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Riccione - Palazzo dei Congressi 10-13 Ottobre 2015 88°CONGRESSO NAZIONALE SOCIETA’ ITALIANA DI UROLOGIA LIBRO ABSTRACT

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Riccione - Palazzo dei Congressi

10-13 Ottobre 2015

88°CONGRESSO NAZIONALESOCIETA’ ITALIANA DI UROLOGIA

LIBRO ABSTRACT

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Cari amici e soci SIU, in questo volume abbiamo riunito tutti i contributi scientifici presentati all’88° Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia che quest’anno si svolge a Riccione. Siamo certi che questa raccolta vi aiuterà a seguire con metodo i lavori congressuali, facilitando la vostra partecipazione nelle discussioni delle varie sessioni e rimanendo quale prezioso ricordo di questo evento. Un ringraziamento particolare va ai Colleghi che hanno svolto il compito di revisori. Dei 540 contributi inviati sono stati selezionati 276 poster e 47 video, con un tasso di accettazione del 60%. Gli argomenti che hanno suscitato maggiore interesse sono stati l’oncologia di prostata e del parenchima renale, le tecniche chirurgiche mini-invasive e l’andrologia. Ogni contributo scientifico è stato valutato da tre esperti secondo i criteri dell’appropriatezza metodologica, della rilevanza dei risultati e della qualità della stesura. Nel caso dei video i parametri di revisione sono stati l’innovazione e la riproducibilità della tecnica, la metodologia di condotta dell’intervento e la qualità complessiva del filmato. Il vero successo del Congresso dipende, comunque, da tutti voi, dalla vostra attiva partecipazione, dal vostro entusiasmo e, perché no, anche dalle vostre critiche. Con l’auspicio che questo Congresso possa soddisfare pienamente le vostre aspettative, vi auguriamo una buona lettura di questa raccolta di abstract.

Carlo Terrone

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Il Comitato è coadiuvato nelle sue attività da:

Barbara Fiorani, Capo Segreteria - SIU Executive Manager [email protected]

Carla Ceniccola, Amministrazione - Segreteria Scientifica [email protected] - [email protected]

Davide Frasca, Web e Comunicazione Grafica [email protected]

Ilaria Giamminonni - Segreteria Scientifica

[email protected]

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LA PREVENZIONE ANDROLOGICA IN ADOLESCENZA

G. benedetto, G. abatangelo , F. nigro, G. borso , A. tasca (vicenza)

Scopo del lavoro da molti anni stiamo attuando un programma di prevenzione andrologica didattica e clinica nelle scuole

della nostra ULSS dal titolo prevenzione andrologica dell’adolescente

Materiali e metodi Il corso tenuto da un andrologo di riferimento, si articola in tre fasi: un questionario anonimo da noi

elaborato, consegnato ad inizio anno agli studenti e mirante a valutare le conoscenze andrologiche e le

abitudini di vita dei ragazzi; quindi svolgiamo durante l’anno un incontro di 2 ore con le classi III-IV

delle scuole superiori (nell’anno 2014-2015 coinvolte 9 scuole per un totale di 1350 studenti di età media

di 17 anni) dove sono illustrate le principali patologie andrologiche adolescenziali ed infine al termine

dell’incontro i ragazzi, previo consenso informato dai genitori, vengono sottoposti a visita andrologica

gratuita dove viene sottolineato l’importanza dell’autopalpazione del testicolo come diagnosi precoce

della neoplasia

Risultati dai questionari raccolti abbiamo evidenziato che l’età media di un primo rapporto dei ragazzi è tra 13-16

anni. Iniziano prima gli studenti che frequentano istituto professionali e tecnici (13-14 anni), battesimo

sessuale più tardivo per liceali (16 anni) L’esperienza della prima volta viene cercata e vissuta in base a

desideri, valori, principi, status sociale diversi. Quasi tutti, invece, usano il profilattico come

contraccettivo (93%) . Il 56% dei ragazzi inizia a fumare intorno ai 15 anni per curiosità ,emulazione

degli amici e fumano in media 10 sigarette/die (8-15), ma meno del 5% di loro era a conoscenza del

rapporto del fumo e disfunzione erettile. IL 37% aveva già effettuato una visita andrologica durante la

visita medico sportiva, e il 31% di loro era a conoscenza dell’autopalpazione del testicolo e la effettuava

anche se saltuariamente. Dei 1350 studenti hanno aderito alla visita andrologica 1100 studenti (94%)

Dalla visita andrologica le patologie di più frequenti riscontro : il varicocele nel 30%, di vario grado, la

fimosi nel 15% e ipogonadismo nel 1%,idrocele 1%.

Discussione Nell’età adolescenziale le patologie andrologiche hanno un’incidenza del 30-40% e possono essere

suddivise tra quelle diagnosticabili facilmente e altre più asintomatiche che, se non sono riconosciute e

trattate per tempo, potranno causare problemi d’infertilità (è il caso del varicocele, infezioni urogenitali)

oltre che neoplasie. È importante, quindi, offrire ai nostri giovani l’opportunità di riconoscere questi

problemi prima che possano comportare dei danni per la loro vita riproduttiva.Oggi, che è venuto meno il

sistema di controllo della visita medica di leva obbligatoria, una cultura che preveda lo screening tra gli

adolescenti si rivela un’opzione determinante per impedire che simili patologie possano sfuggire

all’osservazione precoce

Conclusioni sarebbe auspicabile che tali programmi di prevenzione potessero essere attuate da tutte le ULSS e le unità

operative di Urologia/Andrologia sul territorio nazionale

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STORIA NATURALE DELL’INFEZIONE DA HPV NEL MASCHIO AFFETTO DA

PROSTATITE CRONICA: COSA DOBBIAMO ASPETTARCI?

T. Cai, D. Tiscione, P. Verze, G. Malossini, S. Mazzoli, A. Palmieri, V. Mirone, R. Bartoletti (Trento)

Scopo del lavoro HPV (Human papilloma Virus) rappresenta la più diffusa malattia a trasmissione sessuale. HPV spesso è

associato a condilomi ano genitali: si stima che l'1% degli adulti sessualmente attivi abbia infezioni

visibili da HPV, mentre il 15% sono infezioni subcliniche. Al momento, però, poco si conosce sulla storia

naturale di questa infezione nei giovani maschi. Scopo di questo studio è la valutazione della storia

naturale dell’infezione in una coorte di pazienti affetti da HPV e seguiti per oltre 7 anni.

Materiali e metodi Nel periodo compreso tra Gennaio 2006 e Dicembre 2007 sono stati selezionati 115 pazienti da una

coorte di 1,009 pazienti. Questi pazienti erano stati valutati con DNeasy® Tissue Kit (QIAGEN Spa,

Italia) e con il kit Alpha Watch HPV dell' Alphagenic Diaco Biotechnology, Trieste, Italia, per la

valutazione della genotipizzazione. HPV 16 era presente nel 20,7% dei positivi, HPV 18 nel 31,1%;

anche HPV 31, 33, 45 e 58 erano ben rappresentati con, rispettivamente, il 10,9%, 9,1%, 6.2% ed il

10,4%. 69 pazienti sono risultati non genotipizzabili con i metodi da noi utilizzati. 92 pazienti

presentavano infezione da HPV 16 e/o 18, o da soli od in associazione. L'associazione 16 18 si è

evidenziata nel 6,1% dei casi. Questi pazienti sono stati seguiti nel tempo con analisi microbiologici e

questionari specifici per la valutazione della sintomatologia urologica specifica (NIH-CPSI, IPSS).

Risultati Dei 115 pazienti identificati nelle coorte, 10 sono stati persi nel follow-up e 105 sono stati valutati. Ad un

follow-up medio di 79.4 mesi, 74 pazienti sono andati incontro ad una negativizzazione dei test per HPV

(70.5%), con un tempo medio alla negativizzazione di 24.3 mesi, mentre 31 sono risultati positivi ai test.

Dei 74 pazienti andati incontro a clearence dell’infezione, 31 non erano genotipizzabili, mentre 14 erano

positivi ad HPV 16, 9 ad HPV 31 e 20 ad altri HPV. I pazienti con infezione persistente erano positivi ad

HPV 16 in 2 casi, HPV 18 in 3 casi, non genotipizzabili in 14 casi, e gli altri 12 a ceppi a basso rischio.

Non c’è stata nessuna correlazione tra la clearence dell’infezione e la sintomatologia. Inoltre, abbiamo

notato come i ceppi a basso rischio oncogeno sono quelli a maggiore prevalenza di clearence (p=0.003).

Discussione Il presente studio dimostra per la prima volta la storia naturale dell’infezione da HPV in giovani maschi

affetti da sintomatologia dolorosa pelvica e/o prostatite cronica. Tale studio ha dimostrato come la

clearence completa dell’infezioni è del 70.5% ed in particolar modo quando l’infezione è sostenuta da

ceppi a basso rischio.

Conclusioni In conclusione abbiamo dimostrato come la nastoria naturale dell'HPV nel giovane maschio è

caratterizzata da una celeranno rapida quando sostenuta da ceppi a basso rischio. Tale studio, avendo

dimostrato come è scarsa la celeranno dei ceppi ad alto rischio, ribadisce ancora la necessità di una

rivalutazione del nostro atteggiamento nei confronti della vaccinazione e della gestione dei maschi affetti

da HPV.

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PUO’ LA SOLA TERAPIA ANTIBIOTICA MIGLIORARE LA QUALITA’ DI VITA DEI

PAZIENTI AFFETTI DA PROSTATITE CRONICA BATTERICA DA CHLAMYDIA

TRACHOMATIS? FOCUS ON SULL’EIACULAZIONE PRECOCE

I. Tamanini, T. Cai, D. Tiscione, P. Verze, N. Mondaini, A. Palmieri, G. Malossini, V. Mirone, R.

Bartoletti (Trento)

Scopo del lavoro Le prostatiti croniche da germi atipici rappresentano ad oggi un banco di prova per l'urologo sia in termini

di diagnosi che di terapia. Inoltre, la riduzione della qualità di vita è data anche dall'alta prevalenza di

eiaculazione precoce secondaria in questi pazienti. Il target terapeutico, dunque, non deve solo essere

l’eradicazione del patogeno ma anche il miglioramento della qualità di vita. Scopo del presente lavoro è

quello di valutare, attraverso uno studio longitudinale di coorte, se la sola terapia antibiotica è in grado di

migliorare la qualità di vita, in termini di eiaculazione precoce, nei pazienti affetti da prostatite cronica da

Chlamydia trachomatis (Ct).

Materiali e metodi Dal Maggio 2007 al Maggio 2008, 125 pazienti afferenti allo stesso centro MTS per diagnosi clinica e

strumentale di prostatite cronica batterica da Chlamydia trachomatis, sono stati arruolati in questo studio

osservazione longitudinale di coorte. La diagnosi di prostatite cronica è stata eseguita attraverso test

immunologici e marcatori microbiologici per Ct. Sono stati somministrati i questionari specifici per la

diagnosi di prostatite cronica. La diagnosi di eiaculazione precoce è stata eseguita attraverso la raccolta

anamnestica ed il questionario PEDT. Tutti i pazienti sono stati trattati secondo le linee guida

internazionali e la preferenza dello specialista di riferimento. Dopo 6 mesi i pazienti sono stati rivalutati al

fine di valutare l'efficacia della terapia antibiotica in termini di miglioramento di qualità di vita e di test

microbiologici e la riduzione dell'eiaculazione precoce in termini di PEDT.

Risultati 118 pazienti sono stati analizzati (94.4%). 7, infatti, sono stati esclusi per mancanza di dati al follow-up.

118 pazienti erano positivi per i marcatori di infezione da Ct (Ct-DNA). Tutti erano, inoltre, negativi per

patogeni comuni (germi uro patogeni). 89 pazienti (75.4%) presentavano eiaculazione precoce (PEDT

18.5±1.2). Nessuno era affetto da deficit erettile (IIEF-15 28.5±1.9). Il questionario NIH-CPSI ed IPSS

all’arruolamento erano: 25.90±2.1 e 8.01 ±3.64. A 6 mesi dall’inizio della terapia 97 pazienti su 11

(82.2%) presentavano un’eradicazione microbiologica del patogeno, mentre 35 pazienti su 89 (39.3%)

presentavano ancora eiaculazione precoce (PEDT 15±1.2), seppur con esami microbiologici negativi.

Discussione Il presente studio dimostra come la sola terapia antibiotica, seppure in linea con le attuali linee guida

internazionali, e pur essendo in grado di determinare una risoluzione microbiologica della malattia, non è

in grado di migliorare la qualità di vita di questi pazienti, in particolar modo se prendiamo in

considerazione l’eiaculazione precoce. Futuri studi sono necessari per valutare l’efficacia di altri composti

in associazione con la terapia antibiotica in grado di implementare la qualità di vita.

Conclusioni In conclusione la sola terapia antibiotica non è in grado di ridurre l'EP nei pazienti affetti da prostatite

dovuta ad infezione da Ct.

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L’ESTRATTO DI POLLINE ASSOCIATO A VITAMINE (DEPROX 500®) E’ IN GRADO DI

RIDURRE LE RECIDIVE SINTOMATICHE IN PAZIENTI AFFETTI DA CP/CPPS:

RISULTATI DI UNO STUDIO PROSPETTICO DI COORTE

T. Cai, P. Verze, D. Tiscione, L. Luciani, N. Mondaini, A. Palmieri, V. Mirone, R. Bartoletti (Trento)

Scopo del lavoro La terapia di pazienti affetti da prostatite cronica /dolore pelvico cronico (CP/CPPS) non è soddisfacente,

sia per la scarsa efficacia nella riduzione della sintomatologia in acuto che per la scarsa efficacia nel

prevenire le recidive. Recentemente, è stata dimostrata l’efficacia dell’associazione estratto di polline e

vitamine gruppo B (DEPROX 500®) nel ridurre la sintomatologia acuta e migliorare la qualità di vita nei

pazienti affetti da CP/CPPS, quando confrontata con la terapia con FANS. Scopo di questo studio

prospettico di coorte è valutare l’efficacia dell’associazione estratto di polline e vitamine gruppo B

(DEPROX 500®) nella prevenzione delle recidive sintomatiche in pazienti affetti da CP/CPPS.

Materiali e metodi Dal Marzo all’Ottobre 2012, sono stati arruolati 78 pazienti affetti da CP/CPPS in uno studio

randomizzato e controllato. I pazienti erano stati sottoposti a trattamento di DEPROX 500® o ibuprofene.

I paziente sono stati seguiti nel tempo con valutazioni semestrali per la valutazione della sintomatologia e

delle recidive utilizzando questionari dedicati (NIH-CPSI, IPSS) e visita urologica. A Dicembre 2014

(22.1 mesi di follow-up) sono stati analizzati i dati e confrontati i due gruppi (Pazienti sottoposti a

DEPROX 500® e pazienti sottoposti a ibuprofene).

Risultati Dei 78 pazienti arruolati nel precedente studio, 71 sono stati analizzati (7 sono stati persi al follow-up),

gruppo DEPROX 500® 34, gruppo ibuprofene 37. Nel Gruppo DEPROX 500® abbiamo osservato che 8

su 34 (23.5%) hanno dimostrato almeno una recidiva sintomatologica (NIH-CPSI 23.73 ±0.6), mentre 14

nel gruppo ibuprofene (37.8%) (NIH-CPSI 25.93 ±1.3). I due gruppi hanno dimostrato una differenza

statisticamente significati in termini di recidive sintomatologiche (p<0.001); inoltre, i pazienti nel gruppo

ibuprofene hanno dimostrato delle recidive sintomatologiche con un maggiore impatto sulla qualità di vita

(score sintomatologici, p<0.001).

Discussione La terapia della CP/CPPS rappresenta ancora oggi un banco di prova per l’urologo. L’efficacia ottenuta

nel gruppo DEPROX 500® seppur da confermare da studi con maggio numero di pazienti, è

probabilmente dovuto all’efficacia dell’estratto di polline che è in grado di determinare un effetto non

solo anti-infiammatorio ma anche antiossidante che potrebbe avere un effetto maggiorante duraturo sul

parenchima prostatico.

Conclusioni Il presente studio dimostra che l’utilizzo di DEPROX 500® nei pazienti affetti da CP/CPPS è in grado di

ottenere benefici anche in termini di riduzione del numero delle recidive sintomatologiche, quando

confrontato con ibuprofene.

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SEI DONNE SU DIECI IN CERCA DI AIUTO MEDICO PER INFEZIONI RICORRENTI DEL

TRATTO URINARIO RIPORTANO UNA RILEVANTE ALTERAZIONE DELLA FUNZIONE

SESSUALE – PREOCCUPANTE IMMAGINE DALLO SCENARIO DI TUTTI I GIORNI.

L. Boeri, A. Pecoraro, M. Paciotti, P. Capogrosso, E. Ventimiglia, A. Serino, G. La Croce, G. Castagna,

R. Scano, D. Kuefner, R. Damiano, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)

Scopo del lavoro Indagare la prevalenza e i fattori predittivi di disfunzione sessuale in una coorte di donne sessualmente

attive e in età riproduttiva che richiedevano consulto medico per infezioni ricorrenti, non complicate del

tratto urinario (rUTI).

Materiali e metodi Sono stati raccolti consecutivamente dati da 90 donne che cercavano aiuto medico per rUTI. Tutte le

pazienti hanno compilato il Female Sexual Function Index (FSFI) e il Female Sexual Distress Scale

(SDS). La normalità per i domini del FSFI è stata arbitrariamente definita sul valore mediano. Inoltre, le

pazienti hanno compilato l’International Prostate Symptoms Score (IPSS). La statistica descrittiva e i

modelli di regressione logistica hanno testato l’associazione tra i fattori predittivi e il distress sessuale.

Risultati L’età media (SD) era 39.17 (11.5) anni (range:19-68). 41 (45.5%), 12 (13.3%), 12 (13.3), 19 (21.1%), and

18 (20.0%) donne soffrivano di rUTIs isolate, oppure rUTIs con incontinenza da urgenza, con

vestibulodinia, oppure con syndrome da vescica dolorosa, rispettivamente. Sintomi della fase di

riempimento lievi o moderati-severi erano riportatati da 15 (16.7%) e 72 (80%) donne, rispettivamente.

Al contrario, sintomi della fase di svuotamento lievi o moderati-severi erano riportati da 53 (58.9%) e 25

(27.8%) pazienti, rispettivamente. Valori patologici di FSFI e di SDS sono stati osservati in 71 (78.9%) e

68 (75.6%) donne. Concomitanti valori patologici di FSFI e SDS sono stati osservati in 56 (62.2%)

pazienti. I domini desiderio, arousal, lubrificazione, orgasmo, soddisfazione e dolore del FSFI erano

alterati in 58 (64.4%), 47 (52.2%), 46 (51.1%), 54 (60%), 45 (50%), and 42 (46.2%) pazienti,

rispettivamente. La prevalenza della costipazione era maggiore in donne con patologico FSFI (p=0.002) e

SDS (p=0.04), oltre che in quelle con alterati domini di FSFI (p<0.05). All’analisi multivariata, i sintomi

di riempimento moderati-severi erano fattori predittivi di alterato FSFI (p=0.04, OR 20.72) e di alterato

dominio dolore del FSFI (p=0.002; OR 18.23). Nessun valore predittivo era associato a SDS.

Discussione L’associazione tra le patologie urologiche e il conseguente distress sessuale è stata ampiamente indagata

in letteratura. La novità dello studio riguarda l’utilizzo di questionari validati per indagare la salute

sessuale in donne affette da rUTI come unica richiesta di consulto medico. Data l’elevata prevalenza di

rUTI in giovani donne sessualmente attive, la concomitante presenza di disfunzione sessuale dovrebbe

sempre essere valutata.

Conclusioni Giovani donne sessualmente attive affette da rUTI riportano un’ elevata prevalenza di distress sessuale.

La costipazione e la concomitante disfunzione ginecologica/urinaria sono molto frequenti in donne con

disfunzione sessuale e rUTI.

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VALIDAZIONE DELLE LINE GUIDA/RACCOMANDAZIONI DELLA SOCIETà

AMERICANA DI MEDICINA RIPRODUTTIVA IN UNA COORTE DI UOMINI EUROPEI

INFERTILI PRIMARI

E. Ventimiglia, A. Stabile, G. La Croce, P. Capogrosso, L. Boeri, A. Serino, G. Castagna, A. Pecoraro,

M. Paciotti, S. Ippolito, D. Kuefner, R. Scano, R. Damiano, A. Briganti, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)

Scopo del lavoro La valutazione del milieu ormonale nei pazienti infertili è di primaria importanza. Il nostro obiettivo è

quello di validare retrospettivamente le linee guida ASRM che riguardano tale aspetto della gestione

clinica dei pazienti infertiliti.

Materiali e metodi Sono stati raccolti i dati clinici e ormonali di 1056 pazienti infertiliti. Le comorbidità sono state rilevate e

categorizzate secondo il Charlson Comorbidity Index (CCI) (categorizzate come 0 vs 1 vs ≥2). Il volume

testicolare è stato valutato con un orchidometro di Prader. I prelievi di sangue per le valutazioni ormonali

sono stati eseguiti in tutti i casi tra le 8 e le 10 del mattino. L’ipogonadismo è stato definito come valori di

testosterone totale<3ng/ml, secondo i criteri classificativi dell’Endocrine society. Le analisi del seminale

sono state condotte in base ai criteri di riferimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. I criteri

ASRM (concentrazione di spermatozoi<10 millioni/mL, disturbi della sfera sessuale, segni clinici

suggestivi di endocrinopatia) sono stati usati per predire la presenza di ipogonadismo all’interno della

nostra coorte. Inoltre, abbiamo sviluppato un nomogramma basato su età, BMI e volume testicolare

sinistro per predire la presenza di ipogonadismo, paragonando la performance del nomogramma con le

linee guida ASRM.

Risultati L’ipogonadismo è stato diagnosticato in 156 (14.8%) pazienti basandoci sui dati laboratoristici. Secondo

le linee guida ASRM, 669 (63.4%) pazienti si sarebbero dovuti sottoporre a una valutazione

endocrinologica; di questi, solo 119 (17.8%) avevano valori di testosterone totale<3ng/mL; sempre

applicando i criteri ASRM, 37 (23.7%) pazienti ipogonadici su 156 non sarebbero stati diagnosticati

correttamente. Sensibilità, specificità e accuratezza predittiva delle linee guida ASRM sono risultate

essere rispettivamente 58%, 76%, e 39%. Il nostro nomogramma, sebbene avesse un’accuratezza

predittiva di gran lunga migliore (68%, p<0.001), non è ancora in grado di predire la presenza di

ipogonadismo in modo soddisfacente.

Discussione Usando le line guida ASRM, fino a un paziente su 4 può mancare una diagnosi di ipogonadismo,

rafforzando il suggerimento delle linee guida EAU che giustificano la misurazione del testosterone totale

in tutti i pazienti.

Conclusioni Le linee guida ASRM non hanno una buona performance all’interno di un contesto europeo.

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UN UOMO INFERTILE SU TRE DI ETà INFERIORE A 40 ANNI PRESENTA UN VALORE DI

PSA TOTALE SIERICO MAGGIORE DI 1 NG/ML – RISULTATI DI UN’INDAGINE

TRASVERSALE IN UOMINI CAUCASICI-EUROPEI IN CERCA DI AIUTO MEDICO PER

INFERTILITà DI COPPIA.

L. Boeri, A. Serino, P. Capogrosso, E. Ventimiglia, G. La Croce, G. Castagna, A. Pecoraro, M. Paciotti,

S. Ippolito, R. Scano, R. Damiano, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)

Scopo del lavoro Numerosi dati in letteratura hanno suggerito che gli uomini infertili hanno un rischio aumentato di

sviluppare un tumore prostatico (PCa) di alto grado. L’infertilità maschile potrebbe essere considerata

come un precoce e identificabile fattore di rischio per lo sviluppo di un PCa clinicamente significativo.

Abbiamo valutato i valori sierici di PSA in uomini che cercavano aiuto medico per infertilità di coppia, in

accordo con le raccomandazioni EAU secondo cui il PSA basale andrebbe misurato a 40-45 anni di età

(Heidenreich A, et al. Eur Urol 2013;64:347-54).

Materiali e metodi Sono stati analizzati dati di 403 uomini in cerca di aiuto medico per infertilità di coppia primaria. In

accordo con le raccomandazioni EAU i pazienti sono stati stratificati come più giovani (gruppo 1) o più

anziani (gruppo 2) rispetto a 40 anni. Le comorbidità associate alla salute sono state definite con il

Charlson Comorbidity Index (CCI; categorizzato 0vs1vs≥2). Il volume testicolare è stato definito con un

orchimetro di Prader. I valori dei parametri del liquido seminale sono stati definiti sulla base dei criteri di

riferimento della WHO del 2010. La statistica descrittiva e i modelli di regressione logistica hanno testato

l’associazione tra potenziali fattori predittivi e i valori di PSA totale.

Risultati L’età media (SD; range) era 36 [3.2 (21-40)] e 46.5 [5 (41-73)] anni nel gruppo 1 [n=198 (49.1%)] e nel

gruppo 2 [n=205 (50.9%)], rispettivamente. La durata dell’infertilità di coppia alla prima visita era 27.7

(23.3; 12-204) e 31.3 (29.5; 12-280) mesi nel gruppo 1 e nel 2. I valori medi di PSA sierico erano 0.93

ng/mL [0.6 (0.01-4.47)] e 0.96 ng/mL [1.2 (0.02-15.3)] nel gruppo 1 e nel 2. Nel gruppo uno, 68 (34.3%)

pazienti avevano un PSA >1 ng/mL. Non sono state trovate differenze in termini di età, BMI, CCI,

volume testicolare, parametri del liquido seminale e rate d’infertilità primaria vs secondaria tra i pazienti

del gruppo 1 con PSA maggiore vs minore di 1 ng/mL. All’analisi di regressione logistica multivariata

nessuna variabile clinica è risultata come fattore predittivo indipendente per un PSA sierico >1 ng/mL nel

gruppo 1.

Discussione Studi recenti hanno mostrato che valori di PSA sierico elevati possono essere correlati ad alterazioni dei

parametri riproduttivi in uomini di mezza età. Tuttavia non esiste consenso univoco riguardo al potenziale

legame tra l’infertilità maschile e le patologie prostatiche. Nuovi studi focalizzati sull’interazione tra l’età

maschile, la funzione riproduttiva e le patologie prostatiche sarebbero di primario interesse.

Conclusioni Questi dati trasversali mostrano che un uomo infertile su tre con età inferiore a 40 anni, ha un PSA totale

sierico maggiore di 1 ng/mL. Questi risultati acquisiscono un’importanza clinica rilevante in accordo con

le raccomandazioni EAU per la diagnosi precoce del PCa, che potrebbe ridurre la mortalità cancro

associata e il rischio di sviluppare PCa avanzato e metastatico.

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PUÒ L’AGOASPIRATO TESTICOLARE MODIFICARE LA STRATEGIA CHIRURGICA DEL

VARICOCELE?

L. Pucci, M. CARRINO, F. CHIANCONE, G. BATTAGLIA, C. MECCARIELLO, M. FEDELINI, R.

GIANNELLA, P. FEDELINI (Napoli, Itali)

Scopo del lavoro I meccanismi alla base dell’alterata spermatogenesi nel varicocele risultano controversi. In particolare

risulta non chiara la distinzione tra dispermia “da varicocele” e dispermia “con varicocele”, che è la

chiave decisionale per la correzione di tale patologia e la causa di molte controversie circa l’impatto del

varicocele sull’infertilità.Lo studio morfologico preoperatorio con agoaspirato testicolare offre

informazioni sul danno tubulare alla diagnosi e sul suo utilizzo quale parametro predittivo di successo

della terapia.

Materiali e metodi In questo studio retrospettivo abbiamo rivalutato 1185 pazienti operati di varicocele sinistro per infertilità

primaria dal marzo 2004 al luglio 2014.Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad anamnesi, esame obiettivo,

almeno due esami del liquido seminale, test batteriologici, profilo ormonale ed ecocolordoppler con

ecovolumetria testicolare.Sono stati esclusi i pazienti con altre potenziali cause di dispermia.In tutti i

pazienti è stato eseguito, contestualmente al trattamento chirurgico, agoaspirato testicolare sec. Foresta

previo consenso informato per procedura invasiva aggiuntiva.I campioni di agoaspirato sono stati valutati

da un unico citologo esperto di morfologia testicolare. E’ stato ripetuto esame clinico e del liquido

seminale al terzo e sesto mese dall’intervento chirurgico.Il miglioramento dei parametri è stato valutato

mediante analisi mista di covarianza e regressione lineare.

Risultati In base ai parametri seminali riscontrati al sesto mese post-operatorio, i pazienti sono stati riclassificati in

tre gruppi: Gruppo A(62,8%)= miglioramenti significativo (p<0.05) Gruppo B(16%) = miglioramenti non

significativo (p>0.05) Gruppo C(21,2%)= stabili o peggiorati (p>0.05) Per ciascun gruppo sono stati

identificati i pattern citologici. Gruppo A: la citologia appariva normale nel 35.4%. Nei restanti risultava

prevalente il quadro dell’ipospermatogenesi lieve (50.6%) e media (14%). Gruppo B: la morfologia

testicolare è risultata normale nel 15%.Un quadro di ipospermatogenesi lieve/media è stato riscontrato nel

18,9% dei casi, e di ipospermatogenesi severa o arresto spermatidico nel 56.4%. Nel 9,7% è stato

riscontrato un quadro di arresto maturativi precoce o Sertoli-only-parziale. Gruppo C: la morfologia

testicolare è risultata normale nello 0% dei casi. Più nello specifico:nel 7% dei casi ipospermatogenesi

severa; nell’ 87,4% arresto maturativo precoce; nel 5,6% dei casi è stata riscontrata una Sertoli-only

parziale.

Discussione Da questo studio è emerso il forte valore prognostico dell’agoaspirato testicolare in pazienti affetti da

varicocele clinico. Dall’analisi morfo-citologica dell’agoaspirato è evidente l’elevato valore predittivo

negativo del ritrovamento di arresto maturativo precoce o Sertoli-only parziale per la correzione

chirurgica del varicocele.

Conclusioni Alla luce di questi risultati,si impone un adeguato counselling preoperatorio nei pazienti con varicocele

clinico che esibiscono arresto maturativo precoce o Sertoli-only parziale.

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SENSIBILITA’ E SPECIFICITA’ DELLE METODICHE DI VALUTAZIONE

PREOPERATORIE NEL SOSPETTO DI TORSIONE DEL FUNICOLO SPERMATICO.

L. Montesi, V. Lacetera, G. Parri, B. Cervelli, E. Recanatini, R. Morcellini, G. Gabrielloni, D. Milella, A.

Cicetti, M. Montesi, V. Beatrici (Ancona)

Scopo del lavoro valutazione del valore predittivo di ecocolor doppler e della valutazione clinica in pazienti giuntialla

nostra osservazione per scroto acuto.

Materiali e metodi Sono stati valutati i pazienti giunti alla nostra osservazione in urgenza per scroto acuto fra il gennaio 2014

e l’ aprile 2015. In tutti i casi è stato eseguito ecocolordoppler testicolare bilaterale. Sono stati presi in

considerazione i pazienti operati di scrototomia esplorativa.

Risultati Abbiamo esaminato 37 pazienti sottoposti a scrototomia esplorativa. In 14 casi si è riscontrata effettiva

torsione del funicolo spermatico, in 13 casi torsione del funicolo dell’ idatide, in 10 casi non si è

riscontrata né la torsione del funicolo spermatico né dell’idatide. L’ età media dei pazienti era 13,5 anni (

4-38), 16,2 anni per i pazienti con riscontro di torsione del funicolo spermatico, 10,0 anni per i pazienti

con torsione dell’ idatide, 14,5 anni nei restanti. Nei 14 pazienti con torsione del finicolo spermatico si è

riscontrata un’ assenza di flusso ematico all’ ecocolordoppler in 8 casi mentre nei restanti 6 si notava una

riduzione di esso. Nei 13 casi di torsione dell’ idatide si era riscontrata riduzione del flusso ematico

rispetto al testicolo controlaterale in 4 pazienti, mentre nei restanti 9 pazienti il flusso ematico testicolare

risultava comparabile al controlaterale. Nei 10 restanti pazienti il flusso ematico testicolare all’

ecocolordoppler risultava in 3 casi ridotto rispetto al controlaterale e in 7 casi nella norma o lievemente

aumentato.

Discussione L’assenza di flusso ematico testicolare all’ ecocolordoppler è risultata essere sensibile e specifico al 100%

nei casi di torsione del funicolo spermatico nel nostro campione. La riduzione di flusso ematico risulta

avere sensibilità al 100% e specificità 46% nei casi di torsione del funicolo spermatico. Se si considerano

insieme l’ assenza di flusso ematico o la sua riduzione rispetto al testicolo controlaterale la specificità

crescere al 66%. E’ chiaro come la specificità della riduzione del flusso ematico testicolare possa essere

ridotta dalla eventualità si sia trattato di una subtorsione rientrata, non riscontrabile durante l’ atto

operatorio. L’ esame ecocolordoppler non fornisce invece significativo ausilio nei casi di torsione dell’

idatide dove è l’ esame clinico a giudare la decisione interventistica. Un’ ecocolordoppler testicolare

equiparabile al controlaterale in presenza di scroto acuto ha riscontrato una sensibilità del 69% e una

specificità del 56%.

Conclusioni La valutazione clinica nello scroto acuto e il sospetto diagnostico all’ esame obbiettivo rimangono

mandatorie per da decisione di eseguire scrototomia esplorativa. L’ ecocolordoppler testicolare

rappresenta un valido strumento diagnostico con ottima sensibilità e buona specificità nel predire la

torsione del funicolo spermatico nel guidare la scelta terapeutica.

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LE ANOMALIE EPIDIMARIE E DELLE VIE SEMINALI HANNO UN RUOLO

TRASCURABILE NELLA FERTILITà DEI PAZIENTI CON CRIPTORCHIDISMO

M. CILETTI, M. CILETTI, G. SIMONELLI, F. SCARSELLI, M. MINASI, P. MICHETTI, E. GRECO,

G. FRANCO (ROMA, SOCIO)

Scopo del lavoro Le anomalie dell’epididimo e delle vie seminali vengono riportate in circa il 20% dei pz con

criptorchidismo. Come descritto da numerosi autori, possono rappresentare una causa di infertilità su base

ostruttiva in età adulta. Lo scopo dello studio è verificare il reale impatto che le anomalie dell’epididimo e

delle vie seminali hanno sulla fertilità di un gruppo di pazienti azoospermici con pregresso

criptorchidismo mono o bilaterale, sottoposti a recupero degli spermatozoi per ICSI.

Materiali e metodi Dal 1996 al 2014, 1021 pazienti sono stati sottoposti a recupero di spermatozoi per ICSI mediante TESE

(testicular sperm extraction), microTESE (microdissection testicular sperm extraction), o TEFNA-PESA

(testicular or epididymal fine needle aspiration). Di questi, 122 pz (12%) con età media di 35 aa (range:

24-55 aa), avevano in anamnesi un criptorchidismo mono o bilaterale trattato o non trattato. Nel corso

dell’intervento chirurgico è stato effettuato un esame istologico o citologico ed ottenuta una diagnosi

definitiva di azoospermia ostruttiva (OA) o nonostruttiva (NOA).

Risultati In 33/164 (20%) dei testicoli si è evidenziata la presenza di anomalie dell’epididimo (distacco didimo-

epididimo, ansa allungata, atresia segmentale, etc.), ma solo in 1/164 (0.6%) era presente una OA come

mostrato dall’esame istologico o citologico, mentre in 163/164 testicoli (99.4%) la causa

dell’azoospermia era riferibile ad un danno testicolare (NOA). In particolare l’esame istologico nei pz con

NOA comprendeva quadri di arresto maturativo, sindrome a sole cellule del Sertoli (SCOS),

ipospermatogenesi e scleroialinosi.

Discussione Sebbene le anomalie dell’epididimo e delle vie seminali siano abbastanza comuni nei pz con testicoli

criptorchidi, esse sono una causa trascurabile di infertilità.

Conclusioni Un danno della spermatogenesi conseguente o associato al criptorchidismo è da considerare come la

causa principale di azoospermia.

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MICROTESE CON TECNICA GRADUALE: RISULTATI PRELIMINARI

D. Dente, A. Cafarelli, A. Salvaggio, M. Dandrea, E. Cappa, A. Porreca (Abano Terme)

Scopo del lavoro Lo scopo del lavoro è di riportare i risultati preliminari della tecnica “graduale” di micro-TESE in casi di

azoospermia non ostruttiva. Tale approccio permette di limitare l’invasività della procedura.

Materiali e metodi Dal 2012 al 2015 sono state effettuate 29 micro-TESE con tecnica “graduale” in pazienti con NOA I

criteri di inclusione sono stati: precedenti TESE negative, istologia sfavorevole: SCOS o arresto

maturativo completi, s. di Klinefelter. L’approccio “graduale” (stepwise) viene effettuato in tre steps: 1)

piccola incisione equatoriale dell’albuginea e prelievo testicolare singolo con ricerca spermatozoi a fresco

e dopo centrifugazione. 2) estensione dell’incisione con apertura completa dell’albuginea fino all’ilo

testicolare ed effettuazione di micro-TESE con asportazione dei tubuli in differenti aree del parenchima.

Tutti i tubuli ottenuti venivano processati insieme per ricerca degli spermatozoi a fresco e dopo

centrifugazione. 3) TESE multipla tradizionale dal testicolo controlaterale con ricerca spermatozoi a

fresco e dopo centrifugazione. Sono state confrontate le percentuali di recupero spermatozoi con prelievo

singolo iniziale, con micro-TESE e con prelievi multipli dal testicolo controlaterale.

Risultati In 21 casi (72,4%) non sono stati recuperati spermatozoi con nessuno dei tre tipi di prelievo mentre in 8

casi (27.6%) sono stati recuperati spermatozoi. In quest’ultimi 8 casi c’è stato un recupero sia nel prelievo

singolo, sia nella micro-TESE che nei prelievi controlaterali, in nessun c’è stato recupero di spermatozoi

solo nella singola micro-TESE o solo nei prelievi multipli al testicolo controlaterale. Sono stati effettuati

3 cicli ICSI con spermatozoi congelati o freschi ottenendo 1 sola gravidanza (1 bambino nato sano)

Discussione I dati preliminari ottenuti, sebbene la corte di pazienti sia esigua, dimostrano che nei casi di NOA a

prognosi più sfavorevole il tasso di recupero di spermatozoi (26%) è inferiore alle percentuali riportate in

letteratura e che l’impiego della micro-TESE così come da noi effettuata non influisce in termini di

aumento delle percentuali di recupero. In nessuno degli 8 casi, il recupero degli spermatozoi è

riconducibile all’effettiva impiego della micro-TESE in quanto in tutti i casi il recupero sarebbe già stato

possibile con il primo prelievo

Conclusioni Al momento i dati sono ancora pochi, e necessitano una conferma da numeri più ampi tuttavia l’utilizzo

di una tecnica graduale potrebbe limitare drasticamente in casi in cui è effettivamente indicata la micro-

TESE riducendo conseguentemente l’invasività del recupero degli spermatozoi.

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TESE + ICSI IN PAZIENTI CON NEOPLASIA TESTICOLARE: MIGLIORE PROGNOSI DI

RECUPERO DI SPERMATOZOI NEI PZ CON NEOPLASIA MALIGNA.

G. tuderti, G. TUDERTI, M. GRECO, F. SCARSELLI, M. CILETTI, A. ISIDORI, M. TARSITANO, M.

MINASI, E. GRECO, M. SAMPALMIERI, G. FRANCO (roma, socio)

Scopo del lavoro Il nostro studio confronta in modo retrospettivo i risultati ottenuti nel recupero di spermatozoi con biopsia

testicolare (TESE) per cicli di ICSI, in pazienti con neoplasie del testicolo germinali maligne (seminoma)

o stromali benigne (leydigioma).

Materiali e metodi Dal febbraio 2009 all'ottobre 2013 sono stati osservati 88 pazienti affetti da neoplasia testicolare.

Quarantacinque di essi erano stati precedentemente operati o presentavano al momento un seminoma e 43

un leydigioma. Otto dei 45 pazienti con seminoma e 6 dei 43 pazienti con leydigioma sono stati sottoposti

a recupero di spermatozoi (TESE, micro-TESE) per presenza di azoospermia o criptozoospermia.

Risultati Tutti i pazienti con seminoma sono stati sottoposti ad orchifunicolectomia e tutti quelli con leydigioma a

tumorectomia organ-sparing. Degli 8 pazienti con seminoma, 6 hanno effettuato la TESE dal testicolo

controlaterale e 2 dal testicolo affetto dalla neoplasia. In 7/8 casi (87.5%) sono stati recuperati

spermatozoi. L’età media era 36.3±5.40, i livelli sierici di FSH 15.22±9.76 e i livelli sierici di LH

7.4±4.32. I seminomi sono stati classificati in base al TNM-UICC-2002: 5 pazienti pT1 e 3 pazienti pT2.

Le diagnosi istologiche sono risultate essere: 4 sindrome a sole cellule del Sertoli (SCOS), 2 gravi

ipospermatogenesi e 2 arresti maturativi. Sono state ottenute 6 gravidanze in 12 trasferimenti embrionali

(50%). Dei 6 pz. con Leydigioma, in 2 (33.3%) sono stati recuperati spermatozoi. La diagnosi istologica è

stata in 3 pazienti sclerosi tubulare (sindrome di Klinefelter) e in 3 pazienti SCOS. L’età media era

39.1±12.8, i livelli sierici di FSH 25.6 ± 4.72 e i livelli sierici di LH 8.83 ± 7.10. Su 2 trasferimenti

embrionali si è ottenuta una gravidanza (50%).

Discussione Dai nostri dati si evidenzia che i pazienti con tumore testicolare maligno (seminoma), hanno maggiore

probabilità di recuperare spermatozoi rispetto ai pazienti con tumore benigno (Leydigioma).

Conclusioni Il danno spermatogenetico rilevabile nei pz. con seminoma appare meno grave rispetto ai pz con

leydigioma. Questa neoplasia è infatti più spesso associata a gravi condizioni di infertilità, causa di

azoospermia o criptozoospermia (S. Klinefelter, SCOS, arresto maturativo, etc.).

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RAPPORTO NEUTROFILI/LINFOCITI, UN NUOVO FATTORE PROGNOSTICO NEL

CARCINOMA VESCICALE NON MUSCOLO INVASIVO

V. Favilla, T. Castelli, D. Urzì, G. Reale, S. Privitera, E. Fragalà, G. Russo, S. Cimino, G. Morgia

(Catania)

Scopo del lavoro Un elevato rapporto neutrofili/linfociti (NLR) è stato associato ad una peggiore sopravvivenza globale e

ad una peggiore sopravvivenza libera da malattia in diverse tipologie di neoplasie. Scopo del nostro

studio è stato quello di valutare se NLR è un fattore predittivo di recidiva e di progressione nei NMIBC.

Materiali e metodi La NLR, definita come conta assoluta dei neutrofili diviso per il numero assoluto dei linfociti, è stata

valutata in modo prospettico in 178 pazienti con NMIBC, in prima osservazione, trattati con resezione

transuretrale di tumore della vescica (TURB) dal 2009 al 2013. I pazienti con disordini ematologici o

condizioni che avrebbero potuto influenzare le linee cellulari del sangue come malattie autoimmuni,

presenza di un'infezione attiva e / o infezione da virus dell'immunodeficienza al momento dell'intervento

chirurgico, terapia intravescicale precedente o concomitante con bacillo Calmette-Guérin (BCG),

trasfusioni recenti , e la presenza di altri tipi di cancro o precedenti chemioterapia sono stati esclusi dallo

studio. Le analisi di regressione univariata e multivariata di Cox sono state utilizzate per valutare

l'associazione tra NLR e recidiva e progressione di malattia.

Risultati La coorte dello studio comprendeva 148 pazienti di sesso maschile e 30 pazienti di sesso femminile. L'età

media di tutti i 178 pazienti arruolati nello studio era di 69.27 anni , con un follow-up mediano di 53 mesi

(IQR: 33,0-76,25). La mediana della NLR era 2.55 (IQR: 1,90-3,62). I pazienti con NLR <3 erano più

anziani (74.45 vs 67.94; p = 0.02) e vennero evidenziate differenze significative in termini di stadio

patologico (p = 0.03) e per numero di tumori (p = 0.04), rispetto ad i pazienti con NLR ≥3. Durante il

follow-up, in 14 (23,3%) ed in 44 (37,9%) (p = 0,04) pazienti , rispettivamente con NLR <3 e NLR ≥3, è

stata documentata recidiva di malattia ed in 2 (3,3%) e 14 (11,9%) pazienti è stata documentata

progressione di malattia (p = 0.06). All'analisi multivariata di regressione di Cox, il gruppo di pazienti

con NLR <3 è stato associato a bassa recidiva (HR: 0,34 [IQR: 0,17-0,68]; p <0.01). Lo stadio patologico

pT1 (p <0,01), la presenza di carcinoma di alto grado (p <0,01), il numero dei tumori (p <0.01) e

l’abitudine al fumo (p <0.01) furono evidenziati come fattori predittivi indipendenti di recidiva della

malattia. Nessuna associazione è stata trovata tra NLR ≥ 3 e progressione di malattia all'analisi

multivariata di regressione di Cox. La sopravvivenza libera da recidive a cinque anni era del 49% e del

62% rispettivamente nei pazienti con NLR ≥ 3 e <3 (p = 0,04). La sopravvivenza libera da progressione a

5 anni era del 77% e il 93% rispettivamente nei pazienti con NLR ≥ 3 e <3 (p = 0.69).

Discussione La NLR è risultata un fattore predittivo indipendente di recidiva della malattia, ma non di progressione

nei pazienti con NMIBC in prima osservazione.

Conclusioni Questi risultati potrebbero offrire un nuovo contributo per trovare nuovi biomarkers di malattia in pazienti

con NMIBC.

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RIDUZIONE DELLA PERCENTUALE DI ISTOLOGIA TX DOPO TURBT COME EFFETTO

DI UN PROGRAMMA DI MIGLIORAMENTO DELLA QUALITà

G. Giannarini, A. Kungulli, G. De Giorgi, S. Sioletic, R. Quattrin, V. Ficarra (Udine)

Scopo del lavoro Se l’esame istologico di una TURBT documenta una neoplasia vescicale con infiltrazione del tessuto

connettivo subepiteliale in assenza di muscolo detrusore o con artefatti coagulativi da cattivo prelievo

(stadio clinico Tx), si rende necessario un nuovo intervento di TURBT con discomfort per il paziente e

aggravio di costi. La percentuale di istologia Tx è un proxy di valutazione dell'efficacia clinica e

dell'utilizzo di risorse di una struttura. Abbiamo valutato se tale percentuale varia nel tempo quando tale

parametro viene posto come obiettivo di reparto.

Materiali e metodi Dal 1 luglio 2014 al 31 marzo 2015 tutti i pazienti sottoposti a TURBT sono entrati a far parte dei questo

studio prospettico. Prima dell’inizio dello studio tutti gli urologi operatori sono stati invitati a seguire una

tecnica corretta di prelievo e tutti i patologi a ricercare con attenzione la presenza di muscolo nello

specimen e di segnalare eventuali artefatti coagulativi che impedivano una corretta diagnosi. Si sono

alternati 9 operatori e 7 patologi. La percentuale di istologia Tx e le complicanze sec. Clavien-Dindo

entro 30 giorni sono state calcolate per ciascuno dei 3 trimestri del periodo di osservazione.

Risultati La percentuale di istologia Tx nel trimestre precedente all’inizio dello studio è stato pari a 16/73 (22%).

Tale percentuale si è poi modificata come segue: 9/74 (12%), 4/67 (6%) e 6/123 (5%), rispettivamente,

nei tre trimestri successivi. Complicanze sono state osservate in 4 (1.5%) pazienti, tutte di grado IIIb

(sanguinamento vescicale), in 2 nel secondo (2.9%) e terzo (1.6%) trimestre, rispettivamente.

Discussione La percentuale di istologia Tx si è ridotta sostanzialmente da 22% a 5% nell’arco di 9 mesi. L’attenzione

sia degli operatori che dei patologi può spiegare in gran parte questo dato. Se la riduzione dei casi con

istologia Tx si traduca in una miglior efficacia dal punto di vista oncologico in questa serie resta da

dimostrare, anche se i dati della letteratura sembrano orientare in questa direzione.

Conclusioni E’ possibile ridurre la percentuale di istologia Tx dopo TURBT coinvolgendo operatori urologi e patologi

in un progetto obiettivo prospettico e mantenendo un basso tasso di complicanze.

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THE IMPACT OF DIFFERENT BCG STRAINS ON OUTCOME IN A LARGE COHORT OF

T1G3 PATIENTS TREATED WITH BCG.

F. Pisano, A. Witjes, R. Sylvester, F. Soria, A. Battaglia, M. Preto, M. Allasia, G. Tasso, V. Serretta, R.

Colombo, S. Di Stasi, T. Cai, R. Bartoletti, B. Frea, P. Gontero (Torino)

Scopo del lavoro There are only few RCT’s comparing different BCG strains. As a consequence, there is limited

information available on the difference in their efficacy in the treatment of patients with NMIBC. A trial

from 1995 showed that an induction course BCG RIVM significantly reduced the number of recurrences

compared to an induction course of BCG Tice [Vegt et al, J Urol 1995]. A recently published trial

[Rentsch et al, Eur Urol 2014] also found an induction course of BCG Connaught to be significantly

better in the reduction of recurrences than an induction course of BCG Tice. We retrospectively compared

the outcomes after BCG Connaught and BCG Tice in a large study cohort of high risk NMIBC patients,

and looked at recurrence, progression and cancer specific survival (CSS).

Materiali e metodi In a large multicenter retrospective cohort of 2451 primary T1G3 patients, information on the BCG strain

was available for 2099 patients: 1546 on Connaught and 553 on TICE. 765 patients received maintenance

BCG, 560 (36%) on Connaught and 205 (37%) on TICE. 1334 patients (64%) did not receive

maintenance. Since there are imbalances in the distribution of prognostic factors in this non randomized

comparison, multivariate analyses were done to adjust for the most important variables.

Risultati When no maintenance was given, Connaught was more effective than TICE for the time to first

recurrence (HR = 1.34, p=0.004) with a trend towards a longer time to death due to bladder cancer (HR =

1.46, p = 0.09). When maintenance was given, TICE was more effective than Connaught for the time to

first recurrence (HR = 0.64, p=0.01) and the time to death due to bladder cancer (HR = 0.37, p = 0.04).

Maintenance BCG reduced the risk of recurrence (p < 0.001) for both strains. For the time to progression,

Connaught and TICE had a similar efficacy, however maintenance reduced the risk of progression

compared to no maintenance only in the patients receiving TICE

Discussione Rentsch et al suggested that the superiority of BCG Connaught is due to a superior immunogenicity, as

they demonstrated in mice. Additionally they found genetic differences that may explain the differential

efficacy of the two BCG strains. This is in line with findings by Secanella et al [J Urol 2013], showing

Russian and Connaught BCG strains (an evolutionary early and late substrain) to be most effective in cell

proliferation inhibition and cytokine response as compared to 6 other BCG strains, amongst which Tice

BCG.

Conclusioni We can confirm that, when no maintenance is used, BCG Connaught results in a lower recurrence rate as

compared to BCG Tice. However, the opposite is true when maintenance is given

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POTERE PREDITTIVO DELLA CISTOSCOPIA CON NBI VERSUS CISTOSCOPIA

STANDARD PRIMA DELLA TURBT

R. GIULIANELLI, L. ALBANESI, B. GENTILE, G. MIRABILE, G. RIZZO, P. TARICIOTTI, P.

ALIJANI, G. VINCENTI (ROMA)

Scopo del lavoro Scopo del lavoro è di aumentare la nostra capacità di identificare il carcinoma della vescica comparando

il potere predittivo della cistoscopia con NBI versus la cistoscopia a luce bianca, negli stessi pazienti

prima di essere sottoposti a TURBT.

Materiali e metodi Da Giugno 2010 ad Aprile 2012, 797 pazienti, 423 maschi e 374 femmine, affetti da sospette lesioni

vescicali, sono stati sottoposti a cistoscopia con luce bianca (WL) e cistoscopia con NBI e

successivamente sottoposti a TURBT con luce bianca (WL-TURBT) con sistema bipolare Gyrus PK.

L’età media era 67,7 anni (range 46-88 anni). Tutti i pazienti sono stati sottoposti preoperativamente a

cistoscopia con luce bianca, registrando topografia e caratteristiche delle neoplasie e/o delle lesioni

sospette, e poi sottoposti a medesima valutazione delle lesioni dopo cistoscopia con NBI.

Successivamente tutti i pazienti sono stati sottoposti a resezione con luce bianca (WL-TURBT) delle

lesioni identificate in precedenza.

Risultati Un totale di 797 pazienti sono stati arruolati in questo studio. Nella nostra esperienza, Abbiamo osservato

un tasso di identificazione di lesioni sospette vescicali pari a 1571 lesioni. Complessivamente, abbiamo

identificato 234 pazienti (14,8%) con lesioni visibili solo con luce NBI. Dopo TURBT con luce bianca,

abbiamo osservato 1051 (66,85%) lesioni vescicali neoplastiche; tra queste, 521 (33,14%) erano negative.

Abbiamo osservato 127 (12,1%) neoplasie vescicali in 99 pazienti (19,8%, p<0,05) con cistoscopia a luce

bianca negativa e cistoscopia con NBI positiva. L’uso della cistoscopia a luce bianca e della sistoscopia

con NBI ci ha permesso di avere una sensibilità dell’80,66% e del 97,85% con un PPV del 68,49% e del

63,74%, rispettivamente. Anche lo staging (CIS, p<0,05), il grading (LG, p<0,05), la focalità (unifocale,

p<0,05) e le dimensioni (<3cm, p<0,05) sono stati statisticamente significativi. Nel condurre questo

studio abbiamo usato un modello di regressione logistica per identificare le relazioni tra le variabili

strutturali e la capacità della nuova tecnica di identificare la malattia.

Discussione Questo è il primo lavoro in letteratura dove, negli stessi pazienti, è stata valutata la capacità complessiva

della cistoscopia con NBI di aumentare il potere predittivo nell’identificare le lesioni vescicali sospette

comparata al solo uso della cistoscopia a luce bianca.

Conclusioni Dopo cistoscopia con NBI, abbiamo osservato un incemento complessivo del tasso di identificazione

delle lesioni vescicali sospette del 24,34% (194 pazienti) e un tasso di identificazione di tumori vescicali

positivi con NBI del12,1% (99 pazienti). Il tasso di identificazione complessivo dei falsi positivi è stato

del 35,75% (285 pazienti). La combinazione di cistoscopia a luce bianca e di cistoscopia con NBI e la

successiva TURBT bipolare sembra permettere un migliore approccio diagnostico e terapeutico del

tumorevescicale,specialmente nei CIS, nelle lesioni LG, primitive, unifocali e inferiori a 3 cm.

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LA NOSTRA ESPERIENZA CON NBI. PUò AUMENTARE LA NOSTRA CAPACITà DI

IDENTIFICARE LA PROGRESSIONE DEI TUMORI VESCICALI NEL FOLLOW-UP?

B. GENTILE, L. ALBANESI, G. MIRABILE, P. TARICIOTTI, G. RIZZO, G. VINCENTI, P. ALIJANI,

R. GIULIANELLI (ROMA)

Scopo del lavoro Scopo di questo lavoro era di valutare l’uso della luce NBI, durante il follow-up, come vantaggio

nell’identificare tumori residui misconosciuti alla TURBT con luce Bianca(WL).

Materiali e metodi Da Giugno 2010 ad Aprile 2012,797 pazienti affetti da lesioni vescicali primitive, recidive o sospette,

sono stati sottoposti a cistoscopia con WL e con NBI e successivamente sottoposti a WL-TURB con

sistema bipolare Gyrus PK.Di questi,512 presentavano lesioni tumorali e 444 sono stati sottoposti a

follow-up per 12 mesi.Dopo essere stati sottoposti a WL TURBT sono stati assegnati sei fattori di rischio:

dimensioni del tumore (cm),numero delle lesioni,tasso di recidiva in un anno, staging(T),grading(G)e la

presenza di carcinoma in situ(CIS).Basandosi su questi fattori di rischio e usando l’EORTC scoring

system, è stato calcolato il punteggio totale di recidiva separatamente per ogni paziente. Secondo tale

punteggio di rischio di recidiva i pazienti sono stati divisi in quattro gruppi(tab.1)Ogni tre mesi abbiamo

eseguito WL TURBT e “repeat” TURBT con NBI su ogni lesione sospetta (o cicatrice),sui relativi

margini e sul fondo. Abbiamo calcolato il tempo di insorgenza della prima progressione per decidere se

eseguire WL cistoscopia o “repeat” TURBT con NBI dopo la diagnosi di carcinoma vescicale.

Risultati Eseguendo WL TURBT,abbiamo osservato che 3 pazienti(0,67%)hanno avuto una progressione a pT2,

successivamente dopo “repeat” TURBT con NBI 11 pazienti (2,48%) hanno sviluppato progressione a

pT2 nei 12 mesi di follow-up.Abbiamo osservato che il 41,6% e il 58,3% appartenevano al II e al IV

gruppo rispettivamente.Il gruppo ad alto rischio presentava un rischio maggiore di avere progressione di

malattia dopo “repeat” TURBT con NBI rispetto ai gruppi a basso e intermedio rischio.Abbiamo

osservato progressione a pT2 nel 16,6% dei pazienti con pTaLG e pTaHG, nel 58,3% con pT1HG e

nell’8,3% con pCISHG, rispettivamente.Se valutiamo la progressione come un aumento nello staging e

nel grading della recidiva rispetto alla lesione primitiva,nel nostro campione si ritrova in 265

pazienti(59,6%).Il tasso di recidiva era dello 0%, del 18,8%, del 45,6% e del 35,4% rispettivamente nei

gruppi di rischio di progressione I, II, III e IV.La focalità (p<0,05) è risultata essere un fattore predittivo

di progressione maggiormente significativo dello status e delle dimensioni.Il tempo complessivo di

progressione dopo “repeat” TURBT con NBI in pazienti con progressione a pT2 ma con solo incremento

dello staging e del grading è stato di 3,7 mesi, in particolare è stato di 3,29 mesi e di 6,41 mesi sul fondo e

sui margini, rispettivamente.

Discussione Più della metà dei tumori non muscolo invasivi recidiva e tra il 10% e il 20% dei casi ha una progressione

in tumori muscolo invasivi.

Conclusioni La “repeat”TURBT con NBI offre un vantaggio statisticamente significativo nell’identificare la

progressione di tumori residui non identificati durante WL TURBT.La focalità è stato un significativo

parametro predittivo di progressione.

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LA CISTOSCOPIA A FLUORESCENZA CON ESAMINOLEVULINATO NELLA DIAGNOSI E

NEL FOLLOW UP DELLE NEOPLASIE SUPERFICIALI DELLA VESCICA.

M. Poggio, I. Morra, C. Fiori, F. Ragni, M. Cossu, A. Di Stasio, M. Manfredi, F. Mele, R. Aimar, E.

Checcucci, F. Porpiglia (Orbassano)

Scopo del lavoro La cistoscopia a fluorescenza (FC) con esaminolevulinato (HAL) è una procedura endoscopica di

diagnosi fotodinamica, in grado di migliorare in maniera significativa l’identificazione delle lesioni

vescicali rispetto alla cistoscopia a luce bianca (WLC).

Materiali e metodi Nel periodo compreso tra gennaio 2007 e dicembre 2014, 123 pazienti (106 uomini, 17 donne) sono stati

sottoposti a cistoscopia combinata a luce bianca (WLC) e a fluorescenza con HAL (HAL-FC) con

sospetta prima diagnosi di tumore vescicale o in follow up per pregressa neoplasia vescicale. Un’ora

prima della procedura è stato instillato in vescica 85 mg di HAL diluito in 50 ml di fisiologica.

Successivamente è stata eseguita una WLC tradizionale, seguita da FC. Tutte le lesioni sospette reperite

in luce bianca e/o luce blu sono state campionate mediante biopsia semplice o TURB. In 15 casi abbiamo

eseguito una FC semplice senza biopsie (WLC e HAL-FC entrambe negative).

Risultati Sono stati effettuati 235 prelievi bioptici di lesioni vescicali sospette, con metodica a luce bianca e / o

fluorescente (mediante pinza da biopsia o TURB). In 11 casi sono state evidenziate lesioni sospette solo

alla luce bianca standard (WLC+/FC -), di cui solo 3 si sono risultate positive per neoplasia (1 basso

grado, 1 in situ ed 1 alto grado). Sono altresì state rilevate 83 lesioni vescicali evidenti solo con la

cistoscopia a fluorescenza (WLC-/FC) riscontrando 32 lesioni tumorali (4 bassi gradi, 4 alti gradi, 24

carcinomi in situ). Confrontando le due metodiche, la percentuale di falsi positivi è risultata superiore in

WLC rispetto a FC (FC 61% vs. WLC 72%), con prevalenza di diagnosi di carcinomi in situ nei pazienti

in cui veniva unicamente riscontrata la positività con la fluorescenza (75%).

Discussione Dai risultati ottenuti si evidenzia che, pur considerando la percentuale di falsi positivi, la metodica PDD

incrementa la diagnosi di tumore vescicale di alto grado e Cis rispetto alla procedura standard in luce

bianca.

Conclusioni HAL-FC è una procedura sicura ed efficace, utile nell’integrare la WLC. Sicuramente risulta utile

approfondire il reale impatto della metodica, mediante un approfondita analisi costi/benefici.

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CISTOSCOPIA A LUCE BLU CON ESAMINOLEVULINATO (HEXVIX): NOSTRA

ESPERIENZA DI 7 ANNI.

V. Lacetera, L. Montesi, D. Cantoro, B. Cervelli, A. Cicetti, G. Gabrielloni, D. Milella, M. Montesi, R.

Morcellini, G. Parri, E. Recanatini, V. Beatrici (Fano)

Scopo del lavoro Lo scopo del nostro studio è quello di confrontare la detection rate della cistoscopia a luce blu (BLC)

dopo instillazione di esaminolevulinato (Hexvix) rispetto alla cistoscopia convenzionale a luce bianca

(WLC) nella diagnosi e nel follow-up delle neoplasie vescicali non muscolo-invasive (NMIBC) nella

nostra esperienza di 7 anni.

Materiali e metodi Da Gennaio 2008 e Gennaio 2015 abbiamo eseguito un totale di 61 BLC selezionando pazienti con

neoplasia vescicale sospetta (esami citologici positivi con WLC negativa) oppure storia di pregresso CIS

o neoplasia ad alto grado. La vescica è stata valutata inizialmente con WLC e poi con BLC: tutte le

lesioni positive o sospette in luce bianca e in luce blu sono state biopsiate o sottoposte a resezione

endoscopica (TURB) separatamente ed inviate per esame istologico. Tutti i campioni sono stati esaminati

da un uropatologo che non conosceva a quale tipo di luce (WLC e/o BLC) la zona biopsiata/resecata era

risultata positiva. Abbiamo valutato rispettivamente la sensibilità, la specificità ed il potere predittivo

positivo della WLC e della BLC.

Risultati 61 BLC (54 uomini e 7 donne; età media 77 anni). 15/61 (24.5%) con sospetta prima diagnosi di NMIBC

(citologici positivi e WLC negativa) e 46/61(75.5%) con storia di NMIBC ad alto rischio. Abbiamo

eseguito un totale di 173 biopsie/TURB di aree sospette:129 positive solo alla BLC e 44 sia alla WLC che

alla BLC. Sono risultate positive per neoplasia 84/173 dei campioni inviati con la seguente istologia:44

CIS, 17 TaG1, 2TaG3, 21 T1G3. Tutte le 84 sedi di neoplasia sono risultate positive alla BLC rispetto

alle 35/84 positive alla WLC con una sensibilità della BLC e WLC rispettivamente del 100% e del 41.7%.

Le 49 lesioni rilevate solo alla BLC avevano la seguente istologia: 29 CIS, 14 TaG3 6 T1G3. Valutando

la sensibilità della WLC nei confronti solo della NMIBC ad alto grado e di CIS si rileva un valore del

34.1% e 39% rispetto al 100% della BLC. La specificità della WLC è risultata del 79.9% rispetto al

48.5% della BLC . Il potere predittivo positivo della BLC e della WLC sono risultati rispettivamente del

48% (CI 95% 0,447-0,523) e del 79%, (CI 95% 0,856-0,734)

Discussione Diversi studi dimostrano come la cistoscopia a luce blu (BLC) dopo instillazione di Hexvix migliora la

detection rate delle neoplasie vescicali non muscolo invasive in particolare ad alto rischio: tale

miglioramento è stimato del 14.7% e del 41% se consideriamo solo il CIS secondo la metanalasi di

Burger et al. pubblicata nel 2013. Altri lavori confermano tali dati.

Conclusioni I nostri dati confermano i dati presenti in letteratura: la cistoscopia a luce blu (BLC) dopo instillazione di

Hexvix aumenta la detection rate delle neoplasie vescicali non muscolo invasive (NMIBC) in particolare

ad alto rischio (storia di CIS o di alto grado). Inoltre è uno strumento diagnostico importantissimo nella

diagnosi di neoplasia vescicale sospetta (citologia urinaria positiva) con cistoscopia convenzionale a luce

bianca negativa.

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PROGRAMMA DI SORVEGLIANZA ATTIVA NEL CARCINOMA VESCICALE NON

MUSCOLO INVASIVO (NMIBC) RECIDIVANTE

L. Pasini, R. Hurle, P. Casale, N. Buffi, M. Seveso, G. Taverna, G. Giusti, G. Lughezzani, A. Benetti, R.

Peschechera, G. Fiorini, L. Castaldo, S. Proietti, S. Zandegiacomo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro Riportare la nostra esperienza di uno studio prospettico di coorte con un gruppo selezionato di pazienti

affetti da carcinoma vescicale non muscolo invasive (NMIBC) inseriti in un programma di osservazione e

monitoraggio dopo diagnosi di recidiva di malattia

Materiali e metodi Criteri di inclusione: piccola (<10 mm), asintomatica neoplasia papillare con citologie urinarie negative in

pazienti con pregressa diagnosi di NMIBC (Stadio pTa, pT1a; grado 1-2) ed un numero di lesioni

inferiore a 5. Sono stati esclusi pazienti con neoplasia sintomatica o quelli con pregressa diagnosi di

carcinoma in situ (CIS) o grading istologico di 3. Tutti i pazienti inclusi nello studio osservazionale sono

stati monitorati con frequenza di 3-4 mesi con citologia ed uretrocistoscopia flessibile. Tutte le analisi

anatomo-patologiche sono state condotte da un unico, esperto uropatologo e Citologi dedicati

Risultati Sono stati analizzati dati di 55 pazienti per 70 eventi di sorveglianza. L’età media dei pazienti era di 69,8

anni. Il follow-up medio di 36 mesi. Le caratteristiche anatomo-patologiche prima dell’osservazione

erano pTa nell’80% dei casi; pT1 nel restante 20%; grado 1 nell’82% e grado 2 nel 18%. I pazienti sono

rimasti in osservazione per un tempo medio di 18,9 mesi. L’89% dei pazienti non ha manifestato

progressione dello stadio e l’82% progressione del grado. In nessun caso è stata osservata progressione

verso la muscolo-invasività. I pazienti che hanno interrotto l’osservazione e si sono sottoposti a resezione

endoscopica (TURBT) sono quelli che hanno dimostrato un incremento del numero o delle dimensioni

delle lesioni, un peggioramento dei sintomi (soprattutto ematuria) o la comparsa di positività alla citologia

urinaria

Discussione La sorveglianza attiva per questo tipo di tumori, senza un trattamento specifico, è molto comune nella

pratica clinica. Nonostante ciò, le linee guida non contemplano ancora questa opzione

Conclusioni Un protocollo di sorveglianza attiva è da prendere in considerazione per pazienti con piccole redicive di

neoplasia vescicale dopo resezione di tumori Ta T1 di basso grado. Tale pratica clinica consente di evitare

una chirurgia non sempre necessaria anche in considerazione del minimo rischio di progressione in tali

pazienti. In ogni caso, laddove venga segnalato un significativo incremento del numero o delle

dimensioni delle lesioni, i pazienti andrebbero indirizzati a TURBT

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PROGRAMMA DI PREVENZIONE DEL CARCINOMA VESCICALE (PPCV): PRIMI

RISULTATI DI UNO STUDIO PILOTA IN ITALIA

M. Brausi (Carpi)

Scopo del lavoro Il carcinoma vescicale (CV) è diagnosticato in circa 900000 uomini/donne/anno,circa il 20-25% di loro

morirà per questa malattia.E’tra i tumori più costosi da gestire in termini di spesa totale.Fumo e amine

aromatiche sono gli agenti causali. Prevenzione primaria significa evitare questi due fattori e ridurn

incidenza e mortalità del CV. Gli Urologi sono poco sensibili nell’agire sulla prevenzione. L’obiettivo

dello studio era di valutare la fattibilità di un PPCV in una provincia di circa 800000 abitanti dove fumo e

colorifici sono molto diffusi.

Materiali e metodi PPCV è stato ideato da un urologo (MB) ma include multiple figure ed azioni diverse. Sono stati coinvolti

:1. Urologi ospedalieri 2. Medici di medicina generale (MMG). 3. Società Urologiche nazionali 4. Media

(Tv, giornali ) 5. Epidemiologi (campagne di sensibilizzazione) 6. Specialisti di Medicina del Lavoro

(protezione dei lavoratori a rischio) . 1.10 urologi ospedalieri sono stati invitati ad indagare

anamnesticamente su ogni paziente che afferisce al centro per varie patologie (calcolosi, malattie

prostatiche o renali, etc…) sulle sue abitudini tabagiche, sul suo lavoro tramite un semplice questionario.

Sono stati incoraggiati i pazienti a smettere di fumare ed evitare i contatti con coloranti nei luoghi di

lavoro. 2.30 MMG di Carpi( 70,000 abitanti) ,sono stati informati sul PPCV dal promotore (MB) ed

invitati a riunioni su questo argomento. E' stato preparato un poster sul CV per esporlo nelle loro sale

d’attesa ed ambulatori.3.Sono state invitate a partecipare al programma: SIU e SIuRO, U.Uro-Oncologica

dell’Ausl Modena .4.Tv locali e 3 giornali sono stati invitati ad aiutare nella campagna di informazione

per la popolazione. 5.Esperti in epidemiologia e medicina del lavoro sono stati coinvolti per organizzare

rispettivamente corsi sul CV nelle scuole superiori e nei luoghi di lavoro.

Risultati Dopo 6 mesi è stato fatto un primo rapporto su queste attività. 1.Urologi: 3/10 urologi ospedalieri hanno

seguito PPCV. 7 No. Motivazioni: dimenticanza, troppi impegni, etc… 1 (MB) ha passato più di 5 minuti

spiegando il PPCV. Risultati: è stato suscitato un vivo interesse e curiosità per il programma 2.MMG:

Solo 10/30 hanno partecipato all’incontro. Tutti hanno accettato di appendere il poster nei loro studi.

3.SIU e SIuRO hanno accettato il programma. SIU attiverà entro un anno il programma, la SIuRO non ha

risposto ancora. L’unità Uro-Oncologica ha approvato il programma. 4.MB ha partecipato a vari show

televisivi (locali e nazionali) e scritto 3 articoli sull'argomento ed il programma riportato poi nei giornali

locali.5.Le lezioni nelle scuole superiori e nei luoghi di lavoro sono in fase di organizzazione ed

inizieranno a breve.

Discussione Sensibilizzare la prevenzione primaria riduce incidenza e mortalità .

Conclusioni realizzare un PPCV richiede tempo ed impegno continuo.La comunicazione con i pazienti è la chiave di

volta ,ma necessita di più di 5 minuti. Urologi e MMG dovrebbero essere più coinvolti ed attivi a

riguardo.

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CARCINOMA UROTELIALE DELLA VESCICA DI NUOVA INSORGENZA IN PAZIENTI

SOTTOPOSTI A TRAPIANTO RENALE: UNO STUDIO RETROSPETTIVO

MULTICENTRICO.

A. Bosio, A. Palazzetti, E. Dalmasso, E. Alessandria, D. Peretti, P. Destefanis, B. Lillaz, G. Pasquale, O.

Sedigh, A. Volpe, S. Iesari, P. Todeschini, A. Famulari, M. Scolari, P. Gontero, C. Terrone, P. Stratta, G.

Segoloni, L. Biancone, B. Frea (Torino)

Scopo del lavoro I pazienti nefrotrapiantati (NT) hanno un rischio 2-7 volte superiore alla popolazione generale di

sviluppare una neoplasia, soprattutto per il trattamento immunosoppressivo. I tumori uroteliali della

vescica hanno un'incidenza di 0,4-0,8% nei pazienti NT e possono presentare un comportamento più

aggressivo. L'obiettivo di questo studio è valutare i tassi di recidiva, progressione e sopravvivenza dei

tumori uroteliali della vescica nei pazienti NT e di individuare eventuali fattori prognostici.

Materiali e metodi E’ stato organizzato uno studio multicentrico retrospettivo in 4 Centri Trapianti Renali. Sono stati

individuati tutti i casi di tumore uroteliale della vescica “de novo” diagnosticati in pazienti NT dal 1988 al

2013. Sono state eseguite un’analisi statistica descrittiva e calcolati i tassi di recidiva, di progressione e di

sopravvivenza correlandoli ai fattori di rischio comunemente accettati: sesso, età alla diagnosi,

trattamento immunosoppressivo, anni di dialisi, modifica della terapia immunosoppressiva e classi di

rischio neoplastico.

Risultati 28 carcinomi uroteliali della vescica “de novo” sono stati diagnosticati nel periodo in studio con

un’incidenza dello 0,9%. In 23 casi il tumore era non muscolo-invasivo (NMIBC), in 2 muscolo-invasivo

(MIBC), in 3 la stadiazione alla diagnosi non era disponibile. I tassi di sopravvivenza globale (OS) a 1, 2,

5 e 10 anni sono risultati rispettivamente 100%, 87%, 78%, e 40%. I tassi di sopravvivenza cancro-

specifica (CSS) a 1, 2, 5 e 10 anni sono risultati rispettivamente 100%, 87%, 75% e 70%. Il tasso di

recidiva è stato complessivamente del 64%. Tra le variabili analizzate, l’età alla diagnosi superiore ai 60

anni è risultata correlata al rischio di recidiva (p<0,05). Il tasso di progressione è risultato

complessivamente del 14%. La presenza di CIS è risultata associata con la progressione a MIBC

(p<0,05). Tutti i casi di morte cancro-specifica hanno riguardato pazienti ad alto rischio e con

progressione di malattia. Il cambiamento della terapia immunosoppressiva non è risultato associato ad

una riduzione dei tassi di recidiva o di progressione.

Discussione La casistica oggetto dello studio è una delle più ampie sull’argomento. I risultati dello studio sembrano

confermare che il carcinoma uroteliale della vescica sia associato ad una prognosi peggiore nei pazienti

NT rispetto alla popolazione generale, in particolare in caso di NMIBC ad alto rischio. La possibilità di

un trattamento precoce aggressivo, come la cistectomia radicale o il BCG intravescicale, va tenuta in

conto in questi pazienti al fine di ridurre la progressione di malattia e la morte cancro-specifica.

Conclusioni Il presente studio multicentrico, che rappresenta una delle casistiche più ampie sull’argomento, conferma

l’aggressività del carcinoma uroteliale della vescica nei pazienti NT e la necessità di prendere in

considerazione un trattamento precoce aggressivo in particolare nelle forme ad alto rischio.

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FOLLOW-UP A MEDIO TERMINE DI RESEZIONE “EN BLOC” PER NEOPLASIA

VESCICALE NON MUSCOLO INVASIVE (NMIBC): RISULTATI DI UNO STUDIO

PROSPETTICO DA UN SINGOLO CENTRO

R. Hurle, L. Pasini, M. Seveso, P. Casale, G. Lughezzani, G. Taverna, G. Giusti, N. Buffi, S. Proietti, R.

Peschechera, A. Benetti, L. Castaldo, S. Zandegiacomo, G. Fiorini, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro La qualità della resezione transuretrale delle neoplasie vescicali condiziona fortemente recidiva e

prognosi di malattia. La resezione “en bloc” (ERBT) si è dimostrata capace di migliorare la qualità della

stadiazione e di ridurre la recidiva precoce di malattia a breve termine. Scopo di questo lavoro è riportare

i risultati oncologici a medio termine dei pazienti sottoposti a ERBT.

Materiali e metodi Questo è uno studio prospettico osservazionale su 85 pazienti affetti da neoplasia vescicale (BC),

sottoposti a ERBT con corrente monopolare su ansa di Collins da giugno 2010 a febbraio 2014 presso un

Centro Universitario ad elevato volume. L’end-point primario dello studio è la sopravvivenza libera da

malattia. End-point secondari sono: presenza o meno di muscolatura del detrusore nel campione;

interessamento dei margini periferici, laterali e circumferenziali; tasso di complicanze e RRFF-C a 3

mesi. L’analisi statistica è stata complimentata da un’analisi multivariata.

Risultati Il diametro medio della neoplasia è risultato di 2.5 ± 0,63 cm. Il numero mediano di tumori resecati per

paziente è stato di 1 (1-4), per un totale di 124 neoplasie resecate. 11 pazienti con infiltrazione della

muscolare all’esame definitivo si sono sottoposti a cistectomia radicale. Gli altri 74 sono stati seguiti con

un follow-up medio di 27,5mesi (12-41). Tutti i pazienti con diagnosi di alto grado si sono sottoposti ad

un second look endoscopico a 30-45 giorni. Sono state registrate 13 recidive, nella maggior parte dei casi

(9/13: 69,23%) in sede diversa dalla lesione primitiva. Il tasso di sopravvivenza libera da malattia a 2 anni

è risultato del 85,59%. Non abbiamo riscontrato alcuna differenza a 2 anni in termini di recidiva fra

pazienti conalto e basso grado ( 84,35% vs 87,54%, rispettivamente; p: 0,744). L’analisi istologica dei

campioni ha dimostrato 26 T1 HG (32%); 11 MIBC (13%); 47 altri NMIBC (55%). Non è stato riportato

alcun sanguinamento incontrollabile, perforazioni o altre serie complicazioni.

Discussione La resezione “en bloc” delle neoplasie vescicali è una promettente tecnica che consente la resezione di

neoplasie >1xm. E’ stato già comprovato che la qualità del campione per la stadiazione istopatologica può

essere migliorato dalla ERBT.

Conclusioni Il nostro studio dimostra che la ERBT è una tecnica sicura e fattibile con corrente monopolare su ansa di

Collins. La qualità stadiativa misurata dal coinvolgimento del detrusore è eccellente e raggiunge il 100%.

Le complicanze sono basse. Abbiamo dimostrato un ridotto tasso di recidiva dopo 27,5 mesi ed una

tendenza a minori recidive sull’area resecata

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CISTI RENALI INDETERMINATE ED UTILIZZO DELL'ECOGRAFIA CON MDC (CEUS):

INIZIALE VALUTAZIONE PROSPETTICA NELLA NOSTRA ESPERIENZA

C. SALARIS, D. MAZZAFERRO, E. PETRELLA, M. BERTOCCO, R. PUPILLO, U. SALOMONE, M.

FIORI, R. GUNELLI, M. URBINATI, T. ZENICO (FORLI')

Scopo del lavoro Negli ultimi anni l’utilizzo del mdc in ecografia (CEUS) si è fatto sempre più presente in diverse realtà

ospedaliere per migliorare la capacità di identificare cisti renali potenzialmente maligne (Bosniak III-IV);

nostra esperienza

Materiali e metodi Nel periodo maggio 2011-marzo 2015, 58 pazienti consecutivi (età media 62 anni, range 35-84, 41

maschi e 17 femmine) con riscontro ecografico di base (US) di 62 cisti renali (diametro medio 43.4 mm,

range 14-76; 32 del rene dx e 30 rene sn) sono stati sottoposti a CEUS. L’accuratezza della CEUS nella

differenziazione tra cisti benigne e potenzialmente maligne è stata valutata con follow-up fino a 36 mesi

con TC/RMN successive e/o istologia finale

Risultati delle 62 cisti renali 27 erano semplici (Bosniak I-II-IIF) e 35 potenzialmente maligne (20 solide, 6 tipo III

e 9 tipo IV). L’US ha correttamente classificato 19/27 di cisti semplici e 24/35 potenzialmente maligne,

mostrando una sensibilità (SE) del 68.5% ed una specificità (SP) del 70.3% con accuratezza del 48.3%.

L'utilizzo del mdc (CEUS) ha permesso di identificare correttamente 25/27 (SE 92.5%) di cisti benigne e

34/35 (SP 97.1%) di cisti potenzialmente maligne con accuratezza del 67.8% e nello specifico 21 solide, 6

di tipo III e 8 di tipo IV

Discussione Nella nostra esperienza la CEUS è stata eseguita sempre da due stessi operatori, la conferma è stata fatta

con follow-up fino a 36 mesi tramite TC/RMN e/o esame istologico. L'US ha mostrato una SE e SP

rispettivamente di 68.5% e 70.3% nel discriminare cisti benigne da potenzialmente maligne. La CEUS ha

notevolmente migliorato i precedenti parametri e nello specifico una SE pari a 92.5% e SP di 97.1%; con

aumento significativo dell'accuratezza diagnostica fino al 67.8% aumentando di una percentuale

statisticamente significativa la capacità diagnostica dell'esame stesso. Il gold standard di riferimento è

stato un follow-up fino a 36 mesi con TC/RMN e/o istologia per le cisti di tipo IV o solide. L'aspetto

importante è stato la capacità della CEUS di identificare correttamente 34/35 cisti maligne, precisamente

6 tipo III (100%) e 8/9 tipo IV (90%)

Conclusioni Seppure con i limiti di un esiguo numero di casi la CEUS nella nostra esperienza è risultata una metodica

utile e sufficiente nella differenziazione tra cisti complesse benigne e potenzialmente maligne e

rappresenta una valida alternativa ad indagini strumentali maggiori (TC/RMN) nella discriminazione

delle cisti renali tipo Bosniak III e IV

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RUOLO DELLA TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA MULTIFASICA (TC) NEL

MANAGEMENT CLINICO DELLE PICCOLE MASSE RENALI (SRMS).

V. Vagnoni, M. Borghesi, E. Brunocilla, L. Bianchi, M. Rossi, M. Bandini, R. Golfieri, C. Gaudiano, C.

Pultrone, H. Dababneh, G. Martorana, R. Schiavina (Bologna)

Scopo del lavoro L’obiettivo di questo studio è quello di presentare il ruolo delle caratteristiche morfologiche e dinamiche

della scansione con tomografia computerizzata multifasica (TC) nella diagnosi preoperatoria delle piccole

masse renali (SRMs).

Materiali e metodi Tra gennaio 2008 e gennaio 2014 presso il nostro istituto abbiamo studiato in maniera prospettica 80

pazienti che sono stati sottoposti a TC multifasica e successivamente a trattamento chirurgico per SRMs

(diametro≤ 4). Per ogni lesione sono stati studiate le caratteristiche morfologiche, i patterns e le analisi

quantitative dell’impregnazione contrastografica. Abbiamo studiato la correlazione tra le caratteristiche

radiologiche e il sottotipo istologico. Tutti gli studi TC sono stati visionati da due uro-radiologi senza

conoscere ulteriori dati clinici o di imaging precedente.

Risultati Globalmente sono state valutate 81 SRMs. L’ esame istologico sul pezzo operatorio ha mostrato la

presenza di 30 (37%) oncocitomi, 22 (27.2%) carcinoma renali a cellule chiare ccRCC, 16 (19.8%) RCC

papillari (pRCC) e 13 (16%) RCC cromofobi (chRCC). Tra le caratteristiche morfologiche del tumore,

solamente la presenza di necrosi ha una correlazione statisticamente significativa con il ccRCC

(p=0.014). Non sono state trovate differenze significative in termini di valori medi di attenuazione in tutte

le fasi (fase arteriosa, parenchimale, tardiva) tra l’oncocitoma e il ccRCC (p=0.446) e tra il cromofobo e il

carcinoma papillare (p=0.247). Sulla base del comportamento arterioso abbiamo identificato due separati

gruppi di tumori: lesioni “Ipervascolarizzate”(Oncocitoma e ccRCC) e “Ipovascolarizzate”(chRCC e

pRCC). Tra i due gruppi abbiamo trovato una differenza statisticamente significativa in termini di

contrast enhancement durante tutte le fasi della TC (Tabella 1, p<0.05).

Discussione Ad oggi, le correlazioni tra le caratteristiche radiologiche e l’istologia dei tumori parenchimali renali sono

poco studiate in letteratura. Una migliore comprensione del comportamento del tumore attraverso un

dettagliato studio radiologico, insieme alle caratteristiche cliniche e demografiche del paziente, potrebbe

supportare lo specialista urologo nella scelta del miglior approccio terapeutico.

Conclusioni Il pattern di captazione della TC multifasica ha mostrato una miglior accuratezza nella distinguere le

lesioni ipervascolarizzate ed ipovascolaizzate, che comprendono neoplasie a diverse caratteristiche

patologiche. Una preliminare differenziazione tra questi due gruppi potrebbe essere utile per identificare

il miglior approccio clinico delle SRMs.

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IMPATTO DELLA BIOPSIA RENALE SULLA GESTIONE CLINICA DELLE PICCOLE

MASSE RENALI. "SINGLE CENTRE EXPERIENCE"

G. Cova, M. Ciaccia, F. Beniamin, L. Maccatrozzo (Treviso)

Scopo del lavoro Valutare l'impatto dell'uso della biopsia renale sulla gestione clinica dei pazienti affetti da piccola masse

renali(SMR).

Materiali e metodi Nel periodo 01.2009-12.2014, 38 pazienti (età media 63,7 anni) con diagnosi incidentale di SMR

(diametro medio 3.2 cm) sono stati sottoposti a biopsia percutanea ecoguidata. 7 pazienti erano in follow-

up per altra neoplasia,in altri 4 la lesione era a carico del rene trapiantato.La procedura è stata eseguita in

regime di DaySurgery, in anestesia locale, utilizzando una“biopty gun”18 G con tecnica coassiale, con

paziente in decubito prono o laterale. Il numero medio di campioni è 3(lunghezza media0.8cm), la durata

media 20min. Dopo 24h di osservazione e controllo dell'emocromo i pazienti sono stati domiciliati.

Risultati L'esito istologico è stato: 22 RCC(58%), 1 linfoma(2%), 8 oncocitoma(22%), 3 angiomiolipoma(8%), 1

reazione xantogranulomatosa(2%), 3 parenchima normale(8%). 5 casi(13%)sono stati sottoposti a

rebiopsia poichè non dirimente. Il Grading è stato attribuito in 4 casi. Nel gruppo RCC,7 casi sono stati

sottoposti a nefrectomia radicale, 7 ad enucleoresezione ,7 a crioablazione(tra questi i 4 trapiantati).

L’es.istol. definitivo è stato concordante in 12/14casi (85%), in 2 casi ha documentato oncocitoma e

neof.xantogranulomatosa. Non sono state osservate complicanze significative post-biopsia ne maggiori

difficoltà intraoperatorie.

Discussione L’aumentata incidenza di SMR incidentali soprattutto in pz anziani, con importanti comorbidità o non

candidabili a terapia chirurgica,la possibilità di scegliere tra terapie alternative (termoablazione) o la

possibilità addirittura di evitare una terapia (regime di sorveglianza attiva), ha rivalutato il ruolo della

biopsia, considerata una metodica poco accurata,incapace di modificare la strategia terapeutica e

potenzialmente pericolosa. La revisione della letteratura ha dimostrato una specificità del 90%,una

sensibilità del 92% con una concordanza istologica del 86-98%. Nel 17% dei casi è stato possibile evitare

una chirurgia. Le complicanze(sanguinamento e“seeding”)sono rare. Per contro c'è il rischio di

"undertreatment" di lesioni benigne alla biopsia è reale a causa dell’eterogeinicità tumorale. Attualmente

la biopsia è comunque una tecnica poco utilizzata e riservata solo in casi selezionati (pazienti anziani o

non candidabili a chirugia e casi di dubbia interpretazione radiologica).L'utilità clinica al momento andrà

verificata tramite nuovi studi.

Conclusioni Nella nostra esperienza la biopsia si è dimostrata una procedura sicura,facilmente riproducibile e capace

di indirizzare verso la condotta terapeutica più adeguata.Può essere una valida opzione nei pazienti

anziani e/o gravati da comorbidità non candidabili alla chirurgia. Negli altri casi la terapia chirurgica è

ancora il gold standard.Al momento non sono possibili conclusioni definitive poichè sono necessari

ulteriori studi clinici al fine di standardizzare la tecnica e definirne le corrette indicazioni.

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P 27

ANALISI DELLA VARIABILITà INTEROSSERVATORE NELLA VALUTAZIONE

ISTOLOGICA DELLE BIOPSIE DEI TUMORI RENALI

A. Volpe, F. Varvello, E. Bollito, C. Bozzola, L. Zegna, P. De Angelis, M. Fusano, A. Minocci, A. Neri,

G. Monga, G. Martignoni, C. Terrone (Novara)

Scopo del lavoro L’utilizzo della biopsia percutanea per la caratterizzazione istologica dei tumori renali è in aumento.

Scopo dello studio è stato valutare la concordanza interosservatore tra patologi nella valutazione

istologica delle agobiopsie delle neoplasie renali.

Materiali e metodi Abbiamo eseguito agobiopsie su banco con ago Tru-cut 18G in una serie di 74 masse renali asportate con

nefrectomia radicale o parziale presso il nostro centro tra 3/2009 e 12/2011. In tutti i casi sono state

eseguite due biopsie centrali (BC) e due biopsie periferiche (BP). Quattro esperti uropatologi hanno

valutato in cieco e separatamente i vetrini in ematossilina/eosina di tutte le biopsie ed i pezzi operatori.

Sono stati utilizzati criteri standardizzati per classificare la qualità del tessuto per la diagnosi istologica in

adeguato con buona qualità (AB), adeguato con scarsa qualità (AS) e non adeguato (NA). La concordanza

interosservatore nella valutazione dell’adeguatezza del tessuto, dell’istotipo tumorale e del grado di

Fuhrman sulle biopsie centrali e periferiche e sui pezzi operatori è stata valutata con il test kappa di

Cohen o Fleiss utilizzando SPSS v. 20.0 e R v. 2.15.1. La concordanza è stata definita scarsa, discreta,

moderata, buona ed ottima per valori di kappa <0.2, 0.21-0.4, 0.41-0,6, 0.61-0.8 and >0.8,

rispettivamente.

Risultati Il diametro mediano dei tumori biopsiati era 48 mm (IQR 30-73). La concordanza interosservatore nella

valutazione dell’adeguatezza sia delle BC che delle BP è stata buona (k=0.65 e 0.61). La concordanza per

la diagnosi di istotipo è stata anche buona, senza differenze significative tra BC e BP (k=0.76 e 0.78) e

approssima la concordanza per la diagnosi di istotipo sul pezzo operatorio (k=0.85). La concordanza

interosservatore per il grado di Fuhrman (I-IV) sulle biopsie è stata discreta (k=0.39 e 0.32 per le BC e

BP), mentre è risultata moderata sui pezzi operatori (k=0.46). La concordanza per il grado è aumentata

significativamente quando si utilizza un sistema di grading semplificato (Fuhrman I-II=basso grado; III-

IV=alto grado) con k=0.65 e 0.57 per le BC e BP e k=0.65 per i pezzi operatori. La concordanza tra la

diagnosi di istotipo su biopsia e pezzo operatorio è stata buona-ottima (k=0.72-0.83 sia per le BC che per

le BP). La concordanza tra la diagnosi di grado di Fuhrman su biopsia e pezzo operatorio è stata discreta-

moderata (k=0.23-0.48 e k=0.15-0.39 per le BC e BP).

Discussione -

Conclusioni La concordanza interosservatore tra patologi nella valutazione dell’adeguatezza del tessuto e dell’istotipo

tumorale su agobiopsie di tumori renali è buona, senza significative differenze tra le biopsie ottenute nella

porzione centrale e nella porzione periferica delle masse renali. La concordanza per la diagnosi di grado

di Fuhrman è solo discreta, ma migliora significativamente raggiungendo buoni tassi di concordanza

quando si utilizzi un sistema di grading semplificato (alto vs. basso grado).

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P 28

NEOPLASIE RENALI E STILE DI VITA: DIFFERENZE TRA I DUE SESSI. ANALISI

DESCRITTIVA DI UNA SERIE PROSPETTICA DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A CHIRURGIA

PER NEOPLASIA RENALE

V. LAMI, E. Costantini, M. Filocamo, C. Cini, F. Vitelli, M. Luka, C. Giannessi, R. Balsamo, S.

Maruccia, D. Maglia, E. Fragala', E. Andretta, E. Illiano, G. Mariotti, D. Villari (FIRENZE)

Scopo del lavoro Presentiamo i risultati preliminari di uno studio prospettico su stili di vita e neoplasie renali in pazienti

sottoposti a chirurgia presso le Cliniche Urologiche di Firenze e Perugia a partire dal Settembre 2011.

Materiali e metodi 464 pazienti (299M,165F) sottoposti a chirurgia per neoplasia renale nel periodo Settembre 2011-

Febbraio 2015 sono stati intervistati utilizzando il questionario validato dello studio europeo EPIC

(European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) relativo a stili di vita ed in particolare

abitudine al fumo, consumo di caffè ed alcolici. I dati acquisiti sono stati correlati a sesso, età, vita

riproduttiva, BMI, familiarità oncologica, patologie concomitanti, tipo di intervento, TNM, tipo istologico

e grado di Fuhrman, conducendo un’analisi descrittiva delle caratteristiche demografiche, cliniche e per

sottogruppi mediante Chi Quadro, Wilcoxon o Kruskall-Wallis test.

Risultati Tra i dati raccolti non emergono differenze nei due sessi per età alla diagnosi. Le donne hanno un BMI

medio inferiore (25.6vs26.8;p= 0.0001).In entrambi i sessi la diagnosi è più spesso incidentale

(71.9%M,76.6%F) e con prevalenza di tumore a cellule chiare (61.2%M,58%F) ma, mentre nelle donne il

secondo e terzo istotipo per frequenza sono oncocitoma(14.7%) ed angiomiolipoma(11.3%), negli uomini

troviamo il papillare tipo 1(10.2%) seguito dal cromofobo (8.5%)(p=0.0001).Negli uomini notiamo,

inoltre, una maggiore incidenza di localizzazione controlaterale metacrona (9.5%vs2.3%;p=0.012). Solo

il 15.4% degli uomini e l’11.4% delle donne è fumatore al momento dell’intervento (p=0.0001) ma non vi

sono differenze per numero di sigarette fumate (p=0.11) e durata dell’abitudine al fumo (p=0.73).

Nessuna differenza di genere nella durata dell'abitudine al fumo e nel periodo di latenza negli ex

fumatori, né nell’esposizione passiva al fumo dei genitori mentre si osserva, nei maschi, maggior

esposizione al fumo passivo della partner (p=0.002). Si nota tra gli uomini un maggior consumo

d'alcool(p=0.0001) ma non di caffè (p=0.19) se non per il numero delle tazzine consumate più

alto(p=0.0001)

Discussione Appaiono evidenti differenze di genere per quanto riguarda gli stili di vita e l’istologia tumorale. La

prevalenza nell’abitudine al fumo e all’alcool è maschile, ma è anche più frequente l’esposizione degli

uomini al fumo passivo del partner. La maggioranza dei tumori renali ha un istotipo a cellule chiare in

entrambi i sessi ma, mentre nelle donne sono i tumori benigni a seguire per frequenza, negli uomini

troviamo il tumore papillare di tipo I, istotipo correlato a forme familiari, e più frequentemente si hanno

localizzazioni controlaterali metacrone.

Conclusioni La raccolta dei dati è ancora in corso. Queste prime elaborazioni indicano una maggiore incidenza di

patologie tumorali benigne nelle donne rispetto agli uomini e mostrano differenze nello stile di vita fra i

due generi. E’ in corso il confronto con un gruppo controllo per valutare il ruolo dei fattori di rischio

analizzati.

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P 29

STATO ATTUALE DELLA CHIRURGIA CONSERVATIVA RENALE IN ITALIA: STUDIO

PROSPETTICO MULTICENTRICO OSSERVAZIONALE RECORD1 (RECORD 1).

A. Minervini, A. Mari, R. Schiavina, A. Antonelli, M. Borghesi, R. Bertolo, G. Bianchi, E. Brunocilla, R.

Campi, C. Fiori, M. Furlan, N. Longo, G. Martorana, V. Mirone, G. Morgia, F. Porpiglia, B. Rovereto, C.

Simeone, F. Zattoni, A. Volpe, M. Carini, S. Serni (Firenze)

Scopo del lavoro La chirurgia conservativa renale rappresenta la procedura standard per il trattamento chirurgico di tumori

renali di piccole dimensioni (< 4 cm) e clinicalmente localizzati. Attualmente il trattamento conservativo

dei tumori renali clinicalmente localizzati rappresenta una procedura in grande espansione. L’obiettivo

del presente studio è quello di descrivere i risultati clinici, perioperatori ed oncologici di pazienti

sottoposti a chirurgia conservativa renale in Italia.

Materiali e metodi Abbiamo valutato i pazienti sottoposti a trattamento chirurgico conservativo per tumori renali, nel periodo

compreso tra Gennaio 2009 e Dicembre 2012 presso 19 centri urologici italiani (RECORd 1). Sono stati

analizzati i dati preoperatori, radiologici, intraoperatori, postoperatori ed istopatologici. Sono state

comparate le procedure chirurgiche di diversi periodi (2009 vs 2012 e i bienni 2009-2010 vs 2011-2012).

Risultati Complessivamente, sono stati valutati 983 pazienti. I pazienti sottoposti ad intervento nell’ultimo biennio

sono risultati più giovani (p=0,05) rispetto ai pazienti sottoposti allo stesso trattamento nel primo periodo

della raccolta dati, con un significativo aumento delle indicazioni chirurgiche relative o assolute

(p<0,001). È stato osservato un incremento percentuale di procedure conservative per tumori cT1b o cT2

nel periodo più recente (p=0,02). Complessivamente, l’enucleoresezione è risultata la tecnica più

ampiamente praticata. L’approccio open (OPN) ha subito una progressiva riduzione del numero di

procedure negli anni, l’approccio laparoscopico (LPN) è rimasto approssimativamente costante, mentre

l’approccio robotico (RAPN) ha visto un progressivo aumento. Nel 2012 gli approcci minimamente

invasivi (LPN e RAPN) hanno rappresentato il 61,9% di tutti gli interventi su tumori renali stadiati cT1b.

Complessivamente, il 36,3% dei pazienti è stato sottoposto a NSS senza clampaggio e questo dato ha

visto un progressivo aumento nel tempo, dal 33% nel 2009 al 42,4% nel 2012. L’utilizzo di agenti

emostatici si attesta al 91,3% delle procedure, con un significativo aumento negli ultimi anni (p<0,001).

Complessivamente non sono state trovate differenze statisticamente significative tra i due bienni riguardo

al tasso di margini chirurgici positivi e alla natura maligna della lesione all’esame istopatologico.

Discussione L’approccio robotico è in continua espansione, contrariamente a quello open, che risulta in costante

diminuzione. Nello studio RECORd 1 si testimonia una progressiva consapevolezza da parte dei chirurghi

italiani dell’importanza del raggiungimento di risultati funzionali, confermato dall’ aumento del numero

di procedure senza clampaggio del peduncolo vascolare. Il presente studio conferma, infine, il recente

maggiore utilizzo di agenti emostatici in chirurgia conservativa renale.

Conclusioni L’utilizzo di procedure conservative renali è cresciuto nel tempo con un maggiore propensione all’utilizzo

di approcci minimamente invasivi anche per casi più complessi.

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P 30

CAN THE TYPE OF CLAMPING DURING PARTIAL NEPHRECTOMY INFLUENCE THE

FUNCTIONAL OUTCOME AT RENAL SCANNING?

F. Porpiglia, R. Bertolo, D. Amparore, M. Manfredi, F. Mele, A. Di Stasio, G. Ottaviano, E. Checcucci,

C. Fiori (Orbassano)

Aim of the study Minimization of warm ischaemia time (WIT) during Laparoscopic Partial Nephrectomy (LPN) when

looking for the highest achievement rate of trifecta has increased the importance of alternative techniques

to global ischemia for management of renal artery. The aim of the study was to compare the outcomes of

LPN with clamping of renal artery, selective clamping of a branch of renal artery and without renal artery

clamping.

Materials and methods From January 2013 to July 2014, 119 patients with renal mass suitable for LPN were prospectively

enrolled in the present study. Patients were divided into 3 Groups according to management of renal

artery: Group A, clamping of renal artery; Group B, selective clamping of an extra-renal branch of renal

artery if identified during dissection of renal artery; Group C, no clamping of renal artery. Indications to

clampless were given till September 2013. Since October 2013 all patients underwent clamping of renal

artery; when identification of an extra-renal branch of renal artery was possible, selective clamping was

performed. Demographic and perioperative data were collected and analyzed. Functional outcomes were

evaluated by eGFR (MDRD formula) and Renal Scanning (RS), at baseline and at 3rd month

postoperatively. Percentage of loss of renal function evaluated by RS parameters was calculated.

Statistical analysis was performed in order to find any differences among the Groups. P-values <0.05

were considered significant.

Results 42, 45 and 32 patients were enrolled in the study (Group A, B and C, respectively). Groups were

comparable in demographic and preoperative data. No differences were found in intraoperative data

excluding WIT. WIT was 20.0±7.9 and 21.7±9.3, Group A and B, respectively (p>0.05). Neither eGFR

not percentage of loss of renal function according to RS parameters were not significantly different

among the Groups. At multivariate analysis no independent factors neither of higher WIT nor of higher

loss of renal function were found. No difference in complications’ and positive surgical margins’ rate

were found; accordingly, no differences were found in trifecta achievement’s rate among the Groups.

Discussion After more than 250 LPNs performed, no differences are evident if comparing clamping of renal artery,

selective clamping of one of its branch, no clamping at all. Results should be confirmed by larger sample

size.

Conclusions The type of clamping during LPN can be evaluated in every single case in order to select the most

appropriate one on the basis of patient characteristics.

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P 31

ANALISI DELLE COMPLICANZE INTRAOPERATORIE E DELLE CONSEGUENZE SUL

DECORSO POSTOPERATORIO DOPO NEFRECTOMIA PARZIALE. STUDIO

PROSPETTICO MULTICENTRICO OSSERVAZIONALE RECORD1.

A. Mari, A. Minervini, A. Antonelli, R. Bertolo, G. Bianchi, M. Borghesi, I. Gianassi, S. Sforza, C. Fiori,

N. Longo, G. Martorana, V. Mirone, G. Morgia, N. Dispensa, F. Porpiglia, B. Rovereto, R. Schiavina, S.

Serni, C. Simeone, M. Sodano, C. Terrone, M. Carini (Firenze)

Scopo del lavoro Lo scopo del presente studio è quello di descrivere i casi di complicanze intraoperatorie e di valutare le

conseguenze sul decorso postoperatorio.

Materiali e metodi Complessivamente sono stati raccolti i dati di 1055 pazienti sottoposti a nefrectomia parziale per lesioni

renali dal 2009 al 2012. Sono stati selezionati pazienti con tumori renali cT1 (n=952). I centri sono stati

suddivisi in basso ed alto volume in base alla soglia di 50 interventi per anno. E’ stata effettuata un’analisi

descrittiva dei pazienti con complicanze intraoperatorie e delle complicanze eventuali complicanze postop

associate ed un confronto dei pazienti che presentavano o meno complicanze intraop.

Risultati Complessivamente 48 (5,0%) pazienti hanno presentato complicanze intraoperatorie, di cui 10 (1,0%)

lesioni vascolari, 29 (3,0%) lesioni pleuriche, 3 (0,3%) lesioni spleniche, 2 (0,2%) conversioni da

procedura VLP a open, 1 (0,1%) trasfusione intraop, 1 (0,1%) infarto miocardico acuto e 3 (0,3%) severe

aritmie cardiache. All’analisi univariata di confronto i pazienti con complicanze intraop presentavano

indicazioni relative e assolute significativamente maggiori (16,7% vs 13,5% e 16,7% vs 6,3%, p=0,01).

Non sono state registrate differenze significative tra i due gruppi riguardo le caratteristiche nefrometriche

del tumore e le comorbidità dei pazienti. L’approccio open si è dimostrato significativamente correlato al

rischio di sviluppare complicanze intraop rispetto all’approccio vlp e robotico (p=0,003). Al contrario il

volume del centro, il clampaggio del peduncolo vascolare e il tempo mediano di ischemia non erano

correlati al rischio di sviluppare complicanze intraop. I pazienti con complicanze intraop presentavano un

tasso significativamente maggiore di complicanze postop chirurgiche globali (29,2% vs 12,6%; p=0,001)

e chirurgiche Clavien 2 (14,6 vs 7,2%; p=0,05), ma le Clavien 3 erano relativamente maggiori senza

raggiungere una differenza significativa (8,3% vs 3,5%; p=0,09). Le complicanze mediche postop sono

risultate doppie nel gruppo con complicanze intraop (10,4% vs 5,6%; p=0,17). I pazienti con complicanze

intraop per danno vascolare hanno presentato complicanze postop Clavien 2 nel 40% dei casi, Clavien 3

nel 10% dei casi; quelli con danno pleurico hanno presentato complicanze postop Clavien 2 nel 16,9% dei

casi, Clavien 3 nel 6,9% dei casi; quelli con danno splenico hanno presentato complicanze postop Clavien

3 nel 33,3% dei casi.

Discussione L’indicazione ed il tipo di approccio chirurgico sembra influenzare maggiormente il tasso di complicanze

intraoperatorie, piuttosto che le caratteristiche della lesione renale o le caratteristiche generali del

paziente.

Conclusioni Le complicanze intraoperatorie si sono verificate nel nostro studio nel 5% dei pazienti. Tale rischio è

risultato maggiore per la chirurgia open. Queste complicanze possono influenzare il decorso del paziente

con un rischio di sviluppare complicanze postoperatorie mediche/chirurgiche (Clavien1-3) in circa il 40%

dei casi.

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P 32

ANALISI DELLE COMPLICANZE POSTOPERATORIE E DEI FATTORI PREDITTIVI DOPO

NEFRECTOMIA PARZIALE: STUDIO PROSPETTICO MULTICENTRICO

OSSERVAZIONALE RECORD1.

A. Mari, A. Minervini, A. Antonelli, R. Bertolo, G. Bianchi, M. Borghesi, C. Fiori, I. Gianassi, N. Longo,

G. Martorana, V. Mirone, G. Morgia, G. Novara, F. Porpiglia, B. Rovereto, R. Schiavina, S. Serni, C.

Simeone, M. Sodano, C. Terrone, M. Carini (Firenze)

Scopo del lavoro L’assenza di complicanze chirurgiche rappresenta un importante obbiettivo dopo intervento di

nefrectomia parziale. Lo scopo del presente studio è quello di analizzare le complicanze postoperatorie in

pazienti sottoposti a chirurgia conservativa renale per tumori renali T1 clinici e di ricercare possibili

fattori predittivi di complicanze postoperatorie.

Materiali e metodi Sono stati analizzati i dati raccolti in maniera prospettica di 1055 pazienti sottoposti a chirurgia

conservativa renale in 19 centri italiani da gennaio 2009 a dicembre 2012. Sono stati analizzati solo

pazienti con tumori renali T1 clinici e senza complicanze intraoperatorie. I centri sono stati suddivisi in

centri a basso ed alto volume in base alla soglia di 50 interventi per anno. E’ stata effettuata un’analisi

descrittiva dei casi (n=925). Infine è stata effettuata un’analisi univariata e multivariata per le

complicanze chirurgiche postoperatorie.

Risultati Complessivamente 522 pazienti sono stati sottoposti a procedura open, 286 a procedura laparoscopica e

117 a procedura robot-assistita. Il 73,1% dei casi è stato trattato in centri ad alto volume. Le perdite

ematiche mediane sono state di 150 (IQR: 100-250) cc e il tempo mediano di ischemia è risultato di 16

(IQR: 12-20) minuti. Il 13,1% dei pazienti ha sviluppato complicanze chirurgiche postoperatorie (8,1%

Clavien 2 e 3,5% Clavien 3) ed il 5,9% dei pazienti ha sviluppato complicanze mediche postoperatorie

(3,2% complicanze respiratorie, 1,9% complicanze cardiache, 0,1% tromboembolismo e 0,7% per altre

cause). All’analisi univariata, l’indicazione chirurgica, la creatinina preoperatoria, il diametro clinico e la

provenienza da centri a basso volume chirurgico sono risultati fattori predittivi significativi per lo

sviluppo di complicanze chirurgiche (rispettivamente p ≤ 0,0001; p = 0,001; p = 0,01; p = 0,01), ma

questo dato non è stato confermato all’analisi multivariata. All’analisi multivariata, l’ECOG score ≥1 (OR

1,9; CI 1,28-3,05; p=0,002), l’emoglobina preoperatoria (OR 0,72; CI 0,62-0,83; p<0,0001), l’approccio

open (OR 2,91; CI 1,19-7,07; p=0,02) e le perdite ematiche intraoperatorie (EBL) (OR 1,01; CI 0,99-

1,01; p=0,02) sono risultati fattori predittivi significativi per lo sviluppo di complicanze chirurgiche

postoperatorie.

Discussione Il tasso di complicanze chirurgiche e mediche risulta comparabile con i dati presenti in letteratura. Lo

status di comorbilità (ECOG ≥ 1) e l’approccio open sono risultati i fattori predittivi significativi per lo

sviluppo di complicanze chirurgiche, insieme ad alte perdite ematiche intraoperatorie (EBL) ed al valore

dell’emoglobina preoperatorio.

Conclusioni In questo studio l’utilizzo di tecniche minimamente invasive permette una riduzione del tasso di

complicanze chirurgiche postoperatorie.

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TUMOR CHARACTERISTICS ARE MORE IMPORTANT THAN PATIENTS' CONDITION IN

PREDICTING COMPLICATIONS AFTER RAPN: RESULTS OF A SINGLE-CENTER STUDY

ON 104 PATIENTS TREATED BY A SINGLE ROBOTIC-SKILLED SURGEON

M. Gnech, F. Muttin, A. Iannetti, M. Zazzara, M. Mancini, P. Beltrami, A. De Gobbi, F. Dal Moro, F.

Zattoni (Padova)

Aim of the study Identificare i fattori clinici pre-operatori e i parametri intra-operatori in grado di predire la presenza di

complicanze postoperatorie in pazienti sottoposti a Nefrectomia Parziale Robot-Assistita (RAPN).

Materials and methods E' stato condotto uno studio retrospettivo su una coorte di 104 pazienti consecutive sottoposti a RAPN

dallo stesso operatore, gia' con una comprovata esperienza robotica. Sono stati raccolti dati pre-, intra- e

post-operatori, inclusi quelli relativi alle complicanze (classificate secondo la gradazione di Clavien-

Dindo), nonché i parametri anatomo-patologici. Sono state eseguite analisi univariate e multivariate.

Results Il PADUA score (Figura 1) si e' dimostrato strettamente correlato al tempo operatorio (p=0.009) e al

tempo di ischemia (WIT) (p=0.043) che a sua volta si e' confermato essere associato all'alterazione della

funzionalità renale nell'immediato post-operatorio (p=0.004). Cinquantasette pazienti (54.8%) hanno

sviluppato una o più complicanze post-operatorie di grado >1, delle quali 9 (8.6%) erano complicanze

maggiori. Il PADUA score e' risultato associato al rischio di complicanze sia nell'analisi univariata che

multivariata (OR=1.59, p=0.004). Il rischio di sviluppare complicanze post-operatorie era anche correlato

allo stadio clinico della neoplasia renale cT (p=0.02) e al diametro della neoformazione (p=0.002). Le

caratteristiche del paziente analizzate (eta', sesso, classe ASA, Charlson score, precedente chirurgia

addominale, Body Mass Index, e terapia antiaggregate/anticoagulante) non si sono dimostrate predittive

di complicanze post-operatorie. Il confronto tra la funzionalità renale pre- e post-operatoria (espressa

come eGFR-MDRD) ha dimostrato una significativa differenza (p=0.0018), che durante il follow-up ha

comunque perso di significativita'.

Discussion L'impatto della learning curve di un chirurgo gia' esperto in altre procedure robotiche e' limitato al tempo

operatorio e al WIT, ma non influenza la percentuale di complicanze globali. Lo studio e' limitato dalla

natura retrospettiva e dalla numerosità dei casi analizzati.

Conclusions La grandezza del tumore e le sue caratteristiche anatomiche (rappresentate nel PADUA score) sono

risultate essere fattori predittivi indipendenti di complicanze post-operatorie dopo RAPN. Le

caratteristiche del paziente non sono invece risultate predittive di complicanze.

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SURFACE-INTERMEDIATE-BASE (SIB) MARGIN SCORE: UN NUOVO MODELLO

CLASSIFICATIVO PER RIPORTARE LA TECNICA DI RESEZIONE IN CHIRURGIA

CONSERVATIVA RENALE

A. Minervini, R. Campi, M. Carini, M. Smaldone, R. Uzzo, A. Kutikov (Firenze)

Scopo del lavoro La chirurgia conservativa renale (CCR) è il gold standard per il trattamento dei tumori renali localizzati.

Nonostante la strategia di resezione possa influenzare gli outcomes oncologici e funzionali, non esistono

in letteratura definizioni standardizzate delle diverse tecniche di escissione tumorale. Questa mancanza di

uniformità nella nomenclatura impedisce un effettivo confronto degli studi pubblicati in letteratura. Lo

scopo dello studio è sviluppare di un modello classificativo per riportare in modo standardizzato le

tecniche di resezione tumorale in CCR.

Materiali e metodi L’elaborazione del modello ha previsto: 1) Studio di video e immagini intraoperatorie per ricercare punti

di riferimento anatomici su cui basare il sistema classificativo; 2) Scelta dello spessore di tessuto renale

sano come parametro cardine del modello; 3) Ipotesi di un modello classificativo basato sull’analisi visiva

del pezzo operatorio da parte del chirurgo; 4) Perfezionamento del modello in base alla valutazione

istologica dei pezzi operatori (validazione istopatologica - Studio prospettico monocentrico “SIB 2”); 5)

Valutazione prospettica dell’applicabilità e dell’efficacia del modello nella pratica clinica (validazione

clinica esterna - Studio prospettico multicentrico “SIB 3”, in corso).

Risultati Il Surface-Intermediate-Base (SIB) Margin Score, è presentato in Figura 1. L’assegnazione dello score

prevede una serie di step successivi. Step 1: Delineazione delle aree Surface, Intermediate e Base. Subito

dopo l’intervento, il pezzo operatorio è orientato in modo da evidenziare la porzione intrarenale della

neoplasia, che viene analizzata visivamente dal chirurgo e divisa in 3 aree circonferenziali della stessa

superficie. Step 2: Delineazione delle aree score-specifiche (ArSS), definite come le zone

macroscopicamente evidenti di minor margine di tessuto renale sano presenti nelle 3 macro-aree. Step 3:

Grading delle ArSS. Zero, 1 o 2 punti vengono assegnati a ciascuna ArSS in base alle definizioni visive

delle tecniche di resezione proposte dal modello. Step 4: Assegnazione del SIB score, in base alla somma

dei punteggi ottenuti dalle tre ArSS. Step 5: Classificazione della tecnica di resezione come enucleazione

pura, enucleazione ibrida, enucleoresezione pura, enucleoresezione ibrida e resezione in base al SIB

score.

Discussione Il SIB score rappresenta il primo modello classificativo standardizzato delle tecniche di resezione in CCR.

Poiché molte variabili intraoperatorie possono influenzare la strategia di resezione, è necessario un

sistema classificativo basato sul reale risultato chirurgico. Studi clinici prospettici sono necessari per

validare il SIB score nella pratica clinica e valutarne efficacia e accuratezza.

Conclusioni Il modello SIB rappresenta uno strumento clinico e di ricerca per riportare in modo uniforme e

standardizzato in letteratura le tecniche di resezione durante CCR, migliorare la qualità degli studi clinici

futuri e rendere la comparazione delle serie chirurgiche più significativa.

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VALIDAZIONE ISTOPATOLOGICA DEL SURFACE-INTERMEDIATE-BASE (SIB) MARGIN

SCORE PER LA CLASSIFICAZIONE STANDARDIZZATA DELLE TECNICHE DI

RESEZIONE IN CHIRURGIA CONSERVATIVA RENALE

R. Campi, A. Minervini, A. Kutikov, I. Montagnani, M. Raspollini, S. Serni, M. Carini (Firenze)

Scopo del lavoro Il Surface-Intermediate-Base (SIB) Margin Score costituisce il primo modello classificativo per riportare

in modo standardizzato in letteratura le tecniche di resezione tumorale in chirurgia conservativa renale

(CCR). Il modello SIB, basato sull’analisi della porzione intrarenale del pezzo operatorio, prevede una

serie di definizioni anatomiche visive delle tecniche di resezione e uno score per classificare e riportare la

tecnica di resezione complessiva secondo una nomenclatura uniforme e standardizzata. Lo scopo del

presente studio è dimostrare l’applicabilità clinica del SIB score e validare il modello dal punto di vista

istopatologico.

Materiali e metodi I dati di 40 pazienti sottoposti a CCR presso il nostro centro sono stati raccolti in maniera prospettica tra

giugno e agosto 2014. Il SIB score è stato assegnato in tutti i casi da due chirurghi dopo l’intervento. Le

aree score-specifiche sono state evidenziate su fotografie digitali come guida per l’analisi istopatologica.

Due uropatologi dedicati hanno inchiostrato e quindi campionato le aree score-specifiche per misurare lo

spessore di tessuto renale sano asportato con la neoplasia (Figura 1). Gli spessori massimo, medio e

minimo di tessuto renale sano in ogni area score-specifica sono stati misurati in cieco con lente

millimetrata e suddivisi, in base alle definizioni visive del modello SIB, in 5 categorie: S=0

(enucleazione), S=1 (enucleoresezione/resezione), I o B=0 (enucleazione), I o B=1 (enucleoresezione), I o

B=2 (resezione). I test di Mann-Whitney e di Kruskal-Wallis sono stati utilizzati per valutare la

correlazione tra spessore di tessuto renale sano all’analisi istologica e definizione visiva della tecnica di

resezione rispettivamente nelle aree S=0 vs 1 e I o B =0 vs 1 vs 2.

Risultati La classificazione delle tecniche di resezione secondo il modello SIB è mostrata in Tabella 1. All’analisi

istopatologica, lo spessore di tessuto renale sano in aree definite visivamente come enucleazione è

risultato significativamente minore rispetto a quello presente in aree definite come enucleoresezione e

resezione (p<0,001), per tutte le misure analizzate (spessori massimo, medio e minimo) (Figura 2).

Discussione Il nostro studio ha dimostrato l’applicabilità clinica del SIB score e la correlazione tra definizioni visive

delle tecniche di resezione e spessore di tessuto renale sano all’analisi istopatologica. La bassa numerosità

delle categorie I o B = 1 e I o B = 2 e l’assunzione che ogni sezione istologica analizzata rappresenti

l’intera area score-specifica, costituiscono le principali limitazioni dello studio.

Conclusioni Le definizioni visive delle tecniche di resezione proposte dal modello SIB rispecchiano fedelmente

l’analisi istologica per la quantificazione dello spessore di tessuto renale sano asportato con la neoplasia

durante CCR. Il SIB score rappresenta quindi uno strumento accurato e riproducibile nella pratica clinica

per classificare e riportare le tecniche di resezione durante CCR in letteratura.

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FLOSEAL HEMOSTATIC MATRIX : UNICA PROCEDURA EMOSTATICA PER

L'ENUCLEAZIONE LAPAROSCOPICA IN SITU DI TUMORI RENALI: RISULTATI DI UNO

STUDIO DI FASE II.

G. De Luca, M. Brausi, A. Romano, G. Peracchia, M. Viola, S. Morselli (Carpi)

Scopo del lavoro L'enucleazione laparoscopica di tumori renali di piccole dimensioni è attualmente considerata uno

standard ed un'alternativa alla chirurgia open e robotica. L'obiettivo di questo studio prospettico è stato di

valutare l'efficacia del FLOSEAL come unica procedura per ottenere una perfetta emostasi durante

l'enucleazione laparoscopica di tumori renali.

Materiali e metodi 28 pazienti con piccole masse renali sono stati reclutati per questo studio di fase II . Età media: 61,1 anni

(41-77 anni), M/F= 12/16. Il diametro medio dei tumori era di 2,8 cm (1,5-3,5cm). Sede: Rene Sinistro

(RS)= 22/28 (78,5%), Rene Destro(RD) =6/28 (7,2%). Posizione: Polo inferiore=14/28 (50%), Medio

Renale= 12/28 (42,8%). 2/28 pazienti avevano 2 neoformazioni (1 polare inferiore e 1 media). Superficie

renale: anteriore : 18/28 (64.3%), posteriore 10/28 (35.7%). Tutti i tumori erano esofitici. Procedura: sono

stati usati 3 trocar (12 mm). Non è stata adottata nessuna preparazione dell'ilo. In tutti i casi La massa

renale è stata isolata e rimossa usando Ligasure e forbici senza clampaggio . Il FLOSEAL è stato usato

per emostasi subito dopo l’enucleoresezione . In 19/28 pazienti (67.8%) è stata usata una sola fiala di

FLOSEAL , in 3/28 pazienti (10.7%) invece 2 fiale. Non è stata effettuata nessuna sutura della base del

tumore e del parenchima.

Risultati Intraoperatorio: Riconversioni = 0%. Perdite ematiche medie = in 25/28 pazienti (89,3%) minori o uguali

a 100 cc, in 3/28 (10,6%) sono state di 400cc. Non è stata necessaria nessuna trasfusione. Tempo

operatorio medio: 70minuti. Post Operatorio: Re-interventi = 0. Nessun sanguinamento maggiore che

richiedeva trasfusioni. Distensione addominale: 8/28 pazienti (28,5%). Degenza media = 5,1 giorni.

Anatomia patologica: 23 pazienti : carcinoma a cellule chiare, 20 di Grado 2, 3 di Grado 3. 2 pazienti :

angiomiolipoma, 2 : neoformazione cistica di tipo 3 di Bosniak con atipie , 1 paziente un adenoma

papillare . Margini: in 26 /28 pazienti (92,8%) erano negativi. 2/28 (7,2%) erano dubbi per infiltrazioni

focali. Dopo un follow-up medio di 24 mesi nessuna recidiva o progressione è stata documentata.

Discussione Dai dati è emerso come il FLOSEAL in tutti in pazienti sia stato efficace sia nell’intraoperatorio che nel

post operatorio. In nessun caso si è dovuti ricorrere ad ulteriori procedure di emostasi o ad un

reintervento, nemmeno nei pazienti che hanno avuto un sanguinamento operatorio di 400cc (10,6%).

Nessuna procedura ha poi richiesto emotrasfusioni, segno che l’efficacia del FLOSEAL è reale e non vi

sono state anemizzazioni. Il basso numero di casi riportati è un limite dello studio, ma i risultati sono

molto incoraggianti.

Conclusioni Durante le enucleazioni laparoscopiche di piccoli tumori renali il FLOSEAL come unica procedura

emostatica è efficace, semplice e sicuro senza necessità di ricorrere a clampaggi e suture.

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P 37

IMPATTO DELLA NEFRECTOMIA PARZIALE ROBOT ASSISTITA SULLA FUNZIONE

RENALE A BREVE TERMINE: STUDIO SCINTIGRAFICO SU 32 PAZIENTI

S. Chiodini, L. Luciani, V. Vattovani, T. Cai, D. Tiscione, G. Malossini (Trento)

Scopo del lavoro La nefrectomia parziale robot-assistita (RAPN) si sta imponendo come nuovo standard per il trattamento

delle masse renali. Obiettivo del nostro studio è valutare l’impatto precoce di questa procedura sulla

funzione renale tramite scintigrafia renale.

Materiali e metodi Tutti i pazienti sottoposti a RAPN per masse renali cT1 tra giugno 2013 e maggio 2014 sono stati inclusi

prospettivamente nel nostro studio. Sono stati raccolti i dati riguardanti caratteristiche cliniche

preoperatorie (età, creatinina sierica (SCr), Padua score, lateralità della neoplasia), intra e postoperatorie

(tempo operatorio e di ischemia, perdite ematiche e complicanze postoperatorie). La funzione renale

espressa come tasso di filtrazione glomerulare (GFR) è stata determinata da una scintigrafia renale con

Technetium 99m-diethylenetriaminepentaacetic acid (Tc 99m-DTPA), eseguita su ogni paziente prima

dell’intervento e a un mese di distanza da esso.

Risultati 32 pazienti sono stati sottoposti a RAPN nell’intervallo di tempo stabilito. La dimensione mediana

tumorale è stata 4 cm (range 1.8-7cm). Le perdite ematiche, il tempo operatorio e quello di ischemia

median sono stati rispettivamente 200mL (range 50-900), 219 minuti (range 152-355), e 24 minuti (range

8-37). I livelli di creatinina sierica median pre e postoperatori sono stati rispettivamente 0,76 e 0,9

mg/mL. Le complicanze di grado III hanno incluso un sanguinamento postoperatorio che ha richiesto una

embolizzazione radiologica del vaso sanguinante e un urinoma che ha necessitato il posizionamento di

uno stent ureterale. Il GFR del rene operato, calcolato tramite scintigrafia renale è diminuito

significativamente da 51.7 ± 15.1 ml/min per 1.73 m2 preoperatorio a 40,12 ± 12.4 ml/min per 1.73 m2 1

mese dopo l’intervento (p =0.001) con una diminuzione del 22.4%. Allo stesso modo, il GFR

complessivo è risultato essere 103.2 ± 29.9 ml/min per 1.73 m2 preoperatorio e 92 ± 24.9 ml/min per 1.73

m2 1 mese dopo l’intervento (p =0.006), rispettivamente. All’analisi multivariata, solamente le

dimensioni tumorali (p=0.05) sono risultate collegate alla diminuzione del GFR del rene operato un mese

dopo l’intervento.

Discussione .

Conclusioni Attualmente la RAPN rappresenta una tecnica chirurgica minimamente invasiva, sicura e fattibile, con un

ridotto tasso di complicanze di alto grado anche in caso di grosse masse renali ad alto indice

nefrometrico. Ad ogni modo, l’impatto della RAPN sulla funzione renale, valutato tramite scintigrafia

renale, non è stato ancora pienamente indagato. I nostri dati mostrano un decremento del GFR del 22%

nel rene operato dopo RAPN, che regge bene il confronto con simili precedenti studi su nefrectomie

parziali open e laparoscopiche. Ciò è particolarmente vero, considerando la precoce valutazione

scintigrafica ad un mese dall’intervento e le dimensioni tumorali maggiori riscontrate. All’analisi

multivariata la dimensione della neoplasia è risultata essere fattore predittivo significativo della perdita di

funzione renale.

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P 38

NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA NEL TRATTAMENTO CHIRURGICO DI

MASSE RENALI IN STADIO CLINICO T1: RISULTATI DI OLTRE 500 CASI IN UN CENTRO

DI LAPAROSCOPIA AVANZATA

F. Porpiglia, I. Morra, D. Amparore, R. Bertolo, G. Ottaviano, R. Aimar, C. Fiori (Orbassano)

Scopo del lavoro Scopo dello studio è stato quello di valutare risultati perioperatori, patologici e funzionali precoci di una

casistica di pazienti affetti da tumori renali in stadio T1 sottoposti a nefrectomia parziale laparoscopica

(LPN).

Materiali e metodi Nello studio sono stati analizzati retrospettivamente i dati di tutti i pazienti con masse renali sottoposti a

NPL tra il 06/00 e il 03/15. Un unico operatore ha eseguito tutte le procedure. Sono stati considerati

parametri demografici quali sesso, età, BMI e comorbilità (classificate con il Charlson Comorbidity

Index), parametri preoperatori quali lato, dimensioni e complessità chirurgica della lesione (classificata

secondo il PADUA score) e perioperatori quali perdite ematiche, complicanze intra e postoperatorie

(classificate mediante il sistema Clavien-Dindo) e giorni di degenza post-intervento. Tra i risultati

patologici sono stati valutati l’istotipo e il tasso di margini chirurgici positivi; I risultati funzionali hanno

confrontatoi livelli di creatinina ed eGFR perioperatori e alla dimissione dei pazienti.

Risultati 502 pazienti sono stati inclusi nello studio; Il 67.7% (340/502) è risultato di sesso maschile, l’età media è

stata pari a 61+12.7 anni, il BMI medio di 26.3+5.1 ed il CCI medio di 0.8+1.3. Il 51.4% delle masse

renali (258/502) è stato evidenziato a destra, con diametro medio delle lesioni pari a 3.62+1.86 cm e

PADUA score medio di 7.8+0.6. Nella casistica sono stati inclusi 26 pazienti monorene (5.2%). Rispetto

alle variabili intraoperatorie il tempo operatorio medio è risultato pari a 115.6+40.1 min, con 202.1+

224.6 ml di perdite ematiche medie. Il tempo di ischemia calda medio è stato pari a 21.9+12.0 min,

considerando un 30.6% (154/502) di procedure eseguite con tecnica clampless. Il tasso di complicanze

intraoperatorie è stato pari all’1.8% (9/502) mentre quello di postoperatorie pari al 9.3% (47/502), delle

quali soltanto 9 di grado Clavien >3. La degenza media è stata di 6+4 giorni. L’analisi patologica ha

evidenziato 94 lesioni benigne (18.7%) e 408 maligne (81.3%, di cui 245 carcinomi a cellule chiare e 106

papillari). Il tasso di margini positivi è stato pari al 2.7% (14/502). Lo studio della funzionalità renale non

ha evidenziato differenze tra pre-operatorio e postoperatorio: creatininemia:0.97+0.2 vs 1.07+0.4 (p=0.8);

GFR: 86.5+20.8 vs 80.0+21.9 (p=0.8).

Discussione I risultati presentati, che analizzano una casistica di oltre 500 procedure, evidenziano come la NPL,

quando eseguita da operatori esperti, rappresenti il trattamento di scelta nella gestione conservativa della

massa renale; è infatti in grado di offrire ottimi risultati postoperatori e funzionali precoci, quali un tempo

di ischemia limitato (<25 minuti) e una riduzione della funzionalità renale trascurabile, con un tasso

minimo di complicanze e di margini chirurgici positivi.

Conclusioni Nella nostra esperienza, la NPL risulta una tecnica sicura, fattibile ed efficace nella gestione di tumori

renali T1, con ottimi risultati postoperatori, funzionali ed oncologici.

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QUALITà DELLA VITA IN 48 DONNE CON NEOVESCICA ILEALE ORTOTOPICA E

CONDOTTO ILEALE: STUDIO MULTICENTRICO TRA I SOPRAVVISSUTI A LUNGO

TERMINE.

S. Ciciliato, S. Siracusano, R. Talamini, L. Toffoli, F. Visalli, E. Belgrano, I. QoL (Trieste)

Scopo del lavoro Le donne sottoposte a cistectomia radicale (CR) e derivazione urinaria vanno incontro a complicanze

precoci, tardive e vivono delle limitazioni nella loro qualità di vita (QoL) correlata. Attualmente ci sono

pochi studi in letteratura che hanno valutato il livello di disagio in sopravvissute a lungo termine. Scopo

del presente studio è stato quello di valutare comparativamente la QoL nel lungo periodo nelle donne

sottoposte a CR con derivazione urinaria con condotto ileale (CI) nei confronti di quelle con neovescica

ileale ortotopica (NIORT).

Materiali e metodi Nel periodo di tempo compreso tra giugno 2007 e settembre 2013 abbiamo selezionato 48 donne con

tumore vescicale provenienti da 5 diversi centri urologici. In questo studio abbiamo valutato in maniera

retrospettiva la QoL in 33 donne con CI e 15 donne con NIORT. Tutte le pazienti non presentavano

recidiva del tumore e sono state attivamente sottoposte a follow-up. La QoL è stata valutata mediante la

somministrazione dei questionari validati BLM30 e QLQ-C30. Per ogni voce del questionario sono stati

calcolati i valori medi con derivazione standard. Il Wilcoxon rank test è stato utilizzato per verificare le

differenze nei due gruppi. La significatività statistica è stata raggiunta se p-value ≤0.05.

Risultati L’età media delle pazienti con NIORT era 56 anni (intervallo 44-81) e 71 anni in quelle con CI (intervallo

52-86). Il periodo medio di follow up era 39 mesi (intervallo 16-120) in quelle con NIORT e 40 mesi

(intervallo 6-153) nelle 33 donne restanti con CI. I nostri dati hanno documentato che le donne con IC

hanno una migliore funzionalità fisica in confronto a quelle con NIORT (75.4±24.0 and 58.2±20.8;

p=0.008) e anche una migliore funzione sociale (80.3±23.7 and 60.0±23.4 ; p=0.01). Le donne con CI

presentano inoltre minori sintomi quali nausea e vomito rispetto alle pazienti con NIORT (2.5±7.4 and

12.2±16.0; p=0.008) ed hanno anche minori problematiche di tipo economico (10.1±17.6 and 31.1±36.7;

p=0.04).

Discussione E’ necessario valutare nelle donne sottoposte a CR con CI o NIORT la QoL a lungo termine mediante

questionari validati al fine di individuare i domini critici e proporre alle pazienti la strategia terapeutica

migliore nel corso del followup.

Conclusioni La QoL nelle donne con CI appare superiore rispetto a quelle con NIORT.

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QUALITY OF LIFE ASSESSMENT WITH ORTHOTOPIC ILEAL NEOBLADDER

RECONSTRUCTION AFTER RADICAL CYSTECTOMY: RESULTS FROM A PROSPECTIVE

ITALIAN MULTICENTER OBSERVATIONAL STUDY

C. Imbimbo, V. Mirone, S. Siracusano, M. Niero, M. Cerruto, C. Lonardi, W. Artibani, P. Bassi, M.

Iafrate, M. Racioppi, R. Talamini, S. Ciciliato, L. Toffoli, F. Visalli, D. Massidda, C. D'Elia, G.

Cacciamani, D. De Marchi, T. Silvestri, M. Franco, E. Belgrano, P. Verze (Naples)

Scopo del lavoro to assess health-related quality of life (HRQoL) in patients who had received radical cystectomy (RC)

with ileal orthotopic neobladder (IONB) reconstruction.

Materiali e metodi a multicenter, cross-sectional analysis of 174 RC-IONB patients was performed. Patients completed the

following questionnaires: the European Organisation for Research and Treatment of Cancer (EORTC)

generic (QLQ-C30) and bladder cancer-specific instruments (QLQ-BLM30) and the IONB–Patient

Reported Outcome (IONB–PRO) questionnaire.

Risultati Median age was 66 years (range 31-83) and 159/174 (91.4%) were male patients. Median follow-up

period was 37 months (range 3-247). According to EORTC QLQ-C30, male gender (p =0.008), age >65

years (p =0.002), 0-I pTNM stage (p= 0.005), follow-up period >60 months (p =0.03), presence of urinary

incontinence (p <0.0001), were the main factors significantly associated with a worsened quality of life.

According to EORTC QLQ-BLM30, a follow-up period < 24 months (p =0.0001), presence of urinary

incontinence (p <0.0001) were the main factors significantly associated with worsened urinary symptoms.

According to IONB-PRO domain score, a follow-up period > 60 months (p <0.0001) and the absence of

urinary incontinence (p <0.0001) were the factors predominantly associated with a higher level of

functioning in terms of relational, emotional life and fatigue.

Discussione Our analysis shows that post-RC IONB patients have a mild to moderate impairment of their HRQoL

when investigated by means of generic, disease specific and IONB-PRO specific questionnaires. Age,

gender, length of follow-up and comorbidities may influence HRQoL and should be carefully considered

in pre- and post-operative patient counseling.

Conclusioni This study shows that post-RC IONB patients have a mild to moderate impairment of their HRQoL when

investigated by means of generic, disease specific and IONB-PRO specific questionnaires.

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QUALITà DELLA VITA IN 112 UOMINI E 33 DONNE PORTATORI DI UN CONDOTTO

ILEALE: STUDIO MULTICENTRICO TRA I SOPRAVVISSUTI A LUNGO TERMINE.

S. Siracusano, S. Ciciliato, R. Talamini, L. Toffoli, F. Visalli, E. Belgrano, I. QoL (Trieste)

Scopo del lavoro I pazienti sottoposti a cistectomia radicale (CR) e derivazione urinaria vanno incontro a complicanze

precoci, tardive e a limitazioni nella loro qualità di vita in relazione al proprio stato di salute. Attualmente

ci sono pochi studi in letteratura che valutano il livello di disagio in sopravvissuti nel lungo termine.

Scopo del presente studio è stato quello di valutare la qualità della vita nei due sessi nel lungo periodo nei

pazienti portatori di condotto ileale (CI).

Materiali e metodi Nel periodo di tempo compreso tra giugno 2007 e settembre 2013 sono stati selezionati 145 pazienti (112

uomini e 33 donne) con tumore vescicale infiltrante, sottoposti a CR con CI provenienti da 5 diversi

centri urologici universitari. Tutti i pazienti analizzati, non presentavano recidiva di malattia ed erano

sottoposti a regolare followup. I dati clinici, patologici e i successivi risultati clinici sono stati valutati in

maniera retrospettiva. La qualità dela vita (QoL) è stata valutata mediante i questionari validati BLM30 e

QLQ-C30. Per ogni item del questionario sono stati calcolati i valori medi con derivazione standard. Il

Wilcoxon rank test è stato utilizzato per verificare le differenze nei due sessi. La significatività statistica è

stata raggiunta se p-value era ≤0.05.

Risultati L’età media degli uomini era 72 anni (intervallo:49-95) e 71 anni nelle donne (intervallo 52-86). Il

follow-up medio era di 34 mesi (intervallo 49-95) negli uomini e 40 mesi (intervallo 6-153) nelle 33

donne. I nostri dati hanno mostrato come le donne presentino maggiori problematiche nelle funzioni

cognitive rispetto agli uomini (77.3±27.9 and 87.8±18.6; p=0.04) come anche nella prospettive future di

vita (42.4±34.4 and 21.9±24.6; p=0.001). Gli uomini con CI invece hanno maggiori problematiche nella

funzionalità sessuale rispetto alle donne (23.3±24.5 and 7.0±20.3; p=0.001).

Discussione E’ necessario valutare negli uomini e nelle donne sottoposti a CR con IC la loro QoL a lungo termine

mediante questionari validati quali BLM-30 e QLQ-C30 al fine di individuare i domini critici e proporre

al paziente la strategia terapeutica migliore che deve essere supportata con più attenzione nel corso del

follow-up.

Conclusioni Il nostro studio, basato su un lungo periodo di follow-up, in uomini e donne sottoposti a CR con CI ha

mostrato un migliore funzionamento cognitivo e una visione più ottimistica del futuro negli uomini

rispetto alle donne mentre la funzione sessuale risulta invece peggiore negli uomini rispetto alle donne.

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LONG-TERM QUALITY OF LIFE ASSESSMENT IN PATIENTS UNDERGOING ILEAL

CONDUIT URINARY DIVERSION AFTER RADICAL CYSTECTOMY: RESULTS FROM A

PROSPECTIVE ITALIAN MULTICENTER OBSERVATIONAL STUDY.

P. Verze, C. Imbimbo, V. Mirone, S. Siracusano, M. Niero, M. Cerruto, C. Leonardi, W. Artibani, P.

Bassi, M. Iafrate, M. Racioppi, R. Talamini, S. Ciciliato, L. Toffoli, F. Visalli, D. Massidda, C. D'Elia, G.

Cacciamani, D. De Marchi, T. Silvestri, R. La Rocca, E. Belgrano (Naples)

Scopo del lavoro to assess through specific questionnaires health-related quality of life (HRQoL) in BCa patients who

received ileal conduit urinary diversion and to compare the results obtained at different follow-up (FU)

periods.

Materiali e metodi we performed a multicenter, cross-sectional analysis of 145 RC-ileal conduit patients recruited at 5

different academic centers. Clinical and pathological data as well as clinical outcomes were

retrospectively analyzed. Patients completed the following questionnaires: EORTC-QLQ-C30 and

BLM30. Questionnaire results were analyzed in order to evaluate the HRQOL in patients with ileal

conduit at different times of follow-up [approximately quartiles (FUQ): 1 (1-18), 2 (19-36), 3 (37-72), 4

(≥73) months]. Mean values with standard deviations (±SD) were computed for all items. Wilcoxon rank

test was used to verify differences by comparing the short follow-up (1-18 months, first quartile) with

subsequent FUQ. Statistical significance was achieved if p-value was ≤0.05 (two-sides).

Risultati Mean age was 72 years (49-95) and 112/145 (77.2%) were male patients. Mean follow-up period was

51.72 months. The numbers of patients for each quartile of follow-up were: 40, 35, 44, and 26, for 1-18,

19-36, 37-72 and ≥73 months of follow-up, respectively. Patients included in the FUQ 3 presented a

statistically significant higher score for physical functioning (p=0.04) while patients included in FUQ 4

presented a statistically significant lower cognitive functioning profile (p=0.05). No significant

differences between FUQ were detected in terms of symptomatology/physical problems.

Discussione Our study, based on long-term follow-up in patients undergoing RC with ileal conduit urinary diversion,

shows that HRQoL is adequately maintained over time. An improvement in physical functioning is

detected in patients with an intermediate follow-up (37-72 months), while a deterioration of cognitive

functioning is observed with long-term follow-up (≥73 months).

Conclusioni HRQoL is adequately maintained over time in patients undergoing RC with ileal conduit urinary

diversion

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P 43

HEALTH-RELATED QUALITY OF LIFE IN ELDERLY PATIENTS RECEIVING ILEAL

CONDUIT OR ILEAL ORTHOTOPIC NEOBLADDER AFTER RADICAL CYSTECTOMY

WITH INVASIVE BLADDER CANCER

G. Cacciamani, M. Cerruto, C. D'Elia, D. De Marchi, S. Siracusano, M. Niero, C. Lonardi, M. Iafrate, P.

Bassi, E. Belgrano, C. Imbimbo, M. Racioppi, R. Talamini, S. Ciciliato, L. Toffoli, M. Rizzo, F. Visalli,

P. Verze, W. Artibani (Verona)

Aim of the study The objective of this study was to evaluate the health-related quality of life (HR-QoL) in elderly patients

with invasive bladder cancer who received an ileal orthotopic neobladder (IONB) or an ileal conduit (IC)

diversion.

Materials and methods Files from 77 patients, aged 75 or older (median age 77), who received an IC (n. 51) or an IONB (n. 26)

after radical cystectomy at 5 Italian institutions, were retrospective reviewed. HR-QoL was evaluated by

using the European Organisation for Research and Treatment of Cancer (EORTC) instruments quality of

life questionnaire C30 (QLQ-C30) and QLQ muscle-invasive bladder cancer module (QLQ-BLM).

Results IC and IONB groups were comparable for all but one (gender) demographic and clinical variables.

Actually, in the IC group the number of females was significantly higher (12 versus 1, p=0.029). At a

mean follow-up of 60.91±42.19 months, mean scores in the IONB group were significantly better (higher

in functional items and lower in symptoms items) in the following domains: cognitive functioning (95.87

vs 81.05, p=0.008), sleep disturbances (22.54 vs 23.53, p=0.048), appetite loss (5.13 vs 18.95, p=0.033),

constipation (14 vs 42.48, p=0.001), and financial difficulties (1.28 vs 7.84, p=0.043). Considering only

male patients, HR-QoL showed significant more favourable outcomes only in two symptoms items

(constipation and appetite loss, p=0.001 and p=0.021, respectively).

Discussion The results of our retrospective analysis suggest that, in terms of HR-QoL, IONB, when compared to IC,

can be a suitable diversion for elderly patients with better favourable score for some functional and

symptoms aspects. These results may be affected by gender.

Conclusions IONB, when compared to IC, can be a suitable diversion for elderly patients with better favourable score

for some functional and symptoms aspects. .

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P 44

HEALTH-RELATED QUALITY OF LIFE AFTER RADICAL CYSTECTOMY FOR BLADDER

CANCER IN PATIENTS WITH AN ILEAL CONDUIT OR ILEAL ORTHOTOPIC

NEOBLADDER DIVERSION: A COMPARATIVE PROPENSITY-SCORE MATCHED

ANALYSIS

C. D'Elia, M. Cerruto, G. Cacciamani, D. De Marchi, S. Siracusano, M. Niero, C. Lonardi, M. Iafrate, P.

Bassi, E. Belgrano, C. Imbimbo, M. Racioppi, R. Talamini, S. Ciciliato, L. Toffoli, M. Rizzo, F. Visalli,

P. Verze, W. Artibani (Verona)

Aim of the study Bladder cancer (BC) is a disease which plays an important role in urological clinical practice. When a

radical cystectomy (RC) is indicated, the ideal urinary diversion after RC should be easy to prepare and

easy to handle, presenting few complications, low mortality and morbidity; moreover it should protect the

upper urinary tract function and should be well accepted by the patient, thereby ensuring the best Health-

Related Quality of Life (HR-QoL) as possible. The aim of this study is to compare HR-QoL domains with

two forms of urinary diversions, including ileal conduit (IC) and ileal orthotopic neobladder (IONB) in

patients with BC.

Materials and methods This retrospective multicentre cohort study included 148 (115 males and 33 females; mean age

70.76±8.27 years) and171 (156 males and 15 females; mean age 64.33±9.38 years) patients who

underwent RC and urinary diversion with an IC and an IONB, respectively. Different domains of

patients’ HR-QoL were assessed postoperatively using the EORTC QLQ C-30 and the EORTC QLQ

BLM-30 as validated questionnaires. A comparative analysis using propensity-score matching was

performed with matching variables of age, gender, number of underlying diseases and pathologic T and N

stages, for comparison of HR-QoL between IC and IONB.

Results In this series, at a mean follow-up of 48.35±39.21 months, in questions addressing physical functioning

(PF), emotional functioning (EF), cognitive functioning (CF), symptoms of fatigue (FA), dyspnoea (DY),

appetite loss (AP), constipation (CO) and abdominal bloating and flatulence (AB), patients with IONB

had a significant more favourable outcome (p=0.006, p= 0.023, p=0.000, p= 0.001, p= 0.007, p= 0.012,

p= 0.000, and p= 0.000, respectively).

Discussion After propensity score matching, the better results of IONB in terms of HR-QoL were confirmed, adding

other two aspects in favour of IONB (pain and sleep disturbance, p= 0.007 and p=0.003, respectively).

Conclusions Ileal orthotopic neobladder after radical cystectomy provides better results in many aspects of HR-QoL as

compared with ileal conduit diversion.

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P 45

ANALISI DELLE COMPLICANZE DELLA CISTECTOMIA RADICALE NEI PAZIENTI

ANZIANI: UNO STUDIO COMPARATIVO

A. Battaglia, M. Allasia, E. Garzino, F. Soria, G. Melloni, A. Palazzetti, A. Bosio, P. Destefanis, P.

Gontero, B. Frea (Torino)

Scopo del lavoro Lo scopo di questo studio è analizzare l’esperienza del Nostro Centro con le cistectomie radicali (CR) nei

pazienti anziani analizzando gli outcomes clinici e le complicazioni in gruppi di età differenti

Materiali e metodi Un numero totale di 345 pazienti sottoposti a CR presso il Nostro Centro tra Dicembre 2006 e Marzo

2014 sono stati analizzati e comparati. Nessun criterio di esclusione è stato usato per la selezione dei

pazienti, includendo anche le stesse indicazioni alla CR (327 per tumori uroteliali, 14 per tumori invasivi

non di origine uroteliale, 4 per altre cause non cancro-correlate). Abbiamo diviso il nostro campione in 4

gruppi di età al tempo della CR: <60 anni (n=46), età 60-69 (n=94), età 70-79 (n=152) and età >79

(n=53). I campi di analisi sono stati: degenza ospedaliera, comorbidità, mortalità peri-operatoria,

outcomes clinici e le complicazioni divisi tra meno e più di 90 giorni dopo la CR. L’incidenza di co-

morbidità (Charlson Age Index, malattie cardiovascolari, respiratorie, renali e metaboliche) e

complicazioni (pielonefriti, delirium, polmoniti, motilità intestinale, anemia, perdite dell’anastomosi,

shock settico e fistole) sono state ottenute retrospettivamente e comparate. Le complicazioni sono state

categorizzate usando la classificazione di Clavien-Dindo. Il tempo medio di follow-up è stato di 21.3 mesi

(0-89)

Risultati L’ospedalizzazione media è stata di 21 giorni (1-128). La mortalità peri-operatoria è stata del 2.3%. Il

tasso di ricorrenza di 24.6%. L’incidenza di ipertensione, dislipidemia e cardiopatia nei 4 gruppi di età è

significativamente differente. La più comune precoce complicanza è stata il sanguinamento, invece tra le

complicazioni tardive, le infezioni delle vie urinarie. Entrambi non sono statisticamente significative tra i

4 gruppi di età. La differenza tra le complicazioni precoci e tardive secondo i gruppi d’età non si sono

mostrate statisticamente significative. Nessuna differenza statisticamente significativa tra la degenza

ospedaliera e il numero di sacche trasfuse. Per l’analisi statistica abbiamo usato un software statistico

(Sofastats 1.4.3)

Discussione In questo studio concludiamo che la cistectomia radicale è una procedura sicura e fattibile nei pazienti

sopra i 75 anni, con un tasso di mortalità e complicazioni non differente dai pazienti più giovani.

Conclusioni Sulla base dei nostri risultati e delle nostra valutazioni l’età cronologica non rappresenta una

controindicazione alla cistectomia radicale.

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P 46

COMPLICANZE RARE A LUNGO TERMINE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA

E CONFEZIONAMENTO DI VESCICA ILEALE PADOVANA (VIP). ESPERIENZA CLINICA

IN UN SINGOLO CENTRO (1987-2015).

A. Kungulli, M. Mancini, A. Calpista, F. Dal Moro, F. Zattoni (Padova)

Aim of the study Questo lavoro riporta alcune complicanze rare a lungo termine dei neoserbatoi ileali ortotopici, con lo

scopo di evidenziare modalità cliniche inusuali di presentazione.

Materials and methods Tutti i pazienti riportati sono stati trattati nel nostro reparto per quanto riguarda la complicanza del

neoserbatoio. I dati pregressi sono stati raccolti ed analizzati retrospettivamente. Il follow-up è aggiornato

al 2014 con visite ambulatoriali e con interviste telefoniche (follow up minimo: 6 mesi). Il materiale

iconografico originale è stato raccolto e riportato (fig.1 a,b).

Results Dal 1987 al 2014 sono state confezionate nel nostro reparto 891 Vesciche Ileali Padovane (VIP), in

pazienti sottoposti a cistectomia radicale o semplice per neoplasia vescicale, o per altre cause (piccola

vescica, cistopatia interstiziale). 2 pazienti hanno presentato una fistola VIP-vaginale, trattata

chirurgicamente, con successo in un caso e recidiva nell’altro, anche dopo secondo intervento. 1 paziente

ha sviluppato a distanza di 9 anni, un liposarcoma di alto grado di 16 cm a partenza dal meso della

neovescica, asportato chirurgicamente, con preservazione della VIP, con successo. 1 paziente sottoposta a

cistectomia sovratrigonale e VIP per cistopatia interstiziale ha presentato, dopo 9 anni, una ripresa della

sintomatologia algica e dei disturbi minzionali di riempimento, mai del tutto scomparsi dopo l’intervento.

All’imaging preoperatorio la neovescica appariva regolare (fig 1b). La paziente è stata sottoposta ad

asportazione del collo vescicale e undiversion. L’esame istologico ha documentato cistopatia interstiziale

sul collo vescicale nativo. Altri casi hanno presentato: ripresa multifocale sull’uretra e sull’asse escretore

destro (trattato con nefroureterectomia destra e bonifica laser dell’uretra, con successo); linfangite

neoplastica uretrale e ritenzione acuta di urina, trattata con derivazione urinaria esterna e chemioterapia;

presentazione sulla parete vaginale anteriore di una massa dura di 2 cm. Una biopsia trans-vaginale eco-

guidata ha dimostrato la presenza di materiale amorfo colloide (l’iniezione di colloide era sta eseguita 9

anni prima sull’anastomosi VIP-uretrale per incontinenza urinaria). La paziente, trattata

conservativamente, sta bene.

Discussion I dati sulle complicanze rare a lungo termine delle neovesciche ileali ortotopiche sono scarsi. La VIP è

una tecnica originaria di ricostruzione ileale ortotopica della vescica, che, sebbene usata in diversi centri

in Italia, è raramente valutata per il numero e le caratteristiche cliniche e anatomo-patologiche delle

complicanze a lungo termine inusuali.

Conclusions Le complicanze a lungo termine del neoserbatoio ileale ortotopico urinario sono suscettibili di

trattamento, con successo terapeutico, e possibilità di preservare la neovescica. E’ di notevole rilevanza

clinica riportare tali complicanze e le strategie di trattamento, per standardizzare il comportamento clinico

e garantire ai pazienti la preservazione della neovescica.

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P 47

VALUTAZIONE VIDEOURODINAMICA IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA

LAPAROSCOPICA E NEOVESCICA ILEALE CON TECNICA INTRACORPOREA:

RISULTATI A 240 GIORNI DI FOLLOW-UP.

G. PALLESCHI, A. PASTORE, A. FUSCHI, L. SILVESTRI, D. AUTIERI, Y. AL SALHI, A. LETO, A.

RIPOLI, A. CARBONE (Latina)

Scopo del lavoro Descriviamo i risultati videourodinamici di pazienti sottoposti a cistectomia laparoscopica con

derivazione ileale ortotopica realizzata con tecnica intracorporea.

Materiali e metodi La casistica comprende 30 maschi operati tra novembre 2010 e marzo 2014 aventi età media 67 anni

(range: 62-79), body mass index medio (BMI): 22.3 (range: 16 - 26.1), ASA score medio: 2.2 (range: 1-

3). Tutti i pazienti, affetti da carcinoma uroteliale vescicale (T2 o T1G3 multifocale pluriricorrente), sono

stati sottoposti a cistectomia radicale con derivazione ileale ortotopica (neovescica ad "U") eseguita

mediante tecnica intracorporea. I risultati funzionali delle neovesciche sono stati valutati mediante

videourodinamica (VUDM) con elettromiografia perineale a 240 giorni dall'intervento.

Risultati La VUDM ha documentato una capacità neovescicale media di 297 ml (range: 240 - 345). In 7/30

pazienti (23%)è stato osservato peristaltismo residuo, solo in 4/30 soggetti (13%) con ampiezza >30

cmH2O ed associato a perdita urinaria ad elevato riempimento (> 300 ml). Il residuo post-minzionale

medio è risultato 44 ml (range: 0-98 ml), mentre il flusso massimo 13.9 ml/s (range: 9.7-29.2). I tests

provocativi hanno documentato fuga urinaria da sforzo in 5/30 (16%), tuttavia ad elevato riempimento (>

320 ml) e per pressioni addominali > 60 cmH2O (Valsalva leak point pressure). La VUDM ha dimostrato

un'adeguata morfologia della neovescica in tutti i pazienti e reflusso vescico-ureterale monolaterale

incompleto passivo in 6 soggetti (23%). Tutti i pazienti hanno effettuato lo svuotamento vescicale

mediante torchio addominale; in 6/30 pazienti (20%) è stata evidenziata la persistenza di un pattern

pseudo-dissinergico.

Discussione I pochi studi che descrivono le cistectomie laparoscopiche con ricostruzione neovescicale intracorporea

sono focalizzati sulla tecnica chirurgica ed i risultati oncologici. Tuttavia è essenziale, invece, eseguire

anche un adeguato controllo funzionale, allo scopo di prevenire o diagnosticare precocemente

complicanze a carico del basso ed alto apparato urinario e di comprendere le cause di alcune disfunzioni

postoperatorie, in particolare l'incontinenza urinaria. In passato la letteratura, in particolare quella italiana,

ha già dimostrato l'utilità della VUDM nel follow-up di pazienti con neovescica ileale ortotopica

confezionata con tecnica a cielo aperto. Sebbene questa indagine non possa divenire uno standard di

valutazione postoperatoria, riteniamo che, quantomeno nei primi casi di confezionamento neovescicale

con una tecnica innovativa, come è stato per noi in questa iniziale casistica di ricostruzione laparoscopica,

essa sia la migliore metodica atta a comprendere se la procedura si associ a buoni risultati funzionali o

necessiti di modificazioni mirate al miglioramento dell'outcome.

Conclusioni Nella nostra esperienza, i risultati videourodinamici a 240 giorni documentano un soddisfacente outcome

funzionale delle neovesciche ileali ortotpiche realizzate con tecnica laparoscopica.

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P 48

URETERO-CUTANEOSTOMIE (UCS) COME DIVERSIONE URINARIA DOPO

CISTECTOMIA RADICALE (CR) IN PAZIENTI ANZIANI ≥ DI 80 ANNI: ANALISI

RETROSPETTIVA DI UN SINGOLO CENTRO COMPARANDO UCS CON BRICKER

G. Peracchia, G. De Luca, M. Viola, A. Romano, S. Morselli, M. Brausi (Carpi)

Scopo del lavoro La tipologia di diversione urinaria da effettuare dopo CR è stata sempre dibattuta. La maggioranza dei

centri urologici preferisce e supporta l’uso della Bricker per la migliore qualità di vita (nessun bisogno di

sostituzioni di stent ureterali) , minor frequenza di infezioni urinarie (IU) ed insufficienza renale. Però

raramente queste tecniche sono state confrontate nei pazienti di età ≥ 80 anni. L’obiettivo di questo studio

retrospettivo è stato di valutare l’incidenza delle complicanze in base alla classificazione di Clavien-

Dindo,la mortalità , i tempi di degenza tra 2 gruppi di pazienti di età ≥ di 80 anni sottoposti a cistectomia

radicale per tumore vescicale nel nostro Istituto.

Materiali e metodi 105 pazienti di almeno 80 anni con tumore vescicale muscolo-invasivo o BCG resistente sono stati

sottoposti a cistectomia . 53/105 (50,5%) hanno avuto l’ UCS come diversione urinaria, mentre 38/105

(36,2%) sono stati sottoposti ad derivazione sec Bricker . 14/105 (13,3%) sono stati sottoposti a

neovescica ileale, ma sono esclusi da questo abstract. I criteri di selezione per l’ UCS erano: età avanzata,

pluricomorbilità, ASA score di IV e alto PS. Ai pazienti in buone condizione generali (PS 1-2) è stata

consigliata diversione urinaria sec Bricker o una neovescica ileale ortotopica.

Risultati Età media: 83,1 anni per l’UCS e 81,1 per la diversione sec. Bricker. Rapporto maschi/femmine: 72/33.

ASA score : Bricker = II-III , UCS = III-IV. PS : 2-3 in Bricker; 3-4 nelle UCS. Stadiazione patologica:

T3-T4 : UCS = 73%, Bricker = 44%. Mortalità (nei primi 30 giorni) : UCS = 6.8 % Bricker = 4.2% (p=

0.1). Complicazioni mediche: (CM). Clavien II : sanguinamento post operatorio = 8%, scompenso

cardiaco congestizio = 2.4%, IU = 4.8%. delirium = 13%, polmoniti = 1.2%. Clavien III: insufficienza

renale acuta = 3.6%. CM per diversione: UCS = 65.5%, Bricker = 34.5% (p<0.001). Complicanze

Chirurgiche (CC). Clavien II : deiscenza della ferita = 9.1%, ileo prolungato = 16.2%, linfocele = 2.5%.

Complicazioni Clavien IV : fistola urinaria = 7.7%, fistola fecale = 5.1% . CC per diversione : UCS =

15.5% Bricker = 28.2% (p<0.01). Frequenza di reintervento per diversione : UCS = 0, Bricker = 12.8% (p

<0.01). Degenza media: UCS =12.6 giorni, Bricker = 14.5 giorni.

Discussione La Cistectomia Radicale negli anziani è indicata, ma la tipologia di derivazione è cruciale

Conclusioni La Cistectomia Radicale negli anziani è indicata, ma la tipologia di derivazione è cruciale. Anche se un

paziente con UCS è più anziano, con maggiore comorbilità e con uno stadio tumorale più avanzato ed un

rischio chirurgico maggiore (ASA III-IV vs II-III) si è osservata una significativa riduzione di

Complicanze Chirurgiche, re-interventi rispetto alla derivazione sec Bricker. Le Complicanze Mediche e

la mortalità erano più elevate nelle UCS per le maggiori comorbilità iniziali. L’UCS andrebbe rivaluta ed

usata in questi pazienti.

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P 49

COME IDENTIFICARE I CANDIDATI A SORVEGLIANZA ATTIVA TRA I PAZIENTI CON

CARCINOMA DELLA PROSTATA A RISCHIO INTERMEDIO: SVILUPPO E VALIDAZIONE

DI UN NUOVO MODELLO PREDITTIVO

N. Passoni, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, P. Dell'Oglio, M. Bianchi, W. Cazzaniga, V. Mirone,

R. Colombo, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro La prostatectomia radicale (PR) è associata a risultati eccellenti nei pazienti con carcinoma prostatico

(CaP) a rischio intermedio. Tuttavia, questo gruppo, rappresenta una categoria eterogenea. L’obiettivo del

nostro studio è di identificare i fattori predittivi di malattia patologicamente favorevole nei pazienti a

intermedio rischio.

Materiali e metodi 950 pazienti con CaP a intermedio rischio secondo D’Amico sono stati trattati con PR ± linfoadenectomia

presso un singolo centro tra il 2006 e 2014. La malattia patologicamente favorevole è stata definita come

la presenza di un Gleason patologico ≤6 e tumore organo-confinato. Il Gleason bioptico (≤6 vs. 3+4 vs.

4+3), la PSA density, la percentuale di prelievi positivi, lo stadio clinico, e il PSA sono stati inclusi in un

modello di regressione logistica per predire malattia patologicamente favorevole. I coefficienti di questo

modello sono stati utilizzati per sviluppare un nuovo nomogramma. L’area sotto la curva (AUC) ha

quantificato l’accuratezza predittiva del modello. Successivamente, il nomogramma è stato sottoposto a

validazione interna. Infine, la decision curve analyses (DCA) è stata usata per fornire una stima del

beneficio derivante dall’applicazione del nostro modello nella pratica clinica.

Risultati L’età media era di 65.8 anni. 373 (39.3%), 440 (46.3%) e 137 (14.4%) pazienti avevano un Gleason

bioptico di ≤6, 3+4 e 4+3. La PSA density mediana e la percentuale di prelievi positivi erano 0.14

ng/ml/ml e 10.9%. 244 (25.7%) pazienti avevano malattia patologicamente favorevole. All’analisi

multivariata, i pazienti con Gleason score bioptico ≤6 avevano una maggior probabilità di malattia

patologicamente favorevole (Odds Ratio [OR]:10.25; P<0.001). In maniera simile, la PSA density

(OR:0.01; P<0.001) e la percentuale di prelievi positivi (OR:0.10; P<0.001) erano associate a una

maggiore probabilità di malattia prognosticamente favorevole. Il nomogramma ha mostrato un’AUC di

83.8%. Infine, la DCA ha mostrato che il nostro modello era in grado di migliorare le decisioni cliniche

nei pazienti con una probabilità di malattia patologicamente favorevole tra il 5 e l’80%.

Discussione Un quarto dei pazienti con CaP a intermedio rischio, ha malattia patologicamente favorevole. Questi

individui potrebbero essere considerati per trattamenti alternativi, quali la sorveglianza attiva.

Conclusioni Abbiamo sviluppato il primo nomogramma per l’identificazione dei pazienti con Cap a rischio intermedio

e con malattia patologicamente favorevole.

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ANALISI DELL’OTTIMALE CAMPIONAMENTO BIOPTICO PROSTATICO PER

L’ARRUOLAMENTO DI PAZIENTI IN PROTOCOLLI DI SORVEGLIANZA ATTIVA PER

CARCINOMA PROSTATICO A BASSO RISCHIO.

E. Di Trapani, N. Suardi, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, V. Cucchiara, P. Dell'Oglio, S.

Luzzago, V. Scattoni, V. Mirone, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro La sorveglianza attiva è un valido trattamento in pazienti con tumore prostatico a basso rischio. Tuttavia,

un significativo numero di pazienti esce dal protocollo di sorveglianza attiva in seguito al ri-

campionamento bioptico mentre più del 30% inizialmente candidati a sorveglianza attiva presenta una

malattia aggressiva misconosciuta. L’obiettivo di questo studio è definire uno schema bioptico più

dettagliato per aumentare l’accuratezza degli attuali criteri di sorveglianza attiva

Materiali e metodi Abbiamo considerato 414 pazienti che hanno ricevuto intervento di prostatectomia radicale che, in

accordo con i criteri PRIAS (cT1T2a; PSA<10 ng/ml; PSA density <0.2; Gleason score <7; < 3 biopsie

positive), potrebbero essere stati candidati a sorveglianza attiva. Abbiamo analizzato l’esame istologico

definitivo di tali pazienti; pazienti con stadio pT3a/pT3b, pN+ e/o Gleason Score Patologico ≥8 sono

considerati portatori di malattia avversa. I pazienti sono stati stratificati in base al numero di biopsie che

hanno effettuato e abbiamo utilizzato una metodologia che permette di individuare il cut-off di prelievi

bioptici più accurato per ridurre la probabilità che un paziente abbia una malattia aggressiva

misconosciuta. Infine abbiamo eseguito analisi di regressione logistica multivariata per valutare

l’associazione tra il numero di prelievi bioptici e la presenza di malattia avversa all’esame istologico

definitivo. Le covariate sono l’età e il volume prostatico

Risultati Dei 414 pazienti candidabili a sorveglianza attiva, 36 pazienti (8.7%) sono portatori di malattia avversa.

Nello specifico, 24 pazienti (5.8%) hanno una malattia con estensione extra-capsulare, 7 pazienti (1.7%)

hanno una malattia che si estende alle vescicole seminali, 9 pazienti (2.2%) hanno un Gleason patologico

≥8 e 8 pazienti (1.9%) hanno invasione linfonodale. Quando i pazienti vengono stratificati in base al

numero di prelievi bioptici, il cut-off di prelievi bioptici più accurato per ridurre la probabilità che un

paziente abbia una malattia aggressiva misconosciuta è di 14. La percentuale di malattia misconosciuta è

di 4.9% nei pazienti che ricevono 14 o più prelievi bioptici vs. 13.2% nei pazienti che ricevono meno di

14 prelievi bioptici (p=0.002). All’analisi di regressione logistica multivariata, il numero di prelievi

bioptici è un predittore indipendente di malattia avversa (OR 0.92; p=0.04). È degno di nota che il volume

prostatico non risulta essere predittore indipendente di malattia misconosciuta (p=0.3)

Discussione Circa il 10% dei pazienti potenzialmente candidabili a sorveglianza attiva ha una malattia aggressiva ed

ha un rischio elevato di progressione. L’introduzione di schemi prostatici bioptici standardizzati con 14

prelievi riduce significativamente la percentuale di pazienti con malattia aggressiva

Conclusioni Quando la sorveglianza attiva è considerata una opzione terapeutica, si dovrebbero effettuare almeno 14

prelievi bioptici per ridurre il rischio di avere un paziente con malattia aggressiva misconosciuta

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P 51

POSSIAMO INCLUDERE NELLA SORVEGLIANZA ATTIVA PER NEOPLASIA

PROSTATICA, PAZIENTI CON CGS 3+4 IN UN UNICO PRELIEVO BIOPTICO? RISULTATI

A MEDIO TERMINE DI UN SINGOLO CENTRO DOPO REVISIONE ISTOLOGICA

SISTEMATICA DEI PRELIEVI BIOPTICI E DEI REPERTI OPERATORI

M. Borghesi, R. Schiavina, E. Brunocilla, M. Rossi, L. Bianchi, F. Chessa, F. Giunchi, V. Vagnoni, D.

Diazzi, H. Dababneh, C. Pultrone, B. Corcioni, A. Porreca, M. Fiorentino, G. Martorana (Bologna)

Scopo del lavoro Abbiamo valutato se l’inclusione di pazienti affetti da carcinoma prostatico (Pca) e GS clinico (cGs)

=3+4 nel protocollo PRIAS, influenza i risultati patologici e abbiamo analizzato quali fattori siano

predittivi di outcomes patologici sfavorevoli.

Materiali e metodi Di 2568 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale presso il nostro istituto abbiamo selezionato 329

pazienti che avrebbero rispettato tutti i criteri del protocollo PRIAS eccetto cGs= 3+4 e almeno 10

prelievi bioptici. I vetrini bioptici sono stati revisionati da un unico uro-patologo, per selezionare solo i

frustoli che presentavo realmente cGS=3+3 e cGs=3+4 in un unico prelievo, in accordo con i criteri ISUP

2005. Abbiamo valutato il numero dei prelievi bioptici e il numero dei frustuli positivi per Pca, la

percentuale di coinvolgimento e il GS dei prelievi positivi, la presenza di HGPIN e ASAP, inoltre

abbiamo rideterminato le caratteristiche patologiche definitive (Gs, stadio, stato dei margini e i linfonodi).

Come end-point primario abbiamo valutato gli outcomes patologici sfavorevoli (presenza di malattia non

organo-confinata o GS ≥4+3).

Risultati Sono stati analizzati 204 (7.9%) pazienti con età mediana di 65.8, PSA mediano di 5.7 ng/ml, PSAD

mediano di 0.11 ng/ml/cc e numero mediano di prelievi bioptici di 12; 10 (4.9%) avevano una malattia

localmente avanzata, 38 (18.6%) un GS ≥4+3 e 46 (22.5%) una malattia con caratteristiche sfavorevoli al

reperto operatorio definitivo. All’analisi uni e multivariata, la presenza di ASAP a carico dei prelievi

bioptici negativi e il basso numero di frustoli prelevati sono stati gli unici fattori associati alla presenza di

malattia con caratteristiche sfavorevoli. Il numero minimo di prelievi bioptici per predire la presenza di

malattia a caratteristiche sfavorevoli è risultato 14. Abbiamo raggruppato i 204 pazienti in tre classi di

rischio: gruppo 1 (n=83,40.7%) pazienti che non presentavano ASAP e con almeno 14 prelievi bioptici;

gruppo 2 (n=112,54.9%) pazienti con ASAP o con meno di 14 prelievi; gruppo 3 (n=9, 4.4%) pazienti

con ASAP e con meno di 14 prelievi. Il gruppo 2 e il gruppo 3 hanno rispettivamente un rischio maggiore

di 4.7 e 13.5 di presentare una malattia a caratteristiche sfavorevoli, rispetto al gruppo1 (p< 0.001).

Discussione Nella popolazione considerata, dopo follow-up mediano di 73.5 mesi, la mortalità cancro-specifica era

nulla e 4 (2.0%) pazienti hanno sviluppato una recidiva biochimica. Tra i pazienti con Gs =3+3 e GS

=3+4 non ci sono state differenze statisticamente significative in termini di GS≥4+3, malattia localmente

avanzata, malattia con caratteristiche sfavorevoli e sopravvivenza libera da recidiva biochimica.

Conclusioni L’inclusione dei pazienti con cGs 3+4 idonei alla SA non incrementa la percentuale di malattie a

caratteristiche sfavorevoli dopo prostatectomia radicale. Altri fattori, come il numero di prelievi bioptici e

la presenza di ASAP dovrebbero esser considerati con cautela nei pazienti idonei per la SA.

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P 52

QUALE è LA DEFINIZIONE OTTIMALE DI MALATTIA CLINICAMENTE SIGNIFICATIVA

NEI PAZIENTI CANDIDATI A SORVEGLIANZA ATTIVA PER TUMORE PROSTATICO A

RISCHIO MOLTO BASSO? IMPLICAZIONI PER IL TRATTAMENTO RADICALE

G. Giannarini, G. Gandaglia, G. Ploussard, H. Isbarn, P. Sooriakumaran, C. Surcel, H. Van Der Poel, R.

Van Der Bergh, L. Salomon, V. Ficarra, N. Suardi, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti

(Udine)

Scopo del lavoro E’ ancora ignota la modalità di riconoscimento di outcome patologico sfavorevole nei pazienti candidati a

Sorveglianza Attiva (SA) e trattati con prostatectomia radicale (PR). Tale informazione sarebbe cruciale

per definire correttamente la malattia clinicamente significativa, selezionando i pazienti per un

trattamento attivo dopo SA.

Materiali e metodi Lo studio ha incluso 1,710 pazienti trattati con PR tra il 2000 e il 2013 presso tre centri europei. Tutti i

pazienti soddisfacevano i criteri di SA secondo lo studio PRIAS (malattia T1c/T2a; PSA ≤10ng/ml; PSA

density<0.2ng/ml/ml; Gleason score alla biopsia 3+3; e ≤2 prelievi bioptici). I pazienti sono stati

suddivisi in 3 gruppi a seconda delle caratteristiche patologiche: malattia organo-confinata, Gleason Score

patologico ≤6 e pN0 (Gruppo 1), malattia organo-confinata, Gleason score patologico 3+4, e pN0

(Gruppo 2), e malattia non-organo-confinata, Gleason Score patologico ≥4+3 o pN1 (Gruppo 3). Curve di

Kaplan-Meier sono state usate per stimare il tempo di ripresa biochimica di malattia (BCR). Analisi

multivariate e di regressione Cox hanno testato l’associazione tra le caratteristiche di malattia di ogni

gruppo e la BCR (definita come due aumenti consecutivi di PSA >0.2 ng/ml).

Risultati L’età mediana era 63.9 anni. Complessivamente, 926 (54.2%), 653 (33.0%), e 220 (12.9%) pazienti sono

stati inclusi nel Gruppo 1,2 e 3. Il follow-up mediano era di 32.2 mesi. Il tasso di sopravvivenza libera da

RBC a 5 anni era del 94,2%. I pazienti inclusi nel Gruppo 3 hanno avuto un minor tasso di sopravvivenza

libera da RBC se comparati al Gruppo 1 (79.1 vs. 97.0%, P<0.001). Nonostante ciò, non è stata osservata

nessuna differenza statisticamente significativa per tasso di sopravvivenza libera da BCR a 5 anni tra i

pazienti inclusi nel Gruppo 1 vs. Gruppo 2 (97.0 vs. 94.7%, P=0.1). Questi risultati sono stati confermati

alle analisi di regressione multivariata, dove i pazienti inclusi nel Gruppo 3 avevano una probabilità di

BCR 6 volte superiore se comparati con quelli inclusi nel Gruppo 1 (P<0.001). Per contro, i pazienti

inclusi nel gruppo 2 non avevano un maggior rischio di RBC se comparati con pazienti con caratteristiche

più favorevoli (Gruppo 1; P=0.1).

Discussione La malattia clinicamente significativa, in pazienti candidati a SA, dovrebbe esser definita come malattia

non-organo confinata e Gleason score patologico 8-10.

Conclusioni La presenza di Gleason Score patologico 3+4, non deve essere considerata come un fattore di rischio per

BCR in pazienti candidabili a SA.

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P 53

GLEASON SCORE 3+3=6 CAN STILL BE CONSIDERED AN AGGRESSIVE CANCER?

ANALYSIS OF A SINGLE CENTER EXPERIENCE.

D. Minardi, G. Milanese, L. Montesi, R. Mazzucchelli, V. Lacetera, G. Muzzonigro, R. Montironi

(Ancona)

Aim of the study We performed a review of radical prostatectomy specimens, to evaluate disease free survival according to

prognostic Gleason grade grouping suggested Epstein.

Materials and methods We considered 395 patients who underwent to open radical prostatectomy and pelvic lymph nodes

dissection. Follow-up visits after RP were scheduled according to a protocol. Pathological review of the

cases according to the update Gleason grading system was performed; prognostic and predictive features,

such as Gleason score, stage, surgical margin status and tumor volume were recorded.

Results Mean patients’ age was 65.3 years (range 42-75); mean follow-up was 51.5 months (range 9-108). We

then considered subgroups of patients: Gleason score 3+3=6 (151 patients)[prognostic Gleason grade

group I], 3+4=7 (144 patients)[prognostic Gleason grade group II], 4+3=7 (60 patients)[prognostic

Gleason grade group III], 4+4=8, 5+3=8 and 3+5=8 (19 patients)[prognostic Gleason grade group IV] and

5+4=9, 4+5=9, 5+5=10 (21 patients)[prognostic Gleason grade group V]; we have observed that there is a

statistically significant difference in survival according to increasing Gleason score sum; we have also

observed that patients with a Gleason score 3+4=7 went better than those with Gleason score 4+3=7. We

focused our attention particularly on Gleason 3+3=6 patients; 25 patients were pT2a, 2 pT2b, 98 pT2c, 21

pT3a, 4 pT3b and 1 pT4; at a mean follow up of 48.5 months (range 24-67), 4 patients with Gleason score

6 [1 pT2cR0N0LVI0, 1 pT2cR1N0LVI0, 1 pT3aR0N0VLI0 and 1 pT3aR0N0VLI0] had biochemical

recurrence; in all of them it was possible to identify relapse at the residual pelvic lymph nodes and in

three out of four distant metastasis was observed during the follow-up; three of them are alive at a mean

follow up was 82 months; one died after 108 months. After review of the slides of all the patients who

were 3+3=6 Gleason score, we have observed that 3 of them had an higher Gleason grade than previously

diagnosed (3+4=7, prognostic grade grouping II), while in 1 case it was confirmed to be the same grade

(3+3=6, prognostic grade grouping I), that is the patient pT2cR1N0VLI0, i.e. the patient with residual

tumor at the surgical margins.

Discussion The Gleason grading system approved by the International Society of Urological Pathology has made

some changes in the classic system in order to increase reproducibility; tumors previously graded as

Gleason score 6 in the classic system are often upgraded as Gleason score 7 tumors in the modified

system. To assign the cases depending on their Gleason score to one of five prognostic grade groups can

be useful since it should reflect more closely the behavior of the tumor.

Conclusions Histopathological review showed that patients with metastases resulted to be upgraded to Gleason 3+4=7

prostate cancer; however, surgical margin status is important to determine disease free-survival in patients

with Gleason 6 cancer.

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P 54

PERFORMANCE DEI FATTORI BIOPTICI NEL PREDIRE LA PRESENZA DI UNA

MALATTIA SFAVOREVOLE IN PAZIENTI CANDIDABILI PER SORVEGLIANZA ATTIVA

SECONDO I CRITERI PRIAS.

G. Russo, T. Castelli, V. Favilla, G. Reale, D. Urzì, S. Privitera, E. Fragalà, S. Cimino, G. Morgia

(Catania)

Scopo del lavoro La sorveglianza attiva (AS) nel tumore prostatico sta guadagnando popolarità con l'intenzione di evitare o

posporre il trattamento definitivo in soggetti con tumore prostatico (PCa) a basso rischio o clinicamente

indolente. Negli ultimi anni, diversi fattori predittivi sono stati proposti con lo scopo di migliorare

l’accuratezza dei criteri di AS nel determinare una malattia indolente, come alcuni fattori bioptici, il PHI

o la risonanza magnetica multiparametrica. Lo scopo del seguente studio è stato quello di valutare il ruolo

di alcuni fattori bioptici, come la lunghezza massima tumorale (MCL), lunghezza tumorale cumulativa

(CCL), lunghezza cumulativa dei cores positivi (CLPC), la percentuale di tumore nei cores positivi,

aggiunti ai criteri PRIAS in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (RP), ma candidabili a

sorveglianza attiva (AS).

Materiali e metodi Dal Gennaio 2002 al Dicembre 2007, 750 soggetti consecutivi sono stati sottoposti a RP. Abbiamo

identificato 147 (19.05 %) pazienti che erano candidabili ad AS in base a criteri PRIAS: clinico T1c o T2,

PSA di ≤ 10 ng/ml, Gleason bioptico ≤ 6, PSA-density < 0,2 ng/ml2 ed uno o due cores positivi.

Abbiamo calcolato l'accuratezza diagnostica dei pregressi fattori bioptici nel determinare la presenza di

malattia sfavorevole patologicamente confermata (stadio patologico ≥ pT3 e/o Gleason patologico ≥ 7).

Sono state eseguite le decision curve analysis (DCA).

Risultati Di tutti i soggetti, 95 ( 66,43 %) pazienti avevano malattia favorevole mentre 48 (33.57%) avevano

malattia sfavorevole. All’analisi multivariata, l'inclusione di MCL (+31%; p<0.01), CCL (+31%; p<0.01),

CLPC (+17%; p<0.01) e CIPC (+26%; p<0.01) aumentava significativamente l'accuratezza del modello

PRIAS nel predire la presenza di malattia sfavorevole. Il guadagno dell’accuratezza con l’aggiunta dei

fattori bioptici variava dal 7% al 31%. La DCA mostrava che l'aggiunta di MCL, CCL, CLPC e CIPC

determinava un maggiore beneficio quando la probabilità del modello variava dal 15% al 50%.

L’aggiunta di uno dei fattori bioptici può essere applicata al costo di una mancata diagnosi di malattia

sfavorevole nel 16.83%.

Discussione Una percentuale significativa di pazienti presenta un rischio di errata classificazione ai criteri di AS,

nonostante la loro inizialmente ammissibilità criteri PRIAS. L'aggiunta di alcuni fattori bioptici, come

MCL, CCL, CLPC e CIPC, nella pratica clinica ha il potenziale di aumentare in modo significativo la

capacità del modello PRIAS di individuare la presenza di malattia sfavorevole.

Conclusioni I nostri risultati suggeriscono che l’aggiunta dei criteri bioptici al modello PRIAS ha il vantaggio di

aumentare l’abilità di diagnosticare una malattia sfavorevole

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P 55

IL PHI ED IL PCA3 MIGLIORANO LA PERFORMANCE DEI CRITERI PRIAS ED EPSTEIN

NEL PREDIRE LA PRESENZA DI TUMORE PROSTATICO INSIGNIFICANTE IN PAZIENTI

CANDIDABILI A SORVEGLIANZA ATTIVA.

F. Cantiello, G. Russo, A. Cicione, A. Aliberti, S. Manno, S. Cimino, M. Ferro, O. De Cobelli, C. Magno,

G. Morgia, R. Damiano (Catanzaro)

Scopo del lavoro Diversi studi sono stati condotti al fine di meglio identificare la presenza di tumore prostatico

insignificante (IPCa) in pazienti eleggibili a Sorveglianza Attiva (AS) riducendo in tal modo le

probabilità di errata classificazione. Scopo dello studio è stato quello di valutare le prestazioni del

Prostate Health Index (PHI) e del PCA3 aggiunti ai criteri PRIAS o Epstein nel predire la presenza di una

malattia patologicamente insignificante (IPCa) in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (RP), ma

candidabili a sorveglianza attiva (AS).

Materiali e metodi Abbiamo condotto uno studio prospettico osservazionale in 188 pazienti consecutivamente trattati con RP

laparoscopica o robot -assistita, ma candidabili a AS secondo criteri Epstein o PRIAS. Il sangue ed i

campioni urinari sono stati raccolti prima della biopsia prostatica iniziale per le misurazioni

rispettivamente del PHI e del PCA3. Un’ analisi di regressione logistica multivariata e le decision curve

analysis (DCA) sono state effettuate per identificare le variabili potenzialmente predittive di IPCa.

Risultati Uno stadio pT2 e pT3 sono stati trovati in 185 (98,4%) e 3 (1,6%) pazienti rispettivamente, IPCA in 115

(61,2%), Gleason patologico ≥ 7 in 19 (10,1%), estensione extra-capsulare in 16 (8.5%) pazienti ed un’

invasione delle vescicole seminali in 4 pazienti (2,1%). All’analisi multivariata l'inclusione del PCA3 e

del PHI aumentava significativamente l'accuratezza dei criteri di Epstein nel predire la presenza di IPCA,

+17% (p<0.05) con l'aggiunta del PCA3 (AUC=77,0; p < 0.05) e +32% con l'aggiunta del PHI

(AUC=0.92; p<0.01). L'inclusione del PCA3 e del PHI aumentava l’accuratezza del modello PRIAS del

27% con l'aggiunta di PCA3 (AUC=87,0; p < 0.05) e del 37% con l'aggiunta del PHI. I net-benefit

ottenuti con le DCA hanno dimostrato che l’aggiunta del PHI o del PCA3 migliorava la capacità

predittiva dei criteri Epstein o PRIAS, considerando una probabilità > 10 % per il PHI e > 20% per il

PCA3. Con una probabilità del 60 % (prevalenza dell’IPCa dello studio del 61,2%), si evitavano un

numero di 35 o 36 prostatectomie radicali necessarie ogni 100 uomini utilizzando il PHI aggiunto ai

criteri originali Epstein o PRIAS e di 31 o 30 ogni 100 uomini utilizzando il PCA3.

Discussione I criteri Epstein e PRIAS possono essere migliorati dall’aggiunta del PCA3 o del PHI ottenendo un

beneficio clinico nel predire la presenza di tumore prostatico patologicamente insignificante. Inoltre, il

PHI presenta una migliore performance discriminativa rispetto al PCA3. Questi risultati possono essere

considerati nella pratica clinica durante l’approccio decisionale in pazienti candidabili per sorveglianza

attiva.

Conclusioni In una stessa coorte di pazienti candidabili a sorveglianza attiva, l’aggiunta del PCA3 e del PHI migliora

la performance dei criteri Epstein o PRIAS nel predire la presenza di tumore prostatico patologicamente

insignificante.

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P 56

RUOLO DELLA REBIOPSIA DI SATURAZIONE TRANSPERINEALE A 24 PRELIEVI

NELLA ELEGGIBILITà A SORVEGLIANZA ATTIVA DEI CANDIDATI CON MALATTIA A

BASSO RISCHIO DOPO BIOPSIA A 12 PRELIEVI

G. De Giorgi, G. Descloux, M. Abbinante, M. Gnech, M. Meneguzzi, M. Calandriello, S. Sioletic, V.

Ficarra (Udine)

Scopo del lavoro Circa il 30% dei pazienti con carcinoma prostatico low risk dopo biopsia standard a 12 prelievi hanno una

neoplasia clinicamente significativa. Scopo di questo studio è valutare quale percentuale di pazienti

eleggibili a sorveglianza attiva dopo biopsia a 12 prelievi non lo è più dopo rebiopsia di saturazione

transperineale a 24 prelievi.

Materiali e metodi Dal luglio 2013 al marzo 2015 40 pazienti con diagnosi di carcinoma prostatico low risk dopo biopsia

standard a 12 prelievi eleggibili a sorveglianza attiva sono stati sottoposti a rebiopsia prostatica di

saturazione transperineale a 24 prelievi entro 3 mesi dalla biopsia iniziale. Criteri per la sorveglianza

attiva presso il nostro Istituto sono: tPSA<10 ng/ml, cT1c, Gleason score ≤3+3, ≤2 core positivi e ≤50%

tumore/frustolo. Outcome dello studio: percentuale dei pazienti non più eleggibili a sorveglianza attiva

dopo biopsia transperineale di saturazione per incremento di Gleason score, numero di frustoli positivi ≥4

e percentuale tumore/frustolo ≥50%. Sono state registrate anche le complicanze post-biopsia di

saturazione. Tutti i pazienti non eleggibili a sorveglianza attiva sono stati sottoposti a prostatectomia

radicale per valutare stadio e grado definitivo di malattia.

Risultati L’età mediana era 64 anni (IQR 60-71). Il PSA totale era 5.3 ng/ml (IQR 4.4-6.7). Il volume prostatico

era 45 cc (IQR 36-60). Dei 40 pazienti, 13 (33%) non sono risultati più eleggibili a sorveglianza attiva: 4

per progressione di Gleason score, 8 per aumento del numero di core positivi e 1 per aumento della

percentuale tumore/frustolo. Due/40 (5%) pazienti hanno avuto ritenzione urinaria, nessuno febbre. Dei

13 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale, quelli con patologia sfavorevole, definita come stadio

>pT2 e Gleason score >6) sono stati 4 (31%).

Discussione La misclassificazione dei candidati a sorveglianza attiva alla biopsia iniziale standard è un problema

emergente. Varie strategie esistono per mitigare questo fenomeno, come l’uso di nuovi biomarkers

(PCA3, PHI), l’imaging (MRI multiparametrica) e la rebiopsia di conferma. Non vi sono dati in

letteratura sul ruolo della rebiopsia transperineale di saturazione a 24 prelievi di conferma eseguita

precocemente dopo la prima diagnosi. Nella nostra esperienza, tale strumento ha permesso di escludere

dalla sorveglianza il 33% dei candidati. La maggior parte di questi pazienti aveva malattia intracapsulare

con Gleason score ≤6.

Conclusioni La rebiopsia prostatica di saturazione transperineale a 24 prelievi permette di riclassificare 1/3 dei

pazienti con neoplasia low risk dopo biopsia standard a 12 prelievi eleggibili a sorveglianza attiva, senza

particolari rischi di complicanze.

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P 57

AREE SOSPETTE PIRADS≤3 ALLA MP-MRI SUGGERISCONO NEOPLASIA PROSTATICA

CANDIDABILE A SORVEGLIANZA ATTIVA

P. Capogrosso, F. Dehò, A. Esposito, A. Coppola, M. Freschi, A. Salonia, F. Decobelli, F. Montorsi

(Milano)

Scopo del lavoro Analizzare il ruolo delle MP-MRI nell’identificare i pazienti che potrebbero essere candidabili a

sorveglianza attiva (AS) per tumore della prostata (PCa) organo-confinato

Materiali e metodi Sono stati analizzati dati completi di 74 pazienti presentatisi al nostro istituto per sospetto PCa, sia naïve

per biopsia prostatica che con storia di biopsie negative. Tutti hanno eseguito una MP-MRI 1.5 Tesla con

bobina endorettale. Il protocollo includeva sequenze T2W nei piani assiale, sagittale e coronale, sequenze

DWI e DCE nei piani assiali. Le immagini sono state valutate da due radiologi dedicati utilizzando lo

score PI-RADS, secondo le linee guida ESUR 2012. Una biopsia TRUS-guidata a 12 prelievi è stata

eseguita insieme alla biopsia mirata dell’area sospetta alla MRI (cognitive registration). Tutti i prelievi

sono stati analizzati dallo stesso uro-patologo dedicato. I pazienti sono stati stratificati secondo la loro

potenziale eleggibilità per AS (nel dettaglio, PSA ≤10 ng/ml; cT1c-cT2; Gleason score ≤6; PSA density

≤0.2 ng/ml/mL). Modelli di regressione logistica sono stati utilizzati per analizzare l’associazione tra le

variabili cliniche e la probabilità di avere una biopsia negativa o positiva per PCa candidabile ad AS.

Risultati Il PSA totale medio era 6.2 (3.3) ng/mL. Globalmente, 69 (90.5%) pazienti erano cT1 alla DRE. Tra tutti,

47 (63.5%) pazienti erano naïve per precedente biopsia e 27 (39.1%) pazienti avevano una storia di

pregressa biopsia negativa. Alla MP-MRI, 23 (30.4%), 31 (42%), 16 (21.7%), 4 (5.8%) pazienti avevano

un’area sospetta con PI-RADS score di 2,3,4 e 5 rispettivamente. Di 74, 27 (37%) pazienti aveva una

biopsia positiva; tra questi, 9 (33.3%) era candidabile ad AS. Il riscontro MRI di PIRADS ≤3 era

significativamente più frequente tra i pazienti che avevano una biopsia negativa o positiva per tumore

candidabile ad AS, rispetto ai pazienti con biopsia positiva per PCa non candidabile ad AS [43 (87.8%) vs

10 (52.6%); x2=9.8, p<0.01]. Inoltre, una percentuale maggiore di pazienti nel terzile superiore per età

(>68 aa) aveva un PCa significativo candidabile a trattamento radicale [11 (47.8%) vs 5 (10.4%);

x2=12.4, p=0.00]. Alla multivariata, l'età [OR: 0.88; p=0.02] e la MP-MRI suggestiva per lesione

PIRADS≤3 [OR: 7.8; p<0.01] sono risultati predittori indipendenti di biopsia negativa o di tumore

suscettibile di AS, indipendentemente dal valore di PSA, dalla DRE e dall’avere una precedente biopsia

negativa.

Discussione L’identificazione di pazienti con PCa indolente che potrebbero evitare un trattamento radicale risulta

tutt’ora complesso. In questo contesto, il ruolo della MP-MRI nell’identificazione del paziente con

tumore indolente, prima della biopsia prostatica, è attualmente sotto analisi.

Conclusioni Questi dati mostrano che sino all’87% dei pazienti con alla MP- MRI avevano una biopsia negativa o un

PCa candidabile ad AS. Globalmente, i pazienti più giovani con area sospetta PIRADS≤3 avevano una

maggiore probabilità di non necessitare di trattamento radicale.

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P 58

MULTIDISCIPLINARY MANAGEMENT OF PROSTATE CANCER PATIENTS: THE

PERSTEP DATA

T. Magnani, R. Labianca, S. Baier, V. Baldazzi, S. Barni, C. Barone, P. Bassi, U. Basso, V. Beatrici, L.

Bellardita, F. Bertolotto, E. Bombardieri, R. Bortolus, S. Bracarda, F. Bunkheila, E. Cagna, L. Cazzaniga,

G. Ceresoli, L. Corti, G. D'Agostino, L. Da Pozzo, M. De Angelis, A. Di Grazia, G. Facchini, F. Ferraù,

E. Fragalà, L. Fratino, G. Frezza, G. Gabrielloni, A. Garbeglio, E. Garibaldi, M. Giordano, C. Graiff, A.

Guttilla, R. Hurle, M. Kaelli, A. Lapini, L. Lastrucci, L. Livi, P. Lukas, G. Mantini, L. Marafioti, G.

Martorana, R. Mattioli, E. Micheli, G. Morgia, G. Muto, P. Muto, M. Orsatti, C. Ortega, S. Palazzo, S.

Perdonà, F. Pinto, V. Prati, G. Procopio, A. Pycha, L. Repetto, E. Sarti, G. Scarzello, R. Schiavina, G.

Schinzari, S. Stagni, V. Valentini, R. Valdagni, I. Vavassori, V. Vavassori, F. Ventura, S. Villa, E. Vitali,

V. Zagonel, T. Zani, F. Zattoni, P. Zucali, P. Gabriele, G. Conti (Milano)

Aim of the study Besides promoting the cultural and organizational change to multidisciplinarity, PerSTEP project

supported by the Italian Society for Urologic Oncology (SIUrO) and the Board of Medical Oncology

Directors (CIPOMO) wanted to make a picture of the multidisciplinary activities performed by the

participating centers and start a discussion on the efficacy of the interdisciplinary collaboration in the

management of prostate cancer (PC) patients.

Materials and methods The participating 23 centers were invited to collect and send the data of 3 months’ activity. Nineteen

joined the call and gathered information on: - patients with genito-urinary cancers managed with a

multidisciplinary approach - patients to whom the Multidisciplinary Team changed the stage - patients to

whom the Multidisciplinary Team changed the therapeutic and observational options - patients who had

received partial or incorrect information in previous consultations - patients who required psychological

support

Results The patients with genito-urinary cancers managed with a multidisciplinary approach were 1420. PC

patients were 920. Fourteen centers reported that the multidisciplinary evaluation was effective in a better

definition of the stage (80 cases, 8.7%). Fifteen centers reported that the multidisciplinary approach led to

changing the therapeutic and observational options that patients had received before (153 cases, 12.5%).

Sixteen centers reported that patients had received partial or incorrect information in previous

consultations (197 cases, 21.4%). Ten centers reported that patients asked for psychological support after

the multidisciplinary evaluation (86 cases, 0.9%).

Discussion Despite the limitations of this data collection, PerSTEP centers wanted to see if the interaction of

urologists, radiation oncologists and medical oncologists, supported by other specialists such as

pathologists, psychologists and imaging specialists, could prove effective in the management of PC

patients and confirm the theoretical assumption of the advantages of multidisciplinary working.

Conclusions Further data on the way the centers work are needed to make a more detailed picture and to support these

preliminary interesting results. Further effort will be necessary to promote the cultural and organizational

change towards a multidisciplinary management of PC patients and overcome the barriers towards

multiprofessional team working effective for health professionals and patients. A special thank to

SANOFI for supporting the communication plan of PerSTEP

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MRI-GUIDED TRANSURETHRAL ULTRASOUND ABLATION OF PROSTATE CANCER: 12-

MONTH PRIMARY OUTCOMES OF A PROSPECTIVE PHASE I CLINICAL TRIAL

M. Billia, S. Pahernik, J. Relle, M. Burtnyk, M. Röthke, J. Hafron, H. Schlemmer, J. Chin (Novara)

Aim of the study MRI-guided transurethral ultrasound ablation (TULSA) is a novel minimally-invasive technology for

treatment of prostate cancer aiming to provide local disease control with low morbidity. The ultrasound

device generates conformal volume of thermal ablation, shaped precisely to the prostate using real-time

MRI thermometry feedback control. Aim of this prospective, multi-national phase I study is to determine

safety and feasibility of MRI-guided TULSA

Materials and methods Thirty low-intermediate risk prostate cancer patients (pts) were enrolled: cT1c-T2a, N0, M0;

PSA≤10ng/ml; GS≤3+3 (3+4 in Canada only). Under general anesthesia, the ultrasound device (TULSA-

PRO, Profound Medical Inc) is positioned in the prostatic urethra with MRI guidance. Treatment

planning is performed under MRI visualization with therapeutic intent of conservative whole-gland

ablation, including 3 mm safety margins at periphery and apex. Ultrasound treatment is delivered under

closed-loop continuous MRI thermometry feedback control. Patients recover as outpatients Primary

endpoints are safety and feasibility, with follow-up to 12 months. Clinical monitoring is 5 years,

including serial PSA, TRUS biopsies, IPSS and IIEF

Results No intraoperative complications were observed. Median (5th–95th percentile) treatment time was 36 (24–

54) min and prostate volume 44 (30–89) cc. Spatial control of ablation was ± 1.3 mm and contrast-

enhanced MRI confirmed the resulting conformal non-perfused volume. Complications (CTCAE v4)

included hematuria (14 pts G1; 2 pts G2), urinary tract infections (10 pts G2), acute retention (3pts G1; 4

pts G2; 1 pt G3), and epididymitis (1 pt G3) There were no rectal injuries. Median PSA decreased from

5.8 (2.8 – 8.9) ng/ml to 0.8 (0.1 – 3.2) ng/ml at 1 month (n=30) remaining stable to 0.7 (0.2 – 2.8) ng/ml

at 12 months (n=17). MRI and biopsy findings at 12 months show diminutive prostate volumes, with

average 45% fibrosis. Biopsies are positive in 55% of patients, though with average 62% reduction in

total biopsy core cancer length

Discussion MRI-guidance enables accurate planning, real-time dosimetry and active control of ablation volume

Conclusions Primary outcomes show that TULSA-PRO is safe and precise for prostate ablation, with well-tolerated

side-effect profile. Phase I data are sufficiently compelling to study TULSA-PRO in a larger efficacy

trial, with reduced safety margins

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P 60

PROCEDURE CHIRURGICHE DI DIVERSA COMPLESSITA' PER MALATTIA DI LA

PEYRONIE CON DEFORMITA' DA MODERATE A SEVERE: RISULTATI E

SODDISFAZIONE A LUNGO TERMINE IN UN'ANALISI RETROSPETTIVA

MONOCENTRICA DI OLTRE 120 CASI

M. Preto, C. Ceruti, M. Timpano, O. Sedigh, M. Falcone, M. Lasagna, V. Comisso, M. Sibona, A.

Maurizi, B. Frea, L. Rolle (Torino)

Scopo del lavoro Pazienti (pz) affetti da malattia di La Peyronie (PD) possono giovarsi di un trattamento chirurgico

protesico in caso di Deficit Erettile (DE) non responsiva, grave incurvamento o retrazione. Scopo del

lavoro è confrontare gli outcome dei vari approcci chirurgici su una ampia casistica monocentrica con

follow up a lungo termine.

Materiali e metodi Sono stati analizzati dati di 127 pz (età media 64.5, SD 11.6) affetti da PD e DE sottoposti a chirurgia dal

2004 al 2013. 54pz (gruppo 1, incurvamento medio 47°) sono stati sottoposti a impianto protesico con o

senza modelling, 57pz (gruppo 2, incurvamento 67°) a chirurgia di placca di raddrizzamento, 16pz

(gruppo 3, incurvamento 37.5°, lunghezza media 8,23cm) a intervento di allungamento con sliding

technique. Valutazione preoperatoria: IPP-Questionnaire,IIEF,SEP. Valutazione postoperatoria: a 3,6 e 12

mesi visita,IIEF,EDITS,SEP2,SEP3 e domande "ad hoc" Statistica: T test, chi-square test(SAP) Protesi

impiantate: AMS 700 in 79 casi, protesi malleabile o AMS Spectra in 28 casi, Virilis in 20 casi.

Risultati 10 pz (7,8%) hanno riportato complicanze Clavien I (ematoma penieno, escara del glande); 1 pz è stato

sottoposto a revisione chirurgica per cedimento apicale a 1 anno. Nessun pz ha dimostrato incurvamento

recidivo. IPP-Q medio è sceso dal valore preoperatorio di 43.5 a 8.3 (p<0.05); IIEF è salito da 37.2 a 48,

57, 62 (a 3, 6, 12 mesi,p<0.05);EDITS è risultato 29, 36, 41 (a 3, 6, 12 mesi, p<0.05). In tabella alcune

variabili divise per i 3 tipi di intervento (analisi univariata) Variabile Unità Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3

significatività Dolore VAS medio 3,4 4,5 4,5 ns post op. Ematom % 10 33 19 s Lunghezza cm 11,2 11,6

11,5 ns pene EDITS Punteggio 41 40 48 s medio SEP 2 % risposte 95 89 94 ns positive SEP3 " 74 76 94

ns Giudica 88 93 94 s soddisfacente la lunghezza? La qualità di 76 78 94 s vita in generale è migliorata?

Rifarebbe 73 64 94 s l'intervento? Miglioramento 25 23 35 s a 12 mesi Differenza media Miglioramento -

34 -37 -32 ns IPP-Q

Discussione 1)La chirurgia protesica per PD è sicura ed efficace 2)I punteggi ai questionari migliorano nei mesi dopo

l’intervento: una corretta valutazione va fatta non prima di 12 mesi 3)Gli interventi più complessi,

riservati a pz con situazioni di grave incurvamento e retrazione,si dimostrano sicuri, efficaci e con grado

di soddisfazione addirittura maggiore degli interventi più semplici

Conclusioni I diversi approcci chirurgici proposti per la PD si sono dimostrati sicuri ed efficaci nel trattare questa

condizione patologica con migliori risultati in termini di soddisfazione per i pazienti con quadri clinici di

partenza maggiormente complessi sostenuti dalla PD.

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P 61

CARBOXYTHERAPY: NEW CONSERVATIVE APPROACH IN PEYRONIE'S DISEASE

F. Muzi, G. Delicato, D. D'Andria, G. Baffigo, A. Perla, S. Signore, F. Corvese, E. Tartaglia, G.

Montagna, G. Tati (Roma)

Aim of the study Peyronie’s disease (PD) is an acquired disorder of tunica albuginea characterized by penis plaques of

fibrous tissue. Inflammatory cells produce oxygen radicals (ROS) initiating a chain of biochemical events

leading to fibroblast proliferation and collagen apposition.The principal protein involved is NF-kB.

Clinical studies have indicated that altered CO2 levels can impact upon inflammation progression. The

objective of the study is an initial practical demonstration that CO2 could realize sensibile reduction of

oxydative phenomena of ROS in PD with a consequent sensibile clinical improvement of symptoms.

Materials and methods We have tried carboxytherapy, by using sovrapubic subcutaneous injections of sterile CO2 gas in 20

patients aged from 40 to 65, affected by PD. After the cycle of treatment of 10 weekly applications.

Results We have observed in all patients a subjective reduction of penile deviation, an improvement of quality of

erections and a sensible reduction of plaque dimension, documented by ultrasound controls and IIEF

questionary before and after the end of cycle. Carboxytherapy has no side effects and its management is

very easy and well tolerated also with stability of results after 3 month follow up.

Discussion Peyronie’s disease (PD) is an acquired disorder of tunica albuginea characterized by the formation of

plaques of fibrous tissue often associated to symptoms like erectile dysfunction (ED) and coital pain. The

inflammatory process is unknown, even if it is known that Activated inflammatory cells produce many

radicals of Oxygen (ROS), leading to fibroblast proliferation and collagen synthesis. Endothelian

dysfunction is responsible of inflammatory chain reaction in which an inflammatory protein, NF-kB

seems involved in ROS synthesis. Conservative treatments (laser, ultrasound, iono/iontophoresis) seem to

have poor therapeutic effects in PD. Clinical studies have indicated that altered CO2 levels can impact

upon disease progression. CO2 levels can be sensed by cells resulting in the initiation of pathophysiologic

responses with a sensibile reduction of oxydative phenomena (Bohr/Haldane). We should consider co2 as

a powerful antioxidant against endothelian dysfunction and oxydative stress. NF-kB is a target of CO2

antioxidant power.

Conclusions Preliminary qualitative results could encourage an extended use of carboxytherapy in PD treatment may

be associated to other conservative methods

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PUò LA TECAR (TRATTAMENTO ENERGETICO CAPACITIVO RESISTIVO) TERAPIA

AVERE UN EFFETTO TERAPEUTICO SULLA MALATTIA DI LA PEYRONIE? STUDIO DI

FASE 2, RANDOMIZZATO, IN SINGOLO CIECO, CON GRUPPO DI CONTROLLO SHAM SU

96 PAZIENTI: RAPIDA RIDUZIONE DEL DOLORE.

C. Pavone, N. Dispensa, G. Caruana, E. Napoli, F. D'Amato, S. Romeo (palermo)

Scopo del lavoro Abbiamo avviato uno studio di fase 2 randomizzato in singolo cieco con gruppo di controllo sham per

valutare gli effetti terapeutici della TECAR terapia sulla malattia di La Peyronie (IPP).

Materiali e metodi 96 pazienti randomizzati in un rapporto 2:1 sono stati suddivisi in 2 gruppi (trattamento vs sham) e

sottoposti a 3 sedute di TECAR terapia in 3 giorni consecutivi. Prima del primo trattamento (V1) e ad 1

(FU1), 3 (FU3) e 9 (FU9) mesi dal termine del trattamento abbiamo valutato il dolore (spontaneo o in

erezione) tramite VAS (visual analogue scale), il grado di curvatura peniena misurando l’angolo di

curvatura peniena con un goniometro utilizzando l’autofotografia peniena e la capacità erettile (IIEF-5)

dei componenti di entrambi i gruppi.

Risultati L’analisi statistica è stata effettuata con il test T-student. Una significatività statistica è stata assunta a un

p ≤ 0,05. Tutti i dati sono stati analizzati con software statistico SocialScienceStatistics. In nessun

soggetto di entrambi i gruppi si è ottenuta una riduzione della curvatura peniena statisticamente

significativa. Già al termine della sessione di trattamento, confermata poi a FU1, si è riscontrata una

riduzione di almeno 2 punti VAS (p < 0.01) del dolore in 37 (58 %) dei pazienti del gruppo trattato. Nel

gruppo sham, al contrario, la riduzione del dolore non ha mostrato alcuna validità scientifica (p 0.23). Nel

gruppo trattato rispetto al gruppo sham, abbiamo ottenuto un miglioramento del punteggio IIEF-5, seppur

non statisticamente significativo (p 0.06). I dati ottenuti a FU1, sono sovrapponibili a quelli ottenuti a

FU3 e a FU9, in entrambi i gruppi. La compliance è stata elevata: tutti i pazienti hanno portato a termine

il trattamento. Nessun paziente ha riportato eventi avversi.

Discussione Scopo primario del nostro studio era quello di trovare una terapia efficace e scevra da effetti avversi per

l’IPP. La TECAR, metodica di facile esecuzione e ben tollerata dai pazienti, ha dato eccellenti risultati

per il trattamento di patologie fibrotiche del tessuto connettivo. Abbiamo utilizzato lo stesso protocollo

terapeutico utilizzato per la cura della malattia di Dupuytren. Dopo uno studio di fase 1 condotto al fine di

valutare la sicurezza e la tollerabilità del trattamento, abbiamo avviato uno studio di fase 2 randomizzato

a singolo cieco con gruppo sham per la valutazione dell’efficacia del trattamento. I risultati ottenuti hanno

evidenziato un’efficacia solamente nella riduzione del dolore. Questo potrebbe essere l’inizio di una

nuovo protocollo randomizzato TECAR vs antinfiammatorio relativamente alla riduzione del dolore.

Conclusioni Questo è il primo studio randomizzato singolo cieco, con gruppo sham, che dimostra l'efficacia della

TECAR nel ridurre rapidamente il dolore nell’IPP. La facilità di esecuzione e la tollerabilità del

trattamento lo rendono un’attraente nuova opzione terapeutica per i pazienti affetti da IPP.

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TRATTAMENTO DELL’IPP MEDIANTE AC. JALURONICO: DATI PRELIMINARI DI UNO

STUDIO MULTICENTRICO

L. LEPRI (PERUGIA)

Scopo del lavoro Presentiamo il primo studio multicentrico prospettico non-randomizzato (studio pilota) riguardo l’utilizzo

dell’acido jaluronico nel trattamento della Malattia di La Peyronie. Come end-point primari sono stati

valutati la riduzione delle dimensioni della placca di fibrosi, del recurvatum e del quadro sintomatologico

complessivo.

Materiali e metodi Da dicembre 2012 a Marzo 2014 abbiamo sottoposto 30 pazienti affetti da Malattia di La Peyronie ad

infiltrazioni intra-lesionali di ac. jaluronico (Sinovial® 0.8 % 16 mg/2ml - IBSA). Tutti i pazienti

presentavano sintomatologia dolorosa durante le erezioni ed almeno una placca era palpabile all’esame

obiettivo. Una lieve disfunzione erettile era presente in 10 pazienti (33% con IIEF score < 21). La

valutazione delle placche di fibrosi veniva effettuata mediante ecografia peniena in condizioni di

flaccidità e dopo farmaco-erezione. La condizione soggettiva del paziente veniva infine valutata mediante

VAS scale e questionario PGI-I

Risultati Ad un follow-up medio di 12 mesi le dimensioni della placca risultavano significativamente ridotte nel

67% dei casi (p<0.001) e la curvatura era migliorata nel 55%. Solo in 3 casi c’è stata una progressione

della curvatura. I risultati dell’IIEF e della VAS scale sono migliorati significativamente dopo il

trattamento (p=0.001; p<0.0001). Il 76% dei pazienti ha comunque riportato un evidente miglioramento

soggettivo al questionario PGI-I.

Discussione Il ruolo dei differenti presidi farmacologici nella Malattia di La Peyronie deve ancora essere determinato

Conclusioni Questo studio dimostra come l’ac. jaluronico rappresenti oggi una valida alternativa nel trattamento

farmacologico iniettivo per il trattamento della Malattia di La Peyronie.

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RISULTATI ESTETICI E FUNZIONALI E SODDISFAZIONE DEL PAZIENTE DOPO

CORPOROPLASTICA CON INCISIONE DI PLACCA ED INNESTO DI PERICARDIO

BOVINO

A. Benelli, M. Ennas, A. De Rose, T. Diemer, W. Weidner, G. Carmignani, A. Simonato (Genova)

Scopo del lavoro Lo scopo del lavoro è determinare la soddisfazione a lungo termine di pazienti con malattia di La

Peyronie sottoposti a corporoplastica con incisione di placca secondo Egydio ed innesto di pericardio

bovino e studiare i fattori che ne influenzano i risultati

Materiali e metodi Abbiamo selezionato 107 pazienti sottoposti fra il 2010 e il 2014 a corporoplastica. E’ stata eseguita una

valutazione preoperatoria standard dopo iniezione intracavernosa di 10 ug di Prostaglandina E1 con

studio oggettivo di: incurvamento, lunghezza del pene e sistema vascolare. L’intervento è stato proposto

ai pazienti con malattia stabile da almeno 6 mesi. Per valutare la soddisfazione è stato inviato a tutti un

questionario con nove domande su aspetti cosmetici e funzionali più una versione dell’indice

internazionale della funzione erettile (IIEF5). Abbiamo studiato con analisi multivariata l’influenza di

alcuni fattori sulla soddisfazione: età, severità della curvatura, utilizzo postoperatorio di un vacuum

device, terapia postoperatoria giornaliera con inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE5), IIEF5

postoperatorio, accorciamento del pene

Risultati L’età media della popolazione è di 57.8 ± 8.4 anni. 85 pazienti (79%) presentavano una curvatura severa

(>60°) con singola deviazione dorsale. La curvatura media era 72.8°. In tutti i pazienti è stata

documentata intraoperatoriamente una risoluzione della curvatura con un angolo residuo <10°. Un totale

di 79 pazienti ha risposto al questionario ad un follow-up medio di 35 mesi. 59 pazienti (75%) sono

risultati soddisfatti. 23 pazienti hanno usato il vacuum e 35 il vacuum in combinazione con inibitori di

PDE5 con percentuali di soddisfazione del 65.2 e 80%. L’accorciamento penieno medio dopo chirurgia è

risultato 1.2 cm. Dopo analisi statistica abbiamo identificato come fattori predittivi positivi per la

soddisfazione l’uso postoperatorio di inibitori di PDE5 (p=0.044) e un elevato punteggio all’IIEF5

(p=0.005)

Discussione La soddisfazione del paziente rimane l’obbiettivo principale del chirurgo dopo il trattamento di un difetto

estetico e funzionale che può fortemente influenzare la qualità di vita. L’uso di inibitori di PDE5 sembra

avere effetto positivo sulla soddisfazione; così come un elevato risultato all’IIEF5; l’accorciamento del

pene sembra essere invece ininfluente. I dati dimostrano che l’estetica non è un obbiettivo fondamentale

per i pazienti a condizione che l’aspetto funzionale venga mantenuto. Questo risultato è ragionevole se

consideriamo che ciò che maggiormente porta i pazienti alla nostra attenzione è la difficoltà nei rapporti

sessuali; la restituzione di una normale attività sessuale rimane l’aspettativa principale

Conclusioni I nostri risultati dimostrano che l’incisione della placca secondo Egydio con innesto di pericardio bovino

ha buoni risultati funzionali ed estetici. Fondamentale per la soddisfazione postoperatoria è il

mantenimento della funzione erettile. L’accorciamento del pene sorprendentemente non sembra

influenzare la soddisfazione

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SINGLE-CENTER EXPERIENCE WITH 27 CASES OF CONGENITAL CURVATURE

TREATED WITH MODIFIED TUNICA ALBUGINEA PLICATION (M-TAP) PROCEDURE : A

MID-TERM FOLLOW-UP.

M. Capece, G. Romeo, A. Ruffo, A. Russo, G. Celentano, F. Iacono (Napoli)

Aim of the study Tunica albuginea plication (TAP) procedure is a surgical technique usually performed for patients

affected by Peyronie’s Disease. The aim of the study is to evaluate the outcome of the mid-term follow-

up in patients affected by congenital curvature who underwent corporoplasty-straightening with modified

tunica albuginea plication (M-TAP) procedure.

Materials and methods Between 2012 and 2013 , a total of 27 patients affected by congenital curvature underwent corporoplasty-

straightening surgery using M-TAP described by Levine. Differences of techniques were performed

depending on the type of curvature. We followed up the patients on all the correction of the curvature for

at least 2 years. The outcome we evaluated were : sexual function, penile shortening, penile sensation,

post-operative complications and long-term complications.

Results Twenty-six out of 27 patients have 24 months follow-up. One patient dropped out of the study. Complete

correction of the curvature was obtained in 100% of the cases. All patients had a penile shortening ( from

0.5 to 1.3 cm), but all patients had good erectile function (IIEF-5 > 21 after 6 months and IIEF-5>23 after

2 years). Only one patient who had ventral curvature reported loss of glans sensitivity till 1 year after the

operation, but slowly recovered thereafter. 26 out of 27 patients had sexual intercourse during 2 years

follow-up gaining a good result.

Discussion Corporoplasty using M-TAP to correct congenital curvature is a feasible and safe procedure whose good

results are maintained after 2 years follow-up. It is a procedure that can be applied to any type of

curvature, since previously is described to correct penile deformities due to Peyronie’s disease.

Conclusions The M-TAP procedure appears to satisfy the goals of penile straightening for men with mild-to-moderate

deformity with minimal risk of surgically induced ED. In many center it's already the procedure of choice

for correction of Peyronie's Disease, but it definitely can be used also in congenital curvature deformities.

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URETROPLASTICA “URETHRA-SPARING” NELLE STENOSI BULBARI STRETTE

TRAMITE AMPLIAMENTO SU DUE LATI CON INNESTO DORSALE DI CUTE

PREPUZIALE PIù INNESTO VENTRALE DI MUCOSA BUCCALE.

E. Palminteri , E. Berdondini , M. Florio , G. Cucchiarale , G. Milan , F. Valentino , G. Di Pierro , G.

Franco (Arezzo-Torino)

Scopo del lavoro Riportiamo la nostra esperienza iniziale nel trattamento delle stenosi bulbari particolarmente strette

tramite ricostruzione “urethra-sparing” con ampliamento bilaterale del lume uretrale mediante innesto

dorsale di cute prepuziale (CP) più innesto ventrale di mucosa buccale (MB)

Materiali e metodi Tra il 2006 ed il 2012, 26 pz affetti da stenosi bulbari strette (ampiezza del piatto uretrale residuo <3 mm)

sono stati sottoposti ad uretroplastica. Tramite un’uretrotomia ventrale, la ricostruzione uretrale su

entrambi i lati è stata effettuata evitando la sezione trasversale a tutto spessore dell'uretra ed ampliando il

piatto uretrale risparmiato con un innesto dorsale di CP più un innesto ventrale di MB. L'obiettivo

primario è stato il risultato urinario oggettivo, definito come assenza di recidiva della stenosi, senza

necessità di procedure postoperatorie, incluso le dilatazioni. La funzionilità sessuale postoperatori è stata

valutata tramite un questionario validato

Risultati Il follow-up medio è stato 30.1 mesi (range: 12-79). La lunghezza media della stenosi è stata di 3.3 cm

(range: 1.5-6). La lunghezza media dell'innesto dorsale di CP e di quello ventrale di MB è risultata

rispettivamente 3.2 cm (range: 2-7) e 4.9 cm (range: 4-6). Su 26 casi, 23 (88.5%) sono stati i successi e 3

(11.5%) i fallimenti. Su 12 pz sessualmente attivi pre-operatoriamente, nessuno ha riportato

curvatura/accorciamento penieno, disfunzioni o insoddisfazione riguardo l'erezione dopo l’intervento;

l'attività sessuale è rimasta inalterata dopo la chirurgia

Discussione Tradizionalmente, le stenosi dell’uretra bulbare brevi e/o obliteranti sono trattate tramite escissione della

stessa ed anastomosi termino-terminale, mentre quelle più lunghe e/o non-obliteranti sono trattate tramite

uretroplastica con l’ausilio di patch preferibilmente di MB. Tuttavia, poiché la tecnica anastomotica è in

grado di compromettere la funzione sessuale a causa della sezione e/o accorciamento uretrale, sono state

proposte nuove tecniche. Con questo proposito, abbiamo recentemente descritto una tecnica uretra-

sparing con l’impiego di un innesto di MB su entrambi i lati senza sezionare ed accorciare l'uretra al fine

di ottenere un adeguato ampliamento uretrale ed evitare complicazioni sessuali. Tuttavia, l'innesto di MB

prelevato può non essere sufficiente, costringendo così a prelevare un secondo innesto dalla guancia

controlaterale. Nel tentativo di ottenere un adeguato aumento uretrale senza il disagio di un prelievo

bilaterale, in questi casi abbiamo preferito utilizzare un innesto di MB ventrale e uno di CP dorsale

dimostrando come la tecnica sia efficace e senza effetti negativi sulla funzionalità sessuale

Conclusioni Nelle stenosi bulbari strette l'uretroplastica di ampliamento bilaterale con innesto dorsale di CP più

innesto ventrale di MB fornisce un efficace ricostruzione semi-circonferenziale preservando il piatto

uretrale e senza impatto sulla funzione sessuale

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ONCOLOGICAL OUTCOMES OF SALVAGE HIGH INTENSITY FOCUSED ULTRASOUND

OF RADIO-RECURRENT PROSTATE CANCER: RESULTS OF A PROSPECTIVE PHASE II

CLINICAL TRIAL

M. Billia, MD, K. Siddiqui, C. Goodman, J. Izawa, A. Al-Zharani, J. Chin (London Ontario, Canada)

Aim of the study Salvage high intensity focused ultrasound (s-HIFU) is a potentially curative minimally invasive treatment

via ablation of radio-recurrent prostate cancer (rr-PCA). The aim of this phase II clinical trial was to

prospectively assess effectiveness, morbidity and oncological outcomes of s-HIFU on rr-PCa patients at a

tertiary referral center

Materials and methods Men aged 40-85 with biopsy-proven non-metastatic rr-PCa underwent s-HIFU with Sonablate-500 system

and underwent 12-core TRUS biopsy(Bx) at 6 months. Demographics, histology, complications, PSAs,

IPSS, IIEF-5 and SF-36 scores were recorded. Treatment failure was identified by Bx positive for PCa

and/or biochemical failure, as per Phoenix criterion (PSA nadir+2ng/mL). Primary endpoint was

persistence of disease at 6 months Bx. Secondary endpoints included QoL, biochemical recurrence-free

(BRFS), metastasis-free (MFS), overall (OS) survivals and progression to ADT. Survival analysis was

carried out according to Kaplan-Meier. T-student and χ2 tests were used for continuous and grouped data,

respectively (SPSSv.17, p<0.05)

Results Results: Seventy-eight men underwent 82 procedures with a median operative time of 135 min. Median

age, ASA score and age-adjusted Charlson comorbity index were 69 yr, 3 and 5, respectively. Prior to

HIFU, 17 men (21.7%) received ADT. At 6 months, of 71 men who underwent Bx, 24 (33.8%) had

residual disease. With a mean follow-up of 47.8 months, 48.7% of patients did not require additional

therapies, whereas 41 men (52.8%) have failed s-HIFU either due to residual disease at histology (24)

and/or to biochemical failure (17). ADT following s-HIFU was initiated in 21 patients (26.9%) at a

median of 11 months. Twenty-nine patients (37.2%) have been followed for >5 yr. Overall, 5 patients

(6.4%) died during follow-up from PCa (1) or other causes (4), and 4 (5.1%) are alive with bone

metastases. BRFS, MFS and OS at 5yr were 65.5%, 93% and 96.5% respectively. IPSS score

significantly increased (7.3vs11.7, p<0.001) while IIEF-5 score decreased (8.6vs5.4, p<0.001) at 6

months. No significant changes of SF-36 scores were observed (102.5vs101.6, p=0.53). There were 3

Clavien IIIb (recto-urethral fistulas, 3.8%) and 1 Clavien IVa (bladder rupture requiring laparotomy,

1.3%) events.

Discussion The treatment of locally rr-PCa can still offer a chance of cure albeit at the increased cost of

complications, especially when salvage radical prostatectomy is concerned. Minimally-invasive energy-

based ablation modalities provide lower morbidity profile over surgery.

Conclusions S-HIFU is a viable treatment option for rr-PCa even for men who are aged and with comorbidities,

providing relatively good local disease control.

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LONG-TERM MORBIDITY AND ONCOLOGICAL OUTCOMES OF SALVAGE

CRYOTHERAPY OF RADIO-RECURRENT PROSTATE CANCER

M. Billia, MD, K. Siddiqui, C. Goodman, A. Williams, J. Chin (London Ontario, Canada)

Aim of the study Locally radio-recurrent prostate cancer (rr-PCa) can offer a chance of cure albeit with potential

morbidities. Current salvage treatment options include radical surgery and minimally-invasive ablative

modalities such as HIFU and cryosurgery (s-cryo). Current data suggests that s-cryo can achieve disease-

free survival (DFS) rates up to 60% at 5yr. However, the majority of data is based on retrospective

analysis with midterm follow-up and there is still paucity of data on long-term outcomes. The aim of this

study was to analyze morbidity and oncological outcomes, with median follow-up 10 years, of s-cryo on

rr-PCa patients at an academic center

Materials and methods From January 1995 to December 2004 a prospective phase II clinical rial on s-cryo was conducted. A

total of 187 patients with localized biopsy proven rr-PCa underwent s-cryo at our center. Two freeze-thaw

cycles of transperineal cryo were performed under TRUS guidance by a single surgeon. Patients’

preoperative, perioperative, and postoperative features were reviewed from a prospectively maintained

database. Complications were graded according to the Common Terminology Criteria for Adverse Events

(CTCAE) system v2.0. Recurrence was defined using the Phoenix definition (nadir + 2ng/ml) as well as

any radiologic, histologic, or clinical evidence of recurrent PCa. DFS was defined as the time period from

s-cryo to date of recurrence. Primary outcome was survival. Secondary outcomes included morbidity and

DFS. Statistical analysis was carried out using Kaplan-Meier method for survival and t-student and χ2

tests for continuous and grouped data, respectively (SPSSv.17, p<0.05).

Results Of 187 patients, 176 (94%) had records available for follow-up. Mean age was 69.6±5.9 yr and mean pre-

salvage PSA was 6.6±5.7 ng/ml. Mean follow-up was 123±55 mo. Fifty-three and 11 patients were

followed >10 and >15 yr respectively. Overall, 39 patients (20.9%) died during follow-up either due to

PCa (9) or other causes (30). DFS at 10 yr was 39%. Four patients (2.1%) developed recto-urethral fistula

(successfully repaired), and 13 patients (7%) had bladder neck contracture requiring urethrotomy. Acute

urinary retention requiring Foley catheter was observed in 40 cases (21.4%) and severe gross hematuria

requiring bladder washout was recorded in 21 (11.2%).

Discussion Currently available evidence on s-cryo are mainly extrapolated from retrospective studies with a short

follow-up. There is still paucity o data on long-term outcomes assessed in a prospective manner.

Conclusions S-cryo is a viable minimally invasive treatment option for rr-PCa. Reasonable long-term DFS with

acceptable morbidity can be achieved in a significant portion of patients with rr-PCa.

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CRIOABLAZIONE FOCALE NEL TUMORE PROSTATICO LOCALIZZATO DOPO

FALLIMENTO RADIOTERAPICO PRIMARIO: STUDIO PILOTA.

P. Juarez, P. Castellan, F. Pisano, J. Palou, S. Esquena, A. Breda (Barcelona, Spain)

Scopo del lavoro la scelta del trattamento nel tumore di prostata dopo fallimento della radioterapia rappresenta ancora una

sfida. In questo studio pilota prospettico abbiamo analizzato il possibile ruolo della crioablazione focale

nel trattamento delle recidive localizzate e limitate ad un solo lobo.

Materiali e metodi Tra Gennaio 2012 e Giugno 2014, sono stati sottoposti a emi-crioablazione focale 14 pazienti con età >65

anni ed affetti da tumore prostatico monolaterale localizzato. Sono stati inclusi pazienti con risonanza

magnetica (MR) positiva monolaterale seguita da biopsia prostatica concorde, o MR negativa ma biopsia

positiva monolaterale (minimo 12 prelievi). Abbiamo inoltre considerato come criteri di inclusione la

presenza di un PSA<10ng/ml e l’assenza di estensione extraprostatica e/o metastasi. I pazienti sono stati

seguiti con un PSA ogni 3 mesi e una biopsia prostatica di protocollo a 6 mesi. I risultati oncologici e

funzionali sono stati analizzati.

Risultati sono stati sottoposti a emi-crioablazione 14 pazienti con età media di 71 anni e PSA medio, al momento

della recidiva, di 5,2 ng/ml. 8 pazienti (57%) presentavano concordanza tra MR e biopsia mentre i restanti

6 avevano MR negativa ma biopsia positiva monolaterale. Non è stato posibile calcolare il Gleason Score

(GL) in 10/14 dei casi a causa degli artefatti da radiazioni, sebbene il 90% dei pazienti avesse un GL <8

prima della radioterapia. Un paziente presentava un singolo prelievo GL 6 e tre pazienti avevano una

ricorrenza monolaterale GL 7. Il follow-up medio è stato di 15 mesi con un PSA medio di 1,0 ng/ml e

nessuna ricorrenza biochimica ad oggi (secondo il criterio Phoenix). Nella biopsia di protocollo, un

paziente (7%) mostrava minima persistenza della malattia nello medesimo lobo trattato, con un PSA

stabile. E’ stata registrata assenza di complicanze intraoperatorie; sono state riportate due complicazioni

post-operatorie. 13 pazienti su 14 (93%) erano continenti dopo rimozione del catetere vescicale e 4/14

(28,5%) rimanevano potenti.

Discussione il ruolo della emiablazione focale dopo fallimento radioterapico è ancora da definire. I dati in nostro

possesso evidenzano come la crioterapia possa considerarsi una procedura sicura che consente di ottenere

buoni risultati oncologici. La crioterapia inoltre può essere eseguita in regime di day surgery riducendo

quindi i costi relativi ad un eventuale ricovero.

Conclusioni La crioterapia focale, nel contesto del trattamento di salvataggio del tumore prostatico, sembra essere

sicura in pazienti selezionati. I risultati oncologici sono incoraggianti ma necessitano di ulteriori indagini.

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LINFOADENECTOMIA DI SALVATAGGIO PER RECIDIVA LINFONODALE DA TUMORE

PROSTATICO: QUALI PAZIENTI BENEFICIANO DI QUESTO APPROCCIO?

N. Suardi, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, V. Cucchiara, P. Dell'Oglio, S. Luzzago, A. Gallina,

M. Picchio, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro La linfoadenectomia pelvica e retroperitoneale di salvataggio (sLND) potrebbe ritardare la recidiva

clinica e l'uso di terapie sistemiche in pazienti con progressione biochimica (BCR) e recidiva linfonodale

di tumore prostatico (PCa). L’obiettivo dello studio è individuare i candidati ottimali per questa modalità

di trattamento

Materiali e metodi Tra il 2002 e il 2014, 119 pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico di linfoadenectomia di

salvataggio (sLND) per recidiva biochimica (BCR) dopo prostatectomia radicale. Tutti hanno eseguito

una PET/TC con colina con captazione del tracciante nei linfonodi pelvici e/o retroperitoneali. La risposta

biochimica (BR) al trattamento è stata definita con un PSA minore di 0,2 ng/ml dopo 40 giorni

dall’intervento. Per definire la recidiva clinica (CR) sono stati utilizzati gli esiti delle scintigrafie ossee

e/o PET/TC con colina effettuate dopo sLND. L’analisi di Kaplan-Meier ha valutato il tempo alla BCR e

alla CR dopo sLND. L’analisi di regressione multivariata ha identificato i pazienti a maggior rischio di

sviluppare una CR entro 2 anni dalla sLND

Risultati Il follow-up dopo sLND è di 48,0 mesi. 37 pazienti (43%) hanno raggiunto una BR. Il tasso di

sopravvivenza senza BCR nei pazienti che hanno raggiunto una BR è del 48,8%. I tassi di sopravvivenza

cancro-specifica e di sopravvivenza senza CR a 5 anni sono rispettivamente dell’86,8 e del 28,6%. I tassi

di sopravvivenza senza CR a 5 anni dopo sLND sono del 50,2% nei pazienti con BR rispetto al 13,1% nei

pazienti in cui non è stata raggiunta una risposta biochimica (p <0.001). La recidiva clinica è stata rinviata

per 2 o più anni nel 53,2% dei pazienti. I pazienti che hanno sviluppato una CR entro 2 anni

dall’intervento hanno mostrato bassi tassi di sopravvivenza cancro specifica (CSM) a 5 anni rispetto a

coloro i quali non l’hanno sviluppata (70.8 vs 94.0%, rispettivamente; p = 0.03). L’analisi multivariata ha

evidenziato che un PSA maggiore di 4 ng/ml (OR: 3.65; p = 0.04) e la radioterapia dopo prostatectomia

radicale (OR: 6.69; p = 0.01) sono associati ad un rischio più elevato di recidiva clinica precoce. Tali

risultati sono stati ottenuti tenendo conto del sito di positività alla PET/TAC, del tempo di BCR dopo RP

e dello stadio linfonodale (pN) dopo la prostatectomia radicale

Discussione Abbiamo studiato la più grande coorte di pazienti sottoposti a sLND per recidiva linfonodale di PCa, con

l’obiettivo di identificare i candidati ottimali per questa modalità di trattamento

Conclusioni Una percentuale significativa di pazienti sottoposti ad intervento di salvataggio mostra una risposta

biochimica (BR) completa e circa la metà di loro non svilupperà una recidiva biochimica a 5 anni di

follow-up. La recidiva clinica è ritardata di 2 o più anni in circa il 50% dei pazienti. I pazienti con PSA

maggiore di 4 ng/ml, sottoposti a radioterapia adiuvante non traggono benefici da tale trattamento. Questi

individui potrebbero essere candidati ad altri approcci terapeutici sistemici

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SOPRAVVIVENZA A LUNGO TERMINE DEI PAZIENTI TRATTATI CON

PROSTATECTOMIA RADICALE PER TUMORE DELLA PROSTATA CON METASTASI

LINFONODALI: UN’ANALISI DI SOPRAVVIVENZA CONDIZIONATA MULTI-

ISTITUZIONALE

R. Koussa, M. Moschini, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Bianchi, V. Cucchiara, P. Dell'Oglio, A. Gallina,

C. Cozzarini, N. Di Muzio, R. Karnes, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Il tumore prostatico con metastasi linfonodali è sempre stato considerato una malattia sistemica. Tuttavia,

abbiamo ipotizzato che non tutti i pazienti abbiano una pessima prognosi a lungo termine. Per testare

questa ipotesi abbiamo analizzato la più grande serie di pazienti con linfonodi positivi con un lungo

follow-up

Materiali e metodi Abbiamo valutato 1,947 pazienti con metastasi linfonodali trattati con prostatectomia radicale e

linfadenectomia estesa operati in due centri tra il 1986 e il 2013. Solo i pazienti operati prima del 1996

sono stati inclusi (n=597). Inizialmente abbiamo stimato il tempo alla recidiva biochimica, il tempo

all`insorgenza delle metastasi e il tempo alla morte per tumore della prostata con il sistema Kaplan Meier.

Successivamente, con la regressione di Cox abbiamo valutato il rischio di incorrere in recidive

biochimiche, metastasi e morte per tumore della prostata, quindi abbiamo svolto un’analisi di

sopravvivenza condizionale

Risultati Il tempo mediano di follow up e` di 170 mesi. Il numero medio di linfonodi rimossi e positivi sono 15 e 2,

rispettivamente. A 10, 15 e 20 anni, i tassi di pazienti liberi da recidive biochimica, metastasi e di

mortalità da tumore della prostata sono 43.4, 37.9, e 33.2, 78.1, 69.4 e 63.9% e 84.0, 74.8 e 69.9%,

rispettivamente. All`analisi multivariata, il numero dei linfonodi positivi (Hazard Ratio [HR]: 1.3),

Gleason score 8-10 (HR 1.5), e radioterapia adiuvante (HR 0.7) sono predittori significativi di recidiva

biochimica (tutte p≤0.04). Il numero dei linfonodi positivi (HR 1.6), il tempo alla recidive biochimica

(HR 0.99) e la radioterapia adiuvante (HR:0.7) sono associati significativamente al rischio di sviluppare

metastasi (tutte p≤ 0.04). All`analisi multivariate predicendo la morte per tumore della prostata, i margini

positivi, il Gleason score 8-10, il tempo alla metastasi e la radioterapia adiuvante sono dei predittori

significativi (tutte p≤0.02). Tra gli uomini che sono sopravvissuti senza recidive biochimica per ≥5, ≥10,

e ≥15 anni dopo prostatectomia radicale, la possibilità di sopravvivere per altri 5 anni senza recidive

biochimica era di 75.8, 87.2 e 89.1%. I pazienti senza recidive biochimica di malattia, a 10, 15 e 20 anni il

tasso di recidive sono stati 54.8, 49.6 e 45.1%. tra i pazienti che non hanno sviluppato metastasi entro ≥5,

≥10 e ≥15 anni dopo recidiva biochimica, la probabilità di sopravvivere altri 5 anni senza metastasi erano

81.4, 90.4 e 91.7%. Nei pazienti con metastasi, a 5, 10 e 15 anni i tassi di mortalità cancro specifica erano

del 24.3, 13.0 e 10.8%. Tra i pazienti che sono sopravvissuti per ≥5 e ≥10 anni dopo metastasi, la

possibilità di sopravvivere per altri 5 anni era di 53.4 e 83.3%.

Discussione Anche i pazienti con metastasi linfonodali per tumore della prostata possono avere una sopravvivenza a

lungo termine

Conclusioni I pattern di recidiva e morte sono legati al tempo intercorso dopo la prostatectomia senza incorrere in

recidive

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IL VALORE DEL PRIMO PSA POST-OPERATORIO DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE

è UNO DEI PRINCIPALI INDICATORI DI PROGRESSIONE E SOPRAVVIVENZA NEI

PAZIENTI CON METASTASI LINFONODALI.

A. Nini, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'oglio, S. Luzzago, V. Scattoni, C.

Doglioni, M. Freschi, R. Lucianò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro E' stato dimostrato che l’outcome dei pazienti con invasione linfonodale (LNI) dopo prostatectomia

radicale (RP) per tumore della prostata (PCa) non è sempre infausto. Il numero dei linfonodi positivi è un

indicatore predittivo di sopravvivenza. Tuttavia, altri elementi possono influenzare l’outcome.Una

completa risposta biochimica(BR)subito dopo chirurgia, potrebbe dar conto del controllo sulla malattia.

L’obiettivo di questo studio è valutare il significato prognostico del primo PSA post-operatorio in pazienti

con LNI alla RP

Materiali e metodi Abbiamo identificato 1,004 pazienti con LNI trattati con RP e linfoadenectomia pelvica estesa

(ePLND)per PCa in un singolo centro (1991-2013). Sono stati inclusi soltanto i pazienti con dati completi

del valore del PSA a 6 settimane dopo intervento(n=319). I pazienti sono stati suddivisi in base al valore

del PSA a 6 settimane dopo RP in due gruppi: i pazienti con BR (PSA<0.1 ng/ml) e i pazienti con PSA

post-operatorio non azzerato (PSA≥0.1 ng/ml). Le informazioni cliniche e patologiche, così come i dati di

follow up erano disponibili per tutti i pazienti. Abbiamo valutato i tassi di sopravvivenza libera da

metastasi (MFS) e di sopravvivenza tumore specifica (CSS) usando le curve di Kaplan Meier. Le analisi

di Coxunivariate e multivariate sono state impiegate per identificare gli indicatori di MFS e CSS. Le

covariate sono lo stadio patologico T (pT2 vs. pT3a vs. pT3b vs pT4), ilGleason score (6 vs. 7 vs 8-10), il

numero di linfonodi positivi rimossi, il margine chirurgico positivo e il PSA a 6 settimane dopo RP (<0.2

vs ≥ 0.2 ng/mL)

Risultati 84 pazienti (26.3%) non hanno raggiunto un valore di PSA a 6 settimane dopo chirurgia <0.1 ng/mL,

mentre 235 (73.7%) hanno dimostrato una completa BR. Il tempo medio di follow-up è 73 mesi; i tassi di

MFS e CSS a 5 anni dopo chirurgiasono 78.1 e 94.7%. Dopo stratificazione in base al PSA a 6 settimane

dopo RP, per i pazienti con BR la probabilità di MFS(91.2% vs. 40.9%; p<0.001) e CSS(97.4 vs. 83.1%;

p<0.001) a 5 anni dopo RP è maggiore rispetto ai pazienti senza BR. Alle analisi univariate, il PSA a 6

settimane è un indicatore di MFS e CSS (HR per PSA ≥0.1 vs. <0.1: 10.5 e 7.1, rispettivamente;tutte

p≤0.001). Questi risultati sono stati confermati alle analisi multivariate, dove solo ilPSA post-operatorio

non azzerato(PSA≥0.1 ng/ml a 6 settimane) e il numero di linfonodi positivi sono emersi come indicatori

di comparsa di metastasi e CSM (HR per comparsa di metastasi: 9.0 per PSA >0.1 ng/ml e 1.03 per il

numero di linfonodi positivi; HR per CSM: 7.0 per PSA >0.1 ng/ml e 1.03 per numero di linfonodi

positivi;tutte le p≤0.02)

Discussione Nei pazienti con linfonodi positivi dopo RP, il PSA post-operatorio ha un importante valore prognostico e

dovrebbe essere considerato un indice di malattia sistemica o disseminata.

Conclusioni I pazienti con PSA post-operatorio non azzerato dovrebbero esser indirizzati verso terapie di salvataggio

tempestive.

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QUAL è IL VALORE DI PSA OTTIMALE PER UNA RADIOTERAPIA DI SALVATAGGIO

PRECOCE IN PAZIENTI AFFETTI DA RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO

PROSTATECTOMIA RADICALE? STRATIFICAZIONE DEI PAZIENTI IN BASE ALLE

CARATTERISTICHE PATOLOGICHE DEL CARCINOMA PROSTATICO.

N. Fossati, J. Karnes, C. Cozzarini, C. Fiorino, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro La radioterapia precoce di salvataggio (eSRT) rappresenta un'opzione terapeutica per la recidiva

biochimica (BCR) di malattia dopo prostatectomia radicale. Tuttavia, il valore di antigene prostatico

specifico (PSA) ottimale al quale iniziare la eSRT non è ad oggi definito. In questo studio abbiamo

ipotizzato che l'associazione tra il valore di PSA al momento della eSRT ed il successivo controllo

oncologico dipenda dalle caratteristiche patologiche del carcinoma prostatico.

Materiali e metodi Lo studio ha incluso 716 pazienti pN0 con PSA post-operatorio indosabile (<0.1 ng/ml), che hanno

sviluppato BCR dopo prostatectomia radicale. Tutti i pazienti hanno ricevuto una eSRT, definita come

l’irradiazione locale della loggia prostatica e delle vescicole seminali, effettuata ad un valore di PSA ≤0.5

ng/ml. La BCR dopo eSRT è stata definita come il riscontro consecutivo di due valori di PSA ≥0.2 ng/ml.

L’analisi multivariata di regressione secondo Cox è stata utilizzata per valutare l'associazione tra livello di

PSA pre-eSRT e BCR. Le covariate erano: lo stadio patologico (pT2c vs. pT3a vs. ≥pT3b, il grado di

Gleason, e lo stato dei margini chirurgici. Abbiamo utilizzato metodi Lowess per valutare la relazione tra

il livello di PSA pre-eSRT e il tasso di sopravvivenza libero da BCR a 5 anni dopo eSRT in base alle

caratteristiche patologiche del tumore.

Risultati Il follow-up mediano dopo eSRT era di 47 mesi. Il tasso di sopravvivenza libero da BCR a 5 anni è stato

dell’ 81%. All'analisi multivariata, il livello di PSA pre-eSRT era associato con la probabilità di avere una

BCR dopo eSRT (hazard ratio [HR]: 4.89; p <0.0001). Inoltre, stadio patologico ≥pT3b (HR: 2.07; p =

0.007), grado di Gleason ≥8 (HR: 2.69; p=0,0002), e margini chirurgici negativi (HR: 2,50; p <0,0001),

sono stati identificati come fattori di rischio patologici, in quanto associati ad una maggiore probabilità di

svilluppare BCR. All'analisii Lowess, il rischio di BCR a 5 anni, aumenta del 3% per ogni incremento di

0.1ng/ml di valore di PSA. Tuttavia, quando i pazienti sono stati stratificati in base al numero di fattori di

rischio (≤1 vs. ≥2), l'effetto dell’aumento del PSA al momento della eSRT sul controllo del tumore era

più alto nei pazienti con malattia più aggressiva. In particolare, i pazienti con ≥2 fattori di rischio

patologici hanno mostrato un aumento del rischio di BCR a 5 anni pari al 10% per ogni 0.1ng/ml di

livello di PSA vs. 1,5% in pazienti con un singolo fattore di rischio (p <0.001).

Discussione il controllo oncologico a seguito della eSRT dipende significativamente dal livello di PSA pre-

trattamento. Questo effetto è più importante nei pazienti con almeno due delle seguenti caratteristiche:

malattia ≥pT3b, grado di Gleason ≥8, e margini chirurgici negativi.

Conclusioni In pazienti con malattia localmente avanzata e aggressiva, la radioterapia precoce di salvataggio deve

essere somministrata al primo segno di aumento PSA al fine di massimizzare il controllo della malattia.

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IL NUMERO DI LINFONODI POSITIVI DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE E

LINFOADENECTOMIA PELVICA ESTESA RAPPRESENTA UN MARCATORE AFFIDABILE

DI MALATTIA SISTEMICA: IMPLICAZIONI PER IL MIGLIOR TRATTAMENTO POST-

OPERATORIO.

A. Stabile, A. Nini, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, S. Luzzago, C.

Doglioni, M. Freschi, R. Lucianò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Il numero dei linfonodi positivi rappresenta uno dei maggiori determinanti della sopravvivenza cancro-

specifica (CSS) nei pazienti pN+ dopo prostatectomia radicale (RP). L’obiettivo di questo studio è di

valutare l’outcome oncologico dopo RP nei pazienti con alto numero di linfonodi coinvolti alla RP.

Materiali e metodi Abbiamo considerato 1003 pazienti con tumore prostatico e linfonodi positivi (N+) sottoposti a RP e

linfoadenectomia pelvica estesa in un singolo centro (1991-2013). I pazienti sono stati stratificati in base

al numero di N+: basso (<5 N+) vs. alto volume di coinvolgimento linfonodale (≥5 N+). Abbiamo stimato

i tassi di ricorrenza biochimica (BCR), di sopravvivenza libera da metastasi (MFS) e di CSS usando le

curve di Kaplan Meier. Successivamente, le analisi di regressione di Cox sono state usate per identificare

gli indicatori di BCR, MFS e CSS nei pazienti con <5 e ≥5 N+. Le covariate sono stadio patologico,

Gleason Score, numero di N+, margine chirurgico (SM) e radioterapia adiuvante (aRT). Per i pazienti con

sviluppo di metastasi a distanza, il primo sito di ricorrenza è stato categorizzato come segue: ricorrenza

locale o linfonodale vs ossea vs viscerale. E’ stata poi espletata un’analisi sito per sito della

disseminazione metastatica in base al numero di N+.

Risultati Il numero mediano di N+ era 2. 180 pazienti (17.9%) avevano ≥5 N+ alla RP. Il follow up medio era 79

mesi. In generale, i tassi di sopravvivenza libera da BCR, di MFS e di CSS a 5, 8 e 10 anni dopo RP

erano 69, 57.8 e 52.3% vs 81.3, 75.3 e 71.6% vs. 89.7, 83.4 e 79.6%, rispettivamente. I pazienti con ≥5

N+ avevano minore probabilità di sopravvivenza libera da BCR a 5 anni (45.9 vs. 74.7%), da MFS (65.6

vs. 84.3%) e da CSS (78.2 vs. 92.1%) se confrontati con i pazienti con <5 N+ (p<0.001). Quando si

considerano i pazienti con <5 N+, il GS e l’aRT sono emersi come fattori predittivi di BCR (p≤0.03), di

progressione metastatica (tutte le p≤0.02) e di CSM (tutte le p≤0.03). Al contrario, tra i pazienti con ≥5

N+ nessuna delle covariate è risultata correlata in modo significativo con gli outcome oncologici (tutte le

p≥0.1). Tra i 183 pazienti che hanno sviluppato metastasi, il tasso di recidive locali/pelviche, ossee e

viscerali erano 44.3, 42.1, e 13.7%, rispettivamente. Dopo stratificazione in base al numero dei N+,

nessuna differenza significativa è stata osservata nel tasso di ricorrenza pelvica/linfonodale e ossea (tutte

le p≥0.4). Al contrario, i pazienti con ≥5 N+ sviluppano con maggiore probabilità in modo significativo

metastasi viscerali se confrontati ai pazienti con < 5 N+ (22.9 vs. 10.4%, rispettivamente; p=0.03)

Discussione Negli uomini con N+ alla RP, un elevato volume di invasione linfonodale predispone ad un risultato

oncologico infausto.

Conclusioni Inoltre, i pazienti con ≥5 N+ sviluppano metastasi viscerali con maggiore probabilità come primo sito di

disseminazione, indicando così la presenza di una malattia sistemica al momento del trattamento

chirurgico

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IL NUMERO DI LINFONODI RIMOSSI DURANTE PROSTATECTOMIA RADICALE

RAPPRESENTA UN POTENZIALE INDICE DI PERSISTENZA DI MALATTIA IN PAZIENTI

PN0 E RECIDIVA BIOCHIMICA PRECOCE.

S. Luzzago, M. Bianchi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, P. Dell'Oglio, R. Bertini, A. Gallina, V.

Mirone, R. Damiano, F. Cantiello, F. Dehò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Pregressi studi hanno dimostrato il potenziale beneficio sui risultati oncologici di una linfoadenectomia

estesa (LND) in pazienti trattati con prostatectomia radicale(RP)per neoplasia prostatica(PCa). Lo scopo

di questo studio è stato di valutare l’impatto del numero di linfonodi rimossi durante RP sulla ripresa

biochimica (BCR) precoce in pazienti con linfonodi negativi all’esame istopatologico

Materiali e metodi Sono stati valutati 8,580 pazienti trattati con RP per PCa tra il 1987 e il 2013. Sono stati esclusi dalle

analisi i pazienti che non sono stati sottoposti a linfoadenectomia, i pazienti con linfonodi positivi e

coloro che hanno ricevuto un trattamento adiuvante. Questa selezione ha portato a una popolazione finale

di 5,557 pazienti. La BCR precoce è stata definita come un valore del PSA ≥0.2 ng/mLentro i primi 6

mesi dopo RP. Sono state utilizzate analisi di regressione logistica uni- e multivariata per valutare

l’impatto del numero di linfonodi rimossi sulla BCR precoce. Le covariate erano lo stadio patologico, lo

score di Gleason patologico e i margini chirurgici.

Risultati La maggior parte dei pazienti (n=4,746; 78%) avevano margini chirurgici negativi, uno score di Gleason

patologico ≤7 (n= 4,768, 75.8%) e malattia organo confinata(n=3,620; 61.1%). Il numero mediano di

linfonodi rimossi era15. in totale 95 (1.7%) pazienti hanno avuto una BCR entro 6 mesi dall’intervento.

Alle analisi multivariate, il numero di linfonodi rimossi è emerso come fattore predittivo di BCR

precoce.Specificatamente, aumentando il numero di linfonodi rimossi, la probabilità di avere BCR

precoce diminuiva in modo significativo(Odds Ratio [OR]: 0.91; p=0.01). I margini chirurgici positivi e

lo stadio patologico sono risultati significativamente associati a una BCR precoce (OR: 2.8 e 4.8,

rispettivamente; p=0.02)

Discussione Il numero di linfonodi rimossi durante RP rappresenta un fattore predittivo di BCR precoce. Questo

suggerisce che nei pazienti con una persistenza biochimica di malattia dopo RP sottoposti a una

linfoadenectomia limitata, si possa ipotizzare una persistenza linfonodale di neoplasia prostatica. Tali dati

risultano fondamentali per pianificare il miglior trattamento di salvataggio in caso di BCR precoce

Conclusioni Sebbene siano necessari ulteriori studi per convalidare i nostri risultati, una linfoadenectomia estesa

dovrebbe essere eseguita, quando indicato, in modo tale da evitare una possibile persistenza di malattia

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RISULTATI ONCOLOGICI A LUNGO TERMINE DEI PAZIENTI TRATTATI CON

PROSTATECTOMIA RADICALE PER NEOPLASIA PROSTATICA A INTERMEDIO E ALTO

RISCHIO: RISULTATI DI UN’ANALISI DI SOPRAVVIVENZA CONDIZIONALE.

A. Larcher, M. Bianchi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, P. Dell'Oglio, W. Cazzaniga, A. Gallina,

V. Mirone, R. Damiano, F. Cantiello, F. Dehò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Italia)

Scopo del lavoro La prognosi dei pazienti affetti da tumore prostatico (PCa) può variare in base al tempo trascorso senza

ripresa di malattia dopo prostatectomia radicale (RP). Questo effetto è noto come sopravvivenza

condizionale.Lo scopo dello studio è stato di valutare se l’effetto della sopravvivenza condizionale

potesse eliminare le differenze in termini di outcomes oncologici in pazienti trattati con RP per un PCa

aggressivo

Materiali e metodi Sono stati esaminati i dati di 4300 pazienti trattati con RP tra il 1990 e il 2013 per PCa ad intermedio

(n=2780; 64.7%) ed alto rischio (n=1520; 35.3%). Sono state utilizzate le curve di Kaplan-Meier per

ottenere i tassi di sopravvivenza libera da ripresa biochimica di malattia (BCR), libera da metastasi (MFS)

e la sopravvivenza cancro-specifica (CSS). Stratificando in base alla classe di rischio pre-operatoria

(intermedio vs. alto rischio)sono stati calcolati i tassi di sopravvivenza condizionale libera da BCR, MFS

e la CSS. Per ciascuno degli outcomes citati, i tassi di sopravvivenza condizionale dei pazienti con

malattia a intermedio ed alto rischio, sono stati paragonati tra loro per ogni anno trascorso senza

progressione di malattia.

Risultati Il follow-up mediano era di 61 mesi. I tassi di sopravvivenza libera da BCR, la MFS e la CSS a 5 e 10

anni dall’intervento erano rispettivamente dell’86.6vs. 74.7% e 72.5 vs. 56.3%, 98.1% vs. 95.9% e 86.9

vs. 79.6%, 99.4 vs. 97.8% e 93.6 vs. 84.8% per i pazienti con malattia ad intermedio ed alto rischio

(p<0.001). In coloro che non hanno avuto BCR per ≥1, ≥3, ≥5 anni dopo RP, la probabilità di

sopravvivere ulteriori 5 anni senza BCR per i pazienti con malattia ad intermedio ed alto rischio è

risultata essere dell’86 vs. 73.5%, 87.7 vs. 75% and 87 vs. 77.4% rispettivamente(tutte le p<0.001). Si è

osservata la scomparsa dell’impatto della classe di rischio sulla BCR dopo 8 anni di sopravvivenza libera

da BCR(85.5 vs. 82.8% per pazienti ad intermedio ed alto rischio; p=0.07). Nei pazienti che hanno

sviluppato BCR, la MFS a 5 anni dalla BCR era dell’87.9 vs. 51.4% per i pazienti ad intermedio ed alto

rischio (p<0.001). Nei pazienti sopravvissuti per ≥1, ≥2 e ≥3 anni senza sviluppare metastasi dopo BCR,

la probabilità di sopravvivere ulteriori 5 anni senza metastasi era del 95.7 vs. 66.9%, 95.0 vs. 73.0%, e

96.0 vs. 79.6%per pazienti con malattia ad intermedio ed alto rischio (tutte le p≤0.005). L’impatto della

classe di rischio sulla MFS risultava non significativa dopo 5 anni di MFS dopo BCR (96.0 vs. 93.7% per

pazienti ad intermedio ed alto rischio; p=0.3). Infine, in coloro che hanno sviluppato metastasi, la classe

di rischio pre-operatoria non aveva più alcun effetto sulla CSS (p=0.2)

Discussione I pazienti con PCa ad alto rischio possono ottenere un controllo oncologico della malattia paragonabile a

quello di pazienti con PCa a rischio intermedio dopo 5 anni trascorsi senza progressione

Conclusioni Nel momento in cui vengono riscontrate metastasi, l’effetto della classe di rischio pre-operatoria sulla

CSS scompare.

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10-YEAR EXPERIENCE WITH ORAL ETHINYLESTRADIOL IN CASTRATION RESISTANT

PROSTATE CANCER

S. SALCICCIA, V. GENTILE, A. GENTILUCCI, S. CATTARINO, M. INNOCENZI, G. DERAMO, A.

SCIARRA (ROMA)

Aim of the study To describe our 10-year experience with the use of oral ethinylestradiol in the treatment of metastatic

CRPC (mCRPC)cases.

Materials and methods From February 2000 to April 2010, 116 cases with a metastatic CRPC were prospectively submitted to

oral ethinylestradiol monotherapy . Inclusion criteria were represented by : diagnosis of CRPC after

failure at least of two lines of androgen deprivation therapy;radiological evidence of metastases.

Exclusion criteria were represented by: symptomatic cases with an European Cooperative Oncology

Group (ECOG) score > 2; severe or uncontrolled cardiovascular diseases . At inclusion in the study, all

cases discontinued the previous androgen deprivation therapy and started oral ethinylestradiol at the daily

dose of 1 mg. Aspirin (100 mg/daily) was concomitantly given .

Results The median ethinylestradiol therapy duration was 15.9 months (range 8 - 36 months), whereas the median

follow-up of patients was 28 months (range 13 - 36 month) . During ethinylestradiol therapy a conformed

PSA response was found in 79 cases (70.5%). The median time to PSA progression was 15.10 months

(95% C I 13.24 - 18.76 months). A toxicity that required treatment cessation was described in 26 cases

(23.2%) at a median time of 16 months (mainly thromboembolism ).

Discussion At univariate analysis, tumor Gleason score, duration of previous androgen deprivation therapies,presence

of lymphnode metastases and number of bone metastases were significant (p<0.05) predictors of PSA

response during therapy. Multivariate analysis using the Cox model showed that tumor Gleason score,

duration of previous androgen deprivation therapies and concomitant presence of lymph-nodes metastases

were significant predictors of PSA response during ethinylestradiol treatment. In particular, cases with

absence of lymph-nodes progression, more than 4 years of previous androgen deprivation therapy and a

Gleason score ≤7(3+4) were more likely to have a PSA response.

Conclusions In the present 10-year experience on mCRPC cases, the use of ethinylestradiol showed a PSA response in

a high percentage of cases. Possible cardiovascular toxicity can be managed through an accurate patient

selection , follow-up and a concomitant anticoagulation therapy.

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PATTERN DI PRESCRIZIONE DELLA TERAPIA ORMONALE NEL TUMORE

PROSTATICO: UNO STUDIO ITALIANO MULTICENTRICO (CHOSING TREATMENT FOR

PROSTATE CANCER - CHOICE STUDY) (FONDAZIONE LUNA)

G. Morgia, G. Russo, A. Tubaro, R. Bortolus, D. Randone, P. Gabriele, F. Trippa, F. Zattoni, M. Porena,

V. Mirone, S. Serni, A. Del Nero, G. Lay, U. Ricardi, F. Rocco, C. Terrone, A. Pagliarulo, G. Ludovico,

G. Vespasiani, M. Brausi, C. Simeone, G. Novella, G. Carmignani, R. Leonardi, P. Pinnarò, U. De Paula,

R. Corvò, R. Tenaglia, S. Siracusano, G. Mantini, P. Gontero, G. Savoca, V. Ficarra (Catania)

Scopo del lavoro La terapia ormonale (OT) per il Trattamento del tumore prostatico è stata da sempre utilizzata con

indicazioni diverse, spesso non conformi alle raccomandazioni delle Linee guida Internazionali, come

quelle dell'European Association of Urology (EAU). Lo Scopo di questo studio è stato quello di valutare i

pattern d’utilizzo dell’OT in pazienti con tumore prostatico e l'aderenza alle Linee guida EAU.

Materiali e metodi Lo studio trasversale multicentrico Italiano CHOICE (CHOsIng treatment for prostate canCEr) è stato

condotto dal Dicembre 2010 al Gennaio 2012. Sono stati arruolati 1380 pazienti a cui è stata prescritta

terapia ormonale (rinnovo piano terapeutico o nuova prescrizione) per la presenza di tumore prostatico. Il

progetto ha coinvolto 9 centri di radioterapia e 21 centri di urologia. I pazienti sono stati classificati in

base al trattamento primario in prostatectomia radicale (PR), radioterapia (RT), RP + RT, OT come unico

trattamento. L’OT includeva l’orchiectomia bilaterale, LH-RH analoghi o gli anti-androg

Risultati La coorte finale comprendeva 1075 pazienti con un'età media di 78,0 anni (IQR: 72-83) e PSA mediano

di 10,0 ng / ml (IQR: 10,0-35,0). La classificazione sec. D'Amico era a rischio basso in 222 (20.7%),

intermedio in 126 (11.7%) e alto in 727 pazienti (67.6%). Il gleason bioptico era ≤6 in 351 (32.7%), 7 (3

+ 4) in 238 (22,1%), 7 (4 + 3) in 204 (19.0%), 8-10 in 248 pazienti (23.1%). Dei pazienti arruolati, 267

(24,8 %) erano stati precedentemente trattati con PR, 132 (12,3%) con RT, 79 (7,3%) con PR + RT

adiuvante e 597 (55,5%) con OT primaria. I pazienti in OT primaria erano cN0 in 364 (61.0%) e cN1 in

192 (32.7%) (p<0.05); cM0 in 505 (84.6%) e cM1 in 51 (8.5%) dei casi (p <0.01). Nei pazienti sottoposti

ad OT primaria, la classe di rischio sec. D’Amico era bassa in 125 (20.9%), intermedia in 74 (12.4%) e

alta in 398 (66.7%). Tra tutti i pazienti trattati con OT primaria, a 305 (51.08%) è stata prescritta per la

prima volta una terapia ormonale al momento dell’arruolamento e tra questi 73 (23.9%) erano a rischio

basso sec. D’Amico, 36 (11.8%) erano a rischio intermedio e 196 (64.3%) erano a rischio alto. Il

dosaggio del testosterone era stato effettuato in soli 40 pazienti (3.72%). L'analisi di regressione logistica

multivariata aggiustato per fattori di confondimento ha dimostrato che le aree del centro Italia (OR: 2.86;

p<0.05) e del Sud Italia (OR: 2.65; p<0.05) erano associate con la presenza di OT discordante.

Discussione Sono stati riscontrati livelli significativi di discordanza tra le linee guida EAU e la prescrizione dell’OT.

Al momento della prescrizione dell’OT nei pazienti naive, il 35.7% dei pazienti presentava un rischio

basso-intermedio sec. D’Amico, rivelando un’ inadeguatezza nella prescrizione dell’OT in accordo alle

linee guida

Conclusioni La prescrizione dell’OT nei pazienti affetti da tumore prostatico rimane critica e spesso non conforme alle

linee guida internazionali

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ADERENZA ALLE LINE GUIDA EAU PER L’USO DELLA TERAPIA ORMONALE NEL

TUMORE PROSTATICO: RISULTATI DALLO UNO STUDIO ITALIANO MULTICENTRICO

(CHOSING TREATMENT FOR PROSTATE CANCER - CHOICE STUDY) (FONDAZIONE

LUNA)

G. Morgia, G. Russo, A. Tubaro, R. Bortolus, D. Randone, P. Gabriele, F. Trippa, F. Zattoni, M. Porena,

V. Mirone, S. Serni, A. Del Nero, G. Lay, U. Ricardi, F. Rocco, C. Terrone, A. Pagliarulo, G. Ludovico,

G. Vespasiani, M. Brausi, C. Simeone, G. Novella, G. Carmignani, R. Leonardi, P. Pinnarà, U. De Paula,

R. Corvò, R. Tenaglia, S. Siracusano, G. Mantini, P. Gontero, G. Savoca, V. Ficarra (Catania)

Scopo del lavoro La terapia ormonale (OT) nel tumore prostatico (PCa) è stata ampiamente utilizzata con in pazienti

metastatici. Tuttavia, esiste una crescente consapevolezza di overtreatment in situazioni dove l’utilizzo

dell’OT non è raccomandato. Lo scopo di questo studio trasversale è stato quello di valutare l'aderenza

alle linee guida EAU della prescrizione di OT in pazienti affetti da PCa

Materiali e metodi Lo studio trasversale multicentrico Italiano CHOICE (CHOsIng treatment for prostate canCEr) è stato

condotto dal Dicembre 2010 al Gennaio 2012. Sono stati arruolati 1380 pazienti a cui è stata prescritta

terapia ormonale (rinnovo piano terapeutico o nuova prescrizione) per la presenza di tumore prostatico. Il

progetto ha coinvolto 9 centri di radioterapia e 21 centri di urologia. I criteri di inclusione erano: età ≥18

anni, precedente diagnosi di PCa e corrente OT. I pazienti sono stati classificati in base al trattamento

primario in prostatectomia radicale (PR), radioterapia (RT), PR + RT, OT come unico trattamento. La

Radioterapia comprendeva la terapia a fasci esterni e la brachiterapia. L’OT includeva l’orchiectomia

bilaterale, LH-RH analoghi o gli anti-androgeni. Sono state considerate tre aree geografiche: nord, centro

e sud Italia. Il trattamento ormonale è stato considerato discordante alle linee guida EAU (Gruppo A) e

concordante (Gruppo B). Il primo includeva tutti i pazienti che ricevevano l’OT come primo trattamento

ed il suo uso in aggiunta alla RT nel basso rischio. In aggiunta, l’OT data prima della PR è stata

considerata discordante, poiché nessun trial clinico ha dimostrato benefici

Risultati La coorte finale comprendeva 1.075 pazienti con un'età media di 78,0 anni (IQR: 72-83) e PSA mediana

di 10,0 ng/ml (IQR: 10,0-35,0). Il Gruppo A comprendeva 285 pazienti (26,5%) e il Gruppo B 790

(73,5%). L’OT concordante è stata più frequentemente osservata nel Nord Italia (76,6%) rispetto al

Centro Italia (65,7%) e Sud-Italia (73,0%) (p< 0.05). Nel Gruppo A, 87 (30,5%) erano a basso rischio, 32

(11,2%) a rischio intermedio e 166 (58,2%) ad alto rischio. Nel Gruppo A, i pazienti avevano una

maggiore probabilità di ricevere un trattamento OT primario (57,5%) rispetto ad altri precedenti

trattamenti come la prostatectomia radicale (30,9%), radioterapia (6,7%) o prostatectomia radicale +

radioterapia (17,7%) (p<0.05). L'analisi di regressione logistica multivariata ha dimostrato che l’area del

centro Italia (OR: 2.86; p<0.05) e del Sud-Italia (OR: 2.65; p<0.05) erano associati ad un’OT discordante

Discussione Una proporzione significativa di pazienti arruolati nello studio CHOICE ha ricevuto una terapia

discordante alle line guida EAU (26,5%) e più delle metà ha ricevuto un’OT come unico trattamento per

il tumore prostatico (57,5%).

Conclusioni L’uso della terapia ormonale nel trattamento del tumore prostatico rimane un argomento critico e

l’aderenza alle linee guida EAU nel territorio Italiano rimane più bassa del previsto.

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LA SEZIONE MONOLATERALE DELLA RETE RIMUOVE L’OSTRUZIONE E CONSERVA

LA CONTINENZA NELLE PAZIENTI CON OSTRUZIONE ALLO SVUOTAMENTO

VESCICALE DOPO SLING TRANSOTTURATORIO

D. biferi, D. castellani, V. galica, P. saldutto, G. giovanditti, C. cicconetti, A. valloni, A. piccirilli, G.

paradiso galatioto, C. vicentini (teramo)

Scopo del lavoro Scopo del lavoro è stato quello di valutare i risultati della sezione unilaterale di della rete in donne con

ostruzione cervico-uretrale dopo posizionamento di sling medio-uretrale transotturatoria posizionata per

incontinenza urinaria da sforzo (IUS

Materiali e metodi Tra gennaio 2005 e giugno 2013, 112 donne sono state sottoposte presso la nostra unità operativa al

posizionamento di sling transotturatorio Monarc® per IUS, posizionata tension-free. Le pazienti con

ostruzione cervico-uretrale persistente a sei settimane (diagnosticata con il nomogramma di Blaivas) sono

state sottoposte a sezione unilaterale della sling. Il lato da sezionar scelto è stato quello dalla parte

opposta in cui il flusso minzionale veniva deviato alla cistografia (figura 1). 9 pazienti sono state

sottoposte a sezione della sling e seguite fino ad un follow-up di un anno con esame obiettivo,

urinocoltura, uroflussometria, studio pressione flusso, misurazione ecografica del residuo post-

minzionale, valutazione dei sintomi utilizzando l’ American Urological Association Symptom index

Risultati La procedura è stata eseguita in anestesia locale, con una durata media dell’intervento di 10,6± 2,5

minuti. Tutte le pazienti sono state in grado di mingere spontaneamente dopo la procedura e il residuo

post-minzionale è sceso da una media di 254±54,1ml a 73,5±19,1 ml. In tutte le pazienti i sintomi e i

parametri urodinamici sono migliorati. Solo una paziente ha perso la continenza all’ultimo follow-up ad

un anno. La cistografia post-operatoria eseguita a sei settimane ha evidenziato in tutte un normale flusso

urinario

Discussione l’ostruzione cervico-uretrale post posizionamento di sling transotturatoria nella nostra popolazione

sembra essere legata ad un asimmetrico posizionamento della sling. la maggior parte delle pubblicazioni

presenti in letteratura riporta la sezione centrale della rete. Noi crediamo che la sezione laterale della sling

stessa, nel lato opposto a dove il flusso urinario è deviato, rispristina la simmetria della rete, rimuove

l’ostruzione e preserva la continenza urinaria nel 83.3% delle pazienti

Conclusioni Questo studio dimostra che l’ostruzione cervico-uretrale femminile post-posizionamento di sling

transotturatoria viene rimossa con la semplice sezione unilaterale della rete, ripristinando la simmetria

della rete stessa e nel contempo preservando la continenza urinaria

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THREE INCISIONS OR ONE INCISION: WHO WINS AT 5 YEARS? COMPARISON OF

OUTCOMES OF TRANS-OBTURATOR SLINGS AND SINGLE INCISION SLINGS IN A

SINGLE-CENTRE SURGICAL SERIES

M. Tutolo, D. De Ridder, F. Montorsi, A. Briganti, J. Deprest, F. Van Der Aa (Milano)

Aim of the study To compare efficacy and safety of two commercially available single incision slings (SIS) and trans-

obturator vaginal tapes (TOT), namely MiniArc™ and Monarc™ slings, and report the results at 5-yrs

follow-up.

Materials and methods A retrospective-observational study of prospectively collected data was conducted on 381 consecutive

women with primary SUI in a single tertiary referral centre. Patients treated with MiniArc™ and

Monarc™ were compared. Data regarding intraoperative and post-operative outcomes were collected and

compared. Kaplan-Meier analyses assessed continence rate (CR), objective cure (OC) rate, de novo

overactive bladder symptoms (OAB), surgical failure (SF) and erosion free rates at 1, 3 and 5-yrs follow-

up. The log-rank test was used to compare efficacy and complication between patients stratified according

to the type of surgery.

Results Median follow up was 60 months. Of 381 patients, 215 (56%) were treated with Monarc™ slings and 166

(44%) with MiniArc™. The two groups were homogeneous in terms of pre-operative characteristics. At

5-yrs follow up, no difference was found in CR between Monarc™ and Miniarc™ patients (87% vs 89%;

p=0.41). Monarc™ showed better OAB free rates (97% vs 92%; p=0.012). No significant differences

have been found in terms of SF, erosion and OC rates.

Discussion Our report confirms positive surgical-related outcomes and safety of MiniArc™ on the short-term follow-

up. Furthermore it shows comparable subjective and objective outcomes between MiniArc™ and

Monarc™ slings at 5-years follow-up.

Conclusions We demonstrated that the short-term results of MiniArc™, are maintained over time, defining the

comparability of the two slings at 5-yrs in terms of subjective and objective outcomes and complications.

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MID- TO LONG-TERM RESULTS OF THE REMEEX SYSTEM FOR THE TREATMENT OF

FEMALE INCONTINENCE DUE TO INTRINSIC SPHINCTER DEFICIENCY: A

RETROSPECTIVE REVIEW OF THE FIRST FIFTY PATIENTS RUNNINGHEAD: THE

REMEEX SYSTEM FOR FEMALE INCONTINENCE

F. Gallo, P. Cortese, F. Visalli, C. Giberti (Savona)

Aim of the study To retrospectively report our mid- to long-term results following suburethral tension adjustable sling

(Remeex system) implantation for stress urinary incontinence (SUI) due to intrinsic sphincter deficiency

(ISD).

Materials and methods Fifty female patients with severe SUI due to “true” ISD, underwent Remeex system positioning between

May 2002 and March 2013 (mean follow-up 83.8 months). Before surgery, patients were evaluated by

physical examination, translabial ultrasonography, flexible cystoscopy, urodynamics, 1-hour pad test and

compilation of a quality-of-life questionnaire. Postoperatively, based on the physical examination and pad

test, patients were stratified into three groups: Cured: perfectly dry patients at stress test, pad weight 0-1

g; Improved: patients with mild to moderate incontinence, pad weight 2-50 g; Failed: unchanged or

worsened patients, pad weight >50 g.

Results At the last follow-up visit, forty-five (90.0%) patients were cured, three (6.0%) were improved and two

(4.0%) had failed. The comparison between the 7- and 10-year outcomes, assessed among fifty and thirty

patients respectively, showed no significant difference of cure (90.0% and 86.8%), improvement (6.0%

and 6.6%) or failure (4.0% and 6.6%) rates between the two groups. Sling tension readjustment was

needed during follow-up in three patients (6%). Complications were represented by bacterial cystitis

(6%), de novo urgency (10%), persistent urinary retention (6%) and seroma formation (2%).

Discussion Our 7-year results, assessed in 50 patients, showed excellent cure and overall improvement rates (90%

and 96%, respectively) which are consistent with the better 5-year outcomes reported to date using this

device13,21. In terms of quality of life, these clinical improvements were also supported by similar

remarkable satisfaction rates, due to the patient’s well-being for the regained health condition. The

comparison between the 7-year and 10-year outcomes showed no significant variation of the clinical

parameters at these time points confirming the durability of the Remeex procedure even during long-term

follow-up. This aspect has been confirmed by the incontinence-free survival curve which showed that

90% of patients remain continent during the follow-up.

Conclusions Our results show the efficacy of the Remeex procedure in the treatment of SUI due to ISD. The

remarkable cure rate and the low morbidity confirm the effective role of this device in order to reach an

adequate sling tension as well as regaining the patient’s continence and minimizing the risk of

complications. These outcomes tended to be confirmed in the long-term follow-up which also highlighted

the durability of the Remeex technique.

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OUTCOMES FUNZIONALI A LUNGO TERMINE DOPO SLING MEDIOURETRALE

TRANSOTTURATORIA (TOT) IN DONNE AFFETTE DA INCONTINENZA URINARIA

MISTA

F. Natale, E. Illiano, M. Bevacqua, J. Rossi de Vermandois, M. Di Biase, A. Carbone, G. Palleschi, A.

Maurizi, E. Costantini (Roma)

Scopo del lavoro Lo studio ha l’obiettivo di valutare gli outcomes funzionali a lungo termine ed il grado di soddisfazione

nelle pazienti affette da incontinenza urinaria mista (IUM) con prevalenza da sforzo, sottoposte ad

intervento di sling medio-uretrale trans-otturatorio (TOT).

Materiali e metodi Da aprile 2008 a dicembre 2011 86 pazienti affette da IUM prevalente da sforzo, precedentemente trattate

senza successo con antimuscarinici e fisiochinesiterapia, sono state sottoposte a TOT (Monarc®).

Valutazione prepoperatoria: anamnesi; esame obiettivo uroginecologico con Cough Stress Test (CST);

esame urodinamico. Follow up a 6, 12 mesi e poi annuale con: esame obiettivo con CST, 1-hour PAD

test, esame urodinamico (1°anno). Tutte le pazienti sono state valutate clinicamente ad un follow-up

mediano di 59 mesi (range 36-84 mesi) e sottoposte ai seguenti questionari: International Consultation on

Incontinence Questionnaire–Short Form (ICIQ-SF), Patient Global Impression of Improvement (PGI-I),

King’s Health questionnarie (KHQ). La correzione della IUS è stata valutata oggettivamente mediante

CST e 1-hour PAD test. Il tasso di cura soggettivo è stato valutato usando ICIQ-SF e PGI-I. La QoL è

stata valutata usando il KHQ. Analisi statistica: McNemar X2 test, t-test and Fisher exact test, t-test

(significatività p<0.05), modello di regressione logistica (CI.95%).Studio approvato dal comitato etico

locale.

Risultati 86 pazienti con IUM, età media 60±11.6 anni, BMI mediano 27 (range 19.6-29.7), parità mediana 2

(range 0-6) 64 pz in menopausa. Il follow-up mediano è di 59 mesi (range 36-84). Il tasso di successo

oggettivo per IUS è stato 83.7% (72 pz), quello soggettivo 87.2% (75 pz), confermato dal PGI 1 e 2

nell’82.7% (Tab. 1a). L’incontinenza da urgenza (IUU) scompare in 64 pz (74.4%). L’esame urodinamico

post-TOT mostra un aumento della pressione detrusoriale al flusso massimo (PdetQmax) (p=0.02) ed una

riduzione del Qmax (p=0.03) (Tab. 1b). Nessuna ostruzione urodinamica sulla base del nomogramma di

Blaivas e Groutz. Il KHQ migliora in tutti i domini. Alla regressione logistica univariata nessuna delle 6

variabili indipendenti analizzate (Tab.1c) è risultata fattore di rischio per il risultato post-operatorio.

Discussione Dopo TOT c’è un miglioramento della IUS e della IUU nell’83.7% e 74.4% rispettivamente, confermato

dal PGI e dal KHQ. Non ci sono parametri urodinamici e clinici che correlano con l’outcome. In

considerazione del fatto che le pz erano state trattate senza successo con antimuscarinici prima

dell’intervento il dato sembrerebbe indicare che la MUI in questi casi sia il risultato di una disfunzione

uretrale e non detrusoriale.

Conclusioni La TOT è efficace nelle pz con IUM non responsiva ai trattamenti conservativi. I risultati sono confermati

dagli alti score di gradimento delle pazienti. Occorrono studi con numeri maggiori per valutare quali

parametri preoperatori possano predire l’outcome chirurgico.

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SLING MEDIOURETRALE RETROPUBICA E TRANSOTTURATORIA A CONFRONTO

NELLE PAZIENTI CON INCONTINENZA URINARIA MISTA NON RESPONSIVA A

TERAPIA CONSERVATIVA

F. Natale, M. Di Biase, M. Del Zingaro, A. Carbone, A. Pastore, C. La Penna, S. Cappello, M. Bevacqua,

E. Costantini (Roma)

Scopo del lavoro Scopo di questo studio prospettico osservazionale è valutare e confrontare l'efficacia della sling medio-

uretrale retropubica (TVT) con quella transotturatoria (TOT) in donne con incontinenza urinaria mista

(IUM), valutando inoltre i sintomi da svuotamento(SS) post-op, i rapporti con l’iperattività detrusoriale

(DO) e la qualità di vita (QoL) delle pz.

Materiali e metodi Lo studio include 141 pz, affette da IUM e sottoposte a sling medio uretrale tra il 2008 e 2013, rivalutate

ad un follow-up medio di 36 mesi. Tutte avevano eseguito, senza successo, terapie conservative come da

linee guida europee con anticolinergici e FKT. Valutazione pre-op: anamnesi; valutazione dei sintomi del

basso tratto urinario (sec. ICS); esame obiettivo e stress test; analisi delle urine ed urinocultura;

urodinamica; King’s Health Questionnaire. Follow-up ogni 3 mesi, questionari e uroflussometria con

residuo (RPM) ogni 6 mesi. Tasso di cura oggettivo definito sulla base di stress test e pad test negativi,

tasso di cura soggettivo come assenza di incontinenza da stress(IUS) o da urgenza(IUU) e nessun uso di

pannolini. Miglioramento soggettivo definito come "soddisfazione al trattamento chirurgico" e

diminuzione del 50% nell’uso di pannolini. Classificazione finale come asciutte o bagnate sulla base degli

outcomes soggettivi ed oggettivi e degli scores dei questionari. Analisi statistica: t-test, McNemar, X2 e

Wilcoxon test (p <0,05 statisticamente significativo).

Risultati 137 delle 141 pz arruolate sono state incluse (70 gruppo TVT, 67 gruppo TOT); 4 perse al follow-up. F-

up medio 36 mesi (range 12-72). I due gruppi sono omogenei in termini di dati demografici e

clinici/anatomici, sintomi e parametri urodinamici (Tab.1). Nel gruppo TVT, sono risultate asciutte (per

IUS e IUU) 44 pz (62,9%): tasso di guarigione per IUS del 72,9% (p <0,0001) e per IUU è del 67,1%

(p<0,0001 ). I SS de novo sono comparsi in 12 pazienti (17,1%). Nel gruppo TOT, sono risultate asciutte

(per IUS e IUU) 48 pazienti (71,6%): tasso di cura per IUS del 82,1% (p <0,0001) e per IUU del 80,6%

(p<0,0001). SS de novo osservati in 2 pazienti (2,9%). Nessuna differenza statistica è stata trovata tra i

due gruppi complessivamente per incontinenza, IUS e IUU o SS. Nessun outcomes statisticamente

diverso tra i due gruppi emerge in pz con o senza DO pre-op. Nelle pz con DO pre-op non sono state

riscontrate differenze significative tra TVT e TOT nella correzione della IUS (p = 1.00); IUU (p = 0,60),

o SS (p = 0.35). La QoL, sulla base del King’s Health Questionnaire, migliora significativamente in

entrambi i gruppi.

Discussione Nel trattamento della IUM, dopo fallimento delle terapie conservative, le alternative sono la TOT e la

TVT con risultati a medio-lungo termine inferiori alla IUS. Il tasso di successo e di SS de novo è inferiore

ma non significativo nella TVT rispetto alla TOT.

Conclusioni Sia l'approccio retropubico che transotturatorio sono opzioni valide per il trattamento delle pz con IUM.

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VALUTAZIONE DELLA FUNZIONE SESSUALE IN DONNE TRATTATE PER

INCONTINENZA URINARIA DA STRESS: TENSION FREE TRANSOBTURATOR

SUBURETHRAL TAPE (TVT-O) VS SINGLE INCISION SLING (SIS).

Y. Al Salhi, A. Pastore, G. Palleschi, S. Al Rawashdah, A. Ripoli, A. Fuschi, D. Autieri, A. Leto, L.

Silvestri, A. Carbone (Latina)

Scopo del lavoro Valutare la qualità di vita (QoL) e la funzione sessuale in donne affette da incontinenza urinaria da sforzo

pura comparando gli outcomes della Tension free Suburethral Tape (TVT-O) e Single Incision Sling

(SIS).

Materiali e metodi Sono state consecutivamente arruolate 48 pazienti affette da incontinenza urinaria da sforzo pura con

uretra normotonica e randomizzate in due gruppi di trattamento: TVT-O vs SIS. Entrambi i gruppi sono

risultati omogenei nella valutazione preoperatoria per età, BMI, comorbidità e gravidanze. Criteri di

esclusione sono l’incontinenza urinaria da urgenza, la vescica neurologica, la pregressa chirurgia per

incontinenza e disordini neurologici. La funzione sessuale femminile e la qualità di vita sono state

valutate nel preoperatorio e nel postoperatorio da un minimo di 3 mesi fino ad un massimo di 12 mesi,

mediante l’utilizzo del Female Sexual Function Index (FSFI) e dell’International Consultation on

Incontinence Questionnaire (ICIQ UI-SF) entrambi validati in lingua italiana.

Risultati Da Dicembre 2013 a Gennaio 2015, 48 pazienti sono state arruolate e 42 hanno compilato entrambi i

questionari (21 per il gruppo TVT-O e 21 per il gruppo SIS). Il 90,4% delle pazienti sottoposte con

successo alla SIS, ha riportato una risoluzione completa (80,9%) o miglioramento (9,5%) della

incontinenza urinaria al follow-up. Nel gruppo della TVT-O è stato rilevato un recupero totale della

incontinenza nell’85,7 % ed un miglioramento nel 4,7%. Lo score del FSFI è incrementato

significativamente e comparabilmente in entrambi i gruppi (nel gruppo SIS è aumentato da 23.51 ± 3.78 a

27.42 ± 3.34; nel gruppo TVT-O è aumentato da 23.96 ± 5.56 a 28.09; p < 0.001). Una complicanza è

stata descritta nel gruppo TVT-O (erosione vaginale) ed una complicanza nel gruppo delle SIS (ritenzione

acuta di urine).

Discussione Nel nostro studio entrambe le procedure hanno mostrato un alto tasso di guarigione senza riportare

complicanze maggiori. La funzione sessuale è migliorata con un incremento in tutti e sei i domini del

FSFI. Una casistica maggiore con un follow up più lungo sarà necessaria per stabilire quale tra le due

procedure possa essere superiore in termini di efficacia, sicurezza e qualità di vita correlata.

Conclusioni La SIS e la TVT-O hanno riportato un grado di efficacia e sicurezza sovrapponibile nel migliorare la

qualità di vita correlata alla incontinenza urinaria. Analogamente, la funzione sessuale, indagata

attraverso il questionario FSFI, ha riportato un incremento sovrapponibile allo score. Infine, non sono

state rilevate differenze significative in termini di complicanze e risultati funzionali tra le due procedure.

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OUTCOMES FUNZIONALI A LUNGO TERMINE IN PAZIENTI CON IPOCONTRATTILITA’

DETRUSORIALE ED INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO O MISTA TRATTATE CON

SLING MEDIOURETRALE TRANSOTTURATORIA (TOT)

E. Costantini, E. Illiano, A. Giannantoni, C. La Penna, M. Gubiotti, A. Pastore, A. Carbone, A. Zucchi, F.

Natale (Perugia)

Scopo del lavoro Scopo dello studio è valutare se la presenza di ipocontrattilità del detrusore (ID) pre-operatoria, in

pazienti con incontinenza urinaria da sforzo (IUS) o mista (IUM), influenzi l’outcome funzionale a lungo

termine dell’intervento di sling medio-uretrale trans-otturatorio (TOT).

Materiali e metodi Da gennaio 2010 a dicembre 2012, 49 pz con IUS o IUM (maggiore componente da sforzo) associata ad

ID sono state sottoposte a TOT (Monarc®). Valutazione preop: anamnesi, esame obiettivo con Cough

Stress Test (CST), esame urodinamico, Urinary Distress Inventory Short Form (UDI-6), Incontinence

Impact Questionnaire – Short Form (IIQ-7). ID è stata calcolata utilizzando il PIP (Projected

Isovolumetric Pressure) (pressione detrusoriale al flusso massimo (Pdet Qmax) + (Qmax) – v.n. 30-75).

Follow up 3, 6, 12 mesi e poi annuale con: esame obiettivo con CST, esame urodinamico (1°anno),

International Consultation on Incontinence Questionnaire–Short Form (ICIQ-SF), Patient Global

Impression of Improvement (PGI), e King’s Health questionnarie (KHQ). La correzione della IUS è stata

valutata con CST e 1-hour PAD test, il tasso di cura soggettivo con ICIQ-SF e PGI-I. La QoL è stata

valutata usando il KHQ. Analisi statistica: X2 , t-test, Fisher exact test (p<0.05). Studio approvato dal

comitato etico locale.

Risultati 49 pz con IUS o IUM associata ad ID, età media 58.6±7.7 anni, BMI mediana 27.1 (18.2-38.4), parità

mediana 2 (0-4) sono state sottoposte a TOT. F-up mediano di 40 mesi (range 25-41). Nessuna

complicanza intraoperatoria. 4 pz (8.2%) hanno avuto 1 episodio di ritenzione urinaria (RU) post TOT

(RPM: > 100ml) trattata con 3 cateterismi intermittenti al giorno (3 pz per 48 ore, 1 per 4 giorni). Il tasso

di successo oggettivo per IUS è stato 85.7% (42 pz), quello soggettivo 81.5% (44 pz). I risultati del PGI

sono riportati in Tab.1a; i sintomi pre e post operatori in Tab.1b. I sintomi da riempimento (SR)

migliorano dopo TOT: urgenza e incontinenza da urgenza scompaiono in 16/26 (61.5%) e 15/23 (65.2%)

pz rispettivamente, e compaiono “de novo” in 3 e 2 pz. I SR persistenti migliorano con anti muscarinici

(12/15 pz). I sintomi da svuotamento (SS) non migliorano ma questo non influenza la QoL. Il KHQ

migliora in tutti i domini, anche nelle pz con SS persistenti. L’esame urodinamico post TOT non mostra

cambiamenti statisticamente significativi (Tab.1c). L’ID persiste nel 42.9% delle pz (PdetQmax <13

mmHg) nessuna pz è urodinamicamente ostruita sec. il nomogramma di Blaivas e Groutz.

Discussione La TOT non influenza la fase di svuotamento vescicale nelle pz con ID pre-op. Dopo TOT il 57.1% delle

pz presenta una normale contrattilità del detrusore, probabilmente per l’aumentata resistenza uretrale

periferica e quindi del lavoro detrusoriale. Interessante è capire se il valore di Pdet Qmax<13 mmHg può

essere considerato un cut off, al di sotto del quale il detrusore non è capace di migliorare la performance.

Conclusioni L’ID pre operatoria in pazienti con IU non influenza l’outcome della TOT.

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SLING TOT: VARIAZIONE DEL GRADO DI SODDISFAZIONE AL FOLLOW UP A BREVE E

MEDIO TERMINE

M. Seveso, L. Castaldo, G. Taverna, R. Hurle, G. Giusti, N. Buffi, P. Casale, G. Lughezzani, A. Benetti,

G. Fiorini, L. Pasini, S. Zandegiacomo, S. Proietti, R. Peschechera, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro Il posizionamento di sling TOT rappresenta il gold standard nel trattamento dell’incontinenza urinaria da

sforzo femminile (SUI). Scopo di questo lavoro è la valutazione dei risultati funzionali, delle complicanze

e sopratutto del grado di soddisfazione da parte delle pazienti sottoposte a tale procedura, confrontando i

risultati al follow up a 1 anno e a 5 anni.

Materiali e metodi Abbiamo valutato 55 pazienti sottoposte a posizionamento di sling TOT e per le quali era disponibile un

follow up di almeno 5 anni. Tutte le pazienti erano state studiate pre-operatoriamente con anamnesi,

esame obiettivo con cough stress test, International Consultation on Incontinence Questionnaire-Short

Form e valutazione urodinamica. Le pazienti sono state valutate successivamente al posizionamento della

sling TOT a 15 giorni, un mese, 6 mesi, un anno ed in seguito annualmente, per determinare il grado di

cura oggettivo e soggettivo mediante utilizzo di un Visual Analog Scale (VAS), esame pelvico,

registrazione dei disturbi minzionali ed eventuali complicanze. Abbiamo considerato le pazienti guarite se

cough stress test negativo, utilizzo di 0 assorbenti e nessuna necessità di nuovi trattamenti farmacologici o

chirurgici.

Risultati La durata media dell’intervento è stata di 18 minuti, con perdite ematiche di 56 ml (20-150). Il follow up

medio è stato di 63 mesi (range 60-71). Non ci sono state complicanze intraoperatorie. Il catetere è stato

rimosso in prima giornata in tutte le pazienti ed è stato valutato il residuo post minzionale. Nel 91% dei

casi, le pazienti sono state dimesse dopo la prima giornata. Cause di più lunga degenza sono state:

iperpiressia (2/55) e residuo post minzionale superiore ai 150 cc (3/55). Al follow up ad un anno, il 92%

delle pazienti ha riportato uno VAS superiore all’80%, mentre a 5 anni solo il 69% (p value 0,001). Il

grado di cura soggettivo si è ridotto dall’84% dopo un anno al 62% a 5 anni. Ad un anno, l’85%

presentava una cura oggettiva mentre a 5 anni l’82% (p value 0,4). Le complicanze sono state classificato

in accordo alla classificazione di Clavien Dindo con 4 pazienti grado I, 6 con grado II, 3 con grado IIIa. 3

pazienti hanno lamentato una incontinenza urinaria da urgenza de novo, mentre il 30% ha lamentato la

persistenza dei disturbi urinari da urgenza. Ad 1 anno dall’intervento, la percentuale complessiva di

pazienti con incontinenza da urgenza era del 36% mentre a 5 anni è risultata del 48%. 2 pazienti hanno

necessitato di un nuovo intervento per recidiva della SUI.

Discussione La sling TOT è una metodica sicura ed efficace per il trattamento dell’incontinenza urinaria da stress.

Conclusioni I risultati a medio termine evidenziano però un peggioramento del grado di soddisfazione delle pazienti

per l’incidenza dell’urgenza minzionale/urge incontinence nonostante il mantenimento dei benefici

oggettivi.

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ESTRIOLO INTRAVAGINALE A BASSO DOSAGGIO E RIABILITAZIONE DEL

PAVIMENTO PELVICO NELLE DONNE IN POST-MENOPAUSA CON INCONTINENZA

URINARIA DA SFORZO

G. Giovanditti, D. castellani, P. saldutto, V. galica, C. cicconeti, D. biferi, A. piccirilli, A. vallone, G.

paradiso galatioto, C. vicentini (teramo , italia )

Scopo del lavoro Scopo del lavoro è stato quello di valutare l’uso di estriolo associato agli esercizi del pavimento pelvico,

all’elettrostimolazione e al biofeedback nell’incontinenza urinaria da sforzo (IUS)in donne in post-

menopausa

Materiali e metodi 82 donne con IUS in post-menopausa sono state randomizzate in due gruppi tra giugno 2009 e giugno

2014. I criteri di inclusione sono stati: nessun trattamento chirurgico pregresso per IUS e/o prolasso uro-

genitale, assenza di incontinenza urinaria da urgenza, stadio ≤2 POP-Q system, assenza di insufficienza

epatica, assenza di neoplasie mammarie e/o uterine, assenza di pregressatrombosi venosa profonda, body

mass index≤ 30 kg/m2. La severità dell’incontinenza è stata graduata secondo O’Sullivan in lieve (4–20

g/24 hr), moderata (21–74 g/24 hr) e severa (>75 g/24 hr). Le pazienti con incontinenza severa sono state

escluse dallo studio. Il gruppo 1 ha ricevuto per 6 mesi l’associazione di esercizi del pavimento pelvico,

elettrostimolazione transvaginale e biofeedback. Il gruppo 2 lo stesso trattamento associato a 1 mg di

estriolo intravaginale una volta alla settimana per 4 settimane e quindi due ovuli alla settimana per 20

settimane. Le pazienti sono state valutate con esame obiettivo, esame urodinamico, pad test a 24 ore. la

IUS è stata valutata usando la versione ridotta dell’ICI questionnaire on urinary incontinence e la qualità

della vita usando la versione ridotta dell’Incontinence Impact Questionnaire.

Risultati Due pazienti sono state perse al follow-up ed una è uscita volontariamente dallo studio. A 6 mesi la

perdita media di urina al pad test è scesa da 42,3±20,2 gr/die a 31,5±14,2 gr/die nel gruppo 1 e da

48,3±19,8 gr/die a 22,3±10,1 gr/die nel gruppo 2. I questionari sull’incontinenza hanno evidenziato un

miglioramento statisticamente significativo migliore nel gruppo 2 rispetto al gruppo 1.

Discussione il basso apparato urinario femminile è sensibile agli estrogeni.Questo è supportato dall’evidenza che il

deficit estrogenico in post-menopausa causa cambiamenti atrofici non solo nei genitali, ma anche nel

basso apparto urinario. Questa atrofia può determinare sintomi minzionali (urgenza, frequenza,

incontinenza da sforzo) e infezioni del tratto urinario. I risultati del nostro studio evidenziano che

l’aggiunta dell’estriolo intravaginale ai classici trattamento conservativi di prima linea migliorano

l’incontinenza urinaria e la qualità della vita rispetto al gruppo non trattato con estrogeni. Questa efficacia

può essere spiegata con il miglioramento che l’estriolo apporta alla funzione del pavimento pelvico

ottenuta con gli esercizi e l’elettrostimolazione. Infatti l’effetto dell’estriolo nel fattore di “sofficità

uretrale”gioca un ruolo importante nell’efficienza di chiusura uretrale generata dal pavimento pelvico in

risposta agli incrementi di pressione addominale

Conclusioni L’estriolo associato all’elettrostimolazione agli esercizi del pavimento pelvico e al biofeedback è un

trattamento conservativo efficace e sicuro in donne in post-menopausa con IUS

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LA VALUTAZIONE URODINAMICA PRIMA DI ESEGUIRE UNA CORREZIONE

CHIRURGICA PER L’INCONTINENZA DA STRESS IN PAZIENTI DONNE: ANALISI DEI

COSTI IN ITALIA

E. Finazzi Agrò, G. Patruno, D. Del Fabbro, F. Petta, G. Vespasiani, M. Serati (Roma)

Scopo del lavoro Il ruolo dell’esame urodinamico (UD) è stato recentemente messo in discussione: in particolare, pazienti

con incontinenza non complicata, da stress (IUS) o mista, sembrano mostrare gli stessi risultati post-

operatori se esaminati con o senza UD. Recenti dati statunitensi mostrano un potenziale risparmio di circa

13-33 mln di $ se l’UD non fosse eseguito rispettivamente in una bassa o alta percentuale di pazienti non

complessi (PNC). Questo studio si propone di valutare i costi dell’UD prima della chirurgia per l’IUS in

Italia e il possibile risparmio escludendo questi esami nei PNC.

Materiali e metodi I costi dell’UD sono stati calcolati considerando il massimo DRG previsto dal SSN per la prestazione di

cistomanometria, studio pressione-flusso e profilo di pressione uretrale. Il totale dei costi delle procedure

chirurgiche è stato calcolato dal database dei centri di uroginecologia e urologia del 2012. La percentuale

di pazienti considerati PNC sono stati estrapolati dalla letteratura. I costi sono stati calcolati come se ogni

paziente prima dell’intervento fosse sottoposto a UD con il massimo DRG. I costi sono stati calcolati in €

e in $ e il totale potenzialmente risparmiabile è stato riconsiderato in totale e per 1000 abitanti.

Risultati Il massimo DRG per l’UD è di 206 € (223,07 $). Nel 2012 sono stati eseguite circa 10.000 procedure

chirurgiche per IUS. Il massimo rimborso totale per l’UD in questi pazienti è di 2.060.000 € (2.230.700

$). La percentuale di PNC in Italia è del 36%; quindi il risparmio teorico è di 741.600 € (802.441,20 $). Il

totale di interventi per IUS in Italia è 1/6000 abitanti (popolazione circa 60.000.000); negli US è 1/1215

abitanti (popolazione US: 316.000.000); il totale risparmiato per 1000 abitanti è di 13,72$ in Italia, negli

US tra 41,14 $ e 104,43$.

Discussione Escludendo l’UD nei PNC prima della chirurgia per IUS si possono risparmiare un totale di 741.600 €

(802.441,12 $, 13,72$/1000 persone). Queste cifre sembrano considerabilmente più basse di quelle

stimate per gli US (13-33 mln $; 41,14-104,43 $/1000 abitanti). Le ragioni di questa differenza sono: un

numero più basso di interventi eseguiti in Italia (corretti per la popolazione totale); DRG per l’UD più

bassi; un numero più basso di PNC calcolato in letteratura (36 vs. 50%). Limiti dello studio: i costi sono

stati calcolati nell’ipotesi di omettere l’UD in tutti i PNC; non è stato considerato il privato. I punti di

forza sono: dati su % di PNC, interventi e rimborsi provenienti da database multicentrici e dati ufficiali

del SSN. Il totale risparmiabile in Italia sembra più basso che negli US, e forse poco rilevante rispetto ai

costi globali per l’incontinenza urinaria (300 mln di € l’ anno per gli ausili per l’incontinenza, secondo la

Federazione Italiana Incontinenti).

Conclusioni I costi dell’UD sembrano moderati in Italia e più bassi rispetto a quelli riportati negli US; il risparmio

ottenuto dalla non esecuzione dell’UD nei PNC non sembra rilevante in confronto ai costi totali

dell’incontinenza urinaria.

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L'AUMENTATA ESPRESSIONE DEL FATTORE AUTOCRINO DI MOTILITà (G6PI/AMF) SI

ASSOCIA CON UNA PROGNOSI PEGGIORE E PROMUOVE LA MIGRAZIONE

CELLULARE, L'INVASIONE E L'ANGIOGENESI NEL CARCINOMA RENALE A CELLULE

CHIARE

M. Rutigliano, G. Lucarelli, V. Galleggiante, A. Giglio, S. Palazzo, M. Campagna, C. Miacola, F.

Selvaggi, C. Bettocchi, P. Ditonno, M. Battaglia (Bari)

Scopo del lavoro La Glucosio-6-fosfato isomerasi (G6PI) o fosfoglucosio isomerasi, rappresenta il secondo enzima

glicolitico nella via che porta all’interconversione del glucosio-6-fosfato in fruttosio-6-fosfato. Recenti

studi attribuiscono alla G6PI anche il ruolo di fattore autocrino di motilità (AMF). Quest'ultimo media i

suoi effetti biologici attraverso l’interazione con il recettore di membrana (AMFR/gp78). Il nostro studio

ha valutato il ruolo dell’interazione G6PI/AMFR nei processi di migrazione cellulare, invasione ed

angiogenesi nell'ambito del carcinoma renale a cellule chiare (ccRCC). Inoltre, è stato analizzato il

significato prognostico della G6PI nella sopravvivenza cancro specifica (CSS) e libera da malattia (PFS).

Materiali e metodi Sono stati analizzati campioni di tessuto renale sano e tumorale provenienti da 120 pazienti sottoposti a

nefrectomia radicale per ccRCC. L’immunoistochimica (IHC) e l'immunofluorescenza (IF) sono state

impiegate per determinare la localizzazione e l’espressione delle proteine G6PI e AMFR all’interno del

tessuto paraffinato. Mentre, dal tessuto raccolto a fresco, sono state isolate le cellule epiteliali normali e

tumorali ed utilizzate per i test di migrazione, invasione cellulare ed angiogenesi in vivo mediante la

tecnica della membrana corioallantoidea (CAM).

Risultati L'IHC ed IF hanno mostrato un aumento del segnale di G6PI e AMFR nelle cellule tumorali e la loro co-

localizzazione sulla membrana plasmatica. Dai test in vivo ed in vitro è emerso che AMFR è implicato

nei processi di migrazione cellulare, invasione ed angiogenesi. Infine, le curve di Kaplan-Meier hanno

dimostrato una ridotta sopravvivenza nei pazienti con elevati livelli di G6PI (a 5 anni: CSS 57.6% vs

94.2%; PFS 52.9% vs 95.1%). All'analisi multivariata, la G6PI rappresenta un fattore prognostico avverso

indipendente per la CSS (HR=1.26; P=0.001), e la PFS (HR=1.16; P=0.01).

Discussione L'enzima glicolitico G6PI/AMF e il suo recettore di superficie (AMFR), sono coinvolti nei processi di

migrazione cellulare, invasione e angiogenesi. Inoltre pazienti con elevati livelli di questo enzima

presentano una ridotta sopravvivenza cancro-specifica e una ridotta sopravvivvenza libera da

progressione rispetto ai pazienti con bassi livelli di espressione.

Conclusioni I nostri risultati suggeriscono un coinvolgimento dell’interazione G6PI/AMFR nei processi di migrazione

cellulare, invasione ed angiogenesi nell'ambito del ccRCC. Inoltre, la G6PI rappresenta un fattore

prognostico indipendente per la CSS ed la PFS.

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ANALISI DEL PROFILO METABOLOMICO DELLA GLICOLISI E DELLA VIA DEI

PENTOSO FOSFATI NEL CARCINOMA RENALE A CELLULE CHIARE

G. Lucarelli, V. Galleggiante, M. Rutigliano, A. Giglio, S. Palazzo, A. Vavallo, C. Miacola, M. Matera,

F. Selvaggi, C. Bettocchi, P. Ditonno, M. Battaglia (Bari)

Scopo del lavoro In questo studio abbiamo analizzato il profilo metabolico della glicolisi e della via dei pentoso

fosfati(PPP) in cellule primarie ottenute da carcinoma renale a cellule chiare(ccRCC).Inoltre abbiamo

studiato la funzione di queste due vie metaboliche nel favorire la proliferazione e l’invasione

cellulare.Infine è stato analizzato il ruolo di alcuni enzimi chiave del metabolismo glicidico come

possibili fattori prognostici nella sopravvivenza cancro-specifica(CSS) e libera da malattia(PFS).

Materiali e metodi Sono stati raccolti campioni di tessuto renale sano e tumorale da 60 pazienti sottoposti a nefrectomia

radicale per ccRCC.L’analisi metabolica è stata effettuata attraverso spettrometria di massa con

Cromatografia liquida (LC/MS) o Gas cromatografia (GC/MS).E' stata analizzata l’espressione degli

enzimi della glicolisi e della PPP. Sono state effettuate analisi di immunoistochimica per identificare la

localizzazione e l’espressione delle diverse proteine.Infine sono stati condotti saggi ELISA, test di vitalità

cellulare tramite conte cellulari ed MTT e saggi di immunofluorescenza per la produzione di radicali

liberi(ROS).

Risultati Nel tessuto neoplastico è stato osservato un aumento dell’uptake e dell’utilizzo del glucosio come anche

un incremento dell’attività degli enzimi glicolitici(P<0.0001).Anche l’espressione degli enzimi della PPP

in particolare G6PDH(glucose-6-phosphate dehydrogenase) e TKT(Transketolase) risultava

aumentata(P<0.0001).Questi risultati, suggeriscono che nelle cellule tumorali esiste un shift del

metabolismo degli zuccheri verso la via PPP, con lo scopo di promuovere le reazioni anaboliche e di

mantenere l’omeostasi ossido-riduttiva intracellulare.In particolare abbiamo ipotizzato che la G6PDH

avesse un ruolo chiave sia nella proliferazione delle cellule tumorali renali che nella produzione di

NADPH. Questa ultima ipotesi è stata validata bloccando l’attività della G6PDH attraverso un inibitore

competitivo, la 6-aminonicotinamide(6-AN), e con la tecnologia dei siRNA.L’inibizione dell’enzima

nelle cellule tumorali, ha determinato una significativa diminuzione della vitalità cellulare(P=0.001), una

diminuzione dei livelli di NADPH(P=0.001) ed un incremento della produzione dei ROS(P=0.001). Il

dato traslazionale è stato validato attraverso curve di Kaplan-Meier per la CSS e PFS, che hanno

evidenziato come i pazienti con elevata espressione di G6PDH e TKT presentavano ridotte

sopravvivenze.

Discussione Nel ccRCC esiste uno shift del metabolismo degli zuccheri verso la via PPP allo scopo di favorire i

processi anabolici e mantenere l'equilibrio redox intracellulare.

Conclusioni I nostri dati suggeriscono che nel ccRCC il metabolismo degli zuccheri è reindirizzato verso la via PPP.

In particolare il flusso degli zuccheri attraverso la PPP, in associazione con la up-regolazione della

G6PDH, promuove sia reazioni anaboliche che di blocco della produzione dei ROS. Il blocco di questa

via metabolica potrebbe rappresentare un nuovo target terapeutico nel ccRCC.

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L’ANALISI INTEGRATA DEL PROFILO METABOLOMICO E TRASCRITTOMICO

IDENTIFICA NUOVE PATHWAY MOLECOLARI E POTENZIALI TARGET TERAPEUTICI

NEL CARCINOMA RENALE A CELLULE CHIARE.

G. Lucarelli, V. Galleggiante, M. Rutigliano, A. Giglio, S. Palazzo, A. Vavallo, F. Giangrande, S. Forte,

O. Colamonico, F. Sebastiani, F. Selvaggi, C. Bettocchi, P. Ditonno, M. Battaglia (Bari)

Scopo del lavoro La progressiva introduzione di tecnologie high-throughput ha portato ad una comprensione approfondita

dei meccanismi molecolari alla base dello sviluppo del cancro. L'analisi del metabolismo delle cellule

tumorali ha dimostrato come queste richiedano una grande quantità di diverse sostanze nutritive, al fine di

sostenere la loro elevata capacità proliferativa. In questo studio abbiamo analizzato il profilo metabolico

globale del carcinoma renale a cellule chiare (ccRCC), integrandolo attraverso metodiche di

bioinformatica con il profilo di espressione genica.

Materiali e metodi Campioni di tessuto renale neoplastico (n=40) e nomale (n=20) sono stati raccolti da pazienti sottoposti a

nefrectomia radicale o parziale per ccRCC. L’analisi dei metaboliti è stata eseguita con cromatografia-

liquida/spettrometria di massa(LC/MS) o gas-cromatografia/spettrometria di massa(GC/MS). I metaboliti

sono stati successivamente classificati in base alle pathway metaboliche in cui sono coinvolti ed è stata

eseguita una “random forest classification” (RF) e “una principal component analysis” (PCA) sui dati.

Successivamente, attraverso l’utilizzo di “Cytoscape”, il profilo metabolomico globale è stato integrato

con quello trascrittomico proveniente di dati pubblicati nel Cancer Genome Atlas (TCGA).

Risultati Sono stati dosati un totale di 516 metaboliti di cui 378 (73.2%) differentemente espressi tra tessuto

neoplastico e normale (187 sovraespressi;191 sottoespressi). L’applicazione delle analisi RF e PCA ha

permesso di evidenziare una chiara distinzione nel profilo metabolomico tra tessuto sano e patologico. In

particolare il ccRCC presenta una profonda perturbazione nel metabolismo del glucosio e della via dei

pentoso fosfati. Inoltre a causa dell’accelerata glicolisi, si evidenzia un’aumentata produzione di

intermedi del ciclo di Krebs (citrato e succinato) e l’attivazione della via glutaminolitica (elevati livelli di

glutamato e glutamina).Altre alterazioni coinvolgono il metabolismo degli aminoacidi e degli acidi grassi.

Infine l’integrazione dei dati di metabolomica con quelli relativi al profilo di espressione genica hanno

consentito di generare delle network bayesiane che hanno evidenziato il modo in cui i geni regolano le

attività metaboliche cellulari nel tumore.

Discussione In questo studio viene definito per la prima volta il metaboloma del ccRCC. In particolare l’analisi del

profilo biochimico globale ha dimostrato una profonda alterazione delle vie metaboliche coinvolgenti il

metabolismo dei glicidi, dei lipidi e degli aminoacidi. Inoltre l’analisi integrata ha consentito di

comprendere in che modo un’alterata espressione genica si associa alle perturbazioni metaboliche nel

ccRCC.

Conclusioni Il ccRCC è essenzialmente una malattia metabolica in cui le alterazioni delle vie di trasduzione del

segnale si associano a profonde perturbazioni del metabolismo cellulare.L’analisi di queste alterazioni

rappresenta la base per la scoperta di nuovi marcatori e l’identificazione di nuovi target terapeutici.

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MODULAZIONE DEL METABOLISMO LIPIDICO E GLICIDICO IN COLTURE CELLULARI

PRIMARIE E CANCER STEM CELLS DI CCRCC: UN NUOVO APPROCCIO PER

L’IDENTIFICAZIONE DI TARGET TERAPEUTICI

C. Meregalli, S. Bombelli, B. Torsello, G. Bovo, P. Viganò, R. Perego, C. Bianchi, G. Strada (Monza)

Aim of the study Nel carcinoma renale a cellule chiare (ccRCC) le cellule hanno citoplasma chiaro per l’abbondante

accumulo di lipidi e glicogeno. L’inattivazione bi-allelica del gene von Hippel -Lindau causa attivazione

costitutiva dei fattori inducibili dall’ipossia 1a e 2a che hanno un ruolo chiave nelle alterazioni del

metabolismo glicidico e lipidico responsabili del fenotipo “clear” nell’ccRCC. Inoltre l’analisi proteomica

e metabolomica di tessuti e urine di pazienti ccRCC ha evidenziato alterazioni grado-dipendenti. Anche

nell’ccRCC è stata dimostrata l’esistenza di un sottogruppo di cellule chiamate “cancer stem cells” (CSC)

responsabili del mantenimento della crescita tumorale e della chemioresistenza. Ad oggi non si hanno dati

sul metabolismo delle CSC e in particolare sulle CSC nell’ccRCC. Le CSC e le cellule dell’ccRCC

potrebbero differentemente utilizzare il metabolismo glicidico e lipidico in base al grado tumorale, e su

questo diverso comportamento metabolico potrebbero convergere potenziali interventi terapeutici. Scopo

del nostro lavoro è stato quello di valutare l’effetto dell’inibizione di vie metaboliche specifiche, in

particolare della glicolisi e della beta-ossidazione degli acidi grassi (FAO), sulla vitalità delle cellule di

ccRCC e sulla capacità di self-renewal delle CSC ottenute da tumori a diverso grado.

Materials and methods Da campioni tessutali di ccRCC a diverso grado Fuhrman sono state allestite colture primarie di cellule

tumorali e di sfere tumorali clonali in sospensione arricchite in CSC. Entrambi i modelli cellulari sono

stati caratterizzati dal punto di vista fenotipico e molecolare, e sono stati coltivati, rispettivamente per 72

ore e 7 giorni, in terreni addizionati con 5 mM 2DG (inibitore della glicolisi) o con 50 uM Etomoxir

(inibitore della FAO). Al termine del trattamento la vitalità cellulare delle colture è stata valutata con

saggio MTT, mentre la capacità di self-renewal delle CSC è stata valutata misurando l’efficienza di

formazione delle sfere (SFE).

Results Il saggio MTT ha evidenziato una diminuzione della vitalità cellulare solo nelle colture cellulari di tumori

di basso grado (G2) trattate con Etomoxir, e in quelle di alto grado (G3) trattate con 2DG. Solo le colture

di sfere tumorali ottenute da tumori di alto grado (G3) mostravano una significativa diminuzione della

SFE per effetto di Etomoxir e 2DG.

Discussion I dati ottenuti, seppure preliminari, dimostrano quindi che le cellule dell’ccRCC dipendono

metabolicamente dalla FAO e dalla glicolisi in modo differente in base al grado, e che l’inibizione della

glicolisi e della FAO ha un effetto diverso e grado-dipendente sulla vitalità delle cellule di ccRCC e sulla

capacità di self-renewal delle relative CSC.

Conclusions La comprensione degli aspetti metabolici delle cellule tumorali e delle CSC nell’ccRCC e delle

correlazioni con il grado tumorale faciliterà lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche personalizzate e

mirate verso le CSC.

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P 94

L'ESPRESSIONE DEL GENE EGF-R NEL LIQUIDO DI LAVAGGIO VESCICALE: UNO

STUDIO DI FATTIBILITà

C. Scalici Gesolfo, V. Alonge, F. Di Maida, G. Tulone, A. Cangemi, S. Caruso, A. Russo, V. Serretta

(Palermo)

Scopo del lavoro L' Epidermal Growth Factor (EGF) è un potente promotore della crescita tumorale. La sua concentrazione

è ridotta nelle urine dei pazienti affetti da tumore vescicale confermando il ruolo svolto dall' interazione

col proprio recettore (EGFR) nello sviluppo e nella progressione tumorale. L'EGFR è iperespresso nei

tumori invasivi e di alto grado. L'obiettivo del nostro studio è quello di valutare la fattibilità del dosaggio

dell'EGFR nel liquido di lavaggio vescicale nei pazienti affetti da tumori vescicali non muscolo invasivi

(NMIBC).

Materiali e metodi Sono stati reclutati pazienti affetti da NMIBC sottoposti a chemioterapia endovescicale adiuvante e

controlli sani di età analoga. In uno studio preliminare, è stato selezionato il lavaggio vescicale piuttosto

che le urine per la loro variabilità la più facile contaminazione. Campioni di lavaggio vescicale sono stati

raccolti sia prima, durante e dopo la terapia endovescicale che durante il follow- up, centrifugati 2 volte a

1200 rpm per 10 minuti in una soluzione salina fredda tamponata coi fosfati ottenendo un pellet cellulare

conservato poi a -80 °C. L'espressione genica dell'EGFR è stata valutata isolando l’RNA tramite Real

Time- PCR e con il metodo della quantizzazione comparativa (ΔΔCt) utilizzando il controllo endogeno

18s per normalizzare il segnale relativo all’mRNA. Ogni reazione è stata allestita in triplice controllo. I

valori di espressione genica sono stati presentati come incremento o decremento in fold rispetto ai casi

controllo (valore pari a 1)

Risultati Sono stati reclutati 32 pazienti e 13 controlli. In totale sono stati raccolti 52 campioni di lavaggio

vescicale. I pellet cellulari per l'espressione dell'EGFR sono stato ottenuti in 26 pazienti (81,2%), 22

maschi e 4 femmine, con un'età media di 71 anni (range:52-83) e in 10 controlli (76,9%). Rispettivamente

8, 16 e 2 pazienti presentavano dei tumori di stadio Ta, T1 e Tis; singoli in 7 e multipli in 17; primitivi in

11 e recidivi in 16. In 6 pazienti è stato diagnosticato un Tis concomitante. L'espressione media

dell'EGFR è risultata 2,4 fold comparata ai controlli (EGFR =1). Quattro pazienti (15%) presentavano alti

livelli di EGFR dopo TUR con una mediana di 4 fold . L'espressione dell'EGFR è aumentata in 9 pazienti

(34%) con una mediana di 4 fold (range: 2,5-8) ritornando entro il limite in 3 di essi dopo terapia

adiuvante.

Discussione L'EGFR si localizza nello strato basale dell'urotelio. La sua attivazione promuove la crescita cellulare

bloccando l'apoptosi e inducendo la proliferazione, la motilità, l'adesione e la capacità d'invasione. Il

nostro studio suggerisce la fattibilità del dosaggio dell'EGFR nei NMIBC evitando la biopsia. É stato

tecnicamente possibile valutare l'espressione del gene EGFR dopo la TUR in più dell'80% dei pazienti e

nel 15% di essi è risultato up- regolato.

Conclusioni L'EGFR potrebbe rappresentare non solo un importante marker prognostico ma anche un target per

terapie future.

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AZIONE CHEMIO-PREVENTIVA E TRATTAMENTO DELLE LESIONI VESCICALI

RECIDIVANTI SUPERFICIALI: RISULTATI PRELIMINARI

F. MASTROENI, P. Pappa (MESSINA)

Scopo del lavoro L’ obiettivo dello studio è di studiare l’evoluzione delle recidive delle neoplasie vescicali superficiali con

grading basso in pazienti di sesso maschile e femminile di età comprese fra i 50 e 80 anni con storia di

neoplasia vescicale primitiva e recidivante , sottoponendoli a terapia con un complesso a base di Acido

Ellagico e Annone Muricata immediatamente dopo l’asportazione endoscopica delle lesioni.

Materiali e metodi Lo studio prevede il reclutamento di tre gruppi di pazienti in relazione alle tre diverse categorie •

GRUPPO A (basso rischio: lesione unica, Ta, G1, volume < 3 cm di diametro) • GRUPPO B (rischio

intermedio: multifocale, Ta-T1, G1-G2, volume > 3 cm di diametro) • GRUPPO C (alto rischio:

multifocale o con alto tasso di recidiva T1, G3, CIS) Tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia con

somministrazione del complesso di Acido Ellagico 16 mg ed Annona Muricata 100 mg/die per 6 mesi e

sottoposti a cistoscopia di follow-up dopo 6 mesi dall’asportazione della lesione primaria. E’ stata

valutata l’eventuale tempo di recidiva o assenza di lesioni.

Risultati GRUPPO A: 30 pazienti eta’ media 67 anni, nessun paziente ha presentato a 6 mesi una recidiva locale

GRUPPO B: 30 pazienti eta’ media 68 anni, 3 pazienti (10%) hanno presentato una recidiva locale

inferiore al centimetro GRUPPO C: 20 pazienti età media 71 anni 6 pazienti (30%) hanno presentato una

recidiva di cui 4 pazienti (20%) multifocale di dimensioni inferiori a 5 mm e 2 pazienti (10%) monofocale

di dimensioni di circa 1 cm. Tutti i 20 pazienti di questo gruppo sono stati sottoposti a terapia

endocavitaria.

Discussione Il carcinoma superficiale della vescica (Ta, Tis, T1), trattato con resezione endoscopica (TUR-BT),

presenta un alto, seppur variabile, rischio di recidiva (30-85%) (5). Tale rischio anche nei tumori a basso

grado è rispettivamente del 34%, 50% e 64% a 2, 5 e 10 anni (6). Anche se di non facile interpretazione, è

stata sottolineata l'importanza del fattore radicalità chirurgica. Tuttavia, generalmente i fattori prognostici

che definiscono il rischio di recidiva della malattia sono, in ordine di importanza: la multifocalità, il

tempo di insorgenza della prima recidiva, il volume della lesione, il grado ed infine lo stadio T. Il rischio

di progressione del carcinoma uroteliale superficiale, verso una forma più avanzata è subordinato agli

stessi fattori sopracitati, ma con un diverso ordine di importanza: grado, stadio T, multifocalità, frequenza

delle recidive e volume della neoplasia.

Conclusioni Tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia con somministrazione del complesso di Acido Ellagico 16

mg ed Annona Muricata 100 mg/die per 6 mesi e sottoposti a cistoscopia di follow-up dopo 6 mesi

dall’asportazione della lesione primaria con una risposta positiva correlata ai dati della letteratura

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P 96

POLIMORFISMO GENETICO COME FATTORE PREDITTIVO DI

UPGRADING/UPSTAGING NELLA NEOPLASIA PROSTATICA A BASSO RISCHIO: STUDIO

PROSPETTICO SU UNA SERIE CONSECUTIVA DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A

PROSTATECTOMIA RADICALE

G. Costa, A. Guttilla, M. Mancini, P. Beltrami, G. Toffoli, C. Zanusso, R. Bortolus, F. Zattoni, F. Dal

Moro (Padova)

Scopo del lavoro Scopo del lavoro e' stato valutare la correlazione tra l'espressione di polimorfismi di alcuni geni coinvolti

nella riparazione del DNA e la presenza di caratteristiche patologiche sfavorevoli (quali malattia

localmente avanzata e valori di Gleason score elevato) nei preparati istologici di un gruppo di pazienti

con tumore alla prostata a basso rischio sottoposto a prostatectomia radicale. I dati ottenuti dall’analisi di

tali correlazioni possono risultare utili nella creazione di un panel di fattori predittivi.

Materiali e metodi Sono stati analizzati i dati clinico-strumentali e le caratteristiche patologiche di 45 soggetti con neoplasia

prostatica a classe di rischio bassa secondo D’Amico (cT1-cT2a, Gleason score < 6, PSA < 10 ng/ml) e

sottoposti a prostatectomia radicale. In particolare i parametri analizzati sono stati: eta', PSA, rapporto

PSA libero/totale, volume TRUS, numero di prelievi alla biopsia, numero di frustoli positivi, rapporto

massimo neoplasia frustolo. Si e' provveduto a raccogliere un campione di saliva da ogni singolo paziente

al fine di analizzare i polimorfismi genetici ricercati. Sui campioni ottenuti e' stata eseguita l’estrazione

del DNA e l'analisi dei polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) hEXO1 Ex12+49T>C, hMSH6 556T>G

e XPD 23591A>G.

Risultati Nel 55.7% dei casi si e' verificato un upgrading e nel 26.7% upstaging della malattia, confermando il

ruolo predittivo del PSA sia per l’upgrading (p = 0.0169), sia per l'upstaging (p = 0.0376), che per

upgrading associato ad upstaging (p = 0.0040). Inoltre l’eta' del paziente risulta essere fattore predittivo di

upgrading (p = 0.0045) e il volume prostatico alla TRUS di upstaging patologico (p = 0.0281). Infine, e'

stata riscontrata una correlazione con il numero di frustoli positivi alla biopsia diagnostica e upstaging

patologico (p = 0.0191) e upstaging/upgrading associati (p = 0.0349). Per quanto riguarda i risultati delle

analisi dei SNPs, sono emerse delle correlazioni potenzialmente interessanti, ma non statisticamente

significative dato l’esiguo numero di pazienti da cui e’ composto lo studio. La correlazione piu' forte e'

emersa tra upstaging e il polimorfismo XPD_23591A>G secondo il modello A dominante (p = 0.164).

Un'altra correlazione potenzialmente interessante e' stata verificata tra upgraging e polimorfismo

hEXO1_Ex12+49 – T>C secondo il modello dell’allele T dominante (p = 0.256).

Discussione Il presente studio ha confermato come alcuni tra i parametri clinico-patologici piu' utilizzati siano

predittivi di upgrading e upstaging patologico (PSA in primis). L'analisi statistica ha evidenziato come i

polimorfismi non possiedano una capacita' predittiva tale da giustificare un loro impiego in modo

solitario, ma potrebbe risultare maggiormente significativo un loro utilizzo in associazione con altri

parametri clinico-patologici (in un panel predittivo).

Conclusioni Questo studio aveva la finalita' di testare metodica e risultati ottenuti da questa fase 'pilota' ne autorizzano

la prosecuzione prospettica.

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P 97

LA PERDITA D’ESPRESSIONE DI LKB1/STK11 è UN EVENTO PRECOCE NELLO

SVILUPPO DEL CARCINOMA PROSTATICO E PREDICE LA RISPOSTA TERAPEUTICA

AGLI INIBITORI DI P38α

V. Grossi, G. Lucarelli, G. Forte, A. Germani, M. Rutigliano, V. Galleggiante, S. Palazzo, P. Ditonno, N.

Resta, C. Simone, M. Battaglia (Bari)

Scopo del lavoro Recentemente è stato dimostrato che topi knockout per il gene LKB1 sviluppano iperplasia atipica e

neoplasia prostatica intraepiteliale(PIN). Inoltre, l’iperespressione e iperattivazione della via di p38

nell’iperplasia prostatica benigna e soprattutto nel PCa, è stata associata ad una aumentata proliferazione

e sopravvivenza cellulare. In questo studio abbiamo valutato il ruolo di LKB1 nella carcinogenesi

prostatica e l’associazione tra l’attività della pathway di LKB1/AMPK e la via di p38, al fine

d’identificare nuovi target terapeutici.

Materiali e metodi Abbiamo analizzato 130 prostate provenienti da pazienti sottoposti a prostatectomia radicale per

carcinoma prostatico (PCa). Sono stati allestiti tissue microarray (TMA), colture cellulari tumorali di

linea continua (PC3, DU145, LnCaP, VCap) e primarie derivanti da tessuto prostatico. Tali campioni

sono stati analizzati mediante Immunoblotting e real-time PCR. Infine, sono stati condotti esperimenti di

trasfezione e di analisi della proliferazione cellulare con metodica WST-1.

Risultati L’espressione di LKB1 risultava significativamente ridotta nel tessuto tumorale rispetto al tessuto

normale e i livelli di questa proteina diminuivano progressivamente nel corso della carcinogenesi, con una

significativa riduzione nel HGPIN ed una completa perdita nel PCa. Per comprendere il ruolo di LKB1 e

p38 nel PCa, abbiamo utilizzato 2 linee cellulari, una wt per LKB1 (PC3) e l’altra con LKB1 mutato

(DU145); entrambe esprimevano p38α. Al test di proliferazione, le DU145 mostravano elevata attività di

p38 e bassa attività di AMPK, mentre le PC3 mostravano un andamento opposto. L’inibizione della p38α

induceva un marcato incremento di P-AMPK nelle PC3, ma non nelle DU145, a confermare il ruolo di

LKB1 come principale attivatore a monte della via di AMPK. La ricostituzione della funzione wt di

LKB1 nelle DU145, ripristinava l’attivazione di P-AMPK in risposta al blocco di p38α. L’inibizione di

p38 incideva sulla crescita cellulare, risultando citotossica nelle DU145 e citostatica nelle PC3. L’analisi

molecolare mostrava l’attivazione dell’apoptosi nelle DU145 e l’innesco della pathway autofagica nelle

PC3 trattate con gli inibitori di p38 (p38i). Il ripristino della funzione wt di LKB1 promuoveva la

resistenza a p38i riducendo l’apoptosi nelle DU145. In modo opposto, l'inibizione dell’autofagia o di

AMPK innescava l'apoptosi nelle PC3 trattate con p38i. Inoltre gli esperimenti condotti nelle colture di

cellule primarie derivate dai pazienti hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione inversa tra i livelli

di LKB1 e la morte cellulare indotta da p38i.

Discussione La disattivazione di LKB1 è un evento precoce nella carcinogenesi prostatica e predice la risposta

terapeutica agli inibitori di p38α

Conclusioni LKB1 sembrerebbe un fattore chiave coinvolto nelle prime fasi della carcinogenesi prostatica e potrebbe

essere usato come marker predittivo di risposta terapeutica agli inibitori di p38 nei pazienti con PCa.

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P 98

LA SUPERFICIE VASCOLARE MORFOMETRICA è MAGGIORE NEL TESSUTO

PROSTATICO NON NEOPLASTICO DA BIOPSIE CHE NEL CARCINOMA PROSTATICO

F. Grizzi, G. Taverna, P. Colombo, M. Seveso, G. Giusti, S. Proietti, G. Fiorini, P. Casale, G.

Lughezzani, N. Buffi, A. Benetti, S. Zandegiacomo, L. Castaldo, R. Hurle, L. Pasini, R. Peschechera, M.

Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro Valutare la vascolarizzazione bidimensionale in campioni biotici di soggetti affetti da carcinoma

prostatico per mezzo di un sistema di analisi di immagine oggettiva computerizzata, e valutare eventuali

correlazioni tra i dati ed i parametri clinici e patologici attualmente in uso

Materiali e metodi Sono state analizzate, mediante l’utilizzo di anticorpi CD34 e di un sistema digitalizzato di analisi di

immagine che quantificata automaticamente la superficie vascolare, 680 sezioni bioptiche corrispondenti

a 170 pazienti affetti da carcinoma prostatico di differente stadio e grado tutti successivamente sottoposti

a prostatectomia radicale presso lstituto Clinico Humanitas: 70 pazienti Gleason score 3 + 3, 50 pazienti

Gleason score 3 + 4 e 50 pazienti Gleason score ≥ 8). I dati digitalizzati ottenuti sono stati correlati con:

età, PSA, PSA free, Gleason score clinico e patologico, stadio clinico e patologico, e volume tumorale

Risultati Il nostro studio evidenzia che in tutti e tre i gruppi analizzati il tessuto bioptico non tumorale risulta più

vascolarizzato di quello tumorale. Inoltre abbiamo evidenziato che la superficie vascolare tumorale non si

modifica all’aumentare del Gleason. Non sono state riscontrate correlazioni statisticamente significative

tra la superficie vascolare ed i diversi parametri predittivi analizzati

Discussione Il valore di angiogenesi nel tumore della prostata è ancora dibattuto

Conclusioni I nostri risultati evidenziano che la superficie vascolare frattale del tumore prostatico di stadio e grado

differenti risulta inferiore rispetto al tessuto non tumorale

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P 99

LA COMPLESSITà NEOVASCOLARE BIDIMENSIONALE è SIGNIFICATIVAMENTE PIù

ALTA NEL TESSUTO NON TUMORALE CHE NEL CARCINOMA PROSTATICO A BASSO

RISCHIO

G. Taverna, F. Grizzi, P. Colombo, M. Seveso, G. Giusti, S. Proietti, G. Fiorini, G. Lughezzani, P.

Casale, N. Buffi, A. Benetti, S. Zandegiacomo, L. Castaldo, R. Hurle, L. Pasini, R. Peschechera, M.

Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro Il cancro alla prostata Gleason Score 6 è uno degli attuali dilemmi in ambito urologico. Uno degli

obiettivi principali risulta l'identificazione di nuovi fattori predittivi più accurati allo scopo di meglio

selezionare le indicazioni terapeutiche in questo esteso e delicato gruppo di pazienti. In questo studio

retrospettivo abbiamo valutato per mezzo di un sistema di analisi di immagine computerizzata oggettiva e

riproducibile la complessità della neovascolarizzazione bidimensionale (2-D) in campioni prostatici

bioptici (neoplastici e non neoplastici) di soggetti affetti da carcinoma prostatico a basso rischio (GS 6,

PSA < 10 ng/ml e stadio clinico T1c) correlandoli con i parametri predittivi attualmente in uso.

Materiali e metodi Abbiamo analizzato 280 sezioni bioptiche prostatiche corrispondenti ad una serie di 70 pazienti affetti da

carcinoma prostatico a basso rischio, successivamente sottoposti a prostatectomia radicale presso

l’Istituto Clinico Humanitas. Per ciascun campione biotico sono state eseguite due sezioni micrometriche

trattate con anticorpi CD34 e digitalizzate utilizzando un sistema di analisi dell'immagine che stima

automaticamente la dimensione frattale.

Risultati Il nostro studio ha evidenziato che le biopsie senza riscontro tumorale hanno una vascolarizzazione

significativamente più alta rispetto a quelle tumorali. Nessuna correlazione è stata riscontrata tra la

superficie vascolare e frattale e i diversi parametri predittivi attualmente in uso clinico: età, PSA, PSA

free, stadio patologico, Gleason score, volume tumorale, invasione vascolare, invasione della capsula,

margini chirurgici, e recidiva biochimica.

Discussione Il valore di angiogenesi nel tumore della prostata è ancora dibattuto.

Conclusioni I nostri risultati suggeriscono che il cancro alla prostata a basso rischio è meno vascolarizzato del tessuto

non tumorale adiacente. Ulteriori studi sono necessari per comprendere se realmente l'angiogenesi può

essere un parametro utile e distintivo nel carcinoma prostatico a medio ed alto rischio.

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P 100

ASSOCIAZIONE TRA DIETA MEDITERRANEA E LUTS IN SICILIA: STUDIO

OSSERVAZIONALE-TRASVERSALE.

S. Cimino, G. Russo, T. Castelli, D. Urzì, G. Reale, A. Corsaro, V. Favilla, G. Morgia (Catania)

Scopo del lavoro Nonostante le linee guida suggeriscano l'utilità di modifiche dello stile di vita per la riduzione della

gravità dei LUTS, non vi sono ancora evidenze scientifiche circa la relazione tra dieta e LUTS-iperplasia

prostatica benigna (IPB) correlata. Questo studio si propone di valutare l'associazione tra l’aderenza alla

dieta mediterranea (Med-diet), LUTS-IPB correlati e la presenza di flogosi, in una coorte di pazienti

sottoposti a TURP.

Materiali e metodi Per questo studio osservazionale trasversale, sono stati arruolati 172 pazienti consecutivi, affetti da

LUTS-IPB correlati, tra settembre 2012 e settembre 2014. I criteri di esclusione erano terapia con inibitori

delle PDE-5 e gli inibitori delle 5α-reduttasi, vescica neurologica, precedente chirurgia pelvica, tumori

urologici, ipogonadismo. I LUTS sono stati valutati attraverso l’International Prostate Symptom Score

(IPSS). L’aderenza alla Med-diet (punteggio Med-diet) è stata valutata utilizzando 11 componenti

principali di questa dieta (cereali integrali, frutta, verdura, patate, legumi, olio d'oliva, pesce, carne rossa,

pollame, prodotti caseari e alcool), assegnando il punteggio di 0, 1, 2, 3, 4, 5 quando il partecipante

segnalava un consumo del prodotto rispettivamente assente, raro, frequente, molto frequente, settimanale

o giornaliero. Il punteggio totale, è variabile da 0 a 55 come riportato da Panagiotakos et. al.

Risultati L'età media era 67.0 anni (IQR: 61,0-71,25), l’IPSS medio era 17.0 (IQR: 13,0-24,0), il PSA medio è

stato di 5,46 ng / ml (IQR: 3,8-7,2), la media del volume prostatico è stato di 54,0 cc (IQR: 40,0-66,25),

la media del punteggio Med-diet era 31.0 (IQR: 27,75-34,25) e la media dell’aderenza alla Med-diet era

56,4% (IQR: 50,45-61,8). La sindrome metabolica (SM) era presente in 58 casi (33,7%), LUTS moderati

in 150 (87,2%), un punteggio Med-diet ≥31 a 100 (58,1%) e l’aderenza alla Med-diet ≥ 56,4% a 96

(55,8%). Settantadue pazienti sono stati sottoposti a TURP, come da indicazione secondo le linee guida

EAU. Tutti i campioni di prostata hanno rivelato la presenza di IPB, mentre in 46 casi (26,7%) è stata

associata la flogosi. I soggetti con aderenza alla Med-diet ≥ 56,4% presentavano un minor punteggio IPSS

(10,0 vs. 13,0; p <0,05), IPSS-storage (8.5 vs 12.0; p <0,05) e volume prostatico (50,0 vs. 55,5, p <0.05).

L'analisi di regressione logistica aggiustata per età, PSA, volume prostatico e SM mostra come

un’adesione alla Med-diet <56,4% rappresenti un fattore predittivo di LUTS moderati-gravi (OR: 7,53, p

<0.01) e di IPB associata a flogosi (OR: 2,29, p <0.05) aggiustata per età, volume prostatico e SM.

Discussione Nella nostra coorte di pazienti provenienti dalla Sicilia, l'aderenza alla Med-diet risulta significativamente

correlata alla presenza di LUTS moderati-gravi e presenza di IPB associata a flogosi

Conclusioni Questi risultati potrebbero essere utilizzati in modo oculato, per impostare alcuni cambiamenti dello stile

di vita al fine di ridurre i LUTS.

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P 101

I LIVELLI DI EME-OSSIGENASI SONO INFLUENZATI DALLA SEVERITà DELLA

FLOGOSI IN PAZIENTI CON IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA.

D. Urzì, G. Russo, T. Castelli, G. Reale, S. Privitera, E. Fragalà, V. Favilla, L. Puzzo, R. Caltabiano, F.

Motta, L. Vanella, V. Sorrenti, S. Cimino, G. Morgia (Catania)

Scopo del lavoro L'iperplasia prostatica benigna (IPB) ed i relativi sintomi del basso tratto urinario (LUTS) rappresentano

una malattia diffusa. La patogenesi ed i meccanismi patogenetici scoperti sono numerosi, ma non ben

compresi. Prove emergenti indicano che l'infiammazione prostatica può contribuire all’instaurarsi

dell’IPB. Infine, abbiamo recentemente dimostrato come la presenza di Sindrome Metabolica (SM) in

pazienti con IPB determini una riduzione dei livelli di eme-ossigenasi (HO), una proteina funzionale che

funge da anti-ossidante. Scopo del seguente studio è stato quello di indagare il rapporto tra livelli intra-

prostatici di HO ed il grado di flogosi in pazienti con IPB.

Materiali e metodi Tra il gennaio 2012 ed il giugno 2013, 132 pazienti consecutivi sono stati sottoposti a resezione

transuretrale della prostata per la presenza di LUTS moderato-severi, secondari ad IPB. I campioni di

prostata sono stati esaminati per la valutazione dell’infiltrato infiammatorio, secondo il punteggio Irani e

suoi sub-scores (grade e aggressiveness), e per la misurazione dei livelli di HO-1 ed HO-2. I pazienti sono

stati valutati per la presenza di sindrome metabolica (SM) in accordo ai criteri dell’International Diabetes

Federation .

Risultati Abbiamo osservato che i soggetti con SM esibivano un maggiore Score Irani (3,0 vs 2,0 ; p<0,05), Irani-

grade (2,0 vs 1,0; p<0,05) e valori più basso di HO-1 (4.55 vs. 6.01; p<0.05) e HO-2 (0,81 vs, 2.66;

p<0.05). I pazienti con elevata infiammazione intra-prostatica (score Irani ≥4), presentavano livelli ridotti

di HO-1 (3.91 vs. 5.67; p<0,05) e HO-2 (1.06 vs 1.37; p<0,05). All'analisi di regressione logistica

multivariata, bassi livelli di HO-1 (OR=0.588; p<0.01), circonferenza della vita (OR=1.09; p<0.01),

trigliceridi (OR=1.013; p<0,05), basse HDL (OR=0,750; p<0.05) erano fattori predittivi di elevata

infiammazione intra-prostatica. Abbiamo anche trovato che la riduzione dell’HO- 1 (OR=0,598; p<0.01)

e la presenza di sindrome metabolica (OR=34,846; p<0.01) erano associati con un punteggio Irani

punteggio ≥4.

Discussione Sindrome metabolica e la presenza di flogosi associata possono svolgere un ruolo chiave nella patogenesi

dell’IPB. Nel dettaglio, l’infiammazione intra-prostatica è inversamente associata con bassi livelli di HO-

1.

Conclusioni I dati attuali potrebbero offrire nuovi contributi a comprendere meglio gli effetti negativi della sindrome

metabolica, anche negli uomini affetti da IPB e anche per quanto riguarda l'ipotesi di una manipolazione

del sistema HO nel migliorare o prevenire la progressione clinica dell’IPB.

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P 102

LA PRESENZA DI STEATOSI EPATICA NON ALCOLICA è ASSOCIATA AD UNA

MAGGIORE SEVERITà DELL’INFILTRATO INFIAMMATORIO INTRA PROSTATICO IN

PAZIENTI AFFETTI DA IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA

G. Reale, G. Russo, T. Castelli, D. Urzì, S. Privitera, E. Fragalà, V. Favilla, S. Cimino, G. Morgia

(Catania)

Scopo del lavoro È stato precedentemente dimostrato la presenza di una relazione tra la sindrome metabolica (SM),

iperplasia prostatica benigna (IPB) e infiammazione prostatica. Abbiamo recentemente dimostrato che

l’insulino resistenza (IR) e la presenza di steatosi epatica non alcolica (NAFLD) erano associati ad una

maggiore severità dei sintomi del basso tratto urinario (LUTS). In questo studio abbiamo voluto indagare

l'esistenza di un'associazione tra IR, NAFLD e infiammazione prostatica in pazienti sottoposti a resezione

transuretrale della prostata (TURP).

Materiali e metodi Tra Gennaio 2012 e Giugno 2013, sono stati arruolati 129 pazienti consecutivi con IPSS ≥12, PSA < 4

ng/ml o PSA ≥4 ng/ml ma pregressa biopsia prostatica negativa, Qmax < 15 mL/sec, volume prostatico ≥

30 ml e ≤ 80 ml. Una condizione di IR è stata definita in presenza di un valore dell’homeostasis model

assessment (HOMA) superiore o uguale a 3. La presenza di NAFLD è stata definita in presenza di un

valore di Fatty Liver Index (FLI) superiore o uguale a 40 (specificità 72%, sensibilità 82%, AUC 81%). Il

protocollo è stato approvato dal comitato etico locale (ID: 578). Durante procedura di TURP sono stati

raccolti dei campioni di tessuto per la valutazione del grado di infiltrato infiammatorio secondo la

classificazione utilizzata da Irani et al. Il grado dello score infiammatorio (SI) è stata ottenuto

combinando tre diversi parametri istologici (grado ed aggressività), con un punteggio che può essere

compreso tra 0 e 6.

Risultati La mediana dell’Homa-Index era 1.69 (IQR: 0.89-3.43), la mediana del FLI era 44.83 (IQR: 26.98-69.07)

e la mediana dell’SI era 3 (IQR: 2-4). Quarantadue pazienti (31.8%) avevano IR, 75 (56.8%) avevano

NAFLD, 75 (56.8%) avevano MS e 36 (27.3%) avevano un SI ≥4. I pazienti con SI ≥4 presentavano

livelli superiori di FLI (60.6 vs. 36.84; p<0.05) e di HOMA-index (2.41 vs. 1.56; p<0.05) rispetto ai

pazienti con SI <4. La regressione logaritmica ha dimostrato che per ogni aumento dell’FLI si è osservato

un incremento dello 0.44% dell’SI (p<0.01). Nessuna relazione invece tra Homa-index e SI. L’analisi di

regressione logistica multivariata, aggiustata per età, IPSS, volume prostatico, PSA, testosterone e SM, ha

dimostrato che la presenza di NAFLD risulta essere un fattore di rischio indipendente di SI ≥4 (OR: 2.84;

p<0.05).

Discussione Abbiamo dimostrato che il FLI risulta associato ad un infiltrato infiammatorio prostatico più severo. In

particolar modo, per ogni aumento dell’FLI si è osservato un incremento dello 0.44% della severità

dell’infiltrato. Infine, la presenza di NAFLD aumento il rischio di avere un infiltrato infiammatorio

severo (SI ≥4).

Conclusioni Questi risultati possono essere utili al fine di valutare nel dettaglio la possibile interazione tra steatosi

epatica e flogosi intra prostatica. La presenza di IR non è risultata giocare un ruolo fondamentale per il

riscontro di infiammazione prostatica.

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P 103

ANALISI DEL RAPPORTO TRA IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA / SINTOMI DEL

BASSO TRATTO URINARIO E LIVELLO DI TESTOSTERONE SIERICO TOTALE

F. Presicce, C. De Nunzio, M. Bellangino, R. Lombardo, L. Lopes Mendes, F. Puccini, G. Tema, A.

Tubaro (Roma)

Scopo del lavoro Vi è un crescente interesse per la possibile relazione tra i livelli sierici ormonali, i sintomi del basso tratto

urinario (LUTS) e iperplasia prostatica benigna (IPB). Tuttavia pochi studi, dei quali la maggiorparte

basati su una popolazione asiatica, hanno valutato queste associazioni. Scopo del nostro studio è quello di

valutare l'associazione tra livelli sierici di ormone e LUTS / BPE.

Materiali e metodi Dal 2009 in poi, sono stati arruolati una serie consecutiva di pazienti con LUTS dovuti a BPE. I pazienti

sono stati valutati con il punteggio internazionale dei sintomi prostatici (IPSS), e con una valutazione

ecografica del volume prostatico. Sono stati inoltre misurati l’indice di massa corporea (BMI) e la

circonferenza vita. Sono stati raccolti campioni di sangue ee esaminati per: livelli di PSA, testosterone,

Sex Hormone Binding globuline, estradiolo 17-beta. L'associazione tra livelli sierici di ormoni e LUTS /

BPE è stata valutata, utilizzando l’analisi di regressione logistica e il test di correlazione di Spearman.

Risultati sono stati arruolati 719 pazienti con età media di 67,2 ± 8 anni; una media di PSA 4.2 ± 3 ng / ml. Il BMI

medio era di 27,5 ± 10 k / m2; la circonferenza vita media era 101,2 ± 9,7 cm; il livello medio di

testosterone (TT) era di 4 ± 1,6 ng / ml; quello di SHBG era di 45 ± 18; quello di estradiolo 17-beta

(17BE) era 231 ± 12; la media del risultato dell’IPSS era di 10 ± 6.7; il volume prostatico medio era di 54

± 28 ml. 554 (77.1%) pazienti mostravano eugonadismo (TT> 3 ng / ml) con un IPSS> 7 in 334 (60%)

pazienti; 165 (22,9%) avevano un ipogonadismo (TT <3 ng / ml) con un IPSS> 7 in 101 (61%) pazienti (p

= 0,856). I pazienti affetti da ipogonadismo presentavano un più alto indice di massa corporea e una

circonferenza vita maggiore rispetto ai pazienti eugonadici (p = 0,001). 41/165 (24,8%) pazienti erano

obesi nel gruppo con ipogonadismo e 93/554 (16,7%) nel gruppo con eugonadismo (p = 0.022). Non è

stata osservata nessuna correlazione significativa tra i livelli sierici di ormone e IPSS o volume della

prostata. Utilizzando l’analisi statistica di regressione logistica, non è stata trovata nessuna differenza

significativa nello sviluppo e progressione di LUTS / BPE (volume prostatico e IPSS) tra i pazienti

eugonadici e i pazienti affetti da ipogonadismo maschile (OR: 1.015; CI: 0,654-1,576; p = 0,946 per

IPSS> 7 e OR 0,844. ; CI: 0,532-1,338; p = 0.470 per volume prostatico> 40 ml)

Discussione In questo studio monocentrico, i livelli sierici di ormone non sono stati associati con LUTS o BPE. I

pazienti affetti da ipogonadismo non erano a più alto rischio di LUTS o BPE anche se erano obesi e di

conseguenza hanno presentato un più alto infiammazione prostatica.

Conclusioni Ulteriori studi dovrebbero indagare più approfondimtamente il ruolo dei livelli sierici di ormoni nello

sviluppo e nella progressione di LUTS e BPE.

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P 104

LO SPESSORE DETRUSORIALE è PREDITTIVO DI IPERATTIVITà DETRUSORIALE IN

PAZIENTI MASCHI SENZA EVIDENZA DI OSTRUZIONE PROSTATICA BENIGNA:

RISULTATI DI UNO STUDIO MULTICENTRICO DI COORTE.

R. Lombardo, C. De Nunzio, F. Presicce, M. Bellangino, F. Puccini, C. Pellegrino, S. Carter, C.

Leonardo, A. Tubaro (Roma)

Scopo del lavoro Lo spessore detrusoriale è predittivo di iperattività detrusoriale in pazienti maschi senza evidenza di

ostruzione prostatica benigna: risultati di uno studio multicentrico di coorte.

Materiali e metodi Da Gennaio 1996 a Dicembre 2000 è stato arruolato in modo prospettico ogni nuovo paziente con età

maggiore o uguale a 45 anni, con LUTS dovuti a iperplasia prostatica benigna, che si è presentato al

Charing Cross Hospital, Dipartimento di Urologia, Londra, United Kingdom e al Dipartimento di

Urologia dell'ospedale di Teramo, Università dell'Aquila, Italia.I pazienti sono stati sottoposti a esami

disagnostici di routine, studio urodinamico (cistomanometria) e misurazione ecografica dello spessore

detrusoriale (DWT).Per escludere il possibile effetto della ostruzione prostatica benigna sullo spessore

detrusoriale, i pazienti con classe di Schafer ≥ 2 sono stati esclusi dallo studio.L'area sotto la curva (AUC)

ha quantificato l'accuratezza predittiva (PA) del DWT nella diagnosi di DO.

Risultati Sono stati arruolati 600 pazienti. Di questi, 196 pazienti (32.6 %) sono stati classificati come non ostruiti

(58 pazienti con classe di Schafer 0; 138 pazienti con classe di Schafer 1).L'età media della coorte era

66±11. La DO è stata osservata in 98 pazienti (50%). I pazienti con DO hanno riportato una maggiore

pressione detrusoriale al flusso massimo (pdetQmax) (35± 8 cmH2O vs 30 ± 8 cmH20; p= 0.04) e un

DWT più elevato (4.3 ± 1 mm vs 3.5 ± 0.7; p= 0.001) rispetto ai pazienti senza DO.L'IPSS, il Qmax, il

residuo post-minzionale, e il volume prostatico non hanno mostrato differenze statisticamente

significative tra i pazienti con e senza DWT.Nella regressione logistica binaria, il DWT si è dimostrato un

parametro predittivo per DO (OR: 2.17 per mm; CI: 1.4-3.1; p= 0.001). Il DWT ha presentato una AUC

di 0.705; CI 0.59-0.75 per la diagnosi di DO.

Discussione Da questa analisi si evince che il DWT è in grado di prevedere la presenza di DO in pazienti con LUTS e

nessuna evidenza di BPO.

Conclusioni Il nostro studio, sebbene il risultato debba essere confermato in un più ampio studio prospettico, ha

mostrato per la prima volta che il DWT, in pazienti di sesso maschile è legato non solo alla OCU, ma può

riflettere anche la presenza di DO.

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P 105

STUDIO PRESSIONE-FLUSSO NEI PAZIENTI AFFETTI DA SINTOMI DEL BASSO TRATTO

URINARIO (LUTS) ED IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA (BPE): VALIDAZIONE

ESTERNA MULTICENTRICA DI UN NOMOGRAMMA CLINICO.

R. Lombardo, C. De Nunzio, F. Presicce, M. Gacci, M. Milanesi, A. Cocci, G. Giordano, M. Carini, A.

Tubaro (Roma)

Scopo del lavoro Recentemente il gruppo Young Academic Urologist-BPH ha sviluppato un nomogramma clinico per la

predizione dell’ostruzione cervico-uretrale (OCU) nei pazienti affetti da sintomi del basso tratto urinario

(LUTS) ed ipertrofia prostatica benigna (BPE) (Figura 1). Lo scopo del nostro studio è la validazione

esterna del nomogramma YAU-BPH per la diagnosi di OCU nei pazienti affetti da LUTS/BPE.

Materiali e metodi Sono stati arruolati una serie consecutiva di pazienti affetti da LUTS e BPE tra Gennaio 2013 e Settembre

2014 presso due centri italiani e sottoposti ad uno studio pressione-flusso standardizzato . Le variabili

valutate sono state l’IPSS, i valori di PSA, le dimensioni prostatiche, il volume della zona transazionale

(TZV), il flusso massimo (Qmax) ed il residuo post-minzionale (PVR). L’ostruzione prostatica benigna è

stata definita in presenza di una classe di Schaefer ≥ 3 allo studio pressione-flusso. I valori di Qmax e di

TZV sono stati tracciati sul nomogramma YAU-BPH per predire la presenza di BPO. L’analisi della

curva ROC è stata utilizzata per valutare il potere predittivo del nomogramma per la diagnosi finale di

BPO.

Risultati Sono stati arruolati in maniera consecutiva 449 pazienti in totale. L’età media era di 65 anni (IQR: 60/72

anni), l’IPSS medio di 18 (IQR: 12/20), il BMI medio di 26 kg/m2 (IQR 24/28). Il volume prostatico

medio ed il volume della zona transizionale sono risultati essere rispettivamente di 60 cc (IQR: 40/100) e

30 cc (IQR 18-50), il Qmax medio di 8,7 ml/sec (IQR: 6,3/11,1). In 310 pazienti (69%) è stata riscontrata

una condizione di BPO (Schaefer ≥ 3) allo studio pressione-flusso. Il nuovo nomogramma YAU-BPH ha

mostrato una AUC di 0.76 ( 95% CI: 0.72-0.82) per la diagnosi di BPO. Al migliore valore di cut-off

dell’80 % (probabilità del nomogramma) la sensibilità è risultata essere di 0.74 , la specificità di 0.79, il

valore predittivo positivo di 89% ed il valore predittivo negativo del 56%.

Discussione Nella nostra esperienza possiamo affermare che il nomogramma YAU-BPH ha mostrato una buona

accuratezza (AUC: 0.76) ed un eccellente valore predittivo positivo (PPV 89%).

Conclusioni Sebbene ulteriori studi siano necessari per confermare i nostri risultati, l’implementazione del

nomogramma YAU-BPH nella nostra esperienza potrebbe ridurre il numero di studi pressione-flusso non

necessari.

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P 106

CORRELAZIONE TRA L’AGGETTO PROSTATICO ENDOVESCICALE E L’EFFICACIA

DEL TRATTAMENTO CON ALFA-LITICI NEI PAZIENTI AFFETTI DA IPERTROFIA

PROSTATICA ASSOCIATA A LUTS

C. PERUGIA, R. MIANO, L. TOPAZIO, P. BOVE, G. VESPASIANI, E. FINAZZI AGRO' (ROMA)

Scopo del lavoro Scopo del nostro studio è stato indagare l’efficacia della terapia alfalitica con Tamsulosina in relazione

alla presenza di un aggetto prostatico endovescicale (APE) in pazienti affetti da ipertrofia prostatica (IPB)

associata a sintomi del basso apparato urinario (LUTS).

Materiali e metodi Sono stati considerati arruolabili pazienti affetti da IPB con VP≥30 ml (stimato mediante ecografia

prostatica trans-rettale (TRUS)), in trattamento alfalitico con Tamsulosina per LUTS. L’APE in relazione

alle dimensioni valutate mediante TRUS, è stato suddivso in 3 gradi: grado 1 APE<5 mm, grado 2 APE

≥5<10 mm, grado 3 APE≥10 mm. I pazienti sono stati arruolati presso un singolo centro in un anno,

valutati da un singolo operatore, e trattati con Tamsulosina 0,4 mg/die per dodici settimane. La

valutazione è stata eseguita mediante la compilazione di un questionario IPSS e l’esecuzione di una

uroflussometria prima e dopo il trattamento. Sono stati considerati responsivi al trattamento pazienti con

una riduzione del punteggio IPSS >3 punti dopo terapia. Al fine di valutare la correlazione tra il grado

APE e il successo terapeutico è stata eseguita una regressione logistica univariata. Una regressione

logistica multivariata è stata invece utilizzata per valutare la correlazione tra il grado APE ed il successo

terapeutico, corretta per gli altri fattori confondenti (VP, PSA, età, IPSS basale, Qmax basale). E’ stato

considerato statisticamente significativo un p value<0.05.

Risultati Sono stati inclusi nello studio 142 pazienti. con un età media di 64±8,9; un VP di 50±18,4 ml; PSA medio

di 3,1±2,3 ng/ml; un punteggio IPSS medio di 18,8±4,6; e un Qmax di 10±2 ml/s. 12 pazienti sono stati

esclusi dallo studio per incompletezza dei dati. Dei rimanenti 130, 50 presentavano un APE di grado 1

(gruppo 1), 52 un APE di grado 2 (gruppo 2) e 28 un APE di grado 3 (gruppo3). Il successo terapeutico si

è ottenuto nel 82%, 38,5% e 7,1% dei pazienti rispettivamente del gruppo 1, gruppo2 e gruppo 3. Tali

differenze (gruppo 1 vs gruppo 2 – gruppo 2 vs gruppo 3) sono state statisticamente significative

(p<0.001 e p=0.008 rispettivamente). L’ odds ratio per ottenere un successo terapeutico è stato di 59 e 8.1

rispettivamente per il gruppo 1 ed il gruppo 2 in rapporto al gruppo 3. Anche nell’analisi multivariata la

correlazione tra il grado APE e il successo terapeutico rimane statisticamente significativa (gruppo 1 vs

2/3, p=0.000; gruppo 2 vs 3, p=0.009). In particolare VP sembra non influenzare questa correlazione.

Discussione APE sembra essere significativamente ed inversamente correlato al successo terapeutico con alfalitici

(Tamsulosina), in pazienti affetti da IPB associata a LUTS. L’odds ratio del successo terapeutico con

alfalitici sembra essere 59 volte più alto nei pazienti con APE di basso grado rispetto ai pazienti con APE

di alto grado.

Conclusioni A nostra conoscenza questo è il primo studio che mostri una correlazione negativa tra successo

terapeutico con alfalitici e grado APE, escludendo VP come fattore confondente.

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P 107

EFFETTO DELLA TERAPIA CON DUTASTERIDE SULLO SPESSORE DETRUSORIALE IN

PAZIENTI CON IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA IN TERAPIA CON ALFA-LITICI:

UNO STUDIO PROSPETTICO IN UN SINGOLO CENTRO

F. Esperto, C. De Nunzio, F. Presicce, F. Puccini, M. Bellangino, R. Lombardo, A. Brassetti, A. Tubaro

(Roma)

Scopo del lavoro Valutare in modo prospettico l'effetto del Dutasteride sui parametri clinici e sullo spessore detrusoriale in

pazienti con ipertrofia prostatica benigna (IPB).

Materiali e metodi E stato condotto uno studio prospettico in pazienti arruolati in modo consecutivo con iperplasia prostatica

benigna che non erano soddisfatti della monoterapia con alfa-litici. I criteri di inclusione erano: volume

della prostata (PV) ≥ 30 ml e l'International Prostate Symptom Score (IPSS) ≥ 8 sotto somministrazione

di alfa-litici, senza agente anticolinergico. Al baseline e 24 settimane dopo la terapia aggiuntiva con

Dutasteride, abbiamo valutato l'IPSS, l'uroflussometria (Qmax), lo spessore detrusoriale (DWT), lo

spessore della parete vescicale (BWT), la protrusione intravescicale della prostata (IPP), il residuo post-

minzionale (PVR). È stata utilizzata l'ecografia sovrapubica per valutare BWT, IPP e DWT. L'ecografia

transrettale è stata utilizzata per valutare il volume della prostata.Il test non parametrico di Wilcoxon è

stato usato per l'analisi statistica.

Risultati Sono stati arruolati 27 pazienti, con un'età mediana di 67 anni (IQR: 61/73) e un indice di massa corporea

mediana di 26 kg / m2 (IQR: 25 / 28.6). Il trattamento aggiuntivo con Dutasteride migliora

significativamente l'IPSS (da 14 (IQR: 11/20) a 7 (IQR: 3/11); p = 0.001)); IPSS da svuotamento da 10

(IQR: 7/12) a 5 (IQR: 3/9), p = 0,001); IPSS da riempimento da 5 (IQR: 3/9) a 1 (IQR: 0/4), p = 0,001);

flusso massimo da 8,8 ml / sec (IQR: 7.3 / 11) a 10,4 ml / sec (IQR: 8.4 / 13), p = 0,001; PVR da 70 ml

(IQR: 20/100) a 20 ml (IQR: 0/40). Dutasteride ha ridotto significativamente PV da 70 (IQR: 50/90) ml a

59 (IQR: 40/87) ml; p = 0,002). Il trattamento con Dutasteride ha anche significativamente ridotto DWT

da 2,5 mm (IQR: 1,8 / 4) a 1,6 mm (IQR: 1 / 2.4), p = 0,001; BWT da 4,9 mm (IQR: 3,5 / 7) a 2,9 mm

(IQR: 2.4 / 3.7), 0.001; IPP da 15 mm (IQR: 10.5 / 20.1) a 12,7 mm (IQR: 9.7 / 17), p = 0,015.

Discussione Sebbene i nostri risultati debbano essere confermati in studi più ampi con un lungo follow-up, il nostro

studio ha dimostrato che il trattamento Dutasteride può migliorare sintomi delle basse vie urinarie così

come il DWT / BWT e IPP.

Conclusioni La riduzione significativa del DWT / BWT potrebbe confermare l'eventuale effetto del trattamento con

Dutasteride nel ridurre l'ostruzione cervico-uretrale in pazienti con BPE.

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PATIENT'S ADHERENCE ON PHARMACOLOGICAL THERAPY FOR BENIGN PROSTATIC

HYPERPLASIA (BPH)-ASSOCIATED LOWER URINARY TRACT SYMPTOMS (LUTS) IS

DIFFERENT: IS COMBINATION THERAPY BETTER THAN MONOTHERAPY?

L. Cindolo, F. Berardinelli, L. Pirozzi, P. Castellan, F. Neri, L. Schips (Vasto)

Scopo del lavoro Background: To examine patient adherence to pharmacological therapy and its clinical consequences in

men with BPH-associated LUTS looking at the differences between drug classes.

Materiali e metodi Methods: A retrospective, population-based cohort study, using prescription administrative database and

hospital discharge codes from a total of 1.5 million Italian men. Patients [greater than or equal to]40

years, administered alpha-blockers (AB) and 5alpha-reductase inhibitors (5ARIs), alone or in

combination (CT), for BPH-associated LUTS were analyzed. The 1-year and long term adherence

together with the analyses of hospitalization rates for BPH and BPH-related surgery were examined using

multivariable Cox proportional hazards regression model and Pearson chi square test.

Risultati Results: Patients exposed to at least 6 months of therapy had a 1-year overall adherence of 29%

(monotherapy AB 35%, monotherapy 5ARI 18%, CT 9%). Patient adherence progressively declined to

15%, 8% and 3% for AB, 5ARI, and CT, respectively at the fifth year of follow up. Patients on CT had a

higher discontinuation rate along all the follow-up compared to those under monotherapy with ABs or

5ARIs (all p<0.0001). Moreover, CT was associated with a reduced risk of hospitalization for BPH-

related surgery (HR 0.94;p<0.0001) compared to AB monotherapy.

Discussione .

Conclusioni Conclusions: Adherence to pharmacological therapy of BPH-associated LUTS is low and varies

depending on drugs class. Patients under CT have a higher likelihood of discontinuing treatment for a

number of reasons that should be better investigated. Our study suggests that new strategies aiming to

increase patient's adherence to the prescribed treatment are necessary in order to prevent BPH

progression.

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P 109

EVOLUTION: IL REGISTRO EUROPEO SULLA GESTIONE AMBULATORIALE DI

PAZIENTI CON SINTOMI DELLE BASSE VIE URINARIE ASSOCIATI A IPERTROFIA

PROSTATICA. RISULTATI SUL MIGLIORAMENTO DEI SINTOMI, PROGRESSIONE

DELLA MALATTIA E INTERRUZIONE DELLA TERAPIA. UN CONFRONTO

A. Tubaro, R. Berges, M. Speakman, A. de la Taille, L. Martinez-Pineiro, A. Patel, C. Caris, W. Witjes

(Roma)

Scopo del lavoro Il registro aveva lo scopo di comprendere la gestione dei pazienti con sintomi delle basse vie urinarie

(LUTS) associate a ipertrofia prostatica (IPB) a livello di medicina generale e a livello specialistico in 5

paesi europei.

Materiali e metodi Lo studio prevedeva di arruolare oltre 2000 pazienti con LUTS associati a IPB in ambulatori di medicina

generale e di urologia in 5 paesi europei. Un terzo dei pazienti arruolati dovevano essere pazienti “nuovi”

mai trattati (UM - untreated men) mentre 2/3 dei pazienti dovevano essere già in terapia (TD - treated

men). I diversi parametri del registro includevano: interruzione della terapia, miglioramento dei sintomi

(più di 2 punti di IPSS), progressione della malattia (più di 3 punti di IPSS), ritenzione urinaria, infezione

delle vie urinarie, insufficienza frenale, incontinenza urinaria.

Risultati Sono stati arruolati 2175 pazienti, 575 pazienti UM e 1263 pazienti TM sono valutabili. Il 69% e il 64%

di UM e TM sono stati trattati con alfa-litici (AB), il 16% e il 5% con fitofarmaci, il 4% e 7% con

inibitori delle 5 alfa-reduttasi (5ARI), l’8% e il 17% con terapia combinata (AB + 5ARI), il 3% e il 7%

con altri farmaci. Sono state osservate differenze tra i diversi paesi. Nei pazienti UM, la percentuale di

abbandono della terapia è stata del 7% in Italia, del 12% in Spagna, del 17% in Germania, del 29% in

Francia e del 45% in UK. Nei pazienti UM la percentuale di abbandono della terapia era del 9% per

AB+5ARI, del 18% per fitoterapici, del 19% per 5ARI e del 20% per AB. Tra le ragioni principali

dell’abbandono della terapia nei pazienti UM la scarsa efficacia ha inciso per il 2% in quelli con

AL+5ARI, per un 6% nei pazienti 5ARI, per un 10% nei pazienti con AB, per il 15% in quelli con

fitoterapici. Il 70% dei pazienti UM dimostravano un miglioramento dei sintomi a 24 mesi. Nei pazienti

UM in terapia con fitoterapici c’è stato un miglioramento dei sintomi inferiore rispetto alle altre forme di

terapia. Il confronto tra i diversi paesi mostrava una simile percentuale di miglioramento dei sintomi

anche se in Spagna il miglioramento è risultato inferiore a quello osservato in Italia. Il 16% dei pazienti

UM e il 17% di quelli TM è andato in progressione a 24 mesi. La più alta percentuale di progressione si è

osservata in UK nonostante i parametri clinici all’arruolamento non fossero diversi da quelli degli altri

paesi.

Discussione La terapia farmacologica dei sintomi legati all’IPB dimostra una efficacia parziale nel medio termine

anche in relazione al tipo di terapia farmacologica. L’aderenza alla terapia in questo registro è risultata

maggiore rispetto a quella descritta in letteratura.

Conclusioni La terapia farmacologica dell’IPB è certamente efficace nel ridurre i sintomi anche se molti pazienti

rimangono sintomatici e oltre i 15% dei pazienti va in progressione.

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IMPIEGO DELL'OCTREOTIDE NELLA PREVENZIONE DELLA LINFORREA E DEI

LINFOCELI DOPO LINFADENECTOMIA PELVICA PER PCA: UNO STUDIO

PROSPETTICO

V. Petrainas, A. Simonato, G. Carmignani (Genova)

Scopo del lavoro La linfoadenectomia pelvica (PLND) in corso di prostatectomia radicale (RRP) per carcinoma prostatico

(PCa) è attualmente la procedura più affidabile e sicura per determinare lo stato linfonodale. La

complicanza più frequente e più insidiosa della PLND è la comparsa di linforrea (LR) che può essere

ulteriormente complicata dalla formazione di un linfocele pelvico sintomatico (LC). In letteratura

numerosi studi hanno dimostrato l'efficacia di Octreotide nel ridurre la LR. Scopo dello studio è stato

verificarne l’efficacia nella riduzione delle complicanze legate alla PLND in corso di RRP impostando

come endpoint la prevenzione dello sviluppo di LC (diretta conseguenza della LR) dopo PLND.

Materiali e metodi Due gruppi di 50 pazienti sono stati randomizzati prospetticamente in doppio cieco dopo PLND. Nel

gruppo di studio è stato somministrato Octreotide 0,1 mg s.c. ogni 8 ore, dall’immediato post-operatorio

alla rimozione del drenaggio. Il gruppo Controllo consisteva in pazienti trattati esclusivamente con

PLND. I pazienti sono stati sottoposti ad ecografia pelvica nei giorni postoperatori 7 , 14 e 21 per rilevare

la presenza di LC sintomatici od asintomatici.

Risultati Non è stata osservata nessuna differenza significativa tra i due gruppi riguardo alle caratteristiche cliniche

pre-operatorie e ai risultati chirurgici. Sono state osservate differenze statisticamente significative per

quanto riguarda la quantità totale di LR: 190,00mL ± 276,20 (5-1.925cc) nel gruppo trattato e 403,66mL

± 650,66 (10.0-2.760cc) nel gruppo Controllo (p=0,034); il risultato è confermato dalla permanenza

media del drenaggio risultata di 4,98 ± 2,97 giorni nel gruppo di controllo e 3,94 ± 1,99 giorni nel gruppo

trattato(p= 0,043). L'incidenza di LC era inferiore nel gruppo di studio, ma non statisticamente

significativo (p>0,05). Il numero medio di LC trattati e l' ospedalizzazione media (10,60±3,83 vs

11,02±4,82) tra il gruppo trattato ed il gruppo Controllo è risultato simile.

Discussione L' esatto meccanismo di azione di Octreotide nel ridurre la LR non è ancora completamente chiaro, anche

se l'azione inibitoria della somatostatina sul flusso sanguigno splancnico, sul gradiente pressorio venoso

epatico e sull’assorbimento di trigliceridi sembra essere il più accreditato. Come descritto in letteratura,

nel nostro studio si è verificata una significativa riduzione della quantità di LR tra il gruppo trattato ed il

Controllo, ma non è stata osservata alcuna riduzione nello sviluppo di LC.

Conclusioni Il trattamento con Octreotide dopo PLND riduce significativamente LR totale. I nostri risultati sono

concordi con la letteratura. Al contrario, l'uso di Octreotide e la sua sospensione al momento della

rimozione del drenaggio, non fornisce alcun vantaggio nell’evitare la formazione di LC, né benefici

clinici concreti. Ulteriori studi con diversi dosaggi e la prosecuzione della terapia con Octreotide, anche

dopo la rimozione del drenaggio, possono chiarire l'efficacia di questo agente sulla prevenzione LC dopo

PLND per PCa.

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P 111

SCAPSA - SCORING ADHERENCE TO PROSTATIC SURGICAL AIMS: PROPOSTA PER UN

NUOVO STRUMENTO IN GRADO DI DETERMINARE IL SUCCESSO CHIRURGICO NELLA

PROSTATECTOMIA ROBOTICA QUANTIFICANDO LEARNING CURVE E ABILITA' DEL

CHIRURGO

F. Dal Moro, M. Gardiman (Padova)

Scopo del lavoro Gli strumenti attualmente in uso (trifecta, pentafecta, etc.) per valutare gli outcomes dopo prostatectomia

radicale robotica (RARP) sono stati recentemente oggetto di numerose critiche. In questo lavoro viene

proposto un nuovo strumento (ScAPSA - Scoring Adherence to Prostatic Surgical Aims) per valutare e

quantificare l'abilita' chirurgica, considerando il successo chirurgico come la perfetta aderenza a un

corretto piano chirurgico preoperatorio, e non collegato solo all'outcome clinico.

Materiali e metodi E' stato sviluppato un sistema di punteggio in 15 punti (Figura 1A) per definire e quantificare l'aderenza

al piano chirurgico e al contempo per valutare la learning curve e l'abilita' chirurgica. La specifica

strategia chirurgica (definita usando i sistemi predittivi attualmente disponibili, come per esempio le

Tabelle di Partin) e' stata confrontata con i rilievi anatomo-patologici sul pezzo operatorio per identificare

gli errori chirurgici. Il punteggio finale e' stato ottenuto aggiungendo anche le informazioni relative alle

complicanze intra- e post-operatorie (sec. Clavien-Dindo). Il risultato del punteggio varia da 0 (risultato

migliore, perfetta aderenza tra programma chirurgico e rilievi anatomo-patologici, senza complicanze

postoperatorie) e 15 (peggior risultato). Tenendo in considerazione il numero di casi ritenuti dalla

Letteratura necessari per completare una learning curve nella RARP, abbiamo deciso di analizzare

prospetticamente la serie consecutiva dei primi 25 casi di RARP eseguiti da un singolo chirurgo naive.

Risultati L'analisi dei primi 25 casi consecutivi (learning curve iniziale) di RARP eseguiti da un singolo operatore

ha dimostrato come ScAPSA sia in grado di documentare perfettamente il miglioramento dell'abilita'

chirurgica e quindi di quantificare la learning curve (Figura 1B).

Discussione ScAPSA puo' rappresentare un nuovo strumento utile non solo per descrivere oggettivamente la learning

curve delle RARP, ma anche per determinare e quantificare il tasso di successo chirurgico, permettendo ai

chirurghi di controllare gli errori chirurgici intraoperatori e monitorare la progressiva acquisizione

dell'abilita' chirurgica.

Conclusioni Ulteriori studi sono necessari per confermare la validita' di ScAPSA ed eventualmente per ribilanciarne i

punteggi specifici.

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CISTOSTOMIA SOVRAPUBICA VERSUS CATETERE VESCICALE IN PAZIENTI

SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA ROBOT-ASSISTITA:

STUDIO PROSPETTICO DI CONFRONTO

A. Galfano, G. Petralia, S. Secco, D. Di Trapani, E. Strada, A. Bocciardi (Milano)

Scopo del lavoro Uno dei principali motivi di dolore dopo prostatectomia radicale è la presenza del catetere vescicale (CV).

Con l’introduzione della laparoscopia e della robotica, inoltre, si è ridotta la degenza ospedaliera e i

pazienti vengono spesso dimessi prima della rimozione del CV, rendendo più complessa al paziente la

gestione domiciliare. Per ridurre il discomfort del paziente, è stato già proposto da Menon e collaboratori

di posizionare una cistostomia sovrapubica (CS) al posto del CV nei pazienti sottoposti a prostatectomia

radicale robotica (RARP). Scopo del lavoro è confrontare la gestione postoperatoria e il discomfort del

paziente con CV versus CS dopo prostatectomia radicale robotica (RARP).

Materiali e metodi Da ottobre 2012 abbiamo iniziato a posizionare una CS (Foley 14 Ch a 2 vie) al posto del CV in tutti i

pazienti senza controindicazioni (pregressa neoplasia vescicale, obesità grave, pregressa chirurgia pelvica

con cicatrici sovrapubiche, anastomosi vescico-uretrale non a tenuta). Nei pazienti con controindicazioni

o non adeguatamente informati, è stato posizionato un CV Foley 18 Ch a 2 vie. Lo studio, prospettico,

comparativo, non randomizzato, è stato condotto tra gennaio 2013 e marzo 2014 e prevedeva la

compilazione alla rimozione del catetere, 7 giorni dopo l’intervento, di un questionario istituzionale VAS

riguardante il dolore post-chirurgico.

Risultati Nel periodo in studio abbiamo sottoposto 241 pazienti a RARP; di questi, 189 hanno acconsentito a

partecipare (65 con CV, 124 con CS). L’età mediana è risultata 65 anni in entrambi i gruppi (p=0.431) Il

dolore postoperatorio complessivo mediano è risultato simile tra i 2 gruppi (CV 3 [IQR 1-5] vs CS 3 [IQR

1-4], p=0.461); il dolore correlato al drenaggio urinario è risultato minore nei pazienti con CS (CV 3

[IQR 1-4] versus CS 1 [IQR 0-3], p=0.001); il dolore correlato alla rimozione del drenaggio urinario è

risultato simile tra i due gruppi (CV 1 [IQR 0-2] versus CS 1 [IQR 0-3], p=0.151). 12 pazienti con CV

(18.2%) e 39 pazienti con CS (30.7%) hanno utilizzato mezzi di protezione mentre erano portatori del

drenaggio urinario (p=0.085). In entrambi i gruppi si sono verificati 2 accessi ambulatoriali post-

dimissione per problematiche correlate al catetere (CV: 1 per ostruzione, 1 per rimozione involontaria a

palloncino gonfio, esitata in stenosi dell’anastomosi; CS 2 per ostruzione). Al follow-up minimo di 12

mesi 1 paziente nel gruppo CV e 0 nel gruppo CS hanno avuto una stenosi dell’anastomosi.

Discussione L’utilizzo della CS ha permesso una riduzione del dolore correlato al drenaggio urinario e mette al riparo

dal rischio di complicanze sull’anastomosi correlate alla dimissione precoce con CV in sede.

Conclusioni Abbiamo dimostrato che la cistostomia sovrapubica è tollerata meglio del catetere vescicale nei pazienti

sottoposti a RARP. Questo non ha portato a un decorso complessivamente meno doloroso, ma il dato

andrà valutato su studi randomizzati di potenza adeguata.

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RARP E RRP TECNICHE A CONFRONTO: DOLORE POSTOPERATORIO E OUTCOME

FUNZIONALI A BREVE TERMINE.

C. Capretti, L. Montesi, V. Lacetera, R. Raquban, M. Yehia, G. Muzzonigro (Ancona)

Scopo del lavoro Valutazione del dolore e degli outcome funzionali postoperatori e a breve termine in pazienti sottoposti a

prostatectomia radicale robotica (RARP) e open a confronto.

Materiali e metodi Sono stati sottoposti a studio prospettico i pazienti operati di prostatectomia radicale open e robotica fra il

dicembre 2013 e giugno 2014 eseguite dallo stesso operatore. I pazienti sono stati sottoposti in terza

giornata postoperatoria e in decima giornata ai questionari " numeric rates scale" (NRS) , a " Brief Pain

Inventory" (BPI) e alla mappa del dolore. Sono stati valutati gli outcome funzionali di canalizzazione a

feci e gas, mobilizzazione, utilizzo di farmaci antidolorifici nel postoperatorio.

Risultati Sono stati inclusi nello studio 63 pazienti, 30 operati in tecnica robotica (RARP) e 33 in tecnica open

retropubica (PR). Età media è risultata 66 anni (69 aa open; 62 aa RARP) (DS± 8,1). In terza giornata

post operatoria il punteggio del dolore sulla scala NRS riferito dai pazienti operati con la tecnica open è

stato in media 5,28 (DS± 2,04), in tecnica robotica: 3,75 (DS ±2,31). In decima giornata il dolore era in

media di 2,19 (DS ± 1,56) per la tecnica open e 0,67 (DS±1,32) per la robotica. Esiste una correlazione

statisticamente significativa (p<0.001) fra il dolore postoperatorio in terza e decima giornata e la tecnica

utilizzata. Età, presenza di diabete, vasculopatie, neuropatie, assunzione di cardioaspirina non si sono

dimostrati correlati in maniera statisticamente significativa al dolore percepito. La tecnica robotica si

associa ad una riduzione statisticamente significativa (p=0.012) del dolore addominale profondo

postoperatorio (RR -0,32) e ad un aumento statisticamente significativo (p= 0,007) del dolore dorso spalle

(RR +0,34). In decima giornata risulta che la tecnica robotica si associa ad una riduzione statisticamente

significativa (p<0.001) del dolore addominale profondo (RR -0,46);la riduzione del dolore riferito alla

ferita (RR -0,25)non e' statisticamente significativo (p=0,053). Correlazione statisticamente significativa

(p<0,001) esiste tra l’utilizzo della tecnica robotica, la canalizzazione alle feci (RR -0,64) e la giornata

mobilizzazione (RR -0,57) post operatoria. Risulta significativa (p<0.01) la relazione fra la giornata di

mobilizzazione ed il dolore percepito (RR +0,49).

Discussione La tecnica RARP riduce notevolmente il dolore percepito e la quantità' di antidolorifici assunti nel

postoperatorio con notevoli ripercussioni sulla QoL e una ripresa precoce nello svolgimento di attività

quotidiane. Diverse sono le localizzazioni del dolore: i pazienti sottoposti a chirurgia open hanno riferito

dolore addominale profondo, mentre i pazienti sottoposti a tecnica robot-assistita hanno riferito dolore

localizzato prevalentemente a dorso e spalle.

Conclusioni La tecnica robotica si associa a un migliore risultato a livello di outcome funzionali postoperatori e a

breve termine. Inoltre essa è associata a una riduzione del dolore postoperatorio e a breve termine.

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PROSTATECTOMIA RADICALE RETROPUBICA, LAPAROSCOPICA E ROBOTICA:

ANALISI DELLE COMPLICANZE IN UN SINGOLO CENTRO REGIONALE

L. Luciani, D. Mattevi, S. Chiodini, V. Vattovani, D. Tiscione , T. Cai, G. Malossini (Trento)

Scopo del lavoro Pochi studi sulla superiorità di una tecnica di RP sull’altra in un singolo Centro sono stati pubblicati. Lo

scopo di questo studio è di confrontare il tasso di complicanze e i dati perioperatori della prostatectomia

radicale (RP) eseguita con tre differenti approcci chirurgici (radical retropubic prostatectomy (RRP),

laparoscopic radical prostatectomy (LRP) e robot-assisted radical prostatectomy (RARP) in un singolo

Centro regionale.

Materiali e metodi Abbiamo effettuato un'analisi retrospettiva da un database prospettico che raccoglie i dati delle ultime 100

RP consecutive per ogni tecnica chirurgica eseguite fino a Dicembre 2014, presso l’Unita Operativa di

Urologia dell’Ospedale S. Chiara di Trento (100 RARP, 100 RRP, 100 LRP). Le complicanze sono state

classificate secondo la classificazione di Clavien-Dindo. I risultati della RARP sono stati confrontati

statisticamente verso quelli della RRP e della LRP.

Risultati Dal Gennaio 2005 a Dicembre 2014 sono state eseguite 902 RP. Il gruppo RARP aveva età e PSA

significativamente inferiore rispetto al gruppo RRP (66 anni vs 72,6 anni e 9,5 ng/mL vs 13,28 ng/mL),

mentre non c’era differenza significativa rispetto alle LRP. Il volume prostatico era invece comparabile

nei 3 gruppi (44,5 cc vs 44,1 cc vs 52,9 cc p>0,05). I tempi operatori delle RARP si sono dimostrati

maggiori rispetto alle LRP e alle RRP (242’ vs 200,7 vs 139 p<0,01). La RARP è associata e ad una

inferiore perdita ematica intraoperatoria rispetto alla LRP e alla RRP (487cc vs 704,4 e 863

rispettivamente p<0,01); anche il tasso di trasfusioni postoperatorie è statisticamente inferiore nelle

RARP rispetto alle altre due tecniche (8% vs 21 % e vs 21% - p<0,01). La RARP è associata ad una

ospedalizzazione inferiore rispetto alla LRP e alla RRP (6,5 gg vs 8,5 e vs 10 rispettivamente p<0,01) Le

complicanze di tipo II sono state statisticamente inferiori nei Pazienti sottoposti a RARP rispetto a quelli

sottoposti a VLP e RRP (12 % vs 43 % e 47 % p <0,01); anche le complicanze Clavien III e IV sono state

inferiori nelle RARP rispetto alle VLP e alle RRP (1% vs 5 % vs 6 %, p>0,05). Il tasso di conversione si

è dimostrato statisticamente maggiore nelle VLP rispetto alle RARP (12% vs 1% p <0,01).

Discussione I tempi operatori nelle RARP si sono dimostrati nettamente maggiori rispetto a quelli delle LRP e RRP, di

40’ e 100’ rispettivamente. Per contro, la RARP è associata a perdite intraoperatorie, tassi di trasfusione,

complicanze Clavien-Dindo grado II e tempi di ospedalizzazione statisticamente inferiori rispetto alla

VLP e alla RRP.

Conclusioni I tempi operatori nelle RARP si sono dimostrati nettamente maggiori rispetto a quelli delle LRP e RRP, di

40’ e 100’ rispettivamente. Per contro, la RARP è associata a perdite intraoperatorie, tassi di trasfusione,

complicanze Clavien-Dindo grado II e tempi di ospedalizzazione statisticamente inferiori rispetto alla

VLP e alla RRP.

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P 115

CAUSE NON CHIRURGICHE DI DISFUNZIONE ERETTILE DOPO PROSTATECTOMIA

RADICALE NERVE SPARING BILATERALE: RISULTATI DI UNO STUDIO

MONOCENTRICO

G. Saitta, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, W. Cazzaniga, V. Scattoni, U. Capitanio,

A. Gallina, R. Colombo, R. Bertini, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Il rischio di disfunzione erettile (DE) non è trascurabile nei pazienti trattati con prostatectomia radicale

nerve sparing bilaterale (PRNSB). Perfino in presenza di una chirurgia meticolosa ben svolta, altri fattori

possono condizionare un recupero ottimale della funzione erettile nel tempo. Lo studio è finalizzato a

stimare l’influenza di cause non chirurgiche connesse alla DE in uomini trattati con PRNSB.

Materiali e metodi Sono stati valutati 716 pazienti con PCa trattati con PRNSB presso un singolo centro tra il 2008 e il 2013.

Tutti i pazienti avevano dati completi, inclusi un questionario di status depressivo preoperatorio valutato

dal Center for Epidemiologic Studies Depression (CESD) e una valutazione di FE preoperatoria stimata

con Index of Erectile Function-EF domain (IIEF-EF). La depressione è stata definita come un CESD≥16.

Il recupero della funzione erettile è stato definito come un IIEF-EF score ≥22. Analisi Kaplan-Meier

hanno stimato l’impatto dello stato funzionale preoperatorio, della depressione, e della radioterapia

adiuvante (RTa) sulla probabilità di recupero della FE. Modelli di regressione multivariata Cox sono stati

usati per testare l’impatto dell’IIEF-EF preoperatorio, della depressione e della RTa sul recupero della

FE, dopo aver aggiustato le analisi per età e comorbidità.

Risultati L’età media era di 60.9 anni. Il follow-up mediano era di 48 mesi. Il tasso di recupero della FE a 3 anni

era del 60.1%. Pazienti con un IIEF-EF preoperatorio≥22 avevano maggiori tassi di recupero se

comparati con coloro che avevano IIEF-EF ≤10 (p<0.001). Similmente, pazienti con CESD <16 avevano

maggiori tassi di recupero se comparati con coloro che erano affetti da depressione (60.8 vs. 49.2%;

p=0.02). Infine, pazienti che hanno ricevuto RTa postoperatoria avevano tassi minori di FE se comparati

con coloro che non hanno ricevuto RTa (40.7 vs. 59.8%; p=0.01). Questi risultati sono stati confermati

alle analisi multivariate, dove IIEFEF preoperatorio (Hazard ratio [HR]: 1.05; p<0.001), depressione (HR:

0.81; p=0.04) e RTa (HR: 0.60;p=0.01) erano predittori significativi di recupero di FE dopo aver

aggiustato le analisi per età e comorbidità.

Discussione Lo stato funzionale preoperatorio e la depressione dovrebbero essere sempre considerati durante il

counseling preoperatorio, quando vengono considerati i potenziali effetti collaterali a lungo termine della

PRNSB. Inoltre, RTa potrebbe avere un effetto dannoso sulla probabilità di recupero della FE dopo

chirurgia.

Conclusioni Lo stato funzionale preoperatorio, la depressione e la RTa dovrebbero essere prese in considerazione

quando si considerano i potenziali benefici e effetti collaterali di un approccio chirurgico, anche se

eseguito meticolosamente.

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P 116

RUOLO DEI FATTORI DI RISCHIO METABOLICI NEL RECUPERO FUNZIONALE DOPO

PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA: DATI PRELIMINARI DI UN SINGOLO

CENTRO

A. Sebastianelli, M. Gacci, C. Cini, M. Lanciotti, A. Mari, M. Salvi, P. Della Camera, J. Frizzi, P.

Spatafora, A. Minervini, M. Carini, S. Serni (Firenze)

Scopo del lavoro La sindrome metabolica (MetS) è definita come la presenza di tre o più dei seguenti elementi: obesità,

ipertensione, dislipidemia (elevati livelli di trigliceridi o bassi livelli di colesterolo hdl) e alterata

regolazione glicemica. Nella letteratura recente un solo studio retrospettivo valuta il peso di un singolo

disordine metabolico aggiuntivo all’obesità nel recupero funzionale dopo prostatectomia robotica (Kwon

YS, Urol Oncol, 2014), senza l’ausilio di questionari specifici per la continenza e la potenza

postoperatorie. Scopo del nostro studio è la valutazione dell’impatto di più elementi della MetS sul

recupero della continenza e della potenza sessuale dopo prostatectomia robotica

Materiali e metodi Abbiamo incluso prospetticamente 111 pazienti sottoposti a prostatectomia robotica per carcinoma

prostatico presso il nostro centro. I parametri MetS sono stati acquisiti durante la visita preoperatoria. Un

BMI >30kg/m2 è stato usato per definire l’obesità centrale in accordo con i criteri WHO 1998 e AACE

2003. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: 1)pazienti con 0-1 fattore di MetS 2)pazienti con 2 o

più fattori. La continenza e la potenza sessuale pre e postoperatorie (a 1, 3, 6 e 12 mesi) sono state

indagate con la versione italiana validata del questionario UCLA-PCI (UF= Urinary Function, SF=

Sexual Function). Le differenze tra i due gruppi ai diversi periodi del follow up sono state analizzate

mediante test ANOVA e modelli di regressione logistica multivariata

Risultati Riguardo la prevalenza dei singoli elementi della sindrome metabolica, 21 pazienti (18,9%) sono risultati

affetti da obesità, 62 (59,9%) da ipertensione, 21 (18,9%) da dislipidemia e 18 (16,2%) da diabete. In

totale 68/111 pazienti (61,2%) presentavano 0-1 parametro metabolico (gruppo 1) e 43 (38,7%) 2 o più

(gruppo 2). I due gruppi sono risultati sovrapponibili per quanto riguarda gli score (urinario e sessuale)

preoperatori rilevati con l’UCLA PCI. All’analisi multivariata, corretta per età e Charlson Comorbidity

Index preoperatorio, sono state riscontrate differenze significative tra i due gruppi riguardo lo score

dell’UCLA PCI per la funzione urinaria al follow up ad 1, 3 e 6 mesi postoperatori (p=0.051, p=0.054 e

p=0.014 rispettivamente). Anche lo score per la funzionalità sessuale a 12 mesi è risultato

significativamente migliore nel gruppo 1(p=0.029), considerando il sottogruppo di pazienti sottoposti a

prostatectomia nerve sparing (vedi immagine).

Discussione I pazienti con almeno due parametri della sindrome metabolica hanno presentato una minor percentuale di

recupero della continenza al follow up dei primi mesi postoperatori ed un peggior recupero della funzione

sessuale al follow up di un anno

Conclusioni Da questi risultati possiamo dedurre come la MetS sia un fattore di rischio per un peggior recupero

funzionale dopo prostatectomia robotica. Ulteriori studi prospettici saranno necessari per confermare i

risultati preliminari emersi dal nostro studio

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RIABILITAZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO (PFMT) POST PROSTATECTOMIA

RADICALE: RECUPERO PRECOCE DELLA CONTINENZA.

S. Alba, V. Altieri, V. Aiello, M. Genovese, P. Verze, A. Inferrera, V. Mirone, F. Greco (Rocca di Neto)

Scopo del lavoro Valutare l’efficacia della riabilitazione del pavimento pelvico (PFMT) nel recupero precoce della

continenza e nella ripresa delle normali attività quotidiane in due gruppi di pazienti sottoposti a

prostatectomia radicale

Materiali e metodi Sono stati analizzati i database prospetticamente compilati dei pazienti sottoposti a Prostatectomia

radicale, sottoposti a PFMT con fisioterapista dal giorno della rimozione del catetere vescicale (GR)

confrontati con pazienti non sottoposti a PFMT con fisioterapista (GNR). I pz del GR hanno eseguito la

PFMT con fisioterapista secondo il seguente schema: giornalmente per i primi 5 giorni,

bisettimanalmente per 2 settimane, successivamente in base alle indicazioni del fisioterapista. I pz del

GNR hanno eseguito comunque esercizi domiciliarmente secondo le raccomandazioni prescritte e

ricevute alla dimissione. Parametri analizzati: Continenza (0- 1 mini/ pad) a 2 settimane, 1 mese e 3 mesi,

QoL IPSS a 2 settimane, 1 e 3 mesi

Risultati Dal Gennaio 2014 al febbraio 2015, 102 pazienti sono stati sottoposti a prostatectomia radicale

Videolaparoscopica, dei quali 56 hanno eseguito PFMT con fisioterapista (GR). Diciotto pazienti del GR

e 16 del GNR sono stati rispettivamente sottoposti a tecnica nerve sparing bilaterale. La percentuale di

pazienti continenti nel GR è del 25%, 45 % e 95% rispettivamente a 2 settimane, 1 mese e 3 mesi dalla

rimozione del catetere, mentre nel GNR è del 19%, 29% e 83% rispettivamente a 2 settimane, 1 mese e

tre mesi dalla rimozione del catetere. Le differenze osservate fra i due gruppi sono risultate

statisticamente significative a favore del GR a 1 mese ed a 3 mesi dalla rimozione del catetere vescicale.

Nei sottogruppi di pazienti sottoposti a chirurgia nerve sparing, le differenze osservate risultano

statisticamente significative a favore del GR a 3 mesi. Le differenze osservate in termini QoL nei due

gruppi sono risultate statisticamente significative in tutti i range di tempo considerati

Discussione La PFMT con fisioterapista aumenta la compliance del paziente al recupero funzionale post

prostatectomia radicale e agisce da completamento alle tecniche di risparmio delle strutture deputate al

controllo della continenza

Conclusioni La PFMT con fisioterapista consente il recupero precoce della continenza e il ritorno alle normali

abitudini quotidiane del paziente

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VALUTAZIONE DELL’INDICAZIONE ALLA LINFOADENECTOMIA PELVICA IN CORSO

DI PROSTATECTOMIA RADICALE MINI-INVASIVA NEL RISCHIO INTERMEDIO:

CONFRONTO TRA NOMOGRAMMA DI BRIGANTI E MSKCC IN UNA CASISTICA

MULTICENTRICA

B. Rocco, E. De Lorenzis, A. Porreca, S. Crivellaro, F. Mistretta, C. Ceruti, A. Minervini, A. Antonelli,

M. Falsaperla, A. Celia, P. Parma, S. Zaramella, P. Bove (milano)

Scopo del lavoro Ad oggi è acceso il dibattito se ci sia l’indicazione ad eseguire una linfoadenectomia pelvica (LP) in

pazienti classificati come intermedio rischio (IR) secondo la classificazione D’Amico. Lo scopo dello

studio è comparare le indicazioni alla LP date dai due nomogrammi più in uso, secondo Briganti e

secondo il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (MSKCC), in una popolazione omogenea di pazienti

classificati come IR.

Materiali e metodi Da Dicembre 2009 a Febbraio 2013,1622 pazienti sono stati sottoposti a prostatectomia radicale mini-

invasiva presso 11 centri urologici italiani. Sono stati retrospettivamente analizzati i dati stratificando i

pazienti secondo le classi di rischio di D’Amico e focalizzando l’attenzione sui pazienti a IR. Di questi

pazienti sono stati calcolati i nomogrammi per il rischio di invasione linfonodale (RIL) secondo Briganti e

MSKCC e comparate le variabili caratterizzanti ambedue i nomogrammi.

Risultati Di 435 pazienti classificati come IR, 317 sono risultati valutabili per questo studio. Di questi, è stato

calcolato un RIL > 5% in 82 (25,9%) e in 125 (39,4%) rispettivamente per il nomogramma di Briganti e

per quello del MSKCC (p<0.001). Ottanta pazienti (25,2%) avevano un RIL > 5% per entrambi i

nomogrammi (Gruppo A), mentre 45 (14,2%) erano candidabili a LP secondo il nomogramma del

MSKCC, ma non secondo Briganti (Gruppo B). In questi due gruppi sono state comparate le variabili

caratterizzanti i nomogrammi. Tra i due gruppi non sono state rilevate differenze statistiche in termini di

età e PSA. Nel Gruppo A è stata riscontrata una prevalenza maggiore dei pazienti con GS 4+3 rispetto al

Gruppo B (41.2% vs 20%; p<0.001). Contrariamente, nel Gruppo B la maggior parte dei pazienti avevano

un GS 3+4 (60% vs. 41.2%; p<0.05). Nessuna differenza statistica è stata riportata tra i due gruppi in

termini di GS 3+3 (17.6% vs. 20%; p>0.05) . Nel Gruppo A la media di frustoli bioptici positivi è

risultata essere maggiore che nel Gruppo B (7.6 + 2.8 vs. 4.8 + 2.8; p<0.001). Nessuna differenza

statistica è stata calcolata in termini di stadio clinico (0.05).

Discussione Attualmente i criteri di indicazione ad eseguire la LP non sono univoci. Nella nostra esperienza abbiamo

notato che presentare i dati sulla LP stratificandoli in classi D’Amico porta spesso ad una incongruenza

rispetto alla stratificazione di rischio data dai nomogrammi. Oltretutto, tra i diversi nomogrammi non vi è

omogeneità di risultati. Dal nostro studio emerge come i dati patologici (GS e numero di frustoli positivi)

pesino di più nell’indicazione ad eseguire la LP.

Conclusioni Lo studio ha dimostrato come in pazienti affetti da patologia a IR una indicazione più stringente data dal

nomogramma del MSKCC rispetto a quella data dal Briganti. Si evince inoltre come la stratificazione dei

pazienti candidabili a LP, soprattutto se di IR, dovrebbe essere basata sulla probabilità di RIL piuttosto

che sulle classi d’Amico.

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VALIDAZIONE DEL MODELLO DI TRAINING ERUS PER LA PROSTATECTOMIA

RADICALE ROBOTICA: STUDIO PILOTA II

G. Novara, S. La Falce, A. Volpe, K. Ahmed, P. Dasgupta, H. Van der Poel, A. Mottrie (Padova)

Scopo del lavoro La Sezione europea di Urologia Robotica(ERUS) ha messo a punto un modello di training per la chirurgia

robot-assistita (RAS) articolato in 6 mesi.Lo scopo di questo studio è quello di validare il corso ad un

livello multi-istituzionale.

Materiali e metodi Il corso includeva le seguenti fasi:(1)E-learning;(2) 4 settimane di assistenza al letto operatorio durante la

prostatectomia radicale robotica(RARP);(3)una settimana di training su simulazioni(realtà virtuale-VR,

modelli sintetici,animali;abilità non tecniche –NTS- in un contesto di simulazione full-immersion);e (4)

20 settimane di formazione modulare con la supervisione di un mentore per la RARP.Come prima cosa

sono state valutate le capacità di base pre-corso.Quindi,i partecipanti hanno completato il training in sala

operatoria.Per la valutazione delle capacità tecniche,sono stati utilizzati gli score del simulatore

chirurgico da Vinci(dVSS) per il training VR e lo score GEARS per la valutazione durante la formazione

virtuale dry lab con un modello sintetico di anastomosi vescico-uretrale.Le abilità non tecniche sono state

valutate con il Sistema di abilità non tecniche per i chirurghi (NOTSS) e attraverso la scala di abilità non

tecniche (NOTECH).Il video della RARP eseguita dai partecipanti al termine del training è stato valutato

usando uno score procedura-specifico da parte di due revisori blinded (scala 4-16, con uno score ≥10

indicante un livello di sicurezza).Le variabili continue sono riportate attraverso la mediana e il range

interquartile(IQR).Il test di Wilcoxon è stato usato per confrontare la distribuzione delle variabili

continue.Una p< 0.05 a due code è stata considerata statisticamente significativa.Tutti i test statistici sono

stati effettuati con il sistema SPSS versione 22.0(SPSS Inc, Chicago, IL, USA).

Risultati 17 partecipanti sono stati arruolati nel corso.L’esperienza di base media come assistente chirurgo al letto

operatorio era di 10 mesi(IQR 2-33 mesi).7 chirurghi (41%) avevano esperienza alla console (mediana 3

mesi;IQR 2-6) ed erano stati coinvolti in un numero mediano di 10 casi di RARP (IQR 1-15). 16 dei 17

partecipanti hanno completato il programma e sono stati coinvolti in un numero mediano di 59 RARPs

(IQR 20-86) durante il training.

Discussione Lo score globale (di base vs. post-corso) e il tempo per completare gli esercizi con il dVSS sono

aumentati significativamente durante il training (tutte le p con valori ≤0.05),così come sono migliorate in

modo significativo le abilità tecniche, valutate con lo GEARS score sul modello sintetico di

anastomosi(valori di p < 0.05 in tutti i campi dello score) e le NTS, valutate usando gli score NOTSS e

NOTECHS.Alla valutazione del video della RARP finale, 14 dei 16 partecipanti (86%) hanno ottenuto un

punteggio medio >10 per tutte le fasi dell’intervento,usando uno score generico specifico.

Conclusioni Il corso europeo di training di chirurgia urologica robotica di 6 mesi si è dimostrato valido ed efficace per

la formazione dei giovani urologi alle prime esperienze con la RARP.

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QUALI SONO I FATTORI CHE INFLUENZANO LA PERFORMANCE DURANTE IL

TRAINING ROBOTICO? RISULTATI DEL PROGRAMMA EAU ROBOTIC UROLOGY

SECTION HOT-PROGRAM.

N. Fossati, A. Larcher, G. Gandaglia, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti, N. Buffi (Milano)

Scopo del lavoro La chirurgia robotica ha avuto un’importante diffusione nell’ultimo decennio. Programmi di training

strutturati sono pertanto necessari, al fine di mantenere la sicurezza dei pazienti e al tempo stesso di

ottenere ottimi risultati chirurgici durante il processo di apprendimento (learning curve). Lo scopo di

questo studio è di identificare i fattori che influenzano la performance dei partecipanti durante il training

robotico.

Materiali e metodi In questo studio prospettico e osservazionale, abbiamo incluso 110 partecipanti, reclutati in 4 precedenti

congressi europei nel periodo 2013-2014. In tutto, 851 esercizi di dry lab sono stati completati durante i

corsi. I dati dei partecipanti includevano età, sesso, grado (specializzando vs. specialista), precedente

esperienza laparoscopica, di assistenza al tavolo, e robotica. L’outcome valutato è stato il punteggio totale

realizzato dal partecipante durante l’esercizio. L’analisi di regressione lineare multivariata è stata

utilizzata per predire il punteggio totale. I predittori erano età, sesso, grado (specializzando vs.

specialista), precedente esperienza laparoscopica, di assistenza al tavolo, e robotica.

Risultati L’età mediana era 34 anni (range inter-quartile [IQR]: 30, 40). La mediana (IQR) di esperienza

laparoscopica, di assistenza al tavolo, e di chirurgia robotica era di 30 (10, 90), 20 (10, 50), e 3 (2, 12),

rispettivamente. Il punteggio totale mediano degli esercizi è stato 501 (IQR: 320, 618). All’analisi di

regressione lineare multivariata, età del partecipante (coefficiente [coeff]: -5.16; 95% intervallo di

confidenza [CI]: -8.67, -1.65, p=0.004) era inversamente associata con la performance durante gli esercizi

di training. Al contrario, l’esperienza di chirurgia robotica era significativamente associata alla

performance (coeff: 1.43; 95% CI: 0.69, 2.18; p=0.0002). Utilizzando il metodo “Lowess” abbiamo

osservato una progressive riduzione del punteggio totale mediano al variare dell’età. In particolare, il

punteggio mediano scendeva da 550 a 350 quando l’età variava da 25 a 50.

Discussione La performance durante il training robotico è influenzata in modo significativo e importante dall’età del

partecipante.

Conclusioni I partecipanti più giovani raggiungono risultati migliori rispetto ai più anziani. L’età del partecipante deve

essere presa in considerazione nel momento in cui un programma di training robotico viene ad essere

intrapreso.

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UTILITà DELLA CHIRURGIA IN DIRETTA COME METODO DI INSEGNAMENTO:

OPINIONE DI 100 UROLOGI PROVENIENTI DA TUTTO IL MONDO

E. De Lorenzis, G. Cozzi, F. Mistretta, P. Acquati, B. Rocco, V. Pansadoro (milano)

Scopo del lavoro La chirurgia in diretta è considerata un metodo di insegnamento per la disseminazione delle conoscenze e

tecniche chirurgiche. Negli ultimi anni il numero di eventi con chirurgie in diretta è in crescente aumento.

Tuttavia numerose preoccupazioni sono state sollevate circa la sicurezza della chirurgia in diretta, a causa

del possibile aumentato rischio di complicanze ad essa legato. Scopo del presente lavoro è valutare le

opinioni e l’interesse degli Urologi in tema di chirurgia in diretta, con particolare riferimento al più

importante evento urologico internazionale di live surgery (Challenge in Laparoscopy and Robotics

meeting [CiLR]).

Materiali e metodi E' stato condotto un sondaggio telematico coinvolgendo 100 Urologi provenienti da tutto il mondo. Ad

ogni partecipante è stato fornito un questionario composto da 7 domande a risposta multipla (allegato). Le

domande riguardavano l’esperienza clinica dell’Urologo, la partecipazione al Congresso CiLR e opinioni

riguardo la chirurgia in diretta.

Risultati Il 41% dei partecipanti aveva un’età tra i 41-50 anni ed il 68% un’esperienza urologica maggiore di 10

anni. Il 32% non ha mai partecipato al CiLR, il 18% una volta e la metà più di una volta. Il 65% reputa i

contenuti del CiLR molto interessanti. L’ 84% ritiene che la chirurgia in diretta sia un utile strumento

d'insegnamento, mentre solo il 9% pensa che i video siano il miglior metodo di apprendimento. Per

quanto riguarda i rischi legati alla chirurgia in diretta, il 51% pensa che siano aumentati rispetto ad un

intervento eseguito in condizioni standard ed il 43% che siano invece equivalenti. Abbiamo infine

domandato se i partecipanti candiderebbero un loro paziente ad una chirurgia in diretta e l'80% ha

risposto favorevolmente.

Discussione L'operare in diretta può sollevare molti dubbi per quanto riguarda i risvolti etici legati al paziente; per

questo l'argomento é sempre più oggetto di dibattito in tema di sicurezza e tutela dell’assistito. Tuttavia,

con la continua espansione delle innovazioni nel campo delle tecniche chirurgiche urologiche, l'interesse

e la richiesta delle chirurgie in diretta é sempre crescente.

Conclusioni Con i limiti legati al tipo di studio, il nostro sondaggio ha dimostrato che la chirurgia in diretta é

considerata uno degli strumenti di educazione chirurgica più efficaci e richiesti. A fronte di un potenziale

aumentato rischio di complicanze, la stragrande maggioranza dei partecipanti al nostro sondaggio

candiderebbero un proprio paziente ad una procedura in diretta.

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SUTURATRICE ENDOLUMINALE SEMIFLESSIBILE CON MATERIALE ASSORBIBILE :

DALL’ IDEAZIONE AL PROTOTIPO

W. White, D. Foss, M. LaDucher, G. Ciavotta, M. Scott, S. Crivellaro (Chicago, USA - Illinois)

Scopo del lavoro Scopo del lavoro è realizzare un prototipo di suturatrice a materiale riassorbibile semiflessibile

utilizzabile per suture endoluminali, in particolare per il confezionamento di anastomosi uretro-vescicale

post prostatectomia radicale.

Materiali e metodi Un gruppo di 3 studenti senior della facoltà di ingegneria supervisionato da un urologo esperto in tecniche

miniinvasive hanno sviluppato il progetto. Le caratteristiche del dispositivo dovevano essere 1) utilizzo

endoluminale 2) anastomosi waterproof 3) materiale di sutura riassorbibile 3) trauma minimo sul versante

vescicale 4) nessuna perdita di tessuto nel processo di sutura 5) parte monouso disassembabile dalla parte

pluriuso. Dopo una breve analisi della letteratura il concetto base del meccanismo è stato realizzato in

bozza ed il prototipo disegnato su autoCAD. La realizzazione del prototipo è al momento dell’ invio di

questo abstract in corso con stampante 3D.

Risultati Meccanismo : Il meccanismo della macchina da cucire è stato riadattato e rivisitato per renderlo coerente

alle necessità del progetto a) l’ago retto con punta smontabile attraversa uretra e collo vescicale b) la

punta viene catturata dal dispositivo prossimalmente all’ anastomosi e il corpo dell’ ago rientra nel

dispositivo distalmente all’ interno del lume c) la testa del dispositivo ruota di 3° d) il corpo dell’ ago

aggancia nuovamente la punta prossimalmente e rientra nel dispositivo distalmente e) L’ ago attraversa

nuovamente uretra e collo vescicale f) il ciclo continua per tutta la superficie dell’ anastomosi. La testa

del dispositivo è dotata di un meccanismo ad apertura a farfalle per avvicinare il collo vescicale all’ uretra

e di un sistema di aspirazione per avvicinare I due lembi da anastomizzare. Il dispositivo nel suo insieme

è rappresentato in figura 1.

Discussione Per ridurre l’ invasività degli interventi chirurgici, non solo urologici, nuove tecniche si stanno sempre

piu’ sviluppando, quali la notes (natural orifices trans endoluminal surgery) o la less (laparoendoscopic

single site surgery). Mentre dal punto di vista della visione la tecnologia è già pronta ad affrontare questa

sfida, mancano strumenti operativi utilizzabili. Questa suturatrice semiflessibile endoluminale potrebbe

garantire la possibilità di chiudere una soluzione di continuità dall’ interno dell’ organo durante chirurgia

notes o less.

Conclusioni Il prototipo di suturatrice semiflessibile endoluminale rispetta tutte le caratteristiche ideali di un

dispositivo anastomotico. La successive fase di sperimentazione in wet lab verificherà l’ efficienza del

dispositivo.

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CHIRURGIA ROBOTICA IN UROLOGIA PEDIATRICA: I NOSTRI PRIMI 40 CASI

A. Berrettini, D. Minoli, S. Vallasciani, B. Rocco, G. Manzoni (Milano)

Scopo del lavoro LA chirurgia mini-invasiva si è ormai affermata come una risorsa strategica in urologia pediatrica e la

chirurgia laparoscopica robotico-assistita (RALS) ne è sicuramente uno degli aspetti più promettenti. Il

nostro scopo è quello di valutare la nostra iniziale esperienza di RALS.

Materiali e metodi Dal luglio 2012 all'aprile 2014, abbiamo eseguito 40 procedure robotiche: 32 pieloplastiche (3 re-do: 2

per precedente pieloplastica “open”, 1 robotica), 3 reimpianti ureterale sec. Lich Gregoir, 1 cisto-

prostatectomia parziale per un rabdomiosarcoma, 1 nefrectomia + Mitrofanoff ureterale per vescica

neurologica, 1 TUU + Mitrofanoff ureterale per Sindrome di Hinman, 1 eminefrectomia ed 1 correzione

di seno urogenitale. L'età media è stata di 120 mesi (range 32-235)

Risultati Una conversione a cielo aperto per la peculiare anatomia è stata necessaria solo in una pieloplastica,

all'inizio della nostra esperienza.La degenza ospedaliera media è stata di 3 giorni complessivi. Nessuna

complicanza maggiore precoce è stata osservata (Clavien >3)

Discussione Nella nostra esperienza la RALS si è confermata una scelta efficace e fattibile, senza complicanze

maggiori. Nella maggior parte dei casi, la RALS è stata utilizzata per chirurgia ricostruttiva mentre in

quella demolitiva si è dimostrata meno vantaggiosa.

Conclusioni L'eccellente outcome funzionale, la riduzione dei tempi di ospedalizzazione ed una bassa morbidità

sembrano essere gli aspetti più convincenti nell'ambito urologico pediatrico. I principali vantaggi si

apprezzano specialmente nella chirurgia ricostruttiva più complessa che l'urologia pediatrica si trova ad

affrontare. Successivamente alla nostra iniziale esperienza, è auspicabile uno studio prospettico

multicentrico a livello europeo per confermare i risultati clinici e per verificarne anche la sostenibilità

economica. Risulta evidente come per questa chirurgia sia indispensabile una centralizzazione in centri di

eccellenza.

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PUNTURA LASER MULTIPLA (« WATERING CAN PUNCTURE ») DELL’URETEROCELE

IN ETA’ PEDIATRICA ED IN ETA’ ADULTA. ESPERIENZA PERSONALE.

G. Cretì, N. Sebastio, C. Latiano, M. Santodirocco, D. Palladino, D. Pugliese, P. Guacci, A. Cisternino

(San Giovanni Rotando)

Scopo del lavoro Gli Autori, sulla base della selezione e revisione critica della propria casistica, presentano un’interessante

opzione terapeutica endoscopica laser- assistita da utilizzare in caso di ureterocele ( UTC) ectopico e

ortotopico mediante puntura multipla (“watering can puncture”) vs l’incisione sia per i casi precoci

dell’età pediatrica che per quelli più tardivi dell’età adulta, evidenziandone le peculiarità della tecnica

personale, il profilo di sicurezza e di efficacia di tale procedura endoscopica.

Materiali e metodi Nell’ambito della propria casistica relativa a 51 pz. (M/F : 19/32) affetti da duplicità pielo-ureterale e da

anomalie associate, osservati dal 1996 al 2013 in età compresa fra 23 gg e 16 aa. (media di 3,6 aa.) e con

un follow-up medio di 6,2 aa., l’UTC è stato associato in 23 casi (45%) (14 ectopici e 9 ortotopici). Il

trattamento iniziale endoscopico dell’UTC è stato effettuato in 18 pz : a) Incisione endoscopica 12 pz ( 3

con Bugbee 3 Fr ; 9 Fibra laser (diodi, holmio); b) Puntura laser multipla 6 pz : (Ho-YAG laser, fibra da

365 millimicron, potenza 0.5W, 0.8 Hz).

Risultati L’incisione endoscopica dell’UTC è risultata efficace (risoluzione o riduzione) nel 73.6% dei casi (8/14)

UTC ectopici (57,1%) ed in 8/9 UTC ortotopici (88.8%). Il RVU secondario è stato registrato in 8 casi

(34,7%). Gli ultimi 6 casi consecutivi di UTC (4 ectopici, 2 ortotopici) sono stati trattati con modifica di

tecnica consistente nella puntura multipla (“watering can puncture”) con laser ad olmio che ha prodotto la

soddisfacente decompressione della sacca ureterocelica e l’assenza di reflussi vescico-ureterali secondari.

Discussione La gestione dell’ureterocele continua a suscitare vivo interesse ed un ampio dibattito in Letteratura per gli

aspetti controversi e tuttora irrisolti relativi ai criteri di scelta della più idonea, sicura, non invasiva ed

efficace opzione terapeutica attualmente disponibile. Se intorno alla decompressione endoscopica

dell’UTC sembra coagularsi il consenso generale come trattamento di prima scelta per la maggior parte

dei casi, rimane aperta la discussione sull’identificazione del gold standard endoscopico:

elettrocoagulazione, incisione con lama fredda, recente impiego della tecnologia laser. Quest’ultima

rappresenta una procedura mininvasiva, sicura, efficace; la disponibilità di piccole fibre la rende più

consona ed adeguata in età neonatale, più precisa ed accurata rispetto alle altre procedure endoscopiche,

vaporizza il tessuto trattato più che coagularlo riducendo il rischio di nuova chiusura, riduce la morbilità

per una chirurgia secondaria.

Conclusioni Gli Autori, sulla base della personale esperienza, propongono il trattamento laser dell’UTC come prima

opzione terapeutica. L’introduzione della modifica di tecnica, quale la puntura multipla (“watering can

puncture”) vs l’incisione-laser sembra incidere positivamente sull’outcome con una minore incidenza di

reflussi vescico-ureterali de novo.

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PIELOPLASTICA MINI-LAPAROSCOPICA VERSUS ROBOTIC LESS: RISULTATI

FUNZIONALI DOPO UN ANNO DI FOLLOW - UP

F. Cristian, C. Fiori, M. Cossu, D. Amparore, G. Cattaneo, M. Manfredi, N. Serra, G. Ottaviano, R.

Aimar, F. Mele, S. De Luca, R. Bertolo, E. Checcucci, R. Scarpa, F. Porpiglia (Orbassano, Italian)

Scopo del lavoro Recentemente, la mini laparoscopia e la Laparoendoscopic Single Site Surgery (LESS) sono state

introdotte nel tentativo di ridurre ulteriormente l’invasività della pieloplastica laparoscopica. Lo scopo del

presente studio è confrontare i risultati della pieloplastica mini laparoscopica (mL-P) e LESS robot

assistita (rLESS-P): l’end-point principale è il confronto dei risultati funzionali; end point secondario è il

paragone fra i risultati perioperatori e risultati estetici delle due tecniche.

Materiali e metodi Da 4/2009 al 6/2010, 12 pazienti (11 F, 1 M) con anomalia del giunto pielo-ureterale primitiva

confermata mediante TC e scintigrafia, età >18 anni, BMI <25 e anamnesi negativa per chirurgia

maggiore addominale sono stati arruolati. I pazienti sono stati sottoposti a mL-P (strumenti da 3mm)

secondo la tecnica di Anderson-Hynes. Con le medesime indicazioni cliniche, dal 2/2012 al 10/2013, 15

(8 M, 7 F) pazienti sono stati sottoposti a rLESS-P. La procedura è stata eseguita mediante monoporta in

silicone “single site” attraverso cui vengono introdotte porte curve e strumenti robot assistiti 5 mm

flessibili. Le variabili demografiche, peri-operatorie e la soddisfazione rispetto all’intervento e ai risultati

estetici dei due gruppi di pazienti sono stati valutati e confrontati. Il protocollo di follow up prevedeva

controllo clinico a tre mesi dall’intervento, ecografia a tre e sei mesi, scintigrafia renale a 12 mesi. I

parametri per determinare il successo della procedura sono stati: scomparsa della sintomatologia algica e

della dilatazione della via escretrice, T1/2 alla scintigrafia <20’.

Risultati i due gruppi di pazienti erano comparabili in termini di età, BMI, ASA score. In 2/12 casi del gruppo mL-

P (16%) una porta da 3.5mm è stata sostituita con una porta standard, negli altri casi la procedura è stata

completata usando solo porte laparoscopiche da 3.5/3.9 mm. In 2/15 casi (13%) del gruppo rLESS-P è

stato necessario l’impiego di una porta 5 mm ancillare ed in un caso/15 (6%) è stata necessaria la

conversione ad intervento robotico tradizionale. In 4/15 casi (26%) è stato asportato un calcolo

endorenale mediante nefroscopio flessibile attraverso la monoporta;11/12 pazienti nel gruppo mL-P

(92%) presentavano T1/2 < 20’ alla scintigrafia, e tutti i pazienti sintomatici (8) presentavano regressione

della sintomatologia. Nel gruppo rLESS-P 14/15 pazienti (93%) presentavano T1/2 < 20’, e tutti i pazienti

sintomatici (10) riferivano regressione dei sintomi. Nessun paziente del gruppo mL-P ed uno del gruppo

rLESS-P presentava idronefrosi significativa a sei mesi dall’intervento. Non sono state registrate

differenze rispetto alle altre variabili analizzate.

Discussione I risultati del nostro studio suggeriscono che la mL-P e la rLESS-P sono paragonabili in termini di

risultati funzionali dopo un follow up di un anno e consentono buoni risultati perioperatori ed eccellenti

risultati cosmetici.

Conclusioni La mL-P e la rLESS-P rappresentano un passo verso una chirurgia (virtualmente) scarless.

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ANALISI SISTEMATICA DELLE COMPLICANZE UROLOGICHE IN UNA CASISTICA DI

OLTRE 1000 TRAPIANTI RENALI

A. Di Domenico, A. Volpe, E. De Lorenzis, M. Quaglia, T. Cena, C. Musetti, P. De Angelis, L. Zegna, F.

Sogni, G. Ceratti, P. Stratta, C. Terrone (Novara)

Scopo del lavoro Le complicanze urologiche (CU) dopo trapianto renale (TR) hanno un’incidenza che varia dal 2,5% al

20% in letteratura. Tali complicanze possono richiedere una correzione chirurgica e determinare una

ritardata ripresa funzionale ed eventualmente una perdita del rene. Scopo del nostro lavoro è stato

valutare retrospettivamente l’incidenza, la tipologia ed i fattori predittivi delle CU presso il nostro centro.

Materiali e metodi Da novembre 1998 a giugno 2014 sono stati effettuati presso il nostro centro 1010 TR. Le caratteristiche

del donatore, del ricevente e del trapianto sono state raccolte in maniera prospettica in un database

dedicato. 910 TR sono stati singoli da donatore cadavere (90%), 50 doppi da donatore cadavere (5%) e 50

da donatore vivente (5%). I secondi e terzi trapianti sono stati rispettivamente 88 (8,7%) e 9 (0,9%). L’età

mediana dei donatori è stata 54 anni (IQR 42-66). Per quanto riguarda i riceventi, l’età mediana è stata 52

anni (IQR 42-61), il BMI mediano 23,7 kg/m2 (IQR 21,6-26,2), la diuresi residua mediana pre-TR 500 ml

(IQR 0-1000). In tutti i casi è stata eseguita un’ureterocistoneostomia sec. Lich Gregoire su stent ureterale

JJ. Lo stent ureterale è stato rimosso in media dopo 38 ± 14 giorni dal TR. Le CU prese in considerazione

sono state fistole urinose, ostruzioni del giunto pielo-ureterale, stenosi ureterali, linfoceli e problemi di

ferita chirurgica. I dati sono stati analizzati utilizzando il programma SAS 9.4. I fattori predittivi dello

sviluppo di CU sono stati indagati mediante analisi univariata e multivariata.

Risultati Sono state riscontrate 258 CU in 222 pazienti (222/1010 [21,9%]). 34 pazienti hanno sviluppato due CU

ed un paziente tre CU. 150/258 complicanze (58,1%) sono risultate di terzo grado secondo la

classificazione di Clavien. In 2 casi (0,9%) si è dovuto procedere ad espianto del rene trapiantato. La

tipologia ed incidenza delle singole CU è riportata in tabella 1. Le fistole urinose sono risultate le

complicanze più precoci, diagnosticate in media 15 giorni (range 11-33) dopo il TR. 27 pazienti con CU

(12,2%) sono andati incontro ad un esaurimento funzionale del trapianto. Nessun paziente è deceduto

come conseguenza diretta delle CU. Il doppio trapianto, l’età del donatore ≥ 50 anni e il BMI del

ricevente sono risultati fattori predittivi indipendenti di CU all’analisi multivariata.

Discussione -

Conclusioni Nella nostra esperienza il tasso di CU dopo TR è sovrapponibile a quello riportato in letteratura. La

complicanza più frequente è risultata essere la stenosi della via escretrice, con maggiore incidenza a

livello dell’uretere terminale. L’espianto del rene trapiantato a causa di CU si è reso necessario in una

proporzione molto ridotta di casi. Una diagnosi precoce ed un adeguato trattamento endourologico o

chirurgico delle CU consente quindi di mantenere un’adeguata funzione dell’organo riducendo al minimo

i fallimenti del trapianto.

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P 127

IL PRELIEVO DI RENE DA VIVENTE PER TRAPIANTO CON TECNICA MINI-INVASIVA:

STUDIO MULTICENTRICO ITALIANO

C. Terrone, A. Di Domenico, G. Bondonno, L. Zegna, B. Cavallone, M. Romani, D. Garrou, P. De

Angelis, J. Romagnoli, G. Spagnoletti, A. Giacomoni, L. De Carlis, M. Rostand, G. Pasquale, A. Bosio,

P. Ditonno, S. Impedovo, C. Beretta, A. Giussani, C. Socci, D. Parolini, U. Baccarani, G. Adani, M.

Frongia, A. Solinas, A. Volpe (Novara)

Scopo del lavoro Il prelievo di rene da donatore vivente può essere effettuato con tecnica a cielo aperto o con tecnica mini-

invasiva. Non esistono in letteratura studi sulla diffusione in Italia del prelievo di rene con mini-invasiva e

sui suoi risultati. Lo scopo di questo studio è stato quello di raccogliere dati sui centri ove si effettua la

tecnica mini-invasiva al fine di analizzare i risultati e di creare un registro ad hoc.

Materiali e metodi è stato condotto uno studio osservazionale, di coorte, retrospettivo sui prelievi di rene da vivente con

tecnica mini-invasiva dal 10/2001 al 4/2014. Sono stati analizzati i seguenti parametri: numero di centri,

tipo di tecnica mini-invasiva utilizzata, durata dell’intervento, conversione “a cielo aperto”, numero di

trasfusioni effettuate, morbilità e mortalità peri-operatorie, durata della degenza. Una volta analizzati i

dati retrospettivi la raccolta dei dati è proseguita in modo prospettico.

Risultati sono stati contattati 21 centri, ottenendo una risposta da 17 centri. Sono stati raccolti dati di 776 donatori.

L’età mediana dei donatori è risultata di 52 anni (21-76), il 62,9% è di sesso femminile, nel 58% dei casi

si tratta di consanguinei. Nel 29,5% dei casi era già stata eseguita precedente chirurgia addominale. Nel

68,5% dei casi è stato donato il rene sinistro e sono state riscontrate anomalie arteriose e venose nel 20%

e nel 7% dei casi rispettivamente. Nel 47,6% dei casi è stata usata una tecnica laparoscopica pura, nel

16% dei casi “hand-assisted”, nel 19% dei casi “mini open”, nell’ 7,1% dei casi una tecnica robotica. La

durata media dell’intervento è risultata di 223 minuti. Sono state registrate complicanze intra-operatorie

in 22 pazienti (2,8%), rispettivamente emoperitoneo (8), lesioni d’organo cavo (3), lesione splenica (2),

emorragia dell’ilo renale (1), i rimanenti per altre cause. Di questi 22 pazienti, 13 sono stati convertiti a a

cielo aperto. Le complicanze post-operatorie precoci (<30giorni) e quelle tardive (>30giorni) sono state

riassunte rispettivamente in tabella 1 e tabella 2. Per quanto riguarda la funzionalità renale, la media di

creatinina nel donatore a 30 giorni è stata di 1,1 mg/dl. Nel ricevente è stato registrato un rigetto acuto in

75 pazienti (9,6%), trombosi vasale in 12 pazienti (1,5%), fistola urinaria in 11 pazienti (1,4%), linforrea

in 51 pazienti (6,6%), decesso in 14 pazienti (1,8%). Per quanto riguarda il ricevente, la creatinina media

ad un anno è stata di 1,5 mg/dl. Ventinove pazienti sono rientrati nuovamente in dialisi.

Discussione le tecniche mini-invasive dimostrano dei risultati favorevoli da un punto vista chirurgico e di complicanze

post-operatorie.

Conclusioni in Italia un discreto numero di centri offre una tecnica mininvasiva e la laparoscopica risulta essere la

tecnica preferita. Tale approccio è sicuro e presenta bassa incidenza di complicanze, sovrapponibile

all’esperienza internazionale.

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P 128

EARLY REPEATED URETEROSCOPY WITHIN 6-8 WEEKS AFTER A PRIMARY

ENDOSCOPIC TREATMENT IN PATIENTS WITH UPPER TRACT UROTHELIAL CELL

CARCINOMA - PRELIMINARY FINDINGS

L. Villa, J. Cloutier, J. Letendre, A. Ploumidis, A. Salonia, F. Montorsi, O. Traxer (MIlano)

Aim of the study To evaluate the cancer detection rate (CDR) of an early repeated flexible ureteroscopy (2nd-look-URS)

and its impact on the conservative management of patients affected with upper urinary tract urothelial

carcinoma (UTUC).

Materials and methods Clinical and surgical data from 41 patients with UTUC who underwent 2nd-look-URS within 60 days of

their 1st URS with concomitant laser tumour photoablation at a single tertiary care referral centre from

2009 to 2013 were retrospectively analyzed. Radical nephroureterectomy (RNU) was offered during

follow-up in case of local disease progression. Descriptive statistics tested the impact of 2nd-look-URS

outcomes on subsequent endoscopic evaluations. Kaplan-Meier curves assessed progression-free survival

(PFS) rates according to tumour grade at 1st URS and the presence of a tumour at 2nd-look-URS. Cox

regression analyses (CRA) identified predictors of PFS.

Results CDR at 2nd-look-URS was 51.2%. CDRs at 3rd URS were 81.3% and 41.2% in patients with a positive

and a negative 2nd-look-URS, respectively (p=0.02). At a mean (median) follow-up of 34.6 (27.6)

months, PFS rates were 79% and 32% in patients with low- vs high-grade tumour at 1st URS and 88%

and 48% in patients with negative vs positive 2nd-look-URS, respectively (all p<0.01). Tumour grade at

1st URS and 2nd-look-URS outcomes achieved predictor status for PFS (HR=6.1, CI-95%=1.42-26.27

and HR=5.39, CI-95%=1.18-24.66, respectively, all p<0.03).

Discussion Taken together, these findings allow us to imagine that an early repeated URS could be employed not

only to rapidly detect any possible tumour recurrence but also to characterize the aggressiveness of the

disease and to produce an adequate risk stratification of endoscopically treated UTUC patients. Indeed the

2nd-look status (negative vs. positive) affected the PFS rate in our cohort of patients as well as the tumour

grade at diagnosis. This could be of importance when the initial endoscopic biopsy does not contribute to

the diagnosis and characterisation of the disease.

Conclusions 2nd-look-URS-related CDR in conservatively-treated UTUC patients was 51.2%. 2nd-look-URS

outcomes affected the findings of both subsequent endoscopic evaluations and PFS. Further studies are

needed to confirm the benefits of this approach in terms of patient outcomes.

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P 129

IL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DELLE NEOPLASIE DELLA VIA ESCRETRICE.

NOSTRA ESPERIENZA DEGLI ULTIMI 5 ANNI

A. De Gobbi, P. Beltrami, L. Bettin, A. Guttilla, F. Zattoni, M. Iafrate, F. Dal Moro, F. Zattoni (Padova)

Scopo del lavoro Lo studio riguarda la nostra esperienza del trattamento endourologico dei pazienti affetti da neoplasia

della via escretrice superiore valutando l’efficacia in termini di progressione e di recidiva di malattia

uroteliale.

Materiali e metodi Dal dicembre 2009 al dicembre 2014 abbiamo valutato 38 pazienti (30 maschi e 8 femmine) di età media

di 69.3 anni, affetti da neoplasia della via escretrice superiore. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a

cistoscopia, lavaggio vescicale per esame citologico, raccolta delle urine dall’asse escretore per esame

citologico, ureteropielografia retrograda e ureteroscopia con strumento semirigido e flessibile, biopsia

della neoformazione con pinza o con cestello e completa fotocoagulazione con laser ad Olmio a bassa

potenza. In 16 casi si il trattamento è stato di necessità per la presenza di un singolo asse escretore (9

pazienti monorene chirurgico) o per neoplasia bilaterale sincrona (7casi). In 19 casi (50%) era presente

una concomitante neoplasia vescicale non muscolo-invasiva. Le procedure sono state tutte effettuate in

anestesia spinale o peridurale, con un tempo medio di 50 minuti per procedura.

Risultati Sono state eseguite 170 procedure (87 in elezione, 47 nei pazienti monorene, 36 nei pazienti con

neoplasia uroteliale bilaterale) con una media di 4.5 procedure per paziente e 2.2 procedure per

paziente/anno. Non sono state registrate significative complicanze intra e postoperatorie. In 3 casi è

comparsa febbre dopo la procedura e in un caso di macroematuria che si è protratta per 5 giorni. In un

paziente si è verificata una stenosi ureterale che ha richiesto un reimpianto ureterale. Ventiquattro pazienti

(63%) hanno presentato una recidiva trattata conservativamente. Sei pazienti (15%) sono andati incontro

a progressione di malattia e quindi sottoposti a nefroureterectomia. Nessun paziente è deceduto a causa

della neoplasia. Il tempo mediano di recidiva è stato 5 mesi (range 1-60 mesi).

Discussione Il trattamento endourologico delle neoplasie uroteliali della via escretrice superiore rappresenta

attualmente una opzione terapeutica sicura ed efficace. L’efficacia e la sicurezza di questa terapia è

dovuta al miglioramento della strumentazione che è avvenuto in questi ultimi anni e che ha permesso un

approccio delle neoplasie della via escretrice superiore sovrapponibile a quello indicato per le neoplasie

vescicali. Nella nostra esperienza la sopravvivenza è risultata pari al 100% sia nei pazienti sottoposti a

trattamento endourologico conservativo sia in quelli sottoposti a nefroureterectomia. Anche la differenza

delle mediane del tempo di recidiva nel gruppo trattato per necessità ed in quello trattato in elezione non è

risultata significativamente diversa.

Conclusioni Il trattamento endourologico delle neoplasie della via escretrice superiore rappresenta un efficace

approccio terapeutico nei casi di necessità ed una valida alternativa alla nefroureterectomia in casi di

elezione, purché associato ad una stretta sorveglianza.

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P 130

L’ETà QUALE FATTORE PREDITTIVO INDIPENDENTE DI RISCHIO DI RECIDIVA IN

PAZIENTI SOTTOPOSTI A NEFROURETERECTOMIA O URETERECTOMIA

SEGMENTARIA: STUDIO RETROSPETTIVO MULTICENTRICO

T. Silvestri, S. Siracusano, A. Lissiani, A. Simionato, R. Schiavina, S. Ciciliato, M. Gacci, P. Gontero, A.

Benelli, L. Toffoli, M. Ennas, F. Visalli, G. Di Cosmo, R. Talamini (Trieste)

Scopo del lavoro La nefroureterectomia con pastiglia vescicale (NU) è considerata il gold standard per il trattamento del

carcinoma uroteliale dell’alta via escretrice non- metastatico (CUAVE). E’ stato valutato il ruolo dell’età

come fattore indipendente di rischio predittivo di sopravvivenza libera da recidiva (SLR) e la

sopravvivenza cancro-specifica (SCS) in pazienti con CUAVE sottoposti a NU o ureterectomia

segmentale (US)

Materiali e metodi Sono stati valutati retrospettivamente 412 pazienti affetti da CUAVE dal 2001-2013 e sottoposti a NU ed

US in 5 centri accademici. 324/412 (79%) pazienti sono stati sottoposti NU mentre 88/412 (21%) sono

stati trattati con US. Le caratteristiche cliniche e patologiche sono state analizzate con riferimento all'età

(≤70 vs > 70 anni), al sesso, al tipo di intervento chirurgico (NU vs US ) , al pTNM (pT0 - pT2 vs pT3) ,

al grading (G0- G2 vs G3) e al riscontro della presenza di un carcinoma contestuale della vescica (Sì vs

No). L'analisi univariata e multivariata è stata eseguita per valutare le caratteristiche cliniche e

patologiche quali variabili predittive di SLR e SCS utilizzando il modello proporzionale di Cox (hazard

ratio, HR, e 95 % intervallo di confidenza, CI).

Risultati Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra i due tipi di intervento chirurgico

con riferimento al sesso maschile [73,5% (38/324) vs 78,4% (69/88), rispettivamente], all’età media [71,4

± 9,3 vs 69,6 ± SD 9.0 anni SD, rispettivamente], al follow-up medio [35,4 ± 28,7 vs 31,9 ± SD 31,7 mesi

SD, rispettivamente] e al numero di recidive [44,4% (144/324) vs 44,3% (39/88), rispettivamente]. Si

evidenzia una più alta percentuale di mortalità nel gruppo NU (28,1% - 91/324) vs il gruppo US (11,4% -

10/88) (p = 0.001) e della percentuale di mortalità per causa specifica (14,8% vs 4,6%, rispettivamente,

per NU e SU, p = 0,01). All’analisi univariata e multivariata l’età, il pTNM stadio e la diagnosi di

neoplasia vescicale sincrona sono fattori di rischio predittivi di SLR. Il rischio di recidiva è stato per le

singole variabili come segue: età> 70 vs ≤70 anni: 1,49 (95% CI: 1,10-2,03), p = 0,01; per pT3 vs pT0-

pT2: 1.60 (95% CI: 1,18-2,18), p = 0,003; in presenza di un tumore della vescica sincrono (sì vs no): 1.94

(95% CI: 1,35-2,79), p = 0,003. All’analisi univariata, l’età, il tipo di intervento chirurgico, lo stadio e la

diagnosi sincrona di neoplasia vescicale sono variabili statisticamente significative e predittive per SCS

mentre solamente tre di loro rimangono statisticamente significative all'analisi multivariata

Discussione L’età maggiore dei settanta anni rappresenta un fattore protettivo per la SLR e la SCS in questa categoria

di pazienti.

Conclusioni I risultati indicano che la variabile età costituisce un fattore predittivo indipendente per la SLR e la SCS

in questi pazienti.

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P 131

TERAPIA CONSERVATIVA CON LASER AL TULLIO DELLE NEOPLASIE DELL’ALTA

VIA URINARIA

G. Musi, O. Decobelli, C. Marenghi, S. Picozzi, D. Ratti, E. Finkelberg, S. Casellato, S. Nazzari, L.

Carmignani (Milano)

Scopo del lavoro Il carcinoma uroteliale delle alte vie urinarie rappresenta il 5-10% di tutte le lesioni uroteliali. L’early

detection della malattia permette un approccio conservativo. Esiste una letteratura sul trattamento

endoscopico con laser ad Olmio, a diodi e con elettrocoagulazione. L’obiettivo del nostro studio è quello

di valutare se il trattamento endoscopico degli UTUC con laser a Tullio rappresenti una valida alternativa

alle altre strategie conservative.

Materiali e metodi E’ stato condotto uno studio multicentrico retrospettivo dal Gennaio 2012 al Gennaio 2015 arruolando 18

pazienti affetti da neoplasia a basso rischio delle alte vie urinarie o ad alto rischio, solo se concomitavano

IRC, monorene chirurgico o funzionale o controindicazione anestesiologica a chirurgia maggiore.

Risultati I pazienti sono stati sottoposti a biopsia e vaporizzazione delle lesioni per via retrograda o percutanea con

laser al Tullio. Non si sono verificate complicanze chirurgiche intraoperatorie, perioperatorie e

postoperatorie a breve e medio-lungo termine. La durata media del follow up è stata di 18 mesi (SD: 8.3

mesi; Mediana: 21 mesi). Un’unica paziente è stata sottoposta a nefroureterectomia per rifiuto della

paziente alla prosecuzione del follow-up, in esiti di vaporizzazione delle lesioni; tuttavia l’esame

istologico definitivo è stato classificato come pT0. Non si è riscontrata una progressione o diffusione di

malattia.

Discussione Il laser al Tullio è dotato di un’elevata precisione grazie anche all’azione continua che esercita sui tessuti.

Garantisce una precisione ed una potenza adatte al trattamento di tali lesioni a livello ureterale. Molti

degli studi in letteratura riportano un uso combinato, nel corso dello stesso intervento, di più fonti di

energia: elettrocoagulazione monopolare, laser ad Olmio e laser a Diodi . A livello ureterale, il Tullio

assicura l’azione di questi diversi strumenti in un'unica macchina: con la medesima fibra laser è possibile

infatti eseguire enucleazione, vaporizzazione e coagulazione del letto di resezione. Ciò permette di

abbreviare i tempi operatori e di ridurre i costi. L’efficacia e l’efficienza del Tullio sono state evidenti non

solo al momento della vaporizzazione delle neoformazioni, ma anche in corso di follow-up.

Conclusioni Alla luce dei risultati ottenuti, il laser al Tullio ha dimostrato elevata efficacia ed efficienza nel

trattamento mini-invasivo delle lesioni pieloureterali, con ottime capacità di vaporizzazione ed

emostatiche, in assenza di complicanze. Un follow-up a lungo termine è necessario.

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TURBT DELL’URETERE INTRAMURALE: FATTORI PREDITTIVI DI STENOSI

SECONDARIA E SVILUPPO DI TUMORE DELL’ALTA VIA.

F. Pisano, P. Juarez del Dago, J. Gaya, J. Palou, F. Algaba, H. Villavicencio, O. Rodriguez Faba (Torino,

Itlia)

Scopo del lavoro La diagnosi di carcinoma uroteliale dell’uretere intramurale mediante visualizzazione diretta delle papille

intrameatali durante una procedura endoscopica o durante la resezione di una lesion tumorale adiacente al

meato è un evento poco commune. Nel presente studio abbiamo analizzato l’incidenza di stenosi del

meato e tumore uroteliale dell’alta (UTUC) via in pazienti sottoposti a resezione transuretrale dell’uretere

intramurale, associata o meno a resezione di lesioni vescicali concomitanti.

Materiali e metodi 112 pazienti, 80.4% maschi, con un’età media di 69.3 anni ed un follow up medio di 56 mesi sono stati

sottoposti a resezione transuretrale della porzione intramurale dell’uretere. L’anatomia patologica ha

confermato una diagnosi di carcinoma uroteliale non muscolo invasivo (NMIBC): il 58% ed il 42% dei

casi si presentava in concomitanza di una lesion vescicale primitiva e recidiva rispettivamente. In tutti I

casi il tessuto resecato a livello meatale è stato inviato a parte all’anatomia patologica. I casi di tumore

muscolo invasivo sono stati esclusi dalle analisi. I pazienti con sospetto di persistenza di tumore

nell’uretere distale sono stati sottoposti ad ureteroscopia a 3-4 mesi dalla TURB. Un catetere ureterale a

tipo JJ è stato posizionato nei pazienti sottoposti a resezione estesa del trigono (32.1%). Il 22.3% ed il

75:9% dei pazienti sono stati successivamente trattati con instillazioni endovescicali di mitomicina e BCG

rispettivamente.

Risultati All’analisi anatomopatologica il 64% dei casi era Ta, il 22.3% T1, il CIS è stato riscontrato nel 17% dei

casi. 17 pazienti (15.2%) hanno successivamente sviluppato tumore dell’alta via (65.4% nell’uretere

distale) e l’11.6% ha sviluppato una stenosi dell’uretere distale. La presenza del catetere ureterale non ha

influenzato la comparsa della stenosi (23% vs 33%, p 0.45). E’ stato riscontrato un rischio

significativamente aumentato di sviluppare UTUCvia correlate al grado della lesione: 30.3% e 37.5%

rispettivamente nei pazienti con G3 e CIS della vescica, 26.5% e 66.7% rispettivamente nei pazienti con

G3 e CIS dell’uretere distale (p=0.001). All’analisi multivariate la presenza di CS del meato è risultata un

fattore predittivo per lo sviluppo di tumore dell’alta via (p 0.003). Inoltre, sempre alla multivariate, I

tumori piu grandi di 3cm sono associati ad una maggior incidenza di stenosi secondaria del meato

(p:0.04)

Discussione La presenza di NMIBC dell’uretere intramurale è un evento abbastanza raro e la sua gestione resta

tutt’ora oggetto di dibattito. I dati attualmente disponibili in letteratura non consentono di identificare

classi di rischio maggiormente soggette alla succesiva comparsa di stenosi meatale o UTUC.

Conclusioni Nella nostra casistica la presenza di tumori >3cm si associa ad un maggiori rischio di stenosi secondaria

dell’uretere distale. Al contempo la presenza di CIS intramurale aumenta l’incidenza di UTUC. Queste

categorie di pazienti potrebbero quindi trarre beneficio da un follow up più stretto.

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P 133

LITOTRISSIA EXTRACORPOREA (ESWL) NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI

URETERALE INTRAMURALE: NOSTRA ESPERIENZA

F. Sommatino, O. Maugeri, F. Venzano, C. Ambruosi, G. Chiapello, D. Bernardi, M. Mediago, C.

Dadone, G. Oppezzi, E. Galletto, G. Arena (Cuneo)

Scopo del lavoro valutare i risultati della litotrissia extracorporea eseguita in urgenza per calcoli ureterali intramurali

condizionanti coliche renali non complicate con ausilio di litotritore Piezolith 3000; lo studio è stato

ottenuto valutando lo stone free rate dei pazienti trattati.

Materiali e metodi dal gennaio 2012 al Marzo 2015 abbiamo sottoposto a ESWL 78 pazienti affetti da calcolosi ureterale

intramurale non complicata da infezione, insufficienza renale o severa idronefrosi. Dimensione media del

calcolo 6,18 mm (range 4-10 mm). Il trattamento è stato eseguito in regime ambulatoriale ed in posizione

supina con puntamento esclusivamente ecografico. Il numero di colpi medio di 4900 con una potenza

variabile da 15 a 17 Hz. Il follow up è stato condotto mediante ecografia eseguita a circa 7-10 giorni di

distanza dal primo trattamento. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia medica espulsiva (alpha

litico e cortisonico) concomitante.

Risultati il tasso di stone free globale è stato dell’91,3% (su un totale di 3 trattamenti), 87% al primo trattamento.

undici pazienti (14,1%) sono stati poi sottoposti ad ureteroscopia operativa con estrazione agevole del

calcolo nonostante significativo edema del meato ureterale. Il trattamento ben tollerato non ha necessitato

somministrazione di analgesici e non sono state registrate complicanze.

Discussione l’approccio ideale alla calcolosi ureterale intramurale rappresenta un argomento ampiamente discusso in

letteratura anche considerando come le linee guida della principali società scientifiche internazionali

considerino ESWL come trattamento di prima scelta nella calcolosi ureterale non complicata.

Conclusioni Il nostro studio conferma la assoluta efficacia del trattamento ESWL nella gestione del calcolo

intramurale in associazione alla terapia espulsiva qualora questo sia individuabile ecograficamente.

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MORTALITà E URETEROSCOPIA FLESSIBILE: ANALISI DI 6 CASI

L. Cindolo, P. Castellan, C. Scoffone, C. Cracco, A. Celia, A. Paccaduscio, L. Schips, S. Proietti, A.

Breda, G. Giusti (vasto)

Scopo del lavoro grazie alle continue innovazioni nello strumentario chirurgico, la RIRS (Retrograde intrarenal surgery) è

diventata oggi una tecnica sempre più utilizzata sia nel trattamento della calcolosi che delle neoplasie

delle alte vie urinarie. Nonostante il suo profilo di grande e straordinaria sicurezza, in letteratura sono

descritte solo due casi di decesso dopo RIRS . Scopo di questo studio è identificare e descrivere casi di

mortalità occorsa dopo una RIRS.

Materiali e metodi Durante il “Technology & Training in Endourology 2014” di Torino, sono stati arruolati endourologi

esperti ponendo come criterio di selezione l’aver effettuato >100 casi RIRS/anno negli ultimi 3 anni.

Successivamente, i chirurghi selezionati hanno revisionato la loro serie di RIRS, riportando ogni caso di

mortalità avvenuto. Quando è stato rilevato un evento mortale, sono stati analizzati i dati anamnestici, le

caratteristiche della patologia, la procedura chirurgica e le cause.

Risultati Tra tutti i partecipanti, 11 urologi (età media: 48,6 anni±6.8) avevano la casistica chirurgica di RIRS

appropriata ed hanno partecipato allo studio. L'esperienza media del chirurgo in procedure di RIRS era

7,5 (SD 2,2) anni. Nel complesso sono stati retrospettivamente valutate circa 5700 procedure chirurgiche

con una media di 518 casi/chirurgo. Solo sei urologi hanno riportato 6 casi di mortalità (incidenza

0,001%). Cinque pazienti sono morti in seguito a complicazioni di tipo settico, uno per problemi

cardiologici; solo in due casi è stato riportato l’utilizzo di UAS (ureteral access sheat). La tabella 1

riassume il profilo clinico dei casi mortali

Discussione questo studio multi istituzionale è il primo tentativo di mettere in evidenza come anche la RIRS,

nonostante il suo grande profilo di sicurezza per il paziente, nasconda un rischio di complicanze

potenzialmente fatali. Principalmente, nella popolazione chirurgica analizzata, l’evento avverso si è

riscontrato soprattutto in casi complessi, che presentavano una storia di infezioni del tratto urinario o

malattie neurologiche avanzate. Tutte le misure di sicurezza dovrebbero essere applicate in modo da

riconoscere e trattare subito le fasi iniziali di sepsi. Per ridurre al minimo le complicazioni settiche, vanno

rispettati i seguenti criteri: (1) operare solo pazienti con urine sterili, (2) cercare sempre di posizionare un

UAS, (3) irrigare con cautela mentre si controlla il deflusso continuo del UAS, (4) non superare le 2 ore

di procedura operatoria e (5) osservare attentamente i pazienti nelle prime 6 ore postoperatorie (90% di

questi casi si verificano entro 6 ore).

Conclusioni Questo studio rivela che la presenza di complicanze fatali dopo RIRS è possibile. Anche rispettando gli

standard di cura, può accadere che i medici si trovino nella necessità di effettuare una ureterorenoscopia

flessibile non rispettando alcuni tra i criteri di sicurezza elencati e con un inevitabile aumento dei rischi.

Una migliore segnalazione dei casi e l'utilizzo di sistemi standardizzati sono auspicabili.

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RIRS (RETROGRADE INTRARENAL SURGERY) NEL TRATTAMENTO DELLA

CALCOLOSI IN ETà PEDIATRICA. ESPERIENZA INIZIALE.

A. Berrettini, P. Acquati, D. Minoli, S. Vallasciani, F. Rocco, G. Manzoni (Milano)

Scopo del lavoro La RIRS rappresenta un’eccellente metodica per il trattamento della calcolosi dell’alta via escretrice. I

risultati di tale metodica in età pre-pubere sono ancora limitati.

Materiali e metodi Lo studio retrospettivo analizza la nostra esperienza iniziale in bambini con età inferiore a 13 anni,

sottoposti a RIRS per calcolosi renale da gennaio 2013 a marzo 2015. Sono stati analizzati: età, sesso e

peso dei pazienti, numero, dimensione e natura dei calcoli, tempo operatorio, tempo di degenza, stone-

free rate, complicanze intra e perioperatorie.

Risultati Abbiamo eseguito 19 procedure su 13 bambini (6 maschi e 7 femmine). Tre pazienti sono stati sottoposti

a RIRS bilaterale per calcolosi in entrambi i reni. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a posizionamento di

stent JJ preliminare (circa 4 settimane prima della RIRS). L'età media dei pazienti è risultata 6.7 anni

(range 9 mesi-13 anni) con un peso medio di 26.3 Kg (range 10-68). In 4 casi la RIRS è stata eseguita

come seconda scelta terapeutica: in 3 casi dopo ESWL infruttuosa e in un caso dopo pielolitotomia in

litiasi a stampo completo. La calcolosi renale multipla interessava il 42% dei pazienti. Nel 21% dei casi

abbiamo riscontrato la presenza contestuale di calcolosi ureterale trattata preventivamente con

ureterolitolapassi. La dimensione media delle formazioni litiasiche è risultata 15 mm (range 8-27). Il

tempo operatorio medio è stato di 113 minuti (range 75-135). La degenza media è risultata di 2.4 giorni

(range 1-4). L’analisi spettrofotometrica dei calcoli ha mostrato: cistina in 4 casi, ossalato di calcio in 5

casi, mista (carbonato e ossalato) in 4 casi. Dopo singola procedura abbiamo raggiunto un stone free rate

pari al 73.6% dei casi. In 3 casi si è resa necessaria una RIRS II look per bonifica incompleta al primo

trattamento e in 2 casi una ESWL di completamento. Non si sono registrate complicanze maggiori

intrarenali; in 4 casi abbiamo evidenziato minimo spandimento di mdc a fine procedura con risoluzione

spontanea a 24 ore (Clavien grado 1); in 2 casi comparsa di febbre peri-operatoria che ha richiesto terapia

antibiotica (Clavien grado 1); in un solo caso abbiamo riscontrato la formazione di un idrocalice iatrogeno

a 6 mesi dalla procedura risolto con chirurgia open (Clavien grado 3b).

Discussione L'incidenza della calcolosi urinaria è in aumento nell’età pediatrica. L'obiettivo è la bonifica completa. Le

nuove frontiere dello strumentario endoscopico mininvasivo, il miglioramento delle fibre ottiche, il laser a

setting modulabile, le fibre di nuova generazione hanno reso la RIRS una metodica sicura e consigliabile

in pazienti pre-pubere.

Conclusioni La RIRS può essere utilizzata con sicurezza nel trattamento dei calcoli renali nei bambini con età

inferiore ai 13 anni. In casi di calcolosi multipla o resistente ad ESWL, la RIRS potrebbe rappresentare

l’opzione di prima scelta. Il pre-stenting è mandatorio. I genitori devono essere informati circa la

probabilità di multiple procedure per ottenere lo “status di libera pietra”

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IL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DELLA CALCOLOSI URINARIA IN ETA’

PEDIATRICA. ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO

P. Beltrami, L. Bettin, A. Iannetti, A. Guttilla, M. Gnech, M. Castagnetti, F. Dal Moro, F. Zattoni

(Padova)

Scopo del lavoro Il trattamento della calcolosi urinaria del bambino presenta molte differenze rispetto a quello dell’adulto,

tanto da considerare il paziente pediatrico un’entità diversa e non un “piccolo adulto”. Escludendo i casi

in cui è indicato un intervento chirurgico per correggere un’anomalia anatomica della via escretrice, la

scelta del trattamento più opportuno dipende dalla necessità di ottenere il migliore risultato in termine di

“stone free rate” con la minore invasività. In questo lavoro riportiamo la nostra esperienza nel trattamento

endourologico della calcolosi in età pediatrica.

Materiali e metodi Dal 01/2010 al 12/2014 abbiamo sottoposto a trattamento endourologico 49 pazienti (27 maschi e 22

femmine) di età compresa tra 1 e 17 anni (media 9.8 anni) affetti da calcolosi urinaria. In 28 casi si

trattava di calcolosi renale, in 1 reno-ureterale, in 14 ureterale e in 8 vescicale. In 3 pazienti la calcolosi

era recidiva. Abbiamo eseguito complessivamente 70 procedure endourologiche: 16 litotrissie percutanee

(PCNL), 29 litotrissie renali per via retrograda (RIRS), 17 litotrissie per via ureteroscopica (URS), 8

litotrissie percutanee vescicali (PCNL-V). In 3 casi la manovra retrograda è risultata infruttuosa per la

mancata compiacenza dell’uretere allo strumento.

Risultati In 46/49 pazienti è stata ottenuta la completa bonifica. Per la PCNL, in un solo caso è stata associata una

seduta di litotrissia extracorporea, in quanto la bonifica è stata incompleta per un guasto

dell’apparecchiatura laser che non ha consentito di frammentare un calcolo di 10 mm localizzato in un

calice medio. Una bambina è stata sottoposta a litotrissia per via retrograda 3 mesi dopo una litotrissia

percutanea per la presenza di un calcolo residuo/recidivo di 14 mm. Per quanto riguarda la RIRS, la

bonifica completa è stata ottenuta in 26 casi con una o più sedute. In 3 casi i pazienti sono ancora in corso

di follow-up ed eventuale ritrattamento. Le URS per calcolosi ureterale sono state tutte risolutive con

un’unica seduta. Nei 3 casi infruttuosi è stato posizionato uno stent ureterale tipo doppio J: 2 pazienti

sono stati sottoposti a RIRS/URS a distanza di 1 mese e uno a litotrissia extracorporea, tutte risolutive.

Segnaliamo un’unica complicanza maggiore rappresentata da pneumotorace in un caso di PCNL con

accesso attraverso i calici superiori.

Discussione DISCUSSIONE L’approccio endourologico nel paziente in età pediatrica rappresenta un’opzione

terapeutica idonea per raggiungere la completa bonifica della calcolosi urinaria con il minor numero di

trattamenti. La disponibilità di strumentazione di piccolo calibro, consente di trattare, con un limitato

rischio, anche i pazienti pediatrici e di evitare ripetute sedute in anestesia e impiego di manovre

accessorie, richiesti per ottenere analoghi risultati con la litotrissia extracorporea.

Conclusioni Riteniamo tuttavia che l’approccio endourologico della calcolosi in età pediatrica debba essere riservato a

centri con un elevato flusso di pazienti.

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DO WE REALLY NEED TO WEAR PROPER EYE PROTECTION WHEN USING

HOLMIUM:YAG LASER DURING ENDOUROLOGICAL PROCEDURES? RESULTS FROM

AN EX-VIVO ANIMAL MODEL ON PIG EYES

L. Villa, J. Cloutier, E. Compérat, P. Kronemberg, F. Charlotte, A. Salonia, F. Montorsi, O. Traxer

(Milano)

Aim of the study All the companies selling Holmium:YAG (Ho:YAG) laser machines and the European guidelines on laser

and technologies recommend all intra-operative personnel to wear proper eye protection to avoid any

corneal or retinal damage in case of accident. We conducted an ex-vivo animal study to evaluate the

effect of Ho:YAG laser on pig eyes and to test the protective action of different glasses in preventing eye

lesions in case of accident.

Materials and methods We pointed the tip of a Ho:YAG laser fiber from different distances (0,3,5,8,10 and 20 cm, respectively)

towards the center of the pupil of the pig eye. The Ho:YAG laser was activated for one or five seconds at

three different settings (0.5J-20Hz, 1J-10Hz and 2J-10Hz, respectively). The experiment was repeated

using laser safety glasses and eyeglasses. A total of 78 pig eyes were used. The effects of the Ho:YAG

laser on pig eyes were assessed by histopathology. Comparable laser emission experiments were

performed on thermal paper at different distances using different pulse energies.

Results Ho:YAG laser-induced corneal lesions were observed in unprotected eyes, ranging from superficial

burning lesions to full-thickness necrotic areas, and were directly related to pulse energy and time of

exposure and inversely related to the distance from the eye. When the laser was placed 5 cm or farther, no

corneal damage was observed regardless of the laser setting and the time of exposure. Similar

distance/energy level relationships were observed on thermal paper. No damage was observed to the lens

or the retina in any of the Ho-YAG laser-treated eyes, or in any of the eyes protected by laser safety and

eyeglasses.

Discussion Taken together, the current data show that Ho:YAG laser emission can have detrimental effects on eyes

only at small distances (no more than 5 cm from the laser source) and that regular eyeglasses are just as

effective as laser safety glasses at protecting the eyes from these effects. However, since the current study

systematically investigates for the first time the interaction between the Ho:YAG laser and eye structures

in an ex-vivo animal model, further in-vivo studies are necessary to overcome the inability to evaluate the

response of living tissues in terms of inflammatory events or late apoptosis occurring after Ho:YAG laser

exposure, which were not able to be taken into consideration in the current study.

Conclusions Ho:YAG lasers can cause damage especially when set to high energy, but only to the cornea, from close

distances (0-5cm) and in the absence of eye protection. Eyeglasses are equally effective in preventing

laser damage as laser safety glasses. Since the risk of eye injury is minimal, the need to wear laser safety

glasses when using the Ho:YAG laser should be left at the discretion of each surgeon.

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P 138

IL NUOVO CONCETTO DI CAMICIA URETERALE NELLA URETERORENOSCOPIA

FLESSIBILE: “ONE WIRE FITS ALL”.

P. Castellan, F. Pisano, C. Scoffone, E. Liatsikos, T. Knoll, P. Oster, F. Millán, A. Breda (Barcelona,

Spain)

Scopo del lavoro Le camicie ureterali (ureteral access sheaths-UAS) sono comunemente usate durante le procedure

chirurgiche di ureterorenoscopia flessibile (RIRS). La maggior parte delle UAS disponibili in commercio

sono concepite per essere utilizzate con due fili-guida. Il nostro obiettivo è stato di determinare l’utilità

della nuova camicia ureterale (Flexor Parallel™ Cook, Irland) che permette l’utilizzo di un unico filo che

funge sia da sicurezza che da guida per una procedura più rapida e conveniente.

Materiali e metodi Tra Giugno e Settembre 2014, sono stati inclusi prospetticamente i pazienti sottoposti a RIRS in cinque

differenti centri europei. All’inizio di ogni procedura è stata tentata l’introduzione della camicia ureterale

12/14Fr Flexor Parallel™ ed è stata definita un successo quando è stato possibile inserirla in uretere senza

difficoltà e utilizzando un solo filo. Le indicazioni, il sesso e l’essere già portatori di stent sono stati

analizzati attraverso un’analisi statistica univariata e multivariata. Inoltre, la valutazione dei materiali,

dell’inserimento, della radiopacità, del rilascio del filo guida, del rivestimento idrofilico, dello

scivolamento del ureteroscopio e della ripetitività del movimento sono stati analizzati in una scala

soggettiva da molto buono a molto scarso.

Risultati 134 UAS sono stati utilizzati in 67 uomini e 67 donne. Il 50% (67) dei pazienti era già portatore di stent

ureterale. Il 90% delle RIRS è risultato terapeutico. La percentuale di successo dell’inserimento della

Flexor Parallel™è risultato del 90,2%. L’essere portatori di stent ureterali è risultato il solo fattore

predittivo indipendente per il successo dell’inserimento, mentre il sesso e le indicazioni non sembrano

influenzarlo. Nello specifico, il 98,5% dei pz pre-stentati ha avuto successo con il posizionamento del

UAS vs. l’82% dei pz non portatori di stent (p=0.001, 95% C.I.: 1.2). Ci sono stati due casi (1.4%) di

malfunzionamento della UAS che hanno richiesto l’utilizzo di una nuova camicia ureterale. La

valutazione dei materiali, dell’inserimento, della radiopacità, del rilascio del filo guida, del rivestimento

idrofilico, dello scivolamento del ureteroscopio e della ripetitività del movimento sono stati considerati

molto buoni in più del 80% dei casi. Inoltre non sono stati riportati casi di complicazioni intraoperatorie

nell’utilizzo del dispositivo.

Discussione la possibilità di utilizzare una sola guida consente di accorciare i tempi operatori e allo stesso tempo di

ridurre i costi della procedura.

Conclusioni Questo studio prospettico mostra una conclusione importante per il mondo delle RIRS: nell’era moderna,

l’utilizzo di due fili guida può essere sostituito da uno solo grazie al nuovo concetto di camicia ureterale.

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SETTE ANNI DI ESPERIENZA DI LITROSSIA PERCUTANEA IN POSIZIONE SUPINA.

M. Aragona, J. Riepenhusen, K. Sayedahmed, C. Bischoff, M. Reichert, J. Ekrutt, R. Seibel, R. Olianas

(Lueneburg, Germania)

Scopo del lavoro Valutazione della Nostra Esperienza di nefrolitotrissia percutanea in posizione supina.

Materiali e metodi Valutazione retrospettiva di tutti i Pazienti sottoposti a nefrolitotrissia percutanea presso la nostra clinica

dal Gennaio 2008 al Febbraio 2015. Sono state analizzate variabili preoperatorie (grandezza e posizione

della calcolosi, BMI, precedenti chirurgie, comorbidità), perioperatorie (durata dell’ intervento, calo

emoglobina, durata della degenza ospedaliera, complicazioni) percentuale di successo, eventuali

trattamenti di completamento. In particolare e’ stata valutata la evoluzione dei risultati in termini di durata

dell’ intervento, complicanze e percentuale di bonifiche complete nell’ arco degli anni. Tutti i Pazienti

sono stati studiati preoperatoriamente con una Tac in Bianco per una precisa conoscenza della anatomia

della via escretrice da trattare. La procedura ampiamente descritta da altri autori prevede un approccio in

posizione supina litotomica con una inclinazione del fianco da trattare di circa 25° che consente l’accesso

alla via escretrice dal basso per via endoscopica e dal fianco per via percutanea.

Risultati Dal Gennaio 2008 al Febraio 2015 abbiamo eseguito 257 nefrolitotrissie percutanee in posizione supina

in 220 Pazienti (uomini 125/ 95 donne). La percentuale di bofiche complete e stata del 77% (vei tabella).

In caso di bonifche non complete la bonifica completa e’ stata raggiunta con procedure adiuvanti

(Uretreoreoscopia o ESWL), solo nel 5 %. non e’ stato possibilie ottenere una bonifica completa della via

escretrice.

Discussione Sebbene la litotrissia percutanea con approccio in posizione supina come descritto da Valdivia sia stata

descritta da tempo per molti anni e’ persistito uno scetticismo nei confronti di questo approccio. Solo

nell’ultimo decennio si e’ diffuso un certo consenso nell’ esecuzione della litorissia percutanea con questo

approccio soprattutto nel panorama urologico italiano. Tuttora esistono remore nell’ approccio in

posizione supina riguardanti la accessibilita’ alla via escretrice ed al rischio di complicanze soprattutto al

di fuori del panorama italiano. Presso il Nostro centro tutte le nefrolitotrissie percutanee cosi come le

nefrostomie derivative vengono eseguite in posizione supina. In questo lavoro riportiamo la Nostra

casistica dagli inizi ad oggi valutando in maniera critica le complicanze cosi come la evoluzione dei

risultati nell’arco degli anni. Non sono state osservate differenze significative in termini di percentuale di

bonifiche comete sebbene con l’aumentare dell’esperienza abbiamo osservato una riduzione dei tempi

operatori e dei tempi di degenza. In tutta la nostra casistitca non abbiamo osservato complicanze

maggiori.

Conclusioni L’ approccio in posizione supina e’ un approccio sicuro che consente un buon accesso alla via escretrice

non solo dal fianco ma anche dal basso per via endoscopica. La posizione supina inoltre permette di

ridurre notevolmente i tempi ed i rischi anestesiologici legati alla posizione prona.

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ORGAN SPARING SURGERY NELLE LESIONI TESTICOLARI: QUALI INDICAZIONI?

M. Ciletti, M. Ciletti, G. Simonelli, L. Misuraca, A. Maurizi, M. Tarsitano, A. Isidori, M. Ciccariello, E.

Santini, C. Leonardo, C. De Dominicis, G. Franco (Roma, socio)

Scopo del lavoro Definire , sulla base della nostra esperienza, delle indicazioni aggiornate per l’impiego della

tumorectomia testicolare.

Materiali e metodi Dal 2002 al 2014, sono stati osservati 138 casi di neoformazione testicolare. 94 di questi sono stati

sottoposti a orchifunicolectomia immediata, mentre i rimanenti 44 (età: 9-60 anni), oggetto del presente

studio, con lesioni inferiori ai 15 mm, ad approccio chirurgico graduale organ sparing mediante

tumorectomia testicolare. 30 di questi sono giunti alla nostra osservazione per infertilità e 14 per reperto

palpatorio/sintomatologia dolorosa. 4 pz erano monorchidi. All’ecografia presenza di nodulo/i

ipoecogeno/i (36 casi) o iperecogeno/i (8 casi), palpabile/i in 18 casi, delle dimensioni di 4-15 mm. In

tutti i pazienti i markers tumorali erano negativi. 10 interventi sono stati eseguiti con tecnica

microchirurgica (microscopio operatore o loops frontali) derivata dall’intervento di microtese per

infertilità e 34 con tecnica tradizionale, asportando in blocco il nodulo testicolare. In 10 di questi è stata

utilizzata l’ecografia intraoperatoria per localizzare la lesione. In 41 casi è stato eseguito l’esame

istologico estemporaneo della lesione asportata.

Risultati La diagnosi istologica definitiva è stata di lesione maligna in 6 pazienti (13.6%) e di lesione benigna in 38

pazienti (86.4%). In particolare, in 25 leydigioma, in 3 iperplasia focale delle cellule del Leydig, in 4 cisti

dermoidi, in 5 sclerosi/fibrosi ialina, in 1 sertolioma, in 2 carcinoma embrionario, in 3 seminoma ed in 1

tumore a cellule germinali misto. 4 pz con esame istologico estemporaneo deponente per neoplasia

germinale sono stati sottoposti a contestuale orchifunicolectomia. Tutti gli altri pazienti con malattie

benigne sono ad oggi (follow-up 2-60 mesi) liberi da recidiva.

Discussione In caso di lesioni testicolari inferiori a 10 mm non palpabili, o palpabili in pazienti monorchidi o con

lesione bilaterale, è consigliabile un approccio graduale conservativo con iniziale tumorectomia

testicolare.

Conclusioni La nostra esperienza sembra dimostrare che nei pazienti infertili con lesioni non palpabili di piccole

dimensioni, riscontrati incidentalmente con ecografia, queste sono più frequentemente di natura benigna.

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TRATTAMENTO DEL TUMORE A CELLULE DI LEYDIG: ORCHIECTOMIA RADICALE

VS TESTIS SPARING SURGERY

S. Picozzi, D. Vizziello, C. Marenghi, E. Finkelberg, D. Ratti, G. Bozzini, L. Carmignani (san donato

milanese)

Scopo del lavoro Il tumore a cellule di Leydig (LCT) è il più comune tumore stromale e riguarda fino al 3% delle neoplasia

del testicolo. Tuttavia la gestione ottimale di questa patologia rimane controversa. Allo stato attuale il

gold standard è l’orchiectomia, ma recenti dati sulla Testis Sparing Surgery (TSS) in combinazione con la

Frozen Section Examination (FSE) intraoperatoria sembrano fornire risultati promettenti. Tuttavia

l’evidenza scientifica attuale si basa su poche serie di casi. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di

valutare, attraverso una revisione sistematica, il ruolo della TSS nel trattamento del LCT.

Materiali e metodi Gli studi esaminati sono stati selezionati attraverso la ricerca su database elettronici partendo dalla

bibilografia di articoli pubblicati. Sono stati considerati i lavori pubblicati tra Gennaio 1980 e Dicembre

2012 attraverso l’uso di PubMed/MEDLINE ed EMBASE. Da questi sono stati esclusi studi composti da

singoli case report, abstract e conference proceedings. In totale sono state analizzate 46 citazioni, di cui

13 studi rispettavano i criteri di selezione. Il totale dei pazienti inclusi negli studi esaminati ammonta a

247, di cui 145 sottoposti a orchiectomia radicale e 102 a TSS.

Risultati Nei pazienti sottoposti a orchiectomia radicale, 7 studi riportano un follow up variabile tra 6 e 249 mesi

(media 80,05), mentre 10 studi riportano un follow up dei pazienti sottoposti a TSS che varia tra 6 e 192

mesi (media 64,09). Beta-HCG, alpha-feto-proteina o LDH sono risultate nella norma in tutti i pazientei.

5 casi (7,5%) risultavano avere livelli di testosterone superior rispetto ai limiti di norma, mentre 8

(12,3%) presentavano livelli inferiori rispetto a tale range. Su 96 pazienti è stata eseguita la FSE, con una

sensibilità del 87,5%. I casi in cui vi è stato un errore nella diagnosi sono stati: 3 casi di seminoma, 3

lesioni benigne, 1 caso di linfoma a grandi cellule B. In nessuno dei pazienti trattati con TSS si è assistito

a ripresa metastatica di malattia, solo in un caso vi è stata ripresa locale, mentre nel gruppo sottoposto ad

orchiectomia radicale 3 pazienti presentavano metastasi. Uno di questi aveva una lesione particolarmente

voluminosa (13,5 cm), mentre 2 avevano età avanzata.

Discussione Nel LCT, in casi selezionati, la chirurgia radicale può non essere necessaria, mentre la TSS potrebbe

diventare la strategia d’elezione in questi pazienti. In considerazione della giovane età dei pazienti affetti

da questa patologia, con la TSS è possibile salvaguardarli dal rischio di ipogonadismo e di danno sulla

fertilità, considerando che circa il 30% si presentano alla diagnosi come infertili.

Conclusioni I risultati sembrano confermare l’applicabilità della TSS nel trattamento d’elezione del LCT in tutti i

pazienti affetti da questa patologia, e non più solo in quelli che si presentano alla diagnosi come infertili o

con un solo testicolo.

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PATTERN DI DISTRIBUZIONE ISTOLOGICA DEL PTTG (PITUITARY TRANSFORMING

TUMOUR GENE) E CORRELAZIONE CLINICA NEI TUMORI GERMINALI DEL

TESTICOLO.

G. Gulino, M. Antonucci, G. Palermo, S. Recupero, M. Stefanucci, M. Racioppi, P. Bassi (ROMA)

Scopo del lavoro L'instabilità genomica è una caratteristica dei tumori a cellule germinali (GCT). Il pituitary-tumor-

transforming-gene 1 (PTTG1) è il principale effettore di segregazione dei cromosomi durante la mitosi e

protegge la cellula da aneuploidie. La sua espressione proteica è stata valutata mediante

immunoistochimica nei GCT. L’obiettivo è Valutare l’espressione del PTTG1 nei GCT e il suo pattern di

distribuzione subcellulare; inoltre valutare la sua funzione come possibile strumento diagnostico in questo

tipo di neoplasie.

Materiali e metodi Sono stati esaminati campioni di tessuti testicolari di 83 pazienti sottoposti a orchiectomia per seminoma

(53), carcinoma embrionale (10), tumore del sacco vitellino (10) e teratoma (10). I campioni sono stati

fissati in formalina ed inclusi in paraffina di tessuti testicolari. L’immunocolorazione per il PTTG1 è stata

eseguita utilizzando coniglio anti-PTTG1 come anticorpo primario

Risultati Nella neoplasia intratubulare a cellule germinali di tipo non classificato (IGCNU) solo alcune cellule

isolate risultavano essere positive per l’espressione di PTTG1, prevalente localizzate a livello del nucleo.

Nel seminoma invece l’espressione di PTTG1 era presente per le cellule dell’area perfierica del tumore

prevalentemente nel nucleo; mentre per le cellule localizzate nella zona centrale del tumore

prevalentemente nel citoplasma. Cellule che esprimevano il PTTG1 erano inoltre presenti nelle aree di

infiltrazione del seminoma. Al contrario, nelle cellule di carcinoma embrionale vi era un

immunoistochimica positiva diffusa, principalmente citoplasmatica. Invece non abbiamo osservato una

espressione di PTTG1 nel tumore del sacco vitellino e teratoma maturo

Discussione Nel seminoma e IGCNU, PTTG1 ha mostrato un pattern caratteristico di distribuzione in diverse aree del

tumore, anche in relazione alla localizzazione subcellulare

Conclusioni Ulteriori indagini sono necessarie per chiarire la funzione di PTTG1 nei GCT e le correlazioni cliniche

con l’aggressività tumorale a seconda dei diversi istotipi

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PLASTICA URETRALE DOPO AMPUTAZIONE DEL GLANDE PER NEOPLASIA.

F. Portoghese, M. Romano, M. Scarcia, P. Rizzo, G. Cardo, F. Maselli, G. Pagliarulo, S. Martalò, S.

Cotrufo, G. Scalese, G. Ludovico (Acquaviva delle Fonti)

Scopo del lavoro Il principale problema dopo amputazione del glande è preservare la parte residuale del pene dalla ripresa

di malattia, garantendo un aspetto estetico e funzionale accettabile. In questo studio descriviamo una

tecnica di ricostruzione del glande dopo amputazione per neoplasia utilizzando un flap uretrale

vascolarizzato.

Materiali e metodi Da gennaio 2010 a ottobre 2014 sono stati sottoposti a questo tipo di ricostruzione 12 pazienti. L’tà media

dei pazienti era di 56 anni (48-72). La tecnica prevede l’amputazione del glande. Successiva

glanduloplastica con la mucosa uretrale spatulata e successiva eversione della stessa sui corpi cavernosi e

sutura con il margine prepuziale. E’ stato eseguito un esame estemporaneo dei margini della cute

prepuziale, dei corpi cavernosi e della parte terminale dell’uretra.

Risultati Tutte le procedure sono state condotte in anestesia spinale loco regionale. La degenza media è stata di 2,4

gg. Il catetere è stato rimosso dopo 7 gg. Un paziente ha richiesto una revisione in anestesia locale per

parziale deiscenza. Non si sono verificate stenosi, né recidiva locali di malattia. La durata media della

procedura è stata di 35 minuti.

Discussione La tecnica è riproducibile, con rare complicanze. Sicura dal punto di vista oncologico.

Conclusioni Il lungo periodo di follow-up dei pazienti trattati assicura la qualità e sicurezza di questa metodica

chirurgica.

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CHEMIOTERAPIA CONCOMITANTE ALLA RADIOTERAPIA IN PAZIENTI CON TUMORE

SQUAMOSO DEL PENE METASTATICO.

F. Zattoni, F. Zattoni, M. Moschini, R. Karnes (Rochester, MN USA, USA)

Scopo del lavoro Il tumore del pene e’ una rata e aggressive neoplasia con prognosi sfavorevole quando metastatica. Ad

oggi, pochi e discordanti studi valutano il ruolo della chemioterapia (CHT) e radioterapia (EBRT)

adiuvante. In aggiunta a questo, non esistono dati che valutano il ruolo della CHT concomitante alla

EBRT per pazienti con tumore del pene metastatico a livello linfonodale. Obiettivo dello studio e’

valutare se la CHT concomitante alla EBRT può’ migliorare la cancer specific survival (CSM) in pazienti

con tumore del pene metastatico a livello linfonodale.

Materiali e metodi Uno studio retrospettivo e’ stato condotto tra Febbraio 1995 e Febbraio 2015. Sono stati raccolti pazienti

con neoplasia peniena trattati con linfoadenectomia inguinale e pelvica. Entro 3 mesi dalla chirurgia, una

coorte di 11 pazienti con metastasi linfonodali da carcinoma squamoso del pene sono stati trattati con

CHT concomitante alla EBRT . I loro outcomes oncologici sono stati comparati con un gruppo di 12

pazienti metastatici che non hanno ricevuto nessuna CHT e EBRT (follow up group). Differenze nella

sopravvivenza tra i 2 gruppi sono state indagate attraverso una analisi della sopravvivenza con tecnica

Kaplan–Meier e una univariate Cox-proportional hazards model.

Risultati Pazienti trattati con CHT concomitante alla EBRT hanno una sopravvivenza tumore specifica ad un anno

di 54.5% comparata al 57.1% del gruppo follow up (log-rank=0.68). All’ analisi univariate il numero di

nodi positive alla linfoadenectomia predice una peggiore prognosi (P>0.001). CHT concomitante alla

EBRT sono caratterizzate da 63.6% di complicanze che hanno richiesto l’ospedalizzazione in paragone al

16.6% del follow up group (p 0.02). Il gruppo trattato con terapia adiuvante ha sviluppato complicanze

locali nel 90% dei casi rispetto al 50% del gruppo di controllo (p 0.03). 34.7% di complicanze sistemiche

sono state presenti nel gruppo trattato con terapia adiuvante rispetto a nessuna complicanze del follow up

group (p >0.01)

Discussione La CHT concomitante alla EBRT in pazienti con metastasi linfonodali da carcinoma squamoso del pene

ha un beneficio marginale nella CSM.

Conclusioni ll nostro studio incoraggia ulteriori studi multicentrici.

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P 145

TOTAL GLANS RESURFACING (TGR) PER IL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA IN

SITU DEL GLANDE (CIS): TECNICA CHIRURGICA E RISULTATI PRELIMINARI

D. Dente, A. Salvaggio, A. Cafarelli, M. Dandrea, E. Cappa, A. Porreca (Abano Terme)

Scopo del lavoro La gestione del carcinoma in situ del pene (CIS) è ancora controversa vista la percentuale relativamente

alta di recidive locali dopo chirurgia mininvasiva. L’obiettivo dello studio è quello di riportare i risultati

della nostra esperienza in merito al trattamento del CIS con tecnica del totale glans resurfacing (TGR)

Materiali e metodi Tra settembre 2012 e gennaio 2015,11 pazienti sono stati sottoposti ad intervento di TGR per CIS

(diagnosticato con precedente biopsia del glande), definendo come indicazione alla tecnica la necessità di

agire su >50% del glande. Tutti i pazienti hanno avuto un follow-up clinico trimestrale per i primi 2 anni

e successivamente semestrale (alcuni di questi pazienti non hanno ancora terminato il follow-up dei primi

2 aa. Sono stati valutati la percentuale di margini positivi, recidiva e di progressione, oltre a risultato

estetico e soddisfazione del paziente. Tecnica chirurgica: Il glande viene suddiviso in 4 quadranti virtuali

e si procede alla rimozione dell’epitelio e del connettivo subepiteliale del glande e ricostruito mediante

split skin graft di coscia.

Risultati Il follow-up medio è stato di 12 mesi (2-29). In nessuno dei casi sono state registrate delle complicanze

postoperatorie. L’esame istologico definitivo ha confermato la presenza di CIS con mergini chirurgici

negativi in 10 pazienti (90%) mentre in 1/11 (10%) è stata necessaria successiva glansectomia (con

ricostruzione mediante split skin graft) per malattia invasiva. In tutti i pazienti si è assistito un completo

attecchimento del graft con un eccellente risultato estetico a distanza.

Discussione I pazienti che vengono sottoposto a questo trattamento devono essere ben informati che, nonostante in

circa il 28% dei casi è necessario un secondo intervento per sotto-stadiazione della malattia primaria, non

c’è compromissione del controllo oncologico della malattia stessa. La procedura infine, permette la

conservazione dell’aspetto estetico e della funzionalità del pene senza ad andare ad inficiare sui risultati

oncologici.

Conclusioni La tecnica del glans resurfacing un trattamento sicuro, a basso rischio di recidiva ed efficace per il

trattamento primario del CIS.

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P 146

TRATTAMENTO DEL LICHEN GENITALE CON POLIDESOSSIRIBONUCLEOTIDE

(PLACENTEX INTEGRO)

L. lepri (perugia)

Scopo del lavoro In questo studio proponiamo l’utilizzo del Polidesossiribonucleotide (PDRN) nel trattamento del lichen

genitale maschile. Tale farmaco svolge 3 azioni fondamentali: stimolazione dei fibroblasti e dei fattori

costituenti la matrice dermica; favorisce il meccanismo di ’Salvage’del DNA; stimola il fattore di crescita

endoteliale (VEGF). L’effetto finale è lo stimolo alla rigenerazione cellulare che può essere utilizzato o

nella riparazione delle perdite di sostanza o, in caso di cute integra, nel miglioramento del trofismo

cutaneo

Materiali e metodi Dal dicembre 2013 al dicembre 2014 abbiamo arruolato in questo studio pilota prospettico non

randomizzato 21 pazienti di età compresa tra 34 e 77 anni (media 56) affetti da Lichen Sclerosus del

glande e/o prepuzio. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a trattamento mediante infiltrazioni sottocutanee

locoregionali (pomfi) con PLACENTEX INTEGRO (polidesossiribonudeotide mg 5,625) eseguite

mediante una normale siringa da 5 ml ed ago da insulina o mesoterapia (27/30 Gauge). Tutti i pazienti

sono stati rivalutati alla fine del trattamento mediate esame obiettivo clinico, questionario DLQI e IIEF

pre- e post-trattamento. Inoltre ai pazienti veniva somministrato questionario PGI-I per una valutazione

soggettiva riguardo al trattamento

Risultati Ad un follow-up medio di 6 mesi (3-14 mesi) tutti i pazienti riferivano un miglioramento soggettivo

caratterizzato da una maggiore elasticità del prepuzio e riduzione dei sintomi irritativi locali. La

valutazione statistica dei risultati ottenuti al DLQI hanno dimostrato chiaramente come ci sia stato un

netto miglioramento in termini di qualità di vita del paziente dopo il trattamento con una variazione media

dello score da 15 (5-30) a 4 (2-30) p<0.0001. Al contrario non c’è stata una variazione statisticamente

significativa in termini di funzione sessuale all’IIEF. Infine c’è stato un miglioramento soggettivo

caratterizzato da una maggiore elasticità del prepuzio e riduzione dei sintomi irritativi locali nell’80% dei

casi (questionario PGI-I)

Discussione Non esistono allo stato attuale terapie standard per il trattamento del lichen genitale

Conclusioni Il PDRN (placentex integro) può rappresentare una nuova realtà, anche se ulteriori studi con casistiche

più ampie saranno necessari per trarre conclusioni definitive.

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WHICH IS THE BIOPSY PATHOLOGICAL PATTERN IN MEN WITH PCA3 SCORE

FLUCTUATIONS?

S. De Luca, R. Passera, S. Cappia, F. Mele, M. Manfredi, R. Bertolo, M. Poggio, E. Bollito, D. Randone,

G. Ottaviano, D. Amparore, R. Aimar, F. Porpiglia (Orbassano)

Aim of the study very few data in literature reported a 20-30% fluctuation in repeated measures PCA3 score, but covering

only a limited 3-4 week time period. In a recent study, we demonstrated that, even if the PCA3 risk class

was unchanged in the majority of patients, there was a non-negligible subgroup (around 18% of patients)

having unpredictable fluctuation in PCA3 scores repeated measures; in particular, two thirds of them had

a PCA3 cross up from ≤35 to >35. The aim of this study was to evaluate prostate biopsy (Bx)

pathological patterns in men with upgraded and downgraded risk class in PCA3 score on time course and

with elevated serum prostate specific antigen (PSA) and/or positive digital rectal examination (DRE),

undergoing a repeat Bx.

Materials and methods 108 males of two Italian Institutions, undergone at least two PCA3 score assessments with upgraded and

downgraded PCA3 risk class, were selected. Comparison of PCA3 score either in patients with negative

re-Bx (normal parenchyma, benign prostatic hyperplasia BPH, chronic prostatitis, high-grade prostate

intraepithelial neoplasia HG-PIN, atypical small acinar prostate ASAP) or positive re-Bx was performed.

Patients characteristics were tested by the Fisher's exact test for categorical variables while, for

continuous ones, by the Mann-Whitney and Kruskal-Wallis (for independent measures) or the Wilcoxon

and Friedman tests (for repeated measures). The diagnostic accuracy of PCA3 score fluctuations in

predicting PCa at re-Bx was assessed by a receiver operating characteristic (ROC) analysis.

Results the upgrading and downgrading rates for PCA3 score were 71.3% (77 pts) and 28.7% (31 pts),

respectively. Fluctuations in PCA3 score and possible risk class changes in all patients and in positive/

negative re-Bx patients are reported in the table. Among the 77 upgrading patients, the median PCA3

score upgrade was 24 (4-69), while among the 31 downgrading ones, the median PCA3 score downgrade

was -17 (-2/-55). Twenty-four patients out of 29 (82.7%) patients with prostate cancer (PCa) upgraded

their PCA3 score. No association was found among the PCA3 score cross-up/cross-down and age>65

years (p=0.975), family history for PCa (p=0.796), DRE (p=0.179), use of 5-alpha-reductase inhibitors

(p=0.793) and BPH/prostatitis/HG-PIN/ASAP diagnosis (p=0.428).

Discussion The rate of PCa was clearly higher in PCA3 score upgraded patients, even if no robust cut-off for PCA3

score fluctuations was identified.

Conclusions PCA3 score can be considered a stable over time marker in most cases; notably, up to 20% patients have

a clinically notable risk class change.

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STORIA NATURALE DI HGPIN MULTIFOCALE E DI ASAP PROSTATICI: QUANDO LA

REBIOPSIA?

E. Dalmasso, M. Oderda, M. Agnello, M. Barale, M. Falcone, G. Marra, A. Palazzetti, M. Preto, L.

Daniele, D. Pacchioni, L. Delsedime, N. Nicolaiew, S. Joniau, A. de la Taille, P. Gontero (Torino)

Scopo del lavoro HGPIN multifocale (neoplasia prostatica intraepiteliale di altro grado multificale, wHGPIN) e ASAP

(proliferazione microacinare atipica) sono considerate lesioni precancerose riscontrate frequentemente su

biopsia prostatica. Secondo i dati di letteratura, la possibilità di individuare un carcinoma prostatico (PCa)

su rebiopsia arriverebbe sino al 55% in caso di wHGPIN e al 34-60% in caso di ASAP. E’ quindi

consigliata l'esecuzione di una seconda biopsia precoce. La storia naturale di queste lesioni e il timing

corretto della rebiopsia non sono però perfettamente noti. Obiettivo di questo studio è stato di valutare la

storia naturale e il rischio a lungo termine di carcinoma prostatico in caso di wHGPIN e ASAP in uno

studio multicentrico su pazienti sottoposti a rebiopsia, per identificare la reale necessità e il timing

corretto della rebiopsia.

Materiali e metodi Abbiamo condotto uno studio retrospettivo su 1012 pazienti sottoposti a biopsia prostatica tra il 2001 e il

2010, negativa per PCa ma positiva per HGPIN, wHGPIN e/o ASAP. Sono stati inclusi nello studio 802

pazienti (79,3%) sottoposti ad almeno 1 rebiopsia durante il follow-up (comprensivo di visita urologica

periodica con dosaggio del PSA ed esplorazione rettale). Tutti i vetrini sono stati sottoposti a revisione

istologica centralizzata.

Risultati Il 62% (497/802) dei pazienti non ha sviluppato PCa a un follow-up medio di 6 anni. Il rischio cumulativo

di PCa è stato del 25% per HGPIN monofocale, 28% per wHGPIN, 36% per ASAP e 43% per ASAP

concomitante a HGPIN (ASAP+HGPIN). Il 50% delle diagnosi di PCa è occorso entro i primi 12 mesi,

l'80% entro 3 anni. In oltre il 90% dei casi, il PCa identificato alla rebiopsia era di basso grado (Gleason

≤7). Età, PSA e numero di biopsie iniziali non si sono dimostrati predittivi di successiva diagnosi di PCa.

La sopravvivenza libera da diagnosi di PCa a 24 mesi è stata del 80,5% per HGPIN monofocale, 78,9%

per wHGPIN, 74,1% per ASAP e 68,9% per ASAP+HGPIN. Nessuna differenza significativa è stata

individuata tra i gruppi di pazienti nei primi 12 mesi di follow-up (figura 1)

Discussione ASAP e ASAP+HGPIN si sono dimostrati importanti fattori di rischio per la successiva diagnosi di PCa.

Non sono state osservate differenze significative nel rischio di sviluppo di PCa nei pazienti wHGPIN

rispetto a HGPIN monofocale, e quindi alla popolazione generale.

Conclusioni La rebiopsia resta quindi raccomandata in caso di ASAP e ASAP+HGPIN, preferibilmente dopo i primi

12 mesi di follow-up. La scelta di una rebiopsia più precoce o di una rebiopsia dopo HGPIN dovrebbe

essere motivata da dati clinici come PSA e ER.

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P 149

STORIA NATURALE DI HGPIN E ASAP

M. Barale, M. Agnello, M. Oderda, S. Giona, F. Pisano, L. Daniele, D. Pacchioni, L. Delsedime, P.

Dalmasso, N. Nicolaiew, A. De La Taille, B. Frea, H. Van Poppel, S. Joniau, P. Gontero (Torino)

Scopo del lavoro Un numero significativo di pazienti con HGPIN (High Grade Prostatic Intraepithelial Neoplasia) e ASAP

(Atypical Small Acinar Proliferation) riceve, ad una rebiopsia, una diagnosi di adenocarcinoma

prostatico. Tuttavia, il rischio a lungo termine di sviluppare il carcinoma prostatico (PCa) in questa

categoria di pazienti è ancora incerto. Abbiamo valutato retrospettivamente la storia naturale di queste

lesioni precancerose prostatiche su un’ampia casistica multicentrica, e stabilito il rischio a lungo termine

di sviluppare un tumore.

Materiali e metodi Abbiamo analizzato i dati di 1012 pazienti sottoposti ad una biopsia prostatica tra il 2001 e il 2010, con

diagnosi positiva per HGPIN e/o ASAP, in assenza di tumore. Tutti i pazienti sono stati seguiti nel tempo

con periodiche visite urologiche e misurazioni del PSA sierico. 802 pazienti (79,3%) sono stati sottoposti

ad almeno una rebiopsia nel tempo. Considerando che la diagnosi di HGPIN e ASAP è una diagnosi

fortemente operatore dipendente, tutti i campioni della biopsia prostatica di arruolamento sono stati

sottoposti a revisione anatomo-patologica, effettuata da tre esperti uropatologi. Il rischio di evoluzione a

tumore è stato stabilito valutando retrospettivamente le rebiopsie e i dati clinici (esplorazione rettale,

PSA) dell’ultimo follow up.

Risultati Il 62% dei pazienti risulta libero da diagnosi clinica di malattia, nel periodo medio di osservazione di 6

anni. Il rischio cumulativo di ricevere una diagnosi di PCa è risultato essere, rispettivamente, del 25% per

HGPIN monofocale, del 28% per HGPIN multifocale, del 36% per ASAP e del 43% nei casi in cui ASAP

e HGPIN coesistessero al momento della diagnosi iniziale. Il 50% delle diagnosi di PCa è stata fatta entro

12 mesi, e l’80% entro 3 anni. In più del 91% dei casi, il tumore individuato ad una rebiopsia è un tumore

di basso grado (Gleason ≤7). L’età, i livelli sierici di PSA e il numero di prelievi bioptici effettuati alla

biopsia di arruolamento non risultano essere fattori predittivi di sviluppo di tumore in pazienti con lesioni

precancerose.

Discussione La sopravvivenza libera da diagnosi clinica di malattia, ad un follow up di 24 mesi, risulta essere

dell’80,5% per HGPIN monofocale, del 78,9% per HGPIN multifocale, del 74,1% per ASAP e del 68,9%

per ASAP associata ad HGPIN (Immagine 1).

Conclusioni Il riscontro di focolai di ASAP o di ASAP+HGPIN ad una biopsia prostatica rappresenta un importante

fattore di rischio per lo sviluppo di PCa entro l’anno. D’altra parte, più del 50% dei pazienti con lesioni

precancerose risulterà libero da diagnosi clinica di tumore a 5 anni.

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UTILITà CLINICA DELL’ISOFORMA SIERICA DEL [-2] PROPSA (P2PSA) E DEI SUOI

DERIVATI (%P2PSA E PHI: PROSTATE HEALT INDEX) NEGLI UOMINI CON TPSA

>10NG/ML. INTRODUZIONE

R. Peschechera, G. Lughezzani, N. Buffi, G. Fiorini, M. Seveso, G. Taverna, P. Casale, G. Giusti, A.

Benetti, R. Peschechera, L. Castaldo, S. Zandegiacomo, R. Hurle, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro Con i derivati del PSA (free PSA [fPSA], percentuale del free PSA [%fPSA], PSA density e PSA

velocity), si cerca una più accurata diagnosi di ca prostatico (PCa). Di recente, una nuova isoforma sierica

del free [-2] proPSA ed il suo derivato PHI (Prostate Health Index) hanno dimostrato di essere più

accurati dei test standard (tPSA, %fPSA) nella diagnosi di PCa. Molti studi si sono concentrati sul PHI

nel range del tPSA compreso fra 2 e 10 (la zona grigia). Fin'ora, nessuno studio ha riguardato

l’accuratezza del PHI nei pazienti con PSA > 10. Scopo dello studio è verificare se il PHI è più accurato

del tPSA e del %fPSA anche nei pazienti con tPSA >10

Materiali e metodi Questo studio è una valutazione caso-controllo di pazienti arruolati nel progetto Multicentrico Europeo

denominato PROMEtheus. Si tratta di pazienti biopsiate per sospetto PCa secondo tali criteri: età >45

anni con o senza un sospetto palpatorio alla esplorazione digito-rettale (DRE); già sottoposti o meno ad

biopsia con esito negativo per PSA >10. End-point primario: sensibilità, specificità ed accuratezza

diagnostica del p2PSA e dei sui derivati rispetto a tPSA, fPSA e la percentuale del fPSA rispetto al totale

(%fPSA). Abbiamo calcolato il numero di biopsie prostatiche che si sarebbero potute risparmiate se gli

index tests (%-2proPSA e PHI) fossero stati usati al momento di decidere o meno la biopsia. End point

secondario relazione fra index tests e caratteristiche patologiche alla biopsia. Le analisi statistiche sono

state complementate con analisi multivariata

Risultati Su 1036 pazienti arruolati, 262 (25,3%) avevano un tPSA >10g/ml. PCa è stato riscontrato in 136 di

questi (51,9%), con le seguenti caratteristiche: 30 con Gleason Score (GS) di 6 (22,1%); 66 con GS di 7

(48,5%); 40 con GS di 8-10%. Nei modelli di regressione logistica bivariata, età (p<0,0001), volume

prostatico (p<0,0001) e PHI (p<0,0001) sono risultati predittori significativi di PCa alla biopsia. Al

contrario, tPSA, fPSA e %fPSA non sono risultati associati alla presenza di PCa (p>0,05 per tutti). Nei

modelli di regressione logistica multivariata, p2PSA, %p2PSA e PHI sono risultati fattori predittivi

indipendenti ed hanno incrementato l’accuratezza dei modelli in multivariata comprendenti età, volume

prostatico, tPSA, fPSA e %fPSA del 4%, 6,9%, e 6,7% rispettivamente (p<0,05). Con un PHI cut-off del

43,7%, un totale di 63 biopsie (50%) sarebbero state evitate, non facendo però diagnosi di PCa in 13 casi

(6 con GS:6; 6 con GS:7; 1 con GS:8). Nei pazienti con PCa, l’aggressività della malattia è risultata

correlata con p2PSA, %p2PSA e PHI. Tali variabili aumentano all’aumentare del Gleason Score (rho:

0,389, p<0,0001; rho: 0,428, p<0,0001; rho: 0,511, p<0,0001 rispettivamente)

Discussione Il nostro è il primo studio sull’accuratezza del PHI nei pazienti con PSA >10

Conclusioni PHI sembra più accurato del tPSA anche nei pazienti con sospetto PCa e PSA >10ng/ml e potrebbe

evitare biopsie non necessarie. Ulteriori studi serviranno per chiarirne l’ultilità clinica.

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CONFRONTO TOPOGRAFICO TRA LA BIOPSIA PROSTATICA 24 PRELIEVI TRANS-

RETTALE E QUELLA TRANS-PERINEALE NELLA PREVISIONE DELL’ESTENSIONE

EXTRAPROSTATICA E DELLA LOCALIZZAZIONE APICALE DEL CARCINOMA

PROSTATICO.

L. Angelini, F. Dal Moro, L. Devigili, C. Valotto, F. Vianello, M. Mancini, M. Rugge, F. Zattoni

(Padova)

Scopo del lavoro L'obiettivo di questo studio è stato confrontare il valore predittivo negativo (VPN) della tecnica

transrettale (TR) e transperineale (TP) per l’esecuzione della biopsia prostatica (BP) (TR x24 prelievi vs

TP x24) rispetto all'estensione extracapsulare (EPE) e alla localizzazione apicale del Carcinoma

Prostatico (CP).

Materiali e metodi Abbiamo raccolto retrospettivamente i dati dei pazienti sottoposti a BP a 24 prelievi TP o TR,

successivamente sottoposti a prostatectomia radicale (PR) nel periodo 1/2010-6/2014 e analizzati dallo

stesso anatomopatologo di provata esperienza. Abbiamo confrontato la presenza di almeno un prelievo

positivo in un lobo con quella di EPE nello stesso lobo, la presenza di almeno un prelievo periferico (i 5

prelievi eseguiti lateralmente in ciascun lobo) positivo alla TR con quella di EPE nello stesso lobo e la

positività di almeno uno dei due prelievi apicali con la presenza CP all'apice dello stesso lobo.

Risultati Sono stati raccolti i dati di 73 pazienti. Lo stadio patologico è stato pT2a in 19 (26%), pT2b in 3 (4%),

pT2c in 28 (38.3%), pT3a in 21 (28.8%), pT3b in 2 (2.7%); pN+ in 3 (4.1%) e pN0 in 70 (95.9%). Nel

gruppo TR sono risultati negativi 25 lobi, in 23 di questi (92%) era effettivamente assente EPE, in 67 lobi

i prelievi apicali sono stati negativi con 45 negativi all’esame definitivo (67.2%). Tra le TP sono risultati

negativi 19 lobi (41.3%), 15 di questi sono stati negativi per EPE (78.9%), i prelievi apicali sono stati

negativi in 37 lobi rispetto ai 23 negativi all’esame definitivo (62.2%). La differenza statistica tra le due

metodiche è risultata non significativa.

Discussione Il VPN delle due tecniche bioptiche è stato favorevole per la TR rispetto alla TP (92% Vs 78.9%), senza

tuttavia raggiungere la significatività statistica. In entrambi i gruppi i risultati sono in linea con quelli

descritti in letteratura per la risonanza magnetica (72%-87.7%). Nella TR il VPN dei prelievi periferici

rimane elevato rispetto a quello dell’intero lobo (90.2% vs 92%), ma permette di candidare a risparmio

monolaterale dei fasci neurovascolari un 24% di pazienti in più e a un risparmio bilaterale un 8%. Il VPN

per l'interessamento degli apici appare sostanzialmente ridotto (67.2% e 62.2%).

Conclusioni Nella nostra esperienza le BP TR e TP con 24 prelievi hanno un elevato VPN e possono essere utili nella

scelta dell'ampiezza del risparmio dei fasci neurovascolari durante la PR. La presenza di prelievi

periferici TR negativi permette di aggiungere il 24% dei pazienti all'indicazione di una tecnica nerve-

sparing, pur mantenendo un elevato VPN. La negatività bioptica dei prelievi apicali non è sufficiente da

sola, a identificare la presenza di margini positivi a livello degli apici prostatici. Un maggior numero di

pazienti e l’eventuale associazione tra lateralità dei prelievi all’esame bioptico e variabili pre-operatorie

potrebbero aiutare a pianificare con maggior precisione la scelta della tecnica chirurgica per la PR.

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DIAGNOSI BIOPTICA DEL CARCINOMA PROSTATICO. CONFRONTO TRA PERCORSO

DIAGNOSTICO STANDARD VS PERCORSO DIAGNOSTICO BASATO SU MRI E FUSION

BIOPSY: RISULTATI PRELIMINARI DI UNO STUDIO PROSPETTICO RANDOMIZZATO

F. Porpiglia, M. Manfredi, F. Mele, F. Russo, D. Gned, A. De Pascale, S. Cirillo, G. Cattaneo, R. Aimar,

E. Checcucci, M. Cossu, C. Fiori (Orbassano)

Scopo del lavoro Nel sospetto di carcinoma prostatico (CaP) il paziente viene sottoposto a biopsia prostatica con multipli

prelievi seguendo uno schema prestabilito (standard biopsy - SB). Molti di questi prelievi sono inutili e

svelano tumori “indolenti”. Grazie all’introduzione della risonanza magnetica prostatica multiparametrica

(MRI) è possibile eseguire biopsie mirate con tecnica di fusione tra immagini di risonanza ed ecografiche

basata sull’utilizzo di un software dedicato (fusion biopsy - FB), con l’intento di ridurre il numero di

prelievi bioptici, aumentandone la performance. Obiettivo primario di tale studio randomizzato,

prospettico, monocentrico, a due bracci, è stato valutare l’efficacia di un percorso diagnostico basato sulla

MRI e sulla FB, confrontandolo con il percorso diagnostico standard.

Materiali e metodi I pazienti naïve con indicazione a biopsia prostatica per sospetto di carcinoma prostatico (PSA < 15 ng/ml

e DRE negativa) sono stati randomizzati, dopo approvazione del Comitato Etico ospedaliero e mediante

apposita query su www.randomization.com, in due bracci: braccio A (sottoposti a MRI) e braccio B (non

sottoposti a MRI). Il protocollo MRI prevedeva: immagini T1-w e T2-w, studi di diffusione, studi

dinamici con contrasto. Le lesioni sono state classificate secondo lo score PIRADS. I pazienti sono quindi

stati sottoposti a biopsia come segue: - braccio A con mp-MRI positiva (PIRADS score >3): prelievi

mirati mediante FB (almeno 3 prelievi per lesione) utilizzando il software dedicato BioJet (DK

Technologies). - braccio A con mp-MRI negativa o lesione di basso sospetto (PIRADS score <3) e

braccio B: SB TRUS-guidata con approccio transrettale a 12 prelievi. È stato definito non clinicamente

significativo (NCS) il riscontro di CaP con GS <6 in <2 prelievi, in accordo ai criteri di Epstein.

Risultati Nel periodo 11/2014-03/2015 sono stati arruolati 80 pazienti. L’età mediana era 63 (48-75) anni, il PSA

medio era 6.8 (+3.71) ng/ml. Le caratteristiche demografiche dei pazienti nei due bracci e nei sottogruppi

del braccio A erano comparabili. Nella tabella 1 si riportano i risultati preliminari ottenuti.

Discussione Con l’introduzione della MRI e recentemente della FB, nel panorama urologico stiamo assistendo ad

un’evoluzione del percorso diagnostico del CaP. Mediante lo studio in corso abbiamo voluto testare la

fattibilità, la sicurezza e l’efficacia di questo nuovo percorso diagnostico e confrontarlo con quello

correntemente in uso. Nella casistica in studio la detection rate della FB è stata significativamente

maggiore rispetto al gruppo SB con un numero medio di prelievi sensibilmente minore. Tali risultati sono

ancor più rilevanti valutando i CaP NCS, pur non raggiungendo la significatività statistica. Nei pazienti

del braccio A sottoposti a SB, la probabilità di riscontrare un CaP è stata minima.

Conclusioni Nonostante sia necessario ampliare la casistica, il percorso diagnostico basato sulla MRI e sulla tecnica di

FB sembra essere più sicuro ed efficace rispetto allo standard.

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P 153

MRI/TRUS FUSION BIOPSY E MIGLIORAMENTO DELLA PERFORMANCE DELLA

DIAGNOSI BIOPTICA DI CARCINOMA PROSTATICO: RISULTATI A UN ANNO

F. Porpiglia, M. Manfredi, M. Cossu, F. Mele, S. De Luca, G. Cattaneo, D. Amparore, E. Checcucci, R.

Aimar, E. Bollito, F. Russo, A. De Pascale, D. Gned, S. Cirillo, C. Fiori (Orbassano )

Scopo del lavoro Una diagnosi più accurata e sicura ed una stadiazione più affidabile del carcinoma prostatico (CaP) sono

essenziali per eseguire il miglior trattamento per ogni singolo paziente. Lo sviluppo di biopsie mirate, tra

cui la fusion biopsy (FB), in cui i prelievi sono guidati grazie a un software in grado di co-registrare

immagini di risonanza magnetica multiparametrica (MRI) e TRUS, ha ottenuto risultati incoraggianti

nella diagnosi di CaP clinicamente significativi (CS). Scopo del nostro studio è stato quello di riportare i

risultati ad un anno dalla acquisizione della FB nella pratica clinica di routine del nostro centro.

Materiali e metodi I pazienti con sospetto di CaP e presenza di una o più aree sospette alla MRI sono stati arruolati in questo

studio prospettico (05/2014-04/2015). Il protocollo MRI prevedeva: immagini T1/T2-w, studi di

diffusione, studi dinamici con contrasto, classificazione PIRADS delle lesioni. Tutti i pazienti sono stati

sottoposti a FB utilizzando il sistema Biojet® (D&K Technologies), effettuando >3 prelievi per lesione

sospetta. Nei pazienti naïve è stato aggiunto un mapping standard (MS) transrettale a 12 prese. Sono stati

registrati tutti i dati relativi agli outcomes radiologici e anatomopatologici e le complicanze. I CaP sono

stati considerati CS secondo i criteri di Epstein.

Risultati La popolazione in studio consisteva in 187 pazienti. I dati di popolazione sono riportati in tabella 1. La

diagnosi di CaP è stata ottenuta nel 52,3% dei pazienti, dei quali il 79,9% aveva un CaP CS. Il Gleason

Score (GS) bioptico è stato: GS 6 nell’21,1%, GS 7(3+4) nel 50%, GS 7(4+3) nel 27,9%, GS>8 nel 1,1%

dei casi. Valutando i soli risultati della FB, detection rate di CaP è stata pari al 50,9%, di cui 73% CaP

CS, mentre la detection rate per le lesioni classificate come PIRADS>3 alla MRI è stato del 70,1%. Tra i

pazienti naïve, in 5 pazienti (2.7%) è stata fatta diagnosi di CaP con MS e non FB (CaP non CS). Infine,

45 pazienti con diagnosi di CaP mediante FB (24.1%) sono stati sottoposti a prostatectomia radicale. La

concordanza tra GS bioptico e patologico in questi pazienti è stato pari al 98,6%. Per quanto riguarda le

complicanze, abbiamo registrato un tasso pari al 12,5% di ematuria lieve e due casi (1,1%, pazienti

sottoposti a FB + MS) di UTI febbrile che hanno reso necessario il ricovero.

Discussione La nostra casistica, che vede ugualmente rappresentati sia pazienti naïve e sottoposti a pregresse biopsie

sia diversi approcci bioptici (transrettale e transperineale) sembra giustificare l’utilizzo della nuova

metodica di FB in conseguenza della elevata detection rate, soprattutto nei CaP CS. Il MS non sembra

aggiungere informazioni utili alla diagnosi di CaP, in accordo con la Letteratura più recente.

Conclusioni L’approccio mediante FB sembra garantire un’elevata detection rate di CaP CS con un ragionevole tasso

di complicanze. Inoltre, permette l'ottenimento di campioni bioptici rappresentativi del GS patologico.

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P 154

LA DETECTION RATE DEL TUMORE PROSTATICO DELLE BIOPSIE DI FUSIONE

ESEGUITE CON SISTEMA KOELIS: LA NOSTRA ESPERIENZA

M. Oderda, R. Faletti, G. Battisti, A. Bonazzi, E. Dalmasso, M. Falcone, G. Marra, A. Palazzetti, M.

Preto, A. Zitella, G. Gandini, B. Frea, P. Gontero (Torino)

Scopo del lavoro Le biopsie prostatiche mirate con fusione di immagini di risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI)

ed ecografia transrettale (TRUS) potrebbero aumentare la detection rate del tumore prostatico stimata

attorno al 33% per le biopsie standard con protocollo esteso. Il sistema Koelis è un sistema di fusione

elastica in tempo reale con una precisione di 3 cm, dimostrata su simulatore. Scopo del nostro studio è di

valutare la detection rate di tumore prostatico (CDR) delle biopsie mirate con Koelis, e la correlazione tra

parametri di mpMRI e tumore prostatico.

Materiali e metodi Da Aprile 2014 a Marzo 2015, abbiamo incluso in studio pazienti consecutivi, con sospetto clinico di

tumore prostatico e lesione sospetta alla mpMRI, che hanno eseguito biopsia di fusione con Koelis. La

mpMRI è stata interpretata da due radiologi esperti che hanno attribuito uno score PI-RADS (Prostate

Imaging-Reporting and Data System) a ciascuna lesione. Le biopsie mirate sono state eseguite sui targets,

mentre le biopsie random sono state eseguite in numero variabile a seconda del caso clinico.

Risultati Un totale di 25 pazienti è stato incluso in studio, con età media di 66 anni (SD 6.3) e PSA medio di 7 (SD

10.3). La figura mostra la localizzazione delle lesioni in base al nostro schema di 17 regioni. Le

dimensioni medie del target mpMRI erano 8.9 mm (SD 3.6), con un PI-RADS score mediano di 4 (3-5) e

ADC mediano di 0.8 (0.4-0.9). Tre (12%) pazienti avevano più di un target sospetto alla mpMRI. Cinque

(20%) pazienti avevano eseguito una pregressa sessione negativa di biopsie. Nel complesso, la CDR è

stata 52%. In un paziente negativo per tumore prostatico il target ha avuto diagnosi di ASAP. La

maggioranza dei tumori diagnosticati alla biopsia erano di basso grado (n= 11, 84.6%) e basso rischio (n=

9, 69.2%). Le lesioni con PI-RADS 3 e 4-5 hanno una probabilità del 25% e 40% di essere tumore

prostatico, rispettivamente. Non è stata dimostrata alcuna correlazione significativa tra ADC e tumore

prostatico o Gleason score.

Discussione In base alla nostra iniziale esperienza, possiamo confermare una aumentata detection rate delle biopsie

mirate con sistema Koelis rispetto alle biopsie standard, come già suggerito in letteratura. Non si può

individuare, invece, una soglia precisa di ADC da correlare con la presenza di tumore prostatico,

nonostante sia stato suggerito un trend per lesioni con ADC più basso di 0.9.

Conclusioni La detection rate delle biopsie mirate con Koelis supera il 50%. Il rischio di tumore prostatico è

particolarmente alto per lesioni con PI-RADS 4-5; non è stato dimostrato il ruolo dell'ADC come singolo

fattore predittivo.

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P 155

DATI PRELIMINARI SU STUDIO PILOTA : 9.4 T RISONANZA MAGNETICA

ELASTOGRAFICA DEL TUMORE PROSTATICO EX-VIVO

H. Wadhwa, G. Ciavotta, S. Kearney, D. Zumba, T. Nimeh, C. Luciano, D. Klatt, T. Royston, S.

Crivellare (Chicago, USA - Illinois)

Scopo del lavoro L'utilizzo della risonanza magnetica (RM) nella diagnosi del carcinoma prostatico può fornire

informazioni preziose, ma la limitata sensibilità e la specificità dei protocolli MRI di routine nel

rilevamento e il grado stratificazione del cancro della prostata lascia spazio per l'innovazione. La

risonanza magnetica elastografica (RME) ha il potenziale di fornire dati quantitativi e delle immagini che

mostrano le dimensioni, l'ubicazione, la fase e le proprietà viscoelastiche dei tumori, che possono essere

collegati alla loro malignità. In questo studio abbiamo valutato l'efficacia della MRE ex vivo della

prostata per identificare lesioni cancerose.

Materiali e metodi Utilizzando un campo magnetico ultra-alto, 9.4 T e uno scanner ad alta risoluzione sono state ottenute le

immagini della rigidità della prostata ex vivo con onde di taglio ad alta frequenza, non rilevabili negli

scanner clinici. Il campione è stato studiato subito dopo la rimozione chirurgica con prostatectomia

radicale robot-assistita. Una sequenza di impulsi spin echo modificata è stata usata per codificare

simultaneamente lo spostamento d’onda in tutte e tre le direzioni cartesiane. Onde di taglio sono state

indotte nella prostata con un tubo cilindrico, in cui la prostata è stata perfettamente adattata, collegata ad

un attuatore piezoelettrico (P-840.1, Physik Instrumente GmbH & Co., Karlsruhe, Germania) ed azionato

assialmente creando radialmente onde convergenti di taglio nella prostata. Ogni imagine prostatica è stata

suddivisa in 12 aree (base anteriore e posteriore, media anteriore e posterior e apice anetriore e

posteriore). Le immagini sono state interpretate da un operatore indipendente e confrontate con la

localizzazione del tumore descritta nel referto anatomo patologico.

Risultati Nella figura 1 un esempio di alcune immagini ottenute, dove le zone in rosso sono quelle di maggior

consistenza (> 2.5 Kpa) e di sospetta natura neoplastica e una ricostruzione tridimensionale di una delle

prostate. I dati preliminari di confronto con il referto di anatomia patologica sono al momento della

stesura di questo abstract disponibili su 3 casi con risultati riassunti nella tabella 1. Sensibilità :

VP/(VP+FN) = 10/(10+0) = 100% Specificità : VN/(VN+FP) = 23/(23+3) = 88%

Discussione nn

Conclusioni Con i limiti del ridotto campione, il confronto con i risultati patologici dimostra una sensibilità e una

specificità promettenti. Numerosità di campioni maggiore ci permetterà di confermare o meno questi dati

preliminari e di approfondire eventuali associazioni con aggressività biologica o altre variabili.

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P 156

BIOPSIA PROSTATICA STEREOTASSICA TRANSPERINEALE: RISULTATI PRELIMINARI

A. Del Grasso, C. Dattilo, M. Mencarini, A. Macchiarella, F. Di Loro, M. Spurio, F. Rubino, F. Blefari

(Prato)

Scopo del lavoro La biopsia prostatica stereotassica transperineale è una tecnica in cui immagini RM vengono fuse con

immagini TRUS real time per effettuare prelievi mirati di aree sospette per neoplasia alla RM, sfruttando i

vantaggi di ogni singola metodica. Scopo dello studio è confrontare l'efficacia rate della biopsia prostatica

stereotassica trans perineale con la tradizionale biopsia TRUS guidata.

Materiali e metodi Tra dicembre 2014 e febbraio 2015 abbiamo sottoposto a biopsia stereotassica transperineale 10 pz con

sospetto biochimico di carcinoma prostatico; età media 60,4 anni (46-74) PSA medio 7,6 (4,2-11,7)

volume prostatico medio 71 ml (40-110). Tutti i pazienti erano stati già sottoposti a biopsia TRUS guidata

(9 pz 1 mapping, 1 pz 2 mapping). Prima del prelievo è stata effettuata una RM multiparametrica.

L'elaborazione e la sovrapposizione delle immagini RM ed ecografiche è stata effettuata con software

Watson. I prelievi Sono stati effettuati prelievi transperineali con ago 18G introdotto attraverso una

griglia forata posta sul perineo. Il software sovrappone le immagini e indica ad ogni prelievo il foro in cui

deve essere inserito l’ago. Ogni procedura, durata media 70 minuti, è stata eseguita in posizione

litotomica ed anestesia subaracnoidea. La sera prima sono stati somministrati levofloxacina 1 cpr e fleet

evacuativo. Sono stati effettuati per ogni paziente una media di 24,1 prelievi (range 24-33).

Risultati 7 biopsie (70%) sono risultate positive per ETP. Tutti i pazienti avevano una RM positiva per lesione

sospetta. Nei pazienti con adenocarcinoma l’85% dei prelievi effettuati nelle zone sospette sono risultati

positivi. 3 pz presentavano un GS 4+4, 2 pz GS 4+3, 1 pz GS 3+4 e 1 pz GS 3+3. 2 pz (20%) hanno

presentato ritenzione urinaria acuta, 3 pz (30%) ematuria risoltasi spontaneamente entro 2 giorni. Nessun

caso di IVU o ematoma perineale. Tutti i pazienti hanno riferito emospermia.

Discussione La tecnica si è dimostrata superiore nell’ individuazione del carcinoma prostatico (70% di positività)

rispetto ai tradizionali mapping bioptici ecoguidati (nel nostro centro 440 mapping positivi su 1275

effettuati dal 2008 ad oggi con un cancer detection rate del 34,5%). Sono da definire i criteri di inclusione

per selezionare i pazienti da sottoporre alla metodica: va effettuata a tutti i pazienti con E.R. negativa ed

aumento del PSA? E' da riservare esclusivamente ai re-mapping? Quali pz potranno trarre beneficio da

una diagnosi precoce in termini di sopravvivenza e qualità di vita?

Conclusioni Al momento i costi dell' apparecchiatura e dell’ ospedalizzazione del pz ne impongono un utilizzo

limitato. Questa metodica può inoltre essere utilizzata per effettuare terapie focali (HIFU, crioterapia,

brachiterapia), per effettuare il follow-up delle lesioni trattate e per condurre una sorveglianza attiva. Al

momento la tecnica non è in grado di rilevare lesioni < 3 mm e non può essere eseguita in pz portatori di

protesi non compatibili con la RM, di pace maker o defibrillatori cardiaci.

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RECIDIVA LOCALE DOPO CISTECTOMIA RADICALE: FATTORI PREDITTIVI E

SOPRAVVIVENZA

A. Antonelli, S. Belotti, S. Zamboni, C. Simeone (Brescia)

Scopo del lavoro L'incidenza delle recidive locali (RL) dopo cistectomia radicale è compresa tra 5-15%. L’obiettivo è

valutare quali siano i fattori predittivi di questo evento.

Materiali e metodi Consultazione retrospettiva di un database istutizionale che raccoglie dal 2001 i dati di tutti i pazienti

sottoposti a cistectomia radicale. I controlli di follow up comprendono la valutazione clinica del paziente,

gli esami ematochimici, la citologia urinaria, la citologia da lavaggio uretrale (nei pazienti con

derivazione urinaria esterna), TC torace-addome a 3/6 mesi e quindi ogni anno, Rx torace ed ecografia

addome ogni 6 mesi. Per il presente studio sono stati indagati i possibili fattori predittivi di RL attraverso

un’analisi di regressione logistica binaria.

Risultati Su 432 pazienti seguiti per un tempo medio/mediano di follow up di 32.9/21.5 mesi (range 0-156), è stata

rilevata una RL in 63 di questi (prevalenza 14.5%), dopo un intervallo medio/mediano di 18.2/12 mesi

(range 1-84) dalla cistectomia; per 40 pazienti la RL era associata ad una metastasi a distanza; il sito della

RL è stato lo scavo pelvico in 34 pazienti, i linfonodi pelvici in 18, mentre in 11 casi erano coinvolte più

sedi; non si è osservata una differenza statisticamente significativa nel tasso di RL in base al tipo di

derivazione urinaria eseguita (neovescica ortotopica nel 14.2%, ureterocutaneostomia nel 15.8%,

condotto ileale 21.1%, p=0.244). L'unico fattore significativamente correlato al rischio di RL è stato lo

stadio patologico 3-4 vs 1-2 (p=0.010, HR 1.939, 95% CI 1.176-3.198); l'età, il sesso, l'abitudine al fumo,

la presenza di idronefrosi preoperatoria, la neoplasia primaria o recidiva, la mono/multifocalità della

neoplasia, l'esecuzione di una trasfusione intraoperatoria, la presenza di un CIS , un altro istotipo

associato, l'invasione linfonodale o perineurale, la linfoadenectomia e sue estensioni (non dei linfonodi),

lo stato linfonodale, lo stato dei margini chirurgici e la presenza di complicanze post-operatorie non si

sono dimostrati fattori predittivi. Il trattamento della RL in 19 casi è stato una radioterapia, in 18 una

chemioterapia, in 6 un trattamento combinato, mentre in 20 pazienti le condizioni non hanno permesso

alcuna terapia. All’ultimo follow up il 50% dei pazienti è deceduto e tale percentuale aumenta al 86% nei

casi con metastasi a distanza associata alla RL.

Discussione La RL dopo cistectomia radicale colpisce il 15% dei pazienti circa, di cui il 50 % presenta già metastasi a

distanza; la diagnosi avviene mediamente nei primi due anni di follow up; la prognosi è scadente, ma

migliore nei casi senza metastasi a distanza. L’unico predittore di RL è stato lo stadio patologico locale

avanzato.

Conclusioni I pazienti con stadio locale avanzato presentano un rischio aumentato di RL, spesso diagnosticata in modo

tardivo. E’ proponibile suggerire per tali casi protocolli di terapia complementare.

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RECIDIVA DOPO CISTECTOMIA RADICALE: DESCRIZIONE DELLE SEDI ED IMPATTO

SULLA SOPRAVVIVENZA SEDE SPECIFICA

M. Moschini, S. Luzzago, G. Gandaglia, P. Capogrosso, A. Gallina, N. Suardi, V. Cucchiara, A. Briganti,

F. Montorsi, A. Salonia, R. Colombo (Milano)

Aim of the study I pazienti trattati con cistectomia radicale per tumore della vescica hanno un alto rischio di sviluppare

recidiva durante il follow up. Purtroppo però, i patterns di recidiva di tumore e il loro significato clinico

rimangono poco studiati in letteratura. Il nostro obbiettivo è quello di analizzare una serie di un singolo

centro per analizzare i vari patterns di recidiva dopo cistectomia e studiarne l'associazione con gli

outcomes oncologici.

Materials and methods Durante gli anni 1992-2002, un database raccolto prospetticamente è stato analizzato per i pazienti con

tumore vescicale non metastatico. Le recidive cliniche sono state categorizzate come: locali, linfonodali,

scheletriche o viscerali. In aggiunta alla analisi descrittive, curve di Kaplan Meier e Regressioni di cox

uni e multivariate sono state create per predire la recidiva e per quantificare quanto questa impatta sulla

sopravvivenza.

Results I dati di 1,253 uomini con tumore della vescica alla cistectomia sono stati analizzati con 7 anni di follow

up mediano. Il tasso di recidiva a 5 anni è stato del 45% (95%CI: 41%–49). Le sedi di recidiva sono: 76

locali (16%), 95 linfonodali(20%), 116 scheletriche (24%) e 195 viscerali (40%). Predittori significativi

alla multivariata di recidiva sono lo stadio patologico T e N, la positività dei margini chirurgici e

l'invasione linfovascolare. La sopravvivenza mediana dopo recidiva è di 18 mesi. All'analisi multivariata,

lo stadio patologico T3 (Hazard ratio [HR]: 1.74), T4 (HR: 1.57), il tempo tra la cistectomia e la recidiva

recurrence (HR: 0.95) e le recidive scheletriche (HR: 2.47) o viscerali (HR: 1.81) sono associate

indipendentemente ad un rischio superiore di morire per tumore vescicale (p<0.05).

Discussion Le recidive dopo cistectomia radicale per tumore vescicale sono un gruppo eterogeneo in termini di

tempo, sede e speranza di sopravvivenza dopo recidiva.

Conclusions Abbiamo trovato come l'impatto delle recidive dopo cistectomie cambia significativamente in base al tipo

di recidiva e alle caratteristiche del tumore durante la cistectomia. In base a questi risultati, i pazienti

dovrebbero essere stratificati per garantire un follow up e delle strategie terapeutiche personalizzate.

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P 159

A NOMOGRAM PREDICTING THE IMPACT OF NEOADJUVANT CISPLATINUM-BASED

CHEMOTHERAPY ON CANCER-SPECIFIC SURVIVAL IN PATIENTS ELIGIBLE FOR

RADICAL CYSTECTOMY FOR HIGH-RISK BLADDER-CANCER.

E. di trapani, R. Sanchez-Salas, L. Rocchini, M. Moschini, G. Gandaglia, D. Lizee, E. Barret, F. Rozet,

M. Galiano, R. Colombo, A. Briganti, F. Montorsi, X. Cathelineau (milan)

Scopo del lavoro Radical cystectomy (RC) and pelvic lymph node dissection (PLND) remains the gold standard for muscle

invasive (MIBC) and high-risk non-muscle invasive bladder cancer (NMIBC). Despite the increasing

number of studies confirming the importance of neoadjuvant chemotherapy in patients addressed to RC,

its association remains controversial. The aim of our study was to asses the efficacy of neoadjuvant

chemotherapy in a large cohort of patients underwent RC for bladder cancer in a multistitutional

retrospective study

Materiali e metodi We selected 608 consecutive patients underwent RC and PLND in two European high volume referral

centers between 2007 and 2013. Complete preoperative data as age, sex, ASA score and T stage at

TURBT were collected. Kaplan-Meier curves were used to assess time to cancer specific and overall

survival and univariable (UVA) and multivariable (MVA) Cox regression analyses to address predictors

of cancer specific survival (CSS) and overall survival (OS). Finally a Cox regression coefficient-based

nomogram was developed.

Risultati The mean follow up was 20 months (range 1-24 months). Mean age at surgery was 67 yrs (median 67

yrs). Our population was consisted mainly of patients with a pT2 disease (79,6%). ASA score was 18,1%,

53%, 26% and 2,9% from 1 to 4 respectively. Overall 14% of patients had preoperative neoadjuvant

chemotherapy with MVAC while 86% of patients underwent radical cystectomy without any pre-surgical

treatment. At UVA neoadjuvant chemotherapy did not have effect on OM-free survival (p=0.19) while it

was associated with a better CSM-free survival (p=0.035). This finding was confirmed at MVA after

adjusting for other confounders (p= 0.043; OR 0.44). Based on variables, a nomogram was developed to

predict the 60 months CSM-free rate in the overall patient population. This model showed an accuracy of

72.6% and favorable calibration characteristics.

Discussione Neoadjuvant Cisplatinum-based chemotherapy is associated with better survival in patients with high-risk

bladder cancer. This treatment should be suggested in an outpatient evaluation according with clinical

informations.

Conclusioni We developed the first nomogram predicting the impact of Cisplatinum-based chemotherapy on CSS in

patients with high-risk bladder cancer eligible to radical cystectomyaccording with clinical informatons.

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P 160

NEOADJUVANT CISPLATINUM-BASED CHEMOTHERAPY DOES NOT IMPACT

PERIOPERATIVE MORBIDITY IN PATIENTS UNDERWENT RADICAL CYSTECTOMY

FOR BLADDER CANCER

E. di trapani, R. Sanchez-Salas, L. Rocchini, M. Moschini, N. Suardi, D. Lizee, E. Barret, F. Rozet, M.

Galiano, R. Colombo, A. Briganti, F. Montorsi, X. Cathelineau (milan)

Aim of the study Despite evidences suggest that Cisplatinum-based neoadjuvant chemotherapy improves cancer specific

free survival in patients candidates to radical cystectomy (RC) for invasive bladder cancer, some

urologists still remain skeptical. Proven the benefit on survival, the aim of our study was to verify if this

therapy might have any impact on perioperative morbidity.

Materials and methods A total number of 768 patients underwent RC for bladder cancer between 2007 and 2013 was selected for

our study. Overall 93 patients received 4 cycles of cysplatinum based chemotherapy before surgery. We

collected complete demographic and perioperative data including age, t stage at TURBT, final pT stage,

kind of surgery, ASA score, number of nodes removed, number of positive nodes, pre- and post-operative

blood tests (Hb, WBC, PLT, serum creatinine), Clavien-Dindo classification for complications. T-tests

and Chi-square analyses were used to evaluate the differences between the groups. Univariable (UVA)

and multivariable (MVA) logistic regression analyses were developed to address predictors of

perioperative complications.

Results No differences have been found both in pre-operative and post-operative blood tests assessment (all

p>0.1) avoiding the suspect of post chemo myelodysplastic syndromes. The intraoperative blood loss was

higher in patients who didn’t receive neoadjuvant chemotherapy (mean 1.200 vs 740 cc; p<0.001).

Despite this finding the number of transfusions was similar between groups (p=0.77) as well as the

hospital stay (p=0.8) and the overall complication rate was not significant at the MVA logistic regression

analysis (p=0.74). Even after analyzing our cohort according with Clavien-Dindo classification no

differences have been found between groups (p=0.11).

Discussion Despite the benefits on survival, Cisplatinum-based neoadjuvant chemotherapy remains underused

reporting an adherence rate lower than 20%. Many urologists indeed believe this treatment can be linked

with ah higher risk of preioperative morbidity.

Conclusions Our data demonstrated that Cisplatinum-based neoadjuvant chemotherapy is a safe procedure not linked

with perioperative morbidity. These findings, together with survival ones, should encourage urologists to

propose preoperative treatment to their patients.

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CISTECTOMIA RADICALE ROBOT-ASSISTITA NEGLI OTTUAGENARI

S. La Falce, G. Novara, R. De Groote, N. Geurts, Z. Dovey, P. Schatteman, G. De Nayer, P. Carpentier,

A. Mottrie (Padova)

Scopo del lavoro Valutare la prevalenza delle complicanze peri e post- operatorie nei pazienti con più di 80 anni sottoposti

a cistectomia radicale robot-assistita(RARC).

Materiali e metodi Sono stati raccolti in modo retrospettivo i dati relativi a 155 pazienti consecutivi sottoposti a RARC per

carcinoma uroteliale della vescica muscolo-invasivo o non muscolo-invasivo ad alto rischio dal Luglio

2003 al Maggio 2008. Tutti gli interventi sono stati eseguiti da due chirurghi presso l’ Ospedale OLV ad

Aalst. La derivazione è stata confezionata in modo intra o extra-corporeo, a seconda delle preferenze del

chirurgo. Le complicanze sono state classificate secondo il sistema di classificazione Clavien-Dindo. Per

le analisi univariate e multivariate sono stati utilizzati il chi quadrato di Person, il test Mann-Whitney U e

la regressione logistica, come appropriati. E’ stata considerata statisticamente significativa una p < 0.05 a

due code. Tutti i test statistici sono stati eseguiti con il programma SPSS versione 22.0 (SPSS Inc,

Chicago, IL, USA).

Risultati Dei 155 pazienti consecutivi, 22 (14,2%) pazienti avevano 80 anni o più con un’ età media dei paziente al

momento dell’intervento chirurgico di 82.5±2.5 anni. Gli ottuagenari non differivano in maniera

significativa dai pazienti più giovani per ASA-score (p= 0.584) e per l’indice di comorbidità di Charlson

(p=0.491). I pazienti più anziani avevano un grado patologico di tumore significativamente più alto

(32.1% di pT3-4 nei pazienti più giovani vs. il 59.1% di pT3-4 dei pazienti più anziani; p=0.029). La

prevalenza delle complicanze di qualsiasi grado (53.3% nei pazienti più giovani vs. 63% nei pazienti più

anziani; p=0.408) e di alto grado (21.3% nei pazienti più giovani vs. 18.1% nei pazienti più anziani;

p=0.821) era simili in entrambi i gruppi, indipendentemente dall’età. La percentuale di reintervento era

del 7,8% e 14,3% rispettivamente nei pazienti di età < 80 e ≥ a 80 anni (p=0.614). Tra i pazienti di età

superiore o uguale a 80 anni non è stata osservata mortalità peri-operatoria mente 2 tra i pazienti di età

inferiore a 80 anni sono morti a 90 giorni dopo l’intervento (p=0.776).

Discussione Nelle nostre serie di pazienti, la prevalenza delle complicanze di qualsiasi grado e di alto grado, la

percentuale di reintervento e la mortalità perioperatoria sono risultate simili sia nei pazienti di età

inferiore che superiore a 80 anni.

Conclusioni La RARC può essere eseguita in modo sicuro anche in pazienti anziani selezionati se praticata da

chirurghi esperti.

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P 162

PREVALENZA DELLE COMPLICANZE POSTOPERATORIE DOPO CISTECTOMIA

RADICALE ROBOT-ASSISTITA CON DERIVAZIONE URINARIA EXTRACORPOREA O

INTRACORPOREA: L’ ESPERIENZA DELL’OSPEDALE OLV DI AALST

S. La Falce, G. Novara, R. De Groote, N. Geurts, Z. Dovey, M. Pokorny, P. Schatteman, G. De Nayer, P.

Carpentier, A. Mottrie (Padova)

Scopo del lavoro Valutare la prevalenza delle complicanze post-operatorie a 90 giorni in pazienti sottoposti a cistectomia

radicale robot-assistita (RARC) con confezionamento di derivazioni urinarie intra o extracorporee.

Materiali e metodi Sono stati raccolti retrospettivamente i dati di 155 pz sottoposti a RARC per carcinoma uroteliale della

vescica muscolo-invasivo o ad alto rischio non muscolo-invasivo dal Luglio 2003 al Maggio 2008.Gli

interventi sono stati eseguiti da due chirurghi presso l’ospedale OLV di Aalst.E’ stata confezionata una

derivazione intra o extra-corporea, a seconda delle preferenze del chirurgo.Le complicanze sono state

classificate secondo il Sistema Clavien-Dindo.Per le analisi monovariata e multivariate sono stati

utilizzati il Chi quadrato di Pearson,il test Mann-Whitney U e la regressione logistica.E’ stata considerata

statisticamente significativa una p< 0.05 a due code.Tutti i test statistici sono stati eseguiti con il

programma SPSS versione 22.0 (SPSS Inc, Chicago, IL, USA).

Risultati 105 pz (68%) e 50 pz (32%) hanno ricevuto rispettivamente una derivazione extracorporea (gruppo 1) e

intracorporea (gruppo 2).Il condotto ileale rappresentava il tipo prevalente di derivazione in entrambi i

gruppi (87% e 82% nel gruppo 1 e 2, rispettivamente).I due gruppi erano comparabili per la maggior parte

delle variabili preoperatorie,tranne che per la percentuale di malattia cN + che si è visto essere molto più

alta nel gruppo 1 (10% vs 0%, p = 0.018).Considerando i parametri intraoperatori,il tempo medio

operatorio era sovrapponibile nei 2 gruppi (325 vs 332 min; p=0.886), mentre le perdite di sangue stimate

erano leggermente inferiori nel gruppo 2 (350 vs 200 ml; p=0.006).Le percentuali di tutte le complicanze

erano del 56% nel gruppo 1 e del 52% nel gruppo 2 (p = 0.628).Sono state registrate complicanze di

grado da 1 a 5 nel gruppo 1, secondo le seguenti percentuali rispettivamente:10.5%, 29.5%, 6.7%, 7.6%, e

1.9% dei casi.Al contrario,nel gruppo 2 le complicanze sono state rispettivamente il 12%, 20%, 12%, 8%

e 0% dei casi.

Discussione Nell’analisi multivariata,solo l’indice di comorbidità di Charlson è risultato correlato a complicanze di

qualsiasi grado (odd ratio [OR] 1.3; p=0.045),mentre la tecnica chirurgica utilizzata per la derivazione

urinaria non è risultata correlata (OR 0,5; p = 0,360),dopo aver corretto per l'effetto delle altre variabili

preoperatorie. Analogamente,solo l’età è risultata un fattore predittivo indipendente per complicanze di

alto grado (OR 0.978; p<0.001).Considerando i fattori predittivi di complicanze di alto grado

separatamente nei due gruppi,solo l’età (OR 0.933; p = 0.001) e lo stadio clinico T (OR 3.6; p = 0.049)

sono risultati predittori di complicanze maggiori nei pz del gruppo 1,mentre nel gruppo 2 è risultato

predittivo solo lo stadio clinico T (OR 1.6; p<0.001).

Conclusioni Nelle serie analizzata è stata dimostrata una simile percentuale di complicanze perioperatorie in pazienti

sottoposti a RARC sia con derivazione urinaria extracorporea che intracorporea.

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FOLLOW-UP ONCOLOGICO E FUNZIONALE A LUNGO TERMINE NEI PAZIENTI

SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA RADICALE CAPSULE-SEMINAL SPARING (CRCSS)

L. Toffoli, S. Siracusano, R. Colombo, S. Ciciliato, T. Silvestri, M. Brausi (Trieste)

Scopo del lavoro La cistectomia radicale con risparmio della capsula prostatica e delle vie seminali (CRCSS) è volta a

preservare la funzione erettile grazie al risparmio dell’innervazione autonomica specifica. Lo scopo dello

studio è stato quello di valutare i risultati oncologici e funzionali a lungo termine dopo CRCSS .

Materiali e metodi Sono stati valutati retrospettivamente 56 pazienti sottoposti dal 2000 al 2013 a CRCSS e

confezionamento di neo-vescica ortotopica. Il follow-up ha previsto in tutti i pazienti un esame obiettivo,

la citologia urinaria , esami ematochimici e PSA e l’esecuzione di una TC addomino pelvica. I risultati

funzionali sono stati valutati nel corso delle visite con la somministrazione dell’ IIEF e con la valutazione

della sintomatologia urinaria. I pazienti sono stati considerati continenti quando non utilizzavano pads e

non riferivano episodi di incontinenza , e sessualmente potenti quando la funzione erettile consentiva

l’attività sessuale . E’ stata eseguita l'analisi univariata e multivariata per valutare le caratteristiche

cliniche e patologiche come predittori di recidiva di malattia e causa di mortalità specifica ( hazard ratio ,

HR , e il 95 % intervallo di confidenza , CI )

Risultati L'età media dei pazienti e’ di 57,3 ( ± 9,9 ) anni . Lo stadio patologico pT0 è presente in 16 (28,6 %) casi ,

pT1 in 14 (25,0 %) casi , pT2 in 12 (15.0 %) casi, pT3 in 6 (14,3 %) pazienti e CIS in 10 (14,3 % )

pazienti . Dopo un follow-up mediano di 65,8 mesi (range 8,2-168,4 ) 12 pazienti (21,4 % ) presentano

diagnosi di recidiva di malattia . In particolare tre pazienti (5,3 %) hanno sviluppato una recidiva locale, 6

pazienti (10,7 %) hanno mostrato una recidiva a carico dell’alta via escretrice, mentre a 5 (8,9 %)

presentano metastasi a distanza. All’ultimo follow-up 7/56 pazienti ( 12,5 %) sono morti per la malattia

cancro-specifica . All'analisi multivariata il CIS e’ un fattore predittivo indipendente di recidiva di

malattia ( HR 14,2 , 95% CI 1,56-130,9 : p≤0.02) e causa di mortalità specifica ( HR 21,17 , 95% CI 1,33-

335,9 : p≤0.03 ). La percentuale di continenza diurna e notturna è rispettivamente dell’ 84,9 % e 63,0 %

mentre la funzione erettile è stata conservata nel 75,0 % dei pazienti

Discussione La CRCSS permette di ottenere soddisfacenti risultati funzionali a lungo termine mentre dal punto di vista

oncologico una particolare cautela deve essere posta nell’indicare questo intervento in presenza di un CIS

.

Conclusioni E’ necessaria un’attenta e severa selezione preoperatoria dei pazienti candidati all’intervento di CRCSS in

conformità con i principi di controllo oncologico della malattia.

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90-DAY MORTALITY AFTER RADICAL CYSTECTOMY FOR BLADDER CANCER

C. D'Elia, V. Schweiger, T. Processali, W. Artibani, M. Cerruto (Verona)

Aim of the study Radical cystectomy represents the gold stadard treatment in muscle invasive bladder cancer and is one of

the most challenging procedures in urologic surgery. This procedure is associated with significant

perioverative morbidity and mortality, ranging respectively from 20 to 64%, and from 0.3 to 5.7%. The

considerable interindividual variability of perioperative mortality has led to the development of several

models of individual perioperative mortality prediction for patients undergoing radical cystectomy. The

aim of our study was to evaluate the predictive accuracy of the nomograms of Isbarn and Aziz and the

identification of perioperative mortality risk factors in a series of patients undergoing radical cystectomy

for muscle invasive bladder cancer at our institution.

Materials and methods We retrospectively reviewed data regarding 145 consecutive patients who underwent radical cystectomy

and urinary diversion for urothelial bladder cancer at our Institute between 2002 and 2012. The following

preoperative variables such as age at intervention, gender, BMI, operative volume, Charlson comorbidity

index, presence of carcinoma in situ (CIS) to endoscopic resection bladder (TURV), ASA score, clinical

stage according to the TNM and 90-day mortality were collected and analyzed. The Isbarn and Aziz

nomograms were, moreover, applied to our cohort.

Results Median age at radical cystectomy was 68 years and 85% of patients were male, with a median BMI of 26

(IQR 25-27). The more represented ASA score was 2, whereas the most frequent Charlson score

(62.76%) was 0. Median in hospital stay was 15 days, with a range between 7 and 35 days. Median

follow-up was 26 months (IQR 11-45); five deaths were registered within 90 days (3.4%). Applying the

nomograms of Aziz and Isbarn to our patients, we obtained an average mortality risk <10% and 2.4%

respectively. At multivariate analysis, no variable was independently related to perioperative mortality

risk. Evaluating the ROC curves, the Aziz nomogram showed the highest predictive accuracy, while ASA

score was found to be the single variable with the highest accuracy in predicting 90 days mortality.

Discussion In our series, at the multivariate analysis, none of the variables resulted as a independent risk factor for 90

days mortality, but only ASA score seemed to has a trend in this sense. Our serie was collected

retrospectively and is small in numbers, and so it has few events, that makes a multivariate analisys

unreliable.

Conclusions In our series, 90-day mortality ater radical cystectomy was 3.4% (5/145 patients). On univariate analysis,

only Charlson comorbidity index (ref. 0-2; p 0.019; 0.013), ASA score (p 0.004) and the ICC age adjusted

(0.022) were indipendent risk factors of 90 days perioperative mortality, whereas, at multivariate analysis,

no variable was independently related to mortality risk. The Aziz nomogram presents the higher accuracy

in predicting 90-day mortality of patients undergoing radical cystectomy.

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P 165

LA CISTECTOMIA RADICALE NELL’ANZIANO CONSIDERAZIONI SULLA NOSTRA

ESPERIENZA

F. Venzano, C. Ambruosi, O. Maugeri, C. Dadone, M. Mediago, D. Bernardi, G. Oppezzi, E. Galletto, G.

Arena (Cuneo)

Scopo del lavoro Cistectomia radicale è il trattamento standard nella malattia muscolo-invasiva e nella malattia ad alto

rischio. Considerando che l'aspettativa di vita è in aumento e l'incidenza della neoplasia vescicale

aumenta con l'età, si incontrano con maggiore frequenza pazienti con età maggiore di 75 anni a cui dover

proporre la cistectomia radicale. Scopo del lavoro è valutare retrospettivamente la sopravvivenza dei

pazienti di età inferiore a 75 aa sottoposti a cistectomia radicale confrontandola con quelli di età > di 75

aa.

Materiali e metodi Da marzo 1999 a marzo 2009 abbiamo eseguito 258 cistectomie radicali(198 neovesciche ileali

ortotopiche e 60 Bricker, 95 pazienti con età > di 75 aa (gruppo 1) e 163 con età < di 75 aa (gruppo 2).

L’età media è stata di 79.6 aa (75-88) per il gruppo 1 e 65.7 (42-74) per il gruppo 2. Follow-up medio 62

mesi aa (range1 -193). Abbiamo confrontato, degenza, mortalità nel primo mese e a 2, 3 e 5 aa

Risultati La degenza media è stata di 21.2 gg (8-71), 21 nel gruppo 1 e 20.5 nel gruppo 2. Cinque pazienti sono

deceduti durante la degenza nel primo mese (3 del gruppo 1 e 2 del gruppo 2). Il tasso di mortalità totale è

stato del 56.9 % (147 deceduti) La sopravvivenza media è stata di 75 mesi (1-193), 68 nel gruppo 1 (1-

186) e 80 nel gruppo 2 (1-193). La sopravvivenza a 2 aa è stata raggiunta da 181 pz (71.3%), 64 nel

gruppo 1 (67.4%) e 117 nel gruppo 2 (71.8%) La sopravvivenza a 3 aa è stata raggiunta da 169 pz

(65.5%), 62 nel gruppo 1 (65.2%) e 107 nel gruppo 2 (65.6%) La sopravvivenza a 5 aa è stata raggiunta

da 146 pz (56.6%), 50 nel gruppo 1 (52.6%) e 96 nel gruppo 2 (58.9%)

Discussione Non abbiamo evidenziato differenze significative tra i due gruppi in termini sopravvivenza a 2, 3 e 5 aa.

La degenza media è stata simile nei due gruppi.

Conclusioni La cistectomia radicale nei pazienti ultrasettantacinquenni è poco eseguita. L’indicazione alla cistectomia

viene spesso procrastinata. Nella nostra esperienza la cistectomia radicale in pazienti anziani fornisce un

buon controllo locale della malattia con sopravvivenza accettabile.

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P 166

INCIDENZA E PREDITTORI DI RIAMMISSIONE A 30 GIORNI IN PAZIENTI TRATTATI

CON CISTECTOMIA RADICALE

R. Colombo, M. Moschini, S. Luzzago, G. Gandaglia, P. Capogrosso, V. Cucchiara, A. Gallina, N.

Suardi, V. Serretta, V. Altieri, R. Damiano, A. Briganti, A. Salonia, F. Montorsi (Milano)

Aim of the study Studi precedenti hanno dimostrato che il tasso di riammissione dopo cistectomia radicale sono molto

elevati, tuttavia al momento nessun lavoro con dati Europei è mai stato pubblicato.

Materials and methods In totale, 1,090 patienti con tumore della vescica trattati con cistectomia radicale in un unico centro tra

Gennaio 2002 e Agosto 2012 sono stati inclusi. L'analisi logistic regression è stata usata per testare

l'associazione tra le covariate disponibili e la riammissione in ospedale a 30 giorni. I giorni di degenza

sono stati quindi dicotomizzati in modo da trovare il cut-off con la più alta possibilità di predire la

riammissione a 30 giorni.

Results La degenza media è stata di 19 giorni (mediana 16) e il tasso di riammissione a 30 giorni è stato del 12%.

Le cause più frequenti di riammissione a 30 giorni sono: ileo (11%), linfocele (8.3%), infezione di ferita

(7.5%) e febbre (9%). All'analisi logistica multivariata, l'età (Odds ratio [OR 1.02; p=0.04) e i giorni di

degenza (OR: 0.94; p<0.01) sono associati alla possibilità di riammissione a 30 giorni. Considerando i

migliori predittori in termini di giorni di degenza solo i pazienti con più di 70 beneficiano di più giorni di

degenza per ridurre le possibilità di riammissione a 30 giorni (p<0.003).

Discussion In questa prima serie europea sulla riammissione a 30 giorni dopo cistectomia, i nostri dati mostrano che

anche con un tasso relativamente alto di giorni di degenza, la riammissione a 30 giorni resta un evento

non eliminabile.

Conclusions Tuttavia, i pazienti con più di 70 beneficiano di una prolungata degenza che si è dimostrata essere

protettiva verso successivi nuovi ricoveri entro 30 giorni dalla dimissione.

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P 167

MALATTIA DI PARKINSON E DISFUNZIONE SESSUALE

M. Gubbiotti, J. Rossi de Vermandois, A. Boni, A. Conte, A. Berardelli, A. Giannantoni (Perugia)

Scopo del lavoro Mentre è ben nota la prevalenza delle disfunzioni del basso tratto urinario (LUTS) nei pazienti con

malattia di Parkinson (MP), dati epidemiologici sull’incidenza delle disfunzioni sessuali (DS) in tale

patologia sono piuttosto limitati. Obiettivo dello studio è stato valutare l’incidenza della DS in pazienti

con MP e le eventuali correlazioni esistenti tra DS, LUTS, ansia e depressione.

Materiali e metodi 21 uomini e 13 donne affetti da MP, sono stati sottoposti ad una valutazione neurologica mediante la

scala di Hoehn e Yahr e a valutazione urologica comprendente diario minzionale di 3 giorni consecutivi e

a valutazione della DS e dello stato psicologico (ansia e depressione) mediante la somministrazione dei

seguenti questionari standardizzati: Incontinence Quality of Life (I-QoL), Female Sexual Function Index

(FSFI), International Index of Erectile Function (IIEF), Hamilton Anxiety Scale (HAM-A) and Hamilton

Depression Scale (HAM-D). Sono state prese in considerazione anche le terapie farmacologiche

impiegate dai pazienti.

Risultati L’età media dei pazienti era 74.7 ± 8.7 anni; la durata media di malattia era10.3 ± 6.6 anni Il valore medio

della scala di Hoehn -Yahr era 3 ± 0. La Tabella 1 mostra i sintomi urinari presentati dai pazienti. Sei

donne e 13 uomini riferivano di non essere sessualmente attivi. Il valore medio della HAM-D era 17 ±

8.04 e 31 pazienti presentavano uno stato depressivo (Tabella 2). Lo score medio della HAM-A era 18.1

± 8.3 e 19 pazienti mostravano una condizione di ansia. La terapia farmacologica per la MP era eseguita

da 31 pazienti, e 32 venivano trattati per i LUTS. Farmaci antidepressivi erano assunti da 20 pazienti (in 4

casi con terapie di combinazione). La frequenza della nicturia aumenta con l’aumentare dell’età

(p>0.001). Nelle donne, lo score totale del questionario FSFI si riduce con l’aumentare dell’età (p> 0.01)

e il desiderio, l’eccitazione, la lubrificazione e l’orgasmo correlano positivamente con il dolore durante il

rapporto sessuale (p>0.002). Sia negli uomini che nelle donne la presenza di DS correla con la gravità

dello stadio clinico di malattia, come evidenziato nella scala Hoehn -Yahr (p<0.05).

Discussione Il nostro studio conferma un’elevata frequenza di LUTS, DS, depressione ed ansia in pazienti con MP. Un

risultato mai osservato prima è il riscontro nei nostri pazienti di una correlazione significativa tra dolore

durante il rapporto e alterazioni della sfera sessuale (desiderio, eccitazione ed orgasmo). Alterazioni del

tono-trofismo genitale tipiche in donne di età avanzata potrebbero spiegare tale risultato. Tuttavia, le

modificazioni dopaminergiche cerebrali indotte dalla MP, che modulano l’attività sessuale, potrebbero

essere alla base di tali disfunzioni. Lo stadio della malattia neurologica è un altro fattore importante per la

presenza e la gravità della DS.

Conclusioni Un’elevata percentuale di pazienti con MP mostra DS, LUTS ed alterazioni dello stato psicologico. La

DS correla significativamente con l’età e con lo stadio clinico di malattia.

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LA NICTURIA HA UN IMPATTO NEGATIVO SULLA SFERA SESSUALE - RISULTATI DA

UNO STUDIO CROSS-SECTIONAL

E. Ventimiglia, L. Boeri, G. Castagna, P. Capogrosso, A. Serino, A. Pecoraro, M. Paciotti, A. Stabile, R.

Damiano, A. Briganti, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)

Scopo del lavoro Stabilire la prevalenza e l’impatto della nocturia [valutata in base alla domanda 7 del questionario IPSS]

sulla funzionalità della sfera sessuale in una corte di uomini che ricerchino prima assistenza medica per

una qualunque disfunzione sessuale (SD).

Materiali e metodi Abbiamo raccolto e analizzato i dati clinici di 544 pazienti consecutive rivoltisi alla nostra attenzione per

una qualunque SD. Le comorbidità sono state rilevate e categorizzate secondo il Charlson Comorbidity

Index (CCI). Tutti i pazienti hanno compilato il questionario IIEF. Per quanto riguarda il questionario

IPSS, i pazienti sono stati ritenuti sintomatici per ogni singola categoria di LUTS qualora il punteggio alla

s A, et al. Eur Urol 2009). Analisi di statistica

descrittiva e modelli di regressione lineare hanno testato l’associazione tra nicturia e disfunzionalità della

sfera sessuale.

Risultati L’età media (DS) riscontrata era 51.62 (13.43) (range 18-79). 383 (70.4%) pazienti erano affetti da

nicturia. La nicturia è stata riscontrata in (70%), 59 (15.4%), 72 (18.8%) and 61 (15.9%) pazienti con

rispettivamente disfunzione erettile (ED), eiaculazione precoce (EP), disturbo da ridotto desiderio

sessuale (LSD/I) e malattia di La Peyronie rispettivamente. I pazienti con nicturia erano più anziani

(p<0.002), avevano un tasso maggiore di comorbidità (p<0.001), erano più frequentemente fumatori

(p<0.004) e con un tasso maggiore di ED e LSD/I rispetto ai pazienti senza nicturia. Il modello di

regressione lineare multivariata, la severità della nicturia è risultata predittore indipendente di ridotto

punteggio al dominio desiderio sessuale e al dominio soddisfazione complessiva dell’IIEF (tutte le

p<0.05).

Discussione Uno specifico impatto della nicturia si osserva sui domini del deisderio sessuale e sulla soddisfazione

complessiva.

Conclusioni I nostri risultati suggeriscono come la nicturia impatti negativamente sulla sfera sessuale.

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CONFRONTO DELLA FUNZIONE SESSUALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTE AD

INTERVENTO DI RICOVERSIONE DEI CARATTERI SESSUALI IN SENSO ANDRO-

GINOIDE MEDIANTE DUE DIFFERENTI TECNICHE CHIRURGICHE

F. Vedovo, G. Liguori, N. Pavan, G. Chiapparrone , P. Umari, M. Rizzo, F. Barbone , C. Trombetta

(Trieste)

Scopo del lavoro Studi clinici su donne biologicamente determinate hanno evidenziato che l'anorgasmia è più spesso

associata a clitoridi di piccole dimensioni, siti ad una distanza maggiore dalla cavità vaginale. Obiettivo di

questo studio è stato quello di paragonare la funzione sessuale in pazienti sottoposte ad intervento di

riconversione dei caratteri sessuali (RCS) in senso andro-ginoide (A-G) utilizzando la tecnica del bottone

clitorideo posto a livello pubico (BCP) o la neoclitoridoplastica secondo Petrović (NCP). La NCP è una

tecnica che prevede l'inserimento del gettone neoclitorideo nell’ambito di una Y di mucosa uretrale sita

tra le piccole labbra, quindi anatomicamente più adiacente alla cavità neovaginale.

Materiali e metodi Previo colloquio telefonico, è stata inviata per via telematica la versione italiana validata del questionario

FSFI (Female Sexual Function Index) a 40 pazienti sottoposte ad intervento di RCS in senso A-G tra

2004-2014 scelte con modalità random; 20 pazienti operate secondo la tecnica BCP e 20 sottoposte a

NCP. In queste pazienti sono state considerate età attuale e quella al momento dell’intervento, fattori

socio-demografici, comorbidità, stile di vita, orientamento ed abitudini sessuali. Sono stati utililizzati il

test parametrico T di Student per l’analisi delle variabili normalmente distribuite ed il test di Wilcoxon

per quelle non normalmente distribuite. Test del Chi-Quadro per la valutazione delle variabili categoriali.

Analisi eseguita mediante software SAS 9.3.

Risultati Delle 40 pazienti che hanno accettato di prendere parte allo Studio, 22 hanno completato il questionario

FSFI: 11 pazienti sottoposte a (NCP) e 11 operate con la tecnica BCP. Non sono state riscontrate

differenze significative tra i due gruppi ad eccezione dell’età all’epoca dell’intervento (NCP 33.5 vs BCP

43.5; p=0.02). I risultati hanno evidenziato un valore medio di FSFI Total Score di 25.81 gruppo NCP vs

18.62 gruppo BCP. Valore medio di FSFI Total Score: gruppo BCP 9.16 single, 22.15 non-single; gruppo

NCP 26.03 single, 25.56 non-single.

Discussione Pazienti sottoposte a NCP hanno raggiunto FSFI Total Score maggiori rispetto a quelle operate con la

precedente tecnica (p< 0.05). La relazione stabile con un partner influenza maggiormente la soddisfazione

sessuale del gruppo sottoposto a BCP rispetto alle pazienti dell'altro gruppo. L’FSFI non ha ottenuto

risultati statisticamente significativi nella valutazione della lubrificazione e dispareunia.

Conclusioni Da questo studio è emerso che, anche nei soggetti sottoposti a RCS, la localizzazione del neoclitoride

potrebbe essere considerata un parametro per valutare la funzione sessuale e che una riduzione della

distanza tra neovagina e neoclitoride è associata ad una maggior soddisfazione sessuale. Riteniamo possa

essere utile stilare un questionario ad hoc per la valutazione della funzione sessuale delle pazienti

sottoposte a RCS.

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CALCIFICAZIONI PROSTATICHE ED EIACULAZIONE PRECOCE: QUALE RUOLO E

QUALI EVIDENZE?

I. Tamanini, T. Cai, D. Tiscione, P. Verze, N. Mondaini, C. Iole, F. Tessarolo, A. Palmieri, G. Malossini,

V. Mirone, R. Bartoletti (Trento)

Scopo del lavoro La correlazione tra calcificazioni prostatiche e sintomi sessuali nei pazienti affetti da sintomatologia

simil-prostatica non è ancora stata stabilita. Scopo di questo studio è stato quello di determinare le

caratteristiche morfologiche, microbiologiche e patologici di calcificazioni della prostata in pazienti con

sintomi del basso tratto urinario e valutare il ruolo delle calcificazioni prostatiche nella genesi dei sintomi

sessuali di questi pazienti.

Materiali e metodi Dal novembre 2012 al marzo 2013, 58 pazienti afferenti alla stessa Unità di Urologia ed affetti da sintomi

del basso tratto urinario, con o senza evidenza ecografica per calcificazioni della prostata, sono stati

arruolati in questo studio prospettico di coorte. Al momento dell'arruolamento, tutti i pazienti sottoposti a

valutazioni cliniche e microbiologiche per valutare la presenza di biofilm batterico. Inoltre, è stata

valutata la presenza di linfociti nello sperma attraverso la citometria di flusso. Le calcificazioni

prostatiche sono state raccolte ed analizzate con il microscopio a scansione elettronica da tutti i pazienti

che erano stati sottoposti a biopsia prostatica. Ad ogni paziente è stato somministrato il questionario:

PEDT, IPSS, IIEF-15. Tutti i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, in relazione o meno alla presenza

di calcificazioni prostatiche: Gruppo A: pazienti con calcificazioni, Gruppo B: pazienti senza

calcificazioni.

Risultati 56 pazienti sono stati analizzati (età media 56,7). Due sono stati esclusi per mancanza di dati. 21 pazienti

arruolati nel Gruppo A, mentre 35 nel Gruppo B. I questionari erano: Gruppo A - IPSS 16.5±1.2; Gruppo

B - IPSS 18.1±0.9; Gruppo A - IIEF-15 27.3±2.1; Gruppo B - IIEF-15 28.1±0.7; Gruppo A: PEDT

3.1±2.2; Gruppo B: PEDT 16±1.7. Il volume prostatico medio è stato di 45,3 cc (in tutti i pazienti). Nel

gruppo A 13 su 21 (61.9%) ha mostrato risultati positivi in analisi micorbiological mentre nel Gruppo B 6

su 17 (35.2%) (p <0,003). Nel gruppo A i pazienti hanno mostrato una più alta prevalenza di linfociti nel

liquido seminale rispetto Gruppo B (p<0.001). Inoltre, nel gruppo A prevalenza di produttori fortemente

biofilm era superiore nel gruppo B (p <0,003). L'analisi al microscopio a scansione elettronica ha

dimostrato che le calcificazioni prostatiche mostravano una struttura tri-dimensionale e morfologica

molto simile alle biofilm batterici in vitro (forte produzione di materia extracellulare con stratificazione

batterica).

Discussione Il presente studio dimostra che le calcificazioni prostatiche rivestono un ruolo ben preciso nei pazienti

affetti da sintomatologia del basso apparato urinario e sessuale, in particolare per quanto riguarda

l’eiaculazione precoce.

Conclusioni In conclusione il ruolo delle calcificazioni prostatiche deve ancora oggi essere valutato in maniera

approfondita per capirne, non solo la genesi, ma anche l'impatto sulla sintomatologia.

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P 171

L’EIACULAZIONE PRECOCE DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE è UN FATTORE DI

RISCHIO NEGATIVO SOTTOVALUTATO NEL RECUPERO DELLA FUNZIONE

ERETTILE?

S. Chiodini, D. Tiscione, T. Cai, L. Luciani, A. Scardigli, I. Tamanini, P. Verze, A. Palmieri, V. Mirone,

G. Malossini (Trento)

Scopo del lavoro E’ noto come una delle complicanze più comuni dopo intervento di prostatectomia radicale sia data dalla

disfunzione erettile; tuttavia molto spesso sembra che questi Pazienti presentino anche un altro problema

legato alla sfera sessuale, ovvero l’Eiaculazione Precoce (EP). Obiettivo del nostro lavoro è stato quello

di valutare quanto il problema EP possa ostacolare il recupero della funzione erettile in Pazienti sottoposti

ad intervento di prostatectomia radicale.

Materiali e metodi Abbiamo considerato 54 Pazienti con funzione sessuale normale, valutata mediante la somministrazione

di test di autovalutazione (IIEF-5; PEDT), e sottoposti ad intervento di prostatectomia radicale

videolaparoscopica o robotica con tecnica nerve-sparing (NS) mono- o bi-laterale. E’ stata quindi

rivalutata la funzione sessuale di tutti i Pazienti dopo l’intervento chirurgico, mediante la

somministrazione dei medesimi test a distanza di 12 mesi.

Risultati L’età media dei 54 pazienti è risultata 56,25 anni (range 50-66). L’IIEF-5 ed il PEDT pre-operatori sono

risultati nella norma in tutti e 54 i pazienti, rispettivamente ≥ 22 e ≤ 8. 15 pazienti sono stati sottoposti a

prostatectomia radicale videolaparoscopica e 39 a prostatectomia radicale robotica; 18 e 36 pazienti

rispettivamente con tecnica NS mono- e bi-laterale. 28 pazienti (52%) riportavano un PEDT ≥ 9; mentre

in 32 pazienti (59%) l’IIEF-5 è risultato ≤ 11. Di questi 32 pazienti, da una sub-analisi dell’IIEF-5,

l’impatto maggiore è stato dato dalla domanda n°5, dove 22 pazienti (69%) hanno risposto di aver

provato piacere poche volte o meno a causa dell’EP.

Discussione Il presente studio dimostra come Pazienti con funzione sessuale normale, sottoposti ad intervento di

prostatectomia radicale, possano sviluppare una problematica aggiuntiva alla disfunzione erettile che è

data dall’EP e come quest’ultima possa peggiorare notevolmente il recupero della funzione erettile e

quindi impattare negativamente sulla qualità di vita del paziente stesso.

Conclusioni La problematica EP nei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale deve essere considerata un fattore

aggravante il recupero della funzionalità sessuale in questi pazienti e come tale deve essere indagata.

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P 172

THE COMBINATION OF DAPOXETINE AND BEHAVIOURAL TREATMENT PROVIDES

BETTER RESULTS THAN DAPOXETINE ALONE IN THE MANAGEMENT OF PATIENTS

WITH LIFELONG PREMATURE EJACULATION.

P. Verze, L. Cormio, P. Massenio , R. La Rocca, L. Venturino, G. Carrieri, V. Mirone (Naples)

Scopo del lavoro It is not known whether the efficacy of dapoxetine, the only drug approved for the on-demand treatment

of premature ejaculation (PE), can be increased by the addition of sexual behavioural treatment (SBTx).

Aim: To test the hypothesis that combined dapoxetine and SBTx provides better result than dapoxetine

alone in the management of patient with lifelong PE.

Materiali e metodi after a 4-wk run-in period, 50 patients with lifelong PE entered a 24-wk, open-label, prospective study

with a 1:1 assignment. 25 patients (Group A) received on-demand dapoxetine 30 mg alone, remaining 25

patients (Group B) combined on-demand dapoxetine 30 mg and SBTx. The CONSORT 2010 statement

was adhered to where possible. the intra-ejaculatory latency time (IELT), the premature ejaculation

diagnostic tool (PEDT) score and the treatment-emergent adverse events (TEAEs) were analysed.

Risultati mean age was 34.16y in Group A and 34.44y in Group B. From baseline to 4-, 12- and 24- wk evaluation,

both Groups experienced a significant (p<0.0001) increase in mean IELT and decrease in mean PEDT

score, but patients in Group A showed a significantly lower increase in mean IELT (85.0; 84.8; 130.7;

160.0 vs. 92.0; 137.9; 232.7; 370.7 sec respectively; p<0.0001,) and a significantly lower decrease in

mean PEDT score (20.4; 18.16; 15.88; 14.68 vs. 19.56; 16.0; 11.96; 7.92 respectively; p<0.0001) than

those in Group B. At 24-wk evaluation, no patient in Group A reached a PEDT score ≤8 (absence of PE)

as opposed to 80% of patients in Group B. There was no difference between Groups in TEAEs rate (16%

vs. 16%; p=1.00). Limitations included the absence of a Group receiving SBTx alone or Group crossover.

Discussione combined dapoxetine and SBTx provides better result than dapoxetine alone in the management of patient

with lifelong PE.

Conclusioni combined dapoxetine and SBTx proved to be more effective than dapoxetine alone in treating patients

with lifelong PE, up to restoring a normal ejaculatory function in most of them.

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P 173

I SINTOMI MINZIONALI DELLA FASE OSTRUTTIVA IMPATTANO SULLA

FUNZIONALITà EIACULATORIA – RISULTATI DA UNO STUDIO PSICOMETRICO

CONDOTTO SU UOMINI CON EIACULAZIONE PRECOCE

G. La Croce, E. Ventimiglia, P. Capogrosso, L. Boeri, A. Stabile, A. Serino, G. Castagna, A. Briganti, F.

Montorsi, A. Salonia (Milano)

Scopo del lavoro Valutare la correlazione tra sintomi minzionali (LUTS) ostruttivi vs irritativi e la funzionalità eiaculatoria

in uomini con eiaculazione precoce (PE).

Materiali e metodi Sono stati raccolti e analizzati dati clinici e sociodemografici da più di 192 pazienti che hanno ricercato

prima assistenza medica per PE. Le comorbidità sono state classificate secondo il Charlson Comorbidity

Index (CCI). Tutti i pazienti hanno completato i questionari International Prostatic Symptoms Score

(IPSS), Premature Ejaculation Diagnostic Tool (PEDT) e Male Sexual Health Questionnaire nella sua

componente riguardante la funzionalità eiaculatoria (MSHQ-EJ). I pazienti sono stati categorizzati a

seconda del punteggio al PEDT (PEDT <11 vs ≥11). Modelli di regressione logistica e lineare hanno

testato l’associazione tra presenza/severità dei LUTS e funzionalità eiaculatoria.

Risultati I punteggi medi (mediani) al PEDT, MSHQ, IPSS-totale, IPSS-ostruttivi e IPSS-irritativi sono stati

rispettivamente 12.5 (12), 30.9 (34), 9.0 (8), 4.6 (3) e 4.5 (4). Complessivamente, 123 (64.1%) pazienti

avevano un PEDT≥11. I punteggi IPSS-totale, IPSS-ostruttivi, and IPSS-irritativi erano

significativamente più alti nei pazienti con PEDT≥11 (tutte le p≤0.02); nessuna differenza è stata

osservata per quanto riguarda età, BMI, CCI e punteggio MSHQ-EJ. Alla regressione logistica

multivariata solo il punteggio IPSS-irritativi ha raggiunto lo status di predittore indipendente (OR 1.13;

p=0.02) di PEDT≥11 dopo aver tenuto conto delle differenze esistenti in termini di età, CCI e punteggio

IPSS-irritativi. In modo simile, alla regressione lineare multivariata il punteggio IPSS-ostruttivi ha

raggiunto lo status di predittore indipendente (Beta:-0.46, p<0.001) per il punteggio MSHQ-EJ, sempre

dopo aver normalizzato per età, CCI e IPSS-irritativi.

Discussione E’ noto come i LUTS impattino in modo negativo sulla funzionalità eiaculatoria; questo studio cross-

sectional evidenzia come un ruolo più importante possa essere ricoperto dai LUTS ostruttivi.

Conclusioni I LUTS ostruttivi agiscono negativamente sulla funzionalità eiaculatoria.

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P 174

EFFETTI SULLA DISFUNZIONE ERETTILE DELL'ASSOCIAZIONE DI DIALLIL

TIOSULFINATO, NUCIFERINA E DIOSGENINA IN PAZIENTI PRETRATTATI CON

INIBITORI DELLA 5 FOSFODIESTERASI ONCE A DAY. STUDIO RANDOMIZZATO

VERSUS PLACEBO SINGOLO CIECO

G. SCADUTO, G. DARICELLO, C. PAVONE (PALERMO)

Scopo del lavoro DIMOSTRARE L'EFFICACIA DEL PRODOTTO DI ASSOCIAZIONE, A BASE DI DIALLIL-

TIOSULFINATO, NUCIFERINA E DIOSGENINA, IN SOGGETTI AFFETTI DA DISFUNZIONE

ERETTILE NEL MANTENIMENTO DELLA RISPOSTA POSITIVA, IN TERMINI DI

MIGLIORAMENTO DELLO SCORE DELL'IIEF-5 (INTERNATIONAL INDEX OF ERECTILE

FUNCTION) DOPO PERIODO DI TERAPIA CON TADALAFIL 5 MG GIORNALIERO PER TRE

MESI.

Materiali e metodi SONO STATI SELEZIONATI 120 PAZIENTI AFFETTI DA DISFUNZIONE ERETTILE

MODERATA E SEVERA SECONDO LO SCORE DEL QUESTIONARIO IIEF-5 DI ETA'

COMPRESA TRA 50 E 65 ANNI (ETA' MEDIA DI 56,7) E SOTTOPOSTI A TERAPIA

GIORNALIERA CON TADALAFIL 5 MG:UNA COMPRESSA PER TRE MESI. AL TERMINE DEL

TRIMESTRE I PAZIENTI SONO STATI RIVALUTATI MEDIANTE NUOVA COMPILAZIONE

DEL QUESTIONARIO IIEF-5. I 90 PAZIENTI RISULTATI RESPONDERS ALLA TERAPIA SONO

STATI CAMPIONATI PER RANDOMIZZAZIONE SEMPLICE(CRITERIO DELLA ESTRAZIONE)

E SUDDIVISI EQUAMENTE IN DUE GRUPPI OMOGENEI. I NON RESPONDERS (30

PAZIENTI)SONO STATI AVVIATI AD ALTRA TERAPIA. IL GRUPPO A DEI RESPONDERS E'

STATO TRATTATO CON L'ASSOCIAZIONE DI DIALLIL-TIOSULFINATO 20 MG, NUCIFERINA

137,5 MG, DIOSGENINA 45 MG: UNA COMPRESSA A GIORNI ALTERNI PER TRE MESI. AI

PAZIENTI RESPONDERS DEL GRUPPO B VENIVA SOMMINISTRATO PLACEBO. ENTRAMBI I

GRUPPI SONO STATI SOTTOPOSTI A FOLLOW-UP PER TRE MESI. AL TERMINE DEL

FOLLOW-UP E' STATA CONSEGNATA ULTERIORE COPIA DEL QUESTIONARIO IIEF5.

Risultati NEL GRUPPO A SI E' AVUTO UN MANTENIMENTO DELLA RISPOSTA POSITIVA NELL'80%

DEI CASI (36 PAZIENTI), CON UNA STABILIZZAZIONE DEL DEFICIT ERETTILE NELLA

CATEGORIA LIEVE-MODERATA SECONDO LO SCORE DELL'IIEF-5. NEL GRUPPO B,

INVECE, E' STATO RISCONTRATO UN PEGGIORAMENTO NEL 60% DEI CASI (27 PAZIENTI)

CON UN SCORE SOVRAPPONIBILE AL PERIODO DI RECLUTAMENTO PRE-TADALAFIL. IL

TEST DEL X2 CHE HA MESSO A CONFRONTO LA PROPORZIONE DI RISULTATI TRA I DUE

GRUPPI HA DATO ESITO A 15,000 CON UNA p=0,0001. LA MISURA DLìELL'ASSOCIAZIONE

DETERMINA UN RISCHIO RELATIVO PARI A 2 (i.c. 1,36-2,94).

Discussione L'IMPIEGO DELLA TERAPIA ASSOCIATIVA CONDIALLIL- TIOSULFINATO, NUCIFERINA E

DIOSGENINA SI E' DIMOSTRATO CAPACE DI RADDOPPIARE LA PROBABILITA' DI MANTENERE IL

PAZIENTE AFFETTO DA DEFICIT ERETTILE NELLA CATEGORIA DI SCORE IIEF-5 RAGGIUNTA IN

PRECEDENZA IN CONFRONTO ALLA STESSA POPOLAZIONE TRATTATA CON SOLO PLACEBO

DOPO TERAPIA CON TADALAFIL.

Conclusioni L'ASSOCIAZIONE DEI TRE PRICIPI ATTIVI NELLA DISFUNZIONE ERETTILE RAPPRESENTA UN VALIDO SUPPORTO NEL

FOLLOW-UP DEL PAZIENTE TRATTATO CON TADALAFIL ONCE A DAY GARANTENDOGLI NEL TEMPO IL

MANTENIMENTO DELLA PERFORMANCE SESSUALE.

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P 175

GOOGLE TRENDS AS THE NEW BIG BROTHER OF THE WEB SEARCH IN THE FIELD OF

MEDICINE

F. Montebelli, F. Dal Moro (Padova)

Aim of the study Milioni di persone usano internet tutti i giorni per ottenere informazioni su patologie e terapie. Google

Trends è uno strumento di Google Inc. che mostra quanto spesso viene immesso un particolare termine di

ricerca rispetto al volume totale di ricerca in tutto il mondo. Noi abbiamo analizzato il trend di ricerca dei

principali inibitori della fosfodiesterasi tipo 5 (PDE5), usati nel trattamento della disfunzione erettile.

Materials and methods Dal Gennaio 2004 al Marzo 2015 abbiamo considerato tutte le ricerche sul web per i termini Sildenafil,

Tadalafil, Vardenafil e Avanafil, principali inibitori della PDE5 attualmente usati nel mondo. Il grafico

principale ha in ascisse il tempo e in ordinate la frequenza con cui un termine viene cercato rispetto al

numero totale di ricerche, globalmente. I dati sono normalizzati e presentati su una scala da 0 a 100. Se i

dati non sono sufficienti, viene visualizzato 0. L'altezza della barra rappresenta la media di tutti i punti sul

grafico per quel termine di ricerca. Altri due grafici mostrano dove quel termine è più cercato nel mondo

e le ricerche correlate.

Results La media per Sildenafil è 63 con valori in progressiva riduzione. Su Google esistono 34.100.000 risultati

per il termine Sildenafil e 146.000.000 per Viagra, ricercati maggiormente a Cuba, in Germania e Kenya.

La media per Tadalafil è 24 con valori in progressiva riduzione. Su Google esistono 26.200.000 risultati

per il termine Tadalafil e 106.000.000 per Cialis, ricercati maggiormente in Turchia, Italia, USA e

Canada. La media per Vardenafil è 9 con valori in progressiva riduzione. Su Google esistono 10.800.000

risultati per il termine Vardenafil e 61.000.000 per Levitra, ricercati maggiormente in Bulgaria, Italia e

Turchia. La media per Avanafil è 0 con valori in progressivo aumento. Su Google esistono 480.000

risultati per il termine Avanafil e 133.000 per Spedra e 473.000 per Stendra, ricercati maggiormente in

Italia, Francia e USA. Inoltre le principali ricerche correlate sono per tutti “acquisto” e “acquisto online”.

Discussion I primi tre farmaci sono conosciuti da oltre 10 anni, al contrario dell’Avanafil che è un nuovo inibitore

della PDE5 approvato per la disfunzione erettile il 27 Aprile 2012 dalla FDA e il 21 Giugno 2013 dalla

EMA. Si denota che gli inibitori della PDE5 di vecchia generazione risultano ancora essere maggiormente

conosciuti e ricercati ma, il nuovo farmaco, l’Avanafil, è l’unico ad avere un trend in crescita.

Complessivamente, i termini sono più ricercati in Italia, Turchia e USA. Inoltre risulta evidente l’elevato

interesse all’acquisto online.

Conclusions Gli inibitori della PDE5 di vecchia generazione risultano ancora essere maggiormente conosciuti e

ricercati ma, il nuovo farmaco, l’Avanafil, è l’unico ad avere un trend in crescita. Inoltre risulta evidente

l’elevato interesse all’acquisto online.

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CORRELAZIONE FRA SPESSORE INTIMA-MEDIA DELL’ARTERIA CAVERNOSA E

RISPOSTA ALL’ALPROSTADIL INTRACAVERNOSO (ICI-TEST) IN CORSO DI

ECOCOLORDOPPLER PENIENO DINAMICO

V. Favilla, S. Privitera, G. Russo, T. Castelli, E. Fragalà, S. Cimino, G. Morgia (Catania)

Scopo del lavoro Sebbene una scarsa risposta all’alprostadil intracavernoso (ICI-test) correli alla presenza di

ipogonadismo, sindrome metabolica e fattori di rischio cardiovascolare, poco indagata è la correlazione

fra spessore intima-media dell’arteria cavernosa e ICI-test. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di

valutare, in pazienti affetti da deficit erettile (DE), se lo spessore intima-medio dell’arteria cavernosa

rappresenti un fattore predittivo di scarsa risposta all’ICI-test in corso di ecocolordoppler penieno

dinamico (ECD).

Materiali e metodi Abbiamo valutato lo spessore intima–media dell’arteria cavenosa in 98 pazienti con DE, sottoposti ad

ECD previa somministrazione di 10 mcg di alprostadil. Sono stati esclusi dallo studio: soggetti

ipogonadici (n=14), sottoposti a chirurgia pelvica (n=52), radioterapia (n=10) o in trattamento ormonale

(n=5). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione clinica completa, assetto glico-metabolico,

valutazione ormonale, questionario IIEF-5. La risposta all’ICI-test è stata valutata mediante Erection

Hardness Score (EHS) con un punteggio compreso da 1 (= non risposta) a 4 (= erezione completa).

Risultati L’età media dei pazienti era di 58 anni (range interquartile [IQR]: 53-65), il valore medio del testosterone

di 6.3 ng/ml (IQR: 3.5-8.2) e di IIEF-5 di 15 (IQR: 9-18). 44 pazienti (44.9%) presentavano una scarsa

risposta all’alprostadil (EHS ≤2). Lo spessore intima-media dell’arteria cavernosa mediano era di 0.45

mm (IQR: 0.4-0.5). La regressione lineare, aggiustata per età, BMI e parametri metabolici, ha dimostrato

che un basso IIEF-5 (r= -0.395; p=0.28), un elevato colesterolo totale (r= 0.43; p=0.003) e ridotti valori di

HDL (r= -0.15; p<0.05) erano associati con un maggiore spessore intima-media dell’a. cavernosa.

Nessuna correlazione statisticamente significativa è stata riscontrata tra lo spessore intima-media dell’a.

cavernosa e ICI-test. La circonferenza vita è risultata l’unico fattore predittivo di scarsa risposta

all’alprostadil (EHS ≤2) (OR= 1.06; p=0.02).

Discussione I nostri risultati dimostrano che lo spessore intima-media dell’arteria cavernosa, sebbene correli alla

presenza di fattori di rischio glico-metabolici e severità del deficit erettile, non rappresenta un fattore

predittivo di scarsa risposta all’alprostadil intracavernoso.

Conclusioni La misurazione di tale parametro non dovrebbe essere presa in considerazione in corso di ecocolordoppler

penieno dinamico

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TAILORING DEL PAZIENTE CON DISFUNZIONE ERETTILE- LE CARATTERISTICHE

CLINICHE DI BASE SONO DI FONDAMENTALE IMPORTANZA PER PREDIRRE UN BUON

SUCCESSO TERAPEUTICO

G. La Croce, P. Capogrosso, E. Ventimiglia, A. Serino, L. Boeri, G. Castagna, A. Stabile, R. Scano, R.

Damiano, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)

Scopo del lavoro L’obiettivo dello studio era di trovare il farmaco più adatto per il primo approccio al paziente con

disfunzione erettile (DE) di nuova insorgenza.

Materiali e metodi Sono stati analizzati dati complete degli ultimi 126 pazienti consecutive naïve per PDE5is. L’IIEF è stato

completato al baseline ed al follow-up minimo di 3 mesi. Per analizzare le potenziali differenze in termini

di successo terapeutico, i pazienti sono stati stratificati in tre differenti gruppi a seconda delle loro

caratteristiche cliniche di base: Gruppo 1 [età < 42 aa; IIEF-EF ≥26; Charlson Comorbidity Index

(CCI)=0]; Gruppo 2 (età 43-56 aa, o IIEF-EF 11-25, o CCI=1); Gruppo 3 (età ≥57 aa, o IIEF-EF ≤10, o

CCI>1). Modelli di regressione logistica sono stati utilizzati per testare l’associazione tra le caratteristiche

di vase dei pazienti e l’eventuale successo terapeutico valutato tramite i criteri di Yang.

Risultati L’età media (SD) della coorte era di 45.5 (15.6) aa; range 21-80; terzili 42; 43-56; e, >56 aa.

Globalmente, sildenafil (100 mg), tadalafil (sia OaD che 20 mg prn), o vardenafil (10 mg ODT) sono stati

prescritti in 17 (13.5%), 69 (54.8%), e 40 (31.7%) pazienti, rispettivamente. Dopo 3 mesi, 76 (60.3%)

pazienti erano “responder”, 12 (9.5%) erano “partial-responder”, e 38 (30.2%) erano “non-responder” al

primo PDE5i prescritto, secondo i criteri di Yang. La percentuale dei “responder” non era differente tra i

diversi PDE5is. Settantasei (60.3%),12 (9.5%) e 38 (30.2%) pazienti appartenevano al Gruppo 1,2 e 3 a

seconda delle loro caratteristiche di base. Alla MVA solo il Gruppo 1 è risultato essere predittore

indipendente di risposta completa ai PDE5is (OR 0.5; p=0.03). Al contrario, nè il Gruppo 2 nè il Gruppo

3 delle caratteristiche cliniche di base sono risultate associate alla risposta completa ai PDE5is. Il tipo di

PDE5i non è risultato associato in modo indipendente al successo terapeutico.

Discussione I PDE5is sono considerati la prima linea terapeutica per la DE di nuova insorgenza. Tuttavia tra il 30 ed il

40% di pazienti con DE di eziologia mista non ha una risposta significativa alla massima dose di PDE5i.

Numerosi studi hanno analizzato la preferenza del paziente tra le diverse molecole; tuttavia i dati di

comparazione d’efficacia tra i diversi PDE5is sono limitati, rendendo difficile per lo specialista la scelta

del miglior farmaco da prescrivere

Conclusioni Questa analisi mostra che un terzo dei pazienti trattati con il primo PDE5i per DE di nuova insorgenza è

“non responder”. Migliori sono le caratteristiche cliniche di partenza, maggiore è la probabilità di risposta

completa, indipendentemente dal tipo di molecola prescritta.

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RECUPERO DELLA FUNZIONALITà ERETTILE DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE

NERVE-SPARING PER CARCINOMA PROSTATICO: IL RITORNO ALLA FUNZIONALITà

PRE-OPERATORIA è SUFFICIENTE PER GARANTIRE LA COMPLETA SODDISFAZIONE

DEL PAZIENTE?

A. Larcher, M. Bianchi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, P. Dell'Oglio, W. Cazzaniga, F. Dehò, V.

Mirone, F. Cantiello, R. Damiano, F. Dehò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Negli anni sono state proposte svariate definizioni sul recupero della funzione erettile (EF) dopo

prostatectomia radicale nerve-sparing (NSRP) basate sui risultati ottenuti tramite l’International Index of

ErectileFunction (IIEF). Questo studio valuta la soddisfazione del paziente dopo NSRP in base al

recupero di una EF identica a quella pre-operatoria

Materiali e metodi Sono stati valutati 784 pazienti trattati con NSRP che hanno compilato il questionario IIEF sia nel pre-che

nel post-operatorio. La gravità della disfunzione erettile (ED) è stata classificata in base al risultato

ottenuto all’IIEF-EF: nessuna disfunzione(26-30), lieve(22-25), da lieve a moderata(17-21), moderata(11-

16), e severa(6-10).Il ritorno all’IIEF-EFbasale è stata definito come il ritorno alla stessa categoria di ED

pre-operatoria durante i primi 3 anni di follow-up dopo NSRP. I pazienti sono stati definiti come

soddisfatti se il loro punteggio nel dominio IIEF-soddisfazione generale è risultato pari a 9-10.Sono state

utilizzate analisi di regressione di Cox uni-e multivariate(MVA) per predire il ritorno ai valori basali di

IIEF-EF nel post-operatorio.Le covariate comprendevano età, BMI, comorbidità, uso di terapie adiuvanti,

nerve-sparing(unilaterale vs. bilaterale) e tecnica chirurgica. Le analisi sono state ripetute per predire la

soddisfazione del paziente sia nella popolazione generale, sia in coloro che abbiano raggiunto o meno il

valore basale di EF

Risultati 172(21.9%), 51(6.5%), 53(6.8%), 125(15.9%), e 383(48.9%) pazienti avevano un valore IIEF-EFpre-

operatorio pari a 6-10, 11-16, 17-21, 22-25, e ≥26 rispettivamente. La soddisfazione generale nel pre-

operatorio è stata riscontrata in 251 pazienti(32.0%),mentre nel post-operatorio in 143(18.2%).445

(56.8%) pazienti sono riusciti a recuperare il valore IIEF-EF basale dopo NSRP.Tuttavia solo il 57.3% di

questi si è ritenuto soddisfatto.Alla MVA, gli unici fattori associati con il recupero dell’IIEF-EF basale

sono risultati l’essere stato sottoposto a NSRP bilaterale ed il non aver ricevuto alcuna terapia

adiuvante(p≤0.04).I pazienti che sono riusciti a ritornare al valore IIEF-EF basale sono risultati più

soddisfatti(p<0.001).Il tempo al ritorno all’IIEF-EF basale è risultato associato alla soddisfazione

generale (p<0.001).Solamente la presenza di un valore IIEF-EF basale di 22-25 e 26-30 è risultato

associato alla soddisfazione post-operatoria nei pazienti in grado di ritornare al valore pre-operatorio di

IIEF-EF dopo NSRP (all p<0.001).Inoltre, un tempo inferiore per il raggiungimento del massimo valore

IIEF-EF post-operatorio era associato alla soddisfazione del paziente(all p≤0.002)

Discussione Dopo NSRP, il ritorno al punteggio IIEF-EF pre-operatorio non è sufficiente per ottenere la soddisfazione

del paziente.I pazienti con un valore IIEF-EF pre-operatorio ≥22 sono riusciti a ritornare al valore basale

e si sono considerati soddisfatti

Conclusioni Tali risultati andrebbero tenuti in considerazione durante il counseling pre-operatorio dei pazienti

candidati a NSRP

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TADALAFIL ASSUNTO UNA VOLTA AL GIORNO RIDUCE SIGNIFICATIVAMENTE LA

PERDITA DI LUNGHEZZA DEL PENE NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA

RADICALE NERVE-SPARING (NSRP) BILATERALE: RISULTATI DI UNO STUDIO

CONTROLLATO RANDOMIZZATO

P. Hammerer, G. Brock, F. Montorsi, P. Costa, N. Shah, J. Martinez Jabaloyas, G. Ludovico, C.

Henneges, K. Hamidi, A. Rossi, H. Büttner, J. Mulhall (Braunschweig, Germania)

Scopo del lavoro Si riportano i dati relativi alla lunghezza del pene non in erezione (SPL), provenienti da uno studio

multicentrico di valutazione dell’efficacia del trattamento con tadalafil (TAD) post-nsRP.

Materiali e metodi Pazienti di età ≤68 anni con normale funzionalità erettile (FE) preoperatoria, sottoposti a intervento di

nsRP per tumore della prostata localizzato, sono stati randomizzati a ricevere, per un periodo di 9 mesi

successivo all’intervento, un trattamento in doppio cieco e “double dummy” (DBT) con TAD 5 mg una

volta al giorno (OaD), TAD 20 mg al bisogno (PRN) o placebo (PLC), seguito da 6 settimane di wash-out

senza farmaco (DFW) e 3 mesi di trattamento in aperto una volta al giorno (OLT). Le misure di outcome

secondario includevano la variazione della SPL dal basale (nsRP) al termine dei 9 mesi di DBT (analisi

della covarianza pre-specificata), le risposte alle domande 1 e 3 del questionario Sexual Encounter Profile

(SEP) e il questionario Standardized Morning Erection Question (SMEQ; test di Cochrane-Mantel-

Haenszel).

Risultati 423 pazienti sono stati randomizzati a ricevere i trattamenti OaD (N=139), PRN (N=143) e PLC (N=141).

Una maggiore conservazione della SPL è stata osservata con il trattamento OaD rispetto a PLC al termine

del DBT (differenza media [IC 95%] di OaD vs PLC, 4,1 [0,4-7,8] mm, p=0,032). Non è stata osservata

alcuna differenza media significativa (p >0,05) per PRN vs PLC. La tumescenza peniena (SEP 1), quale

segno iniziale di recupero della FE, era significativamente migliore rispetto al PLC al termine di DBT e al

termine di OLT solo per i pazienti randomizzati al trattamento OaD. Anche la capacità di avere rapporti

sessuali (SEP 3) è migliorata in modo significativo per i pazienti in trattamento OaD rispetto al placebo al

termine del DBT.

Discussione La distribuzione delle risposte al questionario SMEQ è risultata diversa al termine di DBT (p=0,045), con

il 34,2% dei pazienti OaD, il 50,0% dei pazienti PRN e il 56,5% dei pazienti PLC che hanno riferito

l’assenza delle erezioni mattutine. Al termine del periodo DFW, le risposte SEP di OaD e PLC non erano

significativamente diverse dal punto di vista statistico.

Conclusioni Un avviamento tempestivo del trattamento con TAD OaD può evitare la perdita di lunghezza del pene e

contribuire alla protezione dalle modifiche strutturali dei corpi cavernosi successive a un intervento di

nsRP.

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LA CRIOTERAPIA PERCUTANEA NEL TUMORE DEL RENE: VALUTAZIONE

DELL’EFFICACIA DEL TRATTAMENTO MEDIANTE ECOGRAFIA CON MDC ( CEUS )

S. Ciciliato, S. Siracusano, M. Bertolotto, F. Cacciato, M. Cazzagon, T. Silvestri, L. Toffoli, F. Visalli, F.

Stacul (Trieste)

Scopo del lavoro Valutare l'accuratezza diagnostica dell’ecografia con mdc (CEUS) nella diagnosi precoce del residuo

tumorale dopo crioablazione.

Materiali e metodi Sono stati valutati 26 pazienti per complessivi 31 tumori del rene (20 uomini, 6 donne) con età media di

69 anni (intervallo 52-81 anni) sottoposti a crioablazione percutanea nel periodo compreso tra agosto

2011 e luglio 2013. Tutte le neoplasie sono state trattate con crioablazione TC guidata. I pazienti hanno

eseguito il CEUS prima del trattamento, 1 giorno dopo la crioablazione (follow-up precoce), 1 mese dopo

e 3 mesi dopo il trattamento. Coloro che presentavano persistenza della lesione vascolarizzata al follow-

up precoce con il CEUS sono stati sottoposti a ulteriore controllo CEUS ad 1 mese e a 3 mesi dopo la

crioablazione. Il follow-up ha previsto in tutti i casi l’esecuzione di una RMN/TC ogni 6 mesi dopo la

procedura di crioablazione per i primi due anni e successivamente una volta all’anno per i primi 5 anni.

Risultati La dimensione media del tumore era 19.7 mm (intervallo 6-37 mm). 1 paziente non ha eseguito il

followup. 25 pazienti con 30 tumori renali sono stati seguiti per almeno 6 mesi e tutti sono stati sottoposti

al controllo mediante CEUS. 21 pazienti hanno eseguito l’RMN e 4 con controindicazione ad eseguire

RMN sono stati sottoposti a TC. Il followup medio è stato di 15 mesi (intervallo 6-24 mesi). La CEUS

eseguita 1 giorno dopo la crioablazione ha documentato l’assenza di lesioni vascolarizzate residue in

24/30 casi. Minimo e lieve enhancement perilesionale è stato riscontrato in 4 casi con progressiva

scomparsa durante il follow-up. In 1 caso di tumore cistico di IV tipo erano visibili 2 vegetazioni

intralesionali (rispettivamente di 1 e 2 cm) che presentavano ancora vascolarizzazione residua al controllo

CEUS precoce e persistenza di questo durante il successivo followup e pertanto in questo caso sono stati

classificati come persistenza di malattia. Infine 2 lesioni presentavano vascolarizzazione residua al

controllo CEUS precoce, ma la CEUS ripetuta a distanza di 1 settimana e di 1 mese dopo il trattamento ha

dimostrato la loro progressiva devascolarizzazione.

Discussione E’ necessario prestare attenzione nell’interpretazione della persistenza di vascolarizzazione nel follow-up

precoce con CEUS. In questo contesto il CEUS ha permesso di differenziare il successo immediato

dell’ablazione dall’eventualità di un successo più tardivo o dalla persistenza della malattia

Conclusioni Il CEUS può considerarsi un’affidabile metodica di complemento alla TC e RNM per la diagnosi precoce

di una persistenza di malattia dopo crioablazione.

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TRATTAMENTO CRIOABLATIVO PERCUTANEO VS LAPAROSCOPICO NEL

MANAGEMENT DELLE MASSE RENALI T1: UNO STUDIO ITALIANO MULTICENTRICO

B. de Concilio, C. Cicero, A. Casarin, G. Zeccolini, S. Siracusano, M. Bertolotto, F. Visalli, F. Laganà, A.

Pinzani, P. Pellegrini, L. Balestrieri, M. Urbani, G. Carbognin, G. Casarrubea, R. Vezzaro, D. Barbisan,

M. Ciaccia, F. Merlo, G. Artuso, F. Zattoni, A. Celia (Bassano del Grappa)

Scopo del lavoro Scopo del nostro studio è la valutazione a breve e medio termine dell’autcome oncologico della LCA

(crioablazione laparoscopica) e PCA (crioablazione percutanea) nei tumori renali (cT1)

Materiali e metodi Nel nostro studio prospettico multicentrico sono stati reclutati 158 pazienti: 22 sottoposti a LCA e 136 a

PCA. Abbiamo utilizzato il PADUA Score per la classificazione preoperatoria delle masse renali. Il

follow-up è stato eseguito con imaging (CT, MRI o CEUS), dosaggio della creatinina sierica ed eGFR. La

recurrence-free survival (RFS) è stata definita come assenza di recidiva locale al follow-up radiologico.

Risultati Il follow-up medio è stato di 27.7 (±21.6) mesi per la LCA e di 13.2 (±11.8) per la PCA. La RFS non ha

dimostrato sostanziali differenze tra i 2 gruppi (90% a 24 mesi per la LCA e 86% per la PCA). 8 pazienti

hanno sviluppato una recidiva locale senza differenza statisticamente significativa tra i 2 gruppi. Il

treatment success rate è del 90% (follow up medio di 28 mesi) per la LCA e del 95% per la PCA (follow-

up medio di 13 mesi). Delle 133 biopsie eseguite, l’86% nella LCA e il 75% nella PCA hanno dimostrato

caratteristiche di malignità. Il tasso di complicanze postoperatorie (Clavien-Dindo >1) è di 13.6% per la

LCA e di 2.2% pr la PCA e nessun trattamento ha richiesto una conversione open. Soltanto 1 paziente nel

gruppo della PCA ha richiesto un reintervento eseguito con embolizzazione selettiva. Entrambi i gruppi

hanno una creatininemia postoperatoria comparabile e l’eGFR è rimasto stabile. In accordo con l'AKI

Score soltanto il 5% dei pazienti ha sviluppato una compromissione acuta e transitoria della funzionalità

reanle (AKI Stage 1). All’analisi univariata e multivariata i predittori di Recurrence Disease includono un

PADUA Score ≥ 8 (HR = 9.99) e una ASA risk ≥ 4 (HR = 11.23). I limiti del nostro studio includono un

breve follow-up ed un outcomes oncologico basato esclusivamente sull’imaging

Discussione Sia la PCA che la LCA si sono sono dimostrate valide alternative nei pazienti affetti da neoplasia renale

(cT1) dimostrando un outcome oncologico similare. La RFS stimata a 24 mesi è approssimativamente

dell’86% per entrambi. I pazienti sottoposti a PCA hanno avuto un tempo di ospedalizzazione

significativamente minore rispetto al gruppo della LCA verosimilmente dovuto a minori problemi

anestesiologici e ad una minima incisione cutanea. La percentuale di complicanze è risultata minore nel

trattamento percutaneo (2.2% vs 13.6%). Infine la preservazione della funzionalià renale in entrambi in

gruppi permette di considerarli sicuri in quei pazienti ad elevato rischio di sviluppare un’IRC

Conclusioni Abbiamo evidenziato come la PCA, nonostante un minor follow-up, se comparato alla LCA sia una

tecnica sicura e una valida alternativa per la gestione dei tumori renali (cT1) in quei pazienti che non sono

candidabili ad una chirurgia convenzionale mantenendo sia un ottimo outcome oncologico che un

accettabile tasso di complicanze

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P 182

LA NEFRECTOMIA PARZIALE MINIINVASIVA E LA CRIOABLAZIONE

LAPAROSCOPICA NEL TRATTAMENTO DELLE NEOPLASIE RENALI PRIMITIVE DI

PICCOLE DIMENSIONI

N. Buffi, G. Fiorini, G. Lughezzani, P. Casale, R. Hurle, M. Seveso, G. Taverna, G. Giusti, A. Benetti, L.

Pasini, R. Peschechera, S. Zandegiacomo, L. Castaldo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro La nefrectomia parziale mini-invasiva (MIPN) e la crioablazione laparoscopica renale (LRC) sono

tecniche sempre più usate nel trattamento delle piccole neoplasie renali. Scopo di questo lavoro è

paragonarne i risultati perioperatori, oncologici e funzionali

Materiali e metodi Abbiamo arruolato consecutivamente 372 pazienti con diagnosi di neoplasia primitiva renale di piccole

dimensioni, trattata con MIPN o LRC in un singolo Centro. Modelli di regressione statistica sono stati

usati per valutare l’impatto del trattamento scelto (MIPN vs LRC) sui risultati perioperatori. I dati sono

stati corretti per età alla chirurgia, ASA score (1 vs. 2 vs. 3) e dimensioni della massa renale, aggiungendo

l’eGFR preoperatorio come covariata, laddove la variabile dipendente era il eGFR postoperatorio

Risultati 206 pazienti (55%) sono stati sottoposti a MIPN, mentre 166 (45%) sono stati trattati con LRC.

All’analisi multivariata, il tasso di complicanze postoperatorio è risultato significativamente minore per la

MIPN che per la LRC (20% vs 28%; adjusted difference: -1%; p=0.02). La regressione di Cox non ha

dimostrato una significativa associazione di ciascuno dei trattamenti con la sopravvivenza libera da

malattia (Hazard ratio: 1.06; 95% CI: 0.45, 2.52; p=0.9) che, a 5 anni dal trattamento, è risultata del 92%

nei pazienti sottoposti a MIPN e del 93% in quelli sottoposti a LRC. All’analisi multivariata (regressione

lineare), la LRC, rispetto alla MIPN, è risultata associata significativamente con un più alto eGFR a 6

mesi (Coefficient: 4.68; 95% CI: 0.06, 9.30; p=0.047). Nessuna associazione è stata invece trovata fra

tipo di trattamento e eGFR a 3 anni dalla chirurgia (Coefficient: -2.36; 95% CI: 7.55, 2.83; p=0.4)

Discussione La nefrectomia parziale mini-invasiva (MIPN) e la crioablazione laparoscopica renale (LRC) sono

tecniche sempre più usate nel trattamento delle piccole neoplasie renali

Conclusioni MIPN e LRC garantiscono un adeguato controllo di malattia oltre che una funzione renale comparabile al

follow-up a medio termine. Entrambe le tecniche possono essere quindi adoperate con sicurezza nel

trattamento delle piccole masse renali

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P 183

LA MINILAPAROSCOPIA NELLA CHIRURGIA RENALE E SURRENALE: STUDIO

MULTICENTRICO PROSPETTIVO.

P. Castellan, F. Pisano, J. Álvarez Ossorio, J. Amón Sesmero , J. Bellido, E. Ramos, D. Rengifo, J. Peña,

J. Palou, A. Breda (Barcelona, Spain)

Scopo del lavoro La Mini-laparoscopica (ML) è una tecnica che ha dimostrato ottimi risultati estetici pur mantenendo la

sicurezza di un approccio laparoscopico standard. Scopo dello studio è determinare il ruolo della ML

nella chirurgia renale e surrenale in una serie multicentrica prospettica contemporanea, identificando i

fattori predittivi per le complicanze.

Materiali e metodi Da luglio 2013 a dicembre 2014, 110 pazienti, provenienti da 6 centri spagnoli, sono stati arruolati nello

studio di ML in chirurgia renale e surrenale. E’ stato utilizzato un database comune e i dati sono stati

raccolti in modo prospettico. E’ stato definito come approccio standard l’utilizzo di 3/4 trocars da 3 mm,

con un ottica e strumenti da 3 mm (Karl Storz® Tuttlingen, Germany). E’ stato utilizzato un ulteriore

trocar da 10-12 mm per poter inserire strumenti più grandi, così come per il mantenimento di un buon

pneumoperitoneo. Abbiamo valutato come end point primario l’incidenza delle complicanze. Inoltre, i

pazienti sono stati invitati a compilare questionari con scala analogica visiva per il dolore (VAS-P) e per

la soddisfazione del risultato estetico (PSAQ).

Risultati I pazienti presentavano età media di 58 ± 14 anni, con un indice di massa corporea medio (BMI) di 25,3 ±

3,6 kg/m2. Il punteggio medio ASA era II e il 32% (n=35) dei pazienti ha avuto un precedente intervento

chirurgico. Sono state eseguite complessivamente 59 nefrectomie, 20 nefrectomie parziali, 9

nenefroureterectomie, 13 pieloplastiche, 3 pielolitotomie e 6 adrenalectomie. Undici (10%) procedure

hanno richiesto l’aggiunta di un’ulteriore porta da 5-10 mm; un caso (0,9%) è stato convertito a 5 mm e

un altro caso (0,9%) a chirurgia aperta. Il tempo operatorio medio complessivo è stato di 180 ± 64 min.

Su 20 nefrectomie parziali un solo paziente ha presentato margini positivi (5%), con diagnosi istologica

finale di oncocitoma. Dodici parziali renali sono state clampless e 8 con tempo medio di ischemia di

14±7min. L’incidenza delle complicanze intra e post operatorie è stata rispettivamente del 5% e dell'8%

(Clavien II-IV). La degenza media è stata di 5±2,3 giorni. I punteggi bassi dei questionari VAS-P e PSAQ

hanno riportato soddisfazione nel controllo del dolore e ottimi risultati estetici. Età, BMI, il punteggio

ASA, dimensioni del tumore e il tipo di intervento chirurgico non sono risultati fattori predittivi di

complicanze.

Discussione Questo studio rappresenta la più ampia serie di chirurgia ML renale e surrenale attualmente analizzata.

Nello scenario della chirugia mininvasiva, grazie ai continui miglioramenti nello strumentario

laparoscopico, la ML si sta rivelando sempre più una procedura in grado di garantire ottimi risultati

estetici, basso tasso di complicanze e tempi di degenza brevi.

Conclusioni Nonostante un tempo operatorio mediamente più lungo che nella laparoscopia standard, i risultati clinici e

la sicurezza della procedura non risultano compromessi. Si confermano gli ottimi risultati della ML nel

controllo del dolore e nei risultati estetici.

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LA PRESENZA DI UNA MASSA RENALE PUò DETERMINARE ASIMMETRIE DEL

CONTRIBUTO FUNZIONALE DEGLI EMUNTORI?

C. Fiori, D. Amparore, R. Bertolo, G. Cattaneo, E. Checcucci, F. Porpiglia (Orbassano)

Scopo del lavoro Scopo dello studio è valutare se la presenza e le caratteristiche di crescita della neoformazione renale

siano correlate ad asimmetrie del contributo funzionale degli emuntori.

Materiali e metodi Abbiamo rivisto retrospettivamente il nostro database (mantenuto prospetticamente) relativo alla

chirurgia conservativa renale ed estratto i dati di pazienti sottoposti a nefrectomia parziale laparoscopica

(LPN) o robotica (RAPN) dal 11/2011 al 3/2015 e sottoposti preoperatoriamente a scintigrafia renale

sequenziale per la valutazione di split renal function (SRF) ed effective renal plasma flow (eRPF) del rene

sano ed affetto da neoplasia, separatamente. Per gli scopi di questo studio sono stati esclusi i pazienti

monorene, con lesioni multiple e con IRC di grado moderato-grave (eGFR <60 ml/min*1.73m2). Sono

state quindi riviste le caratteristiche della neoplasia potenzialmente in grado di modificare la ripartizione

funzionale globale dei due emuntori, ovvero stadio clinico e pattern di crescita. Analisi dei dati. E’ stata

dapprima confrontata la funzionalità renale dei reni affetti da neoplasia con quella dei reni controlaterali. I

dati funzionali dei pazienti (rene sano vs rene con neoplasia) sono stati successivamente stratificati per

gruppi in base a stadio clinico (cT1 a vs cT1b) e pattern di crescita (>50 % esofitico vs <50% o

totalmente endofitico). L’analisi è stata condotta mediante t test di Student e test di Kruskal Wallis. I

valori d significatività sono stati fissati per p<0.05.

Risultati 171 pazienti sono stati inclusi nello studio., il diametro medio delle lesioni misurato mediante TC è

risultato pari a 37.3+18.4 cm, 71/171 lesioni erano in stadio > T1a e 101/171 masse presentavano pattern

di crescita prevalentemente endofitico. Confrontando i parametri scintigrafici della casistica considerati

complessivamente, la SRF è risultata pari a 50.3+6.9% e 49.7+6.9%, mentre l’eRPF pari a 174.7+53.3

ml/min e 171.9+40.2 ml/min nel rene sano ed affetto rispettivamente, senza evidenza di differenze

statisticamente significative (p=0.4 e p=0.6). All’analisi eseguita su dati stratificati in sottogruppi, la sola

SRF dell’emuntore con neoplasia in stadio > T1a è risultata significativamente inferiore rispetto alla SRF

del rene controlaterale (48.8+6.7% vs 51.1+6.7% rispettivamente, p=0.05).

Discussione La neoplasia renale passibile di trattamento conservativo non sembra influenzare in modo significativo la

simmetria del contributo funzionale degli emuntori. Questo equilibrio sembra essere alterato dalle sole

lesioni >4cm.

Conclusioni I dati ricavati dalla nostra esperienza suggeriscono che la piccola massa renale, indipendentemente dal

suo pattern di crescita, non altera la funzione renale globale che rimane equamente distribuita tra i due

emuntori.

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P 185

LA NEFRECTOMIA PARZIALE NEL TRATTAMENTO DI MASSE RENALI T1B CLINICHE

(>4 CM): STUDIO MULTICENTRICO COMPARATIVO TRA APPROCCIO OPEN,

LAPAROSCOPICO E ROBOT-ASSISITITO. (STUDIO RECORD)

S. Serni, A. Mari, R. Bertolo, A. Antonelli, G. Bianchi, F. Fidanza, C. Fiori, M. Furlan, I. Gianassi, G.

Morgia, G. Novara, F. Porpiglia, B. Rocco, B. Rovereto, F. Sessa, C. Simeone, A. Volpe, M. Carini, A.

Minervini (Firenze)

Scopo del lavoro Lo scopo dello studio è confrontare i risultati perioperatori di pazienti sottoposti a nefrectomia parziale

open (OPN), laparoscopica (LPN) e robotica (RAPN) in masse renali cT1b e valutare in questa classe di

pazienti i fattori predittivi del raggiungimento del Trifecta.

Materiali e metodi Sono stati selezionati dallo studio prospettico multicentrico italiano RECORd, i dati di 285 pazienti con

masse renali cT1b, sottoposti a OPN (n=133), LPN (n=57) o RAPN (n=95). I centri sono stati suddivisi in

basso ed alto volume in base alla soglia di 50 interventi per anno. Sono state effettuate un’analisi

descrittiva, comparativa tra approcci chirurgici ed una multivariata per identificare i fattori predittivi del

raggiungimento del Trifecta.

Risultati I tre gruppi sono risultati comparabili per BMI, emoglobina, creatinina ed eGFR preoperatorio, diametro

clinico e pattern di crescita tumorale. I pazienti con ECOG score ≥1 erano maggiormente rappresentati

nel gruppo OPN (30,8%), rispetto al gruppo LPN (24,6%) (p=0,38) e a quello RAPN (11,6%) (p=0,04).

Le procedure LPN e RAPN sono state effettuate più frequentemente in centri ad alto volume

(rispettivamente nel 93% e 100% dei casi). Le procedure RAPN hanno mostrato perdite ematiche

intraoperatorie mediane significativamente minori (150; IQR: 100-200 cc) rispetto alle OPN (200; 100-

300; p=0,01) e alle LPN (200; 100-200; p=0,04). Il Trifecta è stato raggiunto, rispettivamente, nel 62,4%,

63,2% e 69,5% delle OPN, LPN e RAPN (p=NS). Le procedure senza clampaggio sono risultate più

numerose nelle LPN (33,3%) rispetto alle OPN (19,5%; p=0,04) e alle RAPN (13,7%; p=0,004). Il tempo

d’ischemia mediano è risultato significativamente più corto nelle OPN (16, IQR: 14-20 min) rispetto alle

LPN (24, 20-29; p<0,0001) e alle RAPN (18, 15-24; p=0,004). Il tempo d’ischemia delle RAPN era

significativamente minore di quello delle LPN (p<0,0001). Le RAPN rispetto alle OPN presentavano un

tasso minore di complicanze intraoperatorie (1,1% e 6,0% rispettivamente; p=0,05) e postoperatorie

(rispettivamente 2,1% e 12,8% per le complicanze mediche (p=0,04), ed 8,4% e 17,3% per le chirurgiche

(p=0,04)). I margini positivi delle LPN (1,9%) e RAPN (2,5%) hanno mostrato un tasso di margini

chirurgici positivi più basso rispetto alle OPN (6,8%) (p=NS). All’analisi multivariata, il pattern di

crescita esofitico (OR1,80; CI1,04-3,12; p=0,03), i centri ad alto volume (OR1,96; CI0,94-4,07; p0,001) e

le basse perdite ematiche intraoperatorie (OR0,99; CI0,98-0,99; p=0,001), sono risultati fattori predittivi

significativi per il raggiungimento del Trifecta.

Discussione La chirurgia conservativa renale risulta una procedura sicura per il trattamento delle masse renali T1b

cliniche. La RAPN risulta una procedura con tempi d’ischemia e perdite ematiche significativamente

minori ed un maggior raggiungimento del Trifecta rispetto alla LPN.

Conclusioni I tumori renali T1b clinici e sottoponibili a chirurgia conservativa renale possono essere trattati attraverso

procedura LPN o RAPN in centri ad alto volume.

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ENUCLEAZIONE SEMPLICE PER IL TRATTAMENTO DI TUMORI RENALI AD ALTA

COMPLESSITà CHIRURGICA: RISULTATI PERIOPERATORI, ONCOLOGICI E

FUNZIONALI.

G. Vittori, R. Campi, A. Mari, J. Frizzi, T. Jaeger, A. Chindemi, R. Fantechi, A. Cocci, A. Lapini, M.

Gacci, S. Serni, A. Minervini, M. Carini (Firenze)

Scopo del lavoro La chirurgia conservativa renale (CCR) è il gold standard per il trattamento dei tumori renali cT1a e, se

tecnicamente fattibile, cT1b. Nonostante le attuali evidenze ne supportino l’utilizzo anche in caso di

tumori renali complessi, non esistono dati definitivi sugli outcomes oncologici e funzionali a medio-lungo

termine. Lo scopo dello studio è analizzare i risultati perioperatori e gli outcomes oncologici e funzionali

a lungo termine dell’enucleazione semplice (ES) per tumori renali altamente complessi in un centro ad

alto volume.

Materiali e metodi I dati di 510 pazienti trattati con ES tra luglio 2006 e agosto 2013 sono stati raccolti in modo prospettico e

analizzati retrospettivamente per selezionare i pazienti con tumori renali ad alta complessità chirurgica

(PADUA score 10-13, Figura 1). Lo stato di sopravvivenza e gli outcomes funzionali sono stati raccolti al

follow-up. La probabilità di sopravvivenza è stata stimata con il metodo di Kaplan-Meier.

Risultati 96 pazienti sono stati inclusi nello studio. Di questi, 76 (79%) sono stati trattati con approccio open e 20

(21%) con approccio robotico. Il diametro tumorale mediano è stato di 4,8 cm (IQR 3-10). Il PADUA

score è risultato 10, 11, 12 e 13 rispettivamente nel 57%,29%,12% e 2% dei tumori. Il 20% dei pazienti

era affetto da insufficienza renale cronica di stadio ≥3 prima dell’intervento. Il clampaggio del peduncolo

renale è stato effettuato nel 99% dei pazienti, con un tempo di ischemia calda media di 19,2 ± 5,7 minuti.

Il tempo operatorio medio è stato di 126 minuti, la perdita ematica stimata media di 200 cc e la durata

media di ospedalizzazione di 6 giorni. Complicanze postoperatorie sono state registrate nel 26% dei

pazienti (2 % Clavien 1, 15 % Clavien 2, 8 % Clavien 3 e 1% Clavien 4). In 3 casi (3,6%) i margini

chirurgici sono risultati positivi. Il Trifecta è stato raggiunto nel 56% dei pazienti. Il follow up medio è

stato di 54±26 mesi (range 14-96). I tassi di sopravvivenza cancro-specifica, libera da recidiva e globale a

5 anni sono stati rispettivamente 96%, 91% e 88%. La VFG stimata mediana (IQR) preoperatoria, al 3°

giorno postoperatorio, a un mese post-operatorio e al follow-up è risultata rispettivamente 79 (64-97), 68

(51-82), 76 (56-88), and 66 (50-81) ml/min/1,73m2 (Figure 2).

Discussione Il nostro studio ha dimostrato che la tecnica di ES ottiene, anche per tumori renali ad alta complessità

chirurgica, risultati perioperatori, oncologici e funzionali ottimali a lungo termine. Sviluppando il piano di

clivaggio anatomico naturale tra pseudocapsula peritumorale e parenchima sano, l’ES permette di

ottenere la massima preservazione del parenchima renale garantendo efficacia oncologica e basso rischio

di complicanze chirurgiche.

Conclusioni Gli ottimi risultati a lungo termine suggeriscono che l’ES, eseguita con approccio sia open che robotico,

rappresenta una tecnica sicura e efficace per il trattamento di tumori renali altamente complessi,

allargando le indicazioni della CCR in accordo alle più recenti linee guida europee.

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L’EFFETTO DELLA NEPHRON SPARING SURGERY NEL RITARDARE LA COMPARSA DI

INSUFFICIENZA RENALE TERMINALE POST CHIRURGICA

U. Capitanio, C. Terrone, A. Antonelli, A. Minervini, F. Porpiglia, A. Volpe, F. Deho', M. Furlan, A.

Briganti, S. Serni, C. Simeone, F. Montorsi, R. Bertini (milano)

Scopo del lavoro Obiettivo dello studio è di stabilire la prevalenza e i predittori di insufficienza renale terminale (IRT) post

chirurgica (nefrectomia radicale vs nephron sparing surgery), tenendo conto delle caratteristiche cliniche,

delle comorbidità e del rischio cardiovascolare di ciascun paziente.

Materiali e metodi Studio multi-instituzionale condotto tra cinque centri di riferimento terziario comprendente 2029 pazienti

con una massa renale classificabile come T1a-T1b. I pazienti sono stati sottoposti a nefrectomia radicale

(RN, n=693, 34.2%) o a nephron sparing surgery (NSS, n=1336, 65.8%); tutti i pazienti avevano un tasso

presunto di filtrazione glomerulare (eGFR) preoperatorio nella norma (definito come

eGFR≥60ml/min/1.73m2 preoperatorio). Modelli di regressione univariata e multivariata secondo Cox

sono stati utilizzati per predire il rischio di IRT (definito come eGFR<15ml/min/1.73m2 postoperatorio).

Il modello, per tener conto delle differenze cliniche presenti tra i vari pazienti, include come covariate

l’età, il eGFR preoperaotrio, le dimensioni del tumore valutate preoperatoriamente, la presenza di

ipertensione arteriosa (classificata come assente vs presente vs controllata dalla terapia medica) e diabete,

il Charlson Comorbidity Index (CCI) basale, il BMI, e il fatto che i pazienti fossero o meno fumatori.

Risultati Il eGFR mediano riscontrato è stato di 90ml/min/1.73m2 (IQR 79-99). La mediana di età e dimensione

del tumore era rispettivamente di 61 anni (IQR 52-69) e 3.5 cm (IQR 2.5-5). Complessivamente, il 10.0%

vs. 18.2% vs. 21.3% dei pazienti aveva una diagnosi di diabete, ipertensione non controllata e controllata

dalla terapia medica. Il tasso di IRT post chirurgica riscontrato a 5, 10, e 15 anni è stato rispettivamente

del 1.6%, 2.6% e 2.6% per le NSS e del 2.1%, 2.7% e 5.1% per quanto riguarda le RN (p=0.5). All’analisi

multivariata, dopo aver tenuto conto dei parametri sopra elencati, i pazienti con ipertensione non

controllata dalla terapia medica (HR 4.2, p=0.02) e coloro con più di due comorbidità (HR 8.5, p=0.009)

hanno dimostrato un rischio significativamente più alto di sviluppare IRT. I pazienti sottoposti a NSS

sembrano avere lo stesso rischio di sviluppare IRT rispetto a coloro sottoposti a RN (HR 1.04, p=0.9).

Tuttavia, l’intervallo di tempo mediano tra l’intervento e lo sviluppo di IRT era significativamente più

alto nei pazienti trattati con NSS rispetto a coloro sottoposti a RN (85 vs. 43 mesi, p-value bootstrapped

=0.04).

Discussione In una recente subanalisi di 514 pazienti inclusi nel trial randomizzato dell’EORTC 30904, l’incidenza di

IRT era praticamente la stessa tra pazienti trattati con NSS o RN. In modo simile, nella nostra casistica

circa il 2% dei pazienti con un eGFR preoperatorio nella norma svilupperà IRT, con una apparente

assenza di differenza tra NSS e RN.

Conclusioni La NSS ha dimostrato un effetto significativo nel ritardare lo sviluppo di IRT rispetto alla RN.

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VALUTAZIONE DEGLI OUTCOMES FUNZIONALI DOPO NEFRECTOMIA PARZIALE

LAPAROSCOPICA: CONFRONTO TRA TECNICA CLAMPLESS E CLAMPAGGIO

DELL’ARTERIA RENALE MEDIANTE SCINTIGRAFIA RENALE SEQUENZIALE

C. Fiori, R. Bertolo, D. Amparore, G. Cattaneo, G. Ottaviano, I. Morra, F. Porpiglia (Orbassano)

Scopo del lavoro Esaminare, con l’ausilio della scintigrafia renale dinamica, le differenze in termini di funzione renale

postoperatoria tra nefrectomie parziali laparoscopiche eseguite con tecnica clampless (cl-NPL) e con

clampaggio standard dell’arteria renale (st-NPL). Obiettivo secondario è stato quello di identificare quali

fattori potessero essere predittori di peggiori outcomes funzionali postoperatori dopo cl-NPL.

Materiali e metodi Tra il 12/11 e il 12/14 sono stati arruolati in questo studio 185 pazienti con diagnosi di massa renale

candidabili a NPL. Tutti sono stati sottoposti a studio della funzione renale basale, mediante valutazione

dei livelli di creatinina, eGFR, e di parametri scintigrafici quali split renal function (SRF) e ERPF

(estimated renal plasma flow), escludendo i casi di monorene. I 172 pazienti rimanenti sono dunque stati

suddivisi in due gruppi in base al tipo di procedura effettuata: il gruppo A, con 86 pazienti sottoposti a st-

NPL, ed il Gruppo B, con 86 pazienti sottoposti a cl-NPL. Sono state valutate per ogni gruppo le variabili

demografiche, perioperatorie e patologiche. La valutazione funzionale è stata completata, oltre che con il

dosaggio di creatinina sierica ed eGFR, con i parametri scintigrafici (SRF e ERPF) a 3 mesi dalla

procedura, per determinare la percentuale di perdita di funzione selettiva del rene operato. È stata dunque

effettuata un’analisi multivariata sul gruppo B, per valutare se e quali fattori, ad esclusione del danno da

ischemia, potessero influenzare l’outcome funzionale postoperatorio.

Risultati Non sono state individuate differenze significative tra gruppo A e B per tutte le variabili considerate, ad

eccezione del tempo di ischemia calda, pari a 19.6+7.3 min nel Gruppo A e a 0 min nel B (p< 0.001) e

delle perdite ematiche (214.7+221.7 e 252.3+224.3 ml nei gruppi A e B rispettivamente, p=0.01). La

percentuale di riduzione di funzione del rene operato, valutata alla scintigrafia, non è risultata

significativamente differente tra i due gruppi, con riduzioni del 6.4+1.1% e del 9.2+1.3% per la SRF

(p=0.236) e del 11.3+22.6% e 21.4+17.6% per l’ERPF (p=0.081), rispettivamente nel gruppo B e nel

Gruppo A. L’analisi multivariata nel gruppo B ha evidenziato che bassi valori di SRF ed ERPF si

correlano con peggiori risultati funzionali postoperatori.

Discussione Dall’analisi emerge come non vi sia differenza in termini di perdita di funzione renale postoperatoria tra

cl-NPL e st-NPL, soprattutto se vengono mantenuti tempi di ischemia < 25 min. Tra i fattori che

influenzano i risultati funzionali postoperatori, eliminando il fattore ischemia, emerge la scarsa funzione

renale basale: va pertanto tenuta in considerazione nella scelta del tipo di approccio chirurgico da

utilizzare.

Conclusioni La funzione renale in esiti di NPL risente di valori basali ridotti e di tempi di ischemia prolungati. La

valutazione preoperatoria dei parametri funzionali permette pertanto di scegliere il tipo di intervento più

adatto al singolo caso.

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P 189

IL NUOVO INSUFFLATORE AIRSEAL (SURGIQUEST). VALUTAZIONE DI EFFICACIA E

SICUREZZA RISPETTO ALL’INSUFFLATORE STANDARD IN 100 NEFRECTOMIE

PARZIALI CONSECUTIVE.

L. Topazio, D. Autieri, S. Khorrami, V. Giommoni, T. Verdacchi, M. De Angelis, F. Annino (Roma)

Scopo del lavoro L’AirSeal® (SurgiQuest) è un sistema di accesso integrato per chirurgia robotica e laparoscopica, che

mediante l’utilizzo di un trocar valveless è in grado di creare una pressione di insufflazione. Questo

device risponde immediatamente anche al minino cambio di pressione intra-addominale ed è in grado di

mantenere uno pneumoperitoneo stabile con aspirazione costante. Questo è uno studio comparativo,

prospettico non randomizzato teso a valutare la sicurezza e l’efficacia del sistema AirSeal (SurgiQuest)

rispetto al sistema di insufflazione classico durante l’intervento di nefrectomia parziale robotica (daVinci

SI) in condizione di pneumoperitoneo stabile a 12 mmHg.

Materiali e metodi Questo studio rappresenta l’estensione di un precedente lavoro pilota eseguito su un campione esiguo di

interventi. Due coorti di pazienti consecutive [Gruppo A = 50 pazienti sottoposti a nefrectomia parziale

robotica con insufflatore standard; Gruppo B = 50 pazienti operati con AirSeal] sono state

prospettivamente incluse nello studio tra Ottobre 2012 e Aprile 2015 e valutati per tempo di warm

ischemia, durata globale dell’intervento, perdite di sangue e sviluppo di Insufficienza Renale Acuta post-

operatoria. Il t-test è stato usato per l’analisi statistica dei dati ottenuti.

Risultati I due gruppi di pazienti (come valutabile nella Tabella 1) erano paragonabili per quanto riguarda

caratteristiche epidemiologiche, punteggio R.E.N.A.L., comorbidità e TNM. Le differenze tra i due

gruppi per quanto riguarda il tempo operatorio (p=0,01) ed il tempo di warm ischemia (p< 0,001) sono

risultate statisticamente significative a favore del gruppo AirSeal mentre l’incidenza di Insufficienza

Renale Acuta post-operatoria (p=0.76) e le perdite di sangue (p=0.186) sono risultate minori nel gruppo

Airseal anche se la differenza non assume significatività statistica (Tabella 1).

Discussione La nostra impressione è che l’uso del sistema AirSeal permetta al chirurgo una migliore visibilità del

campo operatorio e porti quindi a migliorare la performance chirurgica. Le nostre sensazioni sono

sostenute dai dati ottenuti che mostrano migliori outcomes dei pazienti nel gruppo AirSeal in termini di

tempistica operatoria, tempo di warm ischemia e perdite ematiche. Il sistema AirSeal mantiene lo

pneumoperitoneo costantemente stabile, riducendo quindi il sanguinamento venoso anche durante

l’aspirazione e permettendo una resezione più pulita e facilitando il declampaggio precoce del peduncolo

renale. È inoltre importante notare come tra i due gruppi di Pazienti vi sia una sostanziale differenza di

interventi con zero ischemia (Gruppo A=4; Gruppo B=17).

Conclusioni Il nostro lavoro studio rappresenta il primo studio comparativo tra il sistema di insufflazione classico ed il

nuovo sistema AirSeal. I nostri risultati sono molto incoraggianti sia in termini di dati intra-operatori che

in termini di complicanze post-operatorie. Naturalmente per confermare tali dati saranno necessari futuri

studi randomizzati e su coorti di pazienti molto più ampie.

Conclusioni Il nostro lavoro studio rappresenta il primo studio comparativo tra il sistema di insufflazione classico ed il

nuovo sistema AirSeal. I nostri risultati sono molto incoraggianti sia in termini di dati intra-operatori che

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in termini di complicanze post-operatorie. Naturalmente per confermare tali dati saranno necessari futuri

studi randomizzati e su coorti di pazienti molto più ampie.

Conclusioni Il nostro lavoro studio rappresenta il primo studio comparativo tra il sistema di insufflazione classico ed il

nuovo sistema AirSeal. I nostri risultati sono molto incoraggianti sia in termini di dati intra-operatori che

in termini di complicanze post-operatorie. Naturalmente per confermare tali dati saranno necessari futuri

studi randomizzati e su coorti di pazienti molto più ampie.

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P 190

VALIDAZIONE E ANALISI COMPARATIVA DEGLI INDICI NEFROMETRICI PADUA,

RENAL, C-INDEX E DAP COME PREDITTORI DEGLI OUTCOMES PERIOPERATORI E

FUNZIONALI DOPO NEFRECTOMIA PARZIALE ROBOTICA

G. Vittori, R. Campi, J. Vignoli, S. Lucarini, A. Tuccio, A. Mari, A. Cocci, M. Gacci, I. Menchi, S. Serni,

M. Carini, A. Minervini (Firenze)

Scopo del lavoro Gli score nefrometrici descrivono in modo standardizzato le caratteristiche anatomiche salienti dei tumori

renali informando il chirurgo sulla complessità di ogni nefrectomia parziale per una data massa renale.

Diversi score nefrometrici sono stati proposti in letteratura e correlati con variabili chirurgiche e

perioperatorie. Tuttavia, il ruolo dei vari score disponibili nel predire gli outcomes dopo nefrectomia

parziale robotica non è stato ancora definitivamente chiarito. Lo scopo del presente studio è validare 4

score nefrometrici (PADUA, RENAL, C-Index e DAP) per l’ enucleazione semplice endoscopica robot-

assistita (ERASE), analizzandone la correlazione con gli outcomes perioperatori e funzionali.

Materiali e metodi I dati di 135 pazienti con tumore renale localizzato trattati con ERASE tra gennaio 2011 e Agosto 2013

presso il nostro centro sono stati raccolti prospetticamente. Dopo aver retrospettivamente esaminato

immagini TC e dati nefrometrici, 115 pazienti sono stati inclusi nello studio. La correlazione di ogni score

nefrometrico con gli outcomes perioperatori e funzionali, inclusa la valutazione del Trifecta, è stata

analizzata all’analisi univariata. Il coefficiente di Spearman è stato usato per confrontare il valore

predittivo dei vari score con quello del solo diametro tumorale.

Risultati I dati clinico-patologici della casistica sono mostrati in Tabella 1, le analisi di correlazione in Tabella 2.

Gli score RENAL, PADUA e C-Index sono risultati significativamente correlati con: tasso di

complicanze perioperatorie, perdite ematiche stimate (EBL), durata di ospedalizzazione (LOH) e

outcomes del Trifecta. E’ stata dimostrata una correlazione statisticamente significativa tra gli indici DAP

e C-Index e riduzione post-operatoria della velocità di filtrazione glomerulare stimata (VFGs). Nessun

indice nefrometrico esaminato è risultato significativamente correlato con dati anatomopatologici come

tasso di margini chirurgici positivi, istotipo e grado nucleare. Il test di Spearman ha mostrato più alti

coefficienti di correlazione per gli indici RENAL e PADUA riguardo a tempo operatorio, EBL e LOH e

per il C-index riguardo al tempo di ischemia calda.

Discussione Il nostro studio ha dimostrato che gli indici nefrometrici PADUA, RENAL e C-Index sono

significativamente associati agli outcomes chirurgici e perioperatori dopo ERASE. Tuttavia, solo il C-

Index è risultato significativamente correlato agli outcomes funzionali post-operatori. Al contrario,

l’indice DAP non ha predetto i risultati perioperatori dopo ERASE in modo più accurato del solo

diametro clinico, con l’eccezione di una forte correlazione con la perdita di funzione renale post-

operatoria.

Conclusioni Il nostro studio ha validato gli score PADUA, RENAL e C-Index per l’ERASE. Il DAP score non è

invece risultato predittore degli outcomes chirurgici e perioperatori. Inoltre, fra gli indici nefrometrici

considerati, solo il C-Index e il DAP hanno dimostrato di predire in modo significativo gli outcomes

funzionali dopo ERASE.

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P 191

VALUTAZIONE PROSPETTICA DEL PERINEPHRIC FAT SURFACE DENSITY (PNFSD)

COME PREDITTORE DI COMPLESSITà CHIRURGICA E OUTCOMES PERIOPERATORI

DOPO NEFRECTOMIA PARZIALE ROBOT-ASSISTITA.

R. Campi, G. Vittori, J. Vignoli, A. Mari, S. Lucarini, L. Fedeli, L. Mazzoni, E. Torre, S. Serni, I.

Menchi, M. Carini, A. Minervini (Firenze)

Scopo del lavoro La dissezione del tessuto adiposo perirenale (TAP) rappresenta uno step chirurgico critico durante la

nefrectomia parziale robotica (NPR). Tuttavia, non esistono strumenti standardizzati per valutare il

potenziale contributo del TAP alla complessità chirurgica dell’intervento. Lo scopo del presente studio è

valutare il Perinephric Fat Surface Density (PnFSD) come predittore di complessità chirurgica e outcomes

perioperatori dopo NPR e correlarlo al grado di fibrosi del TAP all’esame istologico.

Materiali e metodi I dati di 46 pazienti sottoposti a NPR presso il nostro centro sono stati raccolti in modo prospettico tra

maggio e settembre 2014. Nella scansione assiale TC in fase arteriosa centrata sull’ilo renale, due

uroradiologi dedicati hanno calcolato in cieco il valore del PnFSD con uno specifico software (Fig. 1). A

livello della stessa scansione TC, sono stati poi misurati lo spessore medio (SM) e il grado di striature

(GS) del TAP. La complessità chirurgica di dissezione (CCD) del TAP è stata giudicata soggettivamente

dal chirurgo (Fig. 2). Infine, un campione di TAP, lontano dal tumore, è stato inviato all’analisi

istopatologica per la valutazione del grado di fibrosi (GF) mediante colorazione di Mallory-Azan (Fig. 3).

Il test U di Mann-Whitney e il coefficiente di correlazione di Spearman sono stati usati per valutare la

correlazione tra PnFSD e variabili radiologiche (SM e GS), istologiche (GF) e indici di complessità

chirurgica.

Risultati All’analisi univariata, il PnFSD è risultato significativamente correlato con: età alla chirurgia (p=0,045),

sesso maschile (p=0,005), SM (p=0,031) e GS (p<0,001) del TAP e indici di complessità chirurgica

(tempo di consolle (p=0,012), perdite ematiche stimate (p=0,026), tasso di complicazioni chirurgiche

(p=0,049) e tempo medio di degenza (p=0,029)). E’ stato inoltre evidenziato un trend di correlazione tra

PnFSD e BMI (p=0,076). Non è stata dimostrata alcuna correlazione statisticamente significativa tra

PnFSD e caratteristiche anatomo-patologiche del tumore, tasso di margini chirurgici positivi, tempo di

ischemia, giudizio sulla CCD e GF all’analisi istologica.

Discussione Il nostro studio ha dimostrato che il PnFSD predice significativamente complessità chirurgica e outcomes

perioperatori dopo NPR. Il PnFSD rappresenta quindi un utile parametro per costruire nuovi score o

nomogrammi preoperatori che predicano complessità chirurgica e outcomes della NPR e che includano,

oltre alle caratteristiche anatomiche del tumore, anche una valutazione standardizzata del TAP. La

variabilità nel campionamento del TAP durante l’intervento e la mancanza di sistemi standardizzati per la

valutazione di CCD e GF rappresentano i principali limiti dello studio.

Conclusioni Il PnFSD contribuisce a predire la complessità chirurgica e gli outcomes perioperatori della NPR. Studi

prospettici sono necessari per confermare i nostri risultati in più ampie casistiche e per valutare la sua

correlazione con variabili cliniche e istologiche associate al TAP “ad alto grado di fibrosi”.

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P 192

L’EVOLUZIONE DELLA STORIA NATURALE DELLA NEOPLASIA RENALE

BILATERALE: ANALISI RETROSPETTIVA DELLA NOSTRA ESPERIENZA

TRENTENNALE

A. Antonelli, M. Sodano, M. Furlan, S. Belotti, A. Cozzoli, T. Zanotelli, C. Simeone (Brescia)

Scopo del lavoro La neoplasia renale parenchimale può raramente presentarsi bilaterale fin dalla diagnosi (bRCC). In

questi casi un intervento conservativo spinto, almeno per uno dei due reni, rappresenta un’indicazione

imperativa, al fine di evitare la dialisi. Durante l’ultima decade la diffusione delle tecniche di imaging ha

portato ad un progressivo downstaging delle neoplasie renali, mediamente diagnosticate di dimensioni

minori ed in pazienti asintomatici. Negli ultimi 10 anni infine l’indicazione elettiva a procedere ad un

intervento di nefrectomia parziale in pazienti con rene adelfo sano è stato estesa a neoplasie fino a 7 cm.

Lo scopo di questo studio è quello di valutare come siano cambiate nel corso degli anni le caratteristiche e

le opzioni terapeutiche per le bRCC.

Materiali e metodi Valutazione retrospettiva di un database istituzionale mantenuto prospetticamente, che raccoglie i dati di

tutti i pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per neoplasia renale, dal 1983 ad oggi. Per questo studio

sono stati raccolti i dati dei pazienti con bRCC alla diagnosi (bRCC sincrono). I pazienti sono stati

suddivisi in due gruppi, il primo con bRCC diagnosticata fino al 2005, il secondo dal 2005 ad oggi. Sono

state comparate tra i due gruppi le caratteristiche dei pazienti, delle neoplasie e la tipologia di trattamento.

Risultati Nel nostro database sono raccolti i dati di 2297 pazienti operati dal 1983 ad oggi. Di questi 46 si sono

presentati con bRCC (prevalenza 2%). Nella tabella 1 sono presentate le caratteristiche dei pazienti,

dividendoli tra primo (fino al 2005) e secondo periodo (dal 2005 ad oggi). Negli ultimi 30 anni

l’incidenza di bRCC non è cambiata. Tuttavia i pazienti nell’ultima decade sono mediamente più anziani

e con maggiori comorbilità, più spesso asintomatici; le caratteristiche delle neoplasie sono

sostanzialmente sovrapponibili, anche se si nota un trend nella diminuzione del diametro alla diagnosi;

infine c’è una significativa percentuale di pazienti che ora vengono sottoposti ad un intervento di

nefrectomia parziale bilaterale con una procedura in due tempi.

Discussione /

Conclusioni Le caratteristiche delle bRCC non sono cambiate nel corso del tempo; tuttavia la diffusione della

nefrectomia parziale per trattamenti in elezione ha portato ad un incremento nella percentuale dei pazienti

sottoposti ad un intervento conservativo bilaterale.

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P 193

RISCHIO DI INVASIONE LINFONODALE E PROGRESSIONE A CARICO DEI LINFONODI

NEL CARCINOMA A CELLULE RENALI A BASSO RISCHIO E ORGANO CONFINATO: è

TEMPO DI ABBANDONARE LA LINFOADENECTOMIA?

U. Capitanio, E. Ventimiglia, A. Larcher, P. Capogrosso, R. Luciano', M. Freschi, C. Carenzi, A.

Briganti, A. Nini, R. Matloob, F. Deho', A. Salonia, F. Montorsi, R. Bertini (milano)

Scopo del lavoro Il trial randomizzato condotto dall’EORTC ha dimostrato come i pazienti con carcinoma a cellule renali a

basso rischio abbiano un basso tasso di metastasi linfonodali e nessun beneficio in termini di

sopravvivenza qualora venga effettuata una linfoadenectomia. Sebbene dal punto di vista clinico siano

pazienti a basso rischio, è plausibile che un sottogruppo di questi possa celare una malattia con una

tropismo particolare per i linfonodi e che pertanto possa essere meritevole di una linfoadenectomia.

Materiali e metodi La presenza di invasione linfonodale (LNI) e/o progressione linfonodale durante il follow-up sono stati

valutati congiuntamente. La progressione è stata definita come il riscontro clinico di una linfoadenopatia

di nuova insorgenza (>10mm) nel retroperitoneo associata a progressione sistemica e/o con un riscontro

istologico. Analisi con modelli di regressione e di tipo cubic spline sono state condotte per descrivere le

caratteristiche cliniche e patologiche dei pazienti con riscontro di LNI o di progressione (includendo età,

BMI, dimensioni del tumore, stadio T del TNM; livelli di albumina, LDH, linfociti, monociti, calcio,

creatinina, emoglobina e piastrine).

Risultati Gli stadi clinici cT1a, cT1b, cT2a and cT2b sono stati riscontrati rispettivamente in 1010 (50.2%), 686

(34.1%), 233 (11.6%) e 81 (4.0%) pazienti. La linfoadenectomia è stata eseguita in 640 (36.3) pazienti. In

228 pazienti (11.3%) si è riscontrato un upstaging ≥pT3a. In 245 (12.2%) vs. 1151 (57.3%) vs. 306

(15.2%) vs. 24 (1.2%) pazienti è stato riscontrato un grado secondo Fuhrman rispettivamente pari a 1 vs.

2 vs. 3 vs. 4. Solo in 14 casi è stata riscontrata LNI al momento dell’intervento chiurgico. Durante il

follow-up, 23 (1.1%) pazienti hanno avuto una progressione a livello dei linfonodi. Complessivamente,

36 (1.8%) pazienti hanno avuto una localizzazione linfonodale di malattia o al momento della chirurgia o

durante il follow-up. La frequenza di entrambi questi eventi aumentava al crescere dello stadio clinico

(0.6% vs. 1.9% vs. 3.9% vs. 9.9% rispettivamente per cT1a vs. cT1b vs. cT2a vs. cT2b; p<0.001). La

dimensione del tumore valutata preoperativamente correlava linearmente con il rischio di

LNI/progressione a livello dei linfonodi (OR 1.27 95%CI 1.16-1.38, p<0.001). Anche per quanto riguarda

il grado secondo Fuhrman, all’aumentare del grado aumentava la frequenza di entrambi gli eventi

analizzati (0% vs. 0.4% vs. 1.6% vs. 4.2% vs. 16.7% rispettivamente per benigno vs. G1 vs. G2 vs. G3

vs. G4; p<0.001).

Discussione LNI e la progressione a carico dei linfonodi sono eventi piuttosto rari (<2%) in pazienti con una massa

renale classificabile come a basso rischio (T1-T2 N0 M0) e candidati a chirurgia.

Conclusioni La dimensione del tumore valutata preoperativamente è il predittore più informativo di LNI/progressione

a carico dei linfonodi, sebbene desiderabile identificare marker biologici più accurati nel predire i pazienti

che potrebbero trarre beneficio da una eventuale linfoadenectomia.

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P 194

RENAL CELL CARCINOMA WITH TUMOR THROMBUS INTO THE INFERIOR VENA

CAVA: SURGICAL PROGNOSTIC FACTORS AND IMPACT ON ONCOLOGICAL

OUTCOMES IN A SINGLE INSTITUTION EXPERIENCE

A. Battaglia, M. Allasia, A. Palazzetti, F. Soria, F. Marson, S. Chiesa, G. Melloni, G. Bonomessi, E.

Dalmasso, S. Munegato, A. Bosio, P. Destefanis, C. Terrone, P. Gontero, B. Frea (Turin)

Aim of the study Radical surgery represents the only chance of long-term survival for patients with renal cell carcinoma

(RCC) and venous tumor thrombus (TT) extension. Analyzing several aspects of venous structures

involvement by RCC and surgical choices dictated by venous extension of the TT, our objective was to

define if different surgical choices can impact not only on complications risk but also on the oncologic

outcomes

Materials and methods We examined surgical techniques and follow-up of all patients with TT RCC, underwent radical

nephrectomy and thrombus extraction at our center from 1983 to 2013. Kaplan–Meier analysis was used

to determine survivals and overall survival was analyzed based on the Charlson Comorbidity Index (CCI),

tumor extent, typing, grading and staging, Novick Staging System, TT caval wall invasion, and surgical

choices: approach, duration, intraoperative blood losses, thrombectomy techniques, inferior vena cava

(IVC) wall resection, radicalism of TT removal and postoperative complications

Results A total of 200 patients underwent radical nephrectomy with thrombectomy, of whom 72 had distant

metastases and 81 had tumor spread to the regional lymph nodes; 39 patients had CCI ≥4; Fuhrman grade

was 1 to 4 in 5, 70, 96 and 17 patients, respectively. The TT was level 0 in 121 (60,5%), level I in 22

(11%), level II in 18 (9%), level III in 31 (15,5%) and level IV in 8 (4%). Involvement and resection of

IVC wall was found in 26 cases. The commonest surgical approach was median laparotomy, whereas 7 of

the stage IV patients required combined sternotomy with circulatory bypass. In 135 patients (67,53%)

surgeons chose cavotomy, while in 65 (32,47%) they preferred manually “milking” of the TT; in 146

patients (73,7%) we obtain a total thrombus removal. 91 patients required intra-operative transfusions

(median 4 units). The intra-operative complication rate was 21,12% and the post-operative 37,7%.

pN0M0 and low Fuhrman grade tumor had significantly higher median survival than those with

metastatic and high Fuhrman grade disease. Patients underwent radical thrombectomy had significantly

higher median survival than those with partial thrombus excision. The other aspects of the surgery of the

RCC with IVC TT do not have a statistically significant impact on cancer specific survival

Discussion Analyzing the results of our single institution experience we saw that while the role of classic anatomical

and clinic prognostic factors (tumor extent, staging and grading, and patient’s performance status) has

been confirmed by our study, those that could be suggested as surgical prognostic factors don’t impact on

oncological outcomes of the disease. Only radicalism on thrombus removal can prolong survival

Conclusions On the surgical treatment of the intravenous TT in RCC the most important and the only statistical

significant prognostic factor is the complete removal of the neoplasm and the thrombus

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LO STATO DEL TRAINING IN UROLOGIA FUNZIONALE IN ITALIA: RISULTATI DI UNA

SURVEY SUGLI SPECIALIZZANDI ITALIANI

F. Esperto, G. Patruno, D. Bianchi, G. Vespasiani, C. De Nunzio, A. Tubaro, E. Finazzi Agrò (Roma)

Scopo del lavoro Il valore dell’urologia funzionale (UF) rappresenta circa il 20% del totale dei DRG urologici. Nonostante

ciò, per diverse ragioni, altri ambiti dell’Urologia sembrano essere predominanti nel training e

l’insegnamento dell’UF potrebbe non essere adeguato. L’obiettivo di questo studio è valutare lo stato del

training in UF in Italia.

Materiali e metodi Gli Specializzandi in Urologia (SU) italiani sono stati invitati a compilare un questionario anonimo

attraverso Surveymonkey.com. Gli SU hanno fornito informazioni generali quali il sesso e l’anno di

specializzazione frequentato. Sono stati indagati diversi aspetti dell’insegnamento dell’UF quali ore di

teoria e pratica, il numero di studi urodinamici eseguito senza supervisione, la percentuale e il tipo

d’interventi chirurgici di UF eseguiti nel proprio centro, i bisogni in materia si formazione in UF.

Risultati 102 su 430 (23,7%) hanno risposto. 68 (66,6%) erano uomini e 34 (33,4%) erano donne. 39 erano iscritti

al I o al II, 42 al III o IV e 21 al V anno. 92 (90,2%) hanno riferito la presenza di un’unità di UF (UUF)

nel proprio centro. Rispettivamente il 90,2% e il 50% hanno risposto che la percentuale di lezioni

dedicate all’ UF era inferiore al 25% e 10% del totale. Nel 86,3% dei casi l’UF costituisce circa il 10%

del programma e nel 55,1%, è circa il 5%, ma mai più del 20%. I LUTS maschili rappresentano per il

92.2% il maggior campo d’interesse per le UUF, mentre alla neurourologia e all’uroginecologia sono

dedicate meno del 15 % delle ore per il 70,6 % e il 51 % dei partecipanti, rispettivamente. La percentuale

di interventi per incontinenza è meno del 10% del totale per l’ 83,3% dei partecipanti. In tabella la

percentuale dei diversi tipi di chirurgia per incontinenza. Il 67,6% dei partecipanti ha riferito di aver

eseguito meno di 10 esami urodinamici senza supervisione. L’89,2% vorrebbe approfondire la

conoscenza dell’ UF; il 78,4% ha convenuto sulla necessità di una formazione post-specialistica sui vari

aspetti dell’UF.

Discussione La percentuale dei partecipanti (23,7%) è più alta della media di risposta riportato da surveymonkey.

Sebbene la maggior parte dei centri di formazione abbia un’UUF (92,15%), il tempo dedicato

all’insegnamento sembra insufficiente alla maggior parte degli SU. La neurourologia e l’uroginecologia

sono poco trattate, maggiore attenzione è rivolta ai LUTS maschili. L'attività chirurgica va di pari passo:

l’83,3% riporta come la percentuale di interventi di UF sia inferiore al 10% del totale. La maggioranza

(67,6%) degli SU ha effettuato meno di 10 esami urodinamici senza supervisione. Le ragioni di questa

formazione insufficiente sono molteplici, quali ad esempio l’organizzazione dei centri, i bassi DRG e lo

scarso appeal chirurgico. Nonostante ciò, la maggior parte degli SU vorrebbe approfondire la formazione

in Urologia funzionale, anche attraverso fellowship

Conclusioni Il quadro descritto nella nostra indagine suggerisce la necessità di migliorare i nostri programmi di

formazione specialistica nell’ambito dell’UF.

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P 196

SISTEMA DI IRRIGAZIONE TRANSANALE PERISTEEN PER IL TRATTAMENTO DELLA

DISFUNZIONE INTESTINALE NEUROPATICA E DEL DOLORE ADDOMINALE

A. Ripoli, G. Palleschi, A. Pastore, A. Fuschi, A. Leto, Y. Al Salhi, D. Autieri, L. Silvestri, A. Carbone

(Latina)

Scopo del lavoro L’irrigazione retrograda del colon (TAI) è ideata per assistere l’evacuazione delle feci dall’intestino

tramite introduzione di acqua nel colon attraverso l’ano.I pazienti affetti da lesioni del midollo spinale

soffrono spesso di disfunzioni intestinali che si manifestano con stipsi ed incontinenza fecale con la

frequente concomitanza di dolore addominale cronico che ne limita la vita sociale.Lo scopo di questo

studio è valutare se l'uso della TAI per la stitichezza neuropatica possa migliorare i sintomi correlati al

dolore addominale cronico.

Materiali e metodi Abbiamo arruolato tra luglio 2013 e novembre 2014 in modo prospettico 20 pazienti adulti(età

media=48.6 aa,range:30-65aa) affetti da lesione del midollo spinale, disfunzione intestinale neuropatica,

vescica neurologica ed infezioni urinarie ricorrenti. Tali soggetti sono giunti presso il nostro centro per il

trattamento con Peristeen TAI.E’ stato somministrato il questionario validato Neurogenic Bowel

Dysfunction(NBD)score,per valutare l’impatto delle disfunzioni intestinali sulla qualità di vita. Il dolore

addominale è stato valutato con Scala Analogica Visiva(VAS, 0 = nessun disagio, 10 = grave disagio).Un

esame completo delle urine con coltura è stato effettuato al tempo 0(arruolamento)ed a 3 mesi di follow-

up. I questionari sono stati somministrati pre e post trattamento. I pazienti, dopo addestramento, hanno

effettuato il trattamento ogni giorno per 10 giorni,poi a giorni alterni.

Risultati Il tempo di utilizzo del Peristeen TAI è stato di 10 mesi e la durata media del follow-up di circa 3

mesi.Tutti i pazienti hanno avuto un sostanziale miglioramento in termini di costipazione cronica e di

dolore addominale con miglioramento della qualità di vita.A 3 mesi di follow-up vi è stata una

significativa riduzione della batteriuria, con coltura negativa in tutti i soggetti arruolati.I punteggi della

VAS prima del trattamento avevano un valore medio di 7,64±0,29,mentre nel post-trattamento di

3,64±0,29; i risultati dell’NBD prima del trattamento avevano un valore medio di 23,28±3,14 e nel post-

trattamento di 1,92±0,76.

Discussione Le lesioni del midollo spinale influenzano la motilità del colon-retto,i tempi di transito e svuotamento

intestinale,con conseguente stipsi,dolori addominali,incontinenza fecale,o una combinazione di

entrambi.Peristeen TAI consente di ottenere un’evacuazione regolare attraverso somministrazione di

acqua nel colon.I risultati di questa esperienza confermano l'efficacia di TAI nel migliorare l’evacuazione

associata ad una riduzione statisticamente significativa dei punteggi VAS relativi al dolore addominale

cronico.

Conclusioni Peristeen TAI è un sistema di gestione intestinale sicuro ed efficace che migliora la funzione intestinale e

la qualità di vita in pazienti affetti da stitichezza neuropatica cronica.Il dolore addominale, valutato

attraverso VAS,diminuisce significativamente con piena soddisfazione dei pazienti.Le infezioni urinarie

correlate,inoltre,sono scomparse in tutti i casi.

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P 197

VALIDAZIONE IN LINGUA ITALIANA DEL QUESTIONARIO PUF PER LA VALUTAZIONE

DEL DOLORE PELVICO CRONICO

M. Filocamo, F. Natale, E. Andretta, S. Maruccia, E. Costantini, G. Mariotti, V. Ales, F. Quadrini, S.

Fornia, M. Sommariva, E. Frumenzio, V. Lami, D. Villari (Savigliano)

Scopo del lavoro Scopo dello studio è sviluppare l’adattamento italiano del questionario “Pelvic Pain and

Urgency/Frequency (PUF) Patient Symptom Scale” ed eseguire la validazione linguistica e di contenuto.

Materiali e metodi Il PUF è stato tradotto dall’inglese in Italiano da 2 traduttori indipendenti, le traduzioni sono state

successivamente adattate, un gruppo di esperti ha esaminato la traduzione valutandone l’accuratezza per

la validità di contenuto. Un terzo traduttore, madrelingua Inglese, ha eseguito la back-translation per

l’equivalenza all’originale. La versione finale è stata somministrata a pazienti affetti da Cistite

Interstiziale Pain Bladder Syndrome (IC/PBS) e a un campione di volontari sani. Sono stati raccolti

prospettivamente i dati sui LUTS (frequenza, nicturia, urgenza, disuria, e dolore pelvico). Tutti i pazienti

hanno eseguito esame urine (colturali e citologici), ecografia, cistoscopia e idrodistensione. Pazienti e

volontari sani hanno risposto al PUF 2 volte a distanza di 2 settimane. La ripetibilità è stata analizzata

confrontando i 2 questionari. Abbiamo calcolato il coefficiente di consistenza interna per ogni item e per

lo score tot, l’affidabilità è stata calcolata con il test Cronbach’s alpha. La ripetibilità è stata calcolata con

l’indice di correlazione di Pearson’s. La capacità di discriminare i sintomi è stata calcolata con il test U di

Mann-Whitney confrontando le risposte dei pazienti e dei volontari sani.

Risultati 65 volontari sani e 61 paz affetti da CI/PBS con associati LUTS hanno concluso lo studio. I volontari

erano 20 maschi e 45 donne età media 35 anni (range 19-50). La media dello score tot (± standard

deviation [SD]) era 2.2 ± 2.5 (score dei sintomi: media 1.7 ± 1.3; score dei disturbi: media 0.7 ± 2.1). I

pazienti, 8 erano maschi e 53 femmine, età media 54 (range 33-75). La media (± SD) dello score tot era

24.30 ± 7.4 (score dei sintomi: 15.35 ± 4.7; score dei disturbi: 8.9 ± 2.8). Il coefficiente di ripetibilità per

tutti e tre gli score era 0.853, 0.864, and 0.855, (P<0.001). Il Cronbach’s alpha era 0.974. Il test U di

Mann-Whitney ha rivelato una significativa differenza tra lo score dei volontari e quello dei pazienti

(P<0.001). Lo score del PUF correlava bene con la presenza dei LUTS: urgenza (54 pz, 90%, p=0.002),

frequenza (57 pz, 95%, p=0.009), nicturia (52 pz, 87,5%, p<0.001), disuria (61 pz, 100%, p=0.002),

dolore pelvico (61 pz, 100%, p<0.001). I più alti score di PUF sono stati trovati nei pazienti con

glomerulazioni di terzo grado e con la minore capacità vescicale (P=0.024; P=0.001).

Discussione I nostri risultati dimostrano che lo score della versione italiana del PUF correla bene con la severità dei

sintomi, ha una buona ripetibilità ed un elevato indice di affidabilità e di concordanza.

Conclusioni La versione italiana del PUF è un test valido e ripetibile nella valutazione dei pazienti affetti da IC/PBS.

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P 198

MODIFICAZIONI FUNZIONALI VESCICALI DOPO RADIOTERAPIA PROSTATICA:

RISCONTRI URODINAMICI A BREVE E MEDIO TERMINE (2 - 18 - 48 MESI)

M. Pastorello, M. Romano, A. Porcaro, L. Corradi, R. Ballario, G. Caleffi, A. Molinari, G. Campo, S.

Cavalleri (Negrar)

Scopo del lavoro Nessuna investigazione urofunzionale è stata sinora condotta sulle conseguenze della Radioterapia a fasci

esterni (EBRT), opzione terapeutica diffusamente adottata nel trattamento del cancro prostatico (CaP)

confinato T1c-T2c No Mo. Si presenta il primo studio prospettico volto a valutare e quantificare le

modificazioni dei patterns minzionali indotte dalla EBRT al 2°, 18° e 48° mese dal trattamento.

Materiali e metodi Da Sett 2009 a Dic 2010, 60 pazienti (paz) con CaP furono trattati con EBRT a 4 campi (76-78 Gy in 38-

39 sedute). Età media: 74,7 a (58,6–78,7). Volume medio prostatico: 39 mL (22-61). Previo consenso

informato, i paz fuono valutati 2 mesi prima, 2, 18 e 48 mesi dopo EBRT con: a) Questionario IPSS; b)

Diario minzionale (DM) per 3 giorni [con volume minzionale medio (mVM), episodi di urge incontinence

(UUI)]; c) Esame Urodinamico (UD) in singolo Laboratorio, secondo parametri ICS, con capacità

cistometrica (MCC), compliance vescicale (CV), iperattività detrusoriale (DO), Bladder Outlet

Obstructon (BOOI), flusso massimo (Qmax), medio (Qmean) e residuo postminzione (PVR).

Risultati Dei 60 paz arruolati, 51 (85%) hanno completato lo studio al 18° mese e 46 (76,7%) al 48°mese. 2 mesi

prima di EBRT [60 pts]: a) IPSS: 7; b) DM: 6 minz/die (range: 4-7) con mVM: 330 ml (range: 210-405);

1 UUI/die; c) UD valori medi: MCC: 380 ml (range: 188-450), normale CV (NC) in 55 paz; no DO; in 53

paz BOOI: 15,6 (range: 10,8–19,3) e in 7 paz BOOI >20 (media 24,7); Qmax: 14,7 ml/s, Qmean: 9,9 ml/s

e PVR: 44ml. 2 mesi dopo EBRT [56 pts] : a) IPSS: 11; b) DM: 9 minz/die (5-14) con mVM: 240 ml

(160-350): UUI in 3 paz (1-2 UUI /die): 6 paz con Sindr urgenza-frequenza (UFS); c) UD: MCC: 278 ml

(155-380); NC in 50/56 paz; 5 paz con ridotta CV (LC); DO in 3 casi; in 46 paz BOOI medio: 17,7; in 10

paz >20 (media: 29,2); Qmax: 12,9 ml/s, Qmean: 8,3 ml/s e PVR: 63 ml. 18 mesi dopo EBRT [51 pts]: a)

IPSS: 10; b) DM: 8 minz/die (5-11) con mVM: 290 ml (170-410); UUI in 1 paz (1-2 /die) e 1 paz con

UFS; c) UD: MCC: 350 ml (145-430); NC in 47/51paz; DO in 1 paz; in 45 paz BOOI medio: 17,9 e in 6

>20 (27,5); Qmax: 13,6 ml/s, Qmean: 8,5 ml/s e PVR: 59ml. 48 mesi dopo EBRT [46 pts]: a) IPSS: 11;

b) DM: 9 minz/die (5-12) con mVM: 260 ml (150-370); UUI in 2 paz (1-2 /die) e 1 paz con UFS; c) UD:

MCC: 330 ml (140-400); NC in 39/46 paz; DO in 3; in 38 paz BOOI medio: 18,1 e in 8 >20 (29,5);

Qmax: 11,8 ml/s, Qmean: 7,3 ml/s e PVR: 77ml.

Discussione Lo studio rivela significativo impatto della EBRT sul ciclo minzionale, sia nel riempimento che nello

svuotamento. Le rilevanti alterazioni registrate al 2° mese, con peggioramento dell’IPSS (+57%), legate a

riduzione della CV (MCC: -26,8%) e a incremento del BOOI (+18,5%) si riducono al 18° mese, con un

IPSS a 10 (+42%) e un MCC di 350 ml ; ma permane nel tempo (a 4 anni) un globale peggioramento

della frequenza minzionale (+35%) e del quadro ostruttivo (+27%).

Conclusioni La EBRT interferisce persistentemente sulla funzione detrusoriale e sulle resistenze uretrali.

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P 199

EFFICACIA DELLA "LAPAROSCOPIC SLEEVE GASTRECTOMY" SUI SINTOMI DI

VESCICA IPERATTIVA IN PAZIENTI CON OBESITà PATOLOGICA: STUDIO

PROSPETTICO

G. PALLESCHI, A. PASTORE, L. SILVESTRI, A. RIPOLI, A. LETO, D. AUTIERI, A. FUSCHI, Y.

AL SALHI, A. CARBONE (LATINA)

Scopo del lavoro Valutare la prevalenza di sintomi di vescica iperattiva (OAB) in pazienti con obesità patologica ed

osservarne la variazione dopo Gastrectomia Parziale Verticale Laparoscopica (GPVL).

Materiali e metodi Abbiamo reclutato 120 pazienti(gruppo A: 60 donne, 60 uomini)tra il settembre 2011 e dicembre 2012.

Criteri di inclusione: obesità patologica(BMI > 40 kg/m2), età ≥18 e ≤60 anni, idoneità a chirurgia

laparoscopica. Criteri di esclusione: infezione urinaria, creatinina >1.5 mg/dL, pregressa chirurgia

ginecologica o pelvica, precedenti o concomitanti neoplasie, reperti patologici all'ecografia renale e

pelvica, residuo post-minzionale significativo(≥100 mL), flusso massimo all'uroflussometria <15 mL/sec,

sintomi o evidenza obiettiva di incontinenza urinaria da sforzo, prolasso genitale, pregresse patologie

ostetriche, pregressa chirurgia bariatirca, malattie neurologiche, assunzione di farmaci con azione

anticolinergica, o con azione sul sistema nervoso centrale o sull'apparato urinario. I pazienti hanno

compilato un diario minzionale trigiornaliero ed il questionario OAB-q SF 1 settimana prima e 180 giorni

dopo GPVL. Sulla base degli stessi criteri di inclusione ed esclusione è stata selezionata una popolazione

di controllo, rappresentata da 120 pazienti (60 uomini, 60 donne) con obesità patologica in lista di attesa

per GPVL ma non ancora operati(gruppo B). La valutazione statistica preliminare ha confrontato la

distribuzione dell' età, peso e comorbidità dei 2 gruppi; quindi, sono stati valutati i seguenti parametri:

punteggio all'OAB-q SF, numero delle minzioni / 24 ore, episodi di urgenza / 24 ore, episodi di

incontinenza urinaria da urgenza / 24 ore, volume medio di svuotamento per minzione, assunzione di

liquidi / 24 ore, minzioni notturne. Le variabili categoriche sono state esaminate con il test χ2, mentre il

test di Student è stato impiegato per le variabili continue.

Risultati I due gruppi sono risultati confrontabili per distribuzione di età, peso e comorbidità. I sintomi di OAB

sono stati diagnosticati in 21 pazienti del gruppo A(35%) e 17 del gruppo B (28%). 180 giorni dopo

GPVL (TABELLA 1), i pazienti del gruppo A hanno avuto un significativo calo del BMI ed una

variazione migliorativa statisticamente significativa di tutti i parametri del diario minzionale e del

punteggio all'OAB-q SF, i quali sono rimasti invece invariati nei pazienti del gruppo B.

Discussione La Letteratura riporta un'associazione tra obesità patologica e sintomi delle basse vie urinarie, tuttavia

focalizzando l'attenzione sull'incontinenza urinaria ed il prolasso genitale, senza fornire specifici dati sui

sintomi di OAB. Questo studio prospettico dimostra che invece tali sintomi sono prevalenti nella

popolazione obesa e che migliorano significativamente grazie alla riduzione del peso corporeo, in questo

caso ottenuta con GPVL.

Conclusioni La significativa riduzione del BMI indotta dalla GPVL in pazienti con obesità patologica si associa ad

una significativa riduzione dei sintomi di OAB.

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201

P 200

LE DISFUNZIONI UROLOGICHE NELLE DONNE GIOVANI: UN’EREDITà

DELL’INFANZIA? PARTE I

E. Costantini, E. Illiano, V. Mirone, R. Balsamo, F. Natale, S. Marucci, D. Maglia, A. Carbone, M.

Bevacqua, M. Prestipino, E. Fragalà, M. Filocamo, D. Villari, V. Bini, A. Appignani (Perugia)

Scopo del lavoro Scopo dello studio: valutare se le disfunzioni urologiche in età pediatrica possano correlarsi a disturbi

urologici nelle donne di età <40 anni, per identificare possibili fattori di rischio ed eventuali strategie di

prevenzione.

Materiali e metodi Studio multicentrico (9 centri) caso-controllo, registrato su ClinicalTrials.gov, condotto da aprile 2013 a

gennaio 2015. E’ stato somministrato a donne sane [gruppo A] e a donne afferite agli ambulatori urologici

per qualsiasi indicazione [gruppo B] un questionario a 77 items, diviso in 2 parti: la 1° valuta l’età

pediatrica; la 2° la storia urologica, intestinale e sessuale da adulte. Criteri di inclusione: donne di 18-40

anni, sane e con sintomi urologici. Criteri di esclusione: diabete, patologie neurologiche, forme

infiammatorie pelviche, ≥2 parti vaginali, assunzione di diuretici e droghe. Verranno qui analizzati:

sintomi da riempimento (SR), sintomi da svuotamento (SS), enuresi e incontinenza urinaria (IU). Analisi

statistica: Mann-Whitney U e X2 test (P<0.05).

Risultati Arruolate 194 donne (94 gruppo A;100 gruppo B). I 2 gruppi sono statisticamente omogenei per

caratteristiche demografiche. La Fig.1 (a,b,c) mostra la % di sintomi urinari nei gruppi. I SS nell’infanzia

correlano ai SS nell’età adulta nel 71.4% (p<0.001). Il 65% delle bambine con minzioni in più tempi e il

44.6% che utilizza il torchio addominale, svilupperanno SS da adulte (p<0.001). I SR nell’infanzia

correlano ai SR in età adulta nell’83.9% (p<0.004). Il 33.9% delle bambine che urinavano <4 volte/die, il

51.9% con 4–7 minzioni/die e l’ 87.5% con >7 minzioni/die presenteranno SS (p<0.001). La nicturia (N)

nell’infanzia correla con una maggiore frequenza minzionale (FM) diurna dell’adulto (p<0.05)). Non

correla FM da bambina con infezioni urinarie (IVU) e IU nell’adulto. Il 60.7% delle bambine con urgenza

minzionale (UM) svilupperà UM moderata in età adulta e il 23.2% UM severa (p<0.004). Il 29.8% delle

bambine con UM svilupperà IU da urgenza (IUU) da adulte (p<0.002). Il 53.9% delle bambine con IU,

presenterà IU da adulte (p<0.001): 42.8% da stress, 14.2 % IUU, 42.8% mista [IUM]. Solo il 23.5% delle

bambine continenti avrà IU da adulte (p<0.001). Le bambine con enuresi notturna (EN) non presentano in

modo significativo pollachiuria associata e non presentano correlazioni con disturbi dell’adulto.

Discussione I SS e SR nelle bambine sono correlati a disfunzione urologiche dell’adulto. L’aumento della FM ed i SS

nelle bambine correlano con i SS da adulte (71.4%) mentre i SR correlano tra infanzia ed età adulta nel

83.9%, in particolare urgenza, pollachiuria e IUU. Le donne che da bambine avevano IU svilupperanno

più frequentemente IU da adulte, mentre L’EN non correla con le disfunzioni dell’età adulta.

Conclusioni I disturbi urologici pediatrici possono essere predittivi di disturbi dell’adulto. E’ quindi necessario che

l’urologo pediatra accompagni con un corretto iter diagnostico e terapeutico, nonché di prevenzione,

queste bambine nel loro passaggio all’età adulta.

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P 201

LUTS SECONDARI A TERAPIA ENDOCAVITARIA PER NEOPLASIA VESCICALE NON

MUSCOLO-INVASVIA: IL TRATTAMENTO CON ACIDO IALURONICO

E. Finotto, M. Bragadina, L. Cristinelli, S. Belotti, A. Moroni, C. Simeone (Brescia)

Scopo del lavoro La terapia topica è la strategia più frequentemente utilizzata per ridurre l'incidenza di recidiva e la

probabilità di progressione in pazienti affetti da neoplasia vescicale non muscolo invasiva (NMIBC) ma

queste non risultano scevre da effetti collaterali e i più frequenti sono i disturbi irritativi minzionali. I

trattamenti con antibiotici o antinfiammatori sono spesso efficaci ma esiste un certo numero di cistiti

chimiche refrattarie o resistenti ai trattamenti standard. Lo scopo del lavoro è valutare l’efficacia del

trattamento topico con acido ialuronico (Ialuril ®) in questi pazienti e il confronto tra questa e la terapia

di secondo livello con anticolinergici.

Materiali e metodi Sono stati selezionati 49 pazienti trattati con terapia endovescicale per NMIBC che hanno sviluppato

disturbi irritativi minzionali resistenti o persistenti dopo 7 giorni di terapia standard (NRS≥4; ICIQ ≥10). I

primi 22 pazienti sono stati avviati a terapia topica con acido ialuronico (2 somministrazioni

endocavitarie a distanza di 7 giorni, tempo minimo di contatto di 20 minuti), mentre i rimanenti 27 sono

stati avviati a terapia di secondo livello con anticolinergici (Solifenacina Succinato 5mg per 3 gg quindi

Solifenacina Succinato 10mg 1 cp die). Il primo campione era composto da 11 maschi (età media 69) ed

11 femmine (età media 70). Di questi, 6 trattati con epirubicina (4M, 2F) e 16 con BCG (7M, 9F). L'ICIQ

medio al tempo 0 era 14, l'NRS medio era 6.45. Il gruppo di controllo era composto da 16 maschi (età

media 68,5) e 11 femmine (età media 71) di cui 9 trattati con epirubicina (5M e 4F) e 18 con BCG (11M e

7F). L'ICIQ medio era 11,15 e il NRS 5,78. A tutti i pazienti sono stati somministrati i questionari ICIQ-

LUTS e NRS a 24 ore, a 7, 8, 14 e 44 giorni dall’inizio della terapia sintomatica.

Risultati Al confronto dei dati si evidenzia una correlazione statisticamente significativa tra la somministrazione di

acido ialuronico e il miglioramento sintomatologico valutato tramite questionari ICIQ e NRS e altresì tra

l'assenza della terapia ialuronica e il peggioramento dei disturbi (fig 2). Vi è una correlazione

statisticamente significativa (p<0,01) tra l’andamento dei punteggi ICIQ e NRS nel tempo e il farmaco

assunto (acido ialuronico vs anticolinergico).

Discussione Valutando l’andamento dei punteggi ICIQ e NRS nei pazienti trattati con Ialuril® si nota una netta

riduzione della sintomatologia già dopo la prima instillazione e come il miglioramento si consolidi già

dalla seconda somministrazione di sostanza mentre tali risultati non sono altrettanto buoni con terapia

anticolinergica.

Conclusioni L’efficacia dimostrata dall’acido ialuronico nel ridurre la sintomatologia irritativa minzionale e nel

mantenerla ridotta nel tempo apre una nuova possibilità al trattamento delle cistiti chimiche abatteriche

secondarie a terapia endocavitaria.

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203

P 202

EFFICACIA CLINICA DELLA NEUROMODULAZIONE DEL NERVO TIBIALE

POSTERIORE (PTNS) NEL TRATTAMENTO DELL'IPOCONTRATTILITA' NON

NEUROGENA

G. MIRABILE, B. GENTILE, P. TARICIOTTI, L. ALBANESI, G. RIZZO, P. ALIJANI, G. VINCENTI,

R. GIULIANELLI (ROMA)

Scopo del lavoro L’obiettivo del nostro studio è valutare l’efficacia e la sicurezza di un ciclo di neuromodulazione del

nervo tibiale posteriore prima del trattamento disostruttivo in pazienti affetti da ipocontrattilità non

neurogena con una capacità e sensibilità vescicale preservate

Materiali e metodi Abbiamo trattato 19 pazienti maschi , età media 67 anni (52-78). 9 pz avevano un catetere a permanenza

da un massimo di 3 mesi e un minimo di 3 settimane, con almeno 2 tentativi infruttuosi di rimozione. 1 pz

eseguiva autocatetrismi intermittenti. Tutti pazienti non aveva trovato beneficio dalla terapia

farmacologica. Tutti i pz allo studio urodinamico presentavano Qmax < 10 ml/sec, e iuna P det al Q max

o durante il tentativo minzionale < = a 30 cmH20 con una media di P det 18 cmH20 (10-30 cmH20). Tutti

compilarono IPSS e Qol prima e dopo l’intervento. Tutti i pazienti vennero sottoposti ad un ciclo di

almeno 20 sedute di PTNS, 2 o 3 volte a settimana. Lo studio urodinamico era ripetuto alla fine della serie

valutando il Q max, la P det al Q max o durante il tentativo minzionale, la capacità cistomanometrica e il

residuo post-minzioanle.

Risultati IPSS e QoL score dei pazienti senza catetere a permanenza era generalmente superiore ma non

statisticamente significativo. In 14 pazienti lo studio urodinamico post-PTNS dimostrava una P det al Q

max media di 36 cm H20 allo studio pressione /flusso ( 32-44 cmH20). In 5 pz abbiamo registarto un

miglioramneto della pressione detrusoriale nonostante inferiore a 30cmH20. In tutti i casi, dopo un ciclo

di PTNS, i pazienti erano sottoposti ad un trattamento chirurgico disostruttivo (endoscopico o open). Solo

2 pazineti con P det < a 30 cmH20 , dopo il trattamento chirurgico vennero addestrati per l’autocatetrismo

per l’elevato residuo post-operatorio.

Discussione L’ipocontrattilità detrusoriale è definita come una riduzione della forza di contrazione con un prolungato

e/o incompleto svuotamento vescicale. La diagnosi è esclusivamente basata sullo studio urodinamico

invasivo. I potenziali fattori di rischio sono: l’età, il diabete, malattie neurogene, cardiovascolari, cause

ostruttive o psicologiche. Le biopsie del detrusore umano rivelano degenerazione assonale, perdita di

tessuto muscolare e fibrosi in caso di ipocontrattilità detrusoriale. L’efficacia di un trattamento chirurgico

disotruttivo è ancora controversa, anche per la difficoltà di valutare il grado di ostruzione vescicale.

Conclusioni La PTNS è una procedura semplice, indolore, facile. L’uso dell’elettrodo a superficie può essere d’aiuto

anche per il trattamento domiciliare. Sembra essere in grado di migliorare la contrattilità detrusoriale, in

vista di un intervento chirurgico disostrutticìvo, in pazineti affetti da ipocontrattilità non neurogena

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204

P 203

RECOVERY OF URINARY CONTINENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY USIGN

EARLY VERSUS LATE PELVIC FLOOR ELECTRICAL STIMULATION AND

BIOFEEDBACK ASSOCIATED TREATMENT

M. INNOCENZI, G. MARIOTTI, S. CATTARINO, A. GENTILUCCI, S. SALCICCIA, A. FASULO,

M. VON HELAND, V. GENTILE, A. SCIARRA (ROMA)

Aim of the study To compare the early versus late use of pelvic floor electrical stimulation (FES) plus biofeedback (BF) in

terms of time to recovery and rate of continence after radical prostatectomy (RP).

Materials and methods Between April 2007 and April 2012 a total of 120 patients who underwent RP were prospectively

included in the study.In group 1 (60 cases) we included patients who presented an urinary leakage weight

for 24 hours equal or more than 50 gm, 14 days after catheter removal. In group 2 (60 cases) we included

who continued to present an urinary leakage weight for 24 hours equal or more than 50 gm, 12 months

after surgery.In both groups patients were prospectively submitted to the same program of BF + FES.

Results Mean leakage weight became significantly lower (p<0.002) in group 1 than in group 2 starting from visit

1 (2 weeks) through visit 7 (24 weeks). However,a significant difference (p<0.05) between the two

groups in terms of percentage of continent patients was achieved only at 2 weeks (Group 1=20%; Group

2 = 0%) and 4 weeks (Group 1 =66.7%; Group 2 =46.7%) .The objective continence rate 6 months after

the beginning of treatment was 96.7% in group 1 and 91.7% in group 2.

Discussion In all other intervals, although the percentage of continent cases was always higher in group 1 than in

group 2 , differences did not reached significance (p>0.05). Results on ICS-male questionnaire on

incontinence at the different intervals are described (supplementary tabe 2). In both groups only prostate

volume was significantly and independently associated with the time of continence achievement

(Univariate and multivariate regression analysis p =0.0001) . In particular, higher was prostate

volume,longer were times to continence recovery using BF+FES treatment.

Conclusions In our experience, the treatment with BF and FES has a significant positive impact on the recovery of

urinary continence independently to the time in which it is used (early versus delayed) . This protocol

might represent a noninvasive method for all patients undergoing RP ,also in a 12- month interval from

surgery.

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P 204

STUDIO DEL RIFLESSO H IN PAZIENTI CON DISFUNZIONI VESCICALI DOVUTE A

SCLEROSI MULTIPLA

J. Rossi de Vermandois, M. Gubbiotti, S. Proietti, A. Conte, A. Berardelli, A. Giannantoni (Perugia)

Scopo del lavoro Studi neurofisiologici hanno mostrato che nei soggetti sani la trasmissione afferente vescicale (fibre Aδ e

C) modula l’eccitabilità dei motoneuroni spinali, come provato dalla misurazione del riflesso H dal

muscolo soleo, la cui ampiezza diminuisce alla massima capacità cistometrica (MCC) nel corso

dell’esame urodinamico(EUD). Mentre esistono alcune informazioni sul comportamento del riflesso H

nei pazienti con malattia di Parkinson e lesioni del midollo spinale, non ci sono studi in pazienti con

iperattività detrusoriale (ID) dovuta a Sclerosi Multipla (SM). Outcomes dello studio sono stati:

investigare con la rilevazione del riflesso H in corso di EUD, se la disfunzione vescicale nella SM

dipenda da lesioni sovrapontine o spinali e quali siano i meccanismi alla base dell’effetto della tossina

botulinica A intradetrusoriale(Bont/A) sulla ID nella SM.

Materiali e metodi Sono stati studiati 25 pazienti affetti da SM, con ID e vescica iperattiva (OAB)refrattaria. 18 soggetti sani

hanno agito da gruppo controllo. La valutazione preliminare comprendeva: esame obiettivo neurologico

ed urologico, diario minzionale di 3 giorni consecutivi ed EUD con la simultanea registrazione del

riflesso H, rilevato alla stimolazione del nervo tibiale destro. Successivamente i pazienti sono stati

sottoposti ad infiltrazione intradetrusoriale di BoNT/A 100 U. Le indagini cliniche basali sono state

ripetute nei pazienti con SM ad 1 mese dal trattamento.

Risultati All’EUD basale, il valore medio del volume delle contrazioni detrusoriali non inibite e la pDdetmax di

tali contrazioni erano rispettivamente 161 ± 45 ml e 33 ± 12 cm H2O. La CCM media era pari a 267 ± 39

ml. Un mese dopo il trattamento, si osservava un significativo miglioramento di tutti i parametri clinici ed

urodinamici. Nei soggetti sani non si rilevavano alterazioni urodinamiche. Il riflesso H risultava

significativamente inibito nei soggetti sani alla MCC (p <0.001), mentre rimaneva pressoché invariato

nelle pazienti con SM (p = 0.71).

Discussione A differenza dei soggetti sani dove il riflesso H diminuisce alla MCC, nei pazienti con SM e ID il riflesso

H rimane sostanzialmente immodificato. Come aspettato, in tali pazienti la BoNT/A migliorava

significativamente i sintomi urinari e la ID, ma non induceva effetti significativi sul riflesso H.

Probabilmente, nonostante l’elevato carico lesionale soprapontino dei nostri pazienti, le lesioni del

midollo spinale sono responsabili in prima istanza della disfunzione vescico-sfinterica in pazienti con

SM. In aggiunta, la modulazione della sensazione vescicale nel corso del riempimento da parte della

neurotossina, supporta l’ipotesi di una modulazione vescicale afferente a partenza dal muscolo detrusore.

Conclusioni L’infiltrazione intradetrusoriale di BoNT/A migliora i sintomi urinari e le disfunzioni uro dinamiche in

pazienti con SM, ma non ne modifica l’eccitabilità dei motoneuroni spinali.

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P 205

ONABOTULINUMTOXIN-A NEL TRATTAMENTO DI IPERATTIVITA’ E DISSINERGIA

DELLA VESCICA NEUROLOGICA DA LESIONE MIDOLLARE. STUDIO COMPARATIVO

PROSPETTICO RANDOMIZZATO TRA DIFFERENTI DOSAGGI.

M. Pastorello, M. Menarini, L. Corradi, R. Ballario, G. Caleffi, A. Molinari, G. Campo, S. Cavalleri

(Negrar)

Scopo del lavoro La iniezione di tossina botulinica nelle pareti vescicali dei pazienti (paz) con lesione midollare, in

presenza di iperattività–dissinergia non responsiva ad altre terapie, costituisce da circa 13 anni

trattamento efficace, condotto con dosaggi e diluizioni variabili. Lo studio Dignity NCT00311376

(Ginsberg J Urol 2012) ha equiparato per efficacia sulla vescica neurologica il dosaggio di 200UI a quello

di 300UI di OnabotulinumToxin A (BoNT-A). Scopo primario del presente lavoro: valutare la persistenza

nel tempo del trattamento con BOnTA nei due diversi dosaggi su paz con vescica iperattiva-dissinergica

(NDO) da lesione midollare traumatica (SCI), mediante studio prospettico comparativo.

Materiali e metodi Da Febbr 2012 a Febbr 2015, 64 pazienti (paz) con NDO da SCI C4-T9 sono stati arruolati e

randomizzati 1:1 in due braccia di trattamento con BoNT-A, a ricevere rispettivamente 200 (gruppo A) o

300UI (gruppo B). La popolazione, con SCI non inferiore a 2 anni, presentava età media di 43 a (16-69),

48 maschi e 16 femmine, tutti in cateterismo intermittente (CIC) e tutti con episodi di incontinenza (UI).

Tutti già trattati con antimuscarinici, 23 già con pregresse iniezioni di BoNT-A, antecedenti almeno 14

mesi l’accrual nello studio. In entrambi i gruppi BoNT-A è stata endoscopicamente iniettata nelle pareti

vescicali in 30ml di diluizione fisiologica, in 30 ponfi diffusi, escluso il trigono. Valutazione delle

risposte mediante: Esame Urodinamico (sec parametri ICS) al tempo 0 e dopo 6 mesi, con valutazione

capacità cistometrica (MCC) e massima pressione detrusoriale alla prima contrazione non inibita(MDP al

1°IDC); Diario minzionale (DM) con registrazione n°CIC e n°episodi di UI; Controllo ambulatoriale ogni

3 mesi con es urine e urinocoltura. Ritrattamento (2°ciclo) dopo riduzione efficacia oltre il 50%, dopo

almeno 6 mesi dal primo.

Risultati Dei 64 paz arruolati, 23 per ciascun braccio, dopo 3 aa 21 (91,3%) hanno completato lo studio nel gruppo

A e 20 (87%) nel gruppo B. Risultati del primo (1) e secondo (2) ciclo. Al 3°mese: episodi UI: 1)-69%,

2)-67% nel gruppo A; 1)-73%, 2)-75% nel gruppo B. Al 6° mese: episodi UI: 1)-71%, 2)-74% nel gruppo

A; 1)-74%, 2)-72% nel gruppo B. UD: MCC: 1)+59%, 2)+62% nel gruppo A; 1)+64%, 2) +67% nel

gruppo B. MDP al 1°IDC: 1)-38%, 2)-36% nel gruppo A; 1)-41%, 2)-43% nel gruppo B. Al 9°mese:

episodi UI: 1)-55%, 2)-58% nel gruppo A; 1)-74%, 2) -77% nel gruppo B; al 12°mese: episodi di UI: 1)-

36%, 2)-43% nel gruppo A; 1)-62%, 2)-68% nel gruppo B.

Discussione I dati emersi dallo studio evidenziano una maggiore persistenza dell’effetto terapeutico nel gruppo B,

trattato con BoNT-A a 300UI, rispetto alla popolazione del gruppo A, ove già al 9° mese ricompare NDO

sintomatica. Non si sono invece registrate significative differenze di efficacia tra i due gruppi sino al 6

mese.

Conclusioni Nei pazienti con SCI, BoNT-A a 300UI consente un controllo della NDO maggiormente protratto rispetto

al dosaggio con 200UI.

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207

P 206

SONO ADEGUATI I RIMBORSI DELLE INFILTRAZIONI VESCICALI CON TOSSINA

BOTULINICA ?

E. Andretta, S. Benzone, A. Ascione, M. Golfetto, G. Artuso (Dolo)

Scopo del lavoro Valutare i costi delle “infiltrazioni vescicali con OnabotulinumtoxinA” (ITox) e l’adeguatezza dei

rimborsi del Sistema Sanitario Nazionale.

Materiali e metodi Tale indagine è stata condotta nell’ultimo trimestre del 2013 in un singolo ospedale. Sono stati distinti i

costi complessivi (materiali di consumo, farmaco, personale e costi generali/comuni) per l’incontinenza

urinaria da urgenza da vescica neurologica (NDO) - codice patologia 59655/59654 - e da vescica

iperattiva idiopatica (OAB) - codice patologia 78831/78863 -. Tali costi sono poi stati confrontati con i

rimborsi previsti dal tariffario regionale in caso di prestazione ambulatoriale, in day hospital ed in regime

di ricovero.

Risultati Il costo medio di ITox è risultato di 694 € per NDO e di 469 € per la OAB, ripartiti come indicato nella

tabella 1. Il rimborso previsto dal tariffario ambulatoriale regionale, escluso il costo del farmaco, è di 143

€. Se ITox vengono eseguite con ricovero del paziente, il rimborso previsto per il DRG chirurgico 309 è

di 2369 € mentre nel caso dei DRG medici 326 e 332 il rimborso varia dai 200 € del Day Hospital ai 948

€ del ricovero ordinario (previsto per le situazioni più complesse). Pertanto con le attuali tariffe se ITox

non vengono praticate in regime di ricovero vi è un saldo negativo medio per singola prestazione di -

494/551 € per la NDO e di -269/426 per la OAB.

Discussione ITox hanno un maggior costo medio di circa 225 € nella NDO rispetto alla OAB, dovuto ai costi del

maggior numero di infermieri coinvolti e del dosaggio doppio di tossina botulinica A (peraltro nella OAB

i costi potrebbero essere ulteriormente ridotti eseguendo la procedura al di fuori della sala operatoria).

Nella maggior parte dei casi la procedura di ITox ben si presta all’esecuzione ambulatoriale - nella nostra

esperienza è la modalità preferibile di gestione anche dei pazienti neurologici dal 2^ trattamento in poi -

ma gli attuali rimborsi non ne coprono i costi se non in regime di ricovero, ricovero che riteniamo

sovradimensionato nonché sgradito alla maggioranza dei pazienti.

Conclusioni Il setting ambulatoriale è ideale per l’esecuzione delle ITox, nonchè economicamente vantaggioso per il

Sistema Sanitario Regionale. Purtroppo al momento attuale l’esecuzione di tale procedura in regime

ambulatoriale non è economicamente sostenibile. Si auspica pertanto la creazione di una tariffa specifica

per ITox in setting ambulatoriale anche laddove si consideri che tale intervento andrebbe incoraggiato per

le ulteriori ed importanti ricadute economiche legate sia al ridotto consumo di presidi per l’incontinenza

che alla riduzione della frequenza di infezioni urinarie.

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208

P 207

TRATTAMENTO RIPETUTO CON MULTIPLE INFILTRAZIONI INTRADETRUSORIALI DI

ONABOTULINUMTOSSINA A IN PAZIENTI AFFETTI DA VESCICA IPERATTIVA

REFRATTARIA: RISULTATI A LUNGO TERMINE.

M. Gubbiotti, J. Rossi de Vermandois, S. Proietti, L. Durante, E. Costantini, A. Giannantoni (Perugia)

Aim of the study Studi precedenti hanno confermato l’efficacia e la sicurezza di una singola infiltrazione di

Onabotulinumtoxin- A (Onabot/A) nel trattamento della vescica iperattiva (OAB) refrattaria, ma pochi

sono i dati sull’efficacia di ripetizione infiltrazioni. Scopo dello studio è stato valutare l’efficacia, la

sicurezza e la compliance a lungo termine di trattamenti ripetuti con Onabot/A in pazienti con OAB

refrattaria.

Materials and methods Da Gennatio 2001, 64 pazienti affetti da OAB sono stati ripetutamente trattati con infiltrazioni

intradetrusoriali di Onabot/A. Alla valutazione basale i pazienti sono stati sottoposti a compilazione del

diario minzionale di 3 giorni consecutivi, esame urine ed urinocoltura, uroflussimetria con valutazione del

residuo post- minzionale (RPM) e VAS sull’impatto dei sintomi urinari sulla qualità della vita (QoL). I

pazienti sono stati sottoposti a multiple infiltrazioni di 100 U di Onabot/A, sulla base della richiesta/

bisogno del paziente, a distanza di almeno 12 settimane dal precedente trattamento. Follow- up: a 15

giorni, 1, 3, 6 e 12 mesi dopo il trattamento i pazienti sono stati sottoposti alle stesse indagini basali,

valutando anche la necessità di eseguire cateterismi intermittenti di svuotamento (IC).

Results 59 pazienti erano donne e 5 uomini. L’età media alla prima infiltrazione era 54.4±5.6. Riportiamo i dati

clinici relativi alla valutazione basale e all’ultimo follow- up. 31 pazienti sono stati sottoposti a 2

infiltrazioni, 18 a 3, 10 a 4, 2 a 5, 1 a 7 e 2 a 10. Il numero medio di infiltrazioni per ogni paziente è stato

di 3.01±1.6. L’intervallo medio tra due infiltrazioni consecutive è stato di 7.2±2.1 mesi. I risultati clinici

sono riportati nella Tabella. All’ultimo follow up. il valore medio della VAS sulla QoL era 9.1±0.5. Tale

miglioramento è stato mantenuto in tutti i pazienti nel corso del tempo. Un RPM >200 ml si è osservato in

4 pazienti, non necessitando comunque l’esecuzione di IC. Il valore medio delle infezioni urinarie/anno

per singolo paziente è stato 4.1±1.6. Non sono stati riscontrati effetti avversi di tipo grave.

Discussion Recentemente, la riscontrata efficacia e la tollerabilità del trattamento con Onabot/A nei pazienti affetti da

OAB ha consentito la sua inclusione nell’algoritmo terapeutico di tale condizione. I nostri risultati

dimostrano che il trattamento ripetuto con la neurotossina è efficace e sicuro nel controllo dell’OAB

anche nel lungo termine.

Conclusions Il nostro lavoro è uno degli studi longitudinali più lunghi nel follow- up del trattamento dell’OAB. I nostri

risultati dimostrano che la ripetizione di infiltrazioni con Onabot/A è in grado di ridurre i sintomi

dell’OAB e di migliorare la QoL in tali pazienti, con un tasso di complicanze minore rispetto a quello

riportato da altri studi.

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P 208

INFILTRAZIONI INTRADETRUSORIALI DI ONABOTULINUMTOXINA IN PAZIENTI

AFFETTI DA SINDROME DELLA VESCICA IPERATTIVA: BEST- PRACTICE

MANAGEMENT

J. Rossi de Vermandois, M. Gubbiotti, M. Bevacqua, E. Illiano, E. Costantini, A. Giannantoni (Perugia)

Aim of the study L’obiettivo dello studio è stata la valutazione dei diversi protocolli di trattamento con infiltrazione

intradetrusoriale di Onabotulinumtossina A in pazienti affetti da vescica iperattiva (OAB) refrattaria ai

comuni anticolinergici.

Materials and methods 87 pazienti di entrambi i sessi, di età superiore a 18 anni, affetti da OAB con o senza incontinenza

urinaria, sono stati trattati con infiltrazioni intradetrusoriali di Onabot/A in regime di ricovero o in regime

ambulatoriale. E’ stata valutata la durata della degenza ospedaliera e della permanenza in ambulatorio per

l’espletamento della procedura, la frequenza della cateterizzazione post-infiltrazione, delle complicanze

pre e post- operatorie e il grado di soddisfazione al trattamento (VAS al trattamento). I pazienti sono stati

valutati prima e 15 giorni dopo il trattamento mediante compilazione del diario minzionale di 3 giorni

consecutivi, uroflussometria con valutazione del residuo post- minzionale (RPM) e VAS sull’impatto dei

sintomi urinari sulla qualità della vita (QoL).

Results Riportiamo i risultati di 64 pazienti (59 donne e 5 uomini) sottoposti ad almeno due infiltrazioni

consecutive di Onabot/A. 21 pazienti sono stati trattati in regime di ricovero ordinario e sottoposti ad

infiltrazione con l’uso di anestesia generale; 43 pazienti sono stati trattati in regime ambulatoriale con

anestesia locale. Nei pazienti trattati in regime di ricovero, la durata media di degenza e di

cateterizzazione è stata rispettivamente 39.4±12.6 e 37.8±10.6 ore; i punteggi medi della VAS alla

soddisfazione al trattamento e della VAS sull’impatto dei sintomi urinari sulla QoL sono stati 6.3±1.1 e

8.2±1.3. Il valore medio del RPM è stato 74.3±15.2 ml. La frequenza di infezioni urinarie (IVU), valutata

nei sei mesi successivi al trattamento, è stata 2.4±1.6. Nei pazienti trattati ambulatorialmente, la durata

media di cateterizzazione, di permanenza in ambulatorio e la frequenza media di IVU sono state inferiori

a quelle dei pazienti trattati in regime di ricovero. In questo gruppo di pazienti, i valori medi della VAS al

trattamento e della VAS sulla QoL sono stati …..rispettivamente.

Discussion ll nostro studio dimostra che l’infiltrazione intradetrusoriale di Onabot/A è una procedura semplice

eseguibile in regime ambulatoriale con l'uso di anestesia locale. La frequenza di IVU successiva al

trattamento è risultata bassa rispetto ad altri studi. In nessun paziente è stato necessario ricorrere al

cateterismo intermittente. Tali risultati possono essere dovuti all'impiego di una bassa dose di Onabot/A

sin dall'inizio del trattamento.

Conclusions L’infiltrazione intradetrusoriale di Onabot/A in pazienti affetti da OAB refrattaria è una semplice e

ripetibile procedura, eseguibile in ambulatorio mediante anestesia locale. Rare sono le complicanze intra e

post- operatorie. Tali risultati sono dovuti all’acquisizione di una maggiore esperienza nel tempo insieme

con la disponibilità di un centro urologico dedicato a questa tipologia di pazienti.

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P 209

IL MIGLIORAMENTO DELL’INCONTINENZA DA URGENZA IN PAZIENTI CON VESCICA

IPERATTIVA TRATTATI CON TOSSINA BOTULINICA A SI MANTIENE NEL TEMPO:

RISULTATI A 3.5 ANNI.

A. Tubaro, D. de Ridder, V. Nitti, D. Sussman, P. Sand, K. Sievert, S. Radomsky, C. James, A. Magyar,

C. Chapple (Roma)

Scopo del lavoro Presentiamo i risultati finali di uno studio di estensione volto a valutare i risultati a medio termine (3.5

anni) del trattamento con tossina botulinica A (Onabot/A) in pazienti con incontinenza urinaria da

urgenza e sindrome della vescica iperattiva (OAB).

Materiali e metodi I pazienti che avevano completato qualsiasi dei due studi di fase III per la registrazione della tossina

Onabot/A erano eleggibili per lo studio di estensione di 3 anni nel quale sarebbero stati effettuati

trattamenti multipli con Onabot/A alle dosi di 100 U. I dati sono stati analizzati nella popolazione

generale dei pazienti (829 pz) e nei diversi gruppi che hanno ricevuto 1 (n=105), 2 (n=118), 3 (n=117), 4

(n=83), 5 (n=46), o 6 (n=33) trattamenti alla dose di 100 U durante lo studio (502 pazienti).

Risultati Il 51.7% dei 829 pazienti arruolati hanno completato lo studio. La percentuale di interruzione a seguito di

effetti collaterali o mancanza di efficacia è risultata bassa (5.1 e 5.7% rispettivamente); le altre ragioni di

abbandono dello studio non sono risultate essere legate al trattamento. La riduzione media degli episodi di

incontinenza urinaria da urgenza/giorno, misurata alla 12a settimana (end-point primario) è risultata

consistente nei diversi gruppi che hanno ricevuto da 1 a 6 trattamenti. Una parte importante dei pazienti

(70.0 - 93.5%), nei diversi gruppi, ha riferito un miglioramento o un grande miglioramento utilizzando la

Treatment Benefit Scale, valutata anch’essa alla 12a settimana (endpoint comprimario). La mediana del

tempo al ritrattamento è risultata essere inferiore a 6 mesi nel 34.2% dei casi, tra 6 e 12 mesi nel 37.2% e

maggiore di 12 mesi nel 28.5% dei pazienti. L’evento avverso più comune è stato l’infezione delle vie

urinarie, non si è verificata alcuna modificazione della sicurezza del trattamento nel tempo.

Discussione I risultati del trattamento a lungo-termine con la tossina Onabot/A dimostrano una consistente riduzione

degli episodi di incontinenza urinaria da urgenza in pazienti con OAB. Una elevata percentuale dei

pazienti hanno riferito un miglioramento dopo ciascun trattamento senza che emergessero nuovi eventi

avversi.

Conclusioni La tossina Onabot/A è efficace e ben tollerata nel trattamento a lungo termine dell’incontinenza urinaria

da urgenza in pazienti con OAB.

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211

P 210

TRATTAMENTO DELLE COMPLICANZE DOPO IMPIANTO DI PROTESI PROACT® PER

INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO MASCHILE: STUDIO RETROSPETTIVO SU 252

IMPIANTI IN UN SINGOLO CENTRO

M. Abbinante, B. Grossetti, G. Giannarini, G. Descloux, S. Praturlon, V. Ficarra (Udine)

Scopo del lavoro Valutare il tipo di trattamento delle complicanze dopo impianto di protesi ProACT® per incontinenza

urinaria da sforzo dopo prostatectomia radicale (PR) e i suoi risultati.

Materiali e metodi Dal 11/2005 al 06/2013 sono stati eseguiti nel nostro centro 252 impianti di protesi ProACT® in 179

pazienti con incontinenza urinaria da sforzo dopo PR. Il posizionamento è stato effettuato fino al 11/2009

con guida fluoroscopica (n=157) e successivamente con guida ecografica transrettale (n=95). Il 20% dei

pazienti sottoposti al posizionamento con tecnica fluoroscopica, era stato in precedenza radiotrattato. Il

14% dei pazienti sottoposti al posizionamento con tecnica ecografica, era stato in precedenza

radiotrattato. Outcomes dello studio sono tasso di complicanze, tipo di trattamento e suoi risultati.

Risultati In 72/157 (46%) impianti con guida fluoroscopica, e in 29/95 (31%) impianti con guida ecografica si è

verificata almeno una complicanza. In 17 (11%) casi con guida fluoroscopico si è verificata infezione, in

28 (18%) rottura e in 27 (17%) erosione della protesi. In 5 (5%) casi con guida ecografico si è verificata

infezione, in 14 (15%) rottura e in 10 (11%) erosione della protesi. Il tasso di reintervento è stato 39% nel

primo gruppo e 27% nel secondo. Il trattamento dell’infezione e della rottura della protesi è stata la sua

rimozione (166/252, 66%). Tale procedura è stata eseguita con un intervento ambulatoriale in anestesia

locale nel 56% dei casi. Nel 10% dei casi si è reso necessario un intervento in anestesia spinale per

difficoltà nell’isolamento della protesi a causa del processo flogistico o per sua rottura durante la

procedura di asportazione. In 70/252 (28%) casi è stato necessario un reintervento per la rimozione della

protesi a causa di erosione uretrale o vescicale. Il trattamento è stato conservativo in tutti questi pazienti

con posizionamento di catetere vescicale ed epicistostomia per 8 settimane con controllo

uretrocistoscopico a 4 settimane, alla rimozione della protesi e 3 mesi dopo. In tutti i casi si è ottenuta una

completa riepitelizzazione della breccia senza ulteriori trattamenti. Un paziente ha sviluppato una stenosi

serrata dell’anastomosi vescico-uretrale a circa 4 mesi dalla rimozione del catetere vescicale e

dell’epicistostomia, trattata con incisione endoscopica.

Discussione La valutazione a lungo termine dei risultati della tecnica mininvasiva di impianto dei ProACT® ha

dimostrato un alto tasso di complicanze (40%), con la necessità di ricorso ad un reintervento nella

maggioranza dei casi (34%). Sebbene l’erosione della protesi rappresenti a tutt’oggi la complicanza più

temibile, i nostri risultati a breve termine mostrano un buon esito del trattamento conservativo. È

necessario, però, un adeguato follow-up per valutare lo stato locale dei tessuti a distanza.

Conclusioni L’elevato tasso di complicanze e di reintervento non sembra giustificare l’impianto delle protesi

ProACT® per il trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo maschile dopo PR.

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OUTCOMES DEL SISTEMA PRO-ACT NELLA CURA DELL'INCONTINENZA URINARIA

DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE

S. Belotti, A. Moroni, I. Mittino, C. Palumbo, L. Cristinelli, A. Antonelli, C. Simeone (Brescia)

Scopo del lavoro L’incontinenza urinaria dopo prostatectomia radicale rimane una temuta complicanza, che pur con diversa

gravità ed in percentuale molto variabile può interessare sino al 40% dei pazienti operati. Scopo del

lavoro è analizzare la nostra esperienza nell’utilizzo del dispositivo proACT (Adjustable Continence

Therapy).

Materiali e metodi Nel nostro istituto negli ultimi 9 anni 41 pazienti sono stati sottoposti ad impianto di dispositivo Pro ACT

per incontinenza da stress post-prostatectomia radicale. L’incontinenza è stata valutata in base al numero

dei pannolini e classificata come: lieve, moderata e severa. In totale sono state effettuate in anestesia

spinale 55 procedure, prevalentemente con guida radiologica. Il tempo medio dell’intervento è stato di 45

min. Successivamente i paziente sono stati sottoposti a riempimenti mensili con 0.5 od 1 cc di soluzione

fisiologica e mdc.

Risultati In complesso, esclusi i riempimenti in corso, consideriamo un totale di 52 impianti, con un follow up

medio di 33 mesi (range 2 – 89). 27 impianti sono stati rimossi in anestesia locale: 10(37%) per rottura

spontanea di cui 6 bilaterali e 4 monolaterali, 9(33%) per mancato beneficio, 7(26%) per migrazione del

dispositivo in uretra di cui un paziente radiotrattato, 1(4%) per infezione in sede di impianto in corso di

terapia endocavitaria con BCG per neoplasia vescicale. 11(52%) di questi pazienti sono stati

successivamente sottoposti a reimpianto del dispositivo e sul secondo reimpianto si sono verificati 2

dislocazioni, 2 rotture e in 1 caso malfunzionamento del dispositivo.In 3 pazienti si è deciso di procedere

ad un terzo reimpianto, ottenendo un nuovo insuccesso il 2 casi.

Discussione Il 42% dei pazienti ha avuto beneficio pressoché completo, il 31% beneficio parziale, mentre nel 27% dei

casi c’è stato un fallimento terapeutico. Dei 5 impianti eseguiti in pazienti radiotrattati in 2 casi c’è stato

un miglioramento clinico, mentre in 2 di questi pazienti è in programma il posizionamento di sling

antincontinenza. La nostra percentuale di successo dei dispositivi Pro-ACT risulta in accordo con la

letteratura.

Conclusioni La nostra esperienza segnala una percentuale importante di rotture spontanee a distanza media di 23 mesi

(range 1 – 70). Questo tipo di complicanza a distanza di tempo, soprattutto nel caso di successo

terapeutico rappresenta un importante fallimento per un dispositivo protesico, vissuto drammaticamente

dal paziente, soprattutto perché con un riposizionamento del dispositivo non sempre si ottiene un

completo beneficio terapeutico.

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213

P 212

TRATTAMENTO DELL’INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO MASCHILE MEDIANTE

SLING TRANSOTTURATORIA TILOOP MALE®

E. Sacco, R. Bientinesi, S. Recupero, F. Pinto, M. Racioppi, A. Totaro, P. Bassi (Roma)

Scopo del lavoro Riportare i risultati a medio termine su efficacia e sicurezza di una nuova sling per l’incontinenza da

sforzo post-chirurgica maschile.

Materiali e metodi Studio prospettico monocentrico. Dal 11/2012 al 01/2015, 25 pazienti affetti da incontinenza urinaria da

sforzo dopo prostatectomia radicale (21) o dopo TURP (4) sono stati sottoposti a impianto di sling

transotturatoria con tecnica inside-out sec. DeLeval. La sling utilizzata è la TiLoop Male® (pfmmedical,

Köln, Germany), una mesh a due braccia, in polipropilene rivestita di titanio per migliorarne la

biocompatibilità. I pazienti sono stati valutati preoperatoriamente e a 3-6-12 mesi postoperatori con

uroflussometria, numero di pannolini/die (PPD), studio urodinamico (preoperatorio), International

Consultation on Incontinence Questionnaire–Short Form (ICIQ-SF) e Patient Global Impression of

Improvement (PGI-I; score 1-7), grado di soddisfazione(si/no). La guarigione è stata definita come zero

PPD o impiego di un assorbente di sicurezza, mentre una riduzione di almeno il 50% del numero di

pannolini è stata considerata come miglioramento.

Risultati Ventitre pazienti (92%) sono stati valutati escludendo due (pregressa prostatectomia radicale) persi al

follow-up. Preoperatoriamente, 11 (48%) e 12 (52%) pazienti usavano due o da tre a cinque PPD,

rispettivamente. Due pazienti erano precedentemente radiotrattati. Dopo un follow-up mediano di 12 mesi

(4-26 mesi), 14 (61%) pazienti risultano guariti, 5 (22%) risultano migliorati e 4 (17%) non hanno

riportato beneficio (pazienti con uso di 4-5 pads/die, due radiotrattati). Lo score medio del ICIQ-SF si è

migliorato da 17,3 nel preoperatorio a 7,6 nel postoperatorio (p<0.01), mentre il QoL score (domanda 5) e

migliorato da 8,8 a 3,2 (p<0.01). Al PGI-I, 19 (82,6%) pazienti hanno riferito un miglioramento.

Diciassette (74%) pazienti si sono dichiarati soddisfatti. Il Qmax e il residuo postminzionale sono risultati

statisticamente invariati. Le complicanze sono state lievi (Clavien- Dindo grade I), nessun paziente ha

presentato ritenzione urinaria postoperatoria e la complicanza più frequente è stata il dolore perineale

(43%) risoltosi entro massimo 3 mesi dall’intervento.

Discussione I risultati preliminari della sling transotturatoria TiLoop Male® sono soddisfacenti e sovrapponibili a

quelli riportati in letteratura per sling simili di tipo fisso, in una casistica con incontinenza di grado

prevalentemente moderato-severo. Gli insuccessi hanno riguardato pazienti con incontinenza severa o

radiotrattati, pertanto una migliore selezione dei pazienti potrebbe ulteriormente migliorare i risultati.

Conclusioni La sling transotturatoria TiLoop Male® risulta efficace soprattutto in pazienti con incontinenza lieve-

moderata e la tecnica inside-out impiegata risulta sicura. Studi prospettici su casistiche di maggiore

numerosità sono necessari per confermare questi risultati.

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214

P 213

ARGUS-T DEVICE NEL TRATTAMENTO NELL’INCONTINENZA URINARIA MASCHILE:

RISULTATI A BREVE TERMINE IN 182 PAZIENTI

S. Siracusano, A. Kugler, M. Favro, C. Tallarigo, F. Visalli, S. Ciciliato, M. Saccomanni, L. Toffoli, T.

Silvestri, G. Di Cosmo, R. Talamini (Trieste)

Scopo del lavoro E’ noto che il 5-48% dei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale è affetto da insufficienza sfinterica

con incontinenza urinaria da sforzo (IUS). Lo sfintere urinario artificiale è considerato il trattamento gold

standard per questo tipo di patologia. Dati recenti apparsi in letteratura riportano che nei pazienti con IUS

di piccola e media entità il posizionamento dello sling sottouretrale consente un recupero soddisfacente

della continenza urinaria in un buon numero dei casi. Lo scopo di questo studio è di valutare i risultati a

breve termine dei pazienti trattati con dispositivi ARGUS-T.

Materiali e metodi Dal Giugno 2008 al Marzo 2013, 161 pazienti affetti da IUS post-prostatectomia radicale e 21 pazienti

affetti da IUS post-TURP sono stati sottoposti a posizionamento del dispositivo ARGUS-T. La

popolazione in studio è stata suddivisa in base al grado di incontinenza: lieve (1-2 pad/die), moderata (3-5

pad/die) e grave (>5 pad/die). E’ stato considerato come risultato soddisfacente il miglioramento o la

risoluzione dell’incontinenza urinaria rispetto alla condizione di partenza. 21/182 pazienti (11.5%) erano

affetti da IUS lieve, 96/182 pazienti (52.7%) erano affetti da IUS moderata e 65/182 pazienti (35.7%)

erano affetti da IUS grave. 49/182 pazienti (26.9%) erano stati precedentemente sottoposti a radioterapia

adiuvante. Per ogni paziente è stata valutata la qualità di vita mediante l’impiego di questionari specifici

(VAS score scale/ QoL score scale) ed è stato quantificato il numero di pad impiegati giornalmente prima

e dopo il posizionamento di ARGUS-T.

Risultati L'età media dei pazienti era di 71 anni (range 50-86 anni) mentre il follow-up medio è stato di 22 mesi (1-

59 mesi). Nel nostro studio la continenza è apparsa soddisfacente in 157/182 pazienti (86.2%) mentre nel

sottogruppo di pazienti con pregressa radioterapia adiuvante hanno ottenuto risultati soddisfacenti 37/49

pazienti (75.5%). L’analisi statistica ha dimostrato differenze significative per quanto riguardava il

numero di pad impiegati giornalmente prima e dopo la procedura di posizionamento dello sling (p

<0.0001). Analoga significatività statistica è stata riscontrata per quanto concerne il miglioramento della

QoL secondo quanto indicato dagli appositi questionari specifici (p <0.0001).

Discussione Le procedure di sling risultano più semplici e meno invasive rispetto all’impiego dello sfintere urinario

artificiale. In particolare l'uso dell’approccio trans-otturatorio sembra essere più sicuro e di più facile

applicazione rispetto all'approccio per via retropubica, con una minore incidenza di complicanze

intraoperatorie. Al momento questo studio è il primo a presentare i risultati a breve termine, per quanto

riguarda il dispositivo ARGUS-T.

Conclusioni ARGUS-T sembra essere un device sicuro ed il suo utilizzo sembra essere indicato nei pazienti con

incontinenza lieve e moderata.

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P 214

RISULTATI DELL’IMPIANTO DI SFINTERE URINARIO ARTIFICIALE CON DOPPIA

CUFFIA COME INTERVENTO PRIMARIO O SECONDARIO NEI CASI DI INCONTINENZA

URINARIA SEVERA.

M. Aragona, K. Sayedahmed, C. Bischoff, M. Reichert, J. Ekrutt, B. Kaftan, R. Olianas (Lueneburg,

Germania)

Scopo del lavoro L’ Impianto di sfintere Artificiale AMS 800® in pazienti con incontinenza urinaria severa rappresenta il

gold standard per il trattamento della incontinenza urinaria severa. Nel nostro lavoro abbiamo valutato i

risultati dei sistemi impiantati con doppia cuffia come soluzione iniziale o come soluzione di salvataggio

in caso di incontinenza recidiva.

Materiali e metodi Valutazione retrospettiva delle variabili pre e post-operatorie di tutti i Pazienti sottoposti ad impianto di

sfgointere artficiale con doppia cuffia presso la nostra clinica. In particolare sono state prese in

considerazione le complicanze e il tasso di successo (continenza) come endpoint del Nostro Studio.

Risultati L’eta’ media era pari a 67 anni (43-86 anni). In 49 casi (63,6%) l# impianto di una doppia cuffia e’

costituiva il trattamento inziale, in 38 casi (49,4%) l’impianto di una doppica cuffia veniva adottato

compe terapia secondaria per la recidiva o persistenza di incontienza in pazienti precedentemente

sottoposti ad impianto di sfintere urinario artfiiciale con singola cuffia. Nei pazienti inizialmente trattatti

con doppia cuffia il 79,6 % (39 Pazienti) presentava una storia di Radioterapia per carcinoma della

prostata. Il Follow-Up medio e’ pari a 44,6 Mesi (8-86). Nell’ arco del follow up abbiamo osservato

complicazioni nel 19,5% die pazienti: Erosioni Uretrali 4 casi (5,2%), atrofia tissutale 7 casi (9,1%),

complicazioni meccaniche del sistema 4 casi (5,2%). Non sono state osservate infezioni primarie del

sistema protesico. 9 dei suddetti Pazienti sono stati sottopposti a revisione chirurgica con successo (60%).

Risultati della continenza: 77,9% dei pazienti necessitano 0-1 Pad/die, 22,1% necessitano piu’ di 1

pad/die. L’ 80,5% die Pazienti (62) si riferisce soddisfatto del proprio grado di continenza e riferiscono un

netto miglioramento della qualita’ di vita in seguito all’intervento chirurgico.

Discussione Nel nostro centro l ‚impanto di una doppia cuffia e’ la scelta d’elezione per pazienti con incontinenza

severa e pregressa storia di radioterapia o incontinenza recidiva dopo precedente impianto protesico con

singola cuffia. In letteratura alcuni lavori riposrtano un maggior tasso di complicazioni meccaniche

dovuto all’innesto di una seconda cuffia. Nella nostra esperienza abbiamo osservato buoni risultati sia

funzionali cosi come in termini di complicanze. Un follow up piu’ lungo potra’ confermare la validita’ di

questo approccio.

Conclusioni Nella nostra esperienza l’impianto di una doppia cuffia per i casi di incontinenza urinaria severa in caso di

precedente radioterapia cosi come in casi di incontienza recidiva costituisce una valida opzione

terapeutica.

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216

P 215

IMPIANTO PROTESI PENIENA TRICOMPONENTE CON ACCESSO INFRAPUBICO MINI-

INVASIVO IN PAZIENTI CON DISFUNZIONE ERETTILE: VALUTAZIONE

DELL’EFFICACIA, DEL GRADO DI SODDISFAZIONE E DELLE COMPLICANZE.

G. Busetto, G. Antonini, E. De Berardinis, R. Giovannone, P. Vicini, V. Gentile, P. Perito (Roma)

Scopo del lavoro La disfunzione erettile (DE), la seconda più comune disfunzione sessuale maschile, ha un importante

impatto sulla sessualità e sulla qualità di vita dell’uomo oltre ad influenzare anche la vita sessuale del

partner femminile. La DE è di solito correlata a malattie cardiovascolari o a una causa iatrogena come la

chirurgia pelvica. Molteplici terapie non-chirurgiche sono state sperimentate con risultati controversi,

mentre il trattamento chirurgico ha raggiunto elevati livelli di soddisfazione da parte dei pazienti.

Materiali e metodi L’obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare l’outcome e le complicanze correlati ad impianto

protesico in pazienti affetti da DE non responders alla terapia medica convenzionale o che, con tale

terapia, riferivano effetti collaterali. Sono stati selezionati 180 pazienti affetti da DE. La popolazione di

pazienti è stata divisa in due gruppi: 84 pazienti affetti da diabete mellito e sindrome metabolica (Gruppo

A) e 96 pazienti con DE successiva ad intervento di prostatectomia radicale laparoscopica per carcinoma

della prostata (Gruppo B). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a primo impianto di protesi peniena

tricomponente con accesso infrapubico mini-invasivo. Durante i 12 mesi di follow-up abbiamo osservato

3 (1.67%) espianti per infezione, 1 (0.56%) erosione uretrale, 1 (0.56%) estrusione protesica, mentre non

sono state osservate complicanze intraoperatorie.

Risultati Il Mean Index of Erectile Function-5 (IIEF-5) score era di 8.2 ± 4.0, dopo l’intervento (12 mesi dopo) è

stato invece di 20.6 ± 2.7. Il miglioramento dopo l’impianto protesico è significativo in entrambi i gruppi

senza una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi stessi (p value 0.65). Il Mean Erectile

Dysfunction Inventory of Treatment Satisfaction (EDITS) score 12 mesi dopo è stato di 72.2 ± 20.7 e non

ci sono state differenze statisticamente significative tra il Gruppo A e il B (p value 0.55).

Discussione L’impianto di protesi peniena tricomponente per il trattamento della DE è un approccio terapeutico sicuro

ed efficace con elevato grado di soddisfazione sia del paziente che della partner. La tecnica chirurgica

dovrebbe essere mini-invasiva con l’utilizzo di materiali di ultima generazione per diminuire le comuni

complicanze (infezioni e rotture meccaniche).

Conclusioni La DE non-responders alle terapie farmacologiche e iniettive può essere trattata con l'impianto di una

protesi tricomponente con accesso mininvasivo con ottimi risultati sia in termini funzionali che di qualità

di vita.

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217

P 216

IMPIANTO ETEROTOPICO DEL SERBATOIO IN CHIRURGIA PROTESICA PENIENA:

L’ECCEZIONE CHE SOSTITUIRÀ LA REGOLA?

L. PUCCI, M. CARRINO, F. CHIANCONE, G. BATTAGLIA, C. MECCARIELLO, M. FEDELINI, R.

GIANNELLA, P. FEDELINI (NAPOLI)

Scopo del lavoro IL TRADIZIONALE POSIZIONAMENTO DEL SERBATOIO DI UNA PROTESI PENIENA

TRICOMPONENTE NELLO SPAZIO DEL RETZIUS PUÒ RISULTARE DIFFICILE E DANNOSO

NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A PRECEDENTE CHIRURGIA PELVICA. SONO STATE

DESCRITTE NUMEROSE MANOVRE PER EVITARE LO SPAZIO RETROPUBICO.

DESCRIVIAMO LA NOSTRA ESPERIENZA PRELIMINARE NELL’IMPIANTO ETEROTOPICO

DEL SERBATOIO UTILIZZANDO UNA SINGOLA INCISIONE TRANS-SCROTALE.

Materiali e metodi DA MAGGIO 2012 A LUGLIO 2014, 60 PAZIENTI SONO STATI SOTTOPOSTI AD IMPIANTO DI

PROTESI TRICOMPONENTE AMS 700 CON SERBATOIO CONCEAL PRESSO LA NOSTRA

STRUTTURA. DI QUESTI PAZIENTI, VENTI SONO STATI SOTTOPOSTI AD IMPIANTO

SOTTOMUSCOLARE ATTRAVERSO UN TUNNEL ATTRAVERSO L’ANELLO INGUINALE

ESTERNO IN UNO SPAZIO POTENZIALE TRA LA FASCIA TRASVERSALIS E I MUSCOLI

RETTI DELL’ADDOME UTILIZZANDO UN CLAMP DI CHIRURGIA TORACICA. L’ETÀ MEDIA

DEI PAZIENTI ERA 65 ANNI CON UN INDICE DI MASSA CORPOREA DI 27,5. IL 45% DEI

PAZIENTI ERANO AFFETTI DA DISFUNZIONE ERETTILE POST-PROSTATECTOMIA

RADICALE. AL SESTO MESE OGNI PAZIENTE È STATO SOTTOPOSTO A VISITA

ANDROLOGICA E QUESTIONARIO DI MOREI.

Risultati L’IMPIANTO SOTTOMUSCOLARE È STATO POSSIBILE IN TUTTI I PAZIENTI SENZA

COMPLICANZE O NECESSITÀ DI CONTROINCISIONI ADDOMINALI. IL TEMPO

OPERATORIO È RISULTATO SOVRAPPONIBILE [65 MINUTI PER L’IMPIANTO NEL RETZIUS

E 70 MINUTI PER L’IMPIANTO SOTTOMUSCOLARE (P=0,09)]. UN PAZIENTE DI ENTRAMBI I

GRUPPI HA RIPORTATO UN EMATOMA SCROTALE. AL SESTO MESE. IL 90% (18/20) DEI

PAZIENTI NON PALPAVANO IL SERBATOIO E NON AVEVANO ALCUN “DISCONFORT”. UN

PAZIENTE PRESENTAVA UN SERBATOIO PALPABILE MA HA RIFIUTATO IL RE-IMPIANTO.

UN PAZIENTE È STATO SOTTOPOSTO A RE-IMPIANTO A CASA DI UN IMPORTANTE

GONFIORE ADDOMINALE CORRELATO AD UN IMPIANTO SOTTOCUTANEO DEL

SERBATOIO PER ERRORE DI TECNICA. IL BMI NON SI CORRELA CON LA PALPABILITÀ

DEL SERBATOIO [P=0,40].

Discussione SOSTENIAMO CHE QUESTA TECNICA RAPPRSENTA UN’IMPORTANTE PROGRESSO IN

CHIRURGIA PROTESICA IN PARTICOLARE QUANDO L’IMPIANTO TRADIZIONALE DEL

SERBATOIO È DIFFICILE E PERICOLOSO. LA TECNICA RISULTA SEMPLICE E

RIPRODUCIBILE. IL LIMITE DEL NOSTRO STUDIO È L’ESIGUITÀ DEL CAMPIONE E L’USO

DI QUESTIONARI NON VALIDATI. L’IMPIANTO SOTTO-MUSCOLARE PREVIENE INOLTRE I

RISCHI DI LESIONI VESCICALI, INTESTINALI E VASCOLARI NON SOLO NEI PAZIENTI CON

PREGRESSA CHIRURGIA PELVICA.

Conclusioni IL POSIZIONAMENTO "SUBMUSCOLARE ALTO" DEL SERBATOIO DI UNA PROTESI

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PENIENA TRICOMPONENTE UTILIZZANDO UNA SINGOLA INCISIONE TRANSCROTALE È

UNA TECNICA SICURA E RIPRODUCIBILE CHE EVITA LA LABORIOSA E PROFONDA

DISSEZIONE DELLO SPAZIO RETROPUBICO NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A PRECEDENTE

CHIRURGIA PELVICA. POTRÀ QUESTA TECNICA SOSTITUIRE IN FUTURO LA TECNICA

TRADIZIONALE IN TUTTI I PAZIENTI?

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219

P 217

LE COMPLICANZE MECCANICHE ED INFETTIVE IN 530 PROTESI PENIENE

IMPIANTATE IN ITALIA DALLO STESSO SPECIALISTA-

D. Pozza, M. Pozza, C. Pozza, M. Musy (roma)

Scopo del lavoro In una serie di 530 pazienti sottoposti, per varie patologie, ad impianto protesico penieno vengono

analizzati i casi di complicanze di tipo meccanico protesico, infettivo e chirurgico che spesso complicano

questa specifica chirurgia.

Materiali e metodi Dal 1984 al 2014 sono stati sottoposti ad impianto protesico endocavernoso 530 pazienti ,di età compresa

tra i 18 ed i 86 anni, che si erano rivolti allo Studio di Andrologia e di Chirurgia Andrologica di Roma

perché affetti da Deficit Erettile o patologie dei corpi cavernosi. Tutti i pazienti sono stati sottoposti alle

indagini abituali (ormoni, ecografie, ecocolordoppler in tutti i pz; Rigiscan, TAC, RMN, Cistoscopia,

esami neurologici in casi selezionati) per definire una diagnosi etiopatogenetica del DE. Dal 1984

abbiamo prescritto terapie ormonali e farmacologiche; dal 1987 abbiamo proposto ed utilizzato (680 pz)

le Iniezioni Intracavernose di farmaci Vasoattivi (PGE1, Papaverina, Fentolamina, Miscele); dal 1997

(2480 pz) abbiamo proposto l’utilizzo dei 5PDHEi. Un gruppo di 530 pz che non rispondevano

adeguatamente a tali modalità terapeutiche o che non le accettavano, hanno optato per la soluzione

protesica peniena. Nel nostro centro privato il fattore “costo” ha sempre rappresentato un elemento

rilevante di accettazione e per questo motivo abbiamo piantato sistemi protesici di varie tipologie e

marche nella ricerca di un contenimento dei costi affrontati dal paziente

Risultati Tutti i pazienti sono stati seguiti ed operati dallo stesso specialista (DP) dopo una preparazione antibiotica

con Ciprofloxacina, Ceftriaxone , Gentamicina. Abbiamo impiantato 378 protesi semirigide e malleabili

(104 Eurogest, 72 Mentor Acuform, 99 Silmed, 35 Subrini, 28 SSDA-GIS, 22 Jonas, 20 Duraphase, 14

Omniphase, 12 Small Carrion) e 142 Protesi Idrauliche (30 Mentor Alpha, 26 Ams700CX, 22 Mentor

MarkII, 22 Mentor Titan, 18 AMS 700Ultrex, 10 AMSHydroflex, 8 AMSDynaflex, 3 AMSAmbicor, 3

AMS700LGX)) Gli interventi sono stati effettuati in strutture private con anestesia generale (primi 30

casi), Spinale (dal 1987), Locale con Sedazione (56 casi). Abbiamo registrato 8 (2,1%) casi di rottura

delle protesi semirigide o malleabili, 5 (1,3%)casi di malposizionamento dei cilindri. Tra le 142 protesi

idrauliche abbiamo avuto 14 (78%) casi di rottura delle protesi mono-componenti, 23 (18.5%) casi di

rottura dei sistemi idraulici (tubicini, connessioni, pompa). Tra le protesi 700Ultrex abbiamo avuto 3 casi

(15%) di aneurismi dei cilindri endovernosi, 1 rottura-malfunzionamento della pompa scrotale in Mentor

Titan. Sono stati registrati 38 casi di infezioni (7,6%) con espianto di 2 protesi malleabili (0,5%) e di 2

(1,4%)protesi idrauliche.

Discussione La chirurgia protesica peniena appare essere ancora gravata da un non trascurabile tasso di complicanze

meccaniche ed infettive. Ma il tasso di gratificazione appare elevato da parte dei pazienti

Conclusioni I risultati della chirurgia protesica consentono di proporre tale soluzioni ai pazienti affetti da DE di

qualsiasi età.

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P 218

[-2]PROPSA AND ULTRASENSITIVE PSA TIME SERIES IN THE FIRST SIX MONTHS

FROM RADICAL PROSTATECTOMY IN HIGH RISK PROSTATE CANCER: A

PRELIMINARY REPORT

S. De Luca, R. Passera, A. Sottile, C. Fiori, M. Manfredi, R. Bertolo, F. Mele, R. Scarpa, D. Amparore,

G. Cattaneo, G. Ottaviano, R. Aimar, F. Porpiglia (Orbassano)

Aim of the study [-2]proPSA and its derivatives improve the accuracy of PSA in predicting a positive biopsy. The aim of

this study was to investigate the fluctuations over time for [-2]proPSA vs. ultrasensitive PSA and their

possible clinical/pathological determinants, in the first six months from radical prostatectomy

Materials and methods : a prospective cohort of 102 patients, undergone to radical prostatectomy for high risk prostate cancer

(pT3/pT4 and/or positive margins), was enrolled. [-2]proPSA and ultrasensitive PSA were measured at 1,

3 and 6 months after surgery. The trends over time and their modifications by clinical and pathological

covariates were estimated using the mixed-effects linear mode.

Results the two main risk factors for ultrasensitive PSA fluctuations were PSA at diagnosis>8 ng/ml (p=0.001)

and pN1 staging (p=0.021); while for [-2]proPSA ones was pN1 staging only (p=0.030). From month 1 to

3, ultrasensitive PSA and [-2]proPSA increased in 43 and 83 men, respectively. From month 3 to 6, the

same biomarkers increased in 84 and 93 patients. Thirty patients had a decreasing ultrasensitive PSA in

the first three months while their [-2]proPSA increased in even 27 cases. In this same subgroup, from

month 3 to 6 PSA increased in 23 subjects, while [-2]proPSA in 28 one.

Discussion Our results demonstrate, for the first time, that [-2]proPSA increase is earlier (at least by 3 months) and

greater comparing to that of ultrasensitive PSA, in a pathological high-risk prostate cancer population.

Conclusions [-2]proPSA could be helpful in the post-surgical setting for his potential role in prostate cancer

biochemical recurrence evaluation.

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221

P 219

SENSIBILITà DEL [-2]PROPSA COME SURROGATO ULTRASENSIBILE PER UNA

PRECOCE DETERMINAZIONE DELLA RIPRESA BIOCHIMICA DI MALATTIA DOPO

PROSTATECTOMIA RADICALE: STUDIO DI COORTE OSSERVAZIONALE

PROSPETTICO

R. Peschechera, N. Buffi, G. Lughezzani, G. Fiorini, P. Casale, G. Taverna, M. Seveso, R. Hurle, G.

Giusti, A. Benetti, L. Pasini, L. Castaldo, S. Zandegiacomo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro Sebbene la prostatectomia radicale offra un ottimo controllo del carcinoma prostatico, perfino in uomini

appropriatamente selezionati, un terzo dei malati presenterà una ripresa di malattia definita da un aumento

del valore del PSA sopra 0.2 ng/ml (BCR). A sua volta circa un terzo di questa popolazione non

svilupperà mai una malattia clinicamente significativa. La sensibilità per la identificazione della BCR è

direttamente proporzionale alla sensibilità analitica che con il PSA viene espressa in ng/ml. Il [-2]proPSA

è dosato in pg/ml e potrebbe essere mille volte più sensibile del PSA totale. Lo scopo infatti di questo

valore è di verificare l’ipotesi che il [-2]proPSA è più accurato del PSA nell’individuazione precoce di

una BCR

Materiali e metodi Si tratta di uno studio di coorte osservazione prospettico che arruola pazienti sottoposti ad intervento di

prostatectomia radicale per una neoplasia prostatica organo confinata (pT2-3/N0). Questi pazienti

venivano seguiti con un programma di follow-up biochimico: 3-6-12 mesi dopo l’intervento e

successivamente ogni 6 mesi. L’obiettivo primario era quello di verificare se il [-2]proPSA anticipa

l’aumento sierico del PSA. Obiettivo secondario verificare se sia possibile identificare delle categorie di

pazienti che possano maggiormente beneficiare di un marcatore più sensibile del PSA. L’analisi statistica

veniva complimentata dalle curve Kaplan-Meier, dal test di McNemar per lpanalisi delle frequenze. Per

queste analisi venivano considerati i seguenti cut-off 0.8 pg/ml per il [-2]proPSA e 0.2 ng/ml per il PSA

Risultati Sono stati arruolati prospetticamente 134 malati con un follow-up mediano di 22 mesi. 22 malati (16.5%)

svilupparono una BCR. Di questi, 18 avevano un [-2]proPSA 0.8 pg/ml, ma in 4 malati l’aumento del

PSA non si associava ad un aumento del [-2]proPSA. Dei 18 pazienti con BCR e aumento del [-

2]proPSA, 5 presentarono un aumento sincrono, mentre in 13 pazienti l’aumento del [-2]proPSA

anticipava l’aumento del PSA. Il tempo medio di tale anticipo era stimato in 11.5 mesi. Considerando il

tempo medio alla ripresa di malattia avevamo 15.8 mesi (95%CI: 13.2-18.4) per il [-2]proPSA e 33.9

mesi per il PSA (95%CI: 31.9-36) (p<0.001). I pazienti con pT3-GS > 3+4 e R1 sembravano le categorie

che maggiormente potevano beneficiare di questo biomarcatore più sensibile

Discussione Il [-2]proPSA è una molecola ampiamente studiatoaper la sua potenziale utilità nella diagnosi e nella

prognosi del PCa

Conclusioni Nel nostro studio, il [-2]proPSA sembra capace di anticipare la BCR definita dal PSA di circa un anno.

Questo dato necessita di ulteriori verifiche attraverso studi multicentrici con maggiore numerosità del

campione

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222

P 220

ACCURATEZZA PROGNOSTICA DEL PHI (PROSTATE HEALTH INDEX) E DEL PCA3

(URINARY PROSTATE CANCER ANTIGEN 3) NEL PREDIRE GLI ASPETTI PATOLOGICI

DI MALATTIA DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE

F. Cantiello, G. Russo, A. Cicione, A. Aliberti, S. Manno, S. Cimino, M. Ferro, O. De Cobelli, S.

Perdonà, G. Morgia, R. Damiano (Catanzaro)

Scopo del lavoro Lo scopo del lavoro è stato quello di comparare l’accuratezza prognostica del PHI ( Prostate Health

Index) e del PCA3 ( Urinary Prostate Cancer Antigen 3) nel predire gli aspetti patologici finali di malattia

in una stessa coorte di pazienti sottoposti a Prostatectomia Radicale (RP).

Materiali e metodi Abbiamo valutato 156 pazienti con cancro della prostata (CaP) clinicamente localizzato e sottoposti a RP.

I campioni di sangue e di urine sono stati prelevati prima dell’iniziale biopsia prostatica al fine di

misurare i valori del PHI e del PCA3 rispettivamente. Un’analisi di regressione logistica univariata e

multivariata è stata eseguita per determinare le variabili potenzialmente predittive di volume tumorale

(TV) >0.5 ml, GS patologico ≥ 7, CaP patologicamente significativo (PCSPCa), estensione extra-

capsulare (ECE) ed invasione delle vescicole seminali (SVI).

Risultati All’analisi multivariata, l’inclusione del PHI significativamente aumentava l’accuratezza di un modello

base, che includeva età, tPSA, fPSA, percentuale di cores positivi, stadio clinico, volume prostatico,

indice di massa corporea e GS bioptico, nel predire tutti gli outcomes dello studio. In particolare, per

predire un TV>0.5 ml, l’aggiunta del PHI al modello base significativamente aumentava l’accuratezza

predittiva del 7.9% (p<0.05), mentre il PCA3 non si accompagnava ad un significativo aumento. Sia il

PHI che il PCA3 significativamente aumentavano l’accuratezza del modello base nel predire l’ECE ( per

entrambi p<0.01), mentre solo il PHI significativamente migliorava la capacità del modello base nel

predire l’SVI con un guadagno del 3.6% ( p<0.05). Infine, in un sub-coorte di pazienti con GS≤6, il PHI

migliorava del 7.6% l’accuratezza del modello base nel predire un CaP patologicamente significativo e

del 5.9% nel predire un GS patologico ≥7. Per entrambi questi outcomes, il PCA3 non incrementava il

potere predittivo.

Discussione In questo studio, abbiamo comparato, in una stessa coorte di pazienti sottoposti a RP, l’accuratezza del

PHI e del PCA3 nel predire le caratteristiche patologiche finali del CaP. I nostri risultati suggeriscono che

il PHI discrimina meglio rispetto al PCA3 la presenza di un CaP più aggressivo ed esteso all’esame

patologico definitivo. Pertanto, potrebbe essere un utile strumento per stratificare i pazienti a rischio CaP

patologicamente significativo/insignificante ed essere utilizzato durante l’approccio decisionale

preoperativo.

Conclusioni In una stessa coorte di pazienti sottoposti a RP, il PHI ha una migliore abilità rispetto al PCA3 nel predire

la presenza di un CaP più aggressivo ed esteso all’esame patologico finale.

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223

P 221

CAN WE PREDICT THE PROSTATIC CAPSULAR INVASION WITH PREOPERATIVE MP-

MRI?

C. Fiori, M. Manfredi, F. Mele, F. Russo, D. Regge, M. Papotti, E. Bollito, D. Amparore, G. Cattaneo, R.

Aimar, R. Bertolo, S. De Luca, F. Porpiglia (Orbassano)

Aim of the study Prostate multiparametric MRI provides precise identification of focal areas and local staging of prostate

cancer (PCa). Particularly, mp-MRI is able to demonstrate extracapsular extension and seminal vesicle

invasion, which have significant implications for patient management. However, surgeons would like to

have information about prostatic capsular invasion (PCI) to chose the most appropriate surgical technique

for each patient during radical prostatectomy (RP): standard, partial, or minimal nerve sparing. In

pathologic setting, Wheeler et al. proposed a detailed classification of levels of PCI that provides valuable

prognostic information. Aim of our study was to evaluate the ability of mp-MRI in identifying PCI by

comparing its results with those obtained with pathological analysis.

Materials and methods The study included 350 consecutive patients with PCa who underwent preoperative MRI before RP.

Patients underwent MRI performing a conventional study with T1-w, T2-w and diffusion sequences

acquired after administration of contrast medium. MRI were performed in three reference centers with the

same characteristics of equipment and experience of radiologists. Both for MRI and pathological analysis

the location and extent of each cancer was identified, and detailed tumor maps were prepared for each

case. The level of PCI for each lesion was defined as Level 0 (L0) Tumor confined to prostatic stroma

within the boundary of normal prostatic acini; L1: confined to stroma, but outside the boundary of normal

prostatic acini, L2: confined to the prostate in a layer more fibrous than muscular (capsule); L3F: outside

the prostate to a depth of less than one high-power field on no more than two separate sections; L3E: any

tumor more than L3F, as reported by Wheeler. The level of PCI on mp-MRI was defined as L0 or L1

(taken together): tumor to more than 10 mm from the capsule without signs of alteration of that; L2: little

margin of contact with the capsule (less than 15 mm) or when prostate margin is redundant or retracted;

L3F: any mild irregularities of the fibrous capsule to outward extension; L3E: asymmetry of the

neurovascular bundles and obliteration of recto-prostatic angle, direct evidence of abnormal tissue in the

periprostatic adipose tissue, generally associated with disruption of the fibrous capsule.

Results The pathological report revealed: 93 pT2a-b; 161 pT2c; 58 pT3a and 38 pT3b stage prostate cancer,

overall number of tumor lesion was 639. Mp-MRI correctly identified 201/226 (88.9%), 165/182

(90.6%), 71/78 (91.0%) and 26/29 (89.7%) lesions classified by pathological analysis as L0-1, L2, L3F

and L3E, respectively. Cohen's kappa coefficient was 0.909.

Discussion MRI was able to correctly identify a significant number of tumor lesions and the level of PCI was

predicted with almost perfect agreement with pathological analysis.

Conclusions On the basis of these results we think that mp-MRI is basic piece in the mosaic of the RP’s tailoring.

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224

P 222

ASSOCIAZIONE TRA SINDROME METABOLICA E TUMORE DELLA PROSTATA IN

STADIO AVANZATO IN PAZIENTI TRATTATI CON PROSTATECTOMIA RADICALE.

C. De Nunzio, G. Simone, M. Bellangino, R. Papalia, R. Mastroianni, D. Collura, A. Brassetti, G. Muto,

M. Gallucci, A. Tubaro (Roma)

Scopo del lavoro Con il termine sindrome metabolica (MetS) descriviamo la combinazione di diverse anomalie

metaboliche, tra cui l’obesità centrale, la dislipidemia, l’ipertensione, l’insulino-resistenza e l’intolleranza

al glucosio. Una relazione tra cancro della prostata (PCa) e sindrome metabolica è stata recentemente

evidenziata in studi di coorte in pazienti sottoposti a biopsia prostatica. Lo scopo del nostro studio è stato

quello di indagare in modo prospettico l'associazione tra la sindrome metabolica e il cancro della prostata

in stadio avanzato in una serie di pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (RP).

Materiali e metodi A partire dal 2012, sono stati arruolati ed inseriti in un database prospettico, 349 uomini sottoposti a RP

per PCa, in tre centri in Italia. Sono stati misurati prima dell’intervento l’Indice di massa corporea (BMI)

e la circonferenza vita. Campioni di sangue sono stati testati per: PSA totale, glicemia (misurata a

digiuno), trigliceridi e HDL. È stata misurata anche la pressione sanguigna preoperatoria. Abbiamo

valutato l'associazione tra sindrome metabolica, definita secondo l’Adult Treatment Panel III (ATPIII), la

fase di PCa (fase avanzata definita pT≥3) e il grado (alto grado definito come punteggio di Gleason ≥ 4 +

3) tramite un’analisi di regressione logistica.

Risultati L'età media era di 66 anni (IQR: 61-69), il livello medio di PSA preoperatorio testato era 7 ng/ml (IQR:

5-10). La mediana del valore di BMI è stata di 26,1 kg / m2 (IQR: 24-29) con 56 (16%) obesi (BMI ≥30 k

/ m2) tra i pazienti e 87 (25%) con caratteristiche cliniche della sindrome metabolica. Alla valutazione

patologica, il PCa considerato in stadio localmente avanzato era presente in 126 pazienti (36%), il

coinvolgimento linfonodale (pN1) in 19 pazienti (5,4%) e la malattia di alto grado in 145 (41,5%). La

sindrome metabolica è risultata significativamente associata con lo stadio avanzato di PCa (45/87, 51% vs

81/262, il 31%; p = 0.008), i linfonodi positivi (9/87: 10%, vs 10/262, 4%; p = 0,028) e l’alto grado di

PCA (47/87: 54% vs 98/262, 37%; p = 0.001). All'analisi multivariata, i livelli di PSA preoperatorio e la

diagnosi di sindrome metabolica erano predittori indipendenti di PCa in stadio avanzato. Tabella 1

Discussione Per primi in questo studio multicentrico, abbiamo evidenziato una forte associazione tra sindrome

metabolica e PCa in stadio avanzato.

Conclusioni Anche se i meccanismi molecolari devono ancora essere compresi, ipotizziamo un ruolo dei fattori

metabolici nei meccanismi coinvolti nel differenziamento e nella progressione del PCa.

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225

P 223

L’ANALISI INTRAOPERATORIA DELLE FROZEN SECTION PER AUMENTARE IL

NUMERO DI PROCEDURE “NERVE SPARING” SENZA COMPROMETTERE LA

RADICALITà ONCOLOGICA: RISULTATI DA UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI

SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA.

G. Lughezzani, N. Buffi, G. Fiorini, P. Casale, G. Taverna, M. Seveso, R. Hurle, G. Giusti, R.

Peschechera, L. Castaldo, A. Benetti, L. Pasini, S. Zandegiacomo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro Efficacia e benefici clinici dell’analisi intra-operatoria delle frozen-section (IFS)in corso di

prostatectomia robotica non sono ancora stati chiariti. In questo studio, ipotizziamo che l’IFS sia

associato ad una maggiore probabilità di eseguire una procedura nerve sparing (NS), migliorando i

risultati funzionali senza compromettere il controllo di malattia

Materiali e metodi Abbiamo incluso nel nostro studio 1830 pazienti trattati con prostatectomia radicale robotica (RARP) fra

il 2006 ed il 2014 presso 2 Centri terziari di riferimento. I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi a

seconda dell’IFS status: IFS eseguito (IFS+) vs non eseguito (IFS-). In aggiunta, sono stati stratificati

secondo la classificazione di rischio di D’Amico. Sono stati valutali i seguenti eventi: I) esecuzione di una

NS RARP bilaterale II) recidiva biochimica di malattia (BCR) definita come un valore postoperatorio di

PSA >0,2ng/ml ed in incremento III) recupero della continenza urinaria (UC) definito come un periodo

>24 ore libero da presidii anti incontinenza IV) recupero dell’erezione (EF), definito come indice

internazionale di funzione erattile postoperatorio (IIEF)-EF >22. Tale dato è stato valutato solo per quei

pazienti con IIEF-EF preoperatorio >22, se disponibili i dati nel postoperatorio (n: 624). Abbiamo

adoperato un’analisi di regressione logistica multivariata per valutare l’associazione fra IFS (IFS+ vs IFS)

e la probabilità di essere sottoposti a NS-RARP bilaterale. Le variabili considerate sono: età del paziente,

PSA density, categoria di rischio sec D’Amico. Il metodo di Kaplan-Meier è stato usato per valutare le

differenze di BCR, UC e EF secondo l’IFS (IFS+ vs IFS-)

Risultati L'IFS è stato eseguito in 918 pazienti (50%). La percentuale di NS-RARP è stata significativamente più

alta se IFS+ rispetto ad IFS – (87% vs 72%; p<0,001). Dopo stratificazione sec i gruppi di rischio di

D’Amico, il tasso di NS-RARP (IFS+ vs IFS-) è risultato: 90% vs 88% nel basso rischio; 89% vs 69% nel

rischio intermedio; 62% vs 32% nell’alto rischio (in ogni caso, p<0,001). All’analisi di regressione

logistica, IFS rappresenta il più importante predittore di procedure NS bilaterali (OR: 6,2; 95% CI: 3,0-

12,8; p<0,001). Non è stata osservata differenza in termini di BCR e recupero di UC fra i pazienti IFS+ ed

IFS-, anche dopo stratificazione nei gruppi di rischio (p>0,07). Al contrario, il recupero della EF a 2 anni

è stato del 61% nei pazienti IFS+ vs 61% nei pazienti IFS-(p: 0,04). La significatività statistica di questo

dato è molto più marcata se valutata sui soli pazienti a rischio intermedio (67% vs 43%; p: 0,001)

Discussione I pazienti con analisi delle IFS hanno una probabilità 6 volte maggiore di essere sottoposti a tecnica NS

bilaterale ed un recupero della funzione erettile significativamente più alto.

Conclusioni L’analisi delle IFS migliora il recupero della funzione erettile senza inficiare sulla radicalità oncologica,

soprattutto nei pazienti a rischio intermedio.

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226

P 224

EVOLUZIONE DELLE CARATTERISTICHE CLINICHE, PATOLOGICHE, E DELLA

PRATICA CLINICA NEI PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA PROSTATICO AD ALTO

RISCHIO: RISULTATI DI UNO STUDIO MONOCENTRICO NEGLI ULTIMI DUE DECENNI.

N. Passoni, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, A. Larcher, U. Capitanio, W. Cazzaniga, C.

Cozzarini, N. Di Muzio, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Il fenotipo del tumore prostatico è cambiato nel corso degli anni grazie soprattutto all’introduzione dello

screening del PSA. L'obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’evoluzione delle caratteristiche

del tumore prostatico ad alto rischio negli ultimi due decenni, e la conseguente evoluzione nei risultati

oncologici.

Materiali e metodi Abbiamo incuso 1.033 pazienti ad alto rischio, che presentavano almeno uno dei seguenti fattori di

rischio: PSA>20 ng/ml, e/o stadio clinico ≥T3, e/o grado bioptico di Gleason ≥8. I pazienti sono stati

trattati con prostatectomia radicale e linfoadenectomia pelvica estesa in un unico centro tra il 1990 e il

2013. Abbiamo esaminato i trend di variazione delle caratteristiche cliniche e patologiche. L'analisi di

regressione multivariata secondo Cox è stata utilizzata per testare la relazione tra l'anno dell’intervento

chirurgico e i risultati oncologici, valutati come recidiva biochimica di malattia (valore di PSA post-

opertorio ≥0.2 ng/ml) e metastasi a distanza. Le covariate erano: l'età al momento dell'intervento, il PSA,

il grado di Gleason, lo stadio patologico, lo status dei margini chirurgici, e l’invasione linfonodale.

Risultati Il numero totale di prostatectomie eseguite annualmente in pazienti ad alto rischio sono aumentate nel

corso dello studio, da 5 procedure nel 1990 a più di 100 procedure nel 2013. Abbiamo osservato inoltre

una diminuzione nel tempo della percentuale di pazienti ad alto rischio con un livello di PSA

preoperatorio> 20 ng/ml (odds ratio [OR]: 0.64; p <0.001) o con stadio clinico cT3 (OR: 0.90; p = 0.07).

Al contrario abbiamo riscontrato una tendenza opposta per il Gleason bioptico ≥8 (OR: 1.65; p <0.001).

Abbiamo osservato inoltre, un notevole aumento del numero medio di linfonodi rimossi durante

l’intervento chirurgico (coefficiente: 2.01; p <0.001), il che è stato associato con un aumentato tasso di

invasione linfonodale (OR: 1,12; p = 0,08). Alle analisi di regressione multivariata di Cox, l’anno

dell’intervento chirurgico è stato associato ad un ridotto rischio di recidiva biochimica (hazard ratio (HR):

0.96; p = 0.01) e di metastasi a distanza (HR: 0,91; p = 0,042).

Discussione I miglioramenti delle strategie diagnostiche negli ultimi due decenni hanno portato ad un aumento delle

diagnosi di tumori localizzati e una diminuzione dei tumori ad alto rischio. Tuttavia, la percentuale di

Gleason score elevati alla biopsia è aumentata, probabilmente a causa dei miglioramenti nell’attribuzione

dello score di Gleason.

Conclusioni La prostatectomia radicale associata alla linfoadenectomia pelvica estesa ha mostrato un miglioramento

nel controllo del tumore prostatico nel corso del tempo. Le variazioni nel fenotipo dei tumori ad alto

rischio nonché i migliori risultati della chirurgia devono essere considerati al fine di una gestione ottimale

della popolazione dei pazienti ad alto rischio.

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227

P 225

ANALISI DETTAGLIATA SULL’ASSOCIAZIONE TRA L’USO POSTOPERATORIO DI

INIBITORI DELLA FOSFODIESTERASI DI TIPO 5 E IL RISCHIO DI RICORRENZA

BIOCHIMICA DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE

A. Gallina, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, V. Cucchiara, N. Suardi, V. Mirone, R. Damiano, F.

Cantiello, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Uno studio recente ha affermato l’effetto dannoso degli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5I)

sulla ricorrenza biochimica (RBC) dopo prostatectomia radicale (PR) in pazienti con tumore prostatico

(PCa). Nonostante ciò, non sono stati resi disponibili dati dettagliati riguardo la modalità di

somministrazione. Lo scopo di questo studio è stato quello di testare l’associazione tra l’uso di PDE5I, lo

schema di terapia di PDE5I, il numero di pillole di PDE5I prese e la RBC

Materiali e metodi Lo studio ha incluso 3,545 trattati con PR nerve sparing bilaterale per PCa con linfonodi negativi tra il

2005 e il 2014. I pazienti sono stati categorizzati a seconda dell’uso di PDE5I entro 3 anni dopo la

chirurgia: al bisogno (n=422), schemi riabilitativi (n=280), e no PDE5I (n=2,843). La riabilitazione

peniena è stata definita come assunzione giornaliera di PDE5I per un periodo di 3 mesi. Curve di Kaplan-

Meier hanno raffigurato l’associazione tra la terapia con PDE5I e RBC (definita come 2 PSA ≥0.2 ng/ml

consecutivi). Modelli di regressione multivariata Cox (MVA) hanno testato l’associazione tra PDE5I e

RBC. Le stesse analisi sono state ripetute usando il numero di pillole di PDE5I assunte da ogni paziente

(sia al bisogno, sia come riabilitazione, n= 702) nei primi 36 mesi dopo chirurgia. Il numero di pillole è

stato testato sia come variabile continua che categorica (ossia: 0 vs. 1-21 vs. 22-45vs. >45 pillole)

Risultati Complessivamente, 702 (19.8%) pazienti hanno ricevuto terapia con PDE5I. Tra i pazienti in terapia con

PDE5I, il numero mediano di pillole è stato 21. Pazienti riceventi PDE5I avevano un maggior tasso di

malattia organo confinata (86.4 vs.83.1%, p=0.03) e somma di Gleason patologico 6 (47.8% vs. 40.1%,

p<0.001) ma nessuna differenza in termini di margini chirurgici positivi (p=0.2). Alle analisi di Kaplan-

Meier, non è stata registrata nessuna differenza tra i pazienti riceventi PDE5I e quelli che non hanno

ricevuto alcun farmaco in termini di sopravvivenza libera di RBC a 5 anni (88.7 vs. 91.2%; p=0.5).

Nessuna differenza è stata registrata tra pazienti riceventi PDE5I al bisogno vs. in schemi riabilitativi

(87.0 vs. 91.2%; p=0.1). Infine, nessuna associazione tra il numero di pillole di PDE5I e la RBC è stata

individuata (90.1 vs. 93.3 vs. 93.1 vs. 87.6% per pazienti che assumevano 0 vs.12-1vs. 22-45vs. >45

pillole; p=0.7). Alla MVA, l’uso di PDE5I non era associate con RBC (p=0.2). Inoltre, né lo schema di

somministrazione di PDE5I (ossia, al bisogno vs. quotidiano; p=0.4), né il numero di pillole di PDE5I

prese (tutti p≥0.6) ha dimostrato un valore predittivo indipendente per RBC

Discussione Le nostre analisi hanno mostrato che l’uso di PDE5I non è associato con RBC dopo PR realizzata per

tumore prostatico clinicamente localizzato

Conclusioni Aspettando ulteriori studi, ai pazienti non dovrebbe essere negata la possibilità di un trattamento con

PDE5I dopo PR

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228

P 226

L’ IMPORTANZA DEL PSA NEL PREDIRE L’OUTCOME DOPO PROSTATECTOMIA

RADICALE CAMBIA CON L’ETà ALLA DIAGNOSI: IL RUOLO CHIAVE è NEI PAZIENTI

GIOVANI

S. Luzzago, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, W. Cazzaniga, V.

Scattoni, V. Mirone, R. Damiano, F. Cantiello, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro L’età alla diagnosi potrebbe influenzare le caratteristiche di malattia in pazienti con carcinoma Prostatico

(CaP). Abbiamo ipotizzato che l’accuratezza del PSA nell’identificare pazienti ad alto rischio di PCa

sfavorevole e recidiva biochimica (BCR) dopo prostatectomia radicale (PR), possa essere maggiore in

pazienti più giovani.

Materiali e metodi Complessivamente sono stati inclusi 4,796 pazienti con PCa localizzato e trattato con PR e dissezione

linfonodale tra il 1991 e il 2014 presso un singolo centro. I pazienti sono stati stratificati a seconda

dell’età: <60, 60-70, e >70 anni. Malattia sfavorevole è stata definita come non-organo-confinata e/o

invasione linfonodale e/o Gleason Score patologico 8-10. BCR è stata definita come due valori di PSA

≥0.2ng/ml consecutivi. Il metodo dell’area sotto la curva (AUC) ha quantificato l’abilità discriminativa

del PSA nel predire la malattia sfavorevole e la BCR a seconda dell’età. Queste analisi sono state ripetute

dopo aver stratificato i pazienti secondo i gruppi di rischio di D’Amico, in modo da minimizzare l’effetto

di potenziali fattori confondenti. Infine, abbiamo misurato quanto l’inclusione del PSA aumenti

l’accuratezza diagnostica dei modelli multivariati basati sullo stadio clinico e sul Gleason alla biopsia,

dopo stratificazione secondo l’età.

Risultati : L’età media era di 64.4 anni. Complessivamente, 277 (26.6%), 2,387 (49.8%), e 1,132 (23.6%) pazienti

avevano <60, 60-70, e >70 anni. Il PSA mediano era di 6.8 ng/ml. Complessivamente 1,520 (31.7%),

2,166 (45.2%), e 1,110 (23.1%) pazienti avevano rispettivamente malattia a basso, intermedio e alto

rischio. Il follow-up mediano era di 48 mesi. Complessivamente il tasso di sopravvivenza libero da RBC

a 5 anni era dell’84.7%. L’AUC del PSA nel predire malattia sfavorevole e RBC è stata

considerevolmente maggiore per pazienti di età <60 se comparati con quelli >70 anni (AUC: 73.2 vs. 67.2

vs. 66.8 e 68.8 vs. 66.3 vs. 61.5 per pazienti di <60, 60-70,e >70 anni, rispettivamente; tutti P<0.001).

Questi risultati sono stati confermati dopo aver stratificato i pazienti a seconda dei gruppi di rischio di

D’Amico (tutti P≤0.03). Infine, l’inclusione del PSA aumenta notevolmente l’accuratezza del modello di

base di predizione di malattia sfavorevole in pazienti giovani (81.4 vs. 77.5, P=0.04). Nonostante ciò,

questo non è stato osservato nella popolazione anziana (75.9 vs. 73.1, P=0.2).

Discussione : L’accuratezza predittiva del PSA nell’identificare la malattia sfavorevole all’esame patologico finale e la

RBC varia a seconda dell’età. I nostri risultati evidenziano l’importanza del PSA nel predire l’aggressività

della malattia ed il rischio di ricorrenza in pazienti giovani.

Conclusioni Il PSA nei pazienti giovani potrebbe avere una maggiore abilità nel predire i risultati oncologici

postoperatori quando viene diagnosticato il PCa.

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229

P 227

SOPRAVVIVENZA A LUNGO TERMINE DI PAZIENTI GIOVANI CON TUMORE DELLA

PROSTATA AD ALTO RISCHIO TRATTATI CON PROSTATECTOMIA RADICALE:

RISULTATI DI UN’ANALISI MULTICENTRICA DI SOPRAVVIVENZA CONDIZIONALE.

M. Bianchi, G. Gandaglia, R. Karnes, S. Joniau, M. Spahn, P. Gontero, L. Tosco, R. Sanchez Salas, X.

Cathelineau, B. Kneitz, F. Chun, P. Karakiewicz, M. Graefen, P. Chłosta, G. Marchioro , D. Frohneberg,

H. Van Poppel , A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Nei pazienti con lunga aspettativa di vita e con tumore alla prostata (PCa) ad alto rischio, il rischio di

morire di PCa non è trascurabile e cambia a seconda del tempo trascorso dall’intervento. Lo studio valuta

i modelli di sopravvivenza a lungo termine di pazienti giovani trattati con prostatectomia radicale (RP)

per PCa ad alto rischio

Materiali e metodi Abbiamo valutato 7650 pazienti trattati in 14 centri di cura terziari tra il 1987 e il 2013 con RP per PCa ad

alto rischio definito da almeno una delle seguenti caratteristiche: PSA>20, cT3 o superiore, Gleason

bioptico 8-10. Solo i pazienti di età inferiore ai 60 anni sono stati inclusi (n=612). Abbiamo stimato i tassi

di sopravvivenza cancro-specifica (CSM) e il tasso di sopravvivenza globale (OCM) utilizzando il

metodo di Kaplan-Meier. Abbiamo utilizzato analisi di competing risk univariate e multivariate per

identificare predittori di CSM e altre cause di mortalità. Le covariate erano: età alla RP, comorbidità,

anno della RP, Gleason score (GS; 6 vs 7 vs 810), PSM, LNI, stadio pT (pT2 vs. pT3a vs pT3bpT4) e RT

adiuvante. Abbiamo utilizzato il competing risk con la regressione di Poisson per valutare CSM e OCM a

5 e 10 anni dopo la RP. Le analisi sono state ripetute per valutare la sopravvivenza di ulteriori 5 anni in

pazienti sopravvissuti 5, 8 e 10 anni dopo RP

Risultati L'età media alla diagnosi è di 56 anni. Il follow-up medio è di 90 mesi. 57 (9,3%) e 37 (6,0%) pazienti

sono deceduti per CSM e OCM, rispettivamente. Nella coorte, i tassi di CSS a 5, 10 e 15 anni sono stati

93.9, 87.0 e 82.2. I tassi di OS a 5, 10, e 15 anni, sono stati 91.0, 82.1 e 69.6. All’analisi di competing-

risks per predire la CSM, dopo aver corretto per le altre cause, l’anno di chirurgia, il GS, il pT, lo stato

SM e LNI sono emersi come predittori di morte per PCa (p≤0.02). Al contrario, nessuna delle covariate è

associata con OCM (all p≥0.1). Nella popolazione generale, le rates a 5 e a 10 anni di CSM e OCM erano

rispettivamente 5.9 e il 12% vs. 3 e il 5.4%. Tra i sopravvissuti a 5 e a 8 anni dopo l'intervento chirurgico,

la probabilità di morire per PCa entro i successivi 5 anni ha prevalso su quella di morire per una causa

generale. In particolare, la CSM e l’OCM a 5 anni per i pazienti sopravvissuti 5 e 8 anni dopo RP sono

stati rispettivamente 7,3 e il 6,7% rispetto al 2,6 e 5,8%. Al contrario, ai 10 anni di sopravvivenza dopo la

RP, l’ OCM diventa la principale causa di morte nel corso dei successivi 5 anni (9,9 contro 5,3 per CSM)

Discussione Nei pazienti giovani con PCa ad alto rischio, il PCa rappresenta la principale causa di morte nei primi 10

anni dopo la RP. Anche se non abbiamo identificato predittori di OCM alle MVA, la mortalità non

correlata al PCa diventa la principale causa di morte dopo 10 anni di sopravvivenza

Conclusioni I pazienti giovani con PCa ad alto rischio devono essere rigorosamente controllati per i primi 10 anni

dopo la RP con una rivalutazione del profilo di comorbidità a 10 anni dalla RP per stratificare la prognosi

del paziente

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230

P 228

RISULTATI A LUNGO TERMINE DI PAZIENTI CON TUMORE PROSTATICO AD ALTO

RISCHIO TRATTATI CON PROSTATECTOMIA RADICALE CON O SENZA

TRATTAMENTI ADIUVANTI. RISULTATI DA UN’ANALISI MULTIISTITUZIONALE DI

RISCHIO COMPETITIVO

M. Bianchi, G. Gandaglia, R. Karnes, S. Joniau, M. Spahn , P. Gontero, R. Sanchez Salas, X.

Cathelineau, B. Kneitz, F. Chun, P. Karakiewicz, M. Graefen, G. Marchioro, D. Frohneberg, H. Van

Poppel , A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Studi precedenti hanno dimostrato che i risultati oncologici dei pazienti con carcinoma della prostata ad

alto rischio (HRPCa) sono eterogenei. Joniau et al. ha dimostrato che HRPCa con la prognosi peggiore

dopo l'intervento(very HRPCa) hanno Gleason bioptico 8-10 e almeno un altro fattore. Abbiamo

ipotizzato che i risultati chirurgici,anche in questi pazienti, variano sensibilmente in base alle

caratteristiche del paziente. Ciò consentirebbe la selezione dei very HRPCa candidabili a prostatectomia

radicale(RP)

Materiali e metodi Abbiamo valutato 7.650 HRPCa trattati con RP in 14 centri tra il 1987 e il 2013 con almeno una delle

seguenti caratteristiche: PSA>20ng/ml, cT34, Gleason bioptico 8-10. Sono stati inclusi solo pazienti con

prognosi sfavorevole(Gleason bioptico 8-10 e con almeno un altro fattore di rischio)con i dati clinici e il

follow-up completo (n=415).Abbiamo stimato la sopravvivenza globale(OS) e la sopravvivenza cancro-

specifica (CSS) con il metodo Kaplan Meier. Abbiamo utilizzato analisi di regressione di rischio

competitivo univariate e multivariateper identificare i predittori di mortalità cancro-specifica (CSM) e di

altre cause di mortalità (OCM). Le covariate erano: comorbidità, età, pT, margini chirurgici (SM),

Gleason score (GS, 6-7 contro 8-10), invasione dei linfonodi (LNI) e trattamento adiuvante. Per valutare

la CSM a 10 anni, e itassi di OCM, abbiamo utilizzato la regressione di Poisson per l’analisi di

competing-risks. I pazienti sono stati stratificati in 6 categorie a seconda dell'età alla RP(<60, 60-69 e

≥70) e delle comorbidità.

Risultati Il follow-up medio era di 146 mesi.312(75,2%) pazienti hanno ricevuto trattamenti adiuvanti. A 5, 10 e

15 anni i tassi di OS e CCS erano 76.1,55.7 e 44,5% vs 84.2,70.5 e, 70,5% rispettivamente. 59(14,2%)

pazienti sono deceduti a causa del PCa, mentre 47 pazienti(11,3%) sono deceduti per alter cause.

All’analisi univariata, lo stadio patologico ([HR]: 4.6), LNI (HR 2.5), GS (HR 3.1), e SM (HR 4.4) erano

predittori significativi di CSM (p≤0.03). Alle analisi multivariate, solo SM è rimasto associato con CSM

(HR 3.02; p≤0.006). Quando OCM era l'endpoint, l'età del paziente (HR 1.06) e comorbidità (HR 2.2)

erano fattori predittivi alle analisi multivariate (p≤0.02). Dopo stratificazione dei pazienti in diverse

categorie di età e comorbidità, il tasso di CSM a 10 anni è stato più alto in pazienti giovani e in salute

(43,2%). Il PCa è la principale causa di morte in quasi tutte le categorie, eccetto per i pazienti di età ≥70

con comorbidità, dove OCM era la causa più frequente di morte (OCM e CSM a 10 anni: 39,7 vs 19,0%)

Discussione : I risultati a lungo termine dei very HRPCa trattati con RP con o senza terapia adiuvante sono accettabili.

Il PCa è il maggiore determinante della mortalità in ciascun gruppo, con l'eccezione degli anziani con

comorbidità.

Conclusioni Questi risultati dovrebbero essere utilizzati per selezionare il candidato adatto per il trattamento

multimodale tra gli uomini a più alto rischio di progressione e morte per PCa

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P 229

ACCURATEZZA DIAGNOSTICA DI 18F-FACBC PET/CT VS 11C-COLINA PET/CT NEI

PAZIENTI CON RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO TRATTAMENTO RADICALE PER

CARCINOMA PROSTATICO: STUDIO PROSPETTICO SU 100 PAZIENTI.

C. Pultrone, L. Bianchi, E. Brunocilla, M. Borghesi, L. Zanoni, C. Nanni, C. Fonti, S. Fanti, G.

Martorana, R. Schiavina (Bologna)

Scopo del lavoro Confrontare l’accuratezza diagnostica della PET/CT con 18F-FACBC e con 11C-Colina nella

ristadiazione locale e sistemica di pazienti affetti da carcinoma prostatico con recidiva biochimica (BCR)

dopo trattamento radicale.

Materiali e metodi In questo studio prospettico sono stati arruolati 100 pazienti con BCR dei quali 11 sono stati esclusi per

drop out. Ogni paziente è stato sottoposto a PET/CT con 11C-colina e PET/CT con 18F-FACBC , previa

sospensione dell’ eventuale terapia ormonale. Su 89 pazienti inclusi abbiamo analizzato sensibilità,

specificità, valore predittivo positivo (VPP), valore predittivo negativo (VPN) e accuratezza per entrambi

i traccianti, considerando il follow up urologico (trend del PSA, altre indagini radiologiche, e confronto

con l’analisi istologica in alcuni pazienti) come standard di riferimento .

Risultati L’età mediana dei pazienti era di 69 anni (IQR: 55-83), il PSA mediano al momento della recidiva

biochimica era di 1,48 ng/ml (IQR: 0,20-20,72), PSA doubling-time mediano era di 3.9 mesi (0.4-120.2),

PSA Velocity mediana di 2 ng/ml/yr (0-49,2). Dopo prostatectomia radicale 26 pazienti non hanno

ricevuto né radioterapia (RT) né ormonoterapia (HT), 23 pazienti solo HT, 12 solo RT e 28 RT+HT. La

sensibilità globale è risultata pari al 32% per 11C-colina e al 37% per 18F-FACBC; con specificità del

40% vs 37%; accuratezza del 33% vs 38%; VPP 90% vs 97%; VPN 3% vs 4%. Stratificando i pazienti

per valore di PSA la percentuale di VP è risultata superiore con FACBC rispetto alla colina (per PSA <1

ng/ml VP: 21% vs 14%; per valori di PSA compresi tra 1 e 2 ng/mL VP: 29% con entrambi i traccianti;

per PSA tra 2 e 3 ng/mL VP: 45% vs 36%;per valori di PSA ≥3 VP: 59% vs 50%).

Discussione Le convenzionali indagini radiologiche sono inappropriate per localizzare la sede della recidiva in

pazienti affetti da carcinoma prostatico già sottoposti a trattamento radicale. Negli ultimi anni la PET con

11C-colina ha dimostrato un’accuratezza diagnostica migliore rispetto all’imaging tradizionale. Il nostro

gruppo ha già studiato il nuovo radiotracciante 18F-FACBC che ha dimostrato una migliore detection rate

rispetto alla 11C-colina. L’utilizzo di questo nuovo radiotracciante risulta vantaggioso anche per la sua

minore escrezione nelle vie urinarie (minor rischio di falsi positivi) e per l’emivita più lunga che consente

l’uso anche in Centri non dotati di ciclotrone. In questo studio abbiamo voluto analizzare anche l’efficacia

clinica di questo nuovo radiotracciante confrontandolo con la 11C-colina in termini di accuratezza

diagnostica, sensibilità e specificità.

Conclusioni I nostri risultati preliminari confermano l’equivalenza della 18F-FACBC PET/CT rispetto alla 11C-colina

PET/CT nella ristadiazione delle recidive da Pca, tuttavia con un tasso di VP superiore per il FACB

rispetto alla colina anche per bassi valori di PSA.

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232

P 230

IS 11C-CHOLINE PET/CT ACCURATE FOR THE DETECTION OF NODAL RELAPSES OF

PROSTATE CANCER AFTER BIOCHEMICAL RECURRENCE? A MULTICENTRIC STUDY

BASED ON SALVAGE LYMPHADENECTOMY RESULTS

M. Oderda, A. Palazzetti , G. Melloni, M. Falcone, E. Dalmasso, M. Preto, F. Zattoni, R. Karnes, S.

Joniau, B. Frea, P. Gontero (Torino)

Aim of the study 11C-choline positron emission tomography (PET)/CT scan can be used for restaging PCa patients with

biochemical recurrence (BCR) after initial radical treatment with curative intent, with a sensitivity

ranging between 38% and 98%. Only a few reports focused on the correlation between PET/CT scan and

lymph node (LN) relapse at pathological examination in patients who underwent pelvic and/or

retroperitoneal LN dissection. We performed a multicentric, retrospective study on the accuracy of 11C-

choline PET/CT scan for the detection of LN relapses after BCR in patients undergoing salvage

lymphadenectomy.

Materials and methods Clinical data of 106 patients with BCR of PCa after radical treatment (radical prostatectomy, N=102,

external beam radiotherapy, N=3, brachitherapy, N=2) were included in the study; all patients underwent

staging with 11C-choline PET/CT and successive salvage lymphadenectomy. The PET/CT results were

compared to the histological findings and analyzed in terms of sensitivity, sensibility and accuracy,

stratified into three main anatomical regions (pelvic region A: internal iliac, obturatory, and external iliac;

pelvic region B: presacral and common iliac; retroperitoneal region: up to the renal vessels). Univariate

and multivariate analyses analyses tested the relationship between PET/CT results and LN invasion.

Results Mean age of patients at sLND was 65 years (47-81), with a mean PSA of 3.16 (SD 5.03). Overall

sensitivity, specificity, NPV, PPV and accuracy of PET/CT were 61.6%, 79.3, 66.3%, 75.7% and 70.2%,

respectively. Stratifying by anatomical region, sensitivity was higher (75.5%) for pelvic region A, at the

cost of low specificity (69.8%); on the contrary, retroperitoneal region had the highest specificity (94.7%)

but low sensitivity (58.3%) (figure 1). Regression analyses confirmed a good discrimination accuracy of

70.4% for PET/CT, which improved with the increase of the number of dissected nodes and the PSA-DT

<12 months (model accuracy 73.7%).

Discussion PET/CT is a valid tool for restaging BCR patients, confirming recent findings published in the literature.

However, its accuracy in the detection of nodal relapses is still questioned, due to non neglibile rates of

false positives and especially false negatives. Thus, a precise template on the basis of PET/CT alone

cannot be found at the moment. PSA doubling time (DT) must be considered when asking for a PET/CT.

Conclusions The ability of PET/CT in restaging BCR patients is hampered by significant false positive and, more

alarmingly, false negative rates. Independent predictors of positive scan are PSA DT and the number of

dissected nodes at sLND, which should follow an extended, predefined template regardless of PET/CT

results.

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233

P 231

VALUTAZIONE PROSPETTICA DEI RISULTATI PERI-OPERATORI E FUNZIONALI

DELLA COLPOSACROPESSIA ROBOTICA

E. Mearini, K. Ioannidou, E. Lepri, F. D'Amico, A. Boni, G. Cochetti (Perugia)

Scopo del lavoro Presentiamo l’analisi prospettica dei risultati peri-operatori e funzionali della colposacropessia (CSP)

robotica con o senza preservazione uterina, eseguita secondo la nostra tecnica originale che prevede

l’impiego di una mesh in polipropilene modellata a “d” invertita; le dimensioni della protesi vengono

regolate in base all’entità del difetto vaginale anteriore e posteriore da correggere.

Materiali e metodi 20 pazienti affette da prolasso urogenitale superiore o uguale al III° secondo la classificazione di Baden

Walker sono state arruolate prospetticamente da Settembre 2012 ad Ottobre 2014 e sottoposte a CSP

robotica con o senza preservazione uterina. L’inquadramento diagnostico prevedeva l’anamnesi, l’esame

obiettivo uroginecologico, l’esame urodinamico, l’ecografia addominale e lo studio ecografico dinamico

della statica pelvica. Tutte le pazienti sono state rivalutate clinicamente ad 1, 3, 6 e 12 mesi dopo

l’intervento e sottoposte ad ecografia della statica pelvica a 12 mesi. Gli outcome perioperatori e

funzionali sono stati analizzati in maniera prospettica. La qualità di vita e l’attività sessuale prima e dopo

CSP sono state valutate attraverso rispettivamente il Pelvic Organ Prolapse/Incontinence Sexual

Questionnaire (PISQ-IR) e il Pelvic Floor Impact Questionnaire-short form7 (PFIQ-7), in lingua italiana,

che sono stati somministrati prima dell’intervento e ad ogni rivalutazione clinica di follow-up.

Risultati Le caratteristiche demografiche e i risultati perioperatori sono riassunti in Tabella1. Non si sono verificate

complicanze peri- o post-operatorie. Ad un follow-up medio di 22,5 mesi (range 6-37), non si sono

verificate esposizioni del mesh, mentre si sono riscontrate 5 recidive, tutte di grado I e clinicamente non

significative, in pazienti con cistocele preoperatorio di IV°. Tre pazienti presentavano incontinenza

urinaria da sforzo preoperatoria: in due casi si è risolta mentre in uno è solo migliorata con necessità di un

pad/die. L’attività sessuale è migliorata in 6/20 casi (30%), invariata nelle altre.

Discussione La CSP è il gold standard per il trattamento del prolasso degli organi pelvici mono o

multicompartimentali. L’approccio robotico consente una efficace solidarizzazione tra parete vaginale e

mesh con posizionamento di suture non ischemizzanti che riducono il rischio di esposizione del mesh. La

tridimensionalità della visione riduce le microlesioni della parete vaginale anch’esse condizione

predisponente all’esposizione che, nella nostra esperienza con tale tecnica, non si è mai verificata. Il

miglioramento dell’attività sessuale è da riferirsi al trattamento del prolasso urogenitale ottenuto con

minima alterazione dell’asse e della lunghezza vaginale, anche grazie alla geometria della mesh.

Conclusioni L’utilizzo di una mesh di dimensioni sovrapponibili a quelle del difetto fasciale vaginale ed una adeguata

solidarizzazione ottenuta grazie ai vantaggi tecnici forniti dalla chirurgia robotica, rappresentano una

soluzione chirurgica sicura ed efficace.

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234

P 232

COLPOSACROPESSIA ADDOMINALE CON PRESERVAZIONE DELL’ UTERO: RISULTATI

A LUNGO TERMINE

A. Zucchi, M. Bevacqua, E. Illiano, M. Di Biase, V. Bini, F. Quadrini, E. Salvini, E. Costantini (Perugia)

Scopo del lavoro L’ Isterocolposacropessia (ICS) è uno degli approcci chirurgici al prolasso uterovaginale (PUV) severo.

Questo studio valuta gli outcomes anatomici e funzionali a lungo termine (f-up minimo di 4 anni) dopo

ICS per via addominale (ICSA).

Materiali e metodi Da dicembre 1996 e maggio 2013 64 pz con PUV (II-IV stadio) sono state sottoposte ad ICSA, di queste

sono state incluse 60 con f-up minimo di 4 anni. Valutazione pre-op: anamnesi, valutazione sintomi

urinari e sessuali, incontinenza urinaria (IU), esame obiettivo (POPq system), uroflussometria (UF) con

RPM, urodinamica, ecografia transperineale, Urinary Distress Inventory Short Form (UDI6),

Incontinence Impact Questionnaire–Short Form (IIQ7), Female Sexual Function Index questionnaire

(FSFI). Follow-up ad 1, 3, 6, 12 mesi e poi annuale con: esame obiettivo, valutazione sintomi urinari e

sessuali, UF + RPM, Patient Global Impression of Improvement (PGI) UDI6, IIQ7 e FSFI a 1 e 2 anni.

Outcomes valutati: anatomici, funzionali, sintomatologici, percezione globale del trattamento da parte

delle pz. Analisi statistica: Mann-Whitney e X2 test. Studio approvato dal comitato etico locale

Risultati Valutate 60 pz: età media 59,6±11 anni, BMI medio 24.7±4, parità mediana 2 (range 1- 5), follow-up

mediano di 60 mesi (range 48-132). Tasso di successo anatomico: 100% per il prolasso apicale; 72,4% e

76,4% per compartimento anteriore e posteriore (recidive

Discussione Gli outcomes confermano l’efficacia della ICSA nel trattamento del PUV. Il tasso di successo anatomico

è dimostrato dalle basse persistenze di recidive, asintomatiche e stabili nel tempo. I sintomi urinari, IUU e

IUS migliorano significativamente. I risultati sono confermati dall’alto score del PGI.

Conclusioni Lo studio conferma gli ottimi outcomes funzionali e anatomici a lungo termine del ICSA.

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235

P 233

COLPOSACROPESSIA ADDOMINALE: CAMBIANO I RISULTATI A LUNGO TERMINE?

L. Mearini, E. Illiano, D. Maglia, A. Pietropaolo, P. Guiggi, V. Bini, M. Di Biase, M. Bevacqua, E.

Costantini (Perugia)

Scopo del lavoro La colposacropessia (CS) è il gold standard nel trattamento del prolasso della volta vaginale (PVV) con

alti tassi di successo a breve e medio termine. Questo studio valuta gli outcomes anatomici e funzionali

della CS addominale (CSA) a lungo termine.

Materiali e metodi Da giugno 1996 a gennaio 2013 71 pz sottoposte a CSA per PVV, di queste incluse 67 pz con f-up

minimo di 4 anni. Valutazione pre-op: anamnesi, valutazione sintomi urinari e sessuali, incontinenza

urinaria (IU), esame obiettivo (POPq system), uroflow (UF) +RPM, urodinamica, ecografia

transperineale, Urinary Distress Inventory SF (UDI6), Incontinence Impact Questionnaire SF (IIQ7),

Female Sexual Function Index questionnaire (FSFI). Follow up a 1, 3, 6, 12 mesi e poi annuale con esame

obiettivo, valutazione sintomi urinari e sessuali, UF+RPM, Patient Global Impression of Improvement

(PGII), UDI6, IIQ7 e FSFI (1° e 2° anno). Outcomes valutati: anatomici, sintomatologici, funzionali,

percezione globale del trattamento. Analisi statistica: Mann-Whitney e X2 test. Studio approvato dal

comitato etico locale.

Risultati 67 pz con PVV (stadio III-IV), età media 65.6± 8.2 anni, BMI medio 26.4±3.5, parità mediana 2 (range 1-

4) e f-up mediano di 60 mesi (range 48-144). Tasso di successo anatomico: 100% per prolasso apicale,

74.6% e 69.4% per prolasso anteriore/posteriore (recidiva

Discussione La CSA è una tecnica valida per il trattamento del PVV, con alto tasso di successo anatomico (basso

numero di persistenze, tutte asintomatiche, stadio<2 e stabili nel tempo), funzionale e sintomatologico.

SR, SS e IUU migliorano significativamente. La IUS persistente o de novo necessita di trattamento solo

nel 29.1% dei casi. Outcomes confermati dal significativo miglioramento degli scores IIQ7, UDI6, FSFI e

dall’alto tasso di gradimento delle pz.

Conclusioni La CSA è un trattamento eccellente per il trattamento del PVV con risultati duraturi nel tempo,

giustificando l’attuale trend in aumento dell’utilizzo della CS con approcci video o robot-assistiti.

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236

P 234

LA NOSTRA ESPERIENZA NELLA RIPARAZIONE DEL PROLASSO ANTERIORE E/O

APICALE DI 3 E 4 GRADO CON IL KIT ELEVATE®: FOLLOW-UP A 2 ANNI

C. cicconetti, D. castellani, V. galica, P. saldutto, D. biferi, A. valloni, A. piccirilli, G. giovanditti, G.

paradiso galatioto, C. vicentini (teramo)

Scopo del lavoro Scopo del lavoro è stato quello di valutare i risultati a medio termine della mesh Elevate® nella

correzione del prolasso anteriore e/o apicale di 3 e 4 grado

Materiali e metodi Questo è uno studio retrospettivo monocentrico, singolo operatore, su 56 donne con prolasso uro-genitale

di 3 e 4 grado secondo la stadiazione POP-Q, sottoposte a posizionamento di kit Elevate® anteriore.

L’endpoint primario dello studio è stato la correzzione anatomica del prolasso; il successo è stato definite

come stadio POP-Q ≤1 e stadio 2 asintomatico. L’endpoint secondario è stata il miglioramento dei

sintomi minzionali, vaginali e sessuali, utilizzando tre questionari validati: l’International Consultation on

Incontinence questionnaire on urinary incontinence (ICIQ-UI) short form, International Consultation on

Incontinence questionnaire on vaginal symptoms (ICIQ-VS) e il prolapse-quality of life questionnaire (P-

QOL

Risultati La procedura è stata eseguita in anestesia spinale, con una durata media dell’intervento di 47.3 (± 8)

minuti. Non sono state riportate lesioni rettali, né vescicali. Ci sono state 3 esposizioni della rete (5.3%). I

risultati anatomici sono stati ottimi, con una sola recidiva a 6 mesi (1,8%), 4 ad un anno (7,1%) e 6 a 2

anni (10,7%). Miglioramenti statisticamente significativi sono stati evidenziati nei questionari ICIQ-VS e

P-QOL. Nella tabella 1 si può vedere la popolazione in studio. nella tabella 2 i risultati

Discussione il prolasso uro-genitale è diventato uno dei maggiori problema di salute, perché può interessare il 50%

delle donne con più di 50 anni. Infatti è stato riportato che il rischio di essere sottoposte a correzione

chirurgica per prolasso e/o incontinenza urinaria all’età di 80’ anni è pari al 19%. I risultati del nostro

studio evidenziano come questa tecnica mininvasiva di riparazione risulta essere un’ottima alternativa alla

crescente diffusione della colposacropessi laparoscopica e robotica

Conclusioni Il kit Elevate® anteriore è un trattamento competitivo mini-invasivo e sicuro con buoni risultati

funzionali e anatomici a medio termine

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237

P 235

RIPARAZIONE TRANSVAGINALE “UTERUS-SPARING” DEL PROLASSO DEGLI ORGANI

PELVICI (POP) DI GRADO ELEVATO CON PROTESI ORIGINALE IN POLIPROPILENE:

RISULTATI ANATOMICI, FUNZIONALI E DELLA QUALITà DI VITA (QOL).

G. Nicita, M. Milanesi, F. Natale, A. Cocci, A. Mari, O. Saleh, T. Jaeger, V. Li Marzi (firenze)

Scopo del lavoro Dal 2005 utilizziamo una rete unica, originale, in polipropilene per correggere i difetti anteriore e apicale

con un intervento per via vaginale, conservando l’utero (Fig.A). Questo studio prospettico valuta

l'efficacia della nostra tecnica in termini di sicurezza, correzione anatomica, risoluzione dei sintomi e

impatto sulla qualità di vita (Qol).

Materiali e metodi Dal maggio 2008 al dicembre 2013 abbiamo arruolato pazienti (pz) con POP anteriore e apicale di alto

grado (Punto Ba e punto C stadio POP-Q >2).Valutazione preoperatoria: anamnesi, esame pelvico, stress

test, urodinamica, King’s Health QoL.Tecnica chirurgica: Colpotomia longitudinale pareti vaginali

anteriore e posteriore (Fig.B). La mesh è posta nello spazio anteriore ove sostiene il cistocele ed è

ancorata mediante passaggio transotturatorio delle ali anteriori. Quindi si passa la metà posteriore della

rete (Fig.C) nello spazio posteriore creando un tunnel su entrambi i lati della cervice. Le due metà

posteriori sono riunite dietro la cervice con 2 punti di sutura e utero ed enterocele sono così sostenuti

dalla rete. Le alette posteriori sono fissate bilateralmente ai legamenti sacrospinosi (Fig.D). Nelle pazienti

affette da incontinenza urinaria da sforzo occulta è stata posizionata una minisling. Abbiamo definito cura

anatomica: punti Ba e C stadio <2. Abbiamo confrontato i risultati pre- e postoperatori mediante: paired t-

test, McNemar Chi squared test, Mann-Whitney test considerando p<0.05 statisticamente significativa.

Risultati Abbiamo arruolato 66 pz con POP alto grado di cui 21 con incontinenza da sforzo occulta. Età media

69,5±7,8; parità media 2 (IQR 1-2).Tutte in menopausa. Body Mass Index (BMI) medio 24,9±5.2.

Nessuna pregressa chirurgia pelvica. Durata media intervento: 82±20 min. Nessuna complicanza

intraoperatoria. Rimozione catetere: II giornata post-op. Degenza media:3 giorni. Complicanze post-op

(Clavien I/II) 4 pz (6%):1 ematoma pelvico,1 incontinenza da urgenza de novo (antimuscarinici),1

ritenzione (auto-cateterismo 14 gg),1 erosione tardiva (rimozione della rete esposta). Follow-up medio

45,8±15,1 mesi. Correzione anatomica POP anteriore (punto Ba stadio < 2) 60 pz (90,9%, p<0.0001) e

apicale (punto C stadio < 2) 61 pz (92,4%, p < 0.0001). Nessun re-intervento. LUTS: miglioramento

significativo dei sintomi di riempimento: preop.28 pz(42.4%); postop.12 pz (18.2%, p<0.0001), di

svuotamento: preop.15 pz ( 22.7%); postop.3 pz ( 4.5%, p<0.0001) e dei sintomi correlati al POP:

preop.64 pz (96,9%); postop. 2 pz (3,03%, p<0.0001). Nessuna IUS postop. Significativo miglioramento

Qol.

Discussione Questi risultati sono dovuti: 1 alla posizione della mesh, 2 ai punti ancoraggio solidi (transotturatorio e

sacrospinoso) 3 alla forma della rete che circonda il collo dell'utero e lo riporta in posizione anatomica.

Conclusioni La nostra tecnica è di facile esecuzione, sicura, dà una notevole correzione anatomica anteriore (90,9%)

ed apicale (92,4%) e migliora significativamente i sintomi urinari e del prolasso e la QoL.

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P 236

URETEROCISTONEOSTOMIA LAPAROSCOPICA PER ENDOMETRIOSI PELVICA

PROFONDA A COINVOLGIMENTO URETERALE: RISULTATI SU 84 CASI CONSECUTIVI.

G. Caleffi, S. Scarperi, A. Molinari, M. Pastorello, M. Ceccaroni, S. Cavalleri (Negrar)

Scopo del lavoro Obiettivo del presente lavoro: studiare l'efficacia clinica e funzionale dell'ureterocistoneostomia

laparoscopica in pazienti con endometriosi pelvica profonda a coinvolgimento ureterale.

Materiali e metodi Sono stati analizzati retrospettivamente i dati di tutte le pazienti affette da endometriosi pelvica profonda

trattate chirurgicamente con exeresi radicale e sottoposte ad ureterocistoneostomia (UCNS) laparoscopica

da Gennaio 2009 a Novembre 2014. L’indicazione ad UCNS è stata data in presenza dei seguenti criteri

di inclusione: idronefrosi di grado medio-severo con evidenza all’Uro-TC di stenosi ureterale;

impossibilità alla semplice ureterolisi intra-operatoria; ischemia ureterale conseguente a lisi peri-ureterale.

Il protocollo post-operatorio prevedeva una cistografia di controllo in VII° giornata e la rimozione dello

stent ureterale a 60 giorni dall’intervento. Il follow up è stato eseguito mediante una visita ambulatoriale a

3 e 6 mesi e successivamente a cadenza annuale, sempre con ecografia addome completo.

Risultati Sono state incluse nello studio 84 pazienti su un totale di 5835 sottoposte a chirurgia laparoscopica per

endometriosi; in tutte (100%) la diagnosi di endometriosi è stata confermata istologicamente (49,5%

intrinseca, 50,5% estrinseca) e l'eradicazione è risultata completa. Il tempo medio di esecuzione

dell'UCNS è stato di 102,5 minuti. Nel 66% delle pazienti (56 casi) è stato eseguito un “bladder-psoas

hitch” contestuale. Il 95,2% delle cistografie (80 casi) è risultato negativo per spandimenti; in 4 casi

(4,8%) si è reso necessario mantenere il catetere vescicale per 14 giorni. Follow up medio: 16,6 mesi (1-

60). Il tasso di stenosi ureterale recidiva è stato del 1,1% (1 caso). In 8 casi (9,5%) si è riscontrata una

lieve idroureteronefrosi, monitorata con ecografia a cadenza trimestrale o semestrale.

Discussione L’approccio chirurgico ottimale nel trattamento dell’endometriosi ureterale non è ancora standardizzato,

principalmente a causa degli scarsi dati disponibili in letteratura. La presente casistica risulta essere la più

numerosa a nostra conoscenza riguardante l'UCNS laparoscopica nelle pazienti con endometriosi pelvica

profonda. I dati dimostrano un tempo medio di esecuzione relativamente contenuto con un'ottima

efficacia in termini clinici e funzionali.

Conclusioni L'ureterocistoneostomia laparoscopica in pazienti affette da endometriosi pelvica profonda a

localizzazione ureterale è tecnica sicura ed efficace, secondo i dati emersi dalla presente esperienza.

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P 237

FOLLOW-UP A LUNGO TERMINE DI PAZIENTI SOTTOPOSTE A REIMPIANTO

URETERALE CON TECNICA PSOAS-HITCH PER ENDOMETRIOSI

L. carmignani, C. Marenghi, C. Signorini, E. Finkelberg, S. Picozzi, B. Bracco, P. Vercellini (san donato

milanese)

Scopo del lavoro l’obiettivo di questo studio è la valutazione dell'incidenza di recidive urologiche di stenosi ureterale in

pazienti sottoposte a ureteroneocistostomia (UNC) con tecnica psoas-hitch per endometriosi e la

preservazione della funzionalità renale nel lungo periodo. In pazienti che dopo l'intervento hanno avuto

una gravidanza, è stata stimata l'incidenza di complicanze legata a tale evento.

Materiali e metodi Sono state incluse nello studio pazienti che hanno eseguito UNC con tecnica psoas-hitch per endometriosi

condizionante stenosi terminale dell'uretere. Sono stati raccolti dati pre, intra e postoperatori.

Risultati dal 2006 al 2014, 30 pazienti sono state incluse nello studio. 30 pazienti hanno raggiunto un follow-up di

almeno 6 mesi, 25 di almeno 1 anno e 21 di almeno 5 anni. Il follow-up medio è di 67.97 mesi (range 7-

112). 22 donne presentavano una stenosi ureterale sinistra, 4 a destra e 4 bilaterale. La differenza della

sintomatologia ginecologica e urologica nel pre-reimpianto rispetto a 6 mesi è migliorata di un valore

statisticamente significativo (p < 0.01). Tra 6 mesi, 1 anno e 5 anni tale differenza non è significativa (p >

0.01) e quindi si è avuto un miglioramento stabile della sintomatologia. In un solo caso è stata eseguita

una nefrectomia per rene grinzo, funzionalmente escluso. Una sola paziente è andata incontro a

complicanze post-operatorie con necessità di un secondo intervento per emorragia pelvica. In nessun caso

si è osservata una recidiva di stenosi nel follow-up. 10 pazienti hanno eseguito una scintigrafia renale

sequenziale sia prima che dopo l'intervento con un miglioramento medio del filtrato glomerulare dal lato

del reimpianto del 3% e un filtrato medio del 40%. Dopo l’intervento hanno concepito 2 pazienti, di cui 1

spontaneamente e 1 con FIVET. Entrambe le pazienti sono state sottoposte a taglio cesareo e non si sono

verificate complicanze né ostetriche né uro-ginecologiche.

Discussione il trattamento dell’idronefrosi e della perdita di funzionalità renale legata alla patologia benigna

rappresentata dall’endometriosi riveste particolare importanza in queste giovani donne.

Conclusioni L' UNC con tecnica psoas-hitch risulta essere sicuro per la conservazione della funzionalità renale e dà

buoni risultati a lungo termine. In pazienti che hanno portato a termine una gravidanza, né in fase di

stimolazione né al momento del parto si sono verificate complicanze.

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P 238

TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA FISTOLA VESCICO-VAGINALE: ANALISI

RETROSPETTIVA SU 105 CASI (1979-2013)

M. Mancini, M. Righetto, F. Vianello, F. Dal Moro, F. Zattoni (Padova)

Scopo del lavoro La fistola vescico-vaginale (FVV) e' un'evento urologico raro e complesso. La chiusura della FVV può

essere ottenuta con approccio addominale, soprattutto in casi complessi o recidivi. Questo approccio, è

stato usato come approccio di scelta nel nostro reparto negli ultimi 34 anni. Abbiamo analizzato

retrospettivamente questa esperienza, allo scopo di evidenziare i punti-chiave per il successo terapeutico.

Materiali e metodi 105 pazienti con FVV sono state operate per via addominale (1979-2013). Il follow-up è stato aggiornato

(f-u minimo: 16 mesi). I dati sono stati raccolti e analizzati retrospettivamente. E’ stata condotta un'analisi

statistica, utilizzando il software SAS versione 9.4.

Risultati Eziologia:75/105 (71%) post-isterectomia (7 con radioterapia), 18/105: dopo altra chirurgia (totale fistole

post-chirurgiche:89%). 6/105(6%):eziologia non chirurgica (2 radioterapia, 4 parto vaginale).

6/105(6%):causa non definita. 96/105(91%): FFV isolata, 5(5%) fistole vescico-rettali, 2(2%) FVV-

ureterali, 2(2%) fistole neovescico-vaginali. 33/105(31%): già sottoposte a precedenti tentativi di chiusura

in altri Centri(23:1 tentativo, 9 pazienti:2, 1 paziente:3). 88/105(84%): approccio extraperitoneale

transvescicale, 17/105(16%): transperitoneale (1: robot-assistito). In 16 di questi: procedure aggiuntive:

enterocistoplastica di ampliamento(6), 2 ovariectomie, 1 cistectomia sovratrigonale sec. Goodwin, 1

trans-uretero-ureterostomia. In 6 pazienti (6%):derivazione urinaria come primo intervento. Successo nel

trattamento: 94% (escludendo dai successi le derivazioni urinarie). 6 pazienti sono recidivate: 2

successivamente riparate per via vaginale, 2 con iniezione endoscopica di collagene (1 fallita e rioperata

per via addominale con graft omentale), 1 derivata (uretero-sigmoido-cutaneostomia) e 1 rifiuta altri

interventi. Il follow-up:79/105(75%), medio 17.3±8.4 anni. 76/79:asciutte, 2 lieve incontinenza, e 1 con

FVV persistente (declina ulteriori cure). E’ stata evidenziata un’associazione statisticamente significativa

tra la larghezza e lunghezza della fistola (p=0.018). Nessuna associazione tra successo chirurgico e

eziologia, o tipo di approccio (extra o transperitoneale), o precedenti tentativi di chiusura.

Discussione I dati riportati in letteratura sul trattamento del FVV sono scarsi e difficilmente comparabili, per basso

numero e mancanza di standardizzazione. La distribuzione geografica mondiale si divide in paesi più

ricchi (eziologia ginecologica) e paesi più poveri (eziologia ostetrica), con sottostima dell’incidenza reale.

Questo studio riporta una delle più vaste esperienze nei paesi industrializzati.

Conclusioni L’approccio addominale per il trattamento della FVV, porta ad alte percentuali di successo. La

standardizzazione della tecnica operatoria e l’identificazione di strategie corrette per la gestione clinica,

basate sull’esperienza, sono cruciali. Le nuove tecnologie laparoscopiche o robotiche possono ridurre

l’invasività dell’approccio addominale e il discomfort delle pazienti.

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241

P 239

TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO E ROBOTICO DELLE FISTOLE VESCICO VAGINALI,

RISULTATI DI UNO STUDIO MULTICENTRICO RETROSPETTIVO

P. Parma, A. Antonelli, P. Bove, A. Celia, M. Falsaperla, S. Zaramella, A. Porreca (Mantova)

Scopo del lavoro La chirurgia laparoscopica e robotica presentano indubbi vantaggi in termini di mini invasività, in ambito

urologico sono diventate il trattamento di scelta di molte patologie neoplastiche, funzionali e

malformative; scopo dello studio è valutare la morbilità e l’efficacia di queste tecniche nella correzione

delle fistole vescico vaginali di varia eziologia

Materiali e metodi sono stati raccolti retrospettivamente i dati di pazienti affette da fistola vescico vaginale trattate per via

laparoscopica o robot- assistita in 7 centri urologici italiani. Le variabili analizzate sono state: età delle

pazienti, BMI, sede ed eziologia delle fistole vescico vaginali, tempo operatorio, degenza ospedaliera e

tempo di permanenza del catetere vescicale, le complicanze secondo classificazione di Clavien, e

l’efficacia nel trattamento

Risultati Tra Gennaio 2009 e Marzo 2014, 24 pazienti sono state operate per correzione laparoscopica o robotica di

fistola vescico vaginale. L’ età media pari a 49.5 anni (range 25-65), l’eziologia è stata iatrogena post

isterectomia in tutti i casi. La sede della fistola era trigonale nel 8%, parete posteriore nel 92% dei casi. Il

diametro medio delle fistole pari a 1,16 cm (range 0,5- 2). In tutte le 24 pazienti la correzione è avvenuta

tramite una cistotomia posteriore con separazione della parete posteriore vescicale da quella anteriore

vaginale. Tutti gli interventi sono stati eseguiti con approccio trans-peritoneale (18 per via laparoscopica,

6 per via laparoscopica Robot-assistita), 2 pazienti avevano una fistola ureterale associata, ed e’ stato

eseguito un reimpianto ureterale intraoperatorio con bladder psoach hitch.In 16/24 casi è stato interposto

tra vescica e vagina un flap di omento. In 3 casi un flap di peritoneo posteriore. Non sono state registrate

conversioni a chirurgia open, il tempo operatorio medio è stato di 206 minuti (range 120-300). Perdite

ematiche medie pari a 117 ml. Non si sono avute complicanze superiori a Clavien 1. La degenza media è

stata di 6,8 gg (range 5-15), il tempo medio di permanenza del catetere vescicale 12.5 gg (range 7-15). Ad

un follow up medio di 20 mesi, 24 pazienti (100%) sono libere da recidive

Discussione La chirurgia laparoscopica e robotica delle fistole vescico vaginali rappresenta un intervento alternativo

alla tecnica open e transvaginale. E’ indicata nel caso di fistole posteriori, di diametro superiore al cm con

eventuale necessità di reimpianto ureterale. In mani esperte presenta un basso rischio di conversione e di

complicanze. Nella nostra serie il tasso di recidiva è stato nullo. I tempi chirurgici sono stati relativamente

lunghi risentendo dell’esiguo numero di casi trattati per singolo centro, ed alla necessità di eseguire un

reimpianto ureterale in alcuni casi.

Conclusioni Anche con i limiti di uno studio retrospettivo i nostri dati dimostrano che la laparoscopia e la robotica

sono un trattamento promettente delle fistole vescico vaginali, in termini di complicanze ed efficacia

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P 240

L’EFFICACIA DELL’INTERVENTO DISOSTRUTTIVO IN PAZIENTI CON

IPOCONTRATTILITA’ DETRUSORIALE NON NEUROGENA.

G. MIRABILE, L. ALBANESI, B. GENTILE, P. ALIJANI, G. RIZZO, G. VINCENTI, P. TARICIOTTI,

R. GIULIANELLI (ROMA)

Scopo del lavoro L’obiettivo del nostro studio è valutare l’efficacia dell’intervento disostruttivo in pazienti con diagnosi

urodinamica di ipocontrattilità detrusoriale.

Materiali e metodi Dal settembre 2012 a luglio 2014, 52 pz affetti da ipocontrattilità detrusoriale (definite come Q max < 10

ml/sec, e P det tra 10-30 cmH20) erano candidati all’intervento chirurgico disostruttivo. Laa valutazione

pre-operatoria includeva l’esplorazione digito-rettale (DRE), dosaggio del PSA, ecografia prostatica

trans-rettale per stabilire le dimensioni della prostata e l’esame urodinamico. Tutti i pz compilano i

questionari IPSS e QoL. Tutti i pz erano controllati ad un mese, ed ogni 3 mesi per il primo anno dopo

l’intervento, poi ogni sei mesi. La valutazione post-operatoria includeva il PSA, esame urine,

uroflussimetria con valutazione del residuo post-minzionale. The pre-operative assessments included

digital rectal examination (DRE), prostate specific antigen (PSA) testing, transrectal ultrasound of the

prostate to establish prostate size and urodinamics study. All patients compiled IPSS and QoL

questionnairies. Patients were followed at one month and every three months for the first year after

surgery and than every 6 months. Evaluation included PSA testing, urinocolture and uroflowmetry with

postvoiding residual.

Risultati L’età media dei pazienti era di 72 anni (50-82 anni), la media del PSA 2,2 ng/ml (0,5-3,5 ng/ml), volume

prostatico medio 42 ml (23-85 ml). 48 pz con un volume prostatico inferiore a 80 ml erano sottoposti ad

intervento endoscpico TUR-P bipolare. 4 pz avevano con una prostata > 80 ml sono stati sottoposti ad

intervento chirurgico open (adenomectomia transvesciccale). Follow-up medio era di 12 mesi (3-28

mesi). 12 pz erano portatori di catetere vescicale a permanenza da 2 a 5 mesi prma dell’intervento. Dopo

l’intervento disostruttivo endoscopico I pazienti avevano un valore all’ IPSS e al QoL statisticamente

migliore prispetto a prima. Dopo un mese tutti i pz presentavano minzione spontanea. Nonostante la

minzione spontanea, 6 dei pazienti precedentemente portatori di catetere vescicale a permanenza,furono

addestrati per autocateterismo intermittente a causa di un residuo patologico. Le complicanze peri e post-

operatorie erano sovrapponibili a quelle della popolazione generale, eccetto per il rischio di

cateterizzazione nel primo mese dopo l’intervento (25%). TAB.1

Discussione La gestione del trattamento dei pazienti affetti da ipocontrattilità detrusoriale non neurogena è una

discussione aperta. Una terapia medica efficace non esiste ancora, mentre l’opzioe di un cateterismo a

permanenza o intermittente non è ben accettata dal paziente poichè influenza negativamente la qualità di

vita e per le complicanze a lungo termine.

Conclusioni L’intervento disostruttivo endoscopico o open, nonostante le opinioni discordanti in letteratura, è nella

nostra esperienza un trattamento efficace che dovrebbe essere sempre proposto al paziente affetto da

ipocontrattilità detrusoriale.

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243

P 241

VI SONO DIFFERENZE NELL’OUTCOME DELLA RESEZIONE PROSTATICA

TRANSURETRALE (TURP) IN PAZIENTI CON O SENZA RITENZIONE URINARIA?

G. Bondonno, P. De Angelis, B. Cavallone, D. Garrou, S. Zaramella, M. Favro, A. Volpe, C. Terrone

(Novara)

Scopo del lavoro Valutare i risultati della TURP in pazienti che abbiano avuto almeno un episodio di ritenzione urinaria o

portatori di catetere vescicale vs pazienti che non hanno mai manifestato episodi di ritenzione urinaria

acuta

Materiali e metodi Sono stati considerati retrospettivamente tutti i pazienti sottoposti a TURP per IPB nel biennio 2013-

2014. Sono stati esclusi i pazienti che avessero riportato una diagnosi incidentale di adenocarcinoma

prostatico, di tumore vescicale alla cistoscopia preliminare o con storia di stenosi uretrale. Sono stati

individuati i pazienti giunti all’intervento con catetere vescicale o con indicazione alla disostruzione per

ritenzione urinaria (gruppo A). Si è individuato un gruppo numericamente confrontabile di pazienti

consecutivi sottoposti a TURP in assenza di ritenzione urinaria (gruppo B). Tutti i pazienti sono stati

rivalutati ambulatorialmente con flussometria a 6 mesi dall’intervento. Il Mann-Whitney U test è stato

impiegato per comparare e correlare le variabili continue con distribuzione non parametrica. Il t test è

stato utilizzato per comparare le variabili con distribuzione parametrica. L’analisi statistica è stata

condotta mediante software XlsStatistics

Risultati Sono stati valutati 94 pazienti, suddivisi in 47 del gruppo A e 47 del gruppo B. Per i dettagli circa età,

comorbilità, terapia medica per IPB, studio preoperatorio con flussimetria e urodinamica, valori di PSA

preintervento e dimensioni dell'adenoma si veda la tabella 1. La valutazione ecografica vescicale ha

mostrato alterazioni in 27 casi (ispessimento parietale, diverticoli) nel gruppo A e in 20 casi (ispessimento

parietale) nel gruppo B. Il tempo operatorio medio è stato di 79 ± 33 minuti per il gruppo A e 63 ± 27

minuti per il gruppo B (p=0,01). Il tempo medio di cateterizzazione post-operatorio è stato di 3,6 ± 3

giorni per il gruppo A e 3,6 ± 3,5 giorni per il gruppo B (p=0,4). Le complicanze post-operatorie sono

state 8 nel gruppo A e 7 nel gruppo B. La flussimetria eseguita a 6 mesi dall'intervento ha evidenziato per

il gruppo A un Qmax medio di 19,9 ± 4 ml/s e per il gruppo B un Qmax medio di 25,8 ± 5 ml/s

(p=0,0009), con residuo post-minzionale in tutti i casi assente

Discussione Nella nostra esperienza i pazienti che giungono all’intervento con catetere vescicale o con ritenzioni

pregresse risultano essere più anziani e con maggiori comorbidità. In tali pazienti l’intervento

disostruttivo ha consentito di riprendere la minzione e di migliorare significativamente il flusso rispetto al

preoperatorio, con svuotamento completo della vescica. Tuttavia, il flusso massimo post operatorio è

risultato significativamente inferiore rispetto a quello dei pazienti senza catetere prima dell’intervento o

con anamnesi negativa per ritenzione urinaria

Conclusioni La TURP è efficace anche nei pazienti con ritenzione urinaria anche se in termini flussimetrici i risultati

sono migliori nei pazienti in assenza di ritenzione preoperatoria

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244

P 242

ENUCLEAZIONE TRANSURETRALE BIPOLARE MEDIANTE BOTTON TURIS (B-TUEP)

PER IL TRATTAMENTO DELL’OSTRUZIONE CERVICO – URETRALE SECONDARIO A

IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA. NOSTRA ESPERIENZA.

P. Tariciotti, L. Albanesi, B. Gentile, G. Mirabile, G. Rizzo, G. Vincenti, P. Alijani, R. Giulianelli (Roma)

Scopo del lavoro Valutare la sicurezza e l'efficacia dell’ enucleazione Transuretrale dell’adenoma prostatico mediante

Botton turis bipolare (B-TUEP) per il trattamento dell’ ostruzione cervico-uretrale secondario a iperplasia

prostatica benigna.

Materiali e metodi Tra luglio 2011- marzo 2012 lo stesso operatore ha eseguito 50 B-TUEP. Gli esami valutati nel pre e post

operatorio includevano: dosaggio PSA, IPSS,IIEF-5,QOL, Uroflussometria con studio del residuo post

minzionale(RPM) e l’ecografia prostatica trans rettale.Intraoperatoriamente,abbiamo valutato il tempo

chirurgico per eseguire la B-TUEP (enucleazione e il tempo di resezione). Perioperatoriamente abbiamo

valutato: dosaggio dell’Hb, tempo di cistoclisi, tempo di cateterizzazione, episodi di ritenzione urinaria

acuta, tempo di ospedalizzazione, necessità di nuovo ricovero o di nuovo trattamento endoscopico.

Risultati A tre mesi dall'intervento 82% dei pazienti ha presentato un miglioramento significativo di Qmax (p

<0,001). Dopo 6 e 12 mesi, il 80% e 83,3% dei pazienti, rispettivamente, hanno mantenuto il

miglioramento significativo (p <0,001). Rispetto agli endpoint secondari: anche IPSS, QOL,IIEF-5 e

RPM , hanno avuto un miglioramento statisticamente significativo rispetto ai valori basali. Non abbiamo

osservato un miglioramento statisticamente significativo rispetto ai valori di emoglobina prima e dopo

l'intervento chirurgico. Il tempo di cistoclisi è stato > 24 h <36h per circa il 80% dei pazienti, in un caso è

stato necessario una revisione chirurgica dell’emostasi.Il tempo di ospedalizzazione dopo l'intervento

chirurgico è stato meno di 48 ore in 88% dei casi. Il 6% dei pazienti ha richiesto un nuovo ricovero per

ematuria e altri 2 pazienti, dopo sei mesi, per sclerosi del collo vescicale, sono stati trattati con TUIP.

Discussione In letteratura non sono presenti lavori riguardo gli endpoint primari e secondari di questa nuova tecnica

che può risultare una valida alternativa alle tecniche innovative oggi in uso per il trattamento

dell'ostruzione cervico uretrale secondaria a iperplasia prostatica benigna.

Conclusioni L’enucleazione Transuretrale dell’adenoma prostatico mediante Botton turis bipolare (B-TUEP) con

Gyrus PK è una tecnica rapida e sicura e mostra risultati ottimali intra e post operatori.

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P 243

LA ENUCLEAZIONE CON LASER AD OLMIO DELL’ADENOMA PROSTATICO (HOLEP):

NOSTRA ESPERIENZA CON LA CURVA DI APPRENDIMENTO E SVILUPPO DELLA

TECNICA EN-BLOC NO-TOUCH

C. Cracco, M. Mendoza Sotelo, C. Scoffone (Torino)

Scopo del lavoro L’enucleazione con laser ad olmio dell’adenoma prostatico (HoLEP) è una opzione terapeutica sicura ed

efficace per il trattamento della iperplasia prostatica benigna. Ciononostante la HoLEP non è diffusa

come meriterebbe, essendo considerata difficile da eseguire e da imparare. In questo lavoro presentiamo

la nostra esperienza (2011-2014) con questa tecnica, descrivendo la curva di apprendimento presso il

nostro centro prima della tecnica classica di Gilling, poi di quella da noi sviluppata, la cosiddetta en-bloc

no-touch HoLEP.

Materiali e metodi Da 01/2011 a 12/2014 193 pazienti sono stati sottoposti a HoLEP presso la nostra S.C. Tra gli strumenti

utilizzati: resettore a flusso continuo 26F Storz con operativa laser, ottica 12°, fibra laser end-firing da

550 micron. Il laser ad olmio 100W Versapulse (Lumenis, setting 2J/50 Hz) è stato adoperato in quasi

tutti i casi tranne 3 (120W, setting 2J/30 Hz/long pulse length). Per la morcellazione è stato usato il

morcellatore meccanico Versacut (Lumenis) con un nefroscopio rigido Storz 26F. I pazienti sono stati

analizzati anno per anno. Età, tempo operatorio totale, tempo ed efficienza dell’enucleazione, tempo della

morcellazione, energia impiegata, peso dell’adenoma, durata del ricovero e complicanze sono stati

registrati. I dati sono stati sottoposti ad analisi statistica descrittiva.

Risultati La nostra curva di apprendimento ha visto un anno di esperienza iniziale con la tecnica tradizionale di

Gilling (n=19), e il successivo progressivo sviluppo della en-bloc no-touch HoLEP dal 2012 (n=34) al

2013 (n=79) al 2014 (n=60). Passare da 1-2 HoLEP/mese a >7/mese ha permesso un apprendimento più

veloce ed efficace. Con l’esperienza e la personalizzazione della tecnica step-by-step si sono accorciati i

valori medi di tempo operatorio totale (da 88 a 59 minuti) e di enucleazione (da 60 a 32 minuti), è

migliorata l’efficienza dell’enucleazione (da 0.7 a 1.8 g/minuto) ed è diminuita l’energia media erogata

(da 156 a 85 kJ), nonostante un maggiore peso medio degli adenomi trattati (da 43.5 a 58 g).

Discussione Meno energia erogata a livello di capsula prostatica durante l’enucleazione grazie all’approccio no-touch

(laserizzazione dei tralci di connessione tra adenoma e capsula a breve distanza dopo aver trovato il piano

giusto e iniziato il distacco con l’azione meccanica dell’endoscopio) implica minor rischio di

sintomatologia minzionale postoperatoria della fase di svuotamento. Il tempo di morcellazione è più

morcellatore-dipendente che operatore-dipendente, oltre che essere influenzato dalla composizione del

tessuto adenomatoso.

Conclusioni La en-bloc no-touch HoLEP è sicura ed efficace, e sembra più facile da eseguire ed imparare.

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P 244

EFFICIENZA DELLA HOLEP EN-BLOC NO-TOUCH NEL TRATTAMENTO DEGLI

ADENOMI PROSTATICI GRANDI E PICCOLI: 4 ANNI DI ESPERIENZA SU 201

PROCEDURE CONSECUTIVE

C. cracco, R. Russo, C. Scoffone (Torino)

Scopo del lavoro L’enucleazione con laser ad olmio dell’adenoma prostatico (HoLEP) è una opzione terapeutica sicura ed

efficace per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB), utilizzabile in prostate sia grandi sia

medio-piccole. Nel corso della curva di apprendimento la classica HoLEP a tre lobi di Gilling è stata

progressivamente modificata, e il risultato finale è la cosiddetta HoLEP en-bloc no-touch. Presentiamo in

questo lavoro la nostra esperienza di 4 anni con questa nuova tecnica, praticata su 201 pazienti con

adenomi prostatici da 10 a 290 grammi di peso.

Materiali e metodi Da 09/2010 a 12/2014 201 pazienti sono stati sottoposti alla HoLEP en-bloc no-touch presso la nostra

S.C. Tra gli strumenti utilizzati: resettore a flusso continuo 26F Storz con operativa laser, ottica 12°, fibra

laser end-firing da 550 micron. Il laser ad olmio 100W Versapulse (Lumenis, setting 2J/50 Hz) è stato

adoperato in quasi tutti i casi tranne 3 (120W, setting 2J/30 Hz/long pulse length). Per la morcellazione è

stato usato il morcellatore meccanico Versacut (Lumenis) con un nefroscopio rigido Storz 26F. Età,

tempo operatorio totale, tempo ed efficienza dell’enucleazione, tempo della morcellazione, energia

impiegata, peso dell’adenoma, durata del ricovero e complicanze sono stati registrati. I dati sono stati

analizzati con il 2-sample t-test di Student e i coefficienti di correlazione di Pearson sono stati calcolati.

Risultati Gli adenomi prostatici rimossi sono stati suddivisi in piccoli (<30 g, n=63), medi (30-80 g, n=106) e

grandi (>80 g, n= 32). L’età media è risultata sovrapponibile in tutti i gruppi (range 51-87 anni). E’ stata

osservata una forte correlazione fra peso dell’adenoma e tempo operatorio totale, di enucleazione ed

energia impiegata (un po’ più vantaggiosi per gli adenomi grandi), tempo di morcellazione. L’efficienza

dell’enucleazione (in media 1.8 g/min) tende a crescere con il peso dell’adenoma (da 1 g/min per gli

adenomi piccoli, a 1.6 per quelli medi a 2.2 per quelli grandi). Non si sono verificate complicanze

intraoperatorie maggiori; 6 pazienti (6%) hanno avuto sanguinamento postoperatorio che ha richiesto

revisione emostatica endoscopica; ci sono state 7 riapplicazioni di catetere vescicale dopo la rimozione

(4%); 1 paziente (0.5%) soffre di incontinenza urinaria a lungo termine.

Discussione La HoLEP è considerata una tecnica difficile da apprendere, per cui non è diffusa come meriterebbe data

la sua mini invasività ed efficacia. Lo sviluppo della variante tecnica di cui si presentano i risultati sembra

rendere più veloce e sicuro il suo apprendimento, con risultati soddisfacenti dal punto di vista clinico e

funzionale.

Conclusioni La en-bloc no-touch HoLEP è sicura ed efficace per trattare adenomi prostatici di ogni dimensione. E’

particolarmente efficiente nel trattamento degli adenomi di peso >80 g, rappresentando una valida

alternativa miniinvasiva alla adenomectomia prostatica a cielo aperto, ed è competitiva con la TURP per

il trattamento di adenomi di medie e piccole dimensioni.

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247

P 245

PROSTATECTOMIA ROBOTICA VERSUS LAPAROSCOPICA: RISULTATI DI UNO STUDIO

PROSPETTICO RANDOMIZZATO DOPO UN FOLLOW-UP DI 4 ANNI

C. Fiori, C. Fiori, I. MOrra, M. Manfredi, F. Mele, R. Bertolo, G. Cattaneo, M. Poggio, F. Ragni, D.

Amparore, E. Checcucci, R. Aimar, S. De Luca, F. Porpiglia (Orbassano)

Scopo del lavoro I risultati della prostatectomia robot assistita (RARP) rispetto alla prostatectomia laparoscopica standard

(LRP) sono stati raramente investigati mediante studi randomizzati. In un precedente lavoro abbiamo

riportato i dati di uno studio prospettico randomizzato in cui abbiamo paragonato i risultati perioperatori e

funzionali (con un follow-up limitato ad un anno) di RARP vs LRP. Scopo del presente lavoro è

presentare i dati del medesimo studio dopo un follow-up di 4 anni.

Materiali e metodi Dal gennaio 2010 al gennaio 2011, 120 pazienti con età compresa fra 40 e 75 anni carcinoma prostatico

organo confinato (cT1-2, N0, M0) a cui veniva proposto l’approccio chirurgico sono stati arruolati e

randomizzati in due gruppi: gruppo RARP e gruppo LRP. Tutte le procedure sono state eseguite con

approccio transperitoneale anterogrado da un singolo operatore. La continenza (definita come uso di 0-1

pad/die per sicurezza) e la potenza (definita per pazienti con IIEF5>17 con o senza l’ausilio di 5PDE-i)

sono state registrate dopo 1, 2, 3 e 4 anni (yrs) dalla chirurgia. Le percentuali di pazienti che hanno

presentato recidiva biochimica di malattia e sono stati sottoposti a radio/ormonoterapia sono state

registrate e confrontate. L’analisi statistica è stata eseguita mediante Student’s t-test, Mann-Whitney test,

Chi-Square test, Pearson Chi square test e multivariata.

Risultati I due gruppi (RARP = 60 pts e LRP=60 pts) erano sovrapponibili in termini di variabili demografiche e

oncologiche. La percentuale di continenza a un anno era pari a 95% e 83.3% rispettivamente nel gruppo

RARP e LRP (p<0.05). Tali percentuali non presentavano variazioni significative 2, 3 e 4 anni dopo la

chirurgia. (p>0.05 1yr vs 2, 3 e 4yrs in entrambe i gruppi). Tra i pazienti trattati con tecniche nerve-

sparing (35 in entrambe i gruppi), la ripresa della potenza si è registrata nell’ 80% e nel 54.2% dei casi

rispettivamente (p<0.05). Tali percentuali sono progressivamente cresciute fino a raggiungere l’88.5 % e

il 62.8% rispettivamente (p<0.05) senza che tale aumento raggiungesse la significatività statistica rispetto

al dato a un anno. L’analisi multivariata ha confermato che l’approccio chirurgico è fattore prognostico

indipendente per il recupero della continenza. Complessivamente 12 pazienti nel gruppo RARP e 11 nel

gruppo LRP sono stati sottoposti a radio/ormonoterapia (p>0.05).

Discussione Pochi studi in letteratura hanno paragonato RARP e LRP in modo prospettico. I risultati di questo studio

confermano i dati ricavati dal nostro precedente lavoro con follow-up ad un anno e sottolineano che la

prostatectomia robotica consente risultati funzionali (sia in termini di continenza sia in termini di potenza)

stabili e migliori rispetto alla LRP.

Conclusioni la RARP consente risultati funzionali migliori rispetto alla LRP anche nel follow-up di medio termine.

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248

P 246

PROSTATECTOMIA ROBOTICA VERSUS BRACHITERAPIA NEL TRATTAMENTO DEL

TUMORE PROSTATICO A BASSO RISCHIO: STUDIO PROSPETTICO RANDOMIZZATO

F. Gallo, E. Gastaldi, M. Schenone, G. Ninotta, P. Cortese, C. Giberti (Savona)

Scopo del lavoro La prostatectomia radicale (RP) e la brachiterapia (BT) sono due consolidate opzioni di trattamento del

tumore prostatico a basso rischio. Nessuno studio randomizzato ha paragonato la BT e la prostatectomia

robotica (RALP) che rappresenta, ad oggi, la più innovativa tecnica di RP. Basandoci su questi aspetti, il

nostro obiettivo è paragonare i risultati oncologici e funzionali dopo BT e RALP.

Materiali e metodi Criteri di inclusione: pazienti affetti da tumore prostatico a basso rischio, volume prostatico ≤ 50 g,

normale funzione urinaria (IPSS ≤ 7; mean flow rate ≥ 10 mL/sec) ed erettiva (IIEF > 17). 200 pazienti

sono stati randomizzati per sottoporsi a RALP nerve sparing bilaterale o BT. Il follow-up consisteva

nell’esame clinico, valutazione del PSA, compilazione dei questionari IPSS, EPIC e IIEF-5 a 1, 3, 6 e 12

mesi dall’intervento; ogni 6 mesi per i successivi 2 anni e quindi annualmente. Riportiamo i risultati

relativi alla comparazione tra tasso di recidiva biochimica, funzione urinaria e tasso di potenza durante i

primi due anni di follow-up tra i due gruppi di pazienti.

Risultati 2/100 e 3/100 pazienti del gruppo RALP e BT sono stati persi al follow-up, rispettivamente. Inoltre, 2

ulteriori pazienti del gruppo RALP sono stati esclusi dalla valutazione dei risultati in quanto sottoposti a

radioterapia adiuvante per il riscontro di una malattia extracapsulare (pT3b) all’esame istologico

definitivo. Complessivamente 96/100 e 97/100 pazienti del gruppo RALP e BT sono risultati valutabili

rispettivamente.

Discussione Riguardo ai risultati oncologici, una recidiva biochimica è stata riportata in 2/96 e in 3/97 pazienti

corrispondendo ad un tasso di sopravvivenza libera da malattia biochimica del 98% e 97% nel gruppo

RALP e BT, rispettivamente. Riguardo alla funzione urinaria, valori di IPSS significativamente più

elevati sono stati riscontrati nel gruppo BT (13.2 ± 7.3 - 6.3 ± 4.8) rispetto al gruppo RALP (5.6 ± 6.0 –

2.9 ± 2.3). Al contrario, i tassi di continenza sono risultati significativamente migliori nel gruppo BT

(98.9%) rispetto al gruppo RALP (91.8- 93.8%). Riguardo alla funzione erettiva, valori di IIEF-5

significativamente più elevati sono stati registrati nel gruppo RALP (16.7 ± 6.7 – 19.4 ± 7.9) rispetto al

gruppo BT (14.1 ± 8.7 – 16.2 ± 8.0) durante il follow-up.

Conclusioni Nonostante alcune limitazioni relative ai risultati oncologici, i nostri risultati tendono a confermare un

simile tasso di sopravvivenza libera da recidiva biochimica dopo RALP o BT nei primi due anni di

follow-up. Riguardo alla funzione urinaria, i pazienti sottoposti a BT hanno riportato un tasso di disturbi

irritativi minzionali significativamente maggiore ma una miglior continenza rispetto ai pazienti sottoposti

a RALP. Riguardo alla funzione erettiva, i pazienti sottoposti a RALP hanno riportato un recupero della

potenza sessuale significativamente migliore rispetto ai pazienti sottoposti a BT.

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P 247

PROSTATECTOMIA RADICALE IN PAZIENTI CON TUMORE DELLA PROSTATA

CLINICAMENTE LOCALIZZATO: RISULTATI DI UN SINGOLO CENTRO A 20 ANNI DI

FOLLOW-UP

G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, W. Cazzaniga, R. Bertini, P. Rigatti, F.

Cantiello, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Diversi studi hanno riportato eccellenti risultati riguardo la prostatectomia radicale (PR) in pazienti con

carcinoma prostatico (CaP) clinicamente localizzato. Tuttavia, i risultati a lungo termine sono tuttora poco

descritti. L’obiettivo del nostro studio è valutare i risultati oncologici in pazienti affetti da CaP a lungo

termine.

Materiali e metodi Lo studio ha incluso 529 pazienti trattati con PR tra il 1985 e il 1994. Le curve di sopravvivenza di

Kaplan-Meier sono state utilizzate per calcolare le percentuali di recidiva biochimica (BCR), recidiva

clinica (RC) e mortalità cancro-specifica (CSM). Analisi di sopravvivenza condizionata sono state

utilizzate per la BCR. Analisi di competing-risks sono state utilizzate per valutare le percentuali di CSM e

mortalità da altre cause (OCM) a 20 anni. Analisi multivariate di competing-risks sono state usate per

calcolare i fattori predittivi di CSM dopo aver considerato il rischio di OCM. Abbiamo valutato l’impatto

dell’intervallo trascorso dalla chirurgia alla BCR sul rischio di CSM. Infine, abbiamo valutato il rischio di

CSM nei pazienti con possibilità di sviluppare BCR dopo 10 anni di follow-up.

Risultati Il follow-up mediano era di 188 mesi. Le percentuali di sopravvivenza libera da BCR, RC e CSM a 20

anni erano 55.1, 71.6, and 78.2%. L’intervallo tra PR e BCR era di 86 mesi. Le percentuali di

sopravvivenza libera da BCR a 5 anni aumentano all’aumentare dell’intervallo di tempo passato dalla

chirurgia. L’intervallo mediano tra BCR e CSM era di 79 mesi. La percentuale di CSM aumentava

secondo la classificazione di rischio di D’Amico e l’età (da 3.3 a 30.9% per i pazienti con malattia a basso

rischio <65 anni vs. alto rischio ≥65 anni). Al contrario, le percentuali di OCM erano maggiori nei

pazienti più anziani con malattia a basso rischio se comparati ai giovani con malattia più aggressiva (79.2

vs. 16.6%). Il Gleason score patologico, l’invasione linfonodale, e l’invasione delle vescicole seminali

sono stati dimostrati essere associati al rischio di CSM (tutti P≤0.04). L’intervallo tra chirurgia e BCR era

un fattore predittivo di CSM (P=0.001), dove i pazienti che avevano una recidiva tardiva erano a ridotto

rischio di CSM se comparati a quelli che avevano una recidiva immediatamente dopo PR. Tuttavia, i

pazienti che avevano BCR dopo 10 anni dalla chirurgia (n=37; 6.9%) erano a rischio aumentato di CSM

se comparati a colori i quali erano liberi da BCR, anche dopo aver aggiustato per il rischio di OCM

(P=0.01).

Discussione La PR è associata a eccellenti risultati oncologici a lungo termine. L’età e la classificazione del rischio

secondo D’Amico rappresentano i principali fattori predittivi di sopravvivenza a lungo termine. I pazienti

che hanno BCR precoce sono ad aumentato rischio di CSM, tuttavia una percentuale significativa di

pazienti ha BCR tardiva.

Conclusioni A lungo termine i pazienti con BCR tardiva hanno un rischio aumentato di CSM.

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P 248

SOPRAVVIVENZA CANCRO SPECIFICA NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A

PROSTATECTOMIA RADICALE E MALATTIA AGGRESSIVA ALL’ESAME ISTOLOGICO

DEFINITIVO.

V. Vagnoni, R. Schiavina, C. Pultrone, M. Borghesi, H. Dababneh, M. Garofalo, F. Manferrari, M.

Marini, M. Giampaoli, A. Porreca, E. Brunocilla, G. Martorana (Bologna)

Scopo del lavoro Valutare la sopravvivenza cancro-specifica dopo prostatectomia radicale (PR) attraverso la combinazione

dei fattori di rischio sfavorevoli malattia correlati.

Materiali e metodi Nel periodo compreso tra novembre 1995 e aprile 2015, 2886 pazienti sono stati sottoposti a

prostatectomia radicale (open/ laparoscopica/robotica). Dopo aver escluso i pazienti sottoposti a

neoadiuvante, i pazienti Nx, e i pazienti con follow-up incompleto, sono stati valutati 615 pazienti con

almeno un fattore di malattia a prognosi sfavorevole (MPS) tra i seguenti: PSA preoperatorio ≥ 20 ng/ml,

Gleason score (GS) patologico 8-10 e malattia non-organo confinata allo specimen chirurgico

(interessamento delle vescicole seminali e/o margini chirurgici positivi e/o interessamento linfonodale).

Abbiamo valutato la sopravvivenza cancro-specifica (CSS) ed eseguito analisi uni- e multivariate.

Risultati L’età media è risultata di 65.6 ± 6.2 anni (mediana 66.4, range 44-78); il follow-up medio è risultato

67.6±45.7 mesi; la sopravvivenza cancro-specifica (CSS) a 5 e 10 anni è risultata del 94.0% e del 86.2%,

rispettivamente. Sono stati identificati 128 pazienti (20.8%) con interessamento linfonodale (N1). In

analisi univariata, il numero di fattori di MPS, l'età alla diagnosi, il PSA preoperatorio (<20 vs ≥20

ng/ml), il GS patologico (<8 vs 8-10), lo stadio patologico (

Discussione Non tutti i pazienti che presentano uno o più fattori di MPS hanno la stessa prognosi dopo prostatectomia.

Il numero di fattori di rischio di MPS risulta correlato alla CSS e globale in maniera significativa e

indipendente.

Conclusioni La nuova classificazione che considera il numero di MPS dovrebbe essere presa in considerazione per

valutare la prognosi e la terapia adiuvante dopo prostatectomia nei pazienti ad alto rischio di progressione

e di morte cancro-specifica.

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P 249

PROSTATECTOMIA RADICALE A CIELO APERTO ANTEROGRADA VS. RETROGRADA

PER ETP PROSTATA IN CASI AD ALTO RISCHIO: ANALISI DEI MARGINI CHIRURGICI

IN SETTECENTO PAZIENTI TRATTATI IN CENTRI DI RIFERIMENTO TERZIARI

C. Cini, M. Gacci, A. Mari, A. Sebastianelli, M. Salvi, M. Lanciotti, A. Minervini, M. Borghesi, G.

Martorana, E. Brunocilla, M. Carini, S. Serni, R. Schiavina (Firenze)

Scopo del lavoro Il carcinoma prostatico ad alto rischio presenta una storia naturale più aggressiva ed un maggior rischio di

margini chirurgici positivi (R+) a parità di esperienza del chirurgo. Scopo dello studio è valutare l’impatto

delle caratteristiche preoperatorie del paziente, della neoplasia e della tecnica chirurgica in termini di

margini chirurgici positivi (R+) in una serie prospettica di pazienti consecutivamente arruolati in due

centri di riferimento

Materiali e metodi Abbiamo analizzato i dati di pazienti con carcinoma prostatico ad alto rischio (secondo la classificazione

di D'Amico) sottoposti a prostatectomia radicale anterograda o retrograda in due centri di riferimento

terziario. Gli interventi sono stati eseguiti da operatori con oltre 100 procedure all’attivo. La positività dei

margini (R¬+) è stata definita come la presenza di cellule neoplastiche a livello del margine inchiostrato

all’analisi istopatologica del pezzo operatorio. Sono stati analizzati dati preoperatori (età, BMI, volume

prostatico, stadio clinico, PSA) e dati relativi alla biopsia (Gleason primario e Gleason score, n° frustoli

tot, positivi e % frustoli positivi). Il test Anova è stato utilizzato per l’analisi univariata: i dati significativi

sono stati inclusi in un’analisi di regressione logistica binaria

Risultati Da un database di 3333 pazienti ne abbiamo selezionati 706 con carcinoma prostatico ad alto rischio:

439/706 (62.1%) R- e 267 (37,8%) R+. Per il 77,1% dei pazienti R+ (206/267) è stata valutata la

molteplicità e l’estensione dei margini positivi. I margini chirurgici sono risultati positivi in 43/230

(18,6%) prostatectomie radicali anterograde e in 224/476 (47,1%) retrograde. Margini positivi multipli

sono stati evidenziati in 20/40 (50,0%) prostatectomie anterograde vs. 55/166 (33,1%) retrograde.

Analizzando questi dati con la regressione logistica binaria per i margini (positivi vs. negativi) abbiamo

rilevato come i pazienti con PSA>20 ng/mL (p=0,038, OR:1.620, 95% CI: 1.027-2.556), > 4 prelievi

bioptici positivi (p<0,001, OR: 3.208, 95% CI:2.026-5.079), sottoposti a RP retrograda (p<0,001,

OR:3.719, 95% CI:1.821-7.596) presentavano un rischio maggiore di R+ rispetto a quelli con PSA

≤20ng/mL, ≤4 prelievi positivi, sottoposti a RP anterograda. Alla regressione logistica binaria per R+

(multipli vs. singoli) il Gleason score bioptico (GSB) >6 è stato associato ad un maggior rischio di R+

multipli rispetto ad un GSB< 6 (p=0,018, OR:0379, 95% CI:0.170-0.846), mentre non sono emerse

differenze significative tra le due tecniche chirurgiche

Discussione I pazienti affetti da carcinoma prostatico ad alto rischio richiedono un intervento chirurgico impegnativo

eseguito da operatori esperti. Nella nostra casistica più di un terzo dei pazienti ha presentato R+ all’analisi

istopatologica del pezzo operatorio

Conclusioni La tecnica anterograda sembra più sicura, riducendo il rischio complessivo di R+. Tuttavia la presenza di

R+ multipli è correlata principalmente alla presenza di un elevato Gleason Score bioptico

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P 250

SOPRAVVIVENZA A LUNGO TERMINE DEI PAZIENTI CON INVASIONE DELLE

VESCICOLE SEMINALI ALLA PROSTATECTOMIA RADICALE: IMPORTANZA DI UN

APPROCCIO MULTIMODALE

R. Koussa, M. Moschini, G. Gandaglia, N. Fossati, A. Gallina, U. Capitanio, M. Bianchi, V. Cucchiara,

C. Cozzarini, N. Di Muzio, R. Karnes, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro L`invasione delle vescicole seminali(SVI)dopo prostatectomia radicale(RP) per tumore della prostata

(PCa) è un predittore di scarsa sopravvivenza.Storicamente,questi pazienti sono stati considerati affetti da

una rapida progressione di malattia,specialmente in presenza di un concomitante alto grado e/o presenza

di metastasi linfonodali.Abbiamo osservato la sopravvivenza a lungo termine di una serie di pazienti con

SVI ipotizzando la necessità di ottimizzare il controllo locale di malattia usando un approccio

multimodale

Materiali e metodi 3,279 pazienti con PCa e SVI sono stati trattati con RP in due centri tra gennaio 1990 e dicembre 2013.

Curve di Kaplan Meier sono state disegnate per analizzare il tempo alla recidiva biochimica, morte cancro

specifica e morte per tutte le cause. Inoltre, analisi di Cox univariate e multivariate hanno testato la

relazione tra il coinvolgimento locale di malattia includendo la positività dei margini chirurgici(PSM) e il

Gleason score(GS) con la recidiva biochimica di malattia(BCR),la morte per tumore della prostata e la

morte per tutte le cause.I modelli sono stati aggiustati considerando età,anno alla chirurgia, stadio

linfonodale,numero dei linfonodi positivi,margini chirurgici,radioterapia adiuvante e ospedale di

appartenenza

Risultati L`età media alla chirurgia era di 65 anni(mediana:66).Il GS era di 2-6 in 510 (16%) pazienti, 7 in

1,425(43%) e 8-10 in 1,150 (35%). In totale, 1,241(37.8%) pazienti avevano metastasi linfonodali e

713(21.7%) hanno ricevuto radioterapia adiuvante.Con un follow-up medio di 148 mesi,419

pazienti(12.8%) sono morti di PCa, 1,183 di ogni causa e 1,713 hanno sviluppato recidive biochimica. In

totale, i tassi di pazienti liberi da recidive a 8, 10 e 15 anni sono del 40%, 36% e 30% rispettivamente,

mentre i tassi di mortalità a 8, 10 e 15 anni sono del 89%, 86% e 79%, rispettivamente. In totale, 1,605

(48.9%) dei pazienti hanno PSM dopo RP. La presenza di PSM è un forte predittore di BCR(HR:1.54,

p<0.001), morte per PCa(Hazard ratio(HR):1.32, p=0.01) e morte per tutte le cause(HR: 1.18,

p=0.01).Allo stesso modo, altri fattori predittivi di morte per PCa sono stati: GS 8-10(HR:4.59),numero di

linfonodi positivi(HR:1.02),anno alla chirurgia (HR: 0.97),ospedale di appartenenza(HR: 0.16) e

radioterapia adiuvante(HR:0.73; tutti p <0.03).I pazienti che hanno ricevuto radioterapia adiuvante hanno

un tasso 1.4 volte superiore di morire di PCa se comparato a chi non ha ricevuto questo trattamento

Discussione Nella serie più grande in letteratura su pazienti con SVI,abbiamo trovato che la prognosi a lungo termine

non è invariabilmente scarsa.Inoltre,lo stato locale della malattia è stato dimostrato essere un

determinante per stabilire la sopravvivenza in questi pazienti.Per ottimizzare il controllo locale della

patologia,la radioterapia adiuvante ha mostrato un effetto benefico a lungo termine

Conclusioni Questi risultati dovrebbero essere tenuti in considerazione quando si pianifica un ottimale approccio

terapeutico in questa categoria di pazienti

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253

P 251

IMPATTO DELL’ESTENSIONE DELLA LINFADENECTOMIA SULLA SOPRAVVIVENZA

NEI PAZIENTI CON TUMORE PROSTATICO LOCALMENTE AVANZATO TRATTATI CON

PROSTATECTOMIA RADICALE

E. Zaffuto, M. Moschini, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Bianchi, A. Gallina, S. Luzzago, C. Cozzarini, N.

Di Muzio, R. Montironi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro L`effetto terapeutico della linfadenectomia pelvica durante prostatectomia per tumore prostatico è ancora

in discussione. Recentemente, alcune serie suggeriscono un ruolo potenziale della linfadenectomia sulla

sopravvivenza negli uomini con metastasi linfonodali. Considerando l`alto rischio di trovare metastasi

linfonodali evidenti o occulte nei pazienti con patologia localmente avanzata, abbiamo valutato il

potenziale beneficio di una più estesa linfadenectomia in questo gruppo di pazienti

Materiali e metodi Il nostro lavoro include 2,673 pazienti con stadio patologico pT3a/b trattati con prostatectomia radicale

presso un unico centro tra il gennaio 1985 e l`Agosto 2013. Curve di Kaplan Meier sono state disegnate

predicendo la sopravvivenza a 8 e 10 anni. Regressioni di Coxunivariate e multivariate hanno testato la

relazione tra il numero di linfonodi rimossi e la sopravvivenza cancro specifica dopo aver aggiustato per

tutte le variabili disponibili. Queste variabili includono: età, Gleason patologico, margini chirurgici,

numero dei linfonodi positivi, radioterapia adiuvante, ormonoterapia adiuvante e anno della chirurgia

Risultati L`età media dei pazienti era di 66anni (mediana:66.3), il numero medio di linfonodi rimossi era 17

(mediana: 16). Il follow-up medio e mediano era di 80e 72 mesi. 1,363 (51%) e 1,310 (49%) pazienti

hanno patologia pT3a e pT3b, rispettivamente.Metastasi linfonodali sono state trovate in 917 (34.3%)

pazienti. La sopravvivenza a 8 e 10 anni considerando la mortalità cancro specifica e per tutte le cause era

di 91.4 e 88.5% e 82.1 e 76.1%. All`analisi multivariata, il numero dei linfonodi rimossi predice

indipendentemente tassi ridotti di mortalità cancro specifica (Hazard Ratio [HR]: 0.96; p=0.04). Altri

predittori di mortalità cancro specifica erano il numero di linfonodi positivi (HR: 1.05), l`età` (HR: 1.06),

il Gleason 8-10 (HR: 3.77) e la radioterapia adiuvante (HR: 0.93) (tutti p <0.04).Quando abbiamo

considerate la predizione della mortalità per tutte le cause, l`età` (HR: 105, p=0.001), il Gleason

patologico (HR: 2.11, p=0.03) e l`anno alla chirurgia (HR0.92, p=0.001) sono stati trovati come predittori

significativi

Discussione Nei pazienti con stadio patologico pT3, la rimozione di un più alto numero di linfonodi durante

prostatectomia radicale è associata a un miglioramento del tasso di sopravvivenza cancro specifica

Conclusioni Questo sembra supportare indirettamente il ruolo di una linfadenectomia estesa in questo gruppo di

pazienti per migliorare la sopravvivenza nei pazienti che pre-operativamente hanno un significative

rischio di avere patologia localmente avanzata. Studi futuri sono necessari per validare questi risultati.

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P 252

ASSOCIAZIONE TRA FUMO DI SIGARETTA, RISCHIO DI MALATTIA CLINICAMENTE

SIGNIFICATIVA E RECIDIVA BIOCHIMICA IN PAZIENTI TRATTATI CON

PROSTATECTOMIA RADICALE PER CARCINOMA PROSTATICO

W. Cazzaniga, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, R. Colombo, R. Bertini, V. Mirone,

R. Damiano, F. Cantiello, F. Dehò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro L'associazione tra fumo di sigaretta e carcinoma prostatico (CaP), la sua aggressività e il rischio di

progressione di malattia dopo prostatectomia radicale è ancora dibattuta. Lo scopo del nostro studio è

stato quello di valutare l'associazione tra il fumo di sigaretta e il rischio di malattia sfavorevole oltre che

di recidiva biochimica (BCR).

Materiali e metodi Sono stati identificati 6.028 pazienti con CaP trattati con prostatectomia radicale tra Gennaio 1998 e

Agosto 2014. Sono state eseguite analisi di regressione logistica multivariata per verificare l'associazione

tra stato di fumatore (mai fumato vs. attuali fumatori vs. ex fumatori definiti come pazienti che smettono

di fumare almeno 6 mesi prima della chirurgia) e le caratteristiche della malattia. Abbiamo poi valutato

come endpoints l’invasione delle vescicole seminali, lo score di Gleason 8-10, l’invasione linfonodale e i

margini chirurgici positivi. Curve di Kaplan Meier hanno analizzato l'associazione tra stato di fumatore e

BCR (definita come due aumenti consecutivi del valore di PSA>=0.2ng/ml). Infine, dopo l'eliminazione

di fattori confondenti, analisi di Cox multivariate hanno testato l'associazione tra fumo e rischio di

recidiva biochimica.

Risultati L'età media dei pazienti era 64,6 anni. Il follow up era di 45 mesi. I fumatori sono risultati a maggior

rischio di invasione delle vescicole seminali (odds ratio [OR]: 1.27; P = 0.04), di Gleason 8-10 (OR: 1.49;

P = 0.01), di invasione linfonodale (OR: 1.47; P <0.01), e di margini chirurgici positivi(OR: 1.23; P =

0.03) rispetto a coloro che non avevano mai fumato. Allo stesso modo, i fumatori erano a più alto rischio

di invasione linfonodale (OR: 1.36; p = 0.03) rispetto agli ex fumatori. Gli ex fumatori non avevano un

rischio aumentato di avere una malattia con caratteristiche prognostiche sfavorevoli rispetto a chi non

aveva mai fumato (P≥0.07). I fumatori attuali avevano tassi di sopravvivenza libera da BCR

significativamente più bassi rispetto a chi non aveva mai fumato ed anche rispetto agli ex fumatori (61.0

vs. 73.0 vs 70.5, p = 0.04). All’analisi multivariata, i fumatori sono risultati essere a maggior rischio di

BCR dopo l'intervento chirurgico rispetto sia ai non fumatori che agli ex fumatori in due modelli diversi

che tengono conto sia di covariate preoperatorie (hazard ratio [HR]:1.26; p=0.03) che postoperatorie

(HR:1.14; p=0.04).

Discussione Il fumo ha un impatto significativo sul rischio di avere una malattia sfavorevole all’analisi istopatolgica

finale e sul rischio di BCR nei pazienti con CaP clinicamente localizzato.

Conclusioni Non fumare potrebbe prevenire caratteristiche sfavorevoli del tumore prostatico come molte altre

patologie legate al tabacco.

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P 253

RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE: CHI è A RISCHIO DI

MORIRE DI TUMORE PROSTATICO?

N. Suardi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, V. Cucchiara, A. Gallina, P. Dell'Oglio, C. Cozzarini,

N. Di Muzio, F. Cantiello, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Tra i pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (RP) che sviluppano una recidiva biochimica (BCR),

solo una minoranza di loro morirà di tumore prostatico. Abbiamo cercato di sviluppare un nuovo

strumento atto ad identificare i pazienti con BCR dopo intervento chirurgico a più alto rischio di mortalità

cancro-specifica (CSM).

Materiali e metodi AAbbiamo identificato 757 pazienti trattati con prostatectomia radicale tra il 1987 e il 2014 che hanno

sviluppato BCR durante il follow-up. Di tutti i pazienti sono stati valutati i dati clinici, patologici e del

follow-up. L’analisi di regressione multivariata di Cox ha identificato i predittori di CSM dopo BCR dopo

aver aggiustato l’analisi per le caratteristiche patologiche del tumore, il tempo trascorso dalla chirurgia

alla BCR, l'età in cui è avvenuta la BCR e la Charlson Comorbidity Index (CCI). I coefficienti dell’analisi

di regressione di Cox sono stati utilizzati per sviluppare un nomogramma per predire la CSM. La capacità

di discriminazione del nomogramma è stata quantificata con l'indice di concordanza di Harrell e con il

metodo del diagramma di taratura. Inoltre, 200 campioni sono stati utilizzati per la convalida interna. La

decision curve analyses (DCA) ha fornito una stima del beneficio netto ottenuto con questo modello.

Risultati L'età media alla BCR è di 68,8 anni. Il tempo mediano di BCR dopo l’intervento chirurgico è di 44,4 mesi

e il follow-up dopo la RP di 88 mesi. Dopo BCR, 75 pazienti (9,9%) sono morti di tumore prostatico

mentre 40 (5,3%) sono morti per altre cause. I tassi di sopravvivenza a 5 e 10 anni dopo BCR sono del

76,2 e del 65,6%. I tassi di sopravvivenza cancro-specifica (CSM) a 5 e 10 anni sono dell’82,6 e del

75,2%. All’analisi di regressione multivariata di Cox, la malattia non-organo confinata (hazard ratio

[HR]: 5.68; p= 0.01), un punteggio di Gleason compreso tra 8 e 10 (HR: 1.89; p= 0.001) e l’invasione

linfonodale (HR: 4.24; p <0,001) sono stati identificati come i predittori di CSM. L’età del paziente al

momento della BCR rappresenta un fattore predittivo aggiuntivo di CSM (HR: 1.03; p = 0.03). Abbiamo

successivamente incluso queste covariate in un nomogramma per predire la CSM dopo BCR. Questo

strumento ha ottenuto un c-index dell’83,2% alla validazione interna. La DCA ha mostrato che il nostro

nomogramma ha migliorato il beneficio clinico netto nei pazienti con un rischio di CSM dopo BCR tra il

5 ed il 50%.

Discussione Il rischio di morire per neoplasia prostatica non è uguale in tutti i pazienti che sviluppano BCR. Poter

identificare i pazienti a maggior rischio di CSM permetterebbe un miglior utilizzo di terapie di

salvataggio più tempestive ed aggressive.

Conclusioni Tra tutti pazienti che hanno sviluppato una BCR dopo prostatectomia radicale solo 1 su 4 morirà di

tumore prostatico. Abbiamo sviluppato e validato internamente uno strumento utile per selezionare quei

pazienti con recidiva clinicamente significativa che hanno una probabilità più elevata di morire di tumore

prostatico.

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P 254

FATTORI PREDITTIVI E RISULTATI ONCOLOGICI IN PAZIENTI CON PSA

COSTANTEMENTE ELEVATO DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA.

ESPERIENZA MONOCENTRICA DI UN SINGOLO CHIRURGO.

B. Rocco, K. Anup, E. De Lorenzis, F. Mistretta, S. Samavedi, R. Coelho, K. Palmer, V. Patel (Milano)

Scopo del lavoro I pazienti con PSA elevato dopo prostatectomia radicale robotica (RARP) hanno un maggior rischio di

recidiva biochimica (BCR) e di progressione di malattia. Scopo dello studio è stato valutare quali fattori

fossero associati a PSA elevato e BCR in pazienti sottoposti a RARP.

Materiali e metodi La popolazione è costituita da 5300 pazienti affetti da tumore prostatico localizzato sottoposti a RARP da

un singolo operatore da Gennaio 2008 a Luglio 2014. All’interno della popolazione sono stati identificati

162 pazienti con PSA costantemente elevato (gruppo A), definendo livelli elevati di PSA ≥ 0.1 ng/ml a 6

settimane dall’intervento, comparandoli con un gruppo di coorte con PSA indosabile, (gruppo B, PSA

<0.1 ng/ml). Sono state eseguite analisi di regressione logistica multivariata e univariata per valutare se ci

fosse un’associazione significativa fra variabili pre-intra-operatorie e patologiche ed il PSA

costantemente elevato. All’interno del gruppo A è stato inoltre indagato se ci fosse un’associazione tra

BCR e le diverse variabili considerate

Risultati All’analisi multivariata solamente i seguenti parametri erano associati in modo statisticamente

significativo alla presenza di PSA elevato dopo RARP: stadiazione clinica (p=0.01), Gleason Score

preoperatorio (p=0.001), stadiazione patologica (p=0.001); estensione extraprostatica (ECE) (p=0.01),

positività linfonodale (p=0.001), margini chirurgici positivi (PSM) (p=0.02), Gleason Score

postoperatorio (p=0.01). Il follow up medio è stato di 38.1 mesi. La BCR è stata significativamente

maggiore nel gruppo A rispetto al gruppo B ( 45.1% vs 7.9%; p<0.05). Il tempo medio di BCR è stato

significativamente minore nel gruppo A che nel gruppo B (rispettivamente 3.9 mesi vs 21.1 mesi;

p=0.01). All’analisi di regressione logistica multivariata nel gruppo A, il Gleason Score post operatorio, i

PSM e la salita del PSA post RARP erano significativamente associati alla BCR (p<0.001).

Discussione Nei pazienti sottoposti a RARP, fattori associati all’aggressività della malattia (PSA preoperatorio

elevato, GS ≥8; stage ≥T3, PSM e ECE) sono risultati predittivi della persistenza di PSA. Questi pazienti

con valori di PSA persistenti dopo RARP è più facile che presentino una BCR prima dei pazienti con

PSA indosabile dopo RARP. Tuttavia, nella nostra casistica, una parte significativa di pazienti con PSA

persistente (54.9%) non hanno presentato una BCR. Questi pazienti sono caratterizzati dalla presenza di

alcuni parametri favorevoli (discesa del PSA post RARP >0.05; Gleason score post operatorio <8; PSM

<3 mm).

Conclusioni Alcuni pazienti con PSA persistente dopo RARP possono non sviluppare BCR. In questa sottocategoria

di pazienti potrebbero essere evitate terapie adiuvanti. La conoscenza dei parametri favorevoli potrebbe

rivestire un ruolo durante il counseling preoperatorio riguardo i risultati oncologici.

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P 255

IMPORTANZA DEL VOLUME TUMORALE PER IDENTIFICARE PAZIENTI CON

METASTASI LINFONODALI AD ALTO RISCHIO DI PROGRESSIONE E MORTALITà

DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE.

A. Stabile, A. Nini, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, S. Luzzago, C.

Doglioni, M. Freschi, R. Lucianò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Il valore prognostico del volume tumorale nel tumore prostatico con metastasi linfonodali e` ancora non

chiaro. Questo studio ha l’obiettivo di testare l`abilità del volume tumorale nel predire la progressione di

malattia nei pazienti affetti da tumore prostatico con invasione linfonodale.

Materiali e metodi Abbiamo identificato 1,004 pazienti trattati con prostatectomia radicale e linfadenectomia pelvica per

tumore prostatico tra il 1991 e il 2013. Solo i pazienti con dati disponibili per quanto riguarda il volume

tumorale sono stati inclusi (n=344). Il volume tumorale è stato calcolato tramite ispezione visiva, in

accordo con le linee guida del College of American Pathologists. Le curve di Kaplan Meier sono state

utilizzate per valutare la recidiva biochimica (BCR) e l`insorgenza di metastasi. Le analisi di Cox

multivariate hanno testato l`impatto del volume tumorale sul rischio di sviluppare recidiva biochimica e

ricorrenza clinica. Le covariate incluse sono: stadio patologico, Gleason score, numero dei linfonodi

positivi, margini chirurgici positivi e radioterapia adiuvante. La stessa analisi è stata ripetuta dopo aver

stratificato i pazienti in base al numero di linfonodi positivi (<2 vs. ≥ 3).

Risultati Il valore mediano di volume tumorale era 10.6 ml. La mediana di linfonodi rimossi era 21 mentre il

numero mediano di linfonodi positivi era 2. 128 (37.2%) pazienti hanno ≥3 linfonodi positivi. Il follow-

up mediano era 41 mesi e i tassi di sopravvivenza liberi da recidive biochimica a 1, 3 e 5 anni erano di

88.4, 76.7 e 61.4% contro 90.9, 85.3 e 77.6%. All`analisi multivariata, il volume tumorale era associato

significativamente alla BCR (HR 1.03) e alla possibilità di sviluppare metastasi (Hazard ratio [HR]: 1.03;

tutte p≤0.001). Il numero dei linfonodi positivi (HR: 1.02) e la somministrazione di radioterapia adiuvante

(HR: 0.4) sono predittori di BCR e di recidiva clinica (p≤0.005). Quando abbiamo testato questi parametri

in accordo con l`estensione della patologia linfonodale, il volume tumorale era l`unico predittore di BCR

(HR: 1.04) e di metastasi (HR: 1.05; tutte p≤0.001) nei pazienti con <2 linfonodi positivi. Al contrario,

nessuna associazione è stata trovata per i pazienti con più di 2 linfonodi positivi (tutte le p ≥0.1). In

questo gruppo, soltanto la radioterapia adiuvante era associata alla BCR e allo sviluppo di metastasi

(entrambi HR=0.3; tutte p≤0.001).

Discussione Il volume tumorale rappresenta il più forte fattore predittivo di progressione tumorale negli uomini con

metastasi linfonodali e basso grado di invasione linfonodale alla linfadenectomia estesa.

Conclusioni Questi dati dovrebbero essere tenuti in considerazione nella selezione dei pazienti con basso volume

linfonodale che potrebbero necessitare di un approccio multimodale. Ulteriori studi con popolazioni più

numerose sono necessari per valutare nel corretto modo l`effetto del volume tumorale sulla

sopravvivenza.

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P 256

LA PET/TC CON [11C]COLINA PREDICE LA SOPRAVVIVENZA IN PAZIENTI CON

TUMORE PROSTATICO HORMONE NAïVE AFFETTI DA RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO

PROSTATECTOMIA RADICALE

A. Gallina, M. Picchio, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, V. Cucchiara, N. Suardi, M. Bianchi, C.

Cozzarini, N. Di Muzio, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro La PET/TC con Colina radiomarcata ha dimostrato utilià nel ristadiare pazienti con tumore prostatico

(PCa) che sviluppano ricorrenza biochimica (RBC). Lo scopo di questo studio è stato di stimare l’abilità

prognostica della PET/TC con [11C]Colina sulla sopravvivenza di pazienti con PCa hormone naïve e con

RBC dopo prostatectomia radicale (PR)

Materiali e metodi Questo studio ha incluso 302 pazienti con PCa hormone naïve trattati con PR e sottoposti a PET/TC con

[11C]colina dal 2004 al 2007 per RBC (PSA>0.2 ng/mL). Nessun paziente ha ricevuto alcuna forma di

terapia ormonale prima della ricorrenza. Analisi di regressione di Cox hanno stimato l’associazione tra i

risultati della PET/TC con [11C]Colina e la sopravvivenza specifica del PCa tenendo conto degli effetti

delle variabili clinico-patologiche. I coefficienti delle covariate inclusi nelle analisi di regressione di Cox

sono stati utilizzati per sviluppare un nuovo nomogramma

Risultati Il PSA mediano alla metodica di imaging è stato di 1.02ng/mL. Il follow up mediano è stato di 7.2 anni.

La PET/TC con [11C]colina è risultata positiva in 101 di 302 pazienti (33%). Il tempo mediano di

sopravvivenza specifica del PCa dopo PR è stato di 14.9 anni (95% CI, 9.7–20.1 anni) nei pazienti con

PET/TC con [11C]Colina positiva. La sopravvivenza mediana non è stata considerata nei pazienti con

PET/TC con [11C]Colina negativa. Il tasso di sopravvivenza specifica per PCa a 15 anni è stato del

42.4% (95% CI, 31.7%–53.1%) nei pazienti con PET/TC con [11C]Colina positiva e del 95.5% (95% CI,

93.5%–97.5%) nei pazienti con PET/TC con [11C]Colina negativa. Alle analisi multivariate, la PET/TC

con [11C]Colina (Hazard Ratio [HR]:6.36, 95% CI, 2.14-18.94,P<0.001) e il Gleason Score>7 (HR:3.11,

95% CI, 1.11-8.66,P=0.03) hanno predetto la sopravvivenza specifica per PCa. Un nomogramma validato

internamente ha predetto la probabilità di sopravvivenza specifica per PCa a 10 anni con l’accuratezza

dell’80%

Discussione La positività della PET/TC con [11C]Colina dopo fallimento biochimico predice la sopravvivenza

specifica per PCa in pazienti hormone naïve

Conclusioni Questi risultati supportano il ruolo della PET/TC con [11C]Colina nella ristadiazione del PCa per scopi

prognostici e nella guida all’individuazione del trattamento ottimale individualizzato di salvataggio

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P 257

TERAPIA ANTIAGGREGANTE E TECNICA ENDOSCOPICA LASER AL TULLIO PER IL

TRATTAMENTO DELL’IPERTROFIA PROSTATICA: STUDIO CASO-CONTROLLO IN

PAZIENTI IN TERAPIA ANTIAGGREGANTE SOTTOPOSTI A THUVEP

S. Casellato, S. Picozzi, A. Macchi, R. Stubinski, C. Marenghi, S. Nazzari, D. Ratti, L. Carmignani (san

donato milanese)

Scopo del lavoro Con il progressivo invecchiamento della popolazione la prevalenza di patologie vascolari, così come

quella dell'ipertrofia prostatica benigna, è in aumento. Negli ultimi anni il trattamento disostruttivo

prostatico laser sta emergendo come alternativa alla resezione transuretrale di prostata (TURP). Lo scopo

di questo studio è di valutare il decorso clinico dei pazienti in terapia anti-aggregante che sono stati

sottoposti ad enuclevaporizzazione della prostata mediante laser al tullio (ThuVEP).

Materiali e metodi A partire da Settembre 2011 abbiamo iniziato uno studio prospettico sui pazienti sottoposti a ThuVEP.

Tutti i partecipanti allo studio sono stati sottoposti a terapia chirurgica endoscopica laser per sindrome

ostruttiva da IPB e sintomi del basso tratto urinario. Questo studio confronta gli obiettivi chirurgici di 76

pazienti sottoposti a ThuVEP eseguite in pazienti in terapia anti-aggregante e 76 ThuVEP eseguite in

pazienti che non sono mai stati trattati con terapia antiaggregante prima dell'intervento.

Risultati Il gruppo dei casi include 74 pazienti in monoterapia antiaggregante con ASA 100 - 300 mg e 2 in

Ticlopidina. Non si è osservata nessuna differenza significativa nella durata dell'intervento. Un test di

confronto tra i due gruppi non è risultato statisticamente significativo riguardo alla riduzione della

concentrazione di emoglobina. Una terapia trasfusionale è stata richiesta in un solo caso tra il gruppo dei

pazienti in terapia antiaggregante, in nessun caso tra i pazienti del gruppo controllo. In nessun caso si

sono verificate complicanze cardiologiche (infarto acuto del miocardio, angina, insufficienza cardiaca e

shock ipovolemico). Un solo paziente nel gruppo dei casi è stato sottoposto ad un secondo intervento per

il controllo dell'emostasi. Durante il periodo dello studio un caso di ematuria si è verificato a due

settimane in ciascuno dei due gruppi ed è stato trattato in modo conservativo. Non si sono verificati

ulteriori sanguinamenti o eventi cardiaci.

Discussione La ThuVEP rappresenta una delle metodiche laser più promettenti grazie alla sua versatilità, alla breve

curva di apprendimento e alla efficacia dimostrata.

Conclusioni In questo studio viene dimostrato per la prima volta che pazienti sottoposti a ThuVEP, che hanno

proseguito la terapia antiaggregante, non hanno presentato un aumento significativo dell'incidenza di

morbilità associata a sanguinamenti perioperatori rispetto a pazienti che non hanno mai assunto terapia

antiaggregante.

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P 258

LA VAPOENUCLEAZIONE DI PROSTATA CON GREEN LIGHT HPS RIDUCE I SINTOMI

IRRITATIVI POST OPERATORI. CONFRONTO CON LA VAPORIZZAZIONE CON GREEN

LIGHT HPS.

S. Alba, V. Altieri, V. Aiello, M. Genovese, P. Verze, A. Inferrera , V. Mirone, F. Greco (Rocca di Neto)

Scopo del lavoro Confrontare la sintomatologia irritativa post operatoria in due gruppo di pazienti sottoposti a chirurgia

disostruttiva del tratto cervico uretrale con Green Laser HPS

Materiali e metodi Sono stati analizzati i database prospetticamente compilati dei pazienti sottoposti a Vaporizzazione

standard (PVP) e Vaporizzazione anatomica prostatica (VAP). Criteri di esclusione: utilizzo di

antimuscarinici, IVU con urinocoltura positiva. Entrambi i gruppi sono stati trattati con terapia antibiotica

profilattica, antinfiammatoria e antiedemigena per 7 giorni successivi l’intervento. Parametri analizzati:

Tempo chirurgico, Energia erogata, Qmax a tre mesi, IPSS a 1-3 mesi, VAS scale a post operatorio (P.O.)

– 1 mese per la valutazione della sintomatologia irritativa post operatoria, Indice di qualità della vita a 3

mesi (QdV), tempo di cateterizzazione, Q max a tre mesi

Risultati Dal Settembre 2014 all’ aprile 2015, 96 pazienti di età media 67 anni, sono stati sottoposti a chirurgia

disostruttiva cervico uretrale con Green Light HPS, 50 a PVP e 46 a VAP. Volume prostatico medio 63

cc. I valori medi dei parametri considerati sono stati i seguenti (PVP vs VAP): 1) Tempo vaporizzazione:

24 vs 32 minuti. 2) Energia erogata 243.000 J vs 319.000 J 3) IPSS 1 mese 11 vs 8 4) IPSS a 3 mesi 5 vs

3. 5) VAS P.O. 4 vs 2 6) VAS 1 mese 3 vs 1 7) QdV 1 vs 0 8) Cateterizzazione 1,7 vs 1,4 giorni 9) Q max

20 ml/s vs 26 ml/s Le differenze osservate fra i due gruppi nei parametri dell’energia erogata, tempo di

chirurgia, Q max, IPSS e VAS ad 1 mese sono risultate statisticamente significative a favore del gruppo

VAP

Discussione La Vaporizzazione anatomica, risparmiando una quota di energia laser diretta sulla capsula prostatica

rispetto alla vaporizzazione standard, riduce la sintomatologia irritativa post operatoria e risulta

emodinamicamente più efficace. Tuttavia a 3 mesi dall’intervento chirurgico i risultati risultano

sovrapponibili nei due gruppi osservati

Conclusioni La Vaporizzazione anatomica di prostata riduce la sintomatologia irritativa post operatoria rispetto alla

vaporizzazione standard

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P 259

EMBOLIZZAZIONE DELLE ARTERIE PROSTATICHE PER PAZIENTI PORTATORI DI

CATETERE VESCICALE A DIMORA NON CANDIDABILI A PROCEDURE CHIRURGICHE

O ENDOSCOPICHE: UN NUOVO TRATTAMENTO?

S. Secco, F. Barbosa, D. Di Trapani, C. Migliorisi, R. Vercelli, M. Nichelatti, A. Rampoldi, A. Galfano,

A. Bocciardi (Milano)

Scopo del lavoro Lo scopo del presente studio è di valutare l'efficacia e la sicurezza della embolizzazione delle arterie

prostatiche (PAE, prostatic artery embolization) in pazienti portatori di catetere vescicale (CV) a dimora,

considerati non trattabili chirurgicamente o endoscopicamente.

Materiali e metodi Studio prospettico, valutati i pazienti trattati con PAE dal novembre 2013 all'agosto 2014. Criteri di

inclusione: età>50 anni, non candidabilità anestesiologica a trattamenti endoscopici o chirurgici, CV a

dimora per disturbi minzionali, terapia medica in corso (a-litici o 5ARI) senza beneficio. Criteri di

esclusione: presenza di tumore vescicale o tumore prostatico. Dopo valutazione del paziente da parte di

un team multidisciplinare (urologi e radiologi interventisti) veniva posta l'indicazione alla PAE.

L'embolizzazione superselettiva della prostata è stata eseguita in accordo alla tecnica ‘‘PErFecTED’’

descritta da Carnevale. Il successo tecnico era definito quando l'embolizzazione selettiva delle arterie

prostatiche era bilaterale. Il follow up prevedeva RM o TC addome inferiore e uroflussometria a 3 e 6

mesi dopo la procedura e rivalutazione.

Risultati Abbiamo eseguito una PAE in 18 pazienti (età media 77, range 58-89). Tutti i pazienti sono stati dimessi

il giorno successivo alla PAE. Non ci sono state complicanze intra o peri-procedura. Abbiamo ottenuto un

successo tecnico in 16 pazienti (88%); una immediata embolizzazione bilaterale è stata possibile in 15

pazienti. Una embolizzazione monolaterale è stata invece eseguita per problemi anatomici. Il follow up

medio è stato di 6.4 mesi (range 4.5-11.6). Cinque pazienti (27.7%) hanno lamentato bruciore uretrale 48

ore dopo la procedura; 2 (11.1%) ha sviluppato una infezione del tratto urinario nel primo mese dalla

rimozione del catetere, 4 (22.2%) hanno avuto un episodio di ritenzione urinaria al primo tentativo di

rimozione del CV, trattato con posizionamento di nuovo catetere, definitivamente rimosso dopo 15 giorni.

Un successo clinico è stato ottenuto in 17 pazienti (94.4%). Il catetere è stato rimosso 17 giorni dopo la

PAE (range 15-31 days). Il volume medio della prostata prima della procedura era di 80.18 cc (range 34-

165 cc). Dopo la PAE (immagini disponibili di 10 pazienti) il volume prostatico era di 62.53 cc (range38-

123), riduzione risultata statisticamente signficativa (p=0.0078). Anche il valore del PSA si è ridotto in

modo significativo dopo la procedura (passando da una media di 2.25 a 0.89 ng/ml, p=0.0156).

Discussione La collaborazione con i radiologi interventistici può offrire a pazienti gravati anche da un CV a dimora un

trattamento mini-invasivo per la rimozione di quest’ultimo.

Conclusioni Il nostro studio, seppure preliminare, ha dimostrato la fattibilità, la sicurezza e l’efficacia della PAE nel

trattamento di pazienti con multiple comorbilità e CV a dimora, non candidabili a chirurgia o

endoscopica, in cui la terapia medica è risultata inefficace.

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P 260

EMBOLIZZAZIONE ARTERIOSA PROSTATICA VS. ADENOMECTOMIA PROSTATICA

TRANSVESCICALE: UN’ANALISI MATCHED-PAIRED DEGLI OUTCOME FUNZIONALI E

DELLE COMPLICANZE DOPO 1 ANNO DI FOLLOW-UP

S. Cimino, G. Russo, S. Privitera, D. Kurbatov, S. Sansalone, C. Salamone, L. Fiorino, G. Morgia

(Catania)

Scopo del lavoro Il trattamento chirurgico dell’Ostruzione Cervico-Uretrale (OCU), secondaria ad iperplasia prostatica

benigna (IPB) per volumi prostatici ≥ 80 cc sta radicalmente cambiando dalla convenzionale

adenomectomia transvescicale (ATV) a terapie chirurgiche mini-invasive, come l’HoLEP o più

recentemente come l’embolizzazione arteriosa prostatica (PAE). Sulla base di queste premesse, abbiamo

condotto un’analisi match-paired degli outcome funzionali e delle complicanze dopo 1 anno di follow-up

in pazienti sottoposti ad ATV o PAE.

Materiali e metodi Dal Gennaio 2006 al Gennaio 2013, abbiamo raccolto prospetticamente i dati di 287 pazienti consecutivi

affetti da OCU secondaria ad IPB. Abbiamo effettuato un confronto 1:1 utilizzando le variabili età, BMI,

PSA, volume della prostata (PV), picco di flusso (PF), residuo post -minzionale (RPM) ed IPSS,

includendo 80 pazienti sottoposti ad ATV ed 80 sottoposti a PAE. La tecnica di PAE è stata effettuata

come già riportato da Kurbatov D et al. Gli End-point primari dello studio riguardavano il confronto di

IPSS , IIEF-5, PF, RPM e IPSS - QoL dopo 1 anno di follow-up. Gli End-point secondari riguardavano il

confronto dell’emoglobina (Hb) post-operatoria, la durata della cateterizzazione, la durata del ricovero e

le complicanze (Clavien-Dindo classification).

Risultati Il confronto match-paired ha dimostrato valori più bassi di IPSS (5,0 vs. 9,0 ; p < 0,05 ), RPM (0,0 vs

20,0 ; p < 0,05 ), PSA (0,89 vs 2,1 ; p < 0,05 ), IPSS - QoL (0,0 vs. 3,0 ; p < 0.05 ) PF (23.82 vs. 16.89;

p<0.01) ed IIEF - 5 (14,0 vs 15,0 ; p < 0,05 ) dopo un anno di follow-up per il gruppo trattato con ATV.

Tra gli end-point secondari, abbiamo riscontrato più alti valori di Hb (mg/dl) post-operatoria (14.4 vs

11.0; p < 0,05 ) e valori più bassi di ospedalizzazione (giorni) ( 2,0 vs. 9,0; p < 0,05 ) e cateterizzazione

(giorni) (0,0 vs. 7,0; p < 0,05 ) per il gruppo trattato con PAE. La regressione logistica multivariata,

aggiustata per le variabili pre e peri -operatorie, ha dimostrato che la tecnica PAE era significativamente

associata a persistenza di sintomi (IPSS ≥ 8) (OR : 12.44 [ 95% CI : 5,5-12,89 ] ; p < 0,05) e di bassi PF

(PF ≤ 15 ml/s (OR : 4,95 [95 % CI : 1,73-14,15 ] ; p < 0,05 ) ad 1 anno dal trattamento. Sono state

riscontrate 25 (31.25%) complicanze nel gruppo ATV e 7 (8.75%) nel gruppo PAE (p<0.05).

Discussione La PAE è tecnica mini-invasiva associata ad una più bassa durata di cateterizzazione, ospedalizzazione e

minor complicanze se paragonate all’ATV. Tuttavia, essa è associata a persistenza di sintomi (IPSS ≥ 8 )

e di bassi PF (PF ≤ 15 ml/s) rispetto all’ATV.

Conclusioni Sulla base dei nostri risultati, è possibile proporre la tecnica PAE in pazienti molto selezionati, con

elevate comorbidità o in coloro che vogliono preservare la funzione sessuale ed eiaculatoria.

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P 261

RISULTATI PERIOPERATORI, ONCOLOGICI, FUNZIONALI E COMPLICANZE IN

PAZIENTI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOT-ASSISTITA:

ESPERIENZA DI 6 ANNI IN UN CENTRO A BASSO VOLUME CHIRURGICO.

G. Di Pierro, P. Grande, H. Danuser, A. Mattei (Roma, Lucerna, Italia; Svizzera)

Scopo del lavoro Riportiamo i risultati perioperatori, oncologici, funzionali e le complicanze in pazienti sottoposti a

Prostatectomia Radicale Robot-Assistita (RARP) presso il nostro centro a basso volume chirurgico (60

RARP/anno).

Materiali e metodi Da Novembre 2008 a Aprile 2015, 400 pazienti sono stati trattati con RARP per carcinoma prostatico

organo-confinato da un singolo chirurgo(AM) esperto in chirurgia open e laparoscopica. I dati clinici e

patologici sono stati raccolti in modo prospettico. Le complicanze sono state classificate secondo il

Sistema di Clavien modificato. La recidiva biochimica(BCR) è stata definita come due valori consecutivi

del PSA ≥0.2 ng/mL. La continenza urinaria e la potenza erettile sono state valutate mediante questionari

validati (ICSmaleSF e IIEF, rispettivamente). Solo i pazienti potenti prima dell’intervento, sottoposti a

RARP nerve-sparing e che non hanno richiesto alcuna terapia adiuvante(RT e/o ADT) sono stati valutati

per il recupero della potenza. I pazienti sono stati valutati a 3 e 12 mesi dopo l’intervento, poi

annualmente.

Risultati Il follow-up medio è stato di 36 mesi(IQR: 12-48). L'età media(±SD)è stata 64(±5.61) anni, il BMI

26.9(±3.74) kg/m2 ed il PSA preoperatorio 11.2(±11.3) ng/mL. L'esame istologico definitivo ha mostrato

uno stadio pT2 in 290(72%), pT3 in 108 (27%), e pT4 in 2(1%) pazienti, rispettivamente. Margini

chiurgici positivi(PSM) sono stati riscontrati nel 14%(57/400) dei casi, ed in particolare nel 9.8% dei

pT2(29/290). La mediana dei linfonodi rimossi è stata 17(IQR: 13-22) e l' 86.2% dei pazienti è risultato

libero da metastasi linfonodali. Una o piu complicanze sono state riscontrate nel 29.1%(117/400) dei casi.

Le complicanze minori (grado 1-2 sec. Clavien) sono state le piu frequenti ed osservate

nell'21.5%(86/400) dei pazienti. I casi di BCR sono stati 77/366(21%), con insorgenza mediana al 12

mese post-operatorio(IQR: 3-18); l'88% si è verificato entro 2 anni e il 97% entro 4. Un follow-up

completo per i risultati funzionali è disponibile per 370/400(92.5%) pazienti. Di questi, 364/370(98%)

presentano completa continenza urinaria, con un tempo mediano di recupero di 60 giorni(IQR:3-90). Nei

179/370(48%) pazienti potenti prima dell'intervento un recupero dell'erezione è stato osservato in

122/179(68%), con un tempo mediano di recupero di 90 giorni(IQR:90-240).

Discussione La RARP è oggi una procedura diffusa in tutto il mondo. I risultati della RARP in centri di riferimento

con elevato volume chirugico sono ampiamente descritti in letteratura, ma vi è scarsità di informazioni sui

risultati in centri con basso volume operatorio. Il nostro lavoro dimostra come i risultati relativi alla

RARP durante i nostri primi 6 anni di esperienza siano paragonabili a quelli documentati in serie

provenienti da centri ad elevato volume chirurgico.

Conclusioni Se eseguita da un chirurgo esperto, la RARP offre risultati soddisfacenti in termini di sicurezza della

procedura, radicalità oncologica e ripresa funzionale anche in un centro a basso volume chirurgico.

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P 262

RISULTATI FUNZIONALI DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA IN

PAZIENTI GIOVANI (≤ 55 ANNI) AFFETTI DA CARCINOMA PROSTATICO. E’ LA

CHIRURGIA PERFETTA NEI CANDIDATI IDEALI?

P. Casale, N. Buffi, G. Lughezzani, G. Fiorini, G. Giusti, G. Taverna, M. Sevesp, R. Hurle, R.

Peschechera, A. Benetti, S. Zandegiacomo, L. Pasini, L. Castaldo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro La migliore strategia per trattare giovani pazienti con diagnosi di carcinoma prostatico deve garantire il

controllo oncologico senza compromettere i risultati funzionali. Scopo di questo studio è valutare i

risultati della prostatectomia radicale robotica (RARP)su giovani pazienti.

Materiali e metodi Abbiamo arruolato 297 pazienti di età ≤55 anni con carcinoma prostatico clinicamente localizzato, tutti

preoperatoriamente continenti e potenti (baseline IIEF-EF >21) e trattati con RARP nerve sparing

bilaterale fra novembre 2007 e febbraio 2014. Il recupero della continenza urinaria (UC) è stato definito

come non necessità di assorbenti. Il recupero della potenza come IIEF-EF>21 nel postoperatorio. La

recidiva biochimica (BCR) è stata stabilita per valori di PSA >0,2ng/ml ed in incremento. L’analisi

statistica di Kaplan-Meier è stata usata per valutare la sopravvivenza libera da malattia ed il recupero

postoperatorio di continenza e potenza. Modelli di regressione statistica (Cox) sono stati adattati per

individuare i fattori predittori del recupero di continenza e potenza dopo aver stabilito volume prostatico,

BMI ed indice di comobidità di Charlson. IPSS (International Prostate Symptom Score) ed IIEF-EF

preoperatori sono stati aggiunti come covariate nella valutazione dell’outcome continenza e Potenza,

rispettivamente. Tutte le analisi sono state ripetute dopo stratificazione dei pazienti in gruppi di rischio

secondo la classificazione di D’Amico.

Risultati L’età media dei pazienti era di 51.7 anni (38-55). 178 (60%) e 119 (40%) pazienti avevano una malattia a

rischio basso ed intermedio. L’EF preoperatorio era ≥26 in 220 (74.1%) e 21-25 in 77 (25.9%). Margini

positivi sono stati riscontrati in 25 casi (8,4%). A 5 anni dall’intervento, il tasso di sopravvivenza libero

da recidiva biochimica di malattia era dell’87% e, più nello specifico, del 87% e del 88% nei pazienti a

rischio basso ed intermedio, rispettivamente (p:0,5). Il tasso di recupero della continenza a 1 e 2 anni è

stato del 84,2 e del 92%, rispettivamente. Il recupero della continenza è risultato del 65,5% ad un anno e

del 77,5% a due anni. Non sono state rilevate differenze significative nel recupero di continenza e potenza

a 2 anni fra i pazienti a rischio basso ed intermedio (p>0,6). All’analisi multivariata, il volume prostatico

e l’IPSS sono risultati associati col recupero della continenza dopo chirurgia (HR:1.02; 95% CI:1.00-

1.04; p=0.01 e HR:0.49; 0.25-0.96; p=0.03, rispettivamente). L’ IIEF-EF preoperatorio è risultato l’unico

fattore indipendente di recupero della Potenza dopo chirurgia (HR:2.12; 1.16-3.88; p=0.01)

Discussione Per pazienti a basso rischio, la possibilità di effetti collaterali legati al trattamento, soprattutto in termini

di completo recupero della potenza, vanno prese in considerazione strategie conservative come la

Sorveglianza Attiva

Conclusioni La RARP consente un eccellente controllo di malattia e ottimi outcome funzionali in giovani pazienti con

rischio basso ed intermedio per carcinoma prostatico.

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P 263

RECUPERO FUNZIONALE DOPO INTERVENTO DI PROSTATECTOMIA RADICALE

ROBOT-ASSISTITA IN PAZIENTI GIOVANI CON TUMORE PROSTATICO: LA

CHIRURGIA RAPPRESENTA IL TRATTAMENTO IDEALE?

G. Lista, N. Fossati, G. Gandaglia, P. Dell'Oglio, N. Suardi, N. Buffi, G. Lughezzani, A. Larcher, A.

Salonia, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Il trattamento ideale nei pazienti giovani con tumore prostatico non dovrebbe compromettere il recupero

funzionale. L’obiettivo di questo studio è di valutare il recupero funzionale di pazienti giovani trattati con

prostatectomia radicale robot-assistita (RARP) in un singolo centro per valutare la “performance” della

RARP tra i migliori candidati

Materiali e metodi Abbiamo identificato 297 pazienti di età ≤55 anni con tumore prostatico, sottoposti ad intervento di

RARP nerve-sparing bilaterale tra il 2007 e il 2014. Tutti i pazienti erano preoperatoriamente continenti

(no pannolini nelle 24 ore) e potenti (indice internazionale della funzione erettile -IIEF- ≥22). Il recupero

postoperatorio della continenza è stato definito come assenza di utilizzo di pannolini nelle 24 ore. Il

recupero della funzione erettile è stata definita come IIEF ≥22. La recidiva biochimica di malattia (BCR)

è definita come almeno due valori di PSA ≥0.2 ng/mL. Curve di Kaplan Meier sono state utilizzate per

valutare la sopravvivenza libera da BCR ed il recupero della continenza e dell’erezione postoperatoria nel

tempo. Analisi di Cox multivariate hanno valutato i predittori indipendenti di recupero della continenza e

della potenza. L’indice internazionale dei sintomi prostatici (IPSS) e l’IIEF sono stati considerati come

covariate quando abbiamo valutato rispettivamente i predittori indipendenti di recupero della continenza e

della potenza. Abbiamo ripetuto le stesse analisi dopo aver stratificato i pazienti in base alla

classificazione di rischio di D’Amico

Risultati L’età media è di 51.7 anni. 178(60%) pazienti hanno una malattia a basso rischio e 119(40%) hanno una

malattia a rischio intermedio. 220(74.1%) hanno un IIEF preoperatorio≥26, mentre 77(25.9%) hanno un

IIEF preoperatorio tra 21 e 25. 25(8.4%) pazienti hanno un margine chirurgico positivo. La sopravvivenza

libera da BCR a 5 anni è di 87% in tutta la popolazione,di 87% nei pazienti con malattia a basso rischio e

di 88% in quelli con malattia a rischio intermedio(p=0.5). 84.2% e 92% dei pazienti recupera la

continenza ad 1 e 2 anni. 65.5% e 77.5% dei pazienti recupera la potenza ad 1 e 2 anni. Non abbiamo

osservato una differenza significativa nel recupero della continenza e dell’erezione a 2 anni tra i pazienti

con malattia a basso e intermedio rischio (all p>0.6). All’analisi multivariata di Cox, il volume prostatico

e l’IPSS sono predittori indipendenti di recupero della continenza (HR:1.02, 95% CI:1.00-1.04, p=0.01;

HR:0.49, 0.25-0.96, p=0.03, rispettivamente). L’unico predittore indipendente di recupero della potenza è

l’IIEF preoperatorio (HR:2.12; 1.16-3.88; p=0.01

Discussione La RARP garantisce eccellenti risultati oncologici e funzionali nei pazienti giovani con malattia a rischio

basso ed intermedio. Tuttavia vi sono effetti collaterali, soprattutto in termini di recupero dell’erezione

Conclusioni Pertanto, anche nei candidati ottimali, strategie conservative come la sorveglianza attiva dovrebbero

essere consigliate nei pazienti con malattia a basso rischio

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266

P 264

CONFRONTO TRA PROSTATECTOMIA RADICALE NERVE-SPARING BILATERALE

EFFETTUATA CON TECNICA ROBOTICA ANTEROGRADA ED OPEN ANTEROGRADA:

RISULTATI DI UN SINGOLO CENTRO AD ALTO VOLUME CHIRURGICO.

M. Gacci, A. Mari, C. Cini, M. Lanciotti, L. Masieri, A. Minervini, T. Chini, P. Della Camera, J. Frizzi,

P. Spatafora, M. Carini, S. Serni (Firenze)

Scopo del lavoro Nelle ultime decadi molti centri di riferimento per il trattamento del tumore di prostata sono passati dalla

tecnica della prostatectomia robotica retrograda a cielo aperto alla prostatectomia radicale anterograda

robot-assistita (RARP). Nel nostro istituto abbiamo sempre praticato esclusivamente l’approccio

anterogrado per la prostatectomia radicale: prima a cielo aperto ed attualmente con assistenza robotica.

L’obiettivo del presente studio è di comparare i risultati, raccolti in maniera prospettica, della

prostatectomia radicale anterograda open (OARP) e della RARP, entrambi eseguiti con tecnica nerve-

sparing bilaterale presso il nostro centro di riferimento terziario.

Materiali e metodi Abbiamo selezionato 421 pazienti trattati con prostatectomia radicale nerve–sparing bilaterale nel nostro

centro con stadio clinico T1c-T2, PSA totale ≤ 10 ng/ml, Gleason Score bioptico ≤ 3+4, con un punteggio

preoperatorio IIEF > o = di 22. E’ stato effettuato un confronto tra OARP (n=136) e RARP (n=285) dei

risultati perioperatori e di follow up.

Risultati I pazienti presentavano caratteristiche preoperatorie equivalenti. I pazienti sottoposti a RARP

presentavano un tempo operatorio mediano più lungo (180 vs 130 min, p = 0.01), con minor perdita di

sangue (200 vs 650 ml, p< 0.001), minor degenza (4 rispetto a 6 giorni, p=0.01), tempo di

cateterizzazione ridotto (8 vs 15 giorni, p< 0.001) ed un tasso di complicanze chirurgiche

significativamente minore (4.6% vs 10.3%, p 0.02) rispetto al gruppo OARP. La continenza urinaria (≤1

pad/die) è stata raggiunta nel 99.3% degli uomini trattati con RARP e nel 97.9% di quelli trattati con

OARP (p=0.307), mentre il recupero della funzionalità erettile (IIEF-5≥17) è stato raggiunto nel 96.4%

delle RALP e nel 70.6% delle OARP. Nei pazienti sottoposti a RARP il recupero della continenza

urinaria è stato significativamente maggiore i primi 3 mesi di follow-up, mentre per il recupero della

funzionalità erettile lo è stato per i primi 6 mesi. (vedi immagine, *p<0.05).

Discussione I nostri dati confermano che la RARP è una tecnica chirurgica sicura, con perdite di sangue trascurabili,

limitato tempo di degenza postoperatoria e riduzione del tempo di cateterizzazione. Inoltre il recupero

della continenza urinaria e della funzionalità erettile è raggiunto più rapidamente nei pazienti sottoposti a

RARP rispetto a quelli sottoposti a OARP.

Conclusioni Nel nostro studio è stata riportata per la prima volta in letteratura l’esperienza prostatectomia anterograda

effettuata con approccio open e robotico in un singolo centro ad alto volume.

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P 265

CONFRONTO DEI RISULTATI ONCOLOGICI E DELLE COMPLICANZE

PERIOPERATORIE TRA PROSTATECTOMIA OPEN E ROBOTICA: MATCHED PAIR

ANALYSIS SU MILLE PROCEDURE ANTEROGRADE EFFETTUATE IN UN SINGOLO

CENTRO AD ALTO VOLUME.

C. Cini, M. Gacci, A. Mari, M. Lanciotti, L. Masieri, A. Minervini, T. Chini, P. Della Camera, J. Frizzi,

P. Spatafora, M. Carini, S. Serni (Firenze)

Scopo del lavoro Solo pochi centri urologici di riferimento per il trattamento del tumore di prostata hanno una casistica di

prostatectomie anterograde, realizzate dagli stessi chirurghi, con approccio sia open (OARP) sia robotico

(RARP). Lo scopo del nostro lavoro è di confrontare i risultati oncologici e le complicanze perioperatorie

tra OARP e RARP realizzate in un singolo centro di grandi dimensioni, in una popolazione di pazienti

con tumore di prostata a basso rischio.

Materiali e metodi Abbiamo escluso dalla nostro studio 950 OARP effettuate prima del 2002 per mancanza di dati e le prime

100 RARP effettuate, perché considerate come curva di apprendimento. Abbiamo dunque esaminato 632

OARP e 400 RARP praticate dagli stessi chirurghi dal 2002 al 2013. Sono stati inclusi solo uomini con

stadio T1 clinico, PSA ≤ 10 ng/ml e Gleason bioptico di 3+3 o 3+4. E’ stata eseguita una matched pair

analysis con una selezione di 300 pazienti per ciascun gruppo omogenei per età, BMI, Charlson score,

ASA score, Gleason score, PSA totale e rapporto prelievi positivi/totali bioptici. E’ stato quindi effettuato

un confronto delle complicanze perioperatorie, dei margini chirurgici positivi e della ripresa biochimica

di malattia.

Risultati Entrambi i gruppi di pazienti hanno presentato dati preoperatori simili; allo stesso modo lo sono lo stadio

patologico, la penetrazione della capsula ed il Gleason score patologico sono risultati sovrapponibili. Una

maggior percentuale di procedure radicali (non nerve-sparing) è stata praticata nelle OARP rispetto alle

RARP (28.7% vs 4.7%, p<0.001). Le RARP presentavano una significativa riduzione di : 1) perdite

ematiche stimate (200 vs. 860 ml, p < 0.001), 2) complicanze di tipo Clevien 3 (1.3% vs. 4.7%, p=0.02),

3) degenza ospedaliera mediana (4 vs. 6 giorni, p= 0.01). I pazienti sottoposti a RARP presentavano un

tasso significativamente più alto di margini chirurgici positivi rispetto a quelli trattati con OARP (20.7 %

contro 12.0%, p<0.001), mentre la positività bilaterale dei margini era uguale in entrambi i gruppi (12

casi, 33% per entrambi i gruppi). Tutti i pazienti avevano la stessa percentuale di ripresa di malattia

(4.3%) senza significativa differenza nel tempo mediano di comparsa della recidiva biochimica (11 vs. 12

mesi per OARP e RARP rispettivamente) nonostante la OARP avesse un follow-up medio più lungo

rispetto a quello della RARP.

Discussione La RARP ha dimostrato di offrire un minor sanguinamento, minor numero di casi di complicanze Clavien

3 e comporta una più corta degenza ospedaliera rispetto alle OARP. La presenza di margini chirurgici

positivi è maggiore nelle RARP, ma la presenza di margini positivi multipli e la ripresa di malattia

biochimica sembrano essere analoghe nelle due procedure.

Conclusioni La RARP sembra essere una procedura sicura con minor tasso di complicanze. Sono auspicabili nuove

future analisi per confermare la sicurezza oncologica della procedura.

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P 266

COMPARAZIONE DEI RISULTATI ONCOLOGICI E FUNZIONALI DELLA

PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA E OPEN NEI PAZIENTI CON MALATTIA A

INTERMEDIO E ALTO RISCHIO. ANALISI DI UN SINGOLO CENTRO.

G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, R. Damiano, W. Cazzaniga, N. Suardi,

F. Dehò, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Pochi studi hanno comparato i risultati perioperatori, funzionali e oncologici tra i pazienti con malattia a

intermedio e alto rischio trattati con prostatectomia radicale per carcinoma prostatico (CaP). L’ipotesi del

nostro studio è che i vantaggi tecnici associati alle tecniche mini-invasive possano portare a migliori

risultati complessivi.

Materiali e metodi Sono stati identificati 1,975 pazienti con CaP a intermedio e alto rischio secondo la classificazione di

D’Amico, trattati con prostatectomia radicale presso il nostro centro tra il 2008 e il 2014. Il recupero della

funzione erettile è stato definito come un dominio dell’International Index of Erectile Function EF (IIEF-

EF) ≥22. Il recupero della continenza urinaria è stato definito come l’assenza di pannolini durante le 24

ore. Analisi logistiche multivariate e regressioni di Cox sono state usate per valutare l’impatto della

prostatectomia robotica sui risultati perioperatori e funzionali. Analisi multivariate di Cox sono state usate

per valutare l’impatto della prostatectomia robotica sul rischio di recidiva biochimica (BCR, definita

come 2 rialzi consecutivi del PSA ≥0.2ng/ml) nei pazienti con malattia ad alto rischio. Abbiamo ripetuto

le nostre analisi dopo propensity-score matching per ridurre l’effetto di possibili bias di selezione.

Risultati L’età mediana alla chirurgia era di 64.8 anni. Il follow-up mediano era di 27 mesi. 1,162 (58.8%) and 813

(41.2%) pazienti sono stati trattati rispettivamente con chirurgia open e robotica. I pazienti trattati con

chirurgia robotica avevano minori perdite ematiche (250 vs. 800 ml, P<0.001), trasfusioni (4.6 vs. 14.8%,

P<0.001), e durata dell’ospedalizzazione (6 vs. 8 giorni, P<0.001). Nessuna differenza è stata osservata

nella percentuale di pazienti con complicanze gravi (Clavien III-V: 5.1 vs. 6.2%, P=0.2). Nelle analisi di

regressione logistica, la chirurgia robotica era associata a un minor rischio di trasfusioni e

ospedalizzazione prolungata (P<0.001). I pazienti trattati con chirurgia robotica avevano maggiori

percentuali di recupero della continenza urinaria (81.1 vs. 68.8%; P<0.001) e funzione erettile (66.3 vs.

49.5%; P=0.01) a 3 anni. All’analisi multivariata di Cox, la chirurgia robotica era associata a maggiori

probabilità di recupero della continenza (P<0.001) e funzione erettile (P=0.02). Quando abbiamo

considerato i pazienti ad alto rischio, nessuna differenza è stata osservata tra chirurgia robotica e open nel

rischio di BCR a 3 anni (P=0.6). Questo dato è stato confermato all’analisi multivariata e dopo

propensity-score matching (P>0.05).

Discussione La chirurgia robotica è associata a migliori risultati perioperatori e funzionali nei pazienti a intermedio e

alto rischio. I risultati oncologici a breve termine sono comparabili tra le due tecniche.

Conclusioni I benefici potenziali della chirurgia robotica devono essere rivalutati a un follow-up più lungo.

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269

P 267

LA PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA E’ ASSOCIATA AD UN PIU’ RAPIDO E

MAGGIORE RECUPERO DALLA CLIMACTURIA

P. Capogrosso, A. Serino, G. La Croce, E. Ventimiglia, L. Boeri, A. Pecoraro, M. Paciotti, G. Gandaglia,

A. Briganti, R. Damiano, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)

Scopo del lavoro L’obiettivo dello studio era di analizzare la percentuale ed i fattori predittivi di climacturia nei pazienti

sottoposti a prostatectomia radicale retropubica (RRP) o robot-assistita (RARP) per tumore della prostata

(PCa) organo-confinato

Materiali e metodi Sono stati analizzati dati completi di 666 pazienti con normale attività sessuale pre-operatoria sottoposti

ad RRP vs RALP. I pazienti sono stati invitati a completare un questionario di 28-item volti ad analizzare

la funzione sessuale (in particolare, funzione orgasmica; climacturia; sensazione di eiaculazione; dolore

all’orgasmo; caratteristiche morfometriche del pene). I pazienti hanno completato l’IIEF e l’ International

Consultation on Incontinence Questionnaire (ICIQ-SF). Le differenze in termini di tempo di recupero

dalla climacturia sono state analizzate tramite l’utilizzo del test dei ranghi logaritmici.

Risultati I dati delle RRP [n=313 (47%); media (SD) età: 62.2 (6.5) aa; range: 44-76] e delle RARP [n=353;

(53%); 62.0 (6.8) aa; range: 39-78] sono stati analizzati. Globalmente, 226 (33.9%) pazienti hanno riferito

climacturia ad un follow-up medio di 46-mesi; nessuna differenza in termini di percentuale di pazienti

con climacturia è stata osservata tra i pazienti RRP [108/313 (34.5%)] e RARP [118/353 (33.4%)].

Nessuna differenza in termini di volume di urine perse per orgasmo tra i pazienti RRP e RARP è stata

riscontrata [nel dettaglio, <5ml: 92 (82.9%) vs 104 (85.2%); <10ml: 15 (13.5%) vs 14 (11.5%); >10ml-

<50ml: 3 (2.7%) vs 3 (2.5%); e, >50ml: 1 (0.9%) vs 1 (0.8%), rispettivamente]. Globalmente, 127 (41%)

hanno recuperato un IIEF-EF≥22 dopo RRP vs 183 (59%) pazienti dopo RARP (x2 9.1; p=0.003). Al

contrario, al follow-up medio, il recupero della continenza urinaria non è risultato differente tra i due

gruppi [RRP vs RARP: 222 (67.1%) vs 261 (73.7%); x2 3.6; p=0.06]. All’analisi dei ranghi logaritmici la

tecnica RARP (HR: 2.8; p<0.001) il recupero della continenza urinaria (HR: 1.35; p=0.04) ed il recupero

dell’IIEF-EF≥22 (HR: 1.73; p<0.001) sono stati associati ad un più rapido recupero dalla climacturia.

Discussione Numerose disfunzioni sessuali associate alla RP, diverse dalla disfunzione erettile (ED), sono state

descritte. Data l’assenza di strumenti standardizzati, l’esatta incidenza di climacturia dopo RP è

sconosciuta, con intervalli del 20-93% a seconda delle differenti coorti pubblicate. Diversi studi hanno

comparato l’outcome funzionale associato ad RRP vs RARP. Tuttavia, le differenze tra RRP e RARP in

termini di disfunzioni sessuali diverse dalla ED non sono mai state analizzate.

Conclusioni Questi dati mostrano che un terzo dei pazienti sottoposti ad RP lamenta climacturia. Il recupero dalla

climacturia è maggiore e più rapido dopo RARP rispetto ad RRP e nei pazienti che recuperano una

soddisfacente funzione erettile e continenza urinaria.

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270

P 268

RUOLO DEL BMI SULLA CONTINENZA URINARIA NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A RARP

EXTRA-PERITONEALE

A. Boni, G. Cochetti, E. Lepri, E. Cottini, E. Mearini (Perugia)

Scopo del lavoro Valutare l’impatto del Body Mass Index (BMI) sulla continenza immediata (24 ore dopo la rimozione del

catetere vescicale) e a 1 e a 6 mesi in pazienti (pz) sottoposti a Prostatectomia Radicale Extra-peritoneale

Robotica (PRER) per carcinoma prostatico localizzato a basso rischio (PCa-BR)

Materiali e metodi Abbiamo analizzato retrospettivamente i dati di 200 pz sottoposti a PRER Tra Ottobre 2011 e Novembre

2014 con un follow-up minimo di 6 mesi. Tutti gli interventi sono stati eseguiti da un unico chirurgo

(E.M.) con conservazione del Velo di Afrodite a 360° e conseguente massimizzazione della lunghezza

uretrale, senza alcuna ricostruzione muscolo-fasciale. I pz sono stati suddivisi in 3 gruppi, 60 nel gruppo 1

con BMI <22, 65 pz nel gruppo 2 con 22 < BMI < 30 e 75 nel gruppo 3 con BMI > 30. Non vi erano

differenze significative riguardo le caratteristiche pre-operatorie (Tabella 1). Abbiamo valutato la

continenza urinaria 24 ore dopo la rimozione del catetere, a 1 e a 6 mesi dall’intervento. Continenti erano

definiti i pz pad-free, incontinenti quelli che usavano > 1 pad/die. La riabilitazione del pavimento pelvico

(RPP) veniva eseguita da tutti i pazienti incontinenti alla rimozione del catetere, senza ausili

farmacologici

Risultati La tabella 2 mostra i risultati della continenza urinaria nei tre gruppi. I tempi medi di esecuzione

dell’anastomosi uretro-vescicale, utilizzando sempre 2 semicontinue con Quill®, sono stati: 18,6 min per

il gruppo 1, 21,6 min per il gruppo 2 e 23,1 min per il gruppo 3. Il tempo di cateterizzazione medio è stato

omogeneo nei tre gruppi: 7,8, 7,6 ed 8,4 giorni rispettivamente. Abbiamo rilevato una differenza

statisticamente significativa (p<0,001) nel confronto tra il gruppo 1 e 3 rispetto al 2, quest’ultimo con

risultati migliori sia in termini di continenza immediata, che precoce. Seppure il gruppo 3 abbia risultati

assoluti inferiori, a 6 mesi nessuna differenza appare nel confronto tra i gruppi

Discussione A dispetto di molti studi che valutano i fattori predittori di incontinenza urinaria a più di 3 mesi

dall’intervento, pochi ne hanno valutato l’impatto sulla continenza ad 1 mese e su quella alla rimozione

del catetere. Con l’avvento della robotica è possibile una sempre maggiore conservazione delle strutture

muscolo-fasciali deputate alla continenza. Le caratteristiche dei pz, tra cui il BMI, costituiscano un fattore

favorente il recupero della continenza urinaria

Conclusioni Nella nostra esperienza i pz normopeso hanno una maggiore possibilità di continenza immediata e

precoce, suggerendo un possibile ruolo delle caratteristiche intrinseche dei pz su tale risultato funzionale

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271

P 269

LA LINFOADENECTOMIA PELVICA IN CORSO DI PROSTATECTOMIA RADICALE MINI-

INVASIVA NEL RISCHIO INTERMEDIO: ADERENZA ALLE INDICAZIONI DETTATE DAI

NOMOGRAMMI IN UNA CASISTICA MULTICENTRICA

F. Mistretta, E. De Lorenzis, A. Porreca, A. Celia, A. Antonelli, M. Falsaperla, C. Ceruti, A. Minervini, P.

Parma, S. Zaramella, S. Crivellaro, B. Rocco (Milano)

Scopo del lavoro L’indicazione ad eseguire una linfoadenectomia pelvica (LP) estesa in pazienti classificati come

intermedio rischio (IR) secondo la classificazione D’Amico non è ad oggi univoca. Lo scopo dello studio

è verificare se la pratica clinica odierna sia in linea con le indicazioni alla LP date dai due nomogrammi

più in uso, secondo Briganti e secondo il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (MSKCC), in una

popolazione di pazienti classificati come IR.

Materiali e metodi Da Dicembre 2009 a Febbraio 2013,1622 pazienti sono stati sottoposti a prostatectomia radicale mini-

invasiva in 11 centri urologici italiani. Sono stati retrospettivamente analizzati i dati stratificando i

pazienti secondo le classi D’Amico e focalizzando l’attenzione sui pazienti a IR. Di questi pazienti sono

stati calcolati i nomogrammi per il rischio di invasione linfonodale (RIL) secondo Briganti e MSKCC.

Sono state inoltre comparate le variabili caratterizzanti i nomogrammi confrontandole tra pazienti

sottoposti (Gruppo A) e non a LP (Gruppo B).

Risultati 303 pazienti a IR sono risultati valutabili per lo studio. Di questi, è stato calcolato un RIL > 5% in 81

(26,7%) e in 120 (39,6%) rispettivamente per il nomogramma di Briganti e per quello del MSKCC

(p<0.001). In 137 pazienti (45,2%) è stata eseguita la LP, mentre non è stata eseguita in 166 (54,8%). Nel

Gruppo A sono stati riscontrati un’età media minore e un valore di PSA medio maggiore rispetto al

Gruppo B (età: 65.4 + 6.2 vs. 70 + 4.2, p<0.001; PSA: 8.9 + 4.7 vs. 5.8 + 3.1, p<0.001). Nel Gruppo A è

stata osservata una prevalenza maggiore di pazienti con GS 7 rispetto al Gruppo B (GS 3+4: 52.6% vs

33.7%, p<0.001; GS 4+3: 19.7% vs 10.3%, p<0.05). Contrariamente, nel Gruppo B la maggior parte dei

pazienti avevano un GS 3+3 (56% vs. 27.7%; p<0.001). Nel Gruppo B la media di frustoli bioptici

positivi è risultata maggiore che nel Gruppo A (7 + 2.8 vs. 5.5 + 3.6; p<0.001). Nel Gruppo A è stata

riportata una prevalenza maggiore degli stadi clinici

Discussione Attualmente i criteri che suggeriscono di eseguire la LP non sono univoci e vi è disomogeneità nelle

indicazioni tra i vari centri. Dalla nostra analisi emerge come la LP sia stata eseguita in una percentuale

maggiore di pazienti rispetto a quella consigliata dai nomogrammi. Le variabili che sembrerebbero

implicate nella scelta della LP sono PSA e GS, mentre una maggiore età sembrerebbe far propendere per

la non esecuzione della LP, verosimilmente per la maggior complessità dell’intervento.

Conclusioni Ad oggi, l’indicazione ad eseguire la LP nei pazienti a IR sembrerebbe dettata più dall’esperienza clinica

basata sulle caratteristiche patologiche della malattia che dai nomogrammi. Dal nostro studio si evince

inoltre come la stratificazione dei pazienti candidabili a LP, soprattutto se di IR, dovrebbe essere basata

sulla probabilità di RIL piuttosto che sulle classi d’Amico.

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P 270

L’ANALISI INTRAOPERATORIA DELLE FROZEN SECTION RIDUCE IL TASSO DI

MARGINI CHIRURGICI POSITIVI NEL CARCINOMA PROSTATICO A RISCHIO

INTERMEDIO: RISULTATI DA UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A

PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA.

G. Lughezzani, N. Buffi, G. Fiorini, P. Casale, R. Hurle, G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Benetti, R.

Peschechera, S. Zandegiacomo, S. Proietti, L. Castaldo, L. Pasini, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)

Scopo del lavoro Indagare il ruolo dell’analisi delle frozen section intraoperatorie (IFS) nel ridurre il numero di margini

chirurgici positivi (PSMs) in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale robotica

Materiali e metodi Abbiamo raccolto prospetticamente i dati di 918 pazienti con carcinoma prostatico (PCa) clinicamente

localizzato, trattato con prostatectomia radicale robotica (RARP) e sottoposti ad analisi delle IFS fra il

2007 ed il 2014. L’analisi è stata eseguita da parte di un unico Anatomopatologo, valutando i margini

chinati della prostata (base, apice, parete postero-laterale).La positività delle IFS è stata definita dalla

presenza di almeno una ghiandola interessata da malattia sui margini. In caso di positività, il fascio

vascolo-nervoso ipsilaterale o comunque il tessuto adiacente sono stati asportati ed inviati per es

definitivo

Risultati Per 460 pazienti (50%), 415 (45%) e 43 (4,7%) è stata fatta diagnosi di PCa, rispettivamente a basso,

intermedio ed alto rischio. Una nerve sparing monolaterale e bilaterale è stata eseguita, rispettivamente, in

91 (10%) ed 802 casi (87%), mentre in 25 pazienti (3%) si è proceduto a prostatectomia extra fasciale. In

72 pazienti (7,8%), secondo esito dell’analisi delle IFS, è stato modificato intraoperatoriamente il piano

dei margini. PSMs sono stati riscontrati in 202 pazienti (22%), localizzati in apice (52/202; 26%), parete

laterale (94/202; 47%), base prostatica (31/202; 15%) e siti multipli (24/202; 12%). Margini positivi sono

stati riscontrati in 136 (18%) e 65 (41%) pazienti con stadio patologico pT2 e pT3 (p<0,001),

rispettivamente. Inoltre, margini positivi sono stati osservati in in 44 (13%), 133 (26%) e 13 (41%)

pazienti con Gleason Score 6, 7 e ≥8, rispettivamente (p<0,001). PSMs all’esame istologico definitivo

sono stati riscontrati in 105 casi (11%), risultando in una riduzione dell’11% del tasso di PSMs. Dopo

stratificazione secondo gruppi di rischio, la percentuale di margini positivi è scesa dal 20 al 9,1% nel

basso rischio; dal 24 al 14% nel rischio intermedio; dal 28 al 14% nell’alto rischio. Complessivamente, la

percentuale di margini positivi che poteva essere convertita in negatività è stata del 14% (121), mentre nel

7,8% dei pazienti (71) la positività è stata confermata. Il tasso di falsa negatività della IFS (riscontro di

interessamento dei margini all’es ist definitivo con margini intraoperatori negativi) è stato del 3,6% (33).

All’es definitivo, neoplasia del campione secondariamente resecato è stata riscontrata nel 22% dei casi

(45%): in 18 (20%), 26 (26%) ed 1 (8,3%) dei pazienti con malattia a basso, intermedio ed alto rischio,

rispettivamente (p: 0,19)

Discussione L'importanza dell'analisi intraoperatoria delle frozen section è ormai ampiamente riconosciuta.

Conclusioni L’analisi delle frozen section è uno strumento affidabile per ridurre il tasso di PSMs all’es istologico

definitivo, soprattutto nei pazienti con intermedio ed alto rischio. Ulteriori studi sono necessari per

valutarne l’impatto sull’outcome oncologico.

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P 271

ASSOCIAZIONE TRA UTILIZZO DI FROZEN SECTIONS INTRAOPERATORIE E MARGINI

CHIRURGICI DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOT-ASSISTITA: UTILITà

DELL’ESAME ESTEMPORANEO.

G. Lista, G. Gandaglia, N. Fossati, P. Dell'Oglio, G. Lughezzani, N. Buffi, A. Larcher, N. Suardi, C.

Doglioni, M. Freschi, A. Salonia, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro L’obiettivo di questo studio è valutare il ruolo della procedura intraoperatoria di frozen section(FS)nel

ridurre la percentuale di margini chirurgici positivi(PSM)nei pazienti trattati con prostatectomia radicale

robot-assistita(RARP

Materiali e metodi Abbiamo valutato 918 pazienti con tumore prostatico trattati presso un singolo centro tra il 2007 e il

2014. L’analisi delle FS è stata eseguita da un singolo anatomopatologo esperto, che ha analizzato l’apice,

la base e i margini postero-laterali della prostata, chinati. La FS è definita positiva se è presente almeno

una cellula neoplastica a livello della superficie chinata del campione di prostata esaminato. In caso di FS

positiva,il bundle neurovascolare omolaterale o il tessuto localizzato a livello del PSM veniva rimosso e

inviato come secondo campione per analisi istologica definitiva

Risultati 460 pazienti(50%) hanno una malattia a basso, 415(45%) intermedio e 43(4.7%) a rischio alto. 91(10%) e

802(87%) hanno ricevuto un intervento di RARP nerve-sparing monolaterale e bilaterale, rispettivamente.

Mentre 25(3%) hanno ricevuto intervento di RARP extrafasciale. In base all’esito della FS,72

pazienti(7.8%) non hanno ricevuto la nerve-sparing come stabilito preoperatoriamente.In 201

pazienti(22%), è stata identificata una FS positiva localizzata all’apice in 52(26%) casi, al margine

laterale in 94(47%), alla base in 31(15%) e in siti multipli in 24(12%). Una FS positiva è stata identificata

in 136(18%) con stadio patologico pT2 e in 65(41%)con stadio patologico pT3(p<0.001). Inoltre una FS

positiva è stata identificata in 44 pazienti(13%) con Gleason Score patologico (GS) 6, in 133(26%) con

GS 7 e in 13(41%) con GS≥8(p<0.001). 105(11%) avevano un PSM all’esame istologico definitivo.

Conseguentemente, c’è una riduzione dell’11% dei margini positivi. Dopo aver stratificato i pazienti in

base alla classificazione di rischio di D’Amico, la percentuale di PSM diminuisce dal 20 al 9.1% nei

pazienti a basso, dal 24 al 14% nei pazienti ad intermedio, dal 28 al 14% nei pazienti ad rischio alto. La

percentuale di pazienti con FS positiva che ha un esame istologico definitivo negativo è di

14%(n=121);mentre in 7.8%(n=71) l’esame istologico definitivo rimane positivo per infiltrazione

neoplastica. La percentuale di falsi negativi (definiti come pazienti che hanno un PSM all’esame

istologico definitivo ma con una FS negativa) è del 3.6% (n=33). All’esame istologico definitivo,sono

state identificate cellule neoplastiche nel secondo campione inviato all’anatomopatologo, in 22% dei

pazienti (n=45); nello specifico 18(20%) con malattia a basso rischio, 26 (26%) con malattia a rischio

intermedio ed 1 (8.3%) con malattia ad alto rischio (p=0.2)

Discussione L’analisi di FS è uno strumento affidabile che può essere usato durante RARP per ridurre la percentuale

di PSM all’esame istologico definitivo, soprattutto nei pazienti con tumore prostatico ad intermedio-alto

rischio

Conclusioni Sono necessari studi ulteriori che valutino l’impatto delle FS sull’outcome oncologico

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P 272

VALUTAZIONE SISTEMATICA COMPARATIVA DELLE CARATTERISTICHE DEI

MARGINI CHIRURGICI NELLA PROSTATECTOMIA RADICALE OPEN E ROBOT-

ASSISTITA: QUALI DIFFERENZE?

V. Cucchiara, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, P. Dell'Oglio, M. Bianchi, W. Cazzaniga, V.

Mirone, R. Damiano, N. Suardi, F. Dehò, E. Farina, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro Il nostro studio è volto a valutare il numero, l’estensione e la posizione dei margini chirurgici positivi

(PSM) nei pazienti trattati con le due tecniche chirurgiche: prostatectomia radicale open vs. robotica.

Materiali e metodi Abbiamo analizzato 4.368 pazienti con carcinoma prostatico sottoposti a un intervento di prostatectomia

radicale tra il 2005 e il 2014. 984 pazienti (22.5%) avevano margini positivi all’esame patologico dopo

l’intervento chirurgico. Abbiamo analizzato le caratteristiche dei margini includendo: la focalità (1

rispetto a ≥2), la lunghezza (mm) ed il sito (posteriore, postero-laterali, apice e collo vescicale). Il t-test ed

il test di Mann-Whitney sono stati utilizzati per confrontare le differenze statistiche tra le mediane e le

proporzioni calcolate sia per le variabili continue che per quelle categoriali. Le nostre analisi sono state

ripetute in pazienti con tumore prostatico ad alto rischio (n = 349). Infine, abbiamo eseguito delle sub-

analisi nei pazienti operati da un singolo chirurgo con un alto volume chirurgico (n = 138).

Risultati 203 (20.6) pazienti avevano una malattia a basso rischio, 432 (43,9) pazienti ad intermedio rischio mentre

349 (35.5) pazienti avevano una malattia ad alto rischio. 737 (74,9%) pazienti sono stati trattati con

tecnica a cielo aperto mentre 247 pazienti (25,1) sono stati trattati con tecnica robotica. Non è stata

osservata alcuna differenza statisticamente significativa tra le due tecniche chirurgiche per quanto

riguarda la percentuale di margini chirurgici positivi multifocali (≥2) (43,2 vs 35,9%; p = 0.7) o per

quanto concerne la loro misura (lunghezza media: 3.0 vs 2.6 mm; p = 0,6). Tuttavia, la proporzione di

pazienti con margini positivi situati all'apice è stata maggiore per la tecnica robotica (30,2 vs 22,8%; p

<0.001). Al contrario, i pazienti trattati con la tecnica tradizionale, avevano tassi più elevati di PSM

laterali rispetto alla tecnica robotica (56,3 vs. 41,0; p<0.001). Questi risultati sono stati confermati in

pazienti con malattia ad alto rischio, dove la percentuale di PSM situati all'apice è stata maggiore nella

tecnica robotica (34,3 vs. 20,4; P <0.001). D'altra parte, la focalità e l’estensione del PSM non differivano

tra i due approcci chirurgici nei pazienti ad alto rischio (p≥0.3). Infine, risultati simili sono stati ottenuti

quando la nostra analisi è stata svolta esclusivamente sui pazienti trattati da un singolo chirurgo.

Discussione La tecnica robotica fornisce i medesimi risultati rispetto alla tecnica a cielo aperto per quanto riguarda

l’estensione ed il numero di PSM anche nei pazienti con malattia più aggressiva. La posizione del PSM si

differenzia tra ORP e RARP. Infatti, la percentuale di PSM situati all'apice è più elevata nei pazienti

sottoposti a RARP.

Conclusioni I chirurghi dovrebbero ottimizzare la loro tecnica al fine di minimizzare il rischio di PSM a secondo

dell'approccio chirurgico utilizzato.

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P 273

QUANTO INCIDE LA TECNICA CHIRURGICA SUL RISCHIO DI MARGINI POSITIVI NEI

PAZIENTI CON CARCINOMA PROSTATICO CLINICAMENTE LOCALIZZATO? ANALISI

DI UN SINGOLO CENTRO.

E. Di Trapani, N. Suardi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, P. Dell'Oglio, V. Cucchiara, V.

Scattoni, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)

Scopo del lavoro La prostatectomia radicale robot-assistita (RARP) potrebbe migliorare la percentuale di margini chirurgici

positivi (PSM) rispetto all'approccio a cielo aperto (ORP). Tuttavia, i risultati provenienti dalla letteratura

sono basati su dati multi-istituzionali con grande variabilità non solo nell’approccio chirurgico, ma anche

per quanto riguarda l’analisi patologica. Abbiamo valutato il tasso di PSM tra RARP e ORP, su una

coorte di pazienti trattati in un unico centro di cura di terzo livello con tecnica chirurgica ed esame

istopatologico standardizzati

Materiali e metodi Lo studio ha incluso 6932 pazienti sottoposti a ORP (n=4995; 72,1%) o RARP (n=1936; 27,9%) tra il

1999 e il 2014. I pazienti sono stati stratificati in base ai gruppi di rischio D'Amico. I PSM sono stati

definiti in base alla presenza di cellule tumorali sul margine chinato. Abbiamo analizzato il tasso di PSM

in base all'approccio chirurgico utilizzato ed alla categoria di rischio. La percentuale di PSM è stata

valutata tra i pazienti operati da due chirurghi esperti (con più di 200 interventi effettuati) che

abitualmente eseguono sia RARP che ORP. Il test del chi-quadro è stato utilizzato per quantificare le

differenze nel tasso di PSM tra RARP e ORP. Le analisi di regressione logistica multivariata hanno

valutato l'impatto della tecnica sul rischio di PSM. Le covariate incluse nell’analisi sono: gruppo di

rischio, procedura di nerve sparing, aggressività del tumore e volume della prostata

Risultati 1494 pazienti hanno avuto uno o più PSM con un tasso di PSM del 21%. PSM sono stati rilevati in 1144

(22,9%) e 309 (16,0%) pazienti trattati rispettivamente con ORP e RARP (p <0.001). Il tasso di PSM è

stato di 13,8, 22 e 27,5% nei pazienti a basso, medio ed alto rischio. Quando i pazienti sono stati

stratificati in base ai gruppi di rischio preoperatori, la tecnica RARP ha mostrato, in maniera

statisticamente significativa, minori tassi di PSM nei bassi rischio (11,5 vs 15,2%, p=0,01) così come nei

pazienti a rischio intermedio (18,9 vs 23,3%, p=0,01). Il vero vantaggio della RARP è però stato

osservato nei pazienti ad alto rischio, dove il tasso di PSM è stato del 19,5% nella tecnica robotica

rispetto al 29,6% della tecnica chirurgica tradizionale (p<0.001). Quando le analisi sono state effettuate

nella coorte di pazienti operati da due chirurghi esperti, la RARP ha mostrato un tasso significativamente

inferiore di PSM solo nei pazienti ad alto rischio (19,3 vs 26,7%, p=0,04), mentre nei pazienti a basso o

intermedio rischio non è stato osservato alcun beneficio (p=0,14 e p=0,17, rispettivamente). All’analisi

multivariata, è risultato evidente come la chirurgia robotica rappresenti un predittore indipendente di

minori margini chirurgici positivi rispetto alla ORP (OR =0.79; p<0.001).

Discussione La RARP porta ad una significativa riduzione dei margini chirurgici positivi in tutte le categorie di

rischio.

Conclusioni Tuttavia, il vantaggio della RARP risulta essere ancor più evidente nei pazienti con malattia ad alto

rischio.

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P 274

PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOT-ASSISTITA IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A

PREGRESSA CHIRURGIA ADDOMINALE: RISULTATI PERIOPERATORI, ONCOLOGICI,

FUNZIONALI E COMPLICANZE NELL’ESPERIENZA DI UN SINGOLO CHIRURGO.

G. Di Pierro, P. Grande, H. Danuser, A. Mattei (Roma)

Scopo del lavoro Valutare l’impatto della pregressa chirurgia addominale sui risultati oncologici e funzionali, e le

complicanze in pazienti sottoposti a Prostatectomia Radicale Robot-Assistita (RARP)

Materiali e metodi Dal Novembre 2008 all’Ottobre 2012, 233 pazienti consecutivi sono stati sottoposti a RARP per

adenocarcinoma prostatico organo-confinato da parte di un singolo chirurgo(AM) presso il Luzerner

Kantonsspital. I dati sono stati raccolti in modo prospettico. Le complicanze sono state classificate

secondo il Sistema di Clavien modificato. La recidiva biochimica(BCR) è stata definita come due valori

consecutivi del PSA ≥0.2 ng/mL. La continenza urinaria e la potenza erettile sono state valutate mediante

questionari validati(ICSmaleSF e IIEF, rispettivamente). I pazienti sono stati valutati a 3 e 12 mesi dopo

l’intervento, poi annualmente. I pazienti con e senza pregressa chirurgia addominale sono stati confrontati

eseguendo una regressione logistica mediante Wilcoxon rank sum test, Wald Chi squared test e Fisher's

exact test. La significatività statistica è definita come p≤0.05

Risultati Dei 233 pazienti, 49 (21%) erano stati sottoposti a chirurgia addominale (Gruppo 1) e 184 (79%) a nessun

intervento (Gruppo 2). I due gruppi sono risultati sovrapponibili per tutte le variabili preparatorie. Il

follow-up minimo è stato di 2 anni. Non vi è stata alcuna differenza fra i due gruppi riguardo al tempo

operatorio medio(276 vs 272 min; p=0.734), numero di linfonodi asportati(16 vs 17; p=0.543),

percentuale di RARP nerve-sparing(75% vs 67%; p=0.071), durata media della degenza(8 vs 7.7 d;

p=0.598), rimozione del catetere vescicale in 5° giornata post-operatoria(98% vs 96%; p=0.653) e stadio

patologico del tumore. La percentuale di margini positivi per i gruppi 1 e 2 è stata del 24% e

14%(p=0.041). I due gruppi hanno mostrato simili tassi di complicanze(44% vs 41%; p=0.539). Il tasso di

sopravvivenza libero da BCR per i gruppi 1 e 2 è stato dell’84%(41/49) e dell’89%(164/184) (p=0.073). Il

tasso di continenza urinaria osservato è del 100%(49/49) e del 93%(171/184) (p=0.062), mentre un

recupero della funzione erettile è stato osservato nel 65%(18/28) e nel 62% (62/100) (p=0.672),

rispettivamente

Discussione Grazie alla crescente esperienza con la RARP e la sua comprovata efficacia, casi sempre più complessi,

come pazienti con pregressa chirurgia prostatica, sono oggi eseguiti con questo approccio. A tal riguardo,

i risultati del nostro lavoro dimostrano come la RARP risulti un intervento eseguibile in modo sicuro

anche in pazienti con pregressa chirurgia addominale. Infatti, non è stato osservato nè un incremento del

tasso di complicanze nè alcun effetto negativo sui risultati funzionali

Conclusioni La RARP è in grado di offrire risultati soddisfacenti in termini sia di sicurezza della procedura che ripresa

funzionale anche in pazienti con pregressa chirurgia addominale. In ogni caso, un follow-up a lungo

termine risulta necessario al fine di trarre conclusioni definitive riguardo ai risultati oncologici

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PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA CON APPROCCIO RETZIUS-SPARING IN

PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO RENALE.

S. Secco, A. Galfano, D. Di Trapani, G. Petralia, E. Strada, A. Bocciardi (Milano)

Scopo del lavoro Il trapianto renale (TR) è il trattamento di scelta per pazienti con insufficienza renale allo stadio finale. Il

tumore prostatico (pCA, prostatic cancer) rappresenta la neoplasia genito-urinario più comune nei maschi

sottoposti a trapianto. La prostatectomia radicale (open, laparoscopica, o con approccio robotico) è stata

in passato eseguita nei pazienti sottoposti a TR e già descritta. Questa chirurgia può però essere difficile e

possibilmente complicata per la presenza di aderenze. Particolare attenzione è necessaria per evitare danni

del graft, dell'anastomosi dell'uretere o uretero-vescicale. Modifiche tecniche sono state descritte per

ridurre le complicanze chirurgiche (posizionamento di cateteri ureterali, modifica nel posizionamento

delle porte, …). L'obiettivo del nostro studio e di riportare la nostra esperienza di prostatectomia radicale

robotica con approccio Retzius-Sparing (RS-RARP) nel trattamento del pCA localizzato in pazienti

sottoposti a TR.

Materiali e metodi Pazienti sottoposti a RS-RARP per pCA fra il settembre 2010 e il dicembre 2014. Analizzati i dati

demografici, dati peri e post-operatori, le complicanze e l’outcome oncologico.

Risultati Sette pazienti sono stati trattati con RS-RARP dopo TR; 1 di questi era un paziente trattato con TR

bilaterale. Il valore mediano del PSA era 11,6 (range 4-189) ng/ml; la classificazione di rischio sec.

D'Amico era 1 in 2 , 2 in 2 and 3 in 2 pazienti, rispettivamente. Il tempo operatorio medio alla console è

stato di 99 (range 80-120) min; la linfadenectomia bilaterale è stata eseguita in 3 pazienti, monolaterale in

1 (per la presenza del graft a livello dell’arteria iliaca esterna). Le perdite ematiche medie sono state pari a

150 (range 50-300) mL. Tutti I pazienti sono stati dimessi in 3 giornata post-operatoria (POD, post-

operative day), senza modifiche nella creatininemia o nella GFR salvo 1 in cui abbiamo rilevato una

complicanza di grado IV sec Clavien-Dindo (sepsi, nuovo ricovero in 12 POD). Il catetere è stato rimosso

in 7 POD. L’esame istologico finale è stato pT2c Nx in 3, pT2c N0 in 2, pT3a N0 in 1 and pT3b N1 in 1

patiente, rispettivamente. Dopo un follow up di 15 mesi, 2 pazienti sono stati trattati con una radioterapia

adiuvante. Tutti i pazienti (eccetto 1 che ha eseguito una radioterapia adiuvante e terapia ormonale) sono

risultati continenti. 2 pazienti che erano potenti prima dell’intervento lo sono risultati anche in seguito,

con l’utilizzo di i-PDE5 on demand.

Discussione L’intervento di prostatectomia radicale può spesso essere offerto come trattamento in pazienti con TR.

L’approcchio chirurgico può però risultare difficile. La tecnica RS-RARP, grazie ad un differente accesso

rispetto alle tradizionali tecniche, sembra essere la più idonea non richiedendo neppure modifiche

tecniche nella sua esecuzione.

Conclusioni La nostra serie dimostra come l’approccio RS-RARP sia fattibile, sicuro, e garantisca eccellenti risultati

funzionali ed oncologici nei pazienti affetti da pCA precedentemente sottoposti a TR.

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VALUTAZIONE DEI DIVERSI DEVICES PER DISSEZIONE DELL’APICE PROSTATICO IN

CORSO DI PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA: RECUPERO PRECOCE

DELLA CONTINENZA URIANRIA E RISULTATI ONCOLOGICI

A. Leto, A. Pastore, G. Palleschi, L. Silvestri, A. Fuschi, A. Ripoli, Y. Al salhi, D. Autieri, V. Petrozza,

A. Carbone (Latina)

Scopo del lavoro Il trattamento dei pazienti con carcinoma prostatico è evoluto notevolmente nel corso degli ultimi dieci

anni, soprattutto in termini di minimizzazione degli impatti negativi sulla funzione erettile e continenza

urinaria. Nuovi dispositivi chirurgici, come dissettori e bisturi emostatici, consentono una precisa

definizione del campo chirurgico con dissezione più fine e conseguente miglioramento dei risultati

oncologici e funzionali. Le forbici monopolari (MS), i bisturi ad ultrasuoni (US) e a radiofrequenze (RF)

sono i dissettori più largamente utilizzati in corso di prostatectomia radicale laparoscopica (LRP).

Nonostante l'uso diffuso di questi strumenti, pochi studi hanno confrontato questi dispositivi in termini

oncologici e funzionali. Scopo dello studio è valutare in modo prospettico l'impatto di bisturi MS, RF, e

US sullo stato oncologico dell'apice, sul recupero della continenza urinaria nei pazienti sottoposti a LRP

extraperitoneale.

Materiali e metodi Tra settembre 2009 e aprile 2013 sono stati complessivamente arruolati 150 uomini affetti da carcinoma

prostatico localizzato.I pazienti sono stati randomizzati in: gruppo A (RF; n = 50), gruppo B (US; n = 50),

o il gruppo C (MS; n = 50). Tutti gli interventi sono stati eseguiti per via extraperitoneale con tecnica

nervesparing bilaterale (intrafasciale),come originariamente descritta da Stolzenburg. Dopo l'intervento

abbiamo valutato i giorni di cateterizzazione, la presenza di margini positivi a livello dell'apice prostatico

ed il recupero della continenza urinaria. Quest'ultimo è stato valutato a 90 e 180 giorni dopo la LRP

utilizzando il questionario autosomministrato ICIQ-UI-SF.

Risultati Non sono state osservate differenze significative in termini di: tempi operatori (p=0,9433),perdita di

sangue (p=0,9681)e degenza post-operatoria (p=0,9257).Analogamente alla positività dei margini

chirurgici,non sono state riportate differenze significative in termini di positività a livello dell’apice

prostatico(p=0.3965).Inoltre, non sono state osservate differenze in termini funzionali,come riportato dai

punteggi ICIQ a 3(p = 0.7456) e 6 (p = 0,1782)mesi dopo l’intervento chirurgico.

Discussione I tassi di incidenza di incontinenza urinaria dopo prostatectomia radicale variano notevolmente dal 2,5

all'87% e differiscono notevolmente a seconda della durata del follow-up e la tecnica chirurgica utilizzata.

Nonostante il largo impiego di utilizzo dei diversi devices per dissezione/emostasi nella LRP nessuno

studio aveva confrontato tali scalpelli in termini di recupero della continenza urinaria. Abbiamo

dimostrato l'assenza di differenze statisticamente significative tra i vari devices sia dal punto funzionale

(continenza urinaria) che oncologico (margine apicale positivo).

Conclusioni Il nostro studio rappresenta la prima valutazione del recupero della continenza rispetto ai diversi

dispositivi utilizzati per la dissezione dell'apice prostatico nella LRP. I risultati oncologici, funzionali ed

operatori non hanno dimostrato differenze significative.