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1 1 3 5 7 9 11 14 17 Anno VIII N° 11 (108) 31 ottobre 2006 SOMMARIO GORIZIA-GORICA Festa della cultura slovena Scoperto il busto del poeta sloveno Simon Gregor@i@ nel centenario della sua morte I DISCORSI UFFICIALI tenuti dalla dr. Lojzka Bratu¡ e da Andrea Bellavite alla cerimonia d’inaugurazione del monumento a Gregor@i@ SLAVIA FRIULANA-BENE#IJA 140 anni d’Italia, 40 anni di Dom I 40 anni del periodico fondato dai sacerdoti sloveni UDINE-VIDEM Gli 80 anni de «la Vita Cattolica» È intervenuto il presidente del Senato, Franco Marini UDINE-VIDEM Le minoranze a 25 anni dalla risoluzione Arfé Nel corso del convegno sono intervenuti anche rappresentanti della minoranza slovena CIVIDALE-#EDAD Rilanciare la cultura slovena Incontro con i consiglieri regionali sloveni organizzato da Skgz e Sso SLOVENIA Riconoscimento al circolo culturale Ivan Trinko Il presidente della Slovenia, Drnovœek, gli ha attribuito l’Ordine d’oro al merito L’INTERVISTA Un’opportunità per conoscere il teatro A colloquio con Maja Lapornik, coordinatrice del progetto Studio Art STORIA Mussolini smentisce la Lega Slava A proposito di slavi e sloveni ISSN 1826-6371

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Anno VIII N° 11 (108) 31 ottobre 2006

SOMMARIO

GORIZIA-GORICAFesta della cultura slovenaScoperto il busto del poeta sloveno Simon Gregor@i@nel centenario della sua morte

I DISCORSI UFFICIALItenuti dalla dr. Lojzka Bratu¡ e da Andrea Bellavite allacerimonia d’inaugurazione del monumento a Gregor@i@

SLAVIA FRIULANA-BENE#IJA140 anni d’Italia, 40 anni di DomI 40 anni del periodico fondato dai sacerdoti sloveni

UDINE-VIDEMGli 80 anni de «la Vita Cattolica» È intervenuto il presidente del Senato, Franco Marini

UDINE-VIDEMLe minoranze a 25 anni dalla risoluzione ArféNel corso del convegno sono intervenutianche rappresentanti della minoranza slovena

CIVIDALE-#EDADRilanciare la cultura slovenaIncontro con i consiglieri regionali sloveniorganizzato da Skgz e Sso

SLOVENIARiconoscimento al circolo culturale Ivan TrinkoIl presidente della Slovenia, Drnovœek, gli haattribuito l’Ordine d’oro al merito

L’INTERVISTAUn’opportunità per conoscere il teatroA colloquio con Maja Lapornik,coordinatrice del progetto Studio Art

STORIAMussolini smentisce la Lega SlavaA proposito di slavi e sloveni

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SLOVIT N° 11 del 31/10/06 pag. 1

Si è avverato il sogno della comunità slovena di Gorizia.Nei Giardini pubblici di Gorizia, tra le vie Dante ePetrarca, laddove già da tempo sono stati eretti i busti

di alcune personalità goriziane, ha finalmente trovato postoanche quello del celebre poeta sloveno, Simon Gregor@i@,inaugurato sabato 21 ottobre. L’evento è stato realizzatodalla consulta slovena presso il comune di Gorizia in col-laborazione con le due organizzazioni slovene più rap-presentative, la Confederazione delle organizzazioni slo-vene-Sso e l’Unione culturale economica slovena-Skgz,l’Unione culturale cattolica slovena-Zskp, l’Unione dei cir-coli culturali sloveni-Zskd, il Centro culturale Lojze Bratu¡e il Kulturni dom di Gorizia. Il busto di bronzo, che ritraeGregor@i@ da giovane, è opera dell’artista di Gorizia, SilvanBev@ar e poggia su una base di marmo bianco sulla qualesono impressi versi significativi del poeta. La numerosa partecipazione di pubblico all’inaugurazionedell’opera testimonia quanto la poesia di Gregor@i@ siaancora fortemente radicata nella nostra realtà territoriale.Molte le autorità presenti, tra gli altri il sottosegretario MiloœBudin, il vicepresidente del parlamento sloveno, VasjaKlavora, il sottosegretario sloveno, Silvester Gabrœ@ek, l’as-sessore regionale alla Cultura, Roberto Antonaz, il consi-gliere regionale sloveno, Mirko Œpacapan, il console gene-rale sloveno a Trieste, Jo¡e Œuœmelj, il presidente delConsiglio provinciale di Gorizia, Alessandro Fabbro, gliassessori provinciali Mara #ernic e Marko Marin@i@, gliassessori comunali Claudio Cressati e Silvester Primo¡i@,il sindaco di Nova Gorica, Mirko Brulc, il prefetto RobertoDe Lorenzo, il questore Emilio Ruocco, i presidenti di Ssoe Skgz, Drago Œtoka e Rudi Pavœi@ e lo scrittore slovenodi Trieste, Boris Pahor. Quale simbolo della partecipazio-ne di tutto il popolo sloveno all’evento, il ministero allaCultura della Repubblica slovena e il Congresso mondia-le sloveno hanno reso omaggio al poeta con una coronafasciata dal tricolore.Dopo l’esibizione della banda Kras di Doberdò del Lago,diretta da Patrick Quaggiato, e la recita, in lingua italianae slovena, di poesie di Gregor@i@ ad opera di Jan Leopolie di Barbara Rustja, nel suo intervento introduttivo il pre-sidente della Consulta comunale, Igor Komel, ha sottoli-neato l’impegno della stessa nel promuovere la conviven-za e il dialogo tra le comunità che risiedono a Gorizia. L’idea di erigere un busto in memoria di Gregor@i@ è nata40 anni fa ma solo negli ultimi due anni si è proceduto, susollecitazione di Toma¡ Pavœi@ da Idrija, alla sua realiz-zazione concreta. (…)A nome del sindaco di Gorizia, Vittorio Brancati, assenteper malattia, è intervenuto in italiano, sloveno e friulano l’as-sessore comunale, Cressati : «Questa è la festa della cul-tura, della cultura slovena, della cultura di Gorizia e di tuttoil nostro territorio», ha esordito. Ha poi sottolineato comeil secolo precedente sia stato attraversato da conflitti nazio-nali ed ideologici, nemici del progresso sociale ed econo-mico. Da qui, l’impegno odierno dell’Europa a costruire unfuturo comune che scaturisce dal riconoscimento della suaveste multiculturale. L’omaggio a Gregor@i@, ha concluso

Cressati, è quindi motivo di gioia per tutti i cittadini di Gorizia,qualsiasi sia la loro appartenenza linguistica. L’assessore regionale Antonaz ha definito «ottuse e anti-storiche» le polemiche sollevate sull’iniziativa, avendo lanostra regione uno statuto speciale proprio per la sua seco-lare specificità multiculturale e plurilinguistica. Antonaz hapoi aggiunto che il cittadino goriziano di lingua slovena hamaggiori possibilità lavorative di quello di Ljubljana, in ugualmodo il cittadino italiano di Gorizia rispetto ad un suo con-nazionale. Dal confronto, infatti, nasce un arricchimento reci-proco. «E come potremmo negarlo? Noi che viviamo nelcuore dell’Europa, dobbiamo pensare con spirito europeo!».Antonaz ha, infine, fatto riferimento all’impegno profuso dallaregione per fare sì che il Trgovski dom diventi, quanto prima,la casa delle culture goriziane,È arrivato poi il momento più atteso, accompagnato da unlungo ed intenso applauso: la scopertura del busto da partedel pronipote del poeta, il sindaco di Kobarid (Caporetto),Pavel Gregor@i@. Alla benedizione del monumento da partedel vicario episcopale per i fedeli sloveni dell’arcidiocesi diGorizia, mons. Oskar Sim@i@, sono seguiti i discorsi uffi-ciali (che pubblichiamo qui di seguito, ndt.) della prof. LojzkaBratu¡ e del direttore del settimanale diocesano VoceIsontina, Andrea Bellavite. L’inaugurazione è proseguita con la recita e il canto di com-posizioni di Gregor@i@: si è, quindi, esibito, tra gli altri, uncoro misto di 250 coristi che, sotto la direzione di HilarijLavren@i@ e con il soprano di Sant’Andrea-Standre¡,Alessandra Schettino ha interpretato il canto patriottico«Znamenje».D’ora in poi sarà ancora più gradito passeggiare per il Parcodi Gorizia e ci auguriamo che il monumento serva a ricor-dare e a sottolineare il carattere multiculturale di Gorizianonché quanto sia viva e vitale la comunità slovena. Unacaratteristica questa che gli sloveni continueranno a colti-vare finchè sopravviverà nella loro coscienza l’insegna-mento del poeta sloveno Simon Gregor@i@.

Danijel Devetak(Novi glas, 26. 10. 2006)

I DISCORSI UFFICIALI

Pubblichiamo qui di seguito la versione integrale, in linguaitaliana, dei discorsi ufficiali tenuti, nel corso della cerimo -nia di inaugurazione del monumento al poeta SimonGregor@i@, dalla dr. Lojzka Bratu¡ e dal direttore del setti -manale diocesano di Gorizia Voce Isontina, AndreaBellavite.

Lojzka Bratu¡: le lingue sono una ricchezza inestimabileCent’anni fa morì a Gorizia Simon Gregor@i@ (1844 -1906),sacerdote e poeta, la cui vita è strettamente legata allanostra città. Da Vrsno, suo paese natio tra le amate mon-tagne dell'Alto Isonzo, venne a Gorizia per intraprenderegli studi ginnasiali e quelli teologici. Ordinato sacerdote, ini-

Scoperto il busto del poeta sloveno Simon Gregor@i@ nel centenario della sua morte G O R I Z I A - G O R I C A

Festa della cultura slovenaNegli interventi sottolineata l’eredità spirituale del poeta e sacerdote sloveno

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ziò l'attività pastorale a Kobarid (Caporetto), da dove dopoalcuni anni venne trasferito nella Valle del Vipacco, dap-prima a Rihemberk (oggi Branik) e in seguito a Gradiœ@e.Durante la permanenza in queste località si recò di fre-quente nel capoluogo isontino, sia per incontrare alcuniamici, come ad esempio lo scrittore Fran Erjavec e msgr.Fran@iœek B. Sedej, che per poter seguire da vicino la vitaculturale della comunità slovena. Risalgono a quel perio-do gli incontri con gli amici residenti in località più lonta-ne, quali ad esempio il sacerdote Ivan Vrhovnik, il poetaAnton Aœkerc, il famoso parroco alpinista Jakob Alja¡ e tantialtri, con i quali Gregor@i@ intrattenne pure una fitta corri-spondenza. Tra i suoi corrispondenti figura Ivan Trinko, per-sonalità di spicco della Benecia. Negli ultimi tre anni di vitail poeta visse stabilmente a Gorizia, in una casa situata sul-l'odierno Piazzale Medaglie d’oro. Sul luogo in cui sorge-va, si trova oggi un imponente cedro. Gli anni trascorsi daGregor@i@ a Gorizia, la sua morte e i solenni funerali ven-nero descritti da alcuni suoi contemporanei. Tra due ali difolla commossa il 26 novembre del 1906 la folla giunse nellachiesa di S. Ignazio. Dopo la cerimonia funebre un corteointerminabile percorse l'odierna Via Carducci avviandosiverso Solkan, dove un'altra folla attendeva il feretro. E cosìdi seguito lungo la Valle dell'Isonzo fino alla chiesetta diSan Lorenzo, sul colle sovrastante il fiume, dove il poetafu sepolto, come aveva sempre desiderato.Simon Gregor@i@ è una delle figure di maggior rilievo tra ipoeti sloveni dell’Ottocento e, per la rara musicalità dellasua poesia, occupa un posto del tutto particolare. La suaproduzione poetica va dalle composizioni giovanili Iskricedomorodne (Faville patriottiche) ai grandi testi quale l’odeSo@i (All’Isonzo), inno alle bellezze del fiume con la visio-ne profetica – probabilmente unica nella poesia europea– degli orrori del primo conflitto mondiale, l’allora assaidiscussa confessione filosofico-religiosa #loveka nikar!(L’uomo, giammai!), il canto Oljki (All’ulivo) nelle cui imma-gini solenni il concetto della pace e della riconciliazione tragli uomini si unisce alla speranza nella salvezza estrema,fino alle sentite Predsmrtnice (Vigilie di morte). Il vigore dellasua poesia, dai mezzi espressivi basati sia sui canti popo-lari che su una sensibilità letteraria originale e irripetibile,sta innanzitutto nella capacità introspettiva del poeta e, diconseguenza, nell’esposizione schietta e sincera dei suoipensieri e sentimenti. Tutto ciò valse a Gregor@i@ l’appel-lativo di «goriœki slav@ek» (l’usignolo di Gorizia). La sua poe-sia si diffuse tra gli strati più vasti della popolazione slo-vena, nella cui coscienza continua a vivere ancora oggi.Questo monumento situato sul suolo pubblico, nel centrocittadino, è finora l’unico ad essere stato eretto, in colla-borazione con l’amministrazione comunale, in memoria diuna personalità slovena.Il monumento dedicato a Gregor@i@ rende onore a Goriziaalla pari dei monumenti a personalità italiane e friulane,esposti in questo parco. Sono tutti testimoni della realtà mul-tietnica del territorio in cui viviamo. La varietà di popoli, lin-gue e culture costituisce, infatti, una ricchezza inestima-bile, che va riconosciuta ed apprezzata. Possa il messag-gio di questa solenne giornata rappresentare un incorag-giamento ed un invito a proseguire sulla via del rispetto reci-proco. È questo un sincero augurio che rivolgiamo a noistessi e alle generazioni future.

Andrea Bellavite: Gregor@i@ uomo, poeta, credente, preteNon è certo questo il momento di tracciare ampie linee bio-grafiche o di sottolineare le caratteristiche principali dellapoetica di Simon Gregor@i@: del resto anche il lettore ita-

liano può facilmente avvicinarsi ai suoi «Canti» attraversole numerose traduzioni delle sue opere. Ci basti ricordareil difficile periodo storico tra la data della sua nascita – il1844 – e quella della sua morte, esattamente 100 anni fa– il 1906, per riconoscere al suo disegno artistico un affla-to che a volte si è incarnato in una vera e propria prospettivaprofetica: in quella che forse è considerata l’ode più famo-sa, «So@i» (All’Isonzo), 35 anni prima dello scoppio dellaPrima guerra mondiale, scriverà «Su te, misero, si adden-sa un tremendo uragano, una bufera immensa, dal caldomeridione infuriando verrà e strage recherà alla pianuraferace che la tua corrente disseta»: parole che richiama-no l’ansia dell’uomo di pace davanti alla tempesta immi-nente, il valore poetico attribuito ad un fiume la cui straor-dinaria bellezza contrasta inevitabilmente con il colore ditanto sangue versato, la preoccupazione forse più del«padre» che del «pastore d’anime» che vede i suoi figliminacciati da terribili prove.In questo contesto mi piace sottolineare quattro aspetti dellasua complessa personalità.Simon Gregor@i@, grande uomo: ha saputo interpretare lapropria esistenza come un dono ai propri fratelli, soprat-tutto a quegli abitanti delle valli intorno all’Isonzo che vive-vano in condizioni di grande povertà; con umiltà e decisionese ne è fatto cantore, realizzando ante litteram il compitoche ognuno di noi dovrebbe prefiggersi, quello di dare vocea chi non ha voce. È stato «figlio», ma anche appunto«padre» del suo popolo, consapevole della ricchezza dellasua cultura slovena, della bellezza della propria lingua dalui portata all’emozione della lirica, della forza di un’iden-tità secolare.Simon Gregor@i@, profondo poeta: cantore degli umili, por-tavoce dei diseredati, non può che essere malinconico testi-mone del desiderio che alberga nel cuore di ogni essereumano, quel desiderio di infinito così contrastante con ilmistero dell’estrema fragilità della condizione umana. Nonsi tratta di pessimismo ma di quella caratteristica che acco-muna tutti i grandi artisti e che Romano Guardini chiama-va la «malinconia». I suoi versi superano le contingenzestoriche e parlano dei sentimenti immutabili ed incancel-labili del fondo dell’anima, al punto che ancor oggi è unodei più amati rappresentanti della letteratura slovena, sem-pre più conosciuto ed apprezzato anche nel resto d’Europa.Simon Gregor@i@, autentico credente: intriso di intensosenso religioso, il nostro poeta dona la sua voce anche allanatura, riconoscendo in essa la presenza del divino. La fedenon si configura certo in lui come una tranquilla acquisi-zione, quanto come una conquista da rinnovare giorno dopogiorno, dentro l’orizzonte di quell’inquietudine esistenzia-le che accompagna ogni pellegrino dell’assoluto. Nelle suepoesie e nell’esperienza della sua vita si intrecciano la con-templazione sublime delle sue montagne e la cruda rap-presentazione della realtà quotidiana, in un unico slancioverso la descrizione della maestà della vita. Simon Gregor@i@, degno sacerdote: uomo di Dio – in unnon sempre pacifico ma sempre intenso colloquio con il tra-scendente; uomo al servizio dei fratelli – in un impegno atti-vissimo, mosso da un amore ardente per le persone a luiaffidate e per tutto il suo popolo, rappresentante eminen-te di quel ministero sacerdotale sanamente patriottico, cosìintensamente proiettato nella salvaguardia della cultura,della lingua, dei valori morali e religiosi costitutivi del popo-lo sloveno.Nel suo cercare un segno della bellezza di Dio dentro lapalese contraddizione della miseria umana; nel suo rima-nere fedele agli impegni ministeriali, pur sentendo troppo

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Centoquarant’anni di appartenenza allo Stato italiano deglisloveni della provincia di Udine, quarant’anni di presenzadel nostro giornale Dom in Benecia: due anniversari chemeritano una particolare sottolineatura e una lettura«sapienziale» per cogliere il significato di questi due avve-nimenti, che in qualche modo si richiamano tra di loro, noncerto per la portata storica, ma per i collegamenti e gli inse-gnamenti che vi si possono cogliere.A cento anni di distanza dal plebiscito, che sancì il pas-saggio del Veneto e del Friuli al Regno d’Italia, i sacerdo-ti sloveni delle Valli del Natisone sentirono la necessità diinstaurare un collegamento con la loro gente presente nelleValli e nella diaspora, che in quegli anni aveva raggiuntol’apice della sua consistenza in Europa, nelle Americhe ein Oceania.Fondarono un bollettino interparrocchiale cui diedero nome«Dom», parola che, come si legge nell’editoriale del primonumero, uscito per il Natale del 1966, per gli sloveni nonsignifica solo la casa come edificio, ma anche «la famiglia,i genitori, la moglie, i figli, il paese, la propria lingua, i canti,le tradizioni, la chiesa, la propria terra, il luogo natio, in unaparola tutto quello che le persone hanno di più caro. Domnon è una parola vuota, è la nostra vita».

Le finalità del giornaleGià dalla testata, quindi, i sacerdoti davano contenutoprofondo alla loro iniziativa: «Dom» inteso come radice eprospettiva di vita, come fondamento di una comunità chesi riconosce in una fede, in una lingua, in un territorio, invalori umani collaudati dalle prove della storia. Dom noncome sentimento, nostalgia dell’emigrante lontano, rim-pianto per i bei tempi passati, ma come concezione antro-pologica da tenere salda e da difendere di fronte all’emi-grazione verso l’estero, che in quelle preoccupanti dimen-sioni creava una situazione inedita e di difficile gestione,e ai segnali evidenti di una «emigrazione» culturale, pro-vocata da alcuni nuovi fenomeni sociali, verso lidi dove veni-vano messi in discussione sia i valori umani e cristiani chequelli legati alla lingua, alla cultura e alle tradizioni depo-sitate da secoli nella comunità slovena.Dom, un nome sloveno per un giornale scritto in sloveno,e nelle sue varianti dialettali, perché, si legge sempre nel-

l’editoriale del primo numero, «è la lingua che parliamo nellenostre famiglie, perché è la nostra lingua materna. È lanostra lingua locale, che ci è stata data da Dio, che è par-lata da tanti e tanti anni dai nostri antenati. Desideriamoche si conservi anche per il futuro e la parlino i nostri figlie i figli dei nostri figli. La lingua materna è un grande donofatto da Dio alle persone».La lingua, dunque, non come semplice mezzo di comuni-cazione, ma come valore culturale e religioso della personae della comunità che, continuando a usarla, stabilisconouna solidarietà particolare sia all’interno del gruppo che conle generazioni passate e future.Si tratta di una visione difficilmente riscontrabile in altresocietà con vicende storiche «normali», che può esserespiegata solo come il risultato di un sofferto processo diaffermazione della propria identità e diversità sviluppato-si in un contesto ostile e di programmata assimilazione, nelquale la lingua slovena e quanto ad essa legato – canti,preghiere, catechismo, predicazione, liturgia – rappresen-tava la più alta espressione identitaria. Ed era questo il moti-vo per cui da una parte era profondamente amata, dall’altrafortemente combattuta.

Il proclama del Giornale di UdineLa lotta contro la lingua slovena iniziò esattamentecent’anni prima della fondazione del Dom, con quell’arti-colo del «Giornale di Udine», datato 22 novembre 1866,in cui, sotto il titolo «Gli Slavi in Italia», fu lucidamente deli-neato il programma di assimilazione degli sloveni della pro-vincia di Udine: «Questi Slavi bisogna eliminarli, ma colbenefizio, col progresso e colla civiltà». Ma, precisava subi-to il giornale, «non faremo nessuna violenza; ma adope-reremo la lingua e la coltura di una civiltà prevalente qualeè l’italiana per italianizzare gli Slavi in Italia, useremo spe-ciali premure per migliorare le loro sorti economiche e socia-li, per educarli, per attirarli a questa civiltà italiana, che devebrillare ai confini, tra quelli stessi che sono piuttosto ospi-ti nostri».È da ricordare che il «Giornale di Udine», che aveva ini-ziato le pubblicazioni il 1° settembre 1866, non era un sem-plice giornale di opinione. Era sostenuto politicamente dalloscienziato e statista Quintino Sella, nominato commissa-

I 40 anni del periodico fondato dai sacerdoti sloveni SLAVIA FRIULANA-BENE#IJA

140 d’Italia, 40 anni di DomNel 1966, a cent’anni dal proclama del Giornale di Udine, un forte no all’assimilazione

stretto il vincolo di appartenenza ad un’istituzione eccle-siale non sempre all’altezza degli spazi eterni ed eterei dellapoesia; proprio in questa sua originale posizione è statoprete autentico, forte, coraggioso, mai domo.Questi e molti altri motivi mi portano in conclusione ad unospeciale plauso all’iniziativa di collocare in questo luogo ilbusto artistico di Simon Gregor@i@: proprio in questi«Giardini», inquadrati fra le vie che ricordano i grandi dellaletteratura italiana; a pochi passi dal quartiere ebraico cheha visto crescere alcuni fra i gioielli dell’ebraismo gorizia-no, campioni della glottologia e della filosofia; in vista delparco di Villa Coronini che conserva la casa dove è natol’austroungarico indimenticabile cantore delle nostre mon-

tagne; accanto al busto di uno dei più prestigiosi rappre-sentanti della cultura friulana…Ecco, in pochi passi tanti nomi che soltanto chi abita nelterritorio goriziano (per intendersi dal punto di vista geo-grafico, quello che apparteneva all’antica e gloriosaArcidiocesi di Gorizia), ha il privilegio di poter chiamare «pro-pri»: «nostro Julius Kugy», «nestri Carlo Michaelstaedter»,«unsere Pietro Zorutti», «naœ Dante Alighieri», «nostroSimon Gregor@i@»… Ecco un grande motivo - anche daparte di un mezzo veronese e mezzo toscano trapiantatoda bimbo in questa terra - di fronte a questo nuovo bustoper ringraziare Dio perché ci ha donato il santo orgoglio dichiamarci e di essere goriziani, goricani, gurissans....

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rio del re per la provincia di Udine, che aveva dato al gior-nale l’incarico di pubblicare gli atti amministrativi e giudi-ziari della provincia di Udine. Direttore era il giornalista epolitico friulano Pacifico Valussi, che già all’indomani dellaproclamazione dell’unità d’Italia aveva illustrato le ragionistoriche, militari, etnologiche ed economiche per cui le AlpiGiulie dovevano rappresentare il confine dell’Italia. Questatesi era sostenuta anche da un altro friulano, il nobileFrancesco Prospero Antonini, che nel suo «Il Friuli orien-tale» sottolineava che gli italiano non avrebbero potuto maiprovvedere ad una valida difesa del territorio «veneto»,accettando i confini del regno sull’Isonzo.Il «problema sloveno» non veniva preso in considerazio-ne come fatto culturale, ma con una logica discriminatoriasimile a quella che veniva usata nei confronti dei ceti socia-li più poveri, deboli ed emarginati: se di loro bisognava inte-ressarsi, era solo per eliminare le cause del loro stato diindigenza. Cioè per «redimere» dal loro stato di inferioritàgli sloveni, si doveva eliminare la causa del loro stato: lalingua slovena. E da allora questo è stato fatto, usando tuttii mezzi.

Il Plebiscito per l’ItaliaLa retorica sull’adesione plebiscitaria all’Italia da parte ditutti gli abitanti della Slavia, eccetto uno, risulta del tuttofuori luogo per due motivi.Il primo è di ordine storico - politico. Gli sloveni delle Vallidel Natisone «tifavano» per il Regno Sabaudo perché inesso vedevano la Repubblica di Venezia, che per 377 anniaveva governato saggiamente i fedelissimi «schiavoni»,lasciando loro autonomia amministrativa e giudiziaria e nonintromettendosi nelle loro questioni interne, tantomeno inquelle linguistiche, come del resto aveva fatto con gli altripopoli lungo le sponde dell’Adriatico, dello Ionio edell’Egeo.Per questo nel 1848, con a capo i sacerdoti locali e i pochiintellettuali della zona, avevano partecipato ai moti del 1848ed avevano tentato di impedire ad un distaccamento mili-tare austriaco, bloccandolo sul Monte San Martino, di rag-giungere Udine per reprimere l’insurrezione.L’Austria non aveva voluto ripristinare le vecchie autono-mie ed aveva mantenuto i nuovi ordinamenti francesi, percui nel 1850 i sindaci del «Distretto di San Pietro degli Slavi»inviarono al luogotenente del Regno Lombardo – Veneto,conte Radetzky, un «ricorso» nel quale chiedevano duecose: una «giudicatura propria e locale di prima istanza»e «impiegati e adetti alla medesima che conoscano, oltrel’Italiano, la lingua Slava». Autonomia giudiziaria, quindi,e uso della lingua locale nell’amministrazione della giusti-zia, come ai tempi della Repubblica di Venezia. L’Austriafece orecchi da mercante, da qui l’adesione unanime deivotanti della Slavia al giovane Regno italiano.Il secondo motivo, per ridimensionare la retorica sull’ade-sione totalitaria degli sloveni all’Italia, va ricercato nei nume-ri e nelle modalità del plebiscito. Nei sette comuni delle Vallidel Natisone votarono sì 3867 persone, su circa 14 milaabitanti. Meno di un quarto, perché potevano partecipareal voto solo i maschi e con un certo censo. Curiosa anchela modalità della votazione che avveniva palesemente inun clima di festa e musica. «Plebiscito a suon di remoni-ca a San Pietro e a San Leonardo in località Nanarbie –scrisse nel suo taccuino il vicario di San Leonardo, donAntonio Banchig –. I suonatori di remonica ogni sera pertutto l’anno passavano per le borgate suonando e gridan-do: Viva Vittorio Emanuele re d’Italia con Roma capitale».È da ricordare, infine, che il plebiscito fu del tutto inutile ai

fini del passaggio della Slavia e di tutto il Veneto all’Italia:la decisione venne presa a Vienna dove già il 3 ottobre fufirmato il trattato di pace.

L’anticlericalismo italianoIl Regno d’Italia, arrivato in Friuli nel 1866, non era amman-tato solo da un radicale nazionalismo, frutto di una con-cezione dello stato di stampo giacobino, che consideravale minoranze linguistiche come corpo estraneo da assor-bire dal momento che espellerlo avrebbe comportato peri-colose reazioni interne e internazionali. La nuova forma-zione statale era pervasa anche da un feroce anticlerica-lismo che vedeva nella Chiesa e nel clero il maggiore osta-colo al compimento del disegno dell’unificazione dell’Italiacon Roma capitale. Lo Stato pontificio, già sostanzialmenteridimensionato con la perdita di alcune regioni a favore delRegno Sabaudo nel 1860, possedeva Roma con il Lazioe resisteva alle minacce politiche e militari sotto il pontifi-cato di Pio IX sostenuto da tutta la la Chiesa italiana e uni-versale.La micidiale combinazione tra nazionalismo e anticlerica-lismo si riversò, nei decenni successivi, sulla Slavia Friulanaprovocando un dissesto culturale e sociale, cui i sacer-doti sloveni si opposero con tutte le forze. Durante il fasci-smo furono messi a tacere e minacciati di confino; nel 1933,con un intervento che violava il concordato appena firma-to, Mussolini proibì loro di predicare, spiegare il catechi-smo, usare canti e preghiere nella locale lingua slovenasecondo una millenaria tradizione. Dopo la seconda guer-ra mondiale, con fatica ripristinarono in alcune parrocchielo sloveno e nel 1966 fondarono il periodico Dom, un mezzodi informazione e formazione religiosa e culturale nel solcodi una tradizione anche scritta in lingua slovena, a comin-ciare dai catechismi per arrivare al Trinkov koledar, il cuiprimo numero fu stampato nel 1953, in occasione del 90°compleanno del poeta di Tercimonte.Ma torniamo ai fatti del 1866 in Friuli e nella Slavia.L’impatto dell’amministrazione italiana con la realtà del Friulinon fu idilliaco e già nei primi mesi prevalsero tra la popo-lazione ed il clero la prudenza e l’ostilità di fronte al nuovoapparato politico che non nascondeva il suo anticlericali-smo. L’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Casasola(1863–1884), come scrisse Quintino Sella, commissario delre per la provincia di Udine, tenne un contegno «sprez-zante», mentre «tutti gli altri vescovi del Veneto fecero agara nell’aderire al nuovo governo». Di fronte a questoatteggiamento lo stesso Sella comunicò al presidente delConsiglio, Bettino Ricasoli, l’intenzione di confinare aCagliari l’arcivescovo Casasola.L’atteggiamento dell’arcivescovo e della maggioranza delclero e dei cattolici del Friuli nei confronti della nuova ammi-nistrazione italiana era giustificata dai provvedimenti chele autorità avevano adottato negli anni e nei mesi prece-denti.Il 17 maggio 1866, con la firma di Vittorio Emanuele II, entròin vigore la legge Crispi, che accordava al governo del Rela facoltà di assegnare il domicilio coatto agli oziosi, ai vaga-bondi, ai camorristi e a tutte le persone indiziate di volerrestaurare l’antico ordine di cose, o nuocere in qualunquemodo all’unità d’Italia. Giustamente la legge fu chiamata«del sospetto», perché chiunque poteva essere oggettodelle sanzioni previste in base ad una semplice denunciaverbale di agire contro l’unità dello Stato. Appena le leggefu sancita, nei territori già facenti parte del Regno d’Italia,il governo senza alcuna forma di processo mise in carce-re e cacciò in esilio alcuni sacerdoti e vescovi italiani.

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al Natisone (fino al 1867 San Pietro degli Slavi) l’istitutomagistrale «allo scopo di preparare le giovanette slovene,desiderose di avviarsi alla carriera dell’insegnamento ele-mentare».I risultati in questo campo furono insignificanti, vuoi per lamancanza di mezzi adeguati vuoi perché il dialetto slove-no era usato nelle famiglie, in chiesa, nel paese e in tuttele manifestazioni che non avevano carattere di ufficialità.Nel 1895, dopo 19 anni di presenza italiana nella Slavia,Francesco Musoni è costretto a riconoscere che l’istruzione«come viene impartita, non raggiunge lo scopo che si pro-pone: lo scopo cioè di far apprendere la lingua italiana».

G. M.(Dom, 15. - 31. 10. 2006)

UDINE-VIDEM

Gli 80 anni de «la Vita Cattolica»

È intervenuto il presidente del senato, Franco Marini

«L’esempio di dignità e di civiltà che viene dalla vostra terraè un paradigma straordinario di coesione sociale e di armo-nia culturale. Una coesione e un’armonia che si sono svi-luppate all’interno della vostra stessa Regione, tra mino-ranze e comunità etniche diverse, tra lingue e tradizionipeculiari». È questo uno dei passaggi più significativi deldiscorso che il presidente del Senato, Franco Marini, hapronunciato nel corso della celebrazione dell’ottantesimoanniversario di attività del settimanale diocesano «la VitaCattolica», che ha avuto luogo lo scorso 13 ottobre, nel cen-tro Paolino di Aquileia di Udine, in una cornice di festa edi sentita condivisione del messaggio che il giornale ha dif-fuso accompagnando, passo dopo passo, la storia del Friuliin questi decenni. Alla festa – a fare gli onori di casa è statoil direttore Ezio Gosgnach – hanno partecipato numeroseaurorità, tra le quali senatori e deputati friulani, assessorie consiglieri regionali, vicari foranei, numerosi sacerdoti,collaboratori e diffusori del giornale.«La comunità friulana – ha ricordato il presidente del Senato– ha attraversato il Novecento affrontando problemiprofondi e gravi. L’emigrazione anzitutto, verso le Americhe,e con diverse ondate. Quasi tutti questi italiani che parti-vano spesso conoscevano solo le loro lingue locali, e soloattraverso di queste, comunicavano tra di loro». Marini hapoi ricordato gli anni del secondo conflitto mondiale e dellaguerra fredda, il disastroso terremoto del 1976 e l’opera diricostruzione che rimane una lezione morale e civile chela comunità friulana seppe dare e che rimane, ancora oggi,scolpita nella coscienza di tutti gli italiani.«Il vostro giornale, animato da cattolici, ma offerto e lettoda tutta la comunità, – ha sottolineato Marini – è stato unvero strumento di crescita civile e democratica. Una testi-monianza concreta e forte di come una profonda ispirazionereligiosa e morale possa innervare e alimentare di nuovalinfa la vita sociale, la stessa crescita della democrazia civi-le e politica».L’arcivescovo, mons. Brollo, è andato alla radice del mes-saggio del settimanale diocesano: «la Vita Cattolica – hasottolineato – ha un solo proprietario: il Vangelo, per que-sto è stata e continua ad essere un giornale per la gentee della gente, mantenendo lo stile del clero friulano».L’arcivescovo ha evidenziato come il settimanale diocesanonon si sia interessato solo della vita della Chiesa, ma di

Nel mese di giugno del 1866 venne approvata la legge chestabiliva la soppressione delle congregazioni religiose e chele «case e gli stabilimenti appartenenti agli ordini, alle con-gregazioni, alle corporazioni» siano incamerati dallo Stato.Il giornale «L’osservatore cattolico» di Milano scrisse chequella legge «era stata giurata nelle congreghe dei fra-massoni. In quel giorno Crispi gridava: “Il cattolicesimo hafatto il suo tempo”» e mentre i deputati votavano la legge,il parlamento «non pareva un’aula di legislatori. Gli spro-positi, i nonsensi, le contraddizioni, le bestemmie scop-piavano, s’incrociavano, cadevano da tutte le parti».Da questo clima di ostilità verso la Chiesa si comprendeperché non c’era nessun motivo per la Chiesa udinese didesiderare l’Italia liberale, anche se negli anni dopoVillafranca anche in Austria iniziano riforme dello stessosegno politico, nonché dello stesso intento liberalizzatore.Quanto fossero stati fondati i timori per l’arrivo delle nuoveautorità italiane, fu dimostrato da una serie di provvedimentia scapito delle istituzioni ecclesiastiche: furono requisitechiese e conventi, i cappuccini di Udine furono costretti ariscattare il loro convento con i frutti di una colletta. Lo stes-so san Luigi Scrosoppi, della congregazione dei filippini, ilbenefattore delle «derelitte» e dei poveri, fu fatto oggettodi angherie, la sua chiesa e la residenza dei padri furonorequisite, mentre la comunità dei gesuiti, ospite dei filippi-ni e retta da p. Antonio Banchig da Tarcetta, prese la stra-da dell’esilio e trovò rifugio a Gorizia. L’insulto più in vogacontro i preti e i cattolici era: papista, gesuita, filippino!

Il clero slovenoLo stesso arcivescovo mons. Casasola subì un’aggressioneil 15 marzo 1867, «quando una folla inferocita – come scris-se il giornale cattolico “Il cittadino italiano” (18-19. 5. 1881)– invase e mise a soqquadro il palazzo arcivescovile. Chidisse che si voleva uccidere l’arcivescovo, altri che lo sivoleva far fuggire. Fatto è che dal quel giorno e fino al 25marzo dell’anno successivo mons. Casasola rimase chiu-so in palazzo, prigioniero volontario, in segno di protesta.Ne uscì per recarsi a Torino al matrimonio del principe ere-ditario Umberto con Margherita, svoltosi il 22 aprile 1868.Rientrato a Udine, gli fu comunicata la nomina a grand’uf-ficiale della Corona d’Italia, onorificenza che, a quei tempi,s’accordava ben raramente e per meriti insigni». Ma mons.Casasola gentilmente ringraziando pregò […] per doveridi coscienza, di essere sollevato di accettare l’offerta ono-rificenza».Per il momento il clero sloveno dell’arcidiocesi di Udine, inparticolare nelle Valli del Natisone, non fu fatto oggetto diparticolare attenzione e alle autorità passò inosservata lapubblicazione nel 1869 del catechismo sloveno per i fede-li dell’arcidiocesi di Udine, voluto dallo stesso mons.Casasola. Conseguenze negative riguardo all’uso dei dialetti slove-ni nelle chiese, invece, si ebbero nelle Valli del Torre e delCornappo. Già nel 1866 non si predicò più in sloveno aRamandolo, Cergneu, Pradielis, Cesariis, Stella, Flaipano;nel 1870 a Villanova delle Grotte e Lusevera, dieci anni piùtardi a Malina, nel 1885 a Montemaggiore, Taipana eMonteprato, nel 1890 fu la volta di Monteaperta eChialminis. Resta aperto il quesito se in questi paesi ci fuun intervento delle autorità, civile e/o religiosa, per proibi-re lo sloveno oppure si verificò un cedimento «naturale»favorito dal clima nazionalistico e dalla mancanza di sacer-doti che conoscessero la lingua locale. Il governo intervenne nel campo dell’istruzione, moltipli-cando le scuole nei comuni, fondando nel 1876 a San Pietro

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tutto il Friuli, «di qui le battaglie: da quella per l’Universitàall’impegno per difendere la lingua e la cultura friulane».Il presidente della editrice del giornale, mons. Igino Schiff,ha detto che «la Vita Cattolica vive accanto a tanti altri mezzidi informazione e con loro è capace di interloquire, sem-pre attenta al nostro mondo particolare, alla cultura e allelingue locali, ma anche aperta agli apporti di retaggi diver-si».Ad esprimere l’apprezzamento per l’opera del settimana-le diocesano in questi ottant’anni e il suo impegno per lacrescita culturale e civile del Friuli sono stati il presidentedel consiglio regionale, Alessandro Tesini, il quale ha ricor-dato come «La Vita Cattolica prima di altri ha cominciatoa raccontare le storie dei paesi, dei borghi, delle frazioni.Per questo più e meglio di altri ha saputo dare voce alFriuli», il presidente della provincia, Marzio Strassoldo cheha dato atto al giornale di essere stato «strumento di ani-mazione, impulso e stimolo per le grandi questioni delFriuli», il sindaco di Udine, Sergio Cecotti, che ha sottoli-neato il legame tra il giornale e la cultura del territorio.A tracciare un ampio profilo storico de «la Vita Cattolica»è stato lo storico Gianfranco Ellero. Sotto il regime, ha ricor-dato, il giornale era «afascista» ed era l’unico «in cui la poli-tica e la glorificazione del regime erano confinate in secon-da pagina». Ellero ha ripercorso i decenni che vanno dallaseconda guerra mondiale al periodo del terremoto e dellaricostruzione, dalle lotte per l’istituzione dell’Università delFriuli all’impegno per l’epprovazione della legge di tuteladelle minoranze e per le trasmissioni radiofoniche e tele-visive in lingua friulana. «Nel giro di ottant’anni – ha con-cluso il prof. Ellero – il Friuli cistiano e contadino cantatoda Pier Paolo Pasolini e da altri poeti di lingua friulana, daterra di emigrazione si è trasformato in terra di immigra-zione; da terra di confine, e per lunghi anni di frontiera, siritrova al centro di un grande spazio supernazionale chesta riprendendo la forma dell’antica Metropoli di Aquileiafra Antichità e Medio Evo: ciò significa che il futuro, ancheimmediato, sarà molto diverso dal passato che ho fatto scor-rere sulle parole in questo breve profilo storico, e giusta-mente il settimanale si pone come monitor ecologico esociale, più che politico, e come luogo di pratica linguisti-ca, visto che sta dando continuità alle rubriche in friulanoe, una volta al mese, anche a contributi in sloveno, per darvoce in lingua originale alla Slavia friulana».Al termine il presidente del Senato e l’arcivescovo di Udinehanno consegnato riconoscimenti a diverse personalità, trale quali anche a mons. Marino Qualizza, che da lunghi annicura per il settimanale una seguita rubrica su questioni telo-giche.

G. B.(Dom, 31. 10. 2006)

GONARS

Omaggio di Tesini alle vittime slovene

L'omaggio alle vittime del campo di internamento di Gonarsè diventato, da tempo, l'occasione attraverso la quale abbia-mo imparato a fare i conti con la storia, con le responsa-bilità che le nostre nazioni, i nostri popoli e le nostre isti-tuzioni si sono assunti con il passato: per guardare avan-ti. Un futuro che è nella appartenenza alla stessa UnioneEuropea.Lo ha affermato il presidente del Consiglio regionale,

Alessandro Tesini, alla celebrazione al Sacrario monu-mentale, nel quale sono tumulati i resti di 453 sloveni e croa-ti, che furono internati nel campo di concentramento diGonars. Qui, infatti, tra il 1941 e il 1943, furono rinchiusicinquemila civili deportati per motivi politici dalla provinciadi Lubiana. Tesini ha, inoltre, ricordato che il prossimo annola Slovenia adotterà l'euro e con il primo gennaio 2008 assu-merà la presidenza dell'Ue, mentre per la Croazia è ormaiavanzata la procedura di adesione all'Unione. «L'Unioneeuropea non è un qualsiasi accordo intergovernativo – hasottolineato Tesini – ciascuno di noi ha ceduto sovranitàall'Ue per affidare a quella dimensione gli obiettivi di unapolitica di pace, di sicurezza, di stabilità, di benessere peri nostri cittadini ed è nell'orizzonte dell'Ue che noi oggi ciritroviamo. Non si entra nell'Ue a metà e men che menovi si rimane a metà».«Per questo è indispensabile il lavoro che abbiamo comin-ciato a fare, da anni, anche con l'appuntamento di Gonars– ha detto ancora Tesini – perché si creino le condizioniaffinché i presidenti dei nostri Paesi non compiano un gestogenericamente simbolico, ma segnino una situazionenuova, che ci consenta di guardare al passato con pienorispetto delle reciproche vittime». «Trovarci assieme, rendere omaggio a queste vittime,dicendo chiaramente che la causa per cui sono morte, adistanza di tanti anni, è stata vinta perché i giovani di oggipossono vivere in un mondo diverso, migliore – ha insisti-to Tesini – diventa un gesto non retorico. E saldiamo ilpegno del prezzo pagato con le vittime innocenti di quel-la barbarie, violenza e crudeltà che, proprio grazie all'Ue,siamo riusciti a lasciarci alle spalle sapendo costruirci unarealtà dove ciascuno di noi resta se stesso, sapendo con-vivere in una dimensione più ampia».«Il giorno in cui questo si realizzerà – ha concluso Tesini– avremo veramente vinto e l'omaggio reso alle vittime diGonars sarà davvero compiuto».La celebrazione, organizzata dal Consolato Generale diTrieste della Repubblica di Slovenia, si è svolta alla pre-senza anche del vicepresidente dell'Assemblea NazionaleSlovena, Marko Pavliha, che a sua volta ha parlato del-l'importanza di riconoscere la storia per costruire il futuroe dell'impegno a costruire un'Europa di pace, armonia eprosperità. La realtà del campo di concentramento di Gonars e il con-testo storico sono stati delineati dal sindaco Ivan Cignolae testimonianze sono state portate dal rappresentante regio-nale dell'Anpi, Luciano Rapotez, e da Slavko Malnar perle delegazioni croate di Cabar e Fiume. Erano, inoltre, pre-senti il console di Slovenia Bo¡idar Humar e i consoli diCroazia, Miriam Matan@ic e Davorka Sari@.

TRIESTE-TRST

I sogni spezzati dei bambini

nei Campi del Duce

In una mostra l’orrore della guerra e dei lager visti con gli occhi dei più piccoli

Sono struggenti e sconfortanti, come lo possono essere tuttii ricordi di qualsiasi guerra, ma finiscono per essere anco-ra più tristi e dolorosi, quando si scopre che a scriverli sonostate le piccole dita di mani infantili, delle più vulnerabili vit-

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time di tutti i conflitti, internate nei «Campi del Duce», comevennero definiti da Capogreco i campi di concentramentodi Arbe, Gonars, Monito, Visco, Renicci e Padova. E pro-prio a loro, ai mille sogni spezzati, all’accettazione della piùcrudele realtà, ma soprattutto ai tanti dolorosissimi ricordiche si portano indelebili all’interno della propria memoria,è dedicato l’omaggio intitolato «Quando morì mio padre»,visitabile alla Risiera, fino al 28 gennaio 2007.La mostra, corredata anche da una documentatissima pub-blicazione, è opera di tre storici, Metka Gomba@, Boris M.Gomba@ e Dario Mattiussi, che con il supporto del CentroIsontino di Ricerca e Documentazione storica e sociale,Leopoldo Gasparini, hanno voluto rendere pubblici una seriedi documenti, disegni e testimonianze di bambini slovenie croati, internati nei campi di concentramento del confi-ne orientale, tra il 1942 e il 1943. L’allestimento curato daiCivici Musei, dall’Assessorato alla Cultura, dal comune diTrieste e dalla Commissione scientifica della Risiera, hacosì riproposto lo struggente argomento del confino infan-tile, a cui sono state sottoposte alcune migliaia di bambi-ni sloveni e croati. La chiave di lettura, alla quale si è dedi-cata la Gomba@, è alquanto inconsueta e si rifà a un vastolavoro di ricerca, all’interno del quale la storica di Lubianaha passato in rassegna voluminosi documenti cartaceicustoditi dall’Archivio di Stato della Repubblica di Sloveniae dal Museo sloveno di storia contemporanea (che hannoconcesso anche il materiale esposto), estrapolando tuttociò che si riferiva alle sofferenze ed ai ricordi dei più pic-cini.Come spiega la stessa ricercatrice «a molti dei bambini chedopo l’8 settembre 1943 ritornarono a casa o in ciò cheera rimasto dei loro paesi e dei loro agglomerati di villag-gi, fornirono aiuto le organizzazioni di base del fronte di libe-razione, che permisero loro di raggiungere regioni non pro-vate dalla guerra, dove venivano seguiti dai servizi scola-stici e sociali». E proprio in queste regioni le più giovanivittime vennero stimolate, in forma di terapia, a riscriverele proprie memorie e a raccontare le sofferenze soppor-tate nei mesi di internamento. «La diligenza di chi pensòdi archiviare questi scritti ha fatto arrivare fino a noi que-ste testimonianze, rendendoci partecipi degli eventi», offren-doci un punto di vista non certo viziato o strumentalizza-to, ma soltanto sconvolto da ciò che ha dovuto sopporta-re.

Ivana Godnik(Il Piccolo, 7. 11. 2006)

UDINE-VIDEM

Le minoranze a 25 anni

dalla risoluzione Arfé

Nel corso del convegno sono intervenuti anche rappresentati della minoranza slovena

In occasione del 25° anniversario dall’approvazione dellarisoluzione Arfè, lo scorso 11 ottobre si è tenuto a Udineun convegno sull’importanza e sul contenuto di quel docu-mento, sulla legge italiana, sulla normativa affine vigentenel nostro Paese e sulla mancata attuazione della leggedi tutela in Italia. In apertura del convegno, svoltosi sotto il patrociniodell’Università di Udine, la riflessione sul significato stori-

co della prima risoluzione di Arfé, coordinata dall’ex pre-sidente dell’Ufficio europeo per le lingue meno diffuse,Donald O’Riagaina, è stata offerta dal professore ClaudioCressati e dallo scrittore Sergio Salvio.A questo proposito va ricordato come Arfé iniziò ad occu-parsi delle minoranze e dei loro diritti, che considerava unodei pilastri fondamentali sui quali costruire l’Europa unita,dopo aver incontrato gli sloveni della Slavia friulana, aCividale nel 1979, nel corso della sua campagna elettora-le per l’elezione del primo parlamento europeo. Di quel-l’epoca, in cui la comunità slovena operava in un clima poli-tico ostile, ha parlato Viljem #erno.

Ci vogliono fondi per il bilinguismoLa sezione pomeridiana del convegno è stata introdotta daMarcoStolfo con una relazione dettagliata sullo sviluppo deldiritto internazionale in tema di tutela delle minoranze lin-guistiche fino ai giorni nostri. La dr. Silvana Schiavi Fachinsi è, invece, soffermata sulla realtà della regione FriuliVenezia Giulia ed ha approfondito la questione del bilin-guismo e plurilinguismo, che necessita un notevole impie-go di risorse in termini di impegno profuso, impiego di finan-ziamenti per l’istruzione e non solo, dal momento che l’usodelle lingue deve essere esteso a tutti i contesti di vita ea più livelli. La Fachin ha, inoltre, sottolineato la necessitàdi un’attiva politica di promozione del plurilinguismo, unfenomeno con il quale il bambino deve familiarizzare nellaprima infanzia, a cominciare dalle lingue parlate nell’am-biente in cui vive. Nella nostra realtà regionale questo com-porta inserire nel processo di formazione il friulano, lo slo-veno ed il tedesco.L’ex deputato Franco Corleone, che ha descritto il diffici-le iter dalla legge 482 nel parlamento italiano, ha sottoli-neato quanto sia grande la responsabilità della classe poli-tica regionale per la non attuazione della legge in tema dimezzi di comunicazione. Ha, inoltre, richiamato l’attenzio-ne sulla necessità di una particolare rete radiotelevisiva peril friulano.Nel suo intervento Iole Namor, che ha parlato a nome delComitato 482, ha sottolineato come oggi lo sloveno, il friu-lano ed il tedesco godano di maggior visibilità in regione:molte sono infatti le amministrazioni locali, compresa la pro-vincia di Udine, che hanno esposto le tabelle con la topo-nomastica bilingue in varie località, al contrario di alcunicomuni della Slavia friulana. Le amministrazioni pubblichehanno istituite gli sportelli per la promozione delle lingueminoritarie, le cui competenze vanno, però, ulteriormentesostanziate ed estese a tutto il territorio.

Visibilità delle lingue minoritarieLa comunità slovena della provincia di Udine, ha aggiun-to Jole Namor, dev’essere oggetto di attenzione sia daparte della provincia che della regione. Ha poi sottolinea-to come, nonostante le amministrazioni pubbliche inizinoad attuare la legge di tutela 482, resta critica la situazio-ne in cui versa la scuola, dove le grandi aspettative delletre comunità minoritarie regionali sono state solo in partesoddisfatte e soprattutto per la mancanza di fondi. Per quan-to riuarda la programmazione Rai nelle lingue minoritarie,invece, la situazione è rimasta perlopiù invariata. Nel corso dell’ultima parte del convegno sono intervenutii rappresentanti delle tre comunità minoritarie: per la comu-nità di lingua tedesca, Velja Plozner, il presidentedell’Agenzia regionale per la lingua friulana-Arlef e in rap-presentanza della commissione regionale consultiva slo-vena, Mario Lavren@i@.

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L’amministrazione regionale va nella giusta direzioneLa legge di tutela per gli sloveni è ancora su un binariomorto, ha sottolineato Lavren@i@, il quale ha poi fornito un’il-lustrazione dettagliata della problematica slovena, conte-stualizzandola nell’ambito del progetto di realizzazione del-l’euroregione. Lavren@i@ ha aggiunto che, a piccoli passi,la regione si sta muovendo nella giusta direzione. A que-sto proposito ha fatto particolare riferimento alla legge regio-nale per la minoranza slovena, nata in accordo e in colla-borazione con le organizzazioni più rappresentative dellastessa. Ha, infine, sollevato la necessità che, in futuro, nel-l’ambito della legge elettorale regionale e nazionale siagarantito il seggio per un rappresentante sloveno.

Il ruolo dell’Università a UdineNell’ultima parte del convegno, concluso dagli interventidella docente di lingua e cultura friulana presso l’Universitàdi Udine e nuova direttrice del centro per la ricerca del friu-lano-Cirf, , Piera Rizzolati, si è tenuto un dibattito su quan-to l’Università può fare per le minoranze. È stato, quindi,sottolineato che, oltre al friulano per la cui affermazione l’a-teneo udinese riveste un ruolo importante, è necessario chel’Università si impegni anche nella promozione del pluri-linguismo regionale. L’Università riveste altresì un compi-to importante per la crescita culturale generale e di sensi-bilizzazione e informazione in tema di minoranze lingui-stiche.

(Novi Matajur, 19. 10. 2006)

IL COMMENTO

Un anniversario importante

Nell’Europa di un tempo, divisa in due parti dalla Cortinadi ferro, le minoranze rappresentavano un elemento didisturbo. Venivano, infatti, considerate una minaccia allastabilità fondata sul rigido equilibrio dei due blocchi, a lorovolta costituiti da Stati nazionalistici, ognuno dei quali rap-presentava un sistema ermeticamente chiuso. La societàcivile, nel senso che le attribuiamo oggi, era allora anco-ra «in fasce», mentre il mondo della politica e della scien-za ignoravano il concetto di «diversità linguistica». La preoc-cupazione per le minoranze era presente solo laddove que-ste rappresentavano una potenziale minaccia per la sta-bilità dei singoli Paesi o dei rapporti internazionali, allorasegnati severamente dai confini tracciati a Jalta. Anche perquesto motivo nessuno si occupava seriamente della que-stione e ogni appello veniva ignorato.Questo il clima in cui, nel 1979, nacque il primo parlamentodemocratico europeo eletto. Appena due anni più tardi que-sto parlamento affrontò il tema del plurilinguismo, che oggirappresenta un elemento integrante della società europea.Se si è arrivati a questo, il merito va a un piccolo gruppodi deputati, soprattutto appartenenti al partito socialista, condue figure di rilievo: John Hume il laburista nord irlandesee il premio nobel per la pace (che gli fu assegnato per ilTrattato di pace per l’Irlanda del Nord) e il socialista ita-liano, Gaetano Arfé, un umanista convinto assertore del-l’importanza delle minoranze linguistiche in Europa e dellanecessità che questa iniziasse ad occuparsi del plurilin-guismo.Così, 25 anni fa, nel 1981, fu approvato il documento diArfè, il primo documento internazionale in tema di tutela

delle minortanze linguistiche, al quale seguirono due con-venzioni del Consiglio d’Europa, i documenti Ovse e l’at-testato delle Nazioni unite, tutti approvati all’indomani dellacaduta del muro di Berlino, quando la questione della mino-ranza era al centro dell’attenzione e tutto era molto più sem-plice. Allora il documento di Arfé era considerato un attocoraggioso, che ha aperto la via ad un diverso modo diguardare alle minoranze. Per questo motivo si tratta di unanniversario importante.

Bojan Brezigar(Primorski dnevnik, 11. 10. 2006)

UDINE-VIDEM

Una finestra sulle minoranze in Europa

Nell’ambito della manifestazione «Lingue minoritarie. FriuliVenezia Giulia», organizzate a 25 anni dalla prima risolu-zione Arfé sulla tutela delle minoranze linguistiche, adot-tata dal parlamento di Strasburgo (16 ottobre 1981) è stataallestita nell’atrio di Palazzo Antonini la mostra «Chê altreEurope. Mostre su lis minorancis linguistichis e nazionâlsinte Unione europeane». Si tratta di una panoramica molto completa e graficamen-te efficace della realtà delle minoranze linguistiche inEuropa, presentate su grandi pannelli, paese per paese.Vengono indicati il territorio d’insediamento, la diffusionee soprattutto il grado di tutela dei loro diritti che varia note-volmente. Un lavoro pregevole anche per la grande sinte-si che ha richiesto e per lo sforzo di rendere graficamen-te realtà per loro stessa natura complesse e diversificate.Nel quadro europeo colpisce in particolare la situazione ita-liana per la pluralità delle minoranze linguistiche e nazio-nali presenti sul suo territorio e nel caso di Friuli e Sardegnaanche la loro consistenza.La mostra, preparata in occasione dei 25 anni di attività diradio Onde Furlane, è stata realizzata da Carli Pup e perla parte grafica da Luisa Tomasetig. È un lavoro che dovreb-be essere presentato nelle scuole e nei centri culturali dellanostra provincia e non soltanto. Sarebbe opportuno peròaffiancare alla mostra, che peraltro è tutta in friulano, ancheun opuscolo che aiuti nella lettura di una realtà a livello ita-liano ed europeo molto articolata e stimolante.

(Novi Matajur, 19. 10. 2006)

UDINE -VIDEM

Lo sloveno emarginato dalla provincia

La denuncia in consiglio del consigliere Shaurli

«Lo sloveno va tutelato con azioni concrete, piuttosto cheattraverso belle enunciazioni, che rimangono letteramorta». È il grido d'allarme lanciato al presidente dellaProvincia di Udine, Marzio Strassoldo, durante il consiglioprovinciale del 2 ottobre, che prevedeva, tra l'altro, la rico-gnizione dello stato di attuazione dei programmi.Ne è stato autore il capogruppo dei Ds, Cristiano Shaurli,che, nel corso di un intervento a tutto campo, si è detto«seriamente preoccupato per le attività del settore cultu-ra».«Questa amministrazione – ha detto Shaurli – ha richia-

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Lunedì 16 ottobre presso il Circolo culturale Ivan Trino,a Cividale, ha avuto luogo l’incontro tra i rappresen-tanti dei circoli culturali sloveni e di altre organizzazioni

della provincia di Udine e i consiglieri regionali sloveniTamara Bla¡ina, Mirko Œpacapan, Igor Kocijan@i@ e BrunaZorzini Speti@. Nel corso dell’incontro, promosso dai comi-tati provinciali dell’Unione culturale economica slovena-Skgze della Confederazione delle organizzazioni slovene-Sso,si è parlato della situazione attuale della comunità slove-na nella Slavia Friulana, della quale hanno tracciato un’am-pia panoramica i presidenti provinciali dello Sso, GiorgioBanchig, e della Skgz, Jole Namor. Sono, quindi, interve-nuti i rappresentanti sloveni delle Valli del Natisone, delTorre, di Resia e della Val Canale: la direttrice della scuo-la bilingue di San Pietro al Natisone, ˘iva Gruden, il pre-sidente dell’Unione emigranti sloveni, Renzo Mattelig, l’o-peratore culturale Viljem #erno, la presidente del circoloculturale sloveno «Rozajanski dum», Luigia Negro, il pre-sidente del circolo culturale sloveno Planika, Rudi Bartaloth,il ricercatore Riccardo Ruttar, per il circolo culturale Re@an,Aldo Clodig, il segretario dell’Unione agricoltori-Kme@ka

zveza di Cividale, Stefano Predan.Il principale obiettivo che le due organizzazioni slovene piùrappresentative e le associazioni locali slovene perseguononella provincia di Udine è la tutela della lingua e culturaslovene. In questa direzione ed in contesti differenti sonoimpegnati gli operatori politici e culturali. Nella panorami-ca generale sono le Valli del Natisone-Nediœke doline agodere di miglior copertura, mentre più critica è la situa-zione delle valli del Torre-Terske doline. La comunità slo-vena di Resia è bersagliata dalle polemiche sollevate daesponenti locali sul dialetto resiano, che il presidente dellaprovincia di Udine, Marzio Strassoldo, sostiene essere unaparlata locale. Posizione questa affermata addirittura nel-l’ambito della speciale commissione provinciale 482.Migliore il clima che si respira nella Val Canale-Kanalskadolina, dove, accanto alla minoranza slovena, sono pre-senti anche quella tedesca e friulana.Per un salto qualitativo del proprio operato sarebbe neces-saria la creazione, a San Pietro al Natisone-Œpietar di uncentro polifunzionale. Nella località opera l’Istituto per la cul-tura slovena che, in futuro, potrebbe diventare la «punta

Incontro con i consiglieri regionali sloveni organizzato da Skgz e Sso CIVIDALE-#EDAD

Rilanciare la cultura slovenaAll’ordine del giorno la situazione culturale ed economica nella Slavia friulana

mato spesso le peculiarità socioeconomiche, culturali e lin-guistiche della Provincia di Udine, così come il policentri-smo regionale che peraltro condivido. Non vorrei, tuttavia,che il richiamo fosse soltanto simbolico e strumentale, poi-ché la stessa Provincia di Udine è policentrica ed è ancorpiù ricca culturalmente proprio per le sue diverse specifi-cità». Dopo questo cappello introduttivo, il diessino è entra-to nello specifico, ovvero si è riferito specificamente alleazioni di tutela delle lingue minoritarie. «Analizzando il docu-mento di ricognizione – ha denunciato Shaurli – pare, inve-ce, che la Provincia di Udine pensi di tutelare e valoriz-zare una specificità culturale e linguistica di straordinariaimportanza come quella friulana, rendendola egemonicasull'intero territorio provinciale e non rendendosi conto difare, così, un torto in primis alla stessa lingua, cultura estoria che si vorrebbero valorizzare». Un'accusa subito cor-redata dai numeri, quelli che fanno capo alle linee di inter-vento attuate in riferimento alla Promozione delle lingueminoritarie, così come previsto nella L.482/99.«È davvero preoccupante – ha rimarcato Shaurli – la situa-zione degli sportelli linguistici a palazzo Belgrado. Il friu-lano beneficia di 4 dipendenti già prorogati, il tedesco neha uno in scadenza, non ancora prorogato. Per lo slove-no manca ancora la figura dell'addetto. A questo stato difatto si aggiungono numerose pubblicazioni, tutte in linguafriulana, la formazione per i dipendenti degli Eell con 6 corsidi friulano già effettuati e l'unico corso in sloveno non anco-ra effettuato. Voglio sottolineare che sto parlando dellalegge 482, poiché a queste attività sarebbero giustamen-te da aggiungere tutte quelle azioni previste dalla legge 15».Con la convinzione di chi reclama un sacrosanto diritto,Cristiano Shaurli ha contestato al presidente Strassoldocome, nei documenti della Provincia, «si continui a usareil plurale “lingue minoritarie”, in quanto nelle azioni concrete

non vi è alcuna traccia di iniziative riguardanti le minoran-ze di lingua tedesca e slovena. Non capisco, invero, per-ché negli obiettivi che questa amministrazione si era postasi trovi ancora scritto “La Provincia di Udine ha inteso svi-luppare un'ampia azione rivolta alla valorizzazione dellespecificità e delle diverse espressioni linguistiche presen-ti sul territorio. Tali realtà vanno viste non soltanto comeelementi di identificazione e di integrazione delle diversecomunità e di arricchimento del panorama culturale, macome vera e propria risorsa”. Personalmente continuo aconsiderare le lingue minoritarie una grande risorsa e, purdai banchi dell'opposizione, lavorerò per far in modo cheanche l'ente Provincia, oltre che a declamarlo, operi in talsenso. Forse basterebbe qualche comparsata in meno percapire che il friulano di Lestizza non è la lingua che si parlaa Sauris, Taipana o Pulfero, che queste espressioni lin-guistiche non soltanto non sono antagonistiche, ma hannopari dignità, storia e importanza e alcune, purtroppo, hannogià dovuto subire tentativi di egemonizzazione forzata, dellaquale oggi, guardando all'Europa, nessuno spero senta lanostalgia».Concludendo l'intervento, Shaurli ha lanciato una freccia-ta al veleno, o, se vogliamo, una provocazione sarcastica.«Presidente Strassoldo — ha detto —, ritengo che l'as-sessore regionale Antonaz abbia già esaurientemente rispo-sto alle sue critiche in merito al friulano sottofinanziato eche lo abbia fatto con il corredo dei numeri. Io mi permet-terei soltanto di aggiungere alla sua richiesta alla Regionedi “essere trattati almeno come gli sloveni”. Mi auguro, inve-ce, che la Regione non ci tratti e non tratti il friulano conl'attenzione che, invece, lei riserva alla minoranza slove-na di questa Provincia».

Gianpietro Carniato(Dom, 15. 10. 2006)

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Plauso unanime degli intervenuti, invece, all’attenzione chela regione rivolge alla comunità slovena nell’ambito delnuovo statuto e della legge speciale per la minoranza slo-vena. Un passo in avanti questo che contempla nuoveresponsabilità. Le norme regionali e l’assegnazione deifinanziamenti, hanno ricordato i consiglieri regionali, sonoinvece di competenza di una commissione speciale ema-nazione dell’assessorato alla Cultura e presieduta daAntonaz, nell’ambito della quale la società civile slovenaè rappresentata dagli esponenti dello Sso ed Skgz.Si è trattato di un incontro costruttivo, senza promesse irrea-lizzabili, ma con l’impegno di tutti a promuovere nel pros-simo futuro una più stretta collaborazione. Anche per glisloveni della provincia di Udine non sarà indifferente l’esi-to delle prossime elezioni regionali e il numero di consi-glieri sloveni che sarà eletto in Consiglio regionale. In breve,se da una parte non è possibile risolvere tutti i problemi,molto si può fare, però, attraverso un lavoro pianificato eassegnando priorità ai problemi più urgenti.

A. M.(Novi Matajur, 19. 10. 2006)

MINORANZA

Bersani, tagli alle minoranze

Il decreto Bersani colpisce duramente anche le minoran-ze linguistiche. Nei tagli alla spesa pubblica, previsti daldecreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 4 luglio scor-so, a cui è allegato l'elenco, si trova infatti anche la voce«minoranze linguistiche».La «riduzione» prevista è di 1.813.273 euro per l’anno 2007,di 1.929.359 euro per il 2008 e di ben 4.387.405 euro peril 2009. Si tratta di tagli alla legge 482/99 di tutela delle mino-ranze linguistiche storiche la cui dotazione totale non rag-giunge nemmeno i 10 milioni di euro. A lanciare l'allarmeè il Comitato 482 tramite il suo portavoce Carli Pup. La legge statale 482 del 1999, approvata con grandissi-mo ritardo, si è ottenuta dopo anni di lotte e sacrifici ed anco-ra oggi non è applicata almeno in due settori fondamen-tali, quello dell’istruzione e dei mezzi di comunicazione (Rai).E ora, sottolinea Carli Pup, il governo vorrebbe ridurre dra-sticamente quei miseri fondi già di per se insufficienti a copri-re le spese necessarie per l’applicazione della legge. È sem-pre la stessa musica, prosegue il portavoce del Comitato482, per coprire anni di sperperi e di buchi fatti da quanti,a Roma, amministravano il bene pubblico, non si trova nulladi meglio che requisire le briciole destinate alle minoran-ze linguistiche. Dopo una decisione del genere cosa rispon-deranno da Roma al Consiglio d’Europa che aveva giàduramente richiamato lo Stato italiano al rispetto dei dirit-ti delle minoranze (Risoluzione del Comitato dei ministri delConsiglio d’Europa del 14 giugno 2006)? Il Comitato 482 si rifiuta di accettare passivamente questescelte vergognose e sottolinea che è possibile porvi rime-dio con una modifica in sede di manovra finanziaria sta-tale. Ricorda che la Regione, attraverso il Protocollo d’in-tesa con la Presidenza del Consiglio, sottoscritto a Romail 6 ottobre scorso ha chiesto «un adeguato rifinanziamentodella legge n. 482/99». Chiede inoltre a tutti i consiglieriregionali, a tutti i parlamentari eletti in Friuli Venezia Giulia,agli Enti locali di una regione come la nostra dove gli appar-tenenti alle minoranze linguistiche rappresentano la mag-gioranza della popolazione, di sostenere questa specifica

dell’iceberg» nella promozione linguistica e culturale.Ma il male peggiore per gli sloveni della provincia di Udineè rappresentato dalla mancanza di scuole slovene, unalacuna solo in parte compensata dalla scuola elementaree materna bilingui. In realtà sarebbe necessario l’istituzio-ne di una scuola media con insegnamento di lingua slo-vena, mentre ad oggi c’è solo il corso di lingua slovena pres-so la scuola media di San Pietro. La scuola materna bilin-gue è, invece, alla ricerca di un’ubicazione per la sezionerivolta ai bambini che hanno dai due ai tre anni di età. Unproblema ulteriormente aggravato dalla mancanza di spaziopportunamente attrezzati, mentre la scelta dei genitori diiscrivervi il proprio figlio può essere decisiva per la stessascuola bilingue. La legge di tutela prevede anche l’inse-gnamento della lingua slovena presso le scuole superiori.L’istruzione slovena dovrebbe espandersi territorialmentee non limitarsi ad un solo comune. In questa direzione sonorivolti gli sforzi profusi a Tarvisio, dove si pone la neces-sità di creare una scuola che consideri anche le comunitàfriulana e tedesca.Un altro capitolo affrontato è l’uso dello sloveno nella sferapubblica: gli sportelli bilingui non sono presenti ovunque,e neppure a Cividale-#edad. Un sevizio questo necessa-rio, che lungi dall’essere strumento passivo, dovrebbe fun-gere da ruota motrice per la promozione della cultura slo-vena. Altro paragrafo importante la toponomastica bilingue,presente in alcuni comuni e in altri no, come anche la man-cata ricezione della programmazione radiotelevisiva in lin-gua slovena, che rappresenta uno strumento importanteper l’affermazione della lingua e cultura slovene.Per incentivare la crescita demografica della comunità loca-le slovena è necessario promuovere la cultura. Il quadroattuale è, infatti, demotivante: si assiste al progressivo spo-polamento dei paesi di montagna, ad un’impennata del calodemografico e alla carenza di attività tradizionali, che potreb-bero rappresentare un polo di attrazione per il turismo.Nel corso dell’incontro sono, inoltre, state sollevate diver-se critiche sull’operato della Comunità montana Torre-Natisone-Collio (nella cui sfera di competenza sono inse-riti il comune più povero ed il più ricco della regione, rispet-tivamente Drenchia-Dreka e San Floriano-Œteverjan) e dialcune amministrazioni comunali, in merito alla mancanzadi coordinamento e di una diversa politica linguistica, eco-nomica, ecc. Significativo quanto ha asserito Jole Namor:la comunità slovena era politicamente più forte quando lesue problematiche venivano considerate prioritarie dai pro-grammi delle liste comunali, con il disgregarsi di queste ulti-me anche la stabilità degli sloveni è venuta meno.Si è, tra l’altro, parlato anche della questione delle orga-nizzazioni slovene che il regolamento regionale definisceprimarie e dell’apertura di nuove cave nelle Valli delNatisone.Dal canto loro, dopo aver fatto riferimento alle competen-ze della regione, della Comunità montana, dei comuni edello Stato, i consiglieri regionali sloveni hanno sottolineatoche la promozione del processo di collaborazione e di inte-grazione dei soggetti minori fa parte degli obiettivi del-l’amministrazione Illy. Questo significa che la responsabi-lità della soluzione dei problemi non può ricadere esclusi-vamente sulla giunta e sul consiglio regionali. Per questomotivo e per evitare l’insorgere di problemi in futuro, i con-siglieri hanno sollevato la necessità di maggiori contatti conla comunità slovena locale e, all’unanimità, hanno attribuitola colpa per alcune e gravi carenze alla mancata attuazionedelle leggi di tutela 38/2001 e 482/99. Attuazione che, èstato sottolineato, spetta anche alla regione «caldeggiare».

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richiesta e di adoperarsi, con tutti gli strumenti a loro dispo-sizione, affinché il Governo e il Parlamento italiano la fac-ciano propria.

(Novi Matajur, 26. 10. 2006)

COMITATO PARITETICO

Primo passo nella giusta direzione

Eletti dal Consiglio regionale i primi sette nuovi membri

Il Consiglio regionale ha recentemente eletto sette nuovimembri del Comitato paritetico, cinque italiani e due slo-veni: i due esponenti sloveni di centrosinistra Nives Koœutae Stojan Speti@, che hanno raccolto il maggior numero divoti, e gli italiani Livio Furlan, Stefano Pizzin e Marino Vocci.Due gli esponenti eletti dal centrodestra, Adriano Ritossae Stefano Rigotti. Ora la parola passa al governo, alla giun-ta regionale e agli amministratori locali, chiamati ad eleg-gere i loro rappresentanti.«Un passo questo che – sottolinea Sandor Tence nell’ar-ticolo di fondo pubblicato sul Primorski dnevnik dello scor-so 26 ottobre – auspichiamo venga fatto in tempi brevi».«Il governo Prodi – continua l’articolo – ha, infatti, ritenu-to opportuno che innanzitutto si rinnovi il Comitato parite-tico per poi procedere con l’approvazione dell’elenco deicomuni, che il precedente Comitato paritetico aveva invia-to a Roma per ben tre volte. Se da una parte le mutate con-dizioni politiche e amministrative richiedono il rinnovo delComitato, dall’altra riteniamo che, senza attendere oltre, ilconsiglio dei ministri dovrebbe inoltrare l’elenco dei comu-ni, da inserire nel territorio di tutela, al presidente dellaRepubblica, Giorgio Napolitano, affinché questi ne pren-da visione. L’insediamento del nuovo Comitato pariteticopotrebbe, infatti, richiedere tempo senza contare, poi, chegli intoppi politici sono sempre dietro l’angolo».

SLOVENIA

Riconoscimento al circolo Ivan Trinko

Il presidente della Slovenia, Drnovœek,gli ha attribuito l’Ordine d’oro al merito

La massima onorificenza assegnata dal Presidente dellaRepubblica slovena è stata consegnata mercoledì 25 otto-bre, a Lubiana, al circolo culturale Ivan Trinko di Cividale.Lo «Zlati red za zasluge», l’Ordine d’oro al merito, è unriconoscimento per gli oltre cinquant’anni di attività del primocircolo culturale costituito nella provincia di Udine. «Il cir-colo, pur in un’atmosfera sociale difficile – si legge nellamotivazione – ha saputo svolgere la funzione di nucleomaterno, dal quale negli anni Sessanta e Settanta del 20.secolo si sono sviluppate tutte le altre iniziative culturali,scolastiche e di ricerca nella Benecia».Alla cerimonia, avvenuta nel palazzo presidenziale, hannopreso parte, oltre al presidente Michele Obit – che ha rice-vuto il riconoscimento dalle mani di Janez Drnovœek – gliex presidenti ed i fondatori del circolo, oltre a rappresen-tanti delle associazioni Skgz e Zskd.Il circolo Ivan Trinko è la prima associazione dellaBenecia ad aver ricevuto un così importante riconoscimento

dallo Stato sloveno. Viene così premiato l’impegno di tutticoloro che, a partire dal 2 ottobre 1955, si sono attivati perla conservazione e lo sviluppo della cultura slovena nellenostre zone. Un impegno nato in tempi sicuramente più dif-ficili di questi, quando dedicarsi alla tutela delle tradizionie del dialetto sloveno locale era considerato, da alcuni, «untradimento». Oggi l’attività del circolo spazia dalla pubbli-cazione di libri all’organizzazione di mostre e conferenze,fino alla recente produzione di film e documentari. Ognianno il circolo pubblica poi il «Trinkov koledar», almanac-co che rappresenta una «fotografia» della situazione socia-le e culturale nelle zone della provincia abitate dagli slo-veni. Importante è anche l’apertura dimostrata dal circolonei confronti delle altre minoranze in Italia, oltre che i tra-dizionali, continui contatti con l’alta valle dell’Isonzo.«La Slovenia non vi ha dimenticato» ha rimarcato pocodopo la consegna del riconoscimento il presidenteDrnovœek, prima di posare per una fotografia assieme airappresentanti del circolo. L’appuntamento lubianese è stataanche l’occasione per una rapida visita, accompagnati dalprefetto di Tolmino, Zdravko Likar – che ha proposto il cir-colo come meritevole dell’encomio – al parlamento slove-no, ospiti del parlamentare Jo¡ef Œkol@. I rappresentanti delcircolo hanno anche avuto modo di conoscere di personail neoeletto sindaco di Lubiana, Zoran Jankovi@.

(Novi Matajur, 2. 11. 2006)

TRIESTE-TRST

Visita del ministro sloveno ˘agar

La collaborazione tra le minoranze e l’euroregionegli argomenti affrontati

Sarebbe opportuno allargare anche alle regioni delPrekmurje (in Slovenia, abitata da ungheresi) e del Porabje(in Ungheria, abitata da sloveni) la collaborazione, già intes-suta nell’ambito dei progetti europei da Italia e Slovenia einerente non solo gli stati, ma anche le minoranze delle zonedi confine. E questo propri in relazione al fatto che all’in-terno del Prekmurje e del Porabje sono presenti le mino-ranze slovena e ungherese. Lo ha proposto il ministro slo-veno all’Autonomia locale e alla Politica regionale, Ivan˘agar, alla conferenza stampa, che ha avuto recentementeluogo presso la sede dell’Associazione regionale econo-mica slovena-Sdgz, a Trieste. Nel corso della sua visita alcapoluogo giuliano, il ministro ̆ agar è stato dapprima rice-vuto presso la sede della giunta regionale dal presidenteRiccardo Illy, con il quale ha parlato di euroregione e delleinteressanti possibilità di sviluppo che comporta; in segui-to ha incontrato altri esponenti dell’amministrazione regio-nale. Presente alla conferenza stampa anche il sottose-gretario sloveno, responsabile dell’Ufficio per gli sloveni d’ol-tre confine e nel mondo, Zorko Pelikan, che oltre a con-cordare con la proposta di ˘agar, ha sottolineato quantola collabrazione nell’ambito dei progetti europei rafforzi leminoranze e il più ampio contesto in cui vivono.Dopo aver salutato positivamente la vasta gamma di pos-sibilità e sfide che si stanno aprendo per lo sviluppo regio-nale, il ministro ˘agar ha, tra l’altro, ricordato che in Sloveniaè in corso il procedimento che, nel 2009, porterà all’istitu-zione delle province. Una svolta questa che influirà sullacollaborazione transfrontaliera.Dopo aver sottolineato la necesità di una normativa di tute-

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la per la minoranza, che le consente di esercitare la fun-zione di ponte nei rapporti transfrontalieri, Pelikan ha accet-tato con soddisfazione la decisione del governo italiano dirinnovare il Comitato paritetico e, quindi, di rimuovere lalegge di tutela dal binario morto sul quale si trova. (…)Per quanto riguarda la collaborazione futura tra le mino-ranze, ˘agar ha detto che sono tanti i canali attraverso iquali questa può essere esplicata, dal turismo alla cultu-ra, dimensione quest’ultima che più di ogni altra fa emer-gere le loro diversità. (…) Ultimo atto della visita del mini-stro ˘agar a Trieste è stato l’incontro con i presidenti delleorganizzazioni slovene più rappresentative, dellaConfederazione delle organizzazioni slovene-Sso, DragoŒtoka, e dell’Unione culturale economica slovena-Skgz,Rudi Pavœi@, nonché con gli esponenti del mondo econo-mico della comunità slovena in Italia e di quella italiana inSlovenia.

P. R.(Novi glas, 2. 11. 2006)

RONCHI DEI LEGIONARI-RONKE

Esposte 150 tabelle bilingui

Un atto dovuto ed un investimento per la convivenza

Lungo le strade del comune di Ronchi dei Legionari-Ronkesono state installate 150 tabelle stradali bilingui con i fondistanziati in base alla legge di tutela 482/’99. È questo unatto attraverso il quale, oltre a sottolineare la connotazio-ne bilingue di questa zona, vuole essere un riconoscimentoall’operato della comunità slovena locale ed è espressio-ne della volontà dell’amministrazione comunale, la quale,inserita nel territorio di attuazione della legge di tutela, usu-fruisce dei finanziamenti stanziati dalla legge per la valo-rizzazione della comunità slovena. (…)«La nostra amministrazione è da sempre impegnata nellapromozione di una convivenza civile e democratica», sot-tolinea il sindaco Roberto Fontanot, alle prese, com’era pre-vedibile, con le reazioni polemiche dei partiti di destra. Traquesti ultimi a fare la voce grossa è, soprattutto, il consi-gliere comunale di Alleanza nazionale, Gaspare Petraia,il quale rimprovera all’amministrazione di aver tenuto all’o-scuro il consiglio comunale dall’attuazione della legge 482,di trovare i fondi per le tabelle bilingui, al contrario di quan-to accade per altre necessità e propone un referendum perdecidere sull’installazione delle tabelle stesse. Gli rispon-de il consigliere comunale di Rifondazione comunista, LuigiBon: «Ciò che per la destra rappresenta un problema, èinterpretato dal resto della popolazione come una ricchezzaculturale e linguistica del nostro territorio. In un’epoca incui in tutta Europa assistiamo alla caduta dei confini, siamochiamati ad investire nella promozione della convivenza.Dobbiamo renderci conto del ruolo fondamentale che rive-ste il riconoscimento dei diritti linguistici e della secolarestoria della comunità slovena a Ronchi dei Legionari, doveopera attivamente e con successo una scuola con linguad’insegnamento slovena. L’affissione delle tabelle è pre-vista dalle leggi del 1999 e 2001, quando quindici consi-glieri firmarono la richiesta di inserimento di queste zonenel territorio di tutela». Il consiglio comunale di Ronchi ha,inoltre, approvato (con solo due voti contrari e 18 favore-voli) l’articolo dello statuto che consente l’uso delle lingueminoritarie nel corso dei consigli comunali. A questo pro-

posito Fontanot ha aggiunto che, a causa del gemellaggiocon il comune di Wagen, è prevista l’aggiunta del toponi-mo tedesco sulla tabella all’entrata del paese.«Se ci sono le tabelle bilingue in Istria, perché mai nondovrebbero esserci anche da noi?». A chiederselo il pre-sidente del circolo culturale sloveno Jadro e operatore cul-turale, Karlo Mucci, che oltre a salutare con favore l’affis-sione delle tabelle, ne sottolinea l’importanza per la comu-nità slovena, invita anche il comune di Monfalcone a farealtrettanto e conclude: «Ora ci aspettiamo che la nuovaamministrazione comunale proceda al rinnovo della com-missione consultiva slovena».

I. De.(Primorski dnevnik, 10. 10. 2006)

IL COMMENTO

La politica della convivenza nel Monfalconese

Alla vista delle nuove tabelle stradali bilingui, che sono stateinstallatete a Ronchi dei Legionari, si prova un’insolita sod-disfazione poiché allo sloveno viene dato un posto di rilie-vo in una città collocata ai margini del territorio etnicamentedi lingua e cultura slovene. Non si tratta solo di qualchetabella simbolica, utile a sgravare la coscienza degli ammi-nistratori, come è già successo altrove. Sono, infatti, cen-tocinquanta le tabelle stradali affisse a Ronchi ben in vistasugli incroci, dal centro città alla strada che porta all’ae-roporto. Se, per esempio, una cosa simile accadesse aTrieste, scatenerebbe una vera e propria rivoluzione e indur-rebbe la gente a pensare che gli amministratori sono impaz-ziti. Il comune di Ronchi dei Legionari, invece, sottolineala normalità di questo intervento. Si tratta, infatti, di un ulte-riore passo in avanti verso l’affermazione di un bilinguismovisibile, attraverso il quale si vuole sottolineare il ricono-scimento della comunità minoritaria in un determinato ter-ritorio. La decisione dell’amministrazione comunale diRonchi è tanto più degna di lode se solo pensiamo a quan-ti scrupoli genera l’introduzione del bilinguismo visibilesoprattutto tra quelli che sul nostro territorio sono favore-voli alla minoranza ed alla convivenza.Non si tratta naturalmente di un caso o di un fatto unico insé, ma dell’esito di una politica, che già da anni sta matu-rando a Monfalcone sotto l’egida delle amministrazioni dicentrosinistra. Non ricordiamo che in essa abbiano maiesercitato la loro influenza posizioni antislovene, avanza-te dalla destra, che non sono mancate anche in questaoccasione. Un cenno va fatto anche al lodevole operato diimportanti istituzioni culturali, tra le quali il centro cultura-le polivalente che pubblica la nota rivista, rivolta alla pro-mozione della convivenza, «Il territorio». Questo ed altri cir-coli sono da anni interessati da una positiva ventata cul-turale, che ha contribuito a creare un’atmosfera, nell’am-bito della quale per la maggior parte delle persone la lin-gua slovena è diventata un valore e non un problema.È, inoltre, più che positivo l’operato della comunità slove-na locale, legata al circolo Jadro, della scuola diVermegliano-Romjan e del comitato dei genitori. Un lavo-ro oneroso, che passa spesso inosservato il loro, al qualesi aggiunge un altro tassello alla costruzione di una con-vivenza civile tra italiani e sloveni a Ronchi dei Legionari-Ronke.

Duœan Udovi@(Primorski dnevnik, 10. 10. 2006)

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TRIESTE-TRST

Scritte antislovene in via Montorsino

È stata lordata con scritte antislovene l’insegna della scuo-la elementare slovena in via Montorsino a Roiano, da qual-che anno dimessa per quell’uso. L’edificio ospitava la scuo-la elementare e media inferiore slovena «degli eroi diBasovizza-Fran Erjavec». Le aule ospitano attualmentelezioni della Glasbena Matica.L’atto vandalico è stato commesso durante la notte. In meri-to alla vicenda interviene il segretario dell’Unione slovena,Peter Mo@nik, che ha presentato un esposto alla Procuradella Repubblica, chiedendo che si proceda penalmentenei confronti dei responsabili.Nel documento Mo@nik sottolinea che non va perseguitosolo l’imbrattamento. «La scritta aggiunta dagli imbratta-tori è offensiva e violenta nei confronti della minoranza lin-guistica slovena autoctona della provincia di Trieste ed è,pertanto, reato previsto e punito dall’articolo 18-bis dellalegge n°482 del 15.12.1999. detto articolo è stato da ulti-mo modificato dalla legge n° 85 del 24. 02. 2006, che hainspiegabilmente diminuito le penne prima previste, vistoil tenore ed i contenuto della Convenzione di New York del1966 per l’eliminazione della discriminazione razziale edetnica, atto internazionale vincolante per l’Italia, più di unalegge ordinaria».Prosegue l’avvocato Mo@nik: «La legge n° 482 del15.12.1999 è operante in provincia di Trieste, come comu-nicato dal Ministero degli Interni al Consiglio d’Europa nelfebbraio-maggio del 2004, in occasione del periodico rap-porto sull’attuazione della Convenzione europea di tuteladelle minoranze, ratificata da anni dall’Italia e per essa vin-colante. Ad essa è necessario fare riferimento di intolle-ranza e di violenza (l’imbrattamento di una tabella di pro-prietà pubblica, indicante una scuola dell’obbligo della mino-ranza linguistica ricopre chiaramente entrambe le ipotesi)contro gli appartenenti alle minoranze linguistiche, singo-li o collettivi che siano. Innumerevoli sono gli episodi simi-li a quello denunciato, che si ripetono da anni e visto chei “soliti ignoti” ben potrebbero essere persone già note alleForze dell’Ordine o alla Giustizia, una perizia calligraficapotrebbe già dirimere i dubbi sugli eventuali responsabi-li».

(Il Piccolo, 11. 10. 2006)

SCUOLA

I genitori seguono le orme dei figli

L’alto numero di genitori iscritti al corso di sloveno per prin-cipianti, organizzato su iniziativa della direzione e dell’as-sociazione dei genitori della scuola con lingua d’insegna-mento slovena in via Brolo, a Gorizia, ha sorpreso anchegli stessi promotori. Nonostante non si tratti del primo corso,l’interesse catalizzato è notevole. Una risposta positiva que-sta che, auspichiamo, venga imitata anche altrove nel-l’ambito del territorio in cui risiede la minoranza slovena,e non solo a Gorizia.Tutto questo interesse nasce da finalità pratiche e si spie-ga con la volontà da parte dei genitori, italiani o di matri-moni misti, di apprendere la lingua slovena per poter segui-

re nello studio i propri figli, iscritti alla scuola slovena. Daqui deriva anche l’insolito approccio metodologico di inse-gnamento dello sloveno, che nella sua semplicità sembraquasi geniale: per una volta sono, infatti, i genitori a segui-re le orme dei figli nell’apprendimento della lingua, e nonviceversa come di solito accade. Un esempio interessan-te e motivante, se aggiungiamo il fatto che gli stessi geni-tori sono disposti a pagare per apprendere lo sloveno attra-verso lo svolgimento degli stessi compiti per casa che ven-gono dati ai loro figli.Cosa pretendere di più, dal momento che da tempo soste-niamo che si arriverà ad una svolta nell’affermazione dellaconvivenza e della reciproca comprensione solo quando inostri concittadini italiani e stranieri si sarebbero decisi adapprendere lo sloveno? Gorizia, il Monfalconese e forseanche altre località rappresentano un’isola felice e neces-sitano di ulteriori elaborazioni per trarne un modello effi-cace e duraturo, degno di essere imitato anche altrove nelterritorio di etnia slovena.Fin qui tutto bene, le difficoltà iniziano, come al solito, quan-do si tocca il tasto dei finanziamenti. Sin dalle prime fasi,infatti, la lodevole iniziativa della scuola di Gorizia si è tro-vata senza un’adeguata copertura finanziaria. Questo èanche il momento della verità, perché offre agli organi com-petenti la possibilità di dimostrare il loro reale interesse allapromozione della convivenza, all’affermazione della linguaslovena e a garantire un prospero futuro alle scuole slo-vene.

Duœan Udovi@(Primorski dnevnik, 15. 10. 2006)

TRIESTE-TRST

Corso di lingua slovena per i genitori

Al corso triennale iscritti italiani e croati

Sono 37 i genitori degli alunni che si sono iscritti al corsodi sloveno organizzato dalla direzione didattica della scuo-la dei santi Cirillo e Metodio in zona San Giovanni a Trieste. Il corso è stato organizzato in seguito all’esito di un son-daggio testato alla fine dello scorso anno scolastico su geni-tori italiani e stranieri. Come afferma la direttrice della scuo-la, Fiorella Ben@i@, il corso risponde ad un progetto di piùampio respiro, che prevede anche la lettura di quotidianiin lingua slovena, rappresentazioni teatrali con sottotitoliin italiano, la conoscenza delle attività economiche localie la partecipazione a varie manifestazioni culturali sia inregione che in Slovenia.Al progetto collaborano in rete la direzione didattica di SanGiovanni-Svet Ivan, che comprende le scuole per l’infan-zia di Lonjer, Barcola-Barkovlje, le scuole elementari Oton˘upan@i@ di San Giovanni e Fran Mil@inski di Cattinara, ladirezione didattica di San Giacomo. Vi collaborano, inol-tre, anche se non in rete: le scuole per l’infanzia comuna-li di Greta, San Giovanni e la casa dello studente [email protected] lezioni si terranno una volta alla settimana fino a novem-bre e il corso sarà triennale. Il corso è sovvenzionato daglistessi genitori, dal fondo della scuola e, per la maggior parte,dai finaziamenti stanziati in base alla legge di tutela 482/99,che prevede l’allargamento dell’offerta formativo-educati-va anche agli adulti. (…)

(Primorski dnevnik, 17. 10. 2006)

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SLOVIT N° 11 del 31/10/06 pag. 14

A colloquio con Maja Lapornik, coordinatrice del progetto Studio Art L’INTERVISTA

Un’opportunità per conoscere il teatro«Ottantasei iscritti in tre province è un numero straordinario per la nostra realtà»

A bbiamo chiesto a Maja Lapornik, coordinatrice e trai promotori della scuola di teatro slovena «Studio Art»di illustrarci il significato, le origini, il programma e di

parlarci dei giovani che si sono iscritti in gran numero.

Signora Lapornik, qual è il significato storico del teatro dellaminoranza in tema di tutela del patrimonio culturale e divalorizzazione dell’appartenenza nazionale?«È importante ed insostituibile il ruolo che, nel nostra realtàterritoriale, il teatro riveste in tema di tutela della cultura edi valorizzazione dell’appartenenza nazionale. Gli slovenidi Trieste iniziarono ad operare efficacemente in ambito tea-trale già immediatamente dopo il 1848, con la Primaveradei popoli. Le prime rappresentazioni sono state organiz-zate a Trieste dal Circolo slavo il 23 ottobre del 1849, sottola regia di Feliks Globo@nik. Nei primi anni Sessanta aTrieste, prima ancora che a Lubiana e Maribor, fu istituitala Sala di lettura slovena, centro di creatività culturale e,in seguito, teatrale. Nel 1874 fu istituito il gruppo teatraledei Dilettanti sloveni, attivo fino al 1902, quando venne isti-tuito il Circolo d’arte drammatica, che diede inizio all’atti-vità oggi promossa dal Teatro stabile sloveno e che dal1904 ebbe sede presso la Casa del popolo a Trieste. Pensi,nell’epoca in cui fu incendiato il Narodni dom e imperver-sava il fascismo, vennero messe in scena ben 245 operedella drammaturgia nostrana e mondiale! Per non dimen-ticare il Teatro popolare di Regent, che in quel periodo rive-stì un ruolo importante. Anche nell’illegalità l’attività teatralenon vene meno. Il nostro teatro ha, quindi, radici antichee riveste un ruolo importante nell’ambito del nostro patri-monio culturale».

Quando maturò nella comunità slovena l’idea di istituire lascuola di teatro?«L’idea in sé ha dei precedenti: in passato, infatti, il nostroteatro ha organizzato più volte corsi di teatro, che hannoriscosso successo. Così come rappresentano una costan-te nella nostra attività i corsi di dizione. A distanza di annidal primo tentativo di istituirle, questa è la prima volta chela Scuola di teatro investe il territorio regionale. (…) Dalungo tempo nella nostra realtà serpeggiava la volontà dipromuovere un progetto duraturo ed articolato con e per igiovani. Sono tanti, infatti, sul nostro territorio, i giovaniappassionati di teatro. È obiettivo dello Studio Art fornireai giovani una seria preparazione teatrale, e, avvicinandoi giovani all’ente teatrale (non solo al nostro), rafforzare illegame tra teatro e territorio, non da ultimo, alla formazionedi un ambizioso quadro che, in futuro, possa intraprende-re l’attività teatrale».

Perché Studio Art, da dove deriva e cosa nasconde que-sto nome?«Che ci creda o no, il nome è nato per caso, mi è venutospontaneo: due parole che in sé connotano l’operatività delprogetto. Vi si colgono, infatti, concetti quali la scuola, lostudio, l’arte…, tutti vocaboli che rispondono ai nostri obiet-tivi. Ma, in nessun modo, non essendo in lingua slovena,

vuol essere una negazione della nostra identità, che anziil progetto afferma ulteriormente».

Per l’estensione del territorio interessato, il progetto harichiesto una notevole abilità organizzativa. Quali sono statele maggiori difficoltà, che avete riscontrato? «Non parlerei di difficoltà, piuttosto della gran mole di lavo-ro che ha comportato. Per quanto mi riguarda, non è statofacile elaborare il concetto di scuola, che da una parte richie-de professionalità e aspirazioni, dall’altra attenzione alladisponibilità di finanziamenti, alle esigenze e alla fisiono-mia del territorio al quale il progetto è rivolto. Per non par-lare, poi, del lavoro minuzioso, spesso inosservato, checomporta l’impegno organizzativo e di coordinamento, sulquale non mi soffermo. Mi rallegra il fatto che la scuola diteatro sarà operativa anche nella Slavia friulana, dove hariscosso ampio interesse tra i giovani. Lavorare a questoprogetto, nel quale credo molto, è, quindi, per me fonte digrande soddisfazione».

Ci parli del programma previsto dallo Studio Art«Le lezioni si svolgeranno a Trieste, Gorizia e, in provin-cia di Udine, a San Pietro al Natisone, e saranno tenuteda diversi docenti. Una volta al mese sono, inoltre, previ-sti per tutti gli studenti laboratori intensivi, la visita ai sin-goli teatri e mostre, l’incontro con creatori e registi.Occasioni queste che, oltre a promuovere la conoscenzareciproca tra gli studenti, li coinvolgerà in due progetti comu-ni: gli studenti prepareranno insieme una serata di poesia,prevista per la fine di febbraio, e una rappresentazione peril gran finale».

Alla scuola di teatro si è iscritto un gran numero di giova-ni. Avevate già previsto questo successo o era inatteso?«Sì e no. Da anni seguo i giovani a livello di teatro ama-toriale e so quanto essi amino il teatro, che consideranoun luogo magico, nel quale sperimentare la propria crea-tività e cercare la libertà. Non mi aspettavo però questo suc-cesso: 86 iscritti in tre province è un numero straordinarioper la nostra realtà, che certo ci lascia soddisfatti e orgo-gliosi! Un numero che, oltre a sottolineare l’amore per l’at-tività teatrale nei giovani, è indicativo anche di una gene-razione che sa quello che vuole. La risposta di questi gio-vani è chiara e, da parte nostra, richiede il massimo impe-gno per rispondere alle loro attese».

La scuola si avvale di docenti noti ed affermati nel proprioambito. In base a quale criterio sono stati scelti?«In base alla levatura professionale e alla necessità di pro-porre un’offerta formativa di qualità ai giovani della mino-ranza slovena».

Fino a poco tempo fa le difficoltà finanziarie del Teatro sta-bile erano pane quotidiano per i media degli sloveni in Italiae se a questo aggiungiamo il clima avvilente in cui si dibat-te il sistema teatrale italiano, ne ricaviamo un quadro piut-tosto preoccupante. Ci sentiamo, però, sollevati se guar-

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SLOVIT N° 11 del 31/10/06 pag. 15

diamo al prossimo ingresso della Slovenia nel territorioSchengen. Un traguardo che ci lascia sperare in una suc-cessiva apertura dello spazio culturale e nell’intreccio dellepiù svariate esperienze in ambito economico, finanziario,formativo, sociale, ecc. In questo contesto come immagi-na il futuro lavorativo degli studenti iscritti allo Studio Art?«A questo proposito dobbiamo essere molto chiari nel sot-tolineare che, oggi, anche la migliore Accademia non assi-cura niente a nessuno. Oltre a questo, Studio Art non èun’accademia di arte drammatica. Per questo motivo il futu-ro lavorativo degli studenti non può essere la nostra preoc-cupazione primaria. Studio Art dà la possibilità di conoscereil teatro e sé stessi, di iniziare a cimentarsi con il teatro.Se decideranno di intraprendere questo mestiere, li aiute-remo e forniremo loro gli strumenti necessari. Il camminoprofessionale comporta, però, un percorso più lungo chenon può prescindere dall’Accademia. Chi ha le idee chia-re, riuscirà prima o poi a raggiungere il proprio obiettivo,ne sono certa. Per quanto riguarda le nuove prospettiveche, con l’adesione a Schengen si profilano all’orizzonte,penso che queste offrano anche al teatro nuove dimensionie sfide. Sta a noi sfruttarle pienamente. Vorrà pur dire qual-cosa il fatto che, tra gli iscritti allo Studio Art, vi sono anchealcuni giovani provenienti da Koper-Capodistria e da NovaGorica e altri ancora di nazionalità italiana, alcuni dei qualisi sono iscritti nel contempo anche a corsi di lingua slo-vena».

Vorrebbe aggiungere altro?«Sì, vorrei rivolgere un grazie sentito a molti: alle due orga-nizzazioni slovene più rappresentative (Confederazionedelle organizzazioni slovene-Sso, Unione culturale eco-nomica slovena-Skgz) e al direttivo del Teatro stabile slo-veno per aver sostenuto la fondazione della scuola, alleassociazioni culturali a Trieste, Gorizia e della SlaviaFriulana che hanno reso possibile la realizzazione mate-riale del progetto, ai docenti e collaboratori che, come me,confidano nella formazione teatrale dei nostri giovani. Sperodi riuscire a ricambiare questa fiducia».

Igor Gregori(Novi glas, 12. 10. 2006)

OPICINA-OP#INE

Draga 2006

Riflessioni su una delle più vecchie manifestazionidella minoranza slovena

Con i suoi 41 anni compiuti, la manifestazione culturale slo-vena Draga (organizzata a settembre a Opicina-Op@ine,ndt.) è una delle più vecchie sul territorio della minoranza.Non è una delle più frequentate né delle più amate, ma èsenz’altro tra quelle che godono di maggiore eco, nono-stante, con il passare degli anni, abbia perso quell’incisi-vità politica e ideale, che aveva acquisito in anni in cui erabandita la partecipazione non solo a Draga, ma anche alleserate organizzate dai Circolo degli intellettuali sloveni-Dsi.Draga resta, comunque, un polo d’interesse per molti vete-rani e anche per altri, atratti da sempre nuovi relatori e dagliargomenti trattati. Solo osservatori superficiali hanno rile-vato che è poco frequentata, nonostante sia vero che Dragaresta per alcuni un vero e proprio tabù, il che dimostra chele ideologie non sono ancora del tutto scomparse.

Anche se all’inizio Draga non riuscì a raccogliere intornoa sé molti simpatizzanti, sia nei circoli nostrani che all’e-stero, ha però saputo sollevare riflessioni e critiche, sia sulpiano ideologico che su quello politico. È, quindi, com-prensibile che sia stato rifiutato e condannato dalla com-pagine di sinistra (allora l’ingiuria «fascista» era usata quo-tidianamente). Ma anche i «nostri» non accolsero Dragaa braccia aperte: per alcuni era un vocabolo troppo «clan-destino», per altri troppo «cattolico» (quasi integralista), gliemigranti guardavano a Draga con diffidenza, perché allasinistra tendeva la mano del dialogo e della riconciliazio-ne. Nei primi anni Settanta vennero meno anche i timiditentativi di avvicinamento con la sinistra e ci vollero quasivent’anni per abbattere le resistenze al pluralismo, che allo-ra iniziava a farsi strada. Draga aprì, quindi, i battenti ai dissidenti, a critici più o menoaccaniti del regime della ex Jugoslavia e anche a quanti,all’indomani dello sfacelo dello Stato federale, presero ledistanze dalle posizioni comunemente diffuse, più tardiancora anche ai principali artefici del processo di demo-cratizzazione e di indipendenza della Slovenia. Il tempodiede ragione alla maggior parte delle posizioni critiche, chefurono oggetto di discussione e di riflessione nel corso diDraga. Lungi dall’essere una forma di autocompiacimen-to, con questo vogliamo solo sottolineare come Draga siauna delle poche occasioni, all’interno della comunità slo-vena, che dà libero accesso a tutti gli esponenti del mondoculturale, politico, artistico, ai pensatori di diversa estrazionepolitica e ideologica, che hanno a cuore le sorti del plura-lismo e della democrazia, dell’essere sloveni e del catto-licesimo, della società civile e della Chiesa. Il tutto animatodallo spirito del dialogo, necessario agli sloveni, dal momen-to che Draga non gode di molte imitazioni né all’interno dellaminoranza né in Slovenia. Un dialogo necessario per vin-cere la paura di fronte all’ignoto, al diverso, alla concor-renza e agli avversari, agli interlocutori. Dialogo che nondeve servire ad appianare le differenze, ma che ci deveinsegnare a vivere uniti nella diversità. Questo spirito èemerso anche nel corso dell’edizione di quest’anno, cheha visto l’impegno, diretto o indiretto, di tutti i partecipantia tessere un comune filo conduttore, che potremmo sem-plicemente interpretare come invito ad abbandonare lapaura, intesa come strumento di difesa, che ostacola lo svi-luppo di rapporti costruttivi tra i singoli, nella società, nellafamiglia, nella Chiesa. Una constatazione, questa, validaper tutti, a partire da Miran Koœuta, che ha parlato di miti,difficoltà e prospettive della cultura minoritaria. Come altri,intervenuti dopo di lui, Koœuta ha sottolineato la necessitàdella libertà di comunicazione, presupposto indispensabi-le per superare gli strascichi prodotti dagli scossoni e daglierrori del passato e per introdurre noi stessi e gli altri anuove opportunità.Tutti gli intervenuti e la maggior parte di quanti hanno presoparte al dibattito, hanno sottolineato che nella nostra cer-chia, più ristretta e più ampia, c’è ancora molto da cono-scere, da dire e da chiarire. Per questo motivo abbiamoancora bisogno di Draga e di manifestazioni simili.

Sergij Pahor(Naœ vestnik, ottobre 2006)

La Cooperativa Most pubblica anche il quindicinalebilingue Dom. Copie omaggio sono disponibili

allo 0432 700896

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LA RIFLESSIONE

Vera riconciliazione o mera formalità?

Negli ultimi tempi assistiamo ad una vera e propria onda-ta di riflessioni e posizioni sulla riconciliazione, chedovrebbe migliorare i rapporti tra Italia e Slovenia, attual-mente buoni sul piano formale, ma freddi. Alcuni ritengo-no opportuno allargare la riconciliazione anche allaCroazia, il che dovrebbe avviare una migliore collaborazionein tema di infrastrutture (corridoio n°5, integrazione dei porti,autostrada Trieste-Fiume, gasdotto, ecc.) e di politica euro-pea (euroregione) tra i porti che si affacciano sull’Adriaticosettentrionale. Anche se mascherati dietro linee di princi-pio, sono molte le voci interessate che, in nome delle stes-so principio, dovremmo respingere, se è vero che la ricon-ciliazione ha soprattutto un significato morale. Ma è anchevero che dalla summenzionata collaborazione dipende losviluppo di tutta la fascia confinaria e, quindi, anche di noistessi. Per quanto riguarda i benefici materiali queste vocisono quindi anche fondate e centrate.In linea di principio nessuno può né deve rifiutare la ricon-ciliazione, dal momento che un simile atteggiamento sareb-be ripugnante e darebbe adito al proseguio di quell’atteg-giamento ostile, causa di tutto il male commesso nel seco-lo scorso. Non potremmo mai affermare che la verità è rela-tiva, ma è anche vero che ognuno difende la sua ragioneed ha anche il diritto di farlo, ma solo entro i limiti concessidal dialogo, che diversamente non avrebbe senso. È dif-ficile essere giudice e vittima nello stesso tempo perché èimpossibile prendere sufficiente distanza verso le propriee le altrui antagonistiche argomentazioni. Per questo moti-vo ogni discussione, sia essa tra gli storici o i politici, tra icronisti, i commentatori o la gente comune, lascerà sem-pre qualche punto inespresso, non chiaro, che solleveràsuccessive polemiche. Probabilmente è vero che è impos-sibile soddisfare tutti.Va detto, inoltre, che quasi sempre l’impatto con la dialet-tica italiana è per gli sloveni deludente (negativo) (porazen).Ad ogni nostra argomentazione, per quano esplicita sia, l’in-terlocutore latino risponderà con un «Sì, sì, ma…». E a quel«ma» farà seguito una lunga elencazione di nuove argo-mentazioni, spesso senza alcuna attinenza con l’ogetto indiscussione, ma attraverso le quali, in un modo o nell’al-tro, si vuole respingere e rinnegare l’eventuale torto com-messo. Non riusciremo a venirne a capo se non siamo pron-ti al compromesso, il che spesse volte significa ignorare esottacere… Ma siamo davvero pronti a questo?Naturalmente non si tratta di denunciare chi ha sbagliatoe chia ha subito, dal momento che l’elenco delle accuseè per l’una e l’altra parte infinitamente lungo e controver-so. E, tuttavia, non è possibile trascurare alcuni aspetti: peresempio il fatto che l’Italia abbia per ben due volte invasoil territorio sloveno, appropriandosi di una sua larga fetta(con annessa la provincia di Lubiana), che con la minoranzaabbiano agito erroneamente sia l’Italia liberale che quellademocratica, per non parlare dei crimini commessi dal regi-me fascista, artefice della campagnia di snazonalizzazio-ne e di oppressione, su tutto il territorio in cui risiede la mino-ranza slovena. Un’Italia in cui, ancora oggi, si nega l’esi-stenza della comunità slovena nella provincia di Udine (l’o-rigine slovena dei dialetti parlati nella Slavia friulana, a Resiae nella val Canale, è stata, infatti, nuovamente ribadita nelcorso di un recente simposio degli slavisti), sloveni che negli

ultimi 130 anni hanno assistito ad una vera e propria ope-razione di pulizia etnica (laddove un tempo vivevano quasi40mila persone, oggi non si raggiungono le 10mila unità)e l’effettiva eutanasia culturale (la prima scuola slovena pub-blica è stata istituita solo nel 2001). Non si dimentichi, infi-ne, che la legge di tutela resta lettera morta. Nessun rap-presentante o istituzione italiani hanno mai chiesto scusaper tutto questo né al popolo sloveno né ai suoi rappre-sentanti né alla minoranza slovena. Questi sono i fatti.D’altro canto è anche vero che nel secondo dopoguerra laresistenza e il regolamento dei conti a sfondo ideologicohanno mietuto molte vittime tra la popolazione italiana; chemolti innocenti sono stati infoibati; che ancora oggi si igno-ra il luogo di sepoltura di molte vittime, che in tanti esul-tarono per l’esodo degli italiani dall’Istria, che la minoran-za italiana non sia stata adeguatamente tutelata inJugoslavia, che sia stata notevolmente ridotta di numerodal regime comunista (e il fatto che anche ad altri sia statoriservato lo stesso trattamento non ne sminuisce la gravità),che molti si irritano appena sentono parlare di restituzio-ne agli esuli dei beni immobili, ecc.Se si giungerà ad un atto di riconciliazione, cosa che ciauguriamo vivamente, i rappresentanti delle due nazioniinteressate concorderanno sugli argomenti da trattare neiloro discorsi ufficiali. Speriamo che alla comunità slovenanon venga dato motivo per altre lamentele. L’atto di ricon-cliazione tra Italia e Slovenia non allegerisce la responsa-bilità italiana verso la minoranza slovena, dal momento checi hanno perseguitato pur essendo noi cittadini italiani e nonci hanno riconosciuto i diritti costituzionali. La mancata attua-zione della legge di tutela rappresenta un vero atto di vio-lazione della Costituzione da parte del governo italiano.Spetta, invece, ai nostri rappresentanti sventare ogni ten-tativo di inganno, dal momento che la riconciliazione signi-fica innanzitutto riconoscere le proprie colpe ed errori.Per questo motivo è inaccettabile la scelta della Risiera diSan Sabba quale teatro dell’incontro di riconciliazione trai due (o tre) presidenti. Questa, infatti, simboleggia i cri-mini compiuti contro gli ebrei sotto l’occupazione nazista,quando l’Italia non c’era più. Se, infatti, la cerimonia aves-se luogo nella Risiera, si trasformerebbe in un atto di con-danna del nazismo e dell’antisemitismo, mentre restereb-bero nell’ombra i crimini perpetrati dall’esercito italianodurante l’occupazione della Jugoslavia e sul territorio in cuirisiede la minoranza slovena. Si ripeterebbe, così, l’assurdasituazione, che si ebbe nel secondo dopoguerra a causadel cedimento degli alleati, che temevano l’avanzata delcomunismo. Neanche uno dei centinaia di ufficiali italiani,accusati di aver commesso crimini di guerra in territoriojugoslavo, fu costretto a deporre davanti al giudice.Nutriamo, inoltre, dei dubbi anche sull’opportunità di coin-volgere la Croazia nell’atto di riconciliazione tra Italia eSlovenia. Quest’ultima infatti non ha conti in sospeso conla Croazia, vengono così meno le ragioni per una riconci-liazione su fatti riguardanti il passato. Il coinvolgimento dellaCroazia rischierebbe di indebolire l’importanza storica dellariconciliazione. Non ci aspettiamo una stretta di mano trai presidenti italiano e sloveno davanti al monumento aglieroi sloveni, sulla piana di Basovizza, ma proponiamo chela scelta cada su altri luoghi, come Gonars e la grotta diGramonza o, meglio ancora, la sala del parlamento sloveno.Scelta questa che ci sembra più adatta per l’importanzadell’evento. Proprio come è accaduto per l’atto di riconci-liazione del cancelliere Brandt, presso la sede del parla-mento in Polonia.

(Mladika, 8 / 2006)

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SLOVIT/SLOVENI IN ITALIA

Quindicinale di informazioneDIRETTORE RESPONSABILE: GIORGIO BANCHIG

EDITRICE: most società cooperativa a r.l.PRESIDENTE: GIUSEPPE QUALIZZA

DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE:33043 CIVIDALE DEL FRIULI, BORGO SAN DOMENICO, 78

TELEFONO: 0432 700896 - FAX 0432 701455E-MAIL [email protected] - STAMPA IN PROPRIO

REG. TRIB. UDINE N. 3/99 DEL 28 GENNAIO 1999ASSOCIATO ALL’UNIONE

STAMPA PERIODICA ITALIANA

U N A C O P I A = 1,00 E U R O

AB B O N A M E N T O A N N U O = 20,00 E U R O

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SLOVIT N° 11 del 31/10/06 pag. 17

STORIA

Mussolini smentisce la Lega Slava

A proposito di slavi e sloveni

Pare incredibile che, nonostante le affermazioni da partedegli esperti di linguistica, anche recenti, ed al riconosci-mento ufficiale, ancora si trovi qualcuno che si affanni anegare l’identità slovena alla popolazione della SlaviaItaliana, come titola Carlo Podrecca il libro dedicato alla suaterra. Libro, nel quale al Podrecca il fatto d’essere stato uncombattente garibaldino non impedisce di affermare che«non v’ha soluzione di continuità geografica e etnograficatra la Slavia Italiana e le altre propaggini slave» (EdizioniEst 1977, pag. 124). Nel suo libro «Il mio diario di guerra– MCMXV- MCMVII», Libreria del Littorio, il 15 settembre1915 Mussolini afferma: «Tappa a San Pietro al Natisone.Primo dei sette comuni in cui si parla il dialetto sloveno.Incomprensibile per me».A Robich, poi, dice, si fermano alcune ore, ed egli cercadi parlare con un bambino, che non lo capisce. In seguitosi annota tutto ciò che vede usando i nomi sloveni dellaregione. Non lontano da Caporetto da una cappella voti-va sul ciglio della strada copia perfino la dicitura slovena:«Nikdar noben se ni bil zapiscen / Ki v varstvu Marije jebil izzogen». Testo che, nonostante qualche errore di tra-scrizione, è testimone dell’identità del luogo.E Mussolini commenta: «No. Questi sloveni non ci amanoancora. Ci subiscono con rassegnazione e con malcelataostilità. Pensano che noi siamo di “passaggio” e che nonresteremo e non vogliono compromettersi, nel caso incuitornassero, domani, i padroni di ieri» (pagg. 109-110).Come si vede, anche per Mussolini, nel 1915, da San Pietroal Natisone a Caporetto non c’è soluzione di continuitàriguardo l’identità slovena della popolazione.Certo, dieci anni dopo, divenuto capo del Governo,Mussolini estese l’assimilazione degli sloveni da Cividalea tutta la Venezia Giulia, ma il progetto, grazie all’opposi-zione della popolazione, fallì. Tanto più sono perciò desti-nati a fallire, già sul nascere, i tentativi antistorici e ana-cronistici nell’ambito dell’Europa unita.

Boris Pahor(Dom, 15. 10. 2006)

TRIESTE-TRST

«Intrecci musicali» della Glasbena Matica

Iniziata lo scorso 25 ottobre la stagione concertistica

Comincia questa sera, alle 20.30, nella DeutscherHilfsverein di Trieste, la Stagione concertistica «Intreccimusicali» della Glasbena Matica. Il variegato e stimolan-te cartellone è composto con un'attenzione particolare alpanorama artistico della nostra regione e della Slovenia,ma l'arricchimento del programma di quest'anno provienedalle importanti collaborazioni di respiro internazionale anco-ra più ampio, mirato a coinvolgere nella rassegna soprat-tutto i musicisti dei paesi dell'est. Gli eventi, che sarannoproposti nel territorio delle tre province dove il centro musi-cale sloveno svolge la propria attività, spaziano dalle pagi-

ne sinfoniche e cameristiche al balletto, dall'etno alla liri-ca. L'inaugurazione di questa sera, come di consueto rea-lizzata nell'ambito del Festival internazionale di musica con-temporanea Kogojevi dnevi, vedrà protagonista il gruppoGaudeamus, formato dai dodici giovani pluripremiati arti-sti del centro culturale studentesco Skuc di Lubjana.L'ensemble, diretto da Aleksandar Spasi@, presenterà branidi Merku, Mihel@i@, Srebotnjak, Burkat, Voglar, Ramovœ eBo¡[email protected] maestro Spasic tornerà nel capoluogo giuliano il10 novembre, questa volta con un organico di oltre centomusicisti - quattro solisti, l'Orchestra da camera del litora-le e cori uniti di Domzale e Limbar-Moravce - che allaCattedrale di S. Giusto eseguiranno la «Messa diRequiem» di Mozart. Entrambe queste serate saranno aingresso libero. Sarà il Kulturni dom di via Petronio a ospi-tare tutti gli altri eventi inseriti nel percorso triestino dellaStagione, che proseguirà il 7 dicembre con il concerto delrinomato insieme vocale Ottetto sloveno , che celebra i 55anni dalla fondazione. Il 29 gennaio saranno di scenaTamara Raseni e Cristina Santin, con brani scelti della let-teratura per due pianoforti. Dalla Croazia approderà, il 18febbraio, l'Ensemble dei fiati dell'Accademia di musica diZagabria, mentre il 23 marzo avrà luogo il recital dell'arpi-sta di fama mondiale, Jasna Corrado Merlak. Infine, il 12maggio, i solisti, l'orchestra e il coro del Teatro dell'Operadi Lubiana porteranno sul palcoscenico del Kulturni dom«La Bohème» di Puccini. Ai teatri di Gorizia sono serbatitre eventi. Il fisarmonicista Igor Zobin si esibirà il 24 gen-naio al Kulturni Dom, dove il 26 febbraio gli ospiti saran-no Mauro Maur, primo trombettista dell'Accademia dellaSanta Cecilia di Roma, e la pianista Françoise deCloosey, con un programma dedicato alle celebri musicheda film di autori italiani; nel Teatro Verdi, invece, il 30 marzo,la compagnia di balleto del Teatro nazionale di Lubiana pro-porrà «Romeo e Giulietta» di Prokofjev. Due gli appunta-menti a S. Pietro al Natisone: il 9 febbraio, nella Chiesa diVernasso, suonerà il Quartetto d'archi affiancato dall'arpa,dall'Accademia di musica di Lubiana, e il 19 aprile, nellapalestra comunale di Liessa, il quartetto Jaraja proporràmusiche popolari slovene in una versione insolita. Tutti iconcerti avranno inizio alle 20.30. Per ulteriori informazio-ni: [email protected], telefono 040 418605, [email protected], 0481 531508.

Dejan Bozovi@(Il Gazzettino, 25. 10. 2006)