Sogni di bimbo a passo uno - Università degli studi di...

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41 LABORATORIO Eraldo Giunchi, nei panni di Cinessino, e Guido Petrungaro, alias Momi, sono bambini protagonisti di tre distinte pel- licole italiane di propaganda a soste- gno dell’impresa bellica italiana nella Grande Guerra, prodotte tra il 1915 e il 1917. Le storie narrate, tra realtà e sogno 1 , apparentemente destinate a un pubblico infantile, sono rivolte anche a chi rimane a casa ad aspetta- re i soldati. Oltre ai figli, i genitori e le mogli: «era anche questo un modo per familiarizzare il pubblico, bambini com- presi, con lo scontro in atto, conferen- dogli un significato emozionante e ras- sicurante insieme attraverso una pro- cedura che combinava avvicinamento e distanziamento» 2 . Un particolare importante che accomu- na le tre produzioni si riscontra nelle ambientazioni contemporanee, ovvero fuori dalle ormai consuete metafore implicite alle ricostruzioni storiche del Sogni di bimbo a passo uno L’animazione nel film muto italiano di propaganda bellica (1915-1917) di Denis Lotti A cab 177 lab spostamento.qxd 23/07/2014 18.36 Pagina 41

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Eraldo Giunchi, nei panni di Cinessino,e Guido Petrungaro, alias Momi, sonobambini protagonisti di tre distinte pel-licole italiane di propaganda a soste-gno dell’impresa bellica italiana nellaGrande Guerra, prodotte tra il 1915 e il1917. Le storie narrate, tra realtà esogno1, apparentemente destinate aun pubblico infantile, sono rivolteanche a chi rimane a casa ad aspetta-re i soldati. Oltre ai figli, i genitori e le

mogli: «era anche questo un modo perfamiliarizzare il pubblico, bambini com-presi, con lo scontro in atto, conferen-dogli un significato emozionante e ras-sicurante insieme attraverso una pro-cedura che combinava avvicinamentoe distanziamento»2.Un particolare importante che accomu-na le tre produzioni si riscontra nelleambientazioni contemporanee, ovverofuori dalle ormai consuete metaforeimplicite alle ricostruzioni storiche del

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L’animazione nel film muto italiano di propagandabellica (1915-11917))

di Denis Lotti

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kolossal e del film in costume d’ante-guerra, quando gli autori erano defacto obbligati ad alludere al presentemettendo in scena guerre antiche,

medievali, napoleoniche o risorgimen-tali (tra i temi più gettonati nella produ-zione nostrana di allora), che consenti-vano d’evitare problemi con la censurae gli alleati (austriaci) sempre più sco-modi. Con Cinessino e Momi, invece,siamo dinanzi alla rappresentazionedella guerra novecentesca che, grazieal cinematografo, entra a far parte del-l’immaginario visuale degli italiani diallora, affiancando con forza le più tra-dizionali immagini fotografiche o illu-strazioni pubblicate da quotidiani eperiodici. Inoltre, c’è un valore aggiun-to che oggi tendiamo a dare per scon-tato: grazie al medium più recente,infatti, la guerra si può osservare inmovimento e nei luoghi di battagliareali, ancorché ricostruiti. Insomma:finalmente si possono vedere i nostrisoldati (e i loro nemici) in azione. Mapersiste un problema che accomuna ilcinema dei primi anni, soprattutto perquanto riguarda produzioni che si avvi-cinano al moderno concetto di instantmovie, a basso costo, ed è dato dalnumero di comparse sempre moltoridotto e rimproverato dai critici dell’e-poca per la scarsa verisimiglianza e ilrischio di un risvolto involontariamentecomico. Non mancano alcuni espe-dienti: celebre è quello messo in scenaper La caduta di Troia del 1911, ovve-ro la corsa in circolo delle stesse com-parse dentro e fuori lo spazio dell’in-quadratura, nascosto dal fondale sce-nografico, che illude lo spettatore –forse quello un po’ meno attento dialtri – di trovarsi dinanzi a un esercitosmisurato3. Ma non funziona, adesempio, quando i due eserciti si fron-teggiano in una battaglia campale afavore della macchina da presa. Ecco

Pubblicità di un cinematografo lucchese del1915

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che giunge in aiuto l’espediente delpasso uno con risoluzione creativache accontenta anche i più esigenti.Una prima grande svolta nelle nostreproduzioni cinematografiche bellichedeclinate alla messa in scena del con-temporaneo è data dalla guerra italo-turca (1911-1912): anche il cinemaitaliano è impegnato al fronte, vero oricostruito, e il medium è utilizzato invece di notiziario, con veri e proprireportage dal fronte chiamati cine-attualità, e precursori del cinegiorna-le4. Del resto le potenzialità del mezzosono molte, e viviamo in piena fasesperimentale. Anche per quantoriguarda la finzione, utilizzata senzascrupoli di sorta, con presunte ripresedi battaglie “dal vero”, ma che non losono affatto.

1. CinessinoIl primo dei due film che vedono prota-gonista il piccolo Eraldo Giunchi è Ilsogno patriottico di Cinessino. Direttoda Gennaro Righelli, tra i più importan-ti e longevi registi italiani, e prodottodalla Cines, il film è realizzato pocoprima dell’entrata in guerra dell’Italia,approvato con il Visto di Censura del 1maggio 19155. La seconda pellicola èintitolata Il sogno del bimbo d’Italia,diretto dall’esordiente RiccardoCassano6, e viene proiettata in salanel dicembre del medesimo anno7. Inentrambe le pellicole Cinessino èinterpretato da Eraldo Giunchi, cheall’epoca ha cinque anni. All’anagrafeè registrato Eraldo Giorgio Guillaume:figlio di una celebrità del cinema italia-no di allora, Armanda Lea Giunchi8, edi Natale Guillaume, fratello del piùnoto Ferdinando (Tontolini/Polidor).

Lea Giunchi è tra le poche donne delcinema muto a rivestire ruoli comici e,a propria volta, è protagonista di unaproduzione seriale nominale. Eraldodiviene noto al pubblico con il nome‘aziendale’ di Cinessino, da Cines, lacasa di produzione romana che pub-blicherà sedici pellicole con protagoni-sta il bambino, tra il 1914 e il 1915, edella quale sarà la mascotte ufficiale,almeno in questo biennio. In Il sogno patriottico di Cinessino ilprotagonista – vestito con la divisa dabersagliere – sogna di imitare le gestadei soldati italiani ai tempi della guer-ra italo-turca del 1911-1912, oppurein una delle continue insurrezioni deibeduini arabi – non è dato saperlo enon pare decisiva la contestualizzazio-ne passata o presente9. Cinessinosogna di andare di persona in Libiaper combattere i nemici dell’impero: ilsuo apporto è talmente decisivo che inostri vinceranno la battaglia e laguerra. Cosicché, come recita l’ultimadidascalia, il piccolo bersagliere salva«Bandiera e anche il papà», che real-mente sta combattendo in Africa. Main questo primo episodio non c’è spa-zio per animazioni di sorta: il salto diqualità lo ritroveremo nel film succes-sivo che, con questo appena citato,forma l’ideale dittico di Cinessino chesogna la guerra.Il sogno del bimbo d’Italia sembrarichiamare un precedente illustre,sempre di produzione Cines, del1909: Il piccolo garibaldino. In questofilm, di registro completamente diver-so, si anticipa la trama di Il sognopatriottico di Cinessino, ma al contra-rio di Eraldo, il giovane garibaldinoperde la vita sul campo di battaglia.

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Nel finale assistiamo a una quantome-no consueta apoteosi laica, che ritraela madre mentre bacia – non senzariferimenti religiosi e cristologici – il forodel proiettile confittosi nel petto delragazzo, mentre l’allegoria dell’Italiaturrita li osserva, ieratica, da lontano. Ma i film patriottici così drammaticisembrano andar bene quando rievo-cano il passato, meno bene quando sivuol rassicurare sul presente. Eccoche una metamorfosi avviene con ilsecondo film onirico di Cinessino, nelquale la guerra è ulteriormente evoca-ta per mezzo di un espediente innova-tivo, almeno per il cinema italiano diallora e che ci porta nel cuore delnostro percorso.Nell’ottobre 1915 la Cines mette inscena Il sogno del bimbo d’Italia, delquale si conserva un manifesto pressola Biblioteca Alessandrina di Roma10.Non si tratta di un sequel del prece-dente, è un episodio che segue le leggi

anarcoidi della serie, legata più allacelebrità (oppure, quando c’è, al divi-smo) del personaggio/attore che a unapiù o meno data coerenza narrativa.Per questa ragione dette produzioniseriali non vengono prodotte secondouna trama che riprende l’episodio pre-cedente e nemmeno apre a uno suc-cessivo (ad esempio con l’espedientedel cliffhanger). In sostanza sono sto-rie autoconcluse e autoreferenziali. Ilsoggetto, l’ambiente – a parte il nomedel personaggio e dell’attore che loincarna – sono ogni volta reinventati.Questo espediente consente maggiorelibertà agli autori, come per i film coevidi Charlot, o di Maciste, famoso perso-naggio del muto italiano, per citare duecasi celebri. Il sogno del bimbo d’Italia,a differenza del precedente, è prodottoquando ormai l’Italia è coinvolta inpieno nel conflitto mondiale: non servepiù evocare altre guerre, ma le ambien-tazioni e l’avversario sono proprio quel-li della Grande Guerra. La parte chepiù interessa al nostro percorso dedi-cato al passo uno, che coincide con ilclou del film, riguarda la simulazione diuna battaglia: da una parte i bersaglie-ri, dall’altra gli asburgici. Anche questavolta il padre di Cinessino è un bersa-gliere impegnato al fronte. Il film dàconto dell’uomo ritratto in trincea,dopo un prima sequenza che mostral’addio alla moglie e al figlio, e poitorna sulla quotidianità di questi ultimi.La donna dà a Cinessino la buonanot-te, ma il piccolo è eccitato dall’idea delpadre in guerra e, non appena lamadre lascia la stanza, riaccende laluce e si getta a giocare coi suoi solda-tini immaginando le imprese dei bersa-glieri. Ma il bimbo, subito dopo, sbadi-

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questo caso, invece, con i soldatini ani-mati a passo uno si ha un respiro diver-so e la regia si concede visioni a volod’uccello. Da una parte l’immaginazio-ne e il sogno, dall’altra la possibilità dimostrare, di creare effetti e utilizzareambientazioni molto diverse, consen-tono a Il sogno del bimbo d’Italiaanche una libertà narrativa sconosciu-ta nel primo film. Un aspetto, quellomostrativo, debitore delle origini delcinema, del cosiddetto cinema-attra-zione, qui declinato certamente allatrovata, all’animazione, ma pure all’e-vocazione della guerra in manieramolto efficace e incisiva, veridica. Ilfilm era dato per disperso, almeno finoa quando, un copia, verisimilmentecompleta, ancorché dilatata e contor-nata da un mascherino giustapposto,non è apparsa sul canale You Tube12.Si tratta di una versione dotata di dida-scalie inglesi, prodotta per il mercatobritannico assieme ad altri film diCinessino, e tra essi Il sogno patriotti-co di Cinessino13. La copia è introdottada un testo italiano giustapposto, euna didascalia equivoca che lo defini-sce «film di regime del 1915». Graziealla ricomparsa di questo film possia-mo guardare con occhi diversi l’ultimapellicola, ben più celebre delle prece-denti (pur facendo le debite proporzio-ni di questa fama) del nostro percorsotra i sogni di guerra infantili: La guerrae il sogno di Momi.

2. MomiUna terza pellicola omologa, ma piùtarda, appare in sala nell’aprile 1917,prodotta dalla torinese Itala Film, tra iconcorrenti più importanti della Cines.È il sorprendente La guerra e il sogno

glia e si assopisce appoggiando il caposul tavolo. Da qui in poi il gioco conti-nua nel sogno: i soldatini si animanooccupando un plastico che ricostruisceun paesaggio brullo e delimitato all’o-rizzonte da una catena montuosa.Entrambi gli eserciti iniziano la batta-glia frontale, i reparti si muovono ordi-natamente l’uno contro l’altro. In unainquadratura successiva sparano colpia ripetizione che rilasciano di volta involta nuvole di fumo. Seguono mano-vre di navi da guerra, un bombarda-mento aereo e di nuovo un assalto allabaionetta tra i due eserciti. Infine, unbersagliere e un soldato nemico sifronteggiano in duello; mediante meta-morfosi, i due soldatini tornano a esse-re uomini in carne e ossa, ed è allorache il bersagliere, ossia il padre diCinessino, affonda la baionetta nelfianco del nemico ed esulta togliendo-si il cappello piumato, allargando lebraccia al cielo, in segno di vittoria.Una dissolvenza ci riporta a Cinessinoche si risveglia; la madre è attiratanella stanza da letto del piccolo; men-tre gli rimbocca le coperte, lui le dicetrionfante che il papà, dopo aver ucci-so tutti i nemici, sta tornando a casa11.In effetti è così: qualche giorno dopo ilsoldato, bendato alla testa, ritorna daipropri cari, per la gioia di Cinessino cheindossa il cappello piumato del padreed esclama: «Mummie dear, what did Itell you, papa is very strong. LONG LIVE

ITALY!». Sull’abbraccio a tre si contem-pla il lieto fine. Se nel precedente film di Cinessino sinotavano i limiti della messa in scena,poche le comparse, scene povere,visione strettamente frontale, coninquadrature asfittiche e ravvicinate; in

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di Momi14, a differenza dei precedenticitati già oggetto di numerosi studi15.La pellicola si avvale della tecnica delgrande creatore di effetti speciali spa-gnolo Segundo de Chomón16 che inquesta occasione dirige anche le partigirate con attori in carne e ossa.Ancora una volta il tema del sogno edella guerra, dunque, con soldatini chesi animano per combattersi l’un l’altro.Nel sogno si realizzano quegli espe-dienti narrativi che si possono riscon-trare anche in produzioni estere suc-cessive; ad esempio Charlot soldato è,come rileva Alonge, affine a «La guerraed il sogno di Momi […], che, sotto lespoglie ancora più stranianti, e pertan-to rassicuranti, dell’animazione, rac-conta la guerra del Novecento – il pre-dominio della tecnologia, la morte dimassa, i gas – con una lucidità impen-sabile per il cinema “dal vero” (peral-tro, i due film, benché diversissimi,sono uniti anche dalla presenza deltema del sogno)»17. Qualche annoprima un film che secondo un cronistaha fatto «oggetto di una bizzarra [sic]satirica […] la grande guerra»18, pren-de il titolo Il sogno di Don Chisciotte19,

prototipo letterario di riferimento diquesti sogni di guerra infantili, moltopiù dei poemi cavallereschi, per unanota caricaturale implicita; ciò nonsfugge alla censura che, nel luglio1916, ne impedisce la circolazione20. Eppure il sogno consente licenzeimpensate per una messa in scena‘realistica’: è un altrove nel quale pos-sono trovare posto anche temi scabro-si e violenti, come vedremo. Segundode Chomón è tra i migliori creatori difilm a trucchi, ha raffinato la tecnicadel passo uno, togliendo le legnosità egli inceppamenti meccanici percepitinei film delle origini, donando aglieffetti speciali la grazia e la fluiditàdella verisimiglianza. Un esempio cele-bre della sue capacità illusorie si puòriscontrare nel finale di Cretinetti chebello. Cretinetti, interpretato dal comi-co francese André Deed21, è talmenteambito dalle donne che, in un momen-to di contesa generale, viene fatto apezzi da un agguerrito gruppo di spasi-manti. Ma, una volta che le donne fug-gono lontano inorridite, avviene un sor-tilegio che consente alle membra spar-se di riunirsi, permettendo al protago-nista la fuga22; questo episodio è cita-to anche in Momi, quando il pupazzet-to Trik per poter uscire dal mocassinonel quale l’aveva imprigionato Trak, sismonta pezzo pezzo, per poi ricompor-si allo stesso modo di Cretinetti. Altro grande merito del cineasta spa-gnolo sono gli effetti speciali di nume-rosi film Itala. In particolare costitui-scono la cifra spettacolare del kolossalCabiria: dall’eruzione dell’Etna, conuna doppia esposizione che permettedi vedere il vulcano sullo sfondo e lafuga dei catanesi in un piano prossi-

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male, al sistematico crollo dei palazzidi Catania vessati dai lapilli, all’incubodi Sofonisba, tra gli altri esempi mirabi-li23. Interventi che annoveranoChomón, anche a grande distanza ditempo, tra i migliori maestri di effetticinematografici, pure quando, comesostiene Alovisio, in Cabiria «l’obiettivodel trucco non è più l’effetto magicoma l’accrescimento dell’effetto realisti-co-drammatico della diegesi. Il trucconon viene esibito, ma dissimulato»24.Al contrario, invece, di quel che avvie-ne in La guerra e il sogno di Momi, nelquale torna a prevalere la meravigliadei giocattoli animati, in qualche modogiustificati dalla dimensione onirica. Ineffetti, in Momi la maturità del passouno è a dei livelli qualitativi sorpren-denti. Come aveva intuito Juan GabrielTharrats, pur equivocando il soggetto,il film è ispirato ai precedenti sogni bel-lici di Cinessino, in particolare: «unantecedente del cual está fuertementeinspirada, es la película de la producto-ra CINES de 1915 de 200 metros,Sogno patriottico di Cinessino»25. Inverità il film dell’Itala è un sostanzialeremake26 di Il sogno del bimbo d’Italia.Momi, che si poteva ritenere un uni-cum, almeno tra i film superstiti dell’e-poca, oggi non è più da guardarsiquale «primo film di animazione italia-no»27, tuttavia rimane irraggiungibileper l’epoca il livello qualitativo dell’ani-mazione a passo uno. Dunque, se acausa della recente riscoperta di Ilsogno del bimbo d’Italia, da una parte,possiamo ridimensionare l’unicità delsoggetto di Momi (se non è plagio,poco ci manca)28, dall’altra, quella cherimane intatta in tutta la sua originalitàè l’animazione moderna, per molti

versi lontanissima dal passo uno primi-tivo dell’avventura di Cinessino. Chomón cura ogni particolare: dallegiunture degli snodatissimi soldatini,alle divise; dai paesaggi, alle abitazio-ni, alle trincee; dai mezzi di trasporto,al cannone gigante, alla cabina del diri-gibile. Non manca la ricerca prospetti-ca, la profondità di campo, la comples-sità nei molteplici movimenti di pupaz-zetti anche nella medesima sequenza,tutto ciò risulta ai nostri occhi nonmolto lontano dal livello dei passo unopiù recenti29. La tecnica di Chomón,come rileva Bendazzi, è «rimarchevoleper la scioltezza e la sapienza dell’ani-mazione, impeccabile anche per gliocchi più esigenti»30.Concentrando l’attenzione sullasequenza animata31, che occupa laseconda parte del film (circa ventiminuti su quaranta totali, con proiezio-ne a 16fps) ci troviamo dinanzi a duesoldati, Trik e Trak, l’un contro l’altroarmati. Il nome dei due soldatini è evo-cativo poiché il lemma trick, in tedescocosì come in inglese, significa trucco,illusione: ma nel mondo germanofono itrickfilm sono proprio le produzioni d’a-nimazione; oltretutto ciò crea un corto-circuito perché Trak, in particolare, è lasintesi del soldato austro-tedescosecondo riferimenti iconologici moltonoti (l’elmetto metallico con cimiero acresta che rievoca il pickelhaube tede-sco, il riferimento allusivo alla «Kultur»bellica spietata e inumana e all’alcoli-smo, altro luogo comune antigermani-co assai radicato). A maggior ragione,all’epoca le riprese a passo uno «sonoconsiderate trucco cinematografico»32

appieno. Il sogno di Momi allude, cosìcome quello di Cinessino, alla guerra

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coeva, ma al contrario del precedenteCines, Chomón predilige una rappre-sentazione caricaturale della stessa.Se all’inizio del sogno i dispetti tra idue pupazzetti rimandano alle scara-mucce dei bambini che giocano neltinello, via via che Trik e Trak decidonodi fare sul serio, organizzando ambe-due un esercito di cloni, la guerra divie-ne una copia in sedicesimo di quellache si sta combattendo in Europa,senza troppe censure, né remore33.Non mancano il gigantismo delle armi(i Trak sono impegnati a manovrare ungrande obice, il «Kolossal», che riman-da al noto pezzo d’artiglieria Kruppsoprannominato Dicke Bertha), l’utiliz-zo dei gas asfissianti (tema tabù34), ilbombardamento da un dirigibile cherade al suolo il paese di Lilliput (cherievoca l’omologo bombardamento diLondra per mezzo degli Zeppelin –mercato, quello britannico, interessatodalla distribuzione del film). Insomma,pur dando ampio spazio a siparietticomici, Chomón mette in scena le fasidi una vera e propria escalation chetramuta il sogno del bimbo, già impres-sionato dai racconti dal fronte, in unvero incubo, ora tormentato dal dolorecausato da una spina di rosa sopra laquale Momi si era inavvertitamenteaddormentato. Spina che nella trasfi-gurazione onirica diviene la punta insi-diosa delle baionette di Trik e Trak tor-nati a farsi i dispetti sul corpo del bam-bino dormiente.Proprio perché è pensato per la distri-buzione estera (circolerà in GranBretagna con il titolo di Jackie inFairyland35), il film deve il proprio suc-cesso internazionale per la scarsaidentificazione nazionale dei protago-

nisti. Momi è un film che perciò puòessere adottato dal pubblico apparte-nente ai paesi alleati nel suo insieme,non solo italiani, ma pure inglesi efrancesi. Anche nel flashback che rac-conta la lettera paterna non vi sonoelementi che rimandano all’Italia, nonun elmetto modello “Adrian”, non unadivisa grigioverde: questo si deve forsealla visione produttiva di Pastrone chepensa al mercato europeo superstitenonché alla visione cosmopolita dellostraniero Chomón. Solo il nemico èriconoscibile nella fusione austro-tede-sca già accennata in precedenza: l’ite-razione dello stereotipo dell’unno stu-pratore nella parte live action, cosìcome nella sezione in stop motion l’el-metto da dragone, il riferimento alla«Kultur», oltre all’uso di pezzi di artiglie-ria Krupp e i bombardamenti dal dirigi-bile Zeppelin: chi altri se non i nemicicrucchi?Il rapporto tra Momi e i media non siferma alle immagini in movimento.Infatti, a corredo del lancio del film,una rivista di settore prestigiosa,«L’Arte Muta», con sede a Napoli, pub-blica una novellizzazione in sedicivignette a tutta pagina riassumendo laparte a passo uno del film36. La coper-tina del fascicolo, pubblicato fuoritesto rispetto alla numerazione dellepagine della rivista, è intitolata più sin-teticamente Il sogno di Momi; in alto èriportata la ragione sociale del produt-tore «Itala Film | Torino». A chiusuradelle sedici tavole realizzate daFrancesco Bufi (in arte Fantasius),senza balloon rispettando la naturamuta della versione cinematografica,troviamo una sintesi in italiano e infrancese del plot. Tra l’altro vi è riporta-

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to: «un autentico capolavoro una deli-ziosa “fantasia” che ha rivoluzionatol’arte cinematografica italiana». Ad-dirittura «la forte e grande casa torine-se ha, infatti, creato un genere, maquesto genere non devia dalle piùsevere linee del gusto e dell’arte, nonsagrifica [sic] all’originalità alcuno deiparticolari che rappresentano oramaila cifra d’ogni fabbricazione che tengaalla sua fama mondiale». Poi l’anonimo estensore definisce ilmondo di Trik e Trak un «enfantillage»,mondo «fantastico e reale» nel qualel’Itala «ha racchiuso, condensato tuttoil [proprio] magistero». «Il sogno diMomi ha per artisti… dei fantocci, dellemarionette, circondati da tutto quel-l’ambiente caratteristico che costitui-sce la gioia dei piccoli: giuocattolipazienti e rassegnati, infrangibili egravi, che all’infanzia dànno la primafalsa idea di che sarà la vita avvenire…Un solo attore vivo e vero, v’è nelSogno di Momi, ed è un fanciullo, il pic-colo despota dei fantocci, che ad essidà vita, ad essi decreta la morte, secosì gli piace. Sono i compagni, i picco-li amici di Momi Trik e Trak, i fantocci».Segue una breve sintesi dell’antefatto,della lettera del padre dal fronte, edelle emozioni che nel piccolo Momi sitramutano in sogno: «in che razza dimondo vive suo padre? E nel sonnoche lo coglie pesantemente egli rivedele scene che confusamente ha intravi-sto nella lettera di suo padre. Ma nonsono uomini feroci ed accesi quelli checombattono, non è in un ignoto pae-saggio che si svolge la guerra […], ilconflitto scoppia tra i due fantocci Trike Trak […]. Nessuno dei moderni mezzidi offesa, difesa e di osservazione è

dimenticato, nessuna delle astuzie edegl’incidenti è trascurato, e, cosameravigliosa, senza un’esagerazione,senza una superfluità tocca a Trik ed aTrak di svolgere, di rendere questaserie d’imprese che rimpiccioliscesolamente ma non svalora la guerrache gli uomini grandi fanno lassù…». Econclude: «Poesia? Poesia, se così sivuole, ma che colpisce e commuove, equando è interpretata, è resa comel’Itala ha saputo fare diventa ancheautentico capolavoro, vera arte persignificato e per manifestazione»37.

3. Una struttura a prosimetroIl sogno del bimbo d’Italia e La guerrae il sogno di Momi sono giunti ai nostrigiorni pressoché integri, consegnandoai posteri una pagina di propagandabellica cinematografica tra le più bril-lanti, sia per idee sia per immagini inmovimento. Sottili ed efficaci, si com-piono in due diversi livelli qualitativi dianimazione a passo uno e – grazieall’aspetto accattivante e fantasticodell’animazione – sottilmente insidiosi.Pur essendo soggetti cinematografici,in sostanza, coevi, paiono lontanissimidal punto di vista della realizzazioneformale: entrambi raccontano la guer-ra in corso, trasfigurata dai sogni dibambini che animano gli amati soldati-ni. Una doppia lettura della guerracome gioco e come atto eroico, mapure ideale sostegno morale dei figliche da casa sognano eroismi e nemicida sconfiggere, tra armi avveniristiche,battaglie aeree, azione, fino al ritorno acasa del proprio caro dal fronte, sano esalvo, in Il sogno del bimbo d’Italia, efino alla preghiera di speranza inMomi.

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ritorio nazionale, non lascerà spazioper altri film di animazione a passouno. Mentre in film come Resistere38

di Luca Comerio, di propaganda com-missionata dal Governo per il prestitonazionale all’esercito, altri effetti comela doppia esposizione, silhouettes,saranno ampiamente utilizzate. Maormai non c’è più spazio per bambini. Ibimbi torneranno nell’immediato dopo-guerra quando due film opposti antici-pano la storia d’Italia a venire.Umanità, di Elvira Giallanella, riprendeil tema del sogno infantile di guerra, unincubo per il vero: «uno scenario alluci-nante, dove non ci sono che resti, car-casse, rovine di un mondo che non c’èpiù e che non si sa da che parte inco-minciare per ricostruire»39; ma seUmanità40 fonde «idee di pace e fratel-lanza […] a ideali di stamposocialista»41, d’altro canto Il gridodell’Aquila42, di Mario Volpe, utilizzan-do le maschere della Commediadell’Arte per simboleggiare l’Italia dellecento città, mette in scena le frustra-zioni della vittoria mutilata che culmi-na con la morte di un bambino a causadi un bombardamento aereo, mentreracconta in presa diretta – un instantmovie – l’alba del fascismo con la mar-cia su Roma e termina con l’immaginedi Mussolini (in persona) in primopiano43.Eredità belliche scombinate, figliastredi Cinessino e Momi, di sogni di guerrae di marionette: altra possibile e ulte-riore metafora che racchiude granparte della nostra storia nazionalenovecentesca.

Il dato notevole è che l’origine dell’ani-mazione a passo uno in Italia non èautonoma dalla cornice delle ripresedalla vita reale. Questo aspetto costrut-tivo ci sembra simile a quel che in let-teratura definiremmo “prosimetro”,che permette la coesistenza in ununico testo di linguaggi diversi e com-plementari: di là poesia e prosa, di quapasso uno e riprese di attori in carne eossa. Sono stanze diverse eppure intercon-nesse, messa in scena della realtà emetafora entrambe: la rappresentazio-ne animata consente libertà che lacensura non ammette per film conriprese dal vero. Se in Cinessino abbia-mo il soldato italiano che combattecontro il nemico storico asburgico e lovince, in Momi la necessità di un lin-guaggio internazionale, forse, ha consi-gliato di non connotare la nazione diTrik, il buono, mentre Trak è tutto il peg-gio del germanico possibile, permet-tendo così una facile corrispondenzatra pubblico e identificazione di sé. SeIl sogno del bimbo d’Italia termina conun lieto fine senza dubbio, Momi, cheha sulle spalle quasi due anni di guer-ra in più, si conclude mettendo ancorala famiglia del soldato al centro delfilm, sottolineando e rivelando unavolta di più a quale target il film è rivol-to. Non certo al soldato che combatteal fronte. La censura interviene permodificare una didascalia, l’ultima pre-vista (mancante nella copia supersti-te): da «Pax» a un più auspicabile «Paxvittoriosa». C’è da dire che dopo Caporetto cam-bierà il modo di rappresentare la guer-ra e la paura della sconfitta, con ilnemico che occupa ampie zone del ter-

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Note1. Per un excursus esauriente sul tema cinematografico del sogno infantile di guerra in rela-

zione ai balocchi, rimando a Luca Mazzei, “Babbo tu compri solo divise e armi per te”:bambini, sogni e armi giocattolo nel cinema italiano della IGM, in: Alessandro Faccioli,Alberto Scandola (a cura di), A fuoco l’obiettivo! Il cinema e la fotografia raccontano laGrande Guerra, Persiani, Bologna 2014, pp. 168-192; per uno sguardo storico d’insiemerimando a Antonio Gibelli, Il popolo bambino. Infanzia e nazione dalla Grande Guerra aSalò, Einaudi, Torino 2005, in part. pp. 39-176.

2. A. Gibelli, Op. cit., p. 137.3. In tempi molto più recenti, Paolo Cherchi Usai rileva che le comparse di La caduta di Troia

(regia di Giovanni Pastrone, Luigi Romano Borgnetto, Itala Film, Torino 1911) «non sannoscappare, visto che è facile riconoscere lo stesso soldato ai successivi passaggi dietro albastione» (Giovanni Pastrone, La Nuova Italia, Firenze 1986, p. 35).

4. Sul cinema italiano muto in relazione alla guerra italo-turca rimando ai saggi ospitati su«Immagine. Note di Storia del Cinema» (IV serie, n. 3, 2011) di Sila Berruti e L. Mazzei, “Ilgiornale mi lascia freddo”. I film ‘dal vero’ dalla Libia (1911-12) (pp. 53-103); GiovanniLasi, Viva Tripoli italiana! Viva l’Italia! La propaganda bellica nei film a soggetto realizzatiin Italia durante il conflitto italo-turco (1911-12) (pp. 104-119); mi permetto di rimandareanche al mio, La guerra allusa. L’imperialismo nel cinema di finzione italiano tra propa-ganda e speranza (1909-12) (pp. 11-52).

5. Il sogno patriottico di Cinessino, regia di Gennaro Righelli, con Eraldo Giunchi (Cinessino),Cines, Roma 1915; Visto di Censura 8411 del 1 maggio 1915, cfr. <www.italiataglia.it>.

6. Secondo quanto scrive Roberto Chiti (che però equivoca con Il sogno patriottico diCinessino) potrebbe essere il suo primo film (Ancora su Riccardo Cassano, «Immagine.Note di Storia del Cinema», Nuova Serie, n. 4, Inverno 1986-1987, p. 20).

7. Il sogno del bimbo d’Italia, regia di Riccardo Cassano, con Eraldo Giunchi (Cinessino),Cines, Roma 1915; Visto di Censura 10488, approvato il 1 ottobre 1915, cfr. <www.italia-taglia.it>; la prima visione romana risulta il 9 dicembre 1915 (cfr. Vittorio Martinelli, Il cine-ma muto italiano 1915. I film della grande guerra, vol. II, Nuova Eri/Centro Sperimentaledi Cinematografia, Torino/Roma 1992, p. 209).

8. Per quanto riguarda Eraldo e le vicissitudini della sua famiglia, rimando a Marzia Ruta,Lea, la bambola meccanica e lo stratagemma isterico, «Bianco e Nero», a. LXXII, n. 570,maggio-agosto 2011, pp. 29-37.

9. «La casa è triste e pare vuota! Il babbo è lontano… è laggiù sulla nuova terra italiana ecombatte da prode! La mamma è melanconica e spesso ha gli occhi rossi per le lacrime,ma Cinessino non piange egli è sempre il bravo e coraggioso folletto: Oh, il babbo torneràe vincitore con tante medaglie sul petto, perché piange la mamma?... Notte… Cinessinonon dorme, ma pian piano i ridenti occhi infantili si chiudono al sonno e la piccola mentevivace si apre ai sogni gloriosi!... Tutti applaudono… Passa lui, proprio lui Cinessino tuttofiammante nella bella divisa da bersagliere. Monta in treno e via… verso le coste libiche.Poche parole di conforto e di avviso alla mamma eppoi si marcia per il campo. Le ombresono cadute, Cinessino è in vedetta. Il piccolo cuore non trema... due ombre…, sono bedui-ni. Cinessino avanza e un nemico cade sotto l’infallibile baionetta, l’altro fugge. Un frago-re di armi!... poco più lungi ferve accanita una battaglia. Una bandiera è in pericolo ma èdifesa eroicamente da un ufficiale; Cinessino accorre e la baionetta compie ancor miraco-li. La bandiera è salva e con essa l’ufficiale valoroso; oh, gioia! Cinessino ha salvata la vitaa suo padre!... Musiche, soldati, bandiere, ecco il generale che appunta sul petto dell’eroi-co Cinessino la medaglia… Una mossa brusca! Ahimè! Cinessino apre gli occhi e li gira stu-pito attorno… Tutto scomparso! eppure, egli potrebbe fare tutto quello che ha sognato…Buon sangue non mente!», Anonimo, Il sogno patriottico di Cinessino, «La VitaCinematografica», a. VI, n. 15, 22 aprile 1915, pp. 70-71 (cfr. una sinossi simile tratta dal«Catalogo Cines 1915», ora in: V. Martinelli, Il cinema muto italiano 1915, cit., p. 214).

10. Cromolitografia, 140x100 cm, Stabilimento Litografico Guazzoni, visibile anche sul porta-le Europeana: <www.europeana.eu>.

11. La didascalia, nella versione inglese reperibile in rete, recita testualmente: «Mummie dar-ling, papa is wounded, but he killed all the enemies and will return home».

12. Il file video è intitolato Il sogno di un bambino/“Cinessino”. A Child’s Dream. L’utente cheha caricato il film sul proprio canale, sostiene di non possedere l’originale in pellicola né

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in altro supporto; cfr. <https://www.youtube.com/watch?v=BQ_QoCbHZ2U> (segnalazio-ne dovuta a Luca Mazzei, che ringrazio).

13. Aldo Bernardini, in Archivio del cinema italiano. Il cinema muto. 1905-1931, Vol. I (Anica,Roma 1991, p. 654), riporta il titolo Cinessino’s Patriotic Dream; nel medesimo testo sitrova anche il riferimento a Il sogno del bimbo d’Italia, cui non corrisponde alcun titolo peril mercato anglofono. Ma il rinvenimento della copia con didascalie tradotte conferma l’e-sistenza di una versione pensata per il pubblico britannico. Nel medesimo anno sullastampa di settore è pubblicizzata anche una versione inglese della comica Kri Kri eCinessino affamati (Bloomer and Cinessino Famished, Cines, Roma 1914; cfr. «La cinema-tografia italiana ed estera», a. IX, n. 1-2, 31 gennaio 1915, p. 659).

14. Il Museo Nazionale del Cinema di Torino ha recentemente messo a disposizione sul pro-prio canale Vimeo, Cineteca MNC, questo e altri film appartenenti alle proprie collezionicinetecarie; cfr. <http://vimeo.com/user23575894>.

15. Tra gli altri, rimando a Giaime Alonge, Giocando con i soldatini. La guerra ed il sogno diMomi tra propaganda e mercato, «Il nuovo spettatore», a. I, n. 1, novembre 1997, pp. 167-178.

16. De Chomón nasce in Spagna nel 1871 e muore a Parigi nel 1929. Per uno sguardo gene-rale sul cineasta rimando ai due volumi di Juan Gabriel Tharrats: Los 500 films deSegundo de Chomón (Universidad de Zaragoza, Saragozza 1998) e Segundo de Chomón:un pionnier méconnu du cinéma européen; Espagne, France, Italie, 1902–1928(L’Harmattan, Parigi 2009). Per la stagione italiana segnalo il volume di Simona Nosenzo,Manuale tecnico per visionari. Segundo de Chomón in Italia 1912-1925, Fert Rights,Torino 2007.

17. Giaime Alonge, Charlot va alla guerra, in: A. Faccioli, A. Scandola, Op. cit., p. 66.18. AR [Antonio Rosso], Il sogno di Don Chisciotte, «Apollon», maggio 1916; ora in: V. Martinelli,

Il cinema muto italiano 1915, cit., p. 211.19. Il sogno di Don Chisciotte, regia di Amleto Palermi, Gloria, Torino 1918 (cfr. V. Martinelli, Il

cinema muto italiano 1915, cit., pp. 210-212).20. «I permessi n. 10772 e 11008 per la rappresentabilità di due edizioni della pellicola:

“Sogno di Don Chisciotte” rispettivamente riportati negli elenchi n. 12 del 1915 e n. 2 delcorrente anno, sono revocati. (luglio 1916)» (cfr. voce Il sogno di Don Chisciotte, <www.ita-liataglia.it>).

21. Anche nella filmografia di Cretinetti non manca un incubo che porta il protagonista, che siè procurato un’indigestione da dolciumi natalizi, nell’Oltremondo: dal Paradiso all’Infernoe ritorno (Come fu che l’ingordigia rovinò il Natale di Cretinetti, Itala Film, Torino 1909,dove non sono previste scene di animazione, ma effetti creati da doppia esposizione).

22. Cretinetti che bello (conosciuto con il titolo alternativo: Troppo bello!), con André Deed(Cretinetti), Itala Film, Torino 1909.

23. Mi riferisco, in particolare, al Quarto episodio e alla battaglia di Siracusa e agli effetti incen-diari degli specchi ustori di Archimede che distruggono la flotta romana. L’incubo diSofonisba: per mezzo di accurate doppie esposizioni si materializzano i sogni della donnae la doppia esposizione del finale, nel quale l’amore tra Axilla e Cabiria è magnificato daun circolo composto da figure femminili che in volo sostengono ghirlande, entrambi partedel Quinto e ultimo episodio.

24. Silvio Alovisio, Cabiria (Giovanni Pastrone, 1914). Lo spettacolo della Storia, Mimesis,Milano/Udine 2014, p. 72.

25. J.G. Tharrats, Los 500 films de Segundo de Chomón, cit., pp. 245-246.26. La guerra e il sogno di Momi, soggetto: Segundo de Chomón, Giovanni Pastrone; regia,

sceneggiatura e fotografia: Segundo de Chomón; produzione Itala Film, Torino 1917; con:Guido Petrungaro (Momi), Alberto Nepoti (suo padre), Valentina Frascaroli (sua madre),Enrico Gemelli (il nonno), Stellina Toschi; lunghezza originale: 833 metri; Visto di Censuran. 12583 del 24 marzo 1917; prima visione romana 15 aprile 1917. Ecco la sinossi del filmtratta dal sito Vimeo della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema di Torino: «Il padre delpiccolo Momi è partito soldato e le sue lettere vengono attese con trepidazione dai fami-gliari a casa. In una di queste l’uomo racconta l’avventura del piccolo montanaro Berto chesalvò sua madre dall’attacco degli austriaci correndo ad avvisare le truppe italiane. Momiè impressionato dal racconto e si addormenta sul divano abbracciato ai suoi pupazzi pre-feriti, l’agile Trik e il violento Trak; appena il bambino è addormentato Trik, Trak e le loro

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truppe scatenano una guerra senza esclusione di colpi a base di artiglieria pesante, armichimiche e attacchi aerei. Alla fine, nell’impeto dello scontro, coinvolgeranno anche Momipungendolo con le baionette. Eppure… è soltanto una spina di rosa e la battaglia era soloun sogno. Con la mamma e il nonno Momi continua ad attendere con fiducia il ritorno delpadre dal fronte» (cfr. la scheda di La guerra e il sogno di Momi, «Cineteca MNC»<http://vimeo.com/85155924>). Il restauro del film è stato realizzato dal MuseoNazionale del Cinema nel 1991.

27. Cfr. G. Alonge, Giocando con i soldatini, cit., p. 168.28. A propria volta la prima parte di Momi, ovvero il racconto in flashback delle avventure del

padre ufficiale al fronte, con qualche variante (e senza animazioni), riverbera anche nelfilm di propaganda, pro-prestito di guerra, Mariute (regia di Eduardo Bencivenga, BertiniFilm/Caesar Film, Roma 1917), presentato in Censura all’indomani della rotta diCaporetto, il 5 novembre 1917 (cfr. voce Mariute, <www.italiataglia.it>). La protagonistaFrancesca Bertini sogna – guarda caso – di essere Mariute, una contadina friulana vio-lentata da soldati austriaci dopo la recente invasione nemica e salvata dalla (auspicata)riscossa italiana (cfr. V. Martinelli, Il cinema muto italiano 1918. I film della grande guer-ra, Nuova Eri/CSC, Torino/Roma 1991, pp. 140-141).

29. Guido Cincotti a questo proposito scrive: «Segundo de Chomón e Giovanni Pastrone furo-no dunque veri precursori del film a pupazzi che Starevitch e gli attuali “animatori” ceco-slovacchi porteranno a un notevole livello artistico» (G.C. [Guido Cincotti], La guerra e ilsogno di Momi, «Bianco e Nero», a. XIII, n. 7-8, luglio-agosto 1952, p. 100).

30. Giannalberto Bendazzi, Topolino e poi. Cinema d’animazione dal 1888 ai nostri giorni,Edizioni Il Formichiere, 1978, p. 47.

31. Per uno sguardo generale sul film rimando a G. Alonge, Giocando con i soldatini, cit.32. Raffaella Scrimitore, Le origini dell’animazione italiana. La storia, gli autori e i film anima-

ti in Italia 1911-1949, Tunué, Latina 2013, p. 19.33. Gian Piero Brunetta, ragionando sulla rappresentazione metaforica della guerra, mette in

relazione Momi con una precedente produzione dell’Itala, La paura degli aeromobili nemi-ci (regia di André Deed, fotografia di Segundo de Chomón, Itala Film, Torino 1915): «inentrambi la guerra è altrove, i suoi orrori possono essere evocati da una lettera del padredal fronte»; oppure, per quanto riguarda il film di Deed, «prende[re] avvio dall’applicazio-ne delle norme di protezione in caso di attacco [aereo] nemico» (G.P. Brunetta, Il cinemamuto italiano. Da “La presa di Roma” a “Sole” 1905-1929, Laterza, Roma/Bari 2008, p.259).

34. Scrive Alonge: «La censura impediva ai cineoperatori di illustrare la distruzione di massaprovocata dalla guerra tecnologica, per non spaventare i civili e affievolirne l’ardorepatriottico. Invece nella “Verdun in miniatura” della Guerra ed il sogno di Momi si puòmostrare tutto, perché a morire sono solo dei fantocci. Ed è particolarmente sintomaticala presenza del gas. Infatti questo elemento – considerato inumano, benché non più ter-ribile di altre armi – fu sistematicamente bandito, tanto dal cinema di finzione quanto dadocumentari e cinegiornali. Ma il film di Chomón è “solo” un gioco per bambini, e dunqueè possibile rappresentare l’uso del gas. Non è un caso che un altro film (andato perduto)in cui era presente il tema del gas sia un film comico: Kri Kri contro i gas asfissianti(1916), prodotto dalla Cines. Il gas è un argomento così scottante da non poter esseretrattato in maniera seria, l’unica forma di rappresentazione possibile è quella comica. ITrak lanciano il gas, ma i Trik lo aspirano con un soffietto da camino: un terribile strumen-to di morte è trasformato in gag innocua» (G. Alonge, Giocando con i soldatini, cit., p. 171).

35. Si hanno notizie della versione inglese da una recensione apparsa sul «Bioscope» del set-tembre 1917, ora in: V. Martinelli, Il cinema muto italiano 1917, Nuova Eri/CSC,Torino/Roma 1991, pp. 141-142. A. Bernardini dà conto anche di una versione per laSpagna intitolata La guerra y el sueño de Momi (Op. cit., p. 707).

36. Ringrazio Marco Grifo per avermi favorito le riproduzioni delle illustrazioni, molto rare,appartenenti alla sua collezione personale. Della novellizzazione di Momi si è occupatoAndrea Meneghelli: Il sogno di Momi, una guerra senza Patria, «Bianco e Nero», a. LXV, n.1, f. 548, gennaio-aprile 2004, pp. 47-49.

37. Anonimo, Il sogno di Momi, «L’Arte Muta», a. I, n. 8-9, 30 marzo-30 aprile 1917 [p. XVIII](tutti i corsivi sono dell’Autore). Nella copia di «L’Arte Muta» medesima, conservata pres-so il Museo Nazionale del Cinema, priva della novellizzazione, compare un disegno a lineatonale raffigurante il volto sorridente di un bambino che indossa l’elmetto italo-francese

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Adrian; la firma dell’autore è illeggibile e non si comprende in quale modo sia relazionatoalle vignette di Momi.

38. Resistere, regia di Luca Comerio, Edizione di Propaganda Luca Comerio, Milano 1918 [gen-naio].

39. Micaela Veronesi, Una donna vuol ‘rifare il mondo’. Umanità di Elvira Giallanella, in:Monica Dall’Asta (a cura di), Non solo dive. Pioniere del cinema italiano, Cineteca diBologna, Bologna 2008, p. 166.

40. Umanità, regia di Elvira Giallanella, Liana-Film, Milano 1919-1920.41. M. Veronesi, Op. cit., p. 170.42. Il grido dell’aquila, regia di Mario Volpe, Istituto Fascista di Propaganda Nazionale, Firenze

1922-1923.43. Per uno sguardo generale sul film rimando a G.P. Brunetta, Op. cit., p. 353.

Eraldo Giunchi “Cinessino”

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