscano alle autorità mediche. Altri, comunque, ritengono che non lo facciano e che favoriscano invece gli interessi dei ricchi, e rifiutano di essere vaccinati. È di fondamentale importanza, in materia di vaccinazioni, rispettare la libertà di scelta di ciascun individuo. Ma perché non abbiamo questa libertà? Perché il governo, che ha la responsabilità delle campagne di vaccinazione, è al servizio dei ricchi, permettendo loro di diventare ancora più ricchi. Comprendere ciò è un importante primo passo che ci permette di capire e di diventare consapevoli del fatto che non possiamo cambiare governo. Smettiamo di fare pressione sulle autorità, chiunque esse siano. Impariamo a gestire i nostri sforzi investendoli dove faranno più bene. Ma dove? In noi stessi. Trasformiamo il nostro timore delle autorità in amore per noi stessi. È necessario comprendere che il solo fattore è rappresentato dal fatto che noi, e noi soli, siamo padroni delle nostre vite. Noi siamo l’autorità suprema. Noi siamo sovrani. Noi siamo divini. Noi abbiamo tutto il potere. Noi siamo i soli padroni. Noi obbediamo solo alla nostra coscienza e a nessun altro. Non c’è ragione, dunque, di cambiare le leggi. Obbediamo alla nostra coscienza. E quando la nostra coscienza non ci permette di essere vaccinati, non dobbiamo far altro che dirlo: «La mia coscienza mi proibisce di farmi vaccinare». Questo è ciò che significa obbedire alla propria coscienza ed essere un obiettore di coscienza. Questo è amore. Questo vuol dire comportarsi da persona sovrana. Così trasformiamo le nostre energie come quelle dell’intero pianeta. E’ per questo che l’amore è contagioso!

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Eventi Avversi Associati alle Vaccinazioni Infantili: Evidenza del Rapporto di

Causalità Marco Papa, Associazione “Sophia”, Torino

Sophia è una associazione non profit di genitori che da anni si riuniscono per condividere esperienze, conoscenze e soluzioni al problema della civile obiezione di coscienza all’obbligo di vaccinare. Dalla sua nascita, avvenuta nel Febbraio 1996, Sophia ha attuato iniziative locali - nella regione Piemonte - ed ha partecipato ad iniziative nazionali ed internazionali promosse da altre organizzazioni. Sophia si configura come associazione di consumatori che esigono il controllo della qualità di un prodotto, il cui consumo è oltretutto obbligatorio e quindi tanto meno soggetto alle decantate regole di mercato che dovrebbero, il condizionale è d’obbligo, migliorarne la qualità complessiva. Come tale ha aperto canali di comunicazione e collaborazione con enti istituzionali, altre associazioni, iniziative private e pubbliche e, soprattutto, con la rete mondiale di organizzazioni che, nei rispettivi Paesi, operano per la libertà di scelta ed il diritto all’informazione ed alla tutela della salute. Tra queste,

la Commissione Sanità della Regione Piemonte; l’Osservatorio Epidemiologico della Regione Piemonte; la sede regionale del M.F.D., Tribunale per i Diritti del Malato; la sezione inglese della Cochrane Collaboration; alcune U.S.L. della Regione Piemonte; l’Istituto di Medicina della Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti; il National Vaccine Information Center di Vienna, VA.

Uno dei primi testi che abbiamo incontrato nel nostro percorso di approfondimento di uno dei problemi della vaccinazione, quello delle reazioni avverse, è il rapporto che dà il titolo a questa relazione. Questo rapporto è stato realizzato dal Comitato per la Sicurezza dei Vaccini, formato da medici e ricercatori dell’Istituto di Medicina della Accademia Nazionale delle Scienze americana, nell’ambito di un percorso di analisi del problema delle reazioni avverse alle vaccinazioni infantili che aveva già generato un altro report. Questo libro, uscito nel 1994, rimane - per quanto ci è dato di sapere - l’unico lavoro organico di questa portata. Forse perché negli Stati Uniti il sistema di monitoraggio delle reazioni avverse ai vaccini, per quanto carente e limitato da una omertà senza pari in altri ambiti della medicina - la Food and Drug Administration (FDA) stimava che solo il 10% delle reazioni avverse al vaccino venisse riportato al sistema - , con tutti i suoi limiti, funziona. Dal 1989, anno di riferimento di questa sommaria statistica, il VAERS (Vaccine Adverse Events Reporting System) ha collezionato più di 35.000 segnalazioni, di cui più di 1.000 sono casi di morte. Il Vaccine Injury Compensation Program, equivalente della nostrana legge 210/92, ha erogato, dalla stessa data più di 850 milioni di dollari di ricompense per danni o morti da vaccino a circa 3000 famiglie, appena il 10% circa dei casi riportati. Altrettante famiglie sono in attesa di aggiudicazione di analoghe ricompense, mentre il governo americano restringe sempre più i criteri di riconoscimento dei danni da vaccinazione. Si noti che questo denaro viene da una tassa aggiuntiva che i contribuenti americani pagano sui vaccini: in pratica le famiglie si auto-ricompensano per il danno subito, che in caso di morte non è forse facilmente calcolabile in denaro. Il vaccino più tassato è il trivalente Difterite-Tetano-Pertosse

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(3,50 dollari per ogni dose), mentre il secondo classificato è un altro trivalente, che ultimamente si è fatto apprezzare per l’associazione con l’insorgenza di autismo nei bambini: il Morbillo-Parotite-Rosolia (2,50 dollari per ogni dose). Il vaccino antipolio Sabin, che ogni anno provoca come minimo 10 poliomieliti paralitiche da vaccino nei bambini vaccinati o nelle persone a contatto, è solo terzo classificato. Prima di passare a presentare una nostra lettura del rapporto americano, vorrei offrire un punto di vista del problema delle reazioni avverse al vaccino in Italia. Più che negli Stati Uniti, dove qualche anno di monitoraggio ha permesso di arrivare ad alcune ipotesi di ricerca e di metodologie che si auspica verranno conosciute e adottate anche nel nostro Paese, in Italia il problema delle reazioni avverse può essere analizzato in termini di: 1. abilità del medico di prevenire ed eventualmente diagnosticare precocemente e trattare appropriatamente la reazione avversa al vaccino, e 2. funzionamento del sistema di monitoraggio e reporting lungo tutta la catena istituzionale competente, fino all’ufficio che dovrebbe occuparsi di avviare la pratica di risarcimento della famiglia. Il primo problema implica la diffusione di una cultura che deve innanzitutto fare i conti con la resistenza della classe medica ad accettare la semplice possibilità di una reazione avversa al vaccino. Se a questa resistenza si somma poi l’imbarazzo di trattarla come tale, perché il fatto stesso implica il riconoscimento di un danno causato da una medicina che per definizione fa solo - se poi lo fa - bene, e del relativo diritto al risarcimento, si arriva a spiegare l’omertà che oggi prevale in questo ambito. Il secondo problema è parzialmente una conseguenza del primo; ma in parte è anche collegato al funzionamento della giustizia civile ed alla capacità della classe politica di mantenere un rapporto con la propria base elettorale, perché per definizione, una volta avviato il meccanismo, le richieste sarebbero così numerose da implicare problemi di bilancio e di revisione continua dei criteri. Il gruppo di ricorrenti diverrebbe presto così numeroso da diventare, secondo la moda nazionale, un bersaglio politico interessante. E così via. Tuttavia il problema della rilevazione statistica dei dati, problema tecnico alla base di un sistema di monitoraggio, è tutt’altro che banale. Salvatore Squarcione, un responsabile istituzionale in tema di vaccinazione, il 29 Aprile 1994 firmava una circolare diretta agli Assessorati alla Sanità nella quale, tra l’altro, si scrive: “Purtroppo, il flusso centripeto dei dati, peraltro mai attuato in maniera ottimale, è andato ulteriormente impoverendosi impedendo, in tal modo, una conoscenza soddisfacente dell’andamento delle campagne vaccinali obbligatorie in Italia.” Questo significa che non solo non è possibile, ad appena due anni dal varo della 210/92, fare un bilancio reale (costi-ricavi, costi-benefici, preventivo-consuntivo, .....) delle campagne vaccinali italiane, ma anche realizzare la benché minima statistica sul rapporto tra vaccinazioni erogate e reazioni avverse. Figuriamoci cosa può essere in questa situazione il loro monitoraggio! Due anni dopo la situazione non era migliorata affatto: nel 1996 dalla nostra regione risultavano non pervenuti il 68% dei modelli 19 (quelli che trasportano i dati di cui alla circolare suddetta - il modello 19 è stato istituito con circolare n.24 del 19/06/1981, cioè non il giorno prima ) del primo semestre, ed il 55% di quelli del secondo semestre. Il 12 Ottobre 1993, circa un anno e mezzo dopo il varo della legge 210 del 25 Febbraio 1992, al Ministero della Sanità risultavano pervenute 113 istanze di risarcimento danni per morte e danni permanenti da vaccino; di queste non sappiamo quante siano eventualmente state riconosciute come

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tali ed effettivamente risarcite, ma è certo che, fatte le debite proporzioni con l’analogo periodo negli Stati Uniti - dove questi dati vengono regolarmente pubblicati - , è evidente che la sottostima è molto più che grossolana. “La patologia viene in questa sede definita come temporalmente correlata in quanto sul nesso causale sono le Commissioni mediche a doversi pronunciare.” Vorremmo sapere in base a quali criteri. Il Vaccine Safety Committee che ha realizzato il rapporto: Adverse Events Associated with Childhood Vaccines: Evidence Bearing on Causality ha faticato non poco a trovare un accordo su cinque categorie di classificazione della relazione causale tra vaccino ed evento avverso: 1. nessuna evidenza di relazione causale 2. l’evidenza è inadeguata ad accettare o respingere una relazione causale 3. l’evidenza favorisce l’esclusione di una relazione causale 4. l’evidenza favorisce l’accettazione di una relazione causale 5. l’evidenza stabilisce relazione causale La categoria più interessante e, naturalmente, più ricca di patologie è la seconda (l’evidenza è inadeguata ad accettare o respingere una relazione causale): si direbbe il punto di incontro di due tendenze opposte che non riescono a prevalere l’una sull’altra, da cui l’indecidibilità. La decisione a quel punto spetta al genitore, che con una breve ricerca sulla letteratura scientifica disponibile in forma comprensibile ai più, riesce facilmente a venirne a capo con il buon senso. Mi si consenta una breve digressione sull’argomento “buon senso” e “decisione del genitore”. Certamente a non pochi medici che eventualmente si fossero imbattuti nella lettura di questa relazione, saranno drizzati i capelli alla lettura dei precedenti paragrafi. Per me, che sono un genitore, è a dir poco ovvio che il “buon senso”, quella specie di intersezione senza luogo di razionale ed intuitivo, va usato in tutti i casi: a maggior ragione in quei casi in cui la Scienza non riesca a pronunciarsi con certezza, come accade nella categoria suddetta. Ma il dubbio insorgerebbe anche nel più accurato dei ricercatori, il quale si proponesse di dirimere questa intricata matassa. Dei due mali - vaccinare e non farlo -, sempreché il secondo sia un male (una eventuale discussione sulla cosiddetta “immunità di gregge” è rimandata ad altra sede), qual è il minore? Se una decisione non può essere presa dal Vaccine Safety Committee, dovremmo forse essere obbligati ad esporre i nostri figli a tali rischi? No, grazie, e fine della digressione. Il rapporto americano classifica sotto le cinque categorie suddette le patologie associate ai vaccini contro: a. Difterite/Tetano (pediatrico) b. Difterite/Tetano (adulti) c. Tetano d. Morbillo e. Parotite f. Morbillo/Parotite/Rosolia g. Poliomielite orale (tipo Sabin) h. Poliomielite iniettato (tipo Salk) i. Epatite B j. Haemophilus influenzae tipo B

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Tra le patologie associate in relazione causale o indecidibile a questi vaccini figurano quelle a cui gli addetti ai lavori dovrebbero almeno in parte essere già avvezzi (ad esempio la poliomielite paralitica da vaccino, la trombocitopenia da vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia, la morte da morbillo di ceppo vaccinico - a questo proposito vorrei ricordare il noto e vergognoso esperimento sul ceppo virale Edmonston-Zagabria eseguito su bambini di Paesi in via di sviluppo e svelato poi in California dopo un analogo esperimento su minoranze etniche, al quale sono dovute molte morti, specialmente tra le bambine - l’anafilassi causata dallo stesso vaccino e dal vaccino anti epatite b, per citare solo alcune tra quelle per cui è evidente il nesso causale). Ma molte delle patologie indotte o scatenate dai vaccini, attualmente allo studio, non figurano in nessuna categoria. Il diabete mellito insulino dipendente nei bambini valga come esempio per tutti gli altri: in Italia viene studiato dal dottor Montinari (Bari), già noto per un altro studio su probabili marcatori biologici delle reazioni avverse al vaccino, mentre negli USA viene studiato dalla Classen Immunoterapeutics Inc.; J.B.Classen ha già presentato il suo studio all’ultima I.C.A.A.C.. “Adverse Events Associated with Childhood Vaccines: .......” discute innanzitutto il concetto di causalità ed evidenza; dedica poi:

un capitolo alla relazione tra vaccini e disordini neurologici demielinanti e non demielinanti; un capitolo alle reazioni immunologiche, in cui si discute l’anafilassi, l’interazione tra anticorpi

ed antigeni di tessuti normali, l’ipersensibilità di tipo ritardato, la reazione di Arthus e gli effetti dei vaccini sul sistema immunitario;

un capitolo per ciascun vaccino (di cui alla lista precedente), in quanto a background e storia, eventi biologici conseguenti all’immunizzazione, encefalopatie e tutte le patologie correlate a ciascuno nella ponderosa letteratura visitata per l’occasione;

un capitolo sulla morte come evento avverso alla vaccinazione; un capitolo sui bisogni di ricerca e sorveglianza che si desumono da questo rapporto; alcune appendici, tra cui una sulle strategie di raccolta delle informazioni utilizzate; una bibliografia di circa 100 pagine;

oltre ad accessori come glossari ed indici. Tempo fa ho sentito un ricercatore italiano parlare pubblicamente del beneficio derivante da un uso corretto di internet per la ricerca scientifica, specie su tutte quelle patologie per le quali è difficile trovare competenze specialistiche. Se ancora volessimo considerare “rare” le complicanze da vaccino, ma una statistica degna di questo nome stabilirebbe certamente il contrario, sarebbe perlomeno opportuno che ogni medico ne conoscesse l’uso ed attingesse a piene mani a quello straordinario patrimonio letterario rappresentato da istituzioni come la National Library of Medicine di Washington, DC. Lo stesso report di cui parliamo può essere ordinato via internet e pagato a distanza con carta di credito. Non siamo qualificati per una discussione che entri nel merito del contenuto di questo interessante libro; possiamo soltanto consigliarlo energicamente a chiunque, genitore o operatore sanitario, intenda affrontare seriamente l’argomento. E con la stessa energia vorremmo suggerire alle istituzioni - lo facciamo ogni volta che ne abbiamo l’occasione - l’istituzione di quelle commissioni miste di controllo, nelle quali anche i genitori-consumatori vengono rappresentati, i cui modelli sono pronti, replicabili ed adattabili alle peculiarità locali con estrema facilità, purché onestamente.

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Perché siamo stanchi di essere considerati evasori fiscali. Perché desideriamo che questo, e tutti gli altri problemi connessi alla vaccinazione, vengano considerati con attenzione e studiati a dovere, come si fa sul Progetto Pertosse con i finanziamenti dei National Institutes of Health. Perché chi subisce un danno venga aiutato a vivere una vita non più normale. Perché la vaccinazione non fa solo bene. Grazie per l’attenzione. Marco Papa

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Omeopatia e vaccinazione. Diego Risquez Harris, M.D., Pediatra, Consiglio

Direttivo Fondazione Medico Omeopatica Venezuelana, Caracas, Venezuela

Molti dei nostri pazienti ci domandano perché noi omeopati ci opponiamo alle vaccinazioni. Per cercare di spiegare questo tema controverso, vorrei trascrivere testualmente alcuni commenti che feci in occasione della “Assemblea di Omeopatia del Messico” nel 1976, e che furono pubblicati nella rivista “Omeopatia nel mondo”, una rivista edita in Messico. Trascriverò inoltre alcune riflessioni che feci nel 1978, che non riuscii a pubblicare. Messico 1976 : “Il motivo di queste linee è il far conoscere un’osservazione personale sull’effetto che producono le immunizzazioni di routine applicate nei bambini, Quello che espongo è basato sull’osservazione da me fatta quando esercitavo la pediatria allopatica, senza conoscere ancora l’esistenza terapeutica omeopatica. Durante gli otto anni di esercizio medico pediatrico, al quale sono arrivato per tradizione familiare, ho cominciato ad osservare gli effetti pregiudiziali immediati, a medio termine, e tardivi delle vaccinazioni. Tra gli immediati : la reazione locale e la febbre. Tra quelli a medio termine: catarri a ripetizione con complicazioni nella sfera O.R.L. e tra quelli tardivi : le malattie croniche che appaiono più tardi, dopo ripetute immunizzazioni come ad esempio l’asma, le artriti, ecc. ... Un’altra parte della mia osservazione è la seguente : mi sono dedicato al compito di ritardare l’inizio delle immunizzazioni, e osservare quei bambini che, per ragioni estranee, cominciavano più tardi. Questi bambini evolvevano meglio, con meno complicazioni, (soprattutto - per il breve tempo di osservazione - quelle immediate), di quelli che le iniziavano precocemente. In più dobbiamo considerare le altre complicazioni frequenti delle vaccinazioni come : encefaliti post-vaccino (antivaiolosa, morbillo) e le reazioni allergiche tanto abituali e a volte mortali che si presentano con relativa frequenza. Accidentalmente sei anni fa ho conosciuto l’esistenza dell’Omeopatia come terapeutica : poi la sua dottrina ed in seguito il suo studio dal punto di vista miasmatico, studio che, fortunatamente ho iniziato con successo perché ho avuto la fortuna di incontrare sul mio cammino dottori come Proceso Sanchez Ortega e David Flores Toledo, che mi hanno dato consigli saggi, utili e semplici ma profondi per comprendere il tanto discusso problema del miasma. Dopo aver letto “l’Organon” e “La Dottrina e Trattamento delle malattie croniche” di Hahnemann ho capito perché i vaccini sono pregiudiziali per la salute, complicano e rendono più profonda la patologia dell’essere umano. Dopo la mia breve esperienza ed osservazione dal punto di vista omeopatico, ho potuto osservare che ci sono vaccini predominantemente sicotizzanti (D.P.T.), che sono antidotati dai loro medicamenti abituali come Thuya, Medhorrinum, Pulsatilla, Malandrinum, Silicea ; e vaccini predominantemente luesinizzanti come l’antivaiolosa (la cui reazione vaccinale produce escara e distruzione dei tessuti), che sono antidotate specialmente da sulphur. Ho avuto la opportunità di frenare o antidotare la reazione vaccinale con una dose di sulphur 30, 12 o 24 ore dall’inizio della reazione, molte volte durante la mia pratica clinica.

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Si potrebbero dire molte altre cose sull’effetto pregiudiziale delle immunizzazioni, però il mio desiderio è solo quello di far conoscere il frutto delle mie osservazioni che in seguito mi sono spiegato attraverso lo studio e la comprensione della medicina omeopatica. E’ allarmante come, man mano che passa il tempo, si accentua l’uso e l’abuso delle immunizzazioni a pregiudizio della salute dell’essere umano. A questo dobbiamo aggiungere l’igiene ambientale (cibo, bevande, vita sedentaria, ecc.) tanto esagerata nella nostra vita quotidiana. Riflessioni 1978 : Vorrei fare un commento sul mio lavoro rispetto agli effetti pregiudiziali delle immunizzazioni, presentato da me nella VII ASSEMBLEA DI OMEOPATIA DEL MESSICO nel 1976. PRIMO: L’apparizione molto più frequente, nelle persone giovani, di malattie croniche : artrite reumatoide, ulcera gastrica, ecc., problemi che in precedenza comparivano più spesso dopo i quarant’anni (40). SECONDO: Che tutti i bambini al di sotto i dieci anni ( 10) che seguo dalla nascita e che non hanno ricevuto immunizzazioni, o solo l’antipolio per paura dei genitori, hanno sopportato meglio tutte queste ultime epidemie virali, quasi senza sintomatologia, dei bambini vaccinati che mostrano, generalmente, processi febbrili prolungati, otto - dieci giorni, eed inoltre sono resistenti alle cure omeopatiche. TERZO: Ho potuto verificare che i bambini che hanno eredità molto marcate rispetto ai loro antenati (genitori, nonni, zii, ecc.), presentano problemi di allergie, asma severa, cancro, diabete, ecc. Ho visto scatenarsi, per esempio, un severo attacco d’asma, preceduta dalla perdita improvvisa di appetito e diarrea, dopo una sola dose di antipolio applicata a sei o otto mesi di età, nel caso di genitori che non hanno sopportato l’idea di lasciare senza vaccino il loro figlio. QUARTO: L’apparizione attualmente di processi eruttivi non descritti nella Patologia Medica, i quali vengono catalogati dai pediatri frequentemente come: morbillo atipico, dal momento che non presentano Koplik ed il prodromo febbrile è più prolungato. Credo che questo è il risultato della quantità di droghe ed immunizzazioni ricevute dai pazienti nei due ultimi decenni. Oggi, 10 anni dopo queste riflessioni, con motivo di questo scritto dedicato ai miei pazienti, voglio farne di nuove e, inoltre, ho dedicato cinque anni alla docenza e la materia che più insegno è l’ORGANON della Medicina di Hahnemann che è un libro molto profondo per riflettere sulla salute e la malattia. CONCETTO DI SALUTE: Per l’O.M.S. (Organizzazione Mondiale della Sanità), il concetto moderno di salute è il seguente: «Il benessere fisico, mentale e sociale delle persone e non solo l’assenza delle malattie, ossia che ci sono persone che possono non avere una malattia specifica e, ciò nonostante, non sono sane. Già precedentemente in questo scritto ho spiegato il concetto di “paziente come un tutto” e non diviso in organi e sistemi e che possiede un principio vitale o “vita” che regola l’esistenza degli esseri umani. Come medico integrale quale sono e che ha compreso il concetto organicista (materialista) sulla vita e successivamente il concetto vitalista sulla vita, la salute e la malattia, non posso negare che la scoperta dei vaccini sia stata di gran utilità per sradicare grandi epidemie che flagellavano l’umanità. Dopo la scoperta del vaccino antivaioloso si è applicato lo stesso concetto alla

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tubercolosi, alla lebbra, a difterite, tosse convulsa, tetano (trivalente), alla polio al tifo, a rosolia, morbillo, parotite (trivalente virale), all’influenza, al raffreddore, ecc... Già stiamo ricevendo negli ultimi 30 anni vaccini per i bambini dalla nascita in forma massiccia, con le conseguenze che ho menzionato nei miei commenti di 10 e 12 anni fa rispettivamente. Al momento della nascita, abbiamo un sistema immunitario vergine che dipende dal sistema reticoloendoteliale del quale sono parte le tonsille, le adenoidi, la milza, l’appendice, etc... Questo sistema immunitario, quando entra in contatto con agenti nocivi, reagisce elaborando anticorpi specifici contro l’agente invasore e molti di questi anticorpi elaborati dopo aver contratto una malattia si mantengono per tutta la vita, per esempio: morbillo, rosolia, parotite, etc. (ci sono alcuni casi isolati di ripetizione di queste malattie, quando questi anticorpi diminuiscono o scompaiono). Voglio approfittare per chiarire che ciò che ammala non è il battere o il virus in sé, bensì la loro energia patogena che perturba una energia vitale suscettibile di essere perturbata; infatti se questa è in equilibrio non si contagia (concetto di predisposizione o suscettibilità, paragrafo 31 dell’Organon di Hahnemann, e suggerisco di leggere i commenti dell’Organon di Vijnovsky). In questo stesso scritto, quando cerco di spiegare in forma semplice e riassunta il concetto del miasma, dico che sono predisposizioni di tipo dinamico (energetico) ereditate e che sono in tre sensi: produzione (sicosi), distruzione (sifilis), inibizione (psora). Quando un bambino ha una carica miasmatica accentuata di sicosi (sono questi bambini che vediamo, al ricevere qualunque vaccino, iniziare un catarro, ostruzione nasale per ipertrofia delle adenoidi e delle tonsille), molte volte, ed è frequente, sviluppano un processo infiammatorio acuto della laringe, come la laringite stridorosa o falso crup, motivo delle nostre più frequenti emergenze pediatriche, ricevendo come cura esteroidi per via inframuscolare e a volte endovenosa. Vi succede spesso che il pediatra o il medico generico vi dicano: lasciate che gli passi questo catarro e me lo portate per somministrargli la seconda dose, e così comincia il processo che non finisce mai di problemi catarrali, otiti medie per diffusione e ostruzione delle Trombe di Eustachio (condotto che mette in comunicazione la gola con l’orecchio medio), tonsillite, adenoidite, falso crup, asma e, se per caso il bambino si difende spostando la malattia alla parte più esterna, che è la pelle (senso curativo), con qualunque tipo di dermatite, queste sono rapidamente soppresse con creme a base di steroidi ogni giorno più potenti, introducendo la patologia ad organi più profondi e così comincia il percorso delle madri con i loro bambini dai diversi specialisti: pneumologi, allergologi, otorini, dermatologi, con le loro cure di soppressione, fino a che, un bel giorno, suggeriscono loro di portarli ad un omeopata perché li visiti e disintossichi, per referenza di un altro paziente e molto frequentemente da colleghi che stanno prendendo coscienza del problema. È importante differenziare, poiché non ha niente a che vedere l’omeopatia con le altre forme di medicina alternativa (agopuntura, terapia neurale, medicina elettronica, per esempio) che sembrano essere per qualcuno la stessa cosa. Voglio chiarire che non sono contro queste e non nego che possano aiutare la salute, ma non hanno niente in comune né si basano sugli stessi principi della dottrina omeopatica; meno ancora bisogna confonderla con l’omeopatia pluralista (vari rimedi insieme) che non è omeopatia (vedere paragrafo 273 dell’Organon di Hahnemann che ho già commentato parlando dei principi). Quando parlavo dei processi che si sviluppano con il vaccino, tra i quali l’ipertrofia delle tonsille e delle adenoidi, con il loro trattamento chirurgico, molte volte necessario per dare sollievo all’ostruzione meccanica - però è sempre soppressione e porta come conseguenza alla fine l’introversione della patologia a organi più profondi e vitali come, per esempio, i polmoni, con bronchiti, polmoniti, asma bronchiale, etc.

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Io voglio essere molto chiaro sul fatto che, quando faccio queste riflessioni e commenti, non è contro i miei colleghi in particolare, bensì contro il sistema organicista nel quale sono stato formato senza conoscere ancora questo concetto vitalista unico e reale, di salute, che capisco e pratico attualmente da 19 anni. Dopo tutte queste analisi, che spero i nostri pazienti abbiano captato, voglio dirvi che esistono vaccini omeopatici per quelle malattie. Io personalmente sto usando da dieci anni, contro la polio, la Karwinskia Humboldtiana, il Pertussinum per la Tosse Convulsa, etc. Esistono per ognuna di queste malattie, però con lo stesso concetto antigeno dinamico che usiamo in omeopatia. Ricordo che quando cominciai a praticare l’omeopatia molte madri se ne andarono dal mio studio (a Roma conseguii la specializzazione in pediatria, avevo precedentemente frequentato due anni di specializzazione in otorinolaringoiatria, seguendo la tradizione paterna, ma mi resi ben presto conto che non mi piaceva e inoltre non avevo attitudine per la chirurgia) perché non somministravo vaccini, per ritornare poi, 3, 4, 5 anni più tardi perché io curavo l’asma. Tutt’ora, 18 anni più tardi, a molti genitori, ed è logico per la tradizione e la pubblicità della paura verso tali malattie che fa sì che si applichino massicciamente vaccini contro malattie già sradicate come il tetano, la difterite, la polio, etc. Per finire voglio dire ai nostri pazienti che l’allopatia è la medicina di massa, per tutti lo stesso trattamento, e l’omeopatia è la medicina dell’individuo, che ho già menzionato nei principi. Voglio dire anche ai miei collegi che in nessun momento mi anima l’idea di polemizzare con loro, anche se, cercando di spiegare concetti agli antipodi tra loro, sembrerebbe che questo fosse il fine da me perseguito. CONCLUSIONE: ogni processo di vaccinazione perturba l’equilibrio o l’armonia del principio vitale degli esseri umani attivando i miasmi che si trovano in stato latente.

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IL RUOLO DELLE MEDICINE NON CONVENZIONALI NELLA STORIA

DEL PENSIERO MEDICO SCIENTIFICO OCCIDENTALE80. Prof. Goffredo

Sciaudone, Ordinario di Medicina Legale e delle Assicurazioni, Direttore della II Scuola di

Specializzazione in Medicina Legale e delle Assicurazioni della Seconda Università degli Studi di

Napoli, S.U.N., Presidente del Comitato di Bioetica della Regione Campania (CO.RE.B.), Presidente

del Comitato Etico della A.S.L. Napoli 1; Paolo Marotta, M.D., Vicepresidente del Comitato

Etico dell’A.S.L. Napoli 1, Segretario Generale dell’International Center for the Study of the History

of Medicine, IRFEST, Université Louis Pasteur, Strasbourg, France / IstitutoItaliano per gli Studi

Filosofici, Napoli, Italia

Presentazione Nell’attuale momento di revisione dei paradigmi di riferimento nelle scienze mediche biologiche risulta di fondamentale importanza una riflessione sul ruolo delle medicine non convenzionali e del loro apporto dialettico al recupero della centralità della persona umana. Attualmente la reificazione dell’uomo avvilisce la dimensione intersoggettiva della cura e, avvalendosi di un’artata fiducia nei confronti dei progressi delle tecnologie diagnostico-terapeutiche finisce con il sacrificare il rapporto medico-paziente. Le medicine non convenzionali, oggi al centro di un grande dibattito a livello europeo, finiscono col recuperare la vera dimensione umana della cura, ponendo in secondo piano le esasperazioni del riduzionismo meccanicista che ha finito col pervadere le scienze medico-biologiche. Tuttavia la medicina, più che una scienza in senso stretto, risulta avere una valenza culturale di grande ampiezza interdisciplinare e oggi la revisione dei suoi paradigmi di riferimento passa attraverso un’analisi della valenza delle medicine non convenzionali, epurata di pregiudizi e false credenze. In questa ottica si inserisce il lavoro edito dal prof. Goffredo Sciaudone, Ordinario di Medicina Legale della Seconda Università degli Studi di Napoli e direttore della Seconda Scuola di Specializzazione in Medicina Legale e delle Assicurazioni e dal prof. Paolo Marotta, docente straordinario di Storia della Medicina presso l’I.R.F.E.S.T. dell’Université Louis Pasteur di Strasburgo e Vice Presidente del Comitato Etico dell’Azienda Sanitaria Napoli 1. Non deve destare meraviglia il coinvolgimento della branca specialistica della medicina legale e delle assicurazioni: questa, vista l’interdisciplinarità e la vastità dei problemi affrontati e ricordata la peculiarità della medicina legale e delle assicurazioni quale branca interessata allo studio della

80 Si ringrazia la casa editrice Rosenberg & Sellier, via Andrea Doria 14, 10123 Torino, l'Istituto di Cibernetica del CNR, via Toiano 6, 80072 Arco Felice (Napoli) e il coautore per l'autorizzazione a riprodurre nel presente lavoro alcune parti dell'articolo: Paolo Marotta e Cloe Taddei-Ferretti, I principi della medicina omeopatica, in F. Allocati, C. Musio e C. Taddei-Ferretti (a cura di), Cibernetica Biologica. Atti del Seminar Club di Cibernetica Biologica dell'Istituto di Cibernetica, CNR, Arco Felice (NA), Ciclo 1991-1992, Rosenberg & Sellier, Torino 1994, pp. 332-356.

Commento [PM1]: Si ringrazia la casa editrice Rosenberg & Sellier, via Andrea Doria 14, 10123 Torino, l'Istituto di Cibernetica del CNR, via Toiano 6, 80072 Arco Felice (Napoli) e il coautore per l'autorizzazione a riprodurre nel presente lavoro alcune parti dell'articolo: Paolo Marotta e Cloe Taddei-Ferretti, I principi della medicina omeopatica, in F. Allocati, C. Musio e C. Taddei-Ferretti (a cura di), Cibernetica Biologica. Atti del Seminar Club di Cibernetica Biologica dell'Istituto di Cibernetica, CNR, Arco Felice (NA), Ciclo 1991-1992, Rosenberg & Sellier, Torino 1994, pp. 332-356.

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persona umana, psichica e fisica, nei suoi rapporti con il diritto questa, é in grado di offrire un notevole contributo affinché l’applicazione delle norme vigenti e la futura azione legislativa possano adeguarsi sempre meglio alla realtà antropologica in continuo divenire.

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Vaccinazioni e trattamento sanitario obbligatorio: considerazioni etiche.

Lombardi V., Roca F., Panico C., Affuso N., Sciaudone G., Cattedra R - Istituto

di Medicina Legale e delle Assicurazioni- Seconda Università degli Studi di

Napoli

PREMESSA Le opinioni generali che hanno accompagnato lo sviluppo storico sull’utilizzo delle vaccinazioni si sono alternate. Si è passati da una fase di iniziale perplessità legata alle innovazioni tecniche, ad una fase entusiastica relativa ai successi ottenuti, fino alla situazione odierna in cui diverse realtà nazionali hanno modificato il precedente orientamento sulle vaccinazioni obbligatorie di massa. Tale inversione di tendenza ha risollevato le problematiche relative alle vaccinazioni. In particolare riemerge prepotentemente il grave problema della obiettiva difficoltà di stabilire una chiara delimitazione tra diritti individuali e diritti collettivi, tra bene del singolo individuo e della collettività. Come si può facilmente intuire, nel caso delle vaccinazioni, i problemi giuridici e quelli etici si accavallano e si intrecciano senza, per lo meno a prima vista, riuscire a distinguere l’ambito di competenza del primo da quello del secondo. ASPETTI ETICI Per poter esprimere correttamente un giudizio etico dobbiamo prima di tutto delimitare l’ambito di competenza dell’etica che è quello di emettere pareri e non quello di entrare nel merito della stretta convenienza tecnica. Questa precisazione ci mostra come l’etica segua una metodologia diversa da quella delle altre scienze interessate al problema. Infatti l’etica esprime un giudizio sulla liceità delle azioni alla luce del primo principio: “fare il bene ed evitare il male”, ed alla luce del principio che regola ogni azione che abbia come oggetto la persona “cerca il bene della persona, di tutta la persona e di tutte le persone”. Sulla qualità dell’azione sotto il profilo tecnico (l’efficacia, il rigore scientifico, l’innocuità) l’eticista deve acoltare il parere degli esperti sia perchè dotati di scienza, sia perchè dotati di una consolidata esperienza. Sulla base di quanto sopra esposto il compito dell’eticista è quello di porsi alcune domande: - Se siano lecite le vaccinazioni; - Se sia lecito turbare con una vaccinazione non innocua un organismo che si trova in uno stato di salute ottimale, in vista del suo mantenimento futuro e non minacciato in maniera certa dall’infezione; - Se ci sia l’obbligo morale di sottoporsi alla vaccinazione; - Se l’atto vaccinale possa e/o debba essere imposto dall’autorità costituita. Non entriamo nel merito delle prime due questioni per esigenza di brevità. Per quanto riguarda il terzo quesito non vi è in sè l’obbligo di sottoporsi alle vaccinazioni, pur tuttavia l’obbligo potrebbe sussistere qualora il rischio di perdere la salute in modo grave fosse prossimo, fermo restando che i benefici devono essere superiori al rischio. L’obbligatorietà non investe solo il bene della singola persona, ma anche quello di tutte le persone per cui il rifiuto di prendersi cura di sè, non avvalendosi delle possibilità di

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prevenzione che la scienza medica offre, non è giustificabile e diventa colpevole quando da questo ne scaturisce un danno per gli altri. Per quanto riguarda l’ultimo aspetto, la competente autorità può imporre per legge una vaccinazione che risulti necessaria al bene comune e non presenti una particolare pericolosità. I doveri delle strutture pubbliche coinvolte nella giurisprudenza dell’obbligatorietà delle vaccinazioni fanno riferimento ai valori dell’etica pubblica per cui l’interesse del bene comune viene ricercato e tutelato attraverso la messa in atto di quelle norme che ne consentano la sua salvaguardia. Il non ricercare questo bene, da parte delle strutture pubbliche configura una forma di colpevolezza e quindi d’imputabilità. Anche se in apparenza può sembrare che il bene pubblico ed il bene privato siano in antagonismo, in realtà così non è in quanto il bene privato viene maggiormente tutelato proprio quando procede di pari passo con il bene comune. Resta però implicitamente inteso che laddove la vaccinazione comporti un danno personale sproporzionato al vantaggio generale l’obbligatorietà diventa illecita. BIBLIOGRAFIA 1) BARTOLOZZI G., I Vaccini, NIS, Roma 1994, pp. 11-112. 2) BJUNE G., GEDDE-DAHL T.W., Some problems related to Risk-Benefit Assessment, in Clinical Testing of Nert Vaccines, “IRB” 1(15), 1993, pp. 1-5. 3) BOMPIANI A., Vaccinazioni Obbligatorio e Facoltative. Considerazioni Etiche, “l’Igiene Moderna” Vol. XCVII, Suppl. I, aprile 1992, pp. 9-29. 4) BUIATTI F., GEDDES M., MACIOCCO G., Manuale di sanità pubblica, NIS, Roma 1981. 5) COLÒ G.P., Liceità Morale dell’uso della Vaccinazione, ”L’Igiene Moderna” Vol. XCVII, Suppl. 1, aprile 1992, pp. 42-45. 6) COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Informazione e consenzo all’atto medico (20 giugno 1995), Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, Roma 1995. 7) COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, La sperimentazione dei farmaci (17 novembre 1992), Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, Roma 1992. 8) COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA, Le vaccinazioni (22 settembre 1995), Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, Roma 1995. 9) CROVARI P., Il futuro delle vaccinazioni, “Igiene Moderna” Vol. IC, 1993, pp. 131-138. 10) FINESCHI V., Tutela della salute e diritti della persona nella definizione del trattamento sanitario obbligatorio, “Rivista Italiana di Medicina Legale”, 1990, p. 914. 11) GRASSI G., Le Vaccinazioni quale Impegno Deontologico del medico, l’Igiene Moderna, Vol. XCVII, Suppl. 1, aprile 1992, pp. 42-45. 12) GUIDA ALL’ESERCIZIO PROFESSIONALE PER I MEDICI CHIRURGHI ED ODONTOIATRI, EMS, Torino 1995. 13) LEESE D., BOSANQUET N., Immunization in the U.K. Policy Review and Future Economic Option, “Vaccine”, !0, 1992, 8, pp. 491-499. 14) LEOCATA A., Ruolo insostituibile della Famiglia nel progetto salute per il Bambino, “Difesa Sociale”, 5, 1994, pp. 153-158. 15) PORTER J.P., CLASS M.J., KOFF W.C., Ethical Consideration in AIDS Vaccine Testing, “IRB”, 11(3), 1989, pp. 1-4. 16) Reported Vaccine-Preventable Diseases, United States 1993, and the Childhood Immunization Initiative, “Morbility and Mortality Weaklv Report”, 43 1994, 4 pp. 57-60. 17) SILVESTRINI N., Obiettivi e limiti della ricerca biologica in medicina. “Dolentium hominum”, 28, 1995, 112-115.

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18) THE ITALIAN VACCINE COVERAGE SURVEJ WORKING GROUP, Childhood Vaccination Coverage in Italy. Results of a Seven Regions Survey, “Bull. Wld. Hlth. Org”, 72, 6, 1994, pp. 885-895. 19) Vaccination coverage of 2-year-old-children. United States “Morbility and Mortality Weakly Report”, 43(15) 1994, pp. 282-283.