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1 Sirmione – Grotte di Catullo INFORMAZIONI L'area archeologica e l'annesso Museo (Piazzale Orti Manara, tel. 0039(0)30916157) sono visitabili tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle ore 9 alle 18, da aprile a settembre, dalle ore 9 alle 16, da ottobre a marzo. Dal centro storico chiuso al traffico le "Grotte di Catullo" sono raggiungibili con una breve passeggiata (ca 15 minuti). Sulla costa meridionale del lago di Garda, all'estremità della penisola di Sirmione, in una splendida posizione panoramica si trovano i resti della villa romana nota da secoli con il nome di "Grotte di Catullo", l'esempio più grandioso di edificio privato di carattere signorile di tutta l'Italia settentrionale. Nel Rinascimento il nome di "grotte" o "caverne" fu usato per strutture internate e crollate, ricoperte di vegetazione, entro le quali si penetrava come in cavità naturali. La tradizione risalente al XV e XVI secolo ha identificato questo complesso come la villa di famiglia di Catullo, il poeta latino morto nel 54 a.C. In base alla testimonianza dei versi di Catullo è certo che egli avesse a Sirmione una residenza, ma che fosse proprio in questa zona è soltanto possibile. Sirmione apparteneva all'agro veronese ed è nota nel mondo antico anche per essere stata una stazione di sosta (mansio) lungo l'importante via che univa Brescia a Verona. La prima rappresentazione dettagliata dei resti della villa è un rilievo dell'inizio dell'Ottocento. Ampi scavi furono poi effettuati dal veronese Girolamo Orti Manara, che ne pubblicò i risultati in un'opera ancora oggi fondamentale. La Soprintendenza ha iniziato nel 193940 gli scavi e i restauri e nel 1948 ha acquisito tutta l'area, permettendo la tutela del complesso immerso nel suo ambiente naturale. Indagini recenti hanno consentito di accertare l'esistenza di un precedente edificio al di sotto dei vani del settore meridionale e di confermare che la costruzione attualmente in luce è stata realizzata con un progetto unitario che ne ha definito l'orientamento e la distribuzione degli spazi interni, secondo un preciso criterio di assialità e di simmetria. La villa, che ha pianta di forma rettangolare (m. 167 x 105), con due avancorpi sui lati brevi, copre un'area complessiva di oltre due ettari. Per superare l'inclinazione del banco roccioso su cui furono appoggiate le fondazioni dell'edificio, vennero creati grandi vani di costruzione, mentre in alcune zone si resero necessarie opere imponenti di taglio della roccia. I resti attualmente conservati si trovano così su livelli diversi: del settore settentrionale ad esempio sono rimaste solo le grandiose costruzioni, mentre nulla è conservato dei vani residenziali, crollati già in antico.

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Sirmione – Grotte di Catullo 

INFORMAZIONI 

L'area  archeologica  e  l'annesso  Museo  (Piazzale  Orti  Manara,  tel.  0039‐(0)30‐916157)  sono visitabili tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle ore 9 alle 18, da aprile a settembre, dalle ore 9 alle 16, da ottobre a marzo. Dal centro storico chiuso al  traffico  le "Grotte di Catullo" sono raggiungibili con una breve passeggiata (ca 15 minuti). 

Sulla costa meridionale del lago di Garda, all'estremità della penisola di Sirmione, in una splendida posizione panoramica si trovano i resti della villa romana nota da secoli con il nome di "Grotte di Catullo",  l'esempio  più  grandioso  di  edificio  privato  di  carattere  signorile  di  tutta  l'Italia settentrionale. Nel Rinascimento il nome di "grotte" o "caverne" fu usato per strutture internate e crollate, ricoperte di vegetazione, entro le quali si penetrava come in cavità naturali. La tradizione risalente al XV e XVI secolo ha identificato questo complesso come la villa di famiglia di Catullo, il poeta latino morto nel 54 a.C. In base alla testimonianza dei versi di Catullo è certo che egli avesse a  Sirmione  una  residenza, ma  che  fosse  proprio  in  questa  zona  è  soltanto  possibile.  Sirmione apparteneva all'agro veronese ed è nota nel mondo antico anche per essere stata una stazione di sosta  (mansio)  lungo  l'importante  via  che  univa  Brescia  a  Verona.  La  prima  rappresentazione dettagliata  dei  resti  della  villa  è  un  rilievo  dell'inizio  dell'Ottocento.  Ampi  scavi  furono  poi effettuati dal veronese Girolamo Orti Manara, che ne pubblicò  i risultati  in un'opera ancora oggi fondamentale.  La  Soprintendenza  ha  iniziato  nel  1939‐40  gli  scavi  e  i  restauri  e  nel  1948  ha acquisito  tutta  l'area, permettendo  la  tutela del complesso  immerso nel suo ambiente naturale. Indagini recenti hanno consentito di accertare  l'esistenza di un precedente edificio al di sotto dei vani  del  settore meridionale  e  di  confermare  che  la  costruzione  attualmente  in  luce  è  stata realizzata con un progetto unitario che ne ha definito l'orientamento e la distribuzione degli spazi interni,  secondo  un  preciso  criterio  di  assialità  e  di  simmetria.  La  villa,  che  ha  pianta  di  forma rettangolare  (m. 167 x 105), con due avancorpi sui  lati brevi, copre un'area complessiva di oltre due ettari. Per superare  l'inclinazione del banco  roccioso su cui  furono appoggiate  le  fondazioni dell'edificio, vennero creati grandi vani di costruzione, mentre in alcune zone si resero necessarie opere imponenti di taglio della roccia. I resti attualmente conservati si trovano così su livelli diversi: del settore settentrionale ad esempio sono rimaste solo  le grandiose costruzioni, mentre nulla è conservato dei vani residenziali, crollati già in antico. 

  

 

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Lasciando alle spalle la sede del CRA‐APT per raggiungere il ponte fortificato di ingresso al borgo, già appare ben visibile con  la sua poderosa struttura  il Castello scaligero, con  le torri e  le mura merlate. La  rocca,  in posizione strategica di controllo dell'unica via di accesso della  terraferma, circondata  totalmente  da  un  fossato,  faceva  parte  di  un  sistema  fortificato  che  racchiudeva l'intero abitato medievale. Il nucleo primitivo, attribuibile a Mastino I della Scala (fine XIII secolo), era costituito dal mastio, dal cortile principale, dalle tre torri angolari e dai due acccessi, quello occidentale, corrispondente all'ingresso attuale e quello meridionale. 

 

In  momenti  successivi  la  costruzione  venne  ampliata  con  il cortile  minore  a  sud,  il  secondo  rivellino  dell'accesso meridionale, il cortile orientale e la grande darsena, tra le poche del genere ancora conservate, che doveva  servire come  rifugio della flotta.  

La costruzione di quest'ultima parte è databile al XIV secolo o poco oltre. La Rocca era pertanto utilizzata non come edificio residenziale, ma come fortilizio, funzione che conserverà ancora nei secoli successivi. Uscendo dal Castello si prende via Vittorio Emanuele sino a incontrare a destra via S. Maria Maggiore. Quasi alla fine della via si trova la chiesa parrocchiale di S. Maria Maggiore. Venne  costruita nel XV  secolo;  il porticato d'ingresso  fu  aggiunto nel XVII  secolo,  con  colonne antiche riutilizzate (una è un militare di Giuliano l'Apostata, 361‐362 d.C.). Ha pianta rettangolare e  abside  poligonale.  L'interno,  a  navata  unica  su  arconi  ogivali  impostati  su  lesene.,  conserva affreschi del XVI secolo. Dalla chiesa, girando lungo il lato settentrionale dell'edificio e scendendo verso via Antiche Mura, si può vedere, sulla destra, presso  la sponda del  lago, un tratto merlato delle mura di fortificazione scaligere, con la torre nord‐orientale. Da via Antiche Mura, seguendo via Ansa dei Longobardi, all'interno dei giardini comunali in cui sono piante di olivo centenarie, si trovano  i  resti  dell'antica  chiesa  di  S.  Salvatore.  E'  quanto  rimane  dell'edificio  religioso  e  del monastero, come recenti indagini hanno accertato; a sud si trova una vasta necropoli scavata nel 1998.  Scendendo  sulla  via  parallela,  più  prossima  al  lago,  ma  sempre  all'interno  del  parco comunale, si possono vedere avanzi cospicui delle mura di fortificazione che in età terdoromana circondavano  la  penisola.  Il  vialetto  costeggia  sulla  sinistra  alcuni  tratti  della  struttura,  che conserva  ancora  parte  di  una  poderosa  torre. Questi  resti  appartengono  al  V‐VI  secolo:  sono sicuramente anteriori ad età longobarda, allorché sul lato interno delle murature si addossarono povere capanne. 

 

L'itinerario  prosegue  lungo  la  Passeggiata  delle Muse,  sino  alla  località lido delle Bionde. Qui, risalendo verso  la strada principale che porta alle "grotte di Catullo", si incontra un altro lungo tratto (oltre 100 metri) delle mura di  fortificazione  tardoromane della penisola. Hanno una  struttura muraria  diversa  dai  resti  già  osservati  vicino  a  S.  Salvatore  e appartengono a una data di poco anteriore (IV‐V secolo). 

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Si  tratta  del  primo  nucleo  della  cinta  di  fortificazione,  che  interessava  solo  l'estremità settentrionale della penisola. Prendento ora verso destra la via Caio Valerio Catullo si raggiunge il piazzale Orti Manara e  l'area  archeologica delle  "grotte di Catullo".  Situati  sulla parte estrema della penisola,  in una eccezionale posizione panoramica  i resti della villa romana nota da secoli con  il  nome  di  "grotte  di  Catullo"  costituiscono  l'esempio  più  grandioso  di  edificio  privato  di carattere signorile di  tutta  l'Italia settendrionale. Nel Rinascimento  il nome di "grotte"  fu usato per  indicare  strutture  interrate  e  crollate,  entro  cui  si  penetrava  come  in  cavità  naturali.  La tradizione  risalente al XV e XVI secolo ha  identificato questo complesso come  la villa del poeta Catullo,  che  nei  suoi  versi  parla  della  casa  che  possedeva  a  Sirmione.  Non  vi  è  però  alcuna certezza che in quest'area si trovasse la sua villa. L'edificio ha pianta rettangolare (metri 167 m x 105 m),  con  due  avancorpi  sui  lati  brevi.  Per  superare  il  dislivello  del  banco  roccioso  su  cui appoggiano le fondazioni dell'edificio vennero creati vani di sostegno; in altre zone fu necessario tagliare la roccia. Per questo motivo i resti oggi conservati si trovano su livelli diversi. L'edificio è datato ad età augustea (fine I secolo a.C. ‐ inizio I secolo d.C.). Secondo le ultime indagini il crollo delle strutture risale probabilmente già al III‐IV secolo d.C. 

Percorrendo il sentiero di uscita dall'area archeologica si possono vedere altri resti delle mura di fortificazione.  Appartengono,  come  il  tratto  orientale  già  visto  in  località  lido  delle  Bionde,  al settore  più  antico  della  struttura  difensiva  (IV‐V  secolo).  Sono  costruite  lungo  un  dislivello naturale  del  terreno  e  sono  conservate  per  110  metri  di  lunghezza.  Il  nucleo  interno  della muratura è  in scaglie di pertra  locale disposte a spina di pesce;  il paramento esterno era a filari orizzontali.  Si  collegano  al  lato  occidentale  della  villa  che,  ormai  crollata,  diventa  in  età tardoromana una parte della struttura difensiva della penisola. 

 

Da piazzale Orti Manara  si  riprende  la via Caio Valerio Catullo, che si abbandona poco dopo per seguire a destra la via che sale alla chiesa di S. Pietro  in Mavino. Questa mostra una  semplice facciata  a  capanna  su  cui  sono  murati  frammenti  lapidei altomedievali.  L'irregolarità  della  pianta  e  la  varietà  delle tecniche murarie documentano  la complessa storia dell'edificio. Già  citata  con  altri  edifici  religiosi  della  penisola  in  due documenti della seconda metà dell'VIII secolo, conserva ancora parzialmente la struttura originaria (il lato meridionale).  

Il campanile risale  invece ad età romanica  (XI‐XII secolo); dello stesso periodo sono gli affreschi delle  absidi. Un  generale  restauro  fu  eseguito  nel  1320,  come  indica  un mattone  a  fianco  del portale; l'anno successivo fu realizzato il ciclo di affreschi sulle pareti laterali interne. Si ritorna su via Caio Valerio Catullo, che più avanti fiancheggia sulla sinistra la collina di Corte, occupata quasi interamente  da  un  bellissimo  parco.  Dopo  piazza  Piatti  si  prende  via  Vittorio  Emanuele, attraversando  il  centro  torico  sino  a  raggiungere di nuovo piazza Castello.  Lungo  il percorso  si attraversa la porta settentrionale di accesso al borgo fortificato medievale: sulla sinistra è murato 

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un frammento di miliare di Costantino (312‐337). In piazza Castello, prima del ponte fortificato si trova  la  chiesetta  di  S.Anna  della  Rocca.  E'  costitutita  da  un  presbitero  e  da  un  piccolo  vano coperto  da  volta  a  botte.  Conserva  all'interno  resti  di  affreschi  del  secolo  XVI  e  decorazioni  a stucco del XVII secolo. Sopra l'altare si trova un frammento di affresco trecentesco. 

 

 

1. Castello  

2. Chiesa di S. Maria Maggiore  

3. Mura e Torre Nord‐Orientale della 

Fortificazione Scaligera  

4. Avanzi della chiesa di S. Salvatore  

5. Avanzi di fortificazione e avanzi di torre 

(V‐VI secolo D.C.)  

6. Mura di fortificazione 

(IV‐V secolo D.C.)     

7. Villa Ronama ‐ Grotte di Catullo  

8. Mura di fortificazione 

(IV ‐ V secolo D.C.)  

9. Chiesa di S. Pietro in Mavino  

10. Chiesa di S. Anna alla rocca  

 

 

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Desenzano 

palazzo del municipio del XVI secolo,  Verso il lungolago si trova anche il Duomo, dedicato a Santa Maria Maddalena, del XVI secolo, che conserva al suo interno il dipinto dell'Ultima Cena di Gianbattista Tiepolo. Il castello sorge su un colle dove si trova anche tutto il centro medievale di Desenzano, è stato più volte ricostruito e la sua struttura risale al XIV secolo.  chiostro di Santa Maria de Senioribus, convento carmelitano del XV secolo Chiesa di S. Maria Maddalena, ospita alcune importanti tele, tra cui una di Giandomencio Tiepolo. La villa romana (tel. 030 9143547) costruita tra il III e il V secolo a.C. Riportata alla luce a partire dagli anni '20 presenta oltre 200 mq di mosaici con scene di pesca, di caccia, di vendemmia e danze, oltre a frammenti di affreschi.  Il Museo archeologico Rambotti (tel. 030 9144529). 

LA VILLA ROMANA Qesta villa, sicuramente più recente di quella di Sirmione ‐ conosciuta con il nome di "Grotte di Catullo" ‐ e risalente al periodo compreso tra la fine del I sec. a. C. e l'inizio del I d. C., venne scoperta nel 1921 durante gli scavi per le fondamenta di una casa.  La costruzione della villa venne effettuata in più fasi, dalla prima metà del I secolo d. C. algli inizi del IV secolo d. C.. La villa è impreziosita da notevolissimi mosaici pavimentali raffiguranti scene naturali, di pesca, di vendemmia, e geometriche. Essa rappresenta la più importante testimonianza nell'Italia sett. delle grandi ville tardoantiche. I resti formano due blocchi principali e hanno un'estensione complessiva di circa un ettaro. 

 

IL CASTELLO – CASTRUM 

Secondo  certi  studiosi  definire  castelli  le  fortificazioni  gardesane  costituisce  un'inesattezza.Infatti essi sono, in realtà, grandi recinti fortificati ricollegabili al castrum al cui interno si rifugiava la popolazione del  luogo. La maggior parte di essi sono dei fortilizi comunali eretti a difesa delleincursioni  degli Ungheri  o  forse  addirittura  più  antichi  e  comunque  rifatti  nel  XII  e  XIII  secolo.Molti di questi pasarono, poi, sotto  il dominio della Repubblica Veneta, altri  in mano signorile.  Il "castello"  di  Desenzano  apparteneva  sicuramente  alla  tipologia  corrispondente  al  castrum.Il "castello" si presenta come una imponenete costruzione, le solide mura sono, perimetralmente,percorse  da  torri  circolari  e  rettangolari.  Del  ponte  levatoio  si  conservano  ancora  le  strutture murarie di manovra. 

 

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VERONA 

PIAZZA BRA'  ‐ CHIESA di SAN FERMO  ‐ MUSEO DI STORIA NATURALE  ‐ CHIESA di SAN NAZARO E CELSO  ‐ GIARDINO GIUSTI  ‐ CHIESA di SANTA MARIA  IN ORGANO  ‐ TEATRO ROMANO e MUSEO ARCHEOLOGICO ‐ PONTE PIETRA ‐ CASTEL SAN PIETRO 

Per visitare Verona partiamo da  PIAZZA BRA' il cuore dell'urbe, che fonde nella solare ed accesa luminosità che l'attraversa, edifici di epoche ed architetture diverse. L'Arena, palazzo Barbieri e il palazzo  della Gran Guardia  sono  quelli  più  famosi  ed  ammirati, ma  sono molti  gli  angoli  della piazza che meritano l'attenzione di ogni visitatore. Nel centro della piazza è situato il monumento equestre di Vittorio Emanuele  II  realizzato alla  fine dell'ottocento. Dietro di esso, nel mezzo dei secolari abeti che ornano il giardino centrale, c'è la  FONTANA DELLE ALPI,  realizzata nel 1975 per simboleggiare  il gemellaggio  tra  la città  scaligera e Monaco di Baviera.  I Veronesi con affetto  la chiamano  ‘struca  limoni’ per quella  sua  forma  così  singolare  che  ricorda uno  spremi  agrumi,  e amano festeggiare le grandi imprese sportive con un bagno nelle sue acque. 

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Su tutto domina  L'ARENA,  il monumento che più di ogni altro ricorda le origini romane della città e  suo  simbolo  in  tutto  il mondo. Un grandioso anfiteatro,  il  terzo per grandezza  fra quelli a noi giunti ed il meglio conservato, nonostante nel 1183 un terremoto abbia distrutto il triplice ordine di  arcate  sovrapposte  che  lo  circondavano  interamente  e  di  cui  oggi  rimane  solo  uno  scorcio, formato da quattro campate. Sul  lato ovest della piazza sorge  il   PALAZZO della GRAN GUARDIA,  edificio che  incontrò tempi di costruzione molto  lunghi a causa della continue  interruzioni. Nella sua struttura è evidente  l'influsso sanmicheliano nel piano nobile che si  inserisce nella continuità  classica  dell'Arena,  interrompendo  la  linea  cromatica  delle  case  colorate  che  si  affacciano  sul Liston. Dopo  un  ripristino  esterno  ed  interno    è  oggi  adibito  a  sede  di  importanti  esposizioni, congressi e meeting. 

Alla sua destra, guardando  l'Arena, c' è   PALAZZO BARBIERI sede dell'amministrazione comunale veronese.  E'  una  costruzione  neoclassica  eretta  dall'architetto  Barbieri  dove  un  tempo  sorgeva l'ospedale  della  Misericordia  e  la  chiesetta  di  santa  Agnese,    è  un  monumentale  edificio neoclassico  in  stile  corinzio  formato  da  un  corpo  centrale  e  due  corpi  laterali.  Alla  struttura centrale  si  accede da un'ampia  gradinata, mentre  le  strutture  laterali hanno  le pareti divise da semicolonne  che  si  alternano  alle  finestre  dei  vari  piani.  Passando  dietro  palazzo  Barbieri  si percorre stradone Maffei che, nel suo proseguire diventa stradone San Fermo, prendendo  il cui nome della chiesa che si trova in fondo ad esso, nello slargo davanti a ponte Navi.  

SAN FERMO MAGGIORE   è una delle chiese più belle di Verona. Romanica in origine,  è stata nei secoli modificata  internamente  ed  esternamente  seguendo  lo  stile  gotico. Una  chiesa  notevole nella  vista  esterna,  in  cui  sono  presenti  un  imponente  portale  principale  con  maestosa strombatura e un portale  laterale, ornato con portico a vela coronato da marmi  rossi, bianchi e grigi. La maestosità  dell'esterno si ritrova anche nell'interno ad una sola navata, con cinque absidi che  custodiscono una  vera e propria  galleria d'arte.  Superando ponte Navi,  al numero nove di Lungadige Porta Vittoria, possiamo ammirare il palazzo Lavezzola Pompei, oggi sede del cittadino  MUSEO DI STORIA NATURALE. Un museo che, nel suo genere,  è tra i più importanti d'Italia per la completezza  del  materiale  raccolto  e  per  la  vasta  collezione  di  fossili  in  esso  conservata, proveniente dalle colline di Bolca. A poca distanza dal museo sono visibili alcuni resti delle mura scaligere in laterizio e la facciata della chiesa dedicata a Santa Maria della Vittoria. 

Percorrendo  le  piccole  vie  interne  del  quartiere  di  Veronetta,  un  tempo  splendida  zona residenziale  della  città    e  che  da Napoleone  ebbe  questo  nome,  arriviamo  sino  alla  a  via  San Nazaro, dove  è presente la  CHIESA di SAN NAZARO E CELSO. E' circondata da un muraglione che si  apre  con un massiccio portale dorico‐rinascimentale,  fiancheggiato da due  colonne  che nelle quali  è scolpito un drappo annodato attorno al fusto. La sua facciata in cotto non  è di particolare pregio, ma molto bella  è l'interna cappella di San Biagio: alzando lo sguardo sulla cupola si viene avvolti  da  affreschi  dell'Onnipotente  e  degli  Apostoli  in  un  turbine  variopinto  di  eccezionale bellezza. Tutto intorno affreschi del Falconetto con elementi strutturali presi dall'antichità  pagana che  sembrano  sculture:  capitelli,  festoni,  fregi  e mascheroni,  che  creando  una  continuità    con quelli a tema cristiano offrono allo spettatore una sensazione di estasi incomparabile. 

Uscendo dalla chiesa e proseguendo lungo via Muro Padri giungiamo a via  GIARDINO GIUSTI che prende il nome dallo splendido giardino all'italiana in esso presente; un angolo di quiete secolare e di verde di fronte alla cui bellezza rimasero  in ammirazione poeti,  imperatori e viaggiatori d'ogni 

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epoca. Poco distante  la medioevale Chiesa di   SANTA MARIA IN ORGANO da ammirare per  il suo chiostro  del  quattrocento  abbellito  da  eleganti  colonne marmoree  e  il  suo magnifico  portale, opera del Sanmicheli. L'interno   è  in stile gotico‐romanico a croce  latina, adorno del voluminoso organo barocco sopra il portale d'ingresso, in cui  è da notare il coro di Fra' Giovanni con 41 stalli in legno intarsiato che riproducono scene della vita dei monaci con inserzioni di paesaggi cittadini. 

Uscendo dalla chiesa proseguiamo la nostra passeggiata dirigendoci verso il  TEATRO ROMANO  e l'annesso Museo Archeologico, che vi consigliamo di visitare. Nell'area  sono presenti anche due edifici  che,  sovrappostisi  nei  secoli  alle  strutture  del  teatro,  sono  sopravvissuti  agli  scavi ottocenteschi per  il recupero del Teatro:  il convento di san Girolamo e  la chiesa dei santi Siro e Libera. Il convento, aggrappato alla parete della collina, occupa quella che un tempo era la prima terrazza del  teatro;  la  chiesa domina  il  lato orientale delle gradinate ed ospita al  suo  interno  il sepolcro del pittore Giambettino Cignaroli, un pregevole altare maggiore ed un  coro  ligneo del diciottesimo secolo. 

Di fronte al teatro c' è   PONTE PIETRA   costruito nel primo secolo avanti Cristo per sostituire un precedente ponte  in  legno,   è  il più antico monumento romano di Verona. Esso univa  l'originario tracciato  della  via  Postumia  con  il  colle  antistante  in  corrispondenza  di  un  guado,  che  qui  era presente  sin  dalla  notte  dei  tempi.  Attraverso  una  scalinata  che  parte  dinnanzi  al  ponte raggiungiamo    CASTEL  SAN  PIETRO  posto  in  cima  all'omonimo  colle  che  si  eleva  per  qualche centinaio di metri alle spalle del Teatro Romano. Si tratta di una caserma costruita attorno al 1850 sui resti di un preesistente maniero medioevale. Sebbene abbia  le geometrie rettilinee che sono tipiche  dell'architettura  imperiale  austriaca,  essa  venne  realizzata  integrandosi  con  l'ambiente circostante;  utilizzando  materiali  tipici  dell'architettura  veronese:  muratura  in  pietrame  e paramenti in mattoni per le strutture verticali; laterizio per le volte; pietra e tufo per gli elementi ornamentali. Il suo piazzale meridionale offre una sublime veduta d'insieme sulla città  di Giulietta e Romeo.  

 

Giulietta:  ‘Oh! Come entrasti tu qui? Ed a qual fine?  I muri che circondano questo giardino sono ardui, e pressochè inaccessibili; ed il luogo in cui stai ti sarà tomba, se alcuno de' miei ti sorprende.’ 

 Romeo: ‘Coll'ali dell'Amore valicai l'altezza di que' muri, chè barriera non v'ha al prepotente Amore: tutto che Amor può  tentare, Amor l'osa; onde a' tuoi non ebbi riguardo allorchè qui venni.’ 

William Shakespeare: Giulietta e Romeo.  Atto II  scena II  

Al  numero  23  di  via  Cappello,  naturale  prolungamento  di  via Mazzini  a  poche  decine  di  metri  dalla centralissima  piazza  delle  Erbe,  sorge  la  casa  in  cui,  secondo  la  tradizione,  abitò Giulietta  Capuleti. Un imponente cancello in ferro battuto su cui campeggia lo stemma dei Dal Cappello separa il suo androne, in cui  gli  innamorati  d'ogni  luogo  ed  età  lasciano  testimonianza  del  proprio  amore,  dalla  pubblica  strada. Oltrepassandolo si accede ad un  LUMINOSO CORTILE INTERNO  che accoglie i visitatori ansiosi di conoscere i  luoghi dell'amore eterno.  In esso è presente  la  splendida  statua  in bronzo di Giulietta,  realizzata dallo scultore  veronese  Nereo  Costantini,  ed  una  lapide  su  cui  sono  riportati  alcuni  versi  della  tragedia  di Shakespeare. 

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La casa è  un severo edificio medioevale di impianto duecentesco, la cui facciata in mattoni a vista è ingentilita da eleganti  finestre  trilobate. Nella parte  frontale  spicca  il  famoso balcone da  cui,  secondo  la tradizione,  GIULIETTA SI AFFACCIAVA  per parlare con il suo amato Romeo.  Essa è un pregevole esempio di insula  romana  strutturata, mediante  la  suddivisione  del  lotto  gotico,  in  corte  con  spazi  liberi  interni  e passaggi  porticati  verso  la  strada. Disposta  su  vari  piani  e  visitabile  acquistando  un  biglietto,  offre  una verosimile ricostruzione delle tipiche dimore signorili del  XIV SECOLO, valorizzato da una copiosa scelta di ceramiche medioevali. Grazie alla sapiente opera di  restauro degli  interni  realizzata nel 1935 da Antonio Avena è oggi possibile apprezzare  la  raffinata eleganza degli affreschi che  impreziosivano  le pareti  in cui risaltano,  nella  loro  austera  semplicità,  cassapanche  intarsiate,  camini  in  mattoni,  scale  in  legno  con balaustre e camminatoi. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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VICENZA  Teatro Olimpico Assieme a Villa Capra La Rotonda, il Teatro Olimpico è universalmente riconosciuto come uno dei capolavori immortali dell'arte del sommo architetto Andrea Palladio, che regalò alla città di Vicenza un gioiello la cui bellezza era destinata a rimanere nel tempo. Per capire come si arrivò alla realizzazione di questo prezioso esempio del patrimonio artistico classico vicentino (e mondiale....) è necessario risalire agli anni immediatamente successivi alla prima metà del '500, quando L’Accademia Olimpica, fondata nell’anno 1555 da 21 soci tra cui ambasciatori, artisti, cardinali e lo stesso Andrea Palladio, non ebbe dubbi nello scegliere il nome del celebre architetto quale artefice di un teatro ideale per le recite classiche e per le altre celebrazioni culturali, a tutt’oggi retaggio indelebile della comunità culturale vicentina. Palladio, che era profondo conoscitore dei testi e dell’opera degli antichi, con l’esperienza che gli derivava dalle precedenti fastose realizzazioni e dalla familiarità con la vita artistica romana e nazionale del tempo, iniziò i lavori del prestigioso sito ma, come noto, morì di li a poco, nel 1580, anno stesso dell’affidamento dell’esecuzione. Nel novembre di quell’anno la copertura era quasi pronta, tuttavia la conclusione avvenne quattro anni dopo, eccezion fatta per il coronamento delle statue sulla balaustra al sommo della cavea.

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Dopo la morte del Maestro, alla guida dei lavori fu messo il figlio Silla, ma in seguito fu Vincenzo Scamozzi a prendere in mano l’intero progetto del Palladio, portandolo a termine fino ad inventare la stupenda scena oltre il proscenio. Sullo schema del teatro romano, l’Olimpico è formato da quattro parti: la cavea, l’orchestra, il proscenio, inteso alla maniera della piazza dei greci, l’"agorà", e le scene fisse. La fronte scenica si apre attraverso il grande arco di trionfo, e al di là delle aperture si accede tra le vie di una Tebe immaginaria dagli scorci assai suggestivi. Gli uomini che vollero questo tempio dell’arte sono presenti e sembrano vegliare sulla sua bellezza eterna, nei panni aulici di guerrieri e senatori dell’antica Roma, mentre sulla sommità dell’arco troneggiano i rilievi con le fatiche di Ercole, eroe mitico e simbolo delle virtù umane. Il Teatro Olimpico fu inaugurato il 3 marzo 1585, in occasione del carnevale. Fu un evento clamoroso e molto atteso: davanti ad un vasto ed elegante pubblico cosmopolita, giunto da ogni dove in numero ben superiore alla capienza del sito ( 800 persone), fu rappresentata la tragedia greca per antonomasia, l’Edipo Re di Sofocle, adattata per l’occasione in Edipo Tiranno. Le migliaia di spettatori giunti in città si accalcarono all’entrata del teatro fin dalle prime ore del pomeriggio, ma lo spettacolo non iniziò prima dell’una di notte, preceduto da squilli di tromba, rulli di tamburo e addirittura colpi di cannone a sottolinearne la solennità, per terminare alla cinque del mattino. L’Edipo Tiranno dell’Olimpico fu l’ultimo grande spettacolo teatrale del Rinascimento italiano, e non tornò mai più sulla scena palladiana. Nel dicembre del 1994, Vicenza, la Città di Andrea Palladio, è stata inserita nella Lista del Patrimonio Mondiale dell'UNESCO in considerazione del valore e del pregio dei beni architettonici palladiani, unanimemente considerati d'interesse universale, e capaci di esercitare una grande influenza sulla cultura e sull'arte mondiale. Piazza dei Signori e Basilica Palladiana Piazza dei Signori, così chiamata perchè vi sorgeva il Palazzo della Signoria o del Podestà e quello del Capitanio, e forse anche perchè rappresentava il luogo di ritrovo dei nobili cittadini in occasione delle feste, è uno dei gioielli di Vicenza, probabilmente il più prezioso, assieme a La Rotonda ed il Teatro Olimpico certamente il più conosciuto e apprezzato nel mondo. All’inizio del 500, in quello che fu il secolo del Palladio, la Piazza fu in gran parte pavimentata, per essere poi lastricata completamente nei secoli successivi fino ad assumere verso la metà dell’800 l’aspetto attuale. Assieme alla meravigliosa Basilica Palladiana, che sorge sul lato meridionale della piazza, e che fu il primo incarico pubblico di Andrea Palladio, assegnato nel 1549 e conclusosi nel 1617 ben dopo la sua morte, la piazza rappresenta il cuore della città. Per la sua costruzione fu impiegata la pietra bianca delle cave di Piovene, e il Palladio volle come partner del progetto il suo primo maestro e mentore, quel Giovanni da Pedemuro che lo prese a bottega, giovanissimo, come umile tagliapietre. Il portico della Basilica accoglie una scala gotica che porta al piano superiore e al vastissimo salone: a metà della scala si può osservare la marmorea "bocca della verità", una feritoia dove si depositavano le denuncie anonime del tempo contro gli appestati.

Dal piano superiore si può godere di una splendida vista delle tre piazze sottostanti, oltre a quella in oggetto anche Piazza delle Erbe e Piazzetta Palladio, mentre l’accesso al terrazzo sovrastante è di norma non consentito, salvo alcune eccezioni. Il tetto della Basilica andò quasi completamente distrutto da un incendio durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, e fu in seguito ricostruito fedelmente utilizzando una copertura di rame. Attigua alla Basilica è la Torre di Piazza, detta anche Torre Bissara, alta 82 metri, che in origine nel 200 apparteneva alla famiglia dei Bissari, la quale di li a poco la cedette al Comune. Durante la dominazione della Serenissima Repubblica, vi fu collocato il Leone di San Marco, e nel 1444 la torre fu completata con l’innesto del pinnacolo. Ai piedi della torre sorgono le due Colonne di Piazza, che separano Piazza dei Signori da Piazza delle Biade. La Colonna del Leone, posta nel 1464, fu danneggiata nello stesso bombardamento che colpì la Basilica nel 1945, e quella che si può vedere oggi è solo un restauro dell’originale. La Colonna del Redentore è invece del 1640, disegnata dall’architetto Pizzocaro sul modello di quella del Leone.  

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1‐ Teatro Olimpico – Piazza G. Matteotti 

2‐ Piazza dei Signori e Basilica Palladiana