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Classe 3^D Istituto Comprensivo di Cadorago Scuola secondaria di primo grado di Cadorago Durante l’estate abbia- mo letto il libro “Nel mare ci sono i coccodril- li” e, al rientro della scuola, lo abbiamo ana- lizzato accuratamente. Ci siamo divisi 6 grup- pi, ogni gruppo aveva un capitolo diverso: Af- ghanistan, Pakistan, Iran, Turchia, Grecia e Italia; uno per ogni tap- pa del viaggio di Enai- tollah. La professoressa Bernasconi, ci chiedeva: la sintesi del capitolo, completare una tabella con le indicazioni di quando arriva, quanto si ferma, come arriva, chi incontra, cosa fa per vivere, quando parte, come parte, perché par- te; presentare le figure significative del capito- lo; descrivere la vita nel luogo in qui si trova, quanto tempo resta, cosa fa e come vive; infi- ne compiere degli ap- profondimenti relativi a quel capitolo, per esem- pio, situazione dell’Af- ghanistan, il lavoro mi- norile, i clandestini / profughi / regolari ecc… . Per ultima cosa la pro- fessoressa ci ha chiesto di scrivere tutti i lavori su un documento di Microsoft Word, per poi inserirli su una pagina di publisher. È stato molto divertente e istruttivo per lavorare meglio in gruppo e per conoscere un’esperienza di vita drammatica an- che se a lieto fine. Fabio Geda E’ l’autore del libro “Nel ma- re ci sono i coccodrilli”. E’ lui che raccoglie la testimonian- za del lungo viaggio di E- naiatollah e ce la racconta. Fabio Geda è nato e vive a Torino ha pubblicato diversi romanzi tra cui segnaliamo “Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani” il cui protagonista è un tredicen- ne. Enaiatollah in Af- ghanistan 2 Enaiatollah in Paki- stan 4 Enaiatollah in Iran 6 Enaiatollah in Tur- chia 8 Enaiatollah in Gre- cia 10 Enaiatollah in Italia 12 Conclusioni 14 Sommario Nel mare ci sono i coccodrilli Gennaio 2015 Volume 1, Numero 1

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Classe 3^D Istituto Comprensivo di Cadorago Scuola secondaria di primo grado di Cadorago

Durante l’estate abbia-mo letto il libro “Nel mare ci sono i coccodril-li” e, al rientro della scuola, lo abbiamo ana-lizzato accuratamente. Ci siamo divisi 6 grup-pi, ogni gruppo aveva un capitolo diverso: Af-ghanistan, Pakistan, Iran, Turchia, Grecia e Italia; uno per ogni tap-pa del viaggio di Enai-tollah. La professoressa Bernasconi, ci chiedeva: la sintesi del capitolo, completare una tabella con le indicazioni di quando arriva, quanto si ferma, come arriva, chi incontra, cosa fa per vivere, quando parte, come parte, perché par-te; presentare le figure significative del capito-lo; descrivere la vita nel luogo in qui si trova,

quanto tempo resta, cosa fa e come vive; infi-ne compiere degli ap-profondimenti relativi a quel capitolo, per esem-pio, situazione dell’Af-ghanistan, il lavoro mi-norile, i clandestini / profughi / regolari ecc… . Per ultima cosa la pro-

fessoressa ci ha chiesto di scrivere tutti i lavori su un documento di Microsoft Word, per poi inserirli su una pagina di publisher. È stato molto divertente e istruttivo per lavorare meglio in gruppo e per conoscere un’esperienza di vita drammatica an-che se a lieto fine.

Fabio Geda E’ l’autore del libro “Nel ma-re ci sono i coccodrilli”. E’ lui che raccoglie la testimonian-za del lungo viaggio di E-naiatollah e ce la racconta.

Fabio Geda è nato e vive a Torino ha pubblicato diversi romanzi tra cui segnaliamo “Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani” il cui protagonista è un tredicen-ne.

Enaiatollah in Af-ghanistan

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Enaiatollah in Paki-stan

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Enaiatollah in Iran 6

Enaiatollah in Tur-chia

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Enaiatollah in Gre-cia

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Enaiatollah in Italia 12

Conclusioni 14

Sommario

Nel mare ci sono i coccodrilli

Gennaio 2015 Volume 1, Numero 1

Enaiattolah ,il protagonista, è nato in Afghanistan a Nava, nel distretto di Ghazani, zona abitata da soli afghani con occhi a mandorla e naso schiaccia-to.

Era un Hazara, per questo veniva trat-tato molto male da talebani e Pashtun.

I Pashtun sono un gruppo etnico- lin-guistico,che abita in prevalenza in Af-ghanistan.

Suo padre era un commerciante, lavo-rava per i Pashtun che lo obbligavano ad andare in Iran a prendere merce per loro, altrimenti facevano del male alla sua famiglia. Venne ucciso in montagna da alcuni banditi che vole-

vano la merce e quando i Pashtun ven-nero a saperlo chiesero i soldi a suo zio e poi a sua madre.

Sua madre era una casalinga, curava i suoi 3 figli e teneva in ordine la casa.

I Pashtun volevano o i soldi o il figlio per lavorare come schiavo, così la ma-dre decise di farlo fuggire in Pakistan.

AFGHANISTAN: SINTESI

lui lasciarlo era doloroso. Abitava in una casa fatta di 2 stanze: una dove tutti dormivano, una per gli ospiti e un angolo per fare il fuoco e cucinare. Al 2^ piano c’era un magazzino per il cibo degli animali e fuori un’altra cucina per l’estate, e un cortile grandissimo con alberi da frutto. Avevano una mucca e 2 pecore e i campi coltivati a grano. Di solito giocava con gli amici a Bazul-Bazi. E’ questo un gioco molto diffuso tra i bambini afgani; si usano ossa di pecora fatte bolli-

re, quindi molto facili da modellare. Il gioco consiste nel buttare gli ossi e a seconda delle combinazio-ni delle diverse facce si decreta il vincitore. Il gioco è una versione del gioco dei dadi. Si può giocare anche come fossero biglie. Enaiatollah passava le giornate con gli altri bambini a giocare e questo per la madre era un bene perché se arrivavano i creditori a prenderlo, non poteva essere rico-nosciuto. Di notte invece dormiva in una buca, quando la buca fu troppo piccola per lui la madre de-cise di portarlo in Pakistan.

Enaiatollah viveva in Afghanistan, insieme alla sua famiglia. Suo pa-dre era un commerciante, invece sua madre era una casalinga. Lui e la sua famiglia vivevano a Nava, un paese perfetto, fatto be-nissimo. Non era tecnologico e non c’era energia elettrica, ma le lampade a petrolio e si coltivano le mele. La zona in cui viveva era il distretto di Ghazani, abitato solo da afgani con occhi a mandorla e il naso schiacciato. In Afganistan c’è stato fino a quando aveva 10 anni e per

LA VITA DI ENAIATOLLAH IN AFGHANISTAN

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Nel mare ci sono i coccodrilli

Il maestro hazara del villaggio di Nava nel distretto di Ghazani è stato ucciso ieri dai talebani. I talebani erano andati già alcuni giorni fa per chiudere la scuola , ma il maestro ha continuato il suo lavoro e si è rifiutato di chiudere l’unica scuola hazara. Così ieri i talebani hanno circondato la scuola hanno fatto uscire tutti gli alunni, li hanno fatti mettere in cerchio e in mezzo hanno chiamato il maestro e il preside. Il maestro era immobile, con le braccia lungo i fianchi, con grande dignità ha affrontato i suoi assassini, prima che gli sparassero ha salutato con serenità i suoi ragazzi. La scena è stata terribile. La scuola hazara è stata chiusa e Enaiatollah, uno degli studenti, ci ha detto:’’La vita senza scuola è come la cenere.’’

Maestro hazara ucciso dai talebani E’ accaduto a Nava un piccolo villaggio nel distretto di Ghazani

Lettera alla mamma

ché loro, i pashtun non parlano persiano, mentre noi poco, ma lo capiamo. Avevano detto a mio padre che se non gli obbediva, uccidevano la sua famiglia cioè noi. Mio padre è morto, dicono che sulle montagne un gruppo di banditi abbiano as-salito il suo camion, l’abbiano uc-ciso e si siano impossessati della sua merce. Quando i pashtun lo vennero a sapere, vennero a casa nostra e dissero che papà aveva fatto un danno e che noi lo dove-vamo ripagare. Andarono da mio

zio, il fratello di mio papà. Mio zio ha cercato per tanto tempo di aiutarci, ma un giorno disse che non sapeva come ripagare, e che quello non era un problema suo. Così sono venuti da mia madre. Mia madre ha vissuto con la paura e ci faceva stare sempre con gli altri bambini di giorno e di notte dormivamo in una buca. Caro Diario io adesso vado, de-vo incontrarmi con Marco. Ciao a presto Ena

Caro Diario, Oggi mi manca molto mio padre. Mio padre non c’è più. E’ morto quando avevo sei anni –forse. A-desso ti racconto la sua storia, o meglio la storia che è stata rac-contata a me. Era un commer-ciante e i pashtun lo avevano ob-bligato ad andare in Iran e a tor-nare con il camion, per prendere i prodotti da vendere nei loro ne-gozi: coperte, stoffe e altre co-se. Perché noi siamo sciiti come gli abitanti dell’Iran, mentre i pashtun, sono sunniti e poi per-

Il papà

Volume 1, Numero 1

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Cara mamma Come stai? E gli altri? In Italia mi trovo molto bene, vivo presso una famiglia che mi ha accolto. Ho un sacco di amici e mi manca molto un amico incontrato in Pakistan. Ti ricordi quel giorno in cui ci siamo allontanati? Ricordo ancora la sera in cui tu mi hai stretto e mi hai detto che non dovevo mai fare uso di droghe, mai usare le armi e rubare? Sai ti ho ascoltato e l’ho sempre fatto. Se avessi saputo che quella era l’ultima sera che ti abbracciavo e che stavamo insieme, non ti avrei mai lasciato andare via e quell’abbraccio l’avrei fatto durare per sempre. Quando siamo partiti non avrei mai immaginato che sarebbe stato un viaggio senza ritorno, non avrei mai voluto lasciare l’Afghanistan, la mia famiglia e tu lo sapevi per questo non me lo hai detto. So che hai fatto tutto questo per me, per difendermi, per darmi una possibilità di libertà, perché io potessi, forse, costruirmi un futuro che se rimanevo in Afghanistan mi sarebbe stato negato. Deve esserti costato molto separarti da me e per questo ti sei allontanata mentre dormivo perché se fossi stato sveglio non avremmo potuto separarci. Mamma, mi manchi molto. Non ho dimenticato niente di te: il tuo sorriso, le tue carezze, i tuoi abbracci, niente di niente. Ti voglio bene, un grosso bacio Enaiatollah

Enaiatollah in Afghanistan Partenza Nava, il suo paese natale 1^ tappa Kandahar Quando arriva Un sera, dopo 3 giorni di viaggio a piedi e con passaggi di fortuna su camion

Con chi Un uomo accompagna lui e la mamma Cosa porta con sè Sacchetto stoffa con ricambio,mangiare,fave e datteri 2^ tappa Quetta in Pakistan dopo il transito a Peshawar Quando arriva Dopo ore e ore di viaggio su un camion che trasporta pali della luce

Con chi Un uomo, Shaukat

Enaiatollah è stato abbandonato dalla madre in Pakistan, a Quet-ta in un Samavat Qzazi dove ave-vano trovato alloggio. Prima trova lavoro nel samavat

di Kaka Rahim perché non sa dove andare. Lì fa tutti i lavori che gli vengono richiesti, dal puli-re le fognature, al lavoro di cucia-na, al servizio fuori dal samavat

per i clienti. In seguito tro-va lavoro come venditore ambulante, al mercato. Il primo giorno non vende niente perché non sapeva come fare, e non guadagnò niente, alla sera litigò con dei ragazzi Pasthum, ma viene aiutato da alcuni ra-gazzi hazara tra cui Sufi con cui stringe un forte le-game di amicizia.

Lavora per un po’ come vendito-re, ma poi lascia il lavoro perché con Sufi ha deciso di fuggire clan-destinamente in Iran, dove spe-rano di trovare condizioni di vita migliori siccome per la loro etnia è difficile vivere in Pakistan. Per andarsene si affidano a un trafficante di clandestini, perché era l’unico modo di farlo con una certa “sicurezza”. Con altre per-sone salgono su un camion dove sono tutti ammassati. Un uomo, sul camion, cerca di buttare giù Enaiatollah, ma viene salvato da un altro uomo che lo proteggerà fino all’arrivo in Iran.

Pakistan: sintesi

accettò. Il primo giorno, per Enaiat fu anche peggio del primo giorno al Samavat. Dopo una litigata con un gruppo di ragazzini Enaiat si ritrovò a terra e Sufi lo aiutò a rialzarsi e grazie a questo fatto riuscì a cono-scerlo. Fece amicizia con dei ra-gazzini hazara, ma in particolare con Sufi, con lui trascorse molto tempo e non volle tornare al Sama-vat per non perdere il suo amico e gli altri ragazzini con cui fece ami-cizia. Passavano i giorni e Enaiat sentì delle voci che dicevano che in Iran si viveva meglio per vari motivi: motivi religiosi, perché era-no sciiti e motivi di lavo-ro. Gli venne l’idea di andare, ma prima chiese un consiglio a Kaka Ra-him che con la sua solita sigaretta in bocca gli rispose che faceva bene ad andarsene, poi gli diede un foglio con un nome di un trafficante di uomini in modo che lo potesse portare in Iran. Sufi decise di andare

con lui, assieme andarono dal traf-ficante e, anche svuotando le ta-sche del pirhan, non avevano ab-bastanza denaro per pagare il viaggio, quindi, il trafficante gli dis-se che lui li avrebbe portati in Iran, ma loro avrebbero dovuto lavorare per lui in un posto, loro furono felici della sua proposta. Il giorno dopo alle otto, dopo un viaggio in pul-lman, con un altro gruppo, si sono ritrovati al confine e al loro turno il trafficante fece salire Sufi dietro e Enaiat davanti, dopo un lungo viaggio arrivarono ad una città chiamata Kerman in Iran.

Dopo che Enaiatollah viene abban-donato dalla madre (per protegger-lo) la sua vita si complica, perché non capendo la lingua non ha aiuto dai cittadini del posto. Decise di chiedere aiuto a Kaka Rahim dato che aveva molti clienti che parlava-no in lingue diverse, Kaka Rahim riusciva a capire ciò che Enaiat gli diceva. Kaka Rahim era il gestore del Samavat che era una specie di hotel, Enaiat gli chiese se poteva lavorare per lui all’inizio disse di no, ma poi ci ripensò e disse di sì perché era un ragazzo educato. Al samavat Ena svolgeva ogni tipo di lavoro, in cucina, di pulizia, a servi-zio dei clienti e in giro per la città. Era molto scrupoloso nel suo lavo-ro e anche il lavoro più umile era svolto con dignità. Un giorno il pro-prietario di un negozio gli chiese di andare da lui e dato che ci aveva già parlato ci andò. Arrivato lì gli chiese se poteva lavorare per lui e fare il venditore e che a differenza di Kaka Rahim lo avrebbe pagato. Enaiatollah ci pensò e ne parlò con lo stesso kaka Rahim e alla fine

LA VITA DI ENAIATOLLAH IN PAKISTAN

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Nel mare ci sono i coccodrilli

Cara Mamma, Mi hai lasciato qui solo al Sama-vat di Rahim. Quando sono rima-sto solo sembrava che un gigante mi avesse preso tra le mani per farne una polpetta. Ho chiesto a Rahim di lavorare con lui e ha accettato io gli volevo saltare ad-dosso per la gioia. Io l’ho benedet-to per la sua generosità. Io lo guardavo con la sua sigaretta in bocca, con le ciabatte e il pirhan bianco e gli ho augurato una lun-

ga vita come quella delle piante. Certo non mi avrebbe pagato, ma avevo un posto dove vivere. In cucina ho incontrato uno che mi dava buoni consigli e mi diceva come non farmi ammazzare e per lavorare in modo che Rahim fosse contento. Rahim, quando ha visto che non combinavo pasticci, mi ha man-dato a consegnare il chay nei negozi. Rahim mi ha insegnato

come salutare, come contare i sol-di senza dovere guardare la moneta. Quando ho trovato un altro lavoro pensavo che kaka Rahim si arrab-biasse, ma lui ha capito e mi ha detto che facevo bene, anzi mi ha detto che potevo cantare su di lui. E così è stato che mi sono rivolto per chiedergli consigli quando ho pensato di andare in Iran. E’ stato come un padre per me.

Kaka Rahim

TABELLA

Volume 1, Numero 1

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QUANDO ARRIVA: dopo quattro giorni di viaggio

QUANTO SI FERMA: un anno e qualche mese

COME ARRIVA: con un camion a Quetta

CHI INCONTRA: Rahim,Sufi,Osta Sahib, Gioma detto Sufi

COSA FA PER VIVERE : prima lavora al samavat, da kaka Rahim, poi per osta sahib ,vende merce al liaqat bazar

QUANDO PARTE: il mattino presto e a sera tardi arriva in Iran

COME PARTE: con un pullman di linea fino al confine poi su un camion di un trafficante di uomini

PERCHE’ PARTE: perchè in Iran dicevano che c’era più lavoro, inoltre in Iran erano sciiti come gli hazara di cui fa parte Enaitollah.

Caro Fratello, a Quetta ho conosciuto un ragazzo che si chiama Sufi. Il suo vero nome è Gioma, ma è chiamato Sufi per-ché è uno che rimane sempre in disparte, tranquillo e silenzioso come un monaco, anche se a volte crea più problemi di tutti. L'ho conosciuto durante una lite con dei ragazzi la prima sera di lavoro come vendi-tore. Con lui ogni giorno condividevo il cibo e le serate dopo il lavoro al bazar. Una sera gli ho comunicato che volevo lasciare il Pakistan per andare in Iran, lui è rimasto in silenzio per alcuni minuti, come suo solito poi ha detto che sarebbe venuto con me. Siamo andati insieme dal trafficante e lui era così tranquillo e silenzioso quanto io ero agitato e preoccupato. Per fortuna lui era con me. Spero che la nostra amicizia continui e si rafforzi col tempo. Non so come farei senza Sufi. A presto tuo Enaiatollah

Sufi

Enaiat e Sufi lasciarono il Pakistan ed entrarono in Iran. Sfortunata-mente l’ultimo viaggio fu scomodo ed Enaiat si stremò e si ammalò. Giunsero a Kerman, furono portati in una casa a due piani e ci resta-rono due settimane. Furono setti-mane in cui Enaiatollah ebbe la febbre alta e fu curato da un si-gnore che viaggiava con loro. Si riprese in tempo per riprendere il viaggio in treno verso Qom e quin-di a Esfahan, una delle più belle città dell’Iran. Qui furono portati in un cantiere e lavoravano come muratori, era un

lavoro faticoso, ma veniva pagato bene, anche se i primi mesi lo sti-pendio era dovuto ai trafficanti. Non uscivano mai dal cantiere e Sufi decise di trasfe-rirsi a Qom. Dopo essere stato rimpa-triato due volte anche Enaiatollah si trasferi-sce a Qom e lavora in una fabbrica di pie-tre.Il venerdì che era il loro unico giorno libero andavano a giocare a calcio ocn altri ragazzi. Fu lì che Enaiatollah sentì par-

lare della Turchia e così decise di andare. Sufi decise di rimanere in Iran. Così si salutarono nella spe-ranza di incontrarsi di nuovo.

do tremendo che li racchiudeva. Tutti in quel cantiere erano clande-stini e Enaiatollah e Sufi avevano paura: paura della polizia, paura di farsi vedere, paura di quello che sarebbe potuto succedere, aveva-no paura anche di andare a fare la spesa. Dopo poco Sufi va a Qom in un altro cantiere. Dopo essere stato rimpatriato due volte, Enaiat-tolah raggiunge Sufi a Qom e lì i due si ritrovarono e continuano la loro tremenda avventura. Enaitollah lavora in una fabbrica

IIl primo lavoro di Enaiatollah in Iran fu a Esfaham .Qui faceva il muratore in un cantiere, viveva con Sufi e gli altri nel palazzo che sta-vano costruendo. Lavorava con altri immigrati clandestini e i primi mesi non prendeva lo stipendio perché doveva pagare ai trafficanti il suo viaggio dal Pakistan. Per loro il cantiere non era solo una casa, era un mondo, era il loro sistema solare. E per i primi tre mesi, nè Enaiatol-lah nè Sufi misero piede fuori da quel cantiere, da quel piccolo mon-

per la lavorazione della pietra, in condizioni davvero faticose e terri-bile, tanto che una volta si ferisce con una pietra, ma prima di curarsi deve terminare il suo lavoro. Vive costantemente nella paura di essere catturato e portato in un centro di permanenza. L’incubo di tutti i clandestini era quello di esse-re mandati a Telisia o a Sang Sa-fid, due centri di permanenza leg-gendari per i profughi afghani. E-naiatollah li definisce due campi di concentramento, luoghi senza spe-ranza.

IRAN: sintesi

La vita in Iran

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Nel mare ci sono i coccodrilli

Kaka Rahim, sono arrivato in Iran e sto lavo-rando. La vita trascorre mono-tona sempre al cantiere. Mi tro-vo bene con i miei compagni di lavoro, viviamo isolati per pau-ra di essere scoperti. Tuttavia, un giorno, stavamo lavorando quando arrivò la polizia che bloccò tutte le vie di fuga. I poli-ziotti ci hanno radunato e cari-

cato su un furgone e kaka Hamid è salito a prendere i soldi per pa-gare il nostro rimpatrio. Ci hanno portato in un campo, ci hanno rasato la testa e caricati sui ca-mion per Herat. Quando siamo arrivati ci hanno fatti scendere. A noi non è rimasto altro che con-tattare altri trafficanti per ripor-tarci in Iran.

Lettera a Kaka Rahim

Telisia e Sang Safid, ma ho tanta paura e penso che raggiungerò il mio amico Sufi, che ha conosciuto anche lei, a Qom. Almeno mi sentirò meno solo e ci faremo coraggio insieme. La ringrazio per tutto quello che ha fatto e per i suoi buoni consigli, spe-ro di farle saper presto altre notizie. Ena

Tabella

che la situazione nella nostra provincia è drammatica. Così ho cercato i trafficanti per ritornare in Iran. Lungo la strada siamo capitati in un posto di blocco, i poliziotti ci hanno perquisito, vo-levano tutto quello che avevamo. Io avevo il mio orologio e non vo-levo darglielo, ma mi hanno pic-chiato ed ho ceduto. Ci hanno lasciato andare e ci sia-mo incamminati. Quando abbia-mo passato il confine una macchi-na della poli-zia e una ca-mionetta sono spuntate e hanno comin-ciato a sparar-ci. Tutti ci sia-mo messi a correre, io sen-tivo fischiare le pallottole e correvo sem-pre più veloce.

Correvo e pensavo a te, a mio fratello, a Sufi a Kaka Rahim. Ho pensato di essere invisibile così, non so come, mi sono salvato. Ho avuto molta paura e quando ho smesso di correre ho pensato che non volevo più avere così paura. In quel momento ho deciso che sarei andato in Turchia. Tuo Enaiatollah

Cara mamma, ora che tutto è passato posso rac-contarti cosa mi è successo. Stavo andando a Qom per raggiungere il mio amico Sufi, il ragazzo con cui ho fatto amicizia in Pakistan, quando sul pullman è salita la polizia che mi ha preso. Mi hanno portato nella cucina di una caser-ma con montagne di piatti e pen-tole sporche e mi hanno messo a lavarle. Dopo ore e ore di lavoro, con altri ragazzi abbiamo carica-to macchine e furgoni. Sono ri-masto lì 3 giorni poi mi hanno lasciato libero e sono tornato in Iran. Sono arrivato a Qom a pie-di. Ero felice di essere con Sufi. Lavoravo in una fabbrica di pie-tre. Una notte sono arrivati nella fabbrica i poliziotti per rimpa-triarci. Siamo stati scaricati in Afghanistan dopo che abbiamo pagato il nostro rimpatrio. Ho pensato anche di ritornare a casa da te, ma qualcuno mi ha detto

Lettera alla mamma

Volume 1, Numero 1

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Enaiatollah arriva con Sufi in Iran a Kerman poi a Esfahan Dove arriva

Arrivati, stanno con altri immigrati clandestini nel cantiere Dove vive

Per sdebitarsi egli lavora per 4 mesi per il trafficante in un can-tiere con Sufi alla periferia della città. Dopo il rimpatrio va a Qom e lavora in una fabbrica per la lavo-razione della pietra

Cosa fa per vivere

Viene rimpatriato 2 volte a Herat disavventure

circa 2 anni quanto tempo rimane

Dopo i rimpatri ha paura e decide di andare in Turchia Perché decide di lasciare Iran

Dopo aver deciso di lasciare l’Iran, Enaiatollah chiede quanto costa il viaggio, ma è una cifra che non poteva permettersi. Stava per ri-nunciare quando dei ragazzi che lavoravano con lui, decisero che sarebbero partiti anche loro e che gli avrebbero pagato il viaggio. Enaiatollah e i suoi compagni si recano a Theran e prima di partire fanno acquisti: scarponi, vestiti ca-rini per quando saranno a Istanbul. Partirono all'alba prendendo un

pullman con la paura dei posti di blocco, passarono Tabriz e giunsero a Salmas, ultima città dell’Iran prima delle montagne. Erano in 77 divisi per etnie per evitare litigi. Iniziò così la lunga marcia tra le montagne per su-perare il confine. Marciavano di notte e di giorno dormivano. Col passare dei giorni molti non riu-scivano a camminare e soppor-tare il freddo e venivano abban-donati. Dopo 27 giorni di cam-

mino arrivarono in cima e dopo 2 era-no in Turchia. Li portarono in un magazzino abban-donato dove, dopo pochi giorni, arrivò un camion che tra-sportava ghiaia, sotto aveva un doppio fondo e dentro lì li chiuse-ro: erano

TURCHIA: sintesi

Arrivato ad Istanbul, Enaiatollah vive al parco e cerca di entrare in contatto con la comunità afgana, ma sen-za risultati. Al mattino si recava vicino al bazar in attesa che qualcuno offrisse un lavoro. Non tutti i giorni riusciva a lavorare, quando veniva chiamato il lavoro era faticoso e a sera veniva pagata per la gior-nata. Enaiatollah si pente di essere andato in Turchia per-ché sembra impossibile avere una vita dignitosa an-che se rispetto all’Iran si sentiva più libero e non ave-va paura. Raccattava il cibo in giro e si lavava quando capitava a casa di qualcuno. Una sera sentì parlare della Grecia. Non voleva met-tersi ancora in viaggio dopo quella drammatica espe-rienza vissuta per arrivare in Turchia. Allontana da sé quell’idea per alcuni mesi cercando un modo digni-toso per vivere, ma non riuscendo a trovare alcun la-voro continuativo decide di partire.

LA VITA DI ENAIATOLLAH IN TURCHIA

Pagina 8

Nel mare ci sono i coccodrilli

una cinquantina e ognuno aveva 2 bottigliette d’acqua, una piena e una vuota per la pipì. Arrivarono sulle co-ste della Turchia dopo un estenuante viaggio. A Istanbul la vita non era facile, il lavo-ro non c’era e Enaiatollah si era quasi pentito di aver lasciato l’Iran , fino a che incontra dei ragazzi afghani decisi ad andare in Grecia. Lui dicendo che conosce l’inglese si unisce a loro. Un trafficante li porta sulla costa di fronte all’isola di Lesmo e da loro un kit e un gommone con cui attraverseranno il mare per andare in Grecia.

I trafficanti scafisti sono persone che organizzano illegalmente viaggi di fortuna per paesi piú prosperi in cui ricostruirsi una vita questi viaggi sono fatti su navi di fortuna spesso mezze rotte o in disuso da anni queste

persone che intraprendono questi viaggi e pagano molti soldi agli scafisti. I viaggi però spesso si con-cludono in malora a causa dell’af-fondamento di queste navi ,le bar-che sono sempre sovraffollate e senza alcun igiene e aiuto medico infatti anche se il viaggio procede

I trafficanti scafisti

Tabella

Volume 1, Numero 1

Pagina 9

QUANDO ARRIVA Enaiatollah arriva in Turchia dopo essere stato in Iran

QUANTO SI FERMA circa due mesi

COME ARRIVA Arriva a piedi dopo aver attraversato le montagne , gli ultimi tre giorni di viaggio li trascorre nel doppio fondo di un camion senza poter né mangiare né bere né fare la pipì Arriva completamente stremato

CHI INCONTRA Incontra un ragazzo afghano

in realtà è più di uno, sono quelli con cui parte sul gommone! Era-no in 5

COSA FA PER VIVERE cerca lavoro in un bazar vicino al Bosforo, ma non ci sono molte possibilità

QUANDO PARTE quando un trafficante gli regala un gommone

COME PARTE Parte con un gommone che gli ha ha dato un trafficante e con dei giubbotti di salvataggio

PERCHE' PARTE Parte perché il paese risulta inospitale

muoiono o arrivano in fin di vita visto che i trafficanti permettono di portare una scorta di viveri limitati. In ogni paesino di questi paesi poveri tutti sanno a chi rivolgersi se vogliono compiere questi viaggi.

Lettera a Farid Caro Farid, Voglio parlarti delle persone che ci hanno accompagnato nel viaggio dall’Iran alla Turchia. Sono persone strane i trafficanti, infatti, si sono sottoposti alla nostra stessa fatica e al freddo che abbiamo patito noi; tutto questo per dei soldi. Non si rendono conto che vendono e com-prano la vita degli uomini! In quel viaggio sono stati poco sinceri anche

se credo lo abbiano fatto per non scoraggiarci. Ci avevano detto che l atraversata delle montagne durava 3 giorni, ma è avvenuta in 27. quan-do siamo arrivati ci hanno tenuti nascosti in un garage, poi è avvenu-to quello che credo essere stato il momento più terribile di tutto il mio viaggiare: il tragitto nel doppio fon-do del camion. Non avrei mai pensa-to che degli uomini potessero essere trattati così. Capisco perché chia-

mano quegli uomini trafficanti per-ché in quel momento sei solo merce. Non importa a nessuno se stai male, se vivi o se muori. Perché non hanno un po’ di umani-tà? Ce l’ho fatta io, ma penso ai tanti che non sono riusciti e sono morti nel viaggio senza nessun con-forto. Mi chiedo: perché deve succe-dere tutto questo. A presto Enaiatollah

Enaiatollah parte con i suoi com-pagni dalla Turchia con un gom-mone e vanno verso la Grecia. Durante il viaggio uno di loro, Liaqat, muore e dopo un po’ tutti si addormentano e la mattina si ritrovano in Grecia. Nascondono il gommone e, siccome hanno per-so vestiti e cibo, Enaiatollah va al supermercato, ma gli altri poi lo raggiungono e rubano del cibo. Arriva la polizia e arresta lui e un altro compagno mentre gli altri riescono a scappare. La mat-tina dopo, siccome urlavano, li hanno lasciati andare. E ritrova-rono gli altri. Lui si allontana e si nasconde, intanto i suoi compa-gni vengono catturati dalla poli-zia. Prosegue da solo, si trova in un cortile di un’abitazione e si addormenta vicino a un albero. Una signora che abita in quella casa lo sveglia, gli dà mangiare e lo veste bene. La signora poi gli fa prendere il pullman e gli dà 50 euro. Arriva a Mitilene e prende il biglietto per il traghetto. Sul traghetto incontra Jamal dell’ Iran. Arrivati ad Atene sono an-

dati in un parco e hanno fatto amicizia con dei ragazzi. Dormi-vano nel parco. La mattina sono andati a una chiesa e gli hanno dato da mangiare. Poi ha trova-to un lavoro per le olimpiadi che poi sono iniziate e quindi ha finito il lavoro. Decide di parti-re per l’Italia. Jamal gli ha det-to di andare in un ambulatorio perché se fosse stato fortunato avrebbe avuto permesso di sog-giorno. Ma lì sono successe cose strane e quindi scappa e vede tutti che ridevano, anche Ja-mal.

tile, era dolcissima. Credo che ce ne siano poche di persone come lei. Di solito le persone guardano a noi immigrati clandestini con diffidenza, pensano che siamo ladri o persone non per bene, lei non ha avuto nessun pregiudizio, mi ha trattato come un figlio ac-cogliendomi nella sua casa. Gra-zie a lei potevo sembrare un vero turista e non un clandestino! Non so nemmeno il suo nome, ma questo non importa, importante è stato il suo gesto e la sua umani-

Caro Sufi, è da un po che sono arrivato in Grecia. Ho incontrato una signo-ra molto gentile che mi ha aiuta-to. Mi sono ritrovato nel suo giar-dino, dopo essere fuggito per non farmi arrestare dalla polizia, e mi sono addormentato. Lei mi ha svegliato e mi ha accol-to in casa sua, mi ha fatto fare la doccia, mi ha dato da mangiare e mi ha vestito bene. Mi ha anche dato dei soldi. È stata molto gen-

tà! Fra un po? credo che partirò per l’Italia, qui non c’è più lavoro! Tanti saluti. Enaiatollah

Grecia: sintesi

Lettera a Sufi

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Nel mare ci sono i coccodrilli

È rimasto ad Atene fino a metà settembre. Poi prende il treno per Corinto e doveva partire con un trafficante, ma i controllori lo trovavano sempre così decise di andare in spiaggia e si unisce a degli afghani che volevano partire. Ogni tanto provavano a salire su un camion. Una sera Enaiatollah riesce a salire su un camion e imbarcarsi. E’ rimasto chiuso lì per tre giorni, poi la nave si è fermata.

Caro Rahim, Prima di partire per la Grecia ho incontrato dei ragazzi con i quali ho viaggiato. Il viaggio è stato un disastro ( e uno di loro è anche morto) ma alla fine siamo arriva-ti riconoscendo la Grecia grazie alla bandiera. Dopo un po’ di tempo loro sono stati arrestati, ma io sono riusci-to a scappare e la polizia non mi ha preso. Ho proseguito da solo il viaggio. Poi sul traghetto ho incontrato il

mio amico Jamal. Quando siamo arrivati ad Atene, io e Jamal, abbiamo fatto amicizia con dei ragazzi al parco e ab-biamo vissuto con loro per un po’. Quando ho deciso di partire per l’Italia sono andato al porto e mi sono unito a un gruppo di afghani e poi sono riuscito a par-tire. Un abbraccio

Enaiatollah

Lettera kaka Rahim

Tabella

sperienza: abbiamo dormito su dei cartoni e arrivavano sempre persone strane, perciò dovevamo stare più che attenti. La vita non è stata comunque facile, ma poi ho iniziato a lavorare per le olim-piadi, lavoravo come muratore negli impianti sportivi che veni-vano costruiti. Quando sono ini-ziate il lavoro per noi era finito. Percio’ poi ho deciso di partire per l’Italia. Ho passato qualche giorno al porto con degli afghani

ma poi sono riuscito a salire su un camion e imbarcarmi. La mia esperienza in Grecia è stata posi-tiva, ma ancora non posso dire di aver trovato un luogo in cui sta-re, non dico in cui sentirmi a ca-sa, ma almeno al sicuro e protet-to. Spero che le condizioni migliore-ranno. Tanti saluti. Enaiatollah

Caro Osta Sahib, ora sono in Italia, sono arrivato da poco perchè prima ero in Gre-cia che apparentemente sembra un luogo tranquillo e in effetti lo è, tranne per il fatto che c’è in giro la polizia e sono già stato arrestato una volta. Però ho cono-sciuto una signora che mi ha aiu-tato a sembrare un vero turista. Dopo un po sono andato con Ja-mal e altri ragazzi a vivere nel parco. Non è stata una bella e-

Lettera osta Sahib

Volume 1, Numero 1

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Quando arriva Arriva la mattina Quando si ferma Alcuni mesi Come arriva Arriva con i suoi amici e il gommone

Chi incontra Incontra una signora e viene catturato dai poliziotti

Quando parte Parte su un camion che si imbarca in una nave

Come parte Una sera,dopo metà settembre

Perché parte Perchè vuol andare in Italia per trovare lavoro, pen-sa che lì si stia bene

Enaithollòah è arrivato in Italia su una nave dalla Gre-cia, ma non regolarmente, infatti si è nascosto su un camion che era nella stiva. In seguito, sceso dalla nave a Venezia, ha proseguito a pie-di, arrivando alla stazione dei pullman e lì è salito per andare a Piazza Roma dove si riposa per poi ripartire su

un treno per Roma dove spe-ra di incontrare un amico che può aiutarlo. A Roma, il suo vecchio ami-co, di nome Payam non c’era, era a Torino. Così Enaiatol-lah parte per Torino e si in-contra con Payam che chia-ma dei suoi conoscenti, Mar-co e Danila, una famiglia che lo potevano ospitare. Ha vis-

suto per un cero periodo in comunità poi è stato definiti-vamente ospitato a casa di Marco e Danila. Enaitollah ha richiesto e ot-tenuto lo status di rifugiato in Italia. Ora vive a Torino e ha potuto rimettersi in con-tatto con sua madre in Af-ghanistan.

ospitalità in Italia e se non mi avessero ospitato non sarei po-tuto andare alle superiori, inol-tre, sarei dovuto stare in quella brutta casa famiglia dove ho trascorso pochi mesi prima di trovare una sistemazione. Sono contentissimo di stare con questa famiglia perché mi sento molto a mio agio. Ricordo la prima sera che sono stato da loro, ero imbarazzato e non sa-pevo come comportarmi, perciò cercavo di imitarli. Dopo cena

Caro diario, ti vorrei raccontare dei miei due nuovi genitori Marco e Danila. Loro sono anche i genitori di Matteo e Francesco; con me so-no molto ospitali, gentili e mi fanno sentire a casa. Anche se non parliamo la stessa lingua ci capiamo ugualmente, con gesti e oggetti. Noi viviamo a Torino, oltre le colline, con tre graziosi cani. Li ho conosciuti grazie ad un mio amico perché avevo bisogno di

mi hanno fatto vedere una ca-mera, io non sapevo nemmeno cosa fosse un pigiama, avevo sempre dormito con i vestiti. E la mattina, la colazione con spremuta, budino e biscotti. In-credibile! E’ grazie a loro che è cominciata la mia seconda vita e sarò per sempre riconoscente. Questo è il mio posto per crescere, da qui non voglio andar via. Enaiatollah

ITALIA: sintesi

Marco e Danila

territoriali permanenti e a giugno sostiene l’esame di terza media. A settembre si è iscritto ad una scuola per operatori dei servizi sociali. All’inizio la scuol aè difficile per lui sia perché conosce po-co l’italiano sia perché i com-pagni non lo accettano in quanto a lui piace andare a

scuola. Al termine della se-conda superiore incontra la commissione e viene accetta-ta la sua domanda di asilo in Italia. Si conclude così dopo otto anni il lungo viaggio di Enaiatollah. Ora può dirsi a casa.

In Italia, Enaiatollah, va a Torino dove c’è l’amico Pa-yam che lo aiuta a trovare una prima sistemazione, da un amico, in una casa fami-glia, infine da Danila e Mar-co. Vive fuori Torino in una casa isolata con tre cani. Ri-comincia ad andare a scuola e frequenta i corsi dei <centri

LA VITA DI ENAIATOLLAH IN ITALIA

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Nel mare ci sono i coccodrilli

Glossario

Tabella

Volume 1, Numero 1

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Quando arriva: A Venezia dalla Grecia nella stiva di una nave. Da lì

Quanto si ferma Per sempre

Come arriva Su una nave

Chi incontra A Torino incontra un suo vecchio amico, Payam, che lo aiuta a trovare una sistemazione. Incontra Danila e Marco che ottengono il suo affidamento

Cosa fa per vivere Va a scuola e lavora (dopo la scuola)

PROFUGO: chi si allontana dal paese di origine per le persecuzioni o per una guerra, rivolta o catastrofe naturale. CLANDESTINO: lo straniero entrato in un paese senza regolare visto di ingresso o con un visto o con un visto scaduto o non ha lasciato il paese anche dopo che è stato ordinato il suo allontanamento. IMMIGRATO REGOLARE: persona che risiede in uno stato con un permesso di soggiorno rilasciato dal-le autorità competenti. RIFUGIATO: è una persona che temendo di essere perseguitata per motivi di razza , religione, opinioni politiche, fugge per non mettere a rischio la sua vita, persona che ha ottenuto asilo politico . RICHIEDENTE ASILO: è la persona che chiede lo status di rifugiato che dovrà essere concesso dopo un’analisi della situazione del paese d’origine e sua personale DIRITTO D’ASILO è un diritto umano fondamentale che è nella Dichiarazione Universale dei diritti del-l’uomo. Viene concesso a chi sia perseguitato nel suo paese per ragioni politiche, religiose, razziali, ecc. PASHTUN e HAZARA: sono gruppi etnico-linguistici che popolano l’Afghanistan. I pashtun sono il grup-po più numeroso, sono musulmani sunniti; gli hazara sono solo il 15% della popolazione afghana, sono di origine mongolica e parlano il dialetto persiano. Sono musulmani, ma di fede sciita. TALEBANI: sono gli studenti delle scuole coraniche; con questo termine oggi si indica la popolazione fon-damentalista islamica, spesso non sono istruiti conoscono solo il Corano a memoria e si attengono scrupo-losamente a quanto c’è scritto in esso.

Martin, Federico, Alex, Clara, Chiara, Jorge, Alì, Riccardo, Lorenzo, Alessandro, Talika, Maria Grazia, Massimo, Sara, Florjan, Federico, Fatima, Gloria, Mattia, Viviana, Jacopo, Ulisse, Margherita Impaginazione a cura di: Floriano, Ulisse e Alfredo

aspetti che prima prendevo per scon-tati, pensando che non fosse nulla di particolare. La sua non è la semplice storia di un ragazzino che, dopo otto anni ritrova la madre persa in un a-notte, ma è molto di più, è una storia intrigante con molte avventure che con fatica riesce a superare. Noi tutti dovremmo imparare da lui e dalla sua esperienza. Ci sono molte morali nel suo libro da cui dovremmo prendere spunto e che ci potrebbero servire nella vita di tutti i giorni. Una di queste che sem-bra la più banale, ma a mio parere la più utile, è: Vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Non intendo dire di fare pazzie, oppure la prima stupi-daggine che viene in mente, ma co-gliere l’attimo che (non si sa mai) potrebbe essere l’ultimo, stare con gli amici, la famiglia, soprattutto con la famiglia, dato che abbiamo la for-

Nel mare ci sono i coccodrilli – Fa-bio Geda. Chiudi gli occhi ed immagina. L’amore di una madre che per sal-varti la vita ti abbandona, solo, in un luogo che non ritieni tuo, che non ti appartiene, non lo definisci casa, perché quella non è casa tua. E la lingua? Non sai neanche quella, non conosci nessuno e nessuno conosce te. Mille domande ti risuonano nella mente contemporaneamente: E adesso cosa faccio? Dove dormo? Dove mangio? Ma tu, neanche tu trovi la risposta a tutte queste domande. E’ una situa-zione terribile, così terribile che ne-anche ritieni sia opportuno immagi-nare. Enaiatollah Akbari ha vissuto que-sto, tutto questo sulla sua pelle. Leggere il libro che parla della sua storia mi ha aperto gli occhi su molti

tuna di averla a differenza di Enaia-tollah e a differenza dei molti immi-grati che ogni giorno vengono in Italia per sperare in una vita miglio-re, non per cattiveria, ma per vivere. E chissà loro che storia hanno da raccontare. Fatima Seydi.

Per concludere

Come si trova un posto per crescere? Come lo si distingue da un altro? Lo riconosci per-ché non ti viene voglia di andare via. Non esistono posti perfetti. Ma esistono posti do-ve, per lo meno, nessuno cerca di farti del male. La scelta di emigrare nasce dal bisogno di respirare. Mia madre ha deciso di sapermi in pericolo lontano da lei, ma in viaggio verso un futuro differente che sapermi in pericolo vicino a lei, ma nel fango della paura di sempre. I fatti sono importanti. La storia è impor-tante. Quello che ti cambia la vita è la cosa che ti capita, non dove e con chi.

Classe 3^D

Istituto Comprensivo di

Cadorago Scuola

secondaria di primo

grado di Cadorago

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