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Società Agricola Fileni Srl Unipersonale Studio di Impatto Ambientale Allevamento Cannuccia

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Gruppo di lavoro:

Progettazione: Studio Tecnico Associato Marchegiani, Brunori, Fabrizi e Pesaresi;

Progettazione impianto elettrico ed energetico: WEPLAN;

Coordinamento SIA e Quadro di riferimento programmatico: Geom. R. Marchegiani e Dr. Euro Buongarzone;

Quadro di Riferimento progettuale e coerenza con lo strumento urbanistico: Geom. Roberto Marchegiani e Dr. Euro Buongarzone;

Quadro di Riferimento Ambientale

– Atmosfera: Ing. Giorgio Domizi

– Suolo e sottosuolo: Studio Geologico Tecnico Dott.R.Ricci - Dott.D.Stronati;

– Vegetazione, fauna ed ecosistemi: Dr. Euro Buongarzone;

– Paesaggio: Dr. Euro Buongarzone, Geom. R. Marchegiani

– Rumore: WEPLAN.

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QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE

1. PREMESSA

Nel Quadro di Riferimento Ambientale vengono identificate, analizzate e quantificate tutte le possibili interazioni fra il progetto di realizzazione dell’allevamento zootecnico e l’ambiente, evidenziando le mitigazioni che saranno attuate, descritte nell’ambito del Quadro di riferimento progettuale, che permetteranno di rendere accettabile e sostenibile l’eventuale impatto residuo.

Il lavoro è stato svolto seguendo un processo di lavoro scomponibile nell’indagine conoscitiva ed in una serie di analisi specialistiche.

L’analisi conoscitiva preliminare si è articolata nelle seguenti fasi:

Analisi del progetto nel suo complesso, evidenziando le azioni di progetto ed i fattori di impatto che possono avere interferenze con l’ambiente;

Individuazione di un ambito territoriale di riferimento (area vasta preliminare), nel quale ricadono tutte le potenziali influenze dell’opera; la caratterizzazione di tale area è stata effettuata sostanzialmente attraverso indagini bibliografiche

Individuazione dell’area di dettaglio, ricadente nell’ambito di area vasta, potenzialmente impattata dal progetto e nella quale gli studi specialisti sono stati condotti anche con l’ausilio di rilievi sul posto, misure e campionamenti.

Per ciascuna componente gli studi specialistici sono stati articolati come segue;

Caratterizzazione dello stato attuale;

Individuazione e valutazione degli impatti.

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2 INDAGINE CONOSCITIVA PRELIMINARE

2.1 Individuazione degli impatti e delle componenti ambientali coinvolte

Per individuare i possibili impatti ambientali del progetto e le componenti potenzialmente coinvolte è stata elaborata una matrice di attenzione volta ad evidenziare le possibili interazioni tra azioni di progetto/fattori di perturbazione e componenti ambientali sia in fase di costruzione sia in quella di esercizio.

Questa metodologia si presta particolarmente per la descrizione e l’analisi di sistemi complessi nei quali sono presenti numerose variabili. La struttura a matrice può inoltre semplificare i vari processi di approfondimento e verifica degli impatti.

A livello operativo, per valutare i dati in ingresso alla matrice coassiale degli impatti, sono state costruite una serie di liste di controllo (checklist), sia del progetto che dei fattori di impatto.

In particolare è stata individuata una checklist così definita:

Azioni di Progetto, definite anche attività di progetto, sono l'elenco delle operazioni intraprese per la realizzazione dell’allevamento zootecnico;

Fattori di Perturbazione fisici, chimico-fisici, bioogici, paesaggistici e socio-economici generati dalle diverse azioni di progetto;

Componenti/Sottocomponenti Ambientali, cioè l’elenco dei vari ambiti in cui è opportuno scomporre il sistema “ambiente” per meglio analizzare gli impatti dell’opera. Sulle varie componenti/sottocomponenti ambientali individuate nello Studio di Impatto Ambientale è stata valutata l’interazione tra opera e progetto, attraverso l’analisi quali-quantitativa degli impatti generati dai fattori di impatto. Tale valutazione ha tenuto in considerazione:

la scarsità della risorsa depauperata (rara-comune) e la capacità di ricostituirsi entro un arco temporale ragionevolmente esteso (rinnovabile-non rinnovabile);

la rilevanza e l’ampiezza spaziale dell’influenza che essa ha su altri fattori del sistema considerato (strategica-non strategica);

la “resilienza” ambientale o stabilità di resistenza: rappresenta la capacità di un ecosistema di resistere alle perturbazioni (disturbi) e mantenere la sua struttura e funzione intatte. La capacità di resilienza rappresenta la capacità di recupero quando il sistema è modificato da perturbazione."

2.2 Azioni progettuali e fattori di perturbazione

La realizzazione dell’allevamento, considerando sia la fase di costruzione che quella di esercizio, risulta scomponibile in una serie di azioni progettuali di potenziale impatto nei confronti dell’ambiente circostante, sia in maniera positiva, sia negativa.

Con la realizzazione degli interventi di mitigazione, gli impatti residui saranno notevolmente ridotti fino a diventare sostenibili per le varie componenti ambientali potenzialmente coinvolte.

L’interferenza di ogni singola azione progettuale con l’ambiente avviene attraverso determinati fenomeni, che costituiscono i cosiddetti fattori d’impatto. Questi possono interagire con una o più componenti ambientali.

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2.3 Interazione tra azioni progettuali e componenti ambientali

Di seguito si riporta la matrice a doppia entrata (Tab. 2/1) che evidenzia l’interazione fra le azioni progettuali, i fattori di perturbazione e le componenti ambientali che costituiscono una schematizzazione utile per la successiva stima dei relativi impatti sulle componenti ambientali potenzialmente coinvolte. Nella matrice gli impatti sono distinti in potenziali e permanenti, positivi e negativi.

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Tab. 2/1: Matrice di attenzione per l’individuazione degli impatti potenziali

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2.4 Area oggetto di studio

L’area di studio si differenzia fra un’area vasta e in un’area di dettaglio, nelle quali inquadrare tutte le potenziali influenze delle opere ed all’interno del quale sviluppare le analisi specialistiche riferite a ciascuna delle componenti ambientali individuate.

Le caratteristiche dell’area vasta individuata per il SIA devono essere le seguenti:

al di fuori del territorio definito dall’area vasta, qualsiasi potenziale interferenza indotta dall’opera sull’ambiente, deve essere sicuramente trascurabile;

l’area vasta deve comunque contenere tutti i ricettori sensibili ad impatti anche minimi;

l’area vasta deve essere sufficientemente ampia da consentire un inquadramento dell’opera nel territorio.

Il territorio indagato si colloca in un ambito collinare in destra alla valle dell’Esino, ricadente nel comune di Jesi.

L’area è a valle di un sistema calanchivo che caratterizza il paesaggio per la particolare forma morfologica e per il fatto che rappresenta una nicchia ecologica di elevata valenza per il manenimento della biodiversità.

Il territorio è ad uso agricolo con prevalenza delle specie erbacce avicendate. Si tratta di un uso estensivo che ha privilegiato la meccanizzazione la quale ha bisogno di campi ampi e privi di vegetazione. Quest’ultima è stata relegata ad una stretta fascia frammentaria lungo i fossi di diverso ordine e in corrispondenza delel scarpate.

Per lo studio di dettaglio dove i potenziali impatti possono essere più intensi, è sostanzialmente circoscritta all’azienda, la cui superficie ampia circa 83, riesce a contenere praticamente tutti gli impatti, rendendoli sostenibili con opportune mitigazioni e modalità di gestione degli animali. In pratica è stato considerato un territorio nell’intorno del fosso Strigeche solca al centro l’azienda, la quale confina a sud-ovest con un crinale dove ci sono alcuni insediamenti rurali, e negli altri tre lati con altre proprietà agricole.

Fig. 2.4/1: Area di studio di dettaglio

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2.5 Identificazione delle componenti ambientali interessate dall’opera

L’indagine per la caratterizzazione del territorio interessato dalla costruzione dell’opera ha riguardato le componenti ambientali maggiormente coinvolte dalla realizzazione del progetto.

A questo riguardo, considerando le caratteristiche peculiari dell’opera, illustrate nel Quadro di riferimento progettuale, si può osservare che le azioni progettuali più rilevanti, sia in fase di cantiere, sia in quella di esercizio, possono determinare fattori di impatto a carico della qualità dell’aria, della sottrazione di suolo, dell’interferenza sul paesaggio, della salvaguardia delle risorse idriche. I fattori di perturbazione che giocano principalmente nel determinare un impatto potenziale sono i consumi energetici, la gestione delle deiezioni e dei rifiuti, il rilascio di azoto e polveri in atmosfera, il traffico attratto, il consumo di acqua e la realizzazione delle infrastrutture. Per contro si realizza un cambio di indirizzo produttivo che permette di aumentare le unità lavorative impiegate nell’azienda, oltre a razionalizzare l’approvvigionamento di avicoli per il gruppo Fileni presente in zona, riducendo il trasporto degli animali da fuori regione.

In base a quanto sopra le componenti maggiormente coinvolte sono Qualità dell’aria, Ambiente idrico, Suolo e sottosuolo, Vegetazione, fauna ed ecosistemi, Paesaggio e Rumore.

2.6 Analisi delle componenti ambientali

Di seguito vengono brevemente illustrati i criteri adottati per l’analisi delle singole componenti ambientali e per la relativa stima dei potenziali impatti che si possono determinare con la realizzazione del progetto nel suo complesso.

Qualità dell’aria

Lo studio della qualità dell’aria è stata approcciata in modo differente a seconda se la valutazione ha riguardato ammoniaca (NH3), metano (CH4), protossido di azoto (N2O), PM10 e PM2,5.

Per la valutazione del potenziale impatto sula qualità dell’aria degli inquinanti normati si è proceduto attraverso l’utilizzo del modello di calcolo previsionale ISC-AERMOD View che consente di stimare la concentrazione degli inquinanti analizzati in corrispondenza dei recettori potenzialmente più esposti. Dalle elaborazioni effettuate risulta che il livello finale di qualità dell’aria per lo scenario da autorizzare può essere considerato nel suo complesso accettabile.

L’analisi delle sostanze si è basata sulla stima delle emissioni annuali totali basandosi su diversi riferimenti bibliografici e sulla trattazione delle Miglior Tecniche Disponibili (MTD) applicate dall’azienda per contenere le emissioni stesse.

Parte integrante dello studio sono anche le considerazioni sull’impatto odorigeno.

Ambiente idrico

Nel presente capitolo è stato brevemente descritto il contesto idrografico di area vasta e di dettaglio nel quale ricade il sito di progetto, in quale ricade nel bacino del fiume Esino.

Suolo e Sottosuolo

L'analisi ha riguardato i seguenti aspetti:

Geologica: inquadramento geologico generale delle aree interessate dal progetto, con specifico riferimento alle caratteristiche litologiche, stratigrafiche e tettoniche, ed alla natura dei depositi superficiali;

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Geomorfologia: in un ambito di area vasta sono stati individuati eventuali processi geomorfici in atto e potenziali, e la dinamica dei versanti. In generale, è stato dato particolare rilievo ai fenomeni di dissesto sia in atto che potenziali. Nell’ambito delle aree interessate dal progetto la caratterizzazione ha considerato l’assetto morfologico attuale per mettere in evidenza le variazioni che si avranno con la realizzazione dell’opera;

Idrogeologia e vulnerabilità degli acquiferi: prendendo in considerazione quanto emerso dalla caratterizzazione geologica e geomorfologica dell'area, sono stati eseguiti una serie di attività tese all'individuazione delle caratteristiche idrogeologiche dei terreni di area vasta nonché a definire le linee generali in merito alla vulnerabilità degli acquiferi dell’area di studio

Sismologia: in questa sezione sono state esaminate le caratteristiche principali della sismicità e della pericolosità sismica della zona.

Uso del suolo, Vegetazione, Flora, Fauna ed Ecosistemi

Lo studio di questa componente è comprensivo delle tematiche vegetazione, fauna ed ecosistemi. Viene fornita la fotografia dello stato ante operarn della componente, al fine di poter valutare l'impatto, in riferimento alla perdita di habitat, di diversità biologica, all'innesco di eventuali fenomeni di degrado.

L'analisi ecosistemica ha individuato le unità naturali e antropiche, anche sulla base degli studi effettuati per altre componenti. Per ciascuna tipologia ecosistemica individuata è stata effettuata una caratterizzazione qualitativa ed una valutazione della qualità ambientale.

Dal punto di vista quantitativo la valutazione degli impatti ha preso come riferimento l’Indice di Valore Naturalistico (IVN) del territorio di area vasta senza e con il progetto, considerando le mitigazioni previste in termini di messa a dimora di sistemi vegetali connessi a rete.

Paesaggio

La metodologia di analisi della componente ha seguito i seguenti passaggi:

lettura e valutazione delle componenti paesaggistiche sulla base delle fonti disponibili (piani paesistici, rilievi diretti) con identificazione delle grandi tipologie di paesaggio;

analisi delle unità di paesaggio;

individuazione di aree sensibili a vario grado di rilevanza;

analisi del bacino di visuale.

La stima degli impatti ha valutato le interferenze del progetto sugli elementi di analisi

Rumore

Nel SIA sono stati riportati i risultati dello studio acustico redatto e sottoscritto da un Tecnico Competente in Acustica Ambientale iscritto all’elenco dei Tecnici competenti in Acustica Ambientale della Regione Marche. Esso è posto in allegato.

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3. ATMOSFERA

Di seguito si riporta la sintesi dell’analisi delle emissioni e dello studio previsionale della concentrazione di inquinanti che dette emissioni possono determinare in corrispondenza dei recettori posti nelle vicinanze del sito. Per eventuali approfondimenti si rimanda alla relazione allegata a firma dell’Ing. Domizi Giorgio.

Nelle figure 3/1 e 3/2 seguenti è riportata la vista aerea e la vista tridimensionale dell’area oggetto di indagine. Tutti i dati non direttamente rilevabili, ed in particolare quelli inerenti il funzionamento dell’impianto, sono stati ottenuti su dichiarazione del legale rappresentante dell'azienda che, controfirmando per accettazione la relazione stessa, ne approva il contenuto.

Fig. 3/1: Vista aerea dell’area oggetto di studio

Fig. 3/2: Vista 3D dell’area oggetto di studio

Nuovo allevamento avicolo

Società Agricola Fileni srl

Allevamento

biologico

Allevamento

convenzionale

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3.1 Caratterizzazione delle sorgenti emissive

Le emissioni di un allevamento avicolo intensivo possono essere schematizzate come segue:

Emissioni diffuse costituite dal sistema di ventilazione dei capannoni (ventilatori posti sulla parete perimetrale del capannone;

Emissioni diffuse proveniente dagli stoccaggi all’aperto delle lettiere rimosse: tali emissioni nel caso specifico non vengono prese in considerazione in quanto non sono previsti stoccaggi di materiale di risulta e le lettiere, una volta rimosse, vengono immediatamente avviate a riutilizzo/smaltimento mediante ditte autorizzate;

Emissioni convogliate costituite dall’impianto di disaerazione dei silos di stoccaggio del mangime durante la fase di carico degli stessi: tali emissioni sono da ritenere assolutamente trascurabili ai fini della presente valutazione di impatto in quanto il sistema di disaerazione è dotato di filtro tessuto depolveratore ed in ragione del fatto che le portate in gioco risultano non significative (tipicamente il carico di un silos ha una durata inferiore a 0.5 h con una portata in emissione di aria depolverizzata di norma inferiore a 500 mc/h);

Emissioni provenienti dai mezzi in ingresso ed uscita dall’insediamento: tali emissioni nel caso specifico non vengono prese in considerazione in quanto l’allevamento oggetto della presente valutazione non determina un incremento significativo dei flussi di traffico in ingresso ed uscita dall’allevamento ( cfr. Relazione SIA – viabilità e traffico indotto)

Relativamente alle emissioni diffuse costituite dal sistema di ventilazione dei capannoni, gli inquinanti emessi sono sostanzialmente riconducibili ai seguenti (cfr. Regolamento “E-PRTR” CE n° 166/2006; Relazione SIA - Emissioni)

- Polveri (PM10 e PM2,5);

- Ammoniaca (NH3);

- Protossido di azoto (N2O);

- Metano (CH4).

La presenza di H2S è da ritenere non significativa, tenuto conto della natura dell’allevamento (avicolo) e delle tecniche di gestione adottate (cfr. Relazione SIA - Emissioni).

In riferimento alla superficie utile dei capannoni e della tipologia di allevamento, il numero massimo di capi allevabile è riportato per ogni singolo capannone nella tabella che segue.

Tab. 3/1: Numero massimo di unità allevate per ogni capannone

Capannone Avicoli Tipologia di allevamento Numero capi accasati

Convenzionale 1 Polli da carne Convenzionale 62780

Convenzionale 2 Polli da carne Convenzionale 62780

Convenzionale 3 Polli da carne Convenzionale 62780

Convenzionale 4 Polli da carne Convenzionale 62780

Convenzionale 5 Polli da carne Convenzionale 62780

Convenzionale 6 Polli da carne Convenzionale 62780

TOTALE CONVENZIONALE

376680

Biologico 1 Polli da carne Biologico 15800

Biologico 2 Polli da carne Biologico 15800

Biologico 3 Polli da carne Biologico 15800

Biologico 4 Polli da carne Biologico 15800

Biologico 5 Polli da carne Biologico 15800

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Biologico 6 Polli da carne Biologico 15800

Biologico 7 Polli da carne Biologico 15800

Biologico 8 Polli da carne Biologico 15800

Biologico 9 Polli da carne Biologico 15800

Biologico 10 Polli da carne Biologico 15800

TOTALE BIOLOGICO

158000

La produzione degli inquinanti sopra indicati, è sostanzialmente correlabile al numero di capi in allevamento ed alla durata del ciclo. Essi sono stati definiti sulla base dei dati di letteratura (vedi cap. riportati nel capitolo 8 del Quadro di riferimento progettuale).

Dal punto di vista impiantistico i capannoni sono dotati di n° 14 ventilatori di estrazione, aventi ciascuno portata nominale pari a 45500 m3/h nella modalità di allevamento convenzionale e pari a 30000 m3/h nel caso della modalità di allevamento biologico. Pertanto la portata in emissione di ciascun capannone è pari a 637000 m3/h nel caso convenzionale e pari a 420000 nel caso del biologico.

Il funzionamento di detti ventilatori è asservito ad un sistema di termoregolazione che consente di mantenere all’interno del capannone le condizioni termo igrometriche ideali per la crescita degli animali. Pertanto in base ai valori termo igrometrici presenti all’interno del capannone il sistema di controllo comanderà il funzionamento di uno o più ventilatori per un tempo tale da mantenere le condizioni nominali previste. Dato questo complesso sistema di attuazione, al fine di poter pervenire ad un valore della concentrazione degli inquinanti in emissione è necessario adottare alcune ipotesi di funzionamento del sistema. Allo scopo si ritiene adeguatamente cautelativo assumere che:

- Il funzionamento reale del complesso di ventilatori sia equivalente ad un funzionamento a piena potenza per un numero di ore pari al 50% della durata totale dei cicli di allevamento. Poiché i cicli di allevamento hanno durata 55 giorni (5 cicli/anno convenzionale) e 81 giorni (3,5 cicli/anno biologico), con pausa di 15 giorni tra due cicli successivi, la durata complessiva dei cicli di allevamento ammonta in un caso a 6600 h/a (allevamento convenzionale) e nell’altro a 6.800 h/a (allevamento biologico) . Pertanto si assume che i ventilatori funzionino a piena potenza per 3.300-3.400 h/a, ed in particolare:

stagione estiva: funzionamento diurno a piena potenza per 12 h/g; stagione primaverile ed autunnale: funzionamento diurno a piena potenza per 9 h/g; stagione invernale: funzionamento diurno a piena potenza per 6 h/g;

- Sulla base del funzionamento medio così determinato, è possibile calcolare la concentrazione media degli inquinanti in emissione, che rappresenta il valore capace di espellere il quantitativo totale di inquinanti prodotto in un anno come sopra determinato;

Sulla base delle ipotesi sopra descritte si perviene ai seguenti fattori di emissione:

Tab. 3/2: Condizione di progetto

Capannone

Portata (m

3/h)

Concentrazione (mg/m3) Flusso di massa (g/s)

PM10 PM2,5 NH3 N2O CH4 PM10 PM2,5 NH3 N2O CH4

Conv 1 637000 3,073 0,397 2,389 0,337 0,179 0,544 0,070 0,423 0,06 0,032

Conv 2 637000 3,073 0,397 2,389 0,337 0,179 0,544 0,070 0,423 0,06 0,032

Conv 3 637000 3,073 0,397 2,389 0,337 0,179 0,544 0,070 0,423 0,06 0,032

Conv 4 637000 3,073 0,397 2,389 0,337 0,179 0,544 0,070 0,423 0,06 0,032

Conv 5 637000 3,073 0,397 2,389 0,337 0,179 0,544 0,070 0,423 0,06 0,032

Conv 6 637000 3,073 0,397 2,389 0,337 0,179 0,544 0,070 0,423 0,06 0,032

Bio 1 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 2 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 3 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 4 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 5 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

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Bio 6 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 7 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 8 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 9 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 10 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

3.2 Inquinanti e limiti di qualità dell’aria ai recettori

Lo studio della qualità dell’aria è stata approcciato in modo diverso per gli inquinanti per il quali esiste un limite di legge di qualità dell’aria, nel caso specifico le PM10 e le PM2,5, e per gli inquinanti che non hanno limiti di riferimento, costituiti da NH3, CH4 e N2O.

Per le PM10 sono stati presi in considerazione i limiti di qualità dell’aria applicabili, e precisamente.

Tab. 3/3: Valori limite inquinanti

Inquinante Modalità di rilevamento Valore limite

PM10

Concentrazione media di 24 ore da non superare più di 35 volte all’anno

50 g/m3

Concentrazione media annuale 40 g/m3

PM 2,5

Concentrazione media annuale Fase 1 : margine di tolleranza 20 % all’11 giugno 2008, con riduzione il 1 gennaio successivo e successivamente ogni 12 mesi secondo una percentuale annua costante fino a raggiungere lo 0 % entro il 1°gennaio 2015

25 g/m3

Concentrazione media annuale Fase 2 : da raggiungere entro il 1° gennaio 2020

20 g/m3

Per l’ammonica NH3 per la quale non esistono limiti di legge ma che è caratterizzata da una componente odorigena significativa, sono stati presi in considerazione i valori della relativa soglia di percettibilità (100%OT – Odour Threshold – concentrazione minima percepibile dal 100% della popolazione) e il il limite per l’esposizione professionale dei lavoratori (TLV-TWA ACGIH).

Per il protossido di azoto N2O che non è caratterizzato da una componente odorigena significativa, viene preso in considerazione solo il valore limite di esposizione professionale TLV-TWA.

Nella tabella che segue sono riportati i pertinenti valori di soglia.

Tab. 3/4: Valori soglia di percettibilità componente odorigena e limiti esposizione lavorativa

inquinante Tipologia odore 100% OT (µg/m3) TLV-TWA ACGIH (µg/m3)

Ammoniaca Pungente 38.885 18.000

Protossido di azoto ** ** 91.000

L’inquinante metano CH4, appartenente alla categoria dei gas serra, ha un peso molecolare inferiore a quello dell’aria e risulta pertanto estremamente volatile; per tale ragione non vengono effettuate simulazioni di ricaduta ai recettori.

3.3 Stato qualità aria

Al fine di caratterizzare la qualità dell’aria attualmente esistente nell’ area oggetto di intervento, in assenza di campagne effettuate direttamente nella zona, si ritiene ragionevole fare riferimento ai dati della stazione fissa di monitoraggio della qualità dell’aria della

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Provincia di Ancona posizionata in area periferica agli agglomerati urbani, e sita nel Comune di Chiaravalle (assunta come riferimento per fondo suburbano) così come indicato nel Piano di Risanamento e Mantenimento della Qualità dell’Aria Ambiente della Regione Marche.

Sulla base delle caratteristiche dell’area oggetto di intervento si può affermare che i dati rilevati dalla stazione di rilevamento presa in esame sono rappresentativi per la qualità dell’aria della zona di intervento. Vengono scelti come valori di fondo ante-operam dell’area oggetto di indagine i valori medi rilevati nell’anno 2014 e di seguito riportati. Si fa presente che è stato scelto l’anno 2014 in quanto nel corso del 2015 non sono disponibili i valori delle PM10 per un periodo continuativo di circa 73 giorni (dal 28/06/2015 al 08/09/2015).

Tab. 3/5: Qualità aria stazione di Chiaravalle2 – fondo suburbano anno 2014

Inquinante Media

[µg/m3]

Dev. Standard

[µg/m3]

PM10 22.23 11.20

PM2,5 10.48 9.28

3.4 Il modello previsionale ISC-AERMODView

Al fine di valutare l’impatto atmosferico indotto dall’attività oggetto di studio è stato utilizzato il modello di calcolo previsionale ISC-AERMOD View che consente di stimare la concentrazione degli inquinanti analizzati in corrispondenza dei recettori potenzialmente più esposti.

Il modello ISC-AERMOD View è un modello gaussiano stazionario che può tenere conto di un’ampia tipologia di sorgenti (simulabili come sorgenti puntuali, areali, lineari, volumetriche). Con tale modello è possibile simulare il trasporto di inquinanti sia su breve che su larga scala, tenendo conto delle specifiche fenomenologie di ricaduta applicabili.

3.5 Caratterizzazione meteo climatica dell’area in esame

Per la caratterizzazione meteoclimatica dell’area, in assenza di stazioni di misura limitrofe all’area oggetto di studio, sono stati adottati i dati meteorologici orari della stazione ASSAM di Moie – località Casa del Vento (Lat. 43° 30', Long. 13° 8'; quota 183 m slm) e per quanto riguarda la radiazione globale e l’eliofania la stazione ASSAM di Jesi – via Latini, 22 (Lat. 43° 32', Long. 13° 16'; quota 96 m slm), ritenuti significativi per l’area in esame.

Regime dei venti

La tabella 3/6 seguente riporta, per ciascuna delle otto direzioni di provenienza, la frequenza di accadimento ed il valore medio della velocità del vento.

Tab. 3/6: Velocità media del vento (m/s) per direzione di provenienza

Direzione N NE E SE S SW W NW

Frequenza % 9.89 5.79 10.8 4.44 12.84 33.03 12.25 10.4

Velocità media (m/s)

3.63 3.64 2.71 2.33 3.81 3.84 3.21 4.05

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Dall’analisi dei dati si evince che le direzioni prevalenti del vento sono concentrate principalmente nel quadrante sud-ovest e che la velocità media del vento risulta compresa tra 2.3 e 4.05 m/s. Quanto sopra è rappresentato nel grafico 3/1.

Classi di stabilità atmosferica

Dall'analisi dei dati meteorologici è possibile stabilire, per l’area in esame, la distribuzione di frequenza annuale e stagionale delle classi di stabilità, riportata nel grafico 2.

Dal grafico si evince che la classe di stabilità atmosferica più frequente su base annuale è la D (atmosfera mediamente stabile) con il 31% delle osservazioni; le classi instabili (A, B, C) rappresentano complessivamente il 20.8% delle osservazioni mentre quelle stabili (E,F) rappresentano il 35.9% delle osservazioni.

Grafico 3/1: Rosa dei venti

Grafico 3/2: Distribuzione di frequenza delle classi di stabilità

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Precipitazioni

La tabella 3/7 seguente riporta i valori rilevati della precipitazione totale mensile media dell’area in esame

Tab. 3/6 - Precipitazioni mensili anno 2014

G F M A M G L A S O N D

Prec. (mm)

76.8 76.2 101.6 122 96.8 47.4 106 7.6 124.2 63.4 95 90.8

3.6 Identificazione dei recettori interessati

L’indagine è stata effettuata sull’intera area in oggetto considerando sia un sistema cartesiano di recettori posizionati su una griglia 50x50 m di dimensione complessiva 3000x2500 m, ad una altezza di 1.8 m sul livello del terreno, sia una serie di recettori sensibili posti in corrispondenza degli edifici ad uso residenziale presenti in prossimità dell’area la cui collocazione geografica è riportata nella Tav. 01.

Tab. 3/7 - Localizzazione dei recettori

Recettore Descrizione Distanza [m] (dal punto di emissione più vicino dell’allevamento in progetto)

R1 Edificio residenziale 130

R2 Edificio residenziale 280

R3 Edificio residenziale 420

R4 Edificio residenziale 380

R5 Edificio residenziale 420

R6 Edificio residenziale 440

R7 Edificio residenziale 430

R8 Edificio residenziale 690

R9 Edificio residenziale 200

R10 Edificio residenziale 600

R11 Edificio residenziale 640

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R12 Edificio residenziale 460

R13 Edificio residenziale 550

R14 Edificio residenziale 630

R15 Edificio residenziale 500

R16 Edificio residenziale 480

R17 Edificio residenziale 510

R18 Edificio residenziale 450

R19 Edificio residenziale 330

R20 Edificio residenziale 670

R21 Edificio residenziale 690

R22 Edificio residenziale 590

R23 Edificio residenziale 800

3.7 Valutazione previsionale di concentrazione di inquinanti ai recettori e analisi dei risultati

Al fine di evidenziare il contributo dell’intervento in progetto, è stata effettuata la simulazione per la condizione post-operam, adottando la configurazione emissiva descritta. Nel seguito sono pertanto riportati:

- nelle tabelle 3/8 – 3/9 relative all’inquinante PM10, il valore massimo giornaliero e medio annuale di concentrazione stimati dal modello ed il confronto con i corrispondenti limiti di legge. Poiché detto valore massimo giornaliero rappresenta il caso peggiore nell’arco dell’intero anno solare, il confronto dello stesso con il pertinente limite di qualità dell’aria è da ritenere assolutamente cautelativo;

- nella tabella 3/10 relativa all’inquinante PM2.5, il valore medio annuale di concentrazione stimato dal modello ed il confronto con il corrispondente limite di legge.

- nelle tabelle 3/11 – 3/12 relative agli inquinanti NH3 ed N2O, il valore massimo orario di concentrazione stimato dal modello ed il confronto con il corrispondente limite TLV-TWA. Poiché detto valore massimo orario rappresenta il caso peggiore nell’arco dell’intero anno solare, il confronto dello stesso con il pertinente limite è da ritenere assolutamente cautelativo.

Dall’esame dei dati si evince che:

- in tutti i recettori sono rispettati i limiti di legge previsti per gli inquinanti PM2.5, NH3, N2O;

- relativamente all’inquinante PM10 su gran parte dei recettori si verificano incrementi del valore medio giornaliero dell’ordine del 20% del limite (media degli incrementi) con un massimo superiore al 40%.

Si ritiene pertanto necessaria l’adozione di un sistema di abbattimento delle emissioni di polvere.

Tab. 3/8: Risultati della simulazione PM10 e confronto con i limiti di legge

Concentrazione media gionaliera (Valore massimo assoluto)

Inquinante Valore max calcolato [µg/m

3]

Valore di fondo

[µg/m3]

Post –operam (fondo+valore max)

[µg/m3]

Valore limite [µg/m

3]

Limite rispettato

Contributo % del valore max

calcolato rispetto al

valore limite

PM10

Recettore

R1 11,32 22,23 33,55 50 SI 22,6

R2 10,06 22,23 32,29 50 SI 20,1

R3 10,37 22,23 32,60 50 SI 20,7

R4 17,47 22,23 39,70 50 SI 34,9

R5 13,57 22,23 35,80 50 SI 27,1

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R6 11,33 22,23 33,56 50 SI 22,7

R7 11,24 22,23 33,47 50 SI 22,5

R8 8,66 22,23 30,89 50 SI 17,3

R9 21,04 22,23 43,27 50 SI 42,1

R10 12,80 22,23 35,03 50 SI 25,6

R11 10,29 22,23 32,52 50 SI 20,6

R12 8,99 22,23 31,22 50 SI 18,0

R13 7,50 22,23 29,73 50 SI 15,0

R14 5,28 22,23 27,51 50 SI 10,6

R15 6,22 22,23 28,45 50 SI 12,4

R16 22,07 22,23 44,30 50 SI 44,1

R17 12,63 22,23 34,86 50 SI 25,3

R18 2,72 22,23 24,95 50 SI 5,4

R19 2,39 22,23 24,62 50 SI 4,8

R20 1,90 22,23 24,13 50 SI 3,8

R21 2,92 22,23 25,15 50 SI 5,8

R22 6,39 22,23 28,62 50 SI 12,8

R23 8,67 22,23 30,90 50 SI 17,3

Tab. 3/9: Risultati della simulazione PM10 e confronto con i limiti di legge

Concentrazione media annuale

Inquinante Valore max calcolato [µg/m

3]

Valore di fondo

[µg/m3]

Post –operam (fondo+valore max)

[µg/m3]

Valore limite [µg/m

3]

Limite rispettato

Contributo % del valore max

calcolato rispetto al

valore limite

PM10

Recettore

R1 1,55 22,23 23,78 40 SI 3,9

R2 1,68 22,23 23,91 40 SI 4,2

R3 1,30 22,23 23,53 40 SI 3,3

R4 2,06 22,23 24,29 40 SI 5,2

R5 2,03 22,23 24,26 40 SI 5,1

R6 1,63 22,23 23,86 40 SI 4,1

R7 1,73 22,23 23,96 40 SI 4,3

R8 1,02 22,23 23,25 40 SI 2,6

R9 1,70 22,23 23,93 40 SI 4,3

R10 1,09 22,23 23,32 40 SI 2,7

R11 0,63 22,23 22,86 40 SI 1,6

R12 0,51 22,23 22,74 40 SI 1,3

R13 0,53 22,23 22,76 40 SI 1,3

R14 0,80 22,23 23,03 40 SI 2,0

R15 0,92 22,23 23,15 40 SI 2,3

R16 2,71 22,23 24,94 40 SI 6,8

R17 1,31 22,23 23,54 40 SI 3,3

R18 0,19 22,23 22,42 40 SI 0,5

R19 0,18 22,23 22,41 40 SI 0,5

R20 0,09 22,23 22,32 40 SI 0,2

R21 0,11 22,23 22,34 40 SI 0,3

R22 0,55 22,23 22,78 40 SI 1,4

R23 0,96 22,23 23,19 40 SI 2,4

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Tab. 3/10: Risultati della simulazione PM2.5 e confronto con i limiti di legge

Concentrazione media annuale

Inquinante Valore max calcolato [µg/m

3]

Valore di fondo

[µg/m3]

Post –operam (fondo+valore max)

[µg/m3]

Valore limite [µg/m

3]

Limite rispettato

Contributo % del valore max

calcolato rispetto al

valore limite

PM2.5

Recettore

R1 0,20 10,48 10,68 20 SI 1,0

R2 0,21 10,48 10,69 20 SI 1,1

R3 0,17 10,48 10,65 20 SI 0,9

R4 0,27 10,48 10,75 20 SI 1,4

R5 0,26 10,48 10,74 20 SI 1,3

R6 0,21 10,48 10,69 20 SI 1,1

R7 0,22 10,48 10,70 20 SI 1,1

R8 0,13 10,48 10,61 20 SI 0,7

R9 0,22 10,48 10,70 20 SI 1,1

R10 0,14 10,48 10,62 20 SI 0,7

R11 0,08 10,48 10,56 20 SI 0,4

R12 0,07 10,48 10,55 20 SI 0,4

R13 0,07 10,48 10,55 20 SI 0,4

R14 0,10 10,48 10,58 20 SI 0,5

R15 0,12 10,48 10,60 20 SI 0,6

R16 0,35 10,48 10,83 20 SI 1,8

R17 0,17 10,48 10,65 20 SI 0,9

R18 0,02 10,48 10,50 20 SI 0,1

R19 0,02 10,48 10,50 20 SI 0,1

R20 0,01 10,48 10,49 20 SI 0,1

R21 0,01 10,48 10,49 20 SI 0,1

R22 0,07 10,48 10,55 20 SI 0,4

R23 0,12 10,48 10,60 20 SI 0,6

Tab. 3/11:Risultati della simulazione NH3 e confronto con i limiti di legge

Concentrazione media oraria (Valore massimo assoluto)

Inquinante Valore max calcolato [µg/m

3]

Valore limite TLV-TWA [µg/m

3]

Limite rispettato

Contributo % del valore max

calcolato rispetto al

valore limite

NH3

Recettore

R1 33,60 18000 Si 0,2

R2 38,50 18000 Si 0,2

R3 33,44 18000 Si 0,2

R4 46,96 18000 Si 0,3

R5 47,63 18000 Si 0,3

R6 70,03 18000 Si 0,4

R7 80,88 18000 Si 0,4

R8 46,96 18000 Si 0,3

R9 85,93 18000 Si 0,5

R10 94,05 18000 Si 0,5

R11 125,17 18000 Si 0,7

R12 134,78 18000 Si 0,7

R13 56,34 18000 Si 0,3

R14 73,87 18000 Si 0,4

R15 86,55 18000 Si 0,5

R16 118,19 18000 Si 0,7

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180

R17 41,84 18000 Si 0,2

R18 18,00 18000 Si 0,1

R19 17,41 18000 Si 0,1

R20 19,39 18000 Si 0,1

R21 20,21 18000 Si 0,1

R22 21,18 18000 Si 0,1

R23 78,13 18000 Si 0,4

Tab. 3/12: Risultati della simulazione N2O e confronto con i limiti di legge

Concentrazione media oraria (Valore massimo assoluto)

Inquinante Valore max calcolato [µg/m

3]

Valore limite TLV-TWA [µg/m

3]

Limite rispettato

Contributo % del valore max

calcolato rispetto al

valore limite

N2O

Recettore

R1 4,84 91000 Si 0,0

R2 5,48 91000 Si 0,0

R3 4,75 91000 Si 0,0

R4 6,68 91000 Si 0,0

R5 6,78 91000 Si 0,0

R6 9,99 91000 Si 0,0

R7 11,53 91000 Si 0,0

R8 6,69 91000 Si 0,0

R9 12,47 91000 Si 0,0

R10 13,45 91000 Si 0,0

R11 17,86 91000 Si 0,0

R12 19,29 91000 Si 0,0

R13 8,02 91000 Si 0,0

R14 10,53 91000 Si 0,0

R15 12,32 91000 Si 0,0

R16 16,79 91000 Si 0,0

R17 5,94 91000 Si 0,0

R18 2,56 91000 Si 0,0

R19 2,48 91000 Si 0,0

R20 2,76 91000 Si 0,0

R21 2,88 91000 Si 0,0

R22 3,03 91000 Si 0,0

R23 11,17 91000 Si 0,0

3.8 Azioni mitigative: sistema abbattimento delle polveri e delle emissioni odorigene

Al fine di limitare la diffusione delle polveri, il progetto prevede di adottare per i capannoni destinati ad allevamento convenzionale un sistema di abbattimento avente le seguenti caratteristiche:

- i ventilatori sono dotati di un deflettore che convoglia la portata d’aria sulla superficie di una vasca di acqua (altezza circa 10 cm) che funge da bacino di raccolta delle polveri abbattute;

- sulla superficie interna del deflettore sono presenti dei nebulizzatori di acqua;

- il deflettore è chiuso da lamiera goffrata curvata;

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181

- l’intero sistema è racchiuso perimetralmente da pannelli sandwich di altezza pari a m.4 circa, che obbligano la portata d’aria emergente dal sistema di abbattimento a fuoriuscire verso l’alto, favorendo l’azione di dispersione degli inquinanti;

Per capire lo schema di funzionamento si rimanda al capitolo 8 del Quadro di riferimento progettuale (Emissioni) o alla relazione specialistica della qualità dell’aria allegata.

Sulla base delle analisi effettuate in un allevamento della stessa azienda che ha già realizzato il sistema di abbattimento con deflettore, è possibile calcolare i nuovi fattori di emissione dei capannoni destinati all’allevamento di tipo convenzionale. I due capannoni utilizzati per l’allevamento biologico non saranno dotati di tale sistema di abbattimento viste le dimensioni ridotte rispetto alla capacità dell’allevamento di tipo convenzionale.

I campionamenti effettuati (cfr. certificato di analisi IgienStudio riportato in allegato 1) mostrano un abbattimento delle polveri totali pari a 83.63 % e dell’ammoniaca pari a 73.76 %.

In questa sede si assume cautelativamente un abbattimento delle PM10 e PM2,5 pari a 80% e dell’ammoniaca pari al 70%. La tabella che segue riporta i fattori di emissione dell’insediamento a seguito dell’adozione del sistema di abbattimento descritto per tutti i capannoni di tipo convenzionale.

Inoltre è da sottolineare che per il contenimento delle emissioni sono presenti piantumazioni su tutto il perimetro dell’allevamento. Le simulazioni per la diffusione degli inquinanti sopra specificati sono pertanto da ritenersi cautelative in quanto non si è tenuto conto di tale ulteriore azione mitigativa.

Tab. 3/13 - Condizione di progetto con adozione del sistema di abbattimento per l’allevamento convenzionale

Capannone

Portata (m

3/h)

Concentrazione (mg/m3) Flusso di massa (g/s)

PM10 PM2,5 NH3 N2O CH4 PM10 PM2,5 NH3 N2O CH4

Conv 1 637000 0,615 0,079 0,717 0,337 0,179 0,109 0,014 0,127 0,06 0,032

Conv 2 637000 0,615 0,079 0,717 0,337 0,179 0,109 0,014 0,127 0,06 0,032

Conv 3 637000 0,615 0,079 0,717 0,337 0,179 0,109 0,014 0,127 0,06 0,032

Conv 4 637000 0,615 0,079 0,717 0,337 0,179 0,109 0,014 0,127 0,06 0,032

Conv 5 637000 0,615 0,079 0,717 0,337 0,179 0,109 0,014 0,127 0,06 0,032

Conv 6 637000 0,615 0,079 0,717 0,337 0,179 0,109 0,014 0,127 0,06 0,032

Bio 1 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 2 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 3 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 4 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 5 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 6 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 7 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 8 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 9 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Bio 10 420000 1,139 0,147 0,885 0,125 0,066 0,133 0,017 0,103 0,015 0,008

Nelle seguenti tabelle 3/14 -3/18 sono riportati i valori di concentrazione degli inquinati polveri (PM10 e PM2.5) ed ammoniaca (NH3) stimati dal modello previsionale nella ipotesi di utilizzo del sistema di abbattimento descritto ed il confronto con i pertinenti limiti di legge.

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182

Tab. 3/14: Risultati della simulazione PM10 con sistema di abbattimento e confronto con i limiti di legge - Concentrazione media oraria (Valore massimo assoluto)

Inquinante Valore max calcolato [µg/m

3]

Valore di fondo

[µg/m3]

Post –operam (fondo+valore max)

[µg/m3]

Valore limite [µg/m

3]

Limite rispettato

Contributo % del valore max

calcolato rispetto al

valore limite

PM10

Recettore

R1 8,43 22,23 30,66 50 SI 16,9

R2 5,10 22,23 27,33 50 SI 10,2

R3 4,09 22,23 26,32 50 SI 8,2

R4 5,53 22,23 27,76 50 SI 11,1

R5 4,67 22,23 26,9 50 SI 9,3

R6 3,63 22,23 25,86 50 SI 7,3

R7 3,89 22,23 26,12 50 SI 7,8

R8 3,21 22,23 25,44 50 SI 6,4

R9 10,83 22,23 33,06 50 SI 21,7

R10 6,05 22,23 28,28 50 SI 12,1

R11 4,42 22,23 26,65 50 SI 8,8

R12 4,34 22,23 26,57 50 SI 8,7

R13 4,92 22,23 27,15 50 SI 9,8

R14 3,27 22,23 25,5 50 SI 6,5

R15 4,58 22,23 26,81 50 SI 9,2

R16 6,06 22,23 28,29 50 SI 12,1

R17 4,37 22,23 26,6 50 SI 8,7

R18 1,69 22,23 23,92 50 SI 3,4

R19 1,68 22,23 23,91 50 SI 3,4

R20 0,98 22,23 23,21 50 SI 2,0

R21 0,92 22,23 23,15 50 SI 1,8

R22 2,85 22,23 25,08 50 SI 5,7

R23 3,55 22,23 25,78 50 SI 7,1

Tab. 3/15: Risultati della simulazione PM10 con sistema di abbattimento e confronto con i limiti di legge - Concentrazione media annuale

Inquinante Valore max calcolato [µg/m

3]

Valore di fondo

[µg/m3]

Post –operam (fondo+valore max)

[µg/m3]

Valore limite [µg/m

3]

Limite rispettato

Contributo % del valore max

calcolato rispetto al

valore limite

PM10

Recettore

R1 1,10 22,23 23,33 40 SI 2,8

R2 0,96 22,23 23,19 40 SI 2,4

R3 0,66 22,23 22,89 40 SI 1,7

R4 1,05 22,23 23,28 40 SI 2,6

R5 0,98 22,23 23,21 40 SI 2,5

R6 0,80 22,23 23,03 40 SI 2,0

R7 0,88 22,23 23,11 40 SI 2,2

R8 0,52 22,23 22,75 40 SI 1,3

R9 0,94 22,23 23,17 40 SI 2,4

R10 0,56 22,23 22,79 40 SI 1,4

R11 0,32 22,23 22,55 40 SI 0,8

R12 0,27 22,23 22,5 40 SI 0,7

R13 0,34 22,23 22,57 40 SI 0,9

R14 0,52 22,23 22,75 40 SI 1,3

R15 0,54 22,23 22,77 40 SI 1,4

R16 0,83 22,23 23,06 40 SI 2,1

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183

R17 0,52 22,23 22,75 40 SI 1,3

R18 0,15 22,23 22,38 40 SI 0,4

R19 0,14 22,23 22,37 40 SI 0,4

R20 0,05 22,23 22,28 40 SI 0,1

R21 0,05 22,23 22,28 40 SI 0,1

R22 0,26 22,23 22,49 40 SI 0,7

R23 0,50 22,23 22,73 40 SI 1,3

Tab. 3/16: Risultati della simulazione PM2.5 con sistema di abbattimento e confronto con i limiti di legge - Concentrazione media annuale

Inquinante Valore max calcolato [µg/m

3]

Valore di fondo

[µg/m3]

Post –operam (fondo+valore max)

[µg/m3]

Valore limite [µg/m

3]

Limite rispettato

Contributo % del valore max

calcolato rispetto al

valore limite

PM2.5

Recettore

R1 0,14 10,48 10,62 20 SI 0,7

R2 0,12 10,48 10,60 20 SI 0,6

R3 0,09 10,48 10,57 20 SI 0,5

R4 0,13 10,48 10,61 20 SI 0,7

R5 0,12 10,48 10,60 20 SI 0,6

R6 0,10 10,48 10,58 20 SI 0,5

R7 0,11 10,48 10,59 20 SI 0,6

R8 0,07 10,48 10,55 20 SI 0,4

R9 0,12 10,48 10,60 20 SI 0,6

R10 0,07 10,48 10,55 20 SI 0,4

R11 0,04 10,48 10,52 20 SI 0,2

R12 0,04 10,48 10,52 20 SI 0,2

R13 0,04 10,48 10,52 20 SI 0,2

R14 0,07 10,48 10,55 20 SI 0,4

R15 0,07 10,48 10,55 20 SI 0,4

R16 0,11 10,48 10,59 20 SI 0,6

R17 0,07 10,48 10,55 20 SI 0,4

R18 0,02 10,48 10,50 20 SI 0,1

R19 0,02 10,48 10,50 20 SI 0,1

R20 0,01 10,48 10,49 20 SI 0,1

R21 0,01 10,48 10,49 20 SI 0,1

R22 0,03 10,48 10,51 20 SI 0,2

R23 0,06 10,48 10,54 20 SI 0,3

Tab. 3/17: Risultati della simulazione NH3 con sistema di abbattimento e confronto con i limiti di legge - Concentrazione media oraria (Valore massimo assoluto)

Inquinante Valore max calcolato [µg/m

3]

Valore limite TLV-TWA [µg/m

3]

Limite rispettato

Contributo % del valore max

calcolato rispetto al

valore limite

NH3

Recettore

R1 26,95 18000 Si 0,1

R2 15,76 18000 Si 0,1

R3 12,45 18000 Si 0,1

R4 17,84 18000 Si 0,1

R5 36,97 18000 Si 0,2

R6 31,82 18000 Si 0,2

R7 35,65 18000 Si 0,2

R8 19,75 18000 Si 0,1

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184

R9 44,25 18000 Si 0,2

R10 49,03 18000 Si 0,3

R11 56,32 18000 Si 0,3

R12 72,40 18000 Si 0,4

R13 28,94 18000 Si 0,2

R14 31,34 18000 Si 0,2

R15 41,97 18000 No 0,2

R16 39,58 18000 No 0,2

R17 14,32 18000 No 0,1

R18 6,88 18000 No 0,0

R19 6,97 18000 No 0,0

R20 8,20 18000 No 0,0

R21 9,14 18000 No 0,1

R22 11,66 18000 No 0,1

R23 39,88 18000 No 0,2

Dall’esame delle tabelle si evince che l’adozione del sistema di abbattimento determina un notevole miglioramento della qualità dell’aria ai recettori, in particolare:

- l’incremento ai recettori del valore massimo giornaliero delle PM10 risulta per la gran parte dei recettori inferiore al 10% con un massimo inferiore al 20%;

- Il valore limite non viene superato in alcuno dei recettori.

Nella Tav. 1 viene riportata la planimetria dell’area con indicazione della posizione dell’allevamento in esame e dei recettori individuati.

Nelle tavole Tav. 2 - 6 sono riportate le mappe di isoconcentrazione degli inquinanti PM10, PM2.5, NH3, N2O nella condizione post operam mitigata.

3.9 Analisi di significatività ai sensi della DGR 1600/2004

Nello studio di impatto si è ritenuto utile, al fine di dimostrare il rispetto dei limiti di qualità dell’aria ai recettori, calcolare il cosiddetto “worst case” cioè il valore massimo assoluto del parametro in esame nell’arco dell’intero anno solare. Tale approccio è ritenuto corretto e cautelativo rispetto all’obiettivo, che è la verifica del non superamento di alcuno dei limiti imposti dalla norma vigente.

In merito all’applicazione dei criteri di significatività è necessario precisare quanto segue.

Il giudizio di significatività, così come descritto nella DGR 1600/2004, pone come termine di confronto il valore di fondo del parametro in esame; di conseguenza, poiché i termini del confronto devono necessariamente essere omogenei pena la inconsistenza del confronto stesso, ai fini del giudizio di significatività appare corretto riferirsi al valore medio annuale del singolo parametro.

Al riguardo giova anche ricordare la definizione, data dalla stessa DGR 1600/2004, di impatto “non significativo”.

*non significativo (ininfluente)

se il suo effetto sull’ambiente non è distinguibile dagli effetti preesistenti (per esempio se le emissioni in atmosfera dell’opera non comporta variazioni apprezzabili di concentrazioni in aria degli inquinanti se paragonate con le fluttuazioni esistenti si dice che l’impatto delle emissioni dell’opera, in termini di concentrazioni in aria, è non significativo).

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185

La definizione citata, ed ancor più l’esempio esplicativo, delinea chiaramente come debba essere effettuata l’analisi di significatività.

Preso un parametro, il valore che caratterizza lo stato ante-operam di quel parametro viene descritto dal valore medio annuo unitamente alla deviazione standard (SDV); in tal modo si ottiene la stima della fluttuazione “normale” del parametro stesso. Si ricorda che detto Vm il valor medio del parametro, nell’intervallo (Vm – SDV) – (Vm + SDV) ricade il 68% dei campioni, ed appare quindi ragionevole assumere tale intervallo come quello di normale variabilità.

Il giudizio di significatività di un inquinante, pertanto, non può essere basato sul confronto tra l’incremento calcolato ed il solo valor medio ma deve essere più propriamente correlato al valore della SDV del parametro in esame. Si ritiene pertanto corretto adottare, ai fini della assegnazione del giudizio di significatività , il seguente criterio:

- Impatto non significativo: il valore medio annuo calcolato (Vc) risulta non superiore alla deviazione standard del fondo (SDV):

Vc <= SDV - Impatto scarsamente significativo: il valore medio annuo calcolato (Vc) risulta superiore

alla deviazione standard del fondo (SDV) e la differenza tra il valore medio annuo calcolato (Vc) e la deviazione standard del fondo (SDV) risulta non superiore al 5% del fondo (Vf)

SDV< Vc Vc-SDV<= 0.05*Vf

- Impatto significativo: il valore medio annuo calcolato (Vc) risulta superiore alla deviazione standard del fondo (SDV); la differenza tra il valore medio annuo calcolato (Vc) e la deviazione standard del fondo (SDV) risulta superiore al 5% del fondo (Vf)

SDV < Vc Vc-SDV > 0.05*Vf

Sulla base del criterio descritto è stata analizzata l’impatto relativo all’inquinante polveri (PM10 e PM2,5). Nelle tabelle 3/18 – 3/19 che seguono viene riportato, per ogni recettore, il confronto tra il valore medio annuale di concentrazione di PM10 e PM2.5 ed il pertinente valore di fondo utile alla definizione della significatività dell’impatto.

Si sottolinea che tale analisi di impatto ambientale risulta conservativa in quanto si affianca alla analisi del superamento o meno dei limiti di legge, che rimane comunque prioritaria per garantire la salute dei cittadini. L’esame delle tabelle mostra che l’impatto calcolato per gli inquinanti PM10 e PM2.5 risulta sempre “non significativo” in tutti i recettori.

Tab. 3/18: Risultati della simulazione PM10 con sistema di abbattimento e giudizio di significatività - Concentrazione media annua

Inquinante Vc Valore medio

annuale calcolato

[g/m3]

Vf Valore di

fondo

[g/m3]

SDV Deviazione standard del fondo

[g/m3]

Differenza Vc-SDV

[g/m3]

Incremento del fondo

[%]

Giudizio di significatività PM10

Recettore

R1 1,10 22,23 11,2 - - Non significativo

R2 0,96 22,23 11,2 - - Non significativo

R3 0,66 22,23 11,2 - - Non significativo

R4 1,05 22,23 11,2 - - Non significativo

R5 0,98 22,23 11,2 - - Non significativo

R6 0,80 22,23 11,2 - - Non significativo

R7 0,88 22,23 11,2 - - Non significativo

R8 0,52 22,23 11,2 - - Non significativo

R9 0,94 22,23 11,2 - - Non significativo

R10 0,56 22,23 11,2 - - Non significativo

R11 0,32 22,23 11,2 - - Non significativo

R12 0,27 22,23 11,2 - - Non significativo

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R13 0,34 22,23 11,2 - - Non significativo

R14 0,52 22,23 11,2 - - Non significativo

R15 0,54 22,23 11,2 - - Non significativo

R16 0,83 22,23 11,2 - - Non significativo

R17 0,52 22,23 11,2 - - Non significativo

R18 0,15 22,23 11,2 - - Non significativo

R19 0,14 22,23 11,2 - - Non significativo

R20 0,05 22,23 11,2 - - Non significativo

R21 0,05 22,23 11,2 - - Non significativo

R22 0,26 22,23 11,2 - - Non significativo

R23 0,50 22,23 11,2 - - Non significativo

Tab. 3/19: Risultati della simulazione PM2.5 con sistema di abbattimento e giudizio di significatività - Concentrazione media annua

Inquinante Vc Valore medio

annuale calcolato

[g/m3]

Vf Valore di

fondo

[g/m3]

SDV Deviazione standard del fondo

[g/m3]

Differenza Vc-SDV

[g/m3]

Incremento del fondo

[%]

Giudizio di significatività PM2.5

Recettore

R1 0,14 10,48 9,28 - - Non significativo

R2 0,12 10,48 9,28 - - Non significativo

R3 0,09 10,48 9,28 - - Non significativo

R4 0,13 10,48 9,28 - - Non significativo

R5 0,12 10,48 9,28 - - Non significativo

R6 0,10 10,48 9,28 - - Non significativo

R7 0,11 10,48 9,28 - - Non significativo

R8 0,07 10,48 9,28 - - Non significativo

R9 0,12 10,48 9,28 - - Non significativo

R10 0,07 10,48 9,28 - - Non significativo

R11 0,04 10,48 9,28 - - Non significativo

R12 0,04 10,48 9,28 - - Non significativo

R13 0,04 10,48 9,28 - - Non significativo

R14 0,07 10,48 9,28 - - Non significativo

R15 0,07 10,48 9,28 - - Non significativo

R16 0,11 10,48 9,28 - - Non significativo

R17 0,07 10,48 9,28 - - Non significativo

R18 0,02 10,48 9,28 - - Non significativo

R19 0,02 10,48 9,28 - - Non significativo

R20 0,01 10,48 9,28 - - Non significativo

R21 0,01 10,48 9,28 - - Non significativo

R22 0,03 10,48 9,28 - - Non significativo

R23 0,06 10,48 9,28 - - Non significativo

3.10 Emissioni odorigene prodotte dall’allevamento e valutazione ai recettori

Come precedentemente accennato le emissioni odorigene dell’allevamento sono sostanzialmente originate dalle emissione dell’inquinante ammoniaca NH3.

L’impatto odorigeno viene misurato a partire dai dati di concentrazione di odore espressa in unità odorimetriche o olfattometriche al metro cubo (ouE/m3) che rappresentano il numero di diluizioni necessarie affinché il 50% degli esaminatori non avverta più l’odore del campione analizzato (UNI EN 13725:2004).

In particolare in presenza di una concentrazione di:

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187

- 1 OUE/m3 il 50% delle popolazione percepisce l’odore;

- 3 OUE/m3 l’85% delle popolazione percepisce l’odore;

- 5 OUE/m3 il 90-95% delle popolazione percepisce l’odore.

La normativa nazionale non fissa valori limite di qualità dell’aria in termini di unità odorimetriche. Diverse normative regionali, in particolare la D.G.R. 15 febbraio 2012 - n. IX/3018 – Regione Lombardia e la D.G.R. 1496/2011 – Regione Emilia Romagna, fissano una serie di criteri e linee guida finalizzate al rilascio delle autorizzazioni di impianti a rilevante impatto odorigeno.

Nell’ambito della normativa europea, la Germania ha stabilito un proprio standard (GIRL) in base al quale la installazione di una attività ad impatto odorigeno in aree residenziali risulta accettabile se nell’arco dell’anno la percentuale di ore nelle quali l’odore è chiaramente percepito risulta inferiore al 10% (viene contabilizzata un ora di percezione se l’odore viene chiaramente percepito per almeno 6 minuti nell’ora).

La norma tedesca non specifica il livello in unità odorimetriche corrispondente alla definizione di “chiaramente percepito”. Sulla base di quanto sopra descritto in termini di valori odorimetrici e percezione, in questa sede si assume cautelativamente il valore di 1 OUE/m3 (corrispondente al valore 50%OT)

Relativamente all’inquinante NH3 dalla letteratura si evince la seguente corrispondenza:

- concentrazione di 39850 µg g/m3 = 100%OT

Non disponendo di ulteriore fonte per stabilire la concentrazione corrispondente a 50%OT, si assume cautelativamente la seguente corrispondenza:

- concentrazione di 19900 µg/m3 = 50%OT

Tale assunzione è cautelativa in quanto la variazione della intensità di odore con la concentrazione ha un andamento non lineare del tipo mostrato nella figura che segue, che dimostra come l’approssimazione lineare risulti costantemente conservativa (curva reale sempre superiore alla retta 45°).

Sulla base di questa ipotesi nella tab. 3/11 seguente vengono riportati per l’inquinante NH3:

- il valore della concentrazione massima oraria determinato dal modello previsionale, la percentuale di ore nell’arco dell’anno di eventuale superamento della soglia di 1 OUE/m3 (corrispondente al valore 50%OT) ed il relativo giudizio di accettabilità basato sul criterio sopra esposto.

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Tab. 3.11: Emissioni odorigene NH3 - Risultati della simulazione e giudizio di accettabilità

Numero di ore annue di superamento della soglia 50%OT

Inquinante Concentrazione max oraria

[µg/m

3]

Concentrazione corrispondente

al 50% OT

[µg/m3]

Numero di ore con odore

[ore annue]

Percentuale di ore con odore

per anno [%]

Limite percentuale di Accettabilità

[%]

Giudizio di accettabilità NH3

Recettore

R1 26,95 19800 0 0,0 10 Accettabile

R2 15,76 19800 0 0,0 10 Accettabile

R3 12,45 19800 0 0,0 10 Accettabile

R4 17,84 19800 0 0,0 10 Accettabile

R5 36,97 19800 0 0,0 10 Accettabile

R6 31,82 19800 0 0,0 10 Accettabile

R7 35,65 19800 0 0,0 10 Accettabile

R8 19,75 19800 0 0,0 10 Accettabile

R9 44,25 19800 0 0,0 10 Accettabile

R10 49,03 19800 0 0,0 10 Accettabile

R11 56,32 19800 0 0,0 10 Accettabile

R12 72,40 19800 0 0,0 10 Accettabile

R13 28,94 19800 0 0,0 10 Accettabile

R14 31,34 19800 0 0,0 10 Accettabile

R15 41,97 19800 0 0,0 10 Accettabile

R16 39,58 19800 0 0,0 10 Accettabile

R17 14,32 19800 0 0,0 10 Accettabile

R18 6,88 19800 0 0,0 10 Accettabile

R19 6,97 19800 0 0,0 10 Accettabile

R20 8,20 19800 0 0,0 10 Accettabile

R21 9,14 19800 0 0,0 10 Accettabile

R22 11,66 19800 0 0,0 10 Accettabile

R23 39,88 19800 0 0,0 10 Accettabile

Relativamente all’impatto odorigeno si ritiene utile fare alcune considerazioni:

i dati di emissione utilizzati per la caratterizzazione delle sorgenti sono sufficientemente cautelativi in quanto dati medi reperiti da valori di letteratura e da altri studi similari;

l’azienda adotterà (cfr. quadro di riferimento progettuale) le seguenti BAT riconosciute (MTD).

1) evitare processi di fermentazione della lettiera garantendo che la stessa rimanga sempre asciutta;

2) installazione di abbeveratoi antispreco che oltre a ridurre i consumi eccessivi di acqua, evita la bagnatura della lettiera in tutta l'area adiacente e le conseguenti fermentazioni;

3) fresatura della lettiera per arieggiarla ed impedire stati di anaerobiosi;

4) additivi per il mangime e/o per la lettiera validati nella loro azione e certificati quanto a costanza di composizione;

5) rimozione della pollina a fine ciclo e conferimento all’esterno dell’allevamento ad operatore del settore del compostaggio, evitando impieghi in zona per fertilizzazione. Per il trasporto della lettiera si utilizzeranno autocarri con cassoni coperti dal telo;

6) sistema di controllo ambientale interno (coibentazioni, ventilazione, condizionamento termico, spessore della lettiera) progettato e realizzato in modo da assicurare il mantenimento del corretto livello di umidità della lettiera;

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189

7) adeguata formazione del personale.

L'azienda prevede inoltre l’implementazione della piantumazione nell’intorno dei nuovi capannoni.

In merito a quest’ultimo punto si sottolinea che esistono ormai diverse ricerche che evidenziano gli effetti positivi delle fasce alberate per ridurre la velocità del vento, abbattere la diffusione delle polveri e delle particelle odorigene. Tali fasce hanno inoltre efficacia nell’ombreggiare i capannoni, mantenendo le zone degli allevamenti più fresche con minore necessità di ricorrere alla ventilazione per raffrescamento in estate.

Sulla base di quanto esposto ai precedenti paragrafi si può concludere che l’impatto atmosferico prodotto dalla gestione dell’allevamento avicolo intensivo sito in Cannuccia – comune di Jesi (AN) di proprietà della Società Agricola Fileni s.r.l., nella configurazione di progetto descritta e con le misure di mitigazione adottate, è da ritenersi accettabile in quanto la concentrazione degli inquinanti in aria in corrispondenza dei recettori rientra nei limiti fissati dalla normativa vigente.

Detto impatto è inoltre è da ritenersi “non significativo” ai sensi di quanto previsto dalle linee guida della Regione Marche (Cfr. DGR 1600/2004).

In alegato si riportano tavole relative all’uscita dal modello.

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Tav. 01:Planimetria dell’area e localizzazione dell’allevamento e dei recettori

Impianto in esame

Impianto esistente non

in funzione

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4. AMBIENTE IDRICO

4.1 Stato attuale

4.1.1 Idrografia superficiale

Il reticolo idrografico presente nella zona oggetto dello studio è tipico dei terreni costituiti da un substrato a media-bassa permeabilità, con la conseguente formazione di un pattern mediamente gerarchizzato. In generale il reticolo idrografico rappresenta con precisione le caratteristiche litologiche dei terreni che attraversa. Dove sono presenti le formazioni arenaceo-sabbiose il pattern è di tipo subdendritico, con rami secondari subparalleli e con una densità di ramificazione media.

Dove invece affiorano i terreni argillosi-marnosi, il reticolo idrografico è di tipo subparallelo caratterizzato da un’alta densità di drenaggio.

In questa tipologia di pattern i fossi secondari si immettono in quelli principali secondo direzioni quasi perpendicolari ed in generale con una bassa densità di ramificazione.

I corsi d’acqua principali hanno andamenti leggermente meandriformi, con alvei incassati nei depositi alluvionali. I fossi secondari assumono invece un andamento rettilineo, con regimi tipicamente torrentizi, caratterizzati da lunghi periodi di magra e da brevi ed improvvise piene legate all’andamento meteorologico.

Il reticolo delle acque superficiali della parte di territorio in esame appartiene al bacino idrografico del fosso Strige, tributario destro del Fosso Cifaroni, quest’ultimo affluente in destra idrografica del fiume Esino; il fosso è caratterizzato da portate poco significative e da modesti processi di erosione in alveo.

Fig. 4.1/1: Ubicazione impianto allevamento avicolo e reticolo idrografico

Allo stato attuale nella zona non sono presenti zone esondabili, come individuato dalla tavola RI38 del P.A.I. Marche (Fig. 4.1/2).

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Fig. 4.1/2: Stralcio TAV RI37 PAI Marche

4.2 Stima degli impatti

Interferenze in fase di cantiere

Durante la realizzazione dell’impianto non sussistono interferenze con le acque superficiali in quanto la proprietà non è attraversata da corsi d’acqua naturali e/o artificiali e comunque le attività di cantiere non prevedono lavorazioni che possano produrre impatto con questa componente. L’unico specchio d’acqua è costituito da un laghetto utilizzato dai precedenti proprietari come appostamento per caccia.

Le uniche attività che hanno incidenza sul sistema delle acque superficiali riguarda la modifica ed eventuale implementazione del sistema dei fossi superficiali che drenano le acque verso il laghetto o direttamente al fosso Strige.

La mitigazione prevista con l’implementazione della vegetazione ripariale porterà ad un miglioramento delle acque in entrata nel laghetto e nel fosso di fondovalle in quanto permetterà di trattenere i sedimenti, rappresentando un filtro biologico.

Interferenze in fase di esercizio

In fase di esercizio le interferenze con la componente sono poco significative. Infatti le acque piovane sono drenate ed andranno ad incrementare le portate del laghetto e del fosso di fondovalle.

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L’area di intervento è ubicata nel bacino idrografico del fosso Strige, tributario in destra idrografica del fosso Cifaroni.

Le valutazioni di tipo geomorfologico descritte nella componente suolo e sottosuolo inducono a ritenere che, data l’assenza di aree esondabili nella porzione di territorio analizzata, la realizzazione della struttura in oggetto non comporta situazioni di rischio nei confronti della matrice acque superficiali.

L’impianto sarà dotato di un apposito sistema di raccolta delle acque di lavaggio delle pavimentazioni che verrà effettuato periodicamente al termine di ogni ciclo produttivo. Esso prevede il loro convogliamento in sacconi di dimensioni diverse in relazione ai capannoni ai quali sono associati. Le acque, essendo arricchite di piccole percentuali di nutrienti, saranno utilizzate per fertirrigazione delle superfici verdi.

Le acque meteoriche ricadenti sulle superfici impermeabilizzate saranno raccolte e convogliate negli impianti opportunamente dimensionati per soddisfare la verifica dell’invarianza idraulica.

Parte di queste acque saranno dirottate nel laghetto centrale per favorirne un invaso costante in quanto sono utilizzate anche per le esigenze dell’allevamento.

I reflui civili saranno raccolti e collettati mediante condotte separate ed opportunamente depurate.

4.3 Mitigazioni

Il progetto prevede la corretta gestione delle acque interne in accordo con le normative vigenti, compreso il rispetto del requisito dell’invarianza idraulica. Prevede inoltre la realizzazione di fasce di vegetazione ripariale in grado di salvaguardare la qualità delle acque superficiali.

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5. SUOLO E SOTTOSUOLO

5.1 Stato attuale

5.1.1 Geologia generale

Per fornire un inquadramento fisico generale è stata esaminata, sulla base di dati bibliografici e cartografici, l’area comprendente i bacini dei fiumi Esino, Musone e Potenza dai rilievi appenninici fino al mare.

In quest’area con caratteri fisici omogenei, vanno distinte tre fasce con diverse caratteristiche geografiche:

- una fascia costiera pianeggiante di estensione limitata;

- una fascia collinare larga circa 30 Km e disposta parallelamente alla costa;

- una fascia montuosa.

In generale si riconosce una certa coincidenza tra l’andamento delle fasce orografiche e le principali strutture tettoniche.

La fascia preappenninica collinare, interrotta dall’isolato rilievo calcareo del Monte Conero, coincide con l’avanfossa marchigiana; qui affiorano i terreni neogenici e quaternari, prevalentemente argillosi e subordinatamente arenacei.

L’avanfossa marchigiana è delimitata verso SW dai rilievi a nucleo mesozoico della catena appenninica; in quest’area affiorano le rocce giurassiche e cretaciche calcaree, decisamente più resistenti all’erosione.

La rete idrografica taglia trasversalmente le fasce geologiche ed orografiche incidendo profonde e suggestive gole nella dorsale Marchigiana ed originando pianure alluvionali nei tratti compresi tra i rilievi montuosi e la costa.

Le rocce più antiche affioranti sono costituite dalla successione Pliocenica caratterizzata da un'alternanza di argille marnose con unità sabbioso-arenacee. Termini via via più recenti sono rappresentati da argille marnose e marnoso-siltose alternate ad arenarie, riferibili al Pleistocene inferiore (unità pelitico-arenacea), in contatto trasgressivo con la sequenza Pliocenica precedentemente descritta. Completano la litostratigrafia della zona i depositi alluvionali terrazzati e i depositi recenti di fondovalle.

L’evoluzione geologica dell’area a partire dall'inizio del Pliocene inferiore è caratterizzata dalla migrazione dell’avanfossa adriatica ancora più ad est, mentre continuano le spinte tettoniche che hanno provocato il corrugamento delle dorsali mesozoiche. Nella parte alta del Pliocene inferiore si registra il manifestarsi di spinte tettoniche compressive responsabili delle principali strutture plicative e della parziale emersione dell'area.

Con il Pleistocene inferiore si ritorna a condizioni di sedimentazione marina, forse per effetto di una fase tettonica distensiva; la sedimentazione è caratterizzata da una successione di cicli ingressivi-regressivi. La parte ingressiva è rappresentata da argille marnose con sottili interstrati sabbioso-siltosi; la fase regressiva è costituita da corpi sabbiosi legati alla progradazione di fronti deltizi.

Gli studi effettuati su queste sequenze hanno portato a riferirle a bacini marini poco profondi, in zone alquanto sensibili a pur lievi oscillazioni del livello marino o a variazioni dell'apporto detritico.

Nel Pleistocene medio-superiore anche le parti più esterne del bacino emergono del tutto; i sedimenti vengono sollevati per mezzo di movimenti verticali differenziati. Si evidenzia così una disposizione a blocchi ribassati e rialzati ad andamento antiappenninico che condiziona l'impostazione dell'attuale reticolo idrografico.

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Le vicende climatiche quaternarie e le variazioni da esse indotte nei processi erosivi e sul livello marino, hanno causato la successione di periodi di erosione e sedimentazione nelle valli fluviali.

Il graduale sollevamento dell’area, combinato con la tendenza della corrente fluviale ad erodere verso sud-est in destra idrografica, ha fatto sì che nelle successive fasi di approfondimento le preesistenti alluvioni venissero asportate solo parzialmente; sono così rimasti lembi delle antiche pianure alluvionali divisi dagli attuali sedimenti da gradini o scarpate di raccordo.

5.1.2 Geologia di dettaglio

Il nuovo centro di allevamento avicolo verrà realizzato in via Cannuccia nel Comune di Jesi, in corrispondenza della vallecola del fosso Strige, tributario destro del fosso Cifaroni, affluente in destra idrografica del fiume Esino, e dei versanti che degradano verso il corso d’acqua e i suoi rami di I° ordine.

Geologicamente l'area è caratterizzata dalla presenza della Formazione in posto Plio-Pleistocenica, costituita da argille marnose stratificate con sottili livelli sabbiosi, ricoperta nella porzione nord del lotto da spessori variabili di coltre eluvio-colluviale, di natura prevalentemente limo-argillosa e sabbiosa, interdigitata nella porzione sud e nella zona pianeggiante appartenente alla pianura alluvionale del corso d’acqua, con i depositi alluvionali del fosso Strige, costituiti prevalentemente da materiali limosi e argillosi a granulometria fine e finissima, con lenti sabbiose al loro interno.

L’origine delle colluvioni è dovuta alle acque dilavanti che asportano a monte fini particelle argillose e sabbiose convogliandole ed accumulandole lungo i versanti e nelle zone topograficamente più depresse, sotto forma di lenti che giacciono sulla sottostante formazione in posto. Le eluvioni rappresentano l’orizzonte fortemente alterato dall’azione degli agenti atmosferici, della sottostante formazione in posto; di quest’ultima mantengono la natura litologica ma non la stratificazione né le caratteristiche di consistenza.

I depositi alluvionali sono originati dalla sedimentazione operata dal corso d’acqua principale e dai suoi rami secondari che hanno deposto i sedimenti trasportati al di sopra della coltre colluviale, originando la piccola pianura competente al fosso Strige.

Le argille marnose sono costituite da argille marine di età Plio-Pleistocenica, che si presentano con la caratteristica colorazione grigio-azzurra. Si tratta di materiali dotati di buone proprietà geomeccaniche, con permeabilità molto bassa; la loro costituzione le rende poco resistenti all’azione degli agenti atmosferici, talché possono presentarsi alterate per spessori anche di qualche metro.

5.1.3 Stratigrafia

Nella descrizione delle caratteristiche geolitologiche e stratigrafiche dei terreni presenti nell’area e in un suo intorno significativo occorre distinguere i depositi della copertura con le unità del substrato. Al substrato appartengono le unità litologiche depositatesi in ambiente marino, mentre i litotipi che formano le coperture hanno origine in ambiente continentale.

Substrato

I terreni del substrato appartengono alla successione Plio-Pleistocenica, formati principalmente da argille marnose con intercalati complessi sabbiosi ed arenacei, i cui affioramenti sono visibili lungo i versanti vallivi ed in alcuni tratti anche all’interno dell’alveo dei corsi d’acqua principali, soprattutto a valle di briglie e sbarramenti trasversali.

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Le formazioni argillose-marnose costituiscono il basamento resistente ed impermeabile dei depositi alluvionali e della falda acquifera.

Nel complesso i litotipi che costituiscono il substrato mostrano sempre un buon grado di sovraconsolidazione, sono poco compressibili, resistenti e comunque dotati di buoni parametri di resistenza geomeccanica.

Coperture

Coltri eluvio-colluviali

I depositi eluvio-colluviali sono presenti lungo i versanti vallivi. Litologicamente sono costituiti da argille limose e limo-sabbiose e hanno origine dall’azione delle acque dilavanti che dopo aver eroso le particelle sabbiose ed argillose delle unità del substrato, le depositano lungo i versanti sotto forma di depositi lenticolari che giacciono a franapoggio sulla sottostante formazione in posto.

Per questo motivo sono frequentemente interessate da vasti movimenti gravitativi di forma ed intensità variabile.

Alluvioni:

Alluvioni dei fosso Strige

Depositate in sito dall’azione di sedimentazione del fosso, si riscontrano al tetto della coltre colluviale, esclusivamente nella pianura limitrofa al corso d’acqua.

Considerando che il fosso drena terreni argillosi ed arenacei esse risultano costituite da litotipi variabili da limi argillosi, a limi sabbiosi ed argille limose, di consistenza variabile da media a bassa e plasticità generalmente medio-alta.

5.1.4 Geomorfologia dell’area

Area vasta

La porzione di territorio oggetto dello studio è ubicata nella porzione medio-bassa del bacino del fiume Esino, in una zona posta all’interno dell’impluvio del fosso Strige, che confluisce più a valle nella pianura del Fosso Cifaroni, affluente in destra idrografica del fiume Esino.

Il profilo della valle del fiume Esino, nel tratto di interesse, risulta disimmetrico (come quasi tutte le vallate dei fiumi marchigiani), con l’alveo fluviale più accostato al versante in destra idrografica, che presenta maggiori acclività, rispetto al versante in sinistra idrografica, dove la conservazione delle antiche superfici terrazzate alluvionali ha determinato la formazione di porzioni di territorio pianeggiante o a debole pendenza.

In generale le oscillazioni climatiche, interagendo con il sollevamento tettonico, hanno favorito l’alternanza di processi erosivi e sedimentari; si sono così venuti a creare i vari ordini di terrazzamento, separati generalmente da ripide scarpate.

Negli ultimi decenni, anche a causa di interventi antropici nelle sponde e nell’alveo fluviale, si è assistito ad un generale abbassamento del livello di base. Conseguentemente il fiume ha iniziato ad erodere il proprio letto, attivando processi di erosione regressiva in tutti i fossi costituenti il reticolo idrografico che, incidendo il proprio alveo, hanno accelerato il dissesto idrogeologico del paesaggio, in particolare sui versanti in destra idrografica.

Nel tratto di interesse il fiume Esino presenta un corso abbastanza rettilineo, con un andamento circa NW-SE.

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Area di dettaglio

L’area in oggetto si estende, come detto, in corrispondenza della vallecola del fosso Strige, tributario destro del fosso Cifaroni, affluente in destra idrografica del fiume Esino, e dei versanti rivolti a Nord e a Sud che delimitano geograficamente e morfologicamente il corso d’acqua, degradando con pendenze medio-basse verso la zona di pianura.

Nelle aree di sedime dei previsti capannoni avicoli, allo stato attuale, sono assenti indizi di dissesti gravitativi; non si hanno pertanto problemi legati ad instabilità geomorfologica, come evidenziato anche negli allegati stralci della Carta geomorfologica della Regione Marche (CARG) e della Tav. RI37 del Piano per l’Assetto Idrogeologico della Regione Marche (figura …..).

Da sottolineare che in corrispondenza e in un intorno significativo delle due aree inserite nel P.A.I., indicate con i codici F-12-0272 ed F-12-0262, entrambe a Pericolosità P3 e Rischio moderato R1, ricadenti all’interno del confine di proprietà nella porzione sud-est del lotto, non è prevista la costruzione di capannoni, così come risulta inattiva la frana di colamento indicata nella Carta geomorfologica della Regione Marche (CARG) in corrispondenza dell’area di sedime dei capannoni 9 e 10 BIO+ da realizzare nella porzione nord-est del lotto.

In fase di rilievo geomorfologico e di indagine geognostica, in questa zona sono stati notati dei ristagni d’acqua superficiali, associati ad evidenze di modeste soliflussioni della coltre più superficiale. In fase di esecuzione lavori, si dovrà verificare l’esigenza di realizzare interventi di bonifica geomorfologica (drenaggi), nel caso in cui la circolazione d’acqua interessi anche livelli del sottosuolo.

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5.1.5 Caratterizzazione sismica

Dal punto di vista sismico, l'area in esame è classificata dalla normativa sismica adottata con Ordinanza P.C.M. n. 3274 del 20.03.2003, successiva Ordinanza P.C.M. n. 3519 del 28.04.2006 All. 1b e Allegato al Voto n. 36 del 27.07.2007 dell’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei LL.PP., come zona 2 (ex zona a rischio sismico di IIa categoria; S = 9).

zona accelerazione con probabilità di superamento

pari al 10% in 50 anni (ag)

accelerazione orizzontale

massima convenzionale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico

(ag)

1 0,25<ag≤0,35g 0,35g 2 0,15<ag≤0,25g 0,25g 3 0,05<ag≤0,15g 0,15g 4 ≤0,05g 0,05g

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Per quanto attiene la categoria di suolo di fondazione relativamente alla normativa contenuta nel D.M. 14.01.2008 “Norme Tecniche per le Costruzioni” in zona sismica e le relative istruzioni della Circolare del Consiglio Superiore dei LL.PP. n. 617 del 02.02.2009, in particolare la Tabella 3.2.II – Categorie di sottosuolo delle NTC, i risultati ottenuti dalla esecuzione dell’indagine sismica a rifrazione permettono di attribuire i terreni rispettivamente alla:

categoria B, in corrispondenza dell’area di sedime dei capannoni convenzionali 1÷4: si sono infatti ottenuti valori di VS,30 = 388 m/sec (Rifrazione 3);

categoria C, in corrispondenza dell’area di sedime di tutti gli altri capannoni da realizzare: si sono infatti ottenuti valori di VS,30 = 238 m/sec (Rifrazione 1) e VS,30 = 222 m/sec (Rifrazione 2).

La categoria di suolo C viene confermata anche in corrispondenza delle singole stazioni di misura del microtremore ambientale, con valori di VS,30 pari rispettivamente a: HVSR 1 = 293 m/sec; HVSR 2 = 253 m/sec; HVSR 3 = 279 m/sec; HVSR 4 = 319 m/sec (per maggiori dettagli sulle modalità di esecuzione della campagna di indagini geofisiche e la parametrizzazione dei dati sismici ricavati, in allegato si unisce il relativo rapporto tecnico).

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La categoria topografica (Tab. 3.2.IV del D.M. 14.01.2008) e il coefficiente di amplificazione topografica ST (Tab. 3.2.VI del D.M. 14.01.2008) risultano rispettivamente:

Categoria topografica = T1

Coefficiente di amplificazione topografica ST = 1,0

I parametri sismici in riferimento allo Stato Limite Ultimo di Salvaguardia della Vita (SLV), considerando una costruzione in Classe d’Uso I e Vita Nominale VN = 50 anni, ricavati utilizzando il software PS Parametri Sismici della Ditta Geostru, applicando il D.M. 14.01.2008, Tabella 1 dell’allegato B, sono risultati essere:

1) Accelerazione sismica orizzontale massima attesa su sito di riferimento rigido: ag = 0,157g

2) Fattore massimo di amplificazione dello spettro in accelerazione orizzontale: Fo = 2,46

3) Periodo d’inizio del tratto a velocità costante dello spettro in accelerazione orizzontale: T*C

= 0,314 sec

Si specifica che di seguito sono riportati i parametri e i coefficienti sismici riferiti anche agli altri Stati Limite.

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Terreni Categoria B

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Terreni Categoria C

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Nel sito è stata condotta, come detto, anche un’indagine sismica passiva con tecnica HVSR; l'indagine geofisica si avvale della metodologia basata sulla tecnica di Nakamura e sul rapporto spettrale H/V. La tecnica dei rapporti spettrali o HVSR (Horizzontal to Vertical Spectral Ratio) è totalmente non invasiva e si avvale del rumore ambientale che in natura esiste ovunque.

Tale registrazione è stata utilizzata per la determinazione della frequenza caratteristica di risonanza che rappresenta un parametro fondamentale per il corretto dimensionamento degli edifici in termini di risposta sismica locale, in quanto si dovranno adottare adeguate precauzioni nell'edificare manufatti aventi la stessa frequenza di vibrazione del terreno per evitare l'effetto di "doppia risonanza" estremamente pericoloso per la stabilità degli stessi in caso di sisma. I risultati dell’indagine sono riportati nell’allegato rapporto tecnico.

Nell’area di studio la distribuzione granulometrica dei litotipi presenti esclude infine rischi legati al fenomeno della liquefazione dei terreni; il sito risulta pertanto stabile nei confronti della liquefazione. Si omette pertanto la relativa verifica, come previsto al paragrafo 7.11.3.4.2 delle NTC, di seguito riportato, manifestandosi nel sito la circostanza 5:

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5.1.6 Idrogeologia

Caratteristiche Idrogeologiche di area vasta

Gli acquiferi che interessano l'area di studio e un suo intorno significativo possono essere suddivisi in:

acquifero del complesso delle unità pelitico-arenacee;

acquifero delle coperture eluvio-colluviali di versante e di fondovalle;

acquifero dei depositi alluvionali del Fosso Strige.

Acquiferi del complesso delle unità pelitico-arenacee

Sono gli acquiferi presenti nella sequenza terrigena Plio-Pleistocenica, contenuti nei depositi arenacei e arenaceo-sabbiosi, intercalati alle argille marnose. Le unità pelitico-arenacee in virtù della loro fratturazione sono dotate di moderata permeabilità, consentendo l’infiltrazione e la percolazione di acque meteoriche.

La geometria dei corpi arenacei e la presenza di argille alla base ed al tetto della sequenza con funzione di acquiclude, permettono in alcuni casi la formazione di acquiferi confinati.

L'alimentazione è dovuta principalmente alle piogge e secondariamente alle acque superficiali.

Quando l’azione dell'erosione concentrata lungo i versanti provoca l'affioramento del substrato argilloso impermeabile, sottostante le unità sabbioso-arenacee permeabili, si osservano le classiche manifestazioni sorgentizie di versante.

Acquiferi delle coperture eluvio-colluviali di versante e di fondovalle

All’interno delle coperture eluvio-colluviali, dotate di permeabilità da bassa a molto bassa, possono formarsi modesti acquiferi a causa delle discontinuità granulometriche e deposizionali caratteristiche dell’ammasso.

Si formano così delle falde di modesta entità e di limitata estensione che non permettono, tranne rari casi, alcuna possibilità di sfruttamento.

Contemporaneamente però hanno un ruolo determinante nella formazione e nello sviluppo dei fenomeni di dissesto che interessano frequentemente il territorio collinare.

Acquifero alluvionale del Fosso Strige

L’importanza di tale acquifero nella zona d’interesse, risulta confinata alle sole zone competenti alla modesta pianura alluvionale del corso d’acqua. Lo spessore dei sedimenti alluvionali e la loro composizione granulometrica (limi argillosi e limi sabbiosi), permettono il formarsi di una falda acquifera che nei sondaggi eseguiti è stata riscontrata ad una profondità di circa 10,00÷15,00.

Idrogeologia di dettaglio

Sulla base di valutazioni litologiche ed idrogeologiche, i terreni caratteristici della zona di studio possono essere suddivisi in due classi di permeabilità:

terreni a permeabilità medio-alta: in questa classe vengono inseriti tutti i depositi sabbiosi appartenenti alle unità sabbioso-arenacee della sequenza Plio-Pleistocenica, le coltri di alterazione sabbiose e i depositi alluvionali prevalentemente sabbiosi.

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terreni a permeabilità bassa: a questa classe appartengono tutti i litotipi argilloso-marnosi della Formazione Plio-Pleistocenica e i depositi alluvionali prevalentemente limo-argillosi.

A conclusione della descrizione del sistema acque sotterranee si evidenzia che le caratteristiche idrogeologiche dei terreni affioranti nell’area, costituiti da termini prevalentemente argillosi a permeabilità bassa, non permettono la formazione di falde idriche estese e di sufficiente continuità, ad eccezione della zona di pianura del fosso Strige, dove la potenzialità della falda acquifera, ad una prima sommaria valutazione, sembra essere tale da poter prevedere la realizzazione di pozzi per l’attingimento dell’acqua necessaria all’attività di allevamento.

Vulnerabilità dell’acquifero

Relativamente all’impatto che la ricaduta di eventuali sostanze inquinanti legate alla presenza dell’allevamento avicolo potrebbe provocare nei confronti delle acque di falda, questo risulta poco significativo in quanto tutta l’area è caratterizzata dalla presenza di uno spessore superficiale di materiali limo-argillosi di bassa permeabilità, che impedisce, o quanto meno limita in modo rilevante la percolazione verticale di dette sostanze verso il sottostante acquifero.

La pericolosità maggiore è connessa con l’infiltrazione delle acque del fosso Strige nei depositi alluvionali del corso d’acqua, ma come già sottolineato, per le ridotte dimensioni del bacino acquifero e l’assenza di sorgenti significative di potenziale contaminazione nello stesso, essa risulta estremamente limitata.

Pertanto l’impatto dell’allevamento avicolo verso le matrici acque superficiali e acque sotterranee può essere considerato trascurabile.

5.2 Stima degli impatti

Suolo e sottosuolo

Relativamente al sistema suolo-sottosuolo i fattori di pressione che possono produrre un impatto sulla qualità della matrice coincidono essenzialmente con il lotto produttivo e sono essenzialmente i seguenti:

modifiche morfologiche;

trasformazione dello stato fisico del suolo all’interno del lotto;

Interferenze in fase di cantiere

L’intervento verrà realizzato in terreni attualmente adibiti ad uso agricolo. Per i capannoni ubicati lungo le aree di versanti dovranno essere realizzati interventi di scavo e riporto, gradonando l’attuale piano campagna. La movimentazione di suolo e sottosuolo sarà pertanto finalizzata alla livellazione del terreno per uniformare la quota di imposta delle strutture e nello scavo per la realizzazione del sistema fondale.

L’impatto con la componente suolo-sottosuolo in fase di cantiere risulta poco significativa.

Interferenze in fase di esercizio

Durante la fase di esercizio non si hanno impatti con tale matrice. Le verifiche analitiche della stabilità del versante hanno fornito sia in fase ante-operami, sia in fase post-operam valori del fattore di sicurezza cautelativi.

Solo in corrispondenza dell’area di sedime dei capannoni 7, 8, 9 e 10 BIO+ da realizzare nella porzione nord-est del lotto, in fase di rilievo geomorfologico e di indagine geognostica, sono stati notati dei ristagni d’acqua superficiali, associati ad evidenze di modeste soliflussioni della coltre più superficiale.

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L’impatto con la componente suolo-sottosuolo in fase di esercizio risulta poco significativa.

Idrogeologia

Come detto per la valutazione degli impatti della componente ambiente idrico, l’impianto sarà dotato di un apposito sistema di raccolta delle acque di lavaggio delle pavimentazioni che verrà effettuato periodicamente al termine di ogni ciclo produttivo. Esso prevede il loro convogliamento in sacconi di dimensioni diverse in relazione ai capannoni ai quali sono associati. Le acque, essendo arricchite di piccole percentuali di nutrienti, saranno utilizzate per fertirrigazione delle superfici verdi.

L’area è caratterizzata dalla presenza di uno spessore di materiali limo-argillosi di bassa permeabilità, che impedisce, o quanto meno limita in modo rilevante la percolazione verticale di sostanze potenzialmente contaminanti verso il sottostante acquifero, comunque limitato alla sola porzione di pianura alluvionale del fosso Strige.

Interferenze in fase di cantiere

Rispetto alla componente acque sotterranee non sussistono criticità in quanto la costruzione dei capannoni avicoli verrà impostata su tipologie di fondazioni che non avranno alcuna interferenza con la falda acquifera.

Interferenze in fase di esercizio

Le aree coperte dove si svolgerà l’attività avicola vengono impermeabilizzate; i reflui industriali vengono raccolti e collettati mediante condotte separate ed opportunamente stoccati in appositi recipienti.

Le acque meteoriche ricadenti sulle superfici impermeabilizzate saranno raccolte e convogliate negli impianti opportunamente dimensionati per soddisfare la verifica dell’invarianza idraulica.

In merito alla valutazione dell’impatto sul sistema di acque sotterranee in termini di mancata ricarica della falda per l’impermeabilizzazione della superficie, si reputa tale impatto trascurabile, in quanto l’intervento risulta di modesta entità non limitando l’alimentazione del sistema di acque sotterranee da parte delle precipitazioni meteoriche.

Risulta pertanto trascurabile l’impatto delle attività che si svolgeranno nell’impianto in fase di esercizio verso le matrici acque superficiali e acque sotterranee.

5.3 Mitigazioni

Dall'analisi comparativa degli elementi sopra evidenziati di ordine topografico, geomorfologico, litostratigrafico, geotecnico ed idrogeologico, per la realizzazione dei capannoni per allevamenti avicoli, lo studio geologico elaborato come documento di progetto indica quanto segue:

le fondazioni dei capannoni potranno essere sia di tipo diretto, a plinti, impostate ad una profondità di circa 2,00 m dall’attuale piano campagna e comunque sempre tale da superare gli spessori di terreno più superficiale, caratterizzato da scadenti parametri geotecnici, sia del tipo a pali, la cui profondità sarà condizionata dalla profondità di reperimento del substrato. In particolare si consiglia la realizzazione di fondazioni dirette per i capannoni ubicati nella zona pianeggiante appartenente alla pianura alluvionale del fosso Strige e di fondazioni su pali per tutti i capannoni previsti nelle aree di versante;

gli scavi di fondazione risultino sempre ben puliti e privi di materiale rimosso;

tutte le operazioni di scavo vengano eseguite con modalità e geometrie tali da garantire il pieno rispetto delle norme di sicurezza vigenti in materia;

i getti di calcestruzzo (in particolare nel caso di fondazioni su pali) abbiano luogo entro

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breve termine dallo scavo e che siano eseguiti accuratamente;

in fase di esecuzione lavori, nel tratto di versante dove sono posizionati i capannoni 7, 8, 9 e 10 BIO+ si dovrà verificare l’esigenza di realizzare interventi di bonifica geomorfologica (drenaggi), nel caso in cui la circolazione d’acqua interessi anche livelli del sottosuolo.

le attività di scavo e riporto per la realizzazione delle gradonature sulle aree di versante dovranno essere effettuate a regola d’arte, adottando le necessarie cautele: in particolare i fronti di scavo dovranno rispettare le acclività previste in fase di progetto (max 45°), mentre i riporti dovranno essere adeguatamente compattati mediante passaggi di rullo per strati di spessore di 30 cm;

il modellamento della superficie topografica della parte di corte attigua a capannoni, una volta terminati i lavori, per impedire il ristagno e l'infiltrazione delle acque superficiali nei terreni di fondazione, in modo da impedire rigonfiamenti nei periodi umidi e essicamenti in quelli asciutti, fenomeni che innescano pericolosi cedimenti;

il convogliamento delle acque piovane, raccolte dalle grondaie e dai piazzali, presso i sistemi di laminazione progettati per il rispetto del principio dell’invarianza idraulica.

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6. VEGETAZIONE, FLORA, FAUNA ED ECOSISTEMI

6.1 Stato attuale

6.1.2 Vegetazione e flora

6.1.2.1 Indagine di area vasta

Il territorio oggetto di studio è dominato dal tipico paesaggio agrario marchigiano delle colline sublitoranee cratterizzato da morfologie dolci, versanti e pendenze limitate e forme collinari arrotondate; sono presenti vaste superfici coltivate a seminativi a ciclo annuale come grano, girasole, orzo ecc, e piccoli appezzamenti con colture arboree come oliveti, frutteti e rari vigneti. In questo sistema si inseriscono le connessioni biologiche lineari, rappresentate da siepi e filari arboreo arbustivi con specie miste, ma sempre dominate da olmo (Ulmus minor) e tamerice (Tamarix gallica). Questi elementi lineari sono distribuiti nei campi, lungo le scarpate stradali o in ambito interpoderale; lungo il reticolo idrografico minore. Nell’area esaminata, lembi boschivi sono rappresentati esclusivamente dalla vegetazione igrofila a dominanza di pioppo nero (Populus nigra) con presenza subordinata di salice bianco (Salix alba) e roverella (Quercus pubescens) nei settori esterni.

Nella porzione sud est dell’area indagata, sono presenti evidenti fenomeni erosivi, rappresentati da piccoli calanchi all’interno dei quali è sviluppata una vegetazione sia erbacea a carattere di incolto, che arbustiva a dominanza di olmo.

Nella matrice agricola, sono presenti case sparse, con la vegetazione ornamentale nei casi di abitazioni di recente costruzione, o con la tipica vegetazione della corte delle case coloniche per le abitazioni più rurali.

Abbastanza diffusi sono anche piccole aree umide rappresentate da piccoli laghetti artificiali a scopo irriguo, intorno ai quali si sviluppa una vegetazione arborea costituita da esemplari singoli di pioppo nero (Populus nigra)o salice bianco (Salix alba) e arbusteti a rovo.

Nel resto del territorio infine la vegetazione naturale è relativa a presenze diffuse sia di elementi isolati o in piccoli gruppi di querce a volte secolari, o piccole superfici di arbusteto, fisionomie che caratterizzano in maniera rigorosa il tipico paesaggio agrario collinare. Queste emergenze costituiscono gli unici settori dell’agroecosistema dove si manifesta un’apprezzabile biodiversità floristica. Queste e altre forme di vegetazione saranno descritte in maniera più approfondita nei capitoli successivi.

Non sono stati osservati boschi relitti o aggruppamenti forestali di latifoglie, se non per quanto riguarda la vegetazione igrofila ripariale, lungo i corsi d’acqua minori costituiti da fossi secondari; dal punto di vista potenziale ci si può riferire a quanto emerge dalla bibliografia per aree limitrofe a questa. Nel settore collinare, per aree analoghe, è stata, infatti, descritta la serie termofila della roverella (Roso sempervirentis – Quercetum pubescentis); negli impluvi la serie dell’olmo (Symphyto bulbosi - Ulmetum minoris); infine la serie del saliceto domina la vegetazione ripariale di fondovalle. (Salicetum albae Soo 1930 em. Moor 1958, Saponario-Salicetum purpureae Br.-Bl. 1930 Tchou 1946).

Dal punto di vista bioclimatico l’area rientra nel macrobioclima temperato nella variante submediterranea.

Metodologia

Le tipologie vegetali individuate sono state descritte a seguito di sopralluoghi sul territorio che hanno consentito una identificazione certa e puntuale delle formazioni presenti in area vasta. Anche la consultazione del materiale bibliografico e del materiale cartografico ufficiale regionale (Carta della vegetazione – fitosociologia, Progetto di rete ecologica della Regione Marche R.E.M.) (2009), hanno contribuito allo sviluppo di tale indagine territoriale.

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Ogni tipologia vegetazionale individuata nel territorio è stata descritta utilizzando un criterio fisionomico - strutturale e sono stati indicati ove possibile l’ambiente, il dinamismo, la localizzazione e il riferimento fitosociologico.

A partire dalle formazioni naturali quali la vegetazione igrofila ripariale, sono poi stati presi in considerazione gli elementi seminaturali quali le querce isolate e a gruppi, le alberature stradali e poderali, i filari e siepi e le altre formazioni di interesse botanico vegetazionale presenti. Inoltre è stata anche rilevata la presenza delle formazioni derivate da attività antropiche come le coltivazioni arboree e i seminativi.

Le tipologie individuate sono state rappresentate in un elaborato cartografico realizzato sulla base di fotointerpretazione, da dati desunti dalla letteratura esistente per il territorio provinciale in relazione a studi di aree situate in zone limitrofe, da sopralluoghi diretti.

Le tipologie individuate e presenti anche nell’elaborato cartografico sono di seguito elencate:

VEGETAZIONE FORESTALE

Vegetazione igrofila ripariale a dominanza di pioppo nero Ass. Salici albae-Populetum nigrae (Tx. 1931) Meyer-Drees 1936

VEGETAZIONE DEI SETTORI CALANCHIVI

Formazione erbacea perenne a cappellini comuni e gramigna comune Ass. Agrostio stoloniferae-Agropyretum repentis Biondi & Allegrezza 1996;

Arbusteto a tamerice maggiore e ginestra comune Ass. Spartio juncei-Tamaricetum africanae Biondi et alii 2009

Boscaglia di olmo campestre (Ulmus minor) Ass. Symphyto bulbosi-Ulmetum minoris Biondi & Allegrezza 1996

FORMAZIONI ARBUSTIVE

Arbusteto a rovo comune e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Rubetum ulmifolii Poldini 1980

Arbusteto a sanguinello e caprifoglio etrusco con ginestra comune Ass. Lonicero etruscae-Cornetum sanguineae Biondi, Bagella, Casavecchia & Pinzi 2002 var. a Spartium junceum

FORMAZIONI ERBACEE

Vegetazione a canna domestica e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Arundinetum donacis Biondi & Allegrezza 2004

Vegetazione a canna domestica e vilucchio bianco Ass. Convolvulo sepii-Arundinetum donacis R. Tx. & Oberd. Ex O. Bolòs 1962 nom. inv. prop. Rivas-Mart et al.2002

Vegetazione a cannuccia di palude Ass. Phragmitetum communis (All. 1921) Pignatti 1953

VEGETAZIONE ANTROPOGENA

Siepe di tamerice (Tamarix africana)

Filare deciduo a olmo (Ulmus minor) e marruca (Palirus spina-christi).

Filare deciduo a olmo (Ulmus minor) e tamerice (Tamarix africana)

Filare di robinia (Robinia pseudoacacia), filare di bagolaro (Celtis australis), filare di noce (Juglans regia), filare di roverella (Quercus pubescens)

ALTRE FORMAZIONI

Verde ornamentale, Vegetazione della corte delle case coloniche

Seminativo in rotazione Oliveto, Impianto arboreo da frutto o da legno

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Descrizione delle tipologie vegetali

VEGETAZIONE IGROFILA RIPARIALE A DOMINANZA DI PIOPPO NERO ASS. SALICI ALBAE-POPULETUM NIGRAE (TX. 1931) MEYER-DREES 1936

Si tratta della vegetazione ripariale che vegeta nei piccoli impluvi e corsi d’acqua minori che interessano in maniera limitata l’area vasta. Nel territorio esaminato, infatti i sistemi idrografici principali sono costituiti da piccoli fossi interpoderali collinari (Fosso Strige e Fosso Vitali), che confluiscono entrambi nel Fosso principale (Fosso Cifaroni), affluente a sua volta del vicino Fiume Esino.

Lungo questi corsi d’acqua, che risultano a volte visibilmente scavati tra un campo e l’altro, sono frequenti formazioni igrofile a dominanza e pioppi e in misura minore di salici (foto 6/1).

Oltre al pioppo nero (Populus nigra) e salice bianco (Salix alba), con esemplari spesso di notevole dimensione, sono presenti altre poche specie arboree come olmo (Ulmus minor). Nella componente arbustiva è presente corniolo (Cornus sanguinea), sambuco (Sambucus nigra), biancospino (Crataegus monogyna), vitalba (Clematis vitalba), acero campestre (Acer campestre), canna domestica (Arundo donax), rovi (Rubus sp. pl).

Nel sottobosco, particolarmente mesofilo, sono presenti molte specie come equiseto (Equisetum telmateja), aristolochia (Aristolochia rotundifolia), brionia (Bryonia dioica), luppolo (Umulus lupulus), campanella (Calystegia sepium).

Negli aspetti più impoveriti, questa vegetazione è compenetrata da specie infestanti, tra cui in primo luogo la robinia (Robinia pseudoacacia). In alcuni tratti e in radure esterne sono presenti canneti a dominanza di canna domestica (Arundo donax).

La vegetazione ripariale punto di vista fitosociologico rientra nell’ordine Populetalia albae, Ass. Salici albae-Populetum nigrae

VEGETAZIONE DEI SETTORI CALANCHIVI

Formazione erbacea perenne a cappellini comuni e gramigna comune Ass. Agrostio stoloniferae-Agropyretum repentis Biondi & Allegrezza 1996;

Arbusteto a tamerice maggiore e ginestra comune Ass. Spartio juncei-Tamaricetum africanae Biondi et alii 2009

Boscaglia di olmo campestre (Ulmus minor) Ass. Symphyto bulbosi-Ulmetum minoris Biondi & Allegrezza 1996

Nel settore sud est del territorio esaminato, si rinvengono alcune zone in erosione rappresentate dai calanchi (foto 6/2, 6/3). In questa formazione particolare, la vegetazione appare cosi strutturata:

Nei settori superiori del calanco, dove i processi erosivi sono maggiormente accentuati (aree ad erosione rapida), si sviluppa una vegetazione prettamente erbacea e tipica delle zone calanchive ampiamente studiate per l’Italia centrale. In questi settori, a causa dei continui processi erosivi non si assiste a dinamiche evolutive della vegetazione. Le specie delle praterie calanchive che crescono nelle zone più impervie e che si insediano nei settori superiori del calanco, con pendenze superiori al 30%, sono particolarmente adattate a vivere in condizioni estreme; prevalgono le terofite e le emicriptofite composta da graminacee spontanee come cappellini (Agrostis stolonifera), gramigna litoranea (Agropyron pungens, Elytrigia atherica), gramigna comune (Agropyron repens), erba mazzolina (Dactylis hispanica). Tra altre specie presenti e caratterizzanti il settore superiore del calanco possono essere citate la scorzonera (Scorzonera laciniata), scorzonera delle argille (Podospermum canum), epilobio (Epilobium tetragonum).

Nei settori basali del calanco invece, su macroimpluvi, dove permangono condizioni maggiori di umidità e maggiore disponibilità di suolo argilloso-limoso, si sviluppano comunità arbustive dominate da tamerice (Tamarix africana) talvolta con ginestra (Spartium junceum), con un

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sottobosco erbaceo costituito dalla graminacea la prateria perenne a Elytrigia atherica, festuca (Festuca arundinacea) ed altre specie ecologicamente legate a questo ambiente, come epilobio (Epilobium tetragonum) e tussilago (Tussilago farfara). Questa formazione è attribuibile all’arbusteto a tamerice maggiore e ginestra comune Ass. Spartio juncei-Tamaricetum africanae Biondi et alii 2009.

Sempre nel settore basale ma in aree a morfologia di impluvio, su versanti stabilizzati e con poca pendenza è inoltre possibile osservare aggruppamenti preforestali arbustivi a olmo (Ulmus minor), con aspetti di mantello costituiti da specie arbustive come sanguinello (Cornus sanguinea) corniolo (Cornus mas), rovo (Rubus sp), prugnolo (Prunus spinosa), ginestra (Spartium junceum), lonicera (Lonicera etrusca) e rosa selvatica (Rosa canina) Tamerice (Tamarix africana). Questa tipologia è attribuibile all’ Ass. Symphyto bulbosi-Ulmetum minoris Biondi & Allegrezza 1996. Queste formazioni di boscaglia sono state osservate anche in altri settori del territorio.

FORMAZIONI ARBUSTIVE - Arbusteto a rovo comune e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Rubetum ulmifolii

Poldini

Gli arbusteti a rovo, sono distinti per l’essere dominati dal rovo (Rubus sp) che ne caratterizza in maniera prevalente la formazione. Sono formazione talvolta di estensione limitata e si localizzano nelle aree maggiormente alterate e con notevole umidità edafica, a contatto con la vegetazione igrofila.

All’interno della formazione, sono stati osservati oltre al rovo, altri arbusti, come sanguinella (Cornus sanguinea), berretta da prete (Euonymus europaeus), biancospino (Crataegus monogyna), a volte ligustro (Ligustrum vulgare) presente anche specie lianose come vitalba (Clematis vitalba).

Il rovo, per il suo portamento strisciante forma popolamenti molto densi, intricati e monospecifici, che impediscono l’istaurarsi di fasi vegetazionali più evolute. Si tratta di formazioni preforestali mesofile che colonizzano la parte alta dell’alveo e che ospitano generalmente poche specie.

Queste formazioni, talvolta di limitata estensione o lunghezza, tali da non essere rappresentati cartograficamente, sono state osservate lungo i bordi delle scarpate stradali, lungo gli argini dei laghetti artificiali, lungo alcune delimitazioni poderali, e nei settori basali delle aree calanchive

Dal punto di vista sintassonomico sono state riferite all’Ordine Prunetalia spinosae, che riunisce la vegetazione arbustiva dei mantelli, con presenza di elementi arbustivi dei boschi caducifogli. Infatti il “clematido-roveto” può essere interpretato come uno stato di degradazione della vegetazione boschiva.

- Arbusteto a sanguinello e caprifoglio etrusco con ginestra comune Ass. Lonicero

etruscae-Cornetum sanguineae Biondi, Bagella, Casavecchia & Pinzi 2002 var. a Spartium junceum

Si tratta di cenosi che formano densi cespuglieti a tratti monospecifici, sulle scarpate e nelle aree perimentrali dei boschi igrofili. All’interno dell’arbusteto, oltre alla sanguinella Cornus sanguinea, vegetano altr specie arbustive come prugnolo (Prunus spinosa), corniolo (Cornus mas), ligustro (Ligustrum vulgare), berretta da prete (Euonymus europaeus), biancospino (Crataegus monogyna).

Le formazioni arbustive vengono riferite all’ordine Prunetalia, Classe Rhamno – Prunetea. Nell’area sono presenti i maniera rada e frammentaria.

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FORMAZIONI ERBACEE

Nel territorio esaminato, le formazioni erbacee non sono particolarmente diffuse; tra quelle osservate, sono state descritte (per le aree calanchive) le formazioni di prateria, mentre in questo paragrafo vengono riportate le formazioni erbacee (prevalentemente canneti) legate agli ambienti umidi

CANNETI

- Vegetazione a canna domestica e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Arundinetum donacis Biondi & Allegrezza 2004

- Vegetazione a canna domestica e vilucchio bianco Ass. Convolvulo sepii-Arundinetum donacis R. Tx. & Oberd. Ex O. Bolòs 1962 nom. inv. prop. Rivas-Mart et al.2002

Si tratta di formazioni dense a canna domestica cui si associano, dove si possono anche osservare altre specie come vilucchio (Calystegia sepium), luppolo (Humulus lupulus), clematide (Clematis vitalba) rovo (Rubus ulmifolius), artemisia (Artemisia verlotiorum, Artemisia vulgaris), ortica (Urtica dioica), anagallide (Anagallis arvensis) borsa del pastore (Capsella bursa pastoris) chenopodio (Chenopodium album).

Questa vegetazione è stata osservata in corrispondenza delle radure dei tratti interrotti della vegetazione arborea dei fossi secondari; all’interno di questi spazi si sviluppa una vegetazione prevalentemente erbacea. Pur in assenza di acqua, permangono condizioni di terreno umido, idonee allo sviluppo di specie erbacee igrofile o, nel caso di permanenza costante di acqua

Il canneto è stato osservato lungo il perimetro esterno dei laghetti artificiali del territorio agricolo, lungo le strade secondarie, lungo impluvi, e i tutte quelle situazioni dove permangono condizioni edafiche favorevoli allo sviluppo di tale cenosi.

- Vegetazione a cannuccia di palude Ass. Phragmitetum communis (All. 1921)

Pignatti 1953

L’area indagata, è cosparsa di piccoli laghetti artificiali a scopo irriguo, tipici delle aree collinari marchigiane; all’interno dei laghetti artificiali, e lungo le sponde dei corsi d’acqua sono presenti cenosi a dominanza di cannuccia di palude (Phragmites australis), che formano densi aggruppamenti monospecifici.

Il canneto è un ambiente particolarmente selettivo che in condizioni ecologiche favorevoli, forma popolamenti quasi monospecifici che permettono lo sviluppo un basso numero di specie, tra cui mazzasorda (Typha latifolia), giunchi (Juncus sp. pl.).

VEGETAZIONE ANTROPOGENA

Questa voce, vengono accorpate diverse fisionomie vegetali osservate nel territorio di area vasta. Si tratta di formazioni prevalentemente lineari, dislocate lungo i bordi delle scarpate stradali, lungo i seminativi, come limiti di settori coltivati, lungo gli impluvi, e sono particolarmente importanti per la biodiversità del paesaggio agrario delle colline marchigiane (Foto 6/4, 6/5, 6/6, 6/7)

Tra le formazioni più diffuse vanno ricordate le seguenti.

Siepi di tamerice (Tamarix africana)

E’ una formazione ampiamente diffusa principalmente lungo gli impluvi, tuttavia la si rinviene anche lungo i margini stradali.

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Filare deciduo a olmo (Ulmus minor) e marruca (Palirus spina-christi).

Si tratta di filari arborei arbustivi a dominanza di olmo e marruca (Palirus spina-christi). Quest’ultima specie in alcuni tratti si presenta come formazione lineare monoscecifca. Questi filari sono stati osservati prevalentemente lungo le scarpate stradali del settore est dell’area indagata.

Filare deciduo a olmo (Ulmus minor) e tamerice (Tamarix africana)

Questa formazione è stata individuati sia in combinazione monospecifica (solo a olmo o solo a tamerice) che a composizione mista. Ulmus minor e Tamarix africana, sono le specie dominanti, anche se all’interno del filare è possibile riscontrare altre specie arbustive come rovo (Rubus sp), prugnolo (Prunus spinosa), acero campestre (Acer campestre).

Anche queste formazioni lineari sono diffuse lungo le scarpate delle strade secondarie, lungo i bordi dei campi, negli impluvi naturali del territorio collinare, e negli impluvi delle aree semipianeggianti del settore nord dell’area esaminata. I Filari di tamerici caratterizzano prettamente i settori di displuvio, mentre i filari di olmo sono localizzati nelle aree di impluvio.

Filare di robinia (Robinia pseudoacacia), filare di bagolaro (Celtis australis), filare di noce (Juglans regia), filare di roverella (Quercus pubescens).

Il territorio esaminato è particolarmente ricco anche di filari arborei costituiti da esemplari singoli, o a piccoli gruppi; molto caratteristici sono i filari costituiti da grossi esemplari di roverella (Quercus pubescens), osservate anche in forma isolata lungo le scarpate stradali o in aree abbandonate; presenti anche se in maniera sporadica, alcuni filari arborei costituii da bagolaro (Celtis australis) e filari di vegetazione infestante a robinia (Robinia pseudoacacia) lungo le scarpate. Infine lungo alcune strade poderali, che conducono ad abitazioni private o aziende agricole sono stati osservati esemplari di noce (Juglans regia) e gelso (Morus alba).

Pur costituendo formazioni seminaturali, o di derivazione antropica, queste strutture lineari rivestono una grande importanza dal punto di vista della protezione e quale fascia filtro tra il sistema insediativo e le aree coltivate. Queste fasce lineari di vegetazione e le strutture puntiformi, permettono inoltre la connessione e la continuità naturalistica con le aree a maggior valenza consentendo la coesistenza di ambienti naturali e seminaturali e antropici, costituendo un esempio di integrazione tra ambiente naturale ed antropico.

ALTRE FORMAZIONI

- Verde ornamentale Vegetazione della corte delle case coloniche

Il verde ornamentale interessa prevalentemente piccoli giardini di abitazioni e ville private. La composizione floristica è costituita soprattutto da essenze esotiche utilizzate a scopo ornamentale quali per lo più conifere come cipresso (Cupressus sempervirens), pino domestico (Pinus pinea), alloro (Laurus nobilis), tigli (Tilia sp.), platano (Platanus sp), ed altre essenze prettamente ornamentali.

La vegetazione ornamentale risulta di notevole importanza dal punto di vista naturalistico, soprattutto in territori dove sono scarse formazioni vegetali forestali. Infatti, soprattutto gli alberi di maggiori dimensioni, svolgono un importante ruolo ecologico in particolare per la fauna.

Nelle corti delle case coloniche è presente una vegetazione tipica caratterizzata dalla compenetrazione tra la vegetazione preesistente, spesso costituita da alberi da frutto (noci, gelsi, fico, ciliegio ecc) ed elementi naturali che si insediano spontaneamente. Tra questi si possono osservare olmo (Ulmus minor), sambuco (Sambucus nigra), canna domestica (Arundo donax).

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- Seminativo in rotazione Oliveto, Impianto arboreo da frutto o da legno

Le aree destinate ad uso agricolo sono risultate molto estese. In particolare si tratta di superfici con colture a cicli stagionali dominate da seminativi, come grano, granoturco e girasoli, mentre dove si estendono terreni irrigui sono presenti anche colture orticole.

La vegetazione dei coltivi, essendo costituita in prevalenza da specie coltivate o di scarsa rilevanza (specie sinantropiche e cosmopolite), viene considerata scarso valore floristico vegetazionale.

Le coltivazioni arboree, favorite da condizioni climatiche piuttosto miti, appaiono poco diffuse e sono costituite per la maggioranza da oliveti e frutteti localizzate nelle vicinanze degli insediamenti rurali.

6.1.2.1.1 Calcolo dell’indice di naturalità di area vasta

Per valutare la valenza ecologica dell’area oggetto di studio, la quale incide anche sulla qualità del paesaggio, è stato calcolato l’indice di valore naturalistico (IVN di Pizzolotto e Brandmayr, 1996)). Il contesto di area vasta comprende il sito di progetto e un ambito significativo circostante. L’insieme analizzato, evidenziato nella carta della Vegteazione di area vasta riportata nella figura che segue, è ampio 17.043.667 mq, circa 1.704 ha

L’indice di valore naturalistico risulta ampiamente utilizzato nell’’Ecologia del paesaggio ed è particolarmente adatto ad essere impiegato nella pianificazione e gestione del territorio perché riconosce un’importanza fondamentale al contenuto, forma e dimensione spaziale delle specifiche aree (macchie o patches); aspetti che, a loro volta, sono direttamente condizionati dalle attività umane che avvengono nei sistemi territoriali (Forman & Godron, 1986).

L’IVN associa la vegetazione indicata dalla carta della vegetazione, che comprende anche le unità di uso del suolo, ad una scala di valori ordinati in base al grado di modificazione antropica subita nel tempo. La scala di valori di naturalità si estende dalla classe “0” per le situazioni con influsso antropico massimo ed arriva alla classe “10c” per le condizioni più naturali (L’analisi della qualita’ ambientale attraverso le carte della vegetazione - un caso studio in Emilia Romagna - Il piano operativo "Aree verdi tra Reno e Samoggia". C. Ferrari et all. 2000).

I valori che identificano il grado di naturalezza approfondiscono i gradi di naturalità attraverso i quali sono stati aggregate le diverse tipologie vegetazionali individuate con l’indagine: Vegetazione antropogena (da 0 a 4); Vegetazione seminaturale (da 5 a 7); Vegetazione subnaturale (da 8 a 9) e Vegetazione naturale (10a, 10b, 10c).

La procedura del calcolo di questo indice può essere così riassunta:

le superfici occupate dai diversi tipi di vegetazione, derivati sia dalla carta della vegetazione e dell’uso del suolo, è stata espressa come valore percentuale sul totale della porzione di area oggetto di analisi;

le tipologie di copertura relative al territorio di area vasta sono state classificate in base alla seguente scala di naturalità:

Unità vegetazionali e di uso delsuolo Indice di

naturalità

Viabilità 0

Vegetazione scarsa o nulla con edificato 0

Seminativi non irrigui 1

Colture arboree - Oliveti 2

Verde ornamentale e verde della corte delle case coloniche con 3

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edificato rurale

Colture arboree - Impianto arboreo da frutto e da legno 4

Formazione erbacea a gramigna comune e erba mazzolina Ass. Agropyro repentis-Dactyletum glomeratae (Ubaldi 1976) em. Ubaldi, Puppi & Speranza 1983;

Formazione erbacea perenne a cappellini comuni e gramigna comune Ass. Agrostio stoloniferae-Agropyretum repentis Biondi & Allegrezza 1996;

5

Filari di olmo, di olmo e marruca, olmo e tamerice, robinia, bagolaro, roverella.

5

Specchi d'acqua 6

Siepi a dominanza di tamerice e olmo;

Arbusteto a rovo comune e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Rubetum ulmifolii Poldini;

Arbusteto a sanguinello e caprifoglio etrusco con ginestra comune Ass. Lonicero etruscae-Cornetum sanguineae Biondi, Bagella, Casavecchia & Pinzi 2002 var. a Spartium junceum;

Arbusteto a tamerice maggiore e ginestra comune Ass. Spartio juncei-Tamaricetum africanae Biondi et alii 2009.

7

Vegetazione a canna domestica e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Arundinetum donacis Biondi & Allegrezza 2004;

Vegetazione a canna domestica e vilucchio bianco Ass. Convolvulo sepii-Arundinetum donacis R. Tx. & Oberd. Ex O. Bolòs 1962 nom. inv. prop. Rivas-Mart et al.2002;

Vegetazione a cannuccia di palude Ass. Phragmitetum communis (All. 1921) Pignatti 1953

8

Boscaglia di olmo campestre (Ulmus minor) Ass. Symphyto bulbosi-Ulmetum minoris Biondi & Allegrezza 1996

9

Vegetazione igrofila ripariale a dominanza di pioppo nero Ass. Salici albae-Populetum nigrae (Tx. 1931) Meyer-Drees 1936

10c

Tab. 6/1: Unità vegetazionali e di uso del suolo con relativo indice di naturalità

si è calcola la percentuale cumulata, per singola classe di naturalità;

indicando con xi il valore percentuale cumulato dell’area ed n il numero di classi di naturalità, si è definito il valore di A, quale grado di antropizzazione del territorio, con la seguente formula:

n

i

ixA1

100

Quanto più è elevato il valore che A assume, tanto maggiore risulta il contributo alla sommatoria da parte delle categorie o classi di vegetazione antropogena. Il massimo valore che A può raggiungere è:

Amax=100(n-1)

L’indice IVN, che fornisce un’informazione sintetica sul grado di naturalezza del territorio, è il seguente:

IVN=1-(A/Amax)

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Il valore di IVN, quindi, varia tra 0 e 1 e valori dell’indice prossimi all’unità denotano un territorio ad elevata naturalità. Al contrario, bassi valori dell’indice indicano un ambiente antropizzato, sia pure ad intensa coltivazione.

Più in particolare l’indice IVN può essere interpretato considerando i seguenti tre principali range di valori:

IVN 0,70: “Elevato” con Vegetazione ad elevata naturalità;

0,40 IVN 0,70 “Medio” con Vegetazione subnaturale e seminaturale;

IVN 0,40 “Basso” con Vegetazione dominata da tipi antropogeni.

Il territorio di area vasta si estende per circa 17 km2 ed è prevalentemente costituito dai seguenti tipi di copertura del suolo:

Tab. 6/2: Unità vegetazionali e di uso del suolo, percentuali di copertura e indice di naturalità

Unità vegetazionali e di uso delsuolo Area (mq) Percentuale

%

valore naturalità (0 - 10c)

Viabilità 340.033,00 1,995 0

Vegetazione scarsa o nulla con edificato 59.000,00 0,346 0

Seminativi non irrigui 15.313.785,00 89,850 1

Colture arboree - Oliveti 101.393,00 0,595 2

Verde ornamentale e verde della corte delle case coloniche con edificato rurale

133.974,00 0,786 3

Colture arboree - Impianto arboreo da frutto e da legno 79.084,00 0,464 4

Formazione erbacea a gramigna comune e erba mazzolina Ass. Agropyro repentis-Dactyletum glomeratae (Ubaldi 1976) em. Ubaldi, Puppi & Speranza 1983;

Formazione erbacea perenne a cappellini comuni e gramigna comune Ass. Agrostio stoloniferae-Agropyretum repentis Biondi & Allegrezza 1996;

289.548,00 1,699 5

Filari di olmo, di olmo e marruca, olmo e tamerice, robinia, bagolaro, roverella.

40.166,00 0,236 5

Specchi d'acqua 44.510,00 0,261 6

Siepi a dominanza di tamerice e olmo;

Arbusteto a rovo comune e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Rubetum ulmifolii Poldini;

Arbusteto a sanguinello e caprifoglio etrusco con ginestra comune Ass. Lonicero etruscae-Cornetum sanguineae Biondi, Bagella, Casavecchia & Pinzi 2002 var. a Spartium junceum;

Arbusteto a tamerice maggiore e ginestra comune Ass. Spartio juncei-Tamaricetum africanae Biondi et alii 2009.

70.207,00 0,412 7

Vegetazione a canna domestica e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Arundinetum donacis Biondi & Allegrezza 2004;

Vegetazione a canna domestica e vilucchio bianco Ass. Convolvulo sepii-Arundinetum donacis R. Tx. & Oberd. Ex O. Bolòs 1962 nom. inv. prop. Rivas-Mart et al.2002;

Vegetazione a cannuccia di palude Ass. Phragmitetum communis (All. 1921) Pignatti 1953

70.714,00 0,415 8

Boscaglia di olmo campestre (Ulmus minor) Ass. Symphyto bulbosi-Ulmetum minoris Biondi & Allegrezza 1996

203.039,00 1,191 9

Vegetazione igrofila ripariale a dominanza di pioppo nero Ass. Salici albae-Populetum nigrae (Tx. 1931) Meyer-Drees 1936

298.214,00 1,750 10c

Totale 17.043.667,00 100

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Le aree destinate al seminativo ammontano complessivamente al 89,85% del territorio comunale e le Aree occupate dalla viabilità e dalla vegetazione scarsa o nulla sono il 2,341% del totale. Esse risultano completamente assenti da coperture definibili naturali.

La tabella che segue mette in evidenza la netta dominanza della sola condizione a bassa-nulla naturalità costituita dalla vegetazione Antropogena:

Tab. 6/3: Sintesi delle classi di naturalità dell’area vasta

Antropogena % Seminaturale % Subnaturale % Naturale %

94,36 2,196 0,827 2,941

L’indice di naturalità della vegetazione (IVN) che può variare da 0 (naturalità nulla) a 1 (naturalità massima) risulta di 0,1174293 quindi sinteticamente esprime un valore basso in cui la vegetazione è dominata da tipi antropogeni, caratterizzata dalla prevalenza dei seminativi e dalle colture agrarie in genere.

Le formazioni seminaturali, subnaturali e naturali sono concentrate nelle aree calanchive a monte u lungo i corsi d’acqua che solcano l’ambito collinare.

Foto 6/1: Vegetazione igrofila a dominanza di Populus nigra lungo Fosso Vitali

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220

Foto 6/2: Panoramica delle aree calanchive nel contesto paesaggistico generale

Foto 6/3: Particolare delle aree calanchive con formazioni vegetali erbacee nei settori superiori, e arbustive alla base.

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Foto 6/4: Filare arboreo arbustivo a dominanza di olmo, dintorni C. Rocchetti

Foto 6/5: Filare arboreo arbustivo a dominanza di Ulmus minor, dintorni C. Rocchetti, con elementi igrofili a Salix alba

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Foto 6/6: Panoramica dell’agroecosistema con formazioni lineari a Ulmus minor, Tamarix africana e vegetazione igrofila a Populus nigra.

Foto 6/7: Formazione a Ulmus minor e Paliurus spina-christi lungo scapate stradali.

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224

Fig. 6/1: Carta della vegetazione di area vasta

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225

6.1.2.2 Analisi caratteristiche botanico vegetazionale della vegetazione di dettaglio

Di seguito viene illustrato il risultato dell’indagine botanico vegetazionale e floristica di dettaglio dell’area di intervento, rilevate e riportate nell’elaborato cartografico (Carta della vegetazione reale di dettaglio). L’indagine e l’elaborato cartografico specifico sono stati effettuati considerando un intorno abbastanza ampio e significativo, rispetto alla zona di progetto, al fine di avere un quadro sufficientemente esaustivo per una caratterizzazione fisionomica e strutturale della vegetazione dell’area.

Il sito delimitato in cartografia, è posto a quote comprese tra 83 e i 115 mslm., in un settore collinare con pendenze lievi, ed ampie aree di seminativo che degradano in maniera lieve verso il fosso Strige a sud. Dal punto di vista bioclimatico, l’area rientra nel macrobioclima temperato nella variante submediterranea.

Caratterizzazione generale del sito

Il settore delimitato cartograficamente come area di progetto, si presenta per la quasi totalità inserito in un contesto agrario con dominanza di superfici adibite a coltivazioni agricole, a ciclo annuale come grano, orzo, girasole, ecc.

L’area è attraversata nella sua parte centrale da una strada bianca, che termina verso alcune abitazioni private. Le formazioni vegetali principali possono essere ricondotte a pochi elementi lineari essendo l’area esaminata, non particolarmente ricca di elementi naturali.

Vanno tuttavia segnalate le seguenti unità osservate e censite durante i sopralluoghi;

- la fascia di vegetazione igrofila, che delimita tutto il confine sud del settore di dettaglio indagato lungo il Fosso Strige,

- i piccoli filari di olmo e di canna domestica ai bordi della strada di accesso e nelle vicinanze delle case isolate,

- altre formazioni presenti che possono ricondursi a superfici di arbusteto, vegetazione erbacea a canna domestica con elementi arborei isolati di salice lungo le sponde di un laghetto artificiale a est di C. Rocchi.

I settori esterni perimetrali infine, sono caratterizzati da tratti privi di vegetazione e da tratti delimitai da filari arboreo arbustivi a dominanza di olmo e tamerice, che solcano gli impluvi naturali del terreno o, come nel settore esterno verso ovest, da fasce di vegetazione infestante a robinia lungo la scarpata stradale.

Metodologia di lavoro

L’indagine per la caratterizzazione di dettaglio delle tipologie botanico vegetazionali è stata condotta attraverso l’interpretazione delle foto aeree e con sopralluoghi sul sito di progetto, volti a verificare i limiti foto restituiti;

Nella descrizione delle unità sono state indicate anche le loro caratteristiche fisionomiche, al fine di fornire un quadro esauriente e di facile lettura delle caratteristiche del soprassuolo naturale del sito di progetto.

BOSCO RIPARIALE A PIOPPO NERO (POPULUS NIGRA) ASS. SALICI ALBAE-POPULETUM NIGRAE

(TX. 1931) MEYER-DREES 1936

Si tratta della vegetazione ripariale che vegeta nel corso del fosso che delimita l’area di dettaglio a sud (Fosso Strige Foto 6/8).

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Si tratta, di una formazione forestale a dominanza di pioppo nero (Populus nigra) e in misura minore di salici tra cui salice bianco (Salix alba).

Molto frequenti risultano gli esemplari di roverella (Quercus pubescens) al margine esterno della formazione.

Presenta una distribuzione a tratti frammentata e interrotta nella sua continuità, tuttavia, rappresenta un’unità importante per l’ambito territoriale.

All’interno della formazione è stato osservato olmo (Ulmus minor) e altre specie arbustive che contribuiscono alla composizione generale della formazione. Tra quelle presenti, sambuco (Sambucus nigra), biancospino (Crataegus monogyna), sanguinella (Cornus sanguinea), acero campestre (Acer campestre),

Nelle radure boschive o nei tratti interrotti, si sviluppa una cenosi arbustiva ed erbacea con specie lianose come vitalba (Clematis vitalba), brionia (Bryonia dioica), e densi canneti a canna domestica (Arundo donax), Tra le erbacee macchie di equiseto (Equisetum telmateja), campanella (Calystegia sepium) e bordure con vegetazione nitrofila a ortica (Urica dioica), artemisia (Artemisia verlotorum).

La vegetazione ripariale punto di vista fitosociologico rientra nell’ordine Populetalia albae, Ass. Salici albae-Populetum nigrae

VEGETAZIONE DEL LAGHETTO

- Canneto a canna di palude (Phragmites australis)

- Arbusteto a rovo comune (Rubus sp) e vitalba (Clematis vitalba) Ass. Clematido vitalbae-Rubetum ulmifolii Poldini 1980

- Esemplari singoli arborei.

Nell’area di dettaglio è presente un laghetto artificiale, intorno al quale si sviluppa una vegetazione sia erbacea che arborea-arbustiva (Foto 6/9, 6/10).

La compagine erbacea è dominata da fasce di canneto costituito per lo più da canna di palude (Phragmites australis) che si sviluppa sia nel primo bordo interno che all’esterno sulle sponde. Nel canneto che si sviluppa nelle aree non inondate, oltre alla canna di palude, sono presenti altre specie erbacee di carattere nitrofilo o nitrofilo-ruderali. Sono state, infatti, osservate specie quale rovo (Rubus ulmifolius), artemisia (Artemisia verlotiorum, Artemisia vulgaris), ortica (Urtica dioica), anagallide (Anagallis arvensis) borsa del pastore (Capsella bursa pastoris) chenopodio (Chenopodium album); presente un piccolo popolamento di tifa (Thypha latifolia).

Dal punto di vista sintassonomico viene riferito all’alleanza Pruno-Rubion ulmifolii, Ordine Prunetalia spinosae.

Per quanto riguarda la compagine arbustiva, intorno al laghetto, in particolare nella porzione meridionale, è presente un denso aggruppamento a dominanza di rovo comune (Rubus sp) e vitalba (Clematis vitalba) attribuibile all’Ass. Clematido vitalbae-Rubetum ulmifolii Poldini 1980 Il rovo forma un popolamento molto denso, intricato e quasi sempre monospecifici, che impedisce l’istaurarsi di fasi vegetazionali più evolute. Oltre al rovo, infatti, sono presenti altre poche specie, tra quelle osservate morella rampicante (Solanum dulcamara), sanguinella (Cornus sanguinea), berretta da prete (Euonymus europaeus), biancospino (Crataegus monogyna);

Questo aggruppamento oltre ad essere presente esclusivamente intorno all’area del laghetto è stato osservato sia pur in misura molto limitata, nelle aree aperte lungo le formazioni lineari a olmo e tamerici egli impluvi del settore nord dell’area delimitata di dettaglio.

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Nel caso specifico, per l’arbusteto intorno al laghetto, si tratta di una vegetazione di carattere antropico, sviluppatosi nell’area di bordura, può essere riferito all’Ordine Prunetalia spinosae, che riunisce la vegetazione arbustiva dei mantelli, con presenza di elementi arbustivi dei boschi caducifogli. Il “clematido-roveto” dal punto di vista delel dinamiche vegetazionali, può essere interpretato come uno stato di degradazione della vegetazione boschiva.

Infine da segnalare, nel bordo del laghetto, la presenza di alcuni individui singoli arborei di Salix alba e Populus nigra, anche di notevole dimensione, specie che qui trovano l’optimum ecologico in fatto di umidità edafica.

SIEPI E FILARI

L’area di dettaglio si presenta sostanzialmente povera di elementi vegetazionali lineari.

Dal sopralluogo sono state infatti osservate e censite poche formazioni; tra quelle osservate vanno evidenziate le seguenti:

Nel settore ovest, in corrispondenza della scarpata stradale della stradina che divide più o meno in due tutto il settore, è presente una fascia di canneto a canna domestica (Arundo donax) localizzato alternato da alcuni esemplari di tamerice (Tamarix aficata) (Foto 6/11)

Lungo il perimetro esterno del settore nord est, lungo le linee di impluvio vanno segnalate lunghi filari misti di Ulmus minor e Tamarix africana, formazioni lineari a cui si associa anche Arundo donax, che non saranno interessate dalle azioni di progetto (Foto 6/12)

Infine, lungo la strada perimetrale di accesso esterna, che lungo alcune scarpate della strada centrale dell’area di dettaglio sono presenti formazioni con vegetazione infestante a robinia (Robinia pseudoacacia) frammista sia a Ulmus minor che a esemplari singoli di bagolaro (Celtis australis), impiantati a scopo ornamentale Le fasce a robinia, presentano uno scarso valore vegetazionale, sono presenti in maniera molto limitata nell’area di dettaglio, dove tuttavia non dovrebbero essere apportate modifiche fisionomiche e strutturali della vegetazione. (Foto 6/13).

VEGETAZIONE DELLE CASE COLONICHE

Nell’area di dettaglio sono presenti tre strutture abitative, in parte semi abbandonate.

Nell’intorno della loro pertinenza, si sviluppa una tipica vegetazione delle corti delle case coloniche, che talvolta rappresenta una continuità tra la vegetazione preesistente, e quella circostante. La fisionomia più ricorrente è data da aggruppamenti a dominanza di olmo (Ulmus minor), compenetrato a altri arbusti sempre di carattere igrofilo come sambuco (Sambucus nigra), canna domestica (Arundo donax). Nel settore indagato va segnalata la presenza di un grosso esemplare di pioppo bianco (Populus alba) nei pressi della prima abitazione provenendo da ovest. Accompagnano queste formazioni anche piante e da alberi da frutto (noci, gelsi, fico, ciliegio ecc) ed elementi naturali che si insediano spontaneamente.

ALTRE TIPOLOGIE

Seminativo in rotazione

Si tratta della superficie maggiormente interessata dall’indagine di dettaglio; essa si caratterizza per colture a cicli stagionali dominate da seminativi, come grano, granoturco e girasoli

La vegetazione dei coltivi, essendo costituita in prevalenza da specie coltivate o di scarsa rilevanza (specie sinantropiche e cosmopolite), viene considerata scarso valore floristico vegetazionale.

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Sintesi delle indagini condotte nel sito di progetto

Nell’ambito della vegetazione rilevata si può concludere che gran parte della superficie oggetto di indagine è interessata da vaste superfici i seminativo, mentre la vegetazione naturale e seminaturale è relegata a porzioni di margine e di confine; si tratta per lo piu di formazioni di tipo secondario che vegetano in settori fortemente rimaneggiati dall’opera dell’uomo.

Non sono presenti habitat di notevole valore vegetazionale o fitogeografico, né specie rare. Le diverse formazioni riscontrate una flora di tipo sinantropico e ubiquista, con un notevole numero di specie provenienti da ambienti limitrofi.

In questo contesto, si possono considerare di maggiore rilevanza le formazioni lineari di siepe, filari e la vegetazione arborea del settore meridionale che separa l’area di progetto dal Fosso Strige.

Foto 6/8: Panoramica verso in Fosso Strige con Populus nigra e fasce di canneto ad Arundo donax nelle aree non coperte da vegetazione arborea.

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Foto 6/9: Panoramica del laghetto artificiale (dalla strada centrale dell’area di dettaglio) con bordure di canna di palude ed esemplari di Salix alba e Populus nigra sulle sponde

Foto 6/10: Panoramica del laghetto artificiale (vista dalla strada del versante opposto). In primo piano vegetazione del Fosso Strige e al centro vegetazione arbustiva del settore sud del laghetto.

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Foto 6/11: Fascia di canneto ad Arundo donax nel settore ovest dell’area di dettaglio

Foto 6/12: Formazioni lineari a Tamarix africana e Ulmus minor negli impluvi , verso il confine. dell’area di dettaglio di nord est. In primo piano vegetazione igrofila del Fosso Strige.

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Foto 6/13: Formazioni lineari a Ulmus minor con presenza di specie infestanti (Robinia pseudoacacia)

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Fig. 6/2: Carta della vegetazione di dettaglio

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6.1.3 Fauna ed ecosistema

L’analisi faunistica è stata redatta attraverso una prima fase nella quale è stato redatto un elenco delle specie potenzialmente presenti nell’area in quanto tratte da fonti bibliografiche dell’ambito di area vasta. L’analisi della presenza potenziale è stata effettuata applicando la logica del principio di precauzione sulla base del tipo di ambiente interessato dall’intervento.

Va premesso che per praticità nell’elenco delle specie presenti non sono state inserite quelle molto comuni e diffuse sul territorio per le quali si può già in fase preliminare ecludere impatti significativi.

Successivamente sono stati definiti, sulla base della carta della vegetazione, gli habitat faunistici. I taxa presenti nell’area di studio sono stati quindi assegnati ad uno o più degli habitat individuati; le specie non legate ad alcuno di quelli presenti nel sito di progetto sono stati eliminati permettendo quindi un’ulteriore selezione.

Il passaggio finale è stato l’individuazione degli eventuali impatti. A questo scopo sono state evidenziate le principali azioni pregettuali e per ogni specie e habitat è stata valutata la sensibilità alle pressioni da esse provocate. Successivamente è stata verificata l’intensità delle pressioni che incrociate con la vulnerabilità, come meglio decritto in seguito, hanno permesso di evidenziare gli impatti del progetto.

6.1.3.1 Comunità faunistiche

L’analisi delle diverse specie faunistiche presenti nell’area oggetto dell’intervento, è stata condotta sia attraverso l’utilizzo di fonti bibliografiche che di informazioni relative ad aree ecologicamente simili, nonché da sopralluoghi diretti.

Le diverse specie considerate sono state riportate in tabella 1; per le specie ornitiche è stato considerato il valore di Spec. Con questa sigla si intende Species of European Conservation, le specie considerate da Tucker e Heath (1994) a status di conservazione sfavorevole in Europa ( E= minacciata, V= vulnerabile, R= rara, D= in declino); esse sono distinte in specie a status “critico” a livello globale (SPEC 1), in specie con popolazioni concentrate in Europa (SPEC 2), in specie con popolazioni non concentrate in Europa (SPEC 3).

Nella colonna status legale viene riportato è stato anche indicato lo stato di conservazione, dedotto dalle Liste rosse nazionali e dall’inserimento o meno nell’Allegato I della direttiva comunitaria 79/409 (Uccelli) o nell’Allegato II della direttiva 92/43 (Habitat) Il codice indica la Categoria di Minaccia della Lista rossa (vu: vulnerabile, specie ad elevato rischio di estinzione allo stato selvatico nel futuro a medio termine; lr a più basso rischio specie per le quali allo stato attuale non è possibile prevedere un pericolo nel breve o medio periodo ma che richiedono comunque una verifica del loro stato di conservazione). In carattere normale sono indicate le specie sedentarie, sottolineato quelle nidificanti/estivanti, quindi non presenti nella stagione invernale e in corsivo quelle esclusivamente migratrici; per quanto riguarda i rettili, anfibi e mammiferi, l’analisi si è concentrata solamente sulla presenza o meno nell’area d’interesse e sul loro status legale.

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Tab. 6/4: Specie di interesse comunitario e non presenti nell’area di studio.

Specie

Spec

Stat

us

lega

le

Accipiter nisus Sparviere

Buteo buteo Poiana

Falco tinnunculus Gheppio 3D

Falco subbuteo Lodolaio Vu

Coturnix coturnix Quaglia Lr

Phasianus colchicus Fagiano

Tyto alba Barbagianni

Strix aluco Allocco

Athene noctua Civetta 3D

Picus viridis Picchio verde Lr

Picoides major Picchio rosso maggiore

Lullula arborea Tottavilla 2V All. I 79/409/CEE

Alauda arvensis Allodola

Anthus campestris Calandro 3V All. I 79/409/CEE

Motacilla alba Ballerina bianca

Motacilla cinerea Ballerina gialla

Troglodytes troglodytes Scricciolo

Phoenicurus phoenicurus Codirosso 2V

Saxicola torquata Saltimpalo

Turdus merula Merlo

Sylvia cantillans Sterpazzolina

Sylvia communis Sterpazzola

Sylva atricapilla Capinera

Sylvia undata Magnanina All. I 79/409/CEE

Phylloscopus collybita Luì piccolo

Lanius collurio Averla piccola 3D All. I 79/409/CEE

Garrullus glandarius Ghiandaia

Corvus monedula Taccola

Emberiza cirlus Zigolo nero

Emberiza hortulana Ortolano All. I 79/409/CEE; Lr

Erithacus rubecola Pettirosso

Luscinia megarinchos Usignolo

Parus major Cinciallegra

Parus caeruleus Cinciarella

Sitta europea Picchio muratore

Cerchia brachydactyla Rampichino

Miliaria calandra Strillozzo

Streptopelia turtur Tortora

Passer italiane Passera d’italia

Passer montanus Passera mattugia

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Bombina pachypus Ululone Appenninico All. IV 92/43/CEE; Lr

Rana italica Rana appenninica All. IV 92/43/CEE; Lr

Anguis fragilis Orbettino

Coluber viridiflavus Biacco All. IV 92/43/CEE; Lr

Lacerta bilineata Ramarro All. IV 92/43/CEE

Podarcis sicula Lucertola campestre All. IV 92/43/CEE

Podarcis muralis Lucertola muraiola All. IV 92/43/CEE

Elaphe longissima Saettone comune All. IV 92/43/CEE

Natrix natrix Natrice dal collare

Canis lupus Lupo All. II 92/43/CEE; Vu

Sus scrofa Cinghiale

Hystrix cristata Istrice All. IV 92/43/CEE

Meles meles Tasso

Vulpes vulpes Volpe

Martes foina Faina

Erinaceus europaeus Riccio europeo

Lepus europaeus Lepre europea

6.1.3.2 Descrizione degli habitat faunistici

Ai fini di una comprensione più chiara della struttura della comunità faunistica del’area di studiosono stati individuati quattro sistemi, tra loro comunque in stretta relazione, ad i quali sono state assegnate le specie presenti. Essi sono:

Habitat boschivo naturale

Habitat fluviale

Agroecosistema

Aree edificate.

Nella seguente tabella vengono riportate tutte le specie potenzialmente presenti nelle zone in esame e i diversi habitat di utilizzo; inoltre va ricordato che per molte specie, soprattutto uccelli e mammiferi l’home range supera l’area di intervento e quindi non svolgono in essa tutte le proprie attività.

Tab. 6/5: Habitat presenti nell’area di studio utilizzati dalle specie.

Specie

Bo

sch

i nat

ura

li

Hab

itat

flu

vial

e

Agr

oec

osi

stem

a

Are

e e

dif

icat

e

UCCELLI

Accipiter nisus Sparviere x1

Buteo buteo Poiana X2 x3

1 X : La specie utilizza l’habitat per la nidificazione (solo per gli Uccelli).

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Falco tinnunculus Gheppio x

Falco subbuteo Lodolaio X1 X2

Coturnix coturnix Quaglia x

Phasianus colchicus Fagiano x

Tyto alba Barbagianni x x

Strix aluco Allocco x x

Athene noctua Civetta x X

Picus viridis Picchio verde x

Picoides major Picchio rosso maggiore x

Alauda arvensis Allodola x

Motacilla alba Ballerina bianca x x x

Motacilla cinerea Ballerina gialla x

Troglodytes troglodytes Scricciolo x x

Phoenicurus phoenicurus Codirosso x x

Saxicola torquata Saltimpalo x

Turdus merula Merlo x x

Sylvia communis Sterpazzola x

Sylva atricapilla Capinera x x

Phylloscopus collybita Luì piccolo x

Lanius collurio Averla piccola x

Garrullus glandarius Ghiandaia x

Corvus monedula Taccola x x

Emberiza cirlus Zigolo nero x

Emberiza hortulana Ortolano x

Erithacus rubecola Pettirosso x x x

Luscinia megarinchos Usignolo x x x

Parus major Cinciallegra x x x

Parus caeruleus Cinciarella x x x

Sitta europea Picchio muratore x x

Cerchia brachydactyla Rampichino x x

Miliaria calandra Strillozzo x

Streptopelia turtur Tortora x x x

Passer italiane Passera d’italia x

Passer montanus Passera mattugia x

RETTILI

Coluber viridiflavus Biacco x

Natrix natrix Natrice dal collare x

Lacerta bilineata Ramarro x x

Podarcis sicula Lucertola campestre x x

Podarcis muralis Lucertola muraiola x x

Elaphe longissima Saettone comune x

MAMMIFERI

Sus scrofa Cinghiale x x

Hystrix cristata Istrice x x

2 X : La specie utilizza l’habitat per la nidificazione (solo per gli Uccelli).

3 Non in grassetto: habitat utilizzati solo per attività trofica.

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Meles meles Tasso x x

Vulpes vulpes Volpe x x x

Martes foina Faina x x x

Erinaceus europaeus Riccio europeo x x

Lepus europaeus Lepre europea x

Habitat boschivo naturale

Per quanto riguarda la fauna, va detto che gli ecosistemi forestali hanno un importanza basilare nella conservazione di un gran numero di specie. Nell’area vasta oggetto di indagine le formazioni boschive sono relegate a a maggior parte a piccoli lembi in corrispondenza delle formazioni calanchive presenti nella porzione basale a morfologia di impluvio, su versanti stabilizzati e con poca pendenza. In realtà si tratta di aggruppamenti preforestali arbustivi a olmo (Ulmus minor), con aspetti di mantello.

Sotto il profilo faunistico l’aspetto più importante, che spiega la distribuzione delle diverse specie, è la struttura che in questi ambienti non è ancora evoluta. Per trovare contesti forestali strutturati bisogna andare più a monte, a diversi chilometri dall’area di studio.

Per quanto riguarda i rapaci, associati nella lista alle aree boscate, la loro presenza non è specifica alle formazioni presenti in questo contesto ma si ritrovano, fatto comune anche alle altre aree, in quanto sono zone considerate potenziali per la ricerca di prede. I picchi sono un gruppo legato alla vegetazione arborea; nell’area di studio possono essere presenti il picchio verde (Picus viridis) e il picchio rosso maggiore (Picoides major) le due specie più adattabili e che per questo si possono osservare anche in piccoli boschi o filari alberati in aree agricole.

La maggior parte delle specie ornitiche appartiene all’ordine dei passeriformi. Molte specie sono legate ai piccoli alberi e arbusti del sottobosco: sono le stesse specie che incontriamo nelle siepi. Tra le più comuni segnaliamo il pettirosso la capinera (Sylvia atricapilla), la cinciarella (Parus caeruleus), la cinciallegra (Parus major), il luì piccolo (Phylloscopus collybita), e il fringuello (Fringilla coelebs).

Tra i mammiferi si citano il tasso (Meles meles) la faina (Martes foina), la volpe (Vulpes vulpes), l’istrice (Hystrix cristata)e il cinghiale (Sus scrofa).

Habitat fluviale

Questo habitat caratterizzato da vegetazione riparia a prevalenza di salici e pioppi, è rappresentato dalla rete di fossi di diverso ordine che rientrano nel bacino del fiume Esino, il quale sorre a valle, poco fuori della zona indagata. Le specie legate agli ambienti fluviali che solcano l’area vasta indagata sono relativamente scarse. Le più strettamente legate al corso d’acqua sono il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), la ballerina gialla (Motacilla cinerea) tra gli uccelli e la natrice dal collare (Natrix natrix) tra i rettili.

Per quanto riguarda la vegetazione arborea riparia, sostanzialmente essa è assimilabile alle formazioni boschive.

Agroecosistema

Le aree coltivate occupano gran parte delle due zona; si tratta di più colture erbacee più o meno intensive e la fauna di queste aree è in genere povera, per la ridotta diversità ecologica di questi sistemi. Per la nostra analisi abbiamo valutato anche le specie che si

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riproducono o alimentano nelle siepi, filari alberati o alberi isolati, che sono parte integrante del paesaggio agrario.

I campi veri e propri hanno una ricchezza faunistica decisamente bassa. Le uniche specie che riescono ad insediarsi in aree prive di vegetazione arborea o arbustiva sono infatti l’allodola (Alauda arvensis), il saltimpalo (Saxicola torquata) e lo strillozzo Miliaria calandra).

Dove sono presenti siepi e alberi la fauna diventa più ricca anche se simile a quella già descritta per le aree boscate. Alle specie già nominate vogliamo aggiungere la tortora (Streptopelia turtur), la cinciallegra (Parus major) e la cinciarella (Parus caeruleus). Come già detto tutte queste specie sono originariamente forestali però, per le loro capacità di adattamento sono riuscite a sfruttare anche ambienti estremamente degradati e semplificati come possono essere questi ecosistemi di origine antropica.

Tra i mammiferi le specie più caratteristiche sono senz’altro il riccio europea (Erinaceus europaeus) e la lepre europea (Lepus europaeus), la cui popolazione è stata tuttavia pesantemente alterata dall’attività venatoria e dai conseguenti ripopolamenti.

Aree edificate

La presenza di piccoli nuclei edificati costituisce un elemento non secondario nel determinare la comunità faunistica presente. Le risorse offerte dalla presenza dell’uomo, sia sotto forma di siti di riproduzione che di fonti trofiche, è sfruttata da tutta una serie di specie che da secoli ha saputo vivere accanto ai nostri insediamenti. Sono specie che spesso conosciamo bene ma di cui sottovalutiamo il valore. L’esempio classico è quello del comune passero che in Italia vive con una taxa endemico la passera d’Italia, (Passer italiae) esclusivo del nostro paese. Legata agli insediamenti è anche la passera mattugia (Passer montanus) e la ballerina bianca (Motacilla alba).

La specie più interessante, tra gli uccelli, è certamente il barbagianni (Tyto alba) un rapace notturno che nidifica nelle costruzioni.

Tra i mammiferi, escludendo i micromammiferi che non sono stati presi in considerazione in questo studio, la più caratteristica è forse la faina (Martes foina) che si può osservare frequentemente riprodursi e cacciare presso gli insediamenti umani.

6.1.3.3 Definizione del valore faunistico degli habitat

La valutazione degli habitat faunistici consente di verificare nel suo complesso l’impatto delle azioni previste dal progetto. Spesso si ritiene che l’importanza di un habitat sia proporzionale esclusivamente alla sua naturalità ma questo non è sempre vero soprattutto quando ci si trova di fronte ad ecositemi comunque alterati o semplificati dall’uomo come nelle Marche. Importante è anche l’etrogeneità che contribuisce a aumentare la ricchezza delle comunità a volte anche con specie di interesse conservazionistico.

Se osserviamo i dati della nostra area questo emerge immediatamente, gli agroecosistemi sono di gran lunga i più ricchi con 39 specie mentre i boschi ne hanno appena 23. Va sottolineato comunque che molte delle specie delle aree coltivate sono di origine forestale e in qualche modo la loro ricchezza dipende anche dai boschi circostanti.

Anche guardando al valore conservazionistico il numero di specie presenti negli agroecosistemi è decisamente superiore a quello degli altri habitat; questo è spiegabile con due ragioni principali, il degrado generale delle aree forestali della zona che quindi mancano delle entità più selettive, e il rapido declino di molte aree agricole che ha portatto alla rarefazione di specie un tempo comuni e che ancora sono presenti nei territori meglio conservati come quello del progetto.

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L’habitat urbano, seppur relativamente ricco non presenta molte specie di particolare interesse conservazionistico essendo utilizzato soprattutto da quelle più adattabili; per quanto riguarda l’habitat fluviale, questo risulta essere il più povero di specie. Quindi sulla base di queste informazioni ponderate con il valore delle singole specie l’habitat possono essere classificati nel seguente ordine decrescente di valore faunistico:, agroecosistema, boschi naturali, habitat fluviale, e ambiente antropico.

Tab. 6/6: Numero di specie ornitiche, suddivise per valore conservazionistico, che utilizzano i differenti habitat faunistici.

All. I 79/409/CEE e All. II 92/43/CEE

All. IV 92/43/CEE Lista Rossa, SPEC

Non classificate Totale complessivo

Bosco naturale 2 4 19 23

Habitat fluviale 0 0 3 3

Agroecosistema 2 11 26 39

Ambiente antropico 0 4 15 19

6.2 Stima degli impatti e mitigazioni

6.2.1 Vegetazione, flora ed ecosistemi

Il progetto è relativo alla conversione di un’azienda agricola da cerealicolo-colture da rinnovo a zootecnico con indirizzo avicolo. Le interferenze sono pertanto a carico dei seminativi i quali in parte saranno occupati dalle nuove infrastrutture, in parte saranno adibiti a prato per il razzolamento degli animali allevati in regime di biologico. Superfici a prato sono previste anche nel settore del convenzionale.

La realizzazione dei capannoni, della viabilità interna e delle strutture accessorie non andranno a coinvolgere vegetazione naturale protetta, salvo un tratto di siepe per il cui calcolo si rimanda al capitolo successivo.

Come mitigazione è prevista la realizzazione di un progetto di inserimento ambientale e paesaggistico che ha l’obiettivo principale di realizzare/implementare la rete ecologica locale.

Per valutare l’impatto sul grado di naturalità del progetto sul contesto di area vasta viene ricalcolato l’IVN a progetto realizzato.

Le assunzioni sono:

Superficie aziendale a seminativo non irriguo che subisce il cambiamento: 832.171 m2;

Superfici occupate dai capannoni: 36.962 m2;

Superficie impermeabilizzata per piazzali e aree pavimentate: 10.327 m2;

Superfici occupate dalla viabilità: 45.785 m2;

Superficie aziendale residua destinata a vegetazione naturale per implementare la connessione ecologica: 102.539 m2;

Superficie residua destinata a coltura biologica: 541.454 m2;

Superficie a seminativo residua: 95.104 m2.

In pratica l’impatto è limitato al coinvolgimento di vegetazione antropopogena. Non sono coinvolte specie vegetali e fitocenosi protette, salvo un piccolo tratto di siepe ampiamente compensato. Infatti, il progetto di ricomposizione ambientale prevede la realizzazione di circa 10.25.39 ha di nuove superfici naturali, seminaturali e subnaturali, implementando la vegetazione esistente.

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241

Analizzando l’incidenza del progetto sulla componente vegetazionale in fase di post operam risulta quanto segue:

Tab. 6/7: Unità vegetazionali e di uso del suolo, percentuali di copertura e indice di naturalità

Unità vegetazionali e di uso delsuolo Area (mq) Percentuale

%

valore naturalità (0 - 10c)

Viabilità 385.818,00 2,264 0

Vegetazione scarsa o nulla con edificato 105.843,00 0,621 0

Seminativi non irrigui 14.481.613,00 84,968 1

Colture arboree - Oliveti 101.393,00 0,595 2

Verde ornamentale e verde della corte delle case coloniche con edificato rurale

133.974,00 0,786 3

Colture arboree - Impianto arboreo da frutto e da legno 79.084,00 0,464 4

Formazione erbacea a gramigna comune e erba mazzolina Ass. Agropyro repentis-Dactyletum glomeratae (Ubaldi 1976) em. Ubaldi, Puppi & Speranza 1983;

Formazione erbacea perenne a cappellini comuni e gramigna comune Ass. Agrostio stoloniferae-Agropyretum repentis Biondi & Allegrezza 1996;

926.553,00 5,436 5

Filari di olmo, di olmo e marruca, olmo e tamerice, robinia, bagolaro, roverella.

49.027,00 0,288 5

Specchi d'acqua 44.510,00 0,261 6

Siepi a dominanza di tamerice e olmo;

Arbusteto a rovo comune e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Rubetum ulmifolii Poldini;

Arbusteto a sanguinello e caprifoglio etrusco con ginestra comune Ass. Lonicero etruscae-Cornetum sanguineae Biondi, Bagella, Casavecchia & Pinzi 2002 var. a Spartium junceum;

Arbusteto a tamerice maggiore e ginestra comune Ass. Spartio juncei-Tamaricetum africanae Biondi et alii 2009.

108.530,00 0,637 7

Vegetazione a canna domestica e vitalba Ass. Clematido vitalbae-Arundinetum donacis Biondi & Allegrezza 2004;

Vegetazione a canna domestica e vilucchio bianco Ass. Convolvulo sepii-Arundinetum donacis R. Tx. & Oberd. Ex O. Bolòs 1962 nom. inv. prop. Rivas-Mart et al.2002;

Vegetazione a cannuccia di palude Ass. Phragmitetum communis (All. 1921) Pignatti 1953

70.714,00 0,415 8

Boscaglia di olmo campestre (Ulmus minor) Ass. Symphyto bulbosi-Ulmetum minoris Biondi & Allegrezza 1996

224.066,00 1,315 9

Vegetazione igrofila ripariale a dominanza di pioppo nero Ass. Salici albae-Populetum nigrae (Tx. 1931) Meyer-Drees 1936

332.542,00 1,951 10c

Totale 17.043.667,00 100

Le aree destinate al seminativo scendono all 89,85% del territorio di area vasta, le Aree occupate dalla viabilità e dalla vegetazione scarsa o nulla salgono dal 2,351% al 2,885% del totale. Per contro aumenta la vegetazione seminaturale, subnaturale e naturale passando dal 5,964% al 10,303%. In pratica la somma delle coperture vegetali a maggiore naturalità praticamente raddoppiano. Questo è da attribuire alla realizzazione della rete ecologica locale e alla destinazione a prato delle superfici non occupate dalle nuove strutture, dalla viabilità e dalle sistemazioni a verde.

Tab. 6/8: Sintesi delle classi di naturalità dell’area vasta

Antropogena % Seminaturale % Subnaturale % Naturale %

89,689 5,985 1,052 3,266

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L’indice di naturalità (IVN) globale del contesto di area vasta passa sale dal 0,1174293 a 0,133065. Considerando che la superficie dell’azienda oggetto di trasformazione di indirizzo produttivo è appena il 4,88% del contesto di area vasta l’incremento dell’IVN si può considerare significativo.

6.2.1.1 Coerenza del progetto con la L.R. 6/2005 e successive integrazioni “Legge forestale regionale”

Come detto in altre parti della relazione il progetto coinvolge un tratto di siepe arborea nell’intorno di un accessorio. L’insieme siepe ed accessorio saranno coinvolti dal progetto.

Di seguito si riporta il dettaglio delle siepi presenti nell’intorno del sito. Esso comprende le fitocenosi abbattute e tratti di siepe circostanti in modo da avere comunque un censimento in un ambito dove la realizzazione della viabilità interna potrebbe in fase di cantiere comprendere altre formazioni vegetali. Nel caso si provvederà ad integrare la richiesta di abbattimento.

Nella figura che segue si evidenziano le siepi censite. L’ambito cerchiato è quello dove le piante saranno coinvolte dal progetto.

Fig. 6/3: Tratti di siepi censite

Di seguito si riporta il risultato del censimento. Le specie arboree protette (Ulmus minor) con diametro a 1,3 m di altezza suoeriore a 15 cm saranno compensate. Inoltre sarà compensata la siepe coinvolta

Siepi di tamerice (Tamarix africana) Lunghezza: 13 m

Tipologia n°

polloni SPECIE DIAMETRO (cm)

ceppaia 2 Ulmus minor 7 ; 9

ind. singolo Ulmus minor 18

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ind. singolo Ulmus minor 15

ind. singolo Ulmus minor 6

ind. singolo Ulmus minor 9

ceppaia 2 Ulmus minor 9 ; 10

Nucleo di Vegetazione antropogena a dominanza di Ulmus minor con presenza di Tamarix africana

220 mq Popolamento di olmo con 5 ceppaie di Tamarix, interessato da ceduazioni successive, tutti gli individui sono ceppaie con un numero medio di polloni di 4, di ridotte dimensioni (diametro minimo 3cm - diametro massimo 17 cm). Copertura delle chiome: 100% Densità ceppaie: 6 - 7.000 ha Altezza media popolamento: 7 m

Nucleo di Vegetazione antropogena a dominanza di Ulmus minor con presenza di Tamarix africana

550 mq Popolamento di olmo con 15 ceppaie di Tamarix, interessato da ceduazioni successive, tutti gli individui sono ceppaie con un numero medio di polloni di 3, di ridotte dimensioni (diametro minimo 3cm - diametro massimo 15 cm). Copertura delle chiome: 100% Densità ceppaie: 6 - 7.000 ha Altezza media popolamento: 6 m

In totale si stima in modo conservativo che saranno coinvolte 30 piante di olmo (Ulmus minor) con diametro superiore a 15 cm. Le specie coinvolte, le siepi e i gruppi saranno abbondantemente comensate con la realizzazione del progetto di inserimento ambientale e paesaggistico.

Di seguito si riportano il resto del cenismento. Le specìe arboree protette sono l’olmo (Ulmus minor) il bagolaro (Celtis australis),

Siepi di tamerice (Tamarix africana) Lunghezza: 13 m

tipologia n° polloni SPECIE DIAMETRO (cm)

ceppaia 3 Tamarix africana 8 ; 6 ; 4

ceppaia 2 Tamarix africana 11 ; 7

ceppaia 3 Tamarix africana 9 ; 6 ; 12

ceppaia 2 Tamarix africana 8 ; 5

Filare misto Lunghezza: 260 m

tipologia n° polloni SPECIE DIAMETRO (cm)

ind. singolo Ulmus minor 25

ceppaia 2 Ulmus minor 6 ; 5

ind. singolo Crataegus monogyna 4

ind. singolo Robinia pseudoacacia 7

ind. singolo Celtis australis 8

ceppaia 2 Robinia pseudoacacia 8 ; 5

ceppaia 2 Ulmus minor 8 ; 20

ind. singolo Robinia pseudoacacia 11

ceppaia 2 Celtis australis 3 ; 5

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ceppaia 2 Ulmus minor 7 ; 6

ind. singolo Robinia pseudoacacia 24

ceppaia 3 Malus sp. 9 ; 6 ; 8

ind. singolo Robinia pseudoacacia 4

ind. singolo Celtis australis 3

ind. singolo Robinia pseudoacacia 18

ind. singolo Celtis australis 8

ceppaia 4 Robinia pseudoacacia 10 ; 6 ; 5 ; 4

ind. singolo Robinia pseudoacacia 12

ind. singolo Celtis australis 5

ind. singolo Celtis australis 6

ind. singolo Ulmus minor 14

ind. singolo Robinia pseudoacacia 13

ind. singolo Robinia pseudoacacia 9

ceppaia 3 Ulmus minor 3 ; 6 ; 5

ceppaia 2 Celtis australis 3 ; 4

ind. singolo Robinia pseudoacacia 13

ind. singolo Ulmus minor 7

ceppaia 2 Ulmus minor 15 ; 16

ind. singolo Ulmus minor 8

ceppaia 4 Ulmus minor 33 ; 13 ; 7 ; 12

ind. singolo Ulmus minor 12

ind. singolo Ulmus minor 27

ceppaia 5 Ulmus minor 12 ; 5 ; 6 ; 7 ; 4

ceppaia 3 Ulmus minor 15 ; 8 ; 9

ceppaia 3 Ulmus minor 12 ; 8 ; 6

ceppaia 3 Ulmus minor 9 ; 15 ; 7

ceppaia 2 Ulmus minor 23 ; 6

ceppaia 2 Ulmus minor 9 ; 12

ceppaia 3 Ulmus minor 9 ; 12 ; 15

ceppaia 2 Ulmus minor 19 ; 17

ind. singolo Ulmus minor 28

ind. singolo Ulmus minor 7

ind. singolo Celtis australis 14

ind. singolo Robinia pseudoacacia 17

ceppaia 3 Celtis australis 7 ; 6 ; 5

ind. singolo Robinia pseudoacacia 15

ind. singolo Celtis australis 17

ind. singolo Celtis australis 5

ind. singolo Celtis australis 5

Siepi di olmo (Ulmus minor) Lunghezza: 50 m

tipologia n° polloni SPECIE DIAMETRO (cm)

ind. singolo Ulmus minor 8

ceppaia 3 Ulmus minor 3 ; 5 ; 6

ind. singolo Ulmus minor 4

ind. singolo Ulmus minor 12

ind. singolo Ulmus minor 5

ind. singolo Ulmus minor 13

ind. singolo Ulmus minor 11

ind. singolo Ulmus minor 4

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ceppaia 2 Ulmus minor 7 ; 4

ind. singolo Ulmus minor 6

ind. singolo Ulmus minor 7

ind. singolo Ulmus minor 17

ind. singolo Ulmus minor 11

ceppaia 2 Ulmus minor 9 ; 10

ind. singolo Ulmus minor 12

6.2.2 Fauna

6.2.2.1 Vulnerabilità delle specie alle azioni previste

Sulla base delle informazioni disponibili, attraverso la bibliografia disponibile e l’analisi della situazione locale, sono state individuate per ogni specie e habitat le azioni che possono potenzialmente provocare impatti. Queste sono:

Apertura del cantiere e Realizzazione della viabilità interna: si riferisce all’apertura della strada, e quindi all’eventuale eliminazione della vegetazione naturale, al fine di renderla funzionale alle esigenze produttive.

Disturbo delle operazioni di cantiere: legato per lo più al rumore delle macchine operatrici e al continuo passaggio dei mezzi di trasporto.

Traffico veicolare: sono considerati tutti gli impatti legati al trasporto del materiale durante la fase costruttiva ed al transito dei mezzi durante la fase di esercizio.

L’impatto di ognuna di queste, è una misura dell’effetto che le singole azioni possono avere sulle diverse risorse valutato solo in funzione delle caratteristiche intrinseche dell’azione stessa e delle specie e habitat presenti. La sua intensità, che ovviamente è differente per risorsa e per sito, è stata valutata tenendo conto di due fattori: la frazione di risorsa coinvolta, cioè quanta parte di Habitat o di popolazione fosse soggetta agli effetti dell’azione, e l’intensità dell’azione, ad esempio per una strada quanto è il volume di traffico. In base a quanto detto, questo è stato classificato come:

Intenso

Leggero

Inesistente

Successivamente, per ogni componente, è stato valutato il grado di vulnerabilità alle singole azioni; per vulnerabilità si intende la propensione di una risorsa ecologica a subire un danno da una perturbazione esterna; questa ha luogo quando un sistema ecologico perde le sue capacità di resilienza divenendo vulnerabile al mutamento che precedentemente poteva essere assorbito. Infatti in un sistema resiliente il cambiamento, la perturbazione, hanno la potenzialità di creare sviluppo, novità; in un sistema vulnerabile, questi ultimi, anche se minimi, possono essere devastanti.

Incrociando quindi questo dato con l’intensità reale delle azioni si è giunti alla valutazione delle pressioni reali che si verificano nell’area in esame.

Vulnerabile Non Vulnerabile

Intenso + -

Leggero - -

Inesistente - -

Il risultato è la classificazione dell’impatto dell’azione in una scala con tre valori:

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Impatto significativo

Impatto non significativo

Impatto assente

Impatto positivo

Nella seguente tabella vengono riassunte le valutazioni gli impatti per i singoli elementi:

Specie

Asp

ort

azio

ne

del

can

tier

e

e re

aliz

zazi

on

e d

ella

viab

ilità

inte

rna

Dis

turb

o d

elle

op

eraz

ion

i

di c

anti

ere

Traf

fico

vei

cola

re in

fas

e

di c

anti

ere

e d

i ese

rciz

io

Rea

lizza

zio

ne

rete

eco

logi

ca lo

cale

HABITAT FAUNISTICI

Boschi naturali

Habitat fluviali

Agroecosistemi

Aree edificate

UCCELLI

Accipiter nisus Sparviere

Buteo buteo Poiana

Falco tinnunculus Gheppio

Falco subbuteo Lodolaio

Coturnix coturnix Quaglia

Phasianus colchicus Fagiano

Tyto alba Barbagianni

Strix aluco Allocco

Athene noctua Civetta

Picus viridis Picchio verde

Picoides major Picchio rosso maggiore

Alauda arvensis Allodola

Motacilla alba Ballerina bianca

Motacilla cinerea Ballerina gialla

Troglodytes troglodytes

Scricciolo

Phoenicurus phoenicurus

Codirosso

Saxicola torquata Saltimpalo

Turdus merula Merlo

Sylvia communis Sterpazzola

Sylva atricapilla Capinera

Phylloscopus collybita

Luì piccolo

Lanius collurio Averla piccola

Garrullus glandarius Ghiandaia

Corvus monedula Taccola

Emberiza cirlus Zigolo nero

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Emberiza hortulana Ortolano

Erithacus rubecola Pettirosso

Luscinia megarinchos

Usignolo

Parus major Cinciallegra

Parus caeruleus Cinciarella

Sitta europea Picchio muratore

Cerchia brachydactyla

Rampichino

Miliaria calandra Strillozzo

Streptopelia turtur Tortora

Passer italiane Passera d’italia

Passer montanus Passera mattugia

RETTILI

Coluber viridiflavus Biacco

Natrix natrix Natrice dal collare

Lacerta bilineata Ramarro

Podarcis sicula Lucertola campestre

Podarcis muralis Lucertola muraiola

Elaphe longissima Saettone comune

MAMMIFERI

Canis lupus Lupo

Sus scrofa Cinghiale

Hystrix cristata Istrice

Meles meles Tasso

Sciurus vulgaris Scoiattolo

Vulpes vulpes Volpe

Martes foina Faina

Erinaceus europaeus Riccio europeo

Lepus europaeus Lepre europea

Dalla semplice analisi delle interferenze sulla fauna risulta che gli impatti, essendo circoscritti all’ambito aziendale di progetto e non coinvolgendo habitat naturali, salvo un breve tratto di siepe ampiamente compensato, sono legati alla fase di cantiere e sono tutti non significativi. Per contro le piantumazioni previste dal progetto permetterà di creare habitat idonei per le specie avifaunistiche.

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7. PAESAGGIO

La struttura del territorio influisce sui processi ecologici delle popolazioni (animali e umane) che lo abitano e lo formano (vegetali), come pure sul comportamento funzionale dell’intero sistema ecologico, ossia sui rapporti dinamici fra le sue componenti (biotipi naturali, macchie boscate, campi, filari, insediamenti, fiumi, ecc.).

Da qui nasce l’esigenza di prendere in esame direttamente lo studio del paesaggio inteso come sistema di ecosistemi fra loro integrati.

Il paesaggio va quindi percepito in una visione tridimensionale come complesso di forme del terreno, di coperture vegetali ed anche di aspetti evidenti della fauna e delle opere dell’uomo. Tutte queste componenti vanno considerate attraverso le relazioni che le collegano e risulta perciò importante sottolineare la capacità di autorganizzazione del sistema paesaggio. La vegetazione, la fauna e la comunità umana sono tutte componenti autorganizzanti per cui, mantenuti immutati gli input energetici e le condizioni al contorno, il paesaggio tende a trasformarsi per una propria dinamica interna.

La tendenza alla trasformazione è causata dalla componente biotica (vegetazione e fauna) che interagisce con l’uomo: l’elemento biotico tende ad accumulare ordine che si rende evidente, ad esempio, attraverso l’espansione della vegetazione forestale, mentre l’uomo può esercitare un’azione che, caso per caso, può portare ordine o disordine nel sistema. Un accumulo di ordine per cause naturali si può avere dove l’azione antropica non si esercita più su una certa area o dove questa diventa progressivamente meno incisiva. Contrariamente si ha aumento di disordine per la formazione, ad esempio, di paesaggi colturali attraverso l’adozione di normative che hanno una forte potenzialità di modifica del paesaggio (es. le trasformazioni provocate dal riassetto fondiario), attraverso la meccanizzazione dell’agricoltura che riduce drasticamente la vegetazione naturale, con conseguente variazione di morfologia e perdita di biodiversità, o ancora attraverso la realizzazione di grandi opere pubbliche, la diffusione di sostanze chimiche, ecc.

Unità di paesaggio

L’individuazione delle Unità di Paesaggio consente di suddividere il territorio in aree omogenee dal punto di vista fisico-biologico (morfologia e vegetazione) e antropico (uso del suolo), al fine di giungere alla stima dell’impatto e alla conseguente definizione delle opere di mitigazione. Lo schema di lavoro normalmente si articola nelle seguenti fasi:

Analisi morfologica: definizione dei caratteri morfologici puntuali e della conformazione generale del territorio;

Analisi della vegetazione e dell’uso del suolo; definizione delle caratteristiche antropiche e naturalistiche del territorio (sulla base degli studi specifici per questa componente ambientale);

Individuazione ed analisi delle Unità di Paesaggio: definizione e delimitazione di ambiti territoriali aventi specifiche, distintive ed omogenee caratteristiche di formazione ed evoluzione (in prevalenza assetto morfologico e uso del suolo).

L’area di studio è facilmente leggibile in quanto ci troviamo in un ambito pianeggiante percorso dal fiume Esino, in un contesto, come si dirà in seguito, estremamente antropizzato.

Paesaggi rilevati – La collina ad agricoltura estensiva

Il territorio in esame è una vallecola laterale rispetto alla Valle dell’Esino. Essa solcata da un piccolo fosso, chiamato Strige, ed è presente un laghetto artificale al centro, le cui sponde si sono naturalizzate e nascondono un capanno da caccia.

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L’ambito di area vasta si caratterizzato per la morfologia a tratti aspra, dominata dalle formazioni calanchive che rappresentano l’elemento ambientale e paesaggistico di maggiore rilievo.

Il territorio, a forte matrice argillosa, ha una scarsa capacità d’uso, tanto da caratterizzarsi per l’uso agricolo estensivo con l’avvicendamento di diverse colture erbacee stagionali, quali i cereali autunno vernini e le colture da rinnovo. Questa sequenza di copertura del suolo caratterizza il variare del cromatismo con il susseguirsi delle stagioni.

Oltre ai calanchi, gli unici elementi di naturalità sono i fossi di scolo che solcano la collina e che a tratti sono segnati dalla vegetazione ripariale.

Dal punto di vista antropico si tratta di aree con una edificazione sparsa, distribuita pervalentemente nelle zone di crinale o comuque in ambiti non soggetti a fenomeni erosivi profondi, tali da compromettere la stabilità degli edifici.

In estrema sintesi l’area di studio è il tipico paesaggio agrario della fascia collinare dove l’allevamento zootecnico, a prevalente regime di biologico, può essere parte integrante.

7.1 Stima degli impatti

Il progetto in esame comporta la modifica della destinazione produttiva di una superficie attualmente ad uso agricolo estensivo, senza presenza di colture arboree. Le aree occupate sono caratterizzate da una scarsa naturalità, limitata a qualche tratto di siepe lungo i fossi secondari e lungo il fosso di fondovalle.

L’allevamento sarà diviso in due settori, una piccola parte a nord-est destinato al convenzionale, con 6 capannoni adiagati lungo il rilievo collinare in modo da ridurre al minimo i movimenti terra.

Nella parte basale dell’azienda, interessata in parte dalla fascia di continuità naturalistica individuata dal PTC, sono distribuiti i capannoni dell’allevamento biologico, ciascuno con un’ampia superficie circostante per permettere il razzolamento degli animali.

La scelta di differenziare la tipologia di allevamento, privilegiando il biologico, rende il progetto perfettamente compatibile con il contesto paesaggistico circostante.

Impatto visivo

Tra gli elementi che caratterizzano il sito spicca la sua conformazione a conca nascosta che lo rende simile ad un’”enclave” non visibile se non dal primissimo perimetro.

Unico canale visuale aperto è dalla direzione Nord-Ovest, dalla quale però l’orografia delle aree poste in quella direzione e nel primo chilometro dal perimetro aziendale, essendo pianeggianti, non permettono alcuna percezione visiva se non dalle colline retrostanti dalle quali, date le distanze rilevanti, date le distanze rilevanti, le nuove strutture sono poco percepibili.

Per la valutazione dell’impatto visivo è stata elaborata la carta del bacino di visuale (Tav. U8) dove si riportano le potenziali visuali dalle quali si potrebbe vedere il nuovo allevamento, definendo i bacini di visuale.

Dall’analisi fatta si vede che è stato marcato un bacino di visuale ubicato a valle del crinale in destra idrografica del fosso Strige. Sotto si riporta la documentazione fotografica scattata dal crinale e la carta del bacino di visuale.

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Fig. 7/1: Bacino di visuale. Il bacino di visuale è circoscritto al settore in sinistra idrografica del fosso Strige

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7.2 Interventi di mitigazione

La mitigazione dei capannoni sarà ricercata con la scelta oculata delle colorazioni delle pareti e delle coperture che si andranno ad integrare con il contesto agricolo circostante.

Inoltre è previsto un progetto di inserimento ambientale e paesaggistico con la realizzazione di una rete ecologica locale in connessione con fitocenosi vegetali circostanti.

Essa si basa sulla realizzazione di siepi e fasce arboree perimetrali, in particolare verso il crinale in sinistra idrografica al fosso Strige, in modo da mitigare la visuale dalle abitazioni presenti lungo il crinale stesso. In pratica le viste di cui sopra saranno mitigate dalla presenza della vegetazione che impedirà la vista dei nuovi capannoni.

Infine è previsto il rafforzamento della vegetazione ripariale presente lungo il fosso Strige, che attraversa centralmente la proprietà, in modo da realizzare un corridoni ecologico importante connesso con un laghetto attualmente adibito alla caccia. La viabilità interna sarà segnata da alberature di 1° e 2° grandezza, le quali saranno distribuite tra i capannoni in modo da mitigarne la vista della regolarità delle sagome. Questa impostazione permetterà di porre l’attenzione all’insieme del verde e delle nuove strutture dedite all’allevamento zootecnico, in modo da rendere il tutto in sintonia con il paesaggio agricolo circostante.

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8. RUMORE

Di seguito si riporta una sintesi della relazione acustica redatta da WePlan e che si riporta in allegato firmata da tecnico competente in acustica che si riporta in allegato.

L’area interessata dal futuro intervento si trova nel Comune di Jesi (AN) in località Cannuccia, in un contesto agricolo. Nell’intorno ci sono isolati e sparsi recettori sensibili residenziali.

La strada statale n°76 si trova circa 600 metri dal confine dell’area, mentre nelle vicinanze sono presenti solo strade di tipo locali.

La stima previsionale dei livelli di rumore prodotti a seguito della realizzazione dell’impianto viene effettuata, come previsto dalla Delibera della giunta regionale n°896 del 24/06/2003, in corrispondenza dei confini di proprietà ed in prossimità dei recettori sensibili più vicini.

Fig. 8/1: Inquadramento territoriale

8.1 Valutazione previsionale di impatto acustica

Il presente capitolo ha come oggetto la valutazione previsionale di impatto acustico prevista dall’art. 8 comma 4 della L.Q. 447/95 che impone l’acquisizione preventiva di tale valutazione per l’installazione di nuovi impianti.

La documentazione previsionale di impatto acustico deve contenere la valutazione comparativa tra lo scenario con assenza (ante-operam) e quello con presenza delle opere e attività (postoperam).

L’analisi è finalizzata ad accertare i livelli di immissione assoluti e di emissione siano conformi a quelli previsti per la Classe di appartenenza della relativa zonizzazione acustica comunale.

Il comune di Jesi ha approvato la classificazione acustica del territorio. L’area oggetto di intervento ed i recettori prossimi all’impianto si trovano esclusivamente nella classe II secondo quanto indicato nella zonizzazione acustica del Comune di Jesi.

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Tab. 8/1: Valori limite imposti dal Classificazione acustica del territorio

Classe di destinazione d’uso

Valori limite assoluti di immissione

Valori limite assoluti di emissione

Diurno Notturno Diurno Notturno

Classe II – Aree prevalentemente residenziali (REC.1)

55 45 50 40

Inoltre, per tutte le sorgenti sonore inserite nell’area della realizzazione del progetto, debbono essere rispettati i valori limite differenziali di immissione, pari a 5 dB(A) per il periodo diurno e 3 dB(A) per il periodo notturno, calcolati come differenza tra il livello ambientale ed il livello residuo eventualmente corretto data la presenza di componenti tonali, impulsive od in bassa frequenza.

Fig. 8/2: Estratto zonizzazione comunale - Foglio 2921101

Fig. 8/3: Estratto zonizzazione comunale – Foglio 2921204

8.2 Caratterizzazione acustica ante-operam

La valutazione di clima acustico ante-operam (clima acustico dello stato zero) si è sviluppata rilevando il clima acustico attuale all’interno dell’area in cui sarà presente l’impianto ed in corrispondenza dei recettori sensibili presenti al fine di valutare il clima acustico dello stato zero (ante operam). Le misurazioni fonometriche sono state eseguite secondo le prescrizioni del Decreto 16/03/98 “Tecniche di rilevamento e di misura dell’inquinamento acustico", con la tecnica del campionamento, secondo quanto richiesto dalla normativa.

I rilievi fonometrici sono stati effettuati nel giorno 06 aprile 2016 dall’Ing. Michele Baleani con misure diurne e notturne secondo il D.P.C.M. 16/03/98, con tempo di integrazione di 10 minuti e tempo di campionamento di 0,5 secondi, in condizioni meteo di cielo coperto ed in assenza di vento.

8.3 Caratterizzazione acustica post operam

L’analisi si è sviluppata prendendo in considerazione le principali sorgenti di rumore legate all’attività svolta.

Come indicato nella descrizione dell’attività, la sorgente di rumore significativa è rappresentata dall’impianto di ventilazione costituito per i capannoni di allevamento di tipo

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standard 1-2-3-4-5-6 da n°14 ventilatori in testata e da n°3 ventilatori sul fronte retro, e da n°14 ventilatori in testata per i capannoni di allevamenti bio 7-8-9-10-11-12-13-14-15-16.

Per conoscere esattamente la rumorosità prodotta dai ventilatori, è stata effettuata una misurazione in un impianto similare di proprietà della stessa ditta, sito in Località Casenuove di Osimo (AN).

Il fonometro è stato posizionato ad una distanza di 1 metro tra due ventilatori, in modo tale da determinare il livello di pressione sonora di n° 2 ventilatori funzionanti contemporaneamente.

Su indicazioni della committenza, i ventilatori funzioneranno costantemente, al fine di asportare il calore all’interno dell’ambiente. Il rilievo effettuato in data 17/03/2016 ha prodotto i seguenti risultati.

Tipologia impianto Distanza (m) LAeq (dB(A))

Impianto di aspirazione 1,0 75,0

Fig. 8/4: Rilievo fonometrico dei livelli di pressione sonora di n.2 ventilatori

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A seconda delle condizioni igrometriche dell’ambiente interno i ventilatori funzioneranno in sequenza, il tutto con un sistema automatizzato.

Essi potranno funzionare contemporaneamente solo in casi eccezionali durante la stagione estiva durante il periodo di riferimento diurno. Per rendere più gravosa la stima previsionale, si effettuano le seguenti ipotesi:

o che i ventilatori funzionino tutti contemporaneamente in tutti gli edifici di giorno;

o non si considera l'effetto delle piantumazioni arboree esistenti e di futura coltivazione;

o le singole sorgenti sonore sono state considerate nella posizione della parete laterale più vicina al punto di misura e non considerando l’eventuale effetto barriera degli edifici.

Inoltre l'intervento prevede l'installazione di box schermanti in pannelli sandwich e deflettori in corrispondenza dei ventilatori, costituiti da una struttura metallica e da teli rigidi sulla copertura e pareti laterali, come indicato nelle tavole allegate. Hanno la funzione di evitare che eventuali piume e paglie della lettiera espulse dai ventilatori dall'ambiente interno si spargano all'esterno.

Essi avranno oltretutto la funzione di barriera acustica garantendo un abbattimento acustico non inferiore a 8 dB(A) per limitare la rumorosità prodotta dai ventilatori. Nei punti di controllo in esame per divergenza si produrranno i livelli di rumore indicati nella tabella seguente.

Tab. 8/2: Livelli di pressione sonora nei punti di controllo nel periodo diurno

Tipologia impianto Riferimento LAeq (dB(A))

Impianto di aspirazione

M1 34,0

M2 37,0

M3 40,0

M4 44,5

M5 36,0

Recettore 1 31,5

Recettore 2 36,5

Recettore 3 36,5

Recettore 4 35,5

Recettore 5 40,0

Recettore 6 35,5

Recettore 7 33,0

Nel periodo di riferimento notturno (ore 22:00 – 6:00), l’impianto di aspirazione rimane attivo. Tuttavia i ventilatori di ciascun box non funzioneranno mai contemporaneamente in quanto, come detto in precedenza, ciò può accadere solo in condizioni critiche superate certe temperature esterne, cosa che dunque non potrà mai accadere di notte.

Di conseguenza si ipotizza che al massimo siano funzionanti 6 ventilatori assiali. Inoltre, come in precedenza, valgono le stesse ipotesi. Nei punti di controllo in esame per divergenza si produrranno i livelli di rumore indicati nella tabella seguente.

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Tab. 8/3: Livelli di pressione sonora nei punti di controllo nel periodo notturno

Tipologia impianto Riferimento Leq (dB(A))

Impianto di aspirazione

M1 30,5

M2 33,5

M3 36,5

M4 44,0

M5 33,0

Recettore 1 28,0

Recettore 2 33,0

Recettore 3 33,0

Recettore 4 32,0

Recettore 5 36,0

Recettore 6 35,0

Recettore 7 29,0

Inoltre nell’impianto esistente di proprietà della stessa ditta, sito in Località Casenuove di Osimo (AN) è stata effettuata una misurazione del livello di pressione sonora all’interno dell’edificio in presenza dei polli, con il fonometro posto ad un metro dalle pareti laterali, al fine di determinare la rumorosità interna al box. Il livello di pressione sonora registrato è il seguente:

Tipologia impianto Distanza (m) LAeq (dB(A))

Impianto di aspirazione 1,0 dalla parete laterale 65,0

Fig. 8/5: Rilievo fonometrico dei livelli di pressione sonora all’interno dell’edificio

Per la valutazione dei livelli di rumore immessi nell’ambiente esterno dai livelli di pressione sonora rilevati dall’ambiente interno, sono state utilizzate le seguenti norme:

EN 12354-4. Building acoustics: estimation of acoustic performance of buildings from the performance of products, part 4: transmission of indoor sound to the outside.

ISO 9613-1. Acoustics: Attenuation of sound during propagation outdoors, part 1: Calculation of the absorption of sound by the atmosphere.

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ISO 9613-2. Acoustics: Attenuation of sound during propagation outdoors, part 2: General method of calculation.

La valutazione del livello di pressione sonora presente nell’ambiente esterno in seguito alla emissione sonora da parte di un edificio viene effettuata in funzione del livello sonoro presente all’interno di tale edificio e dalla prestazione acustica del suo involucro.

Il modello di calcolo definito dalla norma EN 12354-4 prevede di schematizzare le superfici emittenti dell’edificio, costituite dall’involucro e dalle sorgenti sonore esterne di facciata, con una o più sorgenti puntiformi, il cui livello di potenza sonora viene definito mediante il calcolo previsto dalla norma.

Ogni singola sorgente puntiforme può rappresentare una porzione dell’involucro dell’edificio o un gruppo di sorgenti sonore di facciata.

In genere ogni lato dell’edificio (facciate e copertura) richiede di essere schematizzato con almeno una sorgente puntiforme.I livelli di potenza sonora delle varie sorgenti sonore di facciata sono calcolate mediante dati noti desunti da dati tecnici, mentre per l’edificio il calcolo del rumore immesso nell’ambiente esterno viene effettuato partendo dal livello di pressione sonora presente all’interno dell’edificio stesso e dal potere fonoisolante degli elementi dell’involucro.

Determinati i livelli di potenza sonora delle sorgenti puntiformi con cui viene schematizzato l’edificio, il livello di pressione sonora nell’area circostante può essere calcolato secondo quanto previsto dalla norma ISO 9613-2.

Per un segmento di elementi strutturali dell’involucro dell’edificio il livello di potenza sonora per la sorgente puntiforme equivalente, è determinato da:

dove:

LPm è il livello di pressione sonora da 1m a 2m dall’interno del segmento;

Cd è il termine di diffusività per il campo sonoro interno, a livello del segmento;

R’ è il potere fonoisolante apparente per il segmento;

S è l’area del segmento;

S0 è l’area di riferimento, S0 = 1m2;

Il termine di diffusività Cd è funzione della diffusività del campo sonoro interno e dell’assorbimento interno del segmento considerato dell’involucro dell’edificio. La norma UNI EN 12354-4 indica per il termine di diffusività -3 dB.

La propagazione del rumore in ambiente esterno verrà attenuato ad opera delle pareti laterali. Sulla base delle caratteristiche strutturali, vengono determinati i valori di attenuazione degli elementi componenti l’edificio:

Struttura Tipologia costruttiva Attenuazione (dB(A))

Pareti verticali contorno Pannello sandwich 50 mm 25,0

Partendo dai dati di potenza sonora prodotto all’interno dell’edificio e dal valore di isolamento acustico dell’involucro edilizio, vengono definiti, per le sorgenti puntiformi che schematizzano lo stabilimento, i valori di potenza sonora secondo quanto definito dalla norma EN 12354-4.

Nella schematizzazione sono state considerate tutte le facciata esterne dell’edificio.

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Nei punti di controllo in esame per divergenza si produrranno i livelli di rumore indicati nellatabella seguente per l’ipotesi sopra indicata:tabella seguente per l’ipotesi sopra indicata:

Tab. 8/4: Livelli di pressione sonora nei punti di controllo

Tipologia impianto Riferimento Leq (dB(A))

Impianto di aspirazione

M1 18,0

M2 15,0

M3 19,0

M4 23,0

M5 13,5

Recettore 1 19,0

Recettore 2 16,5

Recettore 3 16,5

Recettore 4 14,0

Recettore 5 18,0

Recettore 6 21,5

Recettore 7 16,0

Come si evince la rumorosità prodotta all’interno dell’ambiente non si propaga in corrispondenza dei punti di controllo.

8.4 Valutazione previsionale di impatto acustico e compatibilità dell’intervento

I risultati di tale indagine sono riportati nella tabella seguente.

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Tab. 8/5: Confronto dati misurati e simulati con quelli previsti dalla normativa

Riferimento

LAeq [dB(A)] Impianti spenti

LAeq [dB(A)] Impianti

funzionanti

Valore differenziale

[dB(A)]

CLASSE della zonizzazione acustica comunale

Classe II – (Aree prevalentemente

residenziali)

Valori limite

assoluti di immissione

[dB(A)]

Valore limite differenziale

diurno [dB(A)]

Confine di proprietà M1

DIURNO 42,0 43,0

Non soggetto a verifica

55 Non soggetto a

verifica

Confine di proprietà M2

DIURNO 42,0 43,0

Non soggetto a verifica

55 Non soggetto a

verifica

Confine di proprietà M3

DIURNO 42,0 44,0

Non soggetto a verifica

55 Non soggetto a

verifica

Confine di proprietà M4

DIURNO 43,0 47,0

Non soggetto a verifica

55 Non soggetto a

verifica

Confine di proprietà M5

DIURNO 43,0 47,0

Non soggetto a verifica

55 Non soggetto a

verifica

Recettore Rec.1 DIURNO

42,0 42,5 0,5 55 5

Recettore Rec.2 DIURNO

42,0 43,0 1,0 55 5

Recettore Rec.3 DIURNO

42,0 43,0 1,0 55 5

Recettore Rec.4 DIURNO

42,0 43,0 1,0 55 5

Recettore Rec.5 DIURNO

42,0 44,0 2,0 55 5

Recettore Rec.6 DIURNO

43,0 44,0 1,0 55 5

Recettore Rec.7 DIURNO

47,0 47,0 1,0 55 5

Confine di proprietà M1 NOTTURNO

36,0 37,0 Non soggetto a

verifica 45

Non soggetto a verifica

Confine di proprietà M2 NOTTURNO

36,0 38,0 Non soggetto a

verifica 45

Non soggetto a verifica

Confine di proprietà M3 NOTTURNO

36,0 39,5 Non soggetto a

verifica 45

Non soggetto a verifica

Confine di proprietà M4 NOTTURNO

37,0 46,0 Non soggetto a

verifica 45

Non soggetto a verifica

Confine di proprietà M5 NOTTURNO

39,0 40,0 Non soggetto a

verifica 45

Non soggetto a verifica

Recettore Rec.1 36,0 37,0 1,0 45 3

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NOTTURNO

Recettore Rec.2 NOTTURNO

36,0 38,0 2,0 45 3

Recettore Rec.3 NOTTURNO

36,0 38,0 2,0 45 3

Recettore Rec.4 NOTTURNO

36,0 37,5 1,5 45 3

Recettore Rec.5 NOTTURNO

36,0 39,0 3,0 45 3

Recettore Rec.6 NOTTURNO

37,0 39,0 2,0 45 3

Recettore Rec.7 NOTTURNO

39,0 39,5 0,5 45 3

Dalla tabella precedente si desume che i valori assoluti e differenziali di immissione dell’impianto completamente funzionante nella sua totalità nel periodo diurno e notturno sono inferiori ai valori della classe acustica del territorio.

Pertanto dall’analisi previsionale effettuata si evince che l’impianto di allevamento avicolo di tipo industriale può essere funzionante nel periodo diurno (06:00-22:00) e notturno (22:00-6:00).

Fig. 8/6: Planimetria generale con punti di misura

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262

9. CONCLUSIONI

Il progetto è relativo alla conversione di un’azienda agricola da cerealicolo-colture da rinnovo a zootecnico con indirizzo avicolo. Le interferenze sono pertanto a carico dei seminativi i quali in parte saranno occupati dalle nuove infrastrutture, in parte saranno adibiti a prato per il razzolamento degli animali allevati in regime di biologico. Superfici a prato sono previste anche nel settore del convenzionale.

La realizzazione dei capannoni, della viabilità interna e delle strutture accessorie non andranno a coinvolgere vegetazione naturale protetta, salvo un tratto di siepe per il cui calcolo si rimanda al capitolo successivo.

Come mitigazione è prevista la realizzazione del progetto di inserimento ambientale e paesaggistico che ha l’obiettivo principale di realizzare/implementare la rete ecologica locale.

Per valutare l’impatto del progetto sul grado di naturalità del contesto di area vasta (indice che sintetizza il valore ecologico di un’area e delle componenti vegetazionali e faunistiche che ne fanno parte) è stato calcolato l’IVN (Indice di Valore Naturalistico) attuale e a progetto realizzato.

Le assunzioni sono:

Superficie aziendale a seminativo non irriguo che subisce il cambiamento: 832.171 m2;

Superfici occupate dai capannoni: 36.962 m2;

Superficie impermeabilizzata per piazzali e aree pavimentate: 10.327 m2;

Superfici occupate dalla viabilità: 45.785 m2;

Superficie aziendale residua destinata a vegetazione naturale per implementare la connessione ecologica: 102.539 m2;

Superficie residua destinata a coltura biologica: 541.454 m2;

Superficie a seminativo residua: 95.104 m2.

In pratica l’impatto è limitato al coinvolgimento di vegetazione antropopogena. Non sono coinvolte specie vegetali e fitocenosi protette, salvo un piccolo tratto di siepe ampiamente compensato. Infatti, il progetto di ricomposizione ambientale prevede la realizzazione di circa 10.25.39 ha di nuove superfici naturali, seminaturali e subnaturali, implementando la vegetazione esistente.

L’indice di naturalità (IVN) globale del contesto di area vasta passa sale dal 0,1174293 a 0,133065. Considerando che la superficie dell’azienda oggetto di trasformazione di indirizzo produttivo è appena il 4,88% del contesto di area vasta l’incremento dell’IVN si può considerare significativo.

Le evidenze in termini di aumento della naturalità nell’ambito di area vasta hanno una incidenza positiva anche sul Paesaggio. Relativamente a questa componente è stata fatta l’analisi del gradi di visibilità; essa ha evidenziato come il sito di progetto è soggetto ad un bacino di visuale limitato. Infatti, tra gli elementi che caratterizzano il sito, spicca la sua conformazione a conca nascosta che lo rende simile ad un’”enclave” non visibile se non dal primissimo perimetro.

Unico canale visuale aperto è dalla direzione Nord-Ovest, dalla quale però l’orografia delle aree poste in quella direzione e nel primo chilometro dal perimetro aziendale, essendo pianeggiante, non permette alcuna percezione visiva se non dalle colline retrostanti dalle quali, date le distanze rilevanti, le nuove strutture sono poco percepibili.

In estrema sintesi, dall’analisi del bacino di visuale si vede che è stato marcato un bacino a valle del crinale in destra idrografica del fosso Strige. La piantumazione delle siepi arboree e delle fasce boscate a perimetro mitigheranno sensibilmente le viste individuate.

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Lo studio delle componenti Ambiente idrico e Suolo e sottosuolo non presentano criticità ambientali. I risultati dell’indagine, incrociati con le caratteristiche dei capannoni, le modalità realizzative e di gestione dell’allevamento che si basano sulla ricerca delle migliori tecniche disponibili permettono di evitare le interferenze legate alle poche acque reflue prodotte con il lavaggio dei capannoni e dei rifiuti prodotti, gestiti in accordo con le disposizioni normative.

In fase di cantiere la terra movimentata con gli scavi sarà ricollocata in sito in quanto dalle analisi tutti i parametri rientrano nei limiti delle CSC.

Gli impatti sulle componenti Qualità dell’aria e Rumore, la cui qualità ha ricadute dirette sulla salute pubblica, hanno evidenziato che il nuovo insediamento rispetta i limiti di qualità di riferimento in corrispondenza di tutti i ricettori. Per limitare la diffusione delle polveri, che veicolano gli odori, il progetto, oltre alla piantumazione di siepi arboree e fasce boscate a formare una rete ecologica locale, prevede, per i capannoni del convenzionale che risultano concentrati in una sola zona, di installare nelle testate dei capannoni ove sono presenti i ventilatori estrattori, un deflettore per il convogliamento delle polveri a terra.

Il deflettore rappresenta una soluzione aggiuntiva, di trattamento dell’aria, a valle e a monte dei ventilatori, che riduce ulteriormente l’emissione delle polveri e degli odori nell’ambiente.

Il sistema introdotto è la migliore soluzione tecnologica attualmente applicabile per l’abbattimento delle emissioni di polveri, odori, ecc. nell’ambiante.

Questa tecnologia, adottata e sperimentata (ed in continua sperimentazione e miglioramento da parte del gruppo Fileni), è stata valutata come metodologia che va oltre le BAT (MTD) le quali, in tema di abbattimento polveri e sostanze odorigene non vanno oltre le indicazioni di corretta prassi di allevamento sopra illustrate in tema di gestione e non spreco della risorsa idrica, di lettiere asciutte e di adeguata gestione del clima interno all’allevamento.

Per verificare l’efficacia della mitigazione sono state fatti campionamenti a monte e a valle del sistema di abbattimento da parte del laboratorio Igienstudio nell’allevamento che ha installato tale sistema in loc. Ponte Pio, nel comune di Jesi (vedi rel. Allegata Impatto atmosferico Ing. G. Domizi).

Dalle analisi dello stato attuale dell’ambiente e dalle elaborazioni e valutazioni formulate si può affermare la sostenibilità ambientale del progetto di realizzazione dell’allevamento avicolo in convenzionale e in regime di biologico.